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Manoscritto in fotocopia del Caporale di Fureria Giovan Battista Codazza, nato il 10 febbraio 1843 a Garlasco (PV), di professione bracciante agricolo.

15° Compagnia - 2° Squadra Libretto della lingeria data in bucato Libbro del Caporale Codazza Libbro delle Ricordanze dell’anno 1866 contro agli Austriaci per l’Indipendenza d’Italia.1

L’ultima guardia che feci alla città di Piacenza fu il giorno 4 […] Maggio 1866; il giorno 5 del sopradetto mese al dopo pranzo verso le ore 2 arrivò il 47° e il 48° Fanteria a rilevarci e partimmo noi pure alla volta di Cremona; siamo montati in vapore sino a Codogno grossa borgata; là smontammo e partimmo di bel nuovo per portarsi a Casal Pistorlengo e quindi poi a Pissighettone piccola fortezza e quindi poi verso le ore 1 di notte arrivammo circa un miglio prima di arrivare alla città di Cremona; un grosso quartiere chiamato Barraccone ossia Fabbricone; e quindi gli stanno 7 o 8 giorni o 10 però facendo sempre marce e manovre a più forza che potevamo fare per amore di assuefare il soldato alla vita cattiva che si doveva aspettarsi di fare al venire di pochi giorni, che così fu succeduto; dopo in seguito trasportammo in città, in un locale che poco tempo prima era un ritrovo di poveri vecchi uomini e donne i quali ricevevano più nessun soccorso dalle loro famiglie. Là stammo ancora per parecchi giorni sempre seguitando le grosse manovre e le passeggiate nel dintorno della Provincia di Cremona; un giorno fuori da una porta e un giorno dall’altra. Già poi nello stesso tempo che fummo in detta città, arrivò dal Ministero un Inno di Guerra per tutta l’armata. Questo inno era stampato in foglio come sarebbe una canzone e in quel mentre ancora che eravamo in piazza d’armi a manovrare accadde parecchi patriotti del 2° Reggimento di Linea il quale si trovava in marina […] di noi stessi che fra giorni si doveva avanzarsi appresso il nemico nostro; già io per fortuna ne ho potuto trovare solo uno; il quale era Camera il figlio del povero Francesco ortolano; e siccome era che ci trovavamo molto stanchi e poi fecero la tappa ossia l’alt un poco lontano dalla piazza d’armi e poi tanto loro come noi non si potevano allontanarsi dal nostro posto; dunque per fuori di uno sforzo noi abbiamo potuto rivederci: fra poche ore poi noi andammo in quartiere e loro dovettero partire di nuovo per la loro in corsa marcia. Già se si dovesse minutamente raccontare tutto il successo non abbasterebbe un mese sempre senza fermarsi di scrivere. Già la truppa che passò solamente da questa parte, e impossibile a dirsi il numero, in seguito finalmente dopo 45 giorni di fatica partimmo di nuovo dalla città di Cremona continuare ancora delle più peggiori tornando indietro un piccolo passo nel mentre che mi trovava in detta città ho trovato una Patriotta del Paese chiamata Scati quella di Luigi; e poi tutta la truppa che si trovammo sia in marcia come fermi eravamo considerati come in accantonamento. Finalmente alle 20 Giugno mattino alle ore 4 ¾ partimmo da detta città onde apprezzarsi (sic per appressarsi) alle frontiere del Nemico. Strada facendo prendemmo una bella bagnata la quale ci ha tenuti ben freschi tutto il giorno; non voglio dire che sia stato tanto male perché il tempo era già molto caldo, e la terra era asciutta. Dunque finalmente alle ore 3 ¾ o 4

1 La trascrizione è improntata a criteri conservativi: le particolarità ortografiche sono mantenute, ad eccezione di alcuni errori la cui correzione è comunque segnalata in nota.

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arrivammo a far tappa ad un Paese chiamato San Giovanni in Croce; dopo mi condussero in un poco per posto a casa dei particolari, come quando i Tedeschi dalle nostre parti: dopo un paio di ore abbiamo avuto il rancio, e quindi dopo la sortita per dar l’assaggio il vino di quel paese. Dopo al mattino del 22 ossia 21 a buon’ora partimmo di bel nuovo per andare a Viadana passando quindi da Solarolo e quindi andammo a mezzo giorno o 11 ore a Casal Maggiore e quindi facemmo il gran Alt e poi mangiammo il rancio.Verso poi alle 3 dopo mezzogiorno partimmo di nuovo per quindi alla sera si trovammo a Viadana cittadella anche discreta, vino buono, il giorno 22 partimmo di nuovo così per andare fuori dalla città sopradetta circa 4 o 5 miglia onde poi fermarsi in un grossissimo prato circa 300 ossia 3500 pertiche quindi là si fecero fermare; e quindi formammo le nostre tende, e poi fra ad un ora e ½ , poi battè subito l’asemblea in maniera che fra mezzo quarto d’ora abbiamo messo tutta la nostra casa in spalla e eravamo già tutti pronti per partire; quindi dopo mi fecero distendere tutta la Divisione di quattro Reggimenti senza i Bersaglieri e mi fecero fare un’ora e ½ d’istruzione di finta d’essere contro il nemico; quel fratempo che erano piantate le tende fu mancato a uno della 14° Compagnia 80 o che Franchi; questa era un provinciale. Questa grossa istruzione fu proprio nell’ora più calda; finalmente dopo a tante fatiche e sudore, tornammo alla sera alla città stanchi come bestie ammazzate dal lavoro. Il giorno 18 alle ore 2 partimmo di nuovo da Viadana per andare a Gazolo Codecasso passando il chiamato fiume Olio alla tappa stanchi e morti di sonno; alla proprio del nemico si trovammo: dunque alla mattina verso le ore 10 mi fecero ancora per ritornare indietro; e quindi essendo propriamente nell’ora del mezzogiorno gli uomini cascavano a terra come le mosche; alla sera arrivammo a Viadana; alla mattina del 20 a due ore o anche prima dovevamo partire per Bersello; il giorno appresso partimmo di nuovo per Boretto passando da Sesule, Gualtieri, e quindi a Guastalla; là fu la tappa; ritirarono le coperte da Cheppi.Dopo il giorno 23 appresso andammo verso Luzara, che era il giorno 24 alla sera dovemmo ritirarsi tutti in dietro passando di nuovo da Guastalla, e anche Gualtieri e quindi di nuovo a Boretto; questo era che avevamo dato una grossa scossa al Corpo d’Armata che si trovava sotto a Villafranca; poi dovettero per forza ritirarsi per assicurarsi indietro; strada facendo da Luzara a Boretto prendemmo uno di quelle acque che a bocca non si poteva dire; accompagnandomi sino al posto; per far più bene e che venisse meglio in favore appena arrivati al posto non abbiamo potuto levarsi niente da dosso abbiamo dovuto tenere tutti i panni come si trovavano adosso; e quindi caricammo le armi e poi mi fecero andare di nuovo d’avamposto pieni di freddo e sonno; non freddo per la stagione ma per l’umidità che avevamo.Avevamo poi allivellati i cannoni tutti alla riva del Po perché il nemico non si avanzasse alla mattina dopo che fu chiaro andammo a formare le tende in un campo presso alla riva del Po; il giorno appresso poi mi fecero cambiare accampamento; siamo andati accampati davanti al ponte del Po; là ci stammo cinque giorni; nel fratempo che là ci trovammo il giorno 28 abbiamo avuto la perdita di due soldati della mia compagnia; uno nominato Delucia di Monopoli e l’altro Novarese di Fontanello; questi sudetti sono annegati nel Po e sono stati ancora trovati tutti e due; il Delucia fu trovato il giorno 29 e l’altro Novarese alli 30; anno avuto ancora il loro cadavere seppellito a Boretto. Già io ho veduto il povero Novarese ma metteva compazione dopo che fu stato fuori dall’acqua.

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Il 1° Luglio siamo partiti dall’accampamento per tornare di nuovo a Guastalla; il giorno 2 partiti di nuovo per andare a Luzara; dopo il giorno appresso partimmo di nuovo […] d’avamposto sotto a Borgo Forte; alli 4 alla mattina venne l’ordine di ritirarsi indietro per accamparsi di fuori di Luzzara; il 5 giorno tremendo partendo di bel nuovo dall’accampamento per andare alla Battaglia di Borgo Forte; noi nell’andare abbiamo sempre tenuto la riva del Po; finalmente gli altri Battaglioni erano già sotto il fuoco e noi andavamo allora di rinforzo; nel mentre che andavamo la si fermammo per un’ora appresso ad una cascina; ed andavamo a prendere dell’acqua da bere gli cercavamo l’acqua e loro davano del vino; ma vino che voleva per forza saltar fuori della fessure della borraccia; basta fra poco partivamo ed andavamo a Tabellano; là che fummo stati riposavamo circa di un’ora; e già i feriti seguitavano a passare. Il cannone andava forte; fra poco venne l’ordine di partire; il mio Battaglione immediatamente. Dunque i zaini gli abbiamo lasciati a Tabellano in una corte; restò una Compagnia a guardargli; dunque andavamo là; il fuoco andava ancora a gran forza; e noi così di sotto di sotto ci siamo portati sotto l’argine del Po e le bombole passavano di sopra; finalmente a poco per volta cessarono; insomma tra il sole essendo proprio nel mezzogiorno e essendogli propriamente dirimpetto, in quel mentre eravamo là sotto l’argine, andarono in 3 o 4 a prendere un cebbro di vino ed abbiamo empito tutti la nostra boraccia; insomma in quel momento si desiderava più un poco d’acqua che vino, del troppo calore che c’era. Dopo poi cessato il fuoco vi erano poi quei poveri cadaveri che mettevano compassione a vedergli. Gli prendevamo e poi gli mettevamo all’ombra, e poi gli seppellivamo. O la memoria di una prova; un confidente era nella stalla del particolare che faceva pulizzia al suo cavallo e quello del suo padrone, ma questa cassina era proprio davanti al Forte; gli spiccano i Tedeschi una bombola sicchè passò il muro, andò a gittar la colonna per terra in 40 pezzi e poi andò a rovinare il povero artigliere e gli ruppe le gambe al cavallo. In un’altra cassina restò morto anche un bel paio di buoi che al minimo avranno avuto il valore di 70 Marenghi senza scrupolo; uno metraglia un pezzo per uno che gli toccò dovettero arrestare caduti per terra dove si son trovati. La cassina poi tutta piena di busi grossi come una porta. Dopo andavamo a prendere tutta la munizione che restò indietro e poi ritornammo al cominciar di sopra, detta Battaglia fu cominciata alla mattina alle 3 ½ e finirono all’una e mezzo dopo mezzo giorno. Alla sera poi tornavamo ancora a Tabellano e quindi siamo ritornati ancora a Luzzara a riposare un poco; qui si fermammo un giorno; il giorno 3 partimmo di nuovo per andare d’avamposto sotto il Borgo Forte; e dopo 24 ore ritornammo d’avamposto e siamo andati a Zuzzara (?) qui avemmo due giorni di riposo; il giorno 12 di mattina partirono 100 uomini per andare a lavorare per fare delle trincere per piazzare i cannoni coperti, perché il giorno 5 eravamo tutti scoperti e veduti dal nemico; 7 o 8 giorni son stato impiegato coi carrettieri […] a fargli la distribuzione del fieno, biada ecc… il giorno14 corrente Luglio poi mi trovava d’avamposto con 29 uomini all’una dopo mezzogiorno veniva avanzando una pattuglia del nemico nel cordone degli avamposti; ed io essendo avvisato dalla sentinella che avanzavano allora distendendo gli uomini che avevo per serrargli in mezzo e sorprendergli e serrargli in mezzo diversi colpi; e loro ritiratisi subito verso il posto ossia verso la sua fortezza; il 15, 16, 17 furono assediati dall’artiglieria; il giorno 17 stesso cominciarono il fuoco senza nessuna resistenza; tornando indietro un passo il 14 ossia il giorno 14 eravamo là ancora di avamposto e le bombole passavano sopra la testa di fianco alle orecchie e tutte le maniere. Un giorno nel mentre stavano le cose così senza pensare, il nemico dal forte vede alzarsi qualche poco di polvere e loro senz’altro gli spiccano un colpo o due

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di mitraglia, che gli è andato proprio poco a mandarmi il cervello per l’aria; alla sera poi venendo il 37° Reggimento a rilevarmi d’avamposto e mentre che andavo a rilevare le mie sentinelle gli spiccano due colpi che […] fortuna che non sono scoppiate, se no saressimi stati offesi o morti sicuramente. Torniamo ancora al giorno del principiar del fuoco; il forte Rochetto e Bonadicando seguitarono il fuoco; dal detto giorno sino al 18 dopo mezzo giorno; il nemico cessò il fuoco; quasi mezza giornata prima non potevano più reggere i nostri colpi Italiani. Nel mentre che si seguitava il fuoco e in questo mentre gli austriaci trasportavano una nave nel Po carica di Ufficiali, con molta munizione, un bravo artigliere gli mira bene questa nave e poi gli spicca un colpo di mitraglia, non lo potè colpire; il secondo gli mira bene, sicchè gli fa fondare la nave immediatamente; già gli Ufficiali quelli che avranno potuto a salvarsi e che non sono restati feriti bene sono giu ma la nave fu proprio disfatta; il Generale per fortuna dell’artigliere lo vide il suo bel successo, e il suo bel operare, gli regalò subito 300 franchi, e la medaglia del valor militare di 100 franchi. In seguito poi i nostri alla mattina del 18 a buonissima ora verso le 3 ¼ gli scoprono con un colpo una delle loro polveriere; sicchè divette andar per aria tutto quel forte; questa fortezza era formata in 4 forti in quadrato; dunque il rumore di questa scossa fu sentita e arrivò alla distanza del forte circa 4 miglia e più; io essendo di guardia all’ospedale dove conducevano i feriti , mi fece tremar la terra sotto i piedi e tutto il paese di Suzzara vennero fuori dalle loro stanze per vedere cosa ci fosse stato; chi era nel letto sbalzarono a terra, i muri ed i vetri ballavano fortemente ma vedere quei poveri ragazzo quando gli scaricavano dai carri mettevano compassione; chi si trovava senza braccio, chi senza gambe, chi senza spalle, e senza quasi stomaco e schiena; chi aveva tutte le ossa rotte; insomma era una compassione; chi moriva anche sui carri trasportandoli e chi appena erano nell’ospedale; in quel mentre il mio Tenente Colonnello – questo Tenente Colonnello si chiamava Bruno […] - si trovava lui medesimo nell’ospedale essendo stato ferito da un soldato mentre era in sentinella, nei posti avanzati. La sentinella gli diede Alt chi va là tre volte, e lui non gli a (sic per ha) risposto essendo di notte; gli spiccò il colpo e lo ferì in un ginocchio; da una parte di dentro in mezzo alla coscia appena a basso della borella; in seguito stando all’ospedale gli diede fuori un’altra malattia finchè a dovuto lasciargli la sua pelle: torniamo ancora avanti il discorso vecchio; dunque il giorno 18 stesso fummo avvisati dagli abitanti di Borgoforte che gli austriaci si erano già ritirati verso alla sua grossa fortezza di Mantova già era sino dallo scoprir della polveriera che loro avevano cessato il fuoco; allora noi sentendo così entrammo gloriosi e trionfanti a vedere nel posto acquistato per vedere cosa avevano fatto le nostre artiglierie; già tornando indietro un passo quando eravamo d’avamposto era sempre da Sailetto e Tabellano e Suzzara e davanti propriamente al forte e di fianco ecco finalmente dopo preso come vi o detto, siamo andati dentro nelle sue abitate terre che poche ore prima era così guardati bene e governati, passando da Montegiana questo paese era quasi sotto il forte. Già la roba che si è trovato dentro al forte di tutte le qualità non si può immaginare; tanto era il numero del tabacco, vino e tante altre cose trovando ancora anche dei cadaveri dentro al forte sotterrato con fuori un braccio; finalmente alla sera dell’istesso giorno 19 arrivò un ordine espresso di patire subito alla sera; vendendo di nuovo a Suzzara, e quindi poi a Luzzara, fummo di passaggio, e poi a Guastalla facemmo tappa; partimmo alla mattina del 20 da Guastalla per andare a Regio; passando ancora Gualtieri, Santa Vittoria, e quindi a Reggio; a detta città facemmo tappa per due giorni. Alli 22 partimmo da detta città per imbarcarsi per ferovia, e quindi passando da Robiera, da Modena, da

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Castelfranco, da Bologna, San Pietro in Casale, Pogio Renatico; e quindi a Ferrara; là fummo accampati 8 giorni; nel mentre che mi trovava in detta città per fortuna trovai tanti del Paese; e siamo stati in allegria assieme; qui in questi giorni si trovava anche il nostro Re Vittorio Emanuele II. Alli 30 e 31 siamo partiti da Ferrara per la volta di Ponte Lagoscuro; e quindi a Santa Maria Madalena, e quindi a Pulisella; la facemmo tappa; il giorno appresso partiti per Rovigo , e quindi facemmo tappa a Standella. Il giorno appresso passando da Bovara , da Salesina, da Sant’Elena, e quindi tappa a Este; il giorno appresso dopo un piccolo soggiorno partimmo passando Lozzo, Vo, Lovertino, Betone, e quidi tappa a Ponte Barbarano; il giorno precedente partimmo da detto posto onde passando da Munciano, da Castagnino, da Ponanto, Castozo, Longora, Debba, Santa Croce, e quindi a Vicenza; là stammo 7 o 8 giorni; e passavano altri che Roviste ed essendo così si poteva dire sotto il fuoco minuti per minuti; già la bella faccia e le cerimonie che abbiamo avuto da quei borghesi non si può dire a bocca; passando gettavano mazzi di fiori rose ecc… gridando ad alta voce Evviva gli Italiani. Partiti poi da detta città alli 10 passando Soviro (?), San Daniele, e quindi a Montecchio Maggiore, là facemmo tappa; dopo partiti dal detto posto per andare l’11 a Montebello strada facendo, e anche alla sera prima di partire venne un mezzo diluvio di acqua evento che mi strappò quasi tutto l’accampamento; per viaggio poi alla mattina mi voleva ancora soffocarmi di acqua e vento. Giunti a Montebello, andammo fuori circa due miglia dal Paese in avamposto; ci fummo stati 3 giorni là accampati; e poi arrivò un contrordine il giorno 13 di levare la truppa dalla campagna onde metterla in accantonamento; andavamo a Mont’orso; ci stammo circa due o tre giorni e poi partimmo di nuovo per Montebello; il 15 in seguito accantonato a casa dei proprietari del Paese. Là al detto Paese abbiamo saputo la notizia e fu morto uno che era nel mio Reggimento che prima della campagna è passato Tenente Colonnello restò ferito a Villafranca, e morì alla nuova città di Verona; chiamavasi Signor Cavalliere Maggiore Trombone. Essendo a quel paese andavamo ancora di avamposto per la sicurezza del nemico; mi toccò per turno 3 volte; infine tre Battaglioni sono stati distaccati 8 giorni per ciascuno alla Favorita; il 12 settembre siamo partiti da Montebello per quindi andare a far tappa a Lonigo; già la gente di quella corte e poigli abitanti del paese gli rincresceva a vedermi partire. Partiti poi da Lonigo passando il giorno prima mi era dimenticato Tarosso, alla favorita; da Lonigo dunque passando Guarniolo, da Mele Crosana, Cologna e quindi Montegnana facemmo tappa; quindi ci stammo 4 o 5 giorni dopo siamo partiti passando da Saletto e Ospitaletto e quindi tappa a Este; il giorno appresso invece tornammo a fare la stessa strada; dopo il 19 alla sera venne un ordine all’improviso che si doveva partire di nuovo; bisogna avere la Santa pazienza era un’ora che eravamo coricati, e partire pieni di sonno con una grossissima e forte pioggia che mi accompagnò tutta la strada; la tappa è stata di 27 o 30 miglia si fermammo due volte; io sono restato a vedere quel giorno la truppa a resistere nel mentre che nell’andare abbiamo impiegato solo 3 ore resterà per molto tempo una mia ricordanza; basta quel ritorno abbiamo fatto la stessa strada e passando nella stessa città e paesi; le tappe che sono state cambiate a Montegnano e Rovigo; e anche la strada nel ritorno è stato cambiato da Montebello a Este, alli 22 o 23 settembre partimmo di nuovo da Ferrara dopo due giorni di riposo, per quindi poi montare in vapore sino a Bologna , passando ancora tutte le stazioni medesime come nell’andare; quindi a Bologna ci fermammo un’ora dentro ai vagoni del Vapore; e poi seguitando il nostro viaggio sino a Pisa passando però tante altre città quindi a Pisa smontammo dal Vapore alle 8 ½ dalla mattina alle 7 ½ sempre in

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corsa tutta la giornata; che chi sa quante miglia che abbiamo fatto; trovando per istrada 47 gallerie ma delle magnifiche di tutte le sorte corte e lunghe. Se ne trovava di quelle che passando sotto si soffocava nel vagone tra il fumo tra che non si poteva aver respiro per motivo che d’aria ce ne poco; oltre di quello bisognava lasciare chiuso le finestrine per motivo del fumo cattivo che veniva tutto dentro perché non poteva aver respiro da altra parte; già a vederle sono relità propriamente; quando che eravamo sotto somigliava l’oscurità del limbo dei Santi Padri che prima erano morti: restava proprio un minimo nemmeno respiro di chiaro; si veniva tutti sudati e soffocati ; la strada ferrata poi marciava sempre alla riva di un fiume chiamato […] Pistoja siamo smontati da quel convoglio siamo montati in un altro; la cittadina di Pracchia era bellina vista per vapore in riposo di minuti 15.Pargliamo un poco di Pisa si trova un bel Duomo dentro si trova la Lampada antica di Gallileo Gellilei di bronzo; fuori c’è una gran Torre di 8 gradini di colonne; e poi oltre a quella e pendente che guardargli somiglia che cadde momento per momento. Insomma era una città che a me mi piaceva assai di stare in guarnigione; dunque finalmente viene ordine di partire per Livorno, a riunirsi con Reggimento per quindi imbarcarsi per la volta di Messina; al 4 di novembre alle ore 7 ¼ partimmo da detta città, e poi montati in vapore; quindi per strada trovai un gran bosco di piante di snevra; quindi arrivati in città, e poi prima di arrivare dentro mi […] tutti che il fumo di quella casa che bruciavano faceva tenere il respiro. Quindi arrivati al Bastimento da guerra fregata grossa chiamata Città di Napoli è grossissima. Partimmo da Livorno alle 9 ½ marciammo tutto il giorno e tutta la notte; tutto il giorno appresso come pure la notte; questa fu poi molto cattiva proprio in alto mare; il tempo minacciava acqua, vento, e anche qualche poco di tempesta; i marinai già non ridevano nemmeno loro essendo là anche al cielo scoperto; basta finalmente questa fu passata il giorno appresso verso alli 9 ¼ arrivammo al porto di Messina; e quindi sbarcammo per poi andare ai destinati quartieri; il detto Seminario San Filippo e Noviziato; occupando poi anche San Francesco d’Assisi. Dunque mi ero dimenticato San Girolamo. Il giorno 8 o 9 di novembre accade come sempre stato il solito, due omicidi; uno era un borghese; e uno era un soldato di marrina; il giorno 26 poi di dicembre giorno di S. Stefano trovandosi due soldati del mio Reggimento che uno andava accompagnare l’altro in quartiere, gli assaltano in 7 o 8 persone a guisa di assassini lo uccisero; non nel colpo, ma tra poco […] a terra morto.

Seguito alle ricordanze già qui in questo presente libbro.Alla fine se si volesse raccontare minutamente le cose che succedono giornalmente sarebbe troppo lungo. Il giorno 28 febbraio sono partito alla nuova compagnia che si trovava distaccata a Milazzo; passando per Spada Fuora e quindi poi a Milazzo prendendo una bella bagnata. In seguito noi eravamo alloggiati nella Fortezza situata nella cima di un vivo scoglio alla riva del mare. Il giorno 17 di notte non si può sapere l’ora precisa che fu; alla mattina solo del 18 marzo 67 vanno per visitare i carcerati, e vedono una stanza vuota affatto; i custodi vedendo tale succcesso restarono mortificati, e pieni d’ogni pensiero, pensando chi sa come è andata questa cosa; corrono subito a darne parte ai Capi Custodi e alla guardia; la guardia allora tutta sotto le armi e correndo per al didietro per vedere se si potessero delle volte scoprire qualcheduno. Il numero di questi furono 13; uno si è consegnato ai Carabinieri della stazione di Barcellona; e diede parte ai Carabinieri il numero dei fuggiti; insomma alle ore 11 ½ o 12 questo che si era consegnato; a

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quell’ora si trovava già reso: dunque l’ora precisa non si può sapere della fuga; questi erano individui già puniti di nuovo in una stanza sola perché non si portavano bene fra gli altri; o che facevano degli schersi ai Guardiani oppur far lite fra di loro stessi; ritorniamo un passo indietro; alla mattina dopo accorti fecero un colpo di Comune per dare avviso a tutta la Guardia del Castello affinchè si mettono sotto le armi; dopo fra poco vennero tutta l’Ufficialità della Piazza Militare; il Maggiore ecc… e poi tutti i nostri del Reggimento il Direttori delle carceri; aiutanti del Genio ecc… Io o dovuto andare all’Ufficio del Telegrafo, e quindi far telegrafare per Palermo, e Messina; 48 parole costarono 5 franchi e 40 centesimi.

[Segue elenco delle parole d’ordine]

Alla sera delli 2 aprile 1867 mi trovava di picchetto al Teatro della Città di Milazzo; era l’opera chiamata del prode di Marinajo; è stata anche discretta Opera; c’era poi in ultimo un buffone stanziato in detta, il quale parlava a suo dialetto, si faceva prendere la pancia in mano dal ridere. In seguito poi c’era delle bellissime ragazze che travagliavano; sia poi quelle Contezze ed altre Signore, le quali si trovavano al divertimento.

Seguito del ricordo dei suddetti patriotti: 67° Reggimento il nominato Torlasco; 60° Reggimento Antelli allo Stato Maggiore, detto Cristinino; 35° Reggimento 4° Compagnia Gariboldi, Tabelu; 35° idem 8° Compagnia Allievi, Canale; 11° Reggimento Conti, Mosca, Bergonsi, Bertani; 53° Reggimento 2° Compagnia Mascherpa; 69° idem suo cugino; 31° Battaglione Bersaglieri 1° Compagnia Caporale Camera […]; 33° Battaglione Bersaglieri 3° Compagnia Bassi, Pelizza; 33° Battaglione Bersaglieri 4° Compagnia Caporale Allievi, suo fratello Canale; 40° Battaglione Bersaglieri 4° Compagnia Gariboldi, fratello Tabelu; 6° Reggimento Artiglieri Clerici Zocco, Franchini Moro, Rossi Boscà; 7° Artiglieria 8° Batteria Saltarelli, Madonino; 7° Artiglieria Gandolfi , Bolibè; 9° Artiglieria Baselli, del prò.

Due parole in latino che trovi scritte in un palazzo bellissimo di un conte Inglese; e sono: Beatus ille qui procum (sic) negotiis. Il fagotto della casa, che portò il partiotta Felice Gualla, lo ricevuto alli 24 marzo 67 alla città di Milazzo. Alli 25 marzo scrissi a casa da Milazzo. Il giorno 14 marzo corre la Festa del nostro Re Vittorio Emanuele II. Per grazia di Dio e per volontà della Nazione Re d’Italia.

O una ricordanza del ricordo della Sicilia; già le piante il mese di Gennaio le piante di persici, le fave poi nel Febbraio fiorivano anche loro; nel mentre che le nostre nemmeno erano seminate; il lino poi lo stesso; i limoni e le arance, ossia i portogalli, seguitano sempre a fiorire e maturare. Le olive poi fioriscono fortemente e le frasche non secano mai da un anno all’altro; e le piante di questo genere sono più spesse che le nostre piante di gelso ossia morone; ricordo di un individuo che era nel 7° Artiglieria 13° Compagnia assieme al patriotta Gandolfi, e questo è il nominato Cagnazzi. Un altro poi Caporale Bersagliere del 23° Battaglione chiamato Scaffidi Gaetano 1° Compagnia. Ricordo dei patriotti che trovai nel corso della campagna. Nel mentre che mi trovava a Cremona accapitò per marcia tutti i sottoscritti pattriotti: cioè Camera alli 1° Compagnia, Soragna

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alla 4°, Gazzaniga alla 7° Compagnia, Boscaglia alla 10°, Capella, Luca, Bellardi alla 12° (Franchini alla 13°, Collarino alla 13°). Invece Collarino alla 13° e Franchini alla 14°.

Il giorno 19 nel mentre mi trovava di guardia alla Polveriera verso la mezzanotte del 18 si levò un vento tanto caldo che veniva quei colpi di sciasmo in faccia, che somigliava a colpi di fiamme di fuoco; durò quasi tutto il 19, giorno di San Giuseppe. Alla sera poi andando a spasso vidi che i confratelli di tutte le chiese di Milazzo sortivano a far processione; e a vedere la vestimenta era cosa quasi da ridere veramente; di donne non ce n’erano; c’era uomini, ragazzi e giovini; erano vestiti con una vera simile sottana bianca da donna; e poi una pellegrina o rossa, o verde, o celeste, o colore di Caffi; e poi in testa avevano una capuzza che si metteva ad uso pianetta da prete, di tela bianca, ma tutta serrata comparivano con la testa acuta come il Cappello, o come si chiama, quella che tengono i vescovi in testa; con due buchi solo appresso agli occhi che quasi non vedevano nemmeno; la mira della bocca era chiusa; in poche parole somigliavano maschere; avevano poi davanti tre coi bastoni con sopra un piccolo Crocifisso. Uno poi che portava la croce, e uno il stendardo con sopra S. Giuseppe e la Madonna, ce n’erano poi di quelli i quali avevano la figura del Santo e la popolazione passando gridava evviva S. Giuseppe evviva; e gli gettarono addosso grampate di lupini e ciceri; noi gli diciamo sisi: e anche bichieri di vino; tornando un passo indietro non mi ricordo il giorno fecero una vigliacheria come si direbbe nei nostri paesi se facessero quei bruti gesti; era giorno dell’Immacolata come fecero la festa loro; fecero la processione portando la statua tutta d’argento, tutto il popolo gridava, e piangeva evviva la nostra Immacolata alzando dei fazoletti, e tanti schersi mal fatti, e gridi disonesti, trovava i Militari per la strada che passava la processione; e quei infami senza creanza gli prendevano i cheppi dalla testa; e poi che lo lasciavano andare a terra, o che lo davano in mano; ma quelli che trovavano i sperti, si prendevano qualche pugno, o qualche calcio nel didietro. Vi dico che dalla quantità ve ne sono degli educati, ma la più parte sono tutti vigliacchi.

[Un piccolo ricordo sui Conti di Massa][Ricordi delle Guardie dell’anno 1867]

10° Reggimento Fanteria.

Rapporto straordinario della Guardia delle Carceri S. Antonio.Io sottoscritto crede bene di darne avviso a questo Comando Militare. Essendo questa notte succeduto un incendio verso alle ore 3 ½ ed esendomi stato avvisato dalla sentinella con un all’armi; la quale si trovava collocata alla porta d’entrata narrandomi che quest’incendio si trovava vicino a dette carceri; nel medesimo tempo feci passare la Guardia in rango, e poi o pensato bene di mandare 5 uomini con un Caporale al posto dell’incendio; e questo succeduto a casa del Fantasio Carlo n. 98 Via S. Filippo. Dunque adesso mi trovo disposto di darne avviso a questo Regio Comando; e di pregare la Signoria Vostra Illustrissima a volere il provvedimento di questi soldati, e il Caporale i quali non posso sapere quando potranno ritornare al suo destinato posto.A Messina li 24 febbraio 1867,il Capoposto Caporale Codazza.

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Alli 16 aprile tornai dal distaccamento per quindi ritornare di nuovo alla città di Messina; il viaggio fu anche discreto; strada facendo trovai che rancavano già il lino bello che somigliava il 29 giugno giorno di S. Pietro giorno prescritto dell’usanza che arrancano sempre tutti gli anni il sudetto; il frumento era già ben spigato; l’uva era già esposta bene fuori un palmo dal suo garsolino; e quasi in stato di fiorire; il resto poi è sempre tutto l’anno verdeggiante e fiorito; la sudetta marcia era nei giorni della settimana santa ed era anche la mia di servizio; il Santo giorno di Pasqua era il giorno della Vergine della Bozzola; ero di gurardia, alla sera poi smontai e andai a far una mezza bionda o cioca. Nell’Arsanale della Cittadella di Messina come pure attorno alla sudetta si contengono più di 1000 e 150 pezzi di cannoni, da tutte le qualità. Resta per memoria mia in questo libbro scritto che alla fine di aprile c’era i gelsi maturi, ossia moroni come noi li chiamiamo; la melliga buona da incalzare. Le ciriege e poi è già da molto tempo che vi sono maturi. Cosa di verdura poi si dice niente; come le fave, i piselli detti arbioni, i pomi di terra; questi erano già al principio di marzo; alla metà di maggio il frumento si taglia; i fichi già maturano. Alli 7 maggio 67 fui vacinato di bel nuovo. Alla metà del detto maggio vidi la meliga sporgere fuori la sua compara. Alli 12 giugno cambiammo quartiere dal Noviziato andammo in cittadella, in quel frattempo mi passarono poi il caffè tutti i giorni, il vino 3 giorni alla settimana.Alli 15 giugno il nostro patriotta Cavagliere Ingignere Signor Cappa Flammini mi scrisse una lettera in Messina stessa e me la mandò per posta, e quindi col suo indirizzo che mi aveva dato lo andai a trovare al suo alloggio. Il quale mi fece tanti complimenti, ancor bene che non fosse da par suo. Alla fine di maggio i fichi erano già maturi. Il giorno 15 stesso sono partito alle ore 5 ¼ per quindi andare in distaccamento con 5 uomini della mia compagnia quindi stammo 5 giorni; poi il giorno 20 del detto partimmo per il ritornare al quartiere. Questo era un forte chiamato Gonzaga. Alli 18 giugno sentii a gridare la Cicala di Messina la prima volta del 67; il giorno 20 giorno del Corpus Domini del 67 nel mentre che mi trovava al forte distaccato feci una mezza barachetta così venendomi in mente quella bella fonzione che si faceva e che si fa ancora il giorno d’oggi. Per combinazione il giorno 29 giugno alla sera andai nella stanza del mio furiere per portare delle carte a rapporto mattinale e serale ecc. quindi per combinazione vidi come un mazzo di carte con sopra i bolli come le lettere per quindi essere curioso, le guardo pel principio vidi subito la stampa della Provincia, quindi il stampato di Garlasco, quindi vedo il certificato con la firma del Signor Sindaco Cappa Signor Gaetano, e poi era diretto al Signor Colonnello del mio Reggimento per quindi diretto per le mie affari d’interesse; vidi poi in seguito il bollo del Paese e la data e quello di Mortara era delli 23 giugno. Il bollo di Messina era quello delli 26; io resto a trovarsi così presto; arrivo alle 9 di sera. Queste carte sono andate al Colonnello; ed egli gli fece avere al Furiere della mia Compagnia; io però quella sera non feci nemmeno mostra di vederli. Alli 30 giugno ero di guardia al Comando Militare, e trovai il Sergente del Reggimento del Gazzaniga Siro Sotto Tenente nostro cugino e padrone di Giuseppe. E dimandai conto di lui; e mi disse che l’ha conosciuto; e mi diedi tanti contrasegni. Il giorno 2 luglio vidi una lite velenosa tra donne e donne ma strepitosa da vero; e 4 minuti prima sucesse tra uomini. Ricordanza alli 16 del mese del Signore il detto Luglio alla sera verso le ore 9 1/3 mandai un soldato di guardia napoletano il quale per impostarmi una lettera la quale era per mio cugino e per un mio zio; essendo dopo la ritirata militare per mia disgrazia, quasi restai fortunato che trovai un tenente buono gli domandò dove andava, e che cosa

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era comandato; egli lo stupito gli rispose che era di guardia per esempio poco lontano, e che il Caporale di guardia lo mandò a impostare una lettera; il Tenente passò avanti il corpo di Guardia disse niente; va 40 passi e poi torna indietro viene direttamente verso me, e mi dimanda dove o mandato il soldato di guardia; e senza scrupolo di niente gli dico che l’o mandato a impostarmi una lettera ecc. così e così fino al tal posto; il Tenente riprese che la veduto così e così in tal posto che andava dalla parte del giardino pubblico allora me tutto confuso et arrabiato pensando in me stesso come andrà; e lui mi rispose che lui non punisce, ma se questo lo troverebbe il Signor Colonnello sarebbe stato punito me e poi ancora il sergente di guardia, dopo il soldato aveva passato il posto dove l’aveva destinato fece un giro di un’ora di cammino e poi ritorno; io gli domandai chi l’aveva trovato, e lui mi disse il Tenente e il Maggiore; fortuna il Maggiore non gli dimandò niente ed andò per la sua strada, ma l’ho messo nella memoria proprio per questo che non manderò più soldato di guardia di notte. Dopo venuto già gli feci una ramanzina come si dice nel nostro dialetto ma in regola dandogli dello stupito e dell’ignorante perché non aveva preso nessuna scusa. Resta troppo lungo il dire tutto perché il militare servizio è così…Quella per fortuna restai libero. L’Ufficiale era buono, le cose sono andate bene. Un’altra poi il giorno 23 istesso Luglio subito appresso che montai la guardai mi cadde che un Ufficiale passava appresso alla guardia; i soldati non si trovavano riuniti in rango, che avevano posato lo zaino che erano bagnati dal sudore; le sentinelle, venendo indietro mi chiamò tutti e due se si abbiamo resi gli onori, abbiamo detto di sì, ma invece ecc… ma però lui questo non aveva veduto; di questo succede che questo Tenente andava alla maggiorità; tornando un passo indietro prima mi chiamò il nome a tutti due Caporali, io che montava così pure quell’altro che smontava, e mi fece consegnare per giorni dopo di questo successo gli raccontai il fatto col suo confidente che era uno di Groppello; gli parlò nel mentre che gli aveva la confidenza, ma gli rispose che la cosa era già fatta. Addio.Memoria dei giorni 15 e 16 Agosto 67, le più belle feste del Paese; ed io mi trovava di guardia al Forte Don Blasco di Messina alla riva del mare. Tornando indietro un passo, resta per mia memoria se potrò campare un giorno che il Collera mandato da Dio cominciò nel Reggimento il giorno 14 Agosto corrente anno 67 e cessò alli 4 Ottobre del detto. Già di più mi resta in memoria la mia approvazione di questo male che nei giorni 28, 29, 30, 31 Agosto e 1, 2, 3, 4 Settembre restai all’Infermeria, e per mia fortuna, per parte della Vergine ebbi di nuovo la mia guarigione. Nel mese stesso dopo guarito dal Collera si trovò un patriotta che è poi il figlio della vedova Bruni Sergente nel 6° Battaglione Bersaglieri che era venuto allora per prestare servizio al mio Reggimento così tutti i Patriotti facemmo un’allegria tutti in compagnia; il giorno di tutti i Santi mi trovava di guardia all’Ospedale Militare; alla notte succede che un ammalato salta la barra e sorte fuori; questo era un soldato d’artiglieria e mise la tenuta di fanteria; andando fuori non l’hanno veduto le Sentinelle; tornando poi una di dette l’ha veduto e quindi lo arrestò, e me lo condusse nel corpo di guardia per poi prendergli il nome; quel brigante me lo diceva falso; verificato poi tutto bene si è riconosciuto nella stanza nel letto che faceva Antonio come diciamo noi per non pagare la sale; riconosciuta dalla sentinella e da me fu condotto subito in prigione ancor bene ammalato, per dirla più breve questa divisa robato da un soldato del mio Reggimento di notte senza che ce ne accorgeva, ce la stracciò tutta arrampicando pei muri. Dietro alle ricordanze ricordo di nuovo che il

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giorno 21 Novembre giorno compiuto i 4 anni che rimasi sotto le armi; perciò essendo anche che la festa del Paese era passato già da tre giorni, pensai di fare una mezza allegria.

Un piccolo esemplare che facemmo alla scuola Reggimento Polvere

La polvere non è altro che una composizione di salnitro, zolfo e carbone mescolati nelle debite proporzioni. Se essa vienne infiammata, avampa di un subito che per la forza del fluido ellastico che si sprigiona da essa, caccia lontano, e smove i corpi che le sono vicini. La buona qualità della polvere viene dalla purezza delle tre sostanze di cui si compone, dalla preparazione e giusta proporzione delle rispettive quantità e della loro più esatta mescolanza. Nelle cose militari si distinguono due sorta di polvere, una delle quali vien chiamata da guerra, che si caricano le armi tutte, le bocche da fuoco; l’altra si chiama da mina, e serve a mandare in aria le opere di fortificazioni e macchina. L’invenzione della polvere pare dovuta a Ruggero Baccone di Sommers nel 1216. La sua applicazione alle cose di guerra è dovuta incontrastabiulmente al tedesco Bertoldo Savvarz Monaco. In Italia venne per la prima volta adoperata dai veneziani all’assedio di Chioggia.

I Vespri Siciliani.

Terribile oltre ogni dire era la tirannide Angioina in Sicilia. Carlo aveva spogliato dei loro feudi i più cospicui Baroni, ed aggravava il popolo oltre misura con dazzi e balzelli. I suoi Ufficiali rubavano , depredavano, martoriavano; e se gli Offesi ricorrevano al Re, erano derisi e castigati. Ai Comuni Carlo dava moneta adulterata, che nulla valeva, e voleva in cambio oro e argento purissimo; al Clero non rendeva beni statigli tolti di Manfredi. I Baroni Francesi castigavano i cittadini a far loro da valletti, da corrieri, da sguatteri, e poco da bestie da somma; e se quelli negavansi al vile Ufficio, erano percossi, feriti, ammazzati, e nessuna giustizia se ne faceva. Le nobili e ricche fanciulle non potevano pigliar marito senza il consentimento del Re, che le destinava spose ai suoi fedeli. Non v’era alcuno che fosse padrone della sua casa, delle sue robe, de suoi figliuoli. Alcuni Baroni fuoriussiti apprivano segrete pratiche con Pietro Re di Aragona, marito di Costanza, figliuola di Manfredi, e Giovanni da Procida, il più operoso di loro, andò girando l’Europa. Per suscitare odii e rancori contro il Tiranno di Sicilia. Ritornato nell’Isola, e mentre aggiravasi di soppiatto di terra in terra ordendo congiure, e mentre Pietro, dando voce di andare contro i Sarraceni, tenevasi apparecchiato in armi sui lidi d’Affrica, seguì caso il quale affrettò la sollevazione. Il lunedì di Pasqua dell’anno 1282, andando, secondo usavano, i Cittadini di Palermo ad assistere a’ Vespri in una chiesa suburbana, e a festeggiare con mercede, e balli il ritorno della primavera sulle amene sponde dell’Oreto, un francese mise brutalmente le mani in seno ad una fanciulla, col pretesto di cercare se ditenesse armi nascoste. Il fidanzato di lei, che l’era vicino, non potè frenare il suo sdegno e scagliatosi addosso allo insultatore con un colpo di pugnale lo uccise. Allora il popolo pieno d’ira cominciò a gridare: Morte ai Francesi! E tutta la città si levò a rumore, e

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con sì grande impeto e furore, che quanti Francesi trovavano, ossia tanti ne sono stati in detta città furono tutti ammazzati. Questa strage si propagò subito in tutta l’isola; non si usò pietà né misericordia con alcuno, e fino alle donne siciliane mogli degli oppressori che trovavansi incinte fu squarciato il fianco coi ferri affinchè dalla borrita razza non rimanesse in Sicilia alcun rampollo.

AstronomiaLa luce, il sole e la luna.

L’astronomia è quella scienza che si ocupa dello studio degli astri. Gli astri che si veggono sparsi per la volta dei cieli, sono corpi presso che tutti molto più volluminosi della terra. Il più brillante è il sole. La luna non splende che per riflesso dei raggi solari. Tra gli astri vi sono 10 pianetti, che anno un loro moto particolare. La terra è anch’essa un pianetta.La luce ci vien direttamente dal sole pendente il giorno. Nella notte ci vien dalla luna e dalle stelle che ne sono il riflesso. Il sole è distante dalla terra 34 milioni di leghe ed a volume di 3 milioni e 300 millevolte maggiore della terra.La luce che viene dal sole, impiega per giungere sulla terra 8 minuti e 13 secondi. In tal tempo percorre uno spazio di 34 milioni di leghe, cioè che fa 70 mila leghe ogni minuto secondo. Il movimento della luce è 10 mila volte più rapido di quello della terra d’intorno al sole. La luna si leva sul nostro orizzonte ogni giorno e ne scomparre come il sole. Ma il suo levarsi, e il suo scomparire, ritarda ciascun giorno di 48 minuti sul levarsi e scomparire del giorno precedente. così la luna fa il giro del firmamento in 27 giorni e 1/3 per tornare alla medesima posizione per rapporto al sole in 29 ½.La luna presenta sempre alla terra la medesima sua faccia. Quando la luna si trova tra il sole e la terra noi non lo possiamo vedere, perché quella parte di essa che sta volta alla terra, non essendo rischiarata dal sole, rimane opaca. Ciò allora dicesi Luna nuova. Ma nell’8° giorno comincia a distinguersi sotto la forma di un arco di circolo, perché questa metà illuminata dal sole e volta alla terra si scorge allora in tutta la sua tondità. Ed è la luna piena. Il giorno 22 essa non presenta più che la sua parte rischiarata dal sole in forma di semicerchio. Ed è l’ultimo quarto. Nel 1° quarto le estremità del semicerchio son volte al levante, nel 2° quarto son rivolte all’ovest. La luna trovasi a 215 mila chilometri distante dalla terra e ne è 49 volte più piccola. Pare che essa non sia abitata da esseri viventi, non avendo atmosfera propria. Tutti i mesi la luna si avvicina al sole quando essa trovasi tutt’affatto davanti da quest’astro, ce ne toglie la vista e costituisce ciò che chiamasi eclisse di sole. Quando invece è la terra che trovasi tra il sole e la luna, questa si trova oppaca e chiamasi eclisse della luna.Gli eclissi non debbono essere oggetto di terrore, perché questi fenomeni sono di lunga mano preveduti dagli astronomi colla più grande precissione. Un Francese chiamato Martellin Dellambruas. Il Capo di testa leggera, Caporale Codazza.

Difesa di un soldato italiano condannato alla fucilazione in Messina per avere in Chiesa ed in tutto il tempo della messa contemplato un mazzo di carte.

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Era un giorno di festa, e come vi è il costume e dovere che i militari vanno alla messa; succede che mentre un Reggimento Italiano era alla messa, uno dei soldati invece di prendere in mano qualche libbro di divozione, oppure niente, si leva dalla scarsella un mazzo di carte da giuoco, e se ne stette per tutto il tempo della Messa meditandole ad una ad una. Il Sergente che lo osservò gl’impose di deporle; ma il soldato nè rispose, né obbedì; e seguitò la sua meditazione sino a tanto che la Messa fu terminata. Il Sergente sdegnato d’un tale affronto, terminata la Messa lo conduce dal Maggiore, narrandogli il tutto; il Maggiore acceso di sdegno contro costui, gli disse: Come tu ardisci in Chiesa tener carte da giuoco in mano, invece dei libri divoti? Ebbene, se tu domani non saprai difenderti, il consiglio di guerra ti condannerà alla fucilazione. Allora il soldato rispose al Maggiore: Lei dice bene il luogo è Santo e che ognuno deve attendere alle sue meditazioni, come pure io attendeva alle mie. Non basta ciò per scusarti, dice il Maggiore; preparati intanto domani a subire il castigo annunziato. Allora il soldato ripigliò il mazzo di carte dalla scarsella; e disse al Maggiore: Ecco la mia difesa: facendo ad una ad una la seguente spiegazione. Qualora io vedo un’asse e rifletto che vi è un Dio solo creatore del cielo, e della terra. Il due mi significa che vi è due nature in Cristo, cioè divina ed umana. Il tre significa le tre persone è un solo Dio. Il quattro significa i quattro Evangelisti, cioè Matteo, Luca, Marco e Giovanni. Il cinque significa le cinque piaghe di Cristo, il sei fa considerare i giorni che Dio impiegò per la creazione. Il sette, che dopo i sei giorni della creazione del mondo il settimo riposò. L’otto mi rappresenta le otto persone che si salvarono dal Diluvio nell’arca cioè Noè, sua moglie con tre figli e le loro mogli. Il nove significa i nove uomini risanati Signore, che ingrati non gli resero le dovute grazie. Il dieci mi fa rammentare i dieci comandamenti che Mosè ha ricevuto sul monte Sinai, tra mezzo a lampi e tuoni. Dopo il soldato prese tutte figure, mette solo il fante da picche, dicendo: Tu disonorato infame non devi rimanere fra gli altri. Questi poi, gli altri significano i tre manigoldi che hanno crocifisso il nostro Signore Gesù Cristo. Le quattro dame […] Maria con le donne che visitarono il Santo Sepolcro. I quattro Re significano i tre Magi che dall’Oriente vennero ad adorare il Re incomparabile cioè Cristo appena nato. Ogni qual volta che vedo le carte fiori, mi viene in mente che il Redentore, invece di essere coronato di fiori, fu coronato di pungentissime spine. Vedendo picche mi fa memoria i chiodi che trafissero il costato, mani e piedi dell’adorato nostro Divin Salvatore. Vedendo i cuori, mi rammentano il grande amore di cui arse Gesù morendo per noi. Vedendo i quadri mi danno a conoscere che la chiesa si dilata per tutte le quattro parti del mondo. Di più osservo che nelle carte vi sono 366 punti; e 366 sono i giorni dell’anno. Il totale delle carte sono 52; e 52 sono le settimane dell’anno. Le figure sono 12; e 12 sono i mesi dell’anno. I quattro colori significano le quattro stagioni. Le bestemie che mandano i giocatori mi ricordano quelle che i giudei mandavano a Gesù Cristo. Il denaro che giuocavano significa le 30 monete per le quali fu da Giuda venduto. L’allegria poi che segue sul gioco mi rammenta l’allegria di quelle anime Sante del limbo nell’atto che vengono da Dio liberate. Il diritto e rovescio delle carte significano il Paradiso e l’Inferno. Altro non saprei dirle, o Signor Maggiore; in mia difesa, solo che io vo meditando molto meglio un mazzo di carte, che sopra qualunque altro libbro di Divozione. In allora il Maggiore gli domanda: che vuol dire quel fante a picche che hai messo a parte, dicendo che era un disonorato infame. Questo rispose il soldato, è quello che mi ha condotto a Vostra Signoria Illustrissima per farmi castigare. Il Maggiore udendo difesa lo assolvè immediatamente dal suaccennato castigo.

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E colmò d’applauso la sua prontezza di spirito. Imparate a non dubitar male dei vostri Fratelli se no figurerete come il Fante di picche.

Mia cara suora

O sentito con piacere come ella vada a far la pura e candida vergine vestendo la casta monacale sottana e così in assai miglior modo poter farsi fortunatamente un angelo del Signore sinceramente batere per quella vera strada che conduce a gustare il caro gaudio della felicità fuori da ogni mondano solazzo. Spero però che nulla meno mi permetterà di ben chiamarla col nome dolcissimo di sorella ed averla pronta disposta a concedermi la sua fida e sincera amicizia sempre però da onestissima amica la quale mi sarà gratissima; io pure questo castissimo affetto spero che ella non avrà in disprezzo lo conservo e lo conserverò tutto per il suo larghissimo e buon cuore, consorella sempre saprà per me conservarlo per cui non divenisse in qualche modo meno impresso qualche sospetto alla Badessa che non resta sdegnata. Farà grazia di dirmi se gli è venuto il Marchese a fargli visita di poi che ella è entrata in monastero che allora si compiacerà di farmi una semplicissima e sincera accoglienza e son certo che non niega onde abbia almeno il piacere di toccare la faccia di quelle caste mani e stringerle a me come una volta le stringeva sul tempo stesso che potrò fargli anch’io un migliore e più distraessimo ossequio che innocentemente facevamo noi tale con tutto il piacere; pertanto la prego di non farmi impedire di scrivere che sarebbe grandissimamente un disgustare e mi rincrescerebbe che mi attaccasse una solenne scolpità di […] protetta da simile agitazione; intanto passo a dirgli di cuore li miei, cogliendo ocasione di scrivere il sentimento e pure affezioni non vedendo l’ora di venir affretolosamente ad osequiarla pregandola di non dimenticarmi nel pregare e mi preggio di poter dirmi se può devoto chiaro sincero fedelissimo affessionatissimo salvatore.Fine della lettera monacale.

Fine Modena tipi Rossi 29 luglio 1864Il giorno 4 aprile 67 mi trovai ancora al Tetro di Milazzo; e feci osservazione sui palchi del sopradetto, che vi erano due bellissime ragazze; somiglianti una alla Panzarasa Antonia, e l’altra alla Sieti Francesca figlia di Antonio. Ce n’era poi 7 o 8 belle ancora dell’altre, le quali ascoltavano il divertimento. La sua innamorata Il Capo degli innamoratiSimoni Maria Caporale Codazza

Ecco l’Inno della Guerra provvocato dal Ministro della Guerra:

Dalle spade il fiero lampo troni e popoli svegliòItaliani al campo al campo, che la Madre che chiamò.

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Su corriamo in Battaglioni al rimbombo dei cannoniL’elmo in testa, in man l’aciarViva il Re dall’Alpi al mar.

Dal Cridano al Ticino, dal Sicano al tosco suolSorgi o popolo latinoSorgi e vinci Iddio lo vuol.

Su corriamo…

Dalle pugne tra la gioja ci precede con valoril Bajardo di Savoja di Palestro il vincitor.

Su corriamo…

Dagli spalti vigilantiGrideranci Chi va là?Dall’Itralia siam soldatiPortiam guerra e libertà.

Su corriamo…

Nostre son quest’alme sponde,Nostri i floridi sentier,L’aria, il cielo, i campi e l’onde,ti respingono stranier.

Su corriamo…

Gente ansogna a nobil fato,L’Austro tuo salir non può,Re Vittorio lo ha giurato, che già mai no spergiurò.

Su corriamo…

Dalla gloria nel cammino sovra il prode italo suolSplenderà di San Martino, splenderà di nuovo il sol.Su corriamo …Già la chioma irato e fiero scuote il Veneto LeoneSorgi e torna o gondoliere a intonar la tua canzone.

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Su corriamo…

Farà pago il Dio dei forti, di più seculi il derà,Peggio assai di mille morti e l’obbrobrio del servir.Fine dell’inno di guerra del Professore Broferio per tutta l’Armata.

Nota. Nel testo compare anche un “Conto Aperto” con colonne nelle quali vengono indicati: date, motivo dell’introito e delle spese, avere, dare. Per comodità si fornisce appena qualche esempio di tali conti:

- 1863 novembre 26 uno specchietto, uno zaino, una tazza di latta, una camicia, un tascapane, un gamellino, un cucchiaio (avute dal deposito di Novara)

- 1864 luglio 19 fondi e tomai, una gavetta, una borraccia- 1865 febbraio11 otto cuciture alle scarpe, politura intiera del fucile, piccola riparazione

alla cassa, mezze suole e talloni- 1865 giugno 30 stampa di breve licenza, cavalli ai pantaloni, rifare le bottoniere al

cappotto, un paio guanti in lana, un paio scarpe- 1867 aprile 1° fondi alle scarpe, un suvolto di oggetti usati, una cravata a

sciabola, un distintivo di lana a due righe, un paio di mutande, una cravata a sciarpa, due pezze al capotto, il sottogola del keppi

- 1867 luglio 25 un berretto di panno, un paio di mutande, un tascapane- 1867 agosto 29 un paio di pantaloni di tela, fondi intieri, mezze suole, una pezza,

cambio mostre

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