Autodemolitori n. 2 Aprile 2008

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n. 2 Aprile 2008 - Anno IV Free Service srl Edizioni - Falconara M. (AN) - Supplemento al n. 3 Marzo 2008 di Regioni&Ambiente - Poste Italiane s.p.a. - spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art.1, comma 1, DGB Ancona

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SOMMARIO AUTO: NUOVE IMMATRICOLAZIONI

PARI ALLE ROTTAMAZIONI .................................5

LE CITTÀ IN PERENNE STATO DI ALLERTA A CAUSA DELLE POLVERI SOTTILI ........................7

PROGETTO ECOSOLUZIONI ATTREZZATURE PER AUTODEMOLIZIONI ............... 10

LOGIMA NUOVA VITA AI CENTRI DI RACCOLTA E TRATTAMENTO AUTO .................................... 12

C.A.R. TRE NUOVI IMPORTANTI TRAGUARDI PER C.A.R ..... 15

ECOTECNICA S.R.L. FUORI LA GOMMA DALLE BALLE! … ARRIVA LA EC 500 FULL ............................... 18

L’ESPERTO RISPONDE ..................................... 20

LE PARTI ELETTRICHE DEI VEICOLI FUORI USO NON SONO ASSOGGETTATE ALLA NORMATIVA DEI “RAEE” ........................... 25

QUALE QUALITÀ PER L’AMBIENTE URBANO? .......... 29

BIOCARBURANTI DI SECONDA GENERAZIONE CON MINORE IMPATTO SULLA PRODUZIONE ALIMENTARE ............................... 32

PNEUMATICI USATI E TRASPORTI TRANSFRONTALIERI ........................ 35

ECONEWS REGOLAMENTO INCENTIVI PER AUTOTRASPORTATORI ............................... 38

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È destinata a far discutere l’intervista che il Presidente nazionale dell’ACI, avv. Enrico Gelpi, ha rilasciato a “la Repubblica” e pubblicata il 22 marzo 2008.Il titolo dell’articolo “Troppe auto, numero chiuso in Italia”, seppur sensazionalistico, lasciava chiaramente intendere la discontinuità, rispetto al passato, con cui il neo-Presidente (è stato eletto dall’Assemblea dei Soci il 5 dicembre 2007) vuole assolvere al mandato conferitogli, denunciando la necessità che venga attuata una politica di riequilibrio del parco automobilistico di cui l’Italia detiene il primato in Europa per numero di auto circolanti a persona.Gelpi ha proposto che il numero di auto nuove immesse sulla strada sia identico a quello avviato alla rottamazione e all’esportazione.Non si tratta, quindi, di bloccare la produzione di autoveicoli, quanto di prendere atto che la crescita di 400-500 mila auto all’anno non è più tollerabile, anche tenendo conto che la rete stradale italiana non può sopportare circa 40 milioni di auto, senza subire le conseguenze di un traffi co caotico e di un peggioramento della qualità dell’aria.A questo proposito, il Presidente ACI ha tenuto a precisare che “oggi tutti i mali dell’inquinamento vengono addossati all’auto. Ma è un modo sbagliato di affrontare la questione. E non solo perché l’auto contribuisce all’aumento solo per il 12% del totale: il vero problema è la congestione del traffi co delle nostre strade e la politica complessiva dei trasporti”.Secondo Gelpi, bisognerebbe rafforzare le metropolitane e i servizi pubblici, incentivando il car-sharing.A nostro avviso, tali misure per essere implementate avranno bisogno di tempi lunghi (eccetto il car-sharing), perché le nostre città hanno subito la delocalizzazione delle attività industriali e artigianali, e al contempo c’è stato un vero e

AUTO: NUOVE IMMATRICOLAZIONIPARI ALLE ROTTAMAZIONIConsiderazioni a margine dell’intervista rilasciata a “la Repubblica” dal Presidente ACI

Di Stefano Agostinelli

proprio debordare verso la campagna (sprawl) degli insedia-menti abitativi e residenziali che ha determinato un doppio pendolarismo: di chi abita in città, ma deve recarsi a lavorare nelle fabbriche; di chi abita in periferia o nei quartieri subur-bani, ma svolge la sua attività professionale nei servizi e nei commerci, in città. Stiamo pagando scelte urbanistiche del passato che per essere sostenibili avrebbero presupposto un effi ciente sistema di trasporti su rotaia, come avviene nelle città francesi. Tuttavia la lezione non sembra esser servita, a giudicare dai numerosi complessi e centri commerciali che spuntano un po’ ovunque nelle campagne del “Bel Paese”e che determinano forti ripercussioni negative su traffi co e mobilità, oltre ad assorbire ingenti risorse fi nanziarie per la costruzione delle necessarie infrastrutture viarie.A tal resta proposito, il Presidente ACI ha dimostrato di avere idee chiare, indicando la necessità che siano intrapresi studi di impatto di mobilità “proprio come avviene per il calcolo dell’impatto ambientale, perché ogni nuovo insediamento residenziale o commerciale dovrebbe essere considerato anche per gli impatti che avrà in futuro sulla mobilità”.“È sotto gli occhi di tutti - ha proseguito Gelpi - il disastro che hanno creato nuovi quartieri o i giganteschi centri commerciali sulla viabilità in quelle zone”.La valutazione del Presidente ACI è del tutto condivisibile, bisognerebbe, però, che ne fossero convinti gli Amministra-tori Locali che, viceversa, sembrano essere più interessati a “raccogliere” oggi gli oneri di urbanizzazione che possono essere utilizzati per le spese correnti (opportunità malau-gurata concessa dalle Leggi Finanziarie degli ultimi dieci anni), lasciando in futuro agli incolpevoli Amministratori che succederanno a loro di trovare le soluzioni tecniche e le risorse economiche per rimediarvi.

Il parco-auto in Italia dal 1956 al 2006 (elaborazione su dati ACI)

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Nell’intervista viene affrontato anche il tema della rottama-zione che sembra aver esaurito la sua spinta verso un parco auto meno inquinante.Per Gelpi le auto da rottamare dovrebbero essere di numero eguale a quello delle nuove immatricolazioni. Per raggiungere tale obiettivo “si potrebbe passare attraverso la politica di dare un forte valore economico al rottame, in modo tale che chi abbia intenzione di disfarsene abbia un forte vantaggio. Già adesso, tanto per capirci, l’incentivo alla rottamazione copre una parte minima del prezzo della vettura ed è diffi cile per molti acquistare una vettura nuova”.

Confronto tra immatricolazioni e radiazioni nel triennio 2005 - 2007

2005 2006 2007

Nuove immatricolazioni 2.238.334 2.348.008 2.521.972Radiazioni 1.701.469 1.784.147 2.221.552Auto in più 536.965 563.861 300.420

Elaborazione su dati ACI

Un altro argomento sul quale il Presidente ACI ha mostrato propositi innovativi è la sicurezza dei pedoni.Le cifre indicano che nel 2005 ci sono stati ben 672 decessi

per attraversamenti pedonali e, purtroppo, le notizie in merito che sono state diffuse in questi mesi danno l’impressione che il fenomeno sia in continua crescita.“Nessuno tutela i pedoni -ha osservato Gelpi - Per questo proponiamo di modifi care l’attraversamento pedonale, dando, anche da noi come in molti paesi europei, la precedenza a chi si accinge ad attraversare sulle strisce. Inoltre, propo-niamo di rivoluzionare gli attraversamenti stessi con sistemi che impediscano di parcheggiare le auto in prossimità delle strisce pedonali e altri che le rendano visibili”.“Ma il punto centrale - ha concluso il Presidente ACI - è trasformare le strisce in un vero e proprio segnale di stop. Oggi le zebre sono una terra di nessuno: chi ci passa sopra per primo vince. E il pedone è sempre l’anello debole del sistema, un sistema reso sempre più pericoloso dall’aumento del traffi co”.A seguito di queste considerazioni, non desta meraviglia che Enrico Gelpi sia stato invitato, la settimana successiva all’intervista, ad intervenire a due trasmissioni: una di la Repubblica Radio-TV, assieme al Presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza; l’altra su Caterpillar, la popolare tra-smissione di RAI2, dove ha ribadito, seppur in modo meno formale, l’assunto dell’intervista che abbiamo analizzato.

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a cura di Donatella Mancini

LE CITTÀ IN PERENNE STATO DI ALLERTA A CAUSA DELLE POLVERI SOTTILIAnche nel 2007 è scattato l’allarme polveri sottili nella maggior partedelle città italiane dove sono stati superati i limiti imposti dalla Legge

L’aria “cattiva”

Nella classifi ca di Legambiente su 63 capoluoghi monitorati 50 hanno supe-rato il valore limite medio giornaliero di 50 µg/m3; previsto per il PM10, per più di 35 giorni nell’arco di un anno: Torino è in testa con addirittura 190 superamenti, ma sono le regioni della pianura Padana quelle in cui si regi-strano i valori più elevati.Da questi dati emerge palesemente che le misure fi nora adottate dagli ammini-stratori locali (blocchi del traffi co; targhe alterne; Domeniche a piedi) non sono stati suffi cienti a risolvere il problema dell’in-quinamento atmosferico nelle città.A livello nazionale, il trasporto su gom-ma è responsabile del 30,5% delle emis-sioni nazionali di anidride carbonica, che in questo settore tra il 1995 ed il 2005 sono aumentate del 12%.Secondo il Protocollo di Kyoto, l’Italia entro il 2012 dovrebbe ridurre del 6,5% le emissioni di gas serra rispetto a quelle relative al 1990. In realtà nel settore dei

trasporti sono aumentate di oltre il 25%, quindi per pareggiare i conti si dovreb-bero ridurre di un terzo le emissioni dei trasporti entro il 2010 e di un ulteriore terzo nei 10 anni successivi.A questo proposito la Commissione europea ha adottato una proposta legi-slativa sui nuovi standard di emissione di CO

2 per le auto fi ssando un limite di

130 gr per km al 2012, con un’ulteriore riduzione di 10g/km da raggiungere attraverso una migliore effi cienza dei carburanti, del sistema di condiziona-mento e dei pneumatici. Le polveri sottili hanno effetti nocivi sul-la salute, come conferma l’inserimento nel nuovo Codice di Deontologia (2007) dell’Ordine dei Medici, di un articolo dedicato a “Educazione alla salute e rap-porti con l’ambiente”. Questo signifi ca che nel diagnosticare le malattie i medici dovranno tener conto di dove vivono i pazienti e a che livello di inquinamento sono quotidianamente esposti.

Secondo lo studio dell’OMS (Orga-nizzazione Mondiale della Sanità), presentato nel Giugno del 2006, nelle 13 città italiane con una popolazione superiore ai 200.000 abitanti, si sareb-bero potute risparmiare circa 2.300 morti premature, solo rispettando i limiti previsti dalla legge sul PM10. Oltre all’alto tasso di mortalità, alle malattie e alla riduzione dell’aspettativa di vita, c’è anche da tener presente la perdita della produttività economica, intesa sia come diminuzione dei giorni lavorativi, sia come spesa pubblica relativa ai molti ricoveri dovuti all’inquinamento.La colpa dei danni sanitari provocati dalle polveri è da attribuire alla compo-nente più sottile, cioè di PM2,5 che:

arriva nella profondità dei polmoni e • quindi a contatto col sangue;concentra quasi tutta la superfi cie di • scambio del particolato; è la sola componente ad essere correlabi-• le con la mortalità a lungo termine.

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La maggior parte della massa delle pol-veri è costituita dalle polveri maggiori di 2.5 micron, quindi, è possibile che l’abbattimento del PM10 potrebbe dare benefi ci ben inferiori al previsto, se si concentrasse sulle frazioni più grosse senza intaccare quelle più piccole, ma più attive biologicamente.Anche in Europa la situazione non è rosea, infatti, il Rapporto Ecosistema

Europa 2007 di Legambiente e Ambien-te Italia mostra che su 30 città europee nel 45% delle città le concentrazioni medie annue di polveri sottili superano la soglia stabilita dalla legge ed anche per gli ossidi di azoto la situazione non cambia di molto.Il 10 Dicembre 2007 l’Europarlamen-to ha varato la nuova Direttiva sulla qualità dell’aria la quale ha introdotto delle novità: è stato defi nito il limite di 25 µg/m3 per le polveri fi ni (PM2,5) da raggiungere entro il 2015; inoltre, le deroghe sul raggiungimento dei limiti

sono state ridotte a tre anni, mentre prima erano molto più estese.Fino ad oggi, almeno in Italia, interventi effi caci per migliorare radicalmente la qualità dell’aria ancora non sono stati messi in atto. Sarebbe necessario ridur-re il numero di auto in circolazione, garantendo al tempo stesso ai cittadini una maggiore libertà di movimento all’interno dei centri urbani. In Italia il tasso di motorizzazione sale, tanto che la media si attesta a 62 auto ogni 100 abitanti. Considerando l’intero parco dei veicoli, nel 2006 addirittura c’è stato il sorpasso: ci sono più mezzi a motore che conducenti. Oggi esistono molti strumenti che i Sindaci potrebbero utilizzare per sviluppare un trasporto pubblico effi ciente, differenziato e com-petitivo, rispetto al mezzo privato. Accanto ai tradizionali autobus, fi lobus e tram si possono mettere in campo: car sharing; taxi collettivi; intermodalità tra bicicletta e metrò. Occorrerebbe, inoltre,

incentivare il trasporto su rotaie.Uno studio dell’ACI ha, però, evidenzia-to come “le spese per trasporti realizzate in Italia nel corso degli ultimi 25 anni sono state prevalentemente destinate a supportare investimenti tipici delle lun-ghe distanze, piuttosto che intervenire a favore della mobilità urbana”.L’inquinamento da monossido di car-bonio e da benzene è un fenomeno tipicamente circostanziato, per cui iprov-vedimenti su scala locale come blocchi del traffi co o targhe alterne sono effi caci, mentre l’inquinamento da PM10, ozono e biossido di azoto è, al contrario, un fenomeno di vasta area, in alcuni casi addirittura transfrontaliero, per cui le azioni a carattere locale non sono suf-fi cienti. Inoltre, essendo la presenza di questi inquinanti in atmosfera mediata da reazioni chimiche e fi siche, la loro dinamica è più lenta e, quindi, provvedi-menti limitati nel tempo, oltre che nello spazio, hanno scarsa effi cacia.

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La normativa attuale (Decreto Legisla-tivo 351/99) attribuisce alle Regioni la valutazione e la gestione della qualità dell’aria, che, in alcuni casi, sono state delegate alle Province. Però, come già detto, per alcuni inquinanti gli ambiti territoriali entro cui avvengono le dina-miche che generano le criticità sono in genere sovraregionali, da qui la necessità di valorizzare la connessione tra livello centrale e livello regionale/provinciale e il recepimento della nuova Direttiva sulla qualità dell’aria rappresenta, in questo senso, una buona opportunità per strutturare in maniera più effi cace questa connessione. Oggi i livelli di PM10 dei principali capoluoghi italiani sono consultabili, fatte alcune eccezioni, su siti Internet di Comuni, Province, Regioni e ARPA. Basandosi su questi dati, Legambiente ha stilato una classifi ca delle città più inquinate che vede al primo posto To-rino e all’ultimo Viterbo. I trasporti rappresentano il settore che maggiormente concorre, ancor più di quello industriale, al peggioramento della qualità dell’aria nelle città, infatti da essi proviene la gran parte delle emissioni di ossidi da azoto, monossido di carbonio, composti organici volatili non metanici, polveri sottili. Il “contributo” maggiore è dato dal tra-sporto stradale, ma non vanno trascurati

altri mezzi di trasporto legati alle attività marittime, ferroviarie, aeroportuali, mi-litari e agricole.Il trasporto su gomma rappresenta il 55% delle emissioni totali di monossi-do di carbonio, il 45% circa di quelle di ossidi di azoto e poco meno del 30% delle emissioni delle polveri sottili (PM10) e dei composti organici volatili non metanici. Tra i veicoli, la fonte di emissione più pesante è quella delle automo-bili che rappresentano il 45,4% degli ossidi di azoto da trasporto stradale ed il 67,7% di monossido di carbonio. Anche pneumatici, freni e manto stra-dale contribuiscono nella misura del 24% alle emissioni di PM10, così come l’evaporazione di carburante dai veicoli rappresenta il 21% delle emissioni dei composti organici volatili non metanici da trasporto stradale.

Tra il 1995 ed il 2005, le polveri sottili sono diminuite grazie alle nuove tec-nologie adottate dalle case automobili-stiche, ma sono nettamente aumentate (circa il 10%) quelle derivanti dall’usura di freni, pneumatici e manto stradale.Per diminuire le emissioni di anidride carbonica le case automobilistiche de-vono puntare sulla riduzione del peso delle auto. A parità di percorrenze, di cilindrata e di alimentazione un veicolo di nuova generazione ha un impatto ambientale molto minore rispetto al pas-sato, ma questo aspetto positivo rischia di essere meno promettente dell’atteso se continuerà ad aumentare il numero delle auto in circolazione e, soprattutto, quelle di grossa cilindrata, più pesanti e con maggiori consumi. (dati tratti dal rapporto “Mal’aria di città” 2008 di Legambiente)

Autovetture adeguate agli standard ambientali in Italia nel 2006

18%

12%

29%

25%

16% EURO 0

EURO 1

EURO 2

EURO 3

EURO 4 e successivi

Fonte: Autoritratto ACI 2006 – Elaborazione Legambiente

Auto benzina

Auto diesel Furgoni – SUV grandi

Camion Motorini < 50 cc

0

50

100

150

200

250

300

350

400

450

500

550

600

650

700

Emissione PM 10 (combustione + attriti)

Euro 0Euro 3Euro 4

mg

/ Km

Veicoli presenti in Italia al 2006 divisi per categoria

Fonte: Rapporto Autoritratto 2006, ACI – Elaborazione Legambiente

categorie veicoli

8%1%

77%

1%11%0%

0%

1%1%0%0%

autobus

autocarri trasporto merciautoveicolispeciali/specifici

autovetture

motocarri e quadriciclitrasporto merci

motocicli

motoveicoli e quadriciclispeciali/specifici

rimorchi e semirimorchispeciali/specifici

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Page 11: Autodemolitori n. 2 Aprile 2008

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un attacco aria compressa e un estintore;

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• la macchina è certifi cata CE + ATEX• non è sottoposta al certifi cato di

prevenzione incendi;• recupera il GPL stoccandolo in

bombole mobili da 10 - 15 Kg riutilizzabili nell’impianto di demolizione.

Page 12: Autodemolitori n. 2 Aprile 2008

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a cura di Vinicio Ruggiero

NUOVA VITA AI CENTRI DIRACCOLTA E TRATTAMENTO AUTO

LogiMa

Con i prodotti LogiMa è possibile migliorare la qualità e i servizi di un centro di autodemolizione

In questi anni, sempre più istanze arrivano da fattori esterni

al mercato automotive, soprattutto in merito alle problematiche

ambientali, a quelle della sicurezza sui luoghi di lavoro, e

a quelle relative al risparmio energetico e alla minimizza-

zione delle risorse.

Ebbene, con il D. Lgs 209/2003 e successive disposizioni

correttive ed integrative presenti nel nuovo D. Lgs. n°86 del

12 aprile 2006, il Legislatore ha inteso assumere le istanze

contenute nella Direttiva 2000/53/CE del Parlamento Europeo

e del Consiglio relativa ai veicoli fuori uso.

Nella Direttiva, si fa specifi co riferimento ai requisiti del

centro di raccolta e dell’impianto di trattamento, requisiti

che prevedono, tra l’altro: adeguato stoccaggio dei pezzi

smontati, nonché, fra i criteri di gestione, regole precise circa

la sovrapposizione massima consentita dei veicoli messi in

sicurezza e non ancora sottoposti a trattamento, fatte salve

le condizioni di stabilità e la valutazione dei rischi per la

sicurezza dei lavoratori.

Vi si indicano pure le modalità con cui le parti di ricambio,

destinate alla commercializzazione debbano essere stoccate,

prendendo gli opportuni accorgimenti per evitare il loro de-

terioramento ai fi ni del successivo reimpiego, in ossequio al

principio comunitario che mira a “prevenire la produzione

di rifi uti derivanti dai veicoli nonché al reimpiego, al rici-

claggio e ad altre forme di recupero dei veicoli fuori uso e

dei loro componenti, in modo da ridurre il volume dei rifi uti

da smaltire e migliorare il funzionamento dal punto di vista

ambientale di tutti gli operatori economici coinvolti nel ciclo

di utilizzo dei veicoli e specialmente di quelli direttamente

collegati al trattamento dei veicoli fuori uso”.

Queste ed altre istanze contenute nei vari strumenti norma-

tivi impongono agli operatori del settore di rivedere, secondo

un’ottica più effi ciente ed effi cace, il lavoro del proprio centro

di raccolta e trattamento: un cambio di focale che apre lo

sguardo alle problematiche globali di riduzione dei rifi uti, della

minimizzazione degli impatti ambientali, dell’ottimizzazione

delle risorse economiche ed energetiche conseguite anche

attraverso una logistica integrata dell’ambiente-lavoro.

Proprio in quest’ambito agisce LogiMa s.r.l. Società di pro-

gettazione consulenza e vendita di soluzioni per la logistica

e la gestione di magazzino nata, nel 2004, dalla decennale

esperienza nel settore dei due Soci fondatori, Fabio Fran-ceschi e Giovanni Paolini.Proprio a quest’ultimo, abbiamo rivolto alcune domande

per meglio scoprire i prodotti e le offerte della Società di

Porto d’Ascoli.

Dott. Paolini, può illustrarci il percorso che ha portato

alla costituzione di LogiMa?

LogiMa S.r.l. nasce nel 2004 da un’idea di tre Soci con la volontà di realizzare in proprio un’attività che in precedenza era stata svolta per conto terzi e che, proprio per questo

avevano acquisito un notevole di know how. Quindi, da un’esperienza professionale individuale alla costituzione di un’impresa c’è stato un notevole salto di qualità. L’esperienza decennale di chi ha svolto attività nel settore da diversi anni e la comprovata validità del prodotto proposto hanno fatto sì che LogiMa S.r.l., sin dai primi mesi del suo esercizio abbia avuto risposte favorevoli dal mercato, sino a radicarsi solidamente in quello locale. L’idea vincente è stata quella di offrirsi come realtà in grado di proporre agli interlocutori le migliori soluzioni, le più logiche e razionali, per l’ottimizzazione funzionale dello spazio sia di volume che di superfi cie.

In quali ambiti si indirizza l’offerta di LogiMa?

Il settore prevalente, a cui LogiMa S.r.l. propone le sue so-luzioni è quello industriale, ma in generale chiunque abbia la necessità di ottimizzare il proprio spazio per esigenze di stoccaggio, trova nelle nostre proposte le risposte adeguate alle proprie esigenze. In questo senso siamo in grado di offrire un’ampia gamma di soluzioni anche a quel settore costituito dalle imprese di Autodemolizione, che, proprio negli ultimi anni, è stato indotto ad attrezzarsi da un punto di vista tecnico, in ot-temperanza a leggi e norme specifi che. Ovviamente le nostre soluzioni si adattano a diverse esigenze per cui la ricerca di nuova clientela è continua.Va anche detto che i nostri prodotti non sono certo di con-sumo, ma soprattutto di investimento.

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Quali soluzioni siete in grado di proporre a chi opera

nell’impresa dell’autodemolizione?

Per gli operatori del settore della demolizione indico che pos-sono far riferimento ai nostri Cantilever, ovvero scaffalature costituite da elementi montanti e sbracci, adatte allo stoccaggio di prodotti lunghi e ingombranti quali barre, tubi, lamiere, profi lati, anche a differenti livelli di altezza e con l’impiego di sistemi di movimentazione quali carrelli a forche laterali e gru di impilaggio. La soluzione ottimale che proponiamo alla categoria degli Autodemolitori è quella del Cantilever “mono” o “bifronte”, anche con eventuale copertura, un prodotto particolarmente versatile che si adatta perfettamente alle esigenze di un settore specifi co e particolarmente sensibile in fatto di spazi di stoccaggio e capacità di carico. La struttura, peraltro, è facilmente personalizzabile per quanto riguarda elevazione e profondità e quindi si offre come risposta ottimale ad ogni esigenza specifi ca. Proprio per tali caratteristiche e per la possibilità di stoccare comodamente 6 autoveicoli (3 per lato), facilmente raggiungibili con semplici “muletti”, i nostri Cantilever sono già stati adottati da alcuni professionisti del settore dell’autodemolizione.Per rendere l’idea del favore riscosso dai nostri Cantilever basti pensare che le forniture di questo articolo effettuate nel corso del 2007, hanno permesso lo stoccaggio in sicurezza di circa 1.000 autoveicoli!

Sempre nell’ambito dello stoccaggio quali altre solu-

zioni avete da proporre?

Per quanto riguarda il settore soppalchi e scaffalature abbiamo:

Soppalchi a “grandi luci” GL8• , dalla struttura rigida e solida, progettati e brevettati in base alle rigorose normative vigenti. Fra i punti di forza di questa soluzione mi piace sottolineare la distanza fra le colonne che è particolarmente ampia e non ostacola le operazioni negli spazi sottostanti. Le travi della struttura sono realizzate a 8 pieghe con un profi lo a “sigma” e possono essere prodotte in diversi spessori, in funzione delle portate richieste. Tra l’altro una particolare attenzione a che la struttura sia in grado di sostenere carichi notevoli, è riservata alla modalità di fi ssaggio dei capitelli alle varie colonne in modo che i vari moduli possano interagire fra di loro.Scaffalature • drive-in, un tipo di applicazione che con-sente un’elevata capacità di stoccaggio in magazzini con movimentazione secondo la logica LIFO (Last In First

Out). La struttura può essere realizzata sia in ambienti normali che refrigerati.Scaffalature a gravità• che rappresentano l’integrazio-ne funzionale delle scaffalature APR12 a rulliere folli in leggera pendenza, con controllo della velocità. Sono adatte allo stoccaggio di pallet secondo la logica FIFO (First In First Out). Scaffalature a compattazione• , che rappresentano la soluzione ideale per diminuire la superfi cie occupata dal magazzino.

Per quanto riguarda il settore Magazzino, siamo in grado di consigliare:

Magazzini autoportanti• , una particolare tipologia di magaz-zini la cui struttura portante è in grado di sopportare il carico relativo al materiale stoccato, ai rivestimenti di copertura e di parete, nonché i carichi ambientali di vento e neve.Magazzini automatici• che rappresentano il top della logistica; impianti completi di periferie di entrata/uscita delle merci, trasloelevatori, strutture portanti, sistema di gestione. Consentono la totale automazione delle operazioni mantenendo la gestione in tempo reale della mappa del magazzino con ottimizzazione dei percorsi ed eliminazione di ogni errore manuale.

Comunque, la tipologia di prodotto che ci viene più richiesta e che costituisce il modello base del nostro catalogo è quello che noi chiamiamo APR 12 una scaffalatura per magazzino portapallet caratterizzata da un montante a 12 pieghe, che data la sua versatilità, trova diverse applicazioni a seconda delle esigenze specifi che del cliente.

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a cura di Alberto Piastrellini

TRE NUOVI IMPORTANTITRAGUARDI PER C.A.R.

Facendo seguito agli impegni sottoscritti in occasione della grande partecipazione di Azien-de del settore alla Fiera ECOMONDO 2007 di Rimini, C.A.R. (Confede-razione Autodemolitori Riuniti), continua nella strada intrapresa, volta alla armonizzazione del-

le diverse componenti coinvolte nella filiera della demolizione dei veicoli a fine-vita e al conseguimento della maggiore economicità e convenienza dei servizi, ma anche, e soprat-tutto il minor impatto ambientale in termini di intervento, riciclo e riutilizzo.Dopo la positiva promozione, in termini di riscontro, di un apposito Tavolo di concertazione con tutti gli stakeholders della filiera end life car (Produttori di autoveicoli, Conces-sionari, Demolitori, Commercianti di rottami, Acciaierie, insieme ovviamente al Legislatore e agli Organi deputati al controllo), C.A.R., sin dalla sua costituzione ha inteso agire perseguendo dinamiche di sinergia e promuovendo la non-conflittualità fra singole parti: due fattori determinanti per garantire una concreta operatività.Tuttavia, ciò non ha certamente significato continuare ad accettare passivamente quelle dinamiche che, nel tempo, si sono create nel mercato e che avrebbero potuto seria-mente mettere a rischio la vita stesse di alcune imprese del settore.Pertanto, con il piglio di chi persegue strenuamente le proprie idee, la Confederazione Autodemolitori Riuniti si è mossa in questi mesi per arrivare a tre risultati importanti sul piano politico:- l’impugnativa di quelle convenzioni che fuorviavano la

gestione del libero mercato dell’autodemolizione;- la firma di un Protocollo di Intesa con il network dei

Produttori, da molto tempo atteso dalla categoria degli Autodemolitori;

- un ulteriore passo nella definizione dell’ottimizzazione dei flussi dei materiali di risulta dalle demolizione.

Per approfondire al meglio queste notizie e, nel contempo, fornire ai lettori del Notiziario, quegli strumenti valutativi ed informativi per cui è nato il periodico stesso, abbiamo rivolto alcune domande a Monica Bonaglia, Vicepresi-dente C.A.R. ed un commento specifico al Presidente C.A.R., Alfonso Gifuni.

Vicepresidente, può raccontarci quali sono stati gli obiettivi raggiunti in queste ultime settimane dalla Confederazione Autodemolitori Riuniti?Prima ancora di rievocare gli ultimi eventi che hanno visto protagonista la nostra Confederazione, vorrei ricordare qual è lo spirito e la motivazione di fondo che ci muove nel nostro operare quotidiano.Noi vogliamo liberalizzare le nostre imprese da qualunque condizionamento che ne riduca le opportunità. In questo senso abbiamo impugnato le convenzioni che finora erano in capo ad ANIA (Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici) e ANCMA (Associazione Nazionale Ciclo Motociclo Accessori) scoprendo, tra l’altro, ipotesi di illegittimità in quegli accordi, tanto che entrambe le Asso-ciazioni stanno cercando di rivedere i loro passi, aprendo nuovi fronti di dialogo. L’azione che abbiamo intrapreso è perfettamente in sintonia con il principio che ci siamo dati, e cioè: tutti i demolitori in generale, anche quelli che noi non rappresentiamo, devono avere pari opportunità nel mercato del fine vita dei veicoli, in funzione del semplice fatto che sono imprese autorizzate dagli Enti Pubblici. Non solo perché i singoli sono associati a questo o quel raggruppamento. Pari opportunità di accesso al mercato, quindi; poi, è eviden-te, sarà il mercato stesso, con le regole della, concorrenza, della qualità dei servizi, della capacità economica di soste-nere condizioni più agevoli nei confronti dei partner e dei clienti, che farà la differenza. Le convenzioni che abbiamo impugnato creavano una obbli-gazione in capo al demolitore, ad iscriversi a quel sindacato pena l’impossibilità di accedere all’opportunità di prendere le automobili da rottamare (nel caso di ANIA), i motorini (nel caso di ANCMA).Con il Protocollo di Intesa con il network dei Produttori, che abbiamo firmato il 10 aprile scorso a Torino, si è gettato il primo passo propedeutico alla firma dei contratti che ci daranno l’accesso al network stesso. Prima di questo Protocollo, per esempio, i Concessionari, diffi-cilmente destinavano le auto da rottamare a qualsiasi demolitore, realizzando così una discriminan-te clamorosa ed assolutamente ingiustificata, contro la quale stiamo lavorando con grande de-terminazione, confrontandoci con Produttori, Legislatore e tutte le parti in causa, per raggiungere gli obiettivi che ci siamo prefissati.

C.A.R. Confederazione Autodemolitori Riuniti

Tendere alla liberalizzazione del mercato per far crescere nuove opportunità per le aziende del fi ne-vita dell’auto,dando, nel contempo, risposte più precise alla domanda di servizi ambientali

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Quindi C.A.R. dopo l’affiliazione con la CNA e l’accordo con il Consorzio PolieCo per il riciclaggio delle parti in plastica dei veicoli rottamati, ha firmato un nuovo Protocollo di Intesa con i Produttori.Un bel traguardo,no?Esattamente. Ma questo non deve essere inteso come un punto d’arrivo.Deve essere ben chiaro che l’obiettivo raggiunto si configura come un ulteriore punto di partenza, nel senso che siamo entrati in un contesto, firmando un’intesa che, come sempre accade, quando ci sono punti di vista differenti, è focalizzata su un punto medio. È chiaro che ognuna delle parti ha dovuto rinunciare a qualcosa. Tuttavia, abbiamo ritenuto opportuno sottoscrivere questo Protocollo dal momento che sono stati modificati o, comun-que, chiariti i due punti che noi contestavamo sin dalla nostra costituzione, e cioè: lo sbarramento per l’accesso alla rete per quelle imprese che avevano una capacità di demolizione infe-riore a 3.000 veicoli l’anno (la nostra Confederazione associa in sé molte imprese che rientrano in questa tipologia); e la famosa “responsabilità economica del fine-vita auto”.La Direttiva UE 2000/53 recepita nel nostro ordinamento con il D. Lgs 209/2003 sancisce che la responsabilità economica sia in capo al produttore. Ebbene già all’epoca avevamo impugnato il recepimento parziale di questo assunto nella normativa italiana. Successivamente, il Decreto è stato ri-scritto con un preciso riferimento alla Direttiva madre e da questo ne deriva, per noi demolitori, il vantaggio rappresen-tato dal fatto che nel caso non si possa sostenere il “costo 0”, abbiamo la possibilità di uscire dal contratto.

Ora, forti di queste puntualizzazioni, abbiamo firmato, il 10 aprile, a Torino, un Protocollo di Intesa preoccupandoci di inserire fra i firmatari anche la CNA con la quale siamo affiliati come confederazione, all’interno della quale sono presenti gli Autoriparatori, i quali, crediamo, debbano avere un ruolo importante nella filiera del fine-vita dei veicoli.Su questo particolare aspetto voglio sottolineare che ab-biamo chiesto ed ottenuto che il Protocollo fosse firmato anche da Mario Turco, Presidente nazionale del settore Autoriparatori, all’interno di CNA.Riteniamo che questa figura professionale sia complemen-tare nel ciclo di fine-vita degli autoveicoli; tra l’altro, c’è il Decreto Legge dell’8/04/2008, il cosiddetto “salva infrazioni”, che stabilisce che noi autodemolitori possiamo ritirare quelle parti di risulta dalle officine, ovviamente pertinenti ai nostri codici, non già quelle che devono obbligatoriamente essere affidate ai Consorzi obbligatori. Questa novità normativa, che saluto favorevolmente, sempli-fica ancora di più la funzionalità interna di tutto il sistema.

Presidente Gifuni, si può affermare che a questo punto ufficialmente riparte il confronto con i Produttori da una prospettiva un po’ più serena?Certo, ma questo non significa acquiescenza su tutto quello che sostengono i Produttori. Significa, invece, aver ottenuto che ci si mettesse serenamente, con grande correttezza e ri-spetto dei ruoli, tutte insieme le realtà coinvolte in questa filiera (ANFIA, UNRAE, CAR, CNA, FISE-UNIRE, AIRA, ASSOFERMET, FEDERAICPA), attorno allo stesso Tavolo per promuovere un

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confronto e sincronizzare le reciproche necessità.L’auspicio più grande, a questo punto, è che si giunga ad una tesi univoca, mediata, ponderata che ci possa far considerare, nei confronti del Legislatore e delle Istituzioni, come un unico soggetto; perché quando tutta la filiera ha esternato le rispettive necessità e le ha condivise, sarà più facile per il Legislatore intervenire nel settore.

Presidente, qual è, infine, l’ulteriore passo intrapreso da C.A.R. nell’ottica della ottimizzazione dei flussi di mercato per i materiali di risulta dalla demolizione?Proprio in quest’ottica, per realizzare quegli obiettivi di recu-pero e riciclo che ci impone la normativa nazionale e quella europea, dopo il fortunato accordo con il Consorzio PolieCo per la destinazione delle parti in plastica degli autoveicoli (soprattutto serbatoi e paraurti), in occasione della nostra presenza a Torino per la firma del Protocollo di cui si è parlato precedentemente, abbiamo incontrato i vertici di Invemet Srl (l’azienda leader nel settore del recupero dei catalizzatori esausti) e avendo avuto modo di visitare il loro impianto, abbiamo verificato effettivamente i loro risultati raggiunti nel merito di quantità e qualità dei materiali recuperati. Come Presidente C.A.R. sono molto soddisfatto di questa nuova azione operativa che apre scenari interessanti di collaborazio-

ne e, in queste sede, voglio ringraziare il Presidente Invemet, Riccardo Campanile e Anna Marchisio, Responsabile Co-municazione e Mercati Esteri, per la loro cortesia, disponibilità e fiducia nei confronti delle imprese nostre associate.

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C.A.R.Confederazione Autodemolitori RiunitiVia Barberini, 11 - 4° piano, int. 15 - 00187 RomaTel. 06 42016523 - Fax 06 42003970 - Cell. 335 [email protected] - www.carautodemolitori.it

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Tra le novità in commercio nel settore delle attrezzature per la lavorazione dei materiali provenienti dai veicoli rot-tamati, la ECOTECNICA S.r.l. ha recentemente approntato una macchina che si aggiunge alla serie delle Cesoie a “Coccodrillo”. Si tratta della nuova EC 500 FULL, che viene ad affi ancare gli altri modelli per il taglio dei metalli, della stessa serie e prodotti in diverse dimensioni: la EC 350, la EC 500 e la EC 500 MAXI. Di fronte al rifi uto delle fonderie ad accettare le balle di metallo compattato contenenti residui o parti di gomma, la ECOTECNICA, sempre attenta alle esigenze del mercato dei macchinari per la lavorazione dei prodotti post-consumo e interpretando le esigenze di un settore in continua evoluzione come quello al servizio del riciclaggio dei materiali, ha deciso di venire incontro alle esigenze delle aziende proponendo una macchina capace di praticare una selezione riguardo ai cerchi delle autovetture, ossia consentendo di separarli dai copertoni già nella fase che precede la compattazione. Si

tratta della EC 500 FULL, quindi di un’ulteriore evoluzione della collaudata serie EC, dotata di un utile accessorio, il premilamiera oleodinamico, capace di dare maggiore fl es-sibilità nell’utilizzo della macchina, visto che la pressione esercitata dal premilamiera sul materiale trattato aumenta parallelamente e direttamente in funzione della pressione di taglio della lama, escludendo l’intervento diretto dell’ope-ratore, consentendogli così di rimanere entro un raggio di distanza di maggior sicurezza. La nuova EC 500 FULL, che appena nata ha già riscosso un enorme successo da parte degli operatori, è affi ancata da una versione più piccola, il modello EC 230, dalla chiara vocazione al taglio dei metalli, pensato e costruito per aziende che hanno a disposizione spazi di lavoro ridotti, che sicuramente troverà modo di farsi apprezzare dagli operatori anche perché viene offerta ad un prezzo piuttosto interessante.

Fuori la gomma dalle balle!… Arriva la EC 500 FULL

ECOTECNICA s.r.l.

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CESOIA A “COCCODRILLO”

via B. Pontecorvo, 9 - 00015 Monterotondo (RM)tel. +39 06 90085361 - fax +39 06 [email protected] - www.ecotecnica.it

Orca è funzionante con un motore diesel 4 tempi, ma a ri-chiesta è disponibile una versione anche con motore elettrico. È insonorizzata e consente, in fase di azione, il recupero dei liquidi che fuoriescono dalle carcasse degli autoveicoli.Orca è ormai diffusa sul mercato da vari anni, con una produzione di circa tre esemplari al mese. In media se ne producono 30 all’anno, di cui 10 per il mercato italiano, 10 vendute in USA e le restanti destinate al resto del mondo. Orca è una macchina supercollaudata, soggetta a costanti evoluzioni come quella del portellone, che permette di ridurre i cicli di lavorazione, riducendo i costi di produzione; tale versione è comandata da una centralina elettronica di ultima generazione (PLC). È venduta non soltanto in Italia, ma ricercata dal mercato europeo e mondiale. Si tratta di un mezzo che costituisce la sintesi di un lavoro di avanzata tec-nologia, con caratteristiche che ne giustificano la preferenza: veloce, robusta ed affidabile, ma soprattutto concepita per un uso razionale e rispettoso dell’ambiente.

CESOIA A “COCCODRILLO” Tra le cesoie per il taglio dei metalli, cosiddette a “coccodrillo”, prodotte in diverse dimensioni e adatte a vari scopi, oltre ai modelli EC 350 ed EC 500 è disponibile la EC 500 Maxi, un modello che si presta in modo particolare al taglio dei pneumatici completi di cerchio ed alla riduzione dei volumi, provvedendo alla prima fase di separazione tra gomma e ferro.

PRESSA IDRAULICA ORCA

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di Adriano ContiResponsabile del Servizio Gestione Rifi uti della Provincia di Macerata

L’Esperto risponde

L’ESPORTAZIONE DI VEICOLI FUORI USO

Il Sig. Roberto Capocasa, Vicepresidente della Confedera-zione Autodemolitori Riuniti (C.A.R.), ha fatto pervenire il seguente quesito:“Gli autodemolitori marchigiani, al fi ne di adeguare i propri centri alla normativa nazionale e regionale, hanno sostenuto ingenti investimenti fi nanziari. A seguito di ciò i centri di trattamento dei veicoli fuori uso siti nel territorio regionale rappresentano un esempio per quanto riguarda il rispetto delle condizioni ambientali, di igiene e sicurezza sul lavoro. Tuttavia a fronte degli impegni economici e dei sacrifi ci personali da parte degli autodemolitori, taluni Concessionari delle case automobilistiche o rivenditori, operanti nel territorio regionale, dopo aver ritirato veicoli all’atto della vendita di altro mezzo, li conferiscono a centri di rottammazione siti in ambiti extraregional, se fuori uso, o li esportano in altri Paesi UE (Bulgaria, Romania), se obsoleti. Si richiede di conoscere:

se una legge regionale può porre il divieto di conferimento • dei veicoli fuori uso (considerati rifi uti speciali pericolosi) a centri di rottamazione siti in ambiti extraregionali rispetto a quelli di produzione?se i veicoli obsoleti (Euro O , Euro 1, Euro 2) ritirati dai • Concessionari delle case automobilistiche possono essere esportati nei paesi della Comunità Europea oppure deb-bono essere avviati comunque a centri di raccolta veicoli fuori uso?”

PRIMO QUESITO

Il Decreto Legislativo 3 aprile 2006 n. 152 e le successive correzioni ed integrazioni apportate dal D. Lgs 16 gennaio 2008, n° 4 (e ancor prima il decreto Ronchi n. 22/97, oggi abrogato) assegna alle Regioni, alle Province e ai Comuni specifi che competenze fi nalizzate, tra l’altro, a perseguire iniziative dirette a favorire la prevenzione, la riduzione e la nocività dei rifi uti e ad attuare le migliori azioni perché i rifi uti vengano avviati:

in primo luogo al recupero e al riciclaggio nel ri-• spetto delle migliori tecnologie e a salvaguardia dell’ambiente e della salute dell’uomo;

in via residuale allo smaltimento attraverso il ricorso • ad una rete integrata ed adeguata di impianti tenuto conto della classifi cazione dei rifi uti e delle necessità di applicare le migliori tecniche disponibili.La normativa nazionale prevede una distinta organizzazione per quanto riguarda lo smaltimento dei rifi uti urbani da quelli speciali, in particolare.Per i rifi uti urbani è prevista attraverso una pianifi cazione in grado di garantire l’autosuffi cienza per ambiti ottimali, fatti salvi eventuali accordi regionali. Sono esclusi dal di-vieto di smaltimento in regioni diverse da quelle ove sono prodotti i soli rifi uti urbani oggetto di raccolta differenziata

destinati al recupero per i quali “… è sempre permessa la loro circolazione sul territorio nazionale al fi ne di favorire quanto più possibile il loro recupero, privilegiando il concetto della prossimità agli impianti di recupero” (6° comma, art. 182 D.Lgs. 152/2006).Per i rifi uti speciali pericolosi e speciali non pericolosi, il D. Lgs. 152/2006 demanda alle Regioni la predisposizione di Piani regionali per la gestione dei rifi uti. In particolare l’articolo 199, lettera d), stabilisce che detti Piani devono prevedere “lo smaltimento dei rifi uti speciali in luoghi pros-simi a quelli di produzione al fi ne di favorire la riduzione della movimentazione dei rifi uti”. In merito alla lettera b) talune Regioni hanno tentato di im-porre il divieto di smaltimento di rifi uti speciali (pericolosi e non) prodotti in ambiti extraregionali, emanando apposite leggi regionali.Al riguardo la Corte Costituzionale si è pronunciata circa i limiti imposti sullo smaltimento dei rifi uti di provenienza extraregionale, dichiarando anticostituzionali tali leggi.È interessante analizzare sinteticamente le motivazioni ad-dotte dalla Corte Costituzionale.

Legge Regione Basilicata.

La Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’ar-ticolo 1 della legge della Regione Basilicata n. 59/1995 (Normativa sullo smaltimento dei rifi uti), come modifi cata dall’art.46 della legge regionale n.6/2001 (“Disciplina delle attività di gestione dei rifi uti ed approvazione del relativo piano”), nella parte in cui faceva divieto a chiunque con-ducesse nel territorio della Regione Basilicata impianti di smaltimento e/o stoccaggio di rifi uti, anche in via provvi-soria, di accogliere negli impianti medesimi rifi uti, diversi da quelli urbani non pericolosi, provenienti da altre regioni o nazioni.La Corte, confermando quanto sancito da una giurisprudenza oramai consolidata, ha precisato che il principio dell’autosuffi -cienza locale nello smaltimento dei rifi uti in ambiti territoriali ottimali (ATO) vale, ai sensi dell’art.5, comma 3, lettera a) dell’ex D.Lgs.22/97, per i soli rifi uti urbani non pericolosi (ai quali fa riferimento l’art.7, commi 1 e 4, dell’ex D.Lgs.22/97) e non per altri tipi di rifi uti, per i quali vige, invece, il diverso criterio della vicinanza di impianti di smaltimento appropriati, fi nalizzato a ridurre il movimento dei rifi uti stessi e correlato a quello della necessità di impianti specializzati per il loro smaltimento, ai sensi della lettera b) del medesimo comma 3. A tale principio non sono stati ritenuti assoggettati i rifi uti speciali (pericolosi che non pericolosi).

Legge Regione Piemonte.

Con la sentenza 6 luglio 2000, n.281 relativa al giudizio di legittimità dell’art.18, comma 1, della L.R. 13.04.1995, n.59 (“Norme per la riduzione, il riutilizzo e lo smaltimento

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dei rifi uti”) della Regione Piemonte, la Corte ha chiarito che, mentre per i rifi uti urbani non pericolosi il principio dell’autosuffi cienza è pienamente applicabile, anche sotto il profi lo del divieto di smaltimento di quelli extraregionali, in quanto l’ambito territoriale ottimale (ATO) per lo smaltimento è logicamente limitato e predeterminabile in relazione ai luoghi di produzione; per i rifi uti pericolosi si deve invece ritenere prevalente, in ragione delle loro caratteristiche, il diverso criterio della necessità di impianti “appropriati” e “specializzati” per il loro smaltimento. Rispetto ai rifi uti pericolosi, infatti, non appare predetermi-nabile un ambito territoriale ottimale (ATO), quale potrebbe in astratto essere quello regionale, in quanto, da un lato la produzione di rifi uti pericolosi, che generalmente deriva da processi industriali, è connessa a localizzazioni non necessa-riamente omogenee e comunque non facilmente prevedibili; dall’altro lato, la realizzazione di impianti specializzati per questo tipo di smaltimento comporta oneri di individuazione di siti appropriati e di costruzione particolarmente gravosi, soprattutto in rapporto al quantitativo da smaltire. La Corte ha ritenuto che tale divieto per i rifi uti speciali, se è legittimo per quanto in precedenza rilevato con riferimento ai rifi uti urbani non pericolosi, si pone, invece, in contrasto con la Costituzione nella parte in cui si applica a tutti gli altri

tipi di rifi uti di provenienza extraregionale, perché invade la competenza esclusiva attribuita allo Stato in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema prevista dall’art.117, comma 2, lettera s) della Costituzione. Inoltre viola i prin-cipi fondamentali della legislazione statale contenuti nell’ex D.Lgs.22/97 non rispetta il vincolo generale imposto alle Regioni dall’art.120, comma 1 della Costituzione, che vieta ogni misura atta ad ostacolare la libera circolazione delle cose e delle persone fra le Regioni.

Legge Regione Friuli Venezia Giulia

Con sentenza 8 ottobre 2001, n.335 la Corte Costituzionale, sulla base di identici rilievi, ha ritenuto in contrasto, sotto il profi lo dell’introduzione di ostacoli alla libera circolazione di cose tra le regioni (considerando che la Corte di Giustizia delle Comunità europee ha qualifi cato i rifi uti come “pro-dotti”), oltre che con i principi fondamentali delle norme di riforma economico-sociale introdotte dall’ex D.Lgs.22/97, con l’art.120 della Costituzione, l’art.16, comma 4, della L. R.. della Regione Friuli - Venezia Giulia 7.11.1987, n.30 (Modifi che ed integrazioni alla legge regionale 7 novembre 1987, n.30). La legge regionale in questione vietava lo smaltimento di rifi uti di provenienza extraregionale diversi da quelli urbani non pericolosi. L’impugnata legge regionale

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poneva allo smaltimento di rifi uti di provenienza extraregio-nale un divieto non assoluto, ma relativo, commisurato cioè ad una percentuale della capacità ricettiva delle discariche, peraltro diversamente calcolata, secondo che si trattasse di discariche nuove o già esistenti. Questa particolarità tuttavia non giustifi cava una valutazio-ne diversa da quella riservata dalle sentenze sopra citate, alle norme allora scrutinate, che imponevano un divieto assoluto.

Legge Regione Abruzzo

La Regione Abruzzo con la L.R. 9.08.2006, n.27, (BURA n.46 del 30.08.2006), ha provveduto ad abrogare l’ex art.29 della L.R.83/00 con nuove disposizioni, che recitano: “La Regione persegue l’obiettivo di limitare nel proprio territorio lo smaltimento dei rifi uti speciali di provenienza extraregio-nale. Il competente servizio regionale emana, a tal proposito, specifi che direttive”Tuttavia la Regione Abruzzo “ha inteso limitare per quanto possibile, lo smaltimento e/o il recupero di rifi uti urbani pericolosi e/o speciali, di provenienza extraregionale, negli impianti di smaltimento e/o recupero ubicati ed autorizzati nel proprio territorio, nel rispetto delle normative vigenti e, comunque, tenendo conto dei pronunciamenti di merito dell’Alta Corte” (vedasi al riguardo la circolare in tal senso emanata dalla Regione Abruzzo), ponendo a carico dei soggetti gestori degli impianti (di smaltimento e/o di re-cupero) l’obbligo della comunicazione semestrale circa la provenienza dei rifi uti.

Legge Regione Marche

La legge regionale 28 ottobre 1999, n. 28 non pone vincoli circa la gestione di rifi uti speciali extraregionali.Mentre il Piano Regionale di Gestione dei Rifi uti, approvato con deliberazione amministrativa del Consiglio n. 284 del 15 dicembre 1999, prevede al paragrafo 3.3.3 che: “Negli impianti di gestione dei rifi uti insistenti sul territorio regionale deve essere prioritariamente garantito l’accesso dei fl ussi prodotti nella regione stessa intendendo con tale principio attribuire una precedenza anche in termini quantitativi, rispetto alla capacità dell’impianto”. A tal fi ne è previsto un sistema di controllo statistico tramite l’inoltro di una comunicazione semestrale circa la prove-nienza dei rifi uti gestiti.

Conclusioni

Disposizioni legislative poste in essere a livello regionale circa il divieto di conferimenti di rifi uti speciali (pericolosi o non pericolosi), con provenienza extraregionale sono da ritenere anticostituzionali.Inoltre una tale limitazione, anche alla luce della giurispru-denza della Corte di Giustizia Europea che considera i rifi uti

come “merce”, troverebbe un ulteriore ostacolo con quanto stabilito dall’art. 120, comma 1, della Carta Costituzionale, che vieta ogni misura atta ad ostacolare la libera circolazione delle cose e delle persone fra le Regioni.In merito al criterio della prossimità o di vicinanza degli impianti che la norma nazionale detta come possibile azio-ne da privilegiare, rappresenta un auspicio e come tale è facilmente infl uenzabile dalle condizioni commerciali, dalle tecnologie utilizzate e dal servizio prospettato.

SECONDO QUESITO

Il quesito può essere affrontato solo dopo aver analizzato brevemente la normativa di riferimento ed in particolare è necessario evidenziare quando un veicolo usato è consi-derato rifi uto (= veicolo fuori uso, in tal caso ricade nella normativa di cui al D.Lgs. 209/2003) ovvero quando lo stesso è considerato veicolo usato (= bene, e quindi com-mercializzabile).Nel primo caso occorre fare riferimento al 1° comma dell’arti-colo 5 del D.Lgs. 24 giugno 2003, n. 209 avente per oggetto: ”Attuazione della direttiva 2000/53/Ce relativa ai veicoli fuori uso”, successivamente modifi cato dal D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 149, che prevede testualmente:”Il veicolo destinato alla demolizione è consegnato dal de-tentore ad un centro di raccolta ovvero, nel caso in cui il detentore intende cedere il predetto veicolo per acquistarne un altro, può essere consegnato al concessionario o al gestore della succursale della casa costruttrice o dell’automercato, per la successiva consegna ad un centro di raccolta, qualora detto concessionario o gestore intenda accettarne la consegna e conseguentemente rilasciare il certifi cato di rottamazione di cui al comma 6”.Il comma 6 del predetto articolo 5 stabilisce:” Al momento della consegna del veicolo destinato alla demolizione, il concessionario o il gestore della succursale della casa co-struttrice o dell’automercato rilascia al detentore, in nome e per conto del centro di raccolta che riceve il veicolo, ap-posito certifi cato di rottamazione conforme ai requisiti di cui all’allegato IV, completo della descrizione dello stato del veicolo consegnato nonché dell’impegno a provvedere alla cancellazione dal PRA”.Infi ne la cancellazione dal PRA del veicolo fuori uso può avvenire esclusivamente e senza oneri a carico del deten-tore del veicolo:

a cura del titolare del centro di raccolta;• a cura del concessionario o del gestore della succursale • della casa costruttrice o dell’automercato.

Entro i successivi 30 giorni dalla consegna del veicolo e dalla emissione del certifi cato di rottamazione il conces-sionario o il gestore della succursale o il titolare del centro restituisce il certifi cato di proprietà, la carta di circolazione e le targhe relativi al veicolo fuori uso, con le procedure

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stabilite dal decreto del Presidente della Repubblica 19 settembre 2000, n. 358. In questo caso il veicolo fuori uso, codice CER 160101*, è classifi cato come rifi uto speciale pericoloso e gestito con le modalità tecniche di cui al citato D.Lgs. 209/2003 e del D.Lgs. 152/2006.A tal proposito si ricorda che per usufruire degli eco-incentivi previsti nella fi nanziaria 2008 (possono usufruire di tali agevolazioni per i contratti di acquisto stipulati dal 1/1/2008 al 31/12/2008 con immatricolazione del veicolo nuovo entro il 31/3/2009), consi-stenti nella esenzio-ne del pagamento del bollo necessita avviare a rottama-zione un’auto Euro 0, Euro 1 o Euro 2* (*immatricolata entro il 31/12/1996), o ac-quistare una vettura Euro 4 o 5 capace di emettere al massimo 140 grammi CO

2 al

Km (130 grammi se diesel). (1)

Nel caso invece in cui concessionario o il gestore della succursale della casa costruttrice o dell’automercato re-puta che il veicolo ricevuto dal proprie-tario/detentore non sia da avviare alla rottamazione e quin-di non rilascia il relativo certifi cato, si ricade nella gestione di un “veicolo usato” ed esso potrà essere commercializzato secondo le regole e le norme di settore.

CONCLUSIONIVeicolo avviato alla rottamazione (nei casi in cui il Conces-sionario ha rilasciato al proprietario/detentore il certifi cato di rottamazione): il veicolo non potrà essere trasferito nei paesi della Comunità o nei paesi terzi se non nel pieno rispetto della normativa sulla esportazione dei rifi uti (regolamento Parlamento europeo e Consiglio Ue n. 1013/2006/CE).Anche i veicoli che usufruiscono degli eco-incentivi, previsti nella fi nanziaria 2008 e nel decreto c.d. “Mille proroghe”,

debbono essere avviati alla rottamazione e rientrano nella defi nizione di rifi uti; il loro conferimento presso centri di raccolta o la esportazione fuori dal territorio nazionale potrà avvenire nel pieno rispetto della normativa di settore o del citato regolamento comunitario.

Veicolo usato consegnato a Concessionari.Qualora si trasferisce defi nitivamente un veicolo usato all’estero, necessita richiedere al P.R.A. la cessazione dalla

circolazione (ossia radiazione) per esportazione (ri-chiesta necessaria, tra l’altro, per eli-minare l’obbligo in capo all’intestata-rio del pagamento della tassa automo-bilistica che per-mane fi n quando il veicolo risulta iscritto al P.R.A.).Se i l veicolo è esportato in uno dei Paesi membri della UE è neces-sario produrre al momento della na-zionalizzazione in tali Paesi l’originale della carta di circo-lazione rilasciata in Italia (direttiva eu-ropea 1999/37/CE). Per questo motivo la carta di circo-lazione non verrà ritirata ma resti-

tuita, debitamente annullata e timbrata, all’interessato.

(1) Oltre all’esenzione sul bollo, si deve aggiungere un incentivo di 700 euro (800 se l’auto scelta registra 120 g CO

2/ km). Inoltre, se all’interno

della stessa famiglia convivente si demoliscono due auto, l’incentivo viene aumentato di 500 euro. Per quel che riguarda l’esenzione del bollo, gli anni di bonus diventano tre se l’auto è una vecchia euro zero.Contributo statale anche per chi demolisce vetture euro zero, euro 1 ed euro 2* (*immatricolata entro il 31/12/1998) senza comprarne una nuova. Per usufruirne non si dovranno però acquistare auto-mobili entro 3 anni dalla data di rottamazione.Tale incentivo consiste in 150 Euro per coprire i costi della de-molizione e della radiazione dal P.R.A., oltre a 3 anni gratis di abbonamento ai mezzi di trasporto pubblico se non si hanno altri mezzi intestati.

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LE PARTI ELETTRICHE DEI VEICOLI FUORI USO NONSONO ASSOGGETTATE ALLA NORMATIVA DEI “RAEE”

a cura di Adriano Conti, Responsabile Servizio Gestione Rifi uti della Provincia di Macerata

Premessa

Il D.Lgs. 24 giugno 2003, n. 209, avente per oggetto: ”Attuazione della direttiva 2000/53/Ce relativa ai veicoli fuori uso”, con riferimento alle azioni effettuate presso un centro di raccolta, fornisce le seguenti defi nizioni.Trattamento: “le attività di messa in sicurezza, di demolizione, di pressatura, di tranciatura, di frantumazione, di recu-pero o di preparazione per lo smaltimento dei rifi uti frantumati, nonché tutte le altre operazioni eseguite ai fi ni del recupero o dello smaltimento del veicolo fuori uso e dei suoi componenti effettuate, dopo la consegna dello stesso veicolo, presso un impianto di cui alla lettera o).Reimpiego: “le operazioni in virtù delle quali i componenti di un veicolo fuori uso sono utilizzati allo stesso scopo per cui erano stati originariamente concepiti”.Riciclaggio: “il ritrattamento, in un pro-cesso di produzione, dei materiali di rifi uto per la loro funzione originaria o per altri fi ni, escluso il recupero di energia.Per recupero di energia si intende l’uti-lizzo di rifi uti combustibili quale mezzo per produrre energia me-diante incene-rimento diretto con o senza altri rifi uti, ma con recupero del calore”.Recupero: “le pertinenti operazioni di cui all’allegato C del decreto legislativo n. 22 del 1997.

Inoltre il punto 6.1 dell’allegato I al citato D. Lgs. 209/2003 indica che l’attività di demo-lizione si compone delle seguenti fasi:a) smontaggio dei componenti del vei-

colo fuori uso od altre operazioni equivalenti, volte a ridurre gli even-tuali effetti nocivi sull’ambiente;

b) rimozione, separazione e deposito dei materiali e dei componenti pericolosi in modo selettivo, così da non contaminare i successivi residui della frantumazione provenienti dal veicolo fuori uso;

c) eventuale smontaggio e deposito dei pezzi di ricambio commercializzabili, nonché dei materiali e dei componenti recuperabili, in modo da non compro-mettere le successive possibilità di reim-piego, di riciclaggio e di recupero.

Dalle anzidette operazioni di trattamento e dallo smontaggio delle parti avviate alle operazioni di reimpiego (utilizzo delle componenti di un veicolo fuori uso allo stesso scopo per cui erano originaria-mente concepite) si ottengono: motorini elettrici di avviamento, motorini elettrici accessori del veicolo (spazzole tergicri-stalli, spazzole lavafari, motorini alza sedili, ecc…), batterie esauste, impianti di refrigerazione contenenti gas refrige-ranti, generatori di corrente (alternatori o dinamo), orologi elettrici, frigoriferi porta vivande, apparecchi radio e radio-trasmittenti, navigatori satellitari o GPS (Global Positioning System), ecc…Da un primo approccio si potrebbe dedurre che la gestione di tali apparec-chiature sono assoggettate alla normativa di cui al Decreto Legislativo 25 luglio 2005, n. 151 che prevede specifi che disposizione per i rifi uti elettrici ed elettronici denominati RAEE.Se così fosse, un centro di raccolta veicoli fuori uso sarebbe assoggettato sia al rispetto della normativa tecnica prevista dal D. Lgs. 209/2003, sia alla normativa sui rifi uti elettrici ed elettronici di cui al D.Lgs. 151/2005, con un duplicato delle prescrizioni e limitazioni nella fase di ge-stione tale da apportare un sovraccarico dei compiti ridondanti a svantaggio della

tanto ostentata snellezza amministrativa e liberalizzazione delle procedure. In realtà, la lettura delle specifi che Diret-tive comunitarie oggetto di recepimento nella normativa nazionale ed un attento esame del D.Lgs. 151/2005, portano a conclusioni diverse; conclusioni che potrebbero aprire un confronto capace di giungere ad una soluzione condivisa alla luce della quale le incertezze possono essere rimosse al fi ne di consentire agli autodemolitori ed agli operatori di settore di agire senza timori per l’applicazione di sanzioni dedotte soggettivamente dagli Organi di controllo.Le nostre convinzioni si fondano sul per-corso che di seguito argomentiamo.

La gestione delle apparecchiature

elettriche ed elettroniche (RAEE)Il Decreto Legislativo 25 luglio 2005, n. 151, avente per oggetto:” Attuazione delle direttive 2002/95/Ce, 2002/96/Ce e 2003/108/Ce, relative alla riduzione dell’uso di sostanze pericolose nelle ap-parecchiature elettriche ed elettroniche, nonché allo smaltimento dei rifi uti,” ha introdotto un sistema di gestione della specifi ca tipologia di rifi uti (cd. “RAEE”) basato su raccolta differenziata, tratta-mento e recupero appropriato. Ai sensi della lettera a) dell’articolo 3 del

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D. Lgs. 151/2005 per apparecchiature elet-triche ed elettroniche (AEE) si intendono “le apparecchiature che dipendono, per un corretto funzionamento, da correnti elettriche o da campi elettromagnetici e le apparecchiature di generazione, di trasferimento e di misura di questi campi e correnti, appartenenti alle categorie di cui all’allegato I A e progettate per essere usate con una tensione non superiore a 1000 volt per la corrente alternata e a 1500 volt per la corrente continua”.La lettera b) dell’articolo 3 del D. Lgs. 151/2005 chiarisce che per rifi uti di ap-parecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) si intendono “le apparecchiature elettriche ed elettroniche che sono con-siderate rifi uti ai sensi dell’articolo 6, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modi-fi cazioni, di seguito denominato: “decreto legislativo n. 22 del 1999”, inclusi tutti i componenti, i sottoinsiemi ed i materiali di consumo che sono parte integrante del prodotto nel momento in cui si assume la decisione di disfarsene”.Gli oneri economici del sistema sono dallo stesso Decreto posti a carico dei produttori e distributori delle appa-recchiature elettriche ed elettroniche; inoltre sui produttori grava l’obbligo, funzionale al contenimento della pro-duzione di rifi uti ad alta pericolosità, di non utilizzare determinate sostanze nella fabbricazione di nuovi prodotti.

Il campo di applicazione della nor-

mativa RAEE (1)L’articolo 2 del D.Lgs. 151/2005 prevede che il campo di applicazione è rivolto “…alle apparecchiature elettriche ed elettroniche rientranti nelle categorie individuate nell’allegato 1 A, purché non siano parti di tipi di apparecchia-ture che non ricadono nell’ambito di applicazione del presente decreto”.La precisazione “…purché non siano parti di tipi di apparecchiature che non ricadono nell’ambito di applicazione del presente decreto” richiede un immedia-to approfondimento nel senso che le apparecchiature che sono parte di un

altro tipo di apparecchiatura non sono da qualifi carsi come “prodotti fi niti”.Un prodotto fi nito è una qualsiasi ap-parecchiatura o strumento che ha una funzione diretta, un suo involucro, porte e connessioni per l’utilizzatore fi nale.Inoltre per “funzione diretta” deve inten-dersi una qualsiasi funzione di un compo-nente o di un prodotto fi nito che svolge l’uso previsto dal costruttore nelle istruzio-ni. Tale funzione può essere disponibile senza ulteriori operazioni o connessioni, oltre a quelle semplici che possono essere eseguite da qualsiasi soggetto. Il D. Lgs. n. 151/2005 prevede un allega-to 1A che rappresenta un elenco esausti-vo, mentre l’allegato 1B ha una funzione esclusivamente esemplifi cativa, cioè rappresenta uno strumento di ausilio sulla base del quale è possibile decidere in merito all’inclusione o all’esclusione di un determinato apparecchio. Infine, nella valutazione oggettiva delle apparecchiature rientranti nelle disposizioni del D. Lgs. n. 151/2005, occorre tenere conto, in relazione alla defi nizione operata dall’articolo 3 let-tera a), che: al termine “dipendono”, di cui alla defi nizione di AEE sopra citata deve essere attribuito il signifi cato che l’energia elettrica (e non ad esempio la benzina o il gas) deve essere la fonte primaria di energia che consente all’ap-parecchiatura di svolgere le sue funzioni fondamentali. Tale termine signifi ca che anche quando la fornitura di energia elettrica è interrotta, l’apparecchiatura non può svolgere la sua funzione pri-maria; mentre il termine “progettate” signifi ca che la tensione utilizzata dalla fonte principale non deve essere supe-riore a 1000 volt per cc o a 1500 per c.a. (escludendo quindi dal campo di applicazione: interruttori ad alta tensio-ne, relè di manovra, ecc..).

La direttiva sulle sostanze perico-

lose (RoHS)

Con il D.Lgs. 151/2005, oltre a recepire le direttive comunitarie 2002/96/CE e 2003/108/CE in materia di gestione dei rifi uti elettrici ed elettronici, è stata

recepita anche e la direttiva 2002/95/CE, in materia di restrizione (a far data dal 1 luglio 2006) dell’uso di alcune sostanze pericolose nelle apparecchiature elettrice ed elettroniche di cui all’allegato 1A, fatte salve alcune eccezioni quali:

apparecchiature elettriche ed elettro-• niche che rientrano nelle categorie 8 e 9 dell’allegato 1 A (dispositivi medicali e apparecchiature di mo-nitoraggio e controllo);pezzi di ricambio per la riparazio-• ne di apparecchiature elettriche ed elettroniche, immesse sul mercato prima del 1° luglio 2006; reimpiego di apparecchiature elet-• triche ed elettroniche immesse sul mercato prima del 1° luglio 2006

I limiti delle direttive comunitarie

La direttiva 2002/96/CE prevede tra l’altro che “…. la presente direttiva si applica fermo restando la normativa comunitaria in materia di sicurezza e di salute e quella specifi ca sulla gestione dei rifi uti”.Al riguardo, la Direzione Generale Am-biente della Commissione Europea ha precisato che il riferimento alla specifi ca legislazione comunitaria sulla gestione dei rifi uti costituisce possibile causa di esclusione dall’ambito di applicazione della Direttiva 2002/96/CE.In sostanza, quanto è gia disciplinato da altre disposizioni non è oggetto di prescrizioni della normativa di cui al D.Lgs. 151/2005.Inoltre, si tenga presente che con D.M. 25 settembre 2007, n. 185 sono state emanate istruzioni e modalità di fun-zionamento del Registro nazionale dei soggetti obbligati al fi nanziamento dei sistemi di gestione dei rifi uti di appa-recchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) e che al predetto Registro sono tenuti ad iscriversi i produttori così come defi niti all’articolo 3, comma 1, lette-ra m), del decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151.Unioncamere, Federazione ANIE ed Ecocerved hanno realizzato una Guida che prevede un albero decisionale RAEE, da utilizzare per verifi care i prodotti che

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non ricadono nel campo di applicazione della normativa RAEE.

Conclusione

In via generale sono esclusi dalla 1. normativa RAEE i trasformatori elet-trici, motori elettrici, condensatori, interruttori, relè ed apparecchiature di manovra perché non sono con-siderati prodotti fi niti ai sensi della defi nizione di prodotto fi nito data nel Documento Domande Frequenti della Commissione Europea, anche se componenti destinati a diventare parti di altre apparecchiature.

Sono, inoltre, esclusi dalla normati-va di cui al D. Lgs. 151/2005 tutti i prodotti elettrici ed elettronici prove-nienti dalle operazioni di trattamento e rottamazione dei veicoli fuori uso in quanto originariamente progettati per essere usati in un prodotto sot-toposto alla Direttiva 2000/53/CE sui veicoli fuori uso recepita con il

D. Lgs. 209/2003). Inoltre i prodotti elettrici ed elettronici derivati dalle operazioni di trattamento veicoli fuori uso non sono assoggettati alla norma-tiva di cui alla Direttiva 2002/95/CE (RoSH) in quanto la stessa si applica unicamente, a decorrere dal 1° luglio 2006, alle categorie di cui all’Alle-gato 1 A del D.Lgs. 151/2005 (cioè apparecchiature defi nite AEE), fatte salve le disposizioni sopra citate.

Per quanto riguarda la gestione dei 2. rifi uti pericolosi derivanti dalle anzidette operazioni di trattamento e demolizione di veicoli fuori uso, occorre fare riferi-mento alle specifi che norme riportate negli allegati al D. Lgs. 209/2003.

L’articolo 4 del D. Lgs. 209/2003, al fi ne di promuovere la prevenzione della produzione dei rifi uti prove-nienti dal veicolo fuori uso, ed in particolare, per prevenire il rilascio nell’ambiente delle sostanze perico-

lose in esso contenute, per facilitarne il reimpiego ed il riciclaggio e per ridurre la quantità di rifi uti pericolosi da avviare allo smaltimento fi nale, demanda al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, il compito di dettare iniziative dirette a favorire la limitazione dell’uso delle sostanze pericolose sin dall’origi-ne, modalità di progettazione che agevolano la demolizione, l’utilizzo di materiali al fi ne di sviluppare il mercato di materiali riciclati.

(1) Al fi ne di apportare chiarezza e precisazioni la Commissione Europea ha istituito il Technical Adaptation Committee, formato da rappre-sentanti di ogni Stato membro; tale Comitato ha elaborato un documento, non uffi ciale e comunque consultabile da chiunque, che costituisce il miglior aggiornamento in materia di applicazione della direttiva RAEE.In Italia, inoltre, è stata redatta la guida ANIE: “Guida all’interpretazione del campo di applica-zione del D. Lgs 151” consultabile in Internet.

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• A.T.L.A.S. opera dal 1981 in uno dei settori più importanti del veicolo industriale: l’allestimento;

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A.T.L.A.S.

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a cura di Alberto Piastrellini

QUALE QUALITÀ PERL’AMBIENTE URBANO?Luci ed ombre del “Bel Paese” nel IV Rapporto APAT sulla Qualità dell’Ambiente Urbano

Mentre lo spettro della diossina (che ingenuamente crede-vamo relegato nei ricordi della tragedia di Seveso) riemerge dai terreni contaminati della Campania (ma non solo) per minacciare l’integrità e la genuinità delle nostre tavole…Mentre dall’Antardite si staccano, per la prima volta plateau di ghiaccio grandi come regioni...Mentre le bizze di un clima impazzito causano il ritardo della primavera facendo comparire teatrali nevicate anche sui rilievi collinari pre-appenninici in aprile inoltrato…Mentre (paradossalmente) si ritirano sempre più in fretta i ghiacciai alpini, peraltro già minacciati dal pulviscolo atmosferico che ne annerisce oltremodo la superfi cie ren-dendoli più esposti all’assorbimento dei raggi solari che ne accelerano il discioglimento…Mentre gli effetti dell’inquinamento diffuso sulla salute umana cominciano a farsi sentire anche a livello macroscopico (si veda a titolo di esempio la ricerca dell’Università di Pisa sulla diminuzione della quantità e della motilità degli spermatozoi umani a partire dagli anni ’70 ad oggi)…Finalmente, una buona notizia arriva dalla Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e dei Servizi Tecnici, APAT, che, nella giornata dell’11 marzo, ha presentato, a Roma, il IV°

Rapporto sulla Qualità dell’Ambiente Urbano. Ebbene, dal documento emerge una fotografi a rasserenante del Belpaese, i cui punti salienti sono così riassumibili:

diminuisce la media delle emissioni da trasporto nelle • città italiane; aumenta la media di verde pubblico “pro capite”;• diminuisce il consumo d’acqua per le utenze domestiche;• diminuisce il numero degli stabilimenti a rischio di inci-• dente rilevante ubicati nelle aree urbane;aumentano i regolamenti pubblici per l’installazione di • impianti che generano campi elettromagnetici; generalmente pulito il mare che bagna le principali città • costiere.

A leggere superfi cialmente questa sintesi sembrerebbe che i 6 anni dal 2000 al 2006 abbiano segnato una svolta nella coscienza ecologica collettiva di cittadini ed amministratori pubblici e privati; ma basta questo per dormire sonni tran-quilli cullandosi sugli allori di una pia illusione di traguardo raggiunto nella corsa verso lo Sviluppo Sostenibile?Evidentemente, no.Se ci si arma di pazienza e di un po’ di sana malizia, ci si ac-corge che il Rapporto prende in esame i dati raccolti facendo riferimento alle sole 24 città italiane capoluogo di Provincia che superano i 150.000 abitanti; una scelta legittima e soggettiva, da parte dell’Ente promotore che, però, per le note possibilità offerte dalle proiezioni statistiche, rischia di infi ciare la volontà di “scattare” una fotografi a realistica della situazione italiana.Ma vediamo, in sintesi e nel dettaglio, cosa è emerso dall’in-dagine nazionale.

Cresce il numero dei veicoli a motore

Malgrado una certa disomogeneità nelle singole città, i dati a livello nazionale, parlano chiaro: nel periodo preso in esame, Milano registra un calo del 9%, mentre, viceversa, in molte città del Sud cresce il numero di automezzi in linea con il trend nazionale.Se Taranto aumenta del 10,8%, Napoli sembra uscire dallo schema con una diminuzione del 6%.Se si analizza il dato relativo alla presenza di auto ogni mille abitanti nei singoli Comuni, si vede che Roma guida la classifi ca con ben 699 veicoli (anche se presenta una lie-ve fl essione del 4,5% registrata nell’ultimo anno); seguono Modena (651), Catania (680), Firenze (548), Livorno (538), Prato (619).Malgrado dei lievi cali locali, nelle Province il numero di automezzi ogni mille abitanti è considerevolmente au-mentato del 6%, ad onta di proclami, protocolli di intesa e dichiarazioni di intenti relativi ad una sempre più distante mobilità sostenibile.

Aumenta il numero di auto a basse emissioni.

Le auto “Euro 4” superano ormai il 10% in tutte le città (si pensi che nella sola Roma raggiungono il valore più alto (26,6%) ed in 6 anni sono aumentate del 129%.Se la quota dei veicoli più vecchi ed inquinanti “pre Euro” scende al di sotto del 20% in quasi tutte le città del Centro Nord, purtroppo al Sud, si oscilla ancora intorno al 30%.

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PM 10, sotto accusa il trasporto urbano.

Ancora una volta i dati analizzati in merito ai diversi rileva-menti di particolato atmosferico, dimostrano che il trasporto su gomma è il principale fattore di inquinamento in 19 delle 24 città considerate.In 11 città, l’apporto del traffi co veicolare incide del 50% nell’inquinamento atmosferico, solo a Roma, Torino, e Messina, supera il 60%!Anche per quanto riguarda gli NO

x (ossidi di azoto), in 18 delle

città prese in esame, la metà o più dei rilevamenti riscontrati è dovuta al traffi co veicolare, ad esclusione di Venezia e Taranto, dove i grandi impianti industriali sono, da soli, responsabili rispettivamente del 74% e del 91% delle emissioni.Stessa sorte per gli altri precursori di particolato atmosferico inquinante (monossido di carbonio, benzene, ossidi di zolfo), che però si riscontrano in quantità maggiori in presenza di poli industriali rilevanti e, nei casi di Napoli, Cagliari e Palermo, delle attività portuali relative.

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Se è vero che le emissioni totali di PM 10 sono diminuite in tutte le città esaminate (rispetto al 2000), dal 4% di Taranto, al 67% di Brescia, è pur vero che i rilevamenti locali delle ARPA di riferimento circa gli sforamenti consentiti del limite massimo di PM 10/m3 evidenziano emergenze notevoli già durante i primi mesi dell’anno.

Diminuiscono (apparentemente) gli stabilimenti a rischio di incidente rilevante (RIR)È lapalissiano che la qualità di un ambiente urbano sia infl uenzata dalla presenza, spesso scomoda, delle infrastrutture produttive ed insediamenti industriali.Ebbene, rispetto al 2001, sono avvenute riduzioni considerevoli di stabilimenti RIR nei capoluoghi di Modena (- 75%), Milano (- 66%) e Torino (- 50%). Tuttavia bisogna tener conto che questa riduzione non sempre corrisponde ad una effettiva eliminazione del problema, dal momento che l’evolversi della normativa di riferimento ha so-stanzialmente modifi cato la classifi cazione per gli stabilimenti a rischio.

Cresce la quantità dei Rifi uti Urbani.Tra il 2002 e il 2006 nelle grandi città la produzione dei rifi uti urbani è cresciuta del 5,1%, tuttavia la media nazionale presenta un signifi cativo 8,9%. Il minor incremento della produzione nelle grandi città sembra dipendere dalla diminuzione della popolazione relativa, dal momento che a livello pro capite, nel 2006 hanno prodotto 622 Kg/abitante, ben 72 in più rispetto alla media nazionale.

Malgrado le performance signifi cative di alcune città dove la raccolta differenziata ha raggiunto livelli ragguardevoli (Padova, 39%; Torino, 36,7%; Brescia, 35,8% e Prato, 35,3%), centri urbani notevoli come Cagliari, Napoli, Catania e Messina, rimangono sotto il 10%.Però, nel rapporto non vengono conteggiati né menzionati i rifi uti speciali che quantitativamente sono tre volte tanto i normali RSU.

Diminuisce il consumo d’acqua per le utenze domestiche, ma aumenta quello di gas metano.Un piccolo passo verso il risparmio delle risorse ambientali è rappresentato dal diminuzione del consumo di acqua potabile per le utenze domestiche. Seppur pressoché invariata rispetto al 2005, la media è scesa dai 75,3 m3 per abitante del 2000 ai 69,4 m3 del 2006.La “palma” per le città più virtuose, in questo senso, è andata a Livorno (47,4 m3 per abitante), seguono Foggia (48,7 m3) e Prato (50,3 m3), mentre Torino, Brescia e Roma guidano la teoria delle più sprecone (rispettivamente: 88,8 m3 84,4 m3 83,4 m3).Purtroppo nelle 24 città sotto la lente del Rapporto Apat, si è registrato, nel 2006 un aumento del 6,7% (rispetto al 2000) relativamente al consumo pro capite di gas metano per uso domestico e riscaldamento.

Crescono i controlli per l’inquinamento elettromagne-tico, ma quello acustico rimane sempre uno spettro da sconfi ggere.Aumentano i controlli e le regole relativi all’installazione di impianti che generano campi elettromagnetici (in particolare quelli per la telefonia mobile); 12 delle 24 città analizzate hanno adottato uno specifi co regolamento in materia e nel solo 2006 sono stati effettuati 5.700 controlli su impianti radiotelevisivi e stazioni-radio base. L’80% delle città di cui si dispone dell’informazione documentata non ha superato i limiti di emissione previsti dalla legge, per quanto riguarda la radiazione elettromagnetica. Purtroppo non è la stessa cosa per l’inquinamento acustico, in cui la stesa Organizzazione Mondiale della Sanità ha individua-to la causa di stress e patologie non solo a carico dell’apparto uditivo, ma fi nanco di quello cardiaco.Ebbene, la classifi cazione acustica, che rientra negli adempimenti previsti dalla normativa per il contenimento di questa forma di inquinamento, è stata effettuata solo in 14 città, mentre 6 hanno approvato il relativo Piano di risanamento e solo 5 hanno pre-disposto una relazione biennale sullo stato acustico.

Aumenta il “verde”, generalmente buono il “blu” Qualche buona notizia sul fronte ambientale, c’è: aumentano le aree verdi pubbliche nelle città esaminate dall’indagine e il mare delle principali città e delle loro province risulta general-mente pulito.

Insomma, a ben leggere il Rapporto, non emerge sicuramente un “primo piano” completamente lusinghiero del “Bel Paese” al punto che la presenza di “zone buie” o non completamente “illuminate”, gettano ombre scure sul presente e sul futuro.

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a cura di Lorena Cecchini

BIOCARBURANTI DI SECONDA GENERAZIONE CON MINORE IMPATTO SULLA PRODUZIONE ALIMENTARE

Si è svolto a Roma il 27 febbraio scorso presso l’Automobile Club d’Italia, un convegno dedicato ai biocombustibili e alla mobilità. I biocombustibili, dopo una prima on-data di entusiasmo stanno ora attra-versando un momento di necessaria ricerca e verifi ca sulla loro opportunità ambientale, economica e sociale di utilizzo.Si può davvero contribuire alla soluzione del problema CO

2, senza sottrarsi da

una valutazione costi/benefi ci non solo economica, ma anche ambientale? È possibile rispettare l’ambiente ed evitare ripercussioni negative sulla produzione alimentare? Questi alcuni degli interrogativi che ruotano intorno alla produzione di bio-combustibili. Pasquale De Vita Vice Presidente Vica-rio dell’Automobile Club d’Italia, (ACI) ha asserito nel corso del Convegno, che occorre oggi “Avviare una rifl essione sul-le ricadute che i biocombustibili hanno generato soprattutto nell’agricoltura”. De Vita, che è anche Presidente

dell’Unione petrolifera, ha proseguito ricordando che l’Italia è al 3° posto nell’Unione Europea per la produzione di biocombustibili. “Questo - ha spiegato De Vita - è un momento di approfondimento, ma non signifi ca che dobbiamo commettere l’errore di fermarci davanti alle prime diffi coltà”. De Vita ha inoltre sottolineato che “è un errore pensare di sostituire totalmente i carburanti fossili, sia per motivi tecnici che di produzione, perché si rischierebbe di non fare più pane per realizzare biocarburanti. È fondamentale, invece, portare avanti progetti e ricerche sui combustibili di seconda generazione che hanno un minore impatto sulla produ-zione agricola a scopo alimentare”.Questi combustibili, infatti, sono pro-dotti con materie prime non destinate all’alimentazione, come paglia, legno, scarti e rifi uti e il processo produttivo usa tutta la pianta, non solo amidi e zuccheri. La relativa tecnologia si è detto durante il workshop - è ancora solo nella fase

di sviluppo, ma è da questi impieghi che ci si attendono sostanziali miglio-ramenti economici, sociali e ambien-tali. Una crescita auspicata capace di evitare conseguenze negative, come la pressione sui prezzi di alcuni prodotti alimentari, puntando invece sulla col-tivazione di materie prime su terreni fuori produzione (set-aside) ed a bassa produttività.

Emilio Di Camillo, della Commissione Mobilità dell’ACI, ha illustrato dettaglia-tamente nella sua relazione i motivi

PRODUZIONE DI BIODIESEL IN EUNazione 2004* 2005* 2006**

Germania 1035 1669 2681Francia 348 492 775Repubblica Ceca

60 133 203

Polonia 0 100 150Austria 57 85 134Slovacchia 15 78 89Spagna 13 73 224Danimarca 70 71 81Regno Unito 9 51 445Slovenia 0 8 17Estonia 0 7 20Lituania 5 7 10Lettonia 0 5 8Grecia 0 3 75Malta 0 2 3Belgio 0 1 85Cipro 0 1 2Portogallo 0 1 146Svezia 1 1 52Finlandia 0Ungheria 12Irlanda 0Lussemburgo 0Paesi Bassi 0Totale 1933 3184 6069

Fonte European Biodiesel Board* Produzione in migliaia di tonnellate** Capacità produttiva in migliaia di tonnellate

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che hanno messo i biocombustibili agli onori della cronaca, attribuendo al loro utilizzo i diversi vantaggi ottenibili sul piano delle politiche energetiche, di quelle agricole e di quelle ambientali. Lungo queste tre direttive, va quindi analizzato il contributo offerto dai bio-combustibili. Lo scopo della presentazione di Emilio Di Camillo è stato quello di sottolineare vantaggi e criticità dei biocombustibili, chiedendosi, ad esempio, se il loro uso possa davvero contribuire sostan-zialmente alla soluzione del problema CO

2, ma anche verifi care se il rapporto

vantaggi-criticità possa portare, attra-verso un’analisi well-to-wheels, da un lato, a defi nire l’effettiva dimensione dei problemi e dall’altro, ad individuare la strada con le migliori possibilità di soluzione.Per quanto riguarda uno degli interro-gativi più critici, ossia la possibilità di

ridurre signifi cativamente l’emissione di CO

2 attraverso un uso esteso di bio-

combustibili, alcune opinioni dicono che “l’uomo è soltanto in piccola par-te responsabile delle emissioni di CO

2

a livello planetario e di questa quota l’automobile è responsabile per appena il 6%”.

Aspetti tecnici relativi all’utilizzo

dei biocarburanti

Un altro degli aspetti sul quale si è concentrato il Workshop riguarda i pro-blemi di compatibilità dei motori dei veicoli in circolazione e le nuove linee di sviluppo del sistema di distribuzione dei carburanti.Oggi, la maggioranza dei veicoli può tranquillamente adoperare miscele con il 10% di etanolo senza particolari mo-difi che ai motori. Il biodisel è miscelabile con il gasolio fi no al 20-30%, sui diesel attualmente

in circolazione, e fi no anche al 100% nei vecchi motori diesel. La tendenza è quella di usare miscele con etanolo fi no all’85% (E85) nei mo-tori compatibili, come Flex Fuel, diffusi in USA e Brasile e da poco introdotti in Europa. Al riguardo, si pongono, però, problemi distributivi delle relative pompe dedicate all’E85 (85% etanolo e 15% benzina). L’etanolo miscelato con la benzina è in grado di aumentarne il numero di ottani e la maggior percen-tuale di ossigeno, rispetto alla benzina, migliora la combustione con riduzione di alcuni inquinanti. Il Biodiesel, invece, aumenta la “lubricità” del gasolio e può contribuire ad una migliore combustione, ma può ridurre la durata del motore e causare problemi in climi particolarmente freddi.In Brasile e negli USA i costruttori si sono affrettati ad offrire al pubblico tutta una serie completa di veicoli adatti a tali car-

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buranti, anche se con la preoccupazio-ne - ben presto dimostratasi infondata che la costruzione di veicoli adatti all’uso dell’E85 avrebbe potuto far aumentare la disponibilità di carburanti tradizionali.I costruttori europei, si è appreso durante il Workshop, vedono di buon occhio un maggior uso di biocarburanti, conside-randolo uno strumento per raggiungere i livelli di CO

2 imposti recentemente dalla

Commissione UE per le autovetture, in-sieme al progresso tecnico e al contributo delle innovazioni su pneumatici, lubrifi -canti, carburanti tradizionali, impianti di condizionamento dell’aria ecc… Tutti i maggiori gruppi dispongono di tecnologie e prodotti adatti all’uso di Biofuels. Anche Ferrari ha presentato al recente Salone di Detroit il modello F430 Biofuel. Resta comunque una perplessità - come evidenziato da Emilio Di Camillo circa

l’effettivo e signifi cativo contributo che un uso esteso dei biocarburanti possa apportare alla riduzione di CO

2.

È pur vero che alcune importanti Istitu-zioni Internazionali ne hanno contestato l’effi cacia, come l’International Tran-sport Forum (ex ECMT) affermando che “soltanto pochi carburanti sem-brano offrire garanzie in termini di benefi ci climatici e di sicurezza nei rifornimenti, ma si tratta comunque di un modo troppo costoso di affrontare il problema”. “Esiste secondo la citata Istituzione un alto grado di incertezza sui vantaggi in termini di riduzione netta dei gas serra”.“Si aggiunga sempre secondo la fonte che la maggior parte dei carburanti è molto costosa. Solo un prezzo del petrolio molto elevato potrebbe garantirne la commercia-lizzazione senza sostanziosi aiuti”.Resta comunque valido il discorso che i

biocombustibili di seconda generazione (combustibili sintetici) potranno risolvere sia il problema ambientale che quello della sicurezza degli approvvigionamenti.Il consiglio che gli esperti danno ai vari Governi è oggi quello di utilizzare gli incentivi alla produzione di Etanolo e Biodisel in modo più mirato di quanto non sia stato fatto fi no ad oggi, con conseguente esposizione ad un rischio a breve termine di bruschi aumenti nella Fiscalità automobilistica.Di Camillo ha, infatti, precisato che: “Se le perdite fi scali per ogni litro di carburante venduto si avvicinassero ai circa 0,25 centesimi al litro, si potrebbe ipotizzare, per compensare la perdita erariale, un au-mento generalizzato delle accise” che, in un momento economico certamente non buono, si tradurrebbe, secondo le stime, in un costo di 160 euro a persona.

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PNEUMATICI USATI ETRASPORTI TRANSFRONTALIERI

a cura dell’Avv. Leonardo Filippucci, esperto di Diritto Ambientale

Con il presente contributo indaghere-mo a quali condizioni un pneumatico usato può essere considerato rifi uto, specialmente ai fi ni del trasporto tran-sfrontaliero.

1. Evoluzione normativa in materia di pneumatici usatiPer rispondere compiutamente al que-sito, è opportuna una breve disamina dell’evoluzione normativa in materia.Il D. Lgs. n. 22/1997 (noto anche come decreto Ronchi) ha dato attuazione, in Italia, alla Direttiva comunitaria sui rifi uti 75/442/CEE.L’art. 6, lett. a) del D. Lgs. n. 22/1997 ha recepito la defi nizione di rifi uto prevista dall’art. 1, lett. a) della Direttiva 75/442/CEE, stabilendo che per “rifi uto” debba intendersi “qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle categorie riportate nell’allegato A e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi”.In particolare, nell’allegato A-2 del D. Lgs. n. 22/1997 veniva riportato il Ca-talogo Europeo dei Rifi uti (CER), vale a dire un elenco armonizzato di rifi uti elaborato a livello comunitario e strut-turato in codici a 6 cifre (i cosiddetti codici CER).Nel capitolo 16 del Catalogo Europeo dei Rifi uti era originariamente contem-plato il codice CER 16.01.03 “pneumatici usati”.

Il Catalogo Europeo dei Rifi uti è stato integralmente riscritto per effetto della Decisione della Commissione Europea 2000/532/CE, la quale è entrata in vigore il 1° gennaio 2002 ed ha sostituito la precedente Decisione 94/3/CE.Nel nuovo Catalogo Europeo dei Rifi uti, il codice 16.01.03 è stato ridefi nito con la dicitura “pneumatici fuori uso”.Con tale variazione la Commissione Europea ha voluto chiarire che un pneu-matico usato non può essere considerato un rifi uto per il semplice fatto di essere usato, così come un’autovettura non costituisce un rifi uto per il semplice fatto di essere usata.

Infatti:il pneumatico usato, qualora abbia a) le caratteristiche per essere ancora utilizzato tal quale per la propria originaria funzione, non può essere considerato rifi uto, a meno che il de-tentore se ne disfi , abbandonandolo illecitamente o conferendolo ad un soggetto autorizzato alla gestione di rifi uti;parimenti, il pneumatico usato, qua-b) lora possa essere utilizzato a seguito di un’operazione di ricostruzione del battistrada, non costituisce rifi uto, a meno che il detentore se ne disfi ; ciò in quanto la ricostruzione del battistrada costituisce un intervento manutentivo, concepito dal costrut-tore sin dalla progettazione;il pneumatico usato qualora non c) sia più utilizzabile tal quale per lo scopo originario e non possa essere ricostruito, deve considerasi “fuori uso” e, in quanto tale, costituisce certamente un rifi uto.

Il discorso è speculare a quello delle autovetture. Infatti:

l’autovettura usata non costituisce a) di per sé un rifi uto, salvo il caso in cui venga abbandonata su area pubblica o privata oppure venga conferita ad un centro di raccolta (autodemolitore);parimenti l’autovettura che necessita b) della sostituzione di un pezzo e che deve essere sottoposta ad intervento di manutenzione non costituisce rifi uto, salvo il caso in cui venga ab-bandonata su area pubblica o privata oppure venga conferita ad un centro di raccolta (autodemolitore);l’autovettura fuori uso, invece, è c) soggetta alla normativa sui rifi uti dettata dal D. Lgs. n. 209/2003.

Il nuovo Catalogo Europeo dei Rifi uti introdotto dalla sopra citata Decisione 2000/532/CE è stato recepito nell’ordi-namento italiano mediante la Direttiva Ministeriale 09/04/2002. In particolare, l’allegato A alla Direttiva Ministeriale 09/04/2002 ha sostituito

l’allegato A-2 al D. Lgs. n. 22/1997 (cioè il vecchio Catalogo), mentre l’allegato B alla Direttiva Ministeriale 09/04/2002 ha previsto una tabella di trasposizione dai vecchi codici ai nuovi codici.Per quanto rileva in questa sede, l’al-legato B alla Direttiva Ministeriale 09/04/2002 ha stabilito che il vecchio codice 16.01.03 “pneumatici usati” fosse trasposto nel nuovo codice 16.01.03 “pneumatici fuori uso”.

Peraltro, anche a seguito del recepi-mento del nuovo Catalogo Europeo dei Rifi uti, rimaneva nell’ordinamento nazionale un’evidente difformità. Infatti, il D.M. 05/02/1998, nel disci-plinare il recupero in procedura sem-plifi cata dei rifi uti non pericolosi, al punto 10 dell’allegato 1 sub allegato 1, prevedeva:

10. RIFIUTI SOLIDI IN CAUCCIÙ E GOMMA10.1 Tipologia: cascami e scarti di produzione, rifi uti di polvere e gra-nuli [070299] [160302] [160306].10.1.1 Provenienza: industria della gom-ma e della produzione di pneumatici; altre attività produttive, commerciali e artigianali.10.1.2 Caratteristiche del rifi uto: polve-ri, granuli, materozze, ritagli, trucioli, bave, sfridi e mescole fuori specifi ca di gomma con eventuali additivi.10.1.3 Attività di recupero: messa in riserva di rifi uti di gomma [R13] con eventuale macinazione con sistemi meccanici e/o criogeni e lavaggio, con separazione degli inquinanti occasionali per sottoporre i rifi uti di gomma alle seguenti operazioni di recupero:a) recupero, previa eventuale devulca-

nizzazione, in mescole compatibili in alternativa o in parziale sostituzione della gomma vergine [R3].;

b) recupero nella produzione di articoli tecnici in mescole compatibili [R3].

c) recupero nella produzione di bitumi modifi cati in impianti fi ssi [R3].;

d) recupero nella produzione di para-bordi dopo eventuale compattazione

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meccanica [R3].10.1.4 Caratteristiche delle materie prime e/o dei prodotti ottenuti: a) e b) manufatti in gomma nelle forme

usualmente commercializzate;c) bitumi modifi cati nelle forme usual-

mente commercializzate;d) parabordi nelle forme usualmente

commercializzate.

10.2 Tipologia: pneumatici non rico-struibili, camere d’aria non riparabili e altri scarti di gomma [160103].10.2.1 Provenienza: industria della rico-struzione pneumatici, attività di sostitu-zione e riparazione pneumatici e attività di servizio, attività di autodemolizione autorizzata ai sensi del decreto legisla-tivo 5 febbraio 1997, n. 22 e successive modifi che e integrazioni, autoriparazione e industria automobilistica.10.2.2 Caratteristiche del rifi uto: pneuma-tici usurati e camere d’aria con eventuale presenza di inquinanti superfi ciali (IPA <10 ppm); scarti di gomma di varie dimensioni e forme.10.2.3 Attività di recupero: messa in riserva di rifi uti di gomma [R13] con la-vaggio, triturazione e/o vulcanizzazione per sottoporli alle seguenti operazioni di recupero:a) recupero nell’industria della gomma

per mescole compatibili [R3];b) recupero nella produzione bitumi

[R3];c) realizzazione di parabordi previo la-

vaggio chimico fi sico se contaminato, eventuale macinazione, compatta-zione e devulcanizzazione [R3].

10.2.4 Caratteristiche delle materie prime e/o dei prodotti ottenuti: a) manufatti in gomma nelle forme

usualmente commercializzate;b) e c) bitumi e parabordi nelle forme

usualmente commercializzate.

10.3 Tipologia: pneumatici ricostru-ibili [160103].10.3.1.Provenienza: raccolta differenziata; attività di servizio ed utilizzo, autoripa-razione, autodemolizione autorizzata ai sensi del decreto legislativo 5 febbraio

1997, n. 22 e successive modifi che e integrazioni, autoriparazione e industria automobilistica.10.3.2 Caratteristiche del rifi uto: pneu-matici usurati.10.3.3 Attività di recupero: messa in riserva di rifi uti di gomma [R13] con selezione e accettazione delle carcasse per sottoporle alle operazioni di recupe-ro di raspatura, eventuali riparazioni e soluzionatura; vulcanizzazione controllo fi nale e rifi nitura [R3]..10.3.4 Caratteristiche delle materie prime e/o dei prodotti ottenuti: pneumatici ricostruiti rispondenti alle norme UNI 9950.

In base al D.M. 05/02/1998, dunque, poteva ancora sembrare che i pneu-matici usati ma ricostruibili dovessero essere considerati rifi uti.Al fi ne di rimuovere questa ambiguità normativa, è intervenuto l’art. 23 della Legge n. 179/2002.

In particolare:• l’art. 23, comma 1, lett. l) ha ribadi-

to che all’allegato A del D. Lgs. n. 22/1997 le parole: “16.01.03 pneu-matici usati” fossero sostituite dalle parole “16.01.03 pneumatici fuori uso”;

• l’art. 23, comma 2, poi, ha autorizzato il Ministro dell’ambiente ad apportare le modifi che ed integrazioni al D.M. 05/02/1998 conseguenti a quanto previsto dal comma 1, lettera l).

In attuazione dell’art. 23, comma 2 della Legge n. 179/2002, il Ministero dell’am-biente ha emanato il D.M. 09/01/2003, recante “Esclusione dei pneumatici ri-costruibili dall’elenco di rifi uti non pe-ricolosi”, il quale ha soppresso il punto 10.3 dell’allegato 1, suballegato 1 al D.M. 05/02/1998, chiarendo in maniera ine-quivocabile che i pneumatici ricostruibili non costituiscono rifi uto.Tant’è che, con nota esplicativa del 07/02/2003, le Associazioni Industriali interessate (Airp per i pneumatici rico-struiti ed Assogomma per i pneumatici nuovi) hanno fornito a tutti gli operatori dei settori interessati alcune linee per

la gestione dei pneumatici ricostruibili, escludendo questi ultimi dal concetto di rifi uti.

In conclusione, per effetto dell’evolu-zione normativa testé riassunta, appare chiaro che i pneumatici usati costitui-scono rifi uto solo nei casi in cui siano qualifi cabili come “fuori uso” e cioè:- quando non siano ricostruibili e non

siano più utilizzabili tal quali;- ovvero quando il detentore se ne

disfi , abbandonandoli o conferendoli a soggetto autorizzato alla gestione di rifi uti.

A completamento di quanto sin qui osservato, va detto che il D. Lgs. n. 22/1997 è stato recentemente abrogato e sostituito dalla Parte Quarta del D. Lgs. n. 152/2006 (cosiddetto Codice dell’ambiente).Il D. Lgs. n. 152/2006, peraltro, non ha modifi cato nulla (l’allegato A alla Parte Quarta del D. Lgs. n. 152/2006, conte-nente attualmente il Catalogo Europeo dei Rifi uti, prevede sempre il codice 16.01.03 “pneumatici fuori uso”).Anzi, l’art. 228 del D. Lgs. n. 152/2006, nel dettare una specifi ca disciplina sulla gestione dei pneumatici fuori uso, ha ulteriormente chiarito, laddove ve ne fosse bisogno, che solo i pneumatici fuori uso costituiscono rifi uto e che l’operazione di ricostruzione rappresenta una modalità per evitare la formazione di pneumatici fuori uso.

2. GiurisprudenzaAnche la giurisprudenza ha defi niti-vamente recepito il principio che solo il pneumatico fuori uso può essere considerato rifi uto.Infatti, la Suprema Corte di Cassazione, con sentenza del 01/03/2007 (ud. 23/01/2007), n. 8679, ha affermato testualmente:«Ed invero proprio dalle modalità di smaltimento si può legittimamente de-durre che i pneumatici in questione non solo erano usati, così come affermato dal tribunale, ma, in quanto destinati all’abbandono, andavano oramai a pieno

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titolo considerati “fuori uso”.La puntualizzazione si rende necessaria continuando a fare in realtà riferimento sia la contestazione che la motivazione a “pneumatici usati” - evidentemente in conformità alla originaria indicazione contenuta nel d.lgs 22/97 - laddove, invece, per effetto di successivi inter-venti normativi, la nozione di rifi uti è attualmente ristretta ai soli pneuma-tici “fuori uso” (rimanendone invece esclusi, come noto, i c.d. pneumatici ricostruibili).

Ed, invero, l’art. 23 della legge 31 luglio 2002, n. 179 ha disposto che “all’allegato A [del d.lgs 22/97] le parole: “16 01 03 pneumatici usati” sono sosti-tuite dalle seguenti: “16 01 03 pneuma-tici fuori uso” ed, attualmente, sia l’art. 228 che l’allegato A) - voce 16.01.03 - del lgs 152/2006, contemplano anch’essi nella categoria dei rifi uti unicamente i “pneumatici fuori uso”».

In altri termini, la Corte, per poter af-fermare che i pneumatici usati oggetto del capo di imputazione fossero quali-fi cabili come rifi uti, ha dovuto chiarire che essi, essendo stati materialmente destinati all’abbandono, potevano essere considerati “fuori uso”.

3. Trasporti transfrontalieri Per quanto concerne la materia dei trasporti transfrontalieri, le considera-zioni da fare sono del tutto analoghe a quelle svolte relativamente alla nor-mativa nazionale.

Fino al 12/07/2007, la materia delle spedizioni internazionali di rifi uti ri-sultava disciplinata dal Regolamento comunitario 259/93/CEE.Tale Regolamento annoverava, all’inter-no della cosiddetta Lista verde dei rifi uti, al punto GK.020.4012.20, i “pneumatici usati”, senza esplicitare a quali con-dizioni un pneumatico usato potesse essere considerato rifi uto.

Il Regolamento 259/93/CEE è stato abrogato e sostituito, a far tempo dal 12/07/2007, dal Regolamento 1013/2006/CE, il quale non prevede più la dicitura “pneumatici usati”.Infatti, nell’allegato III al Regolamento 1013/2006/CE (attuale “Elenco verde”) si rinvia all’allegato IX della convenzione di Basilea (l’allegato IX alla convenzio-ne di Basilea è riportato nell’allegato V, parte 1, elenco B del Regolamento 1013/2006/CE), il quale non utilizza la dicitura “pneumatici usati”, bensì la dicitura di “rifi uti di pneumatici” (vd punto B3140).

Pertanto, considerato che la nozione di rifi uto adottata dal Regolamento 1013/2006/CE e dalla Convenzione di Basilea ai fi ni della movimentazio-ne internazione di rifi uti è uguale a quella prevista dalla Direttiva 75/442/CEE (per completezza va detto che la Direttiva 75/442/CEE è stata abrogata e sostituita dalla Direttiva 2006/12/

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CEE, la quale peraltro non ha mutato la nozione di rifi uto), il concetto di “rifi uti di pneumatici” non può che coincidere con quello individuato, nei precedenti paragrafi , in riferimento alla normativa nazionale di attuazione della Direttiva 75/442/CEE.

Occorre inoltre osservare che, nell’alle-

gato V, parte 2 del vigente Regolamento 1013/2006/CE, viene riportato il Catalo-go Europeo dei Rifi uti introdotto dalla Decisione comunitaria 2000/532/CE, il quale, come sopra detto, contempla il codice CER 16.01.03 “pneumatici fuori uso” e non più il vecchio codice CER 16.01.03 “pneumatici usati”.

Anche a livello di spedizioni transfron-taliere, dunque, è evidente come la qualifi ca di rifi uto non possa essere semplicisticamente ed erroneamente at-tribuita a qualsivoglia pneumatico usato, bensì debba essere attribuita esclusiva-mente ai pneumatici fuori uso.

REGOLAMENTO INCENTIVI PER AUTOTRASPORTATORI

I SOLDI CI SONO, MANCANO ANCORA I TERMINI E LE MODALITÀ DI PRESENTAZIONE DELLE DOMANDE

È stato pubblicato sulla Gazzetta uffi ciale n. 36 del 12 febbraio 2008 il D. P. R. 29 dicembre 2007, n. 273 avente ad oggetto: “Regolamento recante le modalità di erogazione del Fondo per il proseguimento degli interventi a favore dell’autotrasporto per l’acquisto di veicoli di ultima generazione”.Si tratta del Regolamento che defi nisce le modalità di erogazione delle risorse accantonate nel Fondo per il proseguimento degli interventi a favore degli Autotrasportatori per l’acquisto di veicoli pesanti di ultima generazione che rispondano alle caratteristiche e obbiettivi fi ssati per il miglioramento ambientale.La somma (70 milioni di Euro), già fi ssata dalla Legge Finanziaria 2007 (Legge 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 919) è destinata alle Imprese o raggruppamenti di Imprese di Autotrasporto in conto terzi, iscritte all’Albo che abbiano acquistato od acquistino, nel biennio 2007 – 2008, anche mediante locazione fi nanziaria, autoveicoli di massa complessiva pari o superiori a 11,5 tonnellate della categoria “Euro 5”. Si tratta di un contributo a “fondo perduto” per ogni veicolo nuovo acquistato, pari a 3.400 Euro, per le piccole e medie imprese (PMI), intendendosi per tali quelle che abbiamo meno di 250 dipendenti ed un fatturato annuo inferiore a 50 milioni di Euro o un attivo superiore a 43 milioni di Euro.Quelle imprese che hanno caratteristiche superiori avranno 2.550

Euro a veicolo.Per le imprese situate nelle aree in via di sviluppo (art. 87, par. 3 – lett. A del Trattato istitutivo della Comunità Europea) ossia per quelle di Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, il contributo cresce di un ulteriore 10%, calcolato sul costo massimo ammissibile dalle Autorità Comunitarie, pari a 8.500 Euro.Perciò per le imprese delle Regioni sopra citate, il contributo per ogni veicolo sarà di 4.250 Euro per le PMI e di 3.400 per le altre.Si precisa, tuttavia, che l’agevolazione non può essere attualmente richiesta perché le modalità e i termini di presentazione delle domande e lo schema della domanda stessa, avrebbero dovuto essere fi ssati entro 30 giorni successivi alla pubblicazione del Regolamento, ma il relativo Decreto del Ministro dei Trasporti, di concerto con quello dell’Economia, non è ancora emanato.Ci riserviamo di darne notizia al momento della sua emanazione.

€CONEWS

A cura della Redazione

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