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SCUOLA NORMALE SUPERIORE DI PISA Laboratorio di Storia, Archeologia e Topografia del Mondo Antico QUARTE GIORNATE INTERNAZIONALI DI STUDI SULL’AREA ELIMA (Erice, 1-4 dicembre 2000) ATTI II Pisa 2003

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SCUOLA NORMALE SUPERIORE DI PISA

Laboratorio di Storia, Archeologia e Topografia del Mondo Antico

QUARTEGIORNATE INTERNAZIONALI DI

STUDI SULL’AREA ELIMA

(Erice, 1-4 dicembre 2000)

ATTI

II

Pisa 2003

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ISBN 88-7642-122-X

Il presente volume è stato curato da Alessandro Corretti.

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PER UNA COMPRENSIONE DELLE FESTE DELLA

SICILIA OCCIDENTALE

FRANCO GHINATTI

Qui ad Erice intendo porre in rilievo alcune componenti, omeglio alcuni interrogativi, che possono permettere di metterenella loro giusta luce le ‘feste’ del santuario dell’Erice, nella lorocaratterizzazione. Quello che per me, anche alla luce degli ultimistudi in proposito, rimane ancora un problema è la fisionomiadella ‘grecità’ della Sicilia occidentale1. Devo ricordare conamarezza di averne parlato, a Parma, con quel grande amico emaestro che è stato per me Giuseppe Nenci, pochi giorni primadella Sua dolorosa e tragica scomparsa. L’interrogativo, e diconseguenza, la sua spiegazione rientrano nella risoluzione del-l’altro, più ampio, e sempre aperto, problema della dimensionedel concetto di ‘greco’ e di ‘non-greco’, e, in tale ambito, di cosafosse il ‘greco siceliota’. Confesso (ed è naturale) che io lo vedoalla luce della mia attuale impostazione scientifica, e cioè diepigrafista.

1. Gli alfabeti ‘rossi’ e ‘bleu’, in Sicilia, mostrano unastrutturazione complessa che non corrisponde a nessun altroluogo del mondo greco. Ed è chiaro che la loro differente utiliz-zazione corrisponde a diversa composizione etnica, nel senso piùlato del termine. Non voglio dire con questo che, nel mondo greco,colore di alfabeto sia in rapporto con la dimensione etnica ionica,dorica, eolica, ecc. Poi è ancora problema non risolto quellodell’alfabeto che ‘si sono portati dietro’ dalla madrepatria i coloni.Appare evidente che quello che troviamo in terra coloniale, anchenelle iscrizioni più antiche, non è quasi mai il puro e semplicealfabeto della terra di origine. E allora si comprende come la

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Manni Piraino2 spieghi il fatto con la compresenza, sia all’attodella partenza, sia al momento dello stanziamento, di gruppi etniciparlanti dialetti differenti e scriventi con dissimile sistema. Alcontrario, la Jeffery3 spiega le diversità alfabetiche delle areecoloniali rispetto alla madrepatria, ritenendo originariamenteanalfabeti i primi coloni e solo in un secondo momento in possessodi una conoscenza della scrittura dalla madrepatria o da altrepoleis. Ma questo è, a dir poco, piuttosto artificioso, solo che sipensi alla Coppa di Nestore o al graffito dell’Osteria dell’Osa. Etutto si complica, con gli evidenti risvolti che il fatto assume nelladimensione ‘etnica’ che fa da sfondo, se si considera un altroaspetto, cioè la loro contemporanea presenza, in tutti i centri diSicilia, fin da epoca molto alta, anteriormente alla cosiddetta‘riforma di Euclide’ e all’apporto ateniese, e la delineazione, adesempio, solo bleu di Selinunte. Ciò pone in crisi tutte le ipotesidella Guarducci, della Jeffery e della Manni Piraino sull’originee diffusione degli alfabeti siciliani. La nuova tesi della Brugnone4,sull’origine dei segni complementari in Sicilia, nel quadro di unaridefinizione delle modalità di evoluzione della struttura linguisti-ca del greco siciliano, ripropone in altra chiave il problema, anchese non spiega certo tutti i problemi dei segni complementari sia diSicilia, sia delle aree occidentali ad essa naturalmente collegate(Dubois)5. La Brugnone propone di vedere nell’introduzione neidocumenti ‘ufficiali’ di Sicilia un influsso diretto di Ierone. Nonnego che ciò possa essere; ma vien da chiedersi che cosa fosseroin Sicilia (non nelle singole poleis, come dovrebbe essere per ilmondo greco) un documento epigrafico ‘ufficiale’, anche nellasua cornice linguistica, e che significato abbiano questi casi che,come esempio, qui raccogliamo, a dimostrazione della precocecomparsa dei segni bleu in tutte le aree occidentali. Si veda: perSelinunte lo ksi indicato con XS di L. Dubois, Inscriptionsgrecques dialectales de Sicile, Rome 1989, 80, n. 80 della fine delVII sec. a. C., o, sempre per Selinunte, l’altro X del 550-500 a. C.di Dubois, IGDS, 72, n. 74. Fuori di Sicilia, ma sempre in ambitooccidentale, si ricordino, per Emporion: lo ksi bleu, indicato conil segno a X, dell’ultimo terzo del VI secolo a. C. di H. VanEffenterre - F. Ruzé, Nomima. Recueil d’inscriptions politiques et

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juridiques de l’archaisme grec, 2, Roma 1995, 268-271, n. 74 e,ancora, lo psi bleu di LSAG 288 del VI-V sec. a. C. indicato afreccia, e per le vocali lunghe, sempre per Emporion, l’eta di VanEffenterre - Ruzé, Nomima, cit., 268-271, n. 74 dell’ultimo terzodel VI secolo a. C., o, della fine del VI sec. a. C., M. P. De Hoz,Epigrafía griega en Hispania, Epigraphica, LIX, 1997, 29-96, 50,n. 2. 38, o, per l’omega, ancora, Van Effenterre - Ruzé, Nomima...cit., 268-271, n. 74, già ricordato. Il problema, semmai, rimane,quando si cerca di definire la dimensione caratterizzante diorigine6. L’elemento, infatti, che traspare evidente, quando sistudiano le iscrizioni siciliane, è che esse mostrano tutte la koinedorica dell’isola, con conservazione dei segni complementari diorigine. L’unica spiegazione, che si può avanzare, è che rimanga-no i segni complementari, cioè gli elementi più ‘forti’, e menosoggetti ad usura, del dialetto di origine, quelli che anche il restodel mondo greco non ‘ionico’ recepì per ultimi. E che gli stessiGreci di Sicilia avessero coscienza della mescolanza di alfabetinelle varie poleis è documentato dalle segreterie delle fratrie diCamarina, nelle quali era usato, come documentano chiaramentele tessere del tempio di Atena studiate dalla Cordano, per icittadini di differente origine e dialetto, alfabeto diverso7. Èsignificativa, in tal senso, la compresenza dell’alfabeto rosso conquello bleu, nello stesso periodo, usati all’interno della stessafratria, ufficialmente, da parte del grammateus della segreteriastessa dell’organizzazione, per cittadini di differente origine8. Èda sottolineare che, nel mondo ellenico, il criterio linguistico erail più idoneo per definire la propria individualità di popolo e perdifferenziare gli ‘altri’ rispetto alla propria centralità di stirpe. Ilparlare un dialetto diverso, ovviamente, per quanto differente dalproprio, non era avvertito come elemento indicativo dell’apparte-nenza al mondo dei barbaroi9. E la Sicilia conosceva profondirimescolamenti e trasferimenti di cittadini10, e non solo per operadei tiranni, come è attestato, per esempio, da Tucidide11, che parladi o[cloi xuvmmeiktoi12 e da Diodoro13, che attesta la presenza inAgrigento, per il 406 a. C., di 200.000 ‘forestieri’ residenti su20.000 ‘cittadini’14.

Basti vedere questi grafici che bene illustrano il fenomeno15:

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Fig. 1. Diffusione dei segni complementari rossi e bleu in Sicilia.

Fig. 2. Diffusione dei segni complementari bleu in Sicilia.

Fig. 3. Diffusione dei segni complementari rossi in Sicilia.

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Fig. 4. Segni complementari rossi nel VII sec. a. C. in Sicilia.

Fig. 5. Segni complementari bleu nel VII sec. a. C. in Sicilia.

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Fig. 6. Segni complementari rossi nel VI sec. a. C. in Sicilia.

Fig. 7. Segni complementari bleu nel VI sec. a. C. in Sicilia.

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Fig. 8. Segni complementari rossi nel V sec. a. C. in Sicilia.

Fig. 9. Segni complementari bleu nel V sec. a. C. in Sicilia.

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2. E, per completare il quadro, si aggiungono questi casiparticolari, tra i tanti che si potrebbero addurre, che mostrano lacomplessità della situazione siciliana.

Si veda, ad esempio, Camarina:

3. In secondo luogo, è significativa la presenza del sampi inSicilia. Si vedano questi dati:

3.1. Gela:3.1.1. Ksi (= sampi) (inizio del V sec. a. C.).Il segno lo troviamo in una lekythos attica dell’inizio del V

sec. (xaovrion = xavdrion Manni Piraino) e in una tazzetta acromadel V sec. (dexi), pubblicate da A. Dell’Aria, Intervento, Kokalos,XIV-XV, 1968-1969, 203 = M. T. Manni Piraino, Nuove iscrizio-ni dall’acropoli di Gela, in «Miscellanea di studi in onore di E.Manni», Roma 1980, 1765-1832, 1772-1773.

3.1.2. Ksi (= sampi) (prima del 450 a. C.).

Fig. 10. Khi a Camarina.

Fig. 11. Ksi a Camarina.

Fig. 12. Psi a Camarina.

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M. T. Manni Piraino, Nuove iscrizioni dall’acropoli di Gela,in «Miscellanea di studi in onore di E. Manni», Roma 1980, 1765-1832, 1779, n. 6. Per tutte queste testimonianze vedi anche: SEG29, 833-920.

3.1.3. Ksi (= sampi) (prima metà del V sec. a. C.).M. T. Manni Piraino, Nuove iscrizioni dall’acropoli di Gela,

in «Miscellanea di studi in onore di E. Manni», Roma 1980, 1765-1832, 1798, n. 34.

3.1.4. Ksi (= sampi) (metà del V sec. a. C.).M. T. Manni Piraino, Nuove iscrizioni dall’acropoli di Gela,

in «Miscellanea di studi in onore di E. Manni», Roma 1980, 1765-1832, 1822, n. 73.

3.1.5. Ksi (= sampi) (V sec. a. C.).M. T. Manni Piraino, Nuove iscrizioni dall’acropoli di Gela,

in «Miscellanea di studi in onore di E. Manni», Roma 1980, 1765-1832, 1810, n. 52.

3.1.6. Ksi (= sampi) (non datato, ma V sec. a. C.).M. T. Manni Piraino, Nuove iscrizioni dall’acropoli di Gela,

in «Miscellanea di studi in onore di E. Manni», Roma 1980, 1765-1832, 1801, n. 39 (?).

3.2. Himera:3.2.1. Ksi (= sampi) (prima metà del V sec. a. C.?).M. T. Manni Piraino, Le iscrizioni, in AA. VV., Himera II,

Roma 1976, 667-701, 695, n. 230.3.2.2. Ksi (= sampi) (prima metà del V sec. a. C.?).M. T. Manni Piraino, Le iscrizioni, in AA. VV., Himera II,

Roma 1976, 667-701, 693, n. 202.3.2.3. Ksi (= sampi) (prima metà del V sec. a. C.).M. T. Manni Piraino, Le iscrizioni, in AA. VV., Himera II,

Roma 1976, 667-701, 678, n. 9.3.2.4. Ksi (= sampi) (prima metà del V sec. a. C.).M. T. Manni Piraino, Le iscrizioni, in AA. VV., Himera II,

Roma 1976, 667-701, 684, n. 87.3.2.5. Ksi (= sampi) (prima metà del V sec. a. C.).M. T. Manni Piraino, Le iscrizioni, in AA. VV., Himera II,

Roma 1976, 667-701, 696, n. 245.3.2.6. Ksi (= sampi) (prima metà del V sec. a. C.).

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M. T. Manni Piraino, Le iscrizioni, in AA. VV., Himera II,Roma 1976, 667-701, 691, n. 178.

3.2.7. Ksi (= sampi) (prima metà del V sec. a. C.?).M. T. Manni Piraino, Le iscrizioni, in AA. VV., Himera II,

Roma 1976, 667-701, 679, n. 23.3.2.8. Ksi (= sampi) (metà del V sec. a. C.).M. T. Manni Piraino, Le iscrizioni, in AA. VV., Himera II,

Roma 1976, 667-701, 694, n. 214.3.3. Nasso:3.3.1. Ksi (= sampi) (VI sec. a. C. ca.).M. T. Manni Piraino, Naxos. Frammenti fittili iscritti,

Kokalos, XXXIII, 1987, 27-46, 39, n. 21.3.3.2. Ksi (= sampi) (fine del V sec. a. C.).M. T. Manni Piraino, Naxos. Frammenti fittili iscritti,

Kokalos, XXXIII, 1987, 27-46, 39, n. 20.Il sampi compare, come si vede, in Sicilia, a Nasso, a Gela

ed a Himera. La provenienza dovebbe essere dall’area orientale.Non mi risulta, a quanto ne so, a Nasso cicladica. In ogni caso, nonsembra collegato a presenze rosse, ma ad aree bleu.

Lo ksi a tridente rovesciato, cioè il sampi ‘orientale’ o il‘tridente’ di Creta e di altre località. oltre a queste testimonianze,riportate, lo troviamo forse nella defixio di M. Pandolfini, Laminadi piombo di Agrigento (?), Arch Class, XXVII, 1, 1975, 40-47;cf. A. Brugnone, A proposito di una lamina di piombo di Agrigento,Kokalos, XXIV-XXV, 1978-1979, 63-68, 68 (una legatura?). Ilsegno sembra avere il valore di ksi, ma, in alcune parole dell’areasiciliana, il valore fonetico usuale non dà termini greci da noiconosciuti (SEG). Potrebbe essere il ksi cretese (di Axos), portatoa Gela da coloni dell’isola (cf. anche il digamma cretese di Gela)(SEG), anche se non si può escludere più probabili provenienzeasiatiche. Lo troviamo infatti, oltre che ad Axos, a Mesembria

Fig. 13. Diffusione del sampi in Sicilia.

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Pontica, sulla costa asiatica (Eritre, Teo, Alicarnasso, Cizico,Smirne), in Eolide16. Mi pare evidente, dalla datazione delletestimonianze riportate, che non si tratta dei rapporti risalenti allafondazione che pure parla di Rodii e Cretesi17, ma semmai dicoloni arrivati in epoca più recente. In ogni caso, è difficilepensare a Focei della prima ondata di colonizzazione, quella cheinteressò varie aree occidentali, per i quali risulta particolarmentearduo spiegare presenze o influssi nelle località su citate, quandopoi il segno non è presente nelle colonie focee d’Occidente18. E,se si vuole ricordare una testimonianza di presenze orientalinell’isola in epoca più recente, si possono solo menzionare icoloni di Elea, guidati da Megellos e Pheristos, e quelli di Ceo,guidati da Gorgos, chiamati nel 338/337 a. C. da Timoleonte aripopolare le aree di Gela e Agrigento19. Dunque un altro ‘caso’epigrafico che complica la già complessa situazione siciliana eche si riverbera sulla situazione ‘etnica’.

4. Altro elemento significativo della commistione di genti,e di conseguenza della difficoltà di dare una esatta dimensione dicosa fosse la ‘grecità’ siceliota, è rappresentato dall’uso contem-poraneo, con valore differente, nella stessa località, dello stessosegno20.

4.1. Si veda il segno a croce a Gela:

Fig. 14. Il segno di croce a Gela.

4.2. Si veda il segno a freccia a Gela:

Fig. 15. Il segno a freccia a Gela.

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4.3. Si vedano, ancora, i vari segni usati per indicare il suono/ks/, sempre a Gela, nello stesso periodo:

5. E si consideri, come altro motivo, la complessità dellatipologia delle organizzazioni civiche in Sicilia. Se non bastasse-ro i problemi che hanno suscitato e continuano a suscitare letessere del tempio di Atena a Camarina, ora giunge un nuovodocumento pubblicato dall’amico Manganaro:

G. Manganaro, Nuove tavolette di piombo inscritte siceliote,PP, LII, 1997, 306-348, 310 (IV sec. a. C.) (area di Siracusa):

Fig. 16. Segni usati a Gela per indicare il suono /ks/.

Fig. 17. Organizzazioni civiche siceliote.

Come si vede, i nomi sono accompagnati dal patronimico,dal demotico (ÔErimeio", Krataimeio", Tuvo", Perhkuataio"),dalla tribù (3), dalla fratria (almeno fino alla decima)21. Ma nonsono solo questi gli elementi che danno la difficoltà di compren-dere, anche sotto il piano istituzionale, che cosa vuol dire greco inSicilia. Basti aggiungere alle associazioni prima nominate il tipodi organizzazione di cui sono un esempio le patrai di Selinunte22.Una delle dediche a Zeus Milichios, infatti, è fatta dalle paides23

delle patriai di Hermios e di Eukleas: M. T. Manni Piraino,Epigrafia selinuntina, Kokalos, XVI, 1970, 268-294, 268-277, n.1 = Ead., Iscrizioni greche lapidarie del Museo di Palermo,

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Palermo 1973, 98, n. 68 (metà V sec. a. C.): ho Milivcio" ta⁄"patria" tan ˙(e)r⁄mivo– paivdo–n kai; ⁄ tan Eujkleva paiv⁄d<o–>n.È la patriav di Hermios e Eukleas, due eponimi della stessaassociazione. La patria corrisponde ad una unione patrilineare,comparabile, ma non identica, alla fratria. Sarebbe, in tal senso,la unione di più oikoi di Selinunte24. Le patrai sono perciòassociazioni gentilizie, organizzate attorno ad un culto e ad uncapostipite eponimo, antenato del gene, di carattere familiare, manon civico, alle quali possono partecipare, iscritte dalla nascita,anche le donne25. Ora, sulla base di M. H. Jameson - D. R. Jordan- R. D. Kotansky, A ‘Lex Sacra’ from Selinous, Durham 1993, sipossono interpretare tali patriai come gruppi gentilizi, denomina-ti da un capostipite, ai quali erano iscritte dalla nascita anche lefemmine (Plato, Leg., 765a), e che si caratterizzavano per il cultoa Zeus Milichios. Gli eponimi hanno certamente il ruolo diantenati dei singoli ghene, ma essi possono essere stati scelti inqualsiasi momento della storia della città, non per necessità allasua origine. Tali patriai erano passibili di rinnovamenti, conser-vando gli stessi nomi, come succedeva a Cirene26 (Cordano). Lepatriai sono attestate a Elea27, dove patriav sembra corrisponderea gevno", a Delfi28, dove la patria ha competenze religiose. Perpavtra vedi pure per Taso29, Megalopoli30, Rodi31. Patriwtai,invece, sono a Trezene32.

E se si completa il tutto con un altro esempio siciliano, si haun ulteriore elemento di comprensione delle difficoltà di dare unadimensione precisa a questa ‘grecità’ occidentale. Intendo riferir-mi ai misteriosi Caunotrivbwne" di Scornavacche33, cioè algruppo di «les compagnons du manteau élimé» (Taillardat) o «laconfrérie» «Les Malaxe-Molle Argile» (Dubois). In ogni caso, ungruppo pittoresco, che dedica ad Asclepio, e che fa il paio, come‘colore’, alla Suo–vi di Acre altrettanto famosa34.

6. Ma per riferirmi alle feste, bisogna prima di tutto prestareattenzione al problema assai spesso dibattuto, proprio per laMagna Grecia e Sicilia, delle ‘sopravvivenze’ cristiane di ceri-monie o feste pagane35. Ciò finisce, per molti aspetti, per portarefuori strada. Evidentemente, sia il fatto sacro, che le sue manife-

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stazioni ‘esterne’, rispondono a precise linee archetipiche dibase36, come, ad esempio, per gli ex voto. Esse sono:

1. Dimensioni archetipiche f u n z i o n a l i di base, cherilevano il fenomeno, allo stesso modo, attraverso le epoche e itempi (i ‘bambini in fasce’ di Cipro, della Grecia o dell’Etruria,o del Brasile e dei santuari d’oggi).

2. Linee archetipiche c u l t u r a l i , caratterizzanti il mo-mento storico o il santuario (ad esempio la forma delle terrecottevotive della Magna Grecia).

3. Non bisogna dimenticare, tuttavia, anche il peso rivestito,nella fisionomia degli ex voto e in parecchi altri eventi connessicon la vita del santuario, dall’‘industria del pellegrino’, fatta daimercanti di ogni tipo che vivevano e vivono attorno ai centri diculto.

E per le cosiddette ‘sopravvivenze’ in materia religiosa dalmondo classico ad oggi, si veda il Ciaceri, ad esempio, nella suaStoria della Magna Grecia, alle pp. 124-128 del secondo volu-me37, dove ritiene utile fare alcune precisazioni relativamentealle cosiddette sopravvivenze di culti della Magna Grecia nellaChiesa di oggi, riscontrate nelle aree meridionali. Egli sottolineache, se si mettono in luce dei fenomeni di conservazione delpatrimonio ‘pagano’ dell’Italia del Sud nella Chiesa di Roma,non è che per questo si sia trattato di supine acquisizioni dicontenuti e di forme, avendo essa, per la traduzione del suomessaggio spirituale, solo usato le espressioni esteriori dellareligione precedente, senza derogare dalla sostanza del suodiscorso di fede. «La Chiesa ha saputo mantenere rigidamente ilsuo carattere personale attraverso i secoli» (p. 125), anche sefeste, culti o luoghi di fede hanno di volta in volta preso dalpatrimonio delle varie culture. Fa perciò un elenco, che è diven-tato classico, di casi che possono essere di esempio del fenomeno(Chiesa di Gerace sulle rovine del tempio precedente di Locri,Madonna di Crotone su Hera Lacinia, Madonna della Lobbra diSorrento sulle Sirene, Duomo di Napoli sulla Basilica Stefania,S. Restituta sul tempio di Apollo ecc.). È in tal modo evidente unaconservatività dei luoghi attraverso i tempi, come pure di modidi religiosità passati dalle diverse civiltà, che si sono avvicendate

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nel Sud. Certo, ha ragione l’Ardovino38, quando afferma che èsolo questione di connessioni fatte sulla base della nostra espe-rienza e conoscenza storica che vi vedono di più di quello che inrealtà possono dire certi fatti, che in genere risultano puramenteesterni, senza grande valore, e che si legano alla cosiddettareligione o religiosità popolare, con difficoltà sempre accettatadalla Chiesa (Pomigliano d’Arco: decreto del Tribunale Eccle-siastico per la causa dei Santi di Napoli del 26 luglio 1969)39, manon si può escludere che, in certi fenomeni, si evidenzino delle‘costanti’ (Cousin per le tavolette votive dell’area provenzale40),che attestano una continuità che è di strutture archetipicheculturali41 se non funzionali. Così è per la tipologia dell’ex voto,che risale alle tradizioni della cultura da cui proviene, anche se inessa sono sempre presenti fenomeni di uso improprio, checontribuiscono a volte a rendere difficile il confronto. Al suointerno, tuttavia, sono presenti motivi di connessioneinterculturale, che agiscono attraverso i tempi e lo spazio. E tuttociò attraverso le formulazioni esteriori individualizzanti dellediverse culture, per cui lo stesso tipo di ex voto mostra la linealeziosa ‘barocca’ (o ellenica o ellenizzante) del tempo, ma, nellasostanza (forma di composizione, struttura significante, valorecultuale), esso è simile. In riassunto, questi elementi di continuitàsono le linee e le forme assunte dall’esperienza religiosa attraver-so i tempi e lo spazio, riconducibili, nelle loro dimensioni, allestrutture determinate dalla produzione simbolica dell’inconsciocollettivo e individuale. E per le feste, è da ricordare, con ilCocchiara42, che «se il passato vive oggi nel presente, non è piùpassato. Una tradizione pagana non diventa cristiana, perchéassume il simbolo della croce», anche se certe dimensioni difondo permangono. Per Erice, certo, è più difficile dire, perquanto concerne la Madonna delle Nevi. La tradizione ricorda,infatti, l’esistenza di una chiesetta della Madonna delle Nevi,posta all’interno del castello, di cui si conservava solo l’abside altempo del Cultrera43, ed essa è tradizionalmente la sostituzionecristiana di Afrodite. Ma in questo caso troppe sono le disparitàdi ambito e dimensione cultuale44, e troppo esigue la testimo-nianze relative.

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7. Le dimensioni, in riassunto, dell’Erice45 sono:7.1. Tempio, altari e monumenti: S. De Vido, s. v. Erice,

BTCGI, VII, Pisa-Roma 1989, 349-378, 350 sgg.; F. Coarelli - M.Torelli, Sicilia, Roma-Bari 1984, 56 sg.; G. K. Galinsky, Erice,Enciclopedia Virgiliana, II, Roma 1985, 364-365. Per gli scavi diPepoli, Salinas, Cavallari, Marconi, Messina, Bovio Marconi, A.M. Bisi46: F. Maurici, Erice: problemi storici e topografico-archeologici fra l’età bizantina ed il vespro, in «Atti delleGiornate Internaz. di Studi sull’Area Elima, Gibellina 1991»,Pisa-Gibellina 1992, 443-461, 443.

7.2. Tempio in generale: Diod., 4, 83, 1; Verg., Aen., 5, 759-760; Serv., Aen., 5, 579; 12, 701 (tempio sulla sommità del monteErice); Polyb., 1, 55, 8-9 (tempio sulla sommità e città in basso);Diod., 4, 78, 4 (mura)47.

7.3. Ricostruzione del tempio: Suet., Claud., 25, 5; Tac.,Ann., 4, 43.

7.4. Abbandono del tempio48: Strabo, 6, 2, 6, 254.7.5. Venerii: Cic., Verr., 2, 1, 27; 2, 2, 21-22; 2, 2, 25; 2, 2,

92-93; 2, 3, 50; 2, 3, 55; 2, 3, 61; 2, 3, 86; 2, 3, 89; 2, 3, 92-93; 2,3, 105; 2, 4, 32; 2, 5, 141; Div. in Caec., 55; Cluent., 4349.

7.6. Prostitute sacre del tempio: Diod., 4, 83, 6-7 (consoli epretori che si uniscono alle prostitute sacre per onorare la dea);Cic., Div. in Caec., 55 (Agonide liberta di Venere Ericina);Strabo, 6, 2, 6 (prostitute sacre offerte alla dea da uomini di Siciliae da altri luoghi)50.

7.7. 200 guardie del tempio in epoca romana: Diod., 4, 83, 7.7.8. Altare a cielo aperto: Aelian., N.A., 10, 50 (Purificato

dalla dea durante la notte dal sangue dei sacrifici, con la rugiadamattutina).

7.9. Sacrifici particolari: Aelian., V.H., 1, 15; N.A., 10, 50.Da ricordare anche che durante le feste si espandeva odore diburro, indice della presenza della dea (Athen., 9, 395 a)51.

7.10. Ricchezza del tempio: Thuc., 6, 46; Lycophr., 951 sg.;Apoll. Rhod., 4, 917, cum schol.; Callim., frg. 43, 53 Pfeiffer, cumschol.; Theocr., 15, 101, cum schol.; Polyb., 1, 55, 7, 8; Diod., 4,83, 1-7; Paus., 8, 24, 6; Aelian., V.H., 1, 15; N.A., 10, 50.

7.11. Scalo e commerci: G. Schmiedt, Antichi porti d’Italia.

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709LE FESTE NELLA SICILIA OCCIDENTALE

Gli scali fenicio-punici. I porti della Magna Grecia, Firenze1975, 39-47. Come testimonianza dei commerci presenti nel-l’area: A. Brugnone, Bolli anforari rodii della necropoli diLilibeo, Kokalos, XXXII, 1986, 217-280 pubblica una serie dibolli su tegole che provengono dalle tombe a cappuccina diLipara. Il materiale è studiato da M. Cavalier, ibid., 181-216.Sono tutti posteriori alla distruzione della città per opera deiRomani nel 252/1 a. C. e sono greci fino al 36 a. C., poi sonoromani e si sviluppano dal III sec. a. C. al II sec. d. C. SiccomeLipari non possedeva cave di argilla, era necessario importare letegole già fatte. La Brugnone ha trovato che i bolli in maggioran-za sono identici a quelli della costa settentrionale della Sicilia,come Tindari, Erice, Reggio, con la conseguenza che si puòdedurre che gli esportatori dovevano essere numerosi sulla costaNord della Sicilia stessa. Pochi quelli della Magna Grecia: cf. inrr. 51-52 da Medma ? (Mhvdma = Mevdma ?). Da segnalare ilgenitivo Lipavra", che si riferisce a prodotti commissionati dallacittà e i nrr. 74 e 75 che hanno ta; fainovmena52. Per i commerci:G. Nenci, Iscrizioni greche e latine, in AA. VV., Entella. Rico-gnizioni topografiche e scavi 1987, ASNP, S. III, XVIII, 1988,1469-1556, 1552-1555 (bolli di Entella); A. Brugnone, Bollianforari rodii della necropoli di Lilibeo, Kokalos, XXXII, 1986,19-113 (bolli di Lilibeo – Marsala). Per le testimonianze, invece,di navi e relitti sulla costa tirrenica della Sicilia vedi: L. De Salvo,Economia privata e pubblici servizi nell’Impero romano, Messi-na 1992, 39, n. 71; A. Mattioli, Camarina in età ellenistico-romana, Kokalos, XLI, 1995, 229-270, 255, n. 144. Erice poi erapunto di rotta Marsiglia - Sardegna - Sicilia. Cf. G. Manganaro,Massalia-Sardegna-Sicilia: la rotta commerciale in epocaellenistica, in «Le ravitaillement en blé de Rome et des centresurbains des débuts de la République jusqu’au Haut Empire. Actesdu Colloque Internat., Naples 1991», Naples - Rome 1994, 261-265; A. Mattioli, Camarina in età ellenistico-romana, Kokalos,XLI, 1995, 229-270, 269. Rilevante è l’abbondanza dei marchi difabbrica di anfore trovate nell’area di Erice, riscontrata findall’Ottocento (ca. 800 bolli, di cui 102 latini); cf. A. Pellegrini,Iscrizioni ceramiche d’Erice e suoi dintorni, ASS, XII, 1887,

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284-303; A. Tchernia, Le vin de l’Italie romaine, Rome 1996, 49-51; essa non sembra dovuta alla presenza di fabbriche locali, maalla ricchezza del santuario dell’Erice (Diod., 4, 83, 1). Significa-tivo, ma ancora problematico, è pure il caso dei bolli di CaioAristone, dei quali 8 con nome greco (GAIOÇ ARISTWN) e 6latini (C. ARISTO). Per i primi timbri latini in Sicilia, in partico-lare quelli di Erice di Tr. Loisios, vd.: A. Tchernia, Le vin del’Italie romaine, Rome 1996, 47-51. Per i timbri di Tr. Loisios edi C. Ariston vedi anche: A. Hesnard [et alii], in AA. VV.,Amphores romaines et histoire économique: dix ans de recherche,Rome 1989, 31-32; D. Manacorda, Le anfore dell’Italia repub-blicana: aspetti economici e sociali, ibid., 443-467; sulbilinguismo: L. Bivona, Le fornaci romane di Partinico (Paler-mo), Kokalos, XXXVI-XXXVII, 1990-1991, 139-144.

7.12. Strada che portava al tempio53: Polyb., 1, 55, 9.7.13. Iscrizioni greche, latine e semitiche; cf. S. De Vido, s.

v. Erice, BTCGI, VII, Pisa - Roma 1989, 349-378, 354-356.Dediche alla dea: IG XIV, 281-286; CIL X, 7253-7262; 8042. Peri graffiti su ceramica: A. Pepoli, Antichi bolli figulini e graffitidelle sacerdotesse di Venere Ericina rinvenuti in Monte SanGiuliano, Firenze 1885. Per le iscrizioni fenicio-puniche: M. G.Guzzo Amadasi, Le iscrizioni fenicie e puniche delle colonie inOccidente, Roma 1967, 53-55, 58, 77-79; Ead., Epigrafia punicain Sicilia, Kokalos, XVIII-XIX, 1972-1973, 278-289.

7.14. Visitatori latini: L. Apronius (CIL X, 7257 = ILS 939;cf. PIR 1, 2° ed., A 971; cf. Tac., Ann., 3, 21; 4, 13); L. AproniusCaesianus (PIR 1, 2° ed., A, 972).

7.15. Diffusione del culto: S. Moscati, Sulla diffusione delculto di Afrodite Ericina, OA, VII, 1968, 91-94.

7.16. Significato politico attribuito al culto dell’Erice daRoma per la propaganda nella lotta contro Cartagine: R. Schilling,La réligion romaine de Vénus depuis les origines jusqu’au tempsd’Auguste, Paris 1954, 245; L. Pareti, Studi minori di storiaantica, Roma 1961, II, 432; S. De Vido, Per una carta teotopicadell’area elima, in «Gli Elimi e l’area elima sino all’inizio dellaprima guerra punica. Atti del Seminario di Studi, Palermo -Contessa Entellina 1989», ASS, S. IV, XIV-XV, 1988-1989,

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203-221, 212; A. Dubourdieu, La rayon d’or d’Eryx, Kokalos,XXXVI-XXXVII, 1990-1991, 85-102, 100.

8. Per quanto concerne i pochi particolari delle feste54,sappiamo che in occasione delle ricorrenze festive (Anagogia55 eKatagogia56 della dea) si registrava la sparizione delle colombesacre alla dea57, il ritorno di esse al seguito di un uccello rosa dinotevole bellezza, che era «la dea nella sua epifania teriomorfa»(Manni), dopo nove giorni, con manifestazioni di gioia dei fedelipresenti alle feste, odore di burro come attestazione della presen-za tangibile della dea58. Per la data della festa è difficile dire:Aelian., V.H., 1, 15 le colloca genericamente katav tina kairo;n;Athen., 9, 394f: kairov" ti". Se si vogliono proporre delle dateprecise: il 23 agosto, in coincidenza con la ricorrenza dellainaugurazione a Roma del tempio di Porta Collina59, o il 19agosto, in coincidenza con la festa della Madonna di mezza estatee dei Vinalia rustica di Roma (Pitré)60. Altra conclusione che sipuò trarre è che le feste non avevano nessun risvolto dellatipologia che, sulla scia delle religioni salvifiche prima e delCristianesimo poi, siamo abituati a considerare, cioè la richiestadi grazie, il voto, il ‘miracolo’, comunque si chiami e si intenda,ecc. E certo non basta dire, semplicisticamente, che la festaserviva a dare ai fedeli, attraverso l’unione con le prostitute sacre,la possibilità di unirsi alla dea. È per lo meno, come già visto inantico, una ‘spiegazione’, che serviva, semmai, solo di ‘propa-ganda’, non certo di ‘spiegazione’ a livello di contenuti religiosi.E in un ambito che, a dir poco, era ‘greco’ fino ad un certo limite.Gli elementi che si possono, invece, individuare, per le festedell’Erice, sono:

8.1. Le persone, che vi partecipavano, erano di ‘nazionalità’disparata61, anche sulla base di una ‘Grecità’ che mostrava le suelinee di autonoma differenziazione nei confronti, ad esempio,della madrepatria o della Magna Grecia.

8.2. I fedeli, che vi assistevano, vedevano la ‘scomparsa’della dea del loro santuario e il successivo ‘ritorno’ di essa nellasua ‘dimora’. Con che animo partecipassero all’evento, è difficiledire, senza ricorrere alle parole vuote e spesso retoriche degli

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studiosi di storia delle religioni. Inevitabilmente, dipendeva daitempi il grado di commozione o di gioia che li prendeva. Certo,era la dea dell’amore, e quindi non ci si può aspettare risvolti dinatura ‘mistica’ o ‘miracolistica’. Semmai, era la cornice diallegria che le accompagnava. In ogni caso ritorna la domanda:che cosa è ‘festa’ oggi e che cosa era ieri? Solo un giorno‘diverso’, senza il lavoro consueto? L’occasione per ‘avvicinar-si’ alla dea del santuario? E l’‘incontro’ ‘rituale’ con le prostitutesacre fino a che punto era considerato un evento che rientravanella sfera del sacro? Come si vede, bisognerebbe ritornare arifare il ‘percorso’ che il greco faceva in occasione di una ‘festa’.E non certo, con gli schemi della psicologia sociale o dellasociologia religiosa di oggi, che spesso operano senza una con-creta conoscenza della situazione antica e che non ricostruisconole esperienze dei Greci di Sicilia senza porsi prima l’interrogativodi cosa essi fossero i Greci dell’isola che non corrispondevano, adesempio, ai Greci di Atene, sempre priorizzati come valenzaunica per l’Ellade62.

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713LE FESTE NELLA SICILIA OCCIDENTALE

NOTE

1 Si veda, solo per qualche cenno di bibliografia su di un problemache annovera una ricchezza enorme di studi, sul tema di Greci e Non-Greciin rapporto alla Sicilia occidentale e agli Elimi ora: S. DE VIDO, Gli Elimi.Storie di contatti e di rappresentazioni, Pisa 1977; e sull’ellenizzazione dellaSicilia: J. DE LA GENIÈRE, Entre Grecs et Non Grecs en Italie du Sud et Sicile,in «Forme di contatto e processi di trasformazione nelle società antiche. Attidel convegno di Cortona, 1981», Pisa-Roma 1983, 257-272; 278-285; EAD.,La colonisation grecque en Italie méridionale et en Sicile et l’acculturationde non-Grecs, RA, 2, 1978, 257-276; G. NENCI - S. CATALDI, Strumenti eprocedure nei rapporti tra Greci e indigeni, in «Forme di contatto e processidi trasformazione nelle società antiche. Atti del convegno di Cortona, 1981»,Pisa-Roma 1983, 581-606; M. GIANGIULIO, Greci e non Greci in Sicilia allaluce dei culti e delle leggende di Eracle, ibid., 785-846.

2 M. T. MANNI PIRAINO, Koiné alfabetica fra Siracusa, Megara Ibleae Selinunte, Kokalos, XXI, 1975, 122-153, 134.

3 L. H. JEFFERY - A. W. JOHNSTON, The Local Scripts of ArchaicGreece2, Oxford 1990, 18 sg., 264, che segue R. CARPENTER, The alphabet inItaly, AJA, XLIX, 1945, 452-464; cf. AJA, XXVII, 1933, 8-29. Contro ancheM. GUARDUCCI, Appunti di epigrafia greca arcaica, Arch Class, XVI, 1964,122-153, 127-131.

4 A. BRUGNONE, Gli alfabeti arcaici delle poleis siceliote e l’introdu-zione dell’alfabeto milesio, ASNP, S. III, XXV, 1995, 1297-1327.

5 Se si vuole indicare un fenomeno caratteristico di ambito nonateniese, indicativo del travaglio che accompagnò l’introduzione dei segnicomplementari, escludendo fra gli alfabetari Würzburg, è, per Creta, il casodi Lyttos, o il F del tempio di Atena Samonia di Itanos (ª - ºmo–n e[grafe me),della seconda metà del VI sec. a. C. (IC 3, 4, 2 = LSAG 309; cf. M. BILE, Ledialecte crétois ancien, Paris 1988, 74, n. 7), forse di provenienza rodia (M.GUARDUCCI, Epigrafia greca, Roma 1967, I, 192).

6 Il problema si lega all’altro, ancora più complesso, di cosa fosseuna ‘colonia’ all’origine, quali fossero i rapporti con la madrepatria, quali lestrutture, per così dire, preesistenti, come gli emporia o altra tipologia distanziamento. E, ad esempio, le odierne scoperte di Pitecusa, con la possibilelocalizzazione in essa di uno centri di origine dell’alfabeto greco (tesi con cuidivido la ‘paternità’ con l’amico Manganaro), allargano e complicano, inaltro modo, il problema stesso.

7 F. Cordano, Documenti di archivio di Camarina, in M. - F.BOUSSAC - A. INVERNIZZI (edd.), Archives et sceaux du monde hellénistique,BCH, suppl. 29, Paris 1996, 179-184, 182. Nella segreteria della fratria sitenevano le tessere, si prendevano e si deponevano; in essa si conservavanoi dati anagrafici dei membri dell’associazione. Esisteva un segretario delle

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fratria (grammateus o mnamon o hieromnamon); la segreteria era pressol’agora e presso il tempio di Atena, dove furono deposte le tessere dopo la finedel loro servizio. Da ricordare che i cittadini nelle città greche erano iscrittiin elenchi ufficiali, che venivano costantemente aggiornati e a volte rinnovati(PLATO, Leg., 785a; cf. N. F. JONES, Public Organization in Ancient Greece,Philadelphia 1987) (CORDANO, Documenti... cit., 183).

8 F. CORDANO, Documenti... cit., 182, n. 15.9 V. per questo: HDT., 2, 158; PLATO, Pol., 262 c-d; STRABO, 14, 2, 28;

cf. ARISTOPH., Ach., 1050-1051; SOPH., Tr., 1060; HDT., 2, 56-57; PLUT., Cim.,18, 2-3; cf. ora M. MOGGI, Greci e Barbari. Uomini e no, in L. DE FINIS (a curadi), Civiltà classica e mondo dei barbari. Due modelli a confronto, Trento1991, 31-46; Id., Straniero due volte. Il barbaro e il mondo greco, in M.BETTINI (a cura di), Lo straniero, ovvero l’identità culturale a confronto, Bari1992, 51-74 (in part. 52-54, 69).

10 Da ultimo vedi: R. VATTUONE, Metoikesis. Trapianti di popolinella Sicilia greca fra VI e IV sec. a. C., in AA. VV., Emigrazione eimmigrazione nel mondo antico, Milano 1994, 81-113.

11 THUC., 6, 5; 17.12 Cf. F. CORDANO, Le tessere pubbliche dal tempio di Atena a

Camarina, Roma 1992, 17.13 DIOD., 13, 84, 3.14 Cf. pure DIOG. LAERT., 8, 64; cf. G. MADDOLI, Il VI e il V secolo, in

AA. VV., Storia della Sicilia, 2, 1, Napoli 1979, 1-102, 56, 85-86; CORDANO,Le tessere pubbliche... cit., n. 14; L. GALLO, Produzione cerealicola edemografia siciliana, AION(Arch), XI, 1989, 31-53, 44-45; ID., Note didemografia dell’area elima, in G. NENCI (a cura di), Alla ricerca di Entella,Pisa 1993, 151-156, 151; ID., Alcune considerazioni sulla demografia degliElimi, ASNP, S. III, XXIV, 1994, 19-29, 20-21.

15 Per i grafici si utilizzano i dati desunti dai seguenti articoli instampa: Problemi di epigrafia greca della Magna Grecia. 1. I segni diaspirazione, in «Miscellanea di studi in onore di L. Gasperini», Tivoli 2000,383-406; Di nuovo sulle tabelle dell’Olympieion locrese, in Symposion 97;Problemi di epigrafia greca della Magna Grecia. 2. I segni complementarie le vocali lunghe, in «Miscellanea di studi in onore di M. Cataudella»,Firenze 2000; Problemi di epigrafia greca della Sicilia, Sileno, XXV, 1999;Taranto e le organizzazioni civiche della Magna Grecia, in AA. VV., Pugliaieri e oggi, Bari 2001. Si utilizzano i metodi presentati in: L’epigrafia dellakoiné, in AA. VV., Creta romana e protobizantina, Atene 2001, che, perdifficoltà di spazio, si basa sui dati offerti nell’articolo più ampio: Problemidi epigrafia cretese. L’avvento della koiné, Minima epigraphica etpapyrologica, VI, 1, 2001. I problemi delle associazioni civiche di Sicilia,invece, appariranno in Kokalos, con il titolo: Associazioni civiche siceliote.

16 Vd. BRUGNONE, Gli alfabeti arcaici... cit., 1320, n. 155; e inoltre: M.

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T. MANNI PIRAINO, Nuove iscrizioni dall’acropoli di Gela, in «Miscellanea distudi in onore di E. Manni», Roma 1980, 1765-1832, 1772 sg., 1779 sg., 1798sg., 1801 sg., 1822 sg.; EAD., L’apporto dell’epigrafia, Kokalos, XXX-XXXI,1984-1985, 79-97, 82-89. Cf. A. DELL’AIRA, Intervento, Kokalos, XIV-XV,1968-1969, 203-205; LSAG 463. Per il sampi e il segno del tridente rovesciatoassimilabile al samek vd.: F. GHINATTI, Alfabeti greci, Torino 1999, 39-42.

17 Cf. da ultimo C. RACCUIA, Gela antica. Storia, economia e istitu-zioni, Messina 2000; cf. P. ANELLO, La storia di Gela antica, Kokalos, XLV,1999, 1-22.

18 Sulla possibile presenza dei Focei, connessi con il sampi diffuso inSicilia, nell’area degli Elimi, vd.: F. ZUCKER, Phoker oder Phokäer imElymergebiet?, WJA, IV, 1949-1950, 335-340.

19 PLUT., Tim., 35, 2; cf. D. ASHERI, I coloni elei ad Agrigento,Kokalos, XVI, 1970, 79-88.

20 I dati sono desunti dagli articoli indicati in precedenza e ai quali sirimanda.

21 G. MANGANARO, Nuove tavolette di piombo inscritte siceliote, PP,LII, 1997, 306-348, 311.

22 Per le patrai di Selinunte e la lex sacra (M. H. JAMESON - D. R.JORDAN - R. D. KOTANSKY, A Lex sacra from Selinous, Durham 1993) (inizi delV sec. a. C.) vd. F. CORDANO, in F. CORDANO - R. ARENA, PP, LII, 1997, 423-429, 424, 426.

23 Per le paides vedi: M. T. MANNI PIRAINO, Epigrafia selinuntina,Kokalos, XVI, 1970, 268-294, 274 sgg. Sul culto delle Paides ora: G.MANGANARO, Iscrizioni rupestri di Sicilia, in «Rupes loquentes: atti delconvegno internaz. di studio sulle iscrizioni rupestri di età romana in Italia,Roma - Bomarzo 1989», Roma 1992, 447-501, 455-487.

24 M. RAUSCH, Damos, gruppi e individui in una lex sacra di Selinunte,Minima Epigraphica et Papyrologica, III, 3, 2000, 39-52, 45.

25 Cf. F. CORDANO, Aevum, LXX, 1996, 137-141, 139. E per unaconsimile organizzazione di Cirene vd. G. PUGLIESE CARRATELLI, Kyrenaikà,QAL, XII, 1987, 27-31, 29

26 SEG 9, 3; cf. PUGLIESE CARRATELLI, Kyrenaikà... cit. 28.27 I.v.O. 2 = DGE 409.28 Syll.2, 438 = DGE 323 = IGS 49.29 IG XII, 8, 267, 10.30 IG V, 2, 495.31 IG XII, 1, 695.32 IG IV, 757. Il termine aveva il senso di ‘associazione religiosa’

come a Delfi; vd. G. ROUGEMENT, Corpus des inscriptions de Delphes. 1. Loissacrées et reglements religieux, Paris 1977, 1, n. 9, A 26; si veda pureHomolle (BCH, L, 1926, 15, I, l. 9) per la pubblicazione dei testi e leriflessioni sul caso.

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716 F. GHINATTI

33 A. DI VITA, I caunotrivbwne" in una dedica ad Asclepio daScornavacche, in «∆Aparcaiv. Nuove ricerche e studi sulla Magna Grecia e laSicilia antica in onore di P. E. Arias», Pisa 1982, 537-545 = SEG 32, 931 =L. DUBOIS, Inscriptions grecques dialectales de Sicile, Rome 1989, 108, nr.102 (310-280 a. C.); cf. L. DUBOIS, Logopédies, in «Ediston logodeipnon.Logopedies. Mélanges de philologie et de linguistique grecques offerts à JeanTaillardat», Paris 1988, 77-82; SEG 38, 956; F. CORDANO, Note sui gruppicivici sicelioti, MGR, XVII, 1992, 135-142, 139, n. 17; A. BRUGNONE,Epigrafia greca, Kokalos, XXXIX-XL, 1993-1994, 487-514, 501, n. 110.

34 CIG 5453 = IG XIV, 228 = SGDI 3228 = DGE 146, 2 = LSAG 267,276, n. 14 = G. PUGLIESE CARRATELLI, in L. BERNABÒ BREA, Akrai, Catania1956, 161, nr. 21 = DUBOIS, IGDS, 111, nr. 105 (VI sec. a. C.).

35 Basti ricordare il ‘classico’: G. COCCHIARA, Paganitas. Sopravvivenzefolkloriche del paganesimo siciliano, Kokalos, X-XI, 1964-1965, 401-416.

36 Le considerazioni che seguono fanno parte di un contesto presen-tato il 26/05/97, a Padova, ad una tavola rotonda sul tema: L’esperienzareligiosa ieri e oggi. Inoltre cf. Ancora sulla storia della Magna Grecia,Sileno, XX, 1994, 35-74, 69-73.

37 E. CIACERI, Storia della Magna Grecia, Milano-Genova 1940, II,124-128.

38 A. M. ARDOVINO, I culti di Paestum antica e del suo territorio,Napoli 1986, 189-194.

39 Cf. S. DE MATTEIS - M. NIOLA, Antropologia delle anime in pena,Lecce 1993, 152.

40 B. COUSIN, Le miracle et le quotidien, Aix en Provence 1983, 77-80. Per Cousin le costanti nelle tavolette votive sarebbero: costumi, concezio-ne del sacro, rapporto tra spazio umano e divino.

41 Archetipo nel valore di «an inward image at work in the humanpsiche»(Neumann).

42 COCCHIARA, Paganitas... cit., 401- 412, di contro a G. PITRÉ,Spettacoli e feste popolari siciliane, Palermo 1881, I.

43 G. CULTRERA, Il temenos di Afrodite Ericina e gli scavi del 1930 edel 1931, NSA, 1935, 294-328, 314; cf. F. MAURICI, Erice: problemi storicie topografico-archeologici fra l’età bizantina ed il vespro, in «Atti delleGiornate Internaz. di Studi sull’Area Elima, Gibellina 1991», Pisa - Gibellina1992, 443-461, 460.

44 Per gli elementi locali nella religione della Sicilia antica: cf. A. L.PROSDOCIMI - L. AGOSTINIANI, L’elemento locale nella religione della Siciliaantica, in AA. VV., Storia delle religioni, Torino 1971, 716-722. Per iproblemi di metodo e i rapporti tra culti greci e non-greci in Sicilia: cf. E.MANNI, Culti greci e culti indigeni in Sicilia. Problemi di metodo e spunti diricerca, ASS, S. IV, VI, 1980, 5-17.

45 Per le fonti sull’Erice: K. ZIEGLER, s. v. Eryx, RE, VI, 1909, 602-

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717LE FESTE NELLA SICILIA OCCIDENTALE

606; E. MANNI, Geografia fisica e politica della Sicilia antica, Roma 1981,173-174. Per i rapporti di Erice con il mondo elimo, vedi: gli Elimi che eranofamosi soprattutto per il santuario dell’Erice; cf. M. GIUFFRIDA, Rapporti tral’area elima e il Mediterraneo orientale, in «Gli Elimi e l’area elima sinoall’inizio della prima guerra punica. Atti del Seminario di Studi, Palermo -Contessa Entellina 1989», ASS, S. IV, XIV-XV, 1988-1989, 115-131, 127;il santuario dell’Erice, centro sacro degli Elimi; cf. S. De Vido, Per una cartateotopica dell’area elima, ibid., 203-221, 211; Segesta ed Erice che costitu-iscono il koinon sacro degli Elimi; cf. G. Nenci, Per una definizione dell’areaelima, ibid., 21-26, 24.

46 A. PEPOLI, Antichi bolli figulini e graffiti delle sacerdotesse diVenere Ericina rinvenuti in Monte San Giuliano, Firenze 1885; A. SALINAS,Lettere fenicie sulle mura di Monte San Giuliano, ASS, N. S. VIII, 1883, 410-414; ID., Le mura fenicie di Erice, NSA, 1883, 142-148; CULTRERA, Iltemenos... cit.; A. M. BISI, Testimonianze fenicio-puniche ad Erice, OA, V,1966, 238-248, 246-247; EAD., Erice (Trapani). Saggi alle fortificazionipuniche, NSA, 1968, 272-292; EAD., Ricerche sull’origine e la cronologiadelle mura ‘puniche’ di Erice, SicA, I, 1, 1968, 17-27; EAD., Catalogo delmateriale archeologico del Museo Cordici di Erice, SicA, II, 8, 1969, 2-43;EAD., Erice punica, Trapani. Rassegna della provincia, XIV, 3-5, 1969, 7-12;EAD., Erice (Trapani). Scoperta della necropoli e ricerche archeologichenell’agro ericino, NSA, 1971, 640-661. Per le monete: A. TUSA CUTRONI,Zecche siceliote di epoca greco-romana, SicA, II, 6, 1969, 29-45; EAD., Lacircolazione monetale ad Erice in base ai recenti rinvenimenti, SicA, III, 9,1970, 48-50; EAD., La collezione numismatica del Museo Cordici di Erice,SicA, III, 10, 1970, 49-60; EAD., Anelli argentei e tipi monetali di Erice, SicA,IV, 13, 1971, 43-46; V, 15, 1971, 43-51.

47 Cf. sui santuari fenici d’Occidente: C. GROTTANELLI, Santuari edivinità delle colonie d’Occidente, in AA. VV., Religione fenicia, Roma1981, 109-135.

48 BISI, Ricerche sull’origine e la cronologia... cit., 26; V. ADRAGNA,Il restauro delle torri del Balio ericino realizzato dal conte Pepoli nel secoloXIX, Trapani. Rassegna della provincia, XXIX, 244-256, 1984, 5 sgg.;MAURICI, Erice: problemi storici e topografico-archeologici... cit.

49 Cf. F. DELLA CORTE, Servi Venerii, Maia, N. S. XXXI, 1979, 225-235.

50 Vd. E. PERUZZI, Sulla prostituzione sacra nell’Italia antica, in«Scritti in onore di G. Bonfante», Brescia 1976, 673-686.

51 Per i Greci il burro rimase un prodotto estraneo alle loro consue-tudini alimentari, essendo in cucina usato preferibilmente l’olio; esso erausato, invece, per scopi medici o sacrificali. In tal caso era il burro offertosugli altari della dea; cf. ad esempio LUCIAN., Sacr., 13, 11-14. In cucina sipreferiva l’olio: cf. E. SAGLIO, s. v. Butyrum.DS 1, 1, 75, s. v. But.

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718 F. GHINATTI

52 BE 1990, 857.53 La strada è quella che parte dalla chiesa dell’Annunziata e che sale

il monte toccando il piano dei Cappuccini; cf. L. G. TRAPANI, L’Erice,L’Universo, 10, 1929, 618-629.

54 DE VIDO, s. v. Erice... cit., 353-354.55 ∆Anagwvgia: ‘festa della partenza’, partenza di una divinità dal

santuario, suo luogo abituale di residenza. Cf. H. VON GAERTRINGEN, s. v.Anagogia, RE, I 2, 1894, 2026.

56 Katagwvgia: ‘festa del ritorno’; cf. H. P. NILSSON, s. v. Katagogia,RE, X 2, 1919, 2459.

57 Per il luogo dove andavano le colombe: Sicca Veneria o, perindicare altro luogo proposto, l’isola Colombaria di fronte a Trapani; cf. B.PACE, Arte e civiltà della Sicilia antica, Genova 1946, III, 634.

8 ATHEN., 9, 395 a; AELIAN., N.A., 4, 2.59 Cf. PACE, Arte e civiltà... cit., 636-641; J. BÉRARD, La Magna

Grecia, Torino 1963, 355; I. BITTO, Venus Erycina e Mens. Un momento dellapropaganda politica romana durante la seconda guerra punica, ASM,XXVIII, 1979, 121-133.

60 Cf. J. CARCOPINO, Vinalia, DS 5, 1919, 895-896.61 L. GALLO, Alcune considerazioni sui rapporti elimo-punici, in

«Atti delle Giornate Internaz. di Studi sull’Area Elima, Gibellina 1991»,Pisa-Gibellina 1992, 315-340.

62 Mi si permetta di ricordare, qui, le mie frequenti visite ai santuaridi oggi, non ultima quella a San Giovanni Rotondo, con controlli fotograficie analisi particolari, appunto per studiare la partecipazione dei fedeli all’even-to sacro del luogo. E devo dire di avere messo da parte una notevoleesperienza nel settore, collegata, appunto per Padre Pio, alla particolaretipologia dei miracoli, avvenuti tutti da vivo, non dopo la morte, come lascomparsa delle stimmate prima del decesso.