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Servizio Speciale Un repertorio musicalmente corretto di Alberto Comuzzi Testi banali e musiche dolciastre non rieccheggeranno più sotto le volte delle chiese italiane? È quanto si augura l’Ufficio liturgico nazionale della Conferenza episcopale italiana il quale, attraverso la sezione dedicata alla musica, diretta da don Antonio Parisi, ha predisposto un nuovo Repertorio nazionale di canti per la liturgia. Si tratta di un sussidio che contiene il testo e la partitura organistica di 360 canti che rispettano criteri chiari indicati dai vescovi. Presentando il Repertorio ai lettori del mensile Vita pastorale, don Parisi si è affrettato a spiegare che «esso non sostituisce quelli già esistenti a livello nazionale o locale, ma è un punto di riferimento autorevole e un richiamo a un uso del canto più liturgico e musicalmente corretto». Alla pubblicazione del sussidio ha lavorato, per ben cinque anni, dal 1994 al 1999, un gruppo di lavoro composto da musicisti, pastori, liturgisti e animatori musicali della liturgia. L’esigenza, avvertita anche da larga parte di fedeli, era di mettere un po’ d’ordine nella paccottiglia di canti o di pseudo melodie che accompagnano, purtroppo, tante celebrazioni. Il padre gesuita Eugenio Costa, uno dei massimi studiosi italiani di musica liturgica, sostiene che «a monte, il problema è quello della continuità e rinnovamento di autori e di testi di compositori nonché quello del livello e della pertinenza delle loro opere (popolare, devoto, accademico, liturgicamente spendibile); in prospettiva, la necessità di dotare la Chiesa italiana di un corpus di "buoni" testi ufficiali per il canto, da offrire ai musicisti compositori». Pochi editori (ElleDiCi, Paoline e altri) continuano a pubblicare notizie sull’argomento sia nei loro periodici, sia in fascicoli con allegati dischi. La selezione a uso pratico avviene attraverso altre riviste (Musica e Assemblea, Vita in Cristo e nella Chiesa) e soprattutto mediante i repertori diocesani (per esempio Cantemus Domino a Milano) o regionali (Nella casa del Padre, Piemonte, adottato in Liguria e altrove). Quanto al neonato Repertorio padre Costa non ha dubbi: si tratta della «segnalazione, per ora non completa, di canti di buon livello a servizio di diocesi e di parrocchie». Il gesuita Eugenio Costa, studioso di musica liturgica. Il Repertorio spende una parola chiarificatrice anche sull’uso dei vari strumenti musicali. Quante diatribe a questo proposito: chitarra e strumenti a percussione, no; violino e flauto, sì; saxofono e tromba, no; clarinetto e violoncello, sì. Spiega bene don Parisi: «Gli strumenti, tutti gli strumenti, sono appunto... strumenti, cioè oggetti, cose, manovrati da musicisti preparati e competenti. La carta d’identità musicale e liturgica non va chiesta all’organo, o alla chitarra o al flauto, ma all’organista, al chitarrista, al flautista». La scelta dello strumento, qui sta l’elemento discriminante messo in rilievo dal direttore della sezione per la musica dell’Ufficio liturgico nazionale, «deve tener conto del luogo architettonico, delle persone radunate e della loro età e cultura di base, della forma musicale del canto, del rito che sostiene o accompagna». In altre parole «non occorre il pedigree genetico e storico per utilizzare adeguatamente e liturgicamente uno strumento». Senza entrare nel merito della funzione del coro, dei vari solisti, dell’assemblea nell’animazione liturgica, chiediamo a padre Costa un’opinione sulla questione della formazione. Tema delicato, ma fondamentale, che il gesuita sintetizza così: «Attualmente funzionano una quarantina di scuole diocesane», spiega, «che, purtroppo, sono inegualmente ripartite sul territorio: i due Pontifici Istituti di musica sacra (Roma e Milano), a mio parere, in cerca d’identità; una serie di corsi estivi a carico di associazioni, movimenti, gruppi (come Universa laus italiana, Associazione italiana santa Cecilia e altri); il Corso di perfezionamento liturgico musicale (Coperlim), creato dall’Ufficio liturgico nazionale della Cei nel 1994 e che prepara, a livello alto, persone idonee ad assumere responsabilità diocesane». Al di là delle strutture e dei testi musicali, il risultato finale dipende concretamente dai singoli pastori e musicisti, dalle loro convinzioni e, soprattutto, dalle loro capacità d’animazione. Jesus n.8 agosto 2000 - Servizio speciale - Un repertorio musica... http://www.stpauls.it/jesus00/0008je/0008je58.htm 1 di 2 05/10/2010 8.20

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Servizio Speciale

Un repertorio musicalmente correttodi Alberto Comuzzi

Testi banali e musiche dolciastre non rieccheggeranno più sotto le voltedelle chiese italiane? È quanto si augura l’Ufficio liturgico nazionale dellaConferenza episcopale italiana il quale, attraverso la sezione dedicata allamusica, diretta da don Antonio Parisi, ha predisposto un nuovo Repertorionazionale di canti per la liturgia. Si tratta di un sussidio che contiene il testoe la partitura organistica di 360 canti che rispettano criteri chiari indicati daivescovi. Presentando il Repertorio ai lettori del mensile Vita pastorale, donParisi si è affrettato a spiegare che «esso non sostituisce quelli già esistenti alivello nazionale o locale, ma è un punto di riferimento autorevole e unrichiamo a un uso del canto più liturgico e musicalmente corretto».

Alla pubblicazione del sussidio ha lavorato, per ben cinque anni, dal 1994 al1999, un gruppo di lavoro composto da musicisti, pastori, liturgisti eanimatori musicali della liturgia. L’esigenza, avvertita anche da larga parte difedeli, era di mettere un po’ d’ordine nella paccottiglia di canti o di pseudomelodie che accompagnano, purtroppo, tante celebrazioni. Il padre gesuitaEugenio Costa, uno dei massimi studiosi italiani di musica liturgica, sostieneche «a monte, il problema è quello della continuità e rinnovamento di autorie di testi di compositori nonché quello del livello e della pertinenza delle loroopere (popolare, devoto, accademico, liturgicamente spendibile); inprospettiva, la necessità di dotare la Chiesa italiana di un corpus di "buoni"testi ufficiali per il canto, da offrire ai musicisti compositori».

Pochi editori (ElleDiCi, Paoline e altri) continuano a pubblicare notiziesull’argomento sia nei loro periodici, sia in fascicoli con allegati dischi. Laselezione a uso pratico avviene attraverso altre riviste (Musica e Assemblea,Vita in Cristo e nella Chiesa) e soprattutto mediante i repertori diocesani(per esempio Cantemus Domino a Milano) o regionali (Nella casa delPadre, Piemonte, adottato in Liguria e altrove). Quanto al neonatoRepertorio padre Costa non ha dubbi: si tratta della «segnalazione, per oranon completa, di canti di buon livello a servizio di diocesi e di parrocchie».

Il gesuita Eugenio Costa, studioso di musica liturgica.

Il Repertorio spende una parola chiarificatrice anche sull’uso dei varistrumenti musicali. Quante diatribe a questo proposito: chitarra e strumenti apercussione, no; violino e flauto, sì; saxofono e tromba, no; clarinetto evioloncello, sì. Spiega bene don Parisi: «Gli strumenti, tutti gli strumenti,sono appunto... strumenti, cioè oggetti, cose, manovrati da musicistipreparati e competenti. La carta d’identità musicale e liturgica non va chiestaall’organo, o alla chitarra o al flauto, ma all’organista, al chitarrista, alflautista».

La scelta dello strumento, qui sta l’elemento discriminante messo in rilievodal direttore della sezione per la musica dell’Ufficio liturgico nazionale,«deve tener conto del luogo architettonico, delle persone radunate e dellaloro età e cultura di base, della forma musicale del canto, del rito che sostieneo accompagna». In altre parole «non occorre il pedigree genetico e storicoper utilizzare adeguatamente e liturgicamente uno strumento».

Senza entrare nel merito della funzione del coro, dei vari solisti,dell’assemblea nell’animazione liturgica, chiediamo a padre Costaun’opinione sulla questione della formazione. Tema delicato, mafondamentale, che il gesuita sintetizza così: «Attualmente funzionano unaquarantina di scuole diocesane», spiega, «che, purtroppo, sono inegualmenteripartite sul territorio: i due Pontifici Istituti di musica sacra (Roma eMilano), a mio parere, in cerca d’identità; una serie di corsi estivi a carico diassociazioni, movimenti, gruppi (come Universa laus italiana, Associazioneitaliana santa Cecilia e altri); il Corso di perfezionamento liturgico musicale(Coperlim), creato dall’Ufficio liturgico nazionale della Cei nel 1994 e cheprepara, a livello alto, persone idonee ad assumere responsabilità diocesane».

Al di là delle strutture e dei testi musicali, il risultato finale dipendeconcretamente dai singoli pastori e musicisti, dalle loro convinzioni e,soprattutto, dalle loro capacità d’animazione.

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Ne è profondamente consapevole don Cesare Pavesi, responsabileorganizzativo della Salm (Scuola animatori liturgico musicali) della diocesi diMilano. Ai corsi promossi dalla Salm, distribuiti in cicli biennali,partecipano, in media, una cinquantina di persone d’ogni età e professione.«La liturgia è decisamente partecipata», spiega don Pavesi, «dove c’èl’animatore musicale al servizio dell’assemblea dei fedeli, oltre, naturalmente,al direttore del coro e allo strumentista. L’esperienza conferma questo dato:nella mia parrocchia, Santa Maria del Suffragio in Milano, dove passanotremila fedeli ogni domenica, da una quindicina d’anni, è presente la figuradell’animatore musicale. Il canto non è lasciato alla buona volontàdell’assemblea che, una decina di minuti prima dell’inizio dell’Eucaristia, èsempre invitata a ripassare i brani predisposti per la celebrazione. Il risultatoè partecipazione corale e tanto calore».

L’animatore musicale usa tecniche diverse da quelle del direttore del coro.Guidare un’assemblea è ben diverso che dirigere dei coristi affiatati. Eccoperché la figura dell’animatore diventa centrale nell’esecuzione dei canti enell’azione di coinvolgimento dei fedeli. «Il Repertorio segnala uno stile, maciò che più conta», sottolinea don Pavesi, «è avere gruppi di animatorimusicali ben preparati. Senza questi avremo liturgie sempre più fredde».

Alberto Comuzzi

Gran parte della musica che accompagna le moderne celebrazioni liturgiche in Italia sideve alla vena feconda di compositori come Pierangelo Sequeri, Marco Frisina e CarloRecalcati. Sequeri, docente di Teologia fondamentale alla Facoltà di teologia dell’Italiasettentrionale a Milano, ha composto un gran numero dei più popolari canti religiosi, tra iquali la celeberrima serie dei Symbolum.

Marco Frisina, responsabile dell’Ufficio liturgico del Vicariato di Roma e maestro dellacappella di San Giovanni in Laterano, si segnala soprattutto per Non di solo pane e Tusei bellezza, raccolte di canti liturgici su testi prevalentemente biblici. Esultanti cantiamo,La grande Pasqua e Trinità santa e gloriosa sono le opere più rappresentative di CarloRecalcati, sacerdote della Società San Paolo (i canti di Frisina e Recalcati sono editi dagliAudiovisivi San Paolo).

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