Baphomet, l’Ancora, il Gatto d’Angora, la Marra e l’Amore · L’ancora è una crittazione di...

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Baphomet, l’Ancora, il Gatto d’Angora, la Marra e l’Amore Il baffo e l’ancora sono due simboli ermetici che possiedono il medesimo significato. Essi si riferiscono entrambi a Baphomet, l’idolo templare parlante. L’ancora è una crittazione di Ankara, l’attuale capitale della Turchia. Ankara ricorda le angherie subite dagli ebrei in Turchia e, più in generale, nel Balcani sotto la dominazione musulmana. In tal senso il toponimo ankara è l’equivalente di ungheria, dato che entrambi significano angheria, dal verbo angariare (da cui deriva anche il termine inglese anger, vedi www.etimo.it ). L’ancora, invece, che può essere vista pure come un arpione o come un enorme amo, ricorda la cattura degli ebrei attraverso l’allegoria del pesce che abbocca all’amo. Parti dell'ancora a. Fusto; b. Diamante; c. Marra; d. Patta; e. Unghia; f. & g. Occhio e cicala; h. Ceppo; i. Cima d'ormeggio Oltre a ciò, il baffo è un’allusione al gatto, simbolo crittato del popolo di Gath, dove Gath è un’abbreviazione di Goliath 1 , ipòstasi del soverchiante numero di nemici che Israele aveva in Medio ed Estremo Oriente (episodio biblico del confronto fra Davide e Golia). 1 Goliath o Gath è divenuto nella simbologia giudeo-massonica GADU. La sigla sta per Grande Architetto dell’Universo riferita a chi aveva progettato un universo ripulito dagli ebrei. Nella massoneria giudaica il suo significato ha assunto la valenza opposta, almeno come idea di massima.

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Baphomet, l’Ancora, il Gatto d’Angora, la Marra e l’Amore

Il baffo e l’ancora sono due simboli ermetici che possiedono il medesimo significato.

Essi si riferiscono entrambi a Baphomet, l’idolo templare parlante.

L’ancora è una crittazione di Ankara, l’attuale capitale della Turchia.

Ankara ricorda le angherie subite dagli ebrei in Turchia e, più in generale, nel Balcani sotto la

dominazione musulmana.

In tal senso il toponimo ankara è l’equivalente di ungheria, dato che entrambi significano

angheria, dal verbo angariare (da cui deriva anche il termine inglese anger, vedi www.etimo.it ).

L’ancora, invece, che può essere vista pure come un arpione o come un enorme amo, ricorda la

cattura degli ebrei attraverso l’allegoria del pesce che abbocca all’amo.

Parti dell'ancora

a. Fusto; b. Diamante; c. Marra; d. Patta; e. Unghia; f. & g. Occhio e cicala; h. Ceppo; i. Cima d'ormeggio

Oltre a ciò, il baffo è un’allusione al gatto, simbolo crittato del popolo di Gath, dove Gath è

un’abbreviazione di Goliath1, ipòstasi del soverchiante numero di nemici che Israele aveva in

Medio ed Estremo Oriente (episodio biblico del confronto fra Davide e Golia).

1 Goliath o Gath è divenuto nella simbologia giudeo-massonica GADU. La sigla sta per Grande Architetto dell’Universo riferita a chi aveva progettato un universo ripulito dagli ebrei. Nella massoneria giudaica il suo significato ha assunto la valenza opposta, almeno come idea di massima.

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Il gatto, infatti, ha i baffi ed anche la sua bocca fa pensare ad un paio di baffoni, ornamento virile

delle popolazioni abitanti quelle terre.

L’animale scelto per rappresentare questo concetto è il Gatto d’Angora, cioè il Gath d’Ankara.

Ma c’è anche la Capra d’Angora e il Coniglio d’Angora, anch’essi animali utilizzati come

allegorie espressive dello stesso concetto2.

L’altro nome di Ankara, Ancyra, significa ἀνὰ χώρα e ἀνὰ κόρη, cioè in direzione della terra

della fanciulla, cioè l’Italia.

Il baffo e l’ancora sono quindi al tempo stesso elementi della mappa segreta che conduce in Italia, al

luogo dove è tenuto nascosto da secoli lo stesso Baphomet, accusato dagli ebrei di essere uno dei

loro peggiori nemici storici.

Capovolgendo, infatti, il simbolo del baffo si ottiene un gabbiano stilizzato.

2 La città di Ankara era famosa per la lana delle capre a pelo lungo allevate nella regione, le capre d'angora che producono la lana mohair.

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La parola gabbiano, decrittata, significa “che abbiamo”, mentre la parola corrispondente in latino

gavia significa gabbia3, in spagnolo gaviota significa gabbiotto.

Quindi unendo i loro significati si ha la frase “che abbiamo in gabbia o gabbiotto il Gatto

d’Ankara o la Capra o il Coniglio d’Ankara”, vale a dire Baphomet in persona.

Il termine gabbiotto va scomposto in gabbia otto, cioè “gabbia nell’otto”,

( )( ) numero che si

visualizza immaginando due gabbiani (o baffi) messi verticalmente, l’uno di fronte all’altro

oppure “nella gabbia l’otto”, cioè il mignotto, colui che è diventato tale a seguito di evirazione

(vedi dinastia degli Ottoni, così appellatisi in spregio al detestato personaggio).

Otto che in spagnolo è ocho è una crittazione di Occhio, l’Occhio di Ra.

L’etimologia di àncora è dal greco ἄγκυρα

3 Da gabia deriva gavina, lo spagnolo gravina e l’inglese grave, che significano rispettivamente caverna e tomba. Il toponimo Greve in Chianti, paese natio di Leonardo da Vinci, autore dell’Ultima Cena, di cui si è parlato ampiamente nella ricerca, è anch’esso riferibile a Gesù di Nazareth. Egli è in grave, vivente allo stesso modo di uno zombie ed è in chianti, cioè in pianti (dialetto napoletano). Da lì resuscita a determinati intervalli e inchiana in croce: da grave inchian – T, anastasis dal sepolcro alla croce. Vedi su Google Earth gli allineamenti a croce Gravina di Puglia-Greve in Chianti in verticale e in orizzontale Montesilvano, Loreto Aprutino, Villa Celiera, Ofena, Tussio , Opi, Pedicciano, Rocca di Mezzo e Tagliacozzo, più gli altri toponimi dei paesi limitrofi altrettanto illuminanti.

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Se l’ancora, inclinandola da un lato, la si vede come la testa di un pesce con la bocca chiusa,

essa potrebbe coincidere con la parte finale della montagna, a forma di enorme pesce, che dalla

Valle Subequana si estende fino a Rocca di Mezzo, posta tra le sue fauci.

Sarebbe, inoltre, lo stesso amo4 a due punte necessario alla sua cattura: la Lama o l’Amo dei

Peligni.

4 Amo in spagnolo significa padrone, signore, proprietario e deriva dall’ebraico amos, che, letto al contrario, dà soma, parola greca per corpo. Amo è anche un’abbreviazione di Amor, che letto al contrario, dà Roma. Sembrerebbe trattarsi del Corpo del Padrone di Roma, detto anche Amor.

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La balena o capodoglio con testa su Rocca di Mezzo e coda su Secinaro ed Acciano

La bocca del cetaceo che sembra inghiottire Rocca di Mezzo

La coda del cetaceo vista nella posizione normale e in quella sollevata

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Il gabbiotto inteso come crittogramma composto da gabbia e occhio, allude all’esistenza di un

occhio, cioè all’esistenza di un’apertura attraverso la quale si accede in una gabbia: gabbia in

occhio.

L’otto potrebbe essere l’antico paese di Rocca di Mezzo, ammesso che anticamente avesse la forma

di un grande otto oppure potrebbe essere Rovere, se l’occhio è l’occhio nel colle di Rovere, la cui

forma ricorda quella di una vagina o, meglio, di una vulva: la cruna dell’ago del Vangelo di Matteo5

o l’occhiello della croce ansata.

Tuttavia, se la sagoma dell’àncora o amo ls si considera una prora o prua di una nave, il gabbiotto

dovrebbe essere a Rocca di Mezzo.

Infatti, se si immagina che il cetaceo chiude la bocca lo stesso:

- abbocca all’amo;

- diventa un’enorme nave con la prora a forma di àncora

- serra nella gabbia Gesù Bambino o Gesù Infante, cioè Rocca di Mezzo.

Anche la parola gabianus può essere diviso in gabia e anus, l’anus è l’accesso alla gabbia e nel

contempo è l’A[g]nus Dei, l’Eterna Vittima Sacrificale.

Per altro verso l’espressione Anus Dei nella criptologia ebraica significa volgarmente “in culo al

Dio-Padrone del gregge di Israele”.

L’Angorakatz o Felix “domesticus” angorensis è un’allegoria del Leone di Gerusalemme,

definito, come detto più volte, Katz, per la sua ferocia paragonabile a quella di una tigre6 o di un

5 <<23 Gesù allora disse ai suoi discepoli: «In verità vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. 24 Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli». 25 A queste parole i discepoli rimasero costernati e chiesero: «Chi si potrà dunque salvare?». 26 E Gesù, fissando su di loro lo sguardo, disse: «Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile>>. 27 Allora Pietro prendendo la parola disse: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne otterremo?». 28 E Gesù disse loro: «In verità vi dico: voi che mi avete seguito, nella nuova creazione, quando il Figlio dell'uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù di Israele. 29 Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna. 30 Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi i primi». 6 Katz equivale all’inglese cats sta per tigers ed è un riferimento alla feroce ostilità nei confronti degli ebrei delle popolazioni stanziate nelle aree dove vivono i felini: Medioriente (dove ad uno dei fiumi della Mesopotamia fu dato il nome di Tigre o Tikrit), Pakistan, India ed Estremo Oriente, ma anche in Nord Africa, prima della loro scomparsa. Passò a designare anche altre popolazioni stanziate al di fuori delle aree popolate dalla tigre, come quelle turche, iraniane etc., poiché le stesse furono permeate dall’odio antisemita ampiamente diffusosi sin dall’epoca dei Faraoni egizi.

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leone, prima della sua trasformazione in una Leonessa (Lea) o, per dirla in dialetto abruzzese, in un

cazz’.

Il crittogramma Angorakatz contiene in sé anche l’auspicio e la previsione di una vendetta sulle

popolazioni simboleggiate dal Leone di Gerusalemme (vedi stemma della Città di Gerusalemme).

In tal senso va interpretato come <<ancora sui katz>>, cioè <<una volta liberi dalla schiavitù e

raggiunto il potere, compiere una vendetta senza fine sui nazisti>>.

La corrispondente espressione dialettale (assolutamente orripilante) sarebbe <<Ancòra, cazz’ !>>,

espressione che – se vera - basterebbe di per sé a gettare disonore assoluto su Israele.

Tuttavia, a parte questo significato, Angorakatz dovrebbe essere il famoso personaggio misterioso

che, secondo la tesi portata avanti nella ricerca, dovrebbe essere ancora vivo come uno zombie, in

uno stato di morte apparente.

Stampa autenticata riproducente Angora Turco 1890 ca. (http://it.wikipedia.org/wiki/Angora_Turco )

Nella raffigurazione del gatto d’àngora contenuta nella stampa, il felino, simbolizzazione dei nemici

di Israele, è inserito nel contesto di una mappa, in cui le zampe rappresentano le tre Piramidi di Giza

e il sasso accanto alla zampa destra posteriore la balena tra Secinaro e Rocca di Mezzo.

La coda inarcata va vista come una freccia che dalle Piramidi porta all’Altopiano delle Rocche.

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Il volto del gatto, somigliante a quello di un arabo con baffi e barba, guarda in direzione della

Mecca in Arabia Saudita.

Il gatto ovviamente è anche la Sfinge o Felix Leo (Lea).

Dietro al gatto si notano quelli che possono essere sia tre scalini visti in prospettiva sia un sarcofago

in pietra adagiato su di un basamento in pietra.

Le figure possono essere viste anche come sarcofagi in pietra con accanto una lapide in pietra.

La lapide ed il sarcofago inferiore delineano la sagoma di Monte Rotondo, il Vada dei Piani di

Pezza e il Monte di Rovere, rappresentati di fronte al Rio Gamberale, simboleggiato dalle foglioline

a chela di gambero sulla lapide (l’evirazione di cui si è parlato).

Il tutto dovrebbe suggerire l’esistenza di una necropoli nella zona tra Rovere e Rocca di Mezzo o

nei Prati del Sirente.

Se si immagina di capovolgere il gatto7, la coda più le zampe posteriori diventano una lettera Y,

cioè il Delta del Nilo, o anche la lettera ebraica tsade (che come visto allude ai popoli sadici sugli

ebrei, in particolare sugli antichi egizi).

7 La parola gath letta al contrario dà tag, target, che allude sia alla targhetta o cartellino su cui, secondo la tradizione cristiana, furono scritte le lettere I.N.R.I., sia al target finale degli ebrei, che sarebbe il contrario di Goliath, cioè Teg[r]at ovvero Te Gath: <<Te ebreo in croce diventi Golia>>.

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Considerando, invece, tutte e quattro le zampe, che in realtà sembrano tre per essere le due anteriori

giunte, esse diventano una zampa d’oca e topograficamente vengono a coincidere con la zona

dell’Altopiano tra Terranera e Rocca di Cambio, su cui viene a posizionarsi la testa.

Conseguentemente la coda da Rocca di Mezzo, da immaginarsi nella bocca del cetaceo, disegnata

chiusa, porta a Rocca di Cambio, rappresentato dalla testa triangolare del gatto , che guarda

verso Fontecchio e la sua frazione San Pio, a forma di occhio.

La testa nella posizione corretta e la testa nella posizione capovolta danno forma ad una Stella di

Sion, il cui significato è che le popolazioni dell’Altopiano sono di origine ebrea o, visto dalla parte

avversa, sono “cani ebrei” o “cagne ebree”: Rocca Cagn’ in dialetto.

Sotto il profilo mappale, Rocca di Cambio o di Cagn’ significa che da tale paese bisogna

“cambiare”, cioè tornare a Rocca di Mezzo per trovare il o i sepolcri.

Infatti, se si sovrappone il gatto alla sua immagine capovolta, si ottiene un grande ovale (uovo), che,

come un circolo, riporta alla balena, davanti alla quale è situata Rocca di Mezzo

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Anche la folta pelliccia sotto il muso del gatto ha la forma di un grande uovo e rappresenta insieme

alle Piramidi l’area dello shoah (ovum e ova), ma per quanto riguarda il sepolcro del personaggio

misterioso – si presume Yoshua o Gesù di Nazareth – contiene un rinvio a Rocca di Mezzo, perché

le code unite ad uovo più la parte restante del corpo fino alla testa sono il fallo con il relativo glande

(Katz), il quale, a sua volta, insieme alla barba rappresenta Rocca di Mezzo, serrato nella bocca

della balena, rappresentata dalla sagoma della barba medesima.

Se si immagina di affiancare al gatto - sia nella posizione eretta sia nella posizione capovolta - la

sua immagine speculare ed opposta, la coda formerà un’ancora, un amo o arpione per la cattura

della balena.

In realtà, la figura dell’ancora, trasposta sulla piantina geografica, del territorio arriverebbe con il

secondo braccio fino a Rovere, come se volesse agganciare anche questo paese “nascosto” alla

vista, ed anche oltre fino a Ovindoli, se l’ancora viene riguardata come due uova appaiate (ovetti,

ovini, ovindoli)

Probabilmente, chi ha realizzato la stampa voleva dire che il personaggio celato ha a che fare con

Rovere, la cui antica sagoma triangolare, rimanda, alla stregua di una freccia, a Tione degli Abruzzi,

Santa Maria del ponte e San Lorenzo.

Tione è il Dione, cioè il Grande Dio degli Ebrei negli Abruzzi, Ovindoli il Pastore-Padrone degli

Ovini, cioè del Gregge Ebreo.

Gli ovini od ovetti simboleggiano l’avvenuta castrazione del Pastore.

Bisogna rammentare che l’ancora formata dalle code del gatto è rappresentata anche dalla

“melusina”, della quale si è parlato nel relativo paragrafo, ipotizzando che rappresenti Gesù

“vivente” nel cesso, cioè in un luogo sotterraneo ricavato nella roccia, verosimilmente dove

scorrevano anticamente le fognature.

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L’ancora ribaltata possiede anche un altro significato crittato, quello di capra d’àngora, dato che le

corna di questo tipo di capra danno l’idea di un’ancora capovolta8.

La capra d’angora, cioè di Ankara o Turca, è la capra turca (o più in generale araba) che si rifà a

kapher, cioè a Kafren o Kefren, nome utilizzato per riferirsi ai Faraoni Nazi (come d’altronde la

capra di Nazareth, cioè il popolo palestinese).

Analogamente alla capra d’àngora il coniglio d’àngora è una metafora del rabbi d’Ankara, perché

da rab e rabbi è derivato il termine inglese rabbit, coniglio.

Il termine è passato nella lingua inglese nel significato contrario a quello autentico ed originario,

che era quello di arabo rabbioso, proprio della cultura ebraica.

Lo scarabeo khepri esprime lo stesso concetto: SK –arabeo – Kafren9, cioè che:

- i Faraoni erano arabi o ebrei, nel senso espresso dai termini latini “rabidi”, rabbiosi, feroci ed

“ebrii”, assetati del sangue di coloro che, vittime, vennero per conseguenza chiamati ebrei, con

una traslazione di significato dai carnefici sulle vittime;

- le capre, cioè i khepri, erano ugualmente le vittime, chiamate anche ovini, pecore, agnelli o con

nomi obbrobriosi come maiali, urei, gesù etc.;

- il nome africa derivò da kapher con caduta della k iniziale, afer;

8 La sagoma stilizzata del gabbiano in volo dice, come per il gatto, <<che abbiamo la capra d’Ankara>>. 9 Scarabeo è decrittabile anche in S Coccia o S Coach Arabo o S Katz Arabo.

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- la S e la K iniziale di skarabeo è una sigla che simboleggia il Serpente e la Piramide egizia

- che le popolazioni di etnia araba, africana, turca, iranica che vennero dopo la caduta dell’impero

egizio furono continuatori della feroce tradizione antiebraica dei Faraoni.

Le zampe del gatto posizionate davanti alla balena sono altrettanti segnaposti dei paesi

dell’Altopiano delle Rocche.

Corrispondono a Rocca di Mezzo, Rocca di Cambio e Fontavignone e formano una forca o

forcone10, nome che era stato dato all’antica diocesi di Forcona, nei pressi di Civita di Bagno, sede

del Vescovo prima del trasferimento della diocesi a L’Aquila.

Capovolgendo le zampe si ha Fontavignone, Terranera e Rocca di Mezzo, ma si deve immaginare

di riportare la balena dal lato opposto.

10 Forca e forcone possono essere lette anche come sorca e sorcone in un’accezione derisoria.

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Si visualizza, in tal modo, la figura di un altro forcone che, insieme all’altro, è una metafora

dell’Inferno o Pozzo Inferno (come lo definiscono gli abitanti del luogo), in cui si trova Yoshua o

Gesù di Nazareth.

Unendoli si forma la figura della fibbia di una cinghia, interpretabile anche come la sagoma di una

botte, simbolo dell’antico paese Fontavignone, chiamata anche Fonte Barile.

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La testa del gatto che, come già detto, ha forma triangolare, simbolo della Piramide e della Stella di

Sion, contiene delle indicazioni inerenti la mappa per giungere al sepolcro segreto, cioè alla Villa

dell’Angelo (Villa Sant’Angelo).

Si nota sul lato sinistro del muso la figura di un’aquila bianca, con il becco su di un calice scuro,

coincidente con il naso del gatto.

L’aquila, come visto più volte, rappresenta l’Altopiano delle Rocche visto dall’alto: si distinguono

le zampe divaricate, le ali aperte e la testa con il becco.

Il calice o coppa mistica è una crittogramma del’Uomo della Sindone, il quale – bisogna ricordarlo

– è un Uomo-Donna, cioè un Uomo evirato e, probabilmente, anche fornito di vagina artificiale.

Tenendo conto della posizione della testa dell’aquila bianca, nella cui direzione opposta si trova la

città di L’Aquila, il Calice o Coppa Mistica o il Sang Real dovrebbe essere a Rocca di Mezzo.

Egli ironicamente viene anche deriso con l’epiteto di osso duro, dato che il calice è al tempo stesso

un osso.

Capovolgendo la testa l’aquila diventa un serpente cobra che si è sollevato da terra, un altro degli

epiteti attribuiti a Yoshua, cioè quello di essere uno dei Keopi Nazisti.

Il calice o coppa può sembrare un tunnel di forma rettangolare, analogo a quelli scavati per miniere,

alla base del quale sembrerebbe essere il sepolcro (il pezzetto di colore più chiaro).

L’osso se collocato orizzontalmente diventa una farfalla, in spagnolo una mariposa, il cui

significato crittato è che colà Maria riposa (il mignottone, se i due occhi vengono visti come un

otto).

Il tunnel11, se il ragionamento è corretto, dovrebbe essere sotto Rocca di Mezzo.

E’ qui che dovrebbe essere la reggia di Ottone, cioè il Piccolo Ottone, perifrasi con la quale viene

designato Yoshua che, per la sua enorme statura, è il Grande Ottone o Grande Mignottone.

11 Tunnel è l’equivalente dell’inglese medievale tonel e dello spagnolo cuba. Altri sinonimi sono bota, barrel, odre, da otre, probabilmente connesso con il toponimo Ocre.

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Dal nome Ottone è possibile ricavare anche l’informazione dell’esistenza del tunnel:

Infatti, scrivendo il numero otto in numeri romani si ha VIII

Componendo graficamente i segni si visualizza

III

cioè una matita con la relativa mina, parola che in spagnolo significa miniera o galleria12.

Se ne può estrapolare la frase: <<Il mignottone nella mina è ammatito>>.

Bisogna aggiungere che componendo, come tessere di un mosaico, due o più stampe del gatto

d’angora, si ottengono ulteriori preziose informazioni.

In particolare:

- Due gatti orizzontali ed opposti + due capovolti ed opposti: si visualizza una M capovolta,

simbolo di Maria sconfitta. - Due gatti verticali capovolti ed opposti: una cipolla.

- Due gatti verticali capovolti ed opposti + due verticali dritti ed opposti: un osso.

- Due gatti orizzontali ed opposti + due verticali ed opposti: una svastica ed il simbolo del sole

(rotazione).

- Zampe orizzontali: un’ancora, un arpione o amo, un forcone.

- Zampe orizzontali e capovolte: una botte oppure una croce dritta e ed una capovolta (da unire alla

M capovolta per ottenere uno dei simboli ebraici più importanti).

- Zampe tre giri orizzontale: tre piramidi dritte.

- Zampe tre giri capovolto: tre piramidi capovolte o Lupa, da cui si ottengono anche i denti di

pescecane (da aggiungere alla bocca del cetaceo per svelarne la vera natura di squalo).

- Zampe + coda per ciascuna zampa: galli o artigli.

Occorre fare a questo punto alcune osservazioni sul significato crittato della lana mohair.

La parola mohair nasconde in sé la parola araba muharram o moharram.

<<Muharram arabo: محرم, muḥarram è il primo mese del calendario islamico. È uno dei quattro mesi sacri dell'anno. Il suo nome è connesso con la parola ḥaram che significa "proibito per motivi religiosi; tabù" (la stessa radice che si ritrova nella parola harem), e difatti in questo mese era considerato tabù fare la guerra, e spesso si rinunciava a combattere per rispetto dell'Islam>> (voce Muharram in Wikipedia).

12 Alla mina alludono anche i numerosi minareti delle moschee musulmane.

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Il mese è ritenuto sacro nel mondo islamico per il fatto che in esso ricade la commemorazione della

ashura, vale a dire del lungo periodo in cui fu lecita l’“arsura” degli ebrei: il loro olocausto e la

loro riduzione in cenere13.

Infatti, il termine ashura deve essere interpretato alla luce dei termini latini abradere e urere.

Ne deriverebbe, per così dire, il neologismo “abrasura”.

Da abradere, abrasus è derivato il verbo spagnolo asar e quello inglese ash, cenere, da urere è

derivato per esempio ustione, combustione, arrosto (dal participio passato ustus)14.

L’altra parola araba haram, ch letta al contrario dà Mara e Maria, è passata nella lingua latina

come ara, da cui l’italiano area, cioè una zona delimitata da un perimetro adibita ad una

determinata attività.

Essa indicava l’area - Mu-ara e cioè Mu-area - destinata agli olocausti degli ebrei, considerati alla

stregua di mucche o buoi da macello dalle popolazioni che si riconoscevano in Maria.

Poteva indicare anche il ghetto ebraico, dove gli ebrei e le loro donne costituivano l’harem del

padrone musulmano.

Il luogo più importante per la religione islamica, la Mecca, rammenta il periodo d’oro per il mondo

islamico, allorché gli ebrei erano la Makka o Makkat al-Mukarramah15, cioè l’Onoratissima

Mucca (ebrea da macello)1617.

Quindi, il gatto e la capra mohair o d’Ankara sono allegorie per riferirsi ai padroni o signori del

popolo ebreo, anche se la capra ed anche il coniglio sono al tempo stesso gli stessi ebrei, visti come

capre o come pavidi conigli.

La cosa interessante è che dal termine muharram sono derivati per mutazione fonetica i termini

dell’italiano antico morra (moharram) e marra.

La marra, che nel medioevo è uno strumento per i lavori agricoli, era nel mondo arabo uno

strumento di tortura, che poteva essere usato come uno strumento di morte.

Infatti, consistendo in un capestro per lo strangolamento poteva diventare un cappio letale.

13 <<The tenth day of Muharram is called Yaumu-l 'Ashurah, which is known by Shia Muslims as 'the day of grief'. Many Sunni Muslims fast during this day, because Musa (Moses) and his people obtained a victory over the Egyptian Pharaoh on the 10th day of Muharram; according to them Islamic prophet Muhammad asked Muslims to fast on this day, and also a day extra either before or after, so that they are not similar to Jews (since, according to him, Jews used to fast for one day due to the same reason)>> (voce Muharram in Wikipedia) 14 Anche rosso e russo hanno la stessa radice etimologica di uro, uris, ussi, ustus, urere. 15 Mukarramah è anche un crittogramma per riferirsi alle Piramidi egizie vinte e capovolte dagli ebrei: il palco di corna del cervo (Abramos: mu que ha ramas) o come i rami di un albero frondoso. 16 La mucca, in realtà, possiede anche altri significati criptici, quello geografico con il quale ci si riferisce alla penisola anatolica e quello ricavabile dal greco antico μυῖα (muia), mosca, simbolo che allegorizza i baffi a forma di mosca, a loro volta allegoria delle piramidi egizie 17 Vedi a tal proposito le norme della macellazione rituale islamica, che sono una rappresentazione simbolica dell’antica macellazione rituale degli ebrei.

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Nella lingua spagnola il verbo amarrar, legare, stringere con una corda18, rivela il significato

originario della marra.

Le origini della marra risalgono all’antico Egitto, dove la troviamo rappresentata dalla croce ank o

croce ansata, così chiamata perché nello stringere il cappio le vittime emettevano un suono

somigliante al verso stridulo delle oche, in latino anser (anseres).

Anche il termine morra, da cui è derivato il napoletano camorra, risale all’antico Egitto.

Con esso si designava il gioco o la pratica della marra, che consisteva nell’accalappiare i cani ebrei

(si potrebbe dire allo stesso modo della polizia veterinaria oggidì con i cani randagi) e condurli

ostaggi per le sevizie e la successiva macellazione rituale.

<<Le prime notizie che si hanno del gioco della morra risalgono all'antico Egitto: in una tomba di

un alto dignitario di corte della XXV dinastia, si vede chiaramente il defunto intento a stendere il

braccio con un numero, contrapposto ad un altro giocatore.

Proseguendo nei secoli, in una pittura vascolare greca, appare chiaro il gioco tra Elena e Paride, con

le mani protese nell'atto del gioco della morra. Tuttavia, è nell'epoca latina che si hanno le più

chiare manifestazioni anche scritte>> (brano tratto da Wikipedia, voce Morra).

In Cicerone, de Officiis, III,18 la morra viene citata come un esempio, tratto dalla saggezza

popolare, per definire l’amico degno di fiducia "dignus est quicum in tenebris mices", cioè "è

persona degna quella con cui puoi giocare alla morra al buio".

In realtà, la morra era il Gioco dell’Amore (nell’italiano volgare era “giocare alla mora”), giocato

nella mitica città di Gomorra (in ebraico Amora), cioè nell’antico Egitto.

Nella frase la seconda persona singolare del verbo micare viene usata nel senso di fare il micio19, il

gatto con il mus, il topo, nel senso di dare la caccia agli ebrei per catturarli: amarrar i marrani.

Egli vuol lasciar intendere che per i gentili i degni sono coloro che danno la caccia ai topi (micant,

amicant), cioè i Gath o innumerevoli Goliath, per gli ebrei invece i degni sono coloro che nei

periodi di tenebra si sentono amici inseparabili (in spagnolo amigan).

Secondo la logica di siffatto linguaggio crittato Amicus era in favore della micatio, cioè mi-cattus,

me-cattus, io Gath; Nemico era chi si opponeva alla micatio, il topo, che tentava di sfuggire alla

caccia ed alla successiva micatio.

Micare significava fare a pezzi gli ebrei, come si può arguire dal termine latino mica (briciola,

pizzico, granello) e dal termine greco μικρός (piccolo), ma anche bruciarli, dal verbo latino micare

18 <<Atar, sujetar, dejar fijo algo con cuerdas o cadenas>>, vedi amarrar su www.thefreedictionary.com 19 Nella lingua inglese il termine micio ha assunto il significato opposto a quello originario, divenendo mice, plurale del sostantivo mouse, topo: <<O.E. mus "small rodent," also "muscle," from P.Gmc. *mus (cf. O.N., O.Fris., M.Du. mus, Ger. Maus "mouse"), from PIE *muHs- (cf. Skt. mus "mouse, rat," O.Pers. mush "mouse," O.C.S. mysu, L. mus, Lith. muse "mouse," Gk. mys "mouse, muscle"). Plural form mice (O.E. mys) shows effects of i-mutation>>. (www.etymonline.com).

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(risplendere, brillare, lampeggiare, saettare), analogo al verbo admicare (ammiccare, lampeggiare),

derivante dall’utilizzo della mica presso gli antichi Egizi quale componente delle macchine

elettriche da tortura20.

Gli antichi Egizi usavano i derivati della mica come componenti delle macchine elettriche,

alimentate dallo Zed ad energia solare (un’enorme pila od accumulatore).

La mica è <<any of a group of chemically and physically related aluminum silicate minerals,

common in igneous and metamorphic rocks, characteristically splitting into flexible sheets used in

insulation and electrical equipment>>.

Per realizzare tali macchine utilizzavano soprattutto il rame.

Rimane una traccia linguistica della conoscenza e dell’impiego del rame come materiale conduttore

nel termine spagnolo cobre, rame, reminiscenza del Cobra, allegoria con la quale ci si riferiva

all’onda elettrica, paragonata ad un feroce e velenosissimo serpente: altre simbologie erano la S o

anche le stesse piramidi

Un’altra traccia è nel termine inglese che indica il rame, cioè copper, di cui gli ebrei conservano

memoria nel loro tipico copricapo, la kippa, sinonimo di coppa, cappa, cappello, applicato alle

vittime durante le sevizie con la corrente elettrica.

Nella lingua italiana è rimasta una traccia alquanto singolare della micatio nell’avverbio mica,

usato in una frase quando si vuole esprimere contrarietà, opposizione o rafforzare una negazione,

probabile parola in codice per ricordare l’inutile resistenza all’accalappiamento.

Un’altra traccia è rimasta nella parola miccia, il filo utilizzato per far detonare la polvere pirica: in

questo caso la miccia originariamente designava la polvere di zolfo (granelli), una delle polveri

componenti la polvere pirica (mica), che, esplodendo, micabat (brillava, emetteva un bagliore).

Il termine del basso latino myxa, rimanda invece ad un’altra etimologia, quella derivabile dal verbo

greco , mugghio, muggisco, da una radice indoeuropea mu-k: una voce onomatopeica per

indicare il muggito delle deflagrazioni.

Nello spagnolo si ha mecha (analogo a mezcla), nell’inglese match e matche (mescola e

fiammifero), nel francese meche, nel rumeno muc.

In www.etymonline.com l’etimologia del termine match è così spiegata: <<stick for striking fire,"

late 14c., "wick of a candle or lamp," from O.Fr. meiche "wick of a candle," from V.L.

*micca/*miccia (cf. Catalan metxa, Sp. mecha, It. miccia), probably ult. from L. myxa, from Gk.

myxa "lamp wick," originally "mucus," based on notion of wick dangling from the spout of a lamp

like snot from a nostril. Meaning "piece of cord or splinter of wood soaked in sulphur, used for

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lighting fires, lamps, candles, etc." is from 1530. First used 1831 for the modern type of friction

match, and competed with lucifer for much of 19c. as the name for this invention>>.

Dalla medesima radice indoeuropea mu-k derivava il nome del Faraone Micerino e quello della

città di Micene.

La polvere pirica quindi venne utilizzata non solo dai Cinesi, ma anche agli antichi Egizi e,

successivamente, dai Greci e dai Romani.

In latino giocare alla morra era per esteso "micare digites".

Era un gioco d’azzardo (con una posta in palio) consistente nell'indovinare la somma dei numeri

che i giocatori tirano simultaneamente con le dita della mano (somma da 2 a 10, con il pugno chiuso

pari a 0).

Esisteva poi già nell’antichità una variante semplificata, chiamata Morra Cinese, in cui vale il

pugno, la forbice (le tre dita pollice, indice e medio) e la carta (le cinque dita).

Un esempio di tale tipo di morra è illustrato nel dipinto di Bartolomeo Pinelli, che di seguito si

riporta.

Il gioco della morra a Roma in un dipinto dell'inizio '800 eseguito da Bartolomeo Pinelli

(da Wikipedia, voce Morra)

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In realtà, il dipinto contiene una serie di allegorie che vanno al di là del mero gioco azzardo21.

E’ una specie di indovinello circa l’esatta combinazione di numeri che svelano l’enigma della morra

sugli ebrei: la data di inizio ed il luogo di origine.

I personaggi sono tutti ebrei, come lascia intendere il borsalino che indossano, simbolo di Masada e

dell’orgoglio israeliano, tranne la donna con il fazzoletto, Maria, e la donna con il bicchiere in

mano, Italia.

I due personaggi che giocano a morra simulano con le mani tre numeri 0 (il pugno chiuso), 3 (le tre

dita) e 5 (la mano aperta).

Lo zero 0 rappresenta l’Uovo nel quale sono inserite le tre Piramidi di Giza, disposte a semiarco.

Il tre rappresenta la figura geometrica della piramide e le stesse tre Piramidi di Giza.

Il cinque 5 rappresenta la S o, meglio, la lettera greca sigma , simbolo di Sariah e di Maria.

Le tre Piramidi di Giza disposte a semiarco sono rappresentate dai tre uomini in primo piano con le

gambe divaricate.

Gerusalemme è rappresentata dall’uomo curvo sul tavolo.

La donna con il fazzoletto rappresenta l’Anatolia e, per estensione di significato, l’Italia, dato che:

- Anatolia significa (anà – Italia);

- Italia significa Terra del Vitello o dei Vitelli (Vituli, Itali), che di rimando è il Vitello anatolico

per la sua forma geografica.

La donna che brinda è la penisola italiana e la sua popolazione.

Il significato complessivo della scena del dipinto è gli ebrei erano riusciti a vendicarsi delle

plurisecolari persecuzioni subite in Egitto e nei paesi che si affacciano sul bacino del Mediterraneo,

dove essi venivano rastrellati e sterminati, spesso in maniera sadica (tsade, tsadekim) e con sevizie.

Gli artefici dello sterminio sono impersonati dalla donna con il fazzoletto (popolazioni legate alla

Turchia e paesi limitrofi) e dalla donna con il bicchiere (Italia e paesi limitrofi).

La donna china sul tavolo è così rappresentata per essere in realtà un uomo evirato, il suo membro

virile giace sulla panca coperto da un panno, panno dello stesso colore della veste della Donna-

Italia, la quale, essendo la stessa donna anatolica, brinda e si congratula (ironicamente) con l’ebreo

che ha portato a compimento la sua vendetta.

Il panno che copre il fallo evirato, simbolo del potere, forma una M ed una N: la M sta per Maria e

la N per Nazareth e, quindi, Nazi.

21 Esistono altri dipinti, i più antichi risalenti al periodo ellenico, in cui le combinazioni numeriche mostrate con le mani dai giocatori di morra sono differenti da 0, 3 e 5, in dipendenza della collocazione geografica della scena rappresentata, anche se il messaggio crittato che contengono è sostanzialmente lo stesso.

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Sul lembo di sinistra si legge una U, simbolo della Sfinge (in greco Y, in ebraico tsade צ e nel

linguaggio dei geroglifici ☥), che è lo stesso tavolo di tortura e di “inculatura” (sphincter) sul

quale sono appoggiati i personaggi, coperto da un pergolato che rappresenta il vino, cioè il sangue

versato.

Il personaggio curvo, che rappresenta Gerusalemme, fa con le sue braccia il gesto tipico di chi vuol

dire che ha vinto (sarebbe “in culo”), rivolto alla Donna-Italia, per il tramite degli altri personaggi

ebrei con i pantaloni azzurri, dello stesso colore di quelli dell’uomo evirato (Uomo-Donna).

L’evirazione è simboleggiata dal personaggio che, tirando il numero, tiene il pugno chiuso.

Bisogna immaginare che egli brandisca un coltello, con il quale taglia i genitali della donna-Uomo,

taglio rappresentato dalle tre dita a forbice.

I genitali sono quindi coperti con il panno dal personaggio che veste la giacca rossa (colore della

vendetta che simboleggia il sangue).

Come spesso accade per i dipinti che trattano il tema della storia di Israele, il quadro anche una

mappa segreta che porta, come al solito, dalle Piramidi di Giza e da Gerusalemme sull’Altopiano

delle Rocche in Abruzzo, rappresentato dal tavolo (mesa), dove dovrebbe essere nascosto il

personaggio (o i personaggi) su cui è stata fatta vendetta.

Il monte sullo sfondo è il Monte Velino, visto dalla Marsica, come lascia intendere la pozzanghera

accanto al muretto, che simboleggia l’antico Lago del Fucino (prosciugato).

I personaggi della scena rappresentano i paesi dell’Altopiano ed i loro abitanti, coperti dal

pergolato, cioè cripto-ebrei.

La Donna-Italia rappresenta – topograficamente – la città dell’Aquila ed il personaggio che gli è di

fronte Avezzano.

Su lato destro del dipinto si nota una grande cassa, travisata nella forma di un muro, nella quale

dovrebbero essere riposti i libri segreti contenenti la vera storia di Israele, del “Popolo dei

Vignaioli” e, in particolare, della storia di Gesù di Nazareth.

La cassa è collegata dal tronco della pergola (sinonimo di loggia coperta) e dal suo fogliame al

paese che s’intravvede alle falde del Velino.

Osservando bene sembra che la case siano altrettanti fogli o “tavole”, cioè documenti e mappe.

Si nota inoltre la scritta IOC, che, messa in relazione con la pergola e la casa, significa IO Cristo

sono nel sepolcro “coperto”.

Letta al contrario è COI, ma se si vede nella C una lettera gamma maiuscola e nella I una Y, si

ha GOY, che significa non ebreo, gentile e anche cristiano.

La scritta deve essere interpretata unitamente alle lettere ricavabili dal panno posto sulla panca.

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Dal panno si ricavano le lettere C, U, O, N, M, Y, l’immagine della testa di un pesce con la bocca

aperta (il pesce acrostico IΧΘΥΣ: Ἰησοὺς Χριστὸς Θεοῦ Υἱὸς Σωτήρ, Gesù Cristo Salvatore Figlio

di Dio).

Altre due lettere sono sul tronco della pergola, simili a due occhi con sopracciglia, e sono una S ed

una P, le due consonanti di PES.

La P può essere letta come una ro maiuscola, equivalente alla R dell’alfabeto italiano oppure,

girandola in più versi, diventa b, d, a

Possono essere ruotate ottenendosi così:

- con la P la Svastica Egizia o di Nazareth o Nazi.

- con la S la M di Maria e la Svastica Nazi22.

22 Circa il significato di tale simbologia vedi le osservazioni sulla Madonna del Latte di Gentile da Rocca del 1283.

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Utilizzando le lettere nascoste nel dipinto si ottengono le parole Cristo, Yoshua, Maria, Nazaret,

Ultima Cena, un’espressione in codice per riferirsi alla distruzione definitiva di Gerusalemme.

In questa logica la panca o banco è un banchetto, che, insieme al tavolo, è un’allusione all’Ultima

Cena, vendicata dagli ebrei su Yoshua ed i suoi Compagni.

Il personaggio nascosto è il medesimo personaggio del gatto o capra d’Angora, di cui si è parlato

in precedenza, chiamato dagli ebrei ironicamente anche Coppa Mistica, Sangue Reale, Uomo-

Donna, Enrico (I.N.R.I.), Leone di Gerusalemme etc., verosimilmente lo stesso Gesù di

Nazareth o Yoshua.

Secondo la tesi fin qui sostenuta sarebbe ancora “vivo”, tenuto nascosto in un sepolcro ipogeo, in

uno stato di catalessi o morte apparente, da cui a determinati intervalli si risveglia (anastasis) per

tornare in vita e parlare in guisa di un oracolo.

La sua immagine è quella dell’Uomo-Donna della Sacra Sindone.

Dalla marra, cioè dalla croce ansata, mascherata sotto forma di allettante vagina, sono derivati il

nome di donna Mara o Maria, la parola Amor, che letta al contrario dà Roma, la parola morra.

Alla pratica della marra vanno ricondotti alcuni toponimi, come Sumer e Samarra in Iraq, Samaria

in Israele, Asmara in Eritrea, Marruvium nella Marsica, l’etnonimo Marrucino, l’aggettivo

marrani, usato per indicare i criptoebrei apparentemente convertiti al cristianesimo, più esplicito ed

appropriato sarebbe l’aggettivo amarrati, dallo spagnolo amarrados, riservando marrani o

marranos ai popoli che praticavano la marra o la morra o l’amore sugli ebrei.

Da morra deriva il nome del paese Roccamorrice (PE), che si ritrova attribuito ad un rione di

Rocca di Mezzo, chiamato in dialetto Morr’ce o Morge (Porta della Morge).

Sembrerebbe potersi desumere dal toponimo che Rocca di Mezzo è La Rocca della Morra o della

Marra su Gesù di Nazareth (Yoshua) e che a Rocca di Mezzo “Amore c’è” o “Amori ci sono”, se,

oltre a Gesù, si immaginano “viventi” con lui altri personaggi del Ceancolo.

Gesù ed i suoi seguaci si richiamavano all’antico Amore (Amora in ebraico) del Nazismo egizio

per gli ebrei, in seguito portato a nuovo splendore da Roma (Amor) e culminato con la distruzione

di Gerusalemme, cui seguì la plurisecolare diàspora ebraica.

A tal proposito è interessante riflettere sul fatto che i mores maiorum di Roma antica erano la

tradizione tramandata dagli Amores Maiores o Patres.

La tradizione antiebraica risaliva a Moses, al cui nome si alludeva nell’espressione latina “mos

maiorum”, tradizione degli antichi Padri.

Uno dei principali aspetti del mos maiorum era il sistema pontificale del fas – nefas e del ius –

inius.

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Era fas sacrificare l’infans, la vittima ebrea, e fasti (festosi e fastosi) erano i dies in cui, secondo le

prescrizioni del calendario romano23, si poteva sacrificarlo.

Era nefas non sacrificare l’infans e nefasti i dies in cui non si poteva sacrificare.

Era iustus l’ebreo ustus24 ed era iniustus l’ebreo non ustus.

Da iustus derivò lo Jus25 dei Romani e la Jurisprudentia, in seguito laicizzata fino a diventare un

semplice sistema giuridico formale.

23 Era analogo al calendario islamico che, attualmente, prescrive solo comportamenti e festività simboliche a ricordo del periodo d’oro in cui gli ebrei erano schiavi e vittime dell’Amore (nel calendario islamico è commemorata come una sciagura anche la liberazione del popolo ebreo dalla schiavitù egizia). 24 Ustus significa bruciato ed è il participio passato di uror, ureris, ustus sum, uri (in italiano ne sono derivate le parole in usto e ustione). 25 Jus è la stessa cosa di Justus, Giusto e Jew in inglese.