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MARIA GRAZIA BIANCO ASPETTI DI QUOTIDIANITA ` CULTURALE NEL LIBER MANUALIS DI DHUODA: IL LIBRO, L’AUTRICE, IL DESTINATARIO FIRENZE LEO S. OLSCHKI EDITORE MMX Estratto dal volume: PERCEPTA REPENDERE DONA STUDI DI FILOLOGIA PER ANNA MARIA LUISELLI FADDA a cura di CORRADO BOLOGNA MIRA MOCAN ePAOLO VACIAGO

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MARIA GRAZIA BIANCO

ASPETTI DI QUOTIDIANITA CULTURALE

NEL LIBER MANUALIS DI DHUODA:

IL LIBRO, L’AUTRICE, IL DESTINATARIO

F I R E N Z E

L E O S. O L S C H K I E D I T O R EMMX

Estratto dal volume:

PERCEPTAREPENDERE DONA

STUDI DI FILOLOGIAPER ANNA MARIA LUISELLI FADDA

a cura diCORRADO BOLOGNA

MIRA MOCAN e PAOLO VACIAGO

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MARIA GRAZIA BIANCO

ASPETTI DI QUOTIDIANITA CULTURALE

NEL LIBER MANUALIS DI DHUODA:

IL LIBRO, L’AUTRICE, IL DESTINATARIO

PREMESSA

Dhuoda (I meta del IX sec.)1 scrive una lunga opera – il Liber Manua-lis2 – indirizzata al figlio da cui e lontana, ma verso il quale sente il doveredi assolvere il compito della educazione, nonostante la distanza.

L’incipit introduce il lettore nel vivo della situazione: cernens plurimascum suis in saeculo gaudere proles, et me Dhuodanam, o fili Wilhelme, a teelongatam conspiciens procul, ob id quasi anxia et utilitatis desiderio plena,hoc opusculum ex nomine meo scriptum in tuam specietenus formam legendidirigo, gaudens quod, si absens sum corpore, iste praesens libellus tibi admentem reducat quid erga me, cum legeris, debeas agere. Le contingenzestorico-politiche, guardate con lucidita e sinteticamente presentate, discorsregnum et patria,3 acuiscono forse in lei il desiderio di colmare la distanzae assolvere il compito di madre verso il giovane Guglielmo commendatusdal padre Bernardo di Settimania a Carlo il Calvo ed educato, percio, acorte.

1 Di lei conosciamo con certezza la data delle nozze con Bernardo duca di Settimania, 29giugno 824, la data di nascita del primogenito Guglielmo, 29 novembre 826, la data di compo-sizione del suo scritto, 841-843.

2 Citero il testo da DHUODA, Manuel pour mon fils, SCh 225, 1975 (Introd., texte critique,notes par P. Riche; trad. B. de Vregille et C. Mondesert), nella seconda edizione (SCh 225bis,1997), indicando di volta in volta il capitolo in caratteri romani, il paragrafo in numeri arabie, dove occorra, la linea.

3 Epigr., 70.

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IL LIBRO

Il Liber manualis, scritto a Uzes, capoluogo di una contea della Marcadi Gotia, tra il 30 novembre 841 e il 2 febbraio 843 da Dhuoda, e indiriz-zato al figlio primogenito Guglielmo sedicenne e, in prospettiva, al secon-dogenito anch’esso tolto alle cure della madre ancor prima del battesimo.In assenza della presenza dei figli (mantengo il bisticcio del testo di Dhuo-da), risiedendo lontano per ordine del marito, dei cui successi gode, presadalla nostalgia e dal desiderio, fa copiare il libro scritto secondo la pochez-za della sua intelligenza – cosı ella parla di se – e lo manda al figlio mag-giore (l’altro e ancora incapace di leggere): cum diu, ob absentiam praesen-tiae vestrae, sub iussione senioris mei, in praedicta, cum agone illius iamgaudens, residerem urbe, ex desiderio utrorumque vestrum hunc codicillumsecundum parvitatis meae intelligentiam tibi transcribi et dirigere curavi...4

Lo scritto e un’opera complessa e composita. Somiglia agli ‘specchi’ diepoca carolingia, ma presenta molti elementi originali che lo caratterizzano.

Nella prima meta del secolo VII un’altra madre, Herchenfreda, scrivetre lettere al figlio Desiderio, futuro vescovo di Cahors (+ 650), alla corte diClotario II per esortarlo ut cepta perficeret, ut omni custodia cor suum cor-pusque servaret et praecepta Dei toto adnisu custodire contenderet.5 Sono let-tere materne piene di consigli sintetici ed essenziali: pensi Dio, lo ami e lotema, non faccia ne acconsenta a mala opera, sia fedele al re, ami i compa-gni, sia cauto nel parlare, si emendi del male eventualmente compiuto, leg-ga spesso le lettere della madre. L’esortazione e piu accurata dopo l’uc-cisione di Rustico e la morte di Siagro, fratelli di Desiderio, lutti chegenerano nella madre grave preoccupazione per la presenza del figlio a cor-te. Presto pero cambia la situazione con l’elezione di Desiderio all’episco-pato di Cahors.

Altro e lo scritto di Dhuoda che unisce alle esortazioni un materialeampio e particolareggiato per l’educazione intellettuale, spirituale, morale,di un giovane uomo, discendente di una famiglia illustre e sana nelle tradi-zioni, che potrebbe essere futuro ‘consigliere’ del re. Il Liber manualis vuo-le pero essere soprattutto un mezzo perche il figlio ritrovi la madre, ed hacontenuto e sviluppo di testamento spirituale. Entrano percio nello scrittosia la vita di Dhuoda sia la vita della famiglia, e si esprimono attraverso lacultura stessa di questa donna aristocratica, di origine germanica.

4 Praef., 23-27.5 Cfr. Vita Desiderii, MGH, SRM 4, 569-570.

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Dhuoda definisce il libro Norma, Forma et Manualis6 e spiega: Normaex me, Forma in te, Manualis tam ex me quam in te, ex me collectus, in tereceptus.

Una singolare etimologia di manualis esprime insieme la cultura e lacreativita di Dhuoda. Servendosi della Scrittura spiega che manus significal’opera potente e salvifica di Dio Padre, del Figlio, dello Spirito Santo. Il suf-fisso – alis, secondo l’insegnamento di alcuni Padri (non dice quali), significascopon, cioe destinatio, ma anche consumatio, completamento, conclusione.Di sicuro, poi, ales significa ‘araldo, annunciatore, della luce’ rimandando aPrudenzio. Manuale percio significa finis ignorantiae, fine della notte e delletenebre, annunzio di luce. Non e quindi cosa da poco l’opera di Dhuoda enon e scritto di piccolo interesse e privo di importanti finalita.7

Quando Dhuoda si accinge a scrivere per il figlio e chiaramente consa-pevole di cio che si propone: farsi presente nella vita dei figli, di Guglielmoper ora e del fratello quando sara piu grande, con norme di vita e consigliche avrebbe preferito, come ogni mamma, dare di persona. Nello stessotempo il Manuale contiene una serie di tracce che formano una sorta di ri-tratto della donna e delle sue giornate. Ne ho seguito alcune che consento-no di mettere in evidenza i tratti della persona di Dhuoda nel suo muoversiquotidiano.

Le giornate di Dhuoda sono essenzialmente riempite da due occupa-zioni fondamentali, l’affetto pensieroso e attivo per il figlio e gli interessidel marito, sempre collegati al presente e al futuro dei figli. L’argomentaredel libro non si discosta mai dal quotidiano e dalle incombenze che concre-tamente lo riempiono. Anche il mondo della interiorita e della vita spiritua-le e sempre collegato al vivere di ogni giorno. A capite huius libelli usque adfinem, et in arte et in sensu, et metris melodiae et in articulatione motibusatque fluxuum membrorum, omnia et per omnia et in omnibus ad salutemanimae et corporis tui cuncta tibi scriptitata cognosce. Quod volo ut cumex manu mea tibi fuerit directus, in manu tua libenter facias amplecti eum

6 Nello scritto di Dhuoda ci sono 4 diverse premesse: una spiegazione del titolo; l’incipitcon le motivazioni personali dello scritto appena citate e seguite da versi con l’acrostico: DHUODA

DILECTO FILIO WILHELMO SALUTEM. LEGE; un prologo di invito alla lettura rivolto a Guglielmo;una prefazione storica che situa l’opera di Dhuoda nel tempo in cui Bernardo, dopo la battagliadi Fontenay (22 giugno 841), affida il figlio Guglielmo a Carlo il Calvo (in manus domni te com-mendavit Karoli regis).

7 Rimando all’intervento, Dhuoda, Manuale per mio figlio, da me presentato ad un conve-gno internazionale che si e svolto presso l’Universita di Vienna dal 5 al 7 settembre 2007 ed orapubblicato in Vestigia Latinitatis in media Europa, a cura di A. Csillaghy, Udine, 2008, pp. 57-74.

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ASPETTI DI QUOTIDIANITA CULTURALE NEL LIBER MANUALIS DI DHUODA

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opus, et tenens, volvens legensque stude opere compleri dignissime. Dicaturenim iste formatus libellus Manualis, hoc est sermo ex me, opus in te.8

Questa donna germanica di origine, finemente educata e lettrice attentadi molte opere che non tralascia di utilizzare – come precisera chiaramente(IX, 1, 1 sg.) nel definire il suo scritto diversis librorum voluminibus... uti-liter contextus – nel latino a lei possibile e familiare precisa la tipologia dellasua composizione (prosa e versi), la finalita (la salute dell’anima e del cor-po, il benessere completo del figlio), la destinazione (per te, dall’inizio allafine). Ne derivano compiti precisi per il lettore cui e principalmente diret-to: tenerlo affettuosamente tra le mani, quasi abbracciarlo, girarne le pagi-ne, leggerlo, impegnarsi a tradurlo in azioni nel modo piu degno possibile.Si chiamera dunque manuale cioe parola che viene da me e in te diventaconcretamente azione.

Cio che Dhuoda compie nel suo scritto, dall’inizio alla fine, ha potutoportarlo a termine per opera di Dio, nel suo quotidiano vivere conoscendola Sua presenza e credendo in Lui, anche se dira molte volte di essere pigraquanto al dedicarsi alla preghiera.

La lontananza dal figlio genera in Dhuoda uno stato d’animo in cuil’ansia che la fa soffrire diventa desiderio di essere utile a Guglielmo. Moltoconfida nell’utilita del libro che gli richiamera alla mente cio che deve fareerga me. Forse l’opera principale che Guglielmo deve fare nei confronti diDhuoda puo riassumersi in quel «non avere nessuno che sia per lui similealla madre, per quanto indegna» (mis – forma arcaica del genitivo mei9 –michi similem non habebit unquam),10 come del resto ella sa di non lasciaredietro di se nessuno simile al figlio a sostenerla (X, 4, 36 sg.). Sicurezze dimadre, certo, espresse con naturale concretezza.

Il contenuto del libro si snoda senza un filo programmatico, sembra se-guire pensieri di educazione a mano a mano che si presentano all’intelligen-za amorosa dell’autrice. Tutti insieme formano la figura di Guglielmo che,progenie di un casato illustre e virtuoso, ne deve mantenere intatte le ca-ratteristiche. Il Manuale, dopo la premessa con la spiegazione dell’etimolo-gia e un epigramma acrostico, ha un prologo, poi una prefazione storica efinalmente l’indicazione dei capitoli presenti nel libro. E possibile indicarnealcuni punti di maggior rilievo:

8 Incipit, 38-46.9 Dhuoda (III, 10, 70) cita un esempio di Donato con l’equivalenza mei vel mis.10 Incipit, 62.

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1. l’amore e la ricerca di Dio, la sua grandezza e sublimita, il senso sim-bolico della parola Deus;

2. il mistero della Trinita, le virtu teologali, consigli sulla preghiera;3. doveri di Guglielmo verso il padre, verso il re e gli optimates; il rispetto

per i vescovi e i presbiteri;4. i vizi e le virtu in collegamento agli ‘specchi’ di Alcuino, Paolino di

Aquileia, Jonas d’Orleans, Hincmaro. Dhuoda pero aggiunge due capi-toli sui sette doni dello Spirito Santo e le otto beatitudini che devonoaiutare a combattere i vizi;

5. le tribolazioni che minacciano gli uomini (tristezza, ricchezza inganne-vole, persecuzione, tentazioni, poverta, sofferenza, pericoli, malattie)non devono impedire di dare gloria a Dio;

6. come Guglielmo puo giungere a perfezione. Un raffronto tra i sette do-ni dello Spirito Santo e le otto beatitudini permette di stabilire i 15 gra-di di perfezione;

7. la duplice nascita (carnale e spirituale) e la duplice morte (temporaneaed eterna);

8. le preghiere che Guglielmo deve fare per il clero, i re, il suo signore,suo padre, i morti della sua famiglia, e soprattutto per Teodorico,suo zio e padrino;

9. significato simbolico delle 4 lettere del nome Adam e sulle 15 benedi-zioni;

10. richiamo storico sulla vita di Guglielmo, lista dei defunti della famiglia,riassunto in versi della dottrina contenuta nel Manuale, epitaffio cheDhuoda desidera per la sua tomba;

11. in appendice Dhuoda spiega a Guglielmo quali salmi scegliere in basealle situazioni concrete che sta vivendo e come usarli.

L’AUTRICE

Dhuoda dice di se molte cose,11 a partire dalla data e dal luogo del suomatrimonio. Il 29 giugno 824 sposa Bernardo di Settimania nella cappelladel palazzo di Aquisgrana, dal momento che il padre dello sposo, Gugliel-mo di Gellone era cugino germano di Carlo Magno. Questa parentela se-gna la vita di Bernardo, Dhuoda e della loro famiglia. Bernardo dopo una

11 Il Manuale e l’unica fonte a nostra disposizione relativamente a Dhuoda, giacche nellerelazioni storiche del suo tempo si parla piu volte di Bernardo di Settimania, ma non della suasposa (cfr. Riche, SCh 225bis, 17).

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ASPETTI DI QUOTIDIANITA CULTURALE NEL LIBER MANUALIS DI DHUODA

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vittoria brillante nell’827 fu nominato camerarius alla corte di Aquisgrana edivenne il principale sostegno di Ludovico il Pio contro le minacce del fi-glio Lotario.

Dhuoda e di famiglia aristocratica (I, 5, 80-82; III, 4, 5-6) forse legataalla dinastia carolingia. Ella e aiuto e sostegno per il marito in Marchis velin multis locis (cfr. X, 4, 39-41) e mentre a lui compete di guidare l’esercito,ella collabora per l’andamento del territorio a lui affidato (la Marca di Spa-gna) e per il reperimento delle ingenti cifre di denaro necessarie per il man-tenimento di un esercito e lo svolgimento di una guerra. Dhuoda mostra diconoscere bene la societa aristocratica cui appartiene e per la quale preparai figli, consegnando loro una forte consapevolezza della dignita e del pesodella famiglia dalla quale discendono.

Di se Dhuoda mostra molti elementi che consentono di conoscerla ab-bastanza bene. E istruita, probabilmente fornita di una biblioteca impor-tante e consapevole di cio che sono i libri, se si documenta e usa varie fonti(cfr. IX, 1) e se puo alludere anche alla biblioteca del figlio che si accresce-ra di volumi (cfr. Prol., 17), ma il figlio leggera spesso il libro a lui dedicato(cosı almeno ella spera e auspica, cfr. ad es. Prol., 18 sgg.).

La cultura di Dhuoda e rilevante sul versante delle conoscenze bibli-che (usa Antico e Nuovo Testamento con grande disinvoltura, attraversocitazioni, allusioni, riutilizzo di testi, interpretazioni talvolta anche perso-nali e originali, mai azzardate o scorrette, collegamento di passi diversi,cfr. ad es. Incipit, 35-37; I, 4; XI, 1...) e teologiche, come anche sul ver-sante delle conoscenze letterarie, sia pagane sia cristiane. Nel suo librosono presenti molte citazioni di opere, in prosa e in versi. Nello stessoLiber Manualis, e questo non e infrequente nel medioevo, compaionoprosa e versi. I versi di Dhuoda devono ancora essere presi in adeguataconsiderazione, essendo bisognosi di uno studio piu attento e completoin quanto ci si trova, probabilmente, dinanzi ad una forma di versifica-zione nuova, accentativa che, erede delle forme metriche classiche, tendee prelude alla novita della versificazione presente nelle letterature mo-derne.

L’elemento preponderante e fortemente ricorrente che Dhuoda espri-me in riferimento a se stessa e la sua fragilita e l’inadeguatezza al compitoche si e proposta, non certo il compito di educatrice in quanto madre, maquello di accingersi a scriverne. Indubbiamente si e dinanzi al topos reto-rico della proclamazione di indegnita e di rusticitas, ampiamente docu-mentato e utilizzato nella letteratura di ogni epoca e di ogni lingua. Il to-pos della indegnita viene espresso con sincerita e schiettezza, con un

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linguaggio, anche metaforico, ricco di ascendenze vetero e neotestamenta-rie,12 presente, senza essere stucchevole, dall’inizio alla fine del libro.

Dhuoda annette elementi di forte concretezza al parlare di se: indegnae fragile (Epigr., 28; I, 1, 15 sgg.; I, 2, 4; I, 3, 7 sg.; I, 7, 36 ...), isolata eprivata della vicinanza dei figli (Incipit, 5 sg.; Praef., 34 sg.), infima (mini-ma, I, 5, 85), caratterizzata da pochezza di intelligenza (I, 6, 31 sg.; II, 1,47; II, 3, 60; III, 2, 9; VI, 1, 5 sg.), misera e debole, inesperta (I, 1, 22),argilla (I, 3, 7 sg.), malata e vecchia (X, 1, 9 sg.; X, 2, 58 sgg.; X, 3, 10sgg.; X, 4, 29 sgg.), credente in Dio e bisognosa di cercarLo e lodarLo,che vive in comunione con Lui, ma e pigra nel pregare. Fragilis ad umbram(I, 4, 12), situla fragilis (I, 6, 2), e consapevole per esperienza, una esperien-za vissuta senza amarezza e acredine, che le cose si hanno e non si hanno (I,5, 77 sgg.), anche il potere (III, 10, 19 sg.), anche il successo e la vittoria,anche i figli (questo non lo esprime con chiarezza, ma si evince da tutto). Ilsenso concreto della sua creaturalita che si svolge nel tempo e nello spaziola mette in condizione di guardare con chiarezza a cio che verra (prepara leincombenze per il figlio sia per completare il pagamento dei debiti che hadovuto contrarre per aiutare il marito, sia per l’iscrizione in versi da porresul suo tumulo). «La nostra abitudine nell’esprimerci, in questo tempo, etale da rivendicare in nostra proprieta qualsiasi cosa, anche se cosı none. Qualcuno nel nostro tempo lo pretende dicendo: mio e il regno... diceil vero perche lo e e non lo e, possiedono e non possiedono, lo e per unlasso di tempo, ma non per sempre, l’hanno per qualche tempo, ma nonper tutto il tempo. Medito su coloro di cui ascoltavo leggere le storie adanche su alcuni fra i congiunti miei e tuoi, figlio, che io stessa conobbi, eche furono potenti nel secolo ed ora non sono piu... Per quanto riguardame stessa, pur infima come sono, quando considero queste cose, e l’inevi-tabile evento della morte, guardo con chiarezza a cio che verra...».13

In definitiva, come si pone questa donna concreta rispetto alla felicita?La condizione della felicita umana e tanto fragile e tanto rapidamente giun-

12 Si tratta di rimandi alla letteratura sapienziale, in particolare al libro di Giobbe (peraltrocommentato da Gregorio Magno, un autore presente e caro a Dhuoda, da lei utilizzato e citato), eagli scritti paolini.

13 I, 5, 61 sgg.: usus locutionis nostrae in saeculo talis est, ut cuiuslibet rem in nostram ver-tamur potestatem, cum non sit ita. Contendit quis in saeculo et dicit: ‘‘meum est regnum’’ et ‘‘intoto meo regno’’, et non considerat quia ‘Domini est regnum et omnium currentium in eo’ (Ps21, 29)... Considero quos audivi legere, etiam vidi aliquos ex parentibus meis tuisque, fili, qui fue-runt in saeculo quasi potentes, et non sunt... In me etenim, licet minima considerans ista, casuqueaccidenti mortali, aspicio ventura.

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ge alla fine per chi la sperimenta, che anche se uno vivesse mille anni, l’ul-timo giorno lo stimerebbe valere non piu della tela di un ragno (V, 1, 68sgg.). Dhuoda cita molte volte Giobbe e sembra rassomigliarsi a lui (V, 1passim; V, 6, 1 sgg.).

La consapevolezza dei limiti le fa temere il giudizio degli altri, queilettori ai quali pure desidera che il figlio faccia leggere il libro. Ammettedi non avere le capacita e il dovere di scrivere un discorso che aspiri allaperfezione, eppure inizia qualcosa che vorrebbe rassomigliare ad un’ope-ra comprendente i concetti maggiormente utili (I, 4, 15 sg.). Piu fortedella consapevolezza dichiarata dei limiti e la forza del desiderio per ilbene del figlio: essa le fa superare tutti i dubbi e gli ostacoli (Praef.,28 sgg.). Dhuoda esprime la sua natura di educatrice amorevole del fi-glio racchiudendola nell’espressione ortatrix tua (I, 7, 15; IV, 8, 3), indi-cando un tipo di presenza che anche quando ella verra a mancare, quodfuturum est, continuera attraverso hic memoriale libellum moralis, et qua-si in picturam speculi, me mente et corpore legendo et Deum deprecandointueri possis, et quid erga me obsequi debeas pleniter inveniri potes (I, 7,15 sgg.). Guglielmo potra avere maestri che gli daranno insegnamentipiu numerosi e piu ampi, ma certo nessuno come lei animo ardentis inpectore (I, 7, 20 sgg.).

Parimenti forte e concretamente descritto e il fatto che ella sa perchevuole scrivere e di che cosa vuole parlare. Consapevole insieme della suafragilita e della sua cultura, ed anche dell’essere donna, quindi esclusa dafunzioni culturali e spirituali quali l’esegesi e l’interpretazione della Paroladi Dio, che e esclusivamente riservata ad altre categorie di persone, esprimecon decisione quella che apprende essere la sua funzione e ne vede unafondazione non trascurabile, di matrice biblica (I, 2, 2 sgg.).

«Tu ed io, figlio mio, abbiamo il dovere di cercare Dio; per sua volontanoi esistiamo, viviamo, ci muoviamo e siamo (At 17, 28). Certamente io, purindegna e fragile come l’ombra, Lui vado cercando con tutte le forze in miopossesso, e chiedo insistentemente il suo aiuto, come so e posso. Ne ho as-soluto bisogno sotto ogni aspetto. Avviene talvolta che una importuna, pe-tulante cagnetta, sotto la mensa del suo signore, mescolata ad altri cagno-lini, riesca ad afferrare e divorare le briciole che cadono...» (I, 2, 2 sgg.). Inquesto passo c’e un rimando all’episodio evangelico della donna siro-feni-cia (Mt. 15, 21-28; Mc. 7, 24-30), quindi non ebrea, che implora e ottienedal Cristo cio che il Cristo dovrebbe compiere per gli appartenenti al po-polo ebraico, un miracolo di guarigione. La donna siro-fenicia paragona la

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sua situazione a quella dei cagnolini: sotto la tavola essi mangiano le bricio-le che cadono dalla mensa dei figli.

Dopo aver posto la tematica centrale per il suo pensiero quaerendus estDeus, fili, mihi et tibi ed avere ricordato l’indispensabilita per lei, indegna efragile, dell’aiuto di Dio, Dhuoda prosegue ricordando come Dio, che aprıla bocca all’asina di Balaam (Num. 22, 28), puo aprire la sua mente (vengo-no citati Lc. 24, 45 e Ps. 118, 125). Dio inoltre che sfama il suo popolo neldeserto (ancora due citazioni, Ps. 77, 19 e Lc. 12, 42) puo et me ancillae suaeex suo desiderio compleri voluntatem, saltim ut sub mensam illius, infra sanc-tam videlicet ecclesiam, possim procul conspicere catulos, hoc est sanctis alta-ribus ministros, et de micis intellectu spiritali mihi et tibi, o pulcher fili Wil-helme, pulchrum et lucidum dignumque et abtum colligi valerem sermonem.Scio enim quia ‘non defecerunt miserationes eius’ (Lam. 3, 22). E conclude:Dio e lo stesso, nei tempi passati, nel presente e in futuro; il suo essere puosempre tutto, e l’alfa e l’omega (Apoc. 1, 8), e colui che e (Es. 3, 14).

Citazioni bibliche letterali e molteplici sono inserite in una riflessionesulla figura e sull’operato di Dhuoda: ella non appartiene al gruppo dichi ha diritto a cibarsi del pane sulla mensa, chiede pero di poter stare al-meno sotto la mensa, guardare da lontano i ministri e avere la capacita dicomporre un discorso degno e adeguato con le briciole della comprensionespirituale (de micis intellectu spirituali) che Egli, la cui misericordia non vie-ne meno, le dara.

Dhuoda estende e amplia il senso dell’episodio evangelico applicandoloalla sua situazione: dal momento che per volere di Dio lei e il figlio vivono,devono cercare Dio. Avviene talvolta che una catula importuna (Dhuodadeduce l’aggettivo dall’insieme del racconto evangelico, importuna e infattila donna Cananea che insiste con Gesu) sotto la tavola del suo signore rie-sce a prendere, per mangiarle, le briciole che cadono. Le briciole dellamensa del padrone sono metafora delle azioni che Dio puo compiere perDhuoda. Egli, infatti, che puo dare la parola a un animale muto (Num.22, 28), puo aprire la mente e il cuore di Dhuoda e farle capire la paroladi Dio (e qui evocato l’incontro di Gesu con i discepoli di Emmaus, oltreche il linguaggio salmico). Dio, che sazia la fame del suo popolo cui non famancare il cibo necessario, puo saziare il desiderio di Dhuoda.

Questa donna si manifesta nella pienezza della sua realta. Come la siro-fenicia, non appartiene alla categoria di chi ha diritti sulla mensa di Dio esulla parola che vi si imbandisce ma, nel suo essere profondamente creden-te, conta su Dio, misericordioso e potente, che accogliera la sua richiesta edella sa di poter raccogliere quelle che chiama ‘briciole’ accompagnate dal-l’approfondimento, dono dello Spirito (intellectus spiritualis): da qui deriva

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il contenuto del liber manualis per Guglielmo. Dhuoda e, dunque, una lai-ca che riconosce a se, all’interno della Chiesa, la capacita di leggere, spie-gare, utilizzare la parola di Dio, di cui in quel tempo per lo piu i chiericierano ritenuti e si ritenevano signori.

Che la persona di Dhuoda sia caratterizzata dalla forza del quotidianoconcreto emerge prepotentemente, mi pare, anche dalla spiegazione che daal figlio quando vuole insegnargli a dare nel cuore alloggio alla gioia e a farfuggire lontana la tristezza. Si serve di una spiegazione relativa alla differen-za tra il «quasi» e il «vero». Il vero e la gioia, ed essa sta nelle cose durevoli(lo sono soltanto le cose ‘future’), il «quasi» e l’apparenza. Il cammino in-teriore che Guglielmo e invitato a percorrere segue questo itinerario: pro-porre al proprio cuore esempi e parole utili per il ritorno a Dio dopo averepeccato (le parole del pubblicano, del ladrone in croce che si pente, le pa-role del profeta Ezechiele che indicano come Dio non nega il perdono), inquesto modo transiet a te tristitia, quod est ‘quasi’, et veniet ‘verum’, quodest gaudia rerum, praescius futurorum.14

Questa riflessione si inserisce in un insegnamento piu ampio: la vita e uninsieme di prove e una serie di tribolazioni che si presentano con varie tipo-logie.15 Eppure un testo paolino (2 Cor. 6, 10) invita ad essere quasi tristes,semper autem gaudentes, quasi nihil habentes et omnia possidentes. Dalle cose,spiega Dhuoda, proviene una quasi felicita che svanisce nel nulla, come unsogno; vero invece, quindi duraturo, e cio che sogno non e e permane nel tem-po. Si serve allora del racconto di un sogno, quasi una favola, molto efficace.16

Dicit quidam captor somnii: «quasi equitabam, quasi currebam, quasi epulanspocula, ni prius atque cibus, cuncta manibus tenebam; ferculis in pomis, saporgusti quo triplectabant; huc illucque me volvens, equestrium sessor aderam. Ex-pergefactus a somno, nihil cernens valui amplecti; inanis et fragilis, demensqueet palpans, totus cum ‘quasi’ remansi. O si fuisset verum quod annuens oculis,manu palpans, pedem terens! O, dicit doctor, si talis vel quisquis futurus ‘quasi’cerneret verum, lapsus per umbras, surgeret ad dapes. Transit moriens, et ecce‘quasi’ felicitas rerum temporalium, cum ab insipientibus et negligentibus relin-quitur; nihil aliud per funebra carminum restat nisi ‘quasi’. Quare? Quia transitbona ipsorum et restat damnatio morti perpetualis illorum. Cernentium tempo-raliter cuncta quid aliud a sapientibus computantur, nisi ‘quasi’?».

14 V, 2, 29-31, praescius e da collegare a verum.15 V, 1.16 V, 1, 25 sgg.

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Dhuoda riporta, a suo dire, un racconto servendosi delle parole di qui-dam captor somnii. Il captor somnii potrebbe essere semplicemente il nar-ratore di un sogno da lui fatto, divenuto argomento del discorrere usuale,e Dhuoda si collegherebbe, percio, ad un parlare di sapore quotidiano. InAgostino si trovano passi17 molto vicini a queste parole di Dhuoda nellostesso contesto di illustrazione dell’insegnamento paolino di 2 Cor. 6, 10e Agostino precisa che qui somnium indicat, addit ‘quasi’.18 Il Riche19 espri-me l’interrogativo se il racconto di Dhuoda non derivi da un sermone diepoca carolingia la cui fonte e sconosciuta.

Invece di pensare ad un sermone carolingio sconosciuto, non si potreb-be, forse, esprimere l’ipotesi di trovarci dinanzi ad un racconto ispirato datesti patristici (quelli agostiniani appena indicati) che Dhuoda ha letto oascoltato e che potrebbe qui rielaborare per il suo Manuale?

La fede di Dhuoda si esprime concretamente (I, 6, 19 sgg.) e si rivolgead un Dio di cui sa chi e dall’esperienza e per esperienza (I, 5, 52; I, 6, 19sgg.). Si tratta evidentemente di un credere che, basato sulla conoscenzadella Scrittura20 ed anche della teologia del tempo, non e rimasto in lei alivello teorico, ma e presenza nello svolgersi delle sue vicende e delle suefatiche personali, come nello svolgersi della crescita del figlio: Dio e vera-mente in te (III, 6, 26 sgg.: qui tunc et nunc, ipse in antiquis tunc, ipse inviventibus nunc, ipse in te egrediens regrediensque...).

Si dispiace, Dhuoda, del suo pregare poco21 e chiede di trovare dilettonel rivolgersi alla misericordia di Dio per le sue offese e peccati (X, 4,15 sgg.). Ella, ad esempio, non rispetta il pregare sette volte cui si riferisco-no i salmi e cui invita il figlio (cfr. XI, 1, 2), pero dice cosa chiede a Dio, uncrescere sereno nella maturita umana, cristiana, politica e, soprattutto, lasalvezza eterna (I, 7, 35 sgg.; III, 5, 89 sgg.; III, 7, 44 sg.). Viene cosı col-mata la discordanza manifesta tra il suo credere e il suo limitato applicarsi apregare nelle forme riconosciute e stabilite. In realta prega senza ricorrere,o ricorrendo poco, alle formule stereotipate del pregare.

17 Cfr. ad es. AUG., Enn. in ps. 48, 2, 5 (CCh 38, 569); 131, 8 (CCh 40, 1915).18 AUG., En. in ps. 48, 2, 5, CCh 38, 569.19 Cfr. CCh 225bis, 262, n. 2.20 Nel quotidiano di Dhuoda c’e la pratica della Scrittura che emerge nel Manuale ed e evi-

dente anche nel modo in cui indica al figlio i salmi da scegliere per le varie situazioni in cui eglipotra venire a trovarsi (XI, 1).

21 II, 3, 19 sg.: ego autem, Dhuoda, tepida et desidiosa fragilisque et declinans sempre ad ima,non solum longa sed nec brevis delectatur mihi oratio.

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La vita quotidiana ha anche altri momenti e tipologie di manifestazio-ne: Dhuoda richiama l’attenzione su coloro che lavorano i metalli e sugge-risce di apprendere da essi a saper aspettare il giorno e il tempo convenien-te, l’ora e la temperatura adatte, come essi fanno quando cominciano astendere l’oro in lamine e vogliono che l’oro da essi usato brilli come il me-tallo piu fulgente tra tutti gli altri (III, 5, 13 sgg.). Questa allusione e pro-babilmente personale di Dhuoda 22 che si serve di una sua esperienza di-retta per ricordare che negli uomini prudenti devono esserci sempreriflessione e calcolo attento.

Un rimando agli uccelli (V, 1, 9 sgg.) potrebbe essere nel contempo unelemento letterario (puo far pensare a sue letture di bestiari), ma potrebbeanche riferirsi alla sua personale attenzione alla natura, al canto di uccellidalle modulazioni tristi, di pianto, per indicare che gli esseri umani devonoesprimere dal loro cuore il duplice lamento per il bene omesso e il malecompiuto. E le cattive cose che possono capitare, numerose e molto varie,sono prese in esame con il ripetuto consiglio di affrontare la lotta (V, 3).

Si e gia avuto modo di notare che Dhuoda presenta originali etimologiedi termini;23 interessante e la riflessione sul termine ‘carne’ (IV, 9, 22 sgg.),concreta ma fantasiosa. ‘Carne’ allude – sostiene l’autrice – alla condizionefraterna per il fatto che dalla carne traiamo la nostra origine comune. Caropoi deriva da cadere perche tutti, poveri e ricchi, alla fine torneranno inpolvere (Gen. 3, 19), percio e giusto – conclude Dhuoda – che chi ha gran-di beni aiuti chi e nel bisogno.

Nel sintetico e conclusivo mettersi a nudo Dhuoda scrive che per lei iltempo della morte non e lontano (X, 1, 9 sg.; X, 2, 58 sgg.; X, 3, 10 sgg.),ed ella e malata, abbattuta (fragilique labore per undas conquassor) e appe-santita, percio spera nell’aiuto che verra alla sua anima anche dalle elemo-sine per i poveri che il figlio fara per lei ed ella potra salire al cielo ex vin-culo peccatorum meorum corporaliter erepta (X, 4, 24 sg.).

Vede, pur lontana, crescere il figlio: «le tue membra delicate si fannopiu adulte a mano a mano che avanzi nella tua corsa» (X, 2, 56). Di lui ellaha bisogno in modi diversi: le e necessaria infatti sia la preghiera frequentedel figlio (X, 4, 27) sia l’aiuto per saldare i debiti contratti per Bernardo, se

22 Cfr. SCh 225bis, p. 153, n. 6.23 Si e presa in esame l’etimologia di manualis, vd. supra.

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dovesse morire senza averli soddisfatti completamente (X, 4, 38 sgg.). Didebiti, confessa Dhuoda, mi sono aggravata pro utilitatibus domini et seni-oris mei Bernardi, ut meum erga illum, in Marchis vel in multis locis, nonvilesceret servitium, nec a te vel a me se separasset, sicut mos est in aliquis...Pro multis vero necessitatibus, non solum de Christianis, verum etiam de Iu-daeis, multa ex illorum rebus manibus meis frequenter recepi. In quantumvalui reddidi, et in quantum potero semper reddam deinceps. Se ne rimarran-no dopo la mia morte supplico che tu cerchi quali sono i miei debitori esoddisfi i debiti non solo con i miei averi, se ne rimarranno, ma anchecon i tuoi, quelli che hai e quelli che, con l’aiuto di Dio, acquisirai.

La vita quotidiana sembra irrompere con tratti di sconcertante attualitaper tutto cio che contiene e la definitiva personale aspirazione di Dhuoda,dopo aver compiuto il suo dovere materno posponendosi, quasi dimenticadi se, al figlio ex nimii amoris dulcedine et desiderio pulcritudinis tuae eespressa nel desiderio di iterum intus ingredi, ianuis clausis (X, 4, 2 sgg.).L’espressione rimanda al vangelo di Giovanni, 20, 26 ove si presenta l’en-trare di Gesu a porte chiuse tra gli apostoli nel cenacolo otto giorni dopo laresurrezione.

IL DESTINATARIO

Protagonista del Manuale e sicuramente l’autrice, anche se la personadi cui nel libro si parla di piu e Guglielmo, il destinatario, il «lontano» eil «giovane». Per lui Dhuoda usa appellativi vari, sempre affettuosi, anchese ripetuti: bel figlio amato Guglielmo (I, 2, 18; I, 7, 2), nobilis puer (IX, 5,6; XI, 2, 2). A lui Dhuoda scrive quasi praesens «come se ti avessi di frontea me» (I, 1, 10), ella che gli e madre due volte, nell’anima e nel corpo (VII,1. 3) e, nello stesso tempo, egli potra averla «sempre sotto gli occhi» comein picturam speculi, nel riflettersi di uno specchio (I, 7, 17 sg.).

Dhuoda guarda il figlio crescere, come se fosse presente e il crescere sicompisse sotto i suoi occhi; il suo scrivere per lui e corrispondente alla mi-sura del suo stesso crescere (VI, 1). L’insegnamento paolino di 1 Cor. 3, 2(lac vobis potum dedi, non escam, nondum enim poteratis...) si fonde con unconcreto tratto materno. A lui molte volte parla facendo leva su cio che e alui piu comprensibile, esempi di antichi, piuttosto che teorie (cfr. ad es. III3. 8...), fatti piuttosto che idee.

L’auspicio fondamentale della madre per il figlio e la sua tranquillitanonostante la discordia sia presente nel regno e nella patria (Epigr., 70)(e dire che Guglielmo nell’849 morira tragicamente ucciso!).

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Al figlio Dhuoda soprattutto assegna un compito cui non deve assolu-tamente venir meno: per diventare adulto ed essere in grado di svolgere icompiti che gli spettano per la sua origine familiare e per le sue capacita equalita, legga assiduamente il libro, se ne imprima nell’anima le pagine at-traverso le quali la madre gli indica il cammino della sua crescita (X, 2, 67sgg.; XI, 2, 1).

Il rapporto che Guglielmo deve avere con il libro viene espresso moltoconcretamente e in maniera plastica con il riferimento a un gioco del tem-po, il tabularum lusus, il gioco dei dadi o del tric-trac (Prol., 8), tanto adattoe piacevole per i giovani. Un altro riferimento di vita quotidiana e offertodal chiamare in causa anche gli specchi in cui le donne amano guardarsi edi cui amano servirsi al fine di farsi vedere belle. Pero, guardarsi allo spec-chio, come del resto giocare ai dadi, e gesto di qualche momento, che nondura a lungo. Il rapporto di Guglielmo con il manuale dovra rassomigliarea questi per la piacevolezza (il gioco dei dadi) e l’utilita (l’uso degli spec-chi), ma dovra avere una caratteristica tutta sua, una presenza che rimangaanche dopo l’immediato accostarsi ad esso (Prologo), la presenza di cio chesegna la vita.

Il libro e un mezzo che consentira a Dhuoda di prolungare il suo mododi essere vicina al figlio, accanto al quale ella svolge la funzione di ortatrix,la sua e una esortazione che da coraggio e stimola, quasi rincuora24 e il li-bro continuera la stessa operazione, lo stesso gesto di Dhuoda, dopo la suamorte (I, 7).

Tra madre e figlio si svolge un rapporto di reciprocita; viene precisatocosa la madre da al figlio, con il cuore che le arde nel petto, e cosa il figliodeve dare alla madre (I, 7). Dhuoda e consapevole che il figlio potra tro-vare maestri piu competenti e piu dotti di lei, ma nessuno capace comelei di amarlo: si ripresenta, senza che la donna lo esprima, il messaggiodi Paolo ai Corinzi, che potranno avere anche diecimila pedagoghi, ma sololui ha dato loro la vita (1 Cor. 4, 15).

Cio che Dhuoda scrive al figlio sono le parole da lei annotate da quan-do Guglielmo e nato (Prol., 28 sgg.), e della sua nascita, come della nascitadel fratello, viene presentata una datazione scrupolosamente esatta.

Se il compito primario di Guglielmo e quello di portare nelle sue azionigli insegnamenti della madre, ha doveri precisi da assolvere, compiti da non

24 Il termine ortatrix e presente in IV, 8, 3; in I, 7, 15, inoltre, e senza dubbio da preferire aoratrix del cod. B.

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lasciare inadempiuti e da adempiere in una sequela ordinata: deve cercare eadorare Dio (I, 2, 2), onorare il padre portandogli rispetto, amore e fedelta(III, 1), non essergli ribelle (III, 1), deve servire il re con accuratezza e fe-delta indubitabile (III, 4). Tutto questo potra apprenderlo guardando co-me modelli di comportamento agli antichi. Dhuoda si riferisce specialmen-te a personaggi dell’antico testamento, presentando di volta in volta quellicorrispondenti alla situazione. Sem, Cam, Isacco, Giuseppe, lo stesso Gesusono mostrati come modello di obbedienza e amore verso il padre (III, 3).

Anche nel modo di comportarsi verso il re sono maestri gli antichi evengono evocate le figure di servitori fedeli e giusti, ad esempio il servodel patriarca Abramo, i luogotenenti che sono vicini a Davide (III, 4). Pen-sando alla loro storia e ai loro comportamenti Guglielmo, che deve esseredegno della sua famiglia (III, 4), sapra come agire nei confronti del re.

Dhuoda e convinta che un uomo destinato ad avere impegni di gover-no, come e per Guglielmo a causa della sua nascita e delle sue qualita, devein primo luogo riconoscere la dipendenza da Dio Creatore e vivere a Luisottomesso, cercando Lui (emerge il messaggio della spiritualita monasti-ca), adorandoLo, offrendo il culto della preghiera e di una vita secondo isuoi comandamenti. Si presentera poi immediatamente la gerarchia obbe-dienziale della cultura feudale e Guglielmo deve imparare ad obbedire alpadre, al re, alle autorita anche della Chiesa, al vescovo e ai sacerdoti. Aldi sopra di tutti e in modo diverso da tutti c’e pero lei, la madre lontanama presente che per il cammino di crescita a tutti i livelli e sotto tutti gliaspetti ha una serie di insegnamenti, primo fra tutti il ricondurre semprela salute del corpo a profitto di quella dell’anima (V, 8, 54 sg.).

Questo sembra in realta l’elemento principale nell’insegnamento comenella vita di Dhuoda e del figlio. Del resto credere in Dio lodarlo, dedicarsialla ricerca di Lui accomuna madre e figlio (I, 2) e li inserisce in quella cor-rente vitale della storia in cui si trovano tutte le creature umane quae gra-diuntur super terram et ad superos tendunt (I, 1, 4), laddove Dio e amato elodato a supernis virtutibus.

A questa impostazione seguono consigli concreti:leggere assiduamente, pregare assiduamente (VII, 6, 13 sg.): frequenter

debes legere, frequenter orare.25 E il primo consiglio, fondamentale: leggere

25 E una delle massime presenti, ad esempio, nel Liber manualis di Alcuino intitolato Devirtutibus et vitiis, PL 101, 616D.

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si riferisce al leggere la Sacra Scrittura, le opere degli antichi (gli suggerisceanche di leggere la Regula pastoralis di Gregorio Magno), le vite dei santi e,soprattutto, il liber manualis, questa sua opera che e fatta per stare nellemani del figlio.

Se il leggere e concreto e quotidiano, altrettanto lo e il pregare: si devepregare per tutte le situazioni e per tutte le persone, elencandole, a conti-nuazione delle intenzioni universali di preghiera che conosce la liturgia delvenerdı santo (VIII). Dhuoda precisa facendo penetrare il lettore nellospaccato familiare: admoneo te, licet moritura, ut pro omnibus defunctisores, maxime autem pro his ex quibus tu originem trahis in saeculo (VIII,13,76 sgg.). Guglielmo dovra pregare per i parenti di suo padre, perche alui ora non lo consente il tempo ex occupationibus multis (VIII, 14, 18 sgg.),mentre invece il figlio ne ha la forza e il gusto di farlo. Prega per Teodorico,tuo zio e padrino che ha lasciato i suoi beni al «nostro padrone e signoreperche tu potessi goderne» (VIII, 15): la preghiera e, in questo caso, undovere reso concreto dall’impegno di formazione che lo zio paterno ha as-solto nei confronti del nipote, ma anche un segno di ringraziamento peruna eredita a lui lasciata.

Dhuoda insegna al figlio anche come pregare i salmi, perche la salmo-dia, quando si compie con la partecipazione del cuore, prepara a Dio on-nipotente ad cor iter, una via verso il cuore cosı da infondere nell’anima at-tenta sia il senso del mistero presente nella profezia, sia la grazia dellacompunzione (XI, I, 6 sgg.). Questo e il cammino della salvezza che deveessere accolta in quanto donata da Colui che Guglielmo deve guardare pu-ro intuitu (IV, 2, 47).

La preghiera di Guglielmo sara dunque abitata dalle esigenze e dallenecessita della vita quotidiana che diventeranno richiesta di non essere at-taccato dalle calunnie, ne sopraffatto dall’ingiustizia, di avere la letizia delcuore, di arrivare alla sera del giorno incominciato (II, 4), di avere la sag-gezza del cuore e della mente (III, 5). Nello stesso tempo la preghiera, chesi servira dei salmi e delle numerose preghiere contenute nei libelli precumcui Dhuoda allude, dovra preparare nel cuore del giovane figlio un cammi-no verso Dio.

Alcuni consigli concreti sono rivolti alla sua vita morale:Guglielmo deve imparare a tener conto dei consigli degli altri, operando

un costante discernimento perche solo i consigli dei saggi vanno accolti, e isaggi possono trovarsi tra gli anziani, ma anche tra i giovani, tra i superiori,tra coloro che sono sullo stesso piano di Guglielmo, ed anche tra gli inferio-ri, i piccoli, i semplici, coloro che sono nel bisogno (III, 5). Faccia invece

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attenzione a coloro che credono di essere consiglieri e non lo sono, perchepensano di essere saggi e non lo sono, senza perdere la speranza di avereconsiglieri elevati (III, 6) e rimanendo lontano dai cattivi consiglieri cave im-probos et elige dignos; fuge malos, adhaerere pios, cum malivolo et pusillani-me vel iracundo consilium non ineas. Conrodet enim te ut tinea, et in ipsis suisimperiis nunquam aliquando securus quiescet (III, 7, 5 sgg.). L’elenco dei ca-ratteri umani e semplicemente enunziato secondo le caratteristiche presentinegli scritti di argomento affine. La vicinanza alla vita e evidente, particolar-mente, forse nella metafora della tinea che corrode.

Dhuoda ricorda al figlio che la vita fa incontrare ad ognuno eventi felicied eventi avversi, quindi impari a non insuperbirsi nella prosperita e a nonabbattersi nelle avversita. Anzi ci saranno forse circostanze, legate ai diesmali (la citazione di Ephes 5, 16 contiene un riferimento alle difficolta po-litiche degli anni in cui Dhuoda scrive), che possono generare situazioni daemendare (IV, 2).

Guglielmo imparera a distinguere le azioni che dicono la presenza ope-rante in lui dei doni dello Spirito Santo. Esse sono l’approfondimento dellaparola del Signore con la lettura assidua e fruttuosa, la compassione frater-na e ospitale verso il prossimo, i pensieri buoni e il cuore puro (IV, 4), unaserie di azioni in cui si trovano rimandi e allusioni a testi patristici (Agosti-no, Gregorio Magno, Cesario di Arles...). Lo Spirito Santo con i sette donie le beatitudini ad essi collegate e offerto da Dhuoda come stile di vita concui affrontare il combattimento che e la vita in quanto tale (non solo la vitaa corte), come strada da percorrere che consente di vincere i vizi (abbia lebeatitudini sulle labbra e nel cuore IV, 8), di stare et residere, securus ubi-que sempre quiescere valebis. Ita agendo, sancto quooperante donationumSpiritu, ad regnum valebis pertingere supernum (IV, 4, 142 sgg.).

Guglielmo incontrera anche la tentazione – sia i vocaboli usati sia l’ordoverborum del manuale sembrano dargliene il suono (si, suadente Zabulo,mortis auctore, fornicatio aut aliquis stimulus carnis cor titillaverit tuum,IV, 6, 2 sg.) – e la madre gli insegna che deve usare in contra castitatem etrecolere mente integritatem del patriarca Giuseppe, di Daniele e degli altriche hanno saputo reagire a questo tipo di tentazioni (IV, 6, 3 sgg.).

Guglielmo, poi, stia lontano dall’ira, conservi la pazienza nell’anima enel corpo (IV, 7); presti ascolto al povero anche quando si rivolge a lui fuo-ri luogo e tempo (IV, 9); lontano da sua madre, impari ad adattarsi ai gran-di e ai piccoli, apprendendo dagli uni e dagli altri (III, 10), scelga bene iconsiglieri, impari a riconoscere chi deve evitare – Dhuoda gli da una direc-

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ta praeceptio (IV, 1, 68) al riguardo –, cioe malos, improbos pigrosque atquesuperbos, perche tendono funi come trappole per ingannare e preparanolungo il cammino trabocchetti per inciampare e cadere, cosı da far preci-pitare altri (IV, 1, 70 sgg.).

In Man. III 10, 66 sgg. viene presentato un insegnamento difficile daseguire specialmente per un ragazzo che, lontano dalla madre, deve viverea corte in tempo di lotte feroci: ama, venera, accogli, onora tutti cosı daricevere da tutti il contraccambio. L’insegnamento proposto e l’amore re-ciproco che costruisce la societa e le relazioni umane.26 Dhuoda rimanda acio che viene detto a proposito dei cervi da quidam doctor, cioe Agostino(En. in Ps. 41, 22-24) o Gregorio Magno (Moral. XXX 10, 36) o forse en-trambi. L’insegnamento parte dal salmo 41 (sicut cervus...) e descrive ilcomportamento dei cervi nell’attraversare i grandi fiumi. Essi hanno la con-suetudine di attraversarli in gruppo, uno dietro l’altro, appoggiando ciascu-no testa e corna sul dorso del precedente; in questo modo si sostengonoreciprocamente e, riposandosi un poco, possono piu facilmente attraversa-re il fiume. E presente in loro tale comprensione e tale discrezione (talisintellectus et talis aequa discretio) che quando si accorgono che il primoe affaticato, lo mandano in coda e il piu vicino diventa il primo per solle-vare e sostenere gli altri. Cosı, scambiandosi l’un l’altro, passa in loro unafraterna compartecipazione di amore (in illis transcurrit compassio dilectio-nis fraterna). Ad una cosa prestano attenzione: si danno da fare perche ca-po e corna stiano sempre sopra27 l’acqua e non siano sommersi in fondo alfiume.

Questo il racconto sui cervi le cui fonti sono in autori antichi.28 Ago-stino ne parla in maniera piu ampia e applica al comportamento nell’attra-versare i fiumi il passo di Gal. 6, 2 (alter alterius onera portate). Dhuoda enella stessa linea. I cervi, scrive Agostino, siamo noi e in particolare i cate-cumeni i quali camminano con piu ardore se sanno dove e rivolto il lorocammino. Quanto all’attraversare i fiumi, Agostino mette in risalto il modoin cui compiono la traversata e aggiunge che i cervi portano a termine ilviaggio senza allontanarsi gli uni dagli altri.

26 Cfr. C. ROVERSELLI, Persone diverse: imparare a vivere insieme, in La persona plurale. Fi-losofia pedagogia e teologia in dialogo, Aracne, 2002, p. 107 con un utile rimando bibliografico.

27 Dhuoda usa il verbo anefari che non esiste in latino. Potrebbe forse pensare al greco ana-fero. Questo porta ancora una volta a riflettere sugli interessi e sulle capacita culturali di Dhuoda.

28 Cfr. ad es. ARISTOTELE, Storia degli animali, IX 5. VI 29; SOLINO 19, 9-19; ELIANO V 56;PLIN., Nat. Hist., 8, 114.

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In Gregorio Magno, ed in Lathcen, il monaco irlandese che nel sec.VIII compila una raccolta dei Moralia di Gregorio (CCh 145, 1969), e me-no ampia la descrizione del costume dei cervi, invece si amplifica l’interpre-tazione metaforica e spirituale (cervi sono i maestri spirituali che uccidono ivzi, come i cervi ucidono i serpenti) e si precisa che nell’attraversare i fiumicompatientes caritate, onera sibi invicem superponunt.29

Dhuoda, rispetto alle sue fonti, insiste nell’esplicitare il significato e ilmessaggio presenti nel comportamento dei cervi: il supporto reciproco elo scambio nella fatica indicano che la fraternita amorosa deve congiungereallo stesso modo grandi e piccoli. E immediato anche il rimando alla primacomunita di credenti in Cristo: erant illis omnia communia, habentes inDeum cor unum et anima una, compassionis fraternitatem in Cristo Iesu in-vicem semper tenentes (cfr. Act. 4, 32-35).

Tenere in alto testa e corna indica che i fedeli in Cristo devono teneresempre in alto, verso di Lui, il cuore e la mente. L’esempio del Cristo in-nalzato sulla croce insegna a non lasciarsi catturare dai flutti del mare maad alzarsi verso l’alto e a dire con l’Apostolo nostra autem conversatio incoelis est (Phil. 3, 20). L’elemento proprio di Dhuoda e il sottolineare il re-ciproco essere solidali nel darsi e ricevere appoggio.

Al figlio la madre insegna con insistenza e concretezza in che modo eglidebba apprendere a vivere in rapporto di scambio con tutti, i grandi, gliuguali, i piccoli: da ognuno infatti egli puo ricevere qualcosa come adognuno puo offrire qualcosa.

Dhuoda educa alla solidarieta quotidiana, costruendola su un umanesi-mo chiaro e fondato, attento ai doveri oltre che ai diritti, basato sull’essereumano in tutte le sue dimensioni, sulla centralita del corpo e sulla centralitadell’anima, sull’individuo e sulla societa, quindi un umanesimo autentico ecompleto, laico e religioso, in equilibrio dinamico e vitale.

Lo stile di vita che Dhuoda prospetta al figlio per vivere a corte, e alquale lo educa, e genuinamente umano e cristiano: il figlio non deve miraread essere piu degli altri – e questo a corte non e facile – ma figlio di Dio congli altri, accanto ad essi. Dhuoda, pero, accanto al figlio si situa in posizionedi chi e ‘qualcosa di piu’ e questo e collegato al suo essere madre. La ma-ternita sembra essere causa del suo porsi dinanzi a Guglielmo in posizionenon di parita, ma di superiorita e di modello unico.

29 GREG. M., Mor. XXX, X, 36 (CCh 143B, 1985).

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