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SCUOLA NORMALE SUPERIORE DI PISA Laboratorio di Storia, Archeologia e Topografia del Mondo Antico QUARTE GIORNATE INTERNAZIONALI DI STUDI SULL’AREA ELIMA (Erice, 1-4 dicembre 2000) ATTI I Pisa 2003

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SCUOLA NORMALE SUPERIORE DI PISA

Laboratorio di Storia, Archeologia e Topografia del Mondo Antico

QUARTEGIORNATE INTERNAZIONALI DI

STUDI SULL’AREA ELIMA

(Erice, 1-4 dicembre 2000)

ATTI

I

Pisa 2003

ISBN 88-7642-122-X

Il presente volume è stato curato da Alessandro Corretti.

UN NUOVO SARCOFAGO ROMANO

DA MAZARA DEL VALLO

CARMELA ANGELA DI STEFANO

Nella Cattedrale di Mazara del Vallo si conservano tresarcofagi romani di marmo già largamente noti1.

Il nuovo sarcofago è stato scoperto nell’autunno del 1999nella Cappella dell’Incoronata nel corso dei lavori di restauro. Sitratta di un sarcofago del tipo a lenòs di marmo bianco cristallinocon venature grigio-bluastre2. All’atto del rinvenimento la coper-tura originaria risultava sostituita per metà da una lastra di marmoe, per l’altra metà, da due grossi blocchi di calcarenite dispostitrasversalmente e legati da un conglomerato di calce e pietre (tav.LXVIII, 1). Al di sotto dei blocchi erano ben visibili cospicui restidi legno disfatto.

La Cappella (tav. LXVIII, 2), nella sua attuale configurazio-ne, è frutto delle pesanti modifiche strutturali che nel XVII secolooccultarono definitivamente ciò che restava della Cattedraleeretta da Ruggero dopo la vittoria sui musulmani e la conquistadella città3.

L’indagine archeologica, condotta all’interno della cappellaa seguito della scoperta, ha però evidenziato che tutta l’area discavo è stata più volte rimaneggiata ed ha consentitol’individuazione di almeno cinque fasi costruttive diverse (tav.CCLI).

La fase più antica è costituita da un muro semicircolare chepotrebbe riferirsi alle fondazioni di una struttura absidale realiz-zata con materiali di reimpiego, come mostra la presenza di restidi intonaco rosso individuat isu uno dei blocchi. È possibile chea questa fase si colleghino alcuni frammenti di una pavimentazionedi cotto rinvenuti a SO della struttura absidale.

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La seconda fase presenta una struttura di forma semicircolarerealizzata con blocchi di calcarenite disposti su filari regolarilegati da una malta compatta e impostati sui resti della costruzio-ne precedente. Si tratta, con ogni probabilità, di un’opera impe-gnativa e accurata, che comportò una riduzione della strutturaabsidale a vantaggio di una maggiore complessità strutturale.

Un terzo momento costruttivo è rappresentato da una serie diblocchi, anch’essi con andamento semicircolare, impostati sullamuratura della fase precedente. Si tratta di opere di sistemazione edi rinforzo, realizzate con conci di varie dimensioni disposti su filariirregolari e con tecnica costruttiva certamente di qualità modesta.

La quarta fase mostra un utilizzo diverso dello spazioabsidale, suddiviso da un tramezzo e dotato di due tipi dipavimentazione diversi.

Il successivo inserimento della cripta sotterranea nella partemeridionale comportò lo sconvolgimento e la parziale distruzio-ne delle numerose strutture preesistenti.

Purtroppo l’assenza di materiale ceramico significativo nonconsente un’esatta definizione cronologica delle diverse fasiedilizie individuate. Probabilmente la fase IV potrebbe collegarsiai consistenti lavori di trasformazione e ristrutturazione dispostiintorno al 1477 dal vescovo Giovanni Montaperti4.

Il sarcofago risulta inserito in una fossa che era stata praticatarimuovendo la pavimentazione della fase IV e che era sigillata dauno strato di malta gessosa appartenente alla quinta fase. La facciaprincipale era quasi a ridosso della struttura absidale di secondafase. Questa collocazione costituisce un’ulteriore conferma al-l’ipotesi che si tratti di un sarcofago riutilizzato, seppellito in unmomento successivo alla IV fase, e comunque prima che interve-nissero le profonde trasformazioni strutturali del XVII sec.

Se questa ipotesi, formulata sulla base dei dati di scavo, verràconfermata anche dalle analisi del contenuto, potrebbero impu-tarsi alle vicissitudini subite nelle diverse fasi del riutilizzo edell’interramento le numerose scheggiature e la perdita di alcunielementi del rilievo nonché l’inserimento di una zona di riportocollocata in forte aggetto nella parte anteriore ricorrendo alsistema dell’incastro e all’ausilio di grappe metalliche.

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Il lato principale del sarcofago presenta i motivi fondamentalidel mito di Endimione (tav. LXIX, 1). Il giovane pastore (tav.LXIX, 2) è raffigurato all’estremità destra, mentre dorme seduto suun terreno roccioso e appoggiato al vincastro. Su di lui veglia ilSonno, nella figura di un giovane alato, seminudo, che reca un ramocon bacche e pigne. Più in basso un Erote conduce Selene, chescende dal carro, verso Endimione. Un’ altra figurina di Eros èrappresentata nell’atto di sorvolare il carro della dea aggiogato aduna coppia di buoi. Sul dorso del primo dei due tori era inserita unaseconda figura, ora perduta (tav. LXX, 1). I due tori sono trattenutida una figura femminile in vivace movimento, motivo iconograficocostante su questo tipo di sarcofagi e comunemente interpretatacome una personificazione di Aura. Gli animali sovrastano lapersonificazione della Tellus, sdraiata presso una figurina di arietee recante una cornucopia. Dal grembo della Tellus emerge il bustodi una figura infantile, rappresentata in veduta frontale. Un’alttralacuna riguarda la parte della raffigurazione della zona posta tra laspalla di uno dei due tori e la gamba di Aura.

La movimentata figura femminile, posta in posizione centrale,divide le due diverse raffigurazioni del mito. La seconda metà dellascena figurata mostra la partenza del carro di Selene sul quale silibra in volo un altro piccolo Eros (tav. LXX, 2). Sul dorso deicavalli era inserita un’altra figura opggi perduta. Sicuramentelavorata a parte e inserita ad incastro con l’ausilio di una grappa dimetallo è la porzione del rilievo, solo parzialmente conservata, checomprende le zampe anteriori dei cavalli e parte della testa e delcorpo di una figura leonina. Poiché tale figura, estranea al contesto,si sovrappone al corpo di una delle caprette raffigurate sotto lezampe dei cavalli della dea si può supporre che siamo di fronte aduna modifica probabilmente determinata dalla necessità di unafrettolosa riparazione ad un danno, forse verificatosi nella fase direcupero e riutilizzo del sarcofago.

All’estremità di sinistra infine, appare la figura di un vecchiopensoso e dolente, elemento costante nel gruppo più diffuso deisarcofagi con il mito di Endimione (tav. LXXI, 1). Il vecchio hala mano sinistra all’altezza della guancia e il braccio destroabbandonato lungo il fianco. Al di sopra di questa figura una

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lacuna denota la presenza di un’altra parte della raffigurazione,oggi perduta. Il richiamo all’ambiente pastorale del monte Latmosè sottolineato, oltre che dalle figure di capre pascenti, dal gruppodi Pan e di una Ninfa stretti in un unico abbraccio con il vecchiopensoso e dolente (tav. LXXI, 3).

I motivi bucolici si ripetono sugli altri due lati della lenos.Sul lato sinistro (tav. LXXI, 3) è raffigurato un giovane pastoreche indossa una corta tunica e calzari. Tiene nella mano destrauna zampogna e con la sinistra si appoggia ad un bastone conestremità ricurva. Contribuiscono all’ambientazione della scenal’albero dal tronco nodoso e obliquo, che sottolinea la posainstabile della figura, e il gregge, simbolicamente raffigurato datre capre distribuite in due diversi registri.

Sul lato destro è raffigurato un vecchio pastore appoggiatoad un bastone con mano destra alla guancia in atteggiamentomesto di meditazione (tav. LXXI, 2). Anche in questo caso ilrichiamo all’ambiente pastorale è fornito dalla presenza di unacapra ai piedi di un albero nodoso stilizzato.

Evidenti differenze tecniche e stilistiche si notano tra ladecorazione del lato principale, complessa e dinamica, caratteriz-zata dalla presenza di figure a forte aggetto, emergenti obliqua-mente dal fondo, e ricca di effetti chiaroscurali e la decorazionea bassorilievo dei lati secondari.

Le mutilazioni subite dal lato principale, con la conseguenteperdita di alcune figure, non incidono sostanzialmente sullalettura del mito che segue schemi e motivi canonici e abbastanzadiffusi nei sarcofagi romani del ciclo di Endimione, ispiratiall’escatologia lunare e al concetto dell’immortalità astrale5.

Le interpretazioni finora proposte per questo mito, checaratterizza un consistente gruppo di sarcofagi, malgrado alcunesporadiche differenze e qualche polemica, sono infatti sostan-zialmente concordanti6.

Il sonno di Endimione che, seguendo una delle versioni dellaleggenda, doveva dormire sempre, senza svegliarsi né invecchia-re mai, è un’immagine della morte7; ma è anche un sonno che,favorito dalla presenza amorosa della divinità, rappresenta il piùdolce dei riposi dopo le tribolazioni della vita.

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Anzi sia Platone (Rep., 7, 534 C) che Plotino (3, 6, 6)ritenevano che la vita terrena fosse un luogo dove l’anima,prigioniera del corpo, si nutre di illusioni mentre la morte è ilsogno che fa vedere le realtà divine.

Le diverse interpretazioni filosofiche del mito di Endimionesi intrecciano con la ricerca della sorte delle anime . Non è un casose Tertulliano (De anima, 55) si chiedeva sed in aethere dormitionostra cum puerariis Platonis, aut in aere cum Ario aut circaLunam cum Endymionibus stoicorum?.

Secondo Plutarco (Amatorius, 20) i veri amanti, che non siattaccano alla bellezza corporea ma che si infiammano al deside-rio della bellezza divina, volano dopo la morte dietro Eros eruotano con il loro dio negli spazi superiori fino al momento incui, raggiunti i prati della luna, si addormentano per rinascere adaltra esistenza. Ma in seguito lo stesso Plutarco, seguendo l’inter-pretazione escatologica di Demetrio di Tarso, offre un’interpre-tazione più complessa e in qualche modo diversa dall’immaginedella pace serena di un dormiente beato: afferma infatti che leanime, soggette alla passione come Endimione, sono calate nelsonno; rivedono in sogno i ricordi della loro vita tumultuosa cheli spingono a cercare una nuova incarnazione ma sono poi accoltidalla Luna con la loro completa purificazione8. La favola degliamori di Selene e Endimione, variamente interpretata in un’am-pia classe di sarcofagi, è in ogni caso ricca di temi filosofici ediventa il simbolo dell’attrazione che la Luna esercitava sulleanime che, a loro volta, aspiravano a salire verso l’astro divino9.

Ma la fortuna del mito di Endimione nei sarcofagi potrebbeessere giustificata anche da un’altra ragione secondo il Cumontche vede nelle raffigurazioni con Endimione «il prototipo delmatrimonio eterno dei due sposi in un’altra esistenza»10. Confor-ta questa interpretazione anche il fatto che le figure di Selene eEndimione cominciano a presentare tratti ritrattistici sui sarcofagigià nell’ultimo quarto del II sec. d. C.11.

Il catalogo dei sarcofagi raffiguranti la leggenda di Endimionefornito inizialmente dal Robert con un primo tentativo di classi-ficazione12 si è oggi notevolmente arricchito. Si conoscono circa120 esemplari prevalentemente attribuiti ad officine dell’Urbe13.

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Recentemente è stata proposta dal Sichtermann un’ulterioreclassificazione in cinque gruppi sulla base di considerazionifondamentalmente tipologiche14. Le differenze consistono sianella disposizione della scena raffigurante Selene che visitaEndimione dormiente, sia dall’inserimento di un’ulteriore scenache raffigura la partenza della dea e dall’aggiunta o alterazionedelle figure secondarie. Seguendo tale classificazione il sarcofa-go di Mazara si collocherebbe nel Gruppo 3, che corrisponde alGruppo 3 della classe 2 di Robert. Nei sarcofagi di questo gruppo(tav. LXXII), cronologicamente assegnati dal Sichtermann alperiodo compreso tra il 180 e il 230 d. C., la figura femminilecentrale, dalle corte vesti e a volte alata, variamente interpretatacome Hesperos15, Aurora16, Aura17, divide i due momenti delmito. Analoga è l’iconografia di Selene, il cui panneggio, solle-vato per la velocità del movimento, gonfio e arrotondato in mododa formare quasi un alone, suggerisce l’immagine della voltaceleste e completa il significato cosmico della raffigurazione.

In questo gruppo di sarcofagi i maggiori riscontri iconograficisi trovano nel sarcofago rinvenuto nel 1903 a Roma lungo la ViaLabicana e attualmente conservato a Roma nel Palazzo Borghese(tav. LXXII, 4)18.

Si richiamano, in particolare, la posa raccolta della figura diEndimione, relegata ad una estremità della scena figurata, laraffigurazione giovanile del Sonno che veglia e protegge il giova-ne pastore, la posa dinamica della figura femminile centrale,rappresentata di scorcio. Il dinamismo della scena è accresciutodall’impennarsi dei cavalli e dal movimento turbinoso dei panneggi.

Ancora da sottolineare sono le stringenti analogie che siriscontrano nel gruppo posto all’altra estremità della scena figu-rata. Il vecchio seduto, rappresentato sul sarcofago mazarese èsicuramente una variante della raffigurazione del sarcofago Bor-ghese (tav. LXXIII, 1). Lo stesso può dirsi per la figura femminilesemipanneggiata e con gamba sinistra incrociata rappresentataalle sue spalle. Questa figura discende da un archetipo di Ninfa asuo tempo individuato e analizzato dal Becatti19.

Il confronto con il sarcofago Borghese, datato alla tarda etàseveriana dal Wrede, al decennio 230/240 dal Sichtermann e al

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terzo quarto del III sec. d. C. dal Matz20, può indubbiamenteaiutarci a ricostruire alcune parti della raffigurazione dell’esem-plare mazarese rimaste lacunose. In particolare si può ipotizzarela presenza di due figure giovanili, in piedi o a cavallo, rispetti-vamente poste sulla groppa di uno dei tori e di uno dei cavalli delcarro della dea. Queste figure trovano del resto ampi riscontrianche su altri sarcofagi con il mito di Endimione.

Ma al di là di queste analogie tipologiche, il sarcofagomazarese presenta, rispetto al sarcofago Borghese, peculiaritàiconografiche e stilistiche diverse.

La figura di Endimione, posta all’estremità della scenafigurata, segue un diverso schema iconografico: il giovane pasto-re, completamente vestito, è rappresentato in posizione raccolta,seduto e appoggiato al vincastro. La stessa raffigurazione diriscontra in un frammento di sarcofago del Museo NazionaleRomano (tav. LXXIV, 1)21 e nel noto sarcofago del Louvre (tav.LXXIV, 2) la cui datazione oscilla tra il 220 e il 250 d. C.22.

In questi due sarcofagi la testa di Endimione rivela intentiritrattistici oppure presenta caratteri fisionomici non completa-mente definiti. L’Endimione del sarcofago mazarese presentainvece un volto dai tratti femminili e un tipo di pettinatura cherichiama la ritrattistica femminile della metà circa del III sec. d.C. (tav. LXIX, 2). Elementi peculiari della ritrattistica di etàgallienica si riscontrano nella raffigurazione del vecchio triste epensoso, che mostra un volto largo e massiccio con capelli acalotta ma arricchiti da notazioni plastiche e con barba a massacompatta sul collo, sotto il mento e sulle guance, ravvivata da unleggero uso del trapano (tav. LXXI, 1).

Nel sarcofago di Mazara sono presenti alcuni motiviiconografici che caratterizzano la serie più tarda dei sarcofagi conil mito di Endimione23.

Il gruppo raffigurante la personificazione giovanile delSonno che veglia su Endimione, Eros che guida Selene discesadal carro verso il giovane dormiente si riscontra, in posizioneinvertita rispetto al nostro esemplare, nel sarcofago del PalazzoDoria di Genova (tav. LXXIV, 3)24 le cui proposte di datazioneoscillano tra il 230 e il terzo quarto del III sec. d. C. Analoga è la

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personificazione del Sonno nel sarcofago di S. Paolo a Roma (tav.LXXV), ove i buoi sono pure aggiogati al carro della dea chevisita Endimione25.

La differenza di trattazione fra la fronte a forte rilievo e i latia bassorilievo è evidente e corrisponde alla tradizione che perpe-tua la diversità tra il prospetto principale e il lato secondario anchedal punto di vista iconografico.

Le scene bucoliche rappresentate sui lati del sarcofago diMazara rientrano in una tipologia ben attestata nei sarcofagi conil mito di Endimione. Su uno dei lati del già ricordato sarcofagodi Palazzo Doria a Genova appare una analoga figura di giovanepastore intento a suonare la zampogna (tav. LXXVI, 2). Lo stessoschema iconografico riappare, con qualche variante, su uno deilati di un sarcofago della Cattedrale di Assisi26 e in un altroesemplare di Napoli27 (tav. LXXVI, 1; 4); la figura del vecchiopastore si ritrova, sia pure con qualche variante, sul lato di un altrosarcofago del Museo Nazionale Romano28 (tav. LXXVI, 3). Intutti questi esemplari, generalmente datati tra il 220 e la metà delIII sec. d. C., il richiamo all’ambiente pastorale è sottolineatodalla presenza di un albero nodoso, spesso ritorto, che sottolineala posa instabile delle figure umane. Il vecchio pastore delsarcofago di Mazara richiama molto da vicino le figure di filosofirappresentate sui sarcofagi del secondo quarto e della metà del IIIsec. d. C. Anche la collocazione su piani diversi delle caprettetrova riscontri in raffigurazioni pittoriche della metà circa del IIIsec. d. C.29.

In conclusione il nostro sarcofago potrebbe agevolmentecollocarsi intorno alla metà del III sec. d. C., salvo ulterioripossibilità di approfondimento. È anche probabile che, come glialtri tre esemplari della cattedrale di Mazara, facesse parte, nellasua collocazione originaria, di uno dei complessi funerari dellavasta necropoli mazarese che si estendeva in contrada Porticato,a SO dell’antico insediamento urbano30.

La vitalità di Mazara nella tarda età imperiale è ormai benattestata, non solo dalle iscrizioni e dai rinvenimenti sporadici,

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ma anche dai resti di un edificio del III-IV sec. d. C. con pavimentia mosaico messi in luce nell’area del complesso normanno di S.Nicolò Regale e dai recenti scavi condotti lungo la Via Marina enel Palazzo dei Cavalieri di Malta31. Il territorio compreso traMarsala e Mazara del Vallo ha inoltre rivelato la presenza unafitta rete di insediamenti riconducibili alla struttura del latifondodella tarda età imperiale32. La diffusione della filosofianeoplatonica anche in questa parte della Sicilia è del restoconfermata dalla permanenza a Lilibeo, dal 262 almeno fino al270, del filosofo Porfirio, allievo di Plotino, e del suo discepoloChrysaorius, membro dell’illustra famiglia senatoria deiSimmaci33.

La qualità del nuovo sarcofago di Mazara appare dunque bengiustificata dalla presenza di una ricca committenza strettamentecollegata all’Urbe e sicuramente sensibile a quelle idee filosofi-che ed escatologiche sulle quali riposa il simbolismo dellefigurazioni dei sarcofagi romani del III sec. d. C.

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NOTE

1 Cf. V. TUSA, I sarcofagi romani in Sicilia, BibliothecaArchaeologica 14, Roma 1995, 30-34, nn. 34-36, con bibl.

2 Dimensioni: alt. m 0,65; largh. m 0,67; lungh. m 2. Larghescheggiature sul bordo e alla base. Perduti alcuni elementi del rilievo, lavoratia parte e inseriti in forte aggetto nella parte anteriore. Alcuni elementi dellaraffigurazione sono scheggiati o mutili.

3 G. PENSABENE, La cattedrale normanna di Mazara, ASS, N. S. LIII,1934, 191-217.

4 PENSABENE, art. c., 199.5 F. CUMONT, Recherches sur le symbolisme funéraire des Romains,

Paris 1942, 246-250.6 H. SICHTERMANN, Die Mythologischen Sarkophage, Berlin 1992 II,

Gruppo 5; Lexicon Iconographicum Mythologiae Classicae (LIMC), III, 1,München 1986, s. v. Endymion (H. Gabelman); VII, 1, München 1994, s. v.Selene (F. Gury).

7 PS. APOLLOD., Bibl., 1, 56: CIC., Tusc., 1, 37, 92: Endymion, sifabulas audire volumus, ut nescio quando in Latmo obdormivit…Habessomnum imaginem mortis. Cf. De fin. bon., 5, 20, 55: ne si iucundissimisquidem nos somniis usuros putemus, Endymionis somnum nobis velimus dari,idque si accidat, mortis instar putemus.

8 PLUT., De facie in orbe Lunae, 309 Cf. LIMC, s. v. Selene... cit.10 CUMONT, o. c.11 SICHTERMANN, o. c.12 C. ROBERT, Die antiken Sarkophagreliefs, III 1, Berlin 1897, 1 39-

92.13 G. KOCH - H. SICHTERMANN, Roemische Sarkophage, München

1982, 144.14 SICHTERMANN, o. c.15 R. TURCAN, RA, 1, 1962, 203.16 B. ANDREAE, in W. HELBIg, Führer durch die öffentlichen

Sammlungen en Klassischer Altertümer in Rom, II, Tübingen 1966, 213, nr.1406. Cf. inoltre SICHTERMANN, , o. c., 21 (con bibl.).

17 ROBERT, o. c., 54. Cf. comunque le osservazioni del Sichtermann( o. c., 21-22) circa l’impossibilità di pervenire ad una esatta identificazionedi questa figura allegorica e l’opportunità di adottare la convenzionaleidentificazione con Aura.

18 SICHTERMANN, o. c., 118, nr. 56.19 G. BECATTI, Ninfe e divinità marine. Ricerche mitologiche,

iconografiche e stilistiche, Studi Miscellanei 17, Roma 1971, tav. XXXVII,75, 32-33.

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20 SICHTERMANN, o. c., nr. 56 (con bibl.).21 SICHTERMANN, o. c., nr. 87.22 KOCH-SICHTERMANN, o. c., fig. 158; SICHTERMANN, o. c., 125-127,

nr. 72, tav. 86, 1; 88, 1-2; 89, 1-3.23 H. SICHTERMANN, Späte Endymion Sarkophage, Baden Baden

1966, 90-92; H. SICHTERMANN - G. KOCH, Griechische Myten auf romischenSarkophagen, Tübingen 1975, 28-29, nr. 18, tavv. 35, 2; 38-41.

24 C. DUFOUR BOZZO, I sarcofagi romani a Genova, Quaderni del-l’Istituto di Archeologia e Storia dell’Arte dell’Università di Genova, Milano1967, nr. 30, tav. 17; A. FROVA, Due frammenti di sarcofagi con il mito diEndimione, in «Oblatio. Raccolta di Studi in onore di A. Calderini», Como1971, 387-395, in part. 390 fig. 4; KOCH-SICHTERMANN, o. c., fig. 160;SICHTERMANN, o. c., nr. 101.

25 SICHTERMANN, o. c., nr. 98, tav. 100, 1; 101, 1-2.26 SICHTERMANN, o. c., nr. 76.27 SICHTERMANN, o. c., nr. 71.28 SICHTERMANN, o. c., nr. 77.29 Si richiama, a tale proposito, il discorso sulla montagna dell’ipogeo

degli Aureli. Sulla vasta bibliografia relativa a quest’ipogeo cf. da ultimo G.BENDINELLI, Il monumento sepolcrale degli Aureli al Viale Manzoni in Roma,MonAL, XXVIII, 1922, 289-519. F. BISCONTI, La pittura paleocristiana, inRomana Pictura. La pittura romana dalle origini all’età bizantina, Roma1998, 39-44 (con bibl.).

30 Cf. A. CASTIGLIONE, Sulle cose antiche della città di Mazara,Alcamo 1878; L. BONANNO, La romanità di Mazara, Mazara 1933; S. DE

VIDO, s. v. Mazara del Vallo, in BTCGI, IX (1991), 502-508.31 R. GIGLIO, Mazara del Vallo. Nuove scoperte archeologiche in Via

Marina e nell’area del Palazzo dei Cavalieri di Malta, SicA, XXXI, 96, 1998,49-58.

32 C. A. DI STEFANO, La documentazione archeologica del III e IV sec.d. C. nella provincia di Trapani, Kokalos, XXVIII-XXIX, 1982-1983, 351-353. E. FENTRESS - D. KENNET - I. VALENTI, A Sicilian villa and its landscape(Contrada Mirabile, Mazara del Vallo 1988), Opus, V, 1986, 75-87;B.CALAFATO - S. TUSA - G. MAMMINA, Uomo e ambiente nella storia di Mazaradel Vallo. Indagine topografica nell’agro mazarese, Palermo 2001; C. A. DI

STEFANO, La Sicilia occidentale fra il IV ed il V sec. d. C.: il contributo dellaricerca archeologica, in «Atti del Convegno su Pascalino da Lilibeo, Marsala2001», c. d. s.

33 Si cf. L. CRACCO RUGGINI, Sicilia III-IV secolo. Il volto della noncittà, Kokalos, XXVIII-XXIX, 1982-1983, 504-505 (con bibl.).

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APPENDICE

MAZARA DEL VALLO. SCAVI ALL’INTERNO DELLA

CAPPELLA DELL’IMMACOLATA

MATTEO VALENTINO

La campagna di scavo è stata condotta nell’estate del 2000,nell’ambito del programma di restauro della Cattedrale del SS.Salvatore di Mazara del Vallo1, a seguito del rinvenimentodurante i lavori di consolidamento di un sarcofago romano di IIIsec. d. C., ritrovato al di sotto della pavimentazione dell’absidesinistra (o Cappella dell’Immacolata) 2.

L’indagine archeologica all’interno della Cattedrale ha interes-sato solamente la zona dell’abside, un ambiente rettangolare orien-tato in senso NE-SO, delimitato lungo la parete N da un altare d’etàmoderna che si eleva su tre gradini3. La possibilità di un interventoall’interno di una cattedrale di epoca normanna era indubbiamenteun’opportunità stimolante, anche se le ricerche fin qui condotte nonhanno dato risultati certi per ciò che riguarda proprio la fondazionedella cattedrale, a causa dei continui rifacimenti riferibili a diverseristrutturazioni del monumento nel corso dei secoli4.

Mancano dunque datazioni precise sia perché la stratigrafiaha rivelato sostanzialmente livelli di riempimento, sia perché ireperti stessi in gran parte non sono inquadrabili in un precisoarco cronologico5.

L’analisi pertanto si è rivolta soprattutto alla individuazionedelle varie ristrutturazioni relative all’abside, presentando unasequenza in relazione ad una cronologia relativa.

Lo scavo ha individuato cinque fasi architettoniche chehanno interessato l’abside in maniera diversa, comprendentisemplici risistemazioni e ristrutturazioni più complesse.

L’arco cronologico a cui si fa riferimento è compreso dallafondazione della cattedrale (1093 ca.) al 1694, data dell’ultimogrande rifacimento dell’intero monumento per opera del vesco-vo Graffeo6.

M. VALENTINO

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La ricostruzione storico - architettonica non comprende ilsarcofago perché, come abbiamo già sottolineato, non abbiamodati certi sulla stratigrafia entro cui era collocato7.

Dal punto di vista stratigrafico la fase più antica è rappresen-tata dalle USM 45, 46 e 47, le strutture poste nella parte NEdell’ambiente, composte da conci di tufo variamente tagliati8

(tav. LXXVII). Questi tre muri formano un’unica struttura com-posta da un muro semicircolare (USM 45), il cui andamento nonè chiaro, poiché in gran parte coperto da strutture più recenti (vedioltre), un muro di tramezzo (USM 46) ed un muro rettilineoesterno9 (USM 47).

La seconda fase è rappresentata dalla struttura murariacomposta da grossi blocchi calcarenitici, l’USM 42, posta alcentro dell’ambiente (tav. LXXVII). Il materiale costruttivocambia radicalmente rispetto alla fase precedente, si passa daiblocchetti parallelepipedi a blocchi di grosse dimensioni e diottima fattura, ben tagliati e ben impostati su filari perfettamenteregolari, legati con malta biancastra compatta10. L’USM 42presenta un disegno semicircolare che prosegue con un segmentorettilineo verso E, con un andamento NO-SE, probabilmente ilcollegamento con l’abside centrale. L’intera costruzione absidatapoggia sulla struttura della fase precedente11. Dal punto di vistacronologico e stratigrafico risulta di un certo interesse l’US 10,strato di terra posto all’interno del semicerchio dell’USM 42. Ilmateriale rinvenuto è riferibile ad un arco cronologico che va dalXII (AB 1, 7, 14, 16) alla prima metà del XIII sec. (AB 10).

Un terzo momento costruttivo, legato dal punto di vistastrutturale al secondo, è rappresentato dall’ USM 5, il filare diconci di tufo di grosse dimensioni posto sull’USM 42 che nericalca lo stesso profilo semicircolare12 (tav. LXXVII). Nonsappiamo se tra la seconda e la terza fase vi sia stato un breve odun lungo periodo. A questa ristrutturazione dell’ambiente do-vrebbero essere pertinenti i muri USM 6, 16 e 38, posti a N dellastruttura USM 5-42 (tav. LXXVII). Il muro USM 6 presenta lostesso profilo semicircolare, mentre i muri USM 16 e 38 hanno unandamento rettilineo13 E-O. Insieme all’USM 5-42 sembranocostituire una struttura più complessa e più ampia: un muro

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interno di buona fattura (USM 5-42) l’abside vera e propria, unocentrale di sostegno (USM 6) ed uno esterno (USM 16-38),intercalati da strati di riempimento14 (US 14, 15 e 36-39).

Va rilevato che questi ultimi due strati hanno restituitonumerosissimi frammenti ossei, soprattutto umani, dato questoche farebbe supporre l’avvenuto sconvolgimento di una criptavicina. Per ciò che riguarda i frammenti ceramici rinvenuti, l’US15 ha restituito pochi reperti significativi inquadrabili al XII sec.(AB 5, 6, 12), eccetto un frammento databile ad età successiva(AB 11); anche dall’US 36-39 provengono frammenti ceramiciriferibili al XII sec. (AB 3, 4, 9).

Appartenente ad una fase successiva, poco più a N dellastruttura USM 5-42, si è rinvenuto un muro composto da un solofilare di blocchetti mescolati ad uno strato di calce (USM 17). Lospessore e la posizione del muro fanno supporre che abbiacostituito una semplice parete divisoria dell’ambiente, comedimostra anche la presenza di due diverse pavimentazioni ad essoconnesse. In quasi in tutta la metà E dell’ambiente si è rinvenutoun piano pavimentale (US 2) costituito da mattoni quadrati15,mentre ad O si sono trovate alcune mattonelle ottagonali decorateda disegni floreali in blu e giallo (US 32).

Al di sotto dell’US 2, sono stati individuati due livelli dipreparazione per la pavimentazione: uno strato di malta gessosa,US 18, ed uno di terra sabbiosa ben compattata, US 19.

Quest’ultimo ha restituito alcuni frammenti di ceramicaacroma non facilmente inquadrabili cronologicamente, fuorchédue reperti che potrebbero riferirsi alla prima metà del XIV sec.(AB 15, 17). È attinente a questa fase, nell’ambito del livellamentodell’area a S dell’USM 5, la costruzione a secco di una piccolastruttura rettangolare (USM 8) al cui interno si è rinvenuto unostrato di terra, US 11 (tav. LXXVII), che ha restituito solo dueframmenti di ceramica invetriata databili tra la fine del XII e gliinizi del XIII sec. (AB 2 , 8).

Nella parte meridionale dell’ambiente si è messo in luceparte della volta di una cripta (USM 34), che rappresenta la V fasee su cui non si hanno notizie storiche16 (tav. LXXVII).

L’inserimento della cripta ha sconvolto l’intera stratigrafia

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della metà meridionale dell’ambiente17. Attorno alle pareti dellavolta è stato inserito un vespaio litico che in alcune parti costitu-isce un muretto a secco (US 9).

Collegato in qualche maniera con la cripta è l’USM 13,blocco di conci di tufo ben tagliati e posti ad O di essa, costruitoa mo’ di contrafforte laterale.

È molto probabile che ad un momento diverso, forse di pocosuccessivo, possano appartenere tutte le strutture poste immedia-tamente al di sotto dei muri odierni, come le US 4, 7 e 12 (tav.LXXVII) che servirono come base per elevare la nuova strutturacostruita nel 169418.

Certamente la cripta non costituisce l’ultimo momento nellasequenza stratigrafica.

Su tutta l’area di scavo sono stati individuati 13 foriellissoidali, scavati sulle diverse strutture affioranti, che sonostate interpretate come alloggiamento dei pali delle impalcatureper costruire l’abside seicentesca19, poi ricoperti da uno strato disabbia tufacea, US 1, per regolarizzare il piano pavimentale20.

Il sarcofago21

In relazione al sarcofago, rimane da chiarire a quale momen-to storico far risalire l’inserimento al di sotto del pavimentodell’abside (tav. LXXVII).

La casuale scoperta, durante il consolidamento delle fonda-menta del muro E dell’abside, ha purtroppo pregiudicato lacomprensione dei dati stratigrafici22.

Il manufatto è stato rinvenuto a SE dell’area di scavo entro unasorta di nicchia ricavata tra le USM 42 e 4, poggiato sull’USM 45,ed era chiuso da tre lastre di calcare, due di grosse dimensioni eduna più piccola, che non ne coprivano completamente l’apertura.

Due elementi possono fornire alcune indicazioni sullastratigrafia entro cui il sarcofago era inserito, e quindi dare unacronologia relativa rispetto alle fasi sopra descritte. Per il suoalloggiamento è stata asportata parte della pavimentazione inmattoni, l’ US 2 (IV fase): i mattoni erano presenti in tutta la metàorientale dell’ambiente fuorché al di sopra del sarcofago. La parte

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meridionale del manufatto inoltre era ricoperto per metà dallostrato di malta gessosa dell’ US 4 (V fase).

Questi due dati consentono di definire dal punto di vistastratigrafico il momento in cui il manufatto venne collocatoall’interno della cappella, che deve essere avvenuto pertanto trala IV e la V fase, piuttosto difficile da definire dal punto di vistacronologico. Infatti l’arco temporale a cui ci si potrebbe riferireè piuttosto ampio ed il terminus ante quem sarebbe il 169423.

Conclusioni

La mancanza di reperti archeologici cronologicamente indi-cativi, come accennavamo all’inizio, non ci consente di fornireuna cronologia precisa per tutte le diverse fasi (tav. CCLI).

La presenza di frammenti ceramici, sebbene esigui nelnumero, databili tra il XII ed il XIII sec. indica che le fasicostruttive I - III si riferiscono ai primissimi momenti di vita delmonumento. Dal punto di vista cronologico sembra che questemodifiche siano avvenute in un arco di tempo assai ridotto.

Come ipotesi di lavoro si potrebbe pensare che la prima fasepossa appartenere agli inizi della conquista normanna di Mazara,cioè a quell’arco cronologico che va dal 1075 al 1093, cioè tra laconquista della città e la costruzione della Cattedrale24.

Le successive due fasi potrebbero rappresentare la vera epropria fondazione della Cattedrale normanna con una tipologiacostruttiva più complessa e di migliore fattura.

Sembra certo comunque che la struttura semicircolare, com-posta dai muri USM 5-42, possa costituire la facciata internadell’abside di XII e XIII sec.

Per le successive fasi IV e V, risulta piuttosto difficile indicareuna cronologia assoluta, seppur indicativa, poiché mancano com-pletamente dati archeologici successivi al XIV sec. e notiziestoriche riguardanti le ristrutturazioni dell’abside prima del 1694.

La ceramica

Il materiale ceramico proveniente dallo scavo, come abbia-

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mo già accennato, è poco indicativo trattandosi soprattutto diframmenti di tegole, mattoni, mentre risultano esigui nel numeroi frammenti di ceramica vascolare sia invetriati che acromi (tav.LXXVIII). Quasi tutti i reperti vascolari presentano caratteristi-che tecniche simili, quali l’ottima cottura, un impasto piuttostocompatto, fine, dal colore che va dal beige al rosso bruno, in cuisi possono notare inclusi soprattutto di colore bianco. Nellaceramica invetriata la vetrina è di due tipi diversi: trasparenteincolore e trasparente monocroma brillante, quest’ultima di colo-re verde intenso. Le invetriature sono presenti sui reperti suentrambi le superfici. I colori delle decorazioni si basano essen-zialmente sul verde ramina e sul bruno manganese. In genere sitratta di reperti databili tra il XII ed il XIII sec., tranne qualcheeccezione.

Viene qui presentata una selezione composta dai reperti piùsignificativi suddivisi tenendo conto della presenza o meno di unrivestimento superficiale.

Ceramica invetriataSi sono rinvenuti solamente dodici frammenti, di cui solo

dieci qui considerati, tutti di ridotte dimensioni e non in buonostato di conservazione.

Alla classe della ceramica monocroma verde appartengonoquattro reperti tutti databili al XII sec.25. Il primo è un frammentodi catino, dalla vetrina verde brillante26 (AB 1). Il secondo è unframmento di una brocca, che presenta un rivestimento verdescuro opaco all’esterno e verde chiaro all’interno, probabilmentenon di produzione locale27 (AB 2).

Il terzo è un frammento di catino, piuttosto rovinato, la cuivetrina in alcuni tratti è divenuta di colore giallo scuro28 (AB 3). Unframmento di lucerna, a corpo chiuso e a sezione emisferica,presenta l’invetriatura monocroma verde solo all’esterno29 (AB 4).

Alcuni frammenti presentano decorazioni composte da motividi linee verdi e brune, tutti reperti datati tra il XII ed il XIII sec.Un frammento di ciotola presenta la tipica decorazione dellespiral wares composta da linee verdi scure concentriche sotto unavetrina trasparente30 (AB 5). Tre frammenti di catini sono di

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produzione locale e vengono datati al XII sec. Il primo è copertoda una invetriatura verde chiaro ed è decorato da linee bruneparallele ed intersecanti31 (AB 6). Il secondo presenta delle traccedi invetriatura e di decorazione composta da linee brune e verdi32

(AB 7). Il terzo frammento è decorato da linee brune e larghebande verdi33 (AB 8).

Il frammento di un fondo presenta una decorazione piùcomplessa, sia all’interno che all’esterno, composta da lineebrune campite di verde sotto un’invetriatura trasparente, in par-ticolare all’interno si nota un ovale in bruno campito in verde (AB9). Esso probabilmente appartiene ad una ciotola emisferica aparete ribassata con piede ad anello34.

Un frammento è sicuramente di fattura non locale (AB 10). Sitratta di un fondo di boccale di produzione dell’Italia centro-setten-trionale: presenta all’interno una invetriatura marrone chiaro, mentreall’esterno è applicata una vetrina trasparente che in alcuni trattitende al bianco, su cui si evidenzia una linea bruna orizzontale35.

Un solo frammento è databile ad età successiva (AB 11). Sitratta di un orlo di un piatto che presenta uno smalto bianco-grigiomolto denso sia all’esterno che all’interno, decorato da lineebrune parallele intersecate da una linea verde-oliva36.

Ceramica acromaPochissimi sono i reperti acromi significativi, alcuni di essi

mostrano delle decorazioni rappresentate da solchi paralleli,linee incise o dipinte. Tra quelli senza decorazioni vi è unframmento di ciotola che presenta una carenatura assai accentua-ta poco sotto l’orlo37 (AB 12).

Particolarmente interessante risulta un’ansa di una broccache presenta sulla parte superiore un’apicatura (AB 13) chepotrebbe rappresentare il reperto più antico38.

Tra il materiale decorato vi è un frammento di orlo piatto ebordo sporgente verso l’esterno, segnato da scanalature parallele,che potrebbe appartenere ad uno scaldavivande-braciere39 (AB14). Un orlo di scodella, assai estroflesso, presenta una decora-zione applicata sul bordo40 (AB 15). Un frammento di parete dianfora, che evidenzia solcature da tornio, è decorato da fasce

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trasversali di colore bruno appena visibili41 (AB 16). Infine unframmento di parete, probabilmente di anfora, ha sulla superficieesterna una decorazione incisa a pettine42 (AB 17).

Catalogo43

AB 1 - Frammento di catino invetriatoUS 10. Alt. cm 6,2 largh. cm 4,4.Argilla marrone chiaro.Frammento di parete che presenta sia all’interno che all’esterno tracce

di invetriatura dal colore verde scuro lucente. Produzione locale, fine XII sec.

AB 2 - Frammento di brocca invetriataUS 11. Alt. Cm 6,5 largh. cm 5,2.Argilla grigia con inclusi bianchi.Frammento di parete con l’attacco dell’ansa. Presenta sulla superficie

esterna un’invetriatura verde scuro, su quella interna verde chiaro. Produzio-ne incerta, XIII sec.

AB 3 - Frammento di catino invetriato.US 36-39. Alt. cm 4,2 largh. 5. Argilla giallina con piccoli inclusi

bianchi.Frammento di parete in cui si evidenziano tracce di invetriatura verde

molto rovinata che a tratti diviene gialla. Produzione nord-africana, XII sec.

AB 4 - Frammento di lucerna invetriataUS 36-39. Alt. cm 2,6 largh. cm 4.Argilla rosso bruno con inclusi bianchi e neri.Frammento di lucerna a serbatoio chiuso. Sono presenti sulla superficie

esterna tracce di invetriatura verde chiaro, evanida. Produzione locale, XIIsec.

AB 5 - Frammento di ciotola invetriataUS 15. Alt. cm 2 largh cm 2,5. Argilla rosso bruno.Frammento di ciotola con invetriatura interna trasparente e decorata

con spirali dal colore verde scuro. Produzione campana, fine XII – primi XIIIsec. (tav. LXXVIII).

AB 6 - Frammento di catino invetriatoUS 15. Alt. cm 3,1 largh cm 2,7. Argilla beige.Frammento di catino decorato da linee brune parallele ed intersecanti,

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di cattiva fattura, su invetriatura verde chiaro. Produzione locale, XII sec.(tav. LXXVIII).

AB 7 - Frammento di catino invetriatoUS 10. Alt. cm 4,1 largh. cm 3. Argilla arancione con piccoli inclusi bianchi.Frammento di catino con tracce di invetriatura decorata con linee brune

bordate da linee verdi. Produzione locale, XII sec.

AB 8 - Frammento di catino invetriatoUS 11. Alt. cm 3,6 largh. cm 2,7.Argilla grigia con piccolissimi inclusi bianchi.Frammento di parete invetriata dal colore all’interno verde scuro con

decorazioni brune e verde chiaro, all’esterno verde molto chiaro, evanida. Diprobabile produzione nord-africana, fine XII - inizi XIII sec.

AB 9 - Frammento di ciotola emisfericaUS 36-39. Alt. cm 2,2 largh. cm 4,7. Argilla rosa chiaro con piccoli

inclusi bianchi.Frammento di una ciotola emisferica a parete ribassata con piede ad

anello che presenta sia all’interno che all’esterno decorazioni brune campitedi verde sotto vetrina trasparente. Di probabile produzione locale, XII sec.(tav. LXXVIII).

AB 10 - Fondo di boccaleUS 10. Alt. cm 3,6 diam. cm 8,7. Argilla rosa beige con vacuoli e

piccolissimi inclusi micacei.Fondo di boccale con base piana a disco. Presenta un’invetriatura

all’interno marrone chiaro, all’esterno bianca in alcuni tratti trasparente,forse stannifera ma poco coprente. È decorata alla base delle pareti da unalinea bruna. Produzione dell’Italia centro-settentrionale, XIII sec.

AB 11 - Frammento di piattoUS 15. Alt. cm 4 largh. cm 2,8.Argilla beige con piccoli inclusi

rossastri.Frammento di orlo rivestito da uno smalto bianco-grigia, molto copren-

te, sia all’esterno che all’interno, che risulta decorato da linee brune paralleleintersecate da una linea verde-oliva (tav. LXXVIII).

AB 12 - Frammento di ciotola carenataUS 15. Alt. cm 3,7 largh. cm 5,3. Argilla grigia con piccoli inclusi bianchi.Frammento di ciotola con orlo arrotondato e carenatura poco al di sotto

di esso. All’interno presenta tracce di bruciato (tav. LXXVIII).

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AB 13 - Ansa apicataUS 10. Alt. cm 9,6 largh. cm 2,5. Argilla rosso bruno con inclusi

bianchi.Ansa a sezione ellissoidale che presenta nella parte superiore una

protuberanza piramidale (tav. LXXVIII).

AB 14 - Frammento di scaldavivandeUS 10. Alt. cm 3,3 largh. cm 5,3. Argilla bruna con inclusi bianchi.Frammento di orlo a larga tesa su cui sono evidenti una serie di linee

incise parallele. Tracce di bruciato all’interno. Produzione locale, XII sec.

AB 15 - Frammento di orlo decoratoUS 19. Alt. cm 4,2 largh. cm 7. Argilla rosso bruno.Frammento di orlo di scodella, estroflesso. Presenta sul bordo una

decorazione applicata. Produzione locale, XII sec. ?.

AB 16 - Frammento di anforaUS 10. Alt. cm 4,8 largh. cm 4,9. Argilla di colore rosso bruno.Frammento di parete con solcature da tornio e fascia trasversale dipinta

in bruno. Produzione locale, XII sec.

AB 17 - Frammento di anforaUS 19. Alt. cm 8 largh. cm 8,6. Argilla grigio chiaro con piccoli inclusi

bianchi.Frammento di parete di anfora decorata da linee incise a pettine. Di

probabile produzione locale, XIII - prima metà XIV sec. (tav. LXXVIII).

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NOTE

1 Lo scavo è stato condotto dallo scrivente sotto la direzione scien-tifica del dott. Sebastiano Tusa, direttore della Sezione Archeologica dellaSoprintendenza ai BB.CC.AA. di Trapani, i disegni e i rilievi sono statieffettuati da Rosalba Bonura. Si ringraziano per avermi dato l’opportunità dipubblicare questo contributo la dott. C. A Di Stefano, Soprintendente aiBB.CC.AA. di Trapani, il dott. S. Tusa e Franco D’Angelo, per i consiglifornitimi per ciò che riguarda la ceramica.

2 Per ciò che riguarda il sarcofago si rimanda all’articolo di C. A. DI

STEFANO, supra.3 L’ambiente misura ca. m 9,50 x 6,80, mentre l’altare, sotto il quale

non si è scavato, misura m 3,90 x 2,70.4 Per le diverse fasi storiche che riguardano la Cattedrale G.

PENSABENE, La cattedrale normanna di Mazara, ASS, N. S. LIII, 1933, 191-218 (ivi bibliografia). Vd. inoltre G. ADRIA, De civitate Mazariae, Panormi1516. Per l’architettura vd. C. A. DI STEFANO - W. KRONIG, Monumenti dellaSicilia normanna, Palermo 1979 XXII, XXVI, 11-12 e sgg.

5 Su quarantanove unità stratigrafiche individuate, soltanto diecisono state scavate e solo cinque hanno restituito materiale ceramico (US 10,11, 15, 19, 36-39), per lo più frammenti di tegole, mattoni, pochi sono iframmenti vascolari.

6 PENSABENE, o. c., 200.7 A causa di ciò il manufatto risulta un corpo estraneo rispetto allo

scavo e alla nostra relazione.8 Il muro USM 45 è composto da blocchetti parallelepipedi, l’USM

46 da conci di vario taglio, e l’USM 47 da conci quadrangolari più grandirispetto ai precedenti.

9 La struttura architettonica, di cui dovevano far parte i tre muri, nonè più ricostruibile nel suo disegno originale, poiché la parte rinvenutapresenta delle dimensioni piuttosto ridotte.

10 Mediamente ogni blocco di calcarenite misura m 0,50 x 0,3811 Probabilmente, in questa fase storica, la struttura costruita con i

blocchetti tufacei era ancora affiorante e venne utilizzata come base per lanuova costruzione, visto che il pianoro su cui è stata costruita la cattedrale eraacquitrinoso.

12 Questo filare non percorre tutto il disegno dell’USM 42, a causa diun notevole rimaneggiamento dell’area nelle successive fasi costruttive.Inoltre è ben evidente lo stacco tra i due filari grazie anche al rinvenimentodi uno strato di intonaco applicato solo sui blocchi di tufo.

13 La fattura di questi muri risulta poco accurata essendo costituiti daconci di varie dimensioni e taglio, posti su filari irregolari.

14 La struttura così organizzata avrebbe uno spessore minimo di ca.

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5 m. Non è possibile ipotizzare la forma originaria della struttura poiché adE è stata completamente sconvolta sia dalla costruzione della cripta siadall’inserimento del sarcofago, mentre a N è coperta dalla scalinata dell’al-tare dell’odierna Cappella dell’Immacolata.

15 Una grossa lacuna della pavimentazione è data dal fosso scavatoper inserire il sarcofago al di sotto del piano pavimentale.

16 Non conosciamo che tipo di struttura avesse o la grandezza, si sache ospita le spoglie del cardinale Di Trapani defunto alla fine degli anni ’80.

17 Essa si appoggia, in gran parte tagliandole, a strutture murariequali l’USM 5, 6 a N, 42 ad E, 35 ad O.

18 Non è possibile stabilire se queste strutture siano state costruitecontemporaneamente o meno alla cripta.

19 US 20 e 21 sull’US 2, US 22-24 sull’USM 5, US 25-26 sull’USM35, US 27 sull’US 18, US 28 sulla parte S dell’US 2, US 29-31 sull’USM 13,US 40 sull’US 18.

20 All’interno dell’US 1, a SO dell’ambiente si è rinvenuto un craniodi piccole dimensioni appoggiato sull’US 9. Esso non faceva parte di nessunasepoltura, ma sembrava piuttosto appartenere a questo strato di riempimento(dismissione di una cripta?).

21 Per ciò che riguarda la datazione del manufatto ed altri aspettitecnici vd. il contributo di Di Stefano in questi Atti, supra.

22 Al momento del nostro intervento era stato liberato dalla terra edera quasi completamente visibile.

23 Per datare il periodo in cui fu posto all’interno della cappellabisognerebbe studiare i resti conservatisi all’interno del manufatto, doveerano visibili resti lignei e frammenti di stoffe.

24 Sempre per via ipotetica si potrebbe pensare che la strutturacomposta da blocchetti di tufo (USM 45-47) possa appartenere ad unacostruzione precedente alla cattedrale.

25 S. FIORILLA, Considerazioni sulle ceramiche medievali della Sici-lia centro-meridionale, in «L’Età di Federico II nella Sicilia centro-meridio-nale. Atti delle giornate di studio, Gela 1990», a cura di S. Scuto, Agrigento1991, 115-169, 126-128. P. GHIZOLFI, La ceramica medievale di Rocca diEntella, in «Dagli scavi di Montevago e di Rocca di Entella un contributo diconoscenze per la storia dei Musulmani della valle del Belice dal X al XIIIsecolo», a cura di G. Castellana, Agrigento1992, 67-93, 78-84. A. MOLINARI,La produzione e il commercio in Sicilia tra il X e ed il XIII secolo: il contributodelle fonti archeologiche, Archeologia Medievale, XI, 1994, 99-119, 106.

26 Di produzione locale il reperto viene datato alla fine del XII sec.27 L’ipotesi che possa essere un prodotto non locale viene dal fatto

che la vetrina esterna del pezzo è di un verde acceso piuttosto opaco.28 L’argilla giallina fa propendere una produzione nordafricana.29 GHIZOLFI, art. c., 86-87 figg. 19,1 e 23,7. I reperti di Entella

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vengono datati tra il X e il XIII sec. S. FIORILLA, La ceramica medievale dellafase più antica del Castellazzo di Delia - Rapporto preliminare, in «Dagliscavi di Montevago e di Rocca di Entella un contributo di conoscenze per lastoria dei Musulmani della valle del Belice dal X al XIII secolo», a cura di G.Castellana, Agrigento1992, 189-208, 204-205; EAD., Considerazioni… cit.,33-34 figg. 27.

30 Di produzione campana, il reperto viene datato tra la fine del XIIe la prima metà del XIII sec. F. D’ANGELO, Le ceramiche medievali esposteal museo archeologico di Marsala, SicA, XXIII, 72, 1990, 51-65, 53 fig. 3,7.A. CORRETTI, Entella, in C. A. DI STEFANO - A. CADEI (a cura di), Federico ela Sicilia. Dalla terra alla corona, Palermo 1995, I, 93-109, 97-98 (A25 eA29). Per il problema della datazione vd. anche A. MOLINARI, La ceramica deisecc. X- XIII nella Sicilia occidentale: alcuni problemi di interpretazionestorica, in «Atti delle Giornate Internaz. di Studi sull’Area Elima, Gibellina1991», Pisa - Gibellina 1992, 501-522, 510.

31 FIORILLA, Considerazioni… cit., 127.32 FIORILLA, Considerazioni… cit., 128-130.33 Ibid. L’argilla gialla del frammento fa pensare che sia un prodotto

nordafricano databile tra la fine del XII - inizi XIII sec.34 Di probabile produzione locale, il reperto viene datato al XII sec.

Fiorilla, La ceramica medievale… cit., 203-204 figg. 9 e 15.35 G. GARZELLA - F. REDI, Materiali archeologici provenienti dalla

Torre della fame nel Palazzo dell’Orologio di Pisa, in «Atti XII ConvegnoInternazionale della Ceramica, Albisola 1979», Albisola 1978, 141-158, 143-149. Per confronti in Sicilia vd. G. COSTANTINO - M. S. RIZZO, Le ceramichemedievali del Museo Civico di Agrigento, in «L’Età di Federico II nella Siciliacentro-meridionale. Atti delle giornate di studio, Gela 1990», a cura di S.Scuto, Agrigento 1991, 210-216, 212-213 figg. 52-54.

36 Il carattere dello smalto assai coprente e spesso fa datare il repertoad età moderna.

37 Per completezza di studio abbiamo voluto inserire alcuni repertiacromi pur non essendo elementi datanti o non avendo diretti confronti.

38 Di tradizione araba, questo tipo di ansa viene usata anche in etànormanna ed è databile all’XI sec. S. SCUTO - S. FIORILLA, Fornaci, castelli epozzi dell’età di mezzo: primi contributi di archeologia medievale nellaSicilia centro-meridionale, Gela 1990, 105 n. 113, 138 figg. 247-249.

39 Di produzione locale, potrebbe essere datato tra l’XI e il XII sec.A tal proposito vd. F. D’ANGELO - I. GAROFANO, Palermo. Ricerchearcheologiche nel convento della SS. Trinità (Magione). Lo scavo e i reperti,Archeologia Medievale, XXIV, 1997, 296-310, 302 fig. 13, 7. COSTANTINO –RIZZO, art. c., 213 fig. 48, 15 a-b; Scuto – Fiorilla, o. c., 29 nn. 17-18.

40 Di produzione locale, dovrebbe essere datato intorno al XII sec.41 Di produzione locale viene datato tra l’XI ed il XII sec. L. ARCIFA

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- E. LESNES, Primi dati sulle produzioni ceramiche palermitane dal X al XVsecolo, in «Actes du VI congres de l’AIECM 2, Aix-en-Provence 1995», Aix-en-Provence 1997, 405-418, 406-408 fig. 2a, 10-13. D’ANGELO – GAROFANO,art. c., 304 fig. 16, 14.

42 Di produzione locale potrebbe essere datato tra il XIII e la primametà del XIV sec. A Brucato questo tipo di decorazioni su anfora è in uso sinoal XIV sec. (B. MACCARI - J. M. POISSON, La ceramique medievale, in Brucato.Histoire et archeologie d’un habitat medieval en Sicilie, a cura di J. M. Pesez,Rome 1984, 248-450, 264-265 fig. 43). A Delia viene datato alla prima metàdel XIV sec. (S. FIORILLA, Cisterne e pozzi tardomedievali nel castello diDelia (Cl). Rapporto preliminare, in «Atti XXIII Convegno Internazionaledella Ceramica, Albisola 1990», Albisola 1993, 267-284, 270 tav. I).

43 Avvertenze al catalogo. Nel catalogo si specificano dopo la siglaAB, che indica l’Abside sinistra, il numero di Unità Stratigrafica, da cuiproviene il pezzo. Per la descrizione in dettaglio ed i confronti si rinvia altesto. Vengono invece specificati: le misure, l’impasto, la superficie, icolori.Tutti i frammenti ceramici presentano delle caratteristiche comuni,quali l’impasto depurato, la buona cottura e la lavorazione al tornio, che nonverranno ricordate nelle schede relative ai singoli pezzi.

SCAVI NELLA CATTEDRALE DI MAZARA

TAV. LXVIII

1. Mazara del Vallo. Cattedrale. Il sarcofago nel corso dello scavo.

2. Mazara del Vallo. Pianta della Cattedrale con localizzazione dell’area di scavo (1).

TAV. LXIX

1. Mazara del Vallo. Cattedrale. Il sarcofago nell’attuale sistemazione.

2. Mazara del Vallo. Cattedrale. La Luna discende verso Endimione vegliato dal Sonno.

TAV. LXX

1. Mazara del Vallo. Cattedrale. La scena centrale del fronte del sarcofago.

2. Mazara del Vallo. Cattedrale. La partenza del carro della Luna.

TAV. LXXI

1. Mazara del Vallo. Cattedrale. Particolare del fronte del sarcofago.

2. Mazara del Vallo. Cattedrale. Il latodestro del sarcofago con figura di pasto-re.

3. Mazara del Vallo. Cattedrale. Il latosinistro del sarcofago con parte del grupporaffigurante una Ninfa e Pan.

TAV. LXXII

2. Mantova. Sarcofago con mito di Endimione.

3. Roma. Museo Capitolino. Sarcofago con mito di Endimione.

4. Roma. Palazzo Borghese. Sarcofago da Via Labicana con mito di Endimione.

1. Monaco. Sarcofago con mito di Endimione.

TAV. LXXIII

1. Roma. Palazzo Borghese. Particolare del lato sinistro del fronte del sarcofago.

2. Roma. Palazzo Borghese. Particolare del lato destro del fronte del sarcofago.

TAV. LXXIV

1. Roma. Museo Nazionale. Frammento di sarcofago con il mito di Endimione.

2. Parigi. Louvre. Sarcofago con il mito di Endimione.

3. Genova. Palazzo Doria. Sarcofago con il mito di Endimione.

TAV. LXXV

1. Roma. S. Paolo. Sarcofago con il mito di Endimione.

2. Roma. S. Paolo. Sarcofago con il mito di Endimione.

TAV. LXXVI

1. Assisi. Cattedrale. Sarcofago con il mitodi Endimione. Pastore in riposo.

2. Genova. Palazzo Doria. Sarcofago con il mito diEndimione. Scena pastorale.

3. Roma. Museo Nazionale. Sarcofago conil mito di Endimione. Pastore in riposo.

4. Napoli. Sarcofago con il mito diEndimione. Scena pastorale.

TAV. LXXVII

Mazara del Vallo. Cattedrale. Cappella dell’Incoronata. Planimetria dell’area di scavo.

TAV. LXXVIII

Mazara del Vallo. Cattedrale. Cappella dell’Incoronata. Materiali ceramici dallo scavo.

TAV. CCLI

Mazara del Vallo. Cattedrale. Cappella dell’Incoronata. Planimetria dell’area di scavo.