Aspetti economici del federalismo
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Aspetti economici del federalismo:Aspetti economici del federalismo:il dualismo italiano nel contestodualismo italiano nel contestodell’Europa e del Mediterraneodell’Europa e del Mediterraneo
Amedeo Lepore,Ca’ La Gironda, 24 febbraio 2007

Il Mezzogiorno d’ItaliaIl Mezzogiorno d’Italia
Centre Nord
Roma
MilanoTorino
CAMPANIA
SARDEGNA
SICILIA
Firenze
Venezia
CALABRIA
PUGLIA
Italie Mezzogiorno
Taux d'activitè 48,6% 43,8%
Taux d'occupation 42,9% 33,2%
Taux de chomage 11,6% 24,1%
SAU / SAT 67,4% 73,7%
% employès en agriculture 5,5% 9,8%
Source: ISTAT, recensement
Una situazione di «sviluppo frenato» che perdura
Persistenza di un ritardo nell’offerta di servizi collettivi in generale, di servizi di pubblica utilità in particolare
I costi della transizione economica si rivelano ancora particolarmente elevati
Presenza diffusa di discontinuità tecnologiche e produttive
MOLISE
BASILICATA

Il divario Nord-Sud dall’Unità d’Italia al 1950Il divario Nord-Sud dall’Unità d’Italia al 1950
I fattori che hanno fatto aumentare il divario tra il Nord e il Sud:
- La liberalizzazione e l’abbassamento delle tariffe doganali (con l’Unità d’Italia)
- L’industrializzazione e lo sviluppo delle grandi imprese nel Nord-Ovest (nel periodo giolittiano)
- La politica di sviluppo demografico e il blocco delle migrazioni interne ed esterne (nel periodo fascista)

L’intervento straordinario nel Mezzogiorno L’intervento straordinario nel Mezzogiorno (1950-1998)(1950-1998)
Le principali norme per il Mezzogiorno:
Istituzione della CASSA PER IL MEZZOGIORNO (1950)
- Fase infrastrutturale (1950 –1957)
- Fase di industrializzazione (1958 –1970)
- Fase mista di incentivi settoriali (1971- 1992)
Interventi i tutti i settori suscettibili di sviluppo
Distorsione degli incentivi, come nelle zone del terremoto dell’Irpinia

L’intervento straordinario nel Mezzogiorno L’intervento straordinario nel Mezzogiorno (1950-1998)(1950-1998)
Le principali norme per il Mezzogiorno:
Messa in liquidazione della Cassa per il Mezzogiorno (1984)
Agenzia per la promozione dello sviluppo (1986)
Abolizione dell’intervento straordinario e dell’Agenzia (1993)
Costituzione del Dipartimento per le Politiche di Sviluppo e Coesione (1998) presso il Ministero del Tesoro

L’intervento straordinario nel Mezzogiorno L’intervento straordinario nel Mezzogiorno (1950-1998)(1950-1998)
L’impegno finanziario non è stato rilevante e, peraltro, non è stato bene utilizzato:
- 245.000 miliardi dal 1950 al 1990(a prezzi 1990)
- di cui, solo 185.000 utilizzati
- meno di 5.000 miliardi all’anno(2,6 miliardi di euro)

L’intervento straordinario nel Mezzogiorno L’intervento straordinario nel Mezzogiorno (1950-1998)(1950-1998)
Forte rilevanza dell’intervento sostitutivo, anziché di quello aggiuntivo
Grande rilevanza degli investimenti per infrastrutture (acquedotti
e fognature: 1/3-1/2, negli anni ‘60-’70)
Forti investimenti nell’industria di base, ad alta intensità di capitali e con scarsi effetti indotti
(Poli di sviluppo o “ cattedrali nel deserto”)

L’intervento straordinario nel Mezzogiorno L’intervento straordinario nel Mezzogiorno (1950-1998)(1950-1998)
Tuttavia, il “nuovo meridionalismo” nato nel dicembre 1946 aveva puntato , come ricordava Pasquale
Saraceno, su “un modello di sviluppo economico del Paese che fosse alternativo a quello che
aveva governato la nostra economia dal sorgere dello Stato unitario, un modello secondo il quale
si sarebbe svolta non solo la ricostruzione postbellica, ma anche l’espansione della nostra
economia al di là della ricostruzione”. La SVIMEZ, di cui ricorre questo mese il 60° anniversario,
avrebbe messo in pratica l’idea di un intervento straordinario legato alla “tematica dello sviluppo e
non a quella dell’assistenza”.

L’intervento straordinario nel Mezzogiorno L’intervento straordinario nel Mezzogiorno (1950-1998)(1950-1998)

L’intervento straordinario nel Mezzogiorno L’intervento straordinario nel Mezzogiorno (1950-1998)(1950-1998)
Secondo la SVIMEZ, solo un consistente sviluppo dell’economia reale del Mezzogiorno, a partire dalla sua industrializzazione, avrebbe potuto
condurre il Sud fuori dal sottosviluppo e renderlo soggetto autonomo e autopropulsivo del suo
approdo a una piena modernizzazione del sistema economico e sociale, nel quadro di quello italiano.
Tuttavia, i progressi compiuti nei decenni precedenti, a cominciare dai grandi miglioramenti
conseguiti fino agli anni settanta, si rivelarono “insufficienti a colmare i preesistenti divari con le
regioni centro-settentrionali” (SVIMEZ, 1978).

Indice di industrializzazioneIndice di industrializzazione (% addetti alle industrie estrattive, manufatturiere, elettricità, gas, acqua, (% addetti alle industrie estrattive, manufatturiere, elettricità, gas, acqua,
costruzione e installazione impianti sulla popolazione residente)costruzione e installazione impianti sulla popolazione residente)
Province e Regioni
1951 1961 1971 1981 1991 2001
Sud 4,1 4,5 5,4 6,2 5,4 5,7
Centro-Nord
11,8 14,9 15,6 16,4 14,6 13,9
Italia 9,3 11,1 12,1 12,8 11,3 11,0
Fonte: ns. elaborazioni su dati ISTAT. Censimento dell'industria, vari anni.

PIL a confronto: Mezzogiorno e ItaliaPIL a confronto: Mezzogiorno e Italia (a prezzi 1990) (a prezzi 1990)
949698
100102104106108110112
1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998
Mezzogiorno Italia
Fonte:ISTAT (conti economici regionali) fino al 1996 e stime Svimez per 1997 e 1998

Andamento del PIL pro capite del MezzogiornoAndamento del PIL pro capite del Mezzogiorno(1951-1995)(1951-1995) Valore assoluto e livello rispetto al centro-nordValore assoluto e livello rispetto al centro-nord
Valori assoluti
Indice: Centro-Nord=100

Prodotto pro capite del MezzogiornoProdotto pro capite del Mezzogiornonel periodo 1951-1995nel periodo 1951-1995
Anni Migliaia di Lire1995
Indice (a)Centro -Nord = 100
Anni Migliaia di Lire1995
Indice (a)Centro -Nord = 100
1951 5,314 55,0 1974 14,711 60,71952 5,514 54,8 1975 14,425 61,51953 6,039 58,0 1976 14,855 58,41954 6,065 56,7 1977 15,393 58,91955 6,271 55,6 1978 15,872 59,41956 6,525 56,9 1979 16,697 59,91957 6,884 57,4 1980 17,107 59,31958 7,122 56,7 1981 16,952 59,01959 7,424 55,4 1982 17,038 59,41960 7,705 54,4 1983 17,276 61,41961 8,428 56,2 1984 17,798 61,31962 8,650 55,1 1985 17,982 59,91963 9,324 57,7 1986 18,253 59,01964 9,481 57,6 1987 18,815 59,21965 9,954 60,0 1988 19,400 58,61966 10,292 58,7 1989 19,810 58,21967 11,079 59,3 1990 20,151 58,81968 11,596 59,0 1991 20,587 59,81969 12,353 59,9 1992 20,590 59,41970 12,765 59,1 1993 20,115 58,71971 13,261 61,3 1994 20,302 58,31972 13,410 60,7 1995 20,583 56,91973 14,150 61,3
(a) Calcolato su valori a prezzi correnti - Fonte: Elaborazioni SVIMEZ su dati ISTAT e SVIMEZ

Esportazioni delle regioni del Mezzogiorno.Esportazioni delle regioni del Mezzogiorno. Incidenza sul PIL (mld. correnti)Incidenza sul PIL (mld. correnti)
Fonte: ISTAT-Svimez

Variazione della popolazione residente:Variazione della popolazione residente:1951-1995 1951-1995 (saggi % medi annui)(saggi % medi annui)
Fonte: elaborazioni Svimez su dati ISTAT

Variazione del prodotto:Variazione del prodotto:1951-1995 1951-1995 (saggi % medi annui)(saggi % medi annui)
Fonte: elaborazioni Svimez su dati ISTAT e SVIMEZ

Variazione del prodotto pro capite:Variazione del prodotto pro capite:1951-1995 1951-1995 (saggi % medi annui)(saggi % medi annui)
Fonte: elaborazioni Svimez su dati ISTAT e SVIMEZ

Variazione del valore aggiunto al costo dei fattori a prezzi Variazione del valore aggiunto al costo dei fattori a prezzi costanti: 1951-1995costanti: 1951-1995 (saggi % medi annui)(saggi % medi annui)
Fonte: elaborazioni Svimez su dati ISTAT e SVIMEZ

Variazione delle unità di lavoro: 1951-1995Variazione delle unità di lavoro: 1951-1995 (saggi % medi annui)(saggi % medi annui)
Fonte: elaborazioni Svimez su dati ISTAT e SVIMEZ

Variazione del valore aggiunto al costo dei fattori per unità di Variazione del valore aggiunto al costo dei fattori per unità di lavoro a prezzi costanti: 1951–1995lavoro a prezzi costanti: 1951–1995 (saggi % medi annui)(saggi % medi annui)
Fonte: elaborazioni Svimez su dati ISTAT e SVIMEZ

Importanza % del prodotto e dell’occupazione:Importanza % del prodotto e dell’occupazione:1951–19951951–1995 (i principali settori)(i principali settori)
(a) Su valori a prezzi correnti (b) Occupati presenti per il 1951 e unità di lavoro per 1995 Fonte: elaborazioni Svimez su dati ISTAT e SVIMEZ

Andamento della popolazione residente:Andamento della popolazione residente:1951 - 19951951 - 1995
Mezzogiorno (scala a dx) e Centro - Nord (scala a sx)Mezzogiorno (scala a dx) e Centro - Nord (scala a sx)
25000
27000
29000
31000
33000
35000
37000
39000
51 53 55 57 59 61 63 65 67 69 71 73 75 77 79 81 83 85 87 89 91 93 95
17000
17500
18000
18500
19000
19500
20000
20500
21000
Centro -Nord
Mezzogiorno
Anni
Migliaia di unitàMigliaia di unità

Tasso di disoccupazioneTasso di disoccupazione
nel periodo 1959 - 1995 (%)nel periodo 1959 - 1995 (%)
0,0
5,0
10,0
15,0
20,0
25,0
30,0
1959 1961 1963 1965 1967 1969 1971 1973 1975 1977 1979 1981 1983 1985 1987 1989 1991 1993 1995
Anni
Tasso di disoccupazione (%)
Mezzogiorno
Centro - Nord
Italia

1959196119631965196719691971197319751977197919811983198519871989199119931995
0,0
5,0
10,0
15,0
20,0
25,0
30,0
Tasso di disoccupazione (%)
Anni
Mezzogiorno
Centro - Nord
Italia
Tasso di disoccupazione nel periodoTasso di disoccupazione nel periodo1951 - 1995 (%)1951 - 1995 (%)

0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
195119551959196319671971197519791983198719911995Anni
0
5
10
15
20
25
30
35
Livello pro capite (Centro - Nord=100)In % del totale nazionale
Liv
ello
pro
cap
ite
(Cen
tro
- N
ord
= 1
00)
Qu
ota
% s
ul t
otal
e n
azio
nal
e
Investimenti fissi lordi del Mezzogiorno: 1951 - 1995Investimenti fissi lordi del Mezzogiorno: 1951 - 1995 (a prezzi costanti )(a prezzi costanti )

Gli investimenti nel SudGli investimenti nel Sud(fondi europei messi a disposizione)(fondi europei messi a disposizione)
Disponibilità Impegni al 31-12-97 al 31-3-98Var. assoluteErogazioniassunti I trim.98 I trim.98 / tot.
1 2 3 4 5 6=4/1Programmi regionali: 27.995 17.930 9.284 10.637 1.354 38,0%
Abruzzo 1.077 875 432 496 64 46,0%
Basilicata 2.191 1.972 1.015 1.159 143 52,9%
Calabria 3.825 2.688 1.131 1.347 216 35,2%
Campania 6.045 3.276 2.192 2.361 170 39,1%
Molise 1.046 1.041 463 563 99 53,8%
Puglia 5.196 2.770 1.278 1.535 257 29,5%
Sardegna 3.528 2.370 1.186 1.462 276 41,4%
Sicilia 5.083 2.935 1.587 1.714 127 33,7%
Erogazioni

Fondi strutturali dell’UEFondi strutturali dell’UE


Mezzogiorno e MediterraneoMezzogiorno e Mediterraneo

Mezzogiorno e MediterraneoMezzogiorno e Mediterraneo
L’unitarietà del Mediterraneo, che già Platone immaginò come un grande lago sul quale si affacciavano i popoli come formiche o rane, non è un’invenzione politica, ma
un oggettivo dato fisico-geografico, che tende ad associare per “intrinseco meccanismo”, come ha
osservato Fernand Braudel, i vari paesi rivieraschi, sia pure diversi per struttura, fede, cultura e tradizioni.
Nel Fedro di Platone è scritto: “vivono tra Phasis e le colonne d’Ercole, su una piccola porzione di terra attorno al mare, come formiche o rane attorno al
pantano”.

Mezzogiorno e MediterraneoMezzogiorno e Mediterraneo

Mezzogiorno e MediterraneoMezzogiorno e Mediterraneo
Un mare dalle dimensioni contenute, una sorta di grande lago, come si è detto. “Grande” per fenici e ebrei, “molto verde” per sumeri ed egizi, “nostro” per greci e romani.
Il Mediterraneo ha avuto tre cantori, Braudel, Attenborough (il “primo paradiso”), Matvejevic. Anzi quattro, con Omero e la sua Odissea. Come dice lo
scrittore bosniaco nel suo Breviario Mediterraneo, “Il più grande romanzo di formazione, la più grande storia
dell'individuo che si avventura nel mondo e ritorna a casa ossia a se stesso, e cioè l'Odissea, non è immaginabile senza il mare. Ma quel mare, il
Mediterraneo, è anche il grembo della nostra storia, della nostra civiltà”.

Mezzogiorno e MediterraneoMezzogiorno e Mediterraneo

Mezzogiorno e MediterraneoMezzogiorno e Mediterraneo
Il Mediterraneo non è mai stato semplicemente un mare che separa l’Europa dal Vicino Oriente e
dall’Africa,
o, come diceva Braudel, una semplice fenditura della crosta terrestre che si allunga da Gibilterra all’Istmo
di Suez e al Mar Rosso. Il Mediterraneo è un mare su cui si affacciano terre molto diverse fra loro, modi di
vita lontanissimi, separati da dualismi e ostilità connaturati, ma anche uniti nel gioco delle relazioni e
degli scambi marittimi, economici e culturali.

Mezzogiorno e MediterraneoMezzogiorno e Mediterraneo
Sul Mediterraneo si sono sviluppate civiltà avanzate e civiltà tradizionali, città moderne e metropoli ossificate
in un passato immobile, che si sono spesso contrapposte tra loro; ma, soprattutto, il Mediterraneo è un mare che ha formato culture, che le ha divise e le
ha unite, che le ha messe in relazione e le ha viste contrapporsi frontalmente. Nel Mediterraneo, infatti, sono nate le grandi culture che hanno dato identità
all’Europa e ai Paesi del Sud che si bagnano in esso.

Mezzogiorno e MediterraneoMezzogiorno e Mediterraneo

Mezzogiorno e MediterraneoMezzogiorno e Mediterraneo
L’attuale tormentata fase politica internazionale, l’esigenza di sviluppare in profondità l’antico filo del
dialogo con le diverse culture di questa parte del mondo, sono gli elementi chiave da considerare per
delineare il futuro ruolo del Mezzogiorno nello scenario dei rapporti tra l’Europa e i paesi della sponda sud del
Mediterraneo.
In effetti, un nuovo e centrale ruolo del Mezzogiorno appare più che mai possibile, anche in questa difficile
congiuntura politica ed economica, se l’Unione Europea terrà fede all’obiettivo di intensificare il suo
sforzo in favore dello sviluppo delle politiche euromediterranee, nella prospettiva di offrire un forte
contributo alla distensione del clima politico e sociale.

Mezzogiorno e MediterraneoMezzogiorno e Mediterraneo

Mezzogiorno e MediterraneoMezzogiorno e Mediterraneo
Il Partenariato euromediterraneo rappresenta il quadro delle relazioni politiche, economiche e sociali tra gli
Stati UE e Paesi terzi mediterranei (PTM).
Istituito nel novembre 1995 dalla Conferenza dei Ministri degli Esteri euromediterranei di Barcellona, il
Partenariato euromediterraneo riunisce i 25 Stati membri dell’UE e 10 Paesi della sponda sud del Mediterraneo: Algeria, Egitto, Israele, Giordania,
Libano, Marocco, Autorità palestinese, Siria, Tunisia e Turchia. L’obiettivo del Partenariato è di fare del Mediterraneo una zona di stabilità, di pace e di
prosperità.

Mezzogiorno e MediterraneoMezzogiorno e Mediterraneo

Mezzogiorno e MediterraneoMezzogiorno e MediterraneoPer realizzare questo scopo, un programma di obiettivi
ed azioni articolato in tre grandi capitoli:
- Partenariato politico e di sicurezza, per un’area euromediterranea di pace e di stabilità, basata sui principi del rispetto dei diritti umani, delle libertà fondamentali e della democrazia (asse “politico”);
- Partenariato economico e finanziario, per un’area di prosperità, attraverso un’alleanza economico-finanziaria e la progressiva liberalizzazione degli scambi tra l’UE e i suoi partner e tra gli stessi Paesi del Mediterraneo (asse “economico”);
- Partenariato sociale, culturale e umano, per l’avvicinamento tra i popoli e lo sviluppo degli scambi culturali fra gli attori sociali (asse “culturale”).

Mezzogiorno e MediterraneoMezzogiorno e Mediterraneo

Mezzogiorno e MediterraneoMezzogiorno e Mediterraneo
Oltre alla democratizzazione dei paesi dell’area (il primo “pilastro” su cui si fonda il Partenariato), il P.E.M. ha come obiettivo economico portante la costituzione, entro il 2010, di una zona di libero
scambio tra l’Europa e i paesi coinvolti nel progetto. Purtroppo i risultati ottenuti finora sono modesti e si rende necessario un forte rilancio del Partenariato, anche alla luce del realizzato allargamento ad Est dell’Unione. In questo quadro, assume un rilievo
particolare anche la questione della dotazione infrastrutturale, senz’altro uno degli elementi strategici del ruolo che il Mezzogiorno d’Italia può interpretare al
centro del Bacino.

Mezzogiorno e MediterraneoMezzogiorno e Mediterraneo

Mezzogiorno e MediterraneoMezzogiorno e Mediterraneo
Il ruolo di “piattaforma” e di “ponte” con l’Africa e addirittura con l’Estremo Oriente
(attraverso il Mar Mediterraneo e Suez), potrà risultare valido solo se a tale funzione di
“connessione” e di “raccordo” si accompagnerà un sostanziale rafforzamento
del Mezzogiorno. Il nostro Sud potrà assolvere ruoli positivi e strategici solo se nel suo
insieme divenenterà più sviluppato dal punto di vista produttivo e compiutamente
interconnesso anche tra i propri territori. Solo allora il Mezzogiorno potrà costituire uno
snodo della futura crescita in quest’area del Mondo, e non funzionare solo da “manufatto
tecnico” (ponte) al servizio delle aree più avanzate dell’Italia e dell’Europa del Nord.

Mezzogiorno e MediterraneoMezzogiorno e Mediterraneo

Mezzogiorno e MediterraneoMezzogiorno e Mediterraneo
Anche da questo versante, va vista la scarsa rilevanza che il tema del ritardo del
Mezzogiorno - che andrebbe affrontato assieme a quello delle sue necessità e potenzialità di sviluppo - ha registrato negli ultimi anni nel dibattito politico-culturale del Paese e nella politica economica italiana. Le politiche di
sviluppo non sono state adeguate, sia nell’ultimo mezzo secolo (nonostante la fase positiva del primo “intervento straordinario”,
dagli anni ‘50 a circa la metà degli anni ‘70), sia nell’ultimo decennio di interventi, la fase dalla
cosiddetta “Nuova politica economica”, manifestando un eccesso di ottimismo verso
alcuni limitati (e non strutturali) progressi del Sud.

La fine della “politica speciale”La fine della “politica speciale”per il Mezzogiornoper il Mezzogiorno

Mezzogiorno e MediterraneoMezzogiorno e Mediterraneo
Oggi, le risorse in conto capitale vanno utilizzate per le “gambe tecniche” dello
sviluppo nelle aree in ritardo. Infatti, le opere pubbliche condizionano la produttività e
l’attrattività dei contesti territoriali, le cui dotazioni – specie quelle per le reti – non
possono essere solo funzione dell’esistente livello di sviluppo, ma devono concorrere ad
accelerarlo.In questo quadro, è essenziale la realizzazione dei “Corridoi europei” (la Direttrice UE Berlino-Palermo, il “Corridoio 8” Napoli-Bari-Balcani).
Se si vuole puntare su una strategia euro-mediterranea, occorre un consolidamento
“logistico” (e ovviamente economico-produttivo) dell’intero Mezzogiorno, per
promuovere efficienti collegamenti con il “mare tra le terre”.

Mezzogiorno e MediterraneoMezzogiorno e Mediterraneo
Il riassorbimento del divario tra il “debole” Sud e il “forte” Nord comporterà sforzi impegnativi e lunghi, la cui durata dipenderà dall’entità dei
“differenziali di crescita” Nord-Sud che si riuscirà a realizzare nelle due macro-regioni
d’Italia. Ma proprio perché tempi e risorse sono fattori e vincoli reali, è questo il momento di
porsi obiettivi strategici importanti, concentrando su di essi l’impegno, per puntare,
nel lungo periodo, all’unificazione anche economica del nostro Paese.

Mezzogiorno e MediterraneoMezzogiorno e Mediterraneo
Quest’obiettivo ha rappresentato dagli anni ’40 il sogno del “nuovo meridionalismo” nazionale ed europeista, di Pasquale Saraceno, Donato
Menichella, Rodolfo Morandi, Francesco Giordani, Giuseppe Cenzato, e, poi, di Manlio
Rossi Doria, Vincenzo Caglioti, Giorgio Sebregondi, Francesco Compagna, Gabriele
Pescatore, Salvatore Cafiero e di tanti altri, con i quali la SVIMEZ ha scritto pagine decisive della
storia italiana ed europea.

Mezzogiorno e MediterraneoMezzogiorno e Mediterraneo

Mezzogiorno e MediterraneoMezzogiorno e Mediterraneo
Se guardiamo alla storia di lunga durata, vediamo che il destino del Mezzogiorno e quello del Mediterraneo
hanno sempre proceduto insieme, nel bene e nel male. Quando il Mediterraneo è stato al centro dei traffici del
mondo, anche il Mezzogiorno ha conosciuto le sue pagine più positive. Quando il Mediterraneo, invece, è
andato in crisi, anche il Mezzogiorno ha vissuto periodi bui. Adesso, dopo lungo tempo, il Mediterraneo torna ad essere uno snodo del pianeta, un grande crocevia
internazionale e, dunque, anche il Mezzogiorno, assieme a tutti i Paesi che si affacciano sul
Mediterraneo, può riconquistare la sua centralità mediterranea: di un comune mare di pace e di relazioni
internazionali.
Mezzogiorno e Mediterraneo, Mediterraneo ed Europa.

Mezzogiorno e MediterraneoMezzogiorno e Mediterraneo

Mezzogiorno “problema aperto”Mezzogiorno “problema aperto”
Corrado Barbagallo nel 1948 rilevava come una delle fondamentali condizioni sfavorevoli per la diffusione
dell’industria fosse la mancanza di capitali e, in particolare, la “riluttanza dei capitalisti a investire il loro denaro in
imprese industriali, che debbano aver sede nel Mezzogiorno”. Tale contrarietà, infatti, discendeva “dalla convinzione che
quaggiù una qualsiasi impresa industriale è costosa, faticosa, probabilmente destinata all’insuccesso per la mancanza di
quegli elementi, che con frase oscura gli economisti sogliono denominare fattori agglomerativi”.

Mezzogiorno “problema aperto”Mezzogiorno “problema aperto”
Allora, se in altri tempi il permanere del divario tra Nord e Sud ha comportato la prevalenza di una politica assistenziale e improduttiva, oggi a maggior ragione occorre interrogarsi, come faceva Saraceno, sulla possibilità di impiegare le risorse pubbliche disponibili “al fine di creare quella convenienza ad
investire che mancava nel Mezzogiorno”.
Il Rapporto sull’economia del Mezzogiorno 2006 e i nuovi materiali predisposti dalla SVIMEZ in occasione del suo 60°
anniversario (in particolare, l’elaborato relativo a L’evoluzione macro-economica del Mezzogiorno e del Centro-
Nord 1951-2005) offrono l’opportunità concreta di riprendere a discutere di questo problema quanto mai aperto e niente affatto superato, dopo un sessantennio di storia italiana.


I dati del Mezzogiorno al I dati del Mezzogiorno al 20052005
Rapporto SVIMEZ 2006Rapporto SVIMEZ 2006

Rapporto SVIMEZ 2006Rapporto SVIMEZ 2006

Rapporto SVIMEZ 2006Rapporto SVIMEZ 2006
Un Mezzogiorno in recessione all'interno di un Paese che ristagna. Questa è la fotografia che emerge dal Rapporto della Svimez sull'economia del Mezzogiorno. Nel 2005 il Sud è peggiorato rispetto al 2004 in PIL e occupazione, crescendo per il secondo anno consecutivo meno del
Centro-Nord. Il PIL per abitante è rimasto a 16.272 euro, pari al 60,3% del Centro-Nord (26.985 euro). A livello
regionale, al Sud sono cresciute solo Abruzzo (+2,1%), Sicilia (+2,8%) e Sardegna (+0,9%).

Rapporto SVIMEZ 2006Rapporto SVIMEZ 2006
Sul versante occupazionale, il Sud ha perso, nel 2005, 20mila posti di lavoro (a fronte di un aumento di 179mila
unità nel Centro-Nord), che salgono a 69mila se si considera il periodo 2002-2005 (in cui il Centro-Nord
registra +700mila nuovi addetti).
Il tasso di attività scende di due punti al Sud, a dimostrazione di un crescente effetto scoraggiamento che
induce le fasce più deboli a non cercare più lavoro. E come a livello nazionale e in controtendenza rispetto agli scorsi anni, riprende a crescere il lavoro atipico (+16mila unità). Spina nel fianco, ancora una volta, il sommerso, che colpisce quasi 1 lavoratore su 4 (23%), percentuale
che scende al 10% nel Centro-Nord.

Rapporto SVIMEZ 2006 sull'economia del Mezzogiorno
+3,4
+1,3
-0,3
0,0CRESCITA DELL'ECONOMIANEL 2005

1,11,8 1,7 1,5
3,1
1,6
0,2 0,1
1,4
0,0
Mezzogiorno
Centro-Nord
1,0
CRESCITA DEL PIL
2,72,0 2,2
2,7 2,4
1,10,7 0,7
-0,3
1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005
Rapporto SVIMEZ 2006 sull'economia del Mezzogiorno

Rapporto SVIMEZ 2006 sull'economia del Mezzogiorno
OCCUPAZIONE
1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 200513500
14000
14500
15000
15500
16000
16500
5900
6000
6100
6200
6300
6400
6500
6600Mezzogiorno
Centro-Nord

TASSO DI ACCUMULAZIONE
Rapporto SVIMEZ 2006 sull'economia del Mezzogiorno
15,0
20,0
25,0
30,0
35,0
40,0
1951195419571960196319661969197219751978198119841987199019931996199920022005
MEZZOGIORNO
CENTRO-NORD

IL DUALISMO
Rapporto SVIMEZ 2006 sull'economia del Mezzogiorno
PIL PRO CAPITE TASSO DI
DISOCCUPAZIONE
TASSO DI
OCCUPAZIONE
60,3 293,9 71,6
100,0 100,0 100,0

PIL PRO CAPITE IN PPATasso di crescita m.a. 1995-2003
Rapporto SVIMEZ 2006 sull'economia del Mezzogiorno
Nuovi paesi membri UE 5,7%
Altre Aree Ob. 1 UE a 15 4,8%
Mezzogiorno 3,6%

PERCORSI DI SVILUPPO
Rapporto SVIMEZ 2006 sull'economia del Mezzogiorno
1998 2000
2002
20042005
19982000
2002
2004
2005
19982000
20022004
2005
1998
20002002
20042005
19982000
200220042005
1998 20002002
200420051998
20002002
20042005
19982000
2002
20042005
1998
20002002
20042005
1998
2000
2002
2004
2005
70,0
80,0
90,0
100,0
110,0
120,0
130,0
140,0
70,0 80,0 90,0 100,0 110,0 120,0
Mezzogiorno
Centro-Nord
ItaliaGermania
Regno Unito
Francia
Grecia
S pagna
Tasso di occupazione 15-64 anni
Pil pro capite in PPA
Portogallo
I rlanda

LE AREE DELLA COMPETITIVITA’
Rapporto SVIMEZ 2006 sull'economia del Mezzogiorno
SEFI
DK
DE
NLLU
ATBE
UE15UK
FR
SIIT-CN
IEES
ITEE
CZ
PTIT-MEZZ
HUSK
LT
GRPL
LV
20 40 60 80 100 120 140 160 180 200
SEDK
UK
FIIE
NL
FRSI
ATUE15
LTES
BE
LVPT
PLEE
DESK
CZIT-CN
LU
ITHU
IT-MEZZGR
60 70 80 90 100 110 120 130 140 150 160
LUIE
BE
NLDK
FICZ
SEAT
DESK
UE15
SIIT-CN
EEHU
UKFR
ESIT
PTPL
LTLV
GRIT-MEZZ
40 60 80 100 120 140 160 180 200 220
INNOVAZIONE – R&S RISORSE E FORMAZIONE
VITALITA’ ECONOMICA

TASSO DI ACCUMULAZIONE UE 25
Rapporto SVIMEZ 2006 sull'economia del Mezzogiorno
19,3 19,2
29,7
SPAGNA
22,3PO
RTOG
ALLO
23,8
GRECIA
27,1
IRLA
NDA
SLOVACCHIA
28,6 26,4
REP. CECA
SUD
CENTRO
NORD

L’INTEGRAZIONE INTERNAZIONALE
Rapporto SVIMEZ 2006 sull'economia del Mezzogiorno
QUOTA ESPORTAZIONI DEL SUD
SU COMMERCIO MONDIALE 0,4%
INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI PER ABITANTE
NEL SUD 16 $ NEL CENTRO-NORD 271 $
UE a 25 900 $ IRLANDA 5.200 $

LE AGEVOLAZIONI DELLA L. 488/92NELL’INDUSTRIA E NEI SERVIZI (mln €)
Rapporto SVIMEZ 2006 sull'economia del Mezzogiorno
2001 2.796,6
2002 1.907,0
2003 1.305,1
2004 1.163,3
2005 6,6

SPESA DELLA P.A. IN CONTO CAPITALE2004
Rapporto SVIMEZ 2006 sull'economia del Mezzogiorno
SPESA BASE
nel SUD 11,6 mrd €
nel NORD 32,9 mrd €
SUD / ITALIA 26,1%
SPESA ADDIZIONALE
nel SUD 9,8 mrd €
nel NORD 3,9 mrd €
SUD / ITALIA 71,5%SPESA COMPLESSIVA
nel SUD 21,4 mrd €
nel NORD 36,8 mrd €
SUD / ITALIA 36,8%

PORTI HUB (TRANSHIPMENT) E FEEDER
Rapporto SVIMEZ 2006 sull'economia del Mezzogiorno

INDICI SINTETICI DI DOTAZIONE DEI NODI DI SCAMBIO (ITALIA=100)
Rapporto SVIMEZ 2006 sull'economia del Mezzogiorno
Centri intermodali
Porti AeroportiIndice
sintetico
Sud 1,1 98,0 77,0 20,1Centro-
Nord156,1 101,1 112,6 121,1

PIL: tassi di var. % su valori a prezzi costanti 1995
-2,0%
-1,0%
0,0%
1,0%
2,0%
3,0%
4,0%
5,0%
6,0%
1981 1983 1985 1987 1989 1991 1993 1995 1997 1999 2001 2003 2005* 2007* 2009*
Nord Ovest Nord Est Centro Mezzogiorno
* Previsioni
Fonte: ISTAT, Unioncamere

Fonte: ISTAT
Tasso di attività
40
42
44
46
48
50
52
54
2004/1 2004/2 2004/3 2004/4 2005/1 2005/2 2005/3 2005/4 2006/1 2006/2
Centro Nord Sud

Fonte: ISTAT
Tasso di occupazione
34
36
38
40
42
44
46
48
50
52
2004/1 2004/2 2004/3 2004/4 2005/1 2005/2 2005/3 2005/4 2006/1 2006/2
Centro Nord Sud

Andamento dell'export per ripartizioni (2000 = 100)
95
100
105
110
115
120
125
130
135
2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006
Nord Ovest Nord Est Centro Mezzogiorno
Fonte: ISTAT

Presenze turistiche (1995 = 100)
95100105110115120125130135140145150
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005
"Centro Nord - italiani" "Centro Nord - stranieri"
"Mezzogiorno - italiari" "Mezzogiorno - stranieri"

Mezzogiorno
(*)Valore aggiunto 2005 pro capite – Dato ISTAT
Valore aggiunto pro capite regionale
Regione V.A. pro capite
Abruzzo € 18.246
Basilicata € 15.443
Calabria € 14.050
Campania € 14.890
Molise € 17.402
Puglia € 14.359
Sardegna € 16.952
Sicilia € 14.845
ITALIA(*) € 21.770
Comuni “TOP-FIVE” – V.A. pro capite
Pettoranello del Molise (IS) € 99.905
Pozzilli (IS) € 73.711
Atessa (CH) € 62.972
Sarroch (CA) € 69.068
Campochiaro (CB) € 63.302
Comuni “DOWN-FIVE” – V.A. pro capite
Trenta (CS) € 4.677
Petruro Irpino (AV) € 4.723
San Lorenzo Bellizzi (CS) € 4.805
Altofonte (PA) € 4.981
San Martino di Finita (CS) € 5.073
Valore aggiunto pro capite comunale
MEDIANA MEZZOGIORNO: € 11.969


“Una politica di ‘coesione’ – in Italia e nell’Unione europea, e guardando entrambi al futuro dei
rapporti anche con i Paesi e con le economie del Mediterraneo – potrà definirsi veramente tale non se aiuterà con risorse pubbliche solo gli ultimi (in Italia il Mezzogiorno; nell’Europa a 25 i soli Paesi
dell’Est), ma se si dimostrerà capace di stimolare e sostenere l’ambizione e l’impegno di ciascun territorio, che si trova sempre collocato ad un diverso livello di una ideale “scala” o “griglia”
capace di misurare il benessere raggiunto e quello più elevato cui tendere. Ed ambizione ed impegno di ciascun territorio non può non essere quello di accelerare la propria velocità di crescita, in una
sorta di maratona ad inseguimento” (Nino Novacco - 2004)

I Fondi strutturali: le I Fondi strutturali: le novità per il periodo novità per il periodo
2007-20132007-2013

La politica di coesioneLa politica di coesione
Art. 130A del Trattato dell’Unione Europea:
“Per promuovere uno sviluppo armonioso dell’insieme della Comunità, questa sviluppa e prosegue la propria azione intesa a realizzare il rafforzamento della sua coesione economia e
sociale. In particolare la Comunità mira a ridurre il divario tra le diverse regioni e il ritardo delle regioni meno favorite, comprese quelle rurali”

L’obiettivo dei fondi strutturali è proprio quello di sostenere e finanziare, assieme agli Stati Membri, tutte quelle azioni intese a creare le condizioni necessarie ad uno sviluppo duraturo e sostenibile.
La riforma dei fondi strutturali, avviata nel 1988 e ripresa nel 1993 dall’Unione Europea per il periodo 1994/99, rifinanziata per il periodo 2000-2006 e in corso di programmazione per il periodo 2007-2013, costituisce una tappa importante nel rapporto tra le istituzioni comunitarie e le singole regioni per la definizione delle politiche di sviluppo dell’Unione Europea.
La politica di coesioneLa politica di coesione

Le politiche nazionaliLe politiche nazionali
In questo quadro, vanno inserite le misure concrete a livello nazionale (i centoventi miliardi di euro di investimenti nel Sud, i crediti d’imposta, il cuneo fiscale differenziato e le zone franche urbane) e le novità decise dal governo per le politiche di sviluppo del Mezzogiorno (il rifinanziamento per sette anni - anziché tre - del Fondo aree sottoutilizzate, in relazione al nuovo ciclo comunitario 2007-2013, e la disponibilità di importi finanziari pluriennali a partire già da quest’anno). Eppure, sono proprio queste scelte che cominciano finalmente a prefigurare una “programmazione unica” per la politica nazionale e comunitaria, a richiedere una selezione molto forte e una concentrazione degli interventi previsti e delle relative risorse.

Le politiche nazionaliLe politiche nazionali
Questo metodo innovativo, però, da solo non basta. Il dualismo meridionale necessita di una politica di dimensioni macroeconomiche, che si ponga un compito di largo respiro, come era nelle intenzioni del “nuovo meridionalismo” di un sessantennio fa, per mettere al centro dell’azione di governo, a tutti i livelli, le nuove opportunità di sviluppo degli investimenti e del mercato (a partire da quella offerta dal possibile raccordo tra Europa e Asia, attraverso il bacino mediterraneo) e avviare così il percorso di lunga lena della definitiva scomparsa del divario.


Quali sono i fondi?
Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR): infrastrutture, investimenti produttivi, PMI, Istruzione,
Sanità, R&S, Turismo e Beni Culturali
Fondo Sociale Europeo (FSE):
formazione, aiuti all’assunzione dei lavoratori, adeguamento delle strutture formative e pari
opportunità
La politica di coesioneLa politica di coesione

Fondo Europeo di garanzia e orientamento agricolo (FEOGA):
ammodernamento strutture agricole, trasformazione, promozione e commercializzazione dei prodotti locali, tutela dell’ambiente rurale, prevenzione catastrofi naturali nelle zone ultraperiferiche
Strumento finanziario di orientamento della pesca (SFOP):flotta da pesca, acquacoltura e fascia costiera, attrezzature dei porti da pesca, trasformazione e commercializzazione del pesce, prospezione dei mercati
La politica di coesioneLa politica di coesione

La politica di coesioneLa politica di coesione
Politica di coesione = Politica regionale = Fondi strutturali
I fondi strutturali: Fse (dal 1958), Feoga (dal 1958), Fesr (dal 1975), Fondo di coesione (dal 1993)
- La politica di coesione inizia negli anni ‘60, ma viene rilanciata dall’AUE del 1986, per compensare le regioni più deboli
dall’introduzione del mercato unico europeo. - Riforma dei fondi strutturali del 1988
- Nel 1988 i fondi strutturali coprivano il 15% del bilancio CE, nel 1992 sono passati al 30% (e sono poi rimasti a questo livello)
Quattro periodi di programmazione:1988-1992 - cinque anni1993-1999 - sette anni2000-2006- sette anni2007-2013- sette anni

I principi guida dei fondi strutturali I principi guida dei fondi strutturali 2007-20132007-2013
Concentrazione: un’impostazione più strategica, che consolida le priorità dell’Unione sia a livello geografico (80% circa del finanziamento destinato alle regioni meno sviluppate), sia dal punto di vista tematico (strategia incentrata sugli obiettivi di Lisbona e Göteborg).
Semplificazione: riduzione del numero di regolamenti; meno obiettivi – meno Fondi; programmazione; soppressione della suddivisione in zone, programmi sostenuti da un unico Fondo; gestione finanziaria più flessibile; proporzionalità in materia di controllo, valutazione e monitoraggio; ammissibilità delle spese.
Decentramento: ruolo più incisivo delle regioni e dei soggetti locali.

Concentrazione Territoriale.Concentrazione Territoriale.La nuova geografia delle disparitàLa nuova geografia delle disparità
Concentrazione Territoriale.Concentrazione Territoriale.La nuova geografia delle disparitàLa nuova geografia delle disparità


Scenari in rapida Scenari in rapida trasformazionetrasformazione
per le politiche regionaliper le politiche regionali[Terzo Rapporto di Coesione, pag. 20]
“L’allargamento condurrà ad un ampliamento dei divari di sviluppo, ad uno spostamento verso est del problema delle disparità e ad una più difficile situazione occupazionale: i divari socioeconomici raddoppieranno e la media comunitaria del PIL per abitante si ridurrà del 12,5%.
Inoltre, l’Unione dovrà fronteggiare la più rapida ristrutturazione economica derivante dalla globalizzazione, l’ulteriore apertura dei mercati internazionali, la rivoluzione tecnologica, lo sviluppo dell’economia e della società della conoscenza, l’invecchiamento della popolazione e la crescita dei flussi migratori”.
Gli scenari dell’allargame
nto
Le trasformazioni
strutturali

“La conoscenza è il cuore della strategia di Lisbona. La generazione, la disseminazione e l’uso della conoscenza sono il mezzo attraverso cui le attività economiche operano e si sviluppano. Facilitare l’accesso alla finanza ed ai mercati, promuovere i servizi di supporto alla produzione, rafforzare i legami fra le imprese e le attività scientifiche, dotare le persone delle giuste abilità attraverso l’istruzione e la formazione, incoraggiare l’adozione di nuove tecnologie ed incrementare gli investimenti in R&S sono tutti elementi chiave per migliorare il contesto produttivo e stimolare l’innovazione”.
Integrare le politiche di Integrare le politiche di coesione e la strategia di coesione e la strategia di
LisbonaLisbona[Terzo Rapporto di Coesione, pag. 101]
Le politiche di coesione sono strettamente
interrelate alle esigenze di rilancio
e innovazione dell’intera
economia europea. La strategia di
Lisbona è stata recentemente
rilanciata dalla Commissione,
anche con il lancio di un Programma
comunitario.

I tre obiettivi delle politiche I tre obiettivi delle politiche regionali 2007 – 2013regionali 2007 – 2013
[Reg. Gen. capp. II e III, artt. 3 – 7]
Convergenza: sostenere lo sviluppo e la creazione di posti di lavoro negli Stati Membri e nelle
regioni meno sviluppate.
Competitività regionale e occupazione: anticipare e
promuovere il cambiamento al di fuori delle regioni in ritardo di
sviluppo.
Cooperazione territoriale ed europea: promuovere uno
sviluppo armonioso ed equilibrato del territorio dell’Unione.
Le politiche di coesione si
concentrano su tre obiettivi
adottando un sistema più semplice di
strumenti (FESR, FSE e Fondo di
coesione)

Le tre priorità Le tre priorità della politica di coesionedella politica di coesione
[Linee guida della strategia comunitaria]
Rendere più attraenti gli Stati membri, le regioni e le città migliorando l’accessibilità,
garantendo servizi di qualità e salvaguardando le potenzialità
ambientali, attraverso:
il potenziamento delle infrastrutture di trasporto
il rafforzamento delle sinergie tra tutela dell’ambiente e crescita
ridurre l’uso intensivo delle fonti energetiche tradizionali
La prima priorità: l’attrattività di
nazioni e territori. Il centro della strategia è il
rafforzamento delle infrastrutture

Le tre prioritàLe tre prioritàdella politica di coesionedella politica di coesione
[Linee guida della strategia comunitaria]
Promuovere l’innovazione, l’imprenditoria e lo sviluppo dell’economia della conoscenza
mediante lo sviluppo della ricerca e dell’innovazione, comprese le nuove
tecnologie dell’IC, attraverso:
il miglioramento e l’aumento degli investimenti nella RST, mediante gruppi di eccellenza, accesso delle PMI, capacità di
R&S
promuovere l’innovazione e l’imprenditoria, mediante poli di eccellenza,
servizi di sostegno, ecoinnovazioni, sviluppo di nuove imprese
garantire l’accessibilità per tutti alla SI migliorando servizi ed infrastrutture
migliorare l’accesso ai finanziamenti per le imprese che investono nella conoscenza e
nell’innovazione
La seconda priorità:
innovazione, imprenditoria ed
economia della conoscenza. Il
centro della strategia è su RST
ed innovazione

Le tre priorità Le tre priorità della politica di coesionedella politica di coesione
[Linee guida della strategia comunitaria]
Creare nuovi e migliori posti di lavoro:
facendo in modo che un maggior numero di persone arrivi e rimanga sul mercato del
lavoro e modernizzando i sistemi di protezione sociale
migliorando l’adattabilità dei lavoratori e delle imprese nonché rendendo più
flessibile il mercato del lavoro
aumentando gli investimenti nel capitale umano attraverso il miglioramento di
istruzione e competenze
migliorando la capacità amministrativa
contribuendo a mantenere in buona salute la popolazione attiva con la prevenzione
dei rischi e l’adeguamento delle infrastrutture
La terza priorità: nuovi e migliori posti di lavoro
Governance e partenariato
pubblico privato sono principi
chiave della nuova strategia
comunitaria

Il destino delle regioni Il destino delle regioni italianeitaliane
oggi in Obiettivo 1oggi in Obiettivo 1[Allegato statistico al TRC]
A pieno titolo nell’Obiettivo Convergenza: Calabria (68,1 su
EUR 25), Campania (71,5), Puglia (71,3) e Sicilia (71,6).
In phasing out dall’Obiettivo Convergenza: Basilicata (77,3 su
EUR 25 e 72,5 su EUR 15).
In phasing in nell’Obiettivo Competitività: Sardegna (83,4 su
EUR 25 e 76,1 su EUR 15).dati provvisori
Data l’evoluzione del PIL per
abitante e tenendo conto del
cosiddetto effetto statistico
[Relazione Reg. Gen. pag. 4], la
Sardegna dovrebbe uscire
dall’attuale Obiettivo 1 mentre
la Basilicata dovrebbe andare
in phasing out

Gli articoli 25 e 26 (Titolo 3, Cap. II) della proposta di regolamento prevedono che ciascun Paese
membro adotti un Quadro strategico nazionale per impostare la propria
strategia e la programmazione operativa globale. Il QSN espone
strategie, priorità, obiettivi, elenco dei Programmi Operativi e dotazioni
finanziarie per fondo.
Per la definizione del QSN sono state definite (febbraio 2005), in Italia, delle Linee Guida approvate dalla
Conferenza Unificata. Le Linee Guida stabiliscono fra l’altro che la
costruzione del QSN è l’occasione per consolidare e completare
l’unificazione della programmazione delle politiche regionali, nazionali e
comunitarie.
Il QSN e il percorso nazionaleIl QSN e il percorso nazionale
Come si è organizzato il nostro
Paese per questa fase preparatoria delle politiche di
coesione?

Lista dei Programmi Operativi Risorse di massima
Composizione fra investimenti pubblici ed aiuti alle imprese
Indicazioni di pochi obiettivi, coerenti con Lisbona-Goteborg e la SEO, e di
indicatori corrispondenti Criteri per la costruzione di
meccanismi di premialità Obiettivi programmatici per il FAS
Previsioni della spesa settennale, per verificare verificare l’addizionalità (Ob.
1) Risorse per priorità (Ob. 1)
Impegni per la valutazione e la capacità istituzionale (Ob. 1)
Collegamenti e sinergie con le politiche nazionali (Ob. 1)
Cosa c’è nel QSN?Cosa c’è nel QSN?
I profili strategici:
Obiettivi di coesione e
competitività
Priorità di intervento
Integrazione finanziaria e
programmatica
Integrazione fra politiche regionali
e nazionali
Governance e capacità
istituzionali

• Accompagnare la politica regionale con un forte grado di condivisione nazionale
• Introdurre un targeting vincolante per alcuni servizi essenziali
• Apertura della programmazione e dell’attuazione alle avanguardie culturali, del lavoro e imprenditoriali più innovative
• Dare priorità più stringenti nei programmi
• Coinvolgere e promuovere il sistema delle banche attraverso un quadro di certezze
• Ridurre i residui limiti della governance
Prime indicazioni strategichePrime indicazioni strategiche
Da alcuni interessanti
documenti provvisori del DPS
emergono prime indicazIoni di
metodo e di strategia sul
prossimo periodo di programmazione





Il Mezzogiorno, il Centro-Nord eIl Mezzogiorno, il Centro-Nord eil federalismo prossimo venturoil federalismo prossimo venturo
Considerazioni conclusive:- perché l’accento sulla coesione: dal divario alla
competitività- un problema nazionale ancora aperto, altro che
abolizione della”questione meridionale”-la “questione settentrionale” è l’altra faccia del dualismo
italiano- occorre una politica nazionale di lungo periodo
- il Manifesto del PD accoglie pienamente questo tema, che diviene uno dei 12 punti qualificanti del programma
del “nuovo” governo Prodi

Il Mezzogiorno al centro delle politiche Il Mezzogiorno al centro delle politiche di sviluppodi sviluppo
Il Mezzogiorno rappresenta ancora un “problema aperto” per la società e l’economia italiana, ma oggi può essere visto come un’opportunità per risolvere le contraddizioni del paese. Le diverse politiche finora adottate, pur favorendo il progresso complessivo dei territori meridionali, non hanno sortito l’effetto di modificare un meccanismo diseguale di crescita, contrassegnato da un divario tra la quantità e la qualità dell’evoluzione del Sud rispetto al resto dell’Italia. Nel contesto della competizione globale, quando anche il Centro-Nord ha perduto slancio, condizione essenziale per lo sviluppo e l’integrazione internazionale dell’intera economia italiana è il definitivo superamento del problema meridionale.

Il Mezzogiorno al centro delle politiche Il Mezzogiorno al centro delle politiche di sviluppodi sviluppo
L’apertura al mercato del Mezzogiorno, come premessa per una crescita autopropulsiva, richiede profonde riforme e strategie di medio-lungo periodo, fondate sulle politiche per la cultura, il talento, la ricerca, la creatività e l’innovazione. La selettività, la concentrazione e l’automatismo nell’impiego delle risorse europee e nazionali sono il principale contributo che può venire dall’amministrazione pubblica al conseguimento di quest’obiettivo. La realizzazione dei fattori agglomerativi fondamentali, come la predisposizione di adeguate piattaforme logistiche, infrastrutture di comunicazione e reti telematiche, è la scelta fondamentale per determinare l’attrazione permanente di capitali, iniziative imprenditoriali e intelligenze nell’area meridionale, per fare del Mezzogiorno e dell’Italia un crocevia ineludibile tra il Mediterraneo e l’Europa, l’Oriente e l’Occidente.
Amedeo Lepore

Il Manifesto per il partito democraticoIl Manifesto per il partito democratico
“È interesse nazionale dell’Italia valorizzare, in Europa, la sua vocazione mediterranea, tanto più a seguito dell’impetuoso sviluppo dell’Asia. Come principale proiezione dell’Europa nel Mediterraneo, l’Italia può svolgere una funzione politica, economica e culturale di primaria importanza, ed affrontare in forme nuove e più efficaci lo storico squilibrio tra il Nord del Paese e il nostro Mezzogiorno.
Noi vogliamo che l’Europa, in particolare grazie all’Italia, operi per trasformareil Mediterraneo da epicentro dei conflitti mondiali a luogo privilegiato del dialogo e della collaborazione tra popoli, culture, religioni, impegnandosi in primo luogo per garantire la sicurezza di Israele e il diritto dei palestinesi ad uno stato pacifico e democratico, per favorire l’ingresso della Turchia nell’Unione europea, per la stabilizzazione dei Balcani e la loro piena inclusione nella casa comune europea”

Il Manifesto per il partito democraticoIl Manifesto per il partito democratico
“Noi vogliamo un’Italia più unita, più omogenea sul piano economico e sociale. Per questo mettiamo al centro della nostra azione il Mezzogiorno. Dobbiamo assolutamente cogliere, come nazione, l’opportunità di farne il principale raccordo che, attraverso il Mediterraneo, unisca l’Europa e l’Asia. In questo quadro, la predisposizione di adeguate piattaforme logistiche, infrastrutture di comunicazione e reti telematiche, è fondamentale per attrarre stabilmente capitali e iniziative imprenditoriali. A questo fine vogliamo chiamare a raccolta tutte le migliori energie della nazione, per un progetto che richiede ingenti risorse economiche, ma soprattutto un impegno straordinario per riformare profondamente il settore pubblico, per combattere inefficienze, favoritismi, corruzione e mettere in moto le grandi riserve di ingegno di cui il Mezzogiorno è ricco”
