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CONVEGNO CURA NON CUSTODIA MILANO 7 MAGGIO 2010 - SALUTE MENTALE - A CURA DI P.LANDONIO

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Ci risiamo. A distanza di un anno, ricompare il Tavolo per la Prevenzione e Sicurezza nell’area della Salute Mentale. Questo mentre l’ASL Città di Milano, nella sua relazione annuale, sottolinea come problema maggiore la carenza di organici dei CPS e l’insufficienza degli interventi a livello territoriale.

E mentre la Regione Lombardia, dal canto suo, ribadisce che “compito delle Aziende Ospedaliere Cittadine … saranno solo le funzioni sanitarie che sono loro proprie, ovvero funzioni di prevenzione, cura e riabilitazione dei disturbi psichiatrici, in un’ottica di tutela delle persone sofferenti e delle loro famiglie, e con un approccio orientato alla diagnosi e all’intervento precoce e all’integrazione dei diversi soggetti, istituzionali e non, impegnati sul territorio sui temi della salute mentale”.

E’ dunque solo il Comune di Milano a privilegiare nuovamente l’approccio teso alla prevenzione della “pericolosità sociale”, istituendo un tavolo i cui protagonisti saranno, tra gli altri, la Polizia di Stato (Questura), l’Arma dei Carabinieri, la Polizia Locale.

L’anno scorso un vasto movimento di forze (Consiglieri comunali di entrambi gli schieramenti, rappresentanze degli utenti, associazioni, tra cui il Forum per la Salute Mentale) riuscirono a disinnescare il Tavolo: riproponiamo lo stesso obiettivo, a partire da questo Convegno, rilanciando invece su maggiori investimenti e maggiori risorse a tutela dei servizi per la salute mentale.

PROGRAMMA

� Ore 9.30

Presentazione Patrizia Quartieri consigliere Comune Milano

Saluto Manfredi Palmeri presidente Consiglio comunale

� Ore 9.45 Introduzione

Massimo Cirri giornalista

� Ore 10.00 - Relazioni

Ernesto Muggia presidente onorario UNASAM

Valerio Canzian presidente URASAM

Luigi Benevelli psichiatra

� 0re 11.00 - Interventi

Angelo Barbato psichiatra

Aldo Brandirali consigliere Comune Milano

Luigi Colajanni sociologo

Don V. Colmegna Casa della carità

Chiara Cremonesi consigliere Regione Lombardia

Gianfranco Pittini psichiatra

� Ore 12.00 - Tavola Rotonda

Giampaolo Landi assessore Comune Milano

Walter Locatelli direttore generale ASL Milano

Carlo Lucchina direttore generale Sanità Regione Lombardia

Coordina Giuseppe Landonio consigliere Comune Milano

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Cura non custodiaCura non custodiaNon cNon c’è’è salute salute

senza salute mentalesenza salute mentale

Introduzione di Patrizia QuartieriIntroduzione di Patrizia QuartieriConvegnoConvegno

sulla sofferenza psichica a Milanosulla sofferenza psichica a Milano7 maggio 20107 maggio 2010

La situazione a MilanoLa situazione a Milano•• Di quasi 1 milione e 300 mila soggetti iscritti al Di quasi 1 milione e 300 mila soggetti iscritti al

SSR a Milano, oltre 300000 soffrono di disturbi SSR a Milano, oltre 300000 soffrono di disturbi dd’’ansia: di questi il 65% sono donneansia: di questi il 65% sono donne

•• 0scillano tra 22000 e 55000 le persone che 0scillano tra 22000 e 55000 le persone che soffrono di crisi di panico, e il 70% sono donnesoffrono di crisi di panico, e il 70% sono donne

•• I disturbi dI disturbi d’’ansia si presentano insieme ad ansia si presentano insieme ad abuso di farmaci (27%), a dipendenza abuso di farmaci (27%), a dipendenza alcoolica (38%), ad altri disturbi psichici (62% alcoolica (38%), ad altri disturbi psichici (62% depressione)depressione)

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E ancoraE ancora

•• Circa 80000 soggetti hanno almeno una Circa 80000 soggetti hanno almeno una prescrizione di psicofarmaci/anno prescrizione di psicofarmaci/anno (rapporto donna/uomo 2:1)(rapporto donna/uomo 2:1)

•• 17500 sono seguiti dai servizi psichiatrici 17500 sono seguiti dai servizi psichiatrici territoriali di cui almeno 5000 territoriali di cui almeno 5000 ““gravigravi””

•• Le donne rappresentano il 63% dei casi Le donne rappresentano il 63% dei casi •• Il maggior ricorso alle cure si ha dopo i 40 anniIl maggior ricorso alle cure si ha dopo i 40 anni•• Il 30% ha piIl 30% ha piùù di 65 annidi 65 anni

Altri dati di partenzaAltri dati di partenza

•• Quasi il 60% dei pazienti Quasi il 60% dei pazienti èè seguito solo da seguito solo da un punto di vista farmacologicoun punto di vista farmacologico

•• Solo il 13% riceve terapie integrateSolo il 13% riceve terapie integrate•• AllAll’’interno delle strutture residenziali interno delle strutture residenziali

stanno oltre 1200 soggettistanno oltre 1200 soggetti•• Di questi quasi 300 superano i 65 anniDi questi quasi 300 superano i 65 anni

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Qualche problemaQualche problema

•• La sofferenza legata al degrado abitativoLa sofferenza legata al degrado abitativo•• LL’’eccesso di trattamenti sanitari obbligatorieccesso di trattamenti sanitari obbligatori•• Il tavolo di prevenzione e sicurezza Il tavolo di prevenzione e sicurezza

nellnell’’ambito della salute mentaleambito della salute mentale•• Il tema della residenzialitIl tema della residenzialitàà leggera, leggera,

soprattutto per le persone anzianesoprattutto per le persone anziane•• Il disagio dei migranti e dei carceratiIl disagio dei migranti e dei carcerati•• I rischi di revisione della legge 180I rischi di revisione della legge 180

Il tavolo per la prevenzione e Il tavolo per la prevenzione e la sicurezza nellla sicurezza nell’’area della area della

salute mentalesalute mentale•• Viene riproposto a distanza di un anno da quello Viene riproposto a distanza di un anno da quello

sulla sulla ““pericolositpericolositàà socialesociale””•• Gli obiettivi sono sostanzialmente analoghi, e Gli obiettivi sono sostanzialmente analoghi, e

analoghi i soggetti che ne fanno parteanaloghi i soggetti che ne fanno parte•• Oltre il Comune e lOltre il Comune e l’’ASL cittASL cittàà di Milano, le sei di Milano, le sei

aziende ospedaliere, il SSUEM 118 e le forze aziende ospedaliere, il SSUEM 118 e le forze delldell’’ordine: la Polizia di Stato (Questura), lordine: la Polizia di Stato (Questura), l’’Arma Arma dei Carabinieri, la Polizia Locale dei Carabinieri, la Polizia Locale

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La regione Lombardia dice cheLa regione Lombardia dice che

•• ““compito delle Aziende Ospedaliere compito delle Aziende Ospedaliere CittadineCittadine……saranno saranno solosolo le funzioni sanitarie che le funzioni sanitarie che sono loro proprie, ovvero funzioni di sono loro proprie, ovvero funzioni di prevenzione, cura e riabilitazione dei disturbi prevenzione, cura e riabilitazione dei disturbi psichiatrici, in unpsichiatrici, in un’’ottica di tutela delle persone ottica di tutela delle persone sofferenti e delle loro famiglie, e con un sofferenti e delle loro famiglie, e con un approccio orientato alla diagnosi e allapproccio orientato alla diagnosi e all’’intervento intervento precoce e allprecoce e all’’integrazione dei diversi soggetti, integrazione dei diversi soggetti, istituzionali e non, impegnati sul territorio sui istituzionali e non, impegnati sul territorio sui temi della salute mentaletemi della salute mentale””

e le l’’ASL cittASL cittàà di Milanodi Milano……

•• ll’’ASL cittASL cittàà di Milano, oltre a condividere il di Milano, oltre a condividere il parere della Regione, nella sua relazione parere della Regione, nella sua relazione annuale, ribadisce che il problema annuale, ribadisce che il problema maggiore della realtmaggiore della realtàà milanese milanese èèrappresentato dalla carenza di organici rappresentato dalla carenza di organici dei CPS, e dalla insufficienza degli dei CPS, e dalla insufficienza degli interventi a livello territoriale.interventi a livello territoriale.

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I rischi del TavoloI rischi del Tavolo

•• Si privilegia lSi privilegia l’’aspetto della sicurezza aspetto della sicurezza rispetto a quelli della cura e della rispetto a quelli della cura e della prevenzioneprevenzione

•• Si coinvolgono le forze dellSi coinvolgono le forze dell’’ordine in un ordine in un ruolo potenzialmente clinico che non ruolo potenzialmente clinico che non èèloro proprioloro proprio

•• Si rischia di autorizzare uno stigma difficile Si rischia di autorizzare uno stigma difficile poi da rimuoverepoi da rimuovere

InoltreInoltre

•• Direttamente o indirettamente lDirettamente o indirettamente l’’obiettivo sembra obiettivo sembra quello di rimettere in discussione la legge quello di rimettere in discussione la legge Basaglia, sia per quanto riguarda le misure di Basaglia, sia per quanto riguarda le misure di sorveglianza, sia per quanto riguarda sorveglianza, sia per quanto riguarda ll’’interpretazione dei TSO (trattamenti sanitari interpretazione dei TSO (trattamenti sanitari obbligatori) obbligatori)

•• Il rischio vero Il rischio vero èè quello di tornare a una visione quello di tornare a una visione prepre--riforma, nonostante lriforma, nonostante l’’esperienza di questi esperienza di questi trenta anni abbia testimoniato la bonttrenta anni abbia testimoniato la bontààsostanziale di quellsostanziale di quell’’impiantoimpianto

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I limiti nella applicazione I limiti nella applicazione della riformadella riforma

•• Se problemi si sono manifestati Se problemi si sono manifestati èè perchperchéé alla salute alla salute mentale non sono state garantite le risorse giudicate mentale non sono state garantite le risorse giudicate necessarie dalla stessa legge di riforma sanitaria (il 5% necessarie dalla stessa legge di riforma sanitaria (il 5% dei bilanci regionali) e non sono state predisposte tutte dei bilanci regionali) e non sono state predisposte tutte le misure alternative al ricovero (comunitle misure alternative al ricovero (comunitàà residenziali o residenziali o semiresidenziali) e di prevenzione. semiresidenziali) e di prevenzione.

•• In particolare poi, nella nostra Regione, In particolare poi, nella nostra Regione, èè prevalsa una prevalsa una visione ospedalevisione ospedale--centrica dei servizi territoriali (oggi in centrica dei servizi territoriali (oggi in carico alle aziende ospedaliere, e non alle ASL, come carico alle aziende ospedaliere, e non alle ASL, come sarebbe stato pisarebbe stato piùù logico e conseguente), e questo ha logico e conseguente), e questo ha provocato ricadute negative sugli organici dei CPS oggi, provocato ricadute negative sugli organici dei CPS oggi, soprattutto a Milano, carenti rispetto allsoprattutto a Milano, carenti rispetto all’’utenza in carico utenza in carico o potenziale.o potenziale.

MacArthur StudyMacArthur Study

•• Accedere al concetto della Accedere al concetto della ““pericolositpericolositàà socialesociale”” dei dei malati psichici vuol dire arretrare rispetto a studi malati psichici vuol dire arretrare rispetto a studi accreditati, come il MacArthur Study, che ha confermato accreditati, come il MacArthur Study, che ha confermato che i soggetti con questi problemi non delinquono in che i soggetti con questi problemi non delinquono in maniera superiore rispetto ai soggetti maniera superiore rispetto ai soggetti ““normalinormali”” (con (con esclusione degli alcolisti e dei tossicodipendenti), e sono esclusione degli alcolisti e dei tossicodipendenti), e sono anzi pianzi piùù spesso oggetto di violenze che attori di violenze. spesso oggetto di violenze che attori di violenze.

•• Le cronache di questi giorni sono ricche di episodi Le cronache di questi giorni sono ricche di episodi criminali, spesso efferati, compiuti da persone in criminali, spesso efferati, compiuti da persone in apparenza apparenza ““normalinormali””, per ragioni per lo pi, per ragioni per lo piùù passionali o passionali o patrimoniali. Concentrare lpatrimoniali. Concentrare l’’attenzione solo sulla salute attenzione solo sulla salute mentale non può che essere fuorviante e richiamare lo mentale non può che essere fuorviante e richiamare lo stigma.stigma.

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Il ruolo delle forze dellIl ruolo delle forze dell’’ordineordine

•• il coinvolgimento delle forze dellil coinvolgimento delle forze dell’’ordine per favorire una ordine per favorire una loro crescita culturale attorno a questo problema loro crescita culturale attorno a questo problema èèsenzsenz’’altro auspicabilealtro auspicabile

•• altra cosa altra cosa èè assegnare loro un compito di assegnare loro un compito di ““riconoscimento dei cittadini affetti da disturbi mentali riconoscimento dei cittadini affetti da disturbi mentali nelle situazioni di emergenza e la scelta del percorso da nelle situazioni di emergenza e la scelta del percorso da seguireseguire””

•• Questo vorrebbe dire confondere il ruolo di tutela Questo vorrebbe dire confondere il ruolo di tutela delldell’’ordine con un ruolo eminentemente clinico che, non ordine con un ruolo eminentemente clinico che, non a caso, le Associazioni dei familiari per la Salute Mentale a caso, le Associazioni dei familiari per la Salute Mentale hanno rispedito al mittentehanno rispedito al mittente

Le nostre iniziativeLe nostre iniziative

• Abbiamo cercato di depotenziare il ruolo del tavolo in sede di discussione di bilancio

• Abbiamo ottenuto solo un rimando a quanto contenuto nel Piano di Zona, precisando l’impegno verso il recupero dei “persi di vista” e nella definizione di protocolli per l’emergenza

• Abbiamo infine ottenuto risorse aggiuntive per la salute mentale per 100000 + 100000 euro

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ConclusioniConclusioni•• Vogliamo continuare un cammino giVogliamo continuare un cammino giàà avviato in avviato in

due convegni due convegni ““CosCosìì uguali cosuguali cosìì diversidiversi”” e nel e nel convegno convegno ““Milano cittMilano cittàà sanasana”” dello scorso annodello scorso anno

•• Interrogarci sul ruolo del Comune di Milano Interrogarci sul ruolo del Comune di Milano rispetto sia ai servizi, che devono essere rispetto sia ai servizi, che devono essere implementati, sia al Tavolo, cosimplementati, sia al Tavolo, cosìì concepito, che concepito, che non condividiamonon condividiamo

•• Battere infine un colpo in difesa della 180: una Battere infine un colpo in difesa della 180: una buona legge, non abbastanza applicata, anche in buona legge, non abbastanza applicata, anche in Regione LombardiaRegione Lombardia

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U.N.A.SA.M onlus Unione Nazionale delle Associazioni per la Salute Mentale Sede Legale c/o Istituzione G.F.Minguzzi Via Sant’Isaia, 90 – 40123 Bologna tel. 051/5288526/11 – fax 0 51/521268 C.F. : 96256330588

forum regionale lombardoforum regionale lombardoforum regionale lombardoforum regionale lombardo

ERNESTO MUGGIA Stigma, prevenzione, pericolosità sociale Vorrei iniziare questo intervento con un invito, che spero non venga male interpretato: è un invito a rivolgere un pensiero alla memoria di persone che non sono più in vita. Sono i morti bruciati di San Gregorio Magno, quelli dilaniati dai cani randagi di Guidonia, quelli scomparsi di Serra d’Aiello: tutti loro, e chissà quanti altri ancora, colpevoli soltanto di essere matti, e quindi segregati e dimenticati da una società che non vuol sapere, non vuol vedere e... paga, paga anche molto. Ma poi non controlla. Sono tanti quelli che sono al corrente, operatori, amministratori, familiari, sindacalisti e semplici cittadini: tutti stanno zitti, a tutti va bene così perché potrebbe andare peggio. Gli interessati, i sofferenti, non hanno la parola, non hanno diritti, non possono difendersi: in altre parole sono invisibili all’opinione pubblica, come se non esistessero. Questo che vi ho detto è il risultato di tante cause, ma certo una delle più importanti è la pesante cappa di pregiudizio che grava sulla malattia mentale, su chi ne soffre e sulla sua famiglia. Si tratta dello stigma che colpisce pazienti e familiari, reinnestando un circolo vizioso che si aggrava sempre più, confermando a posteriori ciò che lo stigma stesso ha causato, producendo solitudine e abbandono, alimentando paure ed inquietudini, inducendo segregazione. Nel recente rapporto dell’OMS sulla salute mentale nel mondo, Gro Harlem Bruntland, ex Direttore Generale, sostiene che “vi è una sola strada: assicurare che la nostra sia l’ultima generazione a permettere che la vergogna e lo stigma regnino al di sopra della scienza e della ragione”. Qualche numero per chiarire l’entità del problema: i sofferenti di disturbi psichici gravi sono almeno l’1% della popolazione, in Italia come in tutto il mondo; l’incidenza è di circa l’1 per anno per 10.000, cioè 6.000 nuovi malati/anno in Italia, 1.000 in Lombardia, 150 a Milano.

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Come accennavo sopra, l’ostacolo principale che ci troviamo davanti in questo settore è il pregiudizio e la conseguente discriminazione delle persone con disturbi mentali e dei loro familiari. Il pregiudizio estremizza, generalizza, rifiuta l’analisi; dà un senso immediato di sicurezza perché rende più semplici realtà complesse e poco conosciute. La sofferenza mentale è un campo scomodo, su cui si cerca di tacere sia con gli altri sia con noi stessi, anche per la paura che in genere si ha nel riconoscere le zone oscure che tutti portiamo dentro di noi. Fra i tanti pregiudizi che gravano sulla sofferenza psichica, spesso appesantiti dal silenzio generale, i più pericolosi per le conseguenze devastanti che ne derivano sono due: l’incurabilità e la pericolosità. Tralasciamo in questa sede gli altri come la vergogna, la colpa, l’incomprensibilità, la necessità di interventi magici o di esorcismi, ecc… E’ veramente difficile dipanare il groviglio di paure genuine e di timore, che alimenta il pregiudizio della pericolosità nei confronti di chi è affetto da disturbi mentali. Non c’è dubbio che sussistano casi di alterazione mentale che portano ad atteggiamenti aggressivi e alla violenza. Non va dimenticato però quante volte coloro che sono soggetti a stati di alterazione psichica, sono stati sottoposti all’inganno e alla violenza. L’aggressività, in tutti questi casi, è la reazione a stati di paura, di sofferenza, di tensioni insopportabili: proprio per questo può essere opportunamente prevenuta e gestita quando il soggetto è seguito con continuità e competenza dall’équipe curante. I dati statistici smentiscono e ribaltano il luogo comune del “matto violento”: aggressioni, lesioni, omicidi, sono presenti in egual misura nella cosiddetta popolazione normale e in quella dei pazienti psichiatrici. Nessuno può pensare di affrontare o peggio risolvere questi problemi col ricorso alla pratica del TSO, sia pure prolungato come da più parti si sta chiedendo: lo testimoniano gli oltre 800 TSO/anno di Milano, contro i circa 2.000 di tutta la Lombardia o i meno di 10 di una città come Trieste. Questi dati, confermati dall’assenza di prevenzione e dalla bassa spesa per interventi domiciliari, stanno a dimostrare che il numero dei TSO è un ottimo indice della qualità dei servizi di salute mentale e del loro radicamento nel territorio. Quello dell’incurabilità è certamente il pregiudizio più dannoso. “C’è poco da fare, non possono guarire” è una forma di inutile commiserazione e disimpegno, che si trova perfino in alcuni operatori. Così si toglie a chi lo manifesta, come a chi lo subisce, la speranza, e con essa l’iniziativa e la tenacia necessarie ad ogni cammino di ripresa. Rafforza questo pregiudizio il fatto che chi, parente o conoscente, si trova a contatto con “colui che sta male con la mente”, avverte un senso di impotenza: non trova il modo di aiutarlo concretamente, non vede miglioramenti, assiste a periodiche ricadute. Inoltre, il senso comune e la memoria collettiva mantengono ancora l’immagine tradizionale del sofferente internato nel manicomio: un’istituzione che non solo non era curativa, ma - dietro l’apparenza di assistenza globale e protettiva – reprimeva e occultava i disturbi, distruggeva la vita psichica e faceva regredire il ricoverato. Il manicomio rendeva cronica la sofferenza temporanea, vero luogo di non ritorno, rendeva chi vi entrava segnato per la vita e sanciva, agli occhi propri e a quelli altrui, l’attributo di incurabile. Viceversa nessuna base scientifica giustifica l’idea che gli stati di alterazione mentale siano in quanto tali irreversibili. Infatti i dati dell’OMS ci dicono che una presa in carico precoce e una terapia corretta e tempestiva sui diversi fronti, psicologico, farmacologico e sociale, garantisce oggi ai sofferenti di disturbi psichici un terzo di guarigioni complete, un terzo di cosiddette guarigioni sociali ( quindi persone consapevoli di una loro “ fragilità “ ma in grado di vivere a pieno nella società), evidenziando solo un terzo di non guarigioni, di persone cioè che hanno bisogno di supporto per tutta la vita. Sono numeri confortanti che si commentano da soli. L’anno mondiale del malato di mente era sotto l’insegna del motto “ Stop exclusion, dare to care”, “Serve la cura e prendersene cura” era stata la nostra versione italiana. Il Progetto Obiettivo per la tutela della salute mentale, tuttora valido in regime di prorogatio, fra gli interventi prioritari per i servizi di salute mentale pone: “L’effettuazione di iniziative di

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informazione, rivolte alla popolazione generale, sui disturbi mentali gravi, con lo scopo di diminuire i pregiudizi e diffondere atteggiamenti di maggiore solidarietà; ciò aumenterebbe, fra l’altro la possibilità di indirizzare i malati gravi ai servizi di salute mentale”. Le forze della conservazione anche in questo settore oppongono notevoli resistenze, la politicizzazione dei problemi produce solo danni, strumentalizzando un’opinione pubblica ignorante e pregiudizialmente ostile, le Università continuano a sfornare giovani psichiatri secondo modelli ormai desueti e le nuove figure professionali esperte di tecniche riabilitative scarseggiano; i politici e gli amministratori locali, messi di fronte a questi difficili problemi, tendono a temporeggiare e a non assumersi responsabilità.... Allora forse è necessario muoversi alla rovescia, partire con azioni di prevenzione e di sensibilizzazione dell’opinione pubblica, perché faccia pressione sui politici e gli amministratori e questi a loro volta smuovano le resistenze dei potentati universitari ed ospedalieri.

Ci troviamo ora di fronte nel nostro Paese ad una rinnovata offensiva contro una riforma che, lungi dal necessitare revisioni o modifiche, deve soltanto essere applicata fino in fondo per mostrare la sua validità: la diffusione dei servizi di salute mentale in tutto il Paese è quasi completa, anche se restano ombre sulla loro effettiva efficacia. Non mancano d’altra parte esempi di buone, e anche ottime pratiche in molte regioni.

Oggi noi sappiamo che esiste un grave pericolo, sono stati depositati tre progetti di legge - un altro mi risulta che sia in arrivo - i cui presentatori non sanno nulla di malattia mentale, ma vanno in un’altra direzione, una direzione che non è quella della cura, della riabilitazione, della ripresa,: no, l’occhio del proponente, l’occhio di alcune forze politiche (che non sto lì ad indicarvi perché le conoscete) è volto alla protezione della città, del Paese, dell’ambiente dal pericolo sociale rappresentato dai portatori di disturbi psichici. Quindi torniamo a un discorso che è stato quello all’origine dei manicomi: non si guarda alla persona che sta male, non si cerca di aiutare quella persona, ma si pretende di proteggere la cittadinanza. Proteggere da cosa? Da una paura? Ma questa paura è vera o piuttosto è coltivata, ingigantita, fecondata da iniezioni di malcostume mediatico, come vorrei chiamarlo, cioè da giornalisti indecenti, non rispettosi di nessun discorso di etica professionale, che spargono a piene mani il letame della paura? Ora, quando si è diffusa e venduta paura a piene mani, è molto facile proporre il rimedio sicurezza, è un’operazione di marketing. Quindi, se la paura non è vera ma è inventata, anche il discorso sicurezza è inventato: basta guardare l’ultima campagna elettorale. Ma io voglio aggiungere una cosa: oltre ad autorevolmente reclamizzare questi progetti di legge, una persona civilissima, Senatore della Repubblica eccetera, che ha una cultura che spazia fino alle indagini sulla Commissione Mitrokin, - il senatore Guzzanti, tanto per essere chiari - si permette anche di scrivere che c’è un grande giro d’affari mosso dalla legge 180, che impedisce l’onesto lavoro di revisione della stessa, che la legge 180 ha dei martiri, che ogni giorno muoiono persone, che ci sono stati in questi vent’anni (sono sue parole testuali) “3.500 persone assassinate in nome dell’utopia basagliana”. Ora, come definire una persona che scrive – scusate – queste “ boiate “? Io non ho parole: come si permette a uno così di parlare, senza sapere nulla, semplicemente perché è pagato per scrivere cose di questo genere? Concludo, dicendo che è un problema di cultura, che l’opinione pubblica è immersa in un secolare, millenario pregiudizio nei confronti di chi soffre di disturbi mentali, pregiudizio che contiene ogni genere di disastri come la segregazione, l’impossibilità di trovare lavoro. Si può benissimo lavorare avendo disturbi psichici, noi lo sappiamo bene, sono infiniti i casi: Clara Sereni ha scritto un libro che diceva “si può”, io personalmente ho intitolato la prima, e purtroppo unica, conferenza nazionale sulla salute mentale “se si può, si deve”. Invece, niente da fare: se voi andate a chiedere a un datore di lavoro qualunque di prendere una persona, giustamente accompagnata come la sua diagnosi può richiedere, ma che è bravissima nel lavorare al computer pur soffrendo di disturbi mentali, costui se ne guarda bene dal prenderla. Quindi, questo pregiudizio nei confronti del diverso

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– perché, diciamo pure, che chi soffre di disturbi psichici è diverso dalla media degli altri uomini e donne - quindi il pregiudizio del diverso c’è sempre. “ Non esiste un contesto neutro, indifferente. Il contesto agisce un ruolo sia nei processi di esclusione che in quelli di inclusione: per questa ragione anche verso il contesto sono necessari interventi che ne favoriscano la terapeuticità “ ( G.Rossi ) Se invece l’opinione pubblica accettasse una lezione di chiarezza, di onestà, di disponibilità ad accogliere, se ci fosse una comunità che accoglie invece di respingere, credo che persone come Guzzanti e progetti di legge come quello che abbiamo respinto della Burani Procaccini cinque anni fa e come gli attuali, non passerebbero oppure passerebbero in forma completamente annacquata. Con un opinione pubblica più preparata, più colta, più accettante queste cose non succederebbero, perché la strada giusta è quella dell’accoglienza, della riabilitazione e della ripresa che porta nella società persone che, invece di essere un peso passivo, diventano persone attive, persone che contribuiscono, come dicono gli americani “persone che lavorano e pagano le tasse” , invece di costare alla società. Sulla questione della cultura, con cui vorrei concludere, ritorno ad un documento orribile che è quello del recentissimo accordo relativo all’istituzione di un “Tavolo per la prevenzione della pericolosità sociale del Comune di Milano” con aziende ospedaliere, Regione, Comandante della Polizia, Comandante dei Carabinieri, Comandante dei Vigili della città di Milano, tutti insieme per assicurare la tranquillità dei cittadini: preparano un Tavolo che si propone schedature e quindi violazione di ogni privacy, di ogni diritto di persone sofferenti di disturbi psichici. Questo Tavolo istituisce la figura dello” psichiatra poliziotto”, fa venire i brividi: a questo Tavolo noi ci opponiamo. Abbiamo fatto un’interrogazione nei Consigli comunale e regionale, adesso lo manderemo in giro tra gli operatori, perché non possono più stare zitti, si deve pur dire che così non va bene. Però, siccome Milano docet, io ho paura che questo modello al primo evento tragico di sangue, suicidio o qualcosa che capita, arrivi in altre regioni e in altre città: diceva giustamente Carlo Rosselli “oggi in Spagna domani in Italia”. Era il 1936, ci risiamo. Grazie.

Milano, 28 marzo 2009

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VIOLENCE ET TROUBLES MENTAUX: ALERTE ET RÉALITÉ

Angelo Barbato

Association Mondiale pour la Réhabilitation Psychosociale Unità di Epidemiologia e Psichiatria Sociale

Istituto Mario Negri Milano, Italie

BRUXELLES, 5 Octobre 2009

Questions gênantes

• Les troubles mentaux élèvent la probabilité des conduites violentes ?

• Les troubles mentaux élèvent le risque d’être victime de violence ?

• Y-a-t-il violence dans les services psychiatriques ?

• Est-il dangereux travailler dans les services psychiatriques ?

• Risque relatif • Risque absolu • Risque attribuable

Tabac et risque de tumeur pulmonaire (n=464.000)

• Risque relatif ≤ 10 cigarettes par jour 20,7

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≥ 40 cigarettes par jour 54,9

• Risque absolu 1,3%

• Risque attribuable 90% Freedman et al. , Lancet Oncology, 2008: 639

Incidence annuelle des conduites violentes

Étude rétrospective – USA (n=5.865)

Risque absolu Risque relatif

Pas de trouble mental 1,9%

Tout trouble mental 3,4% 1,79

Anxiété généralisée 4,2% 2,12

Dépression majeure 4,6% 2,41

Trouble panique 6% 3,12

Trouble affectif bipolaire 11,8% 6,15

Troubles psychotiques 11,9% 6,19

Incidence triennale des conduites violents Étude prospective en deux phases – USA (n=34.653) Analyse bivariée

Risque absolu Risque relatif

Dépression majeure 2,1% 0,72

Trouble affectif bipolaire 4% 1,44

Troubles psychotiques 6,1% 2,17

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Incidence triennale des conduites violentes

Étude prospective en deux phases – USA (n=34.653) Analyse bivariée Risque absolu Risque relatif

Détention en jeune âge 14,5% 6,11

Maltraitance dans l’enfance 10,9% 4,31

Divorce/Séparation 10,1% 4,23

Chômage 9% 4,03

Licenciement 8,3% 3,42

Incidence triennale des conduites violents Étude prospective en deux phases – USA (n=34.653) Analyse multivariée

Facteurs de risque

Risque relatif Jeune âge 3,60 Précédents de violence 2,99 Détention en jeune âge 2,05 Divorce/Séparation 2,04 Facteurs de protection Sexe féminin 0,43 Revenu élevé 0,58

Impact sur la population de la violence associée aux troubles mentaux

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Impact sur la population de la violence associée aux troubles mentaux

Pays Auteur Période Risque attribuable

Suède Fazel et Grann, 2006 1988-2000 5,2%

USA Corrigan et Watson, 2005 1990-1992 2%

Angleterre Coid et al., 2006 2000 1,2%

Incidence de violence subie

par personnes avec troubles mentaux Incidence de violence subie par personnes avec troubles mentaux

Pays Auteur Risque absolu Risque relatif

USA Brekke et al., 2001 17,7% -

USA White et al., 2006 25,6% 10,3

USA Goodman et al., 2001 36,7% 10

USA Hiday et al., 1999 22,4% -

USA Teplin et al., 2005 25,3% 11,8

Finlande Honkonen et al., 2004 5,6% 3,3

Angleterre Walsh et al., 2003 16% 2,3

Australie Fitzgerald et al., 2005 4,3% -

Australie Chapple et al., 2004 17,9% 3,5

Conduites violentes dans les services psychiatriques hospitaliers

Conduites violentes dans les services psychiatriques hospitaliers

Lieu Auteur Période % patients violents

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Suisse allemande

Aberhalden et al., 2007 3 mois 13

Rome Raja et Azzoni, 2005 6 années 3

Saronno/Busto Bolongaro et al., 2007 1 année 9

Italie (74 services)

Biancosino et al., 2009 2 semaines 3

Ferrare Grassi et al., 2006 7 années 7

Incidence dans la vie de violence subie par les patients en milieu psychiatrique Échantillon randomisé – USA (n=142) Incidence dans la vie de violence subie par les patients en milieu psychiatrique Échantillon randomisé – USA (n=142)

Type de violence Incidence

Être menotté 65%

Placement en isolement 59%

Contention physique 34%

Harcèlement sexuel 18%

Violence physique 13%

Accidents du travail dans les services psychiatriques Secteur de Milan Garbagnate - 2008

Accidents du travail dans les services psychiatriques Secteur de Milan Garbagnate - 2008

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N accidents N

professionnels

Taux accidents/ 100 professionnels

Services de médecine 138 1342 10,3

Services de chirurgie 49 425 11,5

Laboratoires 14 185 7,6

Anesthésie/Réanimation 8 130 6,2

Dispensaires 14 113 12,4

Psychiatrie 35 365 9,6

TOUS LES SERVICES 390 3830 10,2

Conclusions - 1 • Les troubles mentaux élèvent légèrement la probabilité des conduites violentes • La probabilité est plus élevée pour certains groupes diagnostiques • La probabilité est plus élevée en association avec l’abus de drogues • La probabilité plus élevée associée aux troubles mentaux dépend de facteurs de risque

sociaux

Conclusions - 2 • La grande majorité des personnes avec troubles mentaux n’ont jamais des conduites

violentes • Le diagnostic psychiatrique en soi n’est pas un facteur de risque pour les conduites

violentes • L’apport des personnes avec troubles mentaux au taux de violence dans la societé est

négligeable • Le possibilité de prévoir sur la base des indicateurs psychiatriques les graves conduites

violentes est limitée à cause du taux élevé des faux positifs

Conclusions - 3 • Les personnes avec troubles mentaux présentent un risque élevé de subir la violence en

général et même dans les services psychiatriques • En Italie le niveau du taux de violence dans les services psychiatriques est bas par rapport

aux autres pays européens • Le travail dans les services psychiatriques est associé à un risque égal ou inférieur à celui

d’autres services sanitaires • Le risque associé à l’aggressivité est néanmoins un risque spécifique du travail en

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psychiatrie qu’on doit considérer dans la formation des professionnels

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CURA, NON CUSTODIA 7 maggio 2010, Palazzo Marino. (G.Pittini) Mi sono domandato che cosa sta chiedendo in questi anni la società alla psichiatria. Ma quale società? La politica ufficiale va chiedendo sicuramente degli interventi in linea con una logica securitaria: eliminare tutti i rischi, eliminare le grane, rendere “invisibili” le persone che creano problemi e le situazioni disturbanti , fonte di possibili imprevisti, movimenti aggressivi, comportamenti imprevedibili. La parola d’ordine nel nostro Paese, da 15 anni, è: niente problemi e niente grane, o anche: “alle grane ci pensi qualcun altro”. Cioè il qualunquismo. E l’uomo della strada? Ovviamente, fa eco a queste parole d’ordine (diffuse dai politici, dagli amministratori, dai media). Perché il “senso comune” significa la banalizzazione di tutte le questioni, la scelta delle risposte più semplici e apparentemente più ovvie, la morale del bar. Il buon senso è già qualcosa di diverso; ma per il buon senso occorre riflessione, tempo per capire il problema, impegno a rifletterci almeno un po’. Per questo però ci vuole la società civile, cioè quelle articolazioni sociali un po’ più complesse, un po’ più disponibili, un po’ più impegnate dell’uomo della strada; queste articolazioni si sono enormemente ridotte e impoverite, ma esistono ancora, ed è su di loro che occorre far conto e lavorare. Ad esempio, si fa oggi un gran parlare di PREVENZIONE, da parte dei pubblici amministratori di questo Comune. Ma che cosa intendono per prevenzione? Chi di noi se n’è occupato in anni lontani sa che prevenzione significa anzitutto: lavorare perché le condizioni generali siano più favorevoli, e non si creino situazioni a rischio o di pre-malattia. Così, in pneumologia prevenzione significa: migliorare la qualità dell’aria; non fumare; usare la maschera se proprio si devono svolgere attività a rischio (in miniera, nelle vasche di sedimentazione…) E in psichiatria? Significa fare in modo che le condizioni di vita della popolazione generale, di una popolazione specifica o di un individuo abbiano garantiti dei diritti di base (abitazione, alimentazione, salario, istruzione, espressione delle proprie opinioni, un livello tollerabile di conflittualità, una competitività non esasperata, ecc.) Quanto poi al singolo, si tratterà di cogliere segni precoci di disagio, ma di valorizzare soprattutto le risorse, e di cercare risposte agli eventuali punti di debolezza. Qui invece, per PREVENZIONE si intende sostanzialmente “REPRESSIONE PREVENTIVA”, interessata solo ad eventuali problemi di ordine pubblico; e non a caso si studia il modo di rendere più facile o più prolungato il TSO. Occorre che noi operatori psichiatrici riusciamo a spiegare (almeno a chi ci ascolta, a chi desidera capire) che non possiamo essere curanti e poliziotti allo stesso tempo; che un atteggiamento inquisitorio- criminologico non può stare insieme a diagnosi-cura e riabilitazione. Per ora. La legge non è cambiata. E la sua applicazione? Ci occuperemo diffusamente di questo nel Seminario che si terrà in data 8.6.2010 alla Bicocca, “La posizione di garanzia degli operatori psichiatrici”. Ci sono alcune recenti sentenze che sembrano più sensibili alle richieste dei politici, insomma a richiedere allo psichiatra un’ottica “criminologia”. Fortunatamente, la giurisprudenza prevalente è di segno opposto. Un’ultima parola sul clima delle Aziende Ospedaliere. Ultimamente, esse assumono giovani psichiatri con contratto libero-professionale, anche per svolgere (o soprattutto per svolgere) attività in Pronto Soccorso, che è la più rischiosa da ogni punto di vista. Queste persone devono auto-tutelarsi anche sotto il profilo assicurativo; oltre ad essere pagate poco, lavorano in situazione di precarietà, potendo perdere il posto alla scadenza del contratto, e quindi sono assillate dalla paura di commettere errori o di subire incidenti di ogni tipo. Come pensate che possano lavorare? Cioè, come potranno occuparsi serenamente e bene del loro paziente, se devono anzitutto preoccuparsi di tutelare se stesse?

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Il consenso informato della psichiatria PER IL CAMBIAMENTO DELLA MATRICE ORGANIZZATIVA DEI SERVIZI DI SALUTE MENTALE Luigi Colaianni 1

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«Che cosa ne sarebbe della psichiatria se le diagnosi psichiatriche non richieste, i ricoveri e le cure fossero aboliti? La psichiatria diventerebbe, in questo caso, neisuoi principi, più simile alle altre specialità dellamedicina [...] che vengono praticate solo supazienti volontari. Più in generale, diventerebbe come tutte le altre professioni [...] che offrono invendita determinati servizi e prodotti acompratori informati, e in un mercato libero. Inpratica, la psichiatria dovrebbe identificare e definire – come non è mai stata costretta a fare – i servizi che offre in vendita». Thomas Szasz (1975, 439) 2

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Psichiatria e informazione per il consenso Cosa avviene in ambito psichiatrico circa l’informazione e il consenso? Quali sono le criticità che si evidenziano? A cosa sono dovute? È possibile gestirle in modo trasformativo? Per dare risposta a tali interrogativi si esamineranno i vari aspetti che la psichiatria del consenso informato pone. 3

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Informazione per il consenso Diritto alla scelta del trattamento: informazioni circa la prognosi; informazioni circa le possibili opzionidisponibili e la loro efficacia; informazioni circa i costi/benefici delle singole opzioni terapeutiche. 4

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Comma 22 Articolo 12, Comma 21 «L’unico motivo valido per chiedere il congedo dal fronteè la pazzia». Articolo 12, Comma 22 «Chiunque chieda il congedo dal fronte non è pazzo». 5

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Il “Comma 22” della psichiatria Tutti cittadini con diagnosi psichiatricahanno diritto al consenso informato, ma in quanto soggetti a diagnosipsichiatrica non sono ritenuti in gradodi comprendere e/o di esprimere ilconsenso al trattamento. 6

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Condizioni per il consenso valido Competenze per la comprensione delle informazione ricevute; competenze per la valutazione delle diverse opzioni; competenze per decidere; competenze per comunicare la scelta fatta. 7

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Informazioni circa la prognosi La psichiatria non è in grado di formulare una prognosi in quanto è sconosciutal’eziopatogenesi del “disturbo”. Pertanto tale criticità viene giustificata con il“pessimismo” kraepeliniano, ovvero con lapresunzione di “inguaribilità”. 8

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Formulazione della diagnosi Nella bio-medicina il processo diagnostico si basa sullacorrelazione di tre elementi: sintomi (soggettivi, è ciò che narra il paziente); segni (oggettivi, sono elementi empirico-fattualisoggetti al rigore della misura, rilevati in virtù dellateoria e indipendenti dalle categorie conoscitive dell’osservatore); formulazione della congettura che è sottoposta aconfutazione (realismo ipotetico popperiano). 9

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Diagnosi psichiatrica La psichiatria dispone altresì di: sintomi, ma non di segni empiricamente rilevabili(indipendenti dalle modalità conoscitive dell’osservatore); ciò comporta che non sia disponibile l’elementoempirico-fattuale passibile di misurazione; pertanto le ipotesi non sono falsificabili e quindinon rispondono ai criteri di scientificità (vediRosenhan, 1973). Ci si trova pertanto alla presenza di mere costruzioni retoriche-discorsive. 10

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Informazioni circa le possibili opzioni disponibili e la loro efficacia In virtù di quanto esposto, non è possibile dare al paziente informazioni circa possibiliopzioni terapeutiche differenti e la loroefficacia, in quanto si tratta di terapie exadiuvantibus, ovvero che non intervengonosulla causa, essendo questa sconosciuta. 11

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Informazioni su costi/ benefici In virtù degli effetti collaterali che la maggior parte dei farmaci impiegati in psichiatria può produrre (maanche degli effetti iatrogeni e disabilitativi di una“riabilitazione” quasi mai valutata), è tanto piùd’obbligo fornire informazioni tali da permettere allapersona una scelta ponderata. Così non avviene: se la persona, dopo tale informazione, non aderisse alla cura, la psichiatriautilizzerebbe l’etichetta linguistica del «non hacoscienza di malattia», rendendo così inutile ogniragionamento sul consenso informato. 12

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Valutazione e AUDIT I trattamenti psichiatrici non vengono valutati, se non nel mero aspetto clinico dal curante (“illusionedel clinico”). Quanto non sarebbe accettabile per un reparto dicardiologia o di altra specialità, si verifica ed è silenziosamente accettato nella praticapsichiatrica. Se ne tace perché altrimenti se ne dovrebbero mettere in discussione i fondamenti, sia biologici, sia relativi alla psicologia clinica e allapsicopatologia su cui viene affermato di fondarsi. 13

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Uno scarto di paradigma Quanto esposto colloca anche le pratiche psichiatriche in un ambito meramente discorsivo, piuttosto che bio–medico, inquanto gli aspetti incidenti sono i “discorsiche si generano” nei contesti ditrattamento, ovvero i resoconti dei pazientie le narrazioni che li riguardano (familiari, operatori), e quindi le configurazioni direaltà che questi permettono di anticipare (Ciompi, Dauwalder e Auge 1987). 14

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Una strategia per il cambiamento In virtù di quanto esposto, appare ancora piùchiaramente come anche nei contesti di salute mentale sia oltremodo importante l’informazione per il consenso, non solo dal punto di vista deontologico, ma in quanto è uno degli aspetti che possono generare discorsivamente repertoridell’azione e della risoluzione, dell’azione e dell’obiettivo, piuttosto che quelli della “malattia”, collocando il paziente al centro dell’interlocuzionee nel processo di attivazione (recovery) e ricapacitazione delle proprie competenze (empowerment). 15

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Una modalità conoscitiva differente Tuttavia la “psichiatria sociale”, come scrive Larsen(2003), pur distogliendosi dal modello medico, non harisolto la criticità della definizione di un modo di conoscere (paradigma) e di un fondamento scientifico-cosa si conosce (teoria e modello) -propri; come commenta Larsen, la psichiatria sociale «non è psichiatria», e tuttavia non ha una teoria di base sucui fondare la propria prassi. 16

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Le fallacie della psichiatria A fronte di quanto è emerso dalle ricerche che è possibile offrire alla considerazione della comunità scientifica e professionale (Rosenhan 1973; Turchi e Perno 2002; Turchi e Della Torre 2007), si conclude come la prassi diagnosticapsichiatrica risulti irrilevante sotto il profilo “terapeutico” e prognostico, ovvero in termini di validità pragmatica di quantomesso in atto, ma sia invece assolutamente rilevante sotto il punto di vista degli errori metodologici e delle inadeguatezze epistemologiche che comporta e rispetto al perseguimento diobiettivi di promozione della salute, poiché si muove nelladirezione opposta attraverso il generare discorsivamente la“malattia”, laddove un medico non rileverebbe malattiaalcuna, ovvero laddove essa “non c’è”. 17

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Natura retorica della psichiatria La prospettiva offerta dal posizionamento deltema nell’alveo dei paradigmi discorsivi, che appaiono adeguati alla natura dell’oggetto distudio, permette di focalizzare l’attenzione alle pratiche discorsive della psichiatria nellaloro natura meramente retorica e quindi apre alla stipulazione di un differente assetto tratutti gli attori coinvolti (comunità dei parlanti, Wittgenstein). 18

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UNA PROPOSTA PER IL CAMBIAMENTO Generare un processo partecipativo che miri aridefinire in modo condiviso (quindi descrivibile, valutabile e tale che implementi processiorganizzativi): gli obiettivi operativi dell’intervento in salute mentale; le strategie per raggiungerli; le metodologie per valutare i risultati (efficacia) e il processo (efficienza). 19

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Per una Consensus Conference della psichiatra Si è offerta una prospettiva che, rispondendoalle criticità illustrate, può indicare unamodalità conoscitiva “altra” in cui la praticapsichiatrica possa ridefinire in modo condivisoi propri obiettivi, le proprie strategie e azionie un sistema di valutazione scientificamente fondato, e con tali presupposti, possa aprire spazi di concordance con i suoi utenti basata sull’informazione e quindi sull’alleanza con ilpaziente. 20

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Modificando i presupposti di base (in terminidi riferimenti teorico–epistemologici) è possibile infatti una ridefinizione non soltantodegli obiettivi e delle strategie, ma anche deiruoli preposti all’intervento stesso (matrice organizzativa), così da generare un’architettura dei servizi diversa rispetto aquella data, che è coerente con l’adozione diriferimenti conoscitivo–operativi appartenential modello medico e al modello bio–psico– sociale. 21

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Per concludere Si rileva come in assenza dell’attivazione di un processo quale quello illustrato, la psichiatria siaostaggio del senso comune, piuttosto che del sensoscientifico (senza una teoria scientificamente fondatanon è possibile generare prassi, ma solo pratiche orientate dal mero senso comune). Ciò espone le pratiche di salute mentale al richiamodi derive autoritarie, senza possibilità di “vederle”, né quindi di contrastarle. Per cui quali migliori parole di quelle di Hans Albert, per cui «non c’è nulla di più pratico di una buona teoria»? 22

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Riferimenti bibliografici Quanto esposto è trattato e argomentatoapprofonditamente neltesto: L. Colaianni 2009, «Per incapacità di intendere e volere». Il consenso informato della psichiatria, Roma: ARACNE. 23

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Cura, non custodia Non c’è salute senza salute mentale

Convegno, venerdì 7 maggio 2010 Come familiari ci saremmo aspettati che il comune di Milano, nel formulare la richiesta di istituire un “Tavolo prevenzione e sicurezza nell’area della Salute Mentale” in cui ci chiama a collaborare, arrivasse, finalmente, con una proposta di miglioramento delle attività di cura nei servizi. Per noi familiari, così sempre speranzosi di prospettive di una migliore presa in carico, questa chiamata al lavoro da parte del comune con un “tavolo prevenzione e sicurezza” si era subito riempita di nuove attese. Finalmente, forse è la volta buona, abbiamo pensato. Pur se, con qualche sospetto. Invece no, ci eravamo illusi ancora una volta. Il Comune prende la questione alla larga evocando le questioni di pericolosità sociale dei malati psichici, sia pur per dire che non sono pericolosi. Per questo cita le ricerche di MacArtur Study, Choe e collaboratori che evidenziano come le persone con una sofferenza psichica più che agire comportamenti aggressivi e violenti sono “più frequentemente vittime di molestie, aggressioni e violenze, malversazioni, con un rapporto tra essere vittime ed essere autore di aggressione/violenza di 6 a 1. Poi si continua con il mettere sulla carta gli obiettivi: - “ridurre il più possibile il fenomeno dei ‘persi di vista’, - prevedere programmi specifici di recupero dei pazienti che non si presentano agli appuntamenti” - “prevedere programmi specifici a maggior intensità di cura per quelle situazioni psicopatologiche che presentano manifestazioni comportamentali a maggior rischio di passaggio all’atto”. Perché affermare che occorrono “programmi specifici” per prendere in carico le situazioni di sofferenza grave quando i Dipartimenti di Salute Mentale sono preposti proprio per far fronte alle situazioni di sofferenza grave ? Dopo premesse di riconoscimento di non pericolosità dei sofferenti psichici e della necessità di una migliore presa in carico, il Comune invece di promuovere la soggettività, tanto più necessaria quanto maggiormente i soggetti sono fragili ed in un periodo storico difficile come quello attuale, con un salto logico passa all’introduzione di un nuovo soggetto nella cura, proprio le Forze dell’Ordine. Secondo la vecchia tradizione che vede l’abbraccio mortifero della Psichiatria con la Pubblica Sicurezza, coalizzate nel sostenere processi di “normalizzazione”. Viene privilegiata la preoccupazione della pericolosità sociale, invece della cura delle persone, come se le due cose non fossero legate tra di loro. E’ con migliori cure che si previene il disagio e si migliora la sicurezza, non con la “chiamata” delle Forze dell’Ordine. La “chiamata” in causa delle Forze dell’Ordine, cui nessun progetto obiettivo si è mai sognato di fare appello, è fuori luogo e pericolosa: invece di diluire il conflitto lo va ad alimentare, oltre che incrementare lo stigma che già grava sui malati, sui familiari e sull’accesso ai servizi. Non è questo il sogno dei familiari, non è di avere le forze dell’ordine al posto degli psichiatri, ma di avere migliori servizi, migliori prese in carico, delle cure più umane con meno contenzione, meno controllo, meno farmaci, più accoglienza, più ascolto, più diritti esigibili: l’abitare, il lavoro, luoghi di frequentazione attraenti, più integrazione nella città, più cittadinanza. Vogliamo cure per i nostri congiunti e cure dei luoghi di cura. Il modello lombardo Non siamo contenti dei servizi di psichiatria a Milano e nella Lombardia. Il modello lombardo tanto decantato si presenta poco efficace e poco efficiente. Del resto è la Regione stessa ad affermarlo. Nella Monografia “Il Sistema di Salute Mentale di Regione Lombardia” sono evidenziati diversi punti di criticità:

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- l’incapacità del sistema di favorire l’accesso ai servizi alle persone giovani ed ai soggetti più fragili ed emarginati. I CPS, porta d’accesso alle unità operative, “per la caratteristica dell’offerta, orari e spazi, sono … meno in grado di attrarre le persone giovani”. E’ evidenziata inoltre la scarsa attività domiciliare (solo 1 decimo delle persone trattate ne usufruiscono) e di riabilitazione psicosociale nel territorio (solo il 5 per cento delle attività dei CPS ha carattere riabilitative). Abbiamo il 56% delle risorse assorbite dalla residenzialità, (aumento del 62% in cinque anni delle giornate di degenza erogate), dedite prevalentemente a custodia, contenimento, se va bene intrattenimento. La critica, evidenziata nella monografia, è postulata nello stesso tempo come sfida da vincere. Ci interroghiamo circa la coerenza della proposta del Comune di Milano con gli auspici formulati dalla Regione stessa. Si va in una direzione opposta. Cosa si sta facendo? Si dice che non ci sono risorse. Nò, non è vero, di risorse ne vengono spese molte, solo che sono malamente indirizzate. Se facciamo un confronto con i dati nazionali, troviamo che la Lombardia è persino sotto la media nazionale, che pure non è tanto alta: Interventi extra CPS : Lombardia 18%, FVG 74%, Media 24% Pazienti visitati nella sede dei CPS: Lombardia 82%, FVG 26% Operatori: Lombardia 17 per 100.000, - 50 rispetto i Progetti Obiettivo Nazionali FVG 49 per 100.000, - 18 “ Abbiamo riempito le comunità dove spesso, facendo girare i malati da una comunità all’altra, la permanenza diventa perenne, e dove di riabilitazione non se ne fa. Non abbiamo personale che esce e che va a trovare le persone nelle proprie case per visite domiciliari, a trovare, appunto, “i persi di vista”. Non solo c’è poco personale ma c’è personale precario che cambia in continuazione, sottopagato, che non può garantire una continuità terapeutica. I CPS sottodimensionati rispetto alla media lombarda non trovano psichiatri perché le A.A.O.O. offrono contratti non strutturati a 19 euro all’ora che risultano non appetibili per uno psichiatra. Noi familiari Come familiari, non possiamo accettare che il destino e il percorso da seguire dei nostri congiunti, madri, padri, fratelli, sorelle, figli, figlie, nipoti, amici, sia tracciato dalla non competenza clinica delle Forze dell’Ordine. Non possiamo accettare che i nostri congiunti siano calpestati nei loro diritti, colpiti nella dignità, ridotti a stigmate della contenzione fisica e farmacologia e talvolta delle percosse. Si sa dalle statistiche che l’aspettativa di vita per i malati psichici è di circa 20 anni in meno rispetto alle altre persone. A stigma si verrebbe aggiungere altro stigma. Al bisogno di accoglienza e di promozione della fragilità, al bisogno di legame sociale, integrazione nella città si offre obbligatorietà di cura con reclusione, custodia, contenzione farmacologia e fisica. Si dice nel documento che è, appunto, per i casi gravi, i dispersi, i violenti, per proteggerli dalla loro auto aggressività e per proteggere i cittadini dalle possibili violenze e passaggi all’atto dei malati psichici. E’ evocata la presunzione di pericolosità, la stessa su cui si basava la legge manicomiale del 1904. A riunioni istituzionali tra addetti ai lavori succede, infatti, di sentire riferimenti a “quelli che

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proprio hanno la violenza nel loro dna, per loro c’è solo la contenzione, con loro non si può fare diversamente,”. Nessuna scienza ha mai dimostrato che esiste la persona violenta per natura, come del resto anche le neuroscienze prospettano. Tanto meno si possano a priori preventivare gli agiti. Certo in conseguenza di incurie e vessazioni, è possibile ipotizzare che per reazione vi possano essere agiti. Il destino di ciascuno, sano o malato, è segnato da ciò che incontra nella propria vita, dall’offerta fatta da parte di chi se ne prende cura, dalla capacità di accoglienza, di sostegno, di inclusione nel legame. Certo occorre un Altro che creda nella forza della parola, dell’accoglienza, dell’incontro, della relazione ed in coerenza a ciò prospetti le proprie strategie di recupero, a partire dalla centralità della persona che precede la malattia stessa. Pur in una logica di diritti e doveri. Le buone pratiche, anche di noi familiari, anche di fronte a situazioni di violenza ne sono una testimonianza. Non è con la restrizione della libertà altrui che difendiano la nostra incolumità, che ci proteggiamo dalla nostre angosce e paure. La diversità dell’altro, il matto, il diverso, il tossicodipendente, il “violento” sono cartine di tornasole che rivelano le nostre angosce e paure di fronte all’incertezza, alle preoccupazioni e alla precarietà del vivere quotidiano. L’antidoto passa dal favorire l’espressione nostra e altrui, dall’incontro, dalla relazione, dall’arricchimento portato dalle reciproche diversità, dalla promozione delle singolarità. Sono questi i compiti etici della psichiatria sanciti dalla Legge 180. Considerazioni Noi familiari siamo qui ad affermare il diritto alla cura in difesa della fragilità dei nostri cari, con la consapevolezza che prima della scienza viene l’essere umano con le sue attese, paure, desideri, fragilità che non necessariamente vanno rubricate tutte nel registro della “malattia” della quale i tecnici s’impossessano espropriandoci della nostra umanità. Basaglia tutto ciò lo aveva capito e per questo aveva postulato di mettere tra parentesi la malattia, non per negarla, ma per porre come condizione preliminare ad ogni possibile cura, la restituzione della libertà e della cittadinanza alle persone. Non esiste “la malattia”, non esiste la schizofrenia, ma esiste il malato, lo schizofrenico, una persona con delle difficoltà che va aiutato. Non dobbiamo assoggettarci al sapere di quei psichiatri, oggi sempre più sono di ritorno, che pensano che esista, perché “dimostrato scientificamente” secondo loro, il deficit cognitivo, la malattia cronica già a vent’anni, con l’unica possibilità della contenzione farmacologia, fisica e dell’elettroshoc e che esiste il germe della violenza. I farmaci sono certo necessari, la questione è in quali dosi e cosa d’altro dovrebbe essere proposto insieme La scienza deve essere al servizio dell’uomo e non viceversa. Di scientifico sulla malattia mentale non si sa niente, nemmeno le immagini del cervello aggiungono molto, evidenziano solo degli effetti, registrano uno stato, dicono poco o nulla sulle prospettive, sulle evoluzioni. Su questo dice molto di più la relazione, anche sul delirio. Non c’è corrispondenza tra cervello e mente, tra i due c’è un salto che la scienza non spiega. Il cervello è un organo come altri, la mente riguarda quella dimensione che chiamiamo psiche, anima, intelligenza, spirito, che potremmo riassumere nella parola relazione: relazione del soggetto con il proprio corpo, con gli altri, con il mondo, con le istituzioni, quella che chiamiamo la dimensione simbolica. Abbiamo come familiari un ruolo fondamentale per i destini dei servizi della salute mentale. Dobbiamo evitare che tra psichiatria e politica si stabilisca, o ritorni, lo storico rapporto di complicità perversa e mortifera, che li vede entrambi coalizzati a rispondere di più ai bisogni di sicurezza che ai bisogni di cura e prevenzione. Siamo sensibili ai bisogni di sicurezza dei cittadini quanto lo siamo per i bisogni di cura dei nostri congiunti, ma non siamo disponibili ad attribuire i problemi della sicurezza a categorie particolari

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come quelle della diversità, siano esse gli stranieri, i rom, i tossicodipendenti o i malati mentali i quali, come ben dimostrano le statistiche, più che commettere violenza la subiscono o la commettono maggiormente quando sono lasciati in stato di abbandono, quando i servizi li hanno disabbonati o lasciati disabbonare alle cure. I dispersi vanno cercati con le buone pratiche come da altre parti si fa e vanno accompagnati ad acconsentire ad un percorso di cura individualizzato. I risultati di ricercatori americani sugli homeless, i senza fissa dimora, che hanno come modello di offrire una casa e poi un lavoro con risultati positivi a breve termine, ma negativi dopo a medio e lungo termine, comparate con le sperimentazioni fatte a Milano, che invece partono dalla costruzione della relazione come lavoro preliminare prima di offrire la casa e il lavoro, con risultati positivi duraturi nel tempo, dimostrano quanto sia fondamentale il lavoro sulla relazione. La violenza si combatte con i servizi e con le buone pratiche e non con lo stato di necessità e le cure coatte e custodialistiche. Per questo ci preoccupano anche le proposte di modifica della L 180 in discussione in Parlamento che prospettano, maggiore contenzione, TSO prolungati, reclusione in comunità o cliniche private. Non siamo disponibili a scorciatoie che non risolvendo i problemi aggravano lo stigma e la condizione di vita di chi ha bisogno di cure, di essere accolto e aiutato a inserirsi nel legame sociale. Siamo talvolta chiamati sia dai politici, sia dalla psichiatria a collaborare, ed è buona cosa e anche nostro compito dare tutta la nostra collaborazione, a condizione che gli obiettivi su cui siamo chiamati in causa siano congrui con la nostra missione di promuovere la salute e la dignità delle persone di cui ci occupiamo. Sì a collaborare, no a lasciarci usare e strumentalizzare per fini che esulano dalle buone pratiche sanitarie e sociali. Valerio Canzian Urasam Lombardia Tel. 347 7035105

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ConvegnoCURA, NON CUSTODIA

non c’è salute senza salute mentale

INTERVENTO di Chiara CREMONESIMilano, 7 maggio 2010

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SALUTE MENTALE E SALUTE MENTALE E REGIONE LOMBARDIAREGIONE LOMBARDIA

DATI E PRIME CONSIDERAZIONI

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SALUTE MENTALE E REGIONE LOMBARDIASALUTE MENTALE E REGIONE LOMBARDIADATI E PRIME CONSIDERAZIONI

PERSONALE

NON SI HANNO DATI RECENTI (2005)IL PERSONALE NELLE STRUTTURE PUBBLICHE DAL 1999 AL 2005 E’ COMPLESSIVAMENTE LO STESSO.AUMENTANO GLI EDUCATORI E AUSILIARI E DIMINUISCONO GLI INFERMIERINEL SETTORE PRIVATO SI NOTI LA DIFFERENTE COMPOSIZIONE PERCENTUALE DEL PERSONALE: MENO MEDICI ,PSICOLOGI. INFERMIERI E IL 60% DEL PERSONALE IMPIEGATO E’COMPOSTO DA AUSILIARI ED EDUCATORI

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SALUTE MENTALE E REGIONE LOMBARDIASALUTE MENTALE E REGIONE LOMBARDIADATI E PRIME CONSIDERAZIONI

“Il numero degli utenti trattati nei Dipartimenti di Salute Mentale e nelle Strutture Private accreditate è andato crescendo negli ultimi sette anni, in misura più vivace fino al 2002 e più lenta negli anni successivi. Nel 2005 in Lombardia un cittadino su settanta ha avuto almeno un contatto nell’anno con i servizi psichiatrici, mentre nel 1999 era in contatto un cittadino su novanta.

Dal punto di vista demografico gli utenti sono prevalentemente di sesso femminile, mentre la composizione per età riflette l’invecchiamento della popolazione generale, con un’ampia percentuale di pazienti al di sopra dei 45 anni. La ridotta accessibilità dei Dipartimenti di Salute Mentale alle fasce piùgiovani di popolazione è testimoniata dal minore incremento dei soggetti con meno di 35 anni. Questo dato dovrebbe indurre a riflettere su quanto queste strutture siano ancora percepite come stigmatizzanti dalle persone giovani, nonostante le indagini di popolazione, condotte anche recentemente in Italia, confermino una significativa presenza di disturbi mentali in età giovanile e quindi un bisogno di cure non soddisfatto.”

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SALUTE MENTALE E REGIONE LOMBARDIASALUTE MENTALE E REGIONE LOMBARDIADATI E PRIME CONSIDERAZIONI

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SALUTE MENTALE E REGIONE LOMBARDIASALUTE MENTALE E REGIONE LOMBARDIADATI E PRIME CONSIDERAZIONI

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SALUTE MENTALE E REGIONE LOMBARDIASALUTE MENTALE E REGIONE LOMBARDIADATI E PRIME CONSIDERAZIONI

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SALUTE MENTALE E REGIONE LOMBARDIASALUTE MENTALE E REGIONE LOMBARDIADATI E PRIME CONSIDERAZIONI

Aumento dei posti letto nelle comunità protette

60% privati !

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SALUTE MENTALE E REGIONE LOMBARDIASALUTE MENTALE E REGIONE LOMBARDIADATI E PRIME CONSIDERAZIONI

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SALUTE MENTALE E REGIONE LOMBARDIASALUTE MENTALE E REGIONE LOMBARDIADATI E PRIME CONSIDERAZIONI

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SALUTE MENTALE E REGIONE LOMBARDIASALUTE MENTALE E REGIONE LOMBARDIADATI E PRIME CONSIDERAZIONI

+ Attivitàriabilitative - Attività di

risocializzazione

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SALUTE MENTALE E REGIONE LOMBARDIASALUTE MENTALE E REGIONE LOMBARDIADATI E PRIME CONSIDERAZIONI

Le attivitàterapeutiche

e di cura sono circa il

10%

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SALUTE MENTALE E REGIONE LOMBARDIASALUTE MENTALE E REGIONE LOMBARDIA

DATI E PRIME CONSIDERAZIONI

CENTRI DIURNI  1999  2000  2001  2002  2003  2004  2005 

Numero pazienti rilevati  2.840  3.151  3.640  4.010  4.122  4.145  4.341 

Numero interventi rilevati  146.839  171.934  203.890  241.981  261.333  280.927  289.739 

SERVIZI PSICHIATRICI DI DIAGNOSI E CURA  1999  2000  2001  2002  2003  2004  2005 

Numero pazienti rilevati  11.269  11.929  12.617  13.449  13.344  13.974  13.977 

Numero ricoveri SPDC rilevati  21.095  21.535  21.188  22.369  21.416  22.463  22.141 

Numero ggdd SPDC rilevate  240.825  250.676  257.224  276.364  264.686  291.923  313.732 

CENTRI RESIDENZIALI DI TERAPIE PSICHIATRICHE  1999  2000  2001  2002  2003  2004  2005 

Numero pazienti rilevati  1.044  1.243  1.370  1.471  1.584  1.713  1.781 

Numero ricoveri CRT rilevati  2.601  3.132  3.577  3.122  3.265  3.591  3.602 

Numero ggdd CRT rilevate  156.393  175.029  200.123  222.859  246.454  252.784  261.436 

COMUNITA' PROTETTE  1999  2000  2001  2002  2003  2004  2005 

Numero pazienti rilevati  984  1.186  1.635  2.164  2.526  2.489  2.970 

Numero ricoveri CP rilevati  1.886  2.141  2.674  3.769  4.275  4.326  5.022 

Numero ggdd CP rilevate  217.760  303.225  376.093  525.563  618.284  625.038  762.799 

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Quindi sulla “Pericolosità sociale”si può affermare che:

• Non esista la figura del “pericoloso sociale”• E’ una figura che ha creato la comunità• Meglio dire è una situazione che può rendere “pericolosa” una persona con

disturbi di comportamento• Molto spesso è uno sbaglio della società a far questo. (es, porto d’armi…)• Non si deve dare il messaggio che chi è malato è pericoloso, così lo si

allontana lo si isola , lo si criminalizza. Vediamo appunto che nel Tavolo voluto dal Comune di Milano si consegna ai vigili urbani, ai carabinieri il compito di controllare;di segnalarli.

• Quindi è un ritorno indietro: non si investe nella cura, ma nella custodia.. Il vero problema quindi è la comunità: dove sono le reti solitarietà?. Viviamo in una realtà politica che scaricare sui più deboli, come immigrati e

persone con disagio psichico i probelmi della società: non ha funzioni di governo e di garanzia di diritti uguali per tutti!

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Che cosa deve cambiare?

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Il Ruolo dei CPS• Deve esserci un diverso approccio.• Non si migliora il servizio solo aumentando il numero di

personale medico- infermieristico. • Si deve invece cambiare STILE di lavoro, ci deve essere

un progetto nel quale entrino in modo attivo sia personale sanitario sia il familiare .

• Per fare questo si deve definire qual è obiettivo dei Piani per la salute mentale e si deve investire nella formazione del personale.

• Non si deve pensare alla custodia, ma alla cura, alla prevenzione, alla presa in carico: questo è il punto da cui partire!

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Salute mentale ed EuropaIn relazione all'obiettivo riconoscimento di diritti l'Anno europeo dovrebbe:• far sì che il pubblico riconosca i diritti fondamentali e i bisogni dellepersone in condizioni di povertà;• correggere gli attuali stereotipi legati alle persone in condizioni di povertà e di esclusione mediante campagne informative, copertura sui mass media e finanziamento di progetti da inserire in programmi culturali generali;• aiutare le persone che vivono in condizioni di povertà ad avere maggiore fiducia in se stesse dando loro accesso a un reddito dignitoso e a servizi d'interesse generale.

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DOMANDE• Come mai il Comune di Milano - che guarda sempre all’Europa -

decide, tramite il proprio Assessorato alla Salute, di istituire il Tavolo per la Prevenzione e Sicurezza nell’area della Salute Mentale, proprio quando l’Europa ha dichiarato il 2010 “l’anno per combattere la povertà e l’esclusione sociale” ?

• Qual è la motivazione/finalità che spinge a giustificare l’istituzione con la partecipazione al Tavolo tra l’altro della Polizia di Stato(Questura), dell’Arma dei Carabinieri e della Polizia Locale,visto che i dati - anche qui esposti - né ci fanno vedere un aumento esponenziale di questi cittadini con diagnosi di disturbi mentali, né ci fanno osservare un’aumentata “pericolosità sociale”?

• Perché la Regione Lombardia – nella sua visione ospedalocentrica -ha pensato di dare la risposta a questo tema ancora una volta negli ospedali depotenziando le struttire territoriali?

• Cosa ne pensano gli psichiatri milanesi?• Cosa ne pensa il personale socio-sanitario?• Quali risposte siamo in grado di dare ai familiari/parenti?

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Conclusioni• Questo convegno è per me il punto di partenza

per un percorso da fare assieme in diverse istanze.

• Da parte mia mi impegnerò a livello regionale:• A) presentando un odg sul tema di oggi;• B) impegnandomi nel sostenere le istanze della

salute mentale all’interno della terza Commissione consiliare regionale;

• C) preparando in autunno un convegno che coinvolga attori diversi: politici, sindacato, operatori sanitari, associazioni, familiari.