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ISTITUTO COMPRENSIVO STATALE AD INDIRIZZO MUSICALE di Salice Salentino e Guagnano SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO COMUNE DI GUAGNANO Anno scolastico 2016 - 2017 classe 2^A Attività di approfondimento “GIORNALISTI… ANCHE NOI” A cura di: Prof.ssa Daniela Laghezza Prof.ssa Federica Lefons

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ISTITUTO COMPRENSIVO STATALE AD INDIRIZZO MUSICALE di Salice Salentino e Guagnano

SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO COMUNE DI GUAGNANO

Anno scolastico 2016 - 2017 classe 2^A

Attività di approfondimento “G I O R N A L I S T I … A N C H E N O I ”

A cura di: Prof.ssa Daniela Laghezza Prof.ssa Federica Lefons

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Guagnano, 10 giugno 2017 Cari ragazzi, siamo giunti ormai alla fine del secondo anno di scuola media. Noi sappiamo che per voi è stato un anno impegnativo per lo studio ma sicuramente proficuo per la vostra crescita. Questa raccolta di lavori, svolta da voi, è il segno tangibile di una piccola parte dell’impegno che avete profuso nel corso di questo anno scolastico. Per questo, vi facciamo i nostri complimenti. Durante le vacanze, rileggendo i vostri racconti o le vostre poesie, sorriderete ma, tra qualche anno, rovistando tra i vecchi file, potreste ritrovare quella parte di voi che, ormai adulti, avrete riposto nei “meandri più nascosti del vostro cuore” e ricordare questi momenti di vita gioiosa e spensierata.

Le vostre Prof.sse

Daniela Laghezza e Federica Lefons

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Dopo una veloce presentazione, il maestro Sabatino e i suoi hanno intonato la bellissima “Volare” di Domenico Modugno, dopodiché hanno spiegato le caratteristiche degli strumenti musicali utilizzati e raccontato come si svolgono i corsi nella loro sede di Salice Salentino, paese a pochi chilometri da Guagnano. L’associazione Suonjmprovvisi di Sabatino è solita fare il giro delle scuole a inizio anno scolastico per pubblicizzare i propri corsi: è nata nel 2009 con lo scopo di trasmettere non solo l’amore per la musica, ma per creare soprattutto dei momenti di aggregazione, ritrovo e socializzazione fra i più giovani. Durante il concerto, ogni musicista ha proposto un brano: il pianista, per esempio, ci ha deliziato con la meravigliosa musica de “La marcia turca” di Mozart, mentre il tamburellista ha simpaticamente coinvolto nella sua Pizzica salentina tre alunni.

Martedì 8 novembre, il maestro Andrea Sabatino è arrivato nei locali della scuola secondaria di primo grado di Guagnano con i suoi colleghi musicisti intorno alle 8.30. Docenti e alunni si sono pertanto spostati nel grande atrio per assistere al concerto in programma da qualche giorno.

IMPROVVISATA DI MUSICISTI SUONJMPROVVISI PRESSO LA SCUOLA SECONDARIA

DI GUAGNANO di Andrea Sabatino

Il concerto è durato meno di un’ora, tuttavia è stato molto piacevole per tutta l’eterogenea platea. Al termine di questa breve esperienza, ciò che ci auguriamo è che tali iniziative possano realmente avvicinare i giovani alla musica e allontanarli, almeno per qualche ora, dai loro “passatempi” preferiti WhatsApp, Facebook e via discorrendo…

Articolo di Giulia D., Virginia T. , Samuele M.

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In occasione della “Giornata mondiale dei Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza”, promossa dall’ UNICEF il 20 novembre di ogni anno, gli alunni dell’Istituto Comprensivo di Salice Salentino e Guagnano hanno partecipato ad un insieme di iniziative nate per aiutare i bambini più sfortunati.

Tra le iniziative proposte, lunedì 21 novembre c’è stato il ritrovo degli alunni delle scuole primarie nelle piazze di Salice e Guagnano per sensibilizzare tutta la popolazione locale, grandi e piccoli, su questo tema. Dal 21 novembre al 2 dicembre c’è stato il “Mercatino di Beneficenza” itinerante allestito nelle due scuole primarie e nella secondaria di Guagnano ad opera dei ragazzi del CCR di Guagnano (Consiglio Comunale dei Ragazzi).

Di Mariacristina L. e Silvia N.

Gli oggetti messi in vendita sono stati donati da alcuni studenti e insegnanti. Il mercatino era abbinato ad una riffa: infatti, per ogni euro speso si riceveva un biglietto che dava diritto a partecipare all’estrazione di sei premi (un borsone, un quadro-puzzle, una scatola di pennarelli, un multitasche, un orologio e un Portachiavi UNICEF). Il 2 dicembre è avvenuta l'estrazione dei premi. Un’altra iniziativa è stata la “Merenda solidale pro UNICEF” consumata nelle scuole di Salice che, insieme con il Mercatino, è stata utile per raccogliere dei fondi da destinare all’acquisto delle Pigotte. Le bambole di pezza dell’UNICEF rappresentano un bambino in attesa di un aiuto salvavita: ogni Pigotta adottata, infatti, consente di fornire interventi mirati che riducono il pericolo di mortalità nei primi cinque anni di vita. Il kit salvavita prevede vaccini, dosi di vitamina A, kit ostetrico per il parto sicuro, antibiotici e una zanzariera antimalaria.

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Di Mariacristina L. e Francesca C.

Il 5 aprile siamo andati a visitare la cantina sociale

"Enotria“, poco distante dalla nostra scuola. La

Cantina nasce a Guagnano nel 1961 per iniziativa

di 14 operai della zona. Ha origine da un grande e

antico stabilimento vinicolo, il cui capo era il

cavalier Emilio Villa. Nel 1965 fu acquistato altro

suolo, dove nel 1968 cominciarono i lavori per il

nuovo stabilimento. La nuova sede fu completata

nel 1971 (i soci erano diventati 300 e i vigneti si

estendevano per ben 1000 ettari). I vini prodotti

nella cantina derivano prevalentemente da uve di

varietà Negroamaro e Malvasia Nera, tipiche della

zona.

La lavorazione delle uve è oggi completamente

diversa dal passato. Anticamente dalle vigne si

raccoglieva l’uva che si poneva in grandi ceste che

poi venivano depositate nelle vasche nelle quali si

accedeva da una scala.

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L’uva veniva schiacciata da due rulli azionati da

una manovella. Dopo la fermentazione si

ricavava il vino.

Oggi, invece, come abbiamo potuto osservare

direttamente durante la nostra visita guidata,

per ottenere il vino vengono utilizzate macchine

moderne e tecnologiche e il procedimento è

lungo e complicato prima che dall’uva si ottenga

il vino pronto da vendere. Tra l’altro, la cantina

si avvale della competenza di un enologo che

segue le varie fasi di lavorazione.

Inizia tutto all’esterno, dove c’è un'area molto

estesa in cui si pesano i camion carichi di uva:

questo primo momento della produzione si

chiama "pesa".

In seguito, si preleva un campione di uva per

verificarne la qualità e quindi quella migliore viene

trasportata in una vasca con dei raggi di acciaio:

qui vengono separati i chicchi dai raspi. A questo

punto avviene la pigiatura che consiste

nell'estrarre dall'uva il mosto che deve fermentare

per diventare vino. Durante la fermentazione

all’interno del prodotto in lavorazione si creano

l'anidride carbonica e l'alcool etilico. L'anidride

carbonica provoca il caratteristico gorgoglìo del

mosto. Il vino, quindi, viene decantato e, verso

ottobre, viene travasato e separato dalla feccia,

cioè dal residuo depositatosi durante la

fermentazione. All’interno della cantina, vi è la

centrifuga cioè un macchinario molto potente che,

girando vorticosamente, separa il vino buono dalle

impurità. Il vino viene fatto passare attraverso dei

filtri da cui ne esce limpido.

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A Guagnano si contano sette cantine che

appartengono al patrimonio culturale ed

economico del nostro territorio: tutti dovremmo

imparare a proteggere i beni della nostra terra e

in particolare dovremmo imparare ad essere

orgogliosi del nostro Negroamaro, diventato

ormai famoso in tutta Italia. Ad agosto, infatti, già

da qualche anno, si organizza una manifestazione

dedicata proprio a questo vino e che attrae tanta

gente, tra cui molti personaggi importanti del

settore.

Di Francesca C., Elisa I., Lucrezia B., Francesca M., Silvia N. Il 21 aprile scorso le classi seconde della Scuola Secondaria di Guagnano hanno effettuato un’uscita didattica a Bari, con ritorno in giornata: in programma vi era la visita alla Cittadella Mediterranea della Scienza e un tour lungo i principali monumenti architettonici del capoluogo pugliese. Il ritrovo dei ragazzi, accompagnati dalle prof.sse M. Rollo, L. Fabbrizio e F. Lefons, era per le 8 nei pressi della Stazione di Guagnano. Quel giorno, pertanto, dopo aver fatto l’appello e controllato che tutti fossero presenti, il pullman è finalmente partito. Una volta giunti alla Cittadella, ci hanno spiegato che avremmo seguito il percorso scientifico su “Darwin e l’evoluzione” (i percorsi da seguire sono molti e tutti interessanti, a quanto pare) ed esaminato, in un laboratorio, alcune cellule animali e vegetali al microscopio. Con una delle guide abbiamo pertanto raggiunto il laboratorio biologico e, seguendo scrupolosamente le indicazioni forniteci, abbiamo realizzato noi stessi i vetrini: sul

primo abbiamo posizionato l’epidermide di una cipolla, sul secondo la zampa di una mosca e infine sul terzo un campione di saliva. Quindi, li abbiamo esaminati attentamente uno alla volta al microscopio, mentre la giovane biologa rispondeva alle nostre domande ed evidenziava le differenze che intercorrono tra una cellula animale e una vegetale. Dal laboratorio biologico ci siamo poi trasferiti nella sala zoologica, dove un’altra giovane guida ci ha illustrato la vita di Charles Darwin, lo scienziato naturalista inglese famoso per aver formulato la teoria dell'evoluzione delle specie. Ci ha rivelato che Darwin raccolse molti dei dati su cui basò la sua teoria durante una spedizione durata 5 anni sul brigantino HMS Beagle, e in particolare durante la sosta alle Isole Galapagos, e ci ha riferito che nonostante le profonde modifiche cui è andata incontro la sua teoria, le riflessioni di Darwin rappresentano ancor oggi il presupposto scientifico per lo studio della vita e della sua evoluzione. Mentre la guida ci illustrava le esperienze straordinarie vissute da Darwin, noi ragazzi potevamo osservare alcune immagini esemplificative esposte nella sala zoologica e tanti tipi diversi di volatili impagliati conservati in alcune teche e tipici delle isole delle Galapagos.

Una giornata a Bari

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Terminata l’interessante visita alla Cittadella della Scienza, abbiamo nuovamente preso posto nel pullman e abbiamo raggiunto in breve tempo “Bari Vecchia”: qui la guida ci attendeva per accompagnarci a visitare il borgo antico. Ci è stato spiegato che la denominazione di Bari vecchia è stata attribuita dai suoi abitanti a partire dal XIX secolo, perché inserita all’interno delle antiche mura e per contrapporla alla città nuova. Della basilica di San Nicola, che sorge nel cuore della città e a poca distanza dal mare, la guida ci ha riferito che rappresenta uno degli esempi più significativi di architettura romanica pugliese. Inoltre, ha aggiunto che dal 1929 essa è una "Basilica pontificia", cioè il suo affidamento ad un determinato ordine religioso spetta direttamente alla Santa Sede (nel 1951, la Basilica fu affidata all'Ordine domenicano). Da qui ci siamo spostati alla vicina Cattedrale di San Sabino, una storica sede episcopale che ripete nelle sue linee l'architettura della Basilica di San Nicola. La guida ci ha raccontato che fu eretta nel XIII secolo e che conserva nell’ipogeo importanti reperti archeologici, come i resti di un edificio civile di età romana, la basilica paleocristiana a tre navate e la chiesetta bizantina.

Altro edificio che abbiamo ammirato però solo esternamente, è stato il castello normanno-svevo (conosciuto anche come u Castídde, nel dialetto locale). Si tratta di un’imponente fortezza che si erge ai margini della città vecchia. La guida ci ha spiegato che rappresenta la fortificazione simbolo di Bari, oggi sede della Soprintendenza per i Beni Ambientali, Architettonici e Storici della Puglia. Edificato dai Normanni nel XII secolo, distrutto nel 1156 e poi ricostruito per volere di Federico II di Svevia tra il 1233 ed il 1240, è una delle più interessanti fortificazioni della regione e un’affascinante testimonianza di costruzione medievale. La guida ci ha infine riferito che all'interno del Castello sono periodicamente organizzate rassegne e mostre e che gli appassionati di archeologia possono visitare la Gipsoteca che custodisce calchi di sculture ornamentali in uso dall'XI al XVII secolo. A questo punto, poiché erano quasi le 17, ed eravamo quindi in netto ritardo con la tabella di marcia, abbiamo raggiunto il nostro pullman, parcheggiato a pochi passi dal Castello e, con una profonda tristezza nel cuore perché la bella giornata volgeva ormai al termine, siamo saliti in silenzio sul pullman e siamo ripartiti per Guagnano. 9

Alla fine delle varie attività svolte sul tema, abbiamo espresso la nostra opinione scrivendo una “lettera al Bullo” per spiegargli il nostro punto di vista sul suo comportamento.

BULLISMO?...No, grazie!

Nel corso di quest’anno scolastico abbiamo trattato uno degli argomenti più scottanti che affl igge la nostra società e che riguarda da vicino proprio noi

adolescenti. Parliamo del fenomeno del “Bullismo”. Non pensavamo che alcuni gesti, a volte ritenuti “cose da ragazzi”, potessero avere delle conseguenze molto gravi tanto da spingere i malcapitati addirittura a togliersi la vita. In classe ne abbiamo discusso tutti insieme, rif lettuto sui rischi e sulle conseguenze per comprendere, f ino in fondo, la gravità del problema. Siamo giunti alla conclusione che “ragazzi del la nostra età farebbero bene a vivere una vita spensierata e giocosa invece di andare alla ricerca di sensazioni “elettrizzanti” o di “ vittime” da ridicolizzare o da maltrattare senza pensare ai danni irreversibil i verso cui l i spingono” .

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Caro bullo, in fondo mi fai pena perché non sopporto che ti prendi gioco delle persone, perciò ho pensato di farti riflettere sulle tue azioni. Prendi in giro i tuoi compagni, coloro che non riescono a difendersi, perché più deboli, timidi o perché hanno problemi fisici o psicologici. La vittima non immagina che parli alle sue spalle, che convinci anche gli altri ad escluderla dal gruppo dei compagni, dai giochi, dalle risate… Dovresti sapere che ogni tua azione ha sempre una conseguenza e ciò che fai potrebbe avere effetti anche tragici. La vittima, infatti, tenderà a isolarsi, a sentirsi in colpa e potrebbe arrivare anche a suicidarsi: hai letto i giornali ultimamente? La prepotenza che dimostri con quei compagni non ti porterà da nessuna parte, non ti farà sembrare più carino o più simpatico; ti farà solo essere più popolare con il tuo “branco”. Questi tuoi atti di violenza, tuttavia, ti faranno arrivare, prima o poi, a non avere più amici. Quello che fai, non si chiama “scherzo”, non è divertente. Immagina se qualcuno si comportasse in questo modo con te. In realtà, tu pensi che con te nessuno potrebbe mai permettersi di comportarsi così, perché hai il tuo branco che ti difende, che ti protegge, ma prova a metterti nei panni del “tuo” malcapitato. Smettila allora di dire brutte cose sulle tue vittime, di alzare le mani su di loro o di scrivere espressioni sconce nascondendoti dietro falsi profili su Internet. Ti saluto confidando nel tuo buon senso e spero di poter diventare tua amica, Francesca M.

Caro bullo,

in fondo mi fai pena, credo che sia meglio essere considerato simpatico, piuttosto che un bullo

temuto da tutti.

Cosa ci guadagni comportandoti in questo modo? Ti illudi che lo schermo che hai davanti ti renda invisibile, ma ricorda non c’è niente di bello

nel vedere soffrire qualcuno.

La parola bullismo, ti ricordo, porta il significato di minaccia, aggressività nei confronti di

qualcuno più debole. Ma in alcuni casi si tratta anche di invidia nei suoi confronti, magari

perché più bravo a scuola, allora non sarebbe meglio chiedergli una mano?

Fin da bambini ci hanno insegnato che non c’è dono più bello dell’amicizia. Ti sto parlando da

coetanea, ma chissà se hai davvero la mia stessa età. In fondo potresti anche tu essere una

persona adulta insicura di sé, una persona fragile, una persona che vorrebbe essere diversa da

come si percepisce realmente, perciò si nasconde dietro ad uno “schermo” per proteggersi.

In questo modo ti formerai una doppia personalità.

Uno dei libri che ho apprezzato di più e che ti consiglio di leggere è “Un bullo innamorato”

scritto da Carmen Scarpelli, che parla di un bullo fiero delle sue azioni, ma ha anche lui un

punto debole, il suo tallone d’Achille: il calcio. È una passione così grande da indurlo a

rinunciare alle sue azioni da bullo. La cosa che apprezza di più sono i vantaggi che ne ricava

come l’intesa con la sua squadra, la stima della sua fidanzata e le nuove amicizie.

Con questa lettera non mi ritengo assolutamente migliore di te, il mio unico scopo è quello di

farti riflettere sui tuoi comportamenti e farti capire che… “trovare un amico è meglio che

perderlo”.

Ti saluto e spero che tu possa trovare la retta via

Sara T.

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Tu sai solo sfogare la tua rabbia su coloro che di solito sono ragazzi più bravi a scuola o più timidi, che non si sanno difendere o che sono disabili. Penso che se ti trovassi faccia a faccia con un altro adolescente più alto e possente di te, scapperesti via con “la coda tra le gambe”. Non so se tu, facendo il bullo, ti senti dominante, il migliore, ma dovresti sentirti il meno forte di tutti, perché le persone vere non si comportano così. Lo so che molti ti incitano (spettatori attivi) oppure non fanno niente per fermarti (spettatori passivi), forse perché hanno paura di diventare loro stesse tue vittime. Per questi motivi, secondo il mio parere, sei più da compiangere che da invidiare. Spero che il contenuto di questa lettera possa aiutarti a cambiare atteggiamento, così facendo potresti diventare un vero amico. Confidando in un tuo ravvedimento, ti saluto Mariacristina L.

Silvia N.

Caro bullo, in fondo mi fai pena, anche se molti sono coloro che si schierano con te definendosi tuoi “amici”, ti corrono dietro e ti aiutano sostenendo i tuoi gesti incitandoti. In realtà credo che anche loro abbiano paura di te. Sicuramente avrai dei problemi a casa o a scuola, perché una persona “normale” non si comporta così.

Caro bullo, in fondo mi fai pena …

ti scrivo questa lettera per chiederti il motivo del tuo atteggiamento nei confronti degli altri, in particolare dei più “deboli“. Non so se sei consapevole che la tua arroganza e la tua violenza possono indurre una persona a compiere azioni di cui ti potresti pentire. Io, al tuo posto, mi vergognerei. Io, se fossi in te, mi farei un esame di coscienza. Vorrei sapere che gusto ci trovi a far soffrire la gente. Le tue azioni possono portare la persona che le subisce ad isolarsi, a praticare autolesionismo o, nei casi più gravi, possono spingerla al suicidio. Ci sono situazioni in cui la vittima, magari per sfogarsi, diventa bullo a sua volta. Inoltre, ciò che fai ad una persona, ti rimarrà per sempre sulla coscienza. Quali sono le cause del tuo atteggiamento? Ti comporti così perché soffri o vuoi sfogarti per puro svago? Se stai attraversando un periodo difficile, parlane con i tuoi genitori, con i tuoi docenti o con qualunque adulto in grado di aiutarti. Se, invece, ti comporti così solo per divertimento, faresti meglio a trovare un altro passatempo, magari, che non sia mirato a fare del male agli altri. Ti saluto, sperando che tu abbia una coscienza e che questa lettera aperta ti porti a riflettere sui danni che, con il tuo comportamento, potresti arrecare alle tue vittime.

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Intervista a mio padre: “Vigile del Fuoco”

Di Mariacristina L.

Il 24 agosto scorso nell'Italia centrale si sono verificate numerose scosse di terremoto che hanno

causato morte e distruzione stravolgendo le vita quotidiana di numerosissime persone. Gli

“sfollati”, sono stati e sono ancora, veramente tanti, persone che hanno perso i loro cari, la loro

casa, le loro “cose” dalle più necessarie a quelle più preziose che, al di là del valore materiale,

rappresentavano soprattutto un valore affettivo.

La notizia mi ha sconvolta perciò ho guardato diversi telegiornali per seguirne i risvolti ed essere

sempre aggiornata sui fatti. Durante i vari collegamenti, effettuati dai cronisti di tutte le testate

giornalistiche con i luoghi interessati, ho notato quanto sia faticoso e pericoloso il lavoro svolto

dai vigili del fuoco che, instancabile e a costo della loro vita, scavano nelle macerie per cercare

di salvare coloro che rimangono intrappolati sotto le macerie.

Pensando e osservando con grande tristezza questi fatti, ho ricordato che mio padre, vigile del

fuoco, aveva partecipato alla missione durante il terremoto che ha sconvolto l'Abruzzo. Questo

ricordo mi ha indotta a porgli delle domande su quanto aveva vissuto in prima persona.

Da quanto tempo fai il Vigile del Fuoco?

-Da ventiquattro anni.

Nella tua carriera a quanti eventi tragici ha partecipato?

-Ho partecipato a diversi eventi di routine: incidenti stradali, incendi in appartamenti, ricerca e

recupero di persone nei fiumi, infortuni sul lavoro e, eccezionalmente, anche a catastrofi naturali

come alluvioni e terremoti.

Quali in particolare?

- Alluvione in Piemonte nel 1994, terremoto a San Giuliano di Puglia nel 2002, alluvione a Vibo

Valentia nel 2004, terremoto l'Aquila nel 2009, terremoto in Emilia Romagna nel 2012.

Qual è stato il più disastroso? Perché?

-Il terremoto dell'Aquila nel 2009 è stato il più devastante, sia per il cospicuo numero di vittime,

sia per la giovane età delle stesse ( in particolare le vittime presso la casa dello studente

dell' università ).

Dove ti trovavi al momento della chiamata da parte del tuo comando?

Io avevo appena iniziato il mio turno lavorativo quando ho ricevuto la comunicazione che dovevo

unirmi alla squadra in partenza; il tempo di organizzare i mezzi con i quali partire e di lì ad

un'ora eravamo già in strada verso l'Aquila. 13

Cosa hai fatto appena sei arrivato sul posto?

-Ho indossato tutti i DPI ( dispositivi di

protezione individuale ), che consistono

nel nomex ( giaccone anti-fiamma ) e

antanomex ( pantalone anti-fiamma ),

stivali, elmetto con visiera e guanti, i

quali, oltre a dare sicurezza per la propria

incolumità fisica, rassicurano anche

psicologicamente .

Quante squadre c’erano sul posto? In caso di sisma tutti i comandi d'Italia vengono allertati, Tenuto conto che i comandi sono 108, lì eravamo all'incirca mille. Come vi siete organizzati per dividervi i compiti? - Quando siamo arrivati sul posto, ogni regione ha organizzato un UCL ( unità di comando locale ), per indirizzare ogni squadra in un luogo stabilito. Quali attrezzi avete usato per scavare tra le macerie? - Abbiamo usato solo ed esclusivamente le mani spostando una pietra dopo l'altra perché sotto le macerie erano sepolte delle persone. Sono stati fondamentali i cani dei nuclei cinofili che riuscivano a fiutare la presenza umana, indicandoci la giusta posizione dei dispersi e delle vittime. Cosa succedeva se, durante le operazioni di recupero, arrivava una nuova scossa? - Uno di noi era preposto a dare l'allarme tramite una trombetta a gas (tipo quella da stadio) ed era situato in una zona più lontana ed isolata rispetto alle operazioni di soccorso. In caso di scossa sismica il suono della trombetta ci faceva allontanare da ulteriori situazioni di pericolo. A fine turno, dove alloggiavate? - Il problema non si poneva, in quanto si lavorava di continuo, non c‘era un fine turno; quando eravamo allo stremo delle forze andavamo a riposare un'oretta nei sacchi a pelo che avevamo nei nostri mezzi di trasporto. E gli sfollati? -la prima notte gli sfollati erano in balia degli eventi, in quanto la Protezione Civile impiegò circa 24h per individuare ed allestire un campo sicuro. Una volta allestito furono loro assegnate delle tende riscaldate e attrezzate per un primo soccorso .

Quando sei arrivato sul posto, qual è stata la tua prima impressione, il tuo primo pensiero?

- Ho avuto paura di trovare molte vittime, cosa che poi si è verificata, e paura di rischiare la mia

stessa vita. Ho visto una città che sembrava bombardata, intere abitazioni crollate, inesistenti;

palazzi sventrati dai quali si intravedevano le stanze con i mobili: era una scena apocalittica,

surreale.

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Come reagivano le persone che erano presenti alle ricerche dei propri cari? -Reagivano in modo dignitoso, senza isterie e senza intralciare le operazioni di soccorso nonostante fossero in apprensione per l'esito delle ricerche. Quante persone hai tirato fuori dalle macerie? -Ho estratto diverse persone dalle macerie ma ,sfortunatamente, erano più corpi senza vita che superstiti. -Ti sentivi preparato psicologicamente ad affrontare quella catastrofe? -No, non ci si sente mai pronti, ma, in quei frangenti, si pensa solo ad aiutare chi ne ha bisogno. Per questa ragione, la squadra dei vigili del fuoco è supportata da psicologi che ci aiutano ad affrontare il dolore che proviamo tutte le volte che ci troviamo davanti allo strazio di vite spezzate bruscamente e al dolore dei familiari delle stesse. Ti è rimasto impresso qualche episodio nello specifico? - Nella mia mente è rimasta impressa una scena che non dimenticherò mai: il padre di una ragazza che, avvolto in una coperta di lana, era davanti la casa dello studente ridotta in macerie, in attesa, per tutta la fredda notte, del ritrovamento di sua figlia; purtroppo però, alle prime luci dell'alba, trovammo il suo corpo esanime. Solo allora, dopo che era stato in un silenzio composto, scoppiò in un grido di pianto: una scena straziante.

Di Lucrezia B., Elisa I., Francesca C. Gli eventi sismici del Centro Italia sono iniziati ad agosto con epicentri situati tra la valle del Tronto e i Monti Sibillini. La basilica di San Benedetto, situata nella piazza di Norcia , risalente al trecento, è stata distrutta quasi totalmente dato che è rimasta in piedi solo la facciata. Il 26 ottobre, alle 19:10, c’è stata una forte scossa nel comune di Castel Sant’ Angelo sul Nera, ma dopo ce n’è stata una ancora più forte, alle ore 21:18, nel comune di Ussita. Tutto questo ha sconvolto i cittadini, gettandoli nel panico. Durante i terremoti più forti si verificano le frane, le strade, i ponti e le case crollano e centinaia di persone perdono la vita e altre ancora rimangono ferite gravemente.

I campi attrezzati I campi attrezzati sono stati allestiti per sistemare i cittadini che non vogliono abbandonare il loro paese e le loro case anche se distrutte o inagibili. Il Ministero della Difesa ha inviato e continuerà ad inviare un numero cospicuo di militari per sgombrare le strade e poter raggiungere i paesi interessati.

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Di Filippo C. All’alba della giornata di oggi, 2 novembre, sono stati recuperati 12 cadaveri nel canale di Sicilia. Un gommone è affondato al nord delle coste libiche a causa delle cattive condizioni meteo. I soccorsi sono però riusciti a portare in salvo 29 persone, tra uomini, donne e bambini, grazie all’intervento tempestivo della Guardia Costiera.

Vittime e carnefici Stiamo assistendo ormai da tempo alla trasformazione del Mediterraneo in un immenso cimitero, mentre i governi di tutta Europa non fanno nulla per fermare questa carneficina. L’Italia da sola non può più sostenere un fenomeno migratorio che non ha precedenti nella storia e che ha ormai messo in ginocchio le strutture di accoglienza del sud Italia.

Arrestati due scafisti Tra le 29 persone tratte in salvo questa mattina, la polizia ha identificato due scafisti di origine egiziana. I due, poco più che diciottenni, hanno negato di aver condotto l’imbarcazione fino alle coste italiane, ma da testimonianze raccolte pare che i due sarebbero legati ad un’organizzazione internazionale di traffico di clandestini.

Il controllo dei nostri confini ha un costo? Secondo le ultime stime diffuse dal governo, il costo annuo per il controllo delle coste e per l’accoglienza dei migranti supererebbe abbondantemente i due miliardi di euro. I fondi che l’Unione Europea ha stanziato per l’Italia non sono sufficienti a coprire nemmeno la metà delle spese.

Si verificano ancora sbarchi a Lampedusa? Gli arrivi dai Paesi dell’Africa non sembra fermarsi. Ieri la Guardia Costiera ha intercettato tre gommoni con a bordo circa 80 immigrati clandestini. Secondo la Croce Rossa Italiana, soltanto nell’ultima settimana gli arrivi in Sicilia sono stati più di 500.

Francia e Austria chiudono le frontiere È di ieri la notizia secondo cui i governi di Francia e Austria hanno deciso di chiudere le frontiere con l’Italia. Molti migranti si sono così ritrovati a dormire all’aperto, in attesa che la situazione si sbloccasse.

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Di Marco T. e Lorenzo A. In questi uItimi anni si sono registrati in Italia numerosi arrivi di extracomunitari: i principali Paesi di provenienza dei migranti sono la Siria, l’Afghanistan, l’Eritrea, la Nigeria, la Somalia. La Siria è sconvolta ormai da 5 anni da una guerra civile. Dall’inizio del conflitto ad oggi sono morte più di 200 mila persone e circa 11 milioni sono state invece costrette a lasciare le loro case. L’Afghanistan, dopo la guerra scoppiata nel 2001, è entrato in una nuova profonda crisi nel 2014: oltre 700 mila Afghani sono profughi all’interno del loro Paese, circa 2,5 milioni hanno abbandonato l’Afghanistan, di cui la maggioranza vive in Iran e in Pakistan.

Sono 35 mila gli afghani sbarcati in Europa nel 2015. L’Eritrea è alle prese da più di 20 anni con la dittatura di Isaias Afewerki, che obbliga tutti, uomini e donne, a un servizio militare obbligatorio e perenne, utilizza sistematicamente la tortura, le carcerazioni arbitrarie E’ accusato da chi è riuscito a fuggire dall’Eritrea di essere il mandante di assassini di Stato e di sparizioni sospette. La Nigeria fronteggia dal 2002 l’ingombrante presenza del gruppo islamista radicale Boko Haram che è accusato di sequestri, attentati e veri e propri crimini di guerra.

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La Somalia è alle prese con una guerra civile dal 1991 che ha favorito lo sviluppo di un forte gruppo islamista chiamato Al - Shabab: esso è arrivato a controllare ampie porzioni di territorio, rendendosi protagonista di numerosi attentati. Inoltre, la Somalia è uno dei Paesi più poveri al mondo: l’81% dei suoi abitanti vive sotto la soglia di povertà. Nel 2015 in Europa sono arrivati circa 29 mila eritrei, 15 mila nigeriani, 9 mila somali e quasi tutti in Italia. Nel 2016 il numero degli arrivi è aumentato notevolmente. Miseria, fame, guerra spingono quotidianamente questa povere persone a salire a bordo di imbarcazioni clandestine per affrontare lunghi e pericolosi viaggi in mare con la speranza di arrivare sani e salvi sulle nostre coste. Una volta giunti in Italia, cercano di inserirsi nel contesto sociale per avere una vita migliore. L’integrazione tuttavia non è facile perché essi devono ogni giorno scontrarsi con una realtà molto difficile e problematica. Tra l’altro, tale continuo flusso di immigrati, crea allo Stato italiano molte difficoltà

perché i centri di accoglienza non sono sufficienti e i costi di gestione sono molto alti Inoltre, un aspetto del problema da non sottovalutare è il fatto che molti di questi immigrati sono clandestini e vivono quindi in condizioni degradanti. Le organizzazioni criminali sono le prime ad approfittare della situazione: infatti, riescono a reclutarli offrendo loro un lavoro illegale, come lo spaccio di droga o la prostituzione. Non vengono risparmiati nemmeno i profughi invalidi che vengono sfruttati per chiedere l’elemosina nelle grandi città. Infine, molti migranti non arriveranno mai sulla terra ferma perché, come spesso accade, le imbarcazioni stracolme di persone, tra cui donne e bambini, si rovesciano causando la morte di molti di loro. Questo è, forse, l’aspetto più drammatico e amaro di queste vicende piene di miseria e violenza e che dovrebbero far riflettere molti di noi.

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“FINCHÉ C’È VITA C’È SPERANZA”

di Mariacristina L., Silvia N., Sara T., Francesca M.

Qualche giorno fa, in un paesino poco distante dal

nostro, è accaduto un triste fatto di cronaca: una

donna ha deciso di togliersi la vita, utilizzando

un'arma da fuoco. Secondo la nostra opinione, questa

donna ha commesso un grave errore al quale,

purtroppo, non c'è rimedio. Avrebbe dovuto parlare

di ciò che la turbava con i suoi familiari, con una

persona di fiducia oppure con delle persone in grado

di aiutarla. I motivi che l'hanno indotta a compiere

quest'azione sono purtroppo sconosciuti.

Le persone si tolgono la vita per porre fine ad un

dolore insopportabile, che le porta a vivere in

un presente oscuro e pieno di brutti pensieri.

Le cause che inducono una persona a compiere un

atto così violento verso se stessi, sono numerose; le

più diffuse sono situazioni traumatiche, di

persistente sofferenza, dovute, a volte, ad atti di

bullismo o di cyberbullismo, ad una difficile e

complicata situazione familiare, ad una depressione

o a disturbi mentali o fisici, alla mania del gioco

d’azzardo, ad una difficile situazione economica

come il fallimento di un’azienda e tanto ancora.

Questo gesto è sbagliato perché i problemi non si

risolvono in questo modo, anzi bisogna affrontarli a

testa alta ed uscirne sempre vincitori.

Le persone che nutrono questo desiderio collegano

l'idea del suicidio alla "liberazione" da tutte le

sofferenze che, al contrario, ricadranno sui genitori,

sui parenti e sugli amici.

Quando si cade e non si trova la forza di rialzarsi è

importante parlare con gli amici fidati o con dei

professionisti (psichiatri o psicologi) perché ci

aiuteranno a superare un momento di sconforto.

Ricordiamo sempre che…

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L’altra categoria di potenziali suicidi è quella dei ragazzi, per lo più maschi che, per dimostrare di essere coraggiosi, determinati e di saper gestire cose più grandi di loro. Spesso cadono nella dipendenza della droga o dell’alcol o della “alta velocità”. Anche qui, i segnali di disagio non vanno sottovalutati e bisogna fare ogni sforzo per reinserire il giovane nel contesto sociale. Occorre quindi tenere gli occhi bene aperti e porsi con amore verso la persona bisognosa di aiuto.

Per scongiurare il pericolo ed evitare che ciò avvenga, nei momenti di tristezza e di sofferenza, sarebbe opportuno parlare con le persone che ci vogliono bene perché loro possono aiutarci .

Giulia D.

Ogni giorno, leggendo i giornali o ascoltando la tv, non si sente altro che parlare di uno strano fenomeno che dilaga come se fosse la soluzione di ogni problema: il suicidio. Si pensa, di solito, che sia una cosa lontana da noi ma, purtroppo, così non è, infatti, anche nei piccoli paesi come il mio accadono questi episodi. E’ un problema diffuso che colpisce senza distinzione di età o sesso e i motivi possono essere i più svariati: economici, sentimentali, sociali. Le persone che compiono tale azione, a nostro parere, sono persone deboli che nascondono un malessere, lo rinchiudono nel proprio cuore e rifiutano qualunque forma di aiuto. Forse la colpa è anche di chi sta attorno a loro perché non è in grado di capire la loro sofferenza e il loro dolore. Dietro ad alcuni suicidi c’è una delusione, dietro ad altri una sfida, però tutti nella vita, almeno una volta, ci troviamo di fronte ad un insuccesso. Il problema non è quindi la tristezza, che è naturale in certi momenti, ma imparare ad affrontare i problemi.

Di Marco T. e Lorenzo A.

D’altro canto, ognuno di noi dovrebbe fare attenzione alle richieste d’ aiuto che ci vengono rivolte, anche se non esplicitamente, dalle persone care e… non solo.

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CARO BULLO

di Sara T.

Caro bullo,

fragile e insicuro

da te non si può che imparare

i comportamenti da evitare.

La tua identità hai ben nascosto

dietro quello schermo posto,

sempre pronto a criticare

chi qualcosa di diverso ha da mostrare.

Ora ti dico solo una cosa:

per imparare ad amare ,

una cosa soltanto devi evitare,

non guardare ciò che c’è di male

non c’è niente di paranormale.

Non più odio, non più guerra

solo pace su tutta la Terra.

ALLA MAMMA di Ismaele R. e Alessio P.

Mamma, parola semplice ma ricca di significato, credo che Dio mi abbia fatto un regalo stupendo. Sei la cosa a cui tengo di più. Mamma, hai un cuore così grande che qualsiasi figlio posto potrebbe trovare. Mamma, il nostro legame è così forte che nessuno lo potrà mai spezzare.

LA PIÙ SPECIALE AL MONDO di Kevin R. La mia mamma è la persona più speciale al mondo: è sempre pronta a fare dei sacrifici per me. La mia mamma mi ascolta e mi fa riflettere, ed è lì ad aiutarmi. Neanche il più illustre poeta può descrivere quanto è grande l’Amore che una mamma custodisce nel suo cuore.

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TUTTO QUESTO È GUERRA

di Lorenzo A. Tutto era tranquillo, ogni cosa al suo posto ma…

Improvvisamente un forte boato si sentì . In pochi attimi il panico si creò: la gente gridava ,correva,piangeva

i muri in frantumi si schiantavano al suolo. Una strage di vittime innocenti. Ora quel posto è buio e tetro Circondato da cuori spenti. Tutto tace,tutto è tristezza Tutto è successo in pochi momenti. Il mondo attonito è rimasto a guardare Chiedendosi ancora… perché continuare a lottare?

LA PACE NEL MONDO

di Elisa I. La pace nel mondo sarebbe un sogno Senza che nessuno ti tiri un pugno

Carri armati, bazooka, fucili NO! Pace e amore per sempre cercherò

Anche i soldati dovrebbero capire questa cosa…

La pace nel mondo è una cosa preziosa!

LACRIMA di Sara T.

Una lacrima riga il volto di un bambino

con un cuore così piccino

ma capace di amare

più di quanto un adulto possa fare. Lui non accetta la guerra, vede morire la terra.

L’ha creata Dio Perché distruggere un bene anche mio?

Che se ci pensi , siamo tutti uguali Abbiamo testa , gambe e mani. La guerra nasce per egoismo

portandoci al razzismo. Nessuno è perfetto , anche l’uomo ha un difetto: non è capace di pensare, né tanto meno di AMARE…

LA GUERRA di Sara T. La guerra, porta con sé sempre tanta crudeltà perché uccide persone innocenti senza pietà. Padri di famiglia, costretti ad andare in guerra senza sapere se rientreranno nella loro Madre terra. Purtroppo la guerra causa distruzione perciò, per il nostro bene,facciamo attenzione. In onore delle vittime morte in guerra siamo qui a commemorare tutti coloro che sono morti per la loro terra con una storia da raccontare che nessuno di noi dovrebbe mai dimenticare.

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Nessuno conosceva le cause della sua morte ma tutti formulavano ipotesi: chi pensava che fosse morta per malattia, cosa improbabile perché la signora godeva di ottima salute; per suicidio, cosa abbastanza strana, dato che l’anziana non aveva motivo di compiere un’azione simile; oppure a causa di un incidente, magari cadendo dalle scale. Nessuno aveva pensato, però, ad un omicidio. La signora Martinez era una donna generosa, educata ,riservata ed in buoni rapporti con i suoi conoscenti. Era stimata da tutti e nessuno avrebbe avuto motivi validi per compiere un gesto del genere nei suoi confronti. Quando la polizia annunciò che il cadavere rivenuto presentava evidenti segni di aggressione, tutti rimasero esterrefatti. I figli della signora scoppiarono in lacrime e sentirono dentro di loro un vuoto incolmabile, poiché era venuto a mancare l’unico genitore rimasto. In disparte, erano riuniti alcuni parenti della donna: nipoti, pronipoti, mariti e mogli dei figli. Non sembravano particolarmente colpiti dall’accaduto, una persona in particolare: la signora Roux, moglie del signor Dubois, primogenito della vittima. Era particolarmente infastidita da qualsiasi domanda che le veniva posta dai conoscenti dell’anziana signora e cercava di tenersi in disparte per non dare troppo nell’occhio. La gente, comunque, non le dava molta importanza perché credeva che quel comportamento fosse dovuto alla perdita della suocera. In realtà, la signora Roux non era in buoni in rapporti con la vittima. Il giorno seguente, la polizia e i detective si recarono alla villa della signora Martinez per ricostruire la scena del delitto. Poiché, il giorno precedente, il cadavere era stato rinvenuto nel cortile della villa, quello fu il primo luogo dove andarono. Sul pavimento erano rimaste delle macchie di sangue, molto probabilmente appartenenti alla signora Martinez. Le macchie si trovavano in corrispondenza della finestra della camera da letto della vittima, quindi pensarono che la donna fosse stata gettata dalla finestra dopo essere stata aggredita. Per verificare, entrarono nella casa e si recarono nella camera con la finestra che si affacciava sul cortile.

Di Silvia N. In una tranquilla sera di maggio, si vide la polizia intorno ad una villa a pochi chilometri da Parigi. Era l’abitazione della signora Martinez. I passanti si fermarono per capire cosa fosse successo. Tutti pensarono all’ennesimo furto, poiché la signora era molto ricca, anziana e vedova, quindi un bersaglio facile; inoltre era stata vittima di numerosi furti in passato. Tutti i presenti discutevano sulla versione del furto. Ad un tratto, il mormorare della gente si interruppe. Si vide un cadavere avvolto in un lenzuolo bianco, trasportato su una barella. Le persone capirono subito che quel lenzuolo avvolgeva il corpo esanime della signora Martinez.

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La polizia non sperava di trovare il colpevole fra quei sospettati, perché, secondo le indagini, l’assassino era una donna. Gli investigatori trovarono una fotografia nella camera della vittima. Nella foto c’era la signora Martinez con i suoi figli accompagnati dalle rispettive spose, tra cui la signora Roux. Guardandola attentamente, si accorsero che indossava degli orecchini appariscenti, molto simili a quelli ritrovati nella camera della vittima. Inoltre, alcune persone avevano notato, oltre al comportamento insolito della signora Roux la sera del ritrovamento del cadavere, dei graffi profondi sul suo volto e delle macchie di sangue sui vestiti. La donna aveva lunghi capelli neri, simili a quelli ritrovati nella stanza della vittima e, infine, il gruppo sanguigno delle macchie di sangue sul pavimento della camera corrispondeva al suo. Per giunta, era risaputo che la signora Roux non era in buoni rapporti con la suocera per questioni economiche. La polizia si recò presso la residenza della presunta colpevole, chiedendole spiegazioni. La donna negò tutto, affermando che la sera del delitto si trovava da un’amica, che però non confermò il suo alibi. La donna fu subito arrestata.

La stanza era a soqquadro: sedie a terra, macchie di sangue, capelli e gioielli ovunque. Una sedia aveva un piede rotto che indusse gli investigatori ad ipotizzare che il criminale avesse colpito la vittima con la sedia per stordirla. La donna, secondo gli investigatori, era riuscita a schivarla, perché la sedia non avrebbe potuto rompersi colpendo la vittima. Inoltre, se così fosse stato, la botta sarebbe stata talmente forte da ucciderla, quindi il colpevole non avrebbe avuto motivo di gettare il cadavere dalla finestra; la vittima era ancora viva quando era stata spinta giù…

Inoltre, le ciocche di capelli che erano state ritrovate, erano di due colori differenti: alcune grigie, altre nere. Le prime appartenevano senz’altro alla signora Martinez, le seconde sembravano appartenere ad un’altra donna, perché i capelli erano troppo lunghi per appartenere ad un uomo. I gioielli rinvenuti furono mostrati ai figli della vittima, che ne riconobbero alcuni della madre. C’era un orecchino che sembrava appartenere ad una donna giovane, perché era troppo appariscente per essere di una donna anziana come la vittima. Nessuno dei figli, però, aveva idea di chi potesse essere il proprietario di quell’orecchino e, quasi sicuramente, il colpevole.

Infine, le macchie di sangue ritrovate nella camera appartenevano a due gruppi sanguigni differenti. Da qui, gli investigatori pensarono che la vittima avesse colpito l’assassino per difendersi, probabilmente strappandogli capelli e graffiandolo, facendogli perdere sangue. Vennero indagati alcuni vicini di casa e alcuni parenti, ma tutti avevano un alibi di ferro.

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Di Sara T. In quel caldo pomeriggio d’estate, Annie Young si trovava per la prima volta su un set cinematografico. Ancora non riusciva a crederci: il suo primo film! Lei stessa aveva partecipato ai provini sapendo che non poteva di certo competere con tutte le altri attrici professioniste che si erano presentate, specialmente per il ruolo della protagonista ma, a quanto pare, il regista questa volta cercava attrici alle prime armi. “Signorina faccia in fretta, si prepari, tra mezz’ora si gira la prima scena”. Era emozionata all’idea di avere un camerino tutto suo. Mentre posava le sue cose, due guardie entrarono avvisandola che fuori c’era una ragazza che voleva parlare con lei. Annie, che si era ormai montata la testa, rispose con disinvoltura: “ Ditele di aspettare “. Così iniziarono le riprese. All’uscita dal set, Annie chiese ai produttori se sapevano dove era andata la ragazza che aveva chiesto di lei, ma nessuno sapeva nulla. Il pomeriggio successivo all’uscita dal set, le si avvicinò una guardia che le sussurrò all’orecchio: “Devi lasciare il set, altrimenti morirai”. Annie si ritrovò sola e spaventata nel cortile e non sapeva se pensare ad uno scherzo di cattivo gusto o ad una vera e propria minaccia. Per un paio di settimane non ci pensò più finché, durante la scena più importante del film, Annie ricevette una chiamata. Era un messaggio registrato: “Ti aspetto nel cortile, alla fine delle riprese”. Aveva riconosciuto subito quella voce, si trattava della stessa persona che l’aveva minacciata qualche settimana prima. Annie si confidò con il regista che le consigliò di andare subito a casa. Poche ore dopo ricevette un messaggio da lui che le diceva di recarsi alla stazione per registrare alcune scene in esterno. Si recò all’appuntamento, ma ricevette un secondo messaggio in cui veniva invitata a recarsi al bar della stazione.

Giunta sul posto le si presentò davanti una scena orribile: per terra c’era del sangue e ai piedi del bancone il cadavere della guardia che stringeva tra le mani una cassetta. Annie, in preda al panico, la prese e scappò via spaventata. Giunta a casa imbucò la cassetta nel videoregistratore: era piena di foto di diversi cadaveri ed alla fine apparve una frase “Non mi sono dimenticata di te, ci incontreremo presto”. Annie non avvertì la polizia, per paura di peggiorare la situazione e di perdere il lavoro. Dopo questo episodio, tutto tornò alla normalità ancora per qualche mese fino all’ ultima scena del film. Quel giorno Annie sentiva che sarebbe accaduto qualcosa di brutto, ma non sapeva cosa…

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Il giorno dopo su un blog si leggeva: “A LASCARCI STAMATTINA È STATA LA PROTAGONITA DI UN FILM IN FASE DI REGISTRAZIONE”. Il blog pochi minuti dopo fu chiuso. Nessuno sa come, ma nel giro di poche ore la casa di Annie fu piena di poliziotti: era stata uccisa. Il luogo del delitto era stato completamente ripulito e anche il cadavere era stato lavato e acconciato come il personaggio che interpretava. L’unica ma schiacciante prova era la cassetta ritrovata sulle gambe della prima vittima.

L’ omicida fu infatti costretto a confessare: “Sì, io e Marline avevamo un conto in sospeso. La guardia era mia complice fino a che non ha deciso che voleva tradirmi, così ho dovuto farla fuori. Ho scritto io ad Annie di venire alla stazione per farle trovare il cadavere. Come ultima tappa sono andata a casa di Annie che mi ha minacciata di chiamare la polizia. Allora l’ho afferrata per il collo e ho stretto così forte fino a farle esalare l’ultimo respiro… Poi, l’ho acconciata per la sua ultima scena.” Una risata agghiacciante pietrificò i presenti che, dopo un attimo di tristezza e di rabbia, la condussero in prigione. Il caso era stato risolto.

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