attualita` - gabrielepieranunzi.com · musica 263, febbraio 2015 33 gli ultimi 25 anni, e sta...

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&attualita ` Spalla del Teatro San Carlo, solista e camerista raffinato: la versatilita ` del violinista Gabriele Pieranunzi, che ha partecipato con Roberto Prosseda all’integrale della musica da camera di Mendelssohn per Dec- ca, e ` davvero singolare nel panora- ma musicale italiano. I suoi ultimi due CD, registrati con Decca e dedicati al Mendelssohn gio- vanile, hanno avuto un ottimo riscon- tro. Da dove nasce questo progetto? Come spesso succede, e ` nato un po’ per caso, dalla collaborazione con Francesco Fiore e Shana Downes: Decca ci ha proposto di incidere qualcosa nella formazione del trio d’archi ma, essendo questa una for- mazione un po’ desueta, abbiamo pensato di includere anche Roberto Prosseda, che era impegnato nel suo grande progetto-Mendelssohn discografico, e di affrontare i Quar- tetti con pianoforte di quell’autore, pagine bellissime e raramente ese- guite, tanto che credo che la nostra sia l’unica integrale esistente. Spesso, affrontando i lavori giovanili o addirittura infantili di un composi- tore, si e`tentati di cercare i prodromi dello stile maturo. E ` un discorso che regge, nel caso di Mendelssohn? Io credo che ci siano delle tracce si- gnificative, e voglio fare un esempio concreto: nello Scherzo del Trio in do c’e ` un chiarissimo anticipo, nel ritmo e negli intervalli, del Sogno di una notte di mezza estate. Ma an- che fra le opere 1, 2 e 3, ossia i primi lavori pubblicati da Mendelssohn, c’e ` un percorso evolutivo tangibile, un mondo che cambia in maniera rapidissima; quindi precocita ` e chia- rezza assoluta. Oltre, immagino, a modelli chiara- mente avvertibili: quali? Gli studi con Welter e la formazione accademica di Mendelssohn sono molto chiari, cosı` come l’influenza bachiana: ne ´ possiamo ignorare l’in- fluenza dei suoi contemporanei, co- me Schumann, che « inquinano » la serenita ` di base, come una cenere sotto la brace di una musica appa- rentemente imperturbabile. Parliamo del suo strumento: come scrive il giovane Mendelssohn per vio- lino? Nelle note dei due CD si fa riferi- mento anche a Paganini... Io ricorderei anche Spohr, abituale frequentatore di casa Schumann e di casa Mendelssohn, grande violini- sta la cui influenza e ` percepibile in tutti questi lavori giovanili, incluso l’Ottetto: in quel periodo la tecnica del violino era ancora, sotto certi punti di vista, farraginosa, non si era ancora arrivati alla naturalezza pa- ganiniana. Mendelssohn riesce a scrivere in maniera piu ` trasparente di Spohr, per non parlare di Bazzini o Viotti: mi colpisce sempre l’equili- brio fra brillantezza e cantabilita `, in una perfetta economia di mezzi. Nulla e ` di troppo, nulla e ` mancante. Proseguira`questa esplorazione men- delssohniana in sala di registrazio- ne? La mia intenzione e ` di incidere il Concerto « piccolo », quello in re mi- nore, e il doppio, che con Prosseda vorremmo fare nella versione origi- nale che contempla anche fiati e timpani, e non i soli archi. E poi vor- rei affrontare i due Quintetti per ar- chi, anch’essi desueti e ingiustamen- te sottovalutati, oltre che molto di- versi l’uno dall’altro, uno giovanile ed uno maturo. Lei e`spalla dell’Orchestra del San Carlo: cosa apporta questa esperien- za alla sua carriera solistica? Il mio percorso musicale e ` stato sin- golare: per anni ho lavorato come solista, e da 15 anni circa ho iniziato anche a suonare in orchestra, prima come ospite poi come spalla, dal 2004. Riprendere un’attivita ` solistica dopo tanti anni d’orchestra e `, se si considera l’esperienza dal punto di vista giusto, un arricchimento, per- che ´ in essa confluiscono tante espe- rienze e una nuova capacita ` di gesti- re il tempo; mi spiace solamente che in Italia si tenda ad etichettare i mu- sicisti, classificandoli fra chi fa il so- lista, chi fa musica da camera, chi suona in orchestra All’estero un vio- linista lo e ` e basta, a prescindere da dove si suona: non esiste nessuna diminutio, secondo me. Certo, e ` molto faticoso coniugare i due aspetti della professione Voglio provocare: oggila qualita`delle orchestre italiane e`molto superiore a trent’anni fa, quando davvero un po- sto di fila poteva essere una sorta di « rifugio » per musicisti mediocri! Forse e ` vero, pero ` negli anni ’60-’70 al San Carlo la spalla era Aldo Fer- raresi, a Santa Cecilia Aldo Stefana- to (dove Rocco Filippini era primo violoncello), alla Rai di Roma suo- nava Gazzelloni: io credo che il pre- giudizio sia un fatto piu ` recente, de- La doppia vita musicale di Gabriele Pieranunzi Gabriele Pieranunzi 32 musica 263, febbraio 2015

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Spalla del Teatro San Carlo, solistae camerista raffinato: la versatilitadel violinista Gabriele Pieranunzi,che ha partecipato con RobertoProsseda all’integrale della musicada camera di Mendelssohn per Dec-ca, e davvero singolare nel panora-ma musicale italiano.

I suoi ultimi due CD, registrati con

Decca e dedicati al Mendelssohn gio-

vanile, hanno avuto un ottimo riscon-

tro. Da dove nasce questo progetto?

Come spesso succede, e nato un po’per caso, dalla collaborazione conFrancesco Fiore e Shana Downes:Decca ci ha proposto di inciderequalcosa nella formazione del triod’archi ma, essendo questa una for-mazione un po’ desueta, abbiamopensato di includere anche RobertoProsseda, che era impegnato nelsuo grande progetto-Mendelssohndiscografico, e di affrontare i Quar-

tetti con pianoforte di quell’autore,pagine bellissime e raramente ese-guite, tanto che credo che la nostrasia l’unica integrale esistente.

Spesso, affrontando i lavori giovanili

o addirittura infantili di un composi-

tore, si e tentati di cercare i prodromi

dello stile maturo. E un discorso che

regge, nel caso di Mendelssohn?

Io credo che ci siano delle tracce si-gnificative, e voglio fare un esempio

concreto: nello Scherzo del Trio in

do c’e un chiarissimo anticipo, nelritmo e negli intervalli, del Sogno di

una notte di mezza estate. Ma an-che fra le opere 1, 2 e 3, ossia i primilavori pubblicati da Mendelssohn,c’e un percorso evolutivo tangibile,un mondo che cambia in manierarapidissima; quindi precocita e chia-rezza assoluta.

Oltre, immagino, a modelli chiara-

mente avvertibili: quali?

Gli studi con Welter e la formazioneaccademica di Mendelssohn sonomolto chiari, cosı come l’influenzabachiana: ne possiamo ignorare l’in-fluenza dei suoi contemporanei, co-me Schumann, che « inquinano » laserenita di base, come una ceneresotto la brace di una musica appa-rentemente imperturbabile.

Parliamo del suo strumento: come

scrive il giovane Mendelssohn per vio-

lino? Nelle note dei due CD si fa riferi-

mento anche a Paganini...

Io ricorderei anche Spohr, abitualefrequentatore di casa Schumann edi casa Mendelssohn, grande violini-sta la cui influenza e percepibile intutti questi lavori giovanili, inclusol’Ottetto: in quel periodo la tecnicadel violino era ancora, sotto certipunti di vista, farraginosa, non si eraancora arrivati alla naturalezza pa-

ganiniana. Mendelssohn riesce ascrivere in maniera piu trasparentedi Spohr, per non parlare di Bazzinio Viotti: mi colpisce sempre l’equili-brio fra brillantezza e cantabilita, inuna perfetta economia di mezzi.Nulla e di troppo, nulla e mancante.

Proseguira questa esplorazione men-

delssohniana in sala di registrazio-

ne?

La mia intenzione e di incidere ilConcerto « piccolo », quello in re mi-nore, e il doppio, che con Prossedavorremmo fare nella versione origi-nale che contempla anche fiati etimpani, e non i soli archi. E poi vor-rei affrontare i due Quintetti per ar-chi, anch’essi desueti e ingiustamen-te sottovalutati, oltre che molto di-versi l’uno dall’altro, uno giovanileed uno maturo.

Lei e spalla dell’Orchestra del San

Carlo: cosa apporta questa esperien-

za alla sua carriera solistica?

Il mio percorso musicale e stato sin-golare: per anni ho lavorato comesolista, e da 15 anni circa ho iniziatoanche a suonare in orchestra, primacome ospite poi come spalla, dal2004. Riprendere un’attivita solisticadopo tanti anni d’orchestra e, se siconsidera l’esperienza dal punto divista giusto, un arricchimento, per-che in essa confluiscono tante espe-rienze e una nuova capacita di gesti-re il tempo; mi spiace solamente chein Italia si tenda ad etichettare i mu-sicisti, classificandoli fra chi fa il so-lista, chi fa musica da camera, chisuona in orchestra All’estero un vio-linista lo e e basta, a prescindere dadove si suona: non esiste nessunadiminutio, secondo me. Certo, emolto faticoso coniugare i dueaspetti della professione

Voglio provocare: oggi la qualita delle

orchestre italiane e molto superiore a

trent’anni fa, quando davvero un po-

sto di fila poteva essere una sorta di

« rifugio » per musicisti mediocri!

Forse e vero, pero negli anni ’60-’70al San Carlo la spalla era Aldo Fer-raresi, a Santa Cecilia Aldo Stefana-to (dove Rocco Filippini era primovioloncello), alla Rai di Roma suo-nava Gazzelloni: io credo che il pre-giudizio sia un fatto piu recente, de-

La doppia vita musicale di Gabriele Pieranunzi

Gabriele Pieranunzi

32 musica 263, febbraio 2015

33musica 263, febbraio 2015

gli ultimi 25 anni, e sta portando adun affossamento della « classe me-dia ». E vorrei ricordare una frase diSawallisch, che affermava che le or-chestre italiane non sono certo or-ganismi perfetti, che pero passandodalla generale all’esecuzione pubbli-ca possono diventare anche miglioridei complessi tedeschi o inglesi! For-se perche gli italiani sono piu creati-vi e umorali. Parlando della mia or-chestra, quella del San Carlo, anchegrazie all’opera di direttori stabili co-me Tate, il miglioramento qualitativocompiuto negli ultimi vent’anni e in-negabile, benche io non concordi neldefinire mediocre il livello antece-dente questa « svolta »: noi italianisiamo abituati, troppo spesso, ad es-sere eccessivamente critici con noistessi, cosa che fuori Italia general-mente non succede.

Nello scorso numero abbiamo intervi-

stato suo fratello Enrico, che appa-

rentemente svolge la propria attivita

in un ambito musicale molto lontano:

avete collaborato frequentemente?

Abbiamo ovviamente una base co-mune e anzi il fatto che io suoni ilviolino lo devo a mio papa e a miofratello Enrico (che ha vent’anni piudi me), il quale poi mi accompagnoa lungo nei primi concorsi e nei pri-mi concerti; abbiamo condiviso tan-to, anche la tradizione romana delladomenica costituita dai concerti aSanta Cecilia, nei quali ho ascoltatoi massimi solisti del violino. In que-ste occasioni sono diventato unapersona « seria », parola oggi desue-ta ma che amo molto. Poi sono di-ventato un professionista, e le no-stre strade si sono divise perche inquel momento storico era impensa-bile l’incontro di un violinista « clas-sico » e di un pianista « jazz »: deveconsiderare che allora i jazzisti era-no in una sorta di ghetto, una condi-zione opposta a quanto abbiamo vi-sto negli ultimi anni, quando moltesocieta di concerti chiedono di ospi-tare musicisti che abbraccino generidiversi. Non voglio usare parole chenon amo, come crossover o contami-nazione, ma la sostanza e questa e dacinque anni circa io ed Enrico siamotornati ad esibirci assieme: anche seho l’impressione che il momento fer-tile si stia un po’ esaurendo.

Nicola Catto

La rivista

che ha rievocato in questo numero la figura del musici-

sta argentino di origine italiano Rodolfo Zanni (1901-

1927), morto a soli 26 anni in circostanze misteriose e

la cui produzione musicale (81 lavori fra pagine sinfoni-

che, ouverture, balletti, sonate e due opere liriche) e

quasi interamente scomparsa,

HA DECISO

per onorarne la memoria e dare un concreto impulso

alle ricerche musicologiche a lui dedicate, di mettere a

disposizione

UN PREMIO DI 5.000 EURO

per coloro (persona fisica o ente) che trovassero o for-

nissero elementi decisivi per ritrovare il manoscritto o

un’edizione a stampa della partitura di Rosmunda, ope-

ra in quattro atti su libretto di Sem Benelli. In assenza di

questa, si premiera con la stessa somma (5.000 Euro) il

ritrovamento di un’altra partitura che, a insindacabile

giudizio del direttore responsabile della rivista MUSICA,

si rivelera altrettanto significativa per la comprensione

e la conoscenza della musica di Zanni.

I lavori eventualmente ritrovati andranno inviati tramite

plico raccomandato e pervenire entro il 31 gennaio

2016 alla redazione della rivista MUSICA (via Tonale 60,

21100 Varese).

La direzione della rivista MUSICA si riserva i diritti di uti-

lizzazione delle opere e la scelta delle modalita di pro-

posta delle stesse all’attenzione del mondo musicale.

Aiutateci a ritrovare gli spartiti di Rodolfo Zanni!