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BATTUTE VARIE A CURA DI GIUSEPPE MEZZADRI VITA DEI BORGHI Cioldi Richén raccontava di quando Cioldi, facchino alla “Piccola”, andò a farsi visitare dal suo medico che era figlio di un suo collega. Dopo una visita scrupolosa, il medico sentenziò: «A m‘ dispiäz bombén, cära al me Cioldi, mo bizòggna ch’a t’ tóga al vén ». «Coza!?» Esclamò indignato Cioldi che non era preparato a ricevere una simile notizia. «E a to pädor veh, an gh’al tót miga al vén ch’al nin béva quator fiasch al di!?» - «Ma io sto visitando lei, cosa c’entra mio padre?», rispose seccato il medico. «Mo và a girär và, zmorgagnón!» detto questo Cioldi se ne andò. Gianni Racconta Giannini che, quando fu evacuato borgo delle Carra, Pisseri, lo storico fotografo, fece diverse fotografie durante i traslochi. In una foto molto bella si vedevano alcuni camion con i facchini che scaricavano le masserizie. C’era anche un camion attorno al quale, però, non si vedeva nessuno. «Cme mäi ’taca coll camion li a n’ gh’é nisón?» chiese qualcuno. «I sràn i mobil ‘d Carlén, a gh’ja sposta i pjóc’». Il Stmani dal Cmón Nel primo dopoguerra il Comune organizzava settimane di lavoro per aiutare i disoccupati. Erano le famose “Stmani dal Cmón”. Scalopén, era stato assunto e lavorava in Cittadella. Verso le dieci di mattina, a Scalopén, ormai in riserva, venne voglia di bere per cui sgattaiolò verso l’uscita per cercare un’osteria. Sul portone d’ingresso, però, si imbattè nel caporale che gli chiese: «Scalopén indo vät? An n’è miga mezdì ancòrra!» - «Andäva fóra a ciapär ’na bocäda d’aria» rispose Scalopén, che non aveva trovato di meglio. Budlo A Budlo il vino piaceva molto, specialmente perché difficilmente pagava lui. Dopo una visita medica, costernato, si recò dall’amico Stiliano per sfogarsi e per farlo partecipe della sua disgrazia. «Mo pénsa co’ m‘à ditt al dotór. An pos pu bévor! Dimmol ti Stiliano cme posja fär?» - «L’è semplicissim » rispose Stiliano «A n’è basta ch’a t’cominc‘ a tirär fóra la to pärta». Re Gisto Molte delle sortite di Re Gisto, il simpatico ladruncolo caro al poeta Zerbini, non avevano scopo di guadagno ma solamente di divertimento. Un giorno, entrò da un bottegaio assieme ad un amico col quale fingeva di altercare. Gisto disse al salumiere: «Ch’al me péza coll salam lì». Il salumiere obbedì: «Un chilo e dozént» - «Ch’al la taja par piazér» aggiunse Gisto. Il commerciante affettò il salame. «Ch’al la péza ancòrra» gli disse nuovamente Gisto. Pazientemente il salumiere ripesò il

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BATTUTE VARIE A CURA DI GIUSEPPE MEZZADRI

VITA DEI BORGHI

Cioldi

Richén raccontava di quando Cioldi, facchino alla “Piccola”, andò a farsi visitare dal

suo medico che era figlio di un suo collega. Dopo una visita scrupolosa, il medico

sentenziò: «A m‘ dispiäz bombén, cära al me Cioldi, mo bizòggna ch’a t’ tóga al vén

». «Coza!?» Esclamò indignato Cioldi che non era preparato a ricevere una simile

notizia. «E a to pädor veh, an gh’al tót miga al vén ch’al nin béva quator fiasch al

di!?» - «Ma io sto visitando lei, cosa c’entra mio padre?», rispose seccato il medico.

«Mo và a girär và, zmorgagnón!» detto questo Cioldi se ne andò.

Gianni

Racconta Giannini che, quando fu evacuato borgo delle Carra, Pisseri, lo storico

fotografo, fece diverse fotografie durante i traslochi. In una foto molto bella si

vedevano alcuni camion con i facchini che scaricavano le masserizie. C’era anche un

camion attorno al quale, però, non si vedeva nessuno. «Cme mäi ’taca coll camion li

a n’ gh’é nisón?» chiese qualcuno. «I sràn i mobil ‘d Carlén, a gh’ja sposta i pjóc’».

Il Stmani dal Cmón

Nel primo dopoguerra il Comune organizzava settimane di lavoro per aiutare i

disoccupati. Erano le famose “Stmani dal Cmón”. Scalopén, era stato assunto e

lavorava in Cittadella. Verso le dieci di mattina, a Scalopén, ormai in riserva, venne

voglia di bere per cui sgattaiolò verso l’uscita per cercare un’osteria. Sul portone

d’ingresso, però, si imbattè nel caporale che gli chiese: «Scalopén indo vät? An n’è

miga mezdì ancòrra!» - «Andäva fóra a ciapär ’na bocäda d’aria» rispose Scalopén,

che non aveva trovato di meglio.

Budlo

A Budlo il vino piaceva molto, specialmente perché difficilmente pagava lui. Dopo una

visita medica, costernato, si recò dall’amico Stiliano per sfogarsi e per farlo partecipe

della sua disgrazia. «Mo pénsa co’ m‘à ditt al dotór. An pos pu bévor! Dimmol ti

Stiliano cme posja fär?» - «L’è semplicissim » rispose Stiliano «A n’è basta ch’a

t’cominc‘ a tirär fóra la to pärta».

Re Gisto

Molte delle sortite di Re Gisto, il simpatico ladruncolo caro al poeta Zerbini, non

avevano scopo di guadagno ma solamente di divertimento. Un giorno, entrò da un

bottegaio assieme ad un amico col quale fingeva di altercare. Gisto disse al

salumiere: «Ch’al me péza coll salam lì». Il salumiere obbedì: «Un chilo e dozént» -

«Ch’al la taja par piazér» aggiunse Gisto. Il commerciante affettò il salame. «Ch’al la

péza ancòrra» gli disse nuovamente Gisto. Pazientemente il salumiere ripesò il

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salame: «Un chilo e dozent!» Gisto, rivolgendosi all’amico, disse: «A t’ l’äva ditt,

stupidd, che anca tajè l’éra sémpor al medézim péz!» Ed entrambi scapparono in gran

fretta.

Giné

Giné, amava giocare con le parole. A chi gli chiedeva, ad esempio, «Magnot di

fazólén? Rispondeva: «Mo gnan’ di Sandrón» – Oppure: «Fät ‘na scòvva? » - «No,

ja cómpor bélle fati». Entrato in un negozio di calzature, disse: «A vräva dil scärpi»

– «Nummor?» Domandò il negoziante» – «Do, vunna p’r ogni pe».

Mór e cägapoj

I ragazzi dei borghi le vitamine andavano a cercarle dov’erano. I frutteti di periferia

erano presi di mira ma, in mancanza di meglio, anche mór e cägapoj andavan bene.

Raccontava Dario: «Mi, al cägapoj, al ciam frut parchè par nojätor ragas l'éra un frut,

nin fävon 'na brancäda e la butevon in bocca. J éron brussch mo i s‘magnävon

vlontéra. A nojätor i s‘parävon bón. J ò volsù sintir miga tant témp fa, i fan schifo. I

mór sì ch‘j éron bón dabón. A rampäva su ‘na pianta, un bél chels a 'n broch e i mór i

gnävon zo ch’l‘ éra ‘na blèssa. 'Na volta, coj me sosi, són ste sinch ór ataca a 'na

pianta äd mór; quand èmma fnì la paräva zläda!»

Al pajón

In borgo dei Minnelli venne chiamato il medico per un bambino che non stava bene.

Questi, sollevato il lenzuolo, vide che era pieno macchioline dovute alle morsicature.

«Dotór coza gh’ordénnol?» Chiese ansiosa la madre. «Njént, bruzigh al pajón e l’é

bélle guarì!».

Le “feste”

Sotto le feste non era raro che qualcuno allevasse qualche capo in casa come aveva

fatto anche la signora Gina. La donna aveva appena fatto un po’ di tortelli e stava

riassettando, quando sentì che qualcuno stava salendo le scale. Rapidamente decise di

nascondere i tortelli nella camera, sotto il letto, per non invitare l’ospite, come

imponeva la tradizione popolare. Questi, non finiva più di chiacchierare. Si

avvicinava l’ora di pranzo e la padrona di casa era sulle spine. A metterla

maggiormente in difficoltà ci pensò l’innocenza di uno dei bambini che, gridò: «Ma,

véna a vèddor in-t-la cambra, gh’é l’oca ch’la magna tutt i tordlètt sott’al lét!».

Il cliente

Giorgio, storico barbiere di borgo Colonne, ad un cliente mai visto prima, chiese:

«Cme gh’ja taija i cavì?» – «In silénsi». Terminato il taglio, l’uomo chiese:

«co’gh’vén?». Giorgio si limitò ad indicargli il tariffario esposto. L’uomo si alzò,

controllò l’importo, pagò e se ne andò senza salutare e senza essere salutato.

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Le frutta “indietro”

Pattani era un ortolano ambulante il cui carretto stazionava spesso in via Bixio. Una

signora, che continuava a rovistare tra le mele, gli disse: «Pattani, queste mele sono

indietro» - «Sjora, ch’la tira avanti al carètt».

Bonierbi

«Pattani ha del prezzemolo?» Chiedeva un’altra. «No sjora» rispose l’ortolano alla

donna che intanto continuava ad esplorare. «Pattani, ma questo è prezzemolo!?» -

«No sjora, quelle sono bornierbe».

VARIE

L’aragosta

Un vetrinista della Salvarani aveva fatto tardi e si fermò al primo ristorante

incontrato. Mangiò aragosta ma, quando presentò il conto in azienda, il ragioniere si

arrabbiò: "Mi j ò sinquant’an’ e n'ò mäi magnè l'aragosta !" - "L’à fat mäl

ragionér, l’é bón’na bombén".

I “ferri”

Gigén era un tinteggiatore che amava arrotondare. Arrivarono in cantiere due

carabinieri mentre era sul ponteggio. Il capo cantiere gli urlò: "Gigén, vén zo, gh'é

du vestì cómpagn chi t’sércon". - "Tóghia su i fér ?" - "No, i fér i gh’ j àn lór!”

I separè

Era un barcaiolo ma talvolta aiutava la moglie nel classico negozio-bar di paese dove

c’era di tutto. Era solo in negozio, quando entrarono tre eleganti signore che chiesero:

«Scusi, c’è un separè?» Lui si voltò, esplorò gli scaffali, poi, ad alta voce, rivolto alla

moglie che era nel retro, domandò: «Cisa, a gh’èmmia ammò di separè? (ancora)»

La riga giälda

Quintavalla Paolo allenava i giovani della Rugby Parma, agli uomini della mischia

diceva: «Vuätor gh’i da ésor cme la riga giälda dal cesso ch’l’àn va mäj via!»

Nostalgia

Antonio Guerci, caro amico scomparso, ex console dei parmigiani a Milano, quando

era fuori casa aveva una segreteria che diceva: «Questo è il telefono di Antonio

Guerci, parmigiano esule a Milano, temporaneamente assente.»

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Eclisse Il mio amico Andrea, stava preparando l’attrezzatura per fotografare un’eclisse di sole. La madre lo osservò, guardò fuori della finestra, poi gli disse: «An gh’é dubbi ch’a véna l’eclisse, a gh’é un sól!»

GIASBO

Giasbo, è stato un bel personaggio della Parma di un tempo. Aveva battute ironiche

molto belle. Un giorno, nell’Oltretorrente, tre facchini che stavano scaricando un

camion di legna, gli chiesero: “Giasbo, vénot a däros ‘na man?” - “Si, si, adés a

vén; di via ‘l cärti intant!”

Era tempo di guerra e venne fermato, di sera tardi, da una pattuglia. “Ma lei lo sa cos’è

il coprifuoco?” – E lui: ”L’é la sènndra!”.

Era corista e il Maestro Gandolfi lo stava correggendo: “Giasbo, pu bas al re”. E poi,

spazientito: “J ò ditt pu bas al re!” E Giasbo, che non riusciva: “S’al vól un re bas,

ch’al vaga a Ròmma”.

Una sera d’estate, passeggiando con un amico, Giasbo, in piazzale Inzani, vide

Florio, detto “Garlatti” perché amava le biciclette, che dormiva su di una panchina.

Rivolgendosi all’amico disse: «Guärda cme l’é distrat Florio. Al dorma e al s’è

scordè avèrt il fnéstri».

A teatro Giasbo e Stopaj avevano ottenuto due biglietti per il Regio ma uno era di platea e l’altro per il loggione. Andarono entrambi in platea ma Stopaj era preoccupato: «Sa vén un controll, co faghia, mi ch’a gh’ò ’l biljètt dal logión?». – «Digh acsì ch’a t’si caschè zò’» suggerì Giasbo Giasbo amava le freddure. Un uomo, giunto trafelato alla fermata dell’autobus, gli chiede: «L’autobus, él partì?» – “No, l’é par tutti».

▪ La madre, che non voleva che Giasbo bevesse tanto, una sera gli aveva messo in tavola una bottiglia d’acqua. Lui si alzò, prese carta e penna, scrisse un biglietto e poi lo attaccò alla bottiglia. La madre andò a leggere. C’era scritto: «solo per uso esterno».

ALBERTO MONTACCHINI

Alberto, uno dei personaggi più simpatici e brillanti che la nostra città abbia avuto,

era andato a Fiuggi per curarsi. Acqua e solo acqua. Inviò una cartolina agli amici

firmandosi: “Idro Montacchini”.

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Era tempo di guerra e Alberto, che era uno specialista a tener su le compagnie, con

alcuni amici era stato invitato in campagna dove si fermò due giorni. C'era ogni ben

di Dio e Alberto commentò: «Ragas, sperèmma ch'a n’ scopja miga... la päza !»

BAGOLÓN

Tèllo

Provo simpatia per quei ”bagolón” che le balle le raccontano tanto grosse da non

pretendere di essere creduti. Li trovo divertenti. Un esempio era il ”Tèllo” del detto

”cala Tèllo e crèssa Cilién”. Cala Tèllo, non nel senso della statura ma nel senso di

spararle meno grosse. Raccontava con la massima serietà, ad esempio, di quando

sotto le armi era attendente di un colonnello e aveva il compito di accompagnare a

scuola la figlia di 13 anni che, un giorno, attirò l'attenzione di due depravati che le si

avvicinarono con brutte intenzioni. «Ò cavè un päl dal telefono e j’ò miss al

zvis’ciasädi!»

Angelo

suonava il violino e per un certo periodo fece parte dell’orchestra della Rai di Milano

che, un giorno, venne diretta da Toscanini. Il maestro salì sul podio e l’orchestra

attaccò. Non erano passati dieci minuti che la prova venne fermata da Toscanini che

disse: «Alt! Chi in meza a gh’é un pramzàn!» Fermò tutti gli strumenti meno i violini

e poi, dopo alcuni minuti, disse: «Lalù!» Indicando Angelo agli sbalorditi professori.

L‘Harem

Una tournée della sua orchestra portò Angelo in India. Suonarono per un maraja e la

sua corte. Egli eseguì un assolo di violino che entusiasmò talmente il monarca che gli

permise di fare il galletto nel suo harem. «Cme éla andäda?» gli chiesero i suoi amici.

«I m‘ scriv’n ancòrra ».

Renato

Un altro simpatico ”bagolón” che, negli anni ’70, ho conosciuto personalmente era

Renato. Ero con un gruppo di amici che lo invitarono a raccontarmi le sue avventure

in Africa. Non si fece pregare e io, che avevo con me il registratore, potei registrare la

”lezione” di cui riporto uno stralcio. La guerra lo aveva portato in Etiopia. La

”lezione africana“ cominciò così: «Al Nilo l’é grand cme la Pärma. Mi a l’ò pasè a

nód e m’è córs adrè trénta cocodrìll mo an gh’äva miga paura parchè al cocodrìll l’é

cme ‘n ringol e al gh’à paura dal cioch. Al Nilo al nasa dal lago Tana, ch’l’é lóngh di

chilometro e po’ l vén a cascär in Egitt. Al cocodrìll al fà ‘d j óv chi päron di mlón e

il sarpént pitón, al gh’j a và a bévor. Anca la jena la béva j óv». La lezione venne

interrotta da Carlón: «Renato, se tutt i bévon j óv alóra a nin nasa miga ‘d cocodrìll» -

«Ragas, siv co’ v’diggh? Andigh a vèddor vojätor cme i fan a nasor!» Renato è un

po’ offeso dall’incredulità dei suoi amici ma continua ugualmente: «’Na giornäda a

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séra a Addis Abeba, quand, in citè, a m’vèdd davanti du león sedù in-t-la sträda e mi,

va a tór ‘na rejj (rete) e cuchia tutt du. J éron mas‘c‘ e femmna….»

GARZONI

Emergenza

Un garzone, spingendo un carretto, stava rientrando nell’officina di fianco

all’Annunziata. Aveva un violento mal di pancia e, per dirla con il Galaverna, “al

sentiva col puntór ch’fa marciär j imperatór”. Da via Mazzini voleva imboccare di

corsa il ponte di Mezzo ma il vigile che era sulla rotonda, ignorando il suo problema,

lo fermò con un “alt” perentorio. Quando si voltò invitando ad affrettarsi, disse:

«Via, via» - « Si, adés» piagnucolò il ragazzo al quale la sosta era stata fatale.

La fnéstra

I garzoni, un tempo, erano meno smaliziati come ad esempio quello che entrò nella

bottega di Carra, falegname di serramenti dell’Oltretorrente, chiedendo: «Sjor Cara,

són gnu a tór ’na fnéstra» - «Averta o saräda?» gli domandò seriamente il falegname.

«Coll i m‘ l’àn miga ditt» rispose il ragazzo imbarazzato. Farò acsì: «A t’nin darò

vunna saräda se po l’àn va miga bén a t’la gnirè a cambiär».

STORIE DI PRETI

La gallina rubata

Un tale aveva rubato una gallina al prete. La moglie gli ingiunse: «Và dal prét e portla

indrè». Andò dal prete e gli disse: «Reverendo ò robè ‘na galén’na, són pentì e la

vriss där indrè al so padrón, la vólol lu?» - «No assolutamente». Il “penitente”

continuò: «Vede signor parroco, mi són in cla situasjón chi. A vriss där indrè la

galén’na mo al so padrón al ne la vól miga. Co faghja?» - «E magnla!»

Il prete di un paese di montagna, sceso in città e incontrati alcuni paesani, fece con

loro un giro in Ghiaia. Mentre passavano tra le bancarelle, un robusto ortolano,

fingendo di parlare ad un collega, disse ad alta voce: «Chi a s'vedda soltant che äd

j’äzon di prét». - Il prete gli chiese a bruciapelo: «Ch’al digga, él un prét lu?» - «Mi

no!» - «Alóra l’é ‘n äzon».

Don Martino

Don Martino, che in tempo di guerra aveva sfidato i tedeschi, non era certo in

soggezione di fronte ai lazzi contro i preti, un tempo non infrequenti. Ad un tale che

diceva: ”I prét ja masariss tutt”, rispose: ”Béla forsa, a masär i prét a s’fariss

prést, a gh’ n’é, al masim, vón par paéz. L’é a masär tutt i cojón ch’l’é dificcil. A

gh’ sarissov in trop”.

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Scaramanzia

Un giorno, a uno che al suo passaggio si toccava le parti basse, disse: “Ti potevi

toccare la testa ch’l’éra la medézma coza!”

•A un tale, che al suo passaggio faceva il verso della cornacchia: “Cra, cra”, disse: “I

cornación i stan sémpor avzén al caròggni”.

•A chi, al suo passaggio, diceva: “Tòcca fér” offriva il suo mazzo di chiavi.

Benedizioni pasquali – la gallina

Prete e campanaro si stavano trasferendo da una cascina all’altra per le benedizioni.

"Reverendo", disse eccitato il campanaro,"A gh’é ‘na galen’na da le, lóntana da

tutt il ca." Il prete guardò, diede anche un’occhiata in giro, poi rispose: "A t’gh’è

ragión, mèttla in-t-la sporta primma ch’a pasa un lädor."

Benedizioni pasquali – i salami

Prete e campanaro avevano girato tutto il giorno per le benedizioni ed erano stanchi.

Verso sera il campanaro disse: "Reverendo, parchè bendissol miga l’ultma ca da

stär chi, za tant il bendisjón i pason sètt mur". - "A t’si cojón veh, il bendisjón i

pason sètt mur, mo i salam no".

L’asino del prete

Un prete entrò in città con il suo biroccino e si fermò alla "porta". Uscirono due guardie

del dazio; mentre una ispezionava, l’altra, che stava a guardare, osservò: "Che bél

caval. L’é finna un p’chè ch’a gh’ l’abja un prét". - "A t’ gh’è ragión", rispose il

prete, che continuò: "A dir la vritè mi vräva tór un äzon mo an n’ò miga catè

parchè j éron bélle tutti in-t-il guärdji dal dasi".

Clergy man

•Mi raccontava un sacerdote che, quando smise la veste per il “clergyman”, una

signora, sua parrocchiana, gli disse: “Lei si è tolto la veste e va in giro senza, mi an

vén pu a confesärom da lu!”. - “Faccia come crede, signora, l’importante è che

non vada lei, in giro per strada senza la veste”.

Il bere

•Un prete di montagna amava anche giocare a carte e bere qualche bicchiere all’osteria.

Qualcuno si lamentò con il vescovo che, alla prima occasione, gli disse: “So che sei

bravo e ti vogliono bene. Ci sarebbe solo una cosetta. Mi hanno detto "quanto"

bevi". - "Mo in gh’àn miga ditt "quanto" a gh’ò sèjj!"

Il prete e il falegname

•Mi trovavo a Ugozzolo dal falegname Gino Carpi quando entrò nel suo cortile don

Enore Carattini, suo anziano amico. Mi venne l’idea di stuzzicare il falegname e gli

dissi: "Certo ch’a tribulla méno al prét". Il falegname abboccò subito e disse: "S’a

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tór’n a nasor a fagh al prét". - "E mi", rispose don Enore, "S’a tór’n a nasor a fagh

al maringón. Parchè al Sgnór, fintant ch’l’à fat al maringón la gh’é andäda bén,

mo cuand al s’é miss a fär al prét, i l’àn miss in cróza".

Il prete di un paese di montagna, sceso in città e incontrati alcuni paesani, fece

con loro un giro in Ghiaia. Mentre passavano tra le bancarelle, un robusto

ortolano, fingendo di parlare ad un collega, disse ad alta voce: «Chi a s’vedda

soltant che äd j’äzon di prét». – Il prete gli chiese a bruciapelo: «Ch’al digga, él

un prét lu?» – «Mi no!» – «Alóra l’é ‘n äzon».

MEDICA

La colazione

Al papà di un mio amico, di 95 anni, che aveva accusato qualche disturbo, il medico

voleva togliere il bicchiere di vino e il sigaro mattutini. L’anziano chiese: «Quant’ ani

gh’al dotór?» - “Quarantacinque, rispose il medico. «Ch’al pénsa äd scampär ätor

sinquant’an cme mi e po al me gnirà a dir cme j ò da fär la clasjón».

La visita e il marito

Una signora, che accusava vari disturbi, era stata dal medico. Un’amica le chiese: «Co

t’àl ditt al dotór?» - «Ch’a staga a ripoz. Riposo assoluto». - «E to marì co t’àl ditt?»

- «Ch’a cambia dotór»!

Spese mediche

La mamma di un mio amico mostrò gli esiti degli esami al proprio medico che la

rassicurò di non avere niente. Arrivata a casa, seccata, disse: «Pénsa j ò spéz séntmilla

franch e i m’àn catè njént!»

Pensione bassa

Una sera, appena entrato al bar, disse: "Elà, anca stasira ò snè con pan e lat." -

"Gh'ät la presjón älta?", gli chiesero. "No, gh'ò la pensjón basa."

Fibrillazione

Il medico stava spiegando a Gigi la sequenza del suo intervento per una fibrillazione

atriale. Spiegò che prima di tutto gli avrebbero dato l’anestesia, poi una scossa per

fermare il cuore e dopo un’altra scossa per farlo ripartire al ritmo giusto. “Dotór, e

se ‘l cór al ne ripartissa miga?”- “An te t’n’acorzarìss gnan’!”

Un tirabación

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Adalberto, al “Pronto soccorso”, spiegava ad una donna medico che la sua

fibrillazione era dovuta ad una corsa per prendere l’autobus. Il medico gli disse: “Me

mädra la me dzäva sémpor, a j autobus e a j òmmi, mäi corrorgh adrè. A nin

pasa sémp’r un ätor.

Futuro

Antonio, la sera prima dell’intervento per un by-pass era molto preoccupato. Quando

passò la visita, chiese al medico: “Dottore, dopo un intervento così, cosa vede lei

nel mio futuro?” - “Ch’a t’morirè anca ti cme fa tutt ch’ j ätor!”

VECCHIAIA

Aldo

Incontrando l’amico Aldo lo salutati con calore: "Cme vala, vecchio Aldo?" - "Véc’

miga tant". - "L'é un complimént". - "I complimént ja sarniss mi".

Si parlava di anziani che vogliono a tutti i costi fare i giovani e lui commentò: "Se vón

äd s’sant’an’ al diz ch’al se sénta cme vón äd vint, l’é bélle vóra ch’ al comincia

la cura".

La vecchiaia brutta

Ad un gruppo di giovani che si prendeva gioco, in modo pesante, di un anziano con

battute tipo. «L’é brutta la vciära an nonón!?” Egli disse loro: «A gh’ì proprja

ragión. la v’ciära l’é brutta bombén. A v’avgur ‘d rivärogh miga!”

Perdor di cólp

Mio cugino Giorgio, ormai su d’età, mi stava spiegando una cosa, non gli veniva una

parola e la moglie, prontamente, gliela suggerì. Successe ancora e dopo il terzo

“suggerimento”, si fermò e mi disse: «Vèddot Giuseppe, ormäi sèmma tant vec’ e

imbambì ch’a gh’ vól in du a fär un ragionamént». Poi aggiungeva: «Dvintär vec’ è

miga un bél lavór mo l’é l’unica manéra par scampär».

Ugo

Ugo ex calzolaio di 90 anni, ricoverato all’infermeria del Romanini, pensava di

essere in albergo. Ero con lui quando un infermiere, dopo cena, gli portò un bicchiere

di caffè. Ugo storse la bocca. Gli dissi: «Ugo costa l’é ‘na bón’na locanda. La gh’à

‘l difét chi dàn poch vén». E lui: «Al n’è miga un difét tant picén!»

•Nell’osteria di Gino Picelli, un muratore, volendo gigioneggiare, gli disse: «Gino

gh’ät miga i bicér col manogh?» - «Al manogh a gh’ l’à ‘l badil, a t’ l’é drovè tutt

al dì, n’ät miga ‘vu basta?»

Soncio

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«Io ho sposato la Chiesa», diceva a “Soncio” il fratello sacerdote. «E’ vero che tu hai

sposato la Chiesa», ribattè «Mo s’a t’ vè a ca tärdi la ne t’bräva miga!»

Qualche giorno fa, incontratolo al bar, gli dissi: «Soncio, gh’ò bizòggna äd parlärot».

E lui: «Tutti mi vogliono parlare e nisón ch’a m’ vója scoltär, e méno äd tutti me

mojéra ch’la pärla sémpor le».

Ottimismo

•Ci sono persone che sanno vedere il lato positivo in ogni circostanza. Un amico al

quale chiesi come andassero le cose con i suoi figli, mi rispose: «Bene. Dil volti i m’

spud’n ados, mo so ch’ j én san!»

Le pentole della nonna

Un bambino disse al papà: «Papà, facciamo una sorpresa alla nonna? Andiamo a

cena a casa sua?” - «Si, ma non di sorpresa parchè la nona la gh’à al cór grand mo

la dróva dil brónzi picén’ni bombén».

MATRIMONIO

Il papà di un giovane, di recente lasciato dalla moglie, così spiegava il naufragio di

quel matrimonio: «Mi a m’al sintiva che coll matrimmoni lì al duräva miga. Mi la

génta la giudicch anca da cme la magna. Ch’la ragasa lì la magnäva al yogurt!»

I nonni

Vedendo l’amico Fornili e la moglie che spingevano una carrozzina, ho chiesto loro:

«Co ciapiv a fär coll lavór lì?» - «Un grasja». - «Alóra a ciapì bélle pu che mi». - La

moglie, per non farmi sentire inferiore, aggiunse: «Però miga sémpor».

Consigli matrimoniali

Ho un cugino che non mi ha mai fatto mancare i suoi consigli di vita specialmente in

fatto di donne. "La mojéra tóla ch’la gh'abja di sold parchè za tant la gh’cmandarà

le, almeno ch’la gh'abja di sold! E tóla gionnva che vécia la la dventarà anca

trop". Concludeva con il più personale dei consigli: "La mojéra tóla miga tanta béla

se no la piäz anca a ch' j ätor. Però miga fär cme mi ch'a l'ò tota tanta brutta ch'la

ne m’piäz gnan’ a mi".

Il papà di un giovane, di recente lasciato dalla moglie, così spiegava il naufragio di

quel matrimonio: «Mi a m’al sintiva che coll matrimmoni lì al duräva miga. Mi

la génta la giudicch anca da cme la magna. Ch’la ragasa lì la magnäva al

yogurt!»

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COME RIDEVANO UNA VOLTA

La sposina

La condizione delle sposine era spesso oggetto di racconti di questo tipo. La mattina

dopo la prima notte di nozze una sposina scende in cucina per fare la colazione:

«Gh’é la polenta» dice il marito premurosamente. «A mi l’am piäz rostida!» accenna

lei timidamente. «Comincemia con il lifgnerij?(golosità)».- Interviene severamente la

“nonna”.

Barani

Barani viveva un po' di carità, un po' con qualche lavoretto e un po’con qualche

furtarello. Un giorno prese una delle camice del prete che erano appese ad asciugare,

se la infilò e se ne andò a spasso in paese. Incontrò il prete che gli chiese: «Ciao

Barani, cme vala?" - «L'é un po' granda mo la va ben listess!» - «Ti te gh'n'è sempor

vunna dill tovvi» - «E no. Costa l'é propria vunna dill sòvvi» ribattè Barani. Il gelato La moglie di un famiglio da spesa diceva ai suoi bambini: «Ragas, s’a sti bräv adman a v’ port dala séza a vèddor i sjori chi magnon al gelato». La spilla Maria, quando si chinava al pozzo, pudicamente aggiungeva ai bottoni della camicia, una spilla da balia. Nel cortile della fattoria sedeva sempre un vecchietto che, saputo che era rimasta incinta, le disse: «Maria, a t’ l’äv da ganciär pu in bas la spilla!»

L’uva scelta

Il vecchio Ferrari osservava il padrone che stava preparando la “quota” di uva che

spettava a lui come famiglio da spesa. Dalle casse destinate al famiglio toglieva i

grappoli più belli e li rimetteva nelle proprie. Il vecchio esclamò risentito: «Éla costa

la me uvva?» - «Si, parchè la vrävot sarnida?» - «No, a la vräva sarnida méno!»

•La moglie di un famiglio da spesa diceva ai suoi bambini: «Ragas, s’a sti bräv

adman a v’ port dala séza a vèddor i sjori chi magnon al gelato».

La suflén’na

Mi piace molto questa storiella. Non è molto buffa ma ha una sua morale che la rende

interessante. Un tale, mentre stava andando alla fiera in un paese vicino, incontrò un

conoscente: «Indò vät?» – «Vagh ala féra» – «A m’tót ‘na suflén’na?» – «Va bén»,

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rispose un po’ seccato. Ne incontrò un altro: «Indò vät?» – «Vagh ala féra» – «A

m’tót ‘na suflén’na?» – «Va bén». Incontrò anche un terzo: «Indò vät? – «Vagh ala

féra – «Chi gh’è i sold, a m’tót ‘na suflén’na?» – «Ti sì, ch’a t’ suflarè!»

Campanilismo

In un paese pedemontano era sindaco un abitante di un paese vicino con il quale

esisteva la classica rivalità. Tra i suoi amministratati c’era chi vociferava che il

sindaco, mentre stava aiutando il padre in cantina, avesse detto: «Papà, la tén’na l’é

pién’na, a gh’nin mèttia ammò?»

Le parmigiane 1

Un insegnante di latino al Romagnosi, per fare un esempio di battuta parmigiana,

raccontava quella che aveva udito da un vigile che, al passaggio di una donna

giovane, bella e formosa, esclamò: «Che prepoténsa ‘d cärna!»

Le parmigiane 2

Questa battuta me ne ricorda una di mio zio Enzo. Stavamo salendo le scale della

Ghiaja, quando, vedendo davanti a noi una ragazzona ben dotata, esclamò: «To là, e

po i dizon ch’a gh’é l’inquinamént!»

I treni di Ferragosto

Tanti anni fa avevo invitato questo zio a passare il ferragosto nel campeggio di

Chiavari dove ero con la mia famiglia. La tenda era vicina alla ferrovia ma noi, al

rumore del treno avevamo fatto l’abitudine mentre lui no. La notte del 15 passava un

treno lunghissimo, tatàn, tatàn, tatàn…Lo zio gli urlò: «Maledètt ti e t’à fat, mo con

girot d’intórna?!»

SCORSAMÄRA

Scorsamära è un parmigiano dalla battuta facile, un po’sbruffone, che

ama la compagnia, molto il vino e poco il lavoro.

Scorsamära era rientrato ubriaco. La moglie, disgustata, esclamò: «Sémp’r 'al solit!»

- «Parchè? Nin vrävot ‘n ätor?»

Gli avevano regalato (?) un gatto già frollato. Entrato in casa disse alla moglie: «A

t’ò portè un gat» - «A n’al vój miga, t’al sè chi sporcon!» - «Coste chi a n’ gh’é

dubbi ch’al sporca».

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Quando vuole è uno specialista nel “torlir”. Un giorno, volendo prendere in mezzo un

amico del bar, gli disse: «Sät chi t’me ricord? Cl’artista äd Modna…» - «Artista äd

Modna? Mo chi él?» Si chiedeva lusingato l’uomo. «Sandrón!».

Aveva accettato di fare un lavoretto di tinteggio nella casa nuova di un amico. Vi

andarono assieme ma siccome l’amico non aveva ancora le chiavi, il portiere, che non

lo conosceva, non li lasciò entrare. Scorsamära lo guardò in faccia e gli disse: «Lu ’l

n’é miga un portér! Lu l’é ’n tarsén!».

Qualcuno gli chiese: «Scorsamära, vät semp'r a pescär?» - «Si» - «E s'nin ciapa ?»

- «Poch. I paizàn j én gnù difidént. Tomachi, sigolli, gruggn…i sèmnon tutt ataca a

ca».

Un giorno Scorsamära lo stava aiutando a vendere un carretto di piselli, “reviot ’d

séconda, tri chilo sént franch”. Preparò tre chili di merce per un cliente e, per

curiosità, aprì una bacca. «A gh’era un bégh ch’al paräva un marinär in branda!».

Sottovoce, chiese istruzioni a Pattani: «Co’fèmmia? » - « Daghni un chilo ’d pù». E

le vendite proseguirono.

Scorsamära era entrato in bar con la faccia scura. «Co gh’ät Scorsamära sit

preocupè?» – «Si, gh’ò da pagär dil bolètti e ‘n so miga cme fär. – «Pénsa che

l’important l’è la salute – «Ricordot che quand vón al gh’à gnan un bòrr almeno tre

linei ‘d fréva al gh’ j à sémpor».

Parlando della sua infanzia diceva: «Mi da ragas, dal parsutt, j ò sémpor visst sól che

l’os. A s’éra cme i gat, che ‘l salam i n’al conosson miga e i pénson ch’al sia fat

soltant äd péla. Meno male che po è rivè ‘l “Musichiere».

Poi continua: «A ca mèjja il bistècchi i s’ magnävon sóltant che ...pociädi».

In un negozio, una signora, osservandolo gli disse: «La sua faccia non è nuova»... «La

gh’à ragión, siora. La gh’à pu äd ‘stant’an!»

Un amico gli chiede: “Scorsamära, a ti ch’ a t’ magn ‘d tutt e ch’a t’ piäz tutt,

gh’é almeno un piat ch’a ne t’ piäz miga? - “Si, al piat vód!

Per strada incontra un amico che conosce bene la sua passione per il vino, che gli

chiede: “Cme t’vala Scorsamära? – “Sperèmma bén, adman a vagh a fär j

analizi dal sangov”. – “Ah si? E indò vät? Al cantinón?”

In bar parlavano di automobili. Va pu bén la mèjja, la mèjja la magna poch, e via

discorrendo. Uno gli chiede: “Scorsamära, ti co’ fät con un littor? – “Un past…e

tanti volti gnan’ dal tutt!”

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Stava vivendo un momento no. Incontra un amico, che non vedeva da tempo, che gli

chiede: “Cme t’vala, co’ fät äd bél? – “A fagh al poeta”. – “Al poeta?” - E co’

fät?” - A fagh di vers.” – “Di vers? E che vers fät?” – “Di vers da gat!”

Sempre in quel periodo balordo si era messo a corteggiare una donna brutta ma con

un sacco di soldi. Lei, sorpresa; gli chiede: “Come posso piacerle io che non sono

bella” – “ Siorén’na, sarò ‘d cativ gusst mo le la m’ piäz”

Sul treno per La Spezia, stanco di stare in piedi, sposta una borsetta che teneva

impegnato un posto. Quando tornò, la proprietaria gli disse: "Scusi, perché ha

spostato la borsetta ?" - "Parchè m’ éra d’äviz ch'l'a fuss miga straca".

gli avevano regalato un salame “gentile”, bello e grosso. Per combinazione capita suo

fratello che, come lo vede, dice: “Eh che bél salam! Mi gh’ò ‘na cantén’na ch’la

pär fata aposta p’r i salam!” – “Ah si? Porta chi la cantén’na!”