ART 33 n1-2 2014 con copertina - Edizioni Conoscenza · questo il testo comunicato ufficiale del 30...

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Editoriale 1/ I buoni propositi per il 2014 buon anno a tutti Lo scrigno 2/ Notizie in breve a CURa dI lORedana FaSCIOlO Mercurio 3/ Il tappo di spumante eRMannO deTTI 4/ In ricordo di un grande Maestro La scomparsa di claudio abbado GIGI CaRaMIa Le copertine del 2014 6/ Un fotografo che espone solo in rete Horst Heinz bergmann a CURa dI MaRCO FIORaManTI Il Congresso 7/ Dare gambe al cambiamento La cGiL a congresso InTeRVISTa a dOMenICO PanTaleO dI anna MaRIa VIllaRI 10/ Calendario dei congressi territoriali Rappresentanti e rappresentati 12/ Dalla grande incertezza a una piccola speranza cambiare il sindacato per non cambiare Paese ChIaRa RIZZICa I sistemi della conoscenza 14/ La verità, vi prego, sulla valutazione Test sì/test no. Dilemma fuorviante anTOnIO ValenTInO 17/ L’innovazione imbrigliata Università telematiche. Un’indagine del Ministero FabIO MaTaRaZZO 24/ Le pari opportunità musicali Donne e musica CaTeRIna IMbROGnO 26/ Vizi privati e pubbliche virtù Fenomeni non troppo rari ManUela MenTa 28/ Le fantasticherie della Mastrocola Metodo ascientifico e demagogia MaSSIMIlIanO FIORUCCI Dialoghetti 31/ Il disegno scomparso i difficili rapporti scuola-famiglia aRMandO CaTalanO ProteoFareSapereInforma 34/ Docenti e leadership educativa nella scuola Modelli e ipotesi di lavoro anTOnIO beTTOnI, anTOnIO ValenTInO Pedagogie/Didattiche 39/ L’emergenza infelicità L’amore non basta FRanCO FRabbOnI 42/ A scuola di legalità Un’esperienza didattica aMalIa PeRFeTTI 44/ Con gli occhi dell’artista egon Schiele, un artista visionario PaOlO GheRI Studi e Ricerche 49/ Mille dati per venti regioni Rapporto sul sistema educativo italiano eManUele baRbIeRI 54/ Il ruolo fondamentale dell’istruzione degli adulti Processi formativi e ceNSiS danIela PIeTRIPaOlI 57/ I consumi culturali Un’indagine dell’ i STaT MIRIa SaVIOlI Tempi moderni 60/ Il più grande errore della storia moderna a 100 anni dal primo conflitto mondiale daVId baldInI 65/ Incompreso vaticinatore di pace i protagonisti/ Romain Rolland aMadIGI dI GaUla Articolo 33 mensile promosso dalla FLC Cgil anno VI n. 1-2 -2014. Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 488 del 7/12/2004 - Valore Scuola coop. a r.l. - via Leopoldo Serra, 31/37 - 00153 Roma - Tel. 06.5813173 - Fax 06.5813118 - www.edizioniconoscenza.it - [email protected] - Abbonamento annuale: euro 65,00 - estero euro 129,00 - Per gli iscritti FLC CGIL euro 50,00 - sconti per RSU - una copia euro 8,00 - Versamento su c/cp n. 63611008 - intestato a Valore Scuola coop. a r.l. oppure bonifico bancario Direttore responsabile: Ermanno Detti - Direzione: Renato Comanducci, Anna Maria Villari - Layout, impaginazione, copertina: Marco Fioramanti - In redazione: Alberto Alberti, David Baldini, Paolo Cardoni, Loredana Fasciolo, Marco Fioramanti, Marilena Menicucci, Paolo Serreri - Stampa: Tipolitografia CSR, via di Pietralata, 157 - Roma - Hanno collaborato a questo numero: Amadigi di Gaula, Emanuele Barbieri, Gigi Caramia, Armando Catalano,Vincenza Fanizza, Massimiliano Fiorucci, Franco Frabboni, Anita Garrani, Paolo Gheri, Caterina Imbrogno, Francesco Melendez, Manuela Menta, Oriolo, Amalia Perfetti, Daniela Pietripaoli, Dario Ricci, Chiara Rizzica, Miria Savioli, Antonio Valentino Articolo 33 Mensile per chi lavora nella scuola, nell’università, nella ricerca, nella formazione 66/ Un contagio di furore omicida La specola e il tempo/ La guerra contro Rolland a cura di Oriolo 67/ I gas tossici di Ypres La Grande Guerra sul fronte occidentale InTeRVISTa a PIeT ChIelenS dI daRIO RICCI Proposte e approfondimenti 69/ Antonio Ranieri e i suoi sette anni di sodalizio il badante di Leopardi/i Parte PaOlO CaRdOnI 75/ Aiuto, mister Keynes L’intervento pubblico per uscire dalla crisi FRanCeSCO MelendeZ Farsi e disfarsi delle avanguardie 78/ Rinnovamento in arte, musica e letteratura in occasione del 50° anniversario del Gruppo ’63 InTeRVISTa a CaRla VaSIO dI MaRCO FIORaManTI 80/ Dietro la body art un estremo bisogno d’amore Kyrahm e Julius Kaiser MaRCO FIORaManTI Cinema 83/ Lo sguardo dei bambini sulla scuola educazione affettiva VInCenZa FanIZZa Libri 85/ Patti di sangue, di fumo e d’incomprensione “come fratelli”, l’ultimo libro di andrea carraro MaRCO FIORaManTI 86/ Spregiudicato commercio Tutti i volti dell’arte PaOlO GheRI 88/ Schede a CURa dI anITa GaRRanI L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento www.edizioniconoscenza.it SOMMARIO GLi aRTicOLi iN bLU SONO LeGGibiLi

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Editoriale1/ I buoni propositi per il 2014buon anno a tutti

Lo scrigno2/ Notizie in brevea Cura dI lOredana FasCIOlO

Mercurio3/ Il tappo di spumante erMannO dettI

4/ In ricordo di un grande Maestrola scomparsa di claudio abbadoGIGI CaraMIa

Le copertine del 20146/ Un fotografo che espone solo in reteHorst Heinz bergmanna Cura dI MarCO FIOraMantI

Il Congresso7/ Dare gambe al cambiamentola cGil a congressoIntervIsta a dOMenICO PantaleOdI anna MarIa vIllarI

10/ Calendario dei congressi territoriali

Rappresentanti e rappresentati12/ Dalla grande incertezza a una piccola speranzacambiare il sindacato per non cambiare PaeseChIara rIzzICa

I sistemi della conoscenza14/ La verità, vi prego, sulla valutazionetest sì/test no. Dilemma fuorvianteantOnIO valentInO

17/ L’innovazione imbrigliatauniversità telematiche. un’indagine del MinisteroFabIO MatarazzO

24/ Le pari opportunità musicaliDonne e musicaCaterIna IMbrOGnO

26/ Vizi privati e pubbliche virtùFenomeni non troppo rariManuela Menta

28/ Le fantasticherie della MastrocolaMetodo ascientifico e demagogiaMassIMIlIanO FIOruCCI

Dialoghetti31/ Il disegno scomparsoi difficili rapporti scuola-famigliaarMandO CatalanO

ProteoFareSapereInforma34/ Docenti e leadership educativa nella scuolaModelli e ipotesi di lavoroantOnIO bettOnI, antOnIO valentInO

Pedagogie/Didattiche39/ L’emergenza infelicitàl’amore non basta FranCO FrabbOnI

42/ A scuola di legalitàun’esperienza didatticaaMalIa PerFettI

44/ Con gli occhi dell’artistaegon schiele, un artista visionarioPaOlO GherI

Studi e Ricerche49/ Mille dati per venti regionirapporto sul sistema educativo italianoeManuele barbIerI

54/ Il ruolo fondamentale dell’istruzione degli adultiProcessi formativi e censisdanIela PIetrIPaOlI

57/ I consumi culturaliun’indagine dell’istatMIrIa savIOlI

Tempi moderni60/ Il più grande errore della storia modernaa 100 anni dal primo conflitto mondialedavId baldInI

65/ Incompreso vaticinatore di pacei protagonisti/ romain rollandaMadIGI dI Gaula

Articolo 33 mensile promosso dalla FLC Cgil anno VI n. 1-2 -2014. Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 488 del 7/12/2004 - Valore Scuola coop. a r.l. - via Leopoldo Serra, 31/37 - 00153Roma - Tel. 06.5813173 - Fax 06.5813118 - www.edizioniconoscenza.it - [email protected] - Abbonamento annuale: euro 65,00 - estero euro 129,00 - Per gli iscritti FLC CGIL

euro 50,00 - sconti per RSU - una copia euro 8,00 - Versamento su c/cp n. 63611008 - intestato a Valore Scuola coop. a r.l. oppure bonifico bancario Direttore responsabile: Ermanno Detti- Direzione: Renato Comanducci, Anna Maria Villari - Layout, impaginazione, copertina: Marco Fioramanti - In redazione: Alberto Alberti, David Baldini, Paolo Cardoni,Loredana Fasciolo, Marco Fioramanti, Marilena Menicucci, Paolo Serreri - Stampa: Tipolitografia CSR, via di Pietralata, 157 - Roma - Hanno collaborato a questo numero: Amadigi di Gaula,Emanuele Barbieri, Gigi Caramia, Armando Catalano, Vincenza Fanizza, Massimiliano Fiorucci, Franco Frabboni, Anita Garrani, Paolo Gheri, Caterina Imbrogno, Francesco Melendez, Manuela Menta,Oriolo, Amalia Perfetti, Daniela Pietripaoli, Dario Ricci, Chiara Rizzica, Miria Savioli, Antonio Valentino

Articolo33 Mensile per chi lavora nella scuola, nell’università, nella ricerca, nella formazione

66/ Un contagio di furore omicidala specola e il tempo/ la guerra contro rollanda cura di Oriolo

67/ I gas tossici di Ypresla Grande Guerra sul fronte occidentaleIntervIsta a PIet ChIelens dI darIO rICCI

Proposte e approfondimenti69/ Antonio Ranieri e i suoi sette anni di sodalizioil badante di leopardi/i PartePaOlO CardOnI

75/ Aiuto, mister Keynesl’intervento pubblico per uscire dalla crisiFranCesCO Melendez

Farsi e disfarsi delle avanguardie78/ Rinnovamento in arte, musica e letteraturain occasione del 50° anniversario del Gruppo ’63IntervIsta a Carla vasIO dI MarCO FIOraMantI

80/ Dietro la body art un estremo bisogno d’amoreKyrahm e Julius KaiserMarCO FIOraMantI

Cinema83/ Lo sguardo dei bambini sulla scuolaeducazione affettivavInCenza FanIzza

Libri85/ Patti di sangue, di fumo e d’incomprensione“come fratelli”, l’ultimo libro di andrea carraroMarCO FIOraMantI

86/ Spregiudicato commerciotutti i volti dell’artePaOlO GherI

88/ Schedea Cura dI anIta GarranI

L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento

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SOMMARIO

Gli articoli in blu sono leGGibili

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Editoriale

Una rivista cartacea al teMPo Diinternet? ebbene sì, ancHe sequalcuno storce il naso. Manoi non ci sentiaMo veccHi e sia-Mo sicuri Di Poter Parlare an-

cHe ai nativi DiGitali.e così ci riPresentiaMo ai nostri lettori conun carico Di buoni ProPositi e buone inten-zioni, coMe in oGni inizio anno cHe si risPetti.

Ma facciamo parlare i fatti. in questoprimo numero cominciamo ad affron-tare i temi congressuali. sono già co-minciate le assemblee nei luoghi dilavoro e il percorso che porterà al con-gresso nazionale della Flc ad aprile edella cGil confederale in maggio.

non sarà un congresso facile. Pesa an-che sul sindacato l’incertezza (spesso lafumosità) e la litigiosità della politica. epoi sulla cGil le attese sono sempremolto alte e gli obiettivi dei documenticongressuali molto ambiziosi perchéimplicano cambiamenti strutturali delpaese e dello stesso sindacato. questepagine accompagneranno l’elabora-zione della Flc sulle più importantiquestioni sindacali.

tante le tematiche che ci accompa-gneranno lungo tutto l’anno: i sistemidella conoscenza, la loro organizzazionee governance, i finanziamenti, il perso-nale, la loro missione; la didattica e lenuove tecnologie; lo stato della ricercain italia; il ruolo strategico della cultura

I buoni propositi per il 2014

per creare lavoro e sviluppo; il lavoro,soprattutto, anche nelle forme atipichee insolite con cui si presenta in moltisettori della conoscenza, e le modalitàdella sua rappresentanza per dare voceai tanti lavoratori “sommersi”, soprat-tutto giovani; lo scambio e la diffusionedi documenti elaborati dalle donnedella Flc che, dopo cortona (da cui ènato il comitato Pari opportunità), e laprima assemblea nazionale, s’incam-

minano verso un percorso con nuoviobiettivi da raggiungere.

su tutti questi argomenti sarà piùstretta ed evidente, su queste pagine, lacollaborazione con Proteo Fare saPere,che metterà a disposizione di lettori eabbonati il meglio della sua elabora-zione. soprattutto sui temi che riguar-dano le professioni e le responsabilitàche ciascun lavoratore della cono-scenza ha e deve esercitare nei con-fronti del proprio lavoro e della suamissione istituzionale.

2 www.edizioniconoscenza.itARTICOLO 33 | N.1-2, 2014

e, poiché ci rivolgiamo ai lavoratoridella conoscenza, non possiamo nonoccuparci del centenario della GrandeGuerra. sarà un importante tema poli-tico e storico, in europa paghiamo an-cora le conseguenze di quella immanetragedia, ma lo proporremo anche sottoforma di moduli didattici e di percorsi diricerca.

anche l’arte, che dovrebbe essereconsiderata regina della cultura nazio-nale, continuerà ad avere spazio sullenostre pagine. a cominciare dalle co-pertine che quest’anno ospiterannosplendidi scatti di un fotografo tedesco,Horst Heinz bergmann.

ce la metteremo tutta per fare dellarivista un motore di discussione e di ap-profondimento, rilanciando i temi piùimportanti anche sul sito della Flc e sulrinnovato sito di edizioni conoscenza,coordinando questa produzione conquella editoriale, anche qui cartacea edigitale.

Ma per fare di “articolo 33” la rivistadi chi lavora nella conoscenza abbiamobisogno di tutti voi, lettori e abbonati,ma soprattutto dei tanti dirigenti dellaFlc che sui territori vivono e sperimen-tano lo stato della conoscenza nel no-stro paese.

Buon anno a tutti

la reDazione

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www.edizioniconoscenza.it 3

La scomparsa di Claudio Abbado

IL GRANDE DIRETTORE D’ORCHESTRA E SENATORE CLAUDIO ABBADO È MORTO DOPO UNA LUNGA MALATTIA

IL 20 GENNAIO SCORSO. IN MIGLIAIA A BOLOGNA ALLA CAMERA ARDENTE

In ricordo di un grande Maestro

sica siano di fondamentale importanzaper la crescita culturale e umana dei ra-gazzi.”

scorrono davanti ai nostri occhi le im-magini del direttore a capo dei più pre-stigiosi complessi musicali del mondo: iWiener Philarmoniker, i berliner Philar-minoker, la london symphony orche-stra. e poi il teatro alla scala di Milano,la staatoper di vienna.

l’impegno instancabile per la valoriz-zazione di autori contemporanei attra-verso sia la commissione di nuovecomposizioni sia l’esecuzione di lavoriin prima assoluta: “al gran sole carico diamore” di luigi nono, “samstag auslicht” di Karlheinz stockhausen… an-cora altre immagini: fondatore e anima-tore di orchestre in cui si sono formatigiovani musicisti di tutto il mondo, le po-lemiche con la politica e i politici italianicontro i tagli indiscriminati alle giàscarse risorse pubbliche destinate allacultura…

La cultura, la musica e il riscatto dei popoli

Ma ecco che, insieme a una carrieraartistica semplicemente formidabile, ab-bado si dà anima e corpo all’impresa difar entrare la conoscenza e la praticadella musica nella preparazione cultu-rale di tutti i cittadini. questa battagliaparte fin da lontano 1972 con la crea-zione presso il teatro alla scala di Milanodei “concerti per studenti e lavoratori”:si trattava di concerti gratuiti o con prezzi

Nato nel 1933, clauDio abbaDosi è DiPloMato al conservatorio

Di Milano. Ha acquisito Meritiartistici nel caMPo Musicale at-traverso l’interPretazione Del-

la letteratura Musicale, sinFonica e oPeri-stica alla GuiDa Di tutte le Più GranDi orcHe-stre Del MonDo. a tali Meriti si è conGiuntol’iMPeGno Per la DivulGazione e la cono-scenza Della Musica in sPecial MoDo a Favo-re Delle cateGorie sociali traDizionalMente

Più eMarGinate. Ha avuto la resPonsabilitàDella Direzione stabile e Musicale Delle Più

PrestiGiose istituzioni Musicali Del MonDocoMe il teatro alla scala e i berliner PHil-HarMoniKer; Ha iDeato istituzioni Per lo stu-Dio e la conoscenza Della nuova Musica. si

è in Pari teMPo caratterizzato Per l’oPeravolta a valorizzare Giovani talenti ancHe at-traverso la creazione Di nuove orcHestre,coMe la euroPean union YoutH orcHestra,la cHaMber orcHestra oF euroPe, la Ma-Hler cHaMber orcHestra, l’orcHestra Mo-zart.

questo il testo comunicato ufficialedel 30 agosto 2013 con il quale il Pre-sidente della repubblica Giorgio napo-litano motivava la nomina a se- natore avita del Maestro abbado.

in quello scarno e, per certi versi, bu-rocratico comunicato, emerge in ma-niera esemplare la figura di un artistapoliedrico che univa la genialità inter-pretativa, un approccio rigoroso, ma maidogmatico, alle partiture da eseguire,con l’impegno politico e sociale incen-trato sulla profonda convinzione che“l’insegnamento e la pratica della mu-

ARTICOLO 33

GiGi caraMia

Il Maestro Claudio Abbado

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decisamente popolari, alla cui realizza-zione collaboravano musicisti del calibrodi Maurizio Pollini, finalizzati a far avvici-nare alla musica an- che fasce di popo-lazione che per reddito e retroterrafamiliare e culturale mai avrebbero po-tuto ascoltare un normale concerto o as-sistere alla rappresentazione di un’operanel teatro più prestigioso del mondo. sitrattò di una vera e propria rivoluzioneper il nostro paese abituato a pensareallo studio della musica legato esclusi-vamente al talento innato. Modello elita-rio, duro a morire se si pensa che ilriordino della secondaria di ii grado del-l’ex ministro Gelmini ha praticamentecancellato lo studio di questa disciplinada tutti gli indirizzi di studio, relegandolonello specialistico liceo musicale. tuttociò è avvenuto nonostante l’italia abbiasottoscritto nel maggio 2010 un docu-mento dell’unesco denominato: “l’a-genda di seul: obiettivi per lo sviluppodell’educazione artistica” scaturito dailavori della seconda conferenza mon-diale sull’educazione artistica, “arts forsociety, education for creativity” e che ilMinistero dell’istruzione dell’università edella ricerca abbia diffuso in tutte lescuole la “road map per l’educazione ar-tistica” (lisbona 2006) nella quale sipone l’accento sul ruolo fondamentale ditale educazione come risorsa per svilup-pare l’immaginazione, la creatività e l’in-

La scomparsa di Claudio Abbado

4 www.edizioniconoscenza.itN.1-2, 2014

novazione a tutti i livelli, nel contestodelle istituzioni artistiche e del sistemadell’arte, nonché come risorsa per pro-muovere la cooperazione internazionale.

Lui e i giovani

ricordiamo il claudio abbado emo-zionato e con le lacrime agli occhi cheassiste alle prove e ai concerti delle or-chestre e dei cori giovanili in venezuela:non vedenti che cantano o suonanostrumenti musicali, sordomuti chefanno parte di cori delle “Manos blan-cas” che accompagnano con il movi-mento delle mani i brani musicalieseguiti. una rete fittissima di orchestree scuole di musica che hanno consen-tito attraverso lo studio della musica distrappare dalle strade venezuelane edalla povertà centinaia di migliaia dibambini.

e poi l’esecuzione il 25 ottobre 2008al Paladozza di bologna del “te Deum”di Hector berlioz con tre orchestre, duecori e un coro di voci bianche di oltre600 bambini provenienti da numerosescuole dell’emilia romagna. ecco le pa-role di abbado rilasciate in un’intervistadell’epoca: “Penso che l’insegnamentoe la pratica della musica siano di fon-damentale importanza per la crescitaculturale e umana dei ragazzi. ritengo

che sia necessario aumentare e miglio-rare la presenza di un’adeguata educa-zione musicale nei programmiscolastici. In Italia c’è una grande tradi-zione musicale che deve essere portatafra le mura scolastiche, come lo è la let-teratura o la storia dell’arte, esatta-mente come avviene in Germania o inaustria. Per non parlare del venezuela,dove trascorro ogni anno alcuni mesi.Qui si è talmente radicata l’idea che lamusica sia un efficace strumento nonsolo educativo, ma addirittura di ri-scatto dalla povertà, che più di 150 milaragazzi fanno musica, inseriti nelle cen-tinaia di realtà musicali che compon-gono il famoso sistema organizzato daJosè antonio abreu. l’Italia, con la suaimportantissima tradizione musicale,non deve essere da meno. Gli strumentici sono già. basta farli entrare nellescuole. ad esempio cantare in coro è unmodo molto efficace per introdurre i gio-vani alla musica. Il coro è sempre grati-ficante e coinvolgente, perché si basasu un’attitudine naturale, il canto.”

si tratta di affermazioni quanto maiattuali! ora il grande Maestro ci ha la-sciato… il ricordo emozionante delle sueesecuzioni, delle sue parole, delle sueazioni ci devono servire da pungolo percontinuare a far vivere le sue battaglie ele sue idee: rendere lo studio della mu-sica e la pratica musicale elementi “nor-mali” nella formazione di ciascuncittadino di questo paese, continuare ainvestire nella cultura, utilizzare la mu-sica come strumento di integrazione deisoggetti più deboli.

“Mirate in alto, calciate lontano: seandate in caccia di stelle può darsiche non ne troviate, ma non tornereteindietro con un pugno di fango” (K. Gibran).

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5 ARTICOLO 33 | N.1-2, 2014www.edizioniconoscenza.it

come artista visivo ed editor, sono sem-pre molto attento a cercare nuovi talentidisposti ad offrirmi liberamente le lorofoto per una pubblicazione qualificata.in tempi di facebook si possono dunquefare incontri molto interessanti. le seiimmagini che compariranno sulle co-pertine di articolo 33 per il 2014 sono

Dopo il biennio 2012-2013,dedicato al grande maestroe veterano della fotografiatony vaccaro, con esemplaricopertine per la nostra rivi-

sta, quest’anno la scelta è caduta su unvalidissimo fotografo scoperto per casosu un social network.

Horst Heinz Bergmann

a cura di Marco FioraManti

Le copertine del 2014

Un fotografo che espone solo in reteopera di un fotografo tedesco. HorstHeinz bergmann, nato a Düsseldorf nel1955, vive a Duisburg. Figlio d’arte –padre professore di fotografia e madrescultrice – ha appreso le due disciplinedirettamente dai genitori. Ha studiatomedia design and marketing communi-cations.

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Alla Fine sono stati PresentatiDue DocuMenti alla Discussio-ne Delle asseMblee conGres-suali. PercHé è così DiFFicileavere un unico DocuMento? e

quali sono le DiFFerenze tra i Due? Gior-Gio creMascHi Ha ritenuto Di Dover Pre-sentare un DocuMento alternativo, Dal ti-tolo “il sinDacato è un’altra cosa”, a quel-lo Di MaGGioranza, coMe conseGuenza an-cHe Delle battaGlie cHe in questi annil’area Della rete “28 aPrile” Ha conDottonel PreceDente conGresso e, successiva-Mente, contro le scelte e le Decisioni as-sunte Dalla cGil ritenute sbaGliate.

le differenze tra i due documentisono sostanziali non solo nel giudiziosulla fase che abbiamo alle spalle masoprattutto sulle priorità dell’azione delsindacato per ricomporre la frattura so-ciale che si è determinata in italia e ineuropa per effetto della crisi e delle de-vastanti politiche liberiste all’insegnadell’austerità.

ritengo illusorio pensare che allacomplessità di una fase di forte arretra-mento sul versante delle conquiste ci-vili, sociali e democratiche, che mette adura prova la stessa sopravvivenza diun sindacato confederale, si possa ri-spondere solo con una dose maggioredi conflitto, senza interrogarsi sul comericostruire rapporti di forza in europa enel nostro Paese per affermare un radi-cale cambiamento delle gerarchie so-ciali, del modello di sviluppo e degliassetti di potere. è mia opinione che peraffrontare i problemi che abbiamo difronte ci sia bisogno di una forte capa-

cità proposi- tiva che faccia i conti,certo, anche con le sconfitte e gli arre-tramenti di questi anni, ma cerchi, nellostesso tempo, di ricostruire le condizionidi una riscossa sociale.

urge invertire una rotta che sta deva-stando non solo l’italia, ma tanti altripaesi europei per effetto di politiche chenon solo non favoriscono la crescita, macreano più disoccupazione, più preca-rietà, più povertà e distruggono lo statosociale. un pro- getto che inverta que-sta tendenza deve riuscire a costruireampie coalizioni che mettano insiemegiovani generazioni, movimenti e asso-ciazioni e che tengano insieme diritti so-ciali, diritti civili e democrazia.Dobbiamo avere l’ambizione di ricom-porre ciò che la crisi divide ripro- po-nendo i nostri grandi valori diuguaglianza, solidarietà e libertà nel la-voro e nella società. si può concordaresui tanti limiti che l’azione della cGil haavuto negli anni alle nostre spalle, mabisogna riconoscere anche che siamostati l’unica organizzazione di massache ha difeso i lavoratori e la parte piùdebole del Paese.

non riconoscere quella verità è inge-neroso nei confronti dei tanti militantidella cGil e della Flc che quotidiana-mente, facendo sacrifici personalienormi e in una condizione difficilis-sima, cercano di garantire i diritti ai la-voratori, ai precari, ai disoccupati e aipensionati.

e il primo documento, “il lavoro de-cide il futuro”, che tu hai sottoscrittoqueste linee le indica?

a mio parere sì. anche con gli emen-

intervista a Domenico Pantaleo di anna Maria villari

Dare gambe al cambiamento

CI ASPETTA UNA DISCUSSIONE

MOLTO IMPEGNATIVA, MA IL SINDACATO NON PUÒ PIÙ

RIMANDARE DECISIONI

STRATEGICHE IMPORTANTI

COME IL LAVORO, LA RAPPRESENTANZA

E IL RICAMBIO GENERAZIONALE

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Congresso

La CGIL a congresso

ARTICOLO 33 | N.1-2, 2014

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7www.edizioniconoscenza.it ARTICOLO 33

La CGIL a congresso

Congresso

damenti che lo hanno arricchito. nellapremessa è presente un’analisi pun-tuale dello scenario entro cui si colloca ilcongresso senza nascondere ostacoli eresistenze, compresi i nostri limiti, chehanno impedito il cam- biamento. lacGil non ce l’ha fatta ad arrestare la li-quidazione di conquiste sociali fonda-mentali, penso alla disastrosa riformadelle pensioni, all’indebolimento delletutele (a partire dall’art. 18), alla cre-scente precarietà del mercato del lavoroe alla riduzione dei salari. non è stata ingrado di aprire un dialogo con le nuovegenerazioni, che pure è una questionecentrale. soprattutto perché sottendeun’idea di rappresentanza che mira allaricomposizione tra lavoro e non lavoro,tra lavoro a tempo indeterminato etempo determinato, tra chi sta meglio echi vive in condizioni disagiate… in unaparola, a ricomporre l’attuale frammen-tazione sociale. non ce l’abbiamo fatta,ma oggi le risposte non possono essererimandate. un programma di radicale al-ternativa va presentato in contrapposi-zione all’idea che si debba proseguiresulla stessa strada e con le stesse scelteche hanno portato a questo disastro(globale). va contrastata l’idea che sianoinevitabili meno stato sociale, meno di-ritti sul lavoro, più precarietà, che la di-soccupazione sia un destino naturale ele ineguaglianze un fattore intrinseco alsistema. non si possono più accettareacriticamente quelle compatibilità im-poste dai potentati finanziari ed econo-mici nel nome di questa europaimpresentabile, perché hanno conse-guenze terribili sulle condizioni delle per-sone e riducono il lavoro in merce.

Giovani e nuova rappresentanza, dici.c’è molta attesa per il prossimo con-gresso, perché sia la cGil, sia la Flchanno molto parlato di rinnovamento, dinuove forme di rappresentanza e di par-tecipazione. nella campagna “adesso edomani” la Flc ha incontrato tantissimigiovani e ha registrato i problemi, ancheinediti, che essi pongono al sindacato.

al congresso bisognerà tirare le fila diquesto lavoro. si daranno delle rispo-ste?

non possiamo né dobbiamo accet-tare che un’intera generazione venga ri-dotta alla disperazione: senza dirittoallo studio, senza lavoro, senza welfaree in condizione di precarietà strutturalee esistenziale. in tutto questo vi sonostate responsabilità del sindacato che,lo accennavo prima, ha fatto fatica a rin-novare la propria cultura lavoristica e in-dustrialista mentre cambiavaprofondamente il mercato del lavoro, ilmodello d’impresa e la società. Dob-biamo affrontare con coraggio la sfidadi un cambiamento pro- fondo della no-stra cultura e del nostro modo di inten-dere la funzione del sindacato. nonbastano più le forme tradizionali con cuiesercitiamo la rappresentanza: è ne-cessario estendere e rafforzare la de-mocrazia diretta. la riflessione suicontratti nazionali, di come renderli piùinclusivi, è importante, ma non è piùeludibile un rapporto più efficace tracontratti, welfare e una regolazione le-gislativa che superi la deregolamenta-zione completa del mercato del lavoro.se vogliamo continuare a essere un sin-dacato confederale, attento cioè ancheagli interessi generali, dobbiamo averepolitiche universali che non si rinchiu-dano in logiche d’interessi ristretti da di-fendere. nell’ultimo decennio le nostrepolitiche non hanno sempre guardato aquesta complessità e ci siamo rifugiatiin antiche certezze non più rispondentialla realtà. abbiamo dovuto, certo, resi-stere a un attacco forsennato da partedelle imprese, della finanza e di una po-litica a essi subalterna. ora dobbiamorompere questo assedio, perché la no-stra debolezza l’hanno pagata i lavora-tori e i ceti più deboli, e ricostruire –discutiamo forme e modi – il rapportointergenerazionale, le solidarietà nelmon- do del lavoro, un’idea diversa disocietà, rilanciare i principi di egua-glianza e di cittadinanza, costruire unrapporto tra diritti sociali e diritti civili e

democratici, non dimentichiamo che lademocrazia è terreno di congiunzione ditutto questo.

contrastare chi ha interesse a chiu-dere il sindacato in una logica aziendalee corporativa, in cui la dimen- sione de-gli interessi specifici non incontra più gliinteressi generali. se parto da questopunto di vista, mi convinco che c’è dacambiare radicalmente impostazionenelle nostre politiche rivendicative e av-viare anche un vero ricambio genera-zionale dei gruppi dirigenti, perché ilsindacato deve assumere nuovi lin-guaggi e modalità nuove nel dialogo conil mondo intorno a noi.

il gruppo dirigente è pronto per rimet-tersi in discussione?

se il gruppo dirigente non lo fa, la cGil

è destinata a un inesorabile, lento de-clino. quando un sindacato fa fatica arappresentare ciò che si muove intornoa esso, rischia di autoescludersi. bastapensare, ad esempio, che solo 2 rap-porti di lavoro su 10 sono a tempo in-determinato... quindi se non parliamoanche agli altri 8, non riusciamo a rap-presentare la complessità del lavoro e astare in mezzo ai problemi delle per-sone. rinchiudendoci in nicchie di rap-presentanza, corriamo il rischio diperdere anche la parte “tradizionale”che rappresentiamo. i lavoratori cosid-detti più “garantiti” finiscono per arre-trare dentro un mercato del lavorosenza regole che è diventato una sortadi far west, finiscono per perdere poterecontrattuale, diritti e certezze. vivono inuna situazione di ricatto costante, tipicodi un mercato del lavoro instabile cheimpone condizioni di lavoro sempre piùa ribasso. la gente è disposta ad ac-cettare qualunque condizione pur di la-vorare, anche in deroga ai contratti,senza rispetto e garanzia di diritti. inquesta situazione anche il sindacatoperde il senso della sua funzione che èquella di rappresentare collettivamentele persone attraverso la contrattazione,la vertenzialità generale. il tema del la-

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voro è oggi, dunque, prioritario e su diesso si gioca una partita strategica sulfatto se continuerà ad esistere un sin-dacato confederale.

vorrei aggiungere che nella ricompo-sizione tra sindacato e giovani bisognaevitare un rischio: il lavoro non si devecon- trapporre a forme di reddito mi-nimo garantito.

sono saltate vecchie certezze: unavolta se avevi un lavoro avevi un reddito,oggi non è più così; una volta se aveviun lavoro non eri povero, oggi non è piùcosì. se sono saltati questi paradigmi,c’è bisogno di un reddito minimo garan-tito con caratteristiche uni-versali, di un welfarestudentesco secondo i mi-gliori esempi europei. voglioricordare che su queste duemisure siamo agli ultimi po-sti in europa. e senza red-dito e senza welfare non cisono diritti di cittadinanza.occorre ragionare di ridu-zioni di orario e di esten-sione dei contratti disolidarietà. bisogna cam-biare la riforma Fornerosulle pensioni per assicu-rare ai giovani pensioni di-gnitose e favorire il turnover, a partire dai settori pubblici.

“il lavoro decide il futuro” è il titoloprogrammatico del documento “di mag-gioranza”. Possiamo sperare che dalcongresso escano indicazioni preciseper realizzare attraverso progetti e ri-vendicazioni il “Piano della lavoro” chela cGil ha presentato lo scorso anno?una disoccupazione giovanile al 40% ri-chiama qualche responsabilità an- chedel sindacato.

il Piano del lavoro della cGil è un pro-getto di straordinaria importanza per-ché inverte la logica oggi dominante chesia la crescita a creare lavoro. noi di-ciamo che, al contrario, è il lavoro chedetermina la crescita. il Piano del lavorocompie anche un’altra grande opera-

zione: non è la regolazione del mercatodel lavoro a determinare occupazione,ma come si aumenta la domanda di la-voro.

e questo può essere fatto in tantimodi. lo abbiamo detto, attraverso po-litiche industriali e innovando il sistemadi impresa (cosa e come produrre) e ga-rantendo la sostenibilità ambientale deiprocessi produttivi: scelte politiche chevadano in questa direzione darebberouna straordinaria opportunità percreare occupazione, soprattutto nelMezzogiorno che costituisce l’epicentropiù drammatico di questa crisi (basta

leggere i dati sulla povertà e sulla di-soccupazione). nel Piano del lavoro di-ciamo, inoltre, che anche attraversol’intervento pubblico si deve creare la-voro. Penso, ad esempio per quanto ri-guarda i nostri comparti, a un pianostraordinario per la messa in sicurezzadegli edifici scolastici, la costruzione dinuovi, l’investimento in istruzione e ri-cerca che avrebbero ricadute virtuose.naturalmente è opportuno incentivareforme di autoimprenditorialità, soste-nere il risanamento ambientale – pensasolo a quello che è stato fatto nelle no-stre coste e nel territorio… non è il mer-cato che da solo può creareoccupazione. servono investimenti adalta intensità di lavoro. Da questo puntodi vista la proposta della cGil è all’avan-

guardia, tanto che ha anche incontratoil consenso degli altri sindacati in eu-ropa, lo stesso sindacato tedesco simuove in quella direzione. noi abbiamoun problema in più che riguarda il no-stro mercato del lavoro: mi riferisco ai li-velli di istruzione insufficienti, troppobassi, come si rileva dalle ricerche edalle statistiche.

allora, c’è anche una questione diqualità del lavoro, un lavoro fatto di sta-bilità, competenze e conoscenze. è unagrande sfida per la piena e buona oc-cupazione. lo so che c’è anche un pro-blema di sostenibilità finanziaria, ma ci

sono delle priorità che la po-litica deve darsi, noi abbiamodetto che una patrimonialedovrebbe servire a finanziarela creazione di posti di lavoro.

quali sono gli aspetti piùimportanti per i lavoratori e icomparti della conoscenzasui quali discutere nei con-gressi?

i temi sono tanti, ma la di-scussione si concentreràsulle tante emergenze cheopprimono i nostri settori. ab-biamo vissuto anni di deva-stazione economica (i tagli) e

culturale (la perdita di valore e di legitti-mità della conoscenza), ma, al di làdelle parole, nei fatti non sembra che cisia consapevolezza che la conoscenzasia un fattore per ripensare alla demo-crazia, all’economia, a concetti comel’uguaglianza…

quindi non c’è solo un problema dirinnovi contrattuali e di stipendi…

il problema economico è il più emer-gente, ma non è l’unico. a monte c’èquello del riconoscimento della fun-zione sociale e della dignità del lavoronei nostri comparti. l’emergenza sala-riale forse è la conseguenza della sotto-valutazione della funzione strategicache può esercitare la conoscenza, nonsolo in termini di crescita civile e demo-

8 www.edizioniconoscenza.it

Congresso

La CGIL a congresso

N.1-2, 2014

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CALENDARIO DEI CONGRESSI TERRITORIALI DELLA FLC CGIL

ABRUZZOPescara17 febbraio

Chieti19 febbraio

Teramo20 febbraio

L’Aquila21 febbraio

Regionale25 febbraio

ALTO ADIGEBolzano10 marzo

BASILICATAMatera2 marzo

Potenza5 marzo

Regionale12 marzo

CALABRIAVibo Valentia24 febbraio

Crotone25 febbraio

Catanzaro26 febbraio

Cosenza27 febbraio

Reggio Calabria28 febbraio

Regionale13 marzo

CAMPANIABenevento19 febbraio

Salerno19 febbraio

Caserta24 febbraio

Avellino1. marzo

Napoli5 marzo

Regionale7 marzo

EMILIA ROMAGNA Imola12 febbraio

Cesena17 febbraio

Rimini18 febbraio

Parma19 febbraio

Forlì20 febbraio

Ravenna21 febbraio

Bologna24 febbraio

Reggio Emilia25 febbraio

Piacenza27 febbraio

Modena28 febbraio

Ferrara28 febbraio

Regionale10-11 marzo

FRIULI VENEZIA GIULIAGorizia19 febbraio

Pordenone27 febbraio

Trieste28 febbraio

Udine4 marzo

Regionale10 marzo

LAZIOViterbo25 febbraio

Rieti26 febbraio

Roma (nord-civitavec-chia)26 febbraio

Latina27 febbraio

Roma (centro-ovest-li-toranea)27 febbraio

Roma (est-valle del-l’aniene)27 febbraio

Frosinone28 febbraio

Roma (sud-castelli-Po-mezia)28 febbraio

Regionale11-12 marzo

LIGURIALa Spezia17 febbraio

Imperia20 febbraio

Savona24 febbraio

Genova27 febbraio

Regionale6 marzo

LOMBARDIA Sondrio17 febbraio

Lecco20 febbraio

Monza-Brianza20 febbraio

Cremona21 febbraio

Como24 febbraio

Milano24-25 febbraio

Brescia25 febbraio

Mantova26 febbraio

Bergamo27 febbraio

Pavia27 febbraio

Varese27 febbraio

Lodi28 febbraio

Regionale13-14 marzo

MARCHEMacerata25 febbraio

Ascoli Piceno26 febbraio

Ancona27 febbraio

Pesaro Urbino28 febbraio

Regionale11 marzo

MOLISERegionale13 marzo

PIEMONTEVercelli21 febbraio

Cuneo24 febbraio

Torino24 febbraio

Novara25 febbraio

Verbania25 febbraio

Alessandria26 febbraio

Biella27 febbraio

Asti28 febbraio

Regionale13 marzo

PUGLIABari20 febbraio

Bat24 febbraio

Brindisi24 febbraio

Foggia24 febbraio

Lecce26 febbraio

Taranto26 febbraio

Regionale13 marzo

SARDEGNAOgliastra11 febbraio

Campidano15 febbraio

Olbia17 febbraio

Carbonia-Iglesias18 febbraio

Nuoro19 febbraio

Oristano21 febbraio

Cagliari24 febbraio

Sassari25 febbraio

Regionale8 marzo

SICILIARagusa24 febbraio

Catania25 febbraio

Messina26 febbraio

Trapani27 febbraio

Agrigento28 febbraio

Caltanissetta28 febbraio

Siracusa1. marzo

Enna3 marzo

Palermo5 marzo

Regionale17-18 marzo

TOSCANAGrosseto25 febbraio

Lucca26 febbraio

Massa Carrara26 febbraio

Pistoia26 febbraio

Arezzo27 febbraio

Firenze27 febbraio

Livorno27 febbraio

Pisa27 febbraio

Prato27 febbraio

Siena27 febbraio

Regionale10-11 marzo

TRENTINOTrento8 marzo

UMBRIATerni21 febbraio

Perugia7 marzo

Regionale14 marzo

VALLE D’AOSTAAosta14 marzo

VENETOVenezia24 febbraio

Vicenza24 febbraio

Rovigo25 febbraio

Padova26 febbraio

Treviso27 febbraio

Verona27 febbraio

Belluno6 marzo

Regionale18-19 marzo

9www.edizioniconoscenza.it ARTICOLO 33

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cratica, ma anche per favorire nel con-creto un modello di sviluppo sostenibile.Ma, dicevo, le emergenze sono tante,quella occupazionale, i tagli e le loroconseguenze sul funzionamento dei si-stemi, il precariato (i nostri settori sonoun serbatoio immenso di precarietà)...

tutto questo nonostante i buoni risul-tati che abbiamo raggiunto – vorrei direche siamo la categoria che è riuscita aconquistarne di più –, penso alle im-missioni in ruolo nella scuola, alle sta-bilizzazioni nella ricerca… Però icontratti sono bloccati dal 2006 ed èaperta, appunto, una gigantesca que-stione salariale. e poi siamo sempre inuna guerra continua per mantenere po-sizioni raggiunte, dagli scatti di anzia-nità alle posizioni economiche delpersonale ata, al blocco della contratta-zione nell’università e nella ricerca pereffetto della legge brunetta con tutte leconseguenze che determina sui diritti esulle condizioni economiche delle per-sone; dobbiamo fare quotidianamente iconti con la scarsezza delle risorse chenon riescono a garantire l’ordinarietà: èsempre emergenza, su tutto, persinosulla pulizia delle scuole. Di tutto que-sto si discuterà nelle assemblee e soche non sarà semplice. Penso che do-vremo essere capaci di legare i temipresenti nei documenti alle condizionireali delle lavoratrici e dei lavoratori.

il congresso deve servire anche adare la speranza nel cambiamento, madobbiamo dire come lo rendiamo prati-cabile. il cambiamento non è possibilesenza un consenso di massa sulle nostreproposte, senza mettere al centro dellanostra azione anche il conflitto. sono pro-cessi complessi che vanno accompa-gnati da una grande capacità dimobilitazione, non solo nazionale ma glo-bale, almeno a livello europeo. le pros-sime elezioni europee devono essereanche per il sindacato l’occasione di par-lare di questi problemi, di farli venire allaribalta.

Finora, però, il sindacato europeo è

stato afono e non si vedono strategiepolitiche alternative al dogmatismodella commissione...

sono prevalse, purtroppo, logiche na-zionalistiche, in cui si sono chiusi anchei sindacati.

infine. i rapporti con cisl e uil e i rap-porti con la politica sono questioni con-troverse e difficili per la cGil. Mentre peri rapporti unitari è chiara la posizionedella cGil per un sistema di regole e afavore di una legge sulla rappresen-tanza, meno chiaro è il rapporto con lapolitica e con i partiti. questione di nonpoco conto, visto il bassissimo gradi-mento dell’una e degli altri presso i cit-tadini. non credi che l’autonomiaandrebbe riaffermata con maggior vi-gore e coerenza?

se l’obiettivo, oggi, è cambiare gli as-setti economici e sociali, anche il rap-porto con cisl e uil va completamenterivisto. Dobbiamo cercare le necessariesintesi e mediazioni, i necessari accordi,sapendo però che abbiamo visioni com-pletamente diverse, anche sulla fun-zione del sindacato. Proprio perché c’èuna forte connessione tra questioni so-ciali, democrazia, diritti civili, la nostracapacità di costruire rapporti e alleanzedeve andare oltre cisl e uil. Penso aimovimenti, alle associazioni, alle tanteforme di organizzazione che si vannodiffondendo… la cGil deve tenereaperto il dialogo con questo mondo, conquesta varietà di soggetti, costruendorapporti di forza che diano gambe allebuone proposte. il Piano del lavoro, unabuona proposta, funziona se diventa pa-trimonio di un mondo che lo condivide elo sostiene. il rapporto con la politica èdeterminante.

Ma i partiti devono tornare a connet-tersi con i problemi reali del Paese e conla condizione di sofferenza di tantissimepersone. Devono trasformarsi da mac-chine di potere individuale in soggetticollettivi che siano in grado di favorirecome priorità i beni comuni e il benes-sere delle persone. c’è da risolverel’enorme questione morale che non ri-

guarda solo i costi esorbitanti della po-litica: bisogna rompere “senza se esenza ma” il rapporto tra affari e poli-tica, perché in questo sistema di poteresi alimentano ruberie che ci costano 60miliardi. il sindacato, grande forza so-ciale, nella sua autonomia deve favorireuna riforma della politica e dei partitisenza i quali non c’è democrazia. il rap-porto tra il sindacato e la politica va at-tualizzato in termini diversi dal passato,partendo dalla difesa intransigentedelle rispettive autonomie, su un con-fronto aperto con pari dignità tra attorisociali e attori politici. il sindacato devesapere rilanciare le proprie proposte ele proprie idee nella discussione poli-tica, senza andare dietro alle sugge-stioni quotidiane, sapendo cherappresentanza sociale e rappresen-tanza politica han-no funzioni e ruoli di-versi.

l’autonomia del sindacato è un beneda custodire gelosamente perché è ilterreno per recuperare credibilità nelrapporto con le lavoratrici e i lavoratori.non ci può essere sudditanza, nean-che dai partiti che ognuno di noi vota,ma neanche indifferenza. l’autonomiaaiuta a vedere le differenze.

Congresso

La CGIL a congresso

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Test sì/Test no. Dilemma fuorviante

I sistemi della conoscenza

UN RAGIONAMENTO CHE

NON DEMONIZZA L’USOTOUT COURT DI PROVE

STANDARDIZZATE, MALE INSERISCE NELL’AMBITODI UN’ORGANIZZAZIONEDIDATTICA PIÙ DINAMICA. IL PROBLEMA DELLA CULTURA

VALUTATIVA, DELLE FINALITÀ

DELLA VALUTAZIONE

E DEL RUOLO IMPROPRIO

DELL’INVALSI

La verità, vi prego, sulla valutazione

antonio valentino

vello intenazionale riescano sempre piùe meglio sia a elaborare test validi /at-tendibili e vari (nelle forme) per le fina-lità che si prefiggono (rilevare la qualitàdegli apprendimenti e i processi e con-testi in cui si sviluppa), sia a offrire ele-menti solidi di conoscenza, utili aisistemi formativi e ai decisori politici. secosì non fosse, infatti, non staremmo –si dice da più parti – a studiare e ap-profondire i risultati delle prove ocse,Pisa, ocse Piacc, tiMMs, ecc. tra l’altro, vaanche considerato che test e prove co-siddette oggettive non sono più ormaistrumenti estranei alle valutazione de-gli apprendimenti disciplinari – e nonsolo – nelle nostre scuole. l’uso si stadiffondendo, anche se in misura ancoramarginale, considerato che sono addi-rittura previsti per la terza prova degliesami di stato da circa tre lustri.

Ma da noi le cose vanno un po’ sem-pre così. la domanda di buon sensoche viene suggerita da questo gran par-lare sull’argomento nei termini in cui sene parla è, a mio avviso, la seguente:può il tema della valutazione dei sistemiformativi – sulla base delle rilevazionicondotte da istituti e agenzie ad hoc –essere sganciato da quello della valuta-zione come funzione della didatticanelle pratiche quotidiane di insegna-mento e apprendimento?

e non è proprio questa distorsione (te-nere del tutto distinti e separati i dueambiti) che si rileva nel dibattito incorso? vediamo.

La verItà, vI PreGO, sulla valuta-zIOne. Può ben coMinciare cosìquesta ulteriore riFlessione sulteMa in Discussione, GiocanDo coltitolo Di una bellissiMa raccolta

Di liricHe Di W.H. auDen (la verItà, vI Pre-GO, sull’aMOre, aDelPHi 2004).

nei mondi paralleli della scuola e del-l’università, soprattutto a certi livelli, ilgran parlare sulla valutazione sembra ri-dursi, da un po’ di tempo, al dilemmatest sì / test no. si parte spesso dal re-golamento, recentemente approva-to, sulsistema nazionale di valutazione (snv);ma i ragionamenti ruotano sostanzial-mente e continuamente intorno alleprove invalsi. i termini della discussionecomunque non riescono a migliorare inchiarezza e condivisione.

qualche tentativo in questo senso sivede all’orizzonte (vedi il recente conve-gno nazionale della Flc e di Proteo Faresapere sulla valutazione), ma la stradami sembra ancora abbastanza lunga eaccidentata.

ormai sappiamo tutto sui limiti, sui ri-schi, e sulle criticità in genere delleprove cosiddette “oggettive” sommini-strate per le rilevazioni nazionali e in-ternazionali. si tratta, infatti, permoltissimi tra quelli che si occupano discuola, di verità acclarate.

Ma, sul terreno della valutazione cisono “verità” non meno significative,considerate – da non pochi – più pro-mettenti e interessanti degli aspetti cri-tici prima richiamati.

tende a farsi strada, ad esempio,l’idea che le comunità scientifiche a li-

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QuanDo Mi Hanno ProPosto Di coorDinare una serieDi iniziative in sicilia nell’aMbito Di una caMPaGnanazionale Della Flc cGil su Giovani e sinDacatoero scettica. io, “Giovane ricercatrice e PrecariaDell’università”, teMevo Di Dover Prestare il Fian-

co a Manovre “D’ornaMento” sinDacale, a oPerazioni cHe aMMan-tassero Di rinnovaMento Generazionale la struttura ciGolanteDel “Più GranDe” – e antico – sinDacato D’italia.

Mi sono dovuta ricredere e in fretta. nel giro di poche set-timane con la Flc sicilia e il centro nazionale abbiamo or-ganizzato un ciclo di seminari e focus group sul tema.Partecipazione altissima e scalette dense. e alcune sor-prese. Dovevamo parlare di giovani, ci siamo ritrovati invecea parlare della funzione del sindacato e delle sue prospet-tive, di come aggiornare la rappresentanza sociale del la-voro e del non lavoro all’oggi, al tempo del merito senzaopportunità.

il percorso “adesso e Domani: percorsi emozioni diritti diuna generazione”, che in sicilia ha visto la realizzazione didue seminari – a Palermo e a siracusa – oltre all’assem-blea regionale conclusiva il 9 di- cembre 2013 a Palermo, harappresentato essenzialmente questo: un’occasione di ri-flessione e proposta su come innovare il nostro sindacato e

Le modalità valutative prevalenti

l’enfasi sui rischi dei test invalsi:- dilata in misura sostanzialmente im-

produttiva i tempi dedicati alla valuta-zione, a scapito di altre attivitàformative che, con gli insegnanti “chefunzionano”, sono in genere privilegiate(lavori di gruppi su compito, problemsolving individuale e collettivo, esercita-zioni varie, pratiche di cooperative lear-ning, …);

- provoca generalmente noia nellamaggior parte della classe, chiamata adassistere (ma spesso fa altro), e ap-prensione nell’interrogato (in una ri-cerca del professor alessandro cavalli,gli studenti che hanno dichiarato di nonannoiarsi mai sono il 16%, qualche voltail 56% e di annoiarsi sempre o spesso il28%). Per quasi uno studente su tre iltempo scolastico è il tempo della noia! ei tempi delle interrogazioni orali vi con-tribuiscono in misura rilevante;

- dà licenza agli studenti di dimenti-care, dopo l’interrogazione, quello chesi è imparato in vista dell’interrogazione

Test sì/Test no. Dilemma fuorviante

I sistemi della conoscenza

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stessa e talvolta di trascurare la materiafino a quella successiva;

- impedisce una diversa e più efficaceorganizzazione dei tempi scolastici infunzione di una didattica avanzata.

in altri termini, a proposito di valuta-zione, una verità con cui è doveroso farei conti è quella per cui tutta questa pole-mica sui test rischia di occultare di fatto,a prescindere dalle intenzione di singolie di gruppi, posizioni di conservazione etendenze regressive. Per la semplice ra-gione che rischiano di alimentare atteg-giamenti che, circoscrivendo leconsiderazioni su prove oggettive e testai loro aspetti problematici e oggettiva-mente rischiosi, non coglie il problema equindi il terreno prioritario della ricerca edella proposta – e quindi della rivendi-cazione –; e crea avversione e rifiutoverso uno strumento e una modalità(prove “oggettive”) a cui nella maggiorparte dei paesi ocse si ricorre normal-mente (ovunque è pressoché scomparsainvece l’interrogazione).

il problema – e la considerazione chene consegue – è riconducibile all’as-senza di una cultura valutativa diffusa

e ai guai che tale mancanza produce apiù livelli (soprattutto con il perduraredella pratica delle interrogazioni orali edi modalità valutative dove non sonochiari i criteri, gli strumenti e il senso).impedendo, tra l’altro, di cogliere po-tenzialità e opportu- nità delle provestrutturate e standardizzate, per comesi sono affinate e precisate nell’ultimodecennio, sia nella costruzione che nel-l’uso.

è la mancanza di una seria cultura va-lutativa – una “verità” che sembraavere più di un fondamento – che im-pedisce di cogliere ciò che il buon inse-gnante sa bene. e cioè che le provestandardizzate sono strumenti utili e im-portanti per lo studente e per il suo la-voro (anche – e questo è da sottolinearecon particolare insistenza – sottol’aspetto organizzativo della didattica) eche la loro demonizzazione favoriscepratiche di conservazione e confliggecon i principi di trasparenza, rendicon-tazione e responsabilità. che non sonoproprio principi di serie b.

Gli approdi del buon insegnante

‘verità’ da considerare sono anchequelle che tanti buoni insegnanti hannoscoperto e sperimentato nella loro atti-vità. e cioè che:

- le prove standardizzate non sono enon possono essere la modalità esclu-siva e unica di valutazione (a parte ilfatto che i test sono ormai molteplici evari nelle loro forme, in relazione a ciòche si vuole accertare e valutare);

- è fuori di ogni logica professionalevoler escludere tipologie sostanzial-mente qualitative, oggi normalmenteutilizzate, come le altre prove scritte, icolloqui condotti con misura e “sa-pienza” valutativa, le esercitazioni, i“prodotti” didattici anche in termini dimanufatti. che integrano e arricchi-scono il processo valutativo;

- è negazione di aspetti fondamentalidel profilo professionale del buon inse-

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www.edizioniconoscenza.it 13

gnante pensare di trascurare nel lavoroquotidiano (e quindi nelle intenzionalitàche gli danno senso) l’osservazione si-stematica, la rilevazione mirata, la valu-tazione formativa, la spintaall’autovalutazione dello studente.

Conclusioni provvisorie

in attesa di verità non contestabili sultema generale, si potrebbe allora cer-care di convenire su qualche punto.

1. la critica alle agenzie di rilevazionecome l’invalsi non può significare criticadistruttiva di prove oggettive e test.

2. la critica alle prove standardizzatee ai test in genere per la valutazione de-gli apprendimenti non può significarenegazione di funzioni (a volte si finiscecol percepire questo) importanti – in ter-mini consistenti, anche se non esaustivi– per capire come funzionano le nostrescuole e il sistema in generale (e per-

mettere alle scuole di capire come essefunzionano e di confrontarsi con le altrecon caratteristiche assimilabili).

3. tra le funzioni delle prove standar-dizzate, da ripensare in direzione di unpiù stretto legame con le finalità istitu-zionali, non va trascurata quella di sti-molo per una cultura didattica evalutativa più efficace.

che tenda cioè a superare il nozioni-smo e la separatezza dei saperi e a le-gare saperi e competenze dicittadinanza (come quelle, ad esempio,che attengono alle correlazioni logico-formali e contenutistiche e al problemsolving). e assuma la valuta- zionecome funzione di una didattica avan-zata.

a quest’ultimo proposito, si tratte-rebbe allora di concentrarsi sugli aspettidi merito – come apprezzabilmente sitende a fare sempre di più – senza but-tar via il bambino con l’acqua sporca.

Per esempio, mettere in primo pianol’analisi propositiva delle storture più

Test sì/Test no. Dilemma fuorviante

I sistemi della conoscenza

evidenti del regolamento del snv: a par-tire dalla valutazione dei dirigenti scola-stici dentro le procedure per lavalutazione delle scuole, dalle preroga-tive dell’invalsi (da ridimensionare e cir-coscrivere), dalla sua composizione(presenza preponderante, da quello chesi sa, di econometristi ed esperti in sta-tistica) e dal suo rapporto col Ministeroe con le scuole.

Ma ritengo anche molto più promet-tente puntare – dentro il snv – su unamaggiore rilevanza del ruolo dell’inDire,che è l’agenzia pensata opportuna-mente per aiutare le scuole a sviluppareuna più solida cultura valutativa e auto-valutativa. all’indire dovrebbe spettare ilruolo di coordinamento complessivo delsistema. è – questa – un’idea pere-grina?

ARTICOLO 33 | N.1-2, 2014

Senza buoni insegnanti, motivati professionalmente e responsabilizzati rispetto al fun-zionamento complessivo della scuola, nessuna riforma ha gambe per camminare. Mabuoni insegnanti non si nasce, lo si diventa grazie alla felice combinazione di sforzo

personale e politiche bene orientate verso la formazione e soprattutto verso il valore so-ciale del fare scuola. Essere insegnanti oggi – è questa la tesi del libro – significa fare i conticon competenze anche nuove, sapersi muovere all’interno dell’organizzazione scolastica enon solo dentro l’aula, avere consapevolezza dei cambiamenti del mondo e della propriaprofessionalità, ritrovare l’orgoglio del proprio ruolo. In una parola, essere insegnanti nonsolo insegnanti. Questo libro dimostra che è possibile.

Antonio Valentino, dirigente scolastico fino al 2011, ha diretto la Sezione Aggiorna-mento e Sperimentazione dell’IRRSAE Lombardia nella prima metà degli anni ’90, ha par-tecipato alla Commissione ministeriale per il Regolamento dell’Autonomia scolastica(1998) e al Gruppo di Lavoro del MIUR per il progetto SOS (1999) ed è stato membro,dal 2006 al 2007, del Comitato per l’Autovalutazione di Istituto delle scuole della Pro-vincia di Trento.È stato dirigente sindacale presso il Centro nazionale FLC CGIL dal 1997 al 2004 doveha seguito soprattutto i settori: Riforme e Dirigenza scolastica.Tra le sue numerose pubblicazioni ricordiamo: Il Piano della Offerta Formativa. Tra servizioe progetto, 3° edizione, La Nuova Italia, Firenze 2002. Progettare e organizzare a scuola, Va-lore Scuola, Roma, 2003. Attualmente scrive per varie riviste specializzate, svolge attivitàdi formazione e collabora con Proteo Fare Sapere Lombardia.

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Università telematiche. Un’indagine del ministero

I sistemi della conoscenza

UNA BABELE DI NORME

E CODICILLI, SPESSO IN

CONTRADDIZIONE TRA LORO, “GOVERNA” L’ISTITUZIONE DI

CORSI UNIVERSITARI ONLINE

E MOOC. NECESSARIO UN

CONTROLLO SULLA SERIETÀ

DELLE UNIVERSITÀ TELEMATI-CHE, SOPRATTUTTO PRIVATE,MA URGE CERTEZZA E SEMPLI-FICAZIONE PER NON PERDERE

IL TRENO DELL’INNOVAZIONE

L’innovazione imbrigliata

Fabio Matarazzo

tiva che ha interessato, finora, questanuova esperienza 3.

la “finanziaria 2003”, che regola-menta le università telematiche, indicaanche i requisiti necessari per ottenerel’autorizzazione al rilascio di titoli acca-demici. esse “devono disporre di ade-guate risorse organizzative e gestionaliin grado di:

a) presentare un’architettura di si-stema flessibile e capace di utilizzarein modo mirato le diverse tecnologieper la gestione dell’interattività, salva-guardando il principio della loro usabi-lità;

b) favorire l’integrazione coerente edidatticamente valida della gamma diservizi di supporto alla didattica distri-buita;

c) garantire la selezione, progetta-zione e redazione di adeguate risorsedi apprendimento per ciascun course-ware;

d) garantire adeguati contesti di inte-razione per la somministrazione e lagestione del flusso dei contenuti di ap-prendimento, anche attraverso l’offertadi un articolato servizio di teletutoring;

e) garantire adeguate procedure diaccertamento delle conoscenze in fun-zione della certificazione delle compe-tenze acquisite;

f) provvedere alla ricerca e allo svi-luppo di architetture innovative di si-stemi e-learning in grado di supportareil flusso di dati multimediali relativi allagamma di prodotti di apprendimentoofferti.”

ÈinneGabile cHe la ForMazione aDistanza e la teleMatica nei Pro-cessi ForMativi abbiano Già oraun ruolo incisivo e Pervasivo intutti i livelli Di stuDio, curricu-

lari o Meno, e seMPre Di Più lo avranno inFuturo. abbiaMo esaMinato, in un PreceDen-te nuMero, l’esPerienza internazionale Dei“Mooc” con le sue luci e oMbre.

è opportuno chiederci, ora, qualesia l’esperienza italiana e le prospetti-ve che si aprono per il settore. ce nedà motivo e occasione anche la recen-te indagine promossa dal Ministerosulle università telematiche, e condot-ta da un’apposita commissione, e ladialettica che ne è scaturita1

la premessa da cui prende le mossela commissione è sintomatica di un me-todo di governo che offre, purtroppo,numerosi esempi di ripensamenti subi-tanei di decisioni appena adottate; unmetodo che genera confusione norma-tiva e aleatorietà della volontà politica,che non agevola una programmazionedi ampio respiro e rende ambigui e in-certi i progetti di sviluppo, soprattuttose ambiziosi.

“Gli atenei telematici, dalla loro na-scita sino a oggi, sono stati oggetto dinumerosi interventi normativi di di-versa natura, primaria e secondaria,che, più che regolamentare in modo or-ganico la materia, si sono occupati didisciplinarne singoli aspetti dando vitaa un panorama piuttosto frammentarioe a tratti non omogeneo”.2

con questa premessa, la commis-sione ripercorre la successione norma-

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La normativa

il 17 aprile 2003 è stato emanato il de-creto con i criteri e le procedure di ac-creditamento dei corsi a distanza delleuniversità statali e non statali. quel testoha subìto diverse modificazioni, nel2005 e nel 2006. l’articolato scaturitoda questi interventi prevede che i corsi distudio a distanza siano istituiti e attivatidalle università statali e non statali contecnologie informatiche e telematicheconformi alle prescrizioni tecniche deldecreto. solo rispettando le prescrizionidel decreto, esse saranno abilitate al ri-lascio dei titoli accademici e denominate«università telematiche» 4.

la valutazione degli studenti è svoltapresso le sedi delle università da partedei professori e ricercatori. i corsi sonodisciplinati in conformità agli ordina-menti didattici. il personale docente e ri-cercatore, a tempo indeterminato, èreclutato secondo la normativa statale,ma le università possono avvalersi, concontratti di diritto privato, di personale inpossesso di adeguati requisiti tecnico-professionali.

era prevista anche la nomina, d’intesatra i ministri, di un comitato di esperti5 inpossesso di adeguati requisiti tecnicoprofessionali nel settore dell’innovazionetecnologica e della formazione a di-stanza, chiamato a esprimere motivatipareri per l’accredita- mento dei corsi.

il consiglio universitario nazionale(cun) si pronuncia sul regolamento di-dattico mentre il comitato esprime il pro-prio motivato parere perl’accreditamento, valutando la sussi-stenza dei requisiti previsti. su richiestadel comi- tato il Ministero può accertare,anche con visite ispettive, la sussistenzadei requisiti di idoneità delle attrezzatureinformatiche e telematiche e degli altrirequisiti richiesti. l’accreditamento è di-sposto dal Ministro sentito il cun e previoparere motivato del comitato.

Per accertare la permanenza dei re-quisiti, il Ministero dispone, con periodi-cità almeno triennale, e anche su

proposta del comitato, verifiche ispettivea campione presso le università telema-tiche. qualora siano accertate modifichedei requisiti, può essere disposta, previocontraddittorio, la revoca dell’accredita-mento. alle università telematiche si ap-plicano le disposizioni previste per leuniversità statali e non statali in materiadi valutazione del sistema universitario6.

emersa l’esigenza di introdurre regolepiù rigorose per l’accreditamento deicorsi, il Dl 3/10/2006, n. 262 (conv. in l.24/11/2006, n. 286, disposizioni urgentiin materia tributaria e finanziaria) ha pre-visto, all’art. 2 comma 148, che fosseadottato un regolamento e che il cnvsu va-lutasse anche le università già abilitate alrilascio di titoli accademici. con lo stessoarticolo era sancito il divieto di autoriz-zare l’istituzione di nuove università tele-matiche fino all’entrata in vigore delregolamento.

l’emanazione del regolamento non èmai avvenuta, ma con il DM 23/12/2010 n. 50 (linee generali d’indirizzodella programmazione delle universitàper il triennio 2010- 2012) è stato postoil divieto di istituire nuove università te-lematiche nel triennio 2010-2012, con-fermato successivamente con il DM

15/10/2013, n. 827 (linee generali d’in-dirizzo e programmazione del sistemauniversitario per il triennio 2013-2015)fino al 2015/2016.

Tra blocchi, rinvii e incertezze

si verifica così un’irrazionale e ingiu-sta discriminazione tra chi ha già otte-nuto il riconoscimento7 e chi, avendonei requisiti, le condizioni e, soprattutto, di-sponibilità a investire e organizzare at-tività anche con migliori predisposizionie attitudini, ne è impedito da un ina-dempimento governativo che si risolve,ancora una volta, in un rinvio di deci-sioni o di regole. eppure dovrebbe es-sere avvertita pressante l’esigenza di

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I sistemi della conoscenza

definire un quadro di certezze in gradodi superare dubbi e perplessità nel go-verno di un settore foriero di possibili in-teressanti sviluppi innovativi; diincoraggiare e indirizzare le esperienzemigliori all’innesto complementare e ar-ricchente del complessivo assetto for-mativo del Paese, definendo ruoli eambiti di attività di queste strutture persfruttare al meglio le loro indiscusse po-tenzialità.

l’attività di esame e di valutazione ef-fettuata dall’anvur nel 2012 si conclude,per tutte le università esaminate, conun’analoga avvertenza, riferita al decretoche introduce un sistema di accredita-mento iniziale e periodico delle sedi e deicorsi di studio universitari, fondato sul-l’utilizzazione di specifici indicatori defi-niti ex-ante dall’anvur per verificare ilpossesso da parte degli atenei, incluse leuniversità telematiche, di idonei requisitididattici, strutturali, organizzativi, di qua-lificazione dei docenti e delle attività di ri-cerca, nonché di sostenibilitàeconomico-finanziaria.

questo, sottolinea l’anvur, potrebbecomportare, per gli atenei telematici, lanecessità di introdurre modifiche o inte-grazioni per ottenere l’accreditamento,anche in presenza di un giudizio positivoin relazione ai requisiti previsti dall’ordi-namento vigente. il giudizio reso è quindiprovvisorio e valido fino a una successivavalutazione che verrà fatta sulla base deinuovi requisiti, per i singoli corsi attivi. ilrecente decreto n. 1059 del 23/12/2013ha rideterminato e precisato questi requi-siti, diversificando, sia pure in misura mar-ginale, i corsi di nuova attivazione daquelli già accreditati.

Per le università telematiche e per icorsi a distanza delle università statali enon statali sono previsti numeri minimipredeterminati e necessari di professorie docenti, appartenenti ai settori scienti-fici di base o caratterizzanti del corso e diprofessori e docenti di settori affini, per lediverse tipologie e annualità dei corsi dilaurea, alla stregua e in analogia conquanto è previsto per tutti gli atenei.

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Per i corsi a distanza, inoltre, è richie-sta, la presenza obbligatoria di un certonumero di tutor, da due a cinque a se-conda del tipo di corso e della sua an-nualità.

Le critiche della Commissione

le considerazioni finali della com-missione ministeriale si soffermano cri-ticamente, in primo luogo sullasovrapposizione delle fonti normative didiversa provenienza (sovranazionale, dilegislazione primaria, di legislazione se-condaria), nelle quali si intrecciano dueelementi eterogenei e di differente por-tata sistemica: la verifica dei requisiti

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I sistemi della conoscenza

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necessari per l’accreditamento dei corsidi studio, da un lato, e, dall’altro, l’indi-viduazione dei criteri di ripartizione deifinanziamenti pubblici in favore delleuniversità telematiche, che abbiano ac-quisito lo status di università non-statalia tutti gli effetti.

l’attuale regolamentazione di questeistituzioni presenta, a giudizio dellacommissione, alcune rilevanti criticitàben evidenziate nella relazione:

· assenza di criteri determinati e chiariper la valutazione qualitativa dell’of-ferta formativa (specie con riferimentoagli sbocchi professionali) e la mancataprevisione dell’espressione del parereda parte del comitato regionale al finedell’accreditamento di nuovi corsi;

· assenza di regolamentazione rigidain merito all’attivazione dei corsi di lau-rea;

· assenza di regolamentazione in ma-teria di istituzione di scuole di Dottoratoe di modalità di svolgimento dell’attivitàdi ricerca da parte dei docenti incardi-nati;

· mancanza assoluta di definizione diparametri per la valutazione dell’attivitàdi ricerca;

· assenza di vincoli previsti per il re-clutamento di docenti e ricercatori uni-versitari, in particolare in merito al-l’assunzione per chiamata diretta (e re-lativo eventuale passaggio nelle univer-sità statali);

· assenza di programmazioni di atti-vità che le università telematiche pos-sono realizzare consorziandosi con altreuniversità non telematiche, statali enon statali.

ulteriori criticità riguardano la dispa-rità di trattamento fra istituzioni univer-sitarie tradizionali ed università

Le prime università telematiche, istituite nel 2004, sono la “GuglielmoMarconi” e l’Università “TEL.M.A”. Il loro accreditamento è stato

valutato dal comitato di esperti, che ha subordinato il parere favorevoleal rispetto di alcune prescrizioni. Nell’ottobre dello stesso anno è stataistituita anche l’Università “Leonardo Da Vinci”. Nel 2005, anche in que-sto caso a seguito di un parere favorevole condizionato del comitatodi esperti, è stata istituita l’Università “Uninettuno”.Subentrato il CNVSU al comitato sono stati, finalmente, predeterminaticriteri di valutazione per l’accreditamento degli atenei e dei corsi a di-stanza. Applicando questi criteri, nel 2005, il CNVSU ha espresso parerenegativo per l’istituzione dell’Università “E-Campus”; ma il parere èstato superato dal Ministro e l’università è stata istituita con DM 30gennaio 2006. Con parere positivo sono state accreditate successiva-mente, le Università “IUL”, dicembre 2005, “Giustino Fortunato”, aprile2006, “Pegaso”, aprile 2006, “Unitel”, maggio 2006, “Niccolò Cusano”,maggio 2006, “Universitas Mercatorum”, maggio 2006.Nel corso degli anni 2009 e 2010, il CNVSU ha verificato i risultati con-seguiti dalle Università telematiche al termine del primo triennio diattività. Le verifiche svolte hanno riportato risultati complessivamentepositivi nonostante il rilievo di alcune criticità, tra cui la diminuzionedel numero di studenti immatricolati e iscritti, l’eccessivo ricorso apersonale a tempo determinato, un forte squilibrio tra il numero diricercatori e il numero di professori, il limitato svolgimento di attivitàdi ricerca. Nel 2011, poi, le Università telematiche “Uninettuno”, “Gu-glielmo Marconi” e “Leonardo Da Vinci” sono state anche sottopo-ste dal CNVSU alla valutazione in ordine al primo quinquennio diattività riportando un giudizio positivo.Infine, nel 2012, l’ANVUR, diventando pienamente operativa e sosti-tuendo definitivamente il CNVSU, ha effettuato la valutazione in merito

al primo quinquennio di attività delle università che avevano allespalle questo periodo di attività: “Niccolò Chiusano”; “Giustino For-tunato”; “Universitas Mercatorum”; “Pegaso” e “IUL-Italian UniversityLine”, fornendo su di esse analisi dettagliate e documentate che sipossono leggere sul sito dell’agenzia ed esprimendo, conclusiva-mente, per ciascuna di esse un giudizio articolato, ma generalmentepositivo anche se con specificazioni e suggerimenti ai quali adeguarsi.Nel corso del 2013, le Università telematiche “E-Campus”, “Pegaso”,“San Raffaele”, “Unicusano”, “Uninettuno”, “Giustino Fortunato”,“Suor Orsola Benincasa” e “Mercatorum” hanno presentato istanzaper l’accreditamento di nuovi corsi. L’ANVUR, valutando le istanze presentate sotto il profilo disciplinareed informatico, ha espresso parere negativo in merito all’accredita-mento dei corsi, ad eccezione dei due corsi di cui ha richiesto l’ac-creditamento l’“Universitas Mercatorum”. L’ANVUR ha motivato ipareri negativi, principalmente, con il riscontro di una scarsa defini-zione dei piani didattici, di una scarsa specificità degli obiettivi for-mativi e della generica motivazione ai fini dell’attivazione del corsodi studi, nonché della insufficienza del numero di docenti e tutors edel limitato svolgimento dell’attività di ricerca.Un ruolo decisivo ai fini dell’accreditamento di nuovi corsi di studioa distanza è stato, di recente, rivestito dalle pronunce, favorevoli airicorrenti, dalla magistratura amministrava in ordine alla illegittimitàdei dinieghi di accreditamento fondati sulle norme contenute neidecreti ministeriali concernenti la programmazione del sistema uni-versitario, che hanno sancito il divieto di istituire nuove universitàtelematiche. Ha rilevato il Collegio che il divieto contenuto nel de-creto non poteva essere previsto in un atto ministeriale ma, comeprevisto dalla legge, fosse necessario un regolamento.

DIECI ANNI FA NASCEVANO LE PRIME UNIVERSITÀ TELEMATICHE

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telematiche: in particolare, la previsionedell’obbligo per le università statali enon statali che intendano istituire uncorso di studi a distanza di sottoporre ilprogetto all’esame della competentecommissione regionale prima di proce-dere alla richiesta di parere al consigliouniversitario nazionale, a fronte del-l’assoluta assenza di questo vincolo perle università telematiche, nonché lapossibilità per le università telematichedi iniziare l’anno accademico in ogni pe-riodo dell’anno, a fronte di vincoli tem-porali ben definiti ai quali sono soggettele università che erogano corsi “in pre-senza”. l’obiezione spesso sollevata se-condo la quale le università telematichenon avrebbero un luogo fisico o territo-riale su cui insistere è destituita di fon-damento, visto che, comunque, lepredette università pos- seggono unasede amministrativa presso cui si svol-gono gli esami di profitto esattamentecome può avvenire nel caso delle altreuniversità rispetto alle rispettive sedidecentrate.sono rilievi che, lo ricorda la stessa

commissione, anche il cun aveva datempo messo in evidenza, da ultimo inuna mozione del 25 maggio 2010, dove

“pur accogliendo con favore l’ado-zione di norme in materia di formazione

a distanza in quanto rispon- dente al-l’obiettivo dell’unione europea di favo-rire l’apprendimento lungo l’intero arcodella vita (long life learning) attraversolo strumento dell’e-learning, ha, sin daiprimi interventi normativi, espresso leproprie perplessità. una delle principalilacune poste in luce, soprattutto ri-spetto alle corrispondenti esperienzeeuropee, e in modo particolare a quelladella Open university britannica è stataravvisata nell’assenza in questi enti diattività di ricerca tematica o metodolo-gica sull’apprendimento a distanza.

il cun, in sostanza, nega a questestrutture una caratteristica essenzialedi un’università: il trasferimento nell’at-tività didattica dell’impegno in una ri-cerca scientifica originaria e autonoma.a ciò si aggiunge l’ulteriore constata-zione che le università telema- tichesono state autorizzate senza conside-rare la loro coerenza con la program-mazione del sistema universitario e congli obiettivi per esso previsti, contravve-nendo così anche il DPr 27/1/1998, n.25.

altre incongruenze il cun le rileva sul-l’accreditamento ex ante, senza verifica,dello svolgimento dell’attività di ricerca;sulla inidoneità delle modalità di svolgi-

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I sistemi della conoscenza

mento degli esami di profitto e della re-lativa attribuzione dei cFu atti a garan-tire il raggiungimento delle previstecompetenze; sull’inesistenza o assolutainadeguatezza delle attività di laborato-rio; sull’attribuzione di cFu per attività la-vorative pregresse non sostenuta daadeguati criteri; sulla rilevata prepara-zione posseduta dai laureati presso leuniversità telematiche rispetto a quelladei laureati delle università convenzio-nali.

il cun ha anche avanzato proposte direvisione del sistema che si incentranosui seguenti punti:

· esclusione dal novero dei corsi a di-stanza di alcune tipologie di corsi;

· previsione che le università telemati-che debbano possedere personale do-cente proprio per soddisfare le esigenzedi ogni corso di studio inserito nell’of-ferta formativa;

· introduzione dell’obbligo di svolgereattività di ricerca sia tematica, sia sullemetodologie della didattica a distanza;

· previsione di modalità di verifica expost sulla qualità della preparazione deilaureati rispetto a quella dei laureatipresso atenei tradizionali;

· statuizione che presso le sedi delle

ARTICOLO 33

Isuggerimenti finali della commissione per rimuovere le nu-merose criticità rilevate riguardano, in primo luogo, la ne-

cessità di rendere omogenea la disciplina delle universitàtelematiche con quella delle università tradizionali soppri-mendo le norme di deroga in favore delle prime. In particolare,si auspica un intervento sulla regolamentazione in materia diaccreditamento dei corsi di laurea di modo che la valutazioneverta su requisiti qualitativi, a cominciare da quelli relativi al-l’efficacia e all’efficienza dei corsi impartiti, inclusi i connessiaspetti infrastrutturali. Una regolamentazione che abbia criterialmeno identici a quelli delle università non-statali, senza pos-sibilità di deroga, pena l’annullamento del valore legale delcorso. In secondo luogo, la Commissione ritiene indispensa-bile stabilire un termine entro il quale le università telematichedebbano soddisfare i requisiti quantitativi relativi al personaledocente previsti dalla normativa per le università non-statali,

I SUGGERIMENTI DELLA COMMISSIONE MINISTERIALE

con particolare riguardo alla presenza di personale di ruolo atempo indeterminato, a pena di estinzione dell’Universitàstessa. Anche in tal caso il mancato soddisfacimento deve con-durre all’immediata estinzione del corso di studi. In terzoluogo, si sottolinea la necessità di introdurre un preciso ob-bligo, per il personale docente di svolgere attività di ricerca,prevedendo, anche per essa, l’assegnazione dei finanziamentipubblici, in analogia con le altre università, in ragione dellaqualità della loro attività didattica e di ricerca. In quarto luogo, si ritiene indispensabile che, a partire dalnuovo Piano triennale 2013-2015, siano previsti criteri piùstringenti per il loro riconoscimento e che la creazione, con-ferma o cassazione di corsi di studi siano sottoposti ai rispet-tivi Comitati regionali di coordinamento, ai quali dovrebberoessere iscritte anch’esse in ragione della sede amministrativadegli Atenei.

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I sistemi della conoscenza

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“La prima a intervenire è stata la Pegaso di Napoli, che poiè anche l’università più discussa. […] Il direttore generale

[…], Elio Pariota, nega una diminuzione degli studenti («c’èstato un errore nei sistemi informatici dell’Anagrafe nazionalestudenti», scrive) vantando 6.247 iscritti ai corsi di laurea e20.878 iscritti ai post-lauream e post diploma: «Siamo i primitra le università telematiche». I vigilati speciali delle telemati-che, definizione del direttore generale della Pegaso, «comun-que irrobustiscono il dibattito socio-culturale del paese» el’ambiente e-learning «rappresenta il formidabile elemento diinterconnessione tra i vari soggetti chiamati a fare rete dellaformazione». […]UniNettuno di Roma vuole, invece, ricordare la sua storia (laprima università, tra le telematiche, nata nel 1992) e prende ledistanze dal giudizio negativo unificante: «Non si può fare ditutta l’erba un fascio». Dice il rettore Maria Amata Garito:«Uninettuno è l’unica università italiana che è stata valutatapositivamente, più volte e senza riserve, dal Comitato nazio-nale per la valutazione del sistema universitario del ministerodell’Istruzione». Ecco, «la nostra realtà è diversa, si differenziasia per la competenza dei suoi docenti, provenienti dalle mi-gliori università italiane e straniere, e sia per il suo successo in-ternazionale, visto che siamo considerati leader nel mondoper l’insegnamento a distanza». Infine: «Il nostro ateneo, primoin Italia, ha intuito il potenziale didattico dell’impiego degli am-bienti virtuali per scopi educativi. A differenza della maggiorparte delle piattaforme per l’insegnamento, create spesso daaziende private, la nostra nasce da 25 anni di ricerche. Quandoancora non esisteva internet siamo stati i primi a creare le vi-deolezioni che allora gli studenti seguivano tramite televisione.La nostra piattaforma di e-learning oggi è disponibile in cinquelingue (italiano, inglese, arabo, francese e greco) e su internetdisponiamo di 50 mila ore di videolezioni e un milione e 800mila testi. I nostri studenti provengono da 75 paesi del mondo.Uninettuno vanta il numero di corsi MOOC più alto in Europa:centoventi contro i venti della famosa Open University britan-nica». Anche UniNettuno, contraddicendo l’analisi ministeriale,sostiene che i suoi iscritti siano in aumento: «In Italia siamostati i primi al mondo a far arrivare l’università nelle case ditutti e a democratizzare il sapere». Ancora il 7 gennaio, su “Repubblica.it” si rincara la dose. L'uni-versità telematica Niccolò Cusano, a testa bassa, chiede le di-missioni del ministro Carrozza. […]L'università romanaCusano prima ha sbeffeggiato il "fantasioso rapporto del Miur,uno scherzo di Modigliani" sottolineandone incongruenze ed

LE PROTESTE CONTRO LE CRITICHE DELLA COMMISSIONE MINISTERIALE

errori e poi, quando La7 ha ripreso gli articoli aggiungendovialcune dichiarazioni del ministro Maria Chiara Carrozza, la ri-sposta è stata durissima. Un doppio comunicato a firma "l'Uni-versità Niccolò Cusano" per chiederne le dimissioni."L'Unicusano ritiene semplicemente inconcepibile che un mi-nistro competente dichiari ai giornalisti che 'in Italia i docentihanno un preciso status giuridico e lo stesso deve valere perquelli delle telematiche'", come si legge nel comunicato del-l'università. "Come può il ministro dire che gli atenei telema-tici debbano rispettare i requisiti previsti dalle leggi e dallastessa normativa ministeriale al pari delle università statali enon statali? Non può, o non dovrebbe, per due semplici mo-tivi: per il ruolo che ricopre e perché lei stessa ha ottenutol'idoneità all'insegnamento attraverso regolare concorso pub-blico bandito dall'ateneo telematico Unimarconi". Il ministronel 2006 è diventato professore ordinario in bioingeneria in-dustriale a seguito del superamento di un concorso all'Uni-versità degli studi Guglielmo Marconi di Roma (universitàtelematica, non statale). Scrive ancora l'Unicusano: "Ci sarebbeda ridere se non fosse una cosa seria e deprimente constatareche un ministro dell'Istruzione, Università e Ricerca, divenutaprofessoressa ordinaria con un concorso bandito da un'uni-versità telematica, non sappia (o faccia finta di non sapere) chein questi atenei insegnano docenti di ruolo. L'Unicusano ri-tiene quindi vergognoso che il ministro Carrozza dimentichicome le telematiche abbiano da sempre gli stessi obblighi dellealtre università pubbliche (statali e no) e considera poi sur-reale che non sia a conoscenza che le telematiche, come tuttele altre università private, soggiacciono a un meccanismo d'in-terscambiabilità dei docenti con gli atenei statali". […]"Quando nel maggio scorso la stampa nazionale pubblicò lanotizia che la riguardava sul concorso sostenuto presso l'Uni-marconi, il ministro Carrozza rispose così: 'Presentai domandaperché vidi il bando in Gazzetta Ufficiale, mi interessava l'ido-neità a professore ordinario: alla Marconi non sarei andata'.Per quale motivo, si chiedono piccati quelli della Unicusano?Un'università telematica va bene solo per lo status di profes-sore ordinario?". […] E ora Unicusano scrive: "Per tutte que-ste ragioni consideriamo le affermazioni del ministro Carrozzafaziose e dettate da un approccio pregiudizievole nei confrontidelle telematiche. Un approccio, quello del ministro, che oltrea offendere la dignità professionale di chi lavora in queste uni-versità e di chi vi studia, lede un principio fondamentale del-l'esercizio di una carica istituzionale così importante comequella da lei ricoperta: l'imparzialità". (da Repubblica.it)

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università telematiche non possanosvolgersi esami per l’abilitazione alleprofessioni regolamentate.

D’accordo tutti, cun e commissione,sull’opportunità di istituire un sistemadi valutazione, calibrato sulle specificitàdi tali atenei, che preveda visite in locoalmeno annuali e verifichi, in partico-lare, il raggiungimento dei learning out-comes dichiarati come obiettiviformativi, le modalità con cui si svol-gono gli esami di profitto e la prova fi-nale, le condizioni occupazionali deilaureati, le modalità di reclutamento edi trattamento dei ricercatori.

la revisione degli indicatori di valuta-zione in itinere ed ex-post appare, in-fatti, alla commissione l’unico stru-mento attualmente a disposizione perrazionalizzare l’attuale panorama delleuniversità telematiche. un panoramache, peraltro, con alcune eccezioni, su-scita non poche perplessità circa la suaefficienza ed efficacia, considerato il nu-mero bassissimo di iscritti e di laureati,drammaticamente calato, come è di-mostrato dai dati riportati nella rela-zione, soprattutto e, non casualmentedopo il 2010, ossia dopo l’approvazionedell’art. 14 comma 1 della l. 240/2010che riduceva a soli 12 cFu le esperienzepregresse acquisite da personale inconvenzione con l’ateneo.

Ma – pur a fronte di una prospettivagenerale che sembra propendere peruna riduzione delle università piuttostoche sul loro incremento e potenzia-mento; del prevedibile irrigidimento deirequisiti per la loro attivazione o persi-stenza; delle maggiori capacità sanzio-natorie del Ministero, fino alla possibilerevoca dell’attribuzione del titolo legaledi studio – la commissione rifiuta unavisione pessimistica sul futuro di questerealtà. un ottimismo basato soprattuttosul quadro legislativo delineato dalla l.92/2012 in materia di apprendimentopermanente. Di qui la possibile aperturadi nuovi e interessanti spazi per univer-sità telematiche che dimostrino una so-lidità istituzionale. l’auspicio della

commissione è anche in un rafforza-mento della competizione fra universitàtelematiche e corsi a distanza impartitidalle università statali e non-statali, dacui non potrebbero che trarre beneficiogli studenti.

la commissione individua e proponedue alternativi possibili e utili strumentidi riforma:

a) un intervento legislativo che attri-buisca al Ministro una nuova delega alriordino della normativa vigente in ma-teria di università telematiche;

b) la predisposizione, seppure tardiva,del regolamento, fino a questo mo-mento non emanato, previsto dall’art.2,comma 148, del Dl n. 262 del 2006.

Un problema aperto: la libertà di ricerca

Ma tutte queste proposte di preva-lente natura organizzativa, quand’an-che realizzate, potrebbero non essere ingrado di assicurare l’effettiva presenzain queste strutture di una caratteristicaessenziale per qualificarle come “uni-versità degli studi”: la libertà del do-cente e ricercatore universitario. è uninterrogativo che si sono posti, in un re-cente intervento sulla rivista telematica“roars”, alida clemente e alessandroarienzo, invitando tutti a riflettere sucondizione e ruolo del corpo accade-mico strutturato in queste università,siano ricercatori o professori, che puresono assunti con normali concorsi pub-blici come in tutte le università statali.Può essere compatibile e rispettata, èda chiedersi, la condizione di assolutalibertà del docente e ricercatore, costi-tuzionalmente tutelata, con l’interessedell’assetto proprietario di alcune tipo-logie di università telematiche? come sipuò comporre la loro esigenza di trarreun profitto dall’attività posta in esserecon la natura complessa dell’impegnoaccademico che può considerarsi talesoltanto se è in grado di offrire al me-

Università telematiche. Un’indagine del ministero

I sistemi della conoscenza

glio quella relazione stretta tra didatticae ricerca che, come abbiamo detto, èelemento costituente dell’idea di uni-versità. un impegno che, comprensibil-mente, ha modi, tempi e processidiversi e assai lontani da quelli neces-sari a rincorrere il ritorno economicodell’investimento in un contesto carat-terizzato ormai dalla competizione al ri-basso tra la variegata e semprenumerosa platea di atenei telematici.

la reazione arrogante, assurdamenteintimidatoria e repressiva dell’universitàpresso cui opera la dottoressa cle-mente è riprova della legittimità del dub-bio e della necessità di approfondiretutti gli aspetti del tema posto.

la piccata replica degli atenei tele-matici alle conclusioni e alle critichedella commissione non si è fatta atten-dere e come vedremo, in alcuni casi informa decisamente virulenta. ne fa unasintesi significativa corrado zunino su“repubblica.it” del 6 e 7 gennaio (vedibox a pag. 21).

Ma la contrapposizione non giova enon rimuove i problemi. si concentranella disputa di ruoli formali mentre nonintravede l’ampio spazio, spesso ancorainesplorato, per promuovere e svilup-pare utilmente e diffusamente la for-mazione a distanza. cun e commissionehanno indicato alcune possibili dire-zioni, altre ancora possono essere ipo-tizzate. importante, ci sembra, nonrincorrere l’omologazione giuridica e or-ganizzativa tra strutture e che hanno fi-nalità e identità non assimilabili. tutteperò possono assai efficacemente con-correre a realizzare quel sistema for-mativo diversificato ma integrato esinergico di cui il Paese ha necessità etanto più ne avrà con il long life lear-ning tanto predicato ma così poco, fi-nora, praticato.

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NOTE

1. La commissione era composta da StefanoLiebman, Marco Mancini, allora presidentedella Conferenza dei Rettori, e Marcella Gar-gano, Vice Capo di Gabinetto del Ministro,. Haconcluso i lavori nel mese di ottobre.

2. Un ulteriore impulso alla regolamenta-zione del settore dell’istruzione a distanza, inparticolare di grado superiore, è venuto dallaDecisione n. 2318/2003/CE del Parlamentoeuropeo e del Consiglio del 5 dicembre 2003,disciplinante l’adozione di un programma plu-riennale (2004-2006) per l’integrazione delletecnologie dell’informazione e delle comuni-cazioni nei sistemi di istruzione e formazionein Europa (programma eLearning).

3. La Legge finanziaria 2003, all’art. 26,comma 5, prevede che, con decreto del Mini-stro dell’Istruzione, di concerto con il Ministroper l’innovazione e le tecnologie, siano deter-minati i criteri e le procedure di accredita-mento dei corsi universitari a distanza e delleuniversità abilitate al rilascio di titoli accade-mici, purché senza oneri a carico dello Stato,fatta salva la disciplina relativa alle universitànon statali legalmente riconosciute. Il rinvio aquella normativa sostanzialmente sottoponele università telematiche, che per la quasi to-talità sono frutto di investimenti privati, alla re-golamentazione delle università non statalilegalmente riconosciute. Esse, quindi, debbonooperare nell’ambito dell’art. 33, ultimo comma,della Costituzione e delle leggi che le riguar-dano, nonché dei principi generali della legi-slazione in materia universitaria in quantocompatibili.

4. Nel decreto vi è anche la definizione ge-nerale di didattica a distanza:I corsi a distanza sono caratterizzati da: a) l'uti-

lizzo della connessione in rete per la fruizione deimateriali didattici e lo sviluppo di attività formativebasate sull'interattività con i docenti/tutor e congli altri studenti; b) l'impiego del personal compu-ter, eventualmente integrato da altre interfacce edispositivi come strumento principale per la par-tecipazione al percorso di apprendimento; c) unalto grado di indipendenza del percorso didatticoda vincoli di presenza fisica o di orario specifico; d)l'utilizzo di contenuti didattici standard, interope-rabili e modularmente organizzati, personalizzabilirispetto alle caratteristiche degli utenti finali e aipercorsi di erogazione; e) il monitoraggio continuo

Università telematiche. Un’indagine del ministero

I sistemi della conoscenza

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del livello di apprendimento, sia attraverso il trac-ciamento del percorso che attraverso frequentimomenti di valutazione e autovalutazione. L'or-ganizzazione didattica dei corsi di studio a di-stanza valorizza al massimo, pur nel rispetto dellespecificità dei contenuti e degli obiettivi didattici,le potenzialità dell'Information &CommunicationTechnology e in particolare: a) la multimedialità,valorizzando un'effettiva integrazione tra diversimedia per favorire una migliore comprensione deicontenuti; b) l'interattività con i materiali, alloscopo di favorire percorsi di studio personalizzatie di ottimizzare l'apprendimento; c) l'interattivitàumana, con la valorizzazione di tutte le tecnologiedi comunicazione in rete, al fine di favorire la crea-zione di contesti collettivi di apprendimento; d)l'adattività, ovvero la possibilità di personalizzarela sequenzializzazione dei percorsi didattici sullabase delle performance e delle interazioni del-l'utente con i contenuti online; e) l'interoperabilitàdei sottosistemi, per il riutilizzo e l'integrazionedelle risorse, utilizzati e/o generati durante l'uti-lizzo dei sistemi tecnologici.

Per l’accreditamento è necessario, ai sensidi quel decreto: a) esplicitare le modalità, i piani di studio, le re-

gole dei servizi attraverso una Carta dei serviziche esponga la metodologia didattica adottata ei livelli di servizio offerti; b) prevedere la stipula diun apposito contratto con lo studente per l'ade-sione ai servizi contemplando le modalità di riso-luzione del rapporto su richiesta dello studente, c)prevedere che il materiale didattico erogato ed iservizi offerti, siano certificati da un'apposita com-missione composta da docenti universitari; d) ga-rantire la tutela dei dati personali; e) consentire lamassima flessibilità di fruizione dei corsi, permet-tendo sia la selezione del massimo numero di cre-diti annuali conseguibili, sia la loro diluizione su unambito pluriennale. Sono richiesti anche: copiadell'atto costitutivo e dello Statuto, accompagnatida una relazione degli amministratori sulle azioniper il perseguimento dei fini istituzionali e la con-sistenza del patrimonio a disposizione; una copiadel regolamento didattico di Ateneo; un pro-gramma di fattibilità delle iniziative didattiche darealizzare con riferimento al possesso dei requisitie delle specifiche richieste dal decreto; program-mazione delle risorse di personale amministrativoe tecnico e del personale docente a disposizionee della copertura dei costi di avviamento delle at-tività complessivamente considerate.

5. È stato istituito con il DM 25/6/2003. Sosti-tuito successivamente nei suoi compiti dal Co-mitato nazionale di valutazione del sistema

universitario (CNVSU), quindi dall’Agenzia Na-zionale di valutazione del sistema universita-rio (ANVUR).

6. Il DM 5/8/2004, n. 262, concernente la pro-grammazione del sistema universitario per iltriennio 2004-2006, aveva previsto, a seguitodell’istituzione e dell’accreditamento delle uni-versità telematiche “Guglielmo Marconi” e“TEL.MA” di Roma, che, con decreto del Mini-stro fossero determinate, sentito il CNVSU, lelinee guida per il potenziamento e lo sviluppodelle istituzioni universitarie in ossequio alleiniziative dell’UE. Con riferimento all’istitu-zione di nuove università non statali legal-mente riconosciute, aveva disposto anche chea conclusione del terzo, del quinto e del set-timo anno accademico di attività, il CNVSU ef-fettuasse una valutazione dei risultaticonseguiti, e che, solo in caso di valutazionepositiva al termine del quinto anno, potesseroessere concessi i contribuiti previsti dallalegge.

7. In esito allo studio dei documenti relativialle istituzioni delle università telematiche laCommissione non ha potuto che prendereatto della genericità dei criteri originariamenteelaborati dal Comitato di esperti che hannoconsentito l’istituzione delle prime Universitàtelematiche, rispetto ai criteri elaborati dalCNVSU nel doc. 10/05, che hanno, invece, defi-nito con maggiore puntualità e rigore i requi-siti organizzativi e strumentali necessari perottenere l’accreditamento.

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RecenteMente (Dal 5 al 7 DiceMbre scorso) si è svolto a roMa un conveGno in-ternazionale su “la leadershIP eduCatIva neI PaesI dell’eurOPa latIna: autOnO-MIe, IdentItà, resPOnsabIlItà” (caPoFila Dei soGGetti orGanizzatori l’universitàroMa tre e eurOPean POlICy netwOrk On sChOOl leadershIP - ePnosl) cHe

Ha visto la ParteciPazione Di 16 Paesi Dell’unione euroPea.

in quella circostanza l’associazione professionale Proteo Fare sapere, coinvolta an-che nell’organizzazione, ha presentato un proprio contributo che prende le mosseda un’indagine condotta su e con un gruppo di dirigenti scolastici (Ds) e docenti divarie regioni (28 in totale, 12 dirigenti e 16 docenti impegnati a vario titolo o iscrittiall’associazione Proteo) e che nasce, in prima battuta, come risultato della rielabo-razione di una pluralità di apporti raccolti attraverso questionari e interviste in pro-fondità.

l’ipotesi di lavoro che ha guidato l’indagine può essere così sintetizzata: indivi-duare i tasselli più significativi di una gestione democratica (versus gestione leade-ristica) delle scuole, considerata non solo come opportuna ma anchepotenzialmente più efficace, e di un modello organizzativo (figure e dispositivi, rela-zioni e condizioni di successo) su cui sollecitare successivamente riflessioni e ap-profondimenti su una più ampia platea di Ds, docenti, altre professionalità dellascuola (con particolare riferimento ai DsGa) ed esperti.

Proponiamo di seguito in estrema sintesi (tutte le tabelle e le analisi specifiche sipotranno trovare sul sito di Proteo Fare sapere) i risultati dell’indagine e, in modopiù disteso, considerazioni e proposte sul tema sollecitate in gra parte da tali risul-tati.

Pare utile, rispetto all’indagine e all’ipotesi di lavoro, dare risalto a quanto emergea proposito dello staff di scuola, che rappresenta una modalità diffusa di organiz-zazione dei nostri istituti, per considerarne i diversi modelli e capire se e in che modopossa offrire indicazioni per i nostri ragionamenti.

Aspetti dell’indagine

lo staffl’idea prevalente attribuisce allo staff le seguenti caratteristiche:- è comprensivo, oltre che dei 2 collaboratori scelti, anche delle “funzioni stru-

mentali” – Fs – (opzione pressocchè plebiscitaria; e non era scontato), e, per quantoin misura ridotta, del DsGa, ma non dei coordinatori di dipartimento e dei consigli di

Modelli e ipotesidi lavoro

ProteoFareSapereInforma

Docenti e leadershipeducativa nella scuola

DA UN’INDAGINE DI PROTEOE DA UN CONVEGNO INTER-NAZIONALE IDEE E PROPOSTE

PER UNA GESTIONE DEMO-CRATICA E PARTECIPATA

DELLA SCUOLA. QUESTIONI APERTE CHE

SARANNO DISCUSSE NEL

CONVEGNO DEL 25 E 26FEBBRAIO A BOLOGNA

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antonio bettoni, antonio valentino

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classe. scelta quest’ultima che pone interrogativi, ma che ètuttavia comprensibile perché lascia intravedere una visionedello staff come organismo “agevole” e “veloce”;

- in esso i ruoli tendono a rimanere stabili (la rotazione èpraticata piuttosto raramente anche per ragioni legate –viene ricordato in qualche risposta – alla precarietà, e quindial carosello di un buon 20-30% del personale, e, in parte, allevicende connesse, in questa fase, col fenomeno delle reg-genze);

- rispetto alle funzioni, le risposte al questionario presen-tano diversificazioni tra Ds e docenti su alcuni aspetti chevale la pena richiamare. entrambi ritengono, a maggioranza,che lo staff sia, nella loro esperienza (che probabilmente coin-cide con la loro visione), “strumento dicollaborazione col Ds

sul funzionamento didattico-organizzativo della scuola”. Ma,stranamente (?), i Ds considerano lo staff meno rilevantecome “strumento di collabo- razione col Ds sul funzionamentoorganizzativo-gestionale della scuola” e più funzionale ri-spetto alla prospettiva di una “leadership aperta, allargata”.

Da annotare qui una voce di dissenso rispetto alla posi-zione più “gettonata”, perché solleva un problema con ilquale dovere fare i conti nella costruzione di una ipotesi dilavoro che abbia gambe solide per camminare. il dirigenteche l’ha espressa così ne parla: “sono contrario al concettodi staff. il rischio è che diventi un ‘cerchio magico’ e che al-lontani la collegialità per arrivare ad una sorta di dirigismodelegato”.

quanto poi ai dispositivi legati allo staff emerge che:a) quasi ovunque non ci sono criteri codificati per la scelta

di funzioni e figure; b) i compiti non sono sempre declinati in termini di risultati

attesi di cui rendere conto al Ds o al cD (anche se alla rendi-contazione viene data grande importanza soprattutto dai do-centi nel funzionamento dello staff);

c) le riunioni sono saltuarie e raramente legate alla prepa-razione dei collegi.

Profilo ds e leadership educativa si può dire – è l’interrogativo – che dai comportamenti e

dalle scelte operative non emerga con sufficiente chiarezzauna consapevole strategia di allargamento effettivo e di con-divisione costruita (attraverso una partecipazione diffusa)dell’area delle decisioni?

Difficile una risposta univoca. anzi si coglie, ancora larga-mente prevalente, un’idea di leadership della scuola chesembra ruotare sostanzialmente attorno alla figura del Ds. alquale i docenti – ma dentro la stessa logica si muovono i Ds

– richiedono di essere garante anche della gestione didatticaed educativa della scuola. nessun riferimento, nelle consi-derazioni di entrambi, a responsabilità condivise.

Ma, forse, con maggiori probabilità, l’interpretazione del-

Modelli e ipotesi di lavoro

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l’oscillazione tra le due posizioni – che si riscontra soprat-tutto nelle risposte al questionario – è da ricondurre al fattoche ci si muove ancora su un terreno non completamenteesplorato ai vari livelli.

indicazioni comunque utili per dare al quadro fin quiemerso maggiore chiarezza vengono dalle posizioni raccoltea proposito del ruolo specifico da affidare al Ds nell’eventualeprospettiva di una leadership che interpelli contemporanea-mente e contestualmente Ds e docenti.

la maggior parte dei Ds e dei docenti dà per scontato chela direzione di lavoro sia la costruzione di una leadership edu-cativa diffusa (leD) e che sia prioritario compito del Ds costi-tuire a tal fine, con l’assenso del collegio docenti, un gruppodi lavoro formato dalle figure di coordinamento e collabora-zione dell’istituto.

tendenze condivise, incertezze, ambiguitàMa le posizioni più interessanti al riguardo sono quelle

espresse dai docenti. Delle quali riportiamo le più significa-tive, anche ai fini della costruzione di una proposta operativa.e che fanno riferimento a:

- azioni di coinvolgimento attivo nella promozione di una led,sia pure con ruoli e funzioni diverse, del personale e dei “por-tatori d’interesse”, tramite articolazioni organizzative (colle-gio, staff, Dipartimenti, consigli di classe, inclusi consigliod’istituto, staff di segreteria, rsu, comitati di genitori), inteseanche come contesti di relazione;

- azioni tese a costruire una rete di soggetti dialoganti (col-laboratori, Fs, DsGa, referenti di progetto, responsabili di di-partimento, coordinatori di classe), capaci di riflettere eprogettare, a partire da una continua analisi del lavoro svolto(autovalutazione), al fine di individuare i bisogni che via viaemergono e cercare di dare a essi una risposta.

Da sottolineare infine l’orientamento plebiscitario di do-centi e Ds (tutti) per i riconoscimenti di tipo giuridico, ai finidella progressione di carriera, ed economico, legati all’eser-cizio – da parte degli insegnanti – di responsabilità connessea compiti di coordinamento specifico e di leadership condi-visa.

Considerazioni provvisorie

ai fini di un ulteriore approfondimento e di una propostaoperativa al riguardo, sono stati di seguito condensati in 3punti sia il tipo di approccio specifico alla teoria della leader-ship educativa, sia gli aspetti dell’indagine considerati più in-teressanti:

1. una leD che voglia essere effettivamente educativa ecentrata sull’apprendimento deve puntare in modo non equi-voco sul protagonismo e sulla responsabilità dei docenti.

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a) equità (e quindi il superamento – dentro le scuole – deidisequilibri tra classi e corsi);

b) un tessuto identitario comune; c) disseminazione interna delle pratiche educative. 4. la struttura reticolare – che non è qui mero dispositivo

organizzativo – risponde a un’idea di scuola in cui le varie ar-ticolazioni del collegio e della scuola (trama e reti) costitui-scono spazi autonomi di elaborazione, ricerca, verifica esviluppo professionale, presidiati da una figura leader rico-nosciuta che sia espressione del gruppo, ne favorisca il fun-zionamento e ne stimoli la produttività. la scuola tende aconfigurarsi pertanto come una “costellazione di piccole co-munità autonome” (serpieri 2), unità operative le cui figureleader si coordinano all’interno di una struttura (team) cheha nel capo di istituto il proprio punto di riferimento organiz-zativo (e non solo). la leadership educativa espressa da que-sta struttura si connota pertanto come sostegno e sviluppodella partecipazione, condivisione e collaborazione respon-sabile dei docenti in prima istanza. in altri termini, “è il con-testo scolastico inclusivo che consente una leadershipdiffusa e inclusiva” (G. Moretti)3.

5. la ricerca internazionale ha posto opportunamente l’ac-cento su altri requisiti di una scuola che voglia adottare unmodello organizzativo orientato alla leD. in primo luogo, lascuola come comunità di pratica, in cui la progettazione, lasperimentazione e lo scambio di esperienze didattiche e distrategie educative, diventano strumenti e occasioni di svi-luppo professionale. Ma anche la scuola come organizza-zione che apprende (learning Organization) che mette incircolo le proprie esperienze e i propri apprendimenti in spaziopportuni (conferenze di istituto e altro, come luoghi di ren-dicontazione, bilancio e riprogetta- zione). Pensare la scuolacome “organizzazione che apprende” significa fare riferi-mento a strategie – come quelle dell’apprendimento coope-rativo tra adulti – che poggiano su “condizioni positive disetting e di clima relazionale, su pratiche condivise, sulla fi-ducia e il sostegno tra pari, sull’autovalutazione continua” (v.ellerani), come dimostrano le esperienze condotte soprat-tutto in Finlandia.

6. la leadership – aspetto metodologicamente e politica-mente importante – non deve essere vista come scelta di si-stema, ma piuttosto come opportunità, riconosciuta allescuole, di poterla sviluppare e coltivare come opzione quali-ficante e identitaria. la sua costruzione va pensata come pro-getto a medio termine perché fa propria un’idea di scuolache, per diventare pervasiva e solida, necessita di tempi ade-guati e politiche scolastiche coerenti.

7. lo staff aperto alle Fs e al DsGa, diffusamente presentenelle nostre scuole, può rappresentare un’iniziale, potenzialerisorsa – importante ma non sufficiente – in direzione di unmodello in funzione di una leD. Ma anche le altre figure di co-

Modelli e ipotesi di lavoro

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infatti abbiamo tutti constatato che nessun rinnovamentosi dà avendo gli insegnanti in posizione defilata e passiva (senon addirittura ostile). questo riporta in primo piano una di-versa considerazione sociale del lavoro docente, un diversomodo di reclutamento, strategie incentivanti e premianti divario tipo. Ma anche e contemporaneamente un diverso sta-tus in cui peso e responsabilità nel funzionamento didattico-organizzativo complessivo della scuola non siano parolevuote o ambigue. oggi gli insegnanti vivono una sostanzialesituazione di marginalità e impotenza che va superata intempi brevi per arrestare l’attuale situazione di declino e ri-lanciare le sorti della scuola pubblica.

2. la crescita esponenziale dei livelli di complessità e pro-blematicità del nostro sistema – e dei sistemi di istruzione ingenerale – è tale che nessun percorso di miglioramento enessuna leD sono possibili in assenza di una struttura reti-colare interna, nei cui gangli si collochino i docenti come ri-sorsa della scuola come organizzazione.

3. nessun Ds oggi, per quanto attrezzato professional-mente, può da solo pensare di dare corpo a una leadershipeducativa efficace.

Leadership educativa e modello di scuola in 10 tesi

a mo’ di sintetiche tesi si esplicitano di seguito, tra le di-verse idee sulla leadership educativa che vanno per la mag-giore, quelle ritenute più coerenti con le considerazioni e gliaspetti fin qui sviluppati.

1. una leadership educativa efficace e promettente o è dif-fusa/distribuita o non è (non si dà). in quanto educativa ecentrata sull’apprendimento1, interroga e sollecita nellastessa misura, anche se in modi diversi, gli attori centrali deiprocessi formativi. essa riguarda perciò in egual misura ds einsegnanti. e degli insegnanti, in primo luogo, quanti si di-mostrino più disponibili a prendere sul serio le funzioni pro-prie di una gestione unitaria della propria scuola. e quindi acondividere la visione che la caratterizza e le responsabilitàche ne conseguono.

2. l’idea di leadership che punta a valorizzare essenzial-mente la figura del Ds e ad attrezzarlo perché si ponga comeleader educativo è certamente un passaggio importante epreliminare, ma non interpreta adeguatamente la radicalitàdel passaggio che si richiede nell’attuale fase del nostro si-stema (e non solo), in fatto di collaborazione e responsabi-lità diffuse.

3. una leD necessita di incardinarsi in una struttura orga-nizzativa senza la quale l’attività di coordinamento e sintesioperativa non è in grado di produrre:

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ordinamento, presidio e collaborazione come i coordinatoridei dipartimenti, dei consigli e dei gruppi di progetto (in altritermini, l’insieme delle funzioni aggiuntive all’insegnamento;cioè di quei docenti più coinvolgibili e interessati a confron-tarsi con la scuola come organizzazione complessa) vannoconsiderati come potenziali risorse da valorizzare. l’eserciziointegrato e coordinato delle loro funzioni è leva per un fun-zionamento più coeso ed efficace dell’organizzazione didat-tica ed espressione di una leadership diffusa e non piùpersonale/individuale, come è generalmente oggi.

8. in un modello organizzativo orientato alla leadership dif-fusa, quella specifica del Ds si connota come valore aggiuntodi una dirigenza che fa della centralità dell’apprendimento edella cura della crescita professionale – sua e del personaledella scuola – un valore portante, che valorizza e motiva ilpersonale e fa da interfaccia tra i vari soggetti coinvolti nelpatto educativo. una scuola organizzata secondo tale mo-dello non ha bisogno di figure eroiche e necessariamente ca-rismatiche. un profilo ds per la leD potrebbe essereindividuato in un agire professionale volto a ricercare un equi-librio tra due dimensioni tra loro apparentemente divaricate:la direzione, attraverso poteri autonomi, prevista dal DlGs 165(art. 25) e una leadership distribuita, “centrata sull’appren-dimento”. Gli autonomi ed esclusivi compiti del Ds vanno vi-sti, in questa ottica, come l’altra faccia, quella istituzionale,della leadership, di cui il capo di istituto è soggetto motore.

9. i compiti e le funzioni delle figure leader all’interno siadelle loro unità operative, sia del team di coordinamento pre-visto, dovrebbero connotarsi per la loro natura squisitamenterelazionale. a esse dovrebbe essere pertanto estranea ognivisione gerarchica e leaderistica dei rapporti nel gruppo. laled è un’idea di scuola e quindi di relazioni, di organizzazionescolastica e di organizzazione della didattica che si ritengonocoerenti ed efficaci rispetto alla missione.

10. Puntare sulle figure di coordinamento nella costruzionedi una leD non significa relegare sullo sfondo tutti gli altri at-tori del fare scuola: la scelta della struttura reticolare e dellecaratteristiche dei vari nuclei operativi (autonomia coordinatadel gruppo e reciprocità nelle relazioni, di cui si dirà più ap-profonditamente in seguito) ha anche il senso di rendere pos-sibile un protagonismo diffuso degli insegnanti, come gruppoprofessionale e figure istituzionali, e di una leadership edu-cativa distribuita. Una proposta operativa

in un percorso operativo coerente con i paletti indicati nelleprecedenti analisi e considerazioni, c’è da chiarire prelimi-narmente il discorso sulle condizioni e sugli orientamenti me-todologici.

Quanto alle condizioni

1. è già stato segnalato che possibili leve ed elementi motoripossano essere quei docenti che in questa fase rivestono fun-zioni aggiuntive rispetto all’insegnamento; e soprattutto, traquesti, i collaboratori, “le funzioni strumentali” e i coordinatoridi dipartimento nella scuola secondaria.

2. il riferimento al 25-30% – secondo la ricerca treelle del2004 – di docenti disponibili per progetti di miglioramento puòvalere come possibile punto di forza.

3. è chiaro che funzioni così impegnative che implicano an-che responsabilità, per quanto delegate in ordine ai risultati diuna leD, vanno riconosciute e valorizzate, prevedento misureincentivanti sotto il profilo sia giuridico che economico. D’altraparte, i risultati dell’indagine, cui si faceva riferimento all’ini-zio, confermano con pochissimi dubbi quanto il dibattito ge-nerale sull’argomento ha evidenziato.

4. in mancanza soprattutto di scelte contrattuali in propo-sito, ma anche di indicazioni normative adeguate (per esem-pio, norme di autogoverno che permettano di inscriverequesta scelta all’interno di una possibile autonomia statuta-ria delle scuole, quale quella prevista dal Disegno di leggeapprovato, nella scorsa legislatura, in uno solo dei due ramidel Parlamento), resta comunque aperta la via della speri-mentazione che andrebbe in ogni caso riconosciuta e so-prattutto sostenuta economicamente dal Ministero. nonsembra questa una richiesta da luna nel pozzo. né può co-stituire alibi la pesante situazione economica del Paese. sitratta di capire come tale sperimentazione possa essere so-stenuta e se associazioni professionali e organizzazioni sin-dacali di docenti e Ds, ma anche reti di scuola interessate,possano sentirsi elementi di pressione radicale per un’ope-razione di questo tipo.

Quanto alla proposta, se ne indicano di seguito i punti car-dine:

1. lo staff che conosciamo, anche nella versione allargataalle Fs e al DsGa, è organismo non adatto per l’obiettivo pre-visto. non dovrà trattarsi di una struttura di supporto alla Ds,ma finalizzato a sostenere e orientare – sulla base di indica-zioni e stimoli “circolari” della scuola – la partecipazione dellevarie comunità autonome nelle quali si articola il collegio do-centi sulla base del PoF di scuola. in essa il Ds, per quantoattiene alla leadership educativa, non è “il capo”, ma il pri-mus inter pares con funzioni – e responsabilità primaria, datoil suo ruolo istituzionale – di raccordo, di coordinamento, digaranzie rispetto alle condizioni ‘materiali’ di lavoro del team.

2. la struttura o team (nella letteratura in materia del mondoanglo-sassone si parla di leading group) potrebbe essere co-stituita dalle figure di coordinamento delle varie unità opera-tive4, per usare terminologia e costrutti di Piero romei5, giàoperanti nella maggior parte delle nostre scuole (i collaboratoridel dirigente scolastico i coordinatori dei dipartimenti discipli-

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3. il rischio di figure leader cristallizzate, inamovibili; spe-culare all’altro rischio della temporaneità dell’incarico e dellapossibile conseguente dispersione delle competenze.

sono pure ancora da approfondire le problematiche ri-guardanti la formazione dei docenti interessati, le loro attese,la natura dell’incarico. ecc. questioni aperte che il dibattito potrà riprendere e approfon-dire.

NOTE

1V. su questo, in G. Domenici-G. Moretti (a cura di), Leadership educativa e au-

tonomia scolastica, Armando editore 2011; G. Moretti, Dirigenza scolastica e com-

petenze di leadership, pp. 34 sgg; G. Barzanò, La Leadership tra le culture, pp. 72 sgg;

P. Earley, Lo sviluppo di leader con capacità di leadership in campo educativo e cen-

trati sull’apprendimento, pp. 95-117. V. anche gli atti del Convegno 2003 di Massa

Carrara: “La leadership collaborativa: scambio internazionale e idee per il cam-

biamento”, promosso dalla MIUR/USR Toscana (tra i partecipanti per l’Italia: At-

tilio Monasta, Giancarlo Cerini, Ivana Summa). Fondamentali in esso i contributi

di Michael Schrattz, dell’Università di Innsbruck.2V. Atti Convegno di Napoli 2012. V., più in generale, R. Serpieri, Senza leadership:

un discorso democratico per la scuola 1. Discorsi e contesti della leadership educativa,

Franco Angeli 2008 (testo prezioso per la ricostrizione puntuale dei vari “di-

scorsi” sulla leadership educativa) e il recente Senza leadership: la costruzione del

dirigente scolastico. Dirigenti e autonomia nella scuola italiana, Franco Angeli 2013.3 Sempre di G. Moretti, illuminanti anche altri passaggi dalla relazione al Con-

vegno 2012 di Napoli: “Indicatore importante della qualità dei contesti scolastici

inclusivi è la leadership educativa tesa a coinvolgere tutti gli attori in campo. In

una situazione di leadership diffusa, il DS è leader educativo, in colloquio costante

con la comunità professionale dei docenti, valorizza e motiva le persone, attiva

rapporti orizzontali col territorio. È il contesto scolastico inclusivo che con-

sente una leadership diffusa e inclusiva. A caratterizzarla, c’è l’informalità della

comunicazione e delle relazioni (che non sostituisce i luoghi formali) e l’idea

della cultura di rete dove tutti apprendono, compreso il leader; e c’è l’apertura,

la permeabilità, l’osservazione tra pari, l’autovalutazione”. 4 V. Ellerani, La “Leadership per l’apprendimento” e lo sviluppo professionale

del docente, in Atti Convegno di Senigallia, 20135 Quando si parla di UU.OO ci si intende quindi riferire non solo ai diparti-

menti disciplinari e di indirizzo e ai CdC, ma anche ai gruppi impegnati in pro-

getti speciali (europei, scuola lavoro, orientamento, di collaborazione con altre

scuole …) o in progetti riconducibili ad aree per così dire strategiche e tra-

sversali (piani generali di miglioramento organizzativo e didattico, il curricolo

integrato di istituto, l’identità di scuola e la vision dell’istituto attraverso il POF).

UU.OO da assumere, in un discorso di prospettiva come luoghi di ricerca, spe-

rimentazione e sviluppo professionale. E, sotto il profilo organizzativo, come nu-

clei di un assetto reticolare della scuola, fondamentale per recuperare coesione

interna e gestione unitaria.6 Soprattutto in Autonomia e progettualità, La Nuova Italia 1995 (in partico-

lare, pp. 105-139).

Modelli e ipotesi di lavoro

ProteoFareSapereInforma

nari, le figure delegate per le Fs ...).3. il modello proposto può rientrare dentro lo schema di ra-

gionamento della leadership educativa diffusa, a condizioneperò che le figure leader si rappresentino e si esprimano incoerenza con i tratti di profilo specifici delle funzioni aggiun-tive e di leadership di scuola, oltre che di quelli del proprio in-segnamento disciplinare.

4. la rendicontazione sociale dell’attività della struttura dicoordinamento, all’interno di una bilancio complessivo, è mo-mento fondamentale di qualsiasi sperimentazione sul tema,oltre che opzione identitaria qualificante.

Questioni aperte

nei ragionamenti fatti sono rimaste in ombra – assieme altema della formazione che richiede approfondimenti a parte– i possibili rischi del modello proposto.

citiamo quelli emersi nell’analisi dei questionari e nelle in-terviste:

1. il rischio che il team di coordinamento (o comunque losi voglia chiamare) si trasformi in un centro di potere e dialuogo a una sorta di middle management di ruoli fissi e de-finiti in cui le figure leader si snaturino nella funzione di con-trollori;

2. il rischio di una opacizzazione del ruolo del collegio deidocenti;

www.edizioniconoscenza.it ARTICOLO 33 | N.1-2, 2014

PROTEO - APPUNTAMENTI

17 MARZO 2014 - CELEBRAZIONE DELLA PROCLAMAZIONE DELL’UNITÀ D’ITALIA

ALL’INSEGNA DELLA PACE

ROMA, SALA DELLE COLONNEPALAZZO MARINI, VIA POLI 19

Come tutti gli anni Proteo Fare Sapere celebra la giornata del 17marzo data di proclamazione dell’Unità d’Italia.Quest’anno la celebrazione si incentra sul tema della pace, anchein relazione al centenario dello scoppio della prima guerra mon-diale. Momento clou della manifestazione sarà la lectio magistralisdi Giancarla Codrignani, per tre volte parlamentare, impegnata dasempre nel movimento per la pace, sul tema Italiani traguerra e pace: dall’interventismo del 1914 all’art. 11della Costituzione della Repubblica.La scuola deve continuare a essere il luogo privilegiato non solodi elaborazione di saperi, ma di formazione culturale e umanadove si impara a essere cittadini consapevoli e difensori dei valorifondanti la nostra Costituzione, tra cui quello della pace. Per que-sto alla manifestazione sono invitate le scuole, tre delle quali pre-senteranno le loro “buone pratiche” sul tema.

Per informazioni: [email protected]

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L’assassinio Dell’arciDuca Francesco FerDinanDo D’asburGo e Di sua MoGlie,avvenuto a saraJevo il 28 GiuGno 1914 a oPera Dello stuDente nazionalista

serbo Gavrilo PrinciP, seGnò la rottura Di un equilibrio Decennale cHe, Per

quanto Precario, aveva tuttavia retto a ben Due “crisi” internazionali: quella

Di tanGeri (1905-1906) e quella Di aGaDir (1910-1911). Ma, oltre cHe in

Marocco, raGioni Di contrasto e Di Frizione erano Presenti ancHe in euroPa, coMe ci atte-sta la Ferita seMPre aPerta Dell’alsazia e Della lorena – ceDute Dai Francesi ai teDescHi a

seGuito Della bruciante sconFitta Di seDan (1870) –, o ancHe la situazione Di PerManente

instabilità Presente nell’area Dei balcani.

quando però, nel luglio 1914, si diffuse la notizia dell’attentato sanguinoso di sara-jevo, nessuno pensava che esso, per quanto esecrabile, potesse essere ragione di unconflitto generalizzato, di proporzioni addirittura “mondiali”. certo, la mancanza di tattocon la quale l’erede al trono dell’impero austro-ungarico Francesco Ferdinando avevaintrapreso la sua visita ufficiale in bosnia rimane ancor oggi – sul piano diplomatico –un caso di scuola per dimostrare ciò che non si deve fare. essa si era infatti svolta nellostesso giorno e mese nel quale, nel lontano 1386, era avvenuta la battaglia del Kos-sovo, che segnò l’iniziò del declino della serbia e del suo progressivo assoggettamentoalla turchia. “era come se – osserva rené albrecht-carrié – l’erede al trono ingleseavesse scelto di visitare Dublino nel giorno di san Patrizio del 1916. tale atto sarebbestato considerato una manifestazione di assoluto cattivo gusto, a meno che non fossedeliberatamente inteso a proclamare la decisione dell’inghilterra di rifiutare compro-messi e concessioni”.1

Ma “cattivo gusto”, arroganza o volontà di provocazione non valgono comunque agiustificare lo scoppio di una guerra. Di conseguenza, ben altri e più complessi dove-vano essere i contrasti che si annidavano nelle viscere dei popoli d’europa; contrastiche, come si incaricherà di dimostrare l’esperienza storica, erano del tutto sfuggiti allacomprensione dei personaggi più in vista del tempo, uomini politici o diplomatici, in-tellettuali o militari che fossero. e fu così che, ad appena un mese da sarajevo, gli abi-

A 100 anni dal primo conflitto mondiale

Tempi moderni

Il più grande errore della storiamoderna

LA GRANDE GUERRA,EVENTO INUTILE

ED EVITABILE, HALASCIATO TANTI MORTI E

TANTI NODI IRRISOLTI

DELL’IDENTITÀ EUROPEA.UNA TRAGEDIA CHE HA

AVUTO CONSEGUENZE

NEFASTE, COMPRESA LA

SECONDA GUERRA

MONDIALE, LE CUI FERITE

EMERGONO ANCORA SU

TANTE PARTI DEL CORPO

DELL’EUROPA

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DaviD balDini

Soldati francesi diretti al fronte

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tanti del vecchio continente dovranno sperimentare sulla pro-pria pelle gli effetti di un conflitto che doveva apparire ai loroocchi, con il suo effetto domino, un evento quasi “fatale”. Dopoche l’austria aveva presentato il suo ultimatum alla serbia (28luglio) e la Germania aveva fatto altrettanto nei confronti dellarussia (1° agosto), sembrava insomma che i fatti si fossero percosì dire come autonomizzati, rendendo impossibile il controllodi governanti e di più generici rappresentati del “potere”. unavolta che la parola era passata alle armi, i popoli d’europa ap-parvero oscillare tra la costernazione e l’euforia. sentimenti,questi, del tutto trasversali ai vari paesi in lotta, divisi al loro in-terno tra aneliti alla pace e un diffuso sciovinismo nazionali-stico, quest’ultimo amplificato, ad arte, dalla propa- ganda edalla retorica.

un decennio dopo la fine del conflitto, l’inglese David lloyd-George, all’epoca degli avvenimenti lord dello scacchiere, ri-cordava con emozione, nelle sue Memorie, il momento in cuiaveva sentito l’orologio della torre di Westminster scandire, nelgiorno della guerra, “l’ora più fatale che l’inghilterra avesse maivisto da quando era emersa dal mare”. a tanta distanza ditempo da quegli avvenimenti, egli non sapeva ancora farseneuna ragione. non a caso, con riferimento al principio dell’estatedel 1914, egli puntigliosamente annotava: “nemmeno il piùastuto e il più previdente uomo di stato avrebbe potuto predireche nell’autunno seguente le nazioni del mondo si sarebberotrovate coinvolte nella più terribile guerra che la storia del-l’umanità avesse mai visto; e quanto agli uomini e alle donnedel popolo, che erano allora impegnati in tutti i paesi nei loro la-vori, non ce ne era uno solo che sospettasse l’imminenza diuna simile catastrofe. Dei giovani, che nelle prime settimane di

A 100 anni dal primo conflitto mondiale

Tempi moderni

luglio stavano facendo il raccolto in questo paese o sul conti-nente d’europa, si può dire con certezza che non uno soloavrebbe creduto alla possibilità di essere chiamato entro unmese alle armi e gettato in una lotta che sarebbe finita collamorte cruenta di essi e colla mutilazione di un numero anchepiù grande dei loro coetanei. le nazioni si trovano sull’orlo del-l’abisso senza la più piccola inquietudine”.2

Ma non è tutto: lo stupore del lord dello scacchiere si sarebbetradotto in vera e propria costernazione allorché dovette osser-vare le reazioni, del tutto impreviste, con le quali il popolo bri-tannico salutò re Giorgio, la regina Maria e il principe di Galles,i quali si erano mostrati al balcone per annunciare al popolol’avvenuta dichiarazione di guerra. i reali furono osannati, scriveil grande statista, “con tremendi applausi” di giubilo, che in ta-luni momenti si fecero addirittura “assordanti”.

Da noi, Giovanni Giolitti, che il giorno della consegna dell’ul-timatum tedesco alla Francia si trovava a Parigi, a sua volta an-notava nelle sue Memorie: “quando, in seguito all’assassiniodell’arciduca ereditario Ferdinando e della sua consorte, con-sumato a sarajevo per mano di serbi, scoppiò la questione fral’austria e la serbia, io non potei credere, sino all’ultimo, chequella questione, per quanto grave, potesse essere ragione diuna guerra europea”.3

La crisi di luglio, ovvero “come si decide una guerra”

la sorpresa manifestata da così illustri statisti serve anche aspiegare, più che a sufficienza, perché la “crisi di luglio” conti-nui ancor oggi a calamitare su di sé, senza quasi soluzione dicontinuità, l’interesse degli studiosi di ogni parte del mondo.essa, come ha osservato Gian enrico rusconi, è infatti emble-matica non solo di “come si decide una guerra”,4 ma anche dicome si possano cancellare, in un sol tratto, decenni e decennidi benessere materiale e di progresso civile. Di più: la Primaguerra mondiale, ci dice rusconi, “ha liquidato il sistema euro-peo delle potenze, ha stroncato l’europa come forza mondiale,ha cambiato la faccia del mondo”. insomma, nonostante che il“secondo” conflitto mondiale sia stato senza confronti più san-guinoso e letale del “primo”, “le lezioni del 1914 rimangono at-tuali” anche per l’oggi.

ed è sul senso di questa “attualità” che hanno riflettuto stu-diosi di varia estrazione, quali ad esempio il giornalista e scrit-tore emil ludwig (luglio 1914),5 Mario schettini (estate 1914.dal dramma di sarajevo alla guerra),6 barbara W. tuchman (Icannoni d’agosto),7 il già citato rusconi (rischio 1914. Comesi decide una guerra), per giungere fino a clark christopher, il

Partenza dei soldati russi per il fronte

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nerale fallimento, frutto di una politica miope e debole: “ognistoria della prima guerra mondiale documenta ampiamente ifallimenti tattici e strategici dei piani e delle congetture di tuttii partecipanti. i russi e i francesi possedevano scorte di muni-zioni, di fucili e altro che si sarebbero rivelate del tutto insuffi-cienti, in primo luogo perché i vertici militari avevano conclusoche, con la Germania attaccata su due fronti, la guerra si sa-rebbe vinta entro sei settimane. i calcoli strategici tedeschi

sulla possibile durata delconflitto erano pressappocogli stessi, e la loro man-canza di preparazione de-nunciava altre carenze,meno evidenti per ciò che ri-guardava i dettagli tatticidegli armamenti, ma deltutto inadeguate a un con-flitto prolungato; questa pro-fonda miopia dellaGermania divenne la ra-gione essenziale dellaguerra contro la Francia edella conseguente scon-fitta. […] ai primi di luglio del1914, i tedeschi si aspetta-vano che la guerra austro-serba durasse non più di tresettimane e restasse a li-vello locale. anche quandosi rese conto che avrebbecoinvolto tutte le potenzecontinentali, berlino si con-vinse che non si sarebbetrattato di una guerra dilunga durata, e i francesicondividevano la medesimaopinione. in entrambi i casiquesto giudizio comune,cioè che il conflitto sarebbestato assolutamente breve

perché nessuno poteva permettersi un prolungato spargimentodi sangue, coincideva con un certo razionalismo economico for-male, che non descriveva più la condotta delle nazioni né i mec-canismi dell’economia”.11

Ragioni della storia e questioneaperta della postmemoria

ancor oggi si rimane stupiti di fronte a una così profonda in-

A 100 anni dal primo conflitto mondiale

Tempi moderni

cui lavoro (I sonnambuli. Come l’europa arrivò alla GrandeGuerra) è ancora fresco di stampa.8

va da sé che l’argomento è stato anche oggetto – da sempre– di attenta trattazione anche da parte di autori di ope- re di ca-rattere generale, dedicate alla Grande guerra. nel suo libro, re-lativamente recente, dal titolo la prima guerra mondiale. unastoria politico militare,9 John Keegan, con riferimento a quel fa-tidico luglio del 1914, ha osservato: “la prima guerra mondialeè stato un conflitto tragico edevitabile. evitabile perché lasuccessione degli avvenimentiche condusse allo scoppiodelle ostilità avrebbe potuto es-sere interrotta in qualsiasi mo-mento nelle cinque settimanedi crisi che precedettero i primiscontri armati, se la prudenzao la buona volontà avesserotrovato il modo di esprimersi;tragico perché ciò che fece se-guito ai primi scontri costò lavita a dieci milioni di esseriumani, sconvolse l’equilibrio dialtri milioni di persone, di-strusse la cultura fiduciosa eottimistica del continente eu-ropeo e lasciò, quando quattroanni dopo i fucili furono messia tacere, un’eredità di rancoripolitici e di odî razziali così pro-fondi che nessuna spiegazionedelle cause della secondaguerra mondiale può prescin-dere da quelle radici. […] la se-conda guerra mondiale, cinquevolte più distruttiva in termini divite umane, e incalcolabil-mente più pesante per i costieconomici, fu la diretta conse-guenza della prima”.

argomentazioni, queste, ribadite anche di recente, da niallFergusson, il quale, ne la Prima guerra mondiale. Il più grandeerrore della storia moderna,10 ha scritto: “la Grande guerra fuqualcosa di peggiore della tragedia, che la drammaturgia con-sidera inevitabile: fu appunto il più grande errore della storiamoderna”. Ma, a gettare nuova luce su questo “errore” – alquale concorsero politici e diplomatici, esperti militari e intel-lettuali, tutti accomunati da una disarmante incomprensionedella “realtà effettuale” delle cose – ha provveduto di recenteGabriel Kolko, il quale, nella sua ultima opera, Il libro nero dellaguerra, ha così rappresentato le ragioni profonde di quel ge-

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Partenza dei soldati tedeschi

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ultimo: perché non indicare – come si è fatto per il 27 gennaio –,quale nuova data periodizzante, in vista della costituzione di un ef-fettivo “calendario civile” continentale, proprio il 28 luglio, giorno emese nel quale, nel lontano 1914, l’austria, rivolgendo il suo ulti-matum alla serbia, diede di fatto inizio all’“inutile strage”? ove cosìnon dovesse accadere, di qui a qualche anno, dopo le immancabilicelebrazioni di rito, potremmo ritrovarci nella scomoda posizione didover parlare del centenario in corso come di una nuova “occasionemancata”. un’occasione, per altro, che sarebbe resa ancora piùamara dalla consapevolezza che il Primo conflitto - fatte salve per leragioni economiche, le sole a questo punto che continuano a con-servare una qualche patente di “razionalità” 14 potrebbe ancora ri-manere a lungo non solo una pagina oscura e un’avventura senzasenso della nostra storia, ma anche un evento del tutto inutile, in-capace perfino di produrre una qualche forma di deterrenza rispettoai rischi, sempre incombenti, dello scoppio di nuove guerre e del-l’insorgere di nuovi nazionalismi.

non vorremmo insomma che, per il futuro, si tornassero ancora

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comprensione degli eventi, in ragione della quale i prota-gonisti si mostrarono incapaci di governare i processi incorso e di accogliere – e mettere a frutto – le lezioni dellastoria.

riflettendo su questa clamorosa défaillance, alberto ca-racciolo, circa un cinquantennio fa – intervenendo al se-minario di studi sul tema l’intervento e la crisi politica –,ne metteva in luce le conseguenze, sulla scorta di un’ana-lisi dal respiro ampio e di “lungo periodo”. “quanti si ri-svegliavano e si guardavano intorno, all’indomanidell’immenso scontro del 1914-18 – scriveva –, vedevanoemergere fra tutte una novità, preconizzata del resto da in-compresi vaticinatori come romain rolland, lenin, sorel:il tramonto dell’europa, o untergang des abenbdlandescome lo chiamò spengler, o eclipse of europe alla toyn-bee. assistevano cioè al declino di un intero patrimonio divalori e aspettative, all’emergere definitivo e imponentedi altre realtà come l’america multiforme, la russia bol-scevica, l’estremo oriente ‘giallo’, all’esaurirsi di quel chegli storici più tardi avrebbero chiamato ‘eurocentrismo’,orgogliosa credenza di uomini del sette e ottocento. conla fine del primato europeo anche un altro mito si disper-deva: quello del ‘progresso’, concepito fino a ieri comeinarrestabile nella scienza e nella tecnica, nella morale enella cultura. il bagno di sangue che aveva d’un tratto in-vestito i popoli, il trionfo di forze irrazionali sull’azione digoverni e sovrani, il ritorno di nazioni intere ai più ele-mentari istinti di conservazione o di sopraffazione, l’usostesso di tante meravigliose invenzioni a scopi distruttivi,parevano sfatare tutta d’un colpo l’illusione di un coerenteitinerario dell’umanità verso livelli superiori di civiltà everso un dominio della natura e dell’ambiente ai più nobilifini, illusione che aveva animato gran parte del pensiero edel senso comune nel secolo del bourgeois conquérant.Ma non è tutto. accanto a ciò, un altro fenomeno dienorme rilievo era accaduto, di cui solo poco alla volta siapprezzò il significato: la fine dell’età delle élites per l’af-fermarsi di quella che divenne, per l’europa, l’età delle‘masse’”.12

ebbene, proprio perché il “primato europeo” appartieneormai a una fase passata della nostra storia, non sarebbeil caso – ci chiediamo – che l’europa, approfittando delcentenario prossimo venturo, si decida finalmente a darsiuna vera identità, che non sia quella, fino a oggi quasiesclusiva, delle banche e della finanza? sarebbe così pe-regrino immaginare che la “guerra civile” europea d’iniziosecolo, anche se da archiviare tra gli eventi appartenentialla “postmemoria”,13 possa agire come uno stimolo allapace, come una occasione per riaffermare di quei principidi libertà, uguaglianza, fraternità, che furono il lievito dellacrescita materiale e morale del vecchio continente? e da

DULCE ET DECORUM EST

Piegati in due, come vecchi straccioni, sacco in spalla,le ginocchia ricurve, tossendo come megere, imprecavamo nel fango,finché volgemmo le spalle all’ossessivo bagliore delle esplosionie verso il nostro lontano riposo cominciammo ad arrancare.Gli uomini marciavano addormentati. Molti, persi gli stivali, procedevano claudicanti, calzati di sangue. Tutti finirono azzoppati; tutti orbi;ubriachi di stanchezza; sordi persino al sibilodi stanche granate che cadevano lontane indietro.

Il gas! Il GAS! Svelti, ragazzi! – Come in estasi annasparono,infilandosi appena in tempo i goffi elmetti;ma ci fu uno che continuava a gridare e a inciamparedimenandosi come in mezzo alle fiamme o alla calce…Confusamente, attraverso l’oblò di vetro appannato e la densa luce verdastracome in un mare verde, lo vidi annegare.

In tutti i miei sogni, davanti ai miei occhi smarriti, si tuffa verso di me, cola giù, soffoca, annega.

Se in qualche orribile sogno anche tu potessi metterti al passodietro il furgone in cui lo scaraventammo,e guardare i bianchi occhi contorcersi sul suo volto,il suo volto a penzoloni, come un demonio sazio di peccato;se potessi sentire il sangue ad ogni sobbalzo,fuoriuscire gorgogliante dai polmoni guasti di bava,osceni come il cancro, amari come il rigurgito,di disgustose, incurabili piaghe su lingue innocenti –amico mio, non ripeteresti con tanto compiaciuto fervorea fanciulli ansiosi di farsi raccontare gesta disperate,la vecchia Menzogna: Dulce et decorum estpro patria mori.

(da Wilfred Owen, Poesie di guerra, a cura di S. Rufini, Einaudi, Torino 1985).

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ARTICOLO 33 | N.1-2, 201431

8 C. Christopher, I sonnambuli. Come l’Europa arrivò alla Grande Guerra, La-terza, Bari 2013.9 J. Keegan, La prima guerra mondiale. Una storia politico militare, Carocci,Roma 2000.10 N. Fergusson, La Prima guerra mondiale. Il più grande errore della storia mo-derna, Corbaccio, Milano 2002. 11 G. Kolko, Il libro nero della guerra, Fazi, Roma 2005.12 A. Caracciolo, L’ingresso delle masse sulla scena europea, in AA.VV., Iltrauma dell’intervento: 1914-1919, Vallecchi, Milano 1968. Il seminario si èsvolto a Milano, sotto gli auspici del CESES.13 Il termine, coniato da D. Bidussa, è stato da lui stesso fatto oggetto dipenetranti riflessioni nel libro L’era della postmemoria, Massetti RodellaEditori, Roccafranca (Brescia) 2012. 14 Si pensi all’interpretazione leninista del primo confitto mondiale, giu-dicato “imperialistico” in ragione della natura stessa del capitalismo, ine-

vitabilmente aggressivo nella fase più alta del suo sviluppo.

A 100 anni dal primo conflitto mondiale

Tempi moderni

una volta ad evocare - quali giustificazioni per eventuali nuovimacelli – il tragico errore di “calcolo” o le ineffabili “illusioni”,a riprova della nostra atavica ostinazione a non voler appren-dere le lezioni della storia. con una aggravante, però: che, inquesto sciaguratissimo e malaugurato caso, la coazione a ri-petere potrebbe configurarsi, per l’umanità, come l’ultimavolta.

NOTE1 R. Albrecht-Carrié, Storia diplomatica dell’Europa. Dal Congresso di Viennaad oggi, Cappelli, Firenze 1964.2 D. Lloyd George, Memorie di guerra, Mondadori, Milano 1933. 3 G. Giolitti, Memorie della mia vita, Garzanti, Milano 1944.4 L’espressione costituisce il sottotitolo del libro di G. E. Rusconi, Rischio1914. Come si decide una guerra, il Mulino, Bologna 1987.5 E. Ludwig, Luglio 1914, Mondadori, Milano1930.6 M. Schettini, Estate 1914. Dal dramma di Sarajevo alla guerra, Feltrinelli,Milano 1966.7 B. Tuchmann, I cannoni d’agosto, Bompiani, Milano 1998.

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Marinetti, Boccioni, Carrà, Russolo, Piatti. SINTESI FUTURISTA DELLA GUERRA

Direzione del Movimento Futurista - Milano, 20 settembre 1914

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32ARTICOLO 33 | N.1-2, 2014 www.edizioniconoscenza.it

Romain Rolland

Tempi moderni/ I protagonisti

Intellettuale Di sPicco Della cultura euroPea tra XiX e XX seco-lo, roMain rollanD nacque a claMencY, il 29 Gennaio 1866.aPPartenente a una FaMiGlia Di estrazione borGHese, Fu Da subi-to avviato allo stuDio Della Musica, alla quale, Fin DaGli anniGiovanili, si DeDicHerà con Passione e coMPetenza, accreDitan-

Dosi, soPrattutto DoPo la Pubblicazione nel 1903 Di una bioGraFiasu beetHoven e la FonDazione Della “revue D’Histoire et critiqueMusicale”, coMe MusicoloGo Di FaMa internazionale. in realtà, labioGraFia beetHoveniana era, seconDo le sue intenzioni, solo la Pri-Ma taPPa Di un ben Più aMPio ProGetto – DesiGnato coMe le vIes deshOMMes Illustres –, cui Darà seGuito con la vIe de tOlstOï (1911)e una DeDicata al MahatMa GandhI (1924).

uomo dal multiforme ingegno, rollandmostrerà un interesse non meno spiccatoper il teatro, come ci attesta la giovanile tri-logia de les tragédies de la foi (1897-1899)e la successiva serie di drammi ispirati allarivoluzione francese.

Divenuto nel 1910 professore di storia del-l’arte alla scuola normale di Parigi e di sto-ria della musica alla sorbona, non esiterà acimentarsi anche con il “genere” romanzo,componendo l’opera-fiume Jean- Christo-phe, uscita in 10 volumi nel periodo 1904-1912 e pubblicata a puntate, prima di uscirein volume, nei “cahiers de la quinzaine” di-retti da charles Péguy. con essa, prendendoa pretesto le travagliate vicende di un gio-vane musicista in lotta con la tradizione, cioffre un suggestivo affresco della Parigidella “belle époque”, mondana e salottiera,vacua e conformista.

nel 1913, in ragione delle sue posizioni pacifiste, si rifugiòin svizzera, dove, per il “Journal de Genève”, scrisse una se-rie di articoli, poi raccolti in volume con il titolo di au-dessus dela mêlée (1915). con tali appelli egli, da una parte, si guada-gnò la simpatia e l’ammirazione dei progressisti di tutta eu-ropa, dall’altra, si attirò l’odio dei reazionari e dei nazionalisti,i quali non esiteranno a tacciarlo di “tradimento”.

ottenuto nel 1915 il Premio nobel per la pace, quattro annidopo si fece promotore di una dichiarazione d’indipendenzadello spirito, sottoscritta tra gli altri da intellettuali come al-bert einstein, stephan zweig, Maxim Gor’kij, bertrand russel,

benedetto croce. con tale iniziativa, rolland – che nel 1917aveva preso posizione a favore della rivoluzione russa, per laquale scrisse ai popoli assassinati –, si era definitivamenteaccreditato, agli occhi di gran parte della pubblica opinione,come l’intellettuale “contro”, che, divenuto simbolo del mondodemocratico e progressista, viveva come obbligo morale l’im-pegno di intervenire sui problemi più cruciali del tempo. in-tanto, però, non aveva abbandonato la sua attività di scrittore,come ci attestano i romanzi Colas breugnon (1920), Cléram-bault (1921), l’âme enchantée in 6 volumi (1922-33).

avvicinatosi alle posizioni del partito comunista sovietico,all’avvento al potere di Hitler, partecipò con andré Gide, an-dré Malraux e altri celebri intellettuali a numerose manifesta-

zioni antifasciste, facendosi tra l’altropromotore, nel 1934, di un appello per la li-berazione dal carcere di antonio Gramsci edando vita, l’anno successivo, a un comi-tato internazionale di aiuto ai prigionieri e aideportati antifascisti italiani. nel 1935, du-rante un viaggio in unione sovietica, ebbemodo di conoscere anche stalin, dal qualeprenderà le distanze dopo il Patto Molotov-ribbentrop. tornato in patria nel 1938, scri-verà ancora le voyage intérieur (1943), ilsaggio dedicato all’amico Péguy (1944), ealtre opere, uscite postume, quali il Journaldes années de guerre 1914-1919, pubbli-cato nel 1952, e il suo ricchissimo epistola-rio, riguardante gli anni che vanno dal 1947al 1950.

Giudicato dai critici più severi come un au-tore prolisso e dispersivo, in buona so-

stanza “ottocentesco”, rolland ebbe il merito indubitabile –sia pure nel novero di una area culturale cattolico-progressistache aveva in Paul claudel a charles Péguy i suoi punti di rife-rimento più illustri – di pungolare gli spiriti dell’epoca, solleci-tandoli a una rigenerazione morale della Francia e dell’europain nome della libertà e della fratellanza.

si spense a vézelay, il 30 dicembre del 1944, mentre in eu-ropa e nel mondo infuriava il secondo conflitto mondiale.

aMaDiGi Di Gaula

Incompreso vaticinatore di pace

Romain Rolland

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L’intervento pubblico per uscire dalla crisi

Proposte e approfondimenti

Il Governo, incerto se bloccare ancora lo sviluPPo Dei GraDoni econoMici sessennali Del-la scuola Per altri anni, Ha invece Deciso Di rinviare ulteriorMente il rinnovo Dei con-tratti collettivi Di lavoro Del Pubblico iMPieGo, scaDuti Dal DiceMbre Del 2010. sorGe il

Dubbio cHe ci sia in qualcHe Partito Di Governo un’ostilità neancHe tanto nascosta nei

conFronti Dei lavoratori Pubblici cHe sono orDinariaMente DePutati aD aPPlicare leGGi,Decreti e circolari e questo Fanno nella MaGGioranza Dei casi, con alcune eccezioni cHe, Giu-staMente, Finiscono sui Giornali e Dal MaGistrato. in sostanza non si sFuGGe alla sensazione

cHe aD alcuni Piacciano Più le eccezioni neGative cHe la reGola Di serietà e Di lavoro Presente

nel Pubblico iMPieGo. non si sPieGa altriMenti la serie Di iniziative Per colPire i DiPenDenti

Della Pubblica aMMinistrazione.

Le aberrazioni della privatizzazione di funzioni pubbliche

elenchiamo queste ostilità, caso mai qualcuno le avesse dimenticate: da dodici anninon si copre il turn-over dei pensionamenti, peraltro incentivati a dismisura, la stra-grande maggioranza di posti resta vuota, perché, con pretesti vari da parte del Mini-stero del tesoro, non si autorizza quasi mai la messa a concorso neanche di piccolequote di posti vacanti (10% o 20%) previste dalla legge e anche quando il concorsoviene autorizzato non giunge quasi mai alla fase delle assunzioni.

al contrario viene sempre consentita l’assunzione molto rapida di consulenti esternisu posti dirigenziali che molto più opportunamente andrebbero messi a concorso,come dice la costituzione all’art. 97.

a questo punto converrà essere chiari. nell’ultimo decennio c’è stata una forza po-litica che, usando la Protezione civile come sperimentazione, ha, di fatto, privatizzatoil più possibile la pubblica amministrazione, azzerando per tale via la maggior parte dinorme vigenti. Ma questo esperimento è miseramente fallito e degli esiti penali se nesta occupando il giudice competente: è ora, quindi, di dichiarare terminato il tentativodi una privatizzazione generalizzata della pubblica amministrazione.

atteso poi che in un paese moderno non si può fare a meno di una pubblica ammi-nistrazione forte e agguerrita, vogliamo riprendere a fare reclutamento e politica diformazione di quadri? Diversamente finiremo per dover dare in “outsourcing” a qual-che ditta di Hong Kong il piano annuale per gli insediamenti scolastici, per mancanzadi idoneo personale statale.

Francesco MelenDez

Aiuto, mister Keynes!

LE POLITICHE DI RISPARMIO

NON SONO NEUTRE. SOPRATTUTTO SE L’OBIETTIVOÈ USCIRE DALLA CRISI ECONO-MICA E RILANCIARE L’OCCUPA-ZIONE E L’IMPRESA E RIDARE

FIDUCIA. L’ATTUALITÀ DELLA

“RICETTA” KEYNESIANA

John Maynard Keynes

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L’intervento pubblico per uscire dalla crisiProposte e approfondimenti

ARTICOLO 33

Le scelte di una politica di risparmio

inoltre vorremmo fare la preghiera di non mescolare, par-lando di spending review, i costi derivanti dall’acquisto di cac-ciabombardieri e di autoblindo con il costo derivantedall’impiego di personale civile ordinario, con il risultato as-surdo che non si copre il turn-over ma si acquistano nuovimezzi bellici: si badi che neanche il più pazzo dei repubblicanistatunitensi ha ipotizzato mai che il posto di funzionari statalipotesse essere occupato, al di fuori di ipotesi di golpe, da au-toblindo e da cacciabombardieri. Pertanto nelle politiche di ri-sparmio teniamo distinti gli oneri per il personale dagli oneriper l’acquisto di mezzi bellici e, dovendo risparmiare, comin-ciamo a risparmiare da questi ultimi, atteso che non dovrebbeessere nei nostri obiettivi fare la guerra a nessuno e anchearmi non all’ultimo grido possono ritenersi sufficienti a difen-derci da tutte le terribili nazioni che vogliono farci la guerra! laguerriglia in afghanistan è sufficiente dimostrazione di questoasserto e, in fondo, se vogliamo restare a casa nostra, anchele quattro giornate di napoli del settembre 1943 bastano a di-mostrare che non sono le armi moderne a dare la vittoria. inquel caso donne, ragazzi, vecchi e militari feriti, senza orga-nizzazione, senza armi se non quelle prese al nemico, fecerofuggire in tre giorni la Wehrmacht! non oltraggiamo la memo-ria di quegli eroi, spendendo stolidamente per armi nuove in unmomento di terribile crisi.

Tradire accordi economici con la scusadel risparmio non è ingiusto, è sbagliato!

il 14 marzo del 1804 napoleone bonaparte dette l’ordine dirapire dal castello di ettenheim, nel Margraviato di baden, ilduca di enghien, nobile di altissimo rango della dinastia deiborbone, che era ostile e dava moltissimo fastidio alla Fran-cia. costui venne poi fucilato nel fossato del castello di vin-cennes il 20 marzo, dopo una farsa di processo, durato ungiorno. la cosa ebbe internazionalmente pesantissime e im-mediate ripercussioni per l’illegalità dell’operazione, iniziatacon un rapimento fuori della Francia.

si dice che napoleone alcuni giorni dopo, parlandone contalleyrand, affermasse: “temo che sia stato ingiusto fucilare ilduca, che ne pensate?” questi dette una risposta cinica edesemplare: “Maestà è stata molto peggio di una cosa ingiusta,è stata una cosa sbagliata!”

associandomi al grande talleyrand, desidererei che il go-verno si limitasse nel fare cose ingiuste, evitando del tutto difare anche cose sbagliate.

Purtroppo nel blocco di scatti economici e di contratti di la-

voro del pubblico impiego si è fatta una cosa ingiusta perchésono stati violati due accordi con le parti sociali. vedremo alparagrafo successivo perché questo sia anche sbagliato.

Gli scatti economici nella scuola e nel pubblico impiego ven-nero adottati quando si soppresse la “scala mobile”, istitutoeconomico pensato per adeguare all’inflazione gli stipendi deilavoratori, perché era causa di una accelerazione dell’infla-zione. al suo posto in tutto il pubblico impiego vennero adottatigli scatti biennali che poi nel 1995, nella scuola, divennero ses-sennali. quest’operazione di trasformazione retributiva ebbecome base una importante intesa sociale con le organizzazionidei lavoratori: bloccare gli scatti è ingiusto perché viola questaintesa.

la stipula quadriennale di contratti di lavoro nel pubblico im-piego nasce dopo oltre 20 anni di studio e sperimentazioneper risolvere il problema di adeguamento dei contratti di lavoroalle dinamiche di cambiamento della società, senza intasare ilParlamento di miriadi di leggi, leggine, commi e commetti chenon solo rallentavano moltissimo l’attività parlamentare marendevano molto difficile comprendere il preciso quadro dei di-ritti e dei doveri dei pubblici dipendenti. questo causava unamiriade di ricorsi, come sempre avviene quando non è benchiara la situazione legislativa. i contratti collettivi di lavoro po-

Adam Smith, Monumento a Royal Mile, Edimburgo

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L’intervento pubblico per uscire dalla crisiProposte e approfondimenti

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nevano rimedio a questo problema di intasamento legislativoe nacquero dopo lungo studio di Giannini, di cassese e di bas-sanini e con una intesa con i rappresentanti dei lavoratori. an-che in questo caso sospendere il rinnovo quadriennale dei ccnl

è ingiusto perché viola unilateralmente specifici accordi.

Adam Smith e John Keynes

adam smith, filosofo scozzese del diciottesimo secolo, è ri-tenuto da tutti il fondatore dei principi dell’economia moderna.nella sua filosofia il funzionamento dell’economia di uno statoè simile all’economia di una famiglia: le entrate devono bilan-ciarsi con le uscite, in caso di eccesso di uscite si determinauna situazione debitoria che, per essere superata, diminuisce,per un certo periodo, la quantità delle entrate (per il paga-mento del debito) e, quindi, causa la diminuzione temporaneadelle uscite.

questa teoria economica, quando negli usa si determinò laspaventosa crisi del economica 1929, non aiutò il Paese auscire dalle difficoltà economica perché, com’è intuitivo, i prin-cipi economici da essa propugnati sono molto rigidi e lenti nelreagire e superare le crisi.

nel 1932, ancora nel pieno della crisi, il neo eletto presi-dente roosevelt chiama negli usa un economista scozzese dinome John Maynard Keynes e lo mette subito in opera. l’effi-cacia dell’intervento di Keynes fu travolgente e rivoluzionaria egià dopo un anno la situazione economica si avviava a velo-cissimi miglioramenti.

la principale diversità tra Keynes e gli economisti classiciconsisteva nel fatto che Keynes non credeva nella capacità diautomatico riequilibrio dei mercati come adam smith, anzi cre-deva che in talune situazioni i mercati tendano sempre più adallontanarsi dall’equilibrio.

in queste situazioni è decisivo l’intervento dello stato chedeve aumentare la spesa pubblica anche a rischio di far cre-scere l’inflazione, perché, dice Keynes, bisogna far crescere ladomanda di beni da parte dei cittadini e la crescita della do-manda farà uscire dalla crisi il Paese.

un esempio banale: se un cittadino compra una penna, au-menta la sua spesa, ma se un milione di cittadini compranouna penna nasce una fabbrica nuova, che dovrà assumere epagare i suoi operai. costoro dovranno consumare per viveree aumenterà la domanda interna di beni, che determinerà unaumento dell’occupazione, che determinerà un ulteriore au-mento della domanda interna e così via crescendo in una spi-rale benefica.

ovviamente la crescita della domanda si ha quando la spesapubblica cresce con intelligenza, ovverosia aumentando l’oc-cupazione, la produttività e la retribuzione dei lavoratori na-

zionali. tanto per essere chiari l’acquisto di qualche decina di auto-

blindo e di un centinaio di nuovi caccia bombardieri, costruitiquasi completamente all’estero, aumenta in minima misura ladomanda interna, pur se incrementa molto la spesa pubblicae quindi l’inflazione, ma senza nessun effetto benefico.

è ben noto, d’altra parte, che, non appena in italia si decisedi sospendere i rinnovi contrattuali pubblici dal 2011, vi furonoimmediati segnali depressivi in seguito al calo della domandainterna che causò il crollo della produzione di molti beni na-zionali, che causò molti fallimenti e molti licenziamenti, checausarono un ulteriore calo della domanda interna e così via inuna spirale malefica. Ma formalmente il blocco dei rinnovi con-trattuali pubblici diminuiva la spesa pubblica e quindi rendevafelici tutti i monetaristi, fedeli alle vecchie regole dell’economiadi adam smith, che ritengono che, comprimendo la spesa pub-blica e causando anche deflazione, si risolva tutto.

Per sfortuna dei monetaristi e per fortuna dell’italia, il nostropaese ha due caratteristiche positive che non avevano gli statiuniti nel 1929.

l’italia è da oltre mezzo secolo il paese con maggiore pro-pensione al risparmio di tutto il pianeta insieme alla cina. que-sta forza economica nelle mani dei cittadini italiani è statausata come potentissimo ammortizzatore e al contempo, datala sua potenza, ha fatto calare la domanda interna molto menodi quanto avrebbe dovuto, date le errate valutazioni dei mone-taristi.

il secondo punto di forza dell’italia è il potente sistema di“welfare” cioè di tutela sociale dei cittadini a fronte delle ne-cessità, in particolare di salute. il sistema sanitario, infatti, tu-tela e garantisce a ogni cittadino tutte le terapie necessarie,indipendemente dal loro costo. in tal maniera non solo ab-biamo evitato un ulteriore calo della domanda interna, ma ab-biamo evitato anche tutti quei reati che negli stati unitivengono commessi per curare parenti che senza cure (che lostato non fornisce) morrebbero.

quindi i liberisti puri, o monetaristi che dir si voglia, non sonoriusciti a danneggiare l’economia italiana così bene come riu-scirono nel 1929 negli usa.

Ma, perbacco, dov’è un roosevelt che chiami un Keynes agestire l’economia nazionale?

e, più banalmente, quand’è che ci decidiamo a far ripartirela contrattazione pubblica, unitamente a meccanismi di valu-tazione del merito e di accrescimento della produttività?

i costi e quindi gli effetti sull’inflazione sarebbero modesti,dato il livello usualmente sobrio degli aumenti contrattuali, magli effetti psicologici e materiali sull’accrescimento della do-manda interna sarebbero significativi.