Azienda Sanitaria Provinciale di Vibo Valentia - UFFICIO COMUNICAZIONE… · 2012-10-08 · UFFICIO...
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UFFICIO COMUNICAZIONE/URP Direttore Dr Sandro Cortese
Rassegna Stampa
06,07 e 08 Ottobre 2012
A cura dell’Ufficio Comunicazione/URP
• . ^ i , . 1 Proseguono le indagini dei Carabinieri che hanno già portato alia denuncia di 21 persone che timbravano e poi sì aliontanavanodal lavorc
In attesa della magistratura l'opinione pubblica ha già emesso la sua sentenza di condanna: «Licenziateli»
ì Carabinieri sono tornati a! poliambulatorio per acquisire altri atti II blitz di giovedì mattina al poliambulatorio
Rosaria Marraffa
Il giorno dopo il blitz al poliambulatorio, che ha portato alla denuncia di 21 dipendenti dell'Asp per assenteismo, dalla città si alza un coro di sdegno. C'è chi è alla ricerca di un lavoro, e propone il licenziamento in tronco di tutti e 21 dipendenti, e chi lavora e non accetta di dover pagare le tasse per garantire lo stipendio a chi non ha voglia di lavorare.
Le indagini dei Carabinieri, intanto, continuano. Ieri i Carabinieri sono tornati al poliambulatorio acquisendo altri documenti. Si cerca, soprattutto, di fare luce sul furto della macchinetta che segna le presenze. E proprio da questo episodio hanno preso il via gli accertamenti degli uomini del maresciallo Pietro Santangelo, culminati nel blitz di giovedì mattina. Agli atti ci sono anche fotogrammi e le risultanze dei pedinamenti che spiegano come si sia arrivati a ipotizzare per 21 dipendenti, tra cui anche dei medici, il reato di truffa.
Si sono così ripetute le scene e i
commenti dell'operazione "In-di-pendenti comunali". Non andare al lavoro e percepire regolarmente lo stipendio non è, evidentemente, per alcuni dipendenti pubblici qualcosa di cui vergognarsi. Al riguardo è stata alquanto dura la reazione dei cittadini di Pizzo: «In un contesto sociale dove un posto di lavoro è quasi una fortuna ed è molto ambito -l'amara riflessione di una corsista che giovedì mattina era impegnata proprio in un corso di aggiornamento presso la sala conferenze del nosocomio napitino - è assurdo che chi ne è beneficiato faccia il furbetto a scapito degli utenti costretti a incassare quella "assenza" e rientrare senza aver concluso nulla. È giusto che siano interdetti dal luogo di lavoro e si proceda con nuove assunzioni».
In tanti sono d'accordo su una punizione esemplare - anche attraverso il licenziamento - al fine di "educare" gli altri dipendenti pubblici sull'importanza di "conservare" un diritto che non tutti hanno: quello di un lavoro.
Di sicuro, qualcuno dei 21 di-oendenti ASD avrà modo di chiari
re la sua posizione, mentre ad altri non rimarrà che assumersi le proprie responsabilità.
L'operazione dei carabinieri è decollata lo scorso giugno ed stata coordinata dal capitano Stefano Di Paolo e da qualche giorno era passata di mano al suo successore al comando della Compagnia, il capitano Diego Berlingie-ri. Il lavoro discreto degli uomini del maresciallo Santangelo ha permesso di accertare che, dopo aver timbrato, qualcuno si dedicava alla spesa o a commissioni varie, altri allo shopping e altri ancora, non paghi del relax delle ferie, si davano all'abbronzatura lungo le spiagge napitine. Giovedì alle 10, quando è scattata l'operazione, i Carabinieri hanno dapprima chiuso le porte e, qualche dipendente che stava rientrando dal bar per la pausa caffè ha accelerato un po' il passo per comprendere meglio ciò che stava avvenendo. Ancora una volta, qualcuno ha tirato un sospiro di sollievo pensando di essere al "riparo" per quel giorno, ignaro però che le indagini valutano ben quattro
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mesi di intercettazioni ambienta- dall'accusa di truffa ma il tribuna- condannato quei "furbetti" che li, telecamere e pedinamenti. \e peggiore da affrontare sarà fuggono dai doveri senza, tutta-
Dovranno ora difendersi l'opinione pubblica che ha già via, rinunciare allo stipendio. <*
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D i ITO. nfìfìnho 3 f Is P n m m ì c c i A R O Ho! I ' A c n US \^ O l I U v?s SC OISO v U l ì E ; S M O O S U ! i v \A\s\l r\*D%J
Rilancio dei servizi sanitari, mancanza di corrette relazioni sindacali, utilizzo dei fondi della contrattazione , buste paghe più leggere nonostante i carichi di lavoro sempre più pesanti e mancata convocazione della delegazione trattante per la sottoscrizione dei contratti collettivi aziendali fermi ormai da quattro 3iT.ni.
Sono questi alcuni dei rilievi che i segretari territoriali Molinaro (Cgil Fp), Lo Gatto (Cisl Fps), Pafumi (Uil Fpl) Soldano (Fsi) e Comitato (Fials) muovono alla Commissione straordinaria dell'Azienda sanitaria provinciale la quale «sembra intenzionata - si legge in una nota dei rappresentanti sindacali -a fare orecchio da mercante. La Commissione, peraltro, più volta cambiata nella sua composizione non può prose
guire sulla strada del non cambiamento facendo lavorare i dipendenti nella confusione organizzativa e oltre tutto, non corrispondendo puntualmente ai lavoratori le indennità per le effettive prestazioni svolte».
I segretari territoriali auspicano che la Commissione prema con più forza sull'acceleratore del cambiamento dell'Azienda sanitaria. «Ci aspettiamo - prosegue la nota - il rilancio dei servizi sanitari. Purtroppo nei due anni di gestione commissariale, nulla o quasi è avvenuto, anche se si è avuta l'opportunità di sanare l'organizzazione dei servizi e del lavoro con il Piano di rientro regionale e con il nuovo atto aziendale, più volte modificato unilateralmente, senza una vera concertazione , con le parti sociali». •« (Li.)
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Interessati autisti, infermieri e ausiliari. Rappresentanti sindacali ricevuti dal responsabile risorse umane dell'Asp che ha assicurato la risoluzione del caso
I ritardi dovuti al cambio del sistema informatico. La protesta: «Risparmiano su di noi, perché non tagliano i fitti»
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Gli uffici dell'Azienda sanitaria di via Dante Alighieri
Da cinque mesi non percepiscono le indennità. Autisti, personale infermieristico e ausiliari in servizio al Suem 118 ieri mattina hanno fatto sentire la loro voce ponendo al vaglio dell'Asp un problema che si protrae, ormai, dal mese di maggio.
Rappresentanti sindacali di categoria sono stati ricevuti dal responsabile risorse umane dell'azienda che ha assicurato loro che non appena il nuovo sistema informatico integrato -che comprende pure le retribuzioni dei dipendenti - comincerà a girare a pieno regime ogni disfunzione sarà risolta. Pertanto, secondo l'Asp, si trat
ta di problematiche tecniche che necessitano solo di alcuni aggiustamenti. Anche perché, sulla base di quanto è stato evidenziato dallo stesso direttore sanitario Francesco Miceli, il nuovo prodotto informatico «è estremamente migliorativo».
Ma il problema posto dal personale del 118 ha di fatto acceso i riflettori anche su una serie di questioni sulle quali la stessa Azienda sanitaria è chiamata a riflettere, anche alla luce delle scarse risorse finanziarie a disposizione.
Nel corso della loro protesta, i dipendenti oltre alla mancata corresponsione degli emolumenti riguardanti indennità di
rischio, nonché altre spettanze concernenti il lavoro straordinario, il trasporto di organi, di sangue e altri servizi, hanno voluto evidenziare le scelte poco oculate in materia di tagli e di sprechi. «Ma possibile che qui si pensa di risparmiare su di noi e poi si sperpera tanto denaro consentendo dei fitti passivi faraonici? Ma perchè l'Asp nonostante tante strutture nate per ospitare addirittura ospedali, mi riferisco ai locali di Pizzo, per non parlare di Ni-cotera e Soriano che magari sono più distanti, preferisce continuare a spendere tanti soldi per pagare affitti di locali per magazzini, uffici sanitari e di-
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partimenti vari? Perché nessuno tira fuori queste spese? A noi comunque non interessa di chi sono questi locali e se ci sono degli interessi sotto banco». Osservazioni che arrivano da parte di personale che opera in un settore tra i niii delicati della sanità, ovvero il servizio di emergenza, chiamato a sopportare anche minacce e ritorsioni da parte di chi vorrebbe sotto casa un'ambulanza ad ogni costo anche per una semplice febbre.
«Sì, ci sentiamo sotto tiro -dicono - qui non c'è la cultura del 118, nessuno si rende conto che il nostro esclusivo obiettivo è quello di fronteggiare le situazioni di emergenza. Ma è difficile far passare questo messaggio. La gente chiama il 118 per qualsiasi cosa, la medicina sul territorio non esiste più. Non ci si affida né ai me
dici di base e, tantomeno, alle guardie mediche, per tutti c'è il 118. Non è possibile andare avanti in queste condizioni. E quando ci rifiutiamo di mandare le ambulanze allora ci minacciano, ci dicono che ci denunciano...».
Ma non è tutto, il personale del 118 si fa interprete anche di tante altre situazioni che mettono in serio pericolo lo stesso servizio di emergenza. «Abbiamo un ospedale senza posti letto e nello stesso tempo con reparti che sono stati chiusi negli anni precedenti e servizi ridimensionati. In queste situazioni e in presenza di carenza di posti letto le nostre ambulanze non fanno altro che operare giornate intere in trasferimenti di pazienti. Da Lamezia i sririG 3 vjSrsnzsrOj 3 ViOscnzo.., agli ospedali più sperduti della
Calabria e anche di fuori regione quando si tratta di problematiche psichiatriche».
Una situazione gravissima che espone a un lavoro immane il personale del Suem «ma ciò nonostante non abbiamo mai preso il premio di produttività. Invece per quanto riguarda i dirigenti e responsabili di Dipartimento viene tutto corrisposto. Noi abbiamo un monte ore di straordinario, ma capite bene che di fronte ai continui trasferimenti il monte ore viene subito raggiunto da parte di tutti».
Insomma per autisti, infermieri e ausiliari del Suem non solo ritardi nel pagamento delle indennità, ma anche tante altre problematiche che necessitano di interventi immediati, prima che sia troppo tardi. ^ (n.l.)
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Il ritorno dei carabinieri. L'inchiesta su Pizzo vede altre nove persone ancora da identificare
Assenteisti, secondo giorno all'Asp Uno dei ventuno indagati rischia l'incriminazioneper danneggiamento
Chi spariva
di giorno
e tornava di notte
di PIETROCOMITO
C'ERA chi arrivava in un ufficio in costume, timbrava, andava in spiaggia e rientrava solo per registrare l'uscita. Cera chi andava a fare la spesa, pagava le bollette, andava a fare shopping in orari di lavoro. E c'era addirittura chi, di giorno, disertava il posto di lavoro, benché teoricamente presente, ma ricompariva di notte. Probabilmente, sospettano gli inquirenti, per... imboscarsi lontano da occhi indiscreti. Un'umanità variegata quella spiata per mesi dai carabinieri della stazione di Pizzo, al poliambulatorio che sorge a poche centinaia di metri dal loro quartier generale. Un'indagine che i militari del maresciallo Pietro San-tangelo hanno avviato sin dal mese di giugno, monita-rando, attraverso il "grande fratello" allestito attorno al presidio sanitario della città costiera ed il loro servizi di pedinamento, ogni movi
mento. Quanto necessario per dare riscontro ai sospetti e alle soffiate, che raccontavano di molti dipendenti tutt'altro che stakanovisti. Loro, i militari della Benemerita, alla Procura di Vibo valentia ne hanno segnalati ventuno. E' il sostituto procuratore Vittorio Gallucci ad occuparsene e la sua è un'indagine di quelle a porte girevoli. Perché tra quei ventuno ci sarebbero alcuni dipendenti - tra operatori e ufficiali sanitari e amministrativi - che di stare in ufficio non ne avrebbero voluto in corpo. E ce ne sarebbero altri sgamati fuori molto più di rado, forse per ragioni di servizio. E, anche se fosse per altro, una scappatella dal luogo di lavoro, una tantum, astrattamente, la si potrebbe perdonare. Insomma il numero degli indagati potrebbe scendere. Ma potrebbe anche salire, perché ventuno sono i segnalati alla Procura e poi iscritti sul libro nero, ma altri dieci dipendenti sono attenzionati in via di identificazione. Una volta identificati, infatti, gli inquirenti dovranno confrontare quanto a loro risulta e quanto, invece, si ricava dai fogli presenza. Molto di
penderà dai documenti acquisiti, sempre su ordine del pm Vittorio Gallucci, negli uffici dell'Azienda sanitaria dove, dopo il blitz di giovedì, i carabinieri ieri sono tornati. S'indaga per truffa e falso, già. Ma almeno uno potrebbe passare guai anche per il danneggiamento aggravato della macchinetta marcatempo divelta e messa fuori uso lo scorso 9 settembre. Un fatto strano, anomalo. Quel gesto forse rivela che qualcuno, tra i presunti furbetti del cartellino di Pizzo, aveva fiutato qualcosa. L'unica circostanza certa è che pun
tata su quella macchinetta i carabinieri avevano sistemato una microcamera e, quindi, il danneggiamento è stato filmato in presa diretta. Inchiesta avan
ti, dunque. Anche ieri i militari dell'Arma hanno interrogato numerose persone informate sui fatti, passando in rassegna, praticamente, tutti i dirigenti sanitari. Tra qualche settimana del lavoro su Pizzo saranno tratte le conclusioni.
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I carabinieri davanti alla sede dell'Azienda sanitaria di Vibo
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« DAVVERO da raccontare l'odissea di un iscritto Ci-sal costretto a subire l'arroganza di un dipendente dell'Asp e e i ritardi del richiesto intervento delle forze dell'ordine ». E ' quanto scrive il segretario Filippo Curtosi, che racconta la storiadiP. A. che «nei giorni scorsi si è portato presso lo sportello ticket». Pagato il ticket, unitamente alla moglie, raggiungeva il centro prelievi di viale della Pace. «Erano le 9,40-sostiene Curtosi - quando un
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La denuncia
Un caso di diritti violati>
addetto, peraltro privo di tesserino di identificazione, allapresentazionedelle prescrizioni mediche rispondeva che non sarebbe stato possibile effettuare i prelievi né lasciare il contenitore in cui erano state raccolte delle urine in quanto fuori orario. Premesso che l'orario di chiu-suradelservizioerafissato perleore 10,comedelresto indicato nel cartello esposto all'ingresso del servizio, l'utente non comprendeva l'atteggiamento dell'addetto che addirittura lo
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invitava a rivolgersi al primario per chiedere l'autorizzazione all'espletamento degli esami di laboratorio. Al cospetto di questa assurda asserzione, il signor P. A. protestava legittimamente rivendicando il suo diritto alla prestazione. Di fronte all'ulteriore diniego, il signor P.A., alle 9.49, telefonava al 112 raccontando l'accaduto e chiedendo un intervento della volante. Per tutta risposta sièsentitodirechel'esigui-tà della denuncia non consentiva l'invio sul posto di
una pattuglia e che lo stesso avrebbe dovuto recarsi presso la Caserma per esporre denuncia. Raggiunta in via P.E. Murmu-ra, dopo un'ora di defatigante attesa, il signor P. A. si sentiva dire che la denuncia non era possibile effettuarla per l'assenza del militare addetto. Sconfortato non gli restava che portarsi alla Questura dove, finalmente, veniva raccolta la sua deposizione ».
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Sanità, la denuncia delle organizzazioni di categoria che contestano la commissione straordinaria
«Calpestate le corrette relazioni sindacali» Tradite le aspettative di cambiamento in un comparto da sempre in crisi
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L'ingresso dell'ospedale "Jazzolino" di Vibo Valentia
Ignorate le diverse richieste d'incontro
«LA commissione straordinaria dell'Azienda sanitaria provinciale di Vibo Valentia disconosce le corrette relazioni sindacali» . E' quanto denuncianoinunanotacongiuntai segretari di Cgil-Fp, Cisl-Fps, Uil-Fpl, Fsi e Fials, Cecé Molinaro, Lello Lo Gatto, Domenico Pafumi, Domenico Soldano e Nino Comito. Contestano come a fronte della reiterata richiesta di «convocazione della delegazione trattante per la sottoscrizione del contratti collettivi azien
dali, fermi da quattro anni», la commissione faccia «orecchio da mercante e unilateralmente utilizza fondi della contrattazione ed
avviaprogetti, coinvolgendo una minima parte di personale, prelevando le somme dal fondo della produttivi-tàdei dipendenti. Ilsin-dacato scrive alla Com
missione per chiedere notizie sul mancato pagamento, sin dal mese di giugno, delle prestazioni di emergenza-urgenza effettuate dai lavoratori di pronta reperibilità ed in interventi d'urgenza, in lavori notturni feriali e festivi ed in lavori diurni prestati in giorni festivi e «nessuna risposta viene data, pur avendone sollecitato il pagamento delle indennitàdovute. La mancanza di relazioni sindacali all'interno dell'Asp vibonese- si legge nel documento - ha instaurato un malcontento generale e sofferente agitazione nel personale, che si vede costretto in un momento di ristrettezze economiche, per il già tagliato stipendio dal blocco daparte del Governo, dei contratti nazionali fino al 2015, a dover lavorare in precarie situazioni organizzative, per altro in momenti di emergenza urgenza, e non trovarsi nella già alleggerita
busta paga le indennità per lavoro prestato in emergenza-urgenza, a causa della poca attenzione sulle problematiche che riguardano l'organizzazione del lavoro e le risorse economiche del personale dipendente».
La Commissione straordinaria non può «proseguire sulla strada del non cambiamento, facendo lavorare i dipendenti nella confusione organizzativa e, oltre tutto, non corrispondendo puntualmente ai lavoratori le indennità per le effettive prestazioni svolte, aggravando ulteriormente le precarietà e i disagi anche economici, per la poca attenzione del Commissione dimostrata anche attraverso la non sottoscrizione dei contratti collettivi aziendali, arretrati di quattro anni».
Eppure i sindacati avevano «auspicato il cambiamento e il rilancio dei servizi sanitari erogati alla collettività, ma purtroppo, in questi quasi due anni di commissariamento, nulla o quasi - affermano i sindacalisti - è avvenuto, anche se si è avuta l'opportunità di "sanare" l'organizzazione dei servizi e del la-voro,conilpianodirientro regionale e con il nuovo atto aziendale, più volte modificato unilateralmente, senza una vera concertazione, con leparti sociali. Si èproseguito sulla vecchia strada del nulla cambiare per consentire il collocamento delle strutture complesse e semplice, non sulle reali necessità sanitarie del territorio, anche attraverso la creazione di una funzionale rete sanitaria territoriale, masulle risorse professionali in forza». I sindacati, però, «non si rassegnano a questo stato di cose, bensì rilanciano con forza la volontà di arrivare ad una ottimizzazione del servizio sanitario vibonese, per sconfiggere anche l'emigrazione sanitaria e lo sperpero della denaro pubblico sanitario, rivendicando il diritto alla concertazione e alla contrattazione, pure in questi ultimi tre mesi di commissariamento dell'Asp vibonese.
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La grande idea di Nazzareno Salerno... NELL'ASSORDANTE silenzioche avvolge lo spazio aereo calabrese, si registra, improvviso l'appassionato "decollo" del consigliere regionale Nazzareno Salerno da Serra San Bruno il quale, con manovra spericolata, hacongetturatola (ri) costituzione della Provincia di Catanzaro (Vìbo Valentia e Crotone. .. solonelnome).
Nonostante sianotoquantopos-sano osare taluni piloti di "certe" Compagnie, rileviamo come tale manovrarasentidisforarelasfera della prudenza, intesa come affidabili tà. Secondola talen tuosaipo-tesi del predetto, infatti, dovremmo essere ben felici nell 'essereprivati di Prefettura, Questura, Comando provinciale di Carabinieri, Guardia di Finanza, Cfs, Vigili del Fuoco, Asp, Direzione provinciale del Lavoro, Uff. Scolastico Provinciale, Ragioneriaprovinciale dello Stato, Agenzie delle Entrate, Agenzia provinciale Poste Italiane, Motorizzazione Civile, Fra, Camera di Commercio, Ufficiprovin-cialiInpsedInail,Aci, CroceRossa Italiana, Ordini e Collegi professionali, sezioni provinciali asso
ciative ed altro (oltre duemilaposti di lavoro in meno... milioni di euro di reddi tipercepiti e spesi altrove).
Il governo Monti decide che le Province siano "enti inutili" (ma non tutte... Si dà il caso) ed ecco che, vivace assai, il consigliere regionale Salerno ne auspica una nuova(?), bella, grande eproduttiva: come un Asse di vecchia memoria: laGrande Catanzaro.
Nelle aspettative proprie e della Compagnia solamente, in ogni caso. Siamo convinti che se il consigliere Nazzareno Salerno avesse dovuto rispondere al territorio e nonallasegreteriadelpartitod'ap-partenenza, sicuramente avrebbe contrastato sul nascere tale grandiosa invenzione. Amando così tanto il territorio di Catanzaro, trasferisca la propria residenza in quelluogoe da quelleparti si faccia eleggere, alleprossime tornate.
Si ribadisce, per coloro i quali non avessero ancora ben compreso, come l'abolizione della nostra Provincia e di quelle e. d. minori(?) nonporterebbealcunodei tantiau-spicati benefici per lo Stato (i ri
sparmi sono irrisori, in effetti) ma sarebbe soltanto titolata a complicare maggiormente la vita a quei cittadiniche vivonogià "spericolati".
L'idea di Salerno avrà effetti devastanti per il nostro territorio, conl'inevitabile ricaduta in termini occupazionali ed economici, oltre che inprestazione di servizi resi a cittadini, imprenditori e com-mercian ti. Le gestioni della viabilità, dello smaltimento dei rifiuti, dell'edilizia scolastica, della pro-grammazioneeconomicadel territorio torneranno nelle competen-zedellaProvinciadi Catanzarocon conseguente danno in termini di rappresentanza, difficoltà burocratiche, lontananza delle Istituzioni, indebolimen to del con trollo, scarsa presenza sul campo, cancellazione dell'identità di un Territorio. Sarebbe interessante conoscere, al riguardo, l'opinione di parlamentari e consiglieri regionali eletti nel territorio vibonese tutti.
Il Comitato Spontaneo per la tutela
dellaProvinciadi Vibo
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Piperno: «Lavorano senza gli indumenti idonei»
Lavoratori della Ecoshark schierati contro l'azienda
LO Slai Cobas nella persona del coordinatore provinciale, Nazareno Piperno, si rivolge all'Asp di Vibo Valentia, ai sindaci dei comuni di Pizzo, Tropea, Rom-biolo, Jonadi, Filandari, Mileto, San Calogero, Lim-badi, Zambrone, Ricadi e Spilinga, oltre che, per conoscenza, al Prefetto di Vibo Valentia e alla stessa azienda Ecoshark per sottoporre all'attenzione degli stessi la tragica situazione in cui si versano i lavoratori dipendenti della azienda, «costretti - si legge nella missiva - di fatto a lavorare privi della pur prescritta sorveglianza sanitaria e con indumenti di lavoro assolutamente inidonei allo scopo, perché non omologati o perché palesemente fuorimisura».
Tale situazione, già più volte denunciata dalla stessa organizzazione sindacale, espone i lavoratori alle conseguenze pregiudizievoli facilmente immaginabili . Con questa segnalazione, quindi, lo Slai Cobas intende sensibilizzare i Comuni e gli organi preposti
Nazzareno Piperno (Slai Cobas)
ad intervenire «per ripristinare una situazione di legalità e far cessare gli abusi ed i gravi inadempimenti di cui l'azienda in questione si rende ogni giorno protagonista - rilevando oltretutto - come la responsabilità di eventuali patologie o infortuni che dovessero verificarsi per i motivi sopraccitati, a danno dei lavoratori, non potrà che ricadere a carico degli stessi Enti per omessa vigilanza».
Lo Slai Cobas, intende anche prendere posizione riguardo all'annoso problema dei ritardi nel pagamento degli stipendi dei lavoratori, «che-si legge nella lettera -per responsabilità diretta dell'azienda ha determinato un degrado economico delle loro famiglie e ciò non può essere più tollerabile, in quanto è già difficile arrivare a fine mese qualora gli stipen
di fossero corrisposti con puntualità. Inoltre - continua la nota - assistiamo giornalmente a livelli culturali bassi dell'azienda, infatti - denuncia lo Slai Cobas - quando i lavoratori vanno a chiedere di essere retribuiti succede spesso che i titolari dell'azienda rivolgendosi ai lavoratori "con spirito da patata", rispondono: forse per Natale sarete retribuiti ».
ambr. sca. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Contratti collettivi bloccati da 4 anni Sindacati vs Asp « Sordi alle richieste, nulla è cambiato
I contratti collettivi aziendali «sono fermi da quattro anni». Per questo le organizzazioni sindacali si erano mosse al fine di incontrare la controparte, l'Asp di Vibo Valentia, e procedere ad una nuova sottoscrizione. Ma davanti si sarebbero trovate un muro di gomma. Lo sostengono, in un comunicato stampa congiunto, Molinaro (Cgil), Lo Gatto (Osi), Pafumi (Uil), Soldano (Fsi) e Comito (Fials). A loro parere «la commissione straordinaria disconosce le corrette relazioni sindacali», e farebbe «orecchio da mercante» utilizzando «unilateralmente fondi della contrattazione» ed «avviando progetti, coinvolgendo una minima parte di personale, prelevando le somme dal fondo della produttività dei dipendenti, replicando alla richiesta delle organizzazioni con il diniego perché, ad avviso della commissione, la progettazione non rientra fra le materie della concertazione-contrattazione, ignorando che le somme vengono sottratte alla contrattazione e non prelevate, come maggiore spesa, dal bilancio dell'azienda, citando a "ca
saccio" norme legislative non rientranti nella materia in specie per forviare sulla problematica contrattuale e proseguire con il vecchio sistema dell'elargire denaro di personale, cui è obbligata la contrattazione». Ma i cinque sindacalisti non si fermano qui. E chiedono alla commissione «notizie sul mancato pagamento, sin dal mese di giugno, delle prestazioni di emergenza-urgenza effettuate dai lavoratori di pronta reperibilità e in interventi d'urgenza, in lavori notturni feriali e festivi ed in lavori diurni prestati in giorni festivi e nessuna risposta viene data, pur avendone sollecitato il pagamento delle indennità dovute». Questa situazione avrebbe instaurato un «malcontento generale e sofferente agitazione nel personale». Il giudizio sulla terna prefettizia è duro: «La commissione straordinaria, per altro più volte cambiata nella sua composizione, riteniamo non possa proseguire sulla strada del non cambiamento, facendo lavorare i dipendenti nella confusione organizzativa e, oltre tutto, non corrispondendo puntualmente le indennità per le effettive
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prestazioni svolte, aggravando ulteriormente le precarietà e i disagi anche economici, per la poca attenzione dimostrata anche attraverso la non sottoscrizione dei contratti collettivi aziendali, arretrati di quattro anni». Le organizzazioni sindacali - conclude la nota - «nel momento dell'amaro evento dell'insediamento della commissione per le gravi e negative vicende della sanità vibonese, hanno auspicato il cambiamento, ma purtroppo, in questi quasi due anni di commissariamento, nulla o quasi è avvenuto, anche se si è avuta l'opportunità di "sanare" l'organizzazione dei servizi e del lavoro, con il piano di rientro regionale e con il nuovo atto aziendale, più volte modificato unilateralmente, senza una vera concertazione. Si è proseguito sulla vecchia strada del nulla cambiare per consentire il collocamento delle strutture complesse e semplice, non sulle reali necessità sanitarie del territorio, anche attraverso la creazione di una funzionale rete sanitaria territoriale, ma sulle risorse professionali in forza».
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h i i c i n o k i TI ZITTII TI Q r i i i IT I TvriTTiQTif^ Q crii irn^nfTì P Y ^ ccpccA fA misi neua nomina ai un primario, a giuaizio i ex assessore
Alberto Sarra
Giuseppe Mercyrlo CATANZARO La sua posizione era stata stralciata mentre quella degli altri coimputati era proseguita regolarmente. Ora le due strade processuali si sono riunite. Il giudice dell'udienza preliminare di Catanzaro Maria Rosaria Di Girolamo (cancelliere Paola Mondello) ha rinviato a giudizio l'ex assessore e attuale sottosegretario alle Riforme della Regione
Calabria, Alberto Sarra, nell'ambito dell'inchiesta su presunti abusi connessi alla nomina del primario di neurochirurgia dell'ospedale di Reggio Calabria.
Nell'udienza di ieri pomeriggio la difesa aveva chiesto di rinviare il procedimento in attesa che la Cassazione decida in merito alla richiesta di ricusazione presentata nei confronti della stessa Di Girolamo che in precedenza si era occupata del caso, quando nei mesi scorsi emise il provvedimento cautelare con il quale il sottosegretario è stato temporaneamente interdetto dai pubblici uffici, provvedimento poi revocato dal tribunale del riesame il 30 maggio scorso. La Corte d'appello respinse la richiesta di ricusazione che ora è pendente in Cassazione. Ma dopo una breve camera di consiglio il giudice ha respinto la richiesta. Dopo la requisitoria del pm Gerardo Do-minijanni e l'intervento della di-fesa, il rinvio a giudizio.
La posizione di Sarra, come accennato, era stata stralciata nelle scorse udienze mentre
erano stati rinviati a giudizio per gli stessi fatti l'ex presidente della Regione, Giuseppe Chia-ravalloti, gli ex assessori regionali Saverio Zavettieri e Gianfranco Luzzo, e un medico dell'ospedale di Reggio Calabria, Saverio Cipri. Proprio ieri mattina, davanti al Tribunale collegiale di Catanzaro, sarebbe dovuto iniziare il processo ma per un difetto di notifica a una parte civile, l'ex direttore generale dell'Azienda ospedaliera Bianchi Melacrino, Renato Ca-rullo, l'udienza è stata rinviata al 22 febbraio, lo stesso giorno per cui è stata fissata la prima udienza per Sarra. Quel giorno, con molta probabilità, i due procedimenti saranno unificati.
Secondo l'accusa, Sarra, nel febbraio 2005, avrebbe minacciato Carullo per costringerlo a nominare Cipri quale primario del reparto di neurochirurgia. Chiaravalloti, Zavettieri e Luzzo, sono accusati di tentata concussione perché avrebbero minacciato Carullo di revocargli l'incarico di direttore generale poiché si era opposto alla nomina di Cipri. *
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dietro le Quinte
«In 15 anni non si è mai fatto un
bando dì gara I fornitori erano sempre gU stessi»
LOCRI (RC) Soltanto chi lo ha vissuto, chi ne ha bazzicato i piani alti, può raccontale l'inferno dell'ospedale di Locri. Solo chi lo ha toccato con mano, e ora ne custodisce i segreti, può svelare il mistero deEa tac o il malaffare che, come una cappa, regna sovrano su quel nosocomio. Solo chi c'è stato, chi ne ha assaporato l'ebbrezza del comando, può dar conto delle clientele che hanno governato il fiume di denaro pubblico sperperato e negato ai malati. Maurizio Marchese, dal 2004 al 2008, ha prestato servizio aB'Asl 9, ricoprendo il ruolo di direttore amministrativo. Oggi, dunque, può dire la sua. Quando si racconta ai giudici del Tribunale ufficializza una ovvietà: «In 15 anni non si è fatto un bando di gara. Anche quando si trattava di acquistare prodotti generici, i fornitori erano sempre gli stessi. Ho più volte scritto all'ufficio competente, ma mi è
stato riferito che c'erano dei problemi tecnici ». Denaro, soltanto denaro. Favori, soprattutto favori che ingrassano il pacchetto voti. Morti, anche morti ammazzati. Bombe, pure quelle: due disinnescate. Dicono fossero per la moglie e il fratello del definito Francesco Fortugno, primario del Pronto soccorso
ucciso in un agguato. Pistole, una. E' stata rinvenuta dalla poBzia di Sdemo. La chiamavano Asl 9, ma era un bunker in cui volevano starci in tanti. Tutti si azzannavano per ima nomina. Tutti ad abbordare quei miliardi di euro che, ogni anno, ingozzano la vorace Lo-cride. Partiti, clan di 'ndrangheta, funzionari da strapazzo. Destra, sinistra, centro, transfughi, chi era di là e ora è passato di qua, chi era di qua e adesso se ne sta di là, capimafia che hanno sistemato pargoli e fidati, autorevoli manager. Sono inarrestabili, i reucci della sanità made in Locride. Dove, un tempo, gli ospedali aprivano come i supermercati. Due nel raggio di tre chilometri, uno a Locri e imo a Siderno, agli altri niente. Due bestioni ammassati per compiacere goffe logiche di campanile, intorno il vuoto. Quando ne hanno az
zoppato uno, i poEticanti hanno guidato la rivolta. Nel nosocomio più ispezionato al mondo, per la Dda di Reggio, prestava servizio come caposala anche il mandante del delitto Fortugno, Alessandro Marciano. Dopo la morte del politico, il prefetto Basitone
suggerì il commissariamento per mafia: «Nelle corsie deD'Asl 9 lavorano figli, mogli, nipoti e parenti di boss della ndrangheta. In questo ospedale - annotò nella sua relazione - ha svolto la sua professione il medico Gino Marino, morto ammazzato».
il.fil.
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Il buco nella sanità si allarga con decreti ingiuntivi e cause in tribunale. A Reggio sono 1.200 all'anno
I giudici: «Atti alla Corte dei Conti » A un medico VAsp ha riconosciuto il debito ma è stato trascinato in giudizio
Dietro l'angolo un presunto
danno erariale
di PASQUALE VIOLI
LOCRI - Il Tribunale di Locri trasmette gli atti alla Corte dei Conti per presunto danno erariale causato da una mala gestione all'interno dell ' Asp 5. Come si fa a creare un buco milionario all'interno del comparto sanità in Calabria? La risposta imporrebbe un'analisi complessa, ma i metodi "usati" per sperperare i soldi pubblici sono svariati.
Uno di questi, forse tra i più utilizzati dalle amministrazioni delle varie Asp, è quello di portare in Tribunale i contenziosi con i pazienti , pratica che può essere condivisa, ma anche di andare spesso davanti un giudice trascinati da dipendente o da un fornitore dell'Azienda sanitaria che vanta un credito che gli spetta palesemente. Così una spesa di poche migliaia di euro, tra interessi e spese legali, lievita fino a sfiorare la doppia cifra. E la stima delle cause perse dalle aziende sanitarie nei confronti dei ricorrenti sfiorail 75%, almeno inprovincia di Reggio Calabria. Insomma ogni 4 cause iniziate da fornitori o dipendenti delle Asp la sanità calabrese ne perde 3.1 costi raddoppiano, anzi triplicano e il disavanzo aumenta. Il dato positivo, a secondo di come lo si legge, è che gli uffici legali, fuori e dentro le Aziende sanitarie provinciali,
lavorano. E che la sanità calabrese non stia in piena salute lo cer
tificano anche le delibere della Corte dei Conti. L'ultima è datata 20 luglio 2012 e riprende in più occasioni l'imperativo del blocco delle assunzioni per incarichi esterni di qualsivoglia genere o motivo, assunzioni bloccate almeno fino al 31 dicembre 2014. La Corte dei Conti si esprime in linee generali rivolgendosi a tutta la sanità pubblica calabrese, ma il parere depositato il 20 luglio scorso è in linea perfetta con un precedente "invito" fatto sempre dal Tribunale amministrativo rispetto alle assunzioni non in linea con il piano di rientro. In provincia di Reggio Calabria la situazione diventa più acuta e "pericolosa" con casi specifici ben conosciuti, con assunzioni decretate illeggittime e con dipendenti o ex dipendenti pronti a trascinare in tribunale l'azienda pubblica. Intanto sul territorio reggino i decreti ingiuntivi presentati nei confronti delle Asl prima, e del-l'Asp poi, si attestano sui 1.200 all'anno, con un picco che ha sfiorato i 5 mila ricorsi nel 2009. A conti fatti si può capire quanti siano i soldi usciti dalla casse pubbliche solo per cause legali. Il gioco è semplice e diabolico: si accumulano debiti, si va in Tribunale e si paga più di quello che è dovuto con interessi e affini. L'ultimo caso, uno di quelli che si accoda al migliaio del 2012, si consuma al Tribunale del Lavoro di Locri dove un giudice ha condannato l'Azienda sanitaria al pagamento dei danni dopo il ricorso di un medico di base a cui dal 2000 l'ex Asl numero 9 ha illeggittimamente non riconosciuto il pagamento
delle quote di 29 pazienti da lui regolarmente tenuti in quota di utenti. Per ben 11 anninonostan-te le richieste del dottore fossero legittime l'Azienda ha risposto "picche", accumulando interessi e quanto altro. Poche settimane fa la sentenza del Giudice del lavoro ha quantificato le poche migliaia di euro che all'inizio si dovevano al medico in qualcosa come 32 mila euro (60 milioni di vecchie lire se si fa riferimento al 2000) tra soldi da riconoscere al dottore, interessi, spese legali e consulenze. In più ha trasmesso gli atti alla Corte dei Conti per le eventuali ipotesi di danno erariale. E questo perchè la vicenda appare due volte strana: da una parte era chiara la ragione del medico che si trovava a dover dare assistenza a 29 pazienti regolar e-mente iscritti ai regitstri, una as
sistenza palesemente dimostrabile ma non riconosciuta economicamente, dall'altra l'ex commissario straordinario del-l'Asp Rosanna Squillacioti, oggi direttore generale dell'Azienda sani
taria di Reggio Calabria, non solo con un documento ufficiale «aveva riconosciuto - come scrive il giudice - la fondatezza delle pretese del ricorrente, ma ne aveva anche ordinato la liquidazione per non incorrere in ulteriori aggravi di spesa». Invece qualcuno, probabilmente l'ufficio legale dell'Ente, ha deciso di ricorrere con una «ratio - scrive ancore il giudice nella sentenza - che non è dato comprendere, generante un danno erariale che si sarebbe potuto evitare facilmente».
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CARTELLA CLINICA DIGITALE
I dati sanitari sono miei e li voglio subito La dematerializzazione dei rapporti con le istituzioni, il cosiddetto switch off, ovvero l'abolizione di ogni interazione fisica e cartacea, è uno strumento potentissimo per semplificare la vita dei cittadini, riducendo il costo e il peso della burocrazia, facendo risparmiare tempo e denaro, migliorando la qualità di tutti i servizi erogati. Notevoli risparmi, quindi, dovrebbero arrivare anche dalla digitalizzazione delle cartelle cliniche da parte delle strutture sanitarie. Come si legge nel decreto, «A decorrere dal 1° gennaio 2013, la conservazione delle cartelle cliniche può essere effettuata, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, anche solo in forma digitale..., le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle strutture sanitarie private accreditate».
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In un file tutta la storia del paziente Obiettivo: dematerializzare cartelle cliniche e prescrizioni mediche, attivando anche il fascicolo sanitario. Il tutto con la logica del «tecno-riuso»
di Francesca Cerati
Tecnicamente è lo scenario ideale. Le norme relative alla Sanità - vale a dire fascicolo sanitario, cartella clinica e ricetta tutti in formato
digitale - descritte nel decreto Sviluppo appena approvato, sotto il profilo tecnologico vanno nella direzione di offrire una migliore qualità del servizio al paziente e contemporaneamente di ridurre i costi a carico del Servizio sanitario nazionale.
In diverse regioni le piattaforme informatiche per realizzarle già esistono, anche se non in maniera omogenea. «Mancava però un quadro normativo che desse una forte spinta, anche in termini di riuso di alcune best practise -commenta Luca Buccoliero, docente del dipartimento di Marketing dell'Università Bocconi e ricercatore del Cer-mes Bocconi -. Il decreto, in pratica,
traccia un percorso virtuoso e rapido, condiviso e imposto per legge. Anche se il riuso - concetto di cui si parla da 15 anni - non è a costo zero, possiamo però immaginare un abbattimento importante dei costi di prototipizzazione. Senza questo presupposto il volume economico di innovazione sarebbe decisamente impegnativo. Basti pensare che ci sono ancora regioni che hanno seri problemi di anagrafe dell'assistito, parecchi passi indietro rispetto al fascicolo sanitario elettronico...».
A livello di infrastrutture di base, quindi, il primo passo è rappresentato dal mettere ordine all'anagrafe degli assistiti, anche se l'obiettivo 2014 è quello di arrivare all'unificazione della carta d'identità elettronica con la tessera sanitaria. Senza entrare nei problemi organizzativi che sottende questa modalità, e che coinvolge Pinteroperabilità delle Asl, dei comuni e delle regioni, da un punto di vista tecnologico, la gestione del rapporto delle istituzioni col cittadino potrebbe passare da una modalità strategica alternativa: il mobile.
«Senza fornire al cittadino l'ennesima card, ognuno di noi possiede già una
sim che garantisce lo stesso tipo di riconoscimento» spiega Buccoliero. Il cellulare, insomma, si presta molto bene allo scopo anche perché tutto quello che "viaggia" sulla propria sim è sicuro.
«Questa è la strategia adottata dagli Stati Uniti - continua l'esperto -. Hanno scelto di mettere al centro del sistema il paziente e in un'ottica di efficienza e di efficacia, spingono sull'e-health e su tutti i servizi a valore aggiunto erogabili attraverso supporti digitali».
Di fatto, offrono un'infrastruttura leggera di base e completamente web. Così, il progetto diventa più semplice e fattibile e non richiede grandi infrastrutture regionali. In questo modo, poi, si responsabilizza anche il paziente sulla propria salute» aggiunge Buccoliero che sottolinea tra l'altro che proprio il cittadino, in questa nuova riorganizzazione digitale potrebbe essere la chiave di volta: «Io, Stato, fornisco uno spazio (fascicolo sanitario digitale) e tu, cittadino, - se vuoi - puoi popolarlo inserendo i tuoi dati sanitari». «Si tratta di una modalità economica per il sistema sanitario e facilmente riconoscibile: ci sono informazioni certificate inserite dal medico e quelle non certificate inserite dal paziente».
Un "caso" italiano interessante da questo punto di vista è l'azienda sanitaria di Chiavari, che per il fascicolo sanitario ha adottato un sistema che ha chiamato "conto corrente salute", ovvero un'infrastruttura sulla quale ogni assistito è libero di gestire i suoi dati. Questa potrebbe essere una soluzione se una regione deve partire da zero. «Occorre iniziare a pensare a piattaforme che possono essere impiegate direttamente dal cittadino o nelle quali il cittadino ha un ruolo molto forte. E la via più percorribile per gestire il rapporto con il cittadino è quella di sfruttare la tecnologia più diffusa in assoluto: il cellulare appunto».
«Se la logica - precisa Buccoliero - è offrire un servizio al cittadino, allora ragionevolmente, sia l'autenticazione della persona sia l'utilizzo del sistema che viene creato dovrebbe prevedere un canale sullo smartphone, che può essere sotto forma di app o sito web, dai quali si può visionare anche la cartella clinica».
«Pensiamo a una realtà come il Giap-
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pone - conclude l'esperto - il mobile è il canale tecnologico sul quale si sviluppa tutto, dall'accettazione in ospedale alle informazioni, fino all'archiviazione dei referti. Questa è la tendenza da qui a qualche anno, pertanto il progetto sanità digitale italiana dovrebbe includere questo requisito. Anche perché ormai tutti hanno un cellulare».
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L'alternativa potrebbe essere quella di far viaggiare le informazioni via smartphone
* PAROLA CHIAVE
Fascicolo sanitario elettronico Il fascicolo sanitario elettronico (Fse) è l'insieme di dati e documenti digitali di tipo sanitario e sociosanitariogenerati da eventi clinici presenti e trascorsi riferibili all'assistito. Oggi il Fse è presente o in fase di realizzazione in gran parte delle regioni, anche grazie a progetti finanziati e coordinati a livello nazionale, interegionale ed europeo.
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RACCOLTA FONDI PER LA RICERCA
Oggi in 100 piazze italiane la giornata per i malati di sclerosi
È oggi la «Giornata Nazionale dedicata alla Sia», promossa da Aisla Onlus in ricordo del primo sit-in dei malati di sclerosi laterale amiotrofica a Roma nel 2006, giorno in cui vennero avanzate al Ministero della salute precise richieste per la difesa della cura e dell'assistenza ai malati. Aisla Onlus sarà presente in oltre 100 piazze italiane grazie a centinaia di volontari, per promuovere la campagna di sensibilizzazione e di raccolta fondi. Fino al 14ottobreconunsmssolidaleocon una chiamatadel valore di2 o 5 euro al 45505 sarà possibile dare un ulteriore contributo. La giornata è alla sua quinta edizione e h a ricevuto l'alto patronato del Presidente della Repubblica e il patrocinio della Associazione Nazionale Comuni Italiani. I finanziamenti raccolti sosterranno uno studio biennale il cui obiettivo è elaborare un modello di counselling clinicogenetico specifico per il paziente affetto da malattia neurodegenerativa come la Sia, non escludendo ulteriori possibili applicazioni ad altre malattie neuromuscolari.
NO PROFIT & ISTRUZIONE
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IL BLITZ
Quel "terremoto del 17 maggio
v
Ventisei persone indagate tra sindaci presidenti di società e funzionari dell'Asp
Il pm Michele Sirgiovanni
diGIANLUCAPRESTIA
VIBO VALENTIA - Il blitz scattò all'alba del 17 maggio scorso. In due direzioni. Da un lato si sarebbero apposti i sigilli alle infrastrutture: ben 57 apparati idrici. In pratica tutta la filiera idrica del territorio vibonese e di parte di quella catanzarese che si allacciava all'invaso dell'Alaco ramificandosi sul territorio. Un bacino artificiale malato, quello di Brognatu-ro, nato male e peggiorato con il passare dei decenni. Un lago di gomma che per lustri ha fatto sgorgare il fluido simil-traspa-rente dai rubinetti dei vibonesi. Non così, però, negli ultimi tempi quando il colore tipico dell'acqua ha lasciato spazio a cromaticità inquietanti. E così anche a questa struttura erano stati apposti i sigilli. L'altra direzione intrapresa dagli investigatori del Nas e del Reparto operativo dell'Arma fu quella che portò al sequestro di voluminosi
incartamenti nelle sedi dei vari enti interessati dall'inchiesta: Sorical su tutti, ma anche le AspdiViboeCatan-zaro. E ancora l'Ar-pacal.
In tutto 26 indagati tra i quali spiccavano i nomi dell'attuale sindaco di Catanzaro Sergio Abramo, finito nell'inchiesta in qualità di ex presidente della società a capitale pubblico-privato, così come il presidente prò tempore del Cda, l'amministratore delegato e il direttore generale tecnico dell'azienda che aveva la gestione dell'invaso. Non da meno l'Arpa-cai, col direttore attuale e prò tempore del dipartimento di Vibo. Coinvolte anche due Asp con il dirigente dell'unità operativa igiene, alimenti e nutrizione del distretto AspdiSoverato, deldiretto-re pro-tempore del dipartimento di prevenzione Asp di Vibo nonché del dirigente dell'unità operativa di igiene della nutrizione dell'A-zienda.E,infine,ilprimocittadino di Vibo, Nicola D'Agostino, il suo predecessore FrancoSammarco,e il collega di Santa Caterina allo Jo-nio Domenico Criniti.
Era un'"Acqua sporca" quella che arrivava nelle case della gente tanto che la Procura di Vibo, nella persona del sostituto Michele Sirgiovanni, avevaasuotempoawia-to accertamenti a seguito proprio di quelle segnalazioni che, sempre più numerose e accese nei toni, si estendevano a macchia di leopar-dosul territorio. Epianpianosiin-sinuava nella mente delle persone che ben presto qualcosa sarebbe avvenuto, anche perché in precedenza qualche avvisaglia in tal sensosieraavuta: ad esempio il sequestro del serbatoio di "Tiro a segno" nel capoluogo di provincia nel quale venne portata alla luce una situazione sconcertante tan
toché lostessoSirgiovanniscrive-va che le notevoli carenze igienico sanitarie e strutturali «non potevano non essere notate». L'unico intervento sarebbe poi stato eseguito soloSmesi dopo. E,ariguardo, il magistrato aggiungeva che «sei controlli fossero stati eseguiti in modo sistematico nel tempo, non si sarebbe giunti alla disastrosa situazione accertata dalla stessa Azienda sanitaria». Ma quella di "Tiro a segno" non fu certo l'unica situazione degradante. Nella relazione del capitano Giovanni Trifilò vennero messe nero su bianco particolari a tratti sconcertanti: presenza di ruggine, escrementi ed animali. Unostatus figlio diunasostanziale «inadeguatezza dell'intero sistema di potabilizzazione dell'invaso dell'Alaco alle li
nee di adduzione e distruzione ai serbatoi di accumulo, alcuni dei quali gestiti dalla Sorical, altri direttamente dai Comuni interessati».
Il quadro complessivo emergente dai controlli era stato confermato dagli ultimi sopralluoghi eseguiti pochi giorni prima dell'emissione degli avvisi di garanzia sia nell'area vicina albacino che in alcuni serbatoi a valle dell'impianto stesso quali ad esempio il sedimentatore di Bro-gnaturo, il serbatoio-ripartitore di Vallelonga, il campo pozzi di Gero-carne, sul cui retro passa la condotta dell'Alaco e, infine, il serbatoio soprae
levato diS. Angelo di Gerocar ne. Le accuse ai singoli. Abramo,
Camo e Del Re, sono indagati per inadempimento di contratto di pubbliche forniture. Abramo, Geppino Camo, Maurizio Del Re, Sergio De Marco, Giulio Ricciuto,
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Ernaldo Antonio Biondi, Vincenzo Pisani e Massimiliano Fortuna, sono indagati per cooperazione di persone nel delitto colposo, in riferimento all'art 439: avvelenamento colposo di acque. Biondi per falsità ideologica commessa da esercenti servizi di pubblica necessità; Mariano Romeo, Beniamino Maz
za, Giacomino Brancati, Rubens Curia, Silvana De Filippis e Rosanna Maida per omissione di atti d'ufficio; Ricciuto, Domenico e Pietro Lagadari per concorso di persone nel reato doloso, interruzione di pubblico servizio; Maria Stefania Caracciolo, Fabio Pisani, Camillen, Francesco Catricalà,
Francesco Massara, Cesare Pa-squaeFortunatoCarnovale,omis-sione d'atti d'ufficio; Caracciolo e Criniti per abuso d'ufficio. Sam-marco e D'Agostino, infine, avrebbero consentito l'erogazione d'acqua nonpotabile.
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Completati i lavori alla condotta idrica Acqua potabile proveniente dall'Alaco giungerà nel serbatoio di Longobardi
IL sindaco Nicola D'Agostino, affiancato dal dirigente dei Lavori pubblici Pasquale Scalamogna, ha incontrato nei giorni scorsi gli ingegneri Sergio De Marco e Giulio Ricciuto, rispettivamen-tedirettoredell'Areaoperativaerespon-sabiledelcompartimentocentrosudper laSorical. Nel corso della riunione, svoltasi presso la sala giunta di Palazzo Luigi Razza, i presenti hanno sottoscritto il documento con il quale Sorical è stata autorizzata ad immettere acqua proveniente dall'acquedotto Alaco - Sambuco nel serbatoio comunale di Longobardi. Contemporaneamenteèstato dato mandato all'area tecnica del Comune di ef f et-tuaretuttiicontrollieleverifiche,anche fiscali, sulla nuova utenza che si ritiene aggiunta a quelle già comprese nella convenzioned'utenza.
La decisione è stata presa alla luce di tutte le analisi di verifica che sono state ben più numerose e dettagliate rispetto a quelle di semplice routine, effettuate dalla Sorical e dal laboratorio Calabria service, incaricato dal Comune. Analisi che hanno confermato la potabilità dell'acqua erogata dalla Sorical attraverso lanuova condotta. Scalamogna, inoltre, ha chiesto all'Asp di effettuare dellepro-
prie analisi sulla rete servita dal serbatoio Longobardi. In esitoatali analisi, se favorevoli, sarà finalmente possibile revocare l'ordinanza sindacale del 17 magio dello scorso anno, tutt'ora in vigore, che vieta lo utilizzo per scopi umani ed alimentari dell'acqua erogata a Vibo Marina. La realizzazione della condotta, lunga 1,5 km, per un costo complessivo di circa 2 70mila euro a totale carico della Sorical, risolve un problema che Vibo Marina si trascinava sin dal 1991. Per l'obiettivo raggiunto il sindaco ha rivolto un ringraziamento ai cinque consiglieri di Vibo Marina i quali «sin dalla loro elezione hanno seguito con attenzione il problema idrico che gravava sullafrazionedi Vibo Marina, recandosi spesso di persona nei pressi del serbatoio di Longobardi per verificare le criticità in atto e non solo per informare la popolazione, ma soprattutto per attenuarne, con l'aiuto dei tecnici comunali le conseguenze negative. Va sottolineato - ha concluso il primo cittadino - che sono stati gli stessi consiglieri a sollecitare l'adozione di provvedimenti che risolvessero il problema, come appunto la realizzazione della condotta ora ultimata Ha Qr»-pinal «
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Infettati negli ospedali Lasciati soli dalla Regione In Calabria sono più di 1000. Vivono con 600 euro al mese quando va bene
Sono più di mille i calabresi che hanno attraversato questo calvario. Mille e cinquanta per la precisione. Sono persone malate di epatite, hiv, cirrosi.
Hanno solo una colpa: essersi fidati di uno Stato cialtrone e superficiale. Uno Stato che fino agli anni '90 ha fatto circolare nei nostri ospedali litri interi di
sangue infetto. Oggi i malati da sangue infetto prendono circa 600 euro al mese ma in Calabria anche meno e da due mesi non prendono nulla.
Soli, malati e senza indennizzo... In Calabria sono centmaia.Contagiaù dal sangue infetto, la Regione li ignora
COSENZA Immaginate la scena: un padre di famiglia entra in un ospedale pubblico per un intervento. Ches-sò, un trapianto o una semplice appendicite Al momento del risveglio trova le facce sorridenti dei familiari, degli amici. Poi attende il verdetto del medico: tutto bene, l'operazione è riuscita. Il padre di famiglia, allora, riprende la sua vita: lavora, ama, perde tempo, si diverte, piange, sorride. Ma un bel giorno, magari in occasione di un banalissimo check-up medico, gli dicono che qualcosa nei valori del sangue non va: "Caro signor Rossi, lei ha l'epatite", gli dicono i medici. Oppure l'hiv. Al signor Rossi crolla il mondo addosso. Ripercorre gli ultimi anni, cerca di capire in che modo quella malattia sia potuta entrare nel suo corpo. Nulla, non ha fatto nulla di strano. Nel frattempo costringe tutti i familiari a fare le analisi nella speranza di non aver contagiato nessuno. Poi arriva la verità. Quella malattia l'ha presa in un ospedale. Era andato li per farsi curare ed è uscito malato.
Sono più di mille i calabresi che hanno attraversato questo calvario. Mille e cinquanta per la precisione. Sono persone malate di epatite, hiv, cirrosi. Hanno solo una colpa: essersi fidati di uno Stato cialtrone e superficiale. Uno Stato che fino agli anni '90 ha fatto circolare nei nostri ospedali litri interi di sangue infetto. Ecco, chi in quel periodo lì
ha avuto la malasorte di essere stato operato in un ospedale italiano per un trapianto, un'operazione chirurgica o una semplice trasfusione, ha rischiato grosso. E qualcuno, purtroppo, si è ammalato. E allora quello stesso Stato ha pensato a un risarcimento, una cifra ridicola: oggi i malati da sangue infetto prendono circa 600 euro al mese. I più fortunato però. C'è gente che di euro ne prende 550. Il tutto ogni due mesi. E sì, lo Stato infatti vuole verificare ogni bimestre l'esistenza in vita di queste persone. Un'umiliazione che si ripete sei volte l'anno. Sì, sono vivo, scrivono i malati. E lo Stato versa i soldi. Ma non sempre però. E non tutti. Da due mesi a questa parte molti malati calabresi non vedono un euro. La Regione non ha i soldi. 0 almeno non ne ha per loro. Ma non basta: la Calabria, l'unica insieme ad altre 3 regioni italiane, non ha adeguato la cifra dell'indennizzo. E così i malati calabresi da sangue infetto prendono 2-300 euro in meno dei "colleghi" della Lombardia, del Lazio, della Basilicata e così via.
E in tutto questo, nessuno dice nulla. Eppure si tratta di persone fragilissime. Spesso il livello della malattia impedisce qualsiasi tipo di attività lavorativa e quelle due lire che arrivano dallo Stato sono l'unica fonte di reddito. Nessuno sa che fine abbiano fatto quei soldi. Molti di loro chiamano ogni giorno.
Ma i telefoni delle segreterie squillano a vuoto. E quando qualcuno si degna di alzare la cornetta, la risposta è sempre la stessa: "stiamo verificando, abbiate pazienza". Certo, pazienza. Troppi nel palazzo della Regione ignorano che quei pochi spiccioli gli servono per
Molti non possono pia lavorare E i loro diritti sono calpestati
campare. Non sanno che molti di loro corrono tutto il giorno da un ospedale all'altro per una dialisi, per una terapia. Appesi ad un'analisi che gli dica: "sì, tutto bene, la sua malattia non peggiora". 0 nel terrore che invece no, che la malattia abbia preso il sopravvento e che qualcuno di lì a poco depenni il suo nome dalla lista delle persone in vita. Una vita che non è vita. Elemosinare i soldi, soldi che dovrebbero essere un diritto, è una vera umiliazione. Eppure la sentenza della Corte Costituzionale parla chiaro: alle regioni che avevano escluso la rivalutazione dell'indennità integrativa -quei miseri 100 euro al mese in più dovuti dalla crescita del costo della vita - ha fatto sapere che devono immediatamente ade-
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guarsi e dare loro quei soldi. Ma niente, la Regione Calabria non solo non ha aumentato quell'indennità ma, come detto, da due mesi a questa parte non ha dato loro
nulla, neanche un euro. E dire che lo Stato ha versato nelle casse della Regione sei milioni di euro destinati proprio a questa voce. La Regione avrebbe dovuto metterne altri tre - il costo complessivo dei malati calabresi è infatti di 9 milioni di euro - ma niente. Quei sol
di chissà dove sono finiti. Imperizia? Dimenticanza? Nessuno sa nulla. Nessuno tranne loro che attendono ogni mese un verdetto del medico e un assegno che non arriva mai.
DAVIDE VARI
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