Bergamo Salute - 2014 - 2 – marzo/aprile

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2 numero anno 4 - marzo - aprile 2014 PERIODICO DI CULTURA MEDICA E BENESSERE La dieta "ferrea" contro l'anemia Oreste Castagna Così "curo" nipotini e nonni Lo zucchero? Crea dipendenza Operazione decluttering... libera armadi e mente Speciale dolore: il diritto di non soffrire Poste Italiane spa Sped. in Abb. Postale DL 353/2003 (Conv. in legge 27/02/2004 N.46) Art. 1 comma 1 LO/BG

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BERGAMO SALUTE - Bimestrale di informazione medico sanitaria e benessere.

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anno 4 - marzo - aprile 2014PERIODICO DI CULTURA MEDICA E BENESSERE

La dieta "ferrea" contro l'anemia

Oreste Castagna Così "curo" nipotini e nonni

Lo zucchero? Crea dipendenza

Operazione decluttering... libera armadi e mente

Speciale dolore:il diritto di non soffrire

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IN QUESTO NUMEROLo sapevate che il 12 per cento degli italiani, cioè 1 italiano su 5, convive con un dolore cronico? A questi poi si aggiungono le persone che ne soffrono in forma più episodica. È evidente quindi che si tratta di un fenomeno diffusissimo nei confronti del quale troppo spesso ci si sente impotenti. Ecco perché, in questo numero, abbiamo deciso di accompagnarvi in un viaggio "al centro del dolore",per conoscerne meglio l'origine, i meccanismi che stanno dietroe come riuscire a controllarlo. Non mancano però, ovviamente, anche temi più leggeri, come il decluttering, letteralmente "eliminare ciò che ingombra", un'idea, dai sorprendenti benefici psicologici, di cui approfittarein questo periodo di cambio armadi. E poi, come sempre, molto altro ancora...

PERIODICO DI CULTURA MEDICA E BENESSERE

anno 4 - marzo - aprile 20142numer

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2numero

anno 4 - marzo - aprile 2014PERIODICO DI CULTURA MEDICA E BENESSERE

La dieta "ferrea" contro l'anemia

Oreste Castagna Così "curo" nipotini e nonni

Lo zucchero? Crea dipendenza

Operazione decluttering... libera armadi e mente

Speciale dolore:il diritto di non soffrire

Pos

te It

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ne s

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Sped

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Ab

b. P

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PARTECIPANTI ALLA FONDAZIONE

ITALIANA PER L'EDUCAZIONE

ALIMENTARE

Editoriale 4 Io infermiere ti curo

SPECIALE DOLORE6 Al centro del "male" 8 Dal post-chirurgico al neurologico: non sono tutti uguali 12 Cure palliative, un diritto (a molti) ancora sconosciuto

SPECIALITÀ A-Z14 Ematologia La dieta "ferrea" per prevenire e combattere l'anemia16 Ginecologia Come riconoscere e curare le cisti ovariche 18 Pediatria Aiuto! Mio figlio non cresce PERSONAGGIO20 Oreste Castagna Così do la carica a nipotini e nonni

IN SALUTE22 Stili di vita

Aprite le finestre, c'è il radon24 Alimentazione

Lo zucchero? Crea dipendenza e fa invecchiare

IN ARMONIA26 Psicologia Operazione decluttering28 Coppia Amori in chat

IN FAMIGLIA30 Dolce attesa Donare il cordone ombelicale, una scelta di vita32 Bambini Disturbi di apprendimento

RUBRICHE43 Altre terapie Fai il pieno di magnesio44 Guida esami Grasso o acqua?

Te lo dice l'impedenziometria46 Animali Coniglio nano,

un amico a 4 zampe "inaspettato"

STRUTTURE48 Habilita RSD Albino50 Centro Medico MR

IN FORMA52 Fitness Il tango?

Fa bene al cuore e alla mente54 Bellezza Acne, tra falsi miti e verità

REALTÀ SALUTE57 Fisioforma59 Medical Udito Bergamo61 Phyto Garda63 Ortopedia Tecnica Gasparini

DAL TERRITORIO64 News67 Il lato umano della medicina Ha ridato la vita

a migliaia di bambini69 Malattie rare

Associazione A.R.M.R.70 Testimonianza

La fede mi ha salvato dalla depressione

Allegato centrale: AMICI DI BERGAMO SALUTE

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Almè • Un Diavolo per Capello - Tel. 328/0172828Almè• Capriccio Acc.- Tel. 035/541594Alzano Lombardo • Reveranti Caterina - Tel. 035/514346Arcene• L’immagine Acc. - Tel. 035/879259Bergamo • Acc. Free Style - Tel. 035/345225• Reflex Acc. - Tel. 035/345411• Zer035 Concept, c/o A.O. Papa Giov. XXIII Tel. 035/19964094

Bonate Sopra • Chicca Extrostyle - Tel 035/991903Bottanuco • Acc Fantasy - Tel. 035/906350Brembate di Sopra • Dacci un taglio - Tel. 348/8337546Brusaporto • Mi.Va.Hair - Tel. 035/686342 • Un Diavolo per Capello - Tel. 035/683466Capriate S. Gervasio • Ale acconciature - Tel. 02/39626461Casazza • Paolo Acconciature - Tel. 035/811629

Casnigo • Imberti Raffaella - Tel. 035/741664 Cenate Sotto • Acc. Simonetta - Tel. 035/4250749Chignolo d’Isola • Isola Wellness, c/o piscina Tel. 035/4944745Covo • Vizi di Donna - Tel 0363/938591Ghisalba• Center Woman, Luparello Angela Tel. 0363/928081Gorlago• Belotti Manuel - Tel. 035/952909

Grassobbio• Finazzi Viviana Acc. - Tel 035/526691Mornico al Serio• Acc. Marco Style - Tel 035/4428020 • New Style Acc. - Tel. 035/844627Petosino • Shampoo acconciature - Tel. 035/571921Ponteranica • Acconciature Gio - Tel. 035/574812Pradalunga • Hair Look Parrucchieri - Tel. 035/768277Ranica • Nembrini Cosetta - Tel. 035/513001Ranzanico • Trend Acc. Unisex - Tel. 035/810388

Scanzorosciate • Cremaschi Marcella - Tel. 035/4599801Seriate • Acconciature estetica Antonio e Marina Tel. 035/299931Sola • Drera Angela - Tel. 0363/908914Suisio • Acc. Lory Freestyle - Tel. 035/901503 • Seri - Tel. 334/7195656Telgate • Finazzi Lara - Tel. 035/830927Treviglio • Anyway - Tel. 0363/45766 • Cornelli Maria - Tel. 0363/45937

Treviolo• Acc. Brolis Gionny - Tel. 035/692244• Acc. Ravasio Barbara - Tel. 035/201096Urgnano • Vero Stile - Tel. 035/4872125Vigano San Martino • Armati Stefania - Tel. 035/821223Villa di serio• Acconciature Follie - Tel.035/662745Zandobbio • Caroli Paola - Tel. 035/943046 Zogno • Marika e Monica Acc. - Tel. 0345/94226

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Grassobbio• Finazzi Viviana Acc. - Tel 035/526691Mornico al Serio• Acc. Marco Style - Tel 035/4428020 • New Style Acc. - Tel. 035/844627Petosino • Shampoo acconciature - Tel. 035/571921Ponteranica • Acconciature Gio - Tel. 035/574812Pradalunga • Hair Look Parrucchieri - Tel. 035/768277Ranica • Nembrini Cosetta - Tel. 035/513001Ranzanico • Trend Acc. Unisex - Tel. 035/810388

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EDITORIALE

Io infermiere mi curo di te:l'assistenza infermieristica per alleviare il dolore

Come dice Buytendijk, me-dico antropologo, "Il dolo-re passa... l'aver sofferto

mai". Facendo propria quest'af-fermazione gli infermieri hanno sviluppato competenze e pro-fessionalità per poter alleviare il dolore, rafforzando così un approccio assistenziale alla per-sona che si basa sul concetto di una "malattia senza dolore". Il Codice Deontologico dell'In-fermiere all'art. 34 recita "L'In-fermiere si attiva per prevenire e contrastare il dolore e alleviare la sofferenza. Si adopera affin-ché l'assistito riceva tutti i trat-

tamenti necessari". L'infermiere, quindi, ha sia la competenza nella prevenzione e valutazio-ne del dolore, sia il compito di coinvolgere altri professionisti per la cura del dolore. Il dolore è natura e cultura, è sofferenza dell'uomo, è la sua percezione e i suoi tentativi di superarlo, è la sua interpretazione scientifica, artistica, fisiologica e religiosa. Sin dall'antichità si può parlare di un concetto di dolore. Nei pri-mi secoli della storia, il dolore s'identifica con il "Malum", con la punizione, affidando a cre-denze e religioni la comprensio-

ne dei meccanismi del dolore e trovare rimedio. Occorreranno millenni perché il dolore possa acquisire la differenza fra il na-turale stato di salute e quello, vi-ceversa patologico, di malattia. Il dolore è un'esperienza sog-gettiva, che non può essere facil-mente definita: ogni persona ha una propria esperienza doloro-sa legata alla propria individua-lità, cultura, al suo vissuto e alla sua storia. Partendo da questi presupposti, Margo McCaffery, ostetrica inglese e pioniere nel campo della gestione assisten-ziale del dolore, lo definisce

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Spesso la persona assistita è convinta che un certo grado di sofferenza debba far parte del suo iter terapeutico e subisce la realtà. L'infermiere innanzitutto deve riuscire a far cambiare le convinzioni del malato al fine di poter dare sollievo al suo dolore. Gli aspetti fondamentali nella gestione del dolore sono la sua valutazione e l'identifica-zione delle cause e degli inter-venti più appropriati, pertanto è fondamentale la collaborazio-ne multidisciplinare in partico-lare con il medico, per trovare il trattamento più idoneo alla sua cura. Nell'ultimo ventennio, normative nazionali e regionali, oltre che numerose iniziative delle aziende sanitarie, hanno sensibilizzato i professionisti sanitari ad adottare una docu-mentazione in grado di rilevare e di valutare il dolore della per-sona assistita. Nella cartella cli-nica trova collocazione la valu-tazione del dolore e l'avvio del trattamento antalgico, frutto del percorso di integrazione fra le richieste del malato, il giudizio clinico e il contesto assistenzia-le. In conclusione, bisogna pen-sare che la gestione del dolore durante la malattia diventi parte strutturale della presa in carico e parte dei principali esiti (out-come) dell'assistenza sanitaria e l'infermiere è impegnato a evi-tare che vi siano ritardi nell'ap-plicazione di questo diritto.

Beatrice Mazzoleni (Presidente Collegio IPASVI di Bergamo e

membro Comitato Etico di Bergamo Salute)

Marco Ghidini (Consigliere Collegio IPASVI di Bergamo)

se fasi della vita, accompagna il cittadino dalla nascita, durante il percorso della vita sino alla morte. Un ulteriore elemento che mostra l'importanza del concetto della "malattia senza dolore", per la professione infer-mieristica, è quanto inserito nel patto infermiere-cittadino: "Io infermiere mi impegno nei tuoi confronti a starti vicino quando soffri, quando hai paura, quando la medicina e la tecnica non ba-stano, mi impegno ad ascoltarti con attenzione e disponibilità quando hai bisogno". Proprio per la costante vicinanza al cittadino, l'infermiere dedica buona parte dell'assistenza alla relazione con il paziente e spesso si instaura un rapporto empatico; questo è un elemen-to imprescindibile per ad-sistere (dal latino ad = appresso e siste-re = fermarsi) e rende possibile un'accurata valutazione del do-lore. L'infermiere attraverso la comunicazione, favorisce una relazione "trasparente" in cui il malato possa esprimere sere-namente il dolore e sofferenza. Essendo il dolore un sintomo soggettivo, infatti, l'infermiere deve saper ascoltare il paziente. Saper instaurare una relazione d'aiuto è importante per l'infer-miere: la comunicazione diven-ta uno degli elementi principa-li di un approccio ampio alla cura del paziente visto come "protagonista" del suo dolore e delle malattie che lo accom-pagnano. Possiamo affermare che il paziente riveste "nel suo dolore" una doppia veste, quel-la di paziente affetto da sindro-me dolorosa e quella di primo collaboratore, essenziale per una giusta gestione del dolore.

"ciò che il malato afferma che sia, reale o immaginario e per quanto insignificante possa sem-brare all'osservatore esterno, il malato non ha dubbi della sua esistenza e importanza". Il ven-tunesimo secolo è caratterizza-to da un tumultuoso sviluppo delle scienze medico-biologi-che che ha permesso di identi-ficare e curare patologie gravi e rare e la letteratura richiama l'attenzione degli operatori sa-nitari, sottolineando l'importan-za e la necessità di valutare e gestire adeguatamente il dolore. Il ruolo dell'infermiere è sta-to, recentemente, riconosciuto dall'articolo 5 comma 2 della Legge 38/2010 come una figu-ra professionale competente ed essenziale nel campo della terapia del dolore e delle cure palliative. Accompagna infatti la persona assistita nelle diver-

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6 Bergamo Salute

SPECIALE DOLORE

Al centro del "male" Conoscerlo meglio per controllarlo con le giuste terapiea cura di Elena Buonanno

Dottor Fortis, che significato ha il dolore?A livello clinico, il dolore è un sintomo trasversale e frequente, che si accompagna alla maggior parte delle malattie. Può essere letto come una funzione neces-saria per la sopravvivenza: segna-la che c'è qualcosa che non va. Rispetto ad altri sintomi e segni più misurabili oggettivamente, è un fenomeno più complesso da valutare poiché si compone di diversi livelli: recettivo, percettivo e interpretativo. Per i dolori più comuni, lo stimolo doloroso, una volta generato, viene trasmesso attraverso recettori al cervel-

lo; qui viene percepito dalla persona e interpretato sulla base di diversi fattori (co-gnitivi, esperienziali, socio-culturali) che influiscono sulla soglia di tollerabilità e determinano il "valore"

che ognuno di noi dà in quel preciso momento al

suo dolore. Oggi sappiamo che esistono alcune condizioni che possono alterare, abbassandola, la soggettiva normale tolleran-za al dolore, come stati infiam-matori e squilibri ormonali. Al contrario, reazioni biochimiche con abbondante secrezione di endorfine (ormoni del benesse-re), come quella che si innesca nel corso di un'attività fisica o durante eventi traumatici, posso-no renderlo più sopportabile. Un ruolo importante, nella modula-zione del dolore, è giocato an-

controllarlo una persona su due si affida al "fai da te" (sia nel caso del dolore cronico sia epi-sodico) finendo per instaurare un circolo vizioso. Cerchiamo allora di capire meglio quali sono i meccanismi alla base del dolore e come controllarlo, con l'aiuto del dottor Michele Fortis, anestesista esperto di terapia del dolore.

"Un’esperienza sensoriale ed emozionale spiace-vole, associata a danno

tissutale, individuale e soggetti-va". Così la IASP (International Association for the Study of Pain) definisce il dolore, un sintomo che in alcuni casi può diventare esso stesso una malattia, come succede nel dolore cronico, problema con cui convivono 12 milioni di italiani, con un note-vole impatto sulla qualità di vita e sull'equilibrio psico-fisico. Per

Dott. Michele Fortis

Specialista in Anestesia e Rianimazione presso Cure Palliative A.O. Papa Giovanni XXIII Bergamo

che dall'intreccio corpo/mente: quando una persona è esposta a stimoli disturbanti di qualsiasi natura che non riesce ad espri-mere con la parola in modo consapevole, la percezione del dolore può risultare accentuata. Altrettanto importante è il fattore motivazionale (in parte legato a dinamiche biochimiche). Ave-te mai fatto caso, ad esempio, a come in alcune situazioni si ri-esca a sopportare meglio il do-lore? Tipico è l’esempio di chi fa sport di lunga durata come la maratona: durante la compe-tizione sembra non sentire do-lore, nemmeno ad esempio per piaghe e lesioni traumatiche ai piedi; poi appena arrivato al tra-guardo il dolore "esplode". Impa-rando a conoscere e "controlla-re" meglio la mente e l’emotività, quindi, si può anche riuscire a modulare, in parte, la nostra per-cezione del dolore. È evidente quindi che il dolore deve essere affrontato in modo globale, sen-za sottovalutare né la fisiopato-logia e i tessuti coinvolti né gli aspetti psicologici e cognitivi, per mettere alla luce l'approccio terapeutico migliore a seconda della qualità del dolore.

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tiche, ossee, oncologiche, meta-boliche etc.) o a lesioni non ri-parabili, spesso si automantiene, è un dolore difficile da curare e richiede un approccio che agi-sca a vari livelli. In realtà però, generalmente, i quadri sono più complessi, spesso misti, e le di-verse componenti coesistono influenzandosi in vario modo.

E quali sono le cure oggi possibili?A seconda delle caratteristiche del dolore esistono diversi tipi di interventi e approcci, che in mol-ti casi possono integrarsi tra loro. • Approccio farmacologico. Com-prende: antinfiammatori non ste-roidei e cortisone, che riducono l'attivazione recettoriale della componente dovuta a infiam-mazione che si presenta quasi sempre nella prima fase del problema; farmaci che modu-

lano la trasmissione del dolore e mimano azione delle endor-fine (oppiacei); farmaci che riducono la trasmissione del dolore a livello della fibra (ane-stetici locali); farmaci adiuvan-ti che agiscono sinergicamente con gli altri per modulare l'in-sorgenza e la trasmissione del dolore (antineuropatici, antie-pilettici, antidepressivi). Molti di

Ma quanti tipi di dolore esistono?Da un punto di vista eziopatoge-netico (cioè della sua origine), il dolore, che ha quasi sempre una componente infiammato-ria, può essere classificato in: nocicettivo (dovuto a lesioni o danni a tessuti o organi), neu-ropatico (dovuto a lesioni del sistema nervoso con genesi al suo inter-no). Inoltre per alcu-ni esisterebbe anche un dolore psichico, attivato da situazioni psico-relazionali. Per quanto riguarda inve-ce la durata si defini-sce acuto o cronico. Il dolore acuto è la spia di un danno in corso ed è generalmente lo-calizzato, dura per alcuni giorni, tende a diminuire con la gua-rigione. Attualmente le opzioni terapeutiche efficaci per questo tipo di dolore sono molteplici (in particolare antinfiammatori di vario genere e antidolorifici oltre a procedure di trattamento locale). Il dolore cronico, che in genere invece si accompagna a malattie degenerative (reuma-

questi farmaci, in genere assunti per via orale, possono essere somministrati anche con infiltra-zioni locali.• Stimolazione di riflessi e meso-terapia. Hanno lo scopo di mo-dificare i sistemi di trasmissione del dolore attraverso la puntura e stimolazione di punti a scopo reflessoterapico. Esistono modali-tà differenti con logiche ed effetti diversi. Per esempio, nella medici-na tradizionale cinese, la puntura con gli aghi è rivolta a una riorga-nizzazione energetica che segue una precisa diagnosi, mentre la reflessoterapia utilizza la puntura secondo principi diversi. • Tecniche di elettromodulazione. Possono essere applicate esterna-mente, come le TENS, oppure mo-dulare la trasmissione del dolore direttamente nel sistema nervoso attraverso l'impianto di apparec-chi di stimolazione.

• Terapie manuali, molto efficaci nell'approccio "olistico" alle strutture del corpo. Tra queste possiamo citare la NST (innovativo protocollo di riequilibrio del siste-ma neuro-muscolo-ten-dineo e il bilanciamen-to cranio-sacrale), la chiropratica, l'osteopa-tia, le tecniche fasciali e quelle craniosacrali. Ser-

vono per riequilibrare le altera-zioni strutturali alla base di dolori con cause meccaniche, muscolo-scheletriche e viscerali. • Tecniche di modulazione sogget-tiva nelle quali si possono far ri-entare meditazione, biofeedback, psicoterapia, ipnosi. Aiutano a ri-durre l'attenzione e la reazione al dolore, modificando l'asse percet-tivo-interpretativo.

DAI BAMBINI AGLI ANZIANI: UN PROBLEMA TRASVERSALE

Nel paziente anziano l'insorgen-za del dolore cronico è un pro-blema sanitario importante che provoca limitazioni in tutti i cam-pi della vita, da quella familiare a quella lavorativa e sociale. L'ar-trite/artrosi è la principale causa di dolore, seguita dall'ernia del disco, dalle lesioni traumatiche. Le principali cause di dolore cro-nico nei bambini, invece, sono mal di testa, dolore addominale, dolore muscolo scheletrico.

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SPECIALE

Dal post-chirurgico al neurologico:non sono tutti uguali a cura di Elena Buonanno

DOLORE

C'è il dolore continuo che non lascia tregua. Quello che va e viene. Quello che colpisce acuto come una pugnalata. Quello sordo e diffuso. Insomma non esiste un solo tipo di dolore, ma molti diversi per origine, tipologia, intensità. Cerchiamo allora di fare una panoramica di alcu-

ne delle forme di dolore più diffuse e che maggiormente incidono sulla vita di molti di noi.

Dott. roberto sacco

Responsabile Dipartimento chirurgico Clinica Castelli di Bergamo

Il dolore chirurgico...Può essere distinto in aspetti fra loro molti differenti per causa, tipo di sintomatologia, necessità di terapia. La pri-ma grande distinzione va fatta fra il dolore che si mani-festa per la presenza di una malattia chirurgica (o da le-sione dei tessuti addominali) e il dolore post operatorio. Il dolore addominale da lesione dei tessuti addominali è un dolore che si manifesta generalmente in modo acuto, improvviso come una pugnalata, spesso si accompagna a nausea e febbre e può avere differenti gradi di intensità e di durata. A determinarne l’insorgenza può essere l'in-fiammazione degli organi addominali o del peritoneo, la membrana che li riveste (come nel caso di appendicite, colecistite, pancreatite) oppure la rottura di gravidanza extrauterina o la perforazione di un'ulcera gastroduode-nale o di diverticolo del colon. In altri casi il dolore inve-ce può essere a colpi ripetuti, generalmente dovuto a spa-smi della muscolatura viscerale, come ad esempio nelle coliche da calcoli della colecisti. In altri casi ancora può essere determinato dalla distensione di un organo pieno come il fegato o la milza oppure, più banalmente, dalla di-stensione di un organo cavo come nel caso dello stomaco se si beve troppo in fretta una bibita gassata oppure della vescica se si trattiene troppo a lungo l’urina. Infine esiste il dolore cronico viscerale, talvolta manifestazione tardiva di una malattia tumorale addominale ( pancreas, fegato, stomaco, utero): l’entità del dolore non è proporzionale all’entità della lesione e il dolore viene localizzato con maggiore difficoltà. Il dolore post operatorio, invece, è defi-nito come un dolore acuto persistente dovuto alla malat-tia preesistente, all'atto chirurgico o alla combinazione di entrambi. Si tratta di un dolore ineluttabile e prevedibile: per controllarlo ogni équipe chirurgica elabora, in stretta collaborazione con i colleghi anestesisti, degli schemi di terapia il cui obiettivo è ridurre al minimo la sofferenza sia nel post operatorio immediato sia a distanza.

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... quello neurologicoTra i dolori neurologici più comuni riscontro e allo stesso tempo più com-plessi da gestire ci sono il dolore nevralgico e quello neuropatico. Per nevral-gia si intende un dolore a uno o più nervi (come la nevralgia del trigemino). Con il termine di dolore neuropatico, invece, ci si riferisce a un dolore acuto o cronico causato da un disturbo funzionale o da un'alterazione patologica del tessuto nervoso periferico. Al contrario del dolore nocicettivo (che origi-na da un danno a tessuti o organi e poi viene veicolato, sotto forma di impul-

so, fino al sistema nervoso centrale) il dolore nevralgico e neuropatico nasce all'interno del sistema nervoso stesso, attraverso complessi meccanismi fisiopatologici (perdita degli impulsi inibitori che normalmente contrastano quelli dolorosi, "deafferenzazione" ovvero squilibrio tra quello che avviene tra parte periferica, cioè cute, organi etc. e quel-lo che viene elaborato nel cervello). Le neuropatie dolorose più comuni sono le forme posterpetiche (il "fuoco di S. Antonio") e le forme polineuropatiche correlate al diabete mellito. Altre forme, meno frequenti, sono quelle relative all'artrite reumatoide, al LES (Lupus Eritematoso Sistemico) o provocate da lesioni tumorali. Conoscerne l'origine neurofisiopatologica è il primo passo per ipotizzare una strategia efficace. In alcune forme di dolore nevralgico si può agire con farmaci anestetici locali a lunga durata in grado di prevenire il dolore. Anche i corticosteroidi possono esseri utili per ridurre l'incidenza di nevralgia, ma vanno usati con precauzione. Per alcune forme nevralgiche, si sono rivelati efficaci anche farmaci ad azione centrale sul sistema nervoso come antiepilettici e antidepressivi triciclici, che agirebbero sulla ricaptazione della noradrenalina e della serotonina, i principali neurotrasmettitori coinvolti nella modulazione delle vie di controllo del dolore. Analgesici e oppioidi, invece, nelle forme di dolore nevralgico e neuropatico non sempre danno gli esiti sperati. Una menzione meritano poi tecniche non farmacologiche come le TENS (Transcutaneous Electrical Nerve Stimulation). Infine, nelle forme croniche più severe, si possono utilizzare dispositivi di stimolazione epidurale, simili a pacemaker: inviano alle radici nervose impulsi elettrici che, con un meccanismo di inibizione, bloccano la progressione della sensazione dolorosa dalla periferia verso il cervello.

... quello otorinolaringoiatricoIl dolore, in ambito otorinolaringoiatrico (naso e cavità paranasali, cavo orale, faringe, laringe e orecchio) è spia di molti disturbi comuni a tutte le età e di diverse patologie, più o meno gravi. • Naso. La responsabilità del naso e dei seni paranasali nel causare dolori al cranio e al volto (cefalee e sindromi algiche) è più frequente di quanto si pensi. I dolori sono provocati da: anomalie anatomiche, contatti tra setto e turbinati, concha bullosa etc.. (il dolore viene scatenato dall'esposizione a fenomeni infiammatori, allergici o infettivi, a modificazioni dell'aria inspirata, variazioni climatico-ambientali, all'ina-lazione di polveri o altre sostanze); processi infiammatori e infezioni, come allergie, riniti, sinusiti (il dolore si associa ad altri sintomi come ostruzione nasale, starnuti, prurito, rinorrea anteriore e/o posteriore etc.); disfunzioni delle strutture nervose e dei recettori deputati alla percezione del dolore; neoplasie del naso e dei seni paranasali. I dolori, continui, peggiorano progressivamente e si localizzano alla sede di insorgenza del tumore.• Orecchio. Il dolore auricolare può essere causato da una malattia dell'orecchio (otodinia/otalgia) e può essere percepito come continuo, intermittente, pulsante, ritmico, sordo o insopportabile. In questo caso è accompagnato da altri sintomi auricolari come ipoacusia, acufene, otorrea (secrezione dall'orecchio), otorragia (fuoriuscita di sangue della orecchie). In altri casi il mal di orecchio non dipende da malattie dell'orecchio, ma è conseguenza secondaria di altre condizioni, come sinusite, tonsillite, raffreddore, influenza, mal di denti, emicrania e cancro alla gola. • Gola. Il mal di gola (faringodinia) è un sintomo molto frequentemente legato all'infiammazione/infezione della faringe. Si presenta come un dolore diffuso e continuo associato a difficoltà alla deglutizione, cambiamenti del gusto, secrezione catarrale, malessere generale e qualche volta febbre. In caso di tumore, di solito, si presenta come continuo, monolaterale, progressivo.

Dott.ssa Marketa koka

Specialista in Otorinolaringoiatria Clinica Castelli di Bergamo

Dott. bruno Ferraro

Responsabile Reparto di Neurologia A.O. Treviglio Caravaggio

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10 Bergamo Salute

SPECIALE DOLORE

... e quello ortopedicoIl dolore ortopedico costituisce uno dei sintomi prin-cipali nella manifestazione delle patologie ortopedico-traumatologiche. Si possono distinguere due tipi prin-cipali di dolore: acuto e cronico. Il primo è tipico di contusioni, distorsioni, fratture, lussazioni, lesioni musco-lari o capsulo-legamentose, ernie discali (soprattutto nel-le fasi iniziali), infiammazioni e infezioni acute articolari o dei tessuti molli, borsiti. Il secondo caratterizza forme per lo più degenerative (artrosi, malattie reumatiche, in-fiammazioni e infezioni croniche di ossa/muscoli/ten-dini, esiti di difetti posturali, dimorfismi o sovraccarichi funzionali). Non è infrequente, tuttavia, un’alternanza dei due tipi di dolore nell’evoluzione spesso altalenante di varie patologie. Un discorso a parte, per caratteristiche e trattamenti specifici, merita il dolore neoplastico in or-topedia, dovuto sia a tumori primitivi dell’apparato mu-scolo-scheletrico sia alle frequenti localizzazioni ossee secondarie di tumori sorti in altri organi. Il trattamento del dolore di origine ortopedico-traumatologica pone di fronte a una sfida complessa: innanzitutto è necessario individuare l’origine del dolore stesso. Se non si com-prende bene la causa scatenante, infatti, si può proce-dere solo con una terapia palliativa che potrà ridurre la sintomatologia necessariamente per un tempo limitato. Tuttavia, specialmente in caso di complesse patologie cronico-degenerative, la causa risulta essere multifatto-riale e, quindi, non facilmente riconoscibile. In generale, il dolore acuto si tratta per lo più con farmaci (analgesi-ci, anestetici, antinfiammatori steroidei e non steroidei), riposo funzionale, crioterapia, immobilizzazione, scarico dell’arto leso, terapie fisiche strumentali. Contro il do-lore cronico ci si può avvalere anche di altri strumenti: rieducazione posturale, esercizi specifici di ginnastica, massofisioterapia, fisiochinesiterapia, agopuntura, tera-pie manuali e osteoarticolari (chiropratica/osteopatia), mesoterapia, fino ad arrivare, in rari casi selezionati, a interventi chirurgici mirati (ad esempio alcuni tipi di ar-trodesi, cioè immobilizzazione chirurgica).

Dott. roberto orlanDi

Specialista in Medicina dello Sport e Ortopedico presso la Clinica Castelli di Bergamo

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12 Bergamo Salute

SPECIALE DOLORE

L'aggettivo "palliativo" deriva dal vocabolo latino pallium, let-teralmente, "mantello". Le cure palliative sono quindi quelle che cercano di dare sollievo e pro-tezione al paziente, mettendolo al riparo dalla sofferenza fisica, psicologica e spirituale.

Cure palliative, un diritto (a molti) ancora sconosciuto Non possono guarire ma curano, offrendo al malato la possibilità di vivere l'ultima fase della sua vita nel modo migliore possibilea cura di Elena Buonanno

ta e invalidante etc.. Una volta corretti questi, qualcosa d'altro emerge e rimane da affrontare: la sofferenza del paziente, quella che viene da dentro, dovuta a tut-ta una serie di perdite alle quali il malato va incontro: la perdita del lavoro, del suo ruolo fami-liare e sociale, della sua identità come persona, arrivando a con-figurare quel dolore "totale" che rischia di invadere e sconvolgere non solo il paziente, ma anche la sua famiglia».

rologica, infettiva come l'AIDS), caratterizzata da un'inarrestabi-le evoluzione e da una prognosi infausta, non risponde più a trat-tamenti specifici» spiega la dot-toressa Antonella Goisis, mem-bro del Consiglio dell'Ordine dei Medici di Bergamo. «Alla base delle cure palliative c'è la netta distinzione tra inguaribile e incurabile, che non sono affat-to sinonimi: un paziente può es-sere inguaribile per un tumore al polmone avanzato, ma rimarrà sempre curabile, fino alla fine dei suoi giorni, perché, come diceva Cicely Saunders, considerata a livello internazionale la fonda-trice dell'Hospice movement, molto si deve cominciare a fare quando non c'è più nulla da fare. C'è tutto un corredo di sintomi da controllare: il dolore, la fatica respiratoria, i disturbi gastro-inte-stinali, la fatigue, spesso marca-

Abbiamo una legge, la 38/2010, che è considera-ta tra le migliori d'Italia.

Eppure, intorno alle cure pallia-tive, c'è ancora molta confusio-ne. A penalizzarle, in particolare, sono la disinformazione, ma an-che barriere culturali e pregiu-dizi. Come quelli nei confronti degli oppiacei, normalmente usati per questo tipo di cure, o l'idea, comune nell'immagina-rio collettivo, che vengano usate per accelerare la fine della vita o siano sinonimo di qualcosa di "inutile". Niente di più sbagliato. «La legge 38/2010 definisce le cure palliative" come l'insieme degli interventi terapeutici, dia-gnostici e assistenziali, rivolti sia alla persona malata sia al suo nucleo familiare, finalizzati alla cura attiva e totale dei pazienti la cui malattia di base (oncolo-gica, cardiologica, renale, neu-

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Dott.ssa antonella Goisis

Medico Hospice Casa di Cura "Beato Palazzolo" Bergamo, membro Commissione Nazionale FNOMCEO promozione Cure Palliative

LEGGE 38/2000: UNA CONQUISTA DI CIVILTÀ

La legge 38/2010 ("Disposizioni per garantire l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolo-re"), per la prima volta, tutela il diritto del cittadino ad accedere alle cure palliative e alla terapia del dolore. È tutelato e garanti-to, in particolare, l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore da parte del malato nell'ambito dei livelli essenziali di assistenza al fine di assicu-rare il rispetto della dignità e dell'autonomia della persona umana, il bisogno di salute, l'e-quità nell'accesso all'assisten-za, la qualità delle cure e la loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze individuali, un sostegno adeguato sanitario e socio-assistenziale. Con que-sta legge si traccia una via pre-cisa per umanizzare la cura e si danno indicazioni organizzative volte a dare forma e sostanza al percorso assistenziale delle cure palliative e della terapia del dolore sia per gli adulti che per l'età pediatrica, su tutto il ter-ritorio nazionale, anche se con delle differenze nei modi di pia-nificarle, organizzarle e gestirle.

Ma cosa è un Hospice? Forse sarebbe meglio dire cosa non è un Hospice… non è un ospizio e non è neppure un luo-go dove si va a morire. L'obiet-tivo primario è la tutela della qualità della vita del paziente affetto da malattia avanzata e non più guaribile, realizzata attraverso il controllo dei suoi sintomi e l'attenzione ai suoi bisogni, non solo fisici. In Hospi-ce si curano i vivi, non i defunti, non si fa eutanasia ma nean-che accanimento terapeutico, si cerca di stare nel mezzo per garantire al paziente e alla sua famiglia, quando possibile, la compagnia di cui hanno biso-gno, nel rispetto assoluto della vita del malato che qui è né accorciata né allungata, ma so-prattutto rispettata. Nella mag-gior parte dei casi il paziente ri-mane in Hospice finché vive. In un numero più ristretto, una vol-ta risolti i sintomi più invasivi, il paziente può tornare a casa finché la malattia non peggiora. Diventa così una sorta di secon-da casa, dove torni quando stai male e dalla quale ti allontani se le cose riescono ad andare meglio. Ma, soprattutto, è il luo-go di un'anima, non solo di un corpo malato, ma di una pas-sione per l'uomo che soffre, di una compagnia che sfida il non senso dei giorni che preparano a morire, ma qui si apre un altro capitolo...

disciplinari presso una struttura denominata Hospice, ma anche l'"assistenza domiciliare", ovve-ro l'insieme degli interventi sani-tari, socio-sanitari e assistenziali che garantiscono l'erogazione di cure palliative e di terapia del dolore al domicilio della perso-na malata, con una continuità assistenziale ininterrotta per ciò che riguarda sia gli interventi di base (coordinati dal medico di medicina generale), sia quelli delle équipe specialistiche di cure palliative (di cui il medico di medicina generale è in ogni caso parte integrante).

Dottoressa Goisis, ma è possibile eliminare completamente il dolore in queste situazioni?Sì, e non solo è possibile, è do-veroso. Il dolore non deve esse-re considerato come qualcosa di ineluttabile. Una volta assolto il suo ruolo di campanello d'al-larme di qualcosa che non va, deve essere portato via, anche per non correre il rischio che, se non adeguatamente trattato, diventi esso stesso una malattia. Oggi, grazie ai farmaci che ab-biamo a disposizione, gli oppia-cei in particolare, riusciamo a controllarlo efficacemente nel-la grande maggioranza dei casi.

Ma non sono pericolosi gli oppiacei? Non creano dipendenza? Questo è uno dei pregiudizi più radicati, basti pensare che l'Italia è ancora fanalino di coda nell'u-so della morfina. In realtà, se as-sunti correttamente, nelle giuste dosi, ai giusti tempi e sotto con-trollo medico, i derivati dell'op-pio sono degli eccellenti analge-sici, non abbreviano, come molti purtroppo pensano a tutt'oggi, la vita delle persone, non fanno morire. Il rischio di tossicodipen-denza è infinitesimale e, se ben prescritti e associati a farmaci adiuvanti, non danno sgradevoli effetti collaterali.

Per ricevere queste cure bisogna essere ricoverati? Non necessariamente. Sem-pre la Legge 38/2010 prevede l'"assistenza residenziale", cioè l'insieme degli interventi sani-tari, socio-sanitari e assistenziali nelle cure palliative erogati inin-terrottamente da équipe multi-

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SPECIALITÀ A-Z EMATOLOGIA

I più a rischio: donne, giovani e anzianiProprio il ciclo mestruale è una delle cause più frequenti di ane-mia da carenza di ferro. In gene-re la quantità di ferro introdotta con una dieta sana ed equili-brata è sufficiente per bilancia-re le perdite. Nelle donne in cui il flusso è particolarmente ab-bondante però la bilancia va in negativo. Altre cause importanti sono sanguinamenti del tratto gastroenterico (ulcera, diver-ticoli, intestino etc.), una con-dizione molto frequente negli anziani. Per averne la certezza è sufficiente la ricerca di sangue occulto nelle feci. Nei giovani può dipendere invece dalla celiachia: questa intolleranza permanente al glutine (protei-na contenuta nelle farine fru-mento, segale, orzo etc.), può

La dieta "ferrea" per prevenire e combattere l'anemia

a cura di Alessandro Rambaldi

dei casi l'origine dell'anemia è da ricercare in un deficit di ferro, elemento indispensabile per l'organismo, costituente es-senziale dell'emoglobina dove si lega all'ossigeno (si parla di anemia sideropenica). Per dia-gnosticarla bastano dei sempli-ci esami del sangue. In partico-lare bisogna valutare il volume dei globuli rossi, che in questo tipo di anemia si riducono di volume, il dosaggio della side-remia, cioè il ferro circolante nel sangue, della transferrina, la proteina che trasporta il ferro, e della ferritina ovvero il magaz-zino in cui si accumula il ferro di riserva per averlo a disposi-zione qualora dovesse servire per bilanciare eventuali perdite, come succede ad esempio nel-le donne fertili durante il ciclo mestruale.

Vi sentite sempre stanchi, vi affati-cate facilmente?

Siete più pallidi del so-lito? Potrebbe essere se-gno che siete anemici. L'anemia, la cui forma più comune è quella dovuta a una carenza di ferro, è un problema più diffuso di quanto si pensi. Le cause pos-sono essere diverse, così come la terapia. Fondamentale, in ogni caso, anche per preve-nirla, è seguire una die-ta equilibrata che non metta al bando le proteine animali e assicuri la giusta "dose" di ferro.

Meno ferro, meno ossigeno all'organismoL'anemia è una condizione in cui si verifica una riduzione dei livelli di emoglobina nel san-gue. L'emoglobina è una pro-teina presente nei globuli rossi che ha il compito di trasportare l'ossigeno dai polmoni a tutte le cellule e organi del nostro cor-po. Quando il suo valore si ridu-ce (sotto gli 11 milligrammi per decilitro di sangue) l'organismo ne risente perché va in "caren-za" di ossigeno. Ecco allora la comparsa dei segni tipici: stan-chezza, affaticabilità e pallore (il colorito della pelle deriva dai capillari e quindi dall'ap-porto di sangue). In circa il 50%

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Bergamo Salute 15

Prof. AlessAndro rAmbAldi

Direttore Dipartimento di Oncologia ed Ematologia A.O. Papa Giovanni XXIII Bergamo

QUALCHE TRUCCO PER "OTTIMIZZARE"

L'ASSORBIMENTO DI FERRO• Condire le verdure con il limo-ne (l'acido ascorbico, ovvero la vitamina C, potenzia l'assorbi-mento del 50%).• Tenere a bagno i legumi sec-chi per 24 ore, cambiando due volte l'acqua, in modo da allon-tanare l'acido fitico, che blocca l'assorbimento del ferro. • Usare in cucina erbe aroma-tiche (prezzemolo, rosmarino, basilico) per insaporire: non solo sono fonti naturali di ferro ma stimolano le secrezioni dello stomaco e aiutano a mantenere elevata l'acidità dell'ambiente gastrico, un altro elemento che consente un migliore assorbi-mento del ferro.

ne in breve tempo i livelli. Oggi in commercio esistono diversi preparati a base di ferro. Tra questi il migliore per correg-gere rapidamente il problema (nel giro di qualche settima-na) è il solfato di ferro per via orale. Il limite è che può dare nausea, stitichezza, pesantezza, ma si tratta di effetti transitori e modesti soprattutto se viene assunto a stomaco pieno. Una piccola percentuale di pazien-ti può comunque risultare in-tollerante. In questi casi l'alter-nativa è la terapia endovenosa, che però, anche se raramente, può dare reazioni allergiche anche gravi e deve essere quin-di valutata attentamente.

non a caso chiamati la "carne dei poveri". Importante poi è consumare quotidianamente abbondante frutta e verdura (almeno 5 porzioni al giorno). Non solo spinaci come mol-ti pensano, complice anche il cartone animato "Braccio di ferro". Quello degli spina-ci, infatti, è un falso mito. Non abbondano di questo minera-le più di altre verdure simili a foglia verde. Infine anche un bicchiere di vino rosso a pasto può essere utile.

Una doppia terapia, per ridurre le perdite e aumentare le scorte Un difetto di ferro, oltre che con un'alimentazione adeguata, si può compensare con una cor-retta terapia, che agisca da un lato sulla causa specifica (nel caso ad esempio di sanguina-menti intestinali o ulcere) e dall'altra direttamente sulla carenza di ferro, ripristinando-

causare problemi di malassor-bimento intestinale di diversi nutrienti, tra cui anche il ferro. Nelle persone che soffrono di celiachia infatti i villi intestina-li, cioè le strutture intestinali deputate all'assorbimento del-le sostanze nutritive, si alterano in alcuni casi fino ad atrofiz-zarsi. Infine, anche un'alimen-tazione non equilibrata può portare a una carenza di ferro.

Il "peso" dell'alimentazione Diete che escludano comple-tamente proteine animali, per motivi culturali (come nel casodei vegetariani) o economici, possono esporre al rischio di anemia sideropenica. Il ferro più facilmente assimilabile, in-fatti, è quello contenuto nella carne (rossa, ma anche bian-ca). Non serve mangiarne trop-pa, è sufficiente una o due vol-te a settimana per garantire il corretto apporto. In alternativa si possono scegliere i legumi,

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SPECIALITÀ A-Z GINECOLOGIA

una piccola ghiandola endocri-na la cui funzione principale è quella di produrre progesterone (ormone che serve a sostenere l'evoluzione della gravidanza) e, in quantità minori, estrogeni. Se non avviene la fecondazione dell'uovo e l'impianto dell'em-brione nell'utero, il corpo luteo vive per quattordici giorni e poi degenera rapidamente, arriva il flusso mestruale e tutto rico-mincia. Nel contesto di queste ripetute modificazioni cicliche è molto frequente che com-paiano alterazioni strutturali e ormonali dell'ovaio in conse-guenza delle quali si possono determinare quelle che vengo-no appunto chiamate cisti fun-zionali, follicolari o luteiniche (vedi box). Le cisti follicolari, le più comuni, si originano da un follicolo che non ovula e quindi

Come riconoscere e curare le cisti ovariche In genere "passano" da sole. Solo in alcuni casi può essere necessaria la chirurgia a cura di Massimo Bardi

L'ovulazione: un meccanismo complesso e delicatoL'ovaio è un organo che su-bisce modificazioni quotidia-ne di struttura e, ciclicamen-te, di produzione ormonale. Ogni mese, con l'inizio della mestruazione,uno dei follicoli comincia a crescere fino a un diametro di 2,3 - 2,5 mm (vedi illustrazione), per poi rompersi lasciando fuoriuscire l'uovo ma-turo (fase dell'ovulazione). In seguito all'ovulazione le cellule rimaste nel follicolo iniziano ad accumulare quantità crescenti di proteine, lipidi e di luteina (un particolare pigmento che conferisce un aspetto gialla-stro) e il follicolo si trasforma in corpo luteo, una "particella" di ovaio che si comporta come

Le cisti ovariche rappresen-tano un disturbo molto comune: costituiscono il

10-20% circa di tutta la patolo-gia ginecologica. Si manifesta-no con maggior frequenza in età fertile e sono generalmente di natura benigna, ossia sono prive di complicazioni tanto da poter anche scomparire senza terapie. Nella maggior parte dei casi, infatti, sono dovute a sem-plici alterazioni dell'ovulazione. Si parla quindi di cisti funziona-li (non legate cioè a patologie "organiche"), tra le quali le più frequenti sono quelle follicolari, che si formano cioè a livello dei follicoli, i corpi sferici, presenti sulla superficie dell'ovaio che producono estrogeni e "ospita-no" l'ovulo durante la sua ma-turazione.

dott. mAssimo bArdi

Specialista in Ginecologia e Ostetricia presso Studio Medico Polispecialistico Multidisciplinare di Bagnatica

Si definisce "cisti" una cavità o sacca, posta in qualsiasi parte del corpo, chiusa da una mem-brana, ben distinta dai tessuti circostanti, contenente materia-le liquido o semi-solido.

FOLLICOLOPRIMARIO

FOLLICOLOSECONDARIO

OVULAZIONE

OVULO MATUROCORPO

LUTEO

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LE LUTEINICHE, SORVEGLIATE SPECIALIDiscretamente frequenti, anche se meno di quelle follicolari, sono le cisti luteiniche, che si formano all'interno dei corpi lutei: dai vasi san-guigni attorno al follicolo inizia un discreto sanguinamento, il sangue si accumula all'interno del corpo luteo e spesso si associa a sacche di liquido sieroso (corpo Iuteo cistico). Queste cisti, in genere, non dan-no particolari sintomi salvo la comparsa di un ritardo nella comparsa del flusso mestruale. Può capitare però che insorgano dolori a livel-lo pelvico, a destra o a sinistra, qualche volta intensi che si risolvono spontaneamente nell'arco di 3-4 giorni. Di solito anche la cisti luteini-ca si riassorbe spontaneamente nell'arco dì 2-3 settimane, anche se è possibile che si formino delle recidive. In questi casi è utile una terapia con contraccettivi ormonali per qualche mese per bloccare l'ovulazione e ridurne così l'incidenza. Come per le cisti follicolari la diagnosi vie-ne posta dall'esame clinico e dall'indagine ecografica supportata dai dosaggi degli onco-markers. La complicanza più importante è rappre-sentata dal cosiddetto corpo luteo cistico-emorragico. La parete della cisti luteinica tende a rompersi, determinando una emorragia all'inter-no della cavità addomino-pelvica (emoperitoneo). Si può attuare una terapia di attesa "sorvegliata" per valutare la possibilità di un arresto spontaneo dell'emorragia (specie se di piccola entità) e di un rapido ri-assorbimento del sangue presente in peritoneo. Se però questo non av-viene in tempi brevi è necessario il ricorso alla chirurgia laparoscopica, con la quale fermare l'emorragia, aspirare il sangue in cavità pelvica e valutare la necessità di enucleare, cioè rimuovere, la cisti (cosa non sempre strettamente necessaria).

struali. È comunque possibile che insorgano recidive per cui è utile eseguire controlli perio-dici e talora instaurare un'ade-guata terapia preventiva con contraccettivi ormonali che bloccano, nelle donne fertili, il processo ciclico ovulatorio e permettono all'ovaio di riposa-re almeno per qualche mese. In alcuni casi può essere anche indicata la chirurgia, in parti-colare se la cisti cresce fino a dimensioni superiori ai 7-8 cm di diametro. Cisti di questo tipo, infatti, possono causare fastidi pelvici, talvolta severi, sanguinare internamente o determinare la comparsa di quella che viene considerata la complicanza più temibile, cioè la torsione dell'ovaio. Si tratta di un'evenienza relativamente rara, che determina uno stroz-zamento dei vasi ovarici con conseguente "infarto ovarico" e si manifesta con un dolore acuto che tende a persistere e, se non regredisce, può portare alla necrosi dell'organo. In que-sta situazione si deve interve-nire di solito chirurgicamente. In qualche altro caso la cisti si può rompere. La rottura della cisti determina una sintoma-tologia simile alla peritonite (dolore addominale diffuso, nausea, vomito, ipotensione) e rende necessario il ricorso all'intervento chirurgico che, nel caso delle cisti ovariche, av-viene di solito in laparoscopia, tecnica fondamentale (anche dal punto di vista diagnostico) che permette di salvaguardare il più possibile il tessuto ovari-co residuo in modo che possa mantenere la sua funzione sia ormonale sia riproduttiva.

ruolo fondamentale lo ha l'e-cografia transvaginale. In casi sospetti, per differenziare tra patologie benigne e maligne (quelle, molto rare, che poten-zialmente potrebbero sviluppa-re un tumore), può essere d'aiu-to il color-doppler e il dosaggio dei cosiddetti onco-markers, ovvero marcatori tumorali, pro-teine, ormoni e altre sostanze sintetizzate dalle cellule neo-plastiche che possono segnala-re la presenza di un tumore o alcune sue caratteristiche.

Intervento chirurgico? Se sono grandi o in caso di recidiveLa maggior parte delle cisti follicolari regredisce sponta-neamente senza intervento medico con uno-due cicli me-

non si rompe con conseguente accumulo di liquido al suo in-terno. Si tratta di solito di cisti piccole, con diametro inferio-re ai quattro centimetri, che si manifestano solo con modeste alterazioni del ritmo mestruale o fastidio addominale. In alcuni casi, però, possono anche rag-giungere i 9-10 centimetri e di-ventare pericolose.

Visita ginecologica ed ecografia, per conoscerle meglioPer la diagnosi iniziale di cisti follicolari è sufficiente la sem-plice visita ginecologica. Per poter valutare però le caratteri-stiche strutturali della cisti e in particolare il suo contenuto, la presenza di papille, lo spessore e la regolarità della parete un

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SPECIALITÀ A-Z PEDIATRIA

secondo il termine tecnico, il suo centile, una specie di clas-sificazione, da 1 a 100, in cui inserire l'altezza del bambino. Ad esempio, un bambino al 75° centile, ha, su 100 bambini del-la sua stessa età, sesso ed etnia, 25 più alti e 75 più bassi di lui; (da un punto di vista medico è considerata bassa statura al di sotto del 3°percentile, al con-trario alta statura al di sopra del 97°percentile). La curva di crescita serve anche a valutare l'andamento della crescita del singolo bambino nel tempo. Un bambino sano, negli anni, si col-loca sempre nella stessa zona del grafico ("segue il suo centi-le"). Se invece, ad esempio, pas-sa nel giro di un anno dal 50°,

Aiuto! Mio figlio non crescea cura di Marta Odoni

"Ma perché non cre-sce come i suoi coetanei?". "E se

rimanesse piccolo?". La cresci-ta del proprio figlio è uno degli aspetti di salute che più preoc-cupa i genitori. Per diversi mo-tivi. Innanzitutto per il timore che ci possa essere qualcosa che non va, una malattia o una disfunzione. Ma c'è anche un'al-tra paura e cioè che il bimbo rischi di restare basso, anche da adulto. In realtà nella maggior parte dei casi queste preoccu-

LA GENETICA CONTALa crescita di un bambino è in-fluenzata da molteplici fattori (ambientali, nutrizionali, endo-crinologici), non ultimo la ge-netica (statura dei genitori). Di solito genitori alti avranno bam-bini alti e genitori bassi bambini bassi (anche se sono possibili eccezioni). In genere deve es-ser calcolato il target genetico staturale (obiettivo di crescita in base all'altezza dei genitori) mediante apposite formule. Un ulteriore strumento spesso ado-perato dagli endocrinologi per l'inquadramento di una bassa statura è la valutazione dell'età ossea mediante una radiografia della mano e del polso sinistro, che consente di sapere se lo stato di maturazione del bambi-no è uguale, ritardato o avanza-to rispetto all'età effettiva.

pazioni si rivelano infondate, poiché il bambino ha una sta-tura nell'ambito della norma (solo nell'1% dei casi esiste un difetto endocrinologico). In ogni caso è opportuno segui-re sempre con regolarità (ogni 6-12 mesi) la crescita dei propri figli, in modo da cogliere tem-pestivamente i segni di possibili patologie dell'accrescimento che oggi, se diagnosticate tem-pestivamente, possono essere trattate efficacemente.

Ognuno ha i suoi tempi

Il processo di crescita statu-rale non è sempre gradua-

le e uniforme: esistono periodi in cui risulta

accelerato (periodo intrauterino, primo

anno di vita ed epo-ca puberale) e altri in

cui è rallentato (dal se-condo anno di vita sino

al periodo pre-puberale). In età pediatrica la statura

è quindi per definizione una misura che varia nel tempo.

Per avere un'idea di dove si col-loca la statura di un bambino rispetto al resto della popola-zione in età evolutiva sono stati creati i percentili di cre-scita (curva di crescita). La curva di crescita è un gra-fico, specifico per maschi e femmine ed etnia, che

consente di individuare la statura del bambino in base

alla popolazione generale, o,

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Bergamo Salute 19

dott.ssA mArtA odoni

Specialista in Pediatria UO Pediatria e Neonatologia Policlinico San Pietro di Ponte San Pietro

è molto bassa, ma la terapia con ormone della crescita riesce a migliorarla.• Displasie scheletriche. Si tratta di severe basse stature ricondu-cibili a malattie ossee conge-nite. Molte di queste patologie, in cui vari segmenti scheletrici presentano proporzioni non ar-moniche (acondroplasia) sono trasmesse geneticamente.• Cause endocrine. Gli ormoni, in particolare la tiroxina (or-mone tiroideo), l'ormone della crescita e gli ormoni sessuali, giocano un ruolo fondamentale sulla crescita, pertanto la loro carenza può ripercuotesi ne-gativamente. Per diagnosticare uno scarso funzionamento del-la tiroide (ipotiroidismo), con conseguente ridotta produzio-ne di tiroxina, è sufficiente un prelievo di sangue. La carenza di ormone della crescita o GH, invece, è una condizione rara e talvolta difficile da dimostra-re: dopo un adeguato follow up e l'esclusione di altre cause, vanno programmati dei test da stimolo ormonali e una riso-nanza magnetica dell'encefalo che ricerchi eventuali anoma-lie dell'ipofisi, la ghiandola che produce l'ormone. In caso di conferma della diagnosi può essere prescritta la terapia con ormone biosentetico, ma solo da parte di Centri autorizzati.È bene, infine, ricordare che ogni problema di salute impor-tante e che persiste nel tempo (ad esempio l'asma grave, ma-lattie cardiache, nefropatie, ce-liachia e malattie infiammatorie croniche intestinali, del sangue) può causare un ritardo della crescita, sia dovuto alla malattia in sé, sia ai farmaci usati per cu-

al 25°, poi al 10° centile ("perde centili"), è probabile che abbia un problema di salute che ne sta compromettendo la crescita ed è quindi urgente approfondi-re e intervenire.

Quando può essere normale...La bassa statura può esser defi-nita normale in due condizioni: bassa statura familiare e ritardo di crescita costituzionale. • Bassa statura familiare. Si può avere in bambini con uno o en-trambi i genitori bassi. La statura è su percentili bassi, ma rimane costante negli anni, con una normale velocità di crescita. L'e-tà ossea è simile a quella effet-tiva, la pubertà arriva in epoca normale, la statura finale coin-cide con la statura bersaglio. Sono bambini da seguire bene nel tempo, ma in generale non è necessario alcun trattamento. • Ritardo costituzionale di cre-scita e pubertà. È una condi-zione in cui il bambino ha una bassa statura e un'età ossea molto ritardata. In genere il ral-lentamento della crescita si ma-nifesta verso gli 11-13 anni ma nell'adolescenza viene recupe-rato tutto il ritardo, arrivano fino a una statura finale normale. An-che in questi casi è necessario un attento follow up.

… e quando patologicaSi parla di bassa statura patolo-gica quando è legata a sindromi dismorfiche, displasie scheletri-che, cause endocrine. • Sindromi dismorfiche. La più nota è la sindrome di Turner che colpisce le femmine ed è determinata da un'alterazione cromosomica. La statura finale

rarla. Anche una scarsa crescita durante la gravidanza (neonato alla nascita piccolo per l'età gestazionale) può non essere recuperata completamente nei primi anni di vita e causare una bassa statura.

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20 Bergamo Salute

Il suo motto è "comunicare emo-zioni". E da trent'anni Oreste Castagna lo mette in pratica

in televisione, a teatro, nei tanti seminari e spettacoli che fa in tutt'Italia. Per i bambini è Gipo Scribantino, il direttore gnomo che al sabato mattina su Rai YoYo riassume tutto quello che accade nel fantabosco durante la settimana. Ma è anche il prota-gonista tv delle "Storie di Gipo". Un successo strepitoso. Oreste, che incontriamo nella sua casa a Bergamo, però non si è mai mon-tato la testa. «Per me la televisione, il teatro è una terapia per piccoli, anziani e soprattutto per le fami-glie. Io cerco di fare arrivare dei messaggi positivi a tutti quelli che mi seguono» spiega. «Il sabato e la domenica mattina alle 9:10 in "Buongiorno con YoYo", cerco di spiegare, in collaborazione con il Ministero alle Politiche Agri-cole, come ci si può alimentare in modo corretto, naturale, utiliz-zando soprattutto ortaggi e frutta. Parlo di carote, zucchine, mele e via dicendo. Ne esalto le qualità e come mangiarle. Poi con le "Sto-rie di Gipo" tocco un argomento importante: come stare insieme agli altri, come stare bene con gli altri, in special modo con la fami-glia. E i risultati li tocco con mano. Sa quante volte i bambini, anche extracomunitari, mi fermano per strada per dirmi che mi hanno vi-sto in tv e che mettono in pratica i miei consigli alimentari e "men-

tali" coinvolgendo anche i genito-ri. Anzi, sono proprio loro che mi ringraziano. Eh sì, la gente sente il bisogno di una vita più naturale».

Ma Gipo Scribantino va oltre. Nei suoi spettacoli dà spazio ai portatori di handicap, ma non li tratta mai con commiserazione. Per lui sono come gli altri. «La prima volta che ho portato in tv un ragazzo su una carrozzina mi hanno guardato male, pensava-no che non fosse il luogo adatto. Invece lui si è divertito, ha gioca-to con gli altri bambini che l'han-no accolto senza mai fargli pesa-re la sua disabilità. Ed è lo stesso quando porto ragazzi che soffro-no della sindrome di down».

Per i bambini Oreste-Gipo strave-de, forse perché non ne ha avuto uno suo. «Ricordo tutte le facce dei ragazzi e delle ragazze della

scuola elementare di Longuelo, quelli della maestra Maura. Sono stati loro le mie cavie» dice qua-si commuovendosi. «Era il 1984, esattamente trent'anni. Per me è stato l'esordio assoluto. Insieme abbiamo messo in scena "La nascita dell'uomo". Ancora oggi quei ragazzi, che nel frattempo sono diventati papà e mamme, ricordano quella bellissima av-ventura. Ogni tanto ne incontro qualcuno con il suo bambino e il pensiero ritorna a quell'espe-rienza, anzi a quell'esperimento. Da lì è iniziata la mia carriera».Una carriera di successo: teatro, tv, film, doppiaggi fino all'incon-tro con Papa Francesco che ha voluto conoscere, in occasione della Festa della famiglia nell'ot-tobre scorso, proprio i protagoni-sti di Rai YoYo: Oreste Castagna, travestito da Gipo e Greta Pierot-ti, la fata Ariele. «È stata un'espe-

PERSONAGGIO

Oreste Castagna

Così do la carica a nipotini e nonni Nei suoi spettacoli solo messaggi positivi per tutta la famigliaa cura di Lucio Buonanno

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rienza fantastica, commovente. Non sapevamo che il Papa vede anche il nostro programma. Per lui abbiamo fatto uno spettacolo, poi ci ha ricevuto e abbiamo par-lato per una ventina di minuti. Ha voluto sapere come prepariamo la nostra trasmissione, il linguag-gio che usiamo per i bambini. E ha voluto vedere anche i miei di-segni. Di noi sapeva tutto, anche che io ero separato. E mi ha detto: "So che ha avuto qualche proble-ma". Un incontro eccezionale, davvero commovente».Come commoventi, pieni di energia, speranza e spirito te-rapeutico sono gli incontri de "L'età dell'oro", progetto che Oreste fa in tutta Italia portando i bambini nelle case di riposo a scoprire i "nonni", le loro storie, le loro realtà. «Entriamo in que-ste case di cura o di riposo e i bambini adottano subito uno dei "nonni"» spiega. «Cominciano a fare domande e si fanno raccon-tare le loro storie, bellissime. Così c'è la signora, che spiega come allevava i bachi da seta, un altro che ricorda i suoi anni trascorsi in guerra e racconta, racconta. I

no adottato e glielo portano tra abbracci e lacrime. Anche questa è terapia. Per una giornata l'an-ziano ricorda il suo passato, si risveglia. Ma è positivo anche per i ragazzi che esorcizzano così la vecchiaia, il tema della morte e si rafforzano scoprendo un altro mondo. Spesso i bambini sono troppo viziati e addirittura alcuni non sanno neppure allacciarsi le scarpe. Con questi nostri labora-tori e di fronte a temi come que-sti forse cominciano a riflettere, a pensare e a mettere le basi per una crescita più consapevole e aperta al mondo». Le sue idee Oreste le ha trasfor-mate in realtà anche nelle fave-las del Brasile, in Palestina, come testimonial di Emergency per tre anni e ora dell'Avis. «Ma con i bambini bisogna stare molto at-tenti anche nel linguaggio» dice. «Per noi è una grande responsa-bilità. Loro credono a quello che diciamo e a come lo diciamo. E allora pesiamo molto le parole».

Ora Castagna si sta preparando a un nuovo spettacolo tv, un nuovo "Albero Azzurro", (programma tradotto in 18 lingue che ha avu-to tanto successo dal 1989 per una decina di anni su Rai 1 in cui dava la voce a Dodò, l'uccellino-bambino protagonista), che que-sta volta avrà un respiro interna-zionale. Ci saranno bambini di altri Paesi che esprimeranno i loro desideri. E intanto, tv a parte, con la regista e coautrice Silvia Barbieri continua il suo teatro di denuncia e di sensibilizzazione nei confronti dell'infanzia anche attraverso temi difficili e com-plessi come i diritti dei bambini, la piaga dei bambini soldati e del lavoro minorile.

bambini ascoltano con entusia-smo. Si creano gruppi: è bello vedere nonni e piccoli lavorare insieme. Poi i bambini disegnano i racconti del "nonno" che han-

CON LA TEATROTERAPIA RISCOPRI TE STESSO

Quello che fa Oreste Castagna è una sorta di teatroterapia perché coinvolge bambini e anziani alla scoperta di se stessi e li aiuta an-che a superare situazioni di disa-gio psicologico. La teatroterapia è una forma di arte-terapia di grup-po che ha cominciato a diffonder-si negli anni Sessanta. "Implica l'educazione alla sensibilità e alla percezione del proprio movimen-to corporeo e vocale" è spiegato nel sito della Federazione italiana teatroterapia. "Agisce attraverso la rappresentazione di personag-gi extraquotidiani (principalmen-te improvvisati) ma implica un minuzioso lavoro preespressivo indispensabile alla creazione di quell'Altro da sé che rende pos-sibile la reazione terapeutica". Ad avvicinarsi alla teatroterapia possono essere persone di qual-siasi età in condizioni di difficoltà psicologica: aiuta a superare la ti-midezza, ad aumentare l'autosti-ma, a sviluppare le proprie risorse interiori.

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22 Bergamo Salute

IN SALUTE STILI DI VITA

bequerel al metro cubo (ndr. unità di misura dell'attività di un radionuclide indicato come ra-dioattività) e 400 per le case vec-chie (500 Bq/mc per i luoghi di lavoro). Ma entro il 2018 questi parametri, come stabilito dall'U-nione Europea, diventeranno 300 bequerel senza distinzioni tra luoghi di lavoro e abitazioni.

Ma perché attacca i polmoni?Il rischio è legato all'esposizione per via inalatoria. Le particelle alfa (generate dal decadimento del radon) sono emesse in pros-simità dell'epitelio bronchiale (cioè la mucosa che riveste le vie respiratorie, costituendo una barriera di difesa nei confronti dell'aria e dell'ambiente) che purtroppo non offre una suffi-

Aprite le finestre, c'è il radon Un gas radioattivo, inodore, incolore e insapore che si annida nei locali a contatto con il suolo, ma può arrivare fino ai piani alti e provocare tumori ai polmonia cura di Lucio Buonanno

Arieggiare bene l'appartamen-to soprattutto

se si vive o si trascorro-no molte ore al giorno negli scantinati, nelle taverne o in locali a contatto diretto con il terreno. È uno dei consigli dell'ASL per tenere a bada il radon, il gas radioattivo natu-rale, inodore, incolo-re, insapore che ogni anno provoca nella sola provincia di Ber-gamo una cinquan-tina di decessi per tumore ai polmoni. Un gas che una volta all'aperto si disperde. «Il radon è la seconda causa di tumore polmonare dopo il fumo, anzi è stata dimostrata un'azione si-nergica tra fumo e radon» dice il dottor Pietro Imbrogno, diretto-re dell'Area Salute e Ambiente, Dipartimento Prevenzione Me-dico dell'Asl di Bergamo.

Dottor Imbrogno da dove arriva il radon?La principale fonte di emissio-ne è rappresentata dal suolo: è infatti quasi costantemente presente nel suolo e nelle rocce in cui sono presenti i suoi pre-cursori: uranio e radio. In quan-tità nettamente inferiore può anche derivare dai materiali di costruzione delle case. La sua

penetrazione negli edifici av-viene attraverso pavimentazioni e pareti a contatto con il suolo non bene isolate da fratture e fessure o tubature non sifonate o canalizzazioni non sigillate. L'inadeguata ventilazione dei locali, impedendone la disper-sione all'esterno, ne favorisce l'accumulo. Nei luoghi chiusi e scarsamente arieggiati, infatti, può raggiungere livelli rilevanti e pericolosi per la salute. Attual-mente nelle abitazioni nuove il livello di guardia è sopra i 200

Dott. Pietro iMbroGno

Direttore Area Salute e Ambiente, Dipartimento Prevenzione Medico Asl Bergamo

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Bergamo Salute 23

una bonifica, varia dai 9 ai 12 mila euro. È la somma che è sta-ta spesa per risanare una scuola riducendo la concentrazione di radon fino al 90 per cento.

Ma come si fa a capire se è presente nella nostra taverna, nella cantina o in casa?Ci sono diversi sistemi messi a disposizione dall'ARPA (Agen-zia Regionale per la Protezione dell'Ambiente) con apparec-chiature sofisticate per misurare il radon per 48 ore, per almeno tre mesi o per sei mesi. I costi vanno dai 65 euro a oltre 300 più IVA. Si pongono dei dosime-tri in casa che poi vanno inviati ai laboratori per le analisi. Ma a volte basta soltanto aprire le finestre per evitare ogni rischio. Qualche anno fa abbiamo esa-minato la taverna di un signore che aveva deciso di trasformar-la in camera da letto. Per due giorni abbiamo monitorato il radon: quando le finestre erano aperte il radon era meno di 200 bequerel, ma appena venivano

ciente protezione dalle radia-zioni, contrariamente a quanto avviene a livello cutaneo. L'or-gano maggiormente colpito è proprio il polmone. In Italia la stima del rischio varia tra il 5 e il 16 per cento. Risulta dunque la seconda causa di tumore pol-monare dopo il fumo.

E come ci si può difendere?L'esposizione al radon negli edifici può essere combattuta alimentando la ventilazione ne-gli ambienti chiusi e limitando la presenza delle persone nei locali in cui la concentrazione di radon risulti più elevata. In alcuni casi si deve anche in-tervenire sulle caratteristiche costruttive dell'edificio. Le "li-nee guida per la prevenzione dell'esposizione al gas radon in ambienti chiusi" adottate dalla Regione Lombardia, anche gra-zie alla collaborazione dell'ASL di Bergamo, rappresentano uno strumento operativo per i Co-muni, i progettisti, i costruttori. Schematicamente le tecniche di controllo dell'inquinamento da radon prevedono barriere impermeabili con membrane a tenuta d'aria che isolano così la casa dal terreno; depressione alla base dell'edificio intercet-tando il radon prima che entri all'interno aspirandolo e poi espellendolo nell'aria; oppure deviando il percorso del radon creando delle sovrappressioni sotto l'edificio.

Quanto costano queste operazioni?Per le nuove abitazioni in fase di progetto si stima circa l'1% del valore della casa. Per le abitazio-ni esistenti il costo medio per

chiuse di notte saliva a 1600 per poi ridiscendere la mattina e il pomeriggio appena il locale ve-niva arieggiato nuovamente.

E qual è la situazione nella Bergamasca?Abbiamo fatto diversi monito-raggi nel 1989-90, nel 1993-2000, insieme con l'ARPA nel 2003-2006 e nel 2009-2010 mappando centinaia di comuni e decine di scuole. I livelli più alti di radon li abbiamo trovati in Val Seriana e in Val Brembana. La media nella nostra provincia è tra le più alte della Lombardia. Questi dati ci hanno permesso di sollecitare i vari Comuni bergamaschi a intervenire sui regolamenti edi-lizi per attuare le Linee guida Regionali sulla prevenzione dei rischi da gas Radon.

Quindi attenzione al radon, gas invisibile, inodore e incolore che qualche volta si può annidare anche ai piani alti e allora apri-te le finestre, fate entrare aria fresca. Basta davvero poco in alcuni casi.

1.050

190120500

Concentrazione di Radon Bq/m3 nei comuni della provincia di Bergamo

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IN SALUTE ALIMENTAZIONE

creas a produrre molta insulina, cioè l'ormone che ha il compito di riportarla nella norma. Se que-sto accade troppo spesso l'insu-lina diventa inefficace e si entra in un circolo vizioso con tassi di zucchero nel sangue troppo alti e livelli di insulina sempre più alti per cercare di tenerli a bada. Tutto questo finisce per causare sovrappeso (l'insulina trasforma le eccedenze in materiale ener-getico di riserva), diabete di tipo 2 (detto anche mellito) e aumen-to del rischio di molte malattie, da quelle cardiovascolari fino ai tumori». Anche tumori? «Sì, l'in-sulina è un ormone cosiddetto anabolico (cioè "stimolante") che potenzialmente può stimola-re la crescita di un tumore, inol-tre la presenza di troppo zucche-ro nel sangue fa da nutrimento perfetto per la cellula tumorale» continua il dottor Ongaro.

Lo zucchero?Crea dipendenza e fa invecchiare a cura di Elena Buonanno

Lo zucchero come le siga-rette. Non solo crea una dipendenza da cui è dif-

ficile liberarsi paragonabile a quella delle "bionde" ma pro-prio come il fumo, accelerereb-be anche il processo di invec-chiamento. Con l'"aggravante" che costa meno e si può trovare dovunque: merendine, gelati, bi-bite etc. A suggerirlo sono diver-si studi scientifici realizzati ne-gli ultimi anni: gli zuccheri, oltre a far male alla linea e ai denti, accelerano gli effetti del trascor-rere del tempo, non solo sulla pelle, favorendo la comparsa di rughe e "zampe di gallina", ma nell'intero organismo. «Tutto di-pende da un fenomeno chiama-to glicazione» spiega il dottor Filippo Ongaro, vicepresidente dell'Associazione Medici Ita-liani Anti-aging, che da anni si occupa del legame tra cibi e in-vecchiamento (au-tore di best seller come "Mangia che ti passa" e "Mangia che dimagrisci"). «Si tratta di una re-azione chimica per cui gli zuccheri che si trovano liberi nel sangue (e non sono quindi stati meta-bolizzati perché in quantità troppo ele-vate) si legano in modo tossico alle proteine presenti ne-gli organi e tessuti

del nostro corpo, provocandone un deterioramento e un invec-chiamento che, ad esempio sulla pelle, cioè la parte più visibile, si manifesta prima con una perdi-ta di tono ed elasticità poi con le rughe». Da tempo si sa che la glicazione è implicata in malat-tie come aterosclerosi, diabete, insufficienza renale e reazioni infiammatorie e disfunzioni nell'endotelio (il tessuto che ri-veste i vasi sanguigni).

Un dolce "pericolo"Ma come fa lo zucchero a di-ventare da amico e "consola-zione" un così temibile nemico della salute? «Quando ingeria-mo zucchero o cibi che ne con-tengono, come ad esempio dol-ci, snack, biscotti, si verifica un rapido sbalzo di glicemia (cioè la concentrazione di zucchero nel sangue) che costringe il pan-

Adriano Merigo

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Dott. FiliPPo onGaro

Vicepresidente dell'Associazione Medici Italiani Anti-aging

Ma quindi dobbiamo rassegnar-ci a una vita senza zucchero? E non ci sono zuccheri meno dannosi di altri? «No, andreb-bero ridotti tutti, che si tratti di zucchero bianco, di canna o anche dolcificanti. Questo non vuol dire eliminarli totalmente, cosa pressoché impossibile, ma consumarli con moderazione e soprattutto limitarne l'uso quo-tidiano (anche quello nel caffè), concedendoseli solo una volta ogni tanto come premio. Atten-zione poi anche agli zuccheri na-scosti, ad esempio in bevande e succhi di frutta, e alla forma con cui vengono assunti. La velocità con cui uno zucchero viene as-sorbito dall'intestino e innalza la glicemia dipende, infatti, anche dalla presenza di fibra o meno. Per fare un esempio, tra la frutta fresca e un succo di frutta, molto

Difficile farne a meno«In più c'è il problema che lo zucchero crea una vera e pro-pria dipendenza fisica, per cui agli sbalzi glicemici seguono i cosiddetti cali di zucchero che spingono a mangiarne altro, e soprattutto psicologica. I dolci favoriscono infatti il rilascio nel cervello di dopamina, neurotra-smettitore legato alla sensazio-ne di benessere e piacevolezza che, non accumulandosi, porta a mangiare dosi sempre maggiori e più spesso» avverte l'esperto.

meglio la frutta fre-sca. Essendo ricca di fibra, e non addi-zionata, come spes-so succede nei succhi, di altri zuccheri, innal-za la glicemia più lentamen-te» conclude il dottor Ongaro.

GIÙ IL DOLCE, SU LA MEMORIADiminuire i livelli di zuccheri nel sangue fa bene al cervello, anche per chi non ha problemi di diabe-te e glicemia. Secondo lo studio della Charité University Medicine di Berlino pubblicato su Neuro-logy le persone che hanno basse quantità di zuccheri nel sangue hanno meno probabilità di avere problemi di memoria.

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IN ARMONIA PSICOLOGIA

Quante volte, prima di but-tare via un oggetto, avete pensato "meglio tenerlo,

potrebbe sempre servire"? La dif-ficoltà a sbarazzarsi di qualcosa, che sia un vestito, un accessorio per la casa, un paio di scarpe, in nome di una sua presunta utilità futura, è un'esperienza molto comune. Talvolta è l'ali-bi del "potrebbe essere utile" a frenare, altre volte invece è il va-lore affettivo e rievocativo che alcuni oggetti portano con sé e che rende difficile separarsene. «Queste tendenze, complice la sovrabbondanza tipica di una società consumistica, generano delle lente e progressive invasio-ni di spazi della casa, dagli ar-

disordine. Questo avviene per-ché, nello scegliere, l'individuo tende inconsapevolmente a ser-virsi di una strategia cognitiva detta "euristica della disponi-bilità". Si tratta di una scorcia-toia di pensiero che interviene quando si valuta la probabilità di un evento futuro in base alla presenza di un evento analogo in memoria, piuttosto che sulla base della sua probabilità og-gettiva. Più semplicemente, se ho ricordo di una circostanza passata in cui si è rivelato utile aver conservato un oggetto, que-sto tenderà a influenzarmi e a indurmi a non buttare qualcosa anche questa volta, perché sono più portato a considerare il fatto che potrebbe servirmi in futuro. Questo meccanismo risulta poi talvolta potenziato anche da una forma di insicurezza che trova rassicurante poter conta-re sull'atteggiamento prudente del "potrebbe sempre servire". In altre parole, ogni scelta implica un rischio e quindi una quota d'ansia: scegliere di non buttare un oggetto rappresenta allora per alcune persone una stra-tegia di evitamento e di allon-

Operazione decluttering Come liberarsi dalle cose inutili e fare spazio in armadi e… mentea cura di Maria Castellano

dott.ssA robertA CAttAni

Psicologa a Bergamo

madi pieni di vestiti di qualche taglia fa alle soffitte colme di gio-cattoli destinati a moltiplicarsi a ogni Natale» dice la dottoressa Roberta Cattani, psicologa. «Tut-tavia, secondo una recente inda-gine, le persone usano realmen-te soltanto il 20 per cento delle cose che possiedono, mentre il rimanente è da considerarsi su-perfluo. Ecco allora che il cambio di stagione può rivelarsi un'otti-ma occasione per fare un po' di ordine e decomprimere gli spazi, attraverso la tecnica anglosasso-ne del "decluttering", che lette-ralmente significa "eliminare ciò che ingombra"».

Dottoressa Cattani, cosa scatta per cui diventa così difficile separarsi dagli oggetti inutili? La conservazione degli oggetti dipende soprattutto da aspetti psicologici che solo in minima parte hanno a che fare con la reale possibilità di un loro suc-cessivo utilizzo. Se infatti questo atteggiamento fosse supporta-to da un processo decisionale maggiormente razionale, ap-parirebbe evidente la spropor-zione tra l'esiguo numero di occasioni in cui si trae un ef-fettivo beneficio dalla riscoper-ta di un vecchio oggetto e gli svantaggi che invece derivano dalla costante presenza in casa di una quantità di prodotti che occupano spazio e generano

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Bergamo Salute 27

tanamento dell'ansia, perché solleva dal rischio di sbagliare sia che si riveli utile aver conser-vato l'oggetto in questione sia che questo non accada. Inoltre questo atteggiamento consente di mantenere un "confortante" legame con il passato.

E cosa si può fare per uscire da questi meccanismi e decidersi a fare pulizia?Per poter procedere a un'opera-zione di decluttering innanzitut-to bisogna cercare di valutare l'effettiva utilità degli oggetti nel modo più realistico possibile, rendendosi conto che spesso si tratta di oggetti di cui si può fare a meno poiché rappresentano la semplice estensione dei pro-pri dubbi. Si può procedere gra-dualmente, partendo da ciò che si considera meno rilevante, per arrivare man mano a eliminare anche gli oggetti da cui risul-ta più difficile distaccarsi, una volta che si sia acquisita confi-denza con il processo. Imparare a liberarsi del superfluo aiuta

bi Mentali) come entità diagnostica a sé stante, anche se sono frequenti le correlazioni con altri disturbi, come il disturbo osses-sivo compulsivo e il disturbo osses-sivo compulsivo di personalità. Un aspetto problema-tico dell'accumulo compulsivo è che in genere non vie-ne riconosciuto da chi ne è affetto ed emerge solo dopo

che la persona si è rivolta a uno specialista per altri problemi o quando gli effetti del disturbo pregiudicano severamente la sua capacità di svolgere nor-mali attività e il rapporto con i familiari conviventi.

E come si può guarire?Una terapia dimostratasi parti-colarmente efficace per que-sto tipo di disturbo è quella cognitivo-comportamentale, che lavora sulla "ristrutturazio-ne" delle credenze sottostanti l'accumulo e sugli schemi di pensiero che ne favoriscono il mantenimento, oltre che sul potenziamento delle capacità decisionali e organizzative. Al contrario, la semplice rimozio-ne dell'accumulo non risolve mai il problema e può anzi comportare un forte rischio per l'insorgenza di altri disturbi, ad esempio di carattere depressi-vo. Il cambiamento è dunque possibile e una buona terapia, intervenendo direttamente alla base del disturbo, può dare ot-timi risultati.

l'autostima e il senso di autoaf-fermazione, perché restituisce da subito quella percezione di autoefficacia che nasce dall'es-sere stati in grado di liberarsi dai propri dubbi. Inoltre si genera un alleggerimento anche men-tale, che crea maggiore apertura per nuova energia vitale.

Quando la tendenza ad accumulare, questioni di spazio a parte, può diventare un problema?Esistono casi in cui si può in-staurare una vera e propria patologia, la disposofobia, più nota come accumulo patologi-co. Si tratta di un disturbo osses-sivo caratterizzato dall'estrema incapacità a liberarsi di oggetti inutili e dal loro conseguen-te accatastamento in quantità così ingenti da arrivare a ren-dere difficoltoso persino il mo-vimento negli spazi. Ha un'in-cidenza più alta di quel che si possa pensare (tra il 2 e 5%) ed è stata inserita nella nuova edi-zione del DSM (Manuale Dia-gnostico e Statistico dei Distur-

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28 Bergamo Salute

IN ARMONIA COPPIA

plici curiosi, gli introversi che si rifugiano in un mondo virtuale per problemi di comunicazione e persone che si servono della chat per riprendere dei contat-ti dopo un momento difficile, come se fosse una sorta di cura. Per tutti loro internet può essere un rifugio dalla realtà, può con-sentire di "essere altre persone", può rappresentare la ricerca di un altro che possa ascoltare, con cui potersi confidare, sen-

Sempre più persone oggi cercano l'amore in rete. Adolescenti alle prime

armi. Single di ritorno. Persone su di età con ancora voglia di mettersi in gioco ma che ma-gari, nella vita reale, non hanno molte occasioni per conoscere nuovi amici. E così, un po' per gioco un po' sul serio, si ritrova-no davanti a un computer a so-gnare un'avventura o, perché no, la storia della vita. «Internet or-mai da anni figura tra i primi po-sti come terreno fertile per incon-trare e conoscere, se non proprio l'anima gemella, un compagno con cui instaurare una relazione duratura» conferma la dottores-sa Monica Maria Ubiali, psico-loga e psicoterapeuta. «Questo nuovo modo di instaurare rap-porti e relazioni sta aumentando sempre più, tanto che si calcola che nel 2025 il 30% delle coppie occidentali sarà formato da uo-mini e donne che hanno avuto il primo incontro in rete».

Dottoressa Ubiali, qual è l'identikit di chi cerca l'amore in internet? In realtà non esiste né una fa-scia di età più incline rispetto alle altre, né un ceto sociale. Internet attira tutti: uomini, don-ne, ragazzi e persone più matu-re. Più che altro si può parlare di diverse tipologie di persone, che per un motivo o l'altro, sono più attratte da questo mezzo per cercare un partner: i sem-

tendosi più "protetti". L'esposi-zione al rischio di non piacere all'altro, che è legato alle rela-zioni tra uomini e donne che si incontrano di persona, viene annullata oppure rimandata a quando la conoscenza diven-ta più approfondita e si riduce la percezione di non piacere all'altra persona. Inoltre dimi-nuisce l'incertezza, perché si ha tempo di approfondire la cono-scenza dell'altro.

Amori in chat La rete è senza dubbio un'opportunità per fare nuovi incontri. Attenzione però a usarla con le dovute precauzioni a cura di Elena Buonanno

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dott.ssA moniCA mAriA UbiAli

Psicologo e psicoterapeuta presso l'Ambulatorio Mazzini di Bergamo

Ma non c'è il rischio di "spacciarsi" per chi non si è veramente? Certo il rischio c'è, ma in alcuni casi può anche essere una chan-ce per presentarsi al meglio, sen-za l'intento di ingannare. La chat (ovvero "chiaccherata" on line) infatti consente di giocare con la propria identità, di mostrare solo gli aspetti di personalità ri-tenuti più interessanti e deside-rabili: si sceglie di esporre solo ciò che viene ritenuto accetta-bile e "piacevole" dall'altro, nel rispetto dei tempi e delle moda-lità di ciascuno. Ci si rivela gra-dualmente, quando ci si sente pronti, compresi e si acquista fiducia nell'altro. Tutto ciò con-tribuisce al superamento di alcune barriere psicologiche che rendono difficoltose le rela-zioni nella realtà. Aspetti come la timidezza, l'introversione e la vergogna vengono superate grazie alla presenza del mezzo che filtra la comunicazione e consente di "socializzare" più facilmente.

Donne e uomini in chat cercano la stessa cosa? Le donne solitamente cercano nuove amicizie, un conforto e un ascolto per condividere le loro emozioni, un modo per soddisfare un bisogno di com-prensione. Gli uomini invece molto spesso cercano una co-noscenza che possa passare rapidamente da virtuale a reale.

Ma ci si può innamorare solo "virtualmente"? Si può instaurare una sintonia, che poi col tempo e conoscen-dosi anche di persona può sfo-ciare in innamoramento. Gli

imbarazzo, vergogna). C'è an-che il rischio di perdere il con-tatto con la realtà, con il mondo reale che non sempre è lumino-so e incoraggiante, ma sicura-mente è "vero". Internet e chat inoltre non consentono di "vive-re" messaggi non verbali (gesti, espressioni dello sguardo etc.) e tutte le informazioni dell'altro che sono fondamentali in un'in-terazione reale tra due individui. Infine, queste relazioni virtuali, così facili da instaurare e spesso "sottovalutate" proprio perché non reali, possono mettere a re-pentaglio anche rapporti veri e stabili, un fenomeno allarmante e in ascesa. È necessario quin-di avvicinarsi a questo potente mezzo di comunicazione con cautela, integrando esperienze di comunicazione reale, essen-do consapevoli delle risorse e dei limiti che internet può offrire, in modo da poter uti-lizzare i vantaggi del virtuale e di conseguenza imparare a migliorare anche le relazioni reali, prendendo a prestito la disponibilità all'ascolto e alla condivisione che spesso nelle relazioni virtuali sembra venire più "naturale".

amori "virtuali", nati grazie all'a-iuto di internet, danno la sen-sazione che la relazione che si crea sia più controllabile rispet-to alla relazione reale. L'inna-morato virtuale crede di sapere cosa pensa l'altro, si sente capi-to, ha la sensazione di conosce-re tutto della vita dell'altro, del suo passato e del suo presente. In realtà spesso inizialmente ci si innamora di un'idea, di un so-gno, riempiendo le caselle vuo-te dell'identità dell'altro con parti di sé proiettate.

Quali sono i pericoli di una "relazione" del genere? I pericoli che possono deriva-re da questa comunicazione virtuale sono molti. Spesso l'in-contro con la realtà può porta-re alla delusione poiché l'idea che si ha dell'altro non rispec-chia ciò che è lui veramente ma è frutto di una nostra proiezio-ne, di una nostra idealizzazione. Altre volte la realtà ci mette di fronte a diffi-coltà relazionali che il mezzo di comunicazione virtuale aveva illusoriamente cancellato ma che permango-no (timidezza,

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IN FAMIGLIA DOLCE ATTESA

Donare il cordone ombelicale, una scelta di vitaa cura di Elena Buonanno

Lo sapevate che il sangue del cordone ombelicale potrebbe rappresentare

la speranza di vita per chi è ma-lato di leucemia o altre malattie del sangue? Proprio così. Come fare allora per trasformare que-sta possibilità in una realtà? La risposta è semplice: basta scegliere di donare il proprio cordone ombelicale. In questo modo le preziose cellule che si trovano al suo interno non ver-ranno "sprecate", come in ge-nere accade, ma, se rispondono a precisi requisiti, potranno es-sere conservate in banche pub-bliche, restando a disposizione di chiunque ne abbia bisogno. Ne parliamo con il dottor Ma-riangelo Cossolini, responsabi-le dell'Unità di Coordinamento prelievo/trapianto organi e tes-suti della provincia di Bergamo che ha sede presso la direzio-ne medica dell'Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, e Bruna Parisi, coordinatrice oste-trica delle Sale Parto della stes-sa struttura.

Dottor Cossolini, perché il sangue del cordone ombelicale è così prezioso?Il sangue del cordone ombeli-cale contiene cellule stamina-li identiche a quelle presenti nel midollo osseo, cioè cellule emopoietiche in grado di ri-produrre globuli rossi, globuli bianchi e piastrine. Queste cel-lule, facilmente disponibili al momento della nascita di un bambino, possono essere utiliz-zate in alternativa al trapianto di midollo osseo per la cura di ottanta gravi malattie del san-gue, dovute a patologie con-genite o acquisite del midollo osseo (malattie tumorali come leucemia e linfomi, patologie non tumorali come talassemia, aplasia midollare, immunodefi-cienze congenite etc.), le uni-che per le quali, per ora, è stata scientificamente documentata un'efficacia clinica.

Ma lo possono donare tutte le mamme?

In generale sì, anche se esi-stono delle situazioni

che precludono que-

sta possibilità. In particolare la presenza di patologie materne trasmissibili con il sangue o altre gravi malattie (genetiche, autoimmuni, infettive etc.) e una gestazione inferiore alla 34sima settimana. Anche un funicolo (cioè il cordone che collega feto e placenta) troppo corto può rappresentare una "controindicazione" alla do-nazione. Ovviamente, donare o no è una scelta della mamma. Per questo, fin dall'inizio della gravidanza, le ostetriche pro-spettano in modo dettagliato e completo questa possibilità alle coppie di futuri genitori, in modo che possano prendere una decisione consapevole.

Ostetrica Pasini, come avviene il prelievo di sangue?Il sangue placentare viene rac-colto, dopo il parto, indipen-dentemente che sia stato ce-sareo o naturale, e il taglio del cordone, attraverso una sempli-ce manovra che non comporta alcun rischio né per la mamma né per il bambino ed è del tut-to indolore. Mentre la placenta fuoriesce, viene introdotto un ago nella vena ombelicale. La

raccolta poi defluisce in una sacca che viene identificata con un codice a barre, con nome e cognome di mam-ma e neonato e inviata alla banca regionale del sangue (ndr. quella lombarda si tro-

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Dott. MarianGelo cossolini

Responsabile dell'Unità di Coordinamento prelievo/trapianto organi e tessuti della provincia di Bergamo

va al Policlinico di Milano) che a sua volta è inserita nella rete mondiale delle banche cordo-nali. Qui le sacche che rispon-dono a precise caratteristiche qualitative e quantitative (in media il 15% delle unità raccol-te risulta valido per la conserva-zione), vengono bancate cioè conservate per fini di trapianto. Poi, se soddisfano determinati criteri, vengono imbancati in azoto liquido e conservati per 16 anni e messi a disposizione di qualsiasi ospedale al mondo. Avere quindi una buona quan-

tità di campioni nelle banche significa aumentare non solo la disponibilità ma anche la pro-babilità di compatibilità. Que-sto è importante anche per le mamme straniere, sempre più numerose, che hanno un corre-do genetico diverso. Ma non si possosno conservare queste cellule per il proprio bambino?La conservazione del sangue cordonale a uso autologo (cioè per il proprio bambino) non è consentita in Italia perché, al momento, non esistono eviden-ze scientifiche su un suo impie-go a scopo personale. Fanno eccezione alcuni casi specifici per i quali la legge permette una conservazione cosiddet-ta "dedicata" e cioè quando il nascituro o un suo consangui-

neo di primo grado presenta, o al momento del parto o in epoca pregressa, una patolo-gia per la quale il trapianto di cellule staminali emopoietiche è clinicamente valido o quan-do nella famiglia c'è il rischio di una malattia geneticamente trasmissibile a futuri figli per la quale il trapianto è una pratica scientificamente appropriata. Per il resto in Italia è possibile donare il sangue del cordone ombelicale solo a scopo soli-daristico, a disposizione della collettività.

bruna Parisi

Coordinatrice ostetrica Sale Parto A.O. Papa Giovanni XXIII Bergamo

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32 Bergamo Salute

IN FAMIGLIA BAMBINI

Disturbi di apprendimento:quali sono i campanelli d'allarme?a cura di Giulia Sammarco

Riguardano il 2,5-3% cir-ca dei bambini in età scolare e si manifestano

con un deficit nelle capacità di lettura (dislessia), di scrittura (disgrafia) e di calcolo (discal-culia). Sono i Disturbi Specifi-ci dell'Apprendimento (DSA). Troppo spesso, ancora oggi, i bambini che ne soffrono vengo-no etichettati, a scuola o in fa-miglia, come svogliati o peggio poco intelligenti, generando in loro disagio e calo dell'autosti-ma. In realtà l'intelligenza non c'entra, anzi. Basti pensare che Leonardo da Vinci e Albert Ein-stein, considerati da tutti geni

indiscussi, erano dislessici. Ma come fare a capire se c'è davve-ro un problema? E soprattutto è possibile intervenire? Lo abbia-mo chiesto alla dottoressa Ros-sana Narcisi, neuropsichiatra infantile, e a Veronica Pesenti, logopedista.

Quali sono i segnali che possono far sospettare un problema di DSA? Premesso che la diagnosi di di-slessia e disortografia non può essere formulata prima della fine della seconda elementare (alcu-ni bambini sono leggermente più lenti di altri nell'acquisizio-

ne della lettura e scrittura), già in prima elementare, all'inizio dell'apprendimento della lettura e della scrittura, si possono rile-vare, come indicatori di rischio, segnali importanti che denotano una discrepanza tra le capacità generali del bambino e quelle che riguardano specificatamen-te l'apprendimento della lettura e della scrittura. ("Il mio bambi-no è sveglio e abile nelle attività pratiche, è intelligente, allora per-ché non riesce ad imparare a leg-gere e a scrivere come gli altri?"). In particolare i genitori devono porre particolare attenzione se il bambino legge molto lenta-mente sillabando le parole, in-vertendo lettere o sillabe, oppure legge frettolosamente o tenta di leggere le parole cercando di indovinarle attraverso minimi indizi, con il risultato di "scam-biare" una parola per un'altra o pronunciare parole inesistenti, spesso senza correggersi. Anche la scrittura risente di queste dif-ficoltà: scrive una lettera al posto di un'altra, aggiunge o dimentica sillabe o lettere, scambia la po-sizione di alcune letterine. Per quanto riguarda la discalculia, la cui diagnosi non può essere formulata prima della fine della terza elementare, invece ci sono campanelli d'allarme: il bambi-no ha difficoltà nel conteggio, di-mentica alcuni numeri e in parti-colare il cambio di decina, fatica a riconoscere i simboli numerici o a scriverli e organizzarli nello

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Bergamo Salute 33

Dott.ssa Veronica Pesenti

Logopedista presso lo studio di Psicologia Relazionale di Mozzo

spazio, non riesce a risolvere le operazioni (spesso si aiuta con-tando con le dita) e i problemi aritmetici che comportino l'a-nalisi dei dati e l'organizzazione del piano di lavoro. Altri aspetti molto importanti sono: ricordare se il bambino abbia avuto diffi-coltà o ritardo nello sviluppo del linguaggio (se ha parlato tardi e male) e indagare se all'interno della famiglia del padre o della madre ci siano stati casi di dif-ficoltà scolastiche, anche non diagnosticate perchè in passa-to venivano riconosciute con maggiore difficoltà (da diversi studi è emersa una componen-te genetica).

Se si nota qualche "anomalia", a chi ci si deve rivolgere?A un centro di neuropsichiatria infantile, pubblico o privato ac-creditato, dove un'equipe mul-tidisciplinare costituita da neu-ropsichiatra infantile, psicologo e logopedista possa valutare il bambino sotto diversi aspetti (cognitivo, psicologico e logo-pedico), per dare una spiega-zione alle difficoltà presentate, formulare, se necessario, una diagnosi e definire un eventua-le trattamento. I DSA infatti non si risolvono con l'esercizio, ma con un intervento riabilitativo personalizzato sulle caratteristi-che del bambino. È importante ricordare che in genere i bam-bini sono entusiasti di andare a scuola e imparare la lettura e la scrittura, strumenti che li fanno diventare grandi e autonomi. Se ciò non avviene, bisogna inda-gare per capirne il motivo ed aiutarli a vivere serenamente la scuola affrontando le proprie

difficoltà. Se precocemente diagnosticati e aiutati, posso-no ritrovare la loro serenità nei confronti del loro percorso sco-lastico, evitando così continue frustrazioni e quotidiani senti-menti di inadeguatezza.

Ma quindi il bambino dovrebbe essere seguito da diversi specialisti?Sì. Il ruolo dei diversi professio-nisti è fondamentale all'interno dell'équipe multidisciplinare: solo il neuropsichiatra e/o lo psicologo possono somministra-re test che valutano il quoziente intellettivo e le abilità del bam-bino, valutare aspetti neurologi-ci, indagare e analizzare aspetti psicologici e ambientali e infine formulare una diagnosi. A tut-to ciò non può però mancare l'apporto del logopedista, che si occupa di un'approfondita va-lutazione delle competenze lin-guistiche e degli apprendimenti (è importante verificare se il di-sturbo di apprendimento derivi o no da un pregresso disturbo di linguaggio). Grazie alle diverse competenze integrate di queste figure è possibile costruire un quadro completo delle compe-tenze e difficoltà del bambino

e quindi diagnosticare un even-tuale DSA. In questi ultimi anni, tra l'altro, è stata promulgata una legislazione sui DSA che preve-de specifiche iniziative per far sì che vengano meglio definiti i passi e i criteri che portano alla diagnosi. La diagnosi non è un semplice atto burocratico che sancisce il diritto a tutele (vedi box), ma un processo di com-prensione delle caratteristiche del bambino, che indirizza alla creazione di un progetto per la crescita delle sue competenze, costruito secondo le sue speci-fiche caratteristiche e in stretta collaborazione con le insegnan-ti e con la famiglia.

I DIRITTI A SCUOLA PER GLI STUDENTI DSASecondo l'art. 3 della legge 170 del 2010, gli studenti con diagnosi di DSA hanno diritto di usufruire di una didattica individualizzata e personalizzata e di appositi provvedimenti dispensativi e compensativi nel corso dei cicli di istruzione e formazione e negli studi universitari. Per misure compensative si intendono strategie o strumenti, informatici e non, che hanno lo scopo di compensare il disturbo, dando un aiuto ai bambini e ai ragazzi in quelli che sono i loro punti di debolezza (ad esempio il pc, la sintesi vocale, la calcolatrice, la tabella delle formule, la tavola pitagorica, l'utilizzo di mappe concettuali o mentali e cartine durante le interrogazioni, il dizionario digita-le, una diversa presentazione delle modalità di verifica etc). Sono invece mi-sure dispensative: gli esercizi più corti, evitare la lettura a voce alta, ridurre i compiti a casa, evitare l'apprendimento mnemonico etc..

Dott.ssa rossana narcisi

Specialista in Neuropsichiatria infantile presso lo studio di Psicologia Relazionale di Mozzo

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Bergamo Salute 3535

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ALBINO• Amplifon Via Roma 2• Caredent Galleria Commerciale Valseriana Center Via Marconi• Centro Integra Mente Via Provinciale 31 ALZANO LOMBARDO• Ospedale Pesenti Fenaroli Via Mazzini 88• Rihabilita Via Provinciale 61• Studio Dentistico Riccardi Via Zanchi 105 AZZANO SAN PAOLO• Iro Medical Center Via del donatore Avis Aido 13• Studio Odontoiatrico dott. Campana Via Castello 20 BAGNATICA• Studio Medico Polispecialistico Multidisciplinare Piazza Barborini e D'Andrea 3/A bis BERGAMO• A.O. Papa Giovanni XXIII Piazza OMS 1• Amplifon Via Andrea Moretti 16 (laterale Via Fantoni)• Asl Bergamo Via Gallicciolli 4 (e tutti i distretti)• Caredent c/o Galleria Commerciale Auchan• Cartolomabarda Via Grumello 32• Celiachia Food Via Spino 33/A• Centro Acustico Italiano Via San Bernardino 33/C• Centro Benessere Eubios Via Angelo Maj 4• Centro Estetico Laser Via San Bernardino 28• Centro Medico Igea Via Quinto Alpini 6• Centrorota Via della Industria 8• Dott. Sayed Ahmady Via E. Fermi 9/B• Dott. Emilio Bertuletti Via Divisione Tridentina 5• Dott. Diego Bonfanti Via Tasso 55• Dott. Matteo Caffi Via G. Carducci 20/A• Dott. Paolo Locatelli Via Dei Celestini 5/B• Dott. Paolo Paganelli Via A. Maj 26/D• Dott.ssa Angela Raimo Via Zelasco 10• Dott.ssa Gabriella Bertuletti Via Angelo Maj 26/D• Dott.ssa Grazia Manfredi Via Paglia 3 • Dott.ssa Tiziana Romano Via Garibaldi 4• Fisioforma Via G. D'Alzano 5• Habilita San Marco Piazza della Repubblica 10 • Ipasvi Via Rovelli 45• L'ortopedia Via Bellini 45• Mamey Via S. Ambrogio 19• Marchesi Design Via Suardi 40• Medic Service Via Torino 13• Medical Udito Bergamo Via Stoppani 7/A• Ordine dei Medici di Bergamo Via Manzù 25• Ortopedia Burini Rotonda dei Mille 4• Otomedical Via G. d'Alzano 10/G• Ottica Veneta Via Andrea Moretti, 24 Zona Quarto Verde• Poliambulatorio dott. Vincenti S. - dott. Vecchi G. Via L. Palazzolo 13• Porto di Telemaco Via S. Francesco d'Assisi 3• Sara Pizzaballa Fisioterapista Via Ruggeri da Stabello 26• Trattoria Giuliana Via Broseta 58/A• Wellness & Fitness Coral a.s.d. Via Borgo Palazzo 90 BOLGARE• Studio Dentistico dott. Stefano Capoferri Via G. Verdi 6/A BONATE SOPRA• Ortopedia Tecnica Gasparini Via Toscanini 61 BONATE SOTTO• Habilita Laboratorio Analisi Mediche Via Vittorio Veneto 2 CASNIGO• Centro Sportivo Casnigo Via Lungoromna 2 CLUSONE• Dott. Clemente F. - Dott.ssa Visconti A. Piazza Manzù 11• Habilita Poliambulatorio Via N. Zucchelli 2CREDARO• Porto di Telemaco Via A. Diaz 7

CURNO• Dott. Sergio Stabilini Via Emilia 12/A GAZZANIGA• Ospedale Briolini Via A. Manzoni 130 GORLAGO• Every Service Piazza Locatelli 14 GORLE• Centro Medico MR Via Roma 32 GROMLONGO DI PALAZZAGO• Tata-o Via Gromlongo 20 LOVERE• Ospedale SS. Capitanio e Gerosa Via Martinoli 9 MOZZO• Studio di Psicologia Relazionale Dott. Gelfi Via Lecco 26 NEMBRO• Dott. Antonio Barcella Via Locatelli 8 • Ortopedia Burini Via Monsignor Bilabini 32 OSIO SOTTO• Ortopedia Burini Via Milano 9 PALAZZOLO SULL'OLIO (BS)• Dott.ssa Mara Seiti c/o Poliambulatorio San Pancrazio Via Firenze 103 PIARIO• Ospedale M.O. Antonio Locatelli Via Groppino 22 PIAZZA BREMBANA• Fondazione Don Stefano Palla Via Monte Sole 2 PONTE SAN PIETRO• Policlinico San Pietro Via Forlanini 15 PRESEZZO• Dott. Rolando Brembilla Via Vittorio Veneto 683 ROMANO DI LOMBARDIA• Avalon Via R. Pigola 1 S.PELLEGRINO TERME• Casa di Cura Quarenghi Via San Carlo 70 SARNICO• Habilita Ospedale di Sarnico Via P. A. Faccanoni 6 SCANZOROSCIATE• Dott.ssa Sarah Viola Via Giassone 22 SERIATE• Centro Medico San Giuseppe Via Marconi 11/A• Istituto Ottico Daminelli Via Italia 74• Obiettivo Udito Corso Roma 5/B• Ospedale Bolognini Via Paderno 21 STEZZANO• Caredent c/o Centro Commerciale 2 Torri TRESCORE BALNEARIO• Ospedale S. Isidoro Via Ospedale 34• Terme di Trescore Via Gramsci• Locanda Armonia Località Redona TREVIGLIO• Amplifon Via Camillo Terni 21• Caredent Via Roma 2/A • Centro Diagnostico Treviglio Via Rossini 1• Centro Medico Vitalis Via Cellini 5 / Viale Ariosto 9• Ospedale di Treviglio P.le Ospedale 1• Porto di Telemaco Via Matteotti 11 VILLONGO• Centro Medico Ego Via Garibaldi 20 VILLA D'ALMÈ• Caredent Via Roma 20/D• Farmacia Donati Via Roma 23 ZINGONIA• Casa di Cura Habilita Via Bologna 1• Policlinico San Marco Corso Europa 7

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Page 43: Bergamo Salute - 2014 - 2 – marzo/aprile

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Bergamo Salute 43

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Un alleato contro stress, sbalzi d'umore, stanchez-za, difficoltà di concen-

trazione, crampi muscolari. Ma anche in momenti "delicati" della vita come la gravidanza o la menopausa. No, non parlia-mo di un nuovo farmaco "mi-racoloso", ma del magnesio, un oligominerale essenziale per la salute fisica e mentale. Eppure ben il 20% degli italiani ne ri-sulta carente. Come rimediare? Lo abbiamo chiesto alla dotto-ressa Marianna Messa, biologo nutrizionista.

Dottoressa Messa, perché il magnesio è così importante?Il magnesio agisce come mo-dulatore degli impulsi nervosi e muscolari, aiuta a mantenere ossa e denti forti, è fondamenta-le nei processi che producono energia per l'organismo. L'effi-cacia di centinaia di reazioni biochimiche che ci tengono in salute e favoriscono la vitalità quotidiana dipende dal magne-sio. Infine aiuta a regolarizzare ipertensione e colesterolo. A causa delle molte funzioni che svolge, una sua carenza (la dose consigliata per un adulto sano è di circa 300 – 400 mg) può fa-vorire sintomi che insorgono pro-gressivamente: stanchezza fi-sica e mentale, ansia, depres-sione, sbi-lanciamen-to dei livelli

ALTRE TERAPIE RUBRICHE

Dott.ssa Marianna Messa

Biologo nutrizionista

Fai il pieno di magnesio!a cura di Maria Castellano

di zucchero nel sangue, spasmi e crampi muscolari, battiti car-diaci irregolari, aumento della pressione arteriosa, stitichezza, sindrome pre-mestruale, sbalzi di umore, gastriti, fragilità ossea, calcoli renali e tanti altri.

Per quali motivi si può andare incontro a una carenza?Innanzitutto per una scorretta alimentazione (il magnesio non può essere prodotto dal corpo, ma deve essere integrato col cibo). Fattori che possono ridur-ne al minimo l'assorbimento sono in particolare l'eccessivo consumo di alimenti raffinati (pasta, merendine, cibi pronti etc.), alcool, caffè, bevande gas-sate, zucchero e sale. Anche lo stress contribuisce a bruciarne le riserve. Infine alterazioni del-la flora batterica e il malfunzio-namento intestinale possono determinare un insufficiente assorbimento di questo minera-le. Diagnosticare una carenza di magnesio con esami è difficile: il magnesio, infatti, si trova per il 99% all'interno delle cellule e solo l'1% nel sangue. Per que-sto è importante prestare atten-zione ai "sintomi", senza paura di sovradosaggio. Se assunto

con gli alimenti è total-mente sicuro: quando

in eccesso, l'organismo trattiene il necessa -rio, elimi-n a n d o il resto.

Ma quali sono i cibi più ricchi di questo minerale?Gli alimenti con maggior conte-nuto di magnesio sono quelli di origine vegetale (possibilmente crudi in quanto l'esposizione alle alte temperature favorisce la perdita fino al 70% di quasi tutte le sostanza nutritive). Tra queste verdure a foglia verde, semi di zucca, germogli di soia, noci del Brasile, riso, carciofi, datteri, ca-cao in polvere, semi oleosi (man-dorle, noci, nocciole), legumi. Anche cereali integrali e pesce sono una buona fonte. Attenzio-ne però: bisogna sempre varia-re il più possibile, consumando tutti i giorni abbondanti quantità di frutta e verdura (almeno 400 grammi al giorno), usando que-sti cibi come "integratori".

INTEGRATORI? SOLO IN SITUAZIONI PARTICOLARI

Gli integratori, come ad esempio il cloruro di magnesio, in alti do-saggi, possono dare effetti col-laterali come diarrea e crampi addominali. Meglio optare per forme come il magnesio pidola-to, maggiormente biodisponibili, limitando l'assunzione a condi-zioni particolari come stress pro-lungato, malattie croniche debili-tanti, con nervosismo e ansietà, pesanti attività fisiche prolunga-te (sport o lavoro), età avanzata, gravidanza e allattamento.

Page 46: Bergamo Salute - 2014 - 2 – marzo/aprile

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Capelli fragili, secchi, che cadono e non tengono la piega. Sfortunatamente i problemi di capelli non sono più solo un problema maschile. Anche nelle donne e sempre in costante aumento si vedono capigliature diradate e pettinature che coprono spazi vuoti. Un disagio difficile da nascondere che spesso si riflette in uno sguardo triste e insicuro. Rassegnarsi non serve. Un check-up tempestivo può risolvere il problema e riportare il sorriso perduto.

PREVENZIONEForfora, prurito, sebo sono i nemici che danneggiano i nostri capelli aumentandone la caduta. La prevenzione promossa dall’Associazione Tricologica Svenson aiuterà molte persone a conoscere e risolvere i propri problemi di capelli. In questo periodo tutti potranno farsi controllare gratuitamente dai tecnici e sapere se sono ancora in tempo per affrontare una caduta di capelli precoce e come mantenerli folti e rigoliosi. La nostra esperienza ci consente di sapere che, se si interviene in tempo, questo processo può essere controllato in maniera efficace. Già dal primo manifestarsi delle anomalie, quali la pitiriasi (forfora), l’ipersecrezione sebacea (sebora oleosa), l’anomalo proliferare della flora batterica e dei miceti (funghi) presenti sul cuoio capelluto e del conseguente prurito, bisogna intervenire subito per evitare l’assotigliamento dei capelli, il diradamento e la calvizie.

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Page 47: Bergamo Salute - 2014 - 2 – marzo/aprile

Bergamo Salute 45

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A una prima occhiata può sembrare una "sempli-ce" bilancia. In realtà è

molto di più. Oltre al peso infatti è in grado di fornire una serie di informazioni importantissime per "calibrare" al meglio diete e percorsi di dimagrimento. È l'impedenziometro, strumento oggi sempre più utilizzato. «Gli impedenziometri di nuova ge-nerazione permettono in pochi secondi di ottenere una fotogra-fia attendibile e precisa della costituzione del paziente, a par-tire dalla quale si può studiare un'alimentazione che risponda davvero alle sue esigenze e ca-ratteristiche» spiega la dotto-ressa Cristina Robba, nefrologa esperta in nutrizione clinica. «In particolare è possibile misurare la percentuale di massa magra

GUIDA ESAMI RUBRICHE

e massa grassa, ma soprattutto l'indice di grasso viscerale ad-dominale (quello più pericoloso per il rischio cardiovascolare), la quantità di acqua presente nel corpo, il tipo di costituzione ossea, il metabolismo basale e il peso ideale. Inoltre è utile per valutare l'andamento ed effica-cia della dieta ed eventualmente "tararla" ulteriormente in modo sempre più mirato».

Non basta il peso per capire se la dieta funziona?Il peso sicuramente è un para-metro importante, ma da solo può essere fuorviante. Spesso ad esempio, soprattutto all'inizio di una dieta, i chili che si perdono sono di acqua e non di massa grassa (falso dimagrimento). In alcune condizioni in cui il ricambio idrico risulta alterato (gravidanza, ritenzione idrica, insufficienza renale, uso di diu-retici nella terapia dell'iper-tensione arteriosa,disfunzioni surrenaliche etc.) invece è possibile che, pur avendo una perdita di massa magra, il peso rimanga stabile a causa dell'au-mento di acqua. In tutte queste situazioni l'impedenziometria permette di verificare con pre-cisione se la perdita di peso è attribuibile a una reale perdita di massa grassa e non di liquidi o massa magra-muscoli (cosa che succede ad esempio nel-le diete non equilibrate in cui

l'organismo invece di perdere il tessuto adiposo come dovrebbe fare, brucia la massa magra).

Ma come fa a misurare tutto questo?L'impedenziometria si basa sul dato fisico che l'acqua è un buon conduttore di corrente elettrica, mentre il grasso è un isolante quasi perfetto. Poiché la massa magra è costituita pre-valentemente da acqua, deter-minando il contenuto di acqua dell'organismo, è possibile risa-lire al contenuto di massa ma-gra, e di conseguenza a quello di massa grassa.

E come si svolge l'esame?Con gli apparecchi medicali più moderni, il paziente viene fatto salire, a piedi nudi e asciutti, su una pedana metallica. Attra-verso i piedi e le mani viene trasmessa una corrente elettri-ca a bassa intensità del tutto innocua e l'impedenziometro misura la resistenza che il cor-po oppone (impedenza). Trami-te l'utilizzo di appositi software, si arriva a calcolare la composi-zione corporea del paziente.

Dott. ssa cristina robba

Responsabile Ambulatorio Nutrizione Clinica Policlinico San Marco di Zingonia

Grasso o acqua? Te lo dice l'impedenziometriaUn esame prezioso prima e durante la dieta, per verificare il reale dimagrimento a cura di Maria Castellano

Page 48: Bergamo Salute - 2014 - 2 – marzo/aprile

46 Bergamo Salute

RUBRICHE ANIMALI

Coniglio nano, un amico a 4 zampe "inaspettato"Miniguida per prendersi cura di questo animale, sempre più diffuso nelle case italiane a cura di Viola Compostella

«Tempo fa sarebbe stato assurdo, quasi ridicolo, pensare che

un coniglio, noto protagonista di ricette di cucina, potesse diventa-re uno dei più diffusi animali da compagnia. Per fortuna le cose sono cambiate! Sono sempre di più infatti le famiglie che decido-no di godere della compagnia di questo nuovo pet. E ne sono entusiaste». Chi parla è la dotto-ressa Milena Martinelli, medico veterinario. «Gli indubbi vantag-gi che il coniglio da compagnia offre sono la facile gestione, la docilità e l'affetto che dispensa in modo del tutto sovrapponibile ad altri pet più "famosi". La dif-fusione del coniglio come pet ha favorito il formarsi di siti internet, articoli e riviste dedicate conte-nenti un sacco di informazioni sulla gestione. Ma non sempre le notizie contenute in questi siti sono corrette». Cerchiamo allora con l'aiuto dell'esperta di capi-

re che esigenze specifiche ha questo simpatico animaletto e cosa fare per prendersene cura al meglio.

Dottoressa Martinelli, cominciamo con l'alimentazione: quali sono i cibi più adatti per il coniglio?Non bisogna dimenticare che il coniglio è un erbivoro stretto e che, in quanto tale, deve mangia-re prevalentemente erba fresca ed erba secca. Per erba fresca si intendono tutte le verdure "ama-re" vale a dire radicchi (trevigia-no, Chioggia, Milano), catalogna e cicoria dei prati (comprensi-va di fiore se possibile). Vanno evitate, invece, le verdure dolci come lattuga e lattughino, insa-latina tenera etc. Questo tipo di insalate infatti hanno una com-posizione in sali minerali pove-ra che finisce con il "denutrire" le ossa del nostro coniglio. Per

erba secca si intende ovviamen-te il fieno che va posto nella rastrelliera e non libero nella gabbia. Ne esistono diversi tipi con caratteristiche nutrizionali diverse. Per scegliere quelli mi-gliori basta annusarli, sono mol-to profumati e non sanno affatto di muffa. Attenzione al fieno di erba medica che va sommini-strato in modica quantità per-ché ricco di calcio, minerale uti-le nella crescita del coniglietto cucciolo ma che può favorire la formazione di calcoli vescicali nell'adulto. Il pasto giornaliero del nostro coniglio deve inoltre comprendere una piccola quo-ta di mangime pellettato (cioè composto da pellets, piccoli ci-lindri di mangime pressato) di buona qualità ovvero composto da fieno, erbe, foraggi e pochi ce-reali, non contenente semi. Per quanto riguarda l'acqua da bere bisogna avere cura di scegliere un'acqua leggera poco calcarea sempre per evitare il formarsi di calcoli vescicali.

Ma quante volte al giorno deve mangiare?Il magime va diviso in due pasti durante la giornata. In più non deve mai mancare il fieno nella rastrelliera. La quantità di cibo, ovviamente, varia a seconda dell'età. Passiamo ora all'allestimento della gabbia. Come deve essere per ospitarlo al meglio?Innanzitutto deve avere dimen-sioni adeguate. Questo signifi-ca che il coniglio deve potersi allungare comodamente e fare qualche passo. La lettiera da porre sul fondo dovrebbe essere

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costituita da pellets di segatura o, meglio, di carta riciclata, otti-ma dal punto di vista igienico. È buona norma anche mettergli a disposizione all'interno della gabbia dei giochi per tenerlo impegnato durante la giornata. A questo scopo si presta molto bene il tubo di cartone che si trova all'interno di carta igieni-ca e rotoloni che, essendo fibra, non è pericoloso nemmeno se ingerito.

E per la sua salute? Che accorgimenti e regole bisogna seguire?Il coniglio deve fare la profilassi vaccinale annuale contro le due malattie più diffuse e pericolo-se, la malattia emorragica virale e la mixomatosi. È importante comunque fare una visita seme-strale oltre quella comprenden-

te il richiamo, per controllare lo stato di salute del nostro amico, in particolare lo stato dei denti. Le patologie dentali, infatti, van-no diagnosticate il più preco-cemente possibile in modo da evitare l'insorgenza di sintomi, cosa che rende più difficoltosa la risoluzione e più lungo il re-cupero funzionale. È vivamente consigliata infine la sterilizzazio-ne precoce sia del maschio sia della femmina per rendere più accettabile la vita in cattività e prevenire la formazione di tu-mori a utero e testicoli.

ANCHE LUI SCODINZOLA DI GIOIA!

Il coniglio, in apparenza può sembrare un animale schivo e in-capace di manifestare le proprie sensazioni, come invece fanno ad esempio cani e gatti. Il fatto è che per natura è una preda e quindi prima di dare confidenza, bisogna conquistarsi la sua fidu-cia, avvicinandosi a lui con movi-menti lenti e fluidi o aspettando che sia lui a cercare il contatto. Fondamentale poi è imparare a riconoscere il suo modo di comu-nicare. Anche il coniglio, infatti, esprime in modo "visibile" le sue emozioni. Se corre per la stanza, saltellando vuol dire che è felice. Se ti dà colpi con il muso è pro-babile che voglia delle attenzioni. Se invece scodinzola vuol dire che è infastidito per qualcosa. Tutto sta nell'imparare a "inter-pretarlo".

Dott. ssa Milena Martinelli

Medico Veterinario a Leffe

Page 50: Bergamo Salute - 2014 - 2 – marzo/aprile

48 Bergamo Salute

STRUTTURE HABILITA RSD ALBINOSTRUTTURE

Ridurre o contenere le cau-se che creano e manten-gono l'emarginazione e

favorire lo sviluppo delle auto-nomie personali, sociali e delle capacità specifiche di ciascuno, superando così la logica assi-stenziale. È questo l'obbiettivo del Progetto Leonardo, appena partito presso l'Habilita RSD Al-bino (struttura protetta, che si colloca all'interno del sistema delle unità d'offerta sociosani-tarie lombarde che afferiscono alla Direzione Generale Fami-glia e Solidarietà Sociale) che accoglie soggetti (dai 18 ai 65 anni) con gravi o gravissime limitazioni dell'autonomia fun-zionale, impossibilitati a rimane-re temporaneamente o perma-nentemente nel proprio nucleo familiare e quindi bisognosi di un supporto assistenziale spe-cifico e di prestazioni sanita-rie continue. Qui, al momento dell'ingresso, l'ospite viene valu-tato in base alle caratteristiche medico-sanitarie, educative e assistenziali. Dalla valutazione

terventi socio-educativi e riabili-tativi dei disabili che dimostrano un buon potenziale cognitivo-motorio, per cui è stata allestita una sezione indipendente di 8 posti letto. I candidati saranno valutati dall'équipe di struttura per poter individuare un gruppo di ospiti omogeneo per potenzia-lità funzionali residue».

In linea con quanto suggerito dalla legge quadro 5/02/92, in-fatti, solo attraverso una corretta ed esauriente "diagnosi funzio-nale", è possibile definire il pro-filo globale della persona nelle sue sfaccettature cognitive, co-municative, interpersonali, so-ciali, motorie, percettive, ludiche ed espressive.Ogni progetto individualizzato contemplerà:• recupero funzionale delle abi-lità residue (igiene personale, abbigliamento, alimentazione, linguaggio) per il raggiungimen-to o il mantenimento di un mi-nimo di autonomia;• adattamento funzionale de-gli organi e apparati interessati, tramite un percorso riabilitativo studiato "ad personam";• bilanciamento comporta-mentale tramite il recupero di un'accettabile qualità della vita mediante il rispetto delle regole sociali;• prevenzione e contenimento delle regressioni funzionali, tra-mite il monitoraggio dell'evolu-zione della disabilità e dei fatto-ri di rischio.

costantemente aggiornata, poi, vengono definite le diverse ne-cessità e il tipo di intervento che gli operatori presenti nella struttura sono chiamati a fornire, sempre con un unico fine: garan-tire una qualità di vita il più pos-sibile elevata, considerandone i peculiari bisogni psichici, fisici e sociali, attraverso un'assisten-za qualificata e continuativa, in collaborazione con la famiglia e i servizi del territorio.

«A seguito dell'accreditamento, da parte di Regione Lombardia, di 8 posti letto aggiuntivi agli attuali 35, Habilita, come sem-pre sensibile alle richieste e ai bisogni del territorio, ha deciso di ottimizzare i locali e le risorse della struttura per realizzare un progetto pilota finalizzato a con-servare, stimolare, incentivare e potenziare la sfera delle attività funzionali delle persone portatri-ci di fragilità» spiega Ivano Ven-turini, Direttore della struttura. «Il Progetto, denominato "Leo-nardo", intende potenziare gli in-

Al via il Progetto Leonardo... per andare oltre l'assistenza a cura di Viola Compostella

Info

rmaz

ione

Pub

blic

itar

ia

Page 51: Bergamo Salute - 2014 - 2 – marzo/aprile

Bergamo Salute 49

ri, enti locali, amministratori di sostegno e tutori)» conclude Umberto Bonassi, direttore sani-tario. «I membri dell'équipe mul-tidisciplinare con professionalità mediche e cognitivo-riabilitative coopereranno in base alle loro competenze, al fine di raggiunge-re un elevato grado di benessere

Tutto si concretizzerà mediante attività e interventi in diverse aree: cognitiva, motoria, relazio-nale, espressiva e artistica, pra-tico-manuale; dell'autonomia personale; area ricreativa.Durante il progetto gli ospiti saranno ospitati in un'ala appo-sitamente dedicata all'interno della residenza sanitaria, con un salone comune, una sala in-formatica e una polifunzionale per lo svolgimento di attività educative ad hoc, caratterizzata da attente scelte anche cromati-che, con pareti in tinta pastello monocromatica, per favorire il rilassamento e il recupero delle funzioni attentive e cognitive.

«Il nostro Progetto intende esse-re una risorsa per tutti i fruitori del servizio (ospiti, loro familia-

psicofisico e sociale. In partico-lare saranno messi a disposizio-ne degli ospiti sia competenze mediche (neurologo, cardiologo, internista, fisiatra) sia di tipo ri-abilitativo, non solo sul versante motorio ma anche su quello co-gnitivo (psicologo, fisioterapista, educatore)».

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50 Bergamo Salute

STRUTTURE CENTRO MEDICO M.R.STRUTTURE

Ernia del disco? Alcuni si affidano ai farmaci anti-infiammatori, che quan-

do funzionano agiscono solo sui sintomi, senza contare che spesso hanno effetti collaterali e comunque non possono re-stituire alle vertebre della co-lonna la loro normale mobilità. Altri aspettano che il problema si risolva da solo e così ne fa-voriscono l'aggravamento. Altri ancora pensano che l'unica soluzione sia la chirurgia, no-nostante ormai le linee guida la

mento e mobilità della colonna vertebrale, riducendo i dolori ar-ticolari e ristabilendo il corretto funzionamento di muscoli, nervi, dischi intervertebrali e del siste-ma nervoso. In modo del tutto naturale: senza utilizzare far-maci» continua l'esperto che ha recentemente presentato al Congresso Mondiale sul mal di

indichino come terapia valida e consigliabile solo in un ristretto e selezionato numero di casi. Quale strategia adottare allora? «La chiropratica può essere la corretta soluzione perché ricerca le cause degli squilibri funzionali che provocano problemi alla co-lonna vertebrale e va a lavorare quindi all'origine del problema» suggerisce il dottor Andrea Cle-mentoni, chiropratico laureato in Usa e responsabile dell'am-bulatorio di chiropratica presso il Centro Medico di Gorle-Berga-

mo. «Attività la-vorative, seden-tarietà, posture scorrette, stress, incidenti, attività sportive inade-guate possono causare la per-dita della fisio-logica mobilità della colonna vertebrale, pro-vocando irrita-zione, schiaccia-mento di nervi e disfunzioni dei dischi interverte-brali e del siste-ma nervoso. Il chiropratico in-terviene con me-todiche indolori per ripristinare il naturale allinea-

L'ernia del disco si può curare(anche) con la chiropraticaUn recente studio ha dimostrato l'efficacia di questa terapia manuale per trattare uno dei disturbi articolari più frequenti a cura di Viola Compostella

UN PROBLEMA TIPICO DI CHI È SEDENTARIO

L'ernia del disco si manifesta quando il contenuto del disco intervertebrale, cioè il "cuscinet-to" cartilagineo che si trova tra una vertebra e l'altra e funge da ammortizzatore, esce dalla sua sede naturale e va a schiacciare le terminazioni nervose vicine (della schiena ma anche la radice del nervo sciatico, cioè il nervo che partendo dalla zona lombare si estende fino al piede attraver-sando tutta la gamba). Questa compressione dei nervi provoca un'infiammazione e quindi do-lore. La cosa fondamentale, non solo in chiave preventiva ma an-che quando il problema si sia già manifestato, è correggere la po-stura. Alla base dell'ernia infatti nella maggior parte dei casi c'è un'alterazione posturale, per cui le vertebre non sono più in asse e in equilibrio. In genere questa alterazione è dovuta all'eccessi-va sedentarietà. Contrariamente a quanto si pensa infatti l'ernia non è una patologia tipica degli sportivi, ma di chi sta troppo se-duto, e male, sia per lavoro sia nel tempo libero.

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zione dei farmaci antinfiamma-tori, riduzione del rischio di chi-rurgia dell'ernia del disco. Oggi anche in Italia i medici di base, e molti fisiatri, ortopedici e neu-rochirurghi comprendono l'ap-porto che il chiropratico può offrire nel trattamento di molte problematiche neuro-muscolo-scheletriche anche conseguenti a traumi o incidenti. Sempre più

schiena di Dubai i risultati di una ricerca clinica, condotta a Bergamo, proprio sull'efficacia di questo tipo di terapia.

Di che tipo di ricerca si tratta? Lo studio, che è stato approvato dalla Regione Lombardia e con-dotto presso il Centro Medico M.R. in team con lo staff medico, aveva come obbiettivo valutare l'efficacia del trattamento con chiropratica in pazienti con lombalgia e sciatica in presenza di ernia del disco già trattati sen-za successo con antinfiamma-tori e cortisone. I risultati sono stati molto incoraggianti: in oltre l'85% dei casi si è avuta elimina-zione o rilevante riduzione dei sintomi, con miglioramento del-la capacità di svolgere le attività quotidiane, riduzione o elimina-

medici, come avviene da tempo in altri Paesi stranieri, inviano pazienti al chiropratico per do-lori articolari, torcicollo, cefalea, sindromi vertiginose e anche in presenza di ernia del disco cer-vicale e lombare.

Ma in cosa consiste il trattamento?Si utilizzano tecniche manua-li altamente specifiche, ma si adottano anche tecniche non manipolative (craniali, miofa-sciali e sui punti meridiani). Il trattamento, che si svolge su lettini speciali per chiropratica importati dagli Usa, dà spesso istantaneo sollievo, sciogliendo le tensioni muscolari ed elimi-nando la pressione dai nervi e dai dischi intervertebrali. I tem-pi di recupero dipendono dalla cronicità del problema.

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La chiropratica, il cui nome de-riva dal greco cheir (mano) e praktikè (pratica), è una disci-plina che cura diversi disturbi con specifiche manovre manuali sulle vertebre e su altre strut-ture osteoarticolari. Nasce ne-gli Stati Uniti nel 1895, grazie a Daniel David Palmer che, con un aggiustamento manuale, restituì l'udito a un uomo diventato sor-do in seguito a un trauma alla spina dorsale.

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IN FORMA FITNESS

Il tango? Fa bene al cuore e alla mente... a cura di Alessandra Perullo

Mantiene sano il cuo-re, riduce lo stress, migliora l'umore. È il

tango, leggendaria danza della seduzione, recentemente pro-clamata dall'Unesco Patrimonio dell'Umanità, che sta vivendo oggi una seconda giovinezza. Non solo come forma d'arte, ma anche per le sue virtù terapeu-tiche. «Il tango offre moltissimi benefici a livello psicofisico» con-ferma il ballerino e istruttore di tango Bruno Calvo. «Dal punto di vista fisico migliora la postura e il tono muscolare generale, fa-vorisce la tonificazione di glutei, addominali e arti inferiori, dona maggiore elasticità alla schiena e, non da ultimo, ha effetti benefici sull'apparato cardiocircolatorio. Da quello psicologico, ha un'in-fluenza sorprendente sulla sicu-rezza individuale: chi si avvicina al tango, si avvicina anche alla propria intimità».

Un toccasana a tutte le etàA dire che il tango fa bene non sono solo i sempre più numero-si appassionati, ma la scienza. Ricerche condotte a Buenos Aires, ad esempio, suggeriscono che ballare il tango è un eser-cizio fisico paragonabile, in termini di consumo di ossige-no e di calorie, al nuoto, a una camminata a 3,5 km all'ora o a una lenta pedalata in biciclet-ta, e può indurre cambiamenti favorevoli nel sistema cardiore-spiratorio. Altri studi ne hanno invece dimostrato i benefici sull'apparato muscolo-scheletri-co, in particolare sulla stabilità dei movimenti e sull'equilibrio, al punto che in alcuni ospeda-li questa danza viene utilizzato come vera e propria terapia in percorsi di riabilitazione. Bal-lare tango quindi può essere un'attività non solo piacevole ma anche utile ad esempio per gli anziani per ridurre il rischio di cadute e persino per chi è affetto dal morbo di Parkinson: praticare con regolarità questo tipo di danza aiuterebbe a ritar-dare gli effetti tipici di questa malattia neurodegenerativa, a evoluzione lenta ma progressiva, che coinvolge principalmente alcune funzioni di controllo dei movimenti e dell'equilibrio. Il se-greto? È racchiuso nella neces-sità di compiere un preciso mo-vimento: il corpo deve eseguirlo attivamente sfruttando cambi di peso e di direzione, torsione del

busto, passi sia in avanzamento sia in arretramento, pause e ac-celerazioni. "Passi" che aiutano a realizzare un costante miglio-ramento dell'equilibrio, della postura e della qualità del mo-vimento. Fin qui i benefici per il corpo. E per la mente? Oltre a fa-vorire la socializzazione e a mi-gliorare l'autostima, pare sia uno dei modi più efficaci per ridurre i livelli di stress, ansia e depres-sione. Inoltre sembra in grado di incrementare le capacità co-gnitive a tutte le età: il pensiero creativo, come quello che si at-tiva necessariamente quando si improvvisano i passi di un ballo (il tango si basa sull'improvvisa-zione) scegliendoli in sincronia con la musica, "rafforza" le con-nessioni neurali compensando così la perdita di cellule causa-ta dall'invecchiamento, come fosse una sorta di ginnastica

brUno CAlvo

Ballerino e istruttore di tango presso la palestra Sportpiù di Bergamo

UN PO' DI STORIA ll tango nasce alla fine del 1800 in Argentina, grazie alla migrazione europea e africana in Sudameri-ca. Espressione popolare, ballata nei quartieri poveri ed emarginati, unisce in sé stimoli ed elementi diversi: la payada (forma di poe-sia popolare), l'habanera (danza di origine cubana dal tempo bi-nario e ritmo simile al tango), la milonga, il candombe (danza tipi-ca dei neri e simile al tango per la forte carica di sensualità e per il contatto tra i corpi). Nel Novecen-to approda in Europa, dove viene riadattato e "depurato" da alcuni passi ritenuti troppo "indecenti".

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tutti i tempi. «Essendo un ballo basato sull'improvvisazione, l'u-nica regola è il rispetto: l'uomo comanda e la donna propone. ll tango è istinto: non bisogna pen-sare, ma lasciarsi trascinare dalla musica e dalla passione» conti-

nua Calvo. Ballare bene, quindi, è questione di sintonia? «La sin-tonia di coppia è la base da cui si sviluppa il dialogo tra i partner e con la musica. La posizione di ballo non a caso è un abbraccio frontale più o meno asimmetrico, a seconda dello stile, in cui l'uo-mo con la destra cinge la schiena della propria ballerina e con la si-nistra le tiene la mano: nel tango il contatto è importantissimo ed è l'ostacolo principale da superare, quando ci si avvicina a questa di-sciplina. Spesso, purtroppo, non si ha il coraggio di mettersi in gioco con questo tipo di danza, perché risulta troppo intima e non alla portata di tutti, ma, una volta su-perata la timidezza, ci si rende conto di quanto grande siano l'energia e la sicurezza che si rie-scono ad acquisire grazie a essa» conclude il ballerino.

mentale. Senza contare i benefi-ci che una danza così sensuale può avere sulla vita e la sintonia di coppia (ovviamente se bal-lato con il proprio partner). Ma quante volte bisognerebbe bal-lare? «Non esiste una regola. Più lezioni si riescono a frequentare meglio è» suggerisce Calvo.

Passione e improvvisazione"Il tango è coppia: cinquanta per cento uomo e cinquanta donna, anche se il passo più importante, l'"otto", che è come il cuore del tango, lo fa la donna. Nessuna danza popolare raggiunge lo stes-so livello di comunicazione tra i corpi: emozione, energia, respi-razione, abbraccio, palpitazione. Un circolo virtuoso che consente poi l'improvvisazione". Questo è il tango secondo Miguel Ángel Zotto, tra i più grandi ballerini di

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LE SEQUENZE BASEIl tango si compone di una serie di sequenze base da cui si sviluppa l'improvvisazione. Tra queste le più importanti sono:• la camminata, che rappresenta la base del tango;• la salida basica, una sequenza didattica di otto passi;• la cadenza, che consiste nel te-nere il ritmo sul posto;• il giro, in cui l'uomo e la don-na girano camminando attorno all'asse della coppia;• il molinete, in cui l'uomo guida la donna in un giro attorno al pro-prio asse.

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IN FORMA BELLEZZA

Acne, tra falsi miti e verità Non colpisce solo i giovani e non è causata da cioccolato e salame, come di solito si pensa. Le cure? Dalle creme specifiche al lasera cura di Viola Compostella

«Ormai gli studi l'han-no dimostrato. Tra ali-mentazione e acne

non c'è nessun legame, come invece molti ancora pensano. Vietare, come si faceva una volta, il cioccolato o il salame non solo è inutile ma può rivelarsi persino controproducente. Le privazio-ni, infatti, possono aumentare il tasso di stress che è tra i fattori di rischio per l'insorgenza del problema». Chi parla è la dotto-ressa Marzia Baldi, dermatologa. Ci siamo rivolti a lei per fare un po' di chiarezza su una delle più frequenti malattie della pel-le che colpisce circa l'80% de-gli adolescenti, e non risparmia nemmeno gli adulti anche se in forma più lieve (in questi casi si parla di acne tardiva).

Dottoressa Baldi, che cosa è l'acne e come si manifesta?L'acne altro non è che un'in-fiammazione della pelle, dovuta a un'eccessiva produzione di sebo da parte delle ghiando-le sebacee che circondano la base dei peli (i cosiddetti "folli-coli piliferi"). Il sebo prodotto in eccesso si deposita formando dei tappi, i cosiddetti comedoni o "punti neri", nei quali si anni-dano batteri che poi danno ori-gine all'infiammazione e quindi a pustole piene di pus. Come tutti sappiamo, infatti, l'acne si

manifesta sotto forma di brufo-li che si sviluppano sul viso, sul dorso e sul torace. Di fatto, l'ac-ne viene considerata una malat-tia cronica in relazione alla sua durata, alla frequenza di rica-dute e all'impatto psicosociale che comporta.

E quali sono le cause? Gli ormoni c'entrano? E i cibi?Le cause sono varie e abba-stanza differenti fra loro. Un ruolo importante è giocato dal-la familiarità o predisposizione personale. Ma può derivare an-

che da momenti di particolare stress o variazioni dell'assetto ormonale. L'attività delle ghian-dole sebacee è infatti regolata dagli ormoni. Questo però non significa che l'acne dipenda da uno squilibrio ormonale come molti ancora credono. Sempli-cemente in alcune persone o in alcuni periodi dell'anno o della vita, questi ormoni diven-tano più attivi e quindi stimo-lano maggiormente la produ-zione di sebo. Quanto ai cibi, invece, non sono da annovera-re tra le cause. È ora di assol-vere il cioccolato ad esempio,

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sempre una buona idratazione e un'accurata pulizia del viso con prodotti esfolianti non ag-gressivi (per rimuovere le cellu-le morte dell'epidermide) e de-tergenti delicati come l'acqua micellare o il latte detergente. Può anche essere utile effettua-re trattamenti esfolianti a livello ambulatoriale. In altri casi, in-vece, occorre affidarsi a tratta-menti più radicali, come la tera-pia fotodinamica che prevede l'applicazione di un unguento contenente l'Acido 5 Amino Levulinico (ALA) sui punti del-la cute interessati dall'acne e la conseguente esposizione di questi punti a una lampa-da a luce rossa. L'attivazione dell'acido con l'esposizione alla lampada, infatti, provoca la sterilizzazione del follicolo e la scomparsa dell'infiammazione.

Le lesioni tendono a seccarsi e asciugarsi nei giorni successivi.

Per i segni lasciati dall'acne si può fare qualcosa?Uno dei primi rimedi è il peeling chimico esfoliante, eseguito in ambulatorio, che aiuta a rimuo-vere le cellule morte cicatriziali. Fondamentale è poi, anche in questo caso, idratare corretta-mente la pelle, insistendo sulla cicatrice, con creme specifiche (a base ad esempio di vitamina E). Tra le risorse di ultima genera-zione c'è il laser a CO2, grazie al quale è possibile intervenire sulle cicatrici provocate dall'acne sul-la cute, migliorando la superficie di quest'ultima. Un trattamento che può essere ripetuto più volte perché non provoca alcun dan-no alla struttura della pelle.

e anche buona parte del cibo cosiddetto "spazzatura" che certo bene non fa al nostro organismo, ma non per questo può essere anche considerato colpevole per l'apparizione dei famigerati brufoli.

E come può essere curata?Innanzitutto evitando il fai da te. Nei casi lievi migliora in breve tempo grazie ai farmaci come pomate e gel specifici a base di retinoidi e antimicro-bici. Fondamentale sono poi

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REALTÀ SALUTE

«I disturbi che interessano la regione cervicale pre-sentano una sintomato-

logia complessa. I principi della tecnica Pilates sono in grado di dare risposte efficaci. Attenzione però: in caso di dolore cervica-le bisogna rivolgersi a centri di fisioterapia specializzati che utilizzano la tecnica Pilates per riabilitare, diversa dal metodo di allenamento Pilates che si pratica in palestra». Chi parla è Guerrina Brizzi, fisioterapista, titolare dello studio Fisioforma e ideatrice della tecnica Pilates therapy che integra i nuovi con-cetti fisioterapici di controllo neuromotorio con i principi e gli attrezzi ideati da J.H. Pilates.

Ma come si interviene con Pilates therapy sulla cervicalgia?Il punto di partenza è la diagno-si medica specialistica. Segue la valutazione obbiettiva mirata a raccogliere informazioni sul tipo di dolore, la valutazione funzionale necessaria a stabili-re i gradi di mobilità articolare e l'efficienza muscolare del collo, la valutazione neurosensoriale utile a individuare la compro-missione del sistema neurale e dei sistemi neurosensoriali

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Problemi di cervicale? Ecco come risolverli con la tecnica Pilates therapy a cura di Francesca Dogi

associati alla cervicale (come orecchio e occhi), la valutazio-ne posturale. Per completare il quadro si compila un questio-nario per evidenziare quanto in-cida lo stress emotivo e fisico. Il risultato della valutazione guida i tempi e i modi del trattamento.

E come si svolge il trattamento?Il trattamento inizia su uno spe-ciale macchinario, la cadillac: si imbraga la testa con una fascia cervicale collegata a una molla che produce una tensione tale da reggere il peso del capo così da alleviare la tensione musco-lare di collo e spalle. In que-sta posizione si esegue la fase manuale mirata ad attenuare i meccanismi di percezione del dolore, mobilizzare in modo passivo le rigidi-tà articolari, rilasciare le tensioni miofasciali e le contratture muscolari. Si prosegue poi attivamente insegnando al paziente piccoli movimenti che fa-voriscono la riattivazione dei muscoli profondi del collo necessari a recupe-rare la stabilità della cer-vicale per poi riorganiz-zare la disfunzione tra le vertebre della cervicale alta e di quella bassa. In-fine il lavoro cervicale si integra in un programma posturale globale. Spesso i sintomi si irradiano an-

che a spalle, braccia, fino alle mani con sensazione di formi-colio alle dita. In questi casi Pi-lates therapy adotta esercizi spe-cifici di stretch dinamico con l'ausilio di molle e di un attrez-zo chiamato reformer. Quando invece il dolore compromette il sistema neuro-sensoriale, cau-sando nausea, perdita di equi-librio, ronzio nelle orecchie e offuscamento della vista, Pilates therapy adotta, durante l'esecu-zione degli esercizi di controllo motorio, un caschetto con un laser che consente di guidare in direzioni specifiche la testa costringendo gli occhi e l'orec-chio a riorganizzare il "bilan-ciamento" perso e a ritrovare una nuova integrazione senso-motoria.

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Bergamo Salute 59

REALTÀ SALUTE

I problemi uditivi si possono manifestare in maniera per-manente o solo temporanea

e affliggere persone di tutte le età. «Anche se la perdita dell'udi-to è una conseguenza naturale del processo di invecchiamento, è sbagliato pensare che riguar-di soltanto le persone anziane. Infatti, più della metà delle per-sone ipoacusiche è al di sotto dei 65 anni e molti di loro sono addirittura bambini o giovani» spiegano Riccardo Marini e Carlo Cantù, audioprotesisti del Centro Medical Udito Berga-mo. «Un'altra causa significativa dell'ipoacusia è data dall'ecces-siva esposizione al rumore. Per questo, con l'aumento dell'in-quinamento acustico e del ru-more, l'età delle persone che soffrono di problemi uditivi è sempre più bassa».

Un problema sempre più diffuso e più "giovane"Nella fascia di età oltre i 65 anni l'ipoacusia colpisce una per-sona su tre, rappresentando il problema più diffuso, secondo solo all'artrosi. Con il progressi-vo invecchiamento della popo-lazione, inevitabilmente, anche il problema della perdita di udi-to è ormai sempre più diffuso

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Se senti bene... vivi meglio! a cura di Francesca Dogi

e lo sarà sempre di più. La vera sorpresa, però, è che anche tra i più giovani la sua incidenza è in costante aumento. Le cause? Il rumore, responsabile di più di un terzo dei casi di ipoacusia. «L'aumentata esposizione al ru-more fa sì che l'età media delle persone ipoacusiche sia oggi più bassa rispetto a 30 anni fa» continua Marini. «Gli ambienti lavorativi dei paesi industrializ-zati sono ormai molto rumorosi e questo fa sì che quasi un lavo-ratore su tre, tra i 49 ed i 59 anni sia afflitto da perdita uditiva. Tra i giovanissimi, invece, si ritiene che l'aumento dei problemi uditi-vi sia imputabile in buona parte alla diffusione di dispositivi por-tatili e di riproduttori musicali come i lettori MP3»

Apparecchi acustici: un valido aiutoSebbene gli apparecchi acustici non siano in grado di restituire completamente l'udito, contri-buiscono a migliorare la qualità della vita nella maggior parte dei casi. «Il 90% delle ipoacusie

può trarre giovamento dall'utiliz-zo di un apparecchio acustico» spiega l'esperto. Il problema è che, secondo le statistiche, le persone con problemi d'udito aspettano in media sette anni prima di cercare aiuto e il 75% di coloro che potrebbero trarre beneficio da un apparecchio acustico non ne fa uso. Princi-palmente per imbarazzo, perché si vergognano. E questo nono-stante oggi esistano apparecchi acustici sempre più discreti e "personalizzabili", sia nell'este-tica sia nella tecnologia. Presso Medical Udito Bergamo è possi-bile trovare apparecchi acustici moderni, disponibili in una va-sta gamma di modelli, stili e mi-sure. «La loro tecnologia è frutto di un progresso costante, capace di rendere il suono sempre più chiaro e nitido. Non solo, oggi la maggior parte degli apparecchi è in grado di adattarsi alle carat-teristiche individuali di ciascuna perdita uditiva, riuscendo così a rispondere alle necessità di tutte le fasce di età, dai neonati agli anziani» conclude Cantù.

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Bergamo Salute 61

REALTÀ SALUTE

Altro che "chi dorme non piglia pesci". Il sonno è fondamentale per stare

bene e mantenersi in salute. Gli studi hanno ormai dimostrato che dormire troppo poco (in genere meno di 7-8 ore a notte) o male, non solo causa un calo delle performance intellettive, ma contribuisce anche ad ac-celerare l'invecchiamento, ad aumentare il rischio di obesità, diabete, disturbi cardiocirco-latori e a diminuire le difese immunitarie. Un "pericolo" per i quasi 6 milioni di italiani alle prese con problemi di insonnia, cioè la "difficoltà ad addor-mentarsi o a godere di un son-no riposante, con conseguenti disturbi e problematiche, e im-portanti conseguenze sia eco-nomiche sia cliniche" (Morin et al., 2007). Cosa fare allora? Innanzitutto avere una corretta igiene del sonno (andare a dor-mire sempre alla stessa ora, cer-care di rilassarsi il più possibile prima di andare a letto, dormire a una temperatura ambiente né troppo fredda né troppo cal-da etc.). E se tutto questo non basta? Nei casi di insonnia pri-maria o non organica (quando

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Melatonina, un aiuto per "ritrovare" il sonno a cura di Francesca Dogi

cioè non sussistono cause ap-parenti o patologie fisiche o psi-chiche che possono giustificar-la), di turni di lavoro variabili o spostamenti da un continente all'altro (sfasamento del fuso orario, noto come Jet-lag) che alterano il ritmo sonno-veglia, un aiuto arriva dalla medicina naturale. «Numerosi studi clini-ci hanno confermato l'efficacia per combattere l'insonnia e l'as-senza di effetti indesiderati di molte piante officinali» osserva la dottoressa Elena Besco della divisione Ricerca e Sviluppo di Phyto Garda, azienda che ope-ra nel settore degli integratori alimentari e cosmetici dermo-funzionali dal 2003. «Un primo esempio è la melatonina, detta anche "Ormone del buio", una molecola che il nostro organi-smo sintetizza durante la notte. Questa sostanza interviene atti-vamente nella regolazione del ritmo circadiano, cioè il ciclo giornaliero che segue il ritmo biologico con una periodicità di 24 ore in sincronia con il qua-le sono regolate molte funzio-ni organiche (ritmo cardiaco, secrezioni ormonali, pressione sanguigna, escrezione renale). Quando il ritmo circadiano si altera, la melatonina diventa utile per ri-sincronizzare l'o-rologio biologico, favorendo l'addormentamento (proprietà ipnotiche) e migliorando il ripo-so notturno (qualità e durata)». Meno nota della melatonina

ma altrettanto efficace è l'e-scolzia o papavero giallo della California. «Nell'uso clinico l'e-scolzia ha dimostrato di essere in grado, in modo prolungato e senza effetti collaterali, di dimi-nuire notevolmente il tempo di addormentamento, migliorare la qualità e la durata del son-no e ridurre l'attività motoria spontanea. È inoltre una pianta ben tollerata anche in età pe-diatrica e pertanto impiegata in presenza di turbe neurovegeta-tive dell'infanzia e dell'enuresi notturna. Infine altre molecole interessanti sono il triptofano e la vitamina B6. Il triptofano è un amminoacido essenziale contenuto in pesci grassi, uova, latte, semi di zucca, cioccolato, precursore della sero-tonina (il neurotra-smettitore dell'u-more) e della melatonina. La vitamina B6 contribuisce alla conver-sione del t r ip to fano in serotoni-na ed è in-dicata, in as-sociazione al triptofano, nel-la cura dell'in-sonnia e degli stati d'ansia» conclude la d o t t o r e s s a Besco.

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Bergamo Salute 63

REALTÀ SALUTE

I piedi ci sostengono e ci porta-no nel mondo dal primo anno di vita in tutte le stagioni, al va-

riare del peso corporeo, nel lavo-ro, nello sport, nel divertimento, nelle mille attività quotidiane di giovani donne e uomini, genitori, nonni. Ma chi si occupa di loro? È da questa apparente semplice domanda che nasce la storia, o meglio la "missione" dell'Orto-pedia Tecnica Gasparini, cioè prendersi cura del benessere dei piedi mettendosi dalla loro parte e sostenendoli con i plan-tari giusti. «Passione e tecnologia. Sono questi gli ingredienti fonda-mentali per fare di un plantare un "compagno di strada" affidabile. Si conosce, si osserva, si rileva, si prova, facendo parlare e cam-minare i piedi e chi ci sta sopra. Poi si passa in laboratorio dove le mani e le macchine creano plantari personalizzati» raccon-ta Pierpaolo Gasparini, tecnico ortopedico, titolare dell'Ortope-dia Tecnica Gasparini. Pierpao-lo impara fin da piccolo nello studio della mamma podologa quanto sia importante curare quei due raffinati piedistalli in movimento. Dopo la scuola di Ortopedia a Milano fa la gavetta in alcune delle principali Offici-

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Da più di 20 anni dalla parte dei piedi e del loro benessere a cura di Francesca Dogi

ne Ortopediche di Milano, su e giù dai reparti dell'Ospedale Or-topedico Gaetano Pini e poi in laboratorio, a plasmare, fresare e rifinire. Dopo Milano è la volta di Bergamo, prima a Ponte San Pietro poi a Bonate Sopra dove la sua strada incrocia quella di Giuseppe, anche lui tecnico or-topedico, con vaste esperienze lavorative in Lombardia e all'e-stero, a Monaco, Innsbruck e in Cina. Ad unirli la stessa passione e lo stesso desiderio di creare benessere a partire dai piedi. Non importa che si tratti di un bimbo o di un anziano. Per ognu-no riescono a creare un planta-re personalizzato, unendo l'ar-te artigianale alle potenzialità diagnostiche e realizzative oggi offerte dal computer e dalla tec-nologia. «Grazie all'evoluzione tecnologica dei materiali e dei supporti alla diagnostica (come il check up computerizzato del piede, della postura e l'analisi del passo) oggi è possibile realizza-re plantari personalizzati sulla

morfologia di ciascuno e del suo passo che poi vengono rifiniti in laboratorio» continua Gasparini. Ma quando può essere utile in-dossare un plantare? «I plantari sono semplici soluzioni a piccoli e grandi problemi di piedi e/o postura. Possono essere utili a chi lavora nei cantieri, sulle impalca-ture per aumentare la sicurezza del movimento; agli sportivi; ai bambini per risolvere in modo naturale problemi come il piede piatto o il retropiede valgo. Nell'a-dulto e nell'anziano l'uso regola-re di plantari può dare benefici in caso di lombalgie derivanti da problemi posturali, atteggiamenti scorretti mentre si lavora o nella vita quotidiana (tacchi alti e pun-te strette, scarpe usurate, borse pesanti). Il plantare assume poi una grandissima importanza nel coadiuvare le problematiche le-gate a patologie particolari come piede diabetico e piede artrosico, grazie alla capacità ammortiz-zante e a materiali specifici per evitare ulcere e piaghe».

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64 Bergamo Salute

Bergamo Salute, partner della nuova edizione di Bergamo Beauty

Siete curiosi di scoprire le ultime novità nel cam-po della bellezza e del benessere? Allora non

perdetevi la seconda edizione di "Bergamo Beau-ty", fiera interamente dedicata al mondo bellezza e benessere, la prima nella provincia bergamasca, in programma il 12 e 13 aprile presso il Centro Fiera di Chiuduno. La manifestazione, di cui "Bergamo Sa-lute" è partner come già nella prima edizione, offre una prestigiosa vetrina, in un contesto fieristico e di alto livello, per il mondo della bellezza del corpo e del benessere a 360 gradi, compreso quello psi-cofisico. Tra gli espositori centri estetici, esperti di make up, centri benessere, centri SPA, aziende di prodotti per la cura del corpo. Tutto con un occhio particolare al biologico e alle molte novità che ne-gli ultimi anni si sono fatte largo anche in questo ambito. Non mancheranno poi spettacoli di danza ed eventi collaterali, sempre ovviamente sotto il se-gno della bellezza e del benessere. Centro Fiera Chiuduno, via Martiri della Libertà Uscita A4 Grumello-Telgate

Non sfumare la tua bellezza

Si intitola "Fumo e bellezza" il nuovo progetto lanciato l'8 marzo, festa della donna, da ASL

Bergamo. Nato per sensibilizzare le ancora tante donne che fumano, questa nuova e originale cam-pagna educazionale punta su un aspetto che sta molto a cuore alle donne di tutte le età: la bellez-za della loro pelle. Fumare, infatti, come è ormai dimostrato da molti studi scientifici, disidrata la cute e la rende più spenta, sottile, asfittica, meno elastica e sensibile alle cure di bellezza. Uno dei primi effetti "clinici" della sospensione del fumo si nota proprio sulla pelle, che acquista un altro tono e colorito. Un altro buon motivo, se gli altri non fos-sero sufficienti, per dare un taglio alle sigarette. Per raggiungere lo scopo, l'ASL promuove gruppi per smettere di fumare. Il trattamento di gruppo è, in-fatti, ormai riconosciuto come uno dei metodi più efficaci. Per informazioni: www.asl.bergamo.it oppure 035.385072

Un ciclo di incontri "Intorno all'anziano"

Il tema dell'invecchiamento pone un grande in-terrogativo: l'età anziana va considerata come

una fase di inevitabile declino e progressivo ritiro dalle dinamiche sociali e professionali oppure è possibile concepire questa fase della vita come una possibile risorsa e opportunità, non solo per chi la vive, ma per tutti, a partire da chi con la persona anziana entra in rappor-to? Da queste domande prende le mosse un ci-clo di seminari dal titolo "Intorno all'anziano" promossi dal Dipartimento di Scienze Umane e Sociali dell'Università di Bergamo e aperto alla cittadinanza, agli operatori, agli anziani attivi e agli studenti. Prossimi appuntamenti: "Intergenerazionalità: anziani e giovani nella scuola, nel lavoro e nelle istituzioni" (28 aprile) e "Per l’invecchiamento attivo: la "lezione" dei focus&group di territorio" (15 maggio). Entram-bi gli incontri si terranno dalle 10 alle 13, presso la sala conferenze del Dipartimento di Scien-ze Umane e Sociali in Piazza Sant'Agostino. Per informazioni: www.unibg.it

DAL TERRITORIO NEWS

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Uno stent (dispositivo espandibile nor-malmente inserito in un vaso sangui-

gno o in un organo cavo, per esempio per risolvere un'occlusione) nel cuore di un feto, senza praticare incisioni nell'addome della madre né nell'utero. È stato impian-tato, per la prima volta in Italia, all'Ospe-dale Papa Giovanni XXIII, su un feto affetto da ipoplasia del cuore sinistro, una malfor-mazione che comporta il mancato svilup-po della metà dell'organo, e comprende un gruppo di anomalie che si presentano con un'incidenza di un caso ogni diecimi-la feti. Un intervento eccezionale, eseguito da un'équipe multidisciplinare, formata da ginecologi e cardiologi, senza il quale il feto sarebbe potuto sopravvivere in utero, ma non alla nascita.

Bergamo fa scuola: stent nel cuore di un feto per la prima volta in Italia

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66 Bergamo Salute

Due persone potranno ve-dere con gli occhi di Lu-cio Parenzan. Il grande

pioniere della cardiochirurgia pediatrica, scomparso il 28 gen-naio a 89 anni, ha donato le cor-nee. Avrebbe voluto mettere a di-sposizione tutti gli organi, ma le condizioni di salute e l'età non gliel'hanno permesso. Un ultimo gesto di generosità per lui che da sempre si è battuto per con-vincere non solo i bergamaschi ma tutti gli italiani a donare gli organi e permettere così a tan-ti malati di cuore, di fegato o di reni di ritornare a vivere con un trapianto. Ridare la vita agli altri era la sua "missione": nella sua lunga carriera ha fatto 15 mila interventi su grandi e piccini, anche neonati di poche ore, e 350 trapianti di cuore. Ma soprat-tutto ha allevato una squadra di cardiochirughi di eccellenza. Amava chiamarli "i miei ragaz-zi". Nel corso degli anni sono diventati primari in vari ospedali

DAL TERRITORIO IL LATO UMANO DELLA MEDICINA

a 87 anni si era rimesso in gioco, spinto dalla moglie Laura, madre dei suoi quattro figli per la qua-le stravedeva, come volontario all'Opera San Francesco per i Po-veri (OSF) di Milano. Il suo motto, o meglio il suo incitamento ad aiuti e collaboratori era "ndemo, ndemo, che 'l sol magna le ore" in puro dialetto istriano.

Nonostante abbia passato gran parte della sua vita a Bergamo, Parenzan, infatti, era nato nel 1924 in Istria, a Comeno in pro-vincia di Gorizia, oggi Slovenia, figlio di un medico condotto e di una maestra. Poi la famiglia si trasferì a Pirano e da qui lui, a dieci anni, andò a Firenze al Collegio degli Scolopi dove fre-quentò fino al primo anno di università. «Poi passai a Padova. Erano gli anni della guerra e per mantenermi agli studi mi toccò anche vendere il sale. A Pirano c'era una forte produzione e nel Veneto c'era una grande richiesta

continuando a mettere in prati-ca gli insegnamenti del maestro: amore per la medicina, sempli-cità e massima disponibilità nei confronti di chi si rivolgeva a lui come ultima speranza.

Grazie a lui i viaggi della speran-za in America o Inghilterra, tan-to diffusi fino agli anni Settanta, erano diventati ormai un ricordo. Non si fermava mai, non riusciva a stare con le mani in mano nep-pure quando per limiti di età fu congedato dagli Ospedali Riuni-ti che aveva fatto diventare un centro mondiale per la cardio-chirurgia pediatrica, fondando anche una scuola internaziona-le che ha insegnato la cardio-chirurgia ad almeno 500 medici extracomunitari. Aveva continua-to a lavorare alle Cliniche Huma-nitas Gavazzeni dal 1998 al 2008, poi si era impegnato nel sociale collaborando con Emergency dell'amico e allievo Gino Strada in Africa andando a lavorare lì. E

Ha ridato la vita a migliaia di bambini Ricordo del professor Lucio Parenzan che, dopo aver operato 15 mila persone e trapiantato 350 cuori, ha voluto donare le sue cornee a cura di Lucio Buonanno

Lucio Buonanno intervista Lucio Parenzan nel dicembre 1984

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Bergamo Salute 67

per la lavorazione degli insacca-ti. Acquistavo il sale in Istria e lo vendevo a Padova e lì compravo scarpe che rivendevo a Pirano. E intanto facevo il guardiano di not-te alla "Casa della madre e del fanciullo". Poi arrivò Tito e scap-pai a Trieste. Alla fine riuscii a lau-rearmi in medicina» raccontava nelle sue interviste. «Avevo già la tesi pronta quando affrontai l'ul-timo esame, quello di pediatria. Il docente mi rifilò un diciotto, l'u-nico della mia carriera, e mi fece promettere che non avrei mai fat-to il pediatra. Io dissi di sì anche se non avevo nessuna intenzione di dargli retta. Anzi andai subito a lavorare a Milano. Tentai di fare l'ostetrico ma non trovando po-

sto entrai nel reparto di pediatria». È lì che il giovane Parenzan comincia a maturare il suo progetto-sogno. «Scoprii che in Italia non esisteva la chirur-gia pediatrica. Andai a perfezionarmi pri-ma in Svezia e poi a Pittsburgh, in Pennsyl-

vania, per un corso sui bambini. Era il 1958. Una sera che ero di guardia, arrivò un bambino di quattro mesi, respirava a fatica. Mentre lo ascoltavo con lo steto-scopio il cuore si fermò» ci disse nel dicembre 1984 in un'inter-vista pubblicata sul settimanale "Gente". «Riuscii a farlo rinvenire. Lo portammo in sala operatoria, ma in ascensore il cuoricino si fermò di nuovo ma riuscii a farlo battere ancora. In sala operatoria c'era Bob Pontius uno dei maghi della cardiochirurgia americana. Il bambino sopravvisse e in quel momento decisi la mia vita, decisi di curare anche io in Italia i bam-bini che soffrono del morbo blu, la tetralogia di Fallot». Da allora

un successo dopo l'altro, prima come primario a Trieste, poi dal 1964 a Bergamo. «Quando arrivai qui dissi che volevo creare la chi-rurgia pediatrica. Tutti mi davano del matto. Ma ce la feci. Mi diedero una parte dell'ortopedia, due ca-merette con otto letti più un'altra stanzetta che trasformai subito in una nursery per i bambini più pic-coli. E cominciai a formare la mia squadra comprando anche la prima macchina cuore-polmone a spese mie, rinunciando a un so-gno, una Giulietta sprint rossa. E cominciò l'avventura. Mi davano ancora del matto perché diceva-no che i bambini fino a un anno erano inoperabili, e invece dimo-strammo che si poteva. Era chirur-gia eroica, da pionieri, ma dimo-strammo che era possibile come nel caso di un bimbo di due mesi che, affidato alla macchina cuore-polmone, restò in circolazione extracorporea per 76 minuti». Il primo trapianto nella notte tra il 22 e il 23 novembre 1985. Poi tanti bambini salvati, colpiti dalla tetralogia di Fallot (i cosiddetti bambini blu) e restituiti alla vita, e una scuola che fu definita da Albert Starr, inventore della valvo-la cardiaca, "il più grande centro di cardiochirurgia pediatrica del mondo". Era capace di portare a Bergamo per congressi i massi-mi esperti della cardiochirurgia mondiale, come Barnard, il pri-mo al mondo a fare un trapianto di cuore. «È stato un grande diret-tore d'orchestra» ricorda il suo al-lievo dottor Roberto Tiraboschi. «A ciascuno di noi affidava una particolare patologia, ognuno si specializzava perché insieme, sot-to la sua direzione, quella musica, il battito cardiaco, potesse conti-nuare a risuonare nei pazienti».

S.O.S. I DONATORI SONO SEMPRE MENOLucio Parenzan è stato il primo a effettuare un trapianto di cuore a Berga-mo. Poi, dal 1989 in avanti c'è stata una escalation. Fino al 2013 sono stati effettuati all'Ospedale cittadino 878 trapianti di cuore, 872 di rene, 1157 di fegato, 116 di polmone, 10 di intestino pediatrico e centinaia e centinaia di bambini e di adulti salvati. Ma negli ultimi anni il numero dei donatori è di-minuito: per fare un esempio nel 2013 sono stati effettuati solo 14 trapianti cardiaci. In Italia ufficialmente ci sono un milione e trecentomila persone che si sono dichiarate disponibili al prelievo degli organi in caso di morte cerebrale e di questi ben un milione e duecentomila sono iscritti all'AIDO (Associazione Italiana Donatori di Organi) fondata proprio a Bergamo 40 anni fa. Ma come si spiega questo calo? Secondo gli esperti l'età media dei donatori si è alzata, sono meno i giovani che muoiono in incidenti stradali grazie all'uso del casco e cinture di sicurezza. Altro motivo l'autorizzazione delle famiglie: il 70% concede l'espianto degli organi dei loro cari, il 30% no. Eppure la legge prevede che venga fatta una scelta al compimento del 18° anno di età, comunicando al Comune o all'Asl la propria volontà. Altri fattori importanti sono dovuti alle tecnologie e ai farmaci più efficaci che possono evitare un trapianto. Ma intanto in lista d'attesa per avere un nuovo organo e sperare così in una vita normale sono davvero ancora tanti.

Il Prof. Parenzan con Christian Barnard,

primo al mondo a trapiantare un cuore

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Le Malattie Rare sono un ampio gruppo di patologie (circa 6000 se-condo l'OMS), accomunate dalla bassa prevalenza nella popolazione (inferiore a 5 persone per 1000 abi-tanti secondo i criteri adottati dall'U-nione Europea). Con base genetica per l'80-90%, possono interessare tutti gli organi e apparati dell'orga-nismo umano. In questo numero parliamo della Sindrome Iperferriti-nemia - cataratta congenita.

A.R.M.R.Insieme contro le malattie rare

INCONTRI CON I SOCI E GLI AMICI DI A.R.M.R

Tel. 035/671906Fax 035/[email protected]

Codice di esenzione. RCG100 Categoria. Malattie delle ghiandole endocrine, nutri-zione, metabolismo e disturbi immunitari.Definizione. Patologia eredi-taria autosomica dominante, caratterizzata da alti livelli di ferritina nel sangue e catarat-ta.Epidemologia. Patologia estremamente rara.Segni e sintomi. Gli unici segni clinici sono costituiti dalla presenza di catarat-ta, diagnosticata a diverse età (dai 6 ai 40 anni) e alti livelli di ferritina con valo-ri di transferrina normali. Eziologia. La sindrome di-pende da mutazioni del gene codificante per una compo-nente della ferritina. Queste

mutazioni fanno sì che si veri-fichi una mancata sensibilità ai livelli di ferro nel sangue con continua produzione di ferritina. L'accumulo intracel-lulare di ferro provoca poi la cataratta.Eziologia. Gli esami di labo-ratorio rivelano iperferritine-mia (cioè elevevati livelli di ferritina), con conta dei globu-li rossi nella norma. La visita oculistica evidenzia la presen-za di cataratta di gravità varia-bile. La diagnosi differenziale è da porsi con altre cause di cataratta isolata o con pato-logie sindromi di cui la cata-ratta rappresenta un sintomo cardine (sindromi di Rfsum, Proteus, Smith-Lmli-Optiz etc.). Esiste una forma di cataratta associata a cardiomiopatia

ipertrofica. Inoltre va esclusa la più frequente emocromato-si congenita, in cui è però pre-sente un'aumentata saturazio-ne della transferrina.Terapia. Prevede la chirurgia per la cataratta e il salasso per ridurre la ferritina causa in re-altà anemia da carenza di fer-ro.

Dott. Angelo Serraglio Vice Presidente

Commissione ScientificaARMR

SINDROME IPERFERRITINEMIA - CATARATTA CONGENITA

DAL TERRITORIOMALATTIE RARE

• Giovedì 10 Aprile 2014 Assemblea dei soci presso Villa Camozzi a Ranica

• Venerdi 23 Maggio 2014 a partire dalle ore 20:00 si terrà il consueto Gran Galà presso "La Cantalupa" in Via Cantalupa 17 a Brusaporto

Maggiori informazioni su www.armr.it

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70 Bergamo Salute

Gabriella aveva tutto dalla vita. Un marito, Roberto, che l'adorava, un lavoro

di successo, una bella casa. Fi-nalmente, dopo tante sofferenze, era di nuovo felice. Non poteva desiderare di più. Poi, improv-visamente, una tragica fatalità le porta via il suo amore e con lui la voglia di vivere. Roberto muore in un incidente stradale.

DAL TERRITORIO TESTIMONIANZA

esistesse nulla dopo la morte». A venti anni sembra però che una nuova luce si accenda nel-la sua vita. Si innamora di un uomo e si sposano. Con lui forse può trovare un po' di serenità, quella famiglia che il destino le ha portato via. E invece, anco-ra una volta, quella pace tanto agognata rimane un miraggio. Divorziano dopo poco tempo e Gabriella si "perde". «Avevo un vuoto enorme dentro che cercavo di colmare con il lavoro, i soldi, gli oggetti materiali. Non mi interes-sava più nient'altro. Né gli altri, né l'amore». Finché un giorno, nel 2000, incontra Roberto Cri-vellari, giovane vice-presidente di un'azienda di segnaletica stra-dale. Ed è amore a prima vista. «Grazie a lui la corazza che mi ero costruita per difendermi dalla sofferenza ha cominciato a cade-re e lentamente il mio cuore ha ricominciato ad aprirsi alla vita, quella vera. È stato un incontro di due anime, che sono diventa-te una sola». Gabriella e Roberto decidono di aprire anche un'atti-vità insieme. «Ero felice come mai avrei potuto pensare di esserlo. A completare la famiglia c'era an-che Briciola, una dolcissima bar-boncina bianca». Passano sette anni e Roberto, che al contrario di Gabriella è credente, vuole ufficializzare la loro unione. È come vivere in una favola. Ma, di nuovo, un destino crudele mette fine a sogni e progetti. Roberto muore in un incidente stradale.

A Gabriella cade il mondo addosso. Tutto il dolore che grazie a lui era ri-uscita a "cancel-lare", in un istante, riemerge più forte di prima, devastan-te. «Ho perso mia mamma quando avevo solo cinque anni. Si è sacrifica-ta per salvarmi la vita da una mac-china che stava per investirmi» racconta Gabriel-la Belotti, 52 anni di Gorlago, con la voce commossa. «Dopo la sua mor-te, ho vissuto anni difficili. Papà era meraviglioso, ma era anziano e non poteva occuparsi a tempo pieno di me. Così mi mandò in collegio, ma soffri-vo lontano da lui». Finito il collegio

Gabriella torna finalmente in famiglia. È l'inizio di una nuova vita. Ma dura poco: dopo soli otto mesi suo papà muore per un infarto. Il suo cuore, già segna-to dalla perdita di sua madre, va in pezzi. «Ero furiosa con Dio. Lo accusavo di non avermi mai vo-luto bene. E così buttai via tutto quello che poteva ricordarmelo e cominciai a vivere come se non

La fede mi ha salvato dalla depressione

a cura di Elena Buonanno

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Bergamo Salute 71

Sono passati solo diciotto mesi dal matrimonio. È un'ennesima prova, troppo dura da superare. Gabriella si ritrova sola con la loro cagnolina e non riesce più a rialzarsi. Quella casa senza Ro-berto è ormai come una "tomba per vivi". Il suicidio le sembra l'unica via d'uscita ma Briciola la salva. E inspiegabilmente Ro-berto torna nella sua vita con coincidenze e segni. «Era come se stesse cercando di parlarmi. Ogni evento importante mi ricon-duceva sempre alla data della sua morte o ad altre della nostra vita insieme. E poi vedevo cuori di pietra ovunque, impressi nella natura, soprattutto in Sardegna, dove avevamo comprato una casa insieme, il suo ultimo regalo. All'inizio pensavo di essere im-pazzita. Stentavo a crederci. Poi mi sono arresa. Dio sapeva che non avrei seguito lui, ma Rober-to sì e così lo ha mandato da me per salvarmi». Il segno decisivo arriva proprio mentre è in Sar-degna. «Mi sono ritrovata in una

casa che aveva all'in-gresso due grandi cuo-ri di pietra. Poi, percorso il vialetto, sono arrivata fino a un giardino dedicato a Gesù e alla Madonna, Regina di Sal-vezza, con in mezzo una statua di Sant'Antonio, protettore degli orfani e delle vedove, di cui Ro-berto teneva un'immaginetta nel portafogli. Infine la sera mi sono imbattuta per caso a un evento dedicato alla Madonna di Medju-gorje e allora ho cominciato a capire». Dopo un mese Gabriel-la decide di partire per andare a Medjugorje. È la rivelazione. È come se tutto a un tratto fosse diventato chiaro. «Impossibile spiegare. Sulla collina delle ap-parizioni ho vissuto qualcosa di straordinario che ha cambiato tutta la mia vita. Al ritorno, dello strazio e del dolore che mi stava uccidendo non vi era nessuna traccia,quel Dio che avevo rinne-gato per tutta la mia vita ora era la mia salvezza, sentivo pace nel cuore. In un attimo ho scoperto

u n amore più gran-de di quello terreno. Dio è di-ventato il centro del mio mondo. Credere in Lui mi ha salvato». Da quel momento per lei inizia una nuova vita, scandita dalla pre-ghiera e dai tanti viaggi a Medju-gorje. «Dio ha trasformato la mia esistenza. Ora non ho più biso-gno di circondarmi di cose mate-riali, ho iniziato a praticare il per-dono, a usare il dialogo e l'amore e non il rancore. E ho iniziato a testimoniare quanto è grande il suo amore». Il suo radicale cam-biamento di vita Gabriella l'ha voluto raccontare anche in un libro, "Tu sei qui!", per aiutare chi si ritrova nel tunnel della dispe-razione come lo era lei a trovare una speranza. Come Michele, un giovane marito e padre malato di tumore al fegato. «Mi ha cerca-to dopo che un'amica gli aveva regalato il mio libro. Voleva che lo aiutassi a fare un percorso di fede. Sapeva che non c'era più nulla da fare, ma voleva vivere quello che gli restava nel modo migliore per lui e la sua famiglia. Ora, anche se lui non c'è più, re-sta il suo esempio di forza e co-raggio. Grazie a lui sua moglie e i suoi due figli, nonostante il do-lore, possono guardare al futuro sapendo di non essere soli. Pro-prio come non lo sono mai stata nemmeno io. Ora lo so» conclu-de Gabriella.

CREDERE? TERAPIA PER LO SPIRITOa cura di Don Giuseppe Belotti, psicologo-psicoterapeuta, direttore dell'Associazione di Psicologia e Psicoterapia "Il Conventino"

L'essere umano non è solo carne e materia, è il risultato di tante reazioni e relazioni, non solo biologiche e biochimiche ma umane e spirituali. La salute mentale e fisica deriva anche da queste relazioni. Basta pensare a quando ci si innamora: entrano in circolo tutta una serie di sostanze biochimiche, come le endorfine, che danno benessere non solo a livello psicologico ma anche fisico. Tra le relazioni che instauriamo c'è anche quella con Dio che spesso si scopre o si riscopre nei momenti più difficili. Quando si soffre, si vive un lutto, ci si ammala, tutti gli idoli in cui avevamo risposto la nostra fede e fiducia (successo, benessere, giovinezza etc.). improvvisamente si frantumano, il "mosaico" della vita che si era costruita si smonta. E così o si vede il suicidio come unica via d'uscita o emergono le grandi domande su quale sia davvero il senso della vita. La fede non cambia le cose, non fa guarire corpo e mente, quello è il compito della medicina e della psicologia, ma aiuta a rimettere le tessere in ordine in un disegno comprensibile, a leggere la vita in modo diverso, a vedere il bene anche nei momenti più bui, a trovare la forza per affrontarli.

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Direttore EditorialeElena BuonannoDirettore ResponsabileDaniele GerardiRedazioneRosa [email protected] e impaginazioneCatherine Coppens | Mood Creative Designwww.moodcreativedesign.itFotografie e illustrazioniShutterstock, Adriano MerigoStampaGrafiche Mazzucchelli S.p.AVia Cà Bertoncina, 37/39/41 - 24068 Seriate (BG)Casa EditricePro.Ge.Ca. srlViale Europa, 36 - 24048 Curnasco di Treviolo (BG)Tel. 035.201488 - Fax [email protected] - www.bgsalute.itHanno collaboratoLucio Buonanno, Maria Castellano, Viola Compostella, Giulia Sammarco, Alessandra Perullo

Iscr. Tribunale Bergamo N°26/2010 del 22/10/2010

Iscr. ROC N°21019

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e non possono in alcun modo sostituirsi a diagnosi mediche.

PERIODICO DI CULTURA MEDICA E BENESSERE

Bergamo Salute anno 4 - n°2 - mar. - apr. 2014 Comitato Scentifico

Comitato Etico

• Dott. Diego Bonfanti - [email protected]

• Dott.ssa Maria Viviana Bonfanti Medico Veterinario - [email protected]

• Dott. Rolando Brembilla - [email protected]

• Dott.ssa Alba Maria Isabella Campione Medico legale - [email protected]

• Dott. Andrea Cazzaniga - Idrologo Medico e Termale [email protected]

• Dott. Adolfo Di Nardo - Chirurgo generale [email protected]• Dott. Nicola Gaffuri - Gastroenterologo [email protected]• Dott.ssa Daniela Gianola - Endocrinologa

[email protected]• Dott. Antoine Kheir - Cardiologo

[email protected]• Dott.ssa Grazia Manfredi - Dermatologa

[email protected]• Dott. Roberto Orlandi - Ortopedico

Medico dello sport - [email protected]• Dott. Paolo Paganelli - Biologo nutrizionista

[email protected]• Dott. Antonello Quadri - Oncologo [email protected]• Dott. Orazio Santonocito - Neurochirurgo

[email protected]• Dott.ssa Mara Seiti - Psicologa - Psicoterapeuta

[email protected]• Dott. Sergio Stabilini - Odontoiatra

[email protected]• Dott. Giovanni Taveggia - Medicina Fisica e

Riabilitazione [email protected]• Dott. Massimo Tura - Urologo

[email protected]• Dott. Paolo Valli - Fisioterapista

[email protected]

• Dott. Giorgio Locatelli - Presidente dell'Ordine dei Farmacisti di Bergamo• Dott. Ezio Caccianiga - Presidente dell'Ordine dei Medici Veterinari di Bergamo• Dott. Piero Attilio Bergamo - Oculista• Dott. Luigi Daleffe - Odontoiatra• Dott. Tiziano Gamba - Medico Chirurgo• Beatrice Mazzoleni - Presidente dell'Ordine

degli Infermieri di Bergamo (IPASVI)

I canali di distribuzione di Bergamo Salute• Abbonamento• Spedizione a diverse migliaia di realtà bergamasche, dove è possibile consultarla nelle sale d'attesa (medici e pediatri di base, ospedali e cliniche, studi medici e polispecialistici, odontoiatri, ortopedie e sanitarie, farmacie, ottici, centri di apparecchi acustici, centri estetici e benessere, palestre, parrucchieri etc.)• Distribuzione gratuita presso le strutture aderenti alla formula "Amici di Bergamo Salute". • In allegato a "Il Giorno" un sabato a bimestre.

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