ASSOCIAZIONE NAZIONALE ARCHIVI ARCHITETTURA … · Ricci e Antonello Alici, con la direzione di...
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A A A I T A L I A
Andrea Aleardi. Il modello di architettura, da indagare nella complessità e varietà del suo
impiego e delle sue forme. Come strumento dell’architetto per l’ideazione e la costruzione
del progetto, come rappresentazione tridimensionale per la committenza, come strumento
per verifiche e test delle strutture, nell’impiego per la didattica delle scuole e dei musei e
per una più agevole comunicazione nelle occasioni espositive. Esaurita la sua funzione
primaria, il modello di architettura assume il valore di documento della storia del progetto e
della costruzione, entra negli archivi degli studi professionali, dei committenti oppure
confluisce nelle collezioni dei musei e delle università, sollevando problemi di corretta
esposizione, di conservazione, catalogazione, restauro. Su queste considerazioni d’avvio ha
preso corpo e forma questo numero del bollettino annuale di AAA-Italia, curato da Giuliana
Ricci e Antonello Alici, con la direzione di Patrizia Gabellini, a cui hanno contribuito come
sempre molti degli esperti e delle istituzioni della nostra associazione. Anche in
quest’occasione particolarmente ricco di informazioni, segnalazioni e spunti per
l’approfondimento con particolari aperture, oltre alle attività ordinarie, da una parte al
mondo di Pier Luigi Nervi nell’ambito delle molte celebrazioni in corso e dall’altra con uno
sguardo a quella “architettura seconda” che è il mondo del design, i cui confini disciplinari
spesso si sovrappongono a quelli dell’architettura e dove lo strumento del modellare, saltate
le scale, diventa primario strumento di progetto. Sempre più il Bollettino di AAA-Italia diventa
un’occasione di ricerca, emersione, precisazione di temi attorno alle questioni degli archivi
e in questi anni abbiamo cercato di moltiplicare gli strumenti, le attività e le iniziative per
allargare quanto più possibile la discussione interna e verso l’esterno per valorizzarne il
ruolo. Un sito web sempre più dinamico e pieno di contenuti sta diventando il centro
informativo di riferimento, mentre l’avvio di attività formative con grande partecipazione
consolidano quella preziosa modalità di scambio e condivisione di saperi per valorizzare le
professionalità in campo. Altri recenti importanti appuntamenti verso l’esterno sono stati le
iniziative a sostegno della ricostruzione dell’Aquila, la partecipazione al ricchissimo documentario
“Archivi di Architettura” di Rai Educational e l’istituzione delle Giornate nazionali degli
Archivi di Architettura, per aprire al territorio le attività dei nostri istituti. Con questo numero
chiude anche l’attività di mandato del Comitato Tecnico Scientifico e Organizzativo che ha
accompagnato l’associazione negli ultimi tre anni, a cui va un sentito ringraziamento nelle
persone di Antonello Alici, Elisabetta Pagello, Elisabetta Reale, Giuliana Ricci, Teresita Scalco
ed Esmeralda Valente per aver condiviso con creatività e passione questo nostro progetto
comune. Infine una mia personale nota di commiato per la fiducia accordata con la possibilità
di presiedere l’associazione in questi ultimi due mandati, pieni di coinvolgenti iniziative, felici
incontri e nuove aperture con un amichevole augurio a coloro che continueranno l’opera.n° 1
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ASSOCIAZIONE NAZIONALE ARCHIVI ARCHITETTURA CONTEMPORANEA • BOLLETTINO N° 10
Pier Luigi Nervi, Antonio Nervi, Campbell, Aldrich, Modello strutturale del Rupert Thompson Ice Arena HockeyRink, Dartmouth College, Hanover, New Hampshire (1967-1975), ISMES di Bergamo. Collezione DARDUS,Biblioteca Centrale Polo Monte Dago, Università Politecnica delle Marche, Ancona.
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REDAZIONALE
Giuliana Ricci. “L’architettura è fra le ar-
ti del disegno la più noiosa”. Così Ca-
millo Boito spiegava la difficoltà di co-
municare dell’architettura e, si può ag-
giungere, del disegno di architettura. Le
accademie tentavano di gettare un pon-
te con i visitatori, esponendo disegni ar-
chitettonici di fianco a quadri e sculture;
ma gli stessi periodici dedicavano ai
progetti esposti meno righe che a pittu-
ra e scultura, nonostante promuovessero
spesso articoli su questioni edilizie e lo-
calizzazioni creando un’opinione pub-
blica più informata.
Nelle grandi esposizioni universali dalla
metà dell’Ottocento, invece, l’architettura
diventa, attraverso i padiglioni, episodio
nella catena di attrazioni proposte ai visi-
tatori, quasi Learning from Las Vegas an-
te litteram. I padiglioni, in fondo, sono
modelli facilmente smontabili anche per
i materiali utilizzati (legno, tela e gesso o
intelaiature in ferro). Veri plastici, inoltre,
affiancano disegni di progetto nelle se-
zioni dedicate all’architettura per illustra-
re edifici pubblici altrimenti enigmatici
nella loro ampiezza e complessità.
Fino dal Medioevo, del resto, personaggi
della nobiltà e del clero sono celebrati
nell’atto di offrire modelli di chiese nella
narrazione agiografica di affreschi e
sculture. Da quel momento presentare un
modello significò raccontare in scala i
caratteri principali di un edificio, gene-
ralmente senza restituirne materiali e co-
lori, modalità disprezzata da Leon Batti-
sta Alberti. Gli obiettivi erano mostrare la
vastità dell’impianto, l’imponenza delle
soluzioni di copertura a volta o a cupola
e, in certi casi, la distribuzione degli spa-
zi interni, verificabile grazie a ingegnosi
dispositivi di apertura. Tali modelli pos-
sono promuovere, oggi, studi comparati
con i disegni e con la realizzazione, fa-
cendo riflettere sugli scarti, le variazioni
iconografiche, le ipotesi strutturali.
È la committenza religiosa a favorire la
produzione del maggior numero di mo-
delli sia in occasione di incarico a un sin-
golo progettista che di episodi concor-
suali che mettono a confronto l’acutezza
delle concezioni. Studiando questi pas-
saggi storici Hellmut Hager ha fatto sco-
prire un vero museo di architettura nei
recessi della basilica di S. Pietro.
Dopo il periodo rinascimentale, che pre-
dilige il modello in legno senza decora-
zione, la committenza principesca e rea-
le nel periodo barocco e tardobarocco
esige modelli che ricreino illusoriamen-
te, con la struttura in legno stuccata a di-
pinta, persino gli ambienti interni. Come
non ricordare il plastico dello scalone
per la Reggia di Caserta di Vanvitelli, an-
cora oggi apprezzabile, mentre molti
plastici di edifici o di parti significative
(scaloni, cappelle, padiglioni da giardi-
no) sono andati perduti nelle alterne vi-
cende delle case regnanti?
Che nel XVI secolo il modello fosse en-
trato usualmente nel percorso progettuale
dovrebbe fare riflettere sulle connessioni
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CONTRIBUTI
INDICE
CONTRIBUTI
REDAZIONALE
IL MODELLO ARCHITETTONICO COME DOCUMENTO DELL’ITER PROGETTUALE:L’ARCHETIPO DI ERNESTO BASILE (PALERMO 1857-1932) PER IL PALAZZODELL’AULA DEI DEPUTATI DEL REGNO D’ITALIA
MODELLO E COLLAGE FOTOGRAFICO NELL’OPERA DI PIERO BOTTONI(MILANO 1903-1973)
ARMANDO BRASINI (ROMA 1879-1965) E IL MODELLO DI ARCHITETTURA
IL PATRIMONIO DI OGGETTI E MODELLI DELLO STUDIO MUSEOACHILLE CASTIGLIONI (MILANO 1918-2002)
IL LABORATORIO DI GIOVANNI SACCHI(SESTO SAN GIOVANNI 1913 - MILANO 2005):MODELLISTA PER L’INDUSTRIAL DESIGN E L’ARCHITETTURA
I MODELLI DELL’ARCHIVIO DELLO STUDIO DI ARCHITETTURA E INDUSTRIALDESIGN DE PAS-D’URBINO-LOMAZZI PRESSO IL CASVA
DOCUMENTI “SOLIDI”. L’ARCHIVIO DI CESARE LEONARDI (MODENA 1935)
I MODELLI DEL FONDO FRANCO MARESCOTTI(PESARO 1908 - S. GREGORIO DI CATANIA 1991)LA CASA DELLA CITTA', UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI CATANIA
I MODELLI DI GIOVANNI MICHELUCCI (PISTOIA 1891 - FIRENZE 1990)
DOSSIER PIER LUIGI NERVI (SONDRIO 1891 - ROMA 1979)
LE TAPPE DELLE CELEBRAZIONI NERVIANE DAL 2009 AL 2012
I MODELLI STRUTTURALI DI PIER LUIGI NERVI: 1935-1974
PIER LUIGI NERVI: I MODELLI DELLA COLLEZIONE DI ANCONA
CONSERVARE, ESPORRE, REALIZZARE MODELLI NEL MUSEO:IL CASO DEL MAXXI ARCHITETTURA
I PLASTICI NEGLI ARCHIVI DI ALCUNI ARCHITETTI ROMANI:TESTIMONIANZA DI PERCORSI PROFESSIONALI TRA ARCHITETTURA,DIDATTICA ED ARTE
LA CITTA' UNIVERSITARIA NELL’ARCHIVIO STORICO DELL’UNIVERSITA'DEGLI STUDI DI ROMA LA SAPIENZA
MODELLI ARCHITETTONICI PRESSO L’ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO
UN ATLANTE PER GESTIRE LA COLLEZIONE MODELLI.L’ARCHIVIO PROGETTI DELLO IUAV DI VENEZIA
ESPORRE L’ARCHITETTURA: IL RUOLO DEI MODELLI NELLE MOSTRE E NEICONCORSI DELLA BIENNALE D’ARCHITETTURA DI VENEZIA
MODELLI PER LA DIDATTICA DELL’ISTITUTO STATALE D’ARTE PIETROSELVATICO DI PADOVA
L’ARCHIVIO ALESSI
L’ARCHIVIO MODELLI DELLA CASA DELL’ARCHITETTURA DI LATINA
IL MODELLO DIGITALE DEL MUSEO DI CASTELVECCHIO
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IL MODELLO ARCHITETTONICOCOME DOCUMENTO DELL’ITERPROGETTUALE: L’ARCHETIPODI ERNESTO BASILE(PALERMO 1857-1932)PER IL PALAZZO DELL’AULADEI DEPUTATI DEL REGNOD’ITALIA
Ettore Sessa. Negli archivi fotografici del-
la Dotazione Basile-Ducrot e in quelli dei
Fondi Speciali del Dipartimento di Archi-
tettura, tutti dell’Università degli Studi di
Palermo, le sezioni relative alle riprese fo-
tografiche storiche dei modelli, lignei o in
gesso (più raramente polimaterici), di ar-
chitetture e di arredi costituiscono aliquo-
te apprezzabili delle collezioni conserva-
te. Non tanto sul piano delle dimensioni
documentarie quanto sulla rilevanza che
le singole serie di fotografie hanno in re-
lazione alla comprensione delle modalità
progettuali delle rispettive opere.
In questo corpus trasversale, che riguarda
le attività di diversi protagonisti della cul-
tura architettonica siciliana d’età contem-
poranea (quali Giovan Battista Filippo Ba-
sile, Ernesto Basile, Salvatore Benfratello,
Giuseppe Caronia, Salvatore Caronia Ro-
berti e Antonio Zanca) e dell’Ufficio Tecni-
co della fabbrica palermitana di mobili e
arredi Ducrot, le serie fotografiche dei
modelli documentano prevalentemente
prime versioni oppure fasi intermedie dei
vari progetti (persino nel caso degli arre-
di navali del mobilificio Ducrot).
È cosi, del resto, anche per quel modello
ligneo voluto da Ernesto Basile per il pro-
spetto principale del suo Palazzo dell’Au-
la dei Deputati del Regno d’Italia a Roma
(comunemente detto ampliamento del Pa-
lazzo di Montecitorio). Realizzato nel 1906
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con l’uso della prospettiva. È noto che gli
stessi pittori e scultori, prima di porre
mano all’opera definitiva, usassero pre-
disporre modelli in argilla. È interessante
osservare che proprio mentre nelle pri-
me accademie si affermava il disegno
come matrice comune delle arti e, quin-
di, come rappresentazione bidimensio-
nale dell’idea, s’introducesse la versione
tridimensionale per studiare e approfon-
dire la gerarchizzazione di personaggi e
di spazi. Il modello era già da allora, oltre
che strumento di rapporto con la com-
mittenza, l’episodio tridimensionale che
permetteva di passare «guastando e rac-
comodando…al più bello e al più perfet-
to», come sosteneva Filippo Baldinucci.
Non necessità di studio o di comunica-
zione ma richiamo di memoria e, perché
no, idea di gadget, sono riassunti nei pic-
coli modelli in sughero che dal Settecen-
to in poi alcuni laboratori romani e napo-
letani propongono al mercato del grand
tour a seguito dell’enfasi posta sull’antico
additato come exemplum.
Un’applicazione ancora diversa si svilup-
pa a partire dall’Ottocento per mostrare
in scala al vero agli esecutori materiali
una parte della fabbrica, particolarmen-
te complessa o nuova rispetto alle prati-
che di cantiere. In questa direzione sa-
ranno soprattutto le industrie produttrici
di oggetti per l’arredo a scambiare mo-
delli in legno con i progettisti. Vera guida
ai processi di fabbricazione essi aiutano
a individuare soluzioni tecniche, condi-
zionando anche la filiera esecutiva.
Di fianco allo sviluppo di una produzione
che negli anni sessanta e settanta del No-
vecento accompagna gli studi professio-
nali per facilitarne le operazioni di pro-
getto mettendo sul mercato, accanto a
strumenti sempre nuovi per la definizio-
ne grafica, cartoni di vario spessore e
colore, componenti in legno e soprattutto
in balsa con forme e spessori diversi fino
ai prodotti in polistirolo di differenti den-
sità tagliabili con il filo a caldo, si svilup-
pano ricerche particolari, anche ingenue
e divertite, intorno ai materiali da utiliz-
zare per i plastici: il linoleum o il vetro
per l’acqua, il cartone ondulato per le
coperture a falde, la carta vetrata per la
sabbia, la spugna dipinta per le chiome
degli alberi. Ritenuti meno significativi
della produzione grafica, gettati in un an-
golo o sopra un armadio in una monta-
gna spesso d’incerta stabilità, questi do-
cumenti e i materiali che li compongono
si sono degradati in modo più rapido del
resto della documentazione e presenta-
no agli istituti conservatori e ai privati, ol-
tre a problemi di spazio, meno indagati
problemi di conservazione.
Gli ultimi decenni a partire dalla rivolu-
zione postmoderna, hanno riconsegnato
alla forma nello spazio un’autorità che
suscita alterni dubbi nei critici, ma anche
entusiasmi e stupori nei visitatori.
Questo clima emotivo e progettuale giu-
stifica gli ampi spazi (addirittura interi
piani di edifici come nel caso, non unico,
dello studio di Pei a New York) e la cura
quasi religiosa che la maggior parte de-
gli studi italiani e stranieri dedica oggi ai
modelli, oggetto di riflessione collettiva
da parte dello staff progettuale in occa-
sione di nuovi incarichi.
Anticipando tale inclinazione, anche per
lo sviluppo del concetto di processualità
nelle indagini sul sistema progettuale, non
è un caso che il mondo della cultura (so-
prattutto di lingua tedesca; tra i molti con-
tributi si citano soltanto quelli di Lepik
1994 e di Oechslin 1995) abbia approfon-
dito il tema introdotto nel 1994 dalla mo-
stra di palazzo Grassi a Venezia esplicita-
mente dedicata al modello di architettura.
Del resto in questi ultimi anni si è portata
a maturazione l’esperienza della Cité de
l’architecture grazie alla caparbia co-
stanza di Cohen che ha definito e am-
pliato un progetto già di fine Settecento,
elaborato nell’Ottocento soprattutto da
Viollet-le-Duc. Al Trocadéro non trovia-
mo soltanto parti originali degli apparati
scultorei del medioevo francese e ripro-
duzioni in gesso, ma possiamo persino
inoltrarci nella maquette in scala 1/1 di
un appartamento duplex di Le Corbusier
per l’Unité d’habitation. Le attuali tecni-
che informatiche di modellizzazione
aspirano proprio a questo: proporre la
futura realtà architettonica nel modo più
realistico possibile costruendo virtual-
mente una promenade architecturale.
CONTRIBUTI
Progetto di Ernesto Basile, esecuzione della Sezione Modelli del mobilificio Ducrot con la collaborazione diAntonio Ugo, Modello ligneo del prospetto principale del Palazzo dell’Aula dei Deputati del Regno d’Italia aRoma. Archivio Fotografico Basile, Dotazione Basile-Ducrot, Facoltà di Architettura di Palermo.
Progetto di Ernesto Basile, esecuzione della Sezione Modelli del mobilificio Ducrot, Modello ligneo dell’Aula deiDeputati del Regno d’Italia nell’ampliamento di Palazzo Montecitorio a Roma. Archivio Fotografico Basile,Dotazione Basile-Ducrot, Facoltà di Architettura di Palermo.
modelli, può essere condotta un’esplo-
razione delle esperienze progettuali dai
primi schizzi di studio fino al modello
definitivo dell’opera.
Nell’opera di Bottoni il modello, oltre a
rappresentare uno strumento di verifica
dell’organismo architettonico in sé, ri-
copre un ruolo preciso nello studio del-
l’inserimento nel paesaggio. A contrad-
distinguere questo impiego del modello
è il fotomontaggio, in cui il progetto vie-
ne inserito nel contesto. Una tecnica che
l’architetto milanese governa con note-
vole maestria e che gli consente di veri-
ficare la ‘misura’ dell’organismo archi-
tettonico e di valutare il suo radicarsi nel
paesaggio, spesso secondo una plura-
lità di punti vista. Si tratta di uno stru-
mento a suo modo indispensabile per
perseguire quella che è una costante
del suo lavoro: lo stretto rapporto tra ar-
chitettura e urbanistica.
Fra i molti esempi si possono citare le
serie relative a due progetti non realiz-
zati: 1) il Piano della Conca del Breuil
nell’ambito del Piano regolatore della
Valle d’Aosta, elaborato nel 1936-1937
con Lodovico Belgiojoso; 2) il nuovo
Centro civico di Cattaro, messo a punto
nel 1942 con Leone Carmignani e Mario
Pucci. In entrambi i casi l’ambientazione
raggiunge risultati sorprendenti, capaci
di competere con le odierne restituzioni
virtuali. Una lezione, quella di Bottoni,
che richiama ancora una volta la funzio-
ne di indagine degli strumenti della rap-
presentazione e il loro apporto indi-
spensabile alla ricerca progettuale.
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CONTRIBUTI
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MODELLO E COLLAGEFOTOGRAFICO NELL’OPERA DI PIERO BOTTONI(MILANO 1903-1973)
Oriana Codispoti. I modelli di architet-
tura hanno un posto di primo piano nel
patrimonio documentario dell’Archivio
Piero Bottoni (DPA, Politecnico di Mila-
no), che raccoglie oltre 100.000 unità
documentarie riguardanti l’attività pro-
fessionale, didattica, politica e culturale
di Piero Bottoni e, in misura sporadica, di
altri architetti.
Tra i molti modelli realizzati dallo stesso
Bottoni o sotto la sua direzione, ben po-
chi si sono salvati (quelli relativi al pro-
getto per due edifici in piazza Fontana,
al progetto del quartiere Gallaratese a
Milano e al tavolo in cemento e graniglia
realizzato alla IX Triennale di Milano).
Più ricco è l’elenco dei modelli prodotti
in occasione di mostre ordinate da
Giancarlo Consonni, Lodovico Mene-
ghetti e Graziella Tonon (fondatori del-
l’Archivio nel 1983), che riguardano le
ville Muggia, Davoli e Ludolf, la Fiera di
Milano, il palazzo del governo di Catta-
ro, il circolo ippico di Bologna, la casa
ideale su palafitte, il Quartiere Speri-
mentale QT8, il municipio di Sesto San
Giovanni e, infine, i prototipi di alcuni
oggetti di design. Grazie a questo patri-
monio, l’Archivio Bottoni si configura co-
me uno spazio espositivo aperto alla di-
dattica e alla ricerca, dove, attraverso
disegni, fotografie, documenti scritti e
dalla Sezione Modelli del mobilificio Du-
crot esso avrebbe condiviso con quello
formidabile (ancora esistente) del Teatro
Massimo di Palermo (1867) del padre G.
B. Filippo, anche questo relativo ad una
prima versione di progetto, la palma di
“archetipo” più pregnante della cultura
architettonica dei primi cinquant’anni di
Unità d’Italia se non fosse andato perduto
(insieme ai relativi elaborati grafici finali)
nel rogo che il 3 agosto del 1906 incene-
riva la Sezione Architettura dell’Esposizio-
ne Internazionale di Milano. Unitamente al
modello dell’Aula dei Deputati (che da
solo costò 25.000 lire), a quello della Gal-
leria dei Passi Perduti (che come il primo
verrà prontamente ricostruito per poi es-
sere conservato nell’Archivio Storico del-
la Camera) e a quello del velario dell’Au-
la, il modello del prospetto dell’amplia-
mento di Montecitorio avrebbe costituito
una serie davvero considerevole; essa ri-
produceva (anche con il concorso dello
scultore Antonio Ugo che ne scolpiva la
statuaria di corredo) la prima versione
del 1905 di quello che doveva essere la
prima sede parlamentare modernista
d’Europa, anche se già esemplificativa
della nuova svolta accademizzante del-
l’Arte Nuova di Basile. Una versione la cui
configurazione definitiva (con ancora le
semicolonne e il paramento lapideo inve-
ce delle paraste in travertino e del rivesti-
mento in mattoni e con ancora i tre vani
d’ingresso architravati) oggi conosciamo
solo grazie alla documentazione fotografi-
ca conservata nella Dotazione Basile.
Piero Bottoni, Leone Carmignani, Mario Pucci,Progetto del nuovo centro civico di Cattaro (Albania,ora Montenegro), fotomontaggio con inserimento delplastico, positivo, bianco e nero, 1942. Archivio PieroBottoni, Dipartimento di Progettazionedell’Architettura, Politecnico di Milano.
Progetto di Ernesto Basile, esecuzione della Sezione Modelli del mobilificio Ducrot, Modello ligneo (apribile) dellaGalleria dei Passi Perduti nell’ampliamento di Palazzo Montecitorio a Roma. Archivio Fotografico Basile, DotazioneBasile-Ducrot, Facoltà di Architettura di Palermo.
IL PATRIMONIO DI OGGETTIE MODELLI DELLO STUDIOMUSEO ACHILLE CASTIGLIONI(MILANO 1918-2002)
Gaia Piccarolo (con la collaborazione di
Antonella Gornati). Nel 2006 gli eredi
di Achille Castiglioni hanno firmato un
accordo quinquennale con la Triennale
di Milano per l’apertura al pubblico dei
locali di Piazza Castello 27, sede dello
studio di Livio (fino al 1954), Pier Gia-
como e Achille Castiglioni sin dal 1944.
Fra gli obiettivi dello Studio Museo, ge-
stito dalle collaboratrici storiche di
Achille e che si avvia a trasformarsi nel-
la Fondazione Achille Castiglioni, vi è
quello di completare il lavoro di catalo-
gazione, ordinamento e digitalizzazio-
ne del patrimonio documentario relati-
vo ai più di sessant’anni di attività dello
studio, proseguita dal solo Achille dopo
la scomparsa di Pier Giacomo nel 1968.
Una visita allo studio, che conserva l’a-
ria “vissuta” di uno dei luoghi cruciali
della sperimentazione milanese sul de-
sign, permette di ammirare, fra gli ete-
rogenei materiali conservati (lucidi,
schizzi, disegni tecnici, fotografie, ne-
gativi fotografici in vetro, libri, riviste
ed estratti, ritagli di giornale e filmati)
un numero consistente di modelli, pro-
totipi e oggetti.
Fra le quattro stanze dello studio una è
interamente dedicata ai prototipi e ai
modelli in scala per gli allestimenti e i
progetti di industrial design realizzati da
Achille da solo o in collaborazione con il
fratello Pier Giacomo. Una delle sale
conserva tecnigrafi e altri strumenti di
lavoro, mentre in altre due sono esposti
numerosi oggetti di design, fra cui la
lampada Parentesi o la radio Phonola, e
una eterogenea schiera di oggetti ano-
nimi raccolti da Achille a fini didattici.
Caratteristica dell’approccio proget-
tuale dei fratelli Castiglioni e dei colla-
boratori dello studio era quella di dare
vita con pazienza a ogni intuizione
creativa attraverso l’uso di calchi di
gesso, cartoncini, legno, poliplat e ma-
teriali di ogni genere, al fine di verifica-
re la funzionalità dell’idea e testarne
l’effetto più efficacemente.
I ben 130 modelli conservati sono re-
lativi a progetti dal 1940 al 2001: dal
Gruppo Rionale Fascista, ironicamente
realizzato utilizzando fette di formag-
gio, agli allestimenti itineranti per la
Rai, dal Palazzo della Permanente a
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CONTRIBUTI
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ARMANDO BRASINI (ROMA,1879-1965) E IL MODELLODI ARCHITETTURA
Elisabetta Frascaroli, Elisabetta Procida.
L’Archivio privato di Armando Brasini
(1879-1965) comprende documenti pro-
dotti tra il 1912 e il 1965, tra cui oltre 4000
elaborati grafici, più di 2000 riproduzioni
fotografiche su carta e 1000 negativi su la-
stre in vetro (E. Procida, in collaborazione
con T. Dore ed E. Frascaroli, Inventario del-
l’Archivio e catalogo della biblioteca, Pora-
no, 2003-2004).
L’archivio è caratterizzato dalla presenza
di nove modelli in grande formato ricavati
mediante fusione in bronzo relativi preva-
lentemente a edifici pubblici non realizza-
ti. Per Brasini l’elaborazione di plastici non
è solo un modo di rappresentare l’architet-
tura ma soprattutto un abituale metodo di
lavoro. I suoi progetti prendono forma nel-
la creta dei bozzetti, talvolta anche prima
di essere disegnati, e la loro verifica, che
può riguardare l’edificio inteso quale og-
getto volumetrico o lo studio del suo inse-
rimento nel contesto urbano, avviene at-
traverso la modellazione, nel senso lettera-
le del termine.
Di certo la rappresentazione tridimensio-
nale rende immediatamente comprensibi-
le l’idea progettuale per ogni tipo di com-
mittenza, come attestato da numerosi do-
cumenti che illustrano i successi ottenuti
da Brasini con la presentazione di modelli.
Emblematico è il caso del palazzo Sede
della Cassa Nazionale per gli Infortuni sul
Lavoro (CNI), progettato con l’ingegnere
Guido Zevi. Nel dicembre 1929 la visita al
cantiere di un gruppo di professionisti del
Sindacato Fascista Ingegneri si conclude
davanti ai «modelli e bozzetti in scala
1:20» delle facciate. L’intricata vicenda co-
struttiva rende indispensabile il parere fa-
vorevole di Mussolini che, il 24 settembre
1930, osservando il plastico portato per
l’occasione a palazzo Venezia, esprime «il
suo elogio ambitissimo» e si congratula
con «i geniali progettisti». I modelli sono
utilizzati anche per formulare il preventivo
per la costruzione del palazzo, come risul-
ta dal contratto stipulato tra la CNI e l’im-
presa edile; tale accordo prevede infatti
che i costi per la realizzazione della fac-
ciata in marmo vengano valutati dall’os-
servazione dei particolari nel plastico di
progetto, mentre solo in seguito l’architet-
to fornirà i disegni esecutivi in scala 1:10.
La raccolta presente in archivio evidenzia
inoltre la singolare pratica di Brasini di rea-
lizzare i modelli in bronzo, materiale nobi-
le e resistente scelto quale espressione
della forte aspirazione dell’autore a con-
segnare la sua opera alle generazioni futu-
re, destinando all’immortalità anche gli
edifici non costruiti.
Armando Brasini, Plastico di progetto della chiesa del Cuore Immacolato di Maria, Roma.Archivio privato di Armando Brasini, Porano (Terni).
Lo Studio Museo Achille Castiglioni, Milano.
disegno, ponendosi sempre in relazione
dialettica con i propri committenti.
Nel 1948 abbandona la realizzazione dei
modelli in legno per gli stampi delle fon-
derie grazie all’incontro con Marcello
Nizzoli, che lo stimola ad intraprendere la
strada della modellistica per il design e
l’architettura; poco dopo rileva una botte-
ga di falegname in via Sirtori a Milano
dove, fino al 1997, si fonde la maestria ar-
tigianale alla nascente cultura dell’indu-
strial design.
Per anni in questo laboratorio creativo si
tessono sperimentazioni e incontri con i
grandi architetti e designer (Nizzoli, Gio
Ponti, Albini, Zanuso e i Castiglioni), che
attraverso il confronto diretto con la terza
dimensione potevano verificare la validità
delle proprie ipotesi progettuali.
Particolare attenzione merita la felice lia-
sion con Achille Castiglioni, al quale Sac-
chi era accomunato da una naturale pre-
disposizione al sorriso, dalla stessa pas-
sione per le qualità tattili e l’evoluzione
formale degli oggetti. A partire dal 1958
Sacchi realizza per Castiglioni il modello
per una macchina fotografica per bambi-
ni che non entrerà mai in produzione; un
oggetto troppo moderno e innovativo per
l’epoca, oggi invece estremamente attua-
le proprio per le sue qualità ergonomi-
che. Nel caso delle posate Dry (prodotte
da Alessi), invece, tutti i passaggi del pro-
getto e le fasi produttive sono stati studia-
ti direttamente nei prototipi in legno.
Le maquette di Sacchi invitano all’esplora-
zione tattile, anche quando ci si sposta su
scala urbana, dove divengono strumento
di comprensione e comunicazione del-
l’architettura, come nel caso del modello
planimetrico in legno per la Fiera di Alge-
ri realizzato nel 1964 per i fratelli Casti-
glioni e Marco Zanuso.
A conclusione della sua attività (1997),
Sacchi sognava di realizzare un museo di
modelli di design e architettura; sogno
realizzatosi prima con l’ingresso della sua
opera nella collezione permanente del
Triennale Design Museum (grazie all’ac-
quisizione da parte della Regione Lom-
bardia di 324 plastici di studio) e poi nel
2009 grazie alla fondazione ISEC, presso
il Museo dell’industria e del lavoro di Se-
11
CONTRIBUTI
10
Milano, all’allestimento per la mostra
di Fernand Léger, fino alla valigetta da
rappresentante con i modellini in legno
di quattro chiese parrocchiali, essi rac-
contano un cammino che rivela come il
padre Giannino Castiglioni, pittore e
scultore realista, abbia trasmesso ai figli
l’amore per la materia, per il gesto ma-
nuale: «Io parto sempre da un’idea – di-
ceva Achille negli anni ‘80 – e poi la mo-
difico e la metto a punto nel realizzarla.
C’è molta modellistica nel mio lavoro,
anche perché sono figlio di uno scultore
e ho sempre visto mio padre lavorare
con le mani e plasmare la materia per
darle via via la forma voluta».
IL LABORATORIO DIGIOVANNI SACCHI(SESTO SAN GIOVANNI 1913- MILANO 2005):MODELLISTA PERL’INDUSTRIAL DESIGN EL’ARCHITETTURA
Teresita Scalco. «Il disegno è la bozza
dell’idea, ma con il modello hai la realtà
del progetto» sosteneva Giovanni Sacchi,
‘maestro’ modellista d’eccellenza, la cui
opera ha inciso profondamente nella cul-
tura del progetto del secondo dopoguer-
ra italiano grazie alla capacità d’interpre-
tare e dar forma alla bidimensionalità del
Lo Studio Museo Achille Castiglioni, Milano.
Giovanni Sacchi, Modello per il progetto ‘macchinafotografica per ragazzi’ (non realizzato) di Achille ePier Giacomo Castiglioni per Ferrania, 1958. StudioMuseo Achille Castiglioni, Milano.
sto San Giovanni. Qui un’esposizione per-
manente valorizza non solo un corpus di
documenti e modelli dell’Archivio Sacchi
(67 modelli di architettura, 366 prototipi e
pezzi di design), ma anche il laboratorio
di modellistica con i macchinari e le at-
trezzature originali, a sottolineare la rile-
vanza del contributo di Sacchi alla storia
del design e dell’architettura.
possedere. Il pongo diventa, quindi, il si-
stema ottimale per rendere la soffice e
accogliente qualità degli imbottiti: con i
suoi vivaci colori, esso delinea netta-
mente i volumi e, accortamente inciso,
indica persino i grafismi delle cuciture
delle fodere.
La stessa tecnica viene applicata per “in-
terpretare” le sedute in poliuretano e i
loro rivestimenti, mentre le più regolari
geometrie dei tavoli sono realizzate con
legno, metallo e plexiglass. Oggetti dalle
forme plastiche, come il recente annaf-
fiatoio Kiwi per Alessi (2008), sfruttano la
modellabilità della creta o della cartape-
sta, mentre legno, cartone, poliplat sono i
componenti principali dei modelli di al-
lestimenti espositivi e di edifici.
Il legno e il metallo tornano anche nell’i-
deazione di prodotti dotati di snodi e ci-
nematismi, come il leggio Fiamma per
Alessi (2009), il cui modello dimostra,
prima di tutto ai suoi progettisti, la
bontà della concezione di partenza. I
plastici, infatti, non sono destinati al
cliente, ma alla discussione tra gli auto-
ri stessi, perché rappresentano il primo
momento di studio dell’oggetto archi-
tettonico o di design. Tuttora in attività,
Donato D’Urbino e Paolo Lomazzi con-
tinuano – tra un’intuizione e l’altra – a
produrre nuovi modelli e progetti nel
loro laboratorio di corso XXII Marzo a
Milano e si divertono lavorando.
13
CONTRIBUTI
12
I MODELLI DELL’ARCHIVIODELLO STUDIO DIARCHITETTURA EINDUSTRIAL DESIGNDE PAS-D’URBINO-LOMAZZIPRESSO IL CASVA
Maria Teresa Feraboli.Donato al CASVA
dal Comune di Milano all’inizio del 2010,
l’archivio dello studio di architettura e
design De Pas-D’Urbino-Lomazzi si è ri-
velato ricco di materiali diversi e parti-
colarmente interessanti. Questi vanno
dallo schizzo al disegno di architettura e
di industrial design, dalle stampe fotogra-
fiche alle immagini digitali, dalla docu-
mentazione scritta ai modelli in scala di
abitazioni, allestimenti e oggetti d’uso.
Ancora più dei disegni, i modelli espri-
mono con schiettezza il contenuto speri-
mentale del metodo di progettazione
dello studio, riassunto dalle parole di Do-
nato D’Urbino: «un’idea, un modello, un
progetto». Lette in quest’ordine, infatti,
queste parole esprimono l’attitudine de-
gli architetti a tradurre l’immediatezza di
un’ipotesi progettuale nella concretezza
di un plastico, per verificarne le propor-
zioni, il funzionamento e la fattibilità. Sol-
tanto in seguito a tale verifica, il progetto
viene elaborato attraverso il disegno tec-
nico. Ecco perché i modelli – specie
quelli dedicati al furniture design – sono
sviluppati con la stessa immediatezza
con la quale nasce l’idea, impiegando
una notevole varietà di materiali insoliti,
capaci però di esprimere in maniera di-
retta le caratteristiche che l’oggetto deve
Modello del leggio “Fiamma” per Alessi (aperto),2009. Archivio dello Studio De Pas-D’Urbino-Lomazzi,CASVA, Milano.
1514
DOCUMENTI “SOLIDI”.L’ARCHIVIO DI CESARELEONARDI (MODENA 1935)
Francesco Samassa. Modena ovest. Vil-
laggio artigiano, avamposto della ripresa
sociale ed economica del secondo do-
poguerra progettato nel 1953 da Mario
Pucci (Modena, 1902-1979). All’interno
del quartiere una casa-studio di un altro
architetto e designer, ma anche fotografo
e pittore, stipata delle tracce concrete
della sua vulcanica personalità creativa.
È Cesare Leonardi (Modena, 1935), del-
la cui opera si occupa dal 2010 l’associa-
zione Archivio Architetto Cesare Leonar-
di, che ha come prima ragion d’essere
proprio la conservazione e valorizzazio-
ne dell’archivio Leonardi (di cui la So-
printendenza per i Beni Archivistici del-
l’Emilia Romagna ha avviato la procedu-
ra di notifica quale bene culturale).
Entrare nello studio è un’esperienza. Si
tratta di trovare il passaggio tra stretti
scaffali soppalcati, zeppi di materiali, pe-
netrando in una selva di cose. Libri, carte,
quadri e sculture, rotoli di disegni, cartel-
le di fotografie, modelli. In un angolo il te-
lefono, in un altro un televisore. Lo studio
è una installazione in progress, ed è un’o-
pera di creazione considerato che tutti i
mobili sono realizzati dall’autore. Il colore
dominante è il giallo perché è il colore
del cassero di legno per il calcestruzzo
su cui Leonardi ha disegnato e poi taglia-
to tutti gli elementi componenti dei mobi-
li: scaffali, tavoli, sedie, casse e con-
tenitori vari. Sono i “Solidi”.
Con i “Solidi”, a partire dagli anni
’80 (successivamente cioè alla sta-
gione della produzione in vetroresi-
na), Leonardi ridefinisce il suo ap-
proccio al design: sono tutti ottenuti
da una singola tavola (27 mm di
spessore, 150 o 200 cm di lunghez-
za per 50 cm di altezza), dai suoi
multipli e sottomultipli, in molti casi
senza scarto di materiale. Oltre tre-
cento elementi di arredo realizzati
da Leonardi attraverso diversi tagli
della stessa tavola che in buona par-
te affollano oggi lo studio con la loro
originale presenza.
Questi prototipi in scala 1:1, pensati
per la produzione in serie, sono og-
gi documenti tridimensionali di una
ricerca di grande suggestione. Do-
cumenti tra documenti: perché sono
conservati con l’archivio, assieme
alla documentazione relativa all’i-
deazione, al tracciamento sulla tavo-
la, al taglio dei pezzi, alla fase di
montaggio, alla realizzazione delle
dime. Schizzi, disegni e fotografie, il
tutto in una serie di buste di grande
formato contenute in alcune casse:
casse che sono a loro volta, ovvia-
mente, dei “Solidi”.
Cesare Leonardi, “Solidi”, elementi di arredo.Archivio privato di Cesare Leonardi, Modena.
CONTRIBUTI
I MODELLI DI GIOVANNIMICHELUCCI (PISTOIA1891 - FIRENZE 1990)
Nadia Musumeci. La Fondazione Giovanni
Michelucci (Fiesole) ed il Centro di docu-
mentazione di Pistoia (Palazzo municipale)
conservano diversi modelli delle opere pro-
gettate dall’architetto nella sua lunga carrie-
ra professionale, in parte lascito dello stesso
Michelucci e in parte frutto di altre donazio-
ni o di esperienze didattiche sulla sua opera.
In molte occasioni egli ricorreva all’ausilio di
un modello tridimensionale per rappresen-
tare la propria visione progettuale. Nelle fasi
di studio dell’opera i primi modelli erano ge-
neralmente in creta, materiale che per la sua
duttilità gli consentiva di plasmare l’idea ar-
chitettonica maturata attraverso una lunga
serie di schizzi. Nell’evoluzione del proces-
so progettuale di una serie di opere partico-
larmente rappresentative il modello in bron-
zo sanciva il punto di arrivo di un lungo e tor-
mentato percorso creativo. Nel caso della
Chiesa di San Giovanni Battista detta del-
l’Autostrada, dopo alcuni modelli in creta, fu
realizzato un primo modellino in bronzo (og-
gi conservato presso la Fondazione), poi su-
perato in seguito a nuove scelte progettuali.
Seguì un altro modello in creta e infine la fu-
sione in bronzo realizzata presso la Fonderia
Artistica di Renzo Michelucci, fratello dell’ar-
chitetto. La Fonderia, creata dallo stesso Gio-
vanni Michelucci dopo la vendita delle Offi-
cine di famiglia, è stata per decenni un pun-
to di riferimento per tanti scultori. La qualità
dei modelli realizzati per il fratello architetto
come quello per il progetto della Chiesa
dell’Autostrada, esposto al Centro Micheluc-
ci, o quello per il progetto non realizzato del-
la Chiesa di Montalbano Jonico in provincia
di Matera, esposto presso la Fondazione, te-
stimonia oltre alle vicende progettuali un au-
tonomo valore artistico che in genere i pla-
stici di architettura, assemblaggi di materiali
più consueti e spesso fragili che nel tempo
ne condizionano lo stato di conservazione,
non possiedono. Presso la sede della Fonda-
zione sono conservati il modello della Villa
Vittoria a Forte dei Marmi, di fine anni ’30, e
quelli di opere più recenti come il Centro ga-
lileiano nella “Cittadella” di Pisa, la Villa
Giunti a Fiumetto, l’Edificio delle poste di via
Pietrapiana, la Chiesa ad Arzignano, l’Ospe-
dale San Bartolomeo a Sarzana, il Memoria-
le a Michelangelo sulle Alpi Apuane, la Cap-
pella Scaglietti, la Sede bancaria di Colle Val
d’Elsa, la Limonaia di Villa Strozzi, la Chiesa
e centro parrocchiale del quartiere Quinto
Basso a Sesto Fiorentino, il Centro sportivo a
Prato, il Giardino degli Incontri nel Carcere
di Sollicciano, l’Edificio della Telecom a No-
voli e l’Area Garibaldi a Fiesole.
I modelli, nella maggioranza dei casi realiz-
zati con materiali diversi (legno, cartone, bal-
sa, creta, plastica, vetro, gesso, polistirolo),
sono esposti sotto teche in plexiglass. La
gran parte è in discreto stato di conservazio-
ne, mentre per alcuni di essi sarebbe auspi-
cabile un intervento di restauro.
17
CONTRIBUTI
16
I MODELLI DEL FONDOFRANCO MARESCOTTI(PESARO 1908 - S. GREGORIO DI CATANIA1991)
Piera Busacca. Il modello di architettura:
strumento per l’ideazione e la costruzione
del progetto? Strumento di rappresentazio-
ne tridimensionale per la committenza?
Strumento per la didattica? Per Franco Ma-
rescotti il modello di architettura è tutto que-
sto, ma è ancora di più. È innanzi tutto uno
strumento del pensiero, che consente di
pensare ai problemi funzionali, costruttivi e
di immagine spaziale, ma anche al rappor-
to tra conformazione edilizia e configurazio-
ne urbana in maniera integrata ed intercon-
nessa. Il plastico, quindi, non come prodotto
finale e conclusivo ma come momento fon-
dante che accompagna tutto il processo di
ideazione attraverso tecniche di realizzazio-
ne, materiali e livelli di definizione diversi
che consentano di mettere di volta in volta a
fuoco specifici nodi progettuali.
È quanto emerge dall’ampia collezione
dei plastici di Franco Marescotti che, in-
sieme all’intero suo archivio personale e
professionale, è stata affidata in comodato
d’uso a “La Casa della Città”, Urban Cen-
ter dell’Università di Catania.
Una collezione purtroppo priva dei modelli
relativi a molte delle esperienze anteceden-
ti agli anni ’70 per gran parte dei quali – dal
Lanificio Fila a Cossato (1943) sino ai nume-
rosi plastici che hanno accompagnato il pro-
cesso progettuale del Grandi e Bertacchi –
si conservano solo immagini fotografiche.
Oltre ai modelli di molti dei progetti poste-
riori agli anni ’70, l’archivio comprende
quella che può essere considerata la sua ul-
tima opera di riflessione: la ricerca finanzia-
ta dal C.N.R. sui Sistemi associativi della Unità
Residenziale: problemi di industrializzazione
della casa che Marescotti conduce tra il
1978 e il 1985. Opera, purtroppo incompiu-
ta, nella quale egli porta a maturazione
quelle riflessioni sul tema della casa per tut-
ti che avevano già trovato ampio spazio ne Il
problema sociale, economico e costruttivo
dell’abitazione. Abitazioni uni e plurifamilia-
ri, isolate o a schiera, con giardino interno o
con terrazze sfalsate, pensate tanto nella lo-
ro configurazione edilizia quanto nell’ag-
gregazione spaziale, sono oggetto di uno
studio che si articola in 500 disegni e ben
110 plastici che vanno dalla scala 1:200 alla
scala 1:50. Studio che, con un intento sia di-
dattico che dimostrativo, Marescotti indiriz-
za a quanti – amministratori, tecnici o utenti
– vogliano dotarsi di uno strumento di anali-
si e giudizio sulle questioni dell’abitare. Il
plastico diventa così, in quell’impegno civi-
le del proprio mestiere nel quale Marescot-
ti credeva, un potente strumento di comuni-
cazione e diffusione di idee per una miglio-
re “qualità dell’abitare” perché, egli diceva,
«Democrazia è anche questione di metri
quadrati».
Franco Marescotti, Modello della casa a terrazzesfalsate. Archivio di Franco Marescotti, La Casa dellaCittà, Università degli Studi di Catania.
Franco Marescotti, Modello di quartiere residenziale aLentini (SR). Archivio di Franco Marescotti, La Casadella Città, Università degli Studi di Catania.
Franco Marescotti, Modello dei sistemi associatividella Unità Residenziale. Archivio di Franco Marescotti,La Casa della Città, Università degli Studi di Catania.
Fotografia del modello di studio in creta della chiesa di San Giovanni Battista detta dell’Autostrada, progettistaGiovanni Michelucci, versione non realizzata. Fondazione Giovanni Michelucci, Fiesole.
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DOSSIER PIER LUIGI NERVI
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DOSSIERPIERLUIGI
NERVI(Sondrio 1891-Roma 1979)
Pier Luigi Nervi, Fotografia del modello in micro calcestruzzo in scala 1:15 del grattacielo Pirelli, testatopresso l’ISMES di Bergamo nel 1955-56. Archivio Storico ISMES, Seriate.
21
DOSSIER PIER LUIGI NERVI
20
di costruzioni complesse attraverso inda-
gini teoriche adeguate.
Dal connubio tra Nervi e la Scuola di Da-
nusso, prima presso il Politecnico di Milano
e poi a Bergamo – dove il piemontese fon-
derà l’Istituto Sperimentale Modelli e Strut-
ture (ISMES) nel 1951 – nacquero decine
di “capolavori in miniatura”, che possono
essere presi come simbolo della “stagione
d’oro” dell’ingegneria italiana.
L’eccezionalità di questi manufatti, che ne
permette una lettura su più livelli, fa tra-
scendere il semplice valore strumentale di
questa tecnica, mostrando come essi ab-
biano avuto un ruolo anche nella costru-
zione dell’identità nerviana. Sul piano stret-
tamente scientifico infatti, attraverso la di-
vulgazione di queste esperienze per mano
degli ingegneri dell’ISMES, la singolarità
delle sue opere sarà riconosciuta in tutto il
mondo, mentre il potere comunicativo del-
le immagini dei modelli conquisterà sia la
critica, sedotta da tale modus operandi, sia
gli architetti, con cui si instaurò un fertile
dialogo in molte occasioni. Le solide basi
scientifiche dell’ISMES, di cui Nervi assun-
se la Presidenza nel 1964, rappresentarono
inoltre un’importante garanzia per rassicu-
rare la committenza sull’effettiva realizzabi-
lità delle sue geniali intuizioni statiche.
Purtroppo quasi tutti questi modelli sono
andati distrutti, ma quattro sono miracolo-
samente sopravvissuti: presso il Centro
Museo e Documentazione Storica del Poli-
tecnico di Torino (CEMED) sono infatti
conservati i modelli aerodinamici (in scala
1:100) del Norfolk Scope e della cattedrale
di San Francisco (da poco restaurati), men-
tre il modello in scala 1:50 della Rupert C.
Thompson Arena ad Hanover (USA) e
quello in scala 1:36,89 della cattedrale di
San Francisco sono esposti nei locali del-
l’Università Politecnica delle Marche ad An-
cona. Presso l’Archivio Storico dell’ISMES
di Seriate (BG) sono inoltre presenti le re-
lazioni tecniche di laboratorio, con centi-
naia di fotografie che ne documentano le
fasi di confezionamento e di prova. Delle
sperimentazioni effettuate in galleria del
vento rimangono invece tracce presso
l’Archivio dell’Istituto di Meccanica Appli-
cata alle Macchine, Aerodinamica e Gasdi-
namica del Politecnico di Torino.
PIER LUIGI NERVI:I MODELLI DELLACOLLEZIONE DI ANCONA
Antonello Alici, Giacomo Barucca. Che i
modelli strutturali siano anche architetture in
miniatura è fuori dubbio quando si è di fron-
te alle opere di Pier Luigi Nervi. La sua ri-
cerca e progettazione di strutture innovative
partiva da calcoli di massima per dimensio-
nare uno o più modelli fisici, rappresentazio-
ni in scala ridotta della struttura reale, con
materiali e semplificazioni opportune al tipo
di indagine da effettuare e alla complessità
dell’organismo strutturale. I modelli erano
realizzati e testati presso l’ISMES di Berga-
mo, sottoposti alle forze di progetto riprodot-
te con artifizi come pesi, tiranti e materiali in-
collati ad essi. Il tutto rispettando il “principio
di similitudine”, ossia il rapporto costante fra
le grandezze che entrano in gioco nelle pro-
ve sperimentali: lunghezze, tensioni, forze,
densità, tempi. Il flusso indotto dalle solleci-
tazioni produceva sul modello deformazioni
che era possibile registrare con estensimetri
meccanici o elettrici. Il comportamento qua-
litativo e i risultati numerici suggerivano le
eventuali modifiche da apportare alla strut-
tura. Per il confezionamento dei modelli e
delle sperimentazioni occorrevano tempo,
maestria e attrezzature. Gli architetti e la
Pier Luigi Nervi, Fotografia del modello in microcalcestruzzo in scala 1:15 della cattedrale di SanFrancisco, testato presso l’ISMES di Bergamo nel 1964-65. Archivio Storico ISMES, Seriate.
LE TAPPE DELLECELEBRAZIONI NERVIANEDAL 2009 AL 2012
Gaia Piccarolo.Una serie di ricorrenze suc-
cedutesi dal 2009 a oggi hanno segnato un
momento assai ricco per lo studio e la divul-
gazione dell’opera e della figura di Pier Lui-
gi Nervi, protagonista indiscusso della scena
architettonica e ingegneristica italiana e
mondiale dello scorso secolo per le sue au-
daci sperimentazioni nel campo della tecni-
ca costruttiva in cemento armato. Il 2009 è
stato l’anno del trentesimo anniversario della
morte di Nervi, il 2010 il cinquantesimo an-
niversario dei Giochi Olimpici a Roma, per i
quali Nervi realizzò la gran parte delle strut-
ture, e quest’anno si celebrano i 150 anni
dell’Unità di Italia, per il cui centenario l’in-
gegnere di Sondrio realizzava la sua più no-
ta opera torinese: il Palazzo del Lavoro.
Quella che Carlo Olmo, curatore delle mo-
stre realizzate per l’occasione, chiama
«un’autentica avventura di conoscenza», si
dipana attraverso diverse tappe: Pier Luigi
Nervi: Architettura come sfida è il titolo che fa
da filo conduttore alle mostre allestite al CIVA
di Bruxelles (4 giugno-8 agosto 2010), a Pa-
lazzo Giustinian Lolin a Venezia (29 agosto-
14 novembre 2010), al MAXXI di Roma (15
dicembre 2010-20 marzo 2011) e a Torino
Esposizioni (dal 29 aprile-17 luglio 2011),
che circoleranno in diverse città europee fino
ad approdare negli Stati Uniti nel 2012.
L’iniziativa, che nasce dalla collaborazione
del CIVA di Bruxelles, dell’Istituto Italiano di
Cultura a Bruxelles, dell’Associazione Pier
Luigi Nervi Research and Knowledge Mana-
gement Project, del MAXXI e del CSAC del-
l’Università degli Studi di Parma, rappresenta
la prima retrospettiva sull’opera complessiva
di Nervi dalla sua morte e la prima occasio-
ne per presentare al pubblico la ricca docu-
mentazione (disegni, fotografie, video ma an-
che modelli e provini originali) conservata
presso collezioni pubbliche e private.
Per la costruzione delle mostre, che si con-
centrano su aspetti diversi della traiettoria
nerviana – ognuna è dotata di un catalogo
generale (a cura di Carlo Olmo e Cristiana
Chiorino) e in alcuni casi anche di un catalo-
go speciale – Carlo Olmo si è avvalso del-
l’apporto di una folta schiera di studiosi e col-
laboratori, fra cui Joseph Abram, Barry Berg-
doll e Mario Alberto Chiorino, e sul contribu-
to di gruppi di ricerca del Politecnico di Tori-
no e dell’Università Roma Tor Vergata (in par-
ticolare Sergio Pace, curatore del catalogo e
di una sezione della mostra torinese, e Tullia
Iori e Sergio Poretti, curatori di catalogo e se-
zione romana). Un ulteriore momento espo-
sitivo ha avuto luogo a Sondrio (Pier Luigi
Nervi. L’architettura molecolare, 15 aprile-20
giugno 2010) a cura di Fausto Colombo,
Massimo Antinarelli e Andrea Tito Colombo,
frutto della collaborazione fra la Fondazione
Gruppo Credito Valtellinese di Sondrio e il
dipartimento Dardus dell’Università Politec-
nica delle Marche di Ancona (con catalogo
edito a Sondrio nel 2010); nell’ambito della
‘Prima giornata nazionale degli archivi di ar-
chitettura’ promossa dall’AAA Italia è previ-
sta infine l’inaugurazione (accompagnata da
un seminario di studio) della mostra perma-
nente Pier Luigi Nervi. Progetti per le Marche
(20 maggio 2011, Biblioteca centrale del po-
lo Monte Dago, Università Politecnica delle
Marche, Ancona), a cura di Antonello Alici,
che integra con materiale inedito la mostra
antologica che la Facoltà di Ingegneria ha
realizzato nel dicembre 1980.
Non sono mancate una serie di ulteriori ini-
ziative editoriali a testimonianza della recen-
te fioritura di studi nerviani, fra cui citiamo il
volume La lezione di Pier Luigi Nervi, a cura
di Tomaso Trombetti e Annalisa Trentin, edi-
to nel 2010 da Mondadori.
I MODELLI STRUTTURALIDI PIER LUIGI NERVI:1935-1974
Gabriele Neri. A partire dal 1935, quan-
do commissionò ad Arturo Danusso la
verifica sperimentale delle celebri avio-
rimesse di Orvieto, Pier Luigi Nervi uti-
lizzò modelli strutturali in scala ridotta per
studiare molte delle sue opere, inseren-
dosi in un filone di ricerca che lo acco-
muna a molti ingegneri del secolo scorso,
primo fra tutti Eduardo Torroja. Con l’in-
gegnere spagnolo infatti Nervi condivi-
deva la fiducia nel procedimento empiri-
co come rimedio all’impossibilità pratica,
per quei tempi, di verificare la sicurezza
modelli di studio con l’ampia produzione di
Vittorio De Feo; modelli di concorso – il Con-
corso per la progettazione e realizzazione
del MAXXI del 1998, il Padiglione Italiano per
l’Esposizione Internazionale di Osaka del
1969 di Maurizio Sacripanti, dello stesso an-
no il Concorso per la Camera dei Deputati di
Roma di Vittorio De Feo – e infine modelli di
documentazione e sperimentazione tecnica.
Realizzati con i materiali più disparati (legno,
carta, vetro, ferro, plastiche e oggetti di rici-
clo), si riferiscono a differenti scale di rappre-
sentazione che vanno dal 1:1000 del model-
lo del gruppo guidato da Sergio Musmeci
per il ponte sullo Stretto di Messina di circa 5
metri di lunghezza al 1:10 del modello del-
l’organo dei Frari di Venezia progettato da
Carlo Scarpa. Spesso i modelli in collezione
rappresentano edifici, ma anche singoli og-
getti progettati, come i prototipi per cerniere,
maniglie o infissi, tutti elementi di dettaglio
progettati da Carlo Scarpa, oppure vere e
proprie porzioni di città, come il modello del-
la ricostruzione del Foro Italico al 1956-1960
– un’area urbana di 300 ettari per una esten-
sione di 12 metri quadrati di plastico – realiz-
zato appositamente per la mostra su Enrico
del Debbio tenutasi nel 2007 alla Galleria Na-
zionale d’arte moderna e contemporanea di
Roma. Difficili da gestire per la mancanza di
adeguati spazi di deposito, costosi da con-
servare e restaurare, per lo più giunti in pes-
sime condizioni poiché conservati difficolto-
samente dagli stessi produttori, suscitano
però un interesse e un fascino particolare sia
sugli studiosi che sul pubblico del museo.
La più recente acquisizione del MAXXI Ar-
chitettura, commissionata dal museo in occa-
sione della mostra Pier Luigi Nervi. Architettu-
ra come sfida. Roma 1960 Ingegno e costru-
zione, è il modello del cantiere di costruzione
del Palazzetto dello Sport di Roma. Il plastico
in scala 1:25 è stato progettato da Tullia Iori e
Sergio Poretti (Università degli studi di Tor
Vergata) ed è stato realizzato da Claudio Del
Giudice e Walter Sergiusti con Felice Patac-
ca, componendo parti assemblate a mano
con parti ottenute per termoforatura sotto-
vuoto di polistirolo su sagome di MDF, fresa-
te mediante macchina a controllo numerico.
Il “pala-gioco” realizzato a scopo educativo
illustra nel dettaglio la tecnica costruttiva im-
piegata da Nervi, il cosiddetto “Sistema Ner-
vi”. È stato realizzato grazie all’attento studio
dei documenti conservati dal Centro Archivi
del MAXXI, le “foto-scheda”, centinaia di
schede fotografiche grazie alle quali è stata
possibile la minuziosa ricostruzione delle fa-
si di cantiere. Il modello ha reso vive e ha pre-
sentato ad un ampio pubblico quelle testi-
monianze che per propria natura non sono
facilmente accessibili e che di norma affasci-
nano esclusivamente gli addetti ai lavori.
Grazie alla forma accogliente dell’oggetto
tridimensionale l’operatore ha potuto mostra-
re al pubblico montando dal vero i “tavelloni”
che costituiscono la copertura del Palazzetto.
In tal modo numerosi visitatori si sono avvici-
nati alla storia dell’architettura e dell’ingegne-
ria e hanno compreso, con entusiasimo e con
estrema semplicità, il funzionamento struttu-
rale di una copertura complessa.
23
DOSSIER PIER LUIGI NERVI
22
Progetto di Tullia Iori e Sergio Poretti (Università degli studi di Tor Vergata), realizzazione di Claudio Del Giudicee Walter Sergiusti con Felice Patacca, Modello del cantiere del Palazzetto dello sport di Roma di Pier Luigi Nervi.Collezione MAXXI, Roma.
Pier Luigi Nervi, Pietro Belluschi, Quarto modello strutturale in scala 1:36,89 della cattedrale di Saint Mary, San Francisco (1966-71), realizzato in resina epossidica, sughero, araldite e sabbia e testato presso l’ISMES di Bergamo da marzo a maggio 1965. Collezione DARDUS, Biblioteca Centrale Polo Monte Dago,Università Politecnica delle Marche, Ancona.
committenza potevano giungere anche da-
gli Stati Uniti per trarne valutazioni architetto-
niche ed estetiche, vedendoli a volte pure
dall'interno.
Ad opera realizzata, i modelli non portati a
rottura ma testati in campo elastico con pro-
ve statiche e dinamiche (posti su una tavola
vibrante riproducente moti sinusoidali con le
frequenze dei terremoti registrati nel sito di
progetto), venivano smantellati o dimentica-
ti. A fine anni ‘70, all’ISMES restavano solo tre
modelli delle opere di Nervi. Gabriele Mi-
lelli, impegnato nella preparazione di una
mostra antologica che la città di Ancona ha
voluto dedicare a Pier Luigi Nervi ad un an-
no dalla morte, li riconobbe abbandonati in
un sottoscala, pronti per essere distrutti. Si
trattava di opere americane dell’ultima sta-
gione nerviana: il quarto modello per la Cat-
tedrale di Saint Mary a San Francisco (1966-
1971), uno dei modelli per l’Hockey Rink al
Dartmouth College di Hanover, New Ham-
pshire (1967) e quello per il Palasport del
Cultural and Convention Center di Norfolk,
Virginia (1966-1972). Questi furono ceduti
all’Università e seguirono il lungo tour nazio-
nale e internazionale della mostra dal 1980
al 1988, una nuova prova di resistenza che ha
distrutto quello del Palasport di Norfolk. Da
allora i due modelli superstiti appartengono
alle Collezioni del Dipartimento DARDUS
dell’Università Politecnica delle Marche e so-
no esposti insieme ai pannelli della mostra
nella Biblioteca Centrale dell’Ateneo. Ai se-
gni lasciati dalle prove strutturali si sono ag-
giunti quelli del tempo. Oggi necessitano di
cure per poter essere messi a disposizione
della didattica e della ricerca e per conti-
nuare a raccontare il fare ingegneria nell’era
pre-informatica.
CONSERVARE, ESPORRE,REALIZZARE MODELLI NELMUSEO: IL CASO DEL MAXXIARCHITETTURA
Esmeralda Valente. I modelli acquisiti e
conservati dal Centro Archivi di Architettura
per le collezioni del XX e XXI secolo del
MAXXI sono di varie tipologie: modelli di
presentazione, tra i quali emergono per l’in-
credibile qualità i modelli fatti realizzare da
Aldo Rossi a Giovanni Sacchi per il Teatro
Carlo Felice di Genova e per gli edifici di
Fontivegge a Perugia, solo per citarne alcuni;
che costituiscono una significativa testi-
monianza della sua attività sia progettuale
che didattica; 10 riguardano progetti ar-
chitettonici: gli impianti idrici della Cec-
china, dell’Eur e di Vigna Murata, la chie-
sa della Madonna del Fuoco a Pescara, i
teatri di Cagliari, di Belgrado e di Udine,
l’istituto tecnico industriale di L’Aquila; gli
altri 33 sono invece riproduzioni di opere
famose realizzate dagli studenti dell’Ac-
cademia d’arte di Roma, conferma evi-
dente della rilevanza dell’insegnamento
nella vicenda professionale di Palpacelli.
Nell’archivio di Attilio Lapadula si registra
una presenza variegata di 7 plastici, 4 boz-
zetti e 4 prototipi (1948-1969); oltre a proto-
tipi di arredi (per negozi ed arredamenti) e
di altri elementi costruttivi, sono presenti
bozzetti di oggetti (lampada e crocefisso
per la Casa generalizia della Congregazio-
ne del S. Cuore di Maria a Roma), pannelli
decorativi relativi ai progetti per l’arreda-
mento delle turbonavi Cristoforo Colombo
(1952-64) e Raffaello (1963-64), e del risto-
rante “Il Cubo” (1957), ed infine plastici re-
lativi a vari progetti architettonici: fabbrica-
to per uffici all’Eur, collegio S. Lorenzo da
Brindisi in via della Pisana a Roma, quartiere
ISES a Secondigliano, chiesa ad Ostia Lido.
I plastici per la nave Cristoforo Colombo
sono stati esposti in occasione della mostra
Copyright Italia Brevetti, marchi, prodotti
1948-1970 tenutasi presso l’Archivio Cen-
trale dello Stato (24 marzo-30 giugno 2011)
e organizzata a cura della Presidenza del
Consiglio dei Ministri, Unità tecnica di mis-
sione per le celebrazioni del 150° anniver-
sario dell'Unità d'Italia.
Dei 4 modelli presenti nell’archivio di Bru-
no Ernesto Lapadula, due (raffiguranti un
fabbro che forgia una spada ed un re di
tribù africana) sono bozzetti per la Mostra
triennale delle terre italiane d’oltremare
(1937-40), il terzo è un bozzetto di busto
dell’architetto e l’ultimo raffigura invece il
modello di un’abside di chiesa.
Di carattere simile il modello conservato
nell’archivio di Angelo di Castro: un bozzet-
to di gesso realizzato, insieme allo scultore
Enrico Martini, per il progetto di concorso
per il Monumento al Marinaio a Brindisi del
1932, vincitore del secondo premio.
25
CONTRIBUTI
24
I PLASTICI NEGLI ARCHIVIDI ALCUNI ARCHITETTIROMANI: TESTIMONIANZADI PERCORSI PROFESSIONALITRA ARCHITETTURA,DIDATTICA ED ARTE
Elisabetta Reale. Il dato generale sulla
presenza dei plastici negli archivi censiti
dalla Soprintendenza Archivistica per il
Lazio (M. Guccione, D. Pesce, E. Reale,
Guida agli archivi di architettura a Roma e
nel Lazio, Roma 2007) è una conferma di
quanto tali oggetti siano tra le tipologie a
maggior rischio di distruzione e perdita
negli archivi di architettura, per le diffi-
coltà di un’adeguata conservazione dovu-
te alla loro fragilità ed all’ingombro. Per gli
stessi motivi, i pezzi ancora conservati,
soprattutto nei casi in cui non sono conte-
nuti in apposite teche, spesso necessitano
di interventi di restauro.
Sul totale di oltre 100 archivi individuati so-
no una ventina quelli che conservano an-
cora plastici e modelli. Non a caso i nuclei
più consistenti sono quelli presenti in archi-
vi conservati presso importanti studi anco-
ra attivi, come l’archivio dello Studio Valle
(circa 80 pezzi), l’archivio di Manfredi Ni-
coletti (55 pezzi), di Paolo Portoghesi (21)
e di Franco Purini (20).
Nuclei di minor consistenza, ma sempre
notevoli, si trovano negli archivi di altri
progettisti, tra cui Sergio Lenci (10), Cesa-
re Ligini (4), Federico Gorio (3), Sergio
Danielli (2), Julio Lafuente (2).
Ma vediamo più nello specifico come sono
stati descritti i plastici negli archivi riordina-
ti a cura della Soprintendenza e nelle relati-
ve banche dati.
Riguardo alla struttura dei fondi inventariati,
i plastici costituiscono una serie archivistica
in cui le unità, corrispondenti in linea di
massima ai lavori e progetti raffigurati, sono
collegate con opportuni riferimenti alle al-
tre tipologie documentarie di tipo grafico e
testuale attinenti al medesimo lavoro. Per la
descrizione dei modelli vengono forniti, ol-
tre alle dimensioni, dati sul materiale in cui
sono realizzati e sullo stato di conservazio-
ne, oltre ai nomi di altri autori che hanno
collaborato alla realizzazione del pezzo, tra
cui artisti e scultori.
Un considerevole numero di plastici si tro-
va nell’archivio di Francesco Palpacelli,
con 43 modelli databili dal 1961 al 1997,
Plastico di concorso per l’arredamento della naveCristoforo Colombo, soffitto del bar di I classe, 1952-1964. Archivio di Attilio Lapadula, Roma.
l’archivio storico della Società generale im-
mobiliare. Il numero esiguo non consente,
pertanto, di parlare di una vera e propria col-
lezione. L’esame del nucleo conservato nel-
l’archivio Moretti consente tuttavia di apprez-
zare, nelle diverse sfaccettature, le potenzia-
lità d’indagine e di studio che questi materia-
li offrono sia al progettista, in fase di elabora-
zione e realizzazione dell’opera architettoni-
ca, sia, successivamente, al ricercatore e stu-
dioso delle fonti. I plastici conservati nel fon-
do Moretti evidenziano, infatti, tutti questi
aspetti. I 28 pezzi possono essere suddivisi in
due diverse categorie: 15 modelli riferibili a
un ambito più strettamente progettuale che
mostrano sia alcune delle numerose opere
realizzate sia alcuni progetti rimasti a livello di
proposta; 13 plastici fatti realizzare dall’archi-
tetto per motivi di studio e funzionali a rap-
presentare e approfondire aspetti e specifi-
cità di manufatti architettonici e artistici. Citia-
mo, soltanto a titolo esemplificativo, il noto
27
CONTRIBUTI
26
LA CITTà UNIVERSITARIANELL’ARCHIVIO STORICODELL’UNIVERSITA' DEGLISTUDI DI ROMA LA SAPIENZA
Francesca Rosa. Il fondo, già denominato
Archivio dell’Ufficio Tecnico e valorizzato per
la prima volta in occasione della mostra
1935-1985. La Sapienza nella Città Universita-
ria, fa parte attualmente dell’Archivio Storico
dell’Università e comprende materiale relati-
vo alla costruzione della nuova Città Universi-
taria ideata negli anni Trenta da Marcello Pia-
centini, e ai successivi progetti di completa-
mento, ampliamento e trasformazione.
Dal 2001, grazie all’iniziativa dell’architetto
Carla Onesti responsabile del Settore Archi-
vio Storico, la documentazione giacente in un
deposito degli Uffici Tecnici di Ateneo è stata
oggetto di una nuova fase di valorizzazione.
Una prima verifica della consistenza quantita-
tiva e qualitativa dei materiali, approvata an-
che dalla Soprintendenza Archivistica per il
Lazio, è terminata con l’organizzazione del
fondo in tre sezioni – disegni, documenti, foto-
grafie – e con l’attivazione di un servizio di
consultazione. La sezione disegni compren-
de, in particolare, gli elaborati grafici relativi
agli edifici e agli arredi del complesso uni-
versitario, progettati da Piacentini e dagli altri
architetti coinvolti. I documenti riguardano so-
prattutto gli aspetti burocratici ed economici
della fase esecutiva. Le fotografie raffigurano i
cantieri, le opere realizzate e i danni causati
dagli eventi bellici, e sono state in parte digi-
talizzate. Fanno parte del fondo quattro mo-
delli eseguiti negli anni 1960-1970 riguardan-
ti alcune ipotesi di ampliamento dell’impianto
originario. Nel biennio 2009-2010, grazie a un
finanziamento della Soprintendenza Archivi-
stica, è stato effettuato il riordino sistematico
della documentazione con la schedatura di
770 disegni datati tra il 1930 e il 1960.
L’Archivio Storico custodisce anche il fondo
CERUR, Consorzio per l’assetto edilizio
della Regia Università di Roma, compren-
dente elaborati grafici e documenti di ca-
rattere amministrativo sui lavori edilizi e ar-
tistici eseguiti nella Città Universitaria tra il
1930 e il 1946. Ciascuno dei due fondi co-
stituisce un notevole contributo alla cono-
scenza e alla gestione dell’importante pa-
trimonio architettonico romano.
MODELLI ARCHITETTONICIPRESSO L’ARCHIVIOCENTRALE DELLO STATO
Flavia Lorello. I modelli architettonici con-
servati presso l’Archivio Centrale dello Stato
sono pervenuti insieme alla documentazione
degli “archivi di architettura”. Con tale deno-
minazione viene indicato uno specifico setto-
re che raccoglie archivi prodotti da tecnici, ar-
chitetti e ingegneri, o da enti, società e impre-
se che, negli ultimi decenni, sono confluiti
presso l’Istituto ampliando in modo conside-
revole il patrimonio archivistico relativo alla
storia dell’architettura del Novecento. Con
l’acquisizione di tali fondi si sono diversificate
notevolmente anche tipologie di fonti a dispo-
sizione degli utenti. Il numero dei modelli, tut-
tavia, non ha visto un incremento proporzio-
nale ai materiali cartografici o fotografici. Tale
limitatezza va attribuita essenzialmente alle
caratteristiche intrinseche dei modelli stessi –
volumetria degli oggetti, pesantezza o fragi-
lità dei materiali – che ne rendono difficoltosa
la conservazione. Accade quindi che gli ar-
chivi, pur conservando memoria di questi
materiali attraverso le immagini fotografiche,
ne siano totalmente sprovvisti.
Attualmente presso l’Istituto si contano 28
plastici conservati nel fondo dell’architetto
Luigi Moretti, un pezzo appartenente al fon-
do Claudio Longo e 4 modelli pervenuti con
modello della Casa il Girasole e quello della
villa La Saracena; tra i progetti non realizzati
segnaliamo i plastici del complesso residen-
ziale di Genova Nervi, della villa De Angelis
a Grottarossa e quelli per la chiesa del Con-
cilio Sancta Mater Eccliesiae, questi ultimi
realizzati in collaborazione con lo scultore
Pietro De Laurentis. Ai modelli pervenuti in-
sieme all’archivio se ne sono aggiunti quattro,
prodotti in tempi recenti nell’ambito di un
progetto di collaborazione con il corso di
Storia dell’architettura del XX secolo dell’U-
niversità di Miami coordinato dalla profes-
soressa Carmen Guerrero e conservati
presso l’Archivio Centrale. Oltre che dare
concretezza all’indagine e allo studio delle
fonti d’archivio, si offrono essi stessi come
strumento di conoscenza e approfondi-
mento dell’opera architettonica.
Dettaglio del modello relativo al progetto diampliamento degli Istituti di Chimica e di Fisica dellaFacoltà di Scienze matematiche fisiche e naturali,1969-1975. Progettista Arch. Roberto Panunzi, ArchivioStorico dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza.
Luigi Moretti, Palazzo per la sede dell’ENPDEP, Roma,Modello della vista generale, 1961. Fondo LuigiMoretti, Archivio Centrale dello Stato, Roma.
ESPORRE L’ARCHITETTURA:IL RUOLO DEI MODELLINELLE MOSTRE E NEICONCORSI DELLA BIENNALED’ARCHITETTURA DI VENEZIA
Teresita Scalco. Da sempre per com-
prendere l’architettura ci si è avvalsi dei
modelli, protagonisti indiscussi della rap-
presentazione tridimensionale, o ancor
meglio la mise en scène, dell’architettura.
Creati non solo per argomentare la forza
dell’iter e delle finalità progettuali, ma an-
che per mostrarsi in quanto tali, nel mo-
dello si fa manifesto l’ordine che sottende
ogni forma. Ed è per questo che i model-
li e la documentazione prodotti nell’ambi-
to dei concorsi delle Mostre internaziona-
li di Architettura, indetti dal 1985 al 2006
da La Biennale di Venezia, hanno avuto
una duplice funzione: in primis, alimenta-
re la riflessione teorica, critica e discipli-
nare su Venezia, per divenire in un se-
condo momento (a partire dal 1991)
un’importante collezione d’architettura,
nonchè strumento didattico e di ricerca
all’interno del fondo Biennale-Settore Ar-
chitettura, presso l’Archivio Progetti del-
l’Università IUAV di Venezia.
Nazionali, internazionali, ad inviti o aper-
ti, i concorsi di progettazione hanno avu-
to come temi il rapporto tra la città lagu-
nare e il suo entroterra nel “Progetto Ve-
nezia” (1985), il Padiglione Italia (1988), il
Palazzo del Cinema al Lido (1990 e 2006)
e la sistemazione di Piazzale Roma con
“Una porta per Venezia” (1991).
Requisito da bando di concorso, la ma-
quette viene realizzata pensando tanto al
valore iconico e alle finalità espositive,
quanto come matrice creativa, spesso
capace di riportare un’idea in modo al-
legorico, con richiami astratti e simboli.
Come nel caso delle “Ali” di Massimo
Scolari, realizzate su invito di Francesco
Dal Co, direttore della Sezione Architet-
tura alla Biennale del 1991, landmark
dell’ingresso alle Corderie dell’Arsena-
le. Conclusasi la Mostra, questa installa-
zione dai caratteri architettonico-sculto-
rei è stata posizionata sul tetto della se-
de universitaria di Santa Marta, libran-
dosi nello spazio. Entrato così anch’esso
a far parte della collezione dell’Archivio
Progetti, questo modello fuori scala rea-
lizza il desiderio espresso da Scolari:
«Nessun’altra cosa come il volo mi ha at-
tratto da sempre in modo così silenzioso
ed enigmatico [..]. Possiamo galleggiare
o immergerci, ma non possiamo librarci
nell’aria come il più modesto dei volati-
li; ma possiamo però volare sopra la no-
stra corporeità con l’immaginazione, e
dare le ali all’immaginazione, questo mi
sembra[va] di buon auspicio per le
scuole di architettura».
29
CONTRIBUTI
28
UN ATLANTE PER GESTIRELA COLLEZIONE MODELLI.L’ARCHIVIO PROGETTIDELLO IUAV DI VENEZIA
Anna Tonicello. In venticinque anni di atti-
vità l’Archivio progetti ha raccolto 365 mo-
delli che rappresentano oggi una collezione
unica in Italia, facilmente accessibile tramite il
catalogo su web e frequentemente richiesta
dai musei.
La collezione è da ricondurre solo in parte al-
le acquisizioni di archivi professionali di ar-
chitetti. Tra questi emergono quelli di G. De
Carlo e C. Dardi, presso i cui studi operava-
no dei laboratori dedicati alla realizzazione
sia di modelli intermedi ‘di prova’ sia di pre-
sentazione al committente.
Un importante fondo di modelli relativi a pro-
getti di maestri del Moderno e a nuovi pro-
getti provengono dalle attività didattiche e di
ricerca dello IUAV; in parte, sono stati realiz-
zati dal Laboratorio modelli interno al Dipar-
timento di progettazione architettonica.
La provenienza di altri pezzi isolati, quasi tutti
relativi a progetti per Venezia e raramente ac-
compagnati da documenti, è da ricondurre a
molteplici soggetti privati e pubblici che, non
attrezzati per la conservazione di questi og-
getti, li donano o li depositano presso l’Archi-
vio progetti. Infine, il fondo più noto fa capo al-
la Sezione architettura della Biennale di Vene-
zia che, grazie a un accordo, viene progressi-
vamente aggiornato con nuovi versamenti.
Un numero così elevato di oggetti, fragili e
difformi per dimensioni, comporta notevoli
problemi di conservazione: spazio e organiz-
zazione dei depositi, gestione delle movi-
mentazioni per prestito, interventi di manu-
tenzione ordinaria e di restauro. La volontà di
dare ampio spazio alla raccolta di modelli
per l’università e il territorio, pur in una situa-
zione di spazi esigui e distribuiti in diverse
sedi, e con la difficoltà di gestire una tipologia
di documenti ‘anomali’, ha determinato la
scelta di gestire separatamente i modelli e di
massimizzare l’utilizzo degli spazi sfruttando
le movimentazioni per i prestiti espositivi.
Due strumenti – l’atlante dei modelli e il to-
pografico ‘dinamico’ – facilitano il riconosci-
mento iconografico anche dei pezzi non an-
cora descritti o implementati nel catalogo on-
line e registrano tutte le movimentazioni tem-
poranee delle opere, insieme ai relativi im-
ballaggi e ai supporti espostivi realizzati ad
hoc. L’atlante, inoltre, è uno strumento pensa-
to per la manutenzione programmata che
viene seguita dal Laboratorio modelli dello
IUAV, sulla base di metodologie di intervento
concordate e che tiene conto delle esposi-
zioni e delle attività di inventariazione e diffu-
sione dei fondi del centro.
Gualtiero Azimonti, Modello della Villa Savoye a Poissydi Le Corbusier, cartoncino e legno dipinti di biancocon teca in plexiglas, anni ’80. Archivio progetti,Università IUAV di Venezia.
Ideazione di Giovanni Testi, collaboratori DanieleMolinaro, Paolo Pizzati, Luca Sentieri, esecuzioneAnfodillo, Modello del progetto ‘L'Arsenale riordinato’(progetto coordinato di Luciano Semerani, AugustoRomano Burelli, Matjaz Garzaroli, Boris Podrecca,Vojteh Ravnikar, Karljosef Schattner, Branko Siladin,Oswald Zoeggler), legno naturale, scala 1:250, Venezia1987. Archivio progetti, Università IUAV di Venezia.
‘Ali’ di Massimo Scolari, 5° Mostra di Architettura della Biennale di Venezia, foto di Giorgio Zucchiatti, 1991.Archivio Storico delle Arti Contemporanee, La Biennale di Venezia.
dei falegnami, dei muratori e degli scal-
pellini. Viene in seguito istituito anche un
corso di xilografia.
L’occupazione principale degli alunni
consisteva nella preparazione di modelli
caratteristici dell’indirizzo del corso fre-
quentato, che poi venivano esposti in un
piccolo museo e utilizzati per scopi di-
dattici. La Scuola viene così dotata di
modelli in legno di tetti, di porte e fine-
stre, di centinature di archi e volte, di de-
corazioni architettoniche, di intagli orna-
mentali e di strutture architettoniche più
complesse. I lavori eseguiti nei laborato-
ri della scuola vengono richiesti da Uni-
versità e da Istituti Tecnici Industriali di
diverse città italiane per essere usati co-
me modelli durante l’attività didattica.
Nel 1880 viene anche pubblicato un ca-
talogo, completo di prezzario, di 224 mo-
delli in legno relativi a costruzioni mec-
caniche, a lavori in legno e in pietra, cor-
redato da 50 xilografie eseguite dagli
alunni stessi.
Purtroppo la maggior parte dei modelli è
stata distrutta dal bombardamento del 10
febbraio 1945, che ha recato gravi danni
all’edificio e all’arredo. Ci sono quindi
pervenuti pochi modelli in legno di co-
struzioni e di particolari architettonici re-
lativi al periodo che va dalla nascita dell’I-
stituto fino agli anni ’40 del Novecento.
31
CONTRIBUTI
30
MODELLI PER LA DIDATTICADELL’ISTITUTO STATALED’ARTE PIETRO SELVATICODI PADOVA
Giancarlo Vivianetti. L’Istituto d’Arte Pie-
tro Selvatico è stato istituito nel 1867 dal
Comune di Padova, su proposta dello sto-
rico e critico d’arte Pietro Selvatico (Pa-
dova 1803-1880), come “Scuola di dise-
gno pratico, di modellazione e di intaglio
per la formazione dei giovani artigiani”.
La scuola, della durata di tre anni, era ri-
volta a giovani di età compresa tra i 12 e i
20 anni ed era finalizzata ad integrare l’at-
tività pratica con l’acquisizione della ca-
pacità di disegnare modelli e di eseguirli
successivamente in forme plastiche.
Nel primo anno gli alunni venivano adde-
strati nel disegno a mano libera, nel se-
condo e nel terzo si procedeva ad un
maggiore perfezionamento nel disegno e
venivano introdotti esercizi di plastica e di
intaglio. Al termine del corso gli allievi
erano quindi in grado di eseguire i mo-
delli proposti, utilizzando il legno, la pietra
tenera e il marmo.
Nel 1875 la durata dei corsi viene porta-
ta a quattro anni, vengono aggiunti gli in-
segnamenti di geometria applicata alle
arti e di disegno costruttivo, con partico-
lare riferimento alle attività specifiche
Foto del laboratorio di Disegno Costruttivo, secondo decennio del Novecento. Istituto Statale d’Arte PietroSelvatico, Padova.
Modello dello spaccato di una cupola in legno di abete e larice, fine Ottocento. Istituto Statale d’Arte PietroSelvatico, Padova.
L’ARCHIVIO ALESSI
Elena Dellapiana. Il Museo/archivio
Alessi nasce nel 1996, sulla scorta, da
una parte, dell’esperienza produttiva e
progettuale dell’azienda Alessi, avviata
nel 1921 con la produzione di oggetti per
la tavola in alpacca prima e in acciaio
poi, dall’altra, di episodi di collaborazio-
ne tra produzione e progettisti in chiave
di programma culturale, oltreché com-
merciale; nascono episodi come il pro-
gramma 6, diretto da Alessandro Mendini
a partire dal 1980 e sfociato nella serie
Tea & coffee Plaza e pubblicazioni come
Paesaggio casalingo (1979), sempre di
Mendini, che hanno lo scopo di ricon-
giungere l’oggetto al progetto architetto-
nico e pertanto affidati ad architetti prota-
gonisti della scena architettonica: Aldo
Rossi, Charles Jenks, Hans Hollein, Mi-
chael Graves, Robert Venturi e altri.
L’archivio-museo, ospitato nello stesso
edificio in cui ha sede la direzione e par-
te della produzione Alessi, conserva un
gran numero di oggetti e prototipi (circa
20000) oltre che disegni, fotografie e do-
cumentazione sull’attività aziendale.
Configurandosi come un archivio di og-
getti – prodotti, modelli e prototipi – si
differenzia dagli archivi di architettura
dove il modello è un apparato seconda-
rio, a completamento della documenta-
zione del processo progettuale. Agli og-
getti Alessi sono infatti legati, in un pro-
cesso a ritroso, disegni e documenti di-
versi, mediante i quali è possibile riper-
correre i momenti dell’invenzione, delle
modifiche e delle applicazioni tecnologi-
che attraversati dai progettisti. Inoltre la
specificità del rapporto tra l’azienda e i
designer, quasi sempre architetti prati-
canti, permette una visione unica sul rap-
porto particolarissimo che negli ultimi
settanta anni ha caratterizzato il panora-
ma del design italiano: un continuo scam-
bio tra architettura e design, nella dire-
zione di una produzione industriale. Le
fasi della cultura architettonica occiden-
tale emergono dalla serie di oggetti, an-
che nei loro aspetti incongrui: il modello
del servizio da caffè di Shigeru Ban, sot-
tolinea l’inadeguatezza di certo deco-
struzionismo alla fase esecutiva, rima-
nendo allo stadio prototipale in attesa di
innovazioni tecnologiche o di correzioni
dell’esasperato formalismo.
Il ruolo svolto dall’istituzione, aperta agli
studiosi e ai professionisti, non si limita al
pur fondamentale obiettivo di conserva-
zione e documentazione della storia
aziendale e della cultura progettuale che
essa rappresenta; gli oggetti, i modelli –
spesso affidati a grandi figure di modelli-
sti come Giovanni Sacchi – e i prototipi
vengono interrogati dai progettisti e dal-
le maestranze come fonte per l’elabora-
zione di nuovi progetti, per la correzione
di aspetti tecnici – stampi o saldature –
come un archivio vivo, in consonanza con
l’indirizzo culturale assunto dalla rete de-
gli archivi d’impresa.
33
CONTRIBUTI
32
L’Archivio Museo Alessi, Crusinallo di Omegna.Su gentile concessione dell’Archivio Museo Alessi e del fotografo Jacopo Farina.
3534
L’ARCHIVIO MODELLI DELLACASA DELL’ARCHITETTURADI LATINA
Ferruccio Bianchini. Il modello di archi-
tettura viene usato di solito dagli architetti
come prefigurazione concreta degli
aspetti formali e costruttivi di un progetto.
L’esposizione in mostre o musei permette
anche ai non addetti una lettura completa
dell’opera: in tal caso il modello assume il
valore di documento esso stesso. Pensia-
mo ad esempio a quei manufatti non più
esistenti, o a interi brani di città di cui non
sarebbe possibile, senza un’attenta rico-
struzione, cogliere l'assetto orografico e
urbanistico.
Unitamente a schizzi di studio, progetti
esecutivi, documenti contabili, memorie
scritte, fotografie di cantiere, i modelli do-
cumentano l’opera di un architetto e defi-
niscono l’archivio di architettura come un
corpus unico di documenti da mantenere
insieme, contraddicendo l’idea del dise-
gno come fonte priviliegiata.
La collezione dei modelli della Casa del-
l’architettura proviene da archivi privati o
da realizzazioni del nostro laboratorio. At-
tualmente sono conservati, presso l’istitu-
to, modelli che provengono dagli archivi
privati degli architetti Ernesto Lusana e
Pietro Cefaly, dichiarati di interesse stori-
co da parte della Soprintendenza archivi-
stica per il Lazio.
Trattasi di modelli assai diversi tra loro, sia
per il materiale usato che per lo scopo
per il quale sono stati realizzati. Nel primo
caso, parliamo di modelli in legno e car-
tone elaborati a scopo di studio, come at-
tività propedeutica alla realizzazione dei
relativi progetti. Per via del cattivo stato
nel quale per anni sono stati conservati e
dei materiali usati, facilmente deperibili,
necessitano attualmente di un intervento
di restauro. Operazione che, dovendo ri-
correre ai disegni, comporta una certa
complessità; da una parte per l’originalità
dell’archivio (molti disegni sono difficil-
mente databili e riconducibili all’interno
di unità documentarie omogenee), dal-
l’altra per la difficoltà, trattandosi di mo-
delli di studio, di relazionarli alle relative
proposte progettuali.
Sensibilmente diversa è la natura dei ma-
teriali provenienti dall’archivio dell’archi-
tetto Pietro Cefaly. In questo caso parlia-
mo innanzitutto di modelli realizzati in le-
gno e in buono stato di conservazione, ri-
spetto ai quali la ricostruzione di un per-
corso progettuale e la relativa cataloga-
zione risultano assai meno ardue.
Recupero dell'area dell'Ex Consorzio Agrario, Latina,1992. Modello in legno 1:200. Archivio Pietro Cefaly,Archivio modelli, Casa dell’Architettura di Latina.
Modelli di studio in legno e cartone. Archivio ErnestoLusana, Archivio modelli, Casa dell’Architettura di Latina.
CONTRIBUTI
IL MODELLO DIGITALE DELMUSEO DI CASTELVECCHIO
Malvina Borgherini, Alba Di Lieto,
Emanuele Garbin. Il fascino del museo
di Castelvecchio è dovuto in gran parte
allo stretto dialogo che nel corso degli
anni è stato istituito tra la struttura espo-
sitiva e le opere esposte. Per ovviare al-
la perdita di potenza espressiva che
questi oggetti subiscono fuori dal loro
contesto, Antonio Avena, negli anni ’30
del Novecento, allestì una messa in sce-
na in forma di “casa” per le opere vero-
nesi. Carlo Scarpa, qualche decennio
più tardi, collocò le opere dentro un’altra
opera: il suo restauro.
Nell’ambito di una convenzione tra il la-
boratorio multimediale Mela dell’Uni-
versità IUAV di Venezia e la Direzione
Musei d’Arte e Monumenti del Comune
di Verona è stato realizzato un modello
digitale completo e dettagliato del com-
plesso museale di Castelvecchio. A par-
tire dal recente rilievo fotogrammetrico,
realizzato dall’architetto Alberto Torsel-
lo, sono state riprodotte integralmente
tutte le superfici visibili interne ed ester-
ne (120 foto ad alta risoluzione raddriz-
zate), nonché le 350 opere esposte nella
loro attuale collocazione, comprese le
porzioni affrescate. Il modello geometri-
co è costituito da 1500 oggetti e da un
milione di facce.
L’interpretazione dell’oggetto per mez-
zo di superfici piuttosto che di solidi
permette una più completa e articolata
scomposizione nelle diverse unità tema-
tiche (opere, tessiture murarie, parti af-
frescate e decorate, pavimentazioni, ri-
vestimenti, ecc.).
Il modello è compatibile con tutti i prin-
cipali programmi di modellazione digi-
tale, e può fin d’ora essere utilizzato per
la progettazione, la verifica tridimensio-
nale e la simulazione di eventuali allesti-
menti. Può essere usato come base per
la produzione di strumenti interpretativi
e didattici, ed essere messo a disposi-
zione di studiosi, docenti e studenti di
differenti discipline. In particolare si
possono ricavare video e animazioni in
cui si integrano simulazioni e riprese dal
vivo, oppure modelli o panorami conca-
tenati esplorabili in rete. Può inoltre es-
sere utilizzato come ideale strumento di
sovrapposizione e confronto dei rilievi,
dei materiali d’archivio e del corpus dei
disegni di progetto di Carlo Scarpa.
Nelle fasi successive del progetto il mo-
dello verrà usato per esplorare e “narra-
re” alcuni percorsi di quella eccezionale
“macchina per vedere” che è l’architet-
tura e il sistema museale di Castelvec-
chio, attraversandone la stratificazione
storica e scoprendone le relazioni con il
contesto e la stessa identità urbana.
La costruzione del modello del Museo
di Castelvecchio può diventare un pre-
cedente importante e un termine di rife-
rimento anche per le altre istituzioni mu-
seali, locali e nazionali: finora nessun
museo, italiano o straniero, ha mai pro-
dotto e reso disponibile una riproduzio-
ne altrettanto accurata.
Il progetto rientra in un più ampio pro-
gramma di studi, catalogazione e pre-
sentazione al pubblico dell’opera di
Carlo Scarpa ed è stato finanziato con
fondi assegnati dal Comitato Paritetico
per la conoscenza e la promozione del
patrimonio ad egli legato.
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Modello digitale del Museo di Castelvecchio.
CONTRIBUTI
I SOCI DELLA AAA/ITALIA-ONLUS
Soci Fondatori ed Effettivi
Accademia Nazionale di San Luca, Roma
Archivio Architetto Cesare Leonardi, Modena
Archivio Centrale dello Stato, Roma
Archivio Osvaldo Piacentini, Reggio Emilia
Archivio privato Palazzotto, Palermo
Archivio privato Suardo, Bergamo
Associazione Archivio Storico Olivetti, Ivrea
Casa dell’Architetura, Istituto di cultura urbana, Latina
CASVA - Centro alti studi sulle arti visive, Milano
Cesarch, RomaCentro studi degli architetti di Roma e provinciaCentro documentazione sulla storia della cultura architettonica
Fondazione Adriano Olivetti, Roma
Fondazione La Biennale di VeneziaArchivio storico delle arti contemporanee
Fondazione La Triennale di Milano
Fondazione Giovanni Michelucci, Fiesole
Fondazione Giovanni Astengo, Roma
Wolfsoniana - Fondazione regionale per la cultura e lo spettacolo, Genova
Galleria d’arte moderna, UdineGallerie del progetto
INA Gruppo Generali, RomaArchivio storico
MART, Museo arte moderna e contemporanea di Trento e RoveretoArchivio del ‘900
Ministero per i beni e le Attività Culturali, RomaDirezione generale per l’architettura e l’Arte contemporanee
Museo di Castelvecchio, VeronaArchivio Carlo Scarpa
Ordine degli Architetti della provincia di Bologna
Ordine degli Architetti di Roma e provincia
Politecnico di MilanoDipartimento Building Environment Sciences and TecnologyDipartimento di Architettura e PianificazioneDipartimento di Industrial Design, Arti, Comunicazione e ModaDipartimento di Progettazione dell’Architettura
Politecnico di TorinoSistema informativo per l’architettura contemporanea torinese. Dipartimento diprogettazione architettonicaArchivi biblioteca centrale di architettura, sistema bibliotecario Politecnico di Torino
Soprintendenza archivistica del Lazio
Soprintendenza archivistica della Liguria
Soprintendenza archivistica della Toscana
Università degli Studi di BolognaArchivio storico, Sezione architettura
Università degli Studi di CataniaBiblioteca del dipartimento di architettura e urbanisticaArchivio del museo dell’edificio dei Benedettini
Università degli Studi di FirenzeBiblioteca scienze tecnologiche, Architettura
Università degli Studi di GenovaCentro di servizio bibliotecario di architettura ‘Nino Carboneri’
Università di PalermoFacoltà di architetturaDipartimento di storia e progetto dell’architettura
Università degli Studi di ParmaCentro studi e archivio della comunicazione
Università Iuav di VeneziaSBD, Archivio progetti
Università Politecnica delle Marche, AnconaDipartimento di architettura rilievo disegno urbanistica e storia
N° 10, 2011 - ANNO 10, PRIMO E
SECONDO SEMESTRE -
AUTORIZZAZIONE DEL TRIBUNALE
DI VENEZIA N° 1383/2001
AAA/Italia
ISSN 2039-6791
Sede
Archivio progetti,
Università Iuav di Venezia
Dorsoduro 2196
30123 Venezia
tel. 041710025
fax 041715788
www.aaa-italia.org
Bollettino della AAA/Italia
Responsabile
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Politecnico di Milano
Curatela del numero
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Redazione
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Progetto Grafico
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Impaginazione
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(Politecnico di Milano)
Esmeralda Valente
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Giuseppe Morino
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20021 Bollate
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