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2006 IngegneriaAmbienteTecnologie

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Comitato ScientificoCoordinamentoProf. Ing. Dario Lo BoscoOrdinario di Ferrovie della Facoltà di Ingegnerianell’Università degli Studi Mediterraneadi Reggio Calabria

Prof. Attilio CelantPreside della Facoltà di Economiadell’Università “La Sapienza” di Roma

Prof. Ing. Salvatore Di MinoDelegato della Società ItalianaInfrastrutture Viarie

Prof. Avv. Serafino GattiOrdinario di Diritto Commercialenella Facoltà di Diritto Privato e Comunitariodell’Università “La Sapienza” di Roma

Prof. Marius StokaOrdinario nel Dipartimento di Matematicadell’Università di Torino

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Sommario

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Quadrimestrale di RFI – RETE FERROVIARIA ITALIANAAnno 4 - n. 10 - dicembre 2006

Direttore ResponsabileIda D’AntonioDirettore ScientificoDario Lo BoscoResponsabile TecnicoGiuseppe SciumèCoordinamento RedazionalePietro Stramba-BadialeSegretaria di redazioneMaria Grazia Occhipinti

Progetto grafico, impaginazione e stampaIdeal Comunicazione srlVia Colli 24 - 10129 Torino

Foto e illustrazioniFototeca Ferrovie dello Stato SpA

RedazionePiazza della Croce Rossa, 100161 RomaTelefono: 06.44104402Fax: [email protected]

Registrazione Tribunale di Roman. 421/2003 del 3 Ottobre 2003

Le opinioni espresse negli articoli impegnano unicamente le responsabilità dei rispettivi autori. Scritti,fotografie e disegni inviati non vengono restituiti.La riproduzione degli articoli deve essere autorizzata dalla Direzione

Chiuso in tipografia il 29 dicembre 2006

Editoriale• Fattore umano, tecnologie, soddisfazione del cliente

e minimizzazione dei rischi: qualità e sicurezza al primo posto per RFI 4Dario Lo Bosco

Focus | Tecnologie• I sistemi tecnologici per la circolazione 7

Giorgio De Giorgi, Giorgio Di Marco, Pasquale Ventrella

• I sistemi informativi per la circolazione 13Pier Luigi Guida, Alfonso De Ascaniis

• Il sistema ACC, dal banco elettromeccanico al mouse 31Rolando Bassignani, Nicola Benini, Andrea Sagrini

• Dal CTC al SCC 43Giuseppe Boccassi

• Il sistema di controllo marcia treno (SCMT) 59Matteo Scordato

• Il progetto PIC-IaP 75Furio Cinerari, Simona Cristofari, Nuccio Piccinini

• SSC: Sistema di supporto alla condotta 89Paolo Sanna, Daniele Seglias

• Le sale operative ferroviarie 101Valerio Giovine

• Sistemi circolazione in sigle 115

Ambiente | Diritto | Economia | Ingegneria• Una formulazione agli elementi di contorno per l’analisi unificata

aeroacustica e aerodinamica d’un treno ad alta velocità 121R. Ardito Marretta, M. Carley, G. Davi, D. Lo Bosco, A. Milazzo, G. Tesoriere

Ambiente | Diritto | Economia | Ingegneria• Gestione della manutenzione della rete di telecomunicazione di RFI 137

Attilio Gaeta

• Prestazioni delle traverse ferroviarie: confronto tra dispositivi tradizionali e innovativi 143Marco Guerrieri

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[ Argomenti ] 10 EDITORIALE

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rete AV/AC e a quelle principali, preve-

dendo anche l’interoperabilità delle appa-

recchiature di sicurezza adottate con gli

emergenti sistemi europei di controllo

della regolarità di marcia.

Il sistema SCMT, che appartiene alla

famiglia degli apparati ATC (Automatic

Train Control), è stato, ad esempio,

prima installato sperimentalmente sulla

rete sarda, per poi essere adeguatamen-

te esteso a tutta la rete di carattere com-

plementare e regionale, per un totale di

circa 6.000 km.

Esso opera attraverso uno specifico cana-

le di segnalamento cosiddetto RSDD

(Ripetizione segnali di tipo digitale di-

scontinuo), che stabilisce un particolare

“dialogo” fra terra e bordo (nel rotabile) in

alcuni punti significativi della linea, ognu-

no dei quali è fornito di specifiche “boe”,

installate sulle traversine delle rotaie,

capaci d’inviare al ricevente posto sul

mezzo di trazione appositi “messaggi”

con i dati prescrittivi di marcia. Il sistema,

inoltre, s’integra efficacemente con il

controllo della ripetizione continua dei

segnali in macchina (RSC), garantendo,

così, la massima sicurezza d’esercizio.

Insomma, grazie ai nuovi strumenti di

controllo della circolazione in rete e nelle

stazioni messi a disposizione dall’utilizzo

delle tecnologie più avanzate e affidabili

è in atto una profonda trasformazione

anche di figure professionali storiche,

come quella del capostazione, verso ruoli

di dirigente “tecnologo” impegnato nella

supervisione e nella gestione della circo-

lazione da apposite postazioni, dotate di

complesse strumentazioni che mettono

a disposizione una serie d’informazioni

automatizzate, rendendo, così, pratica-

mente nullo il rischio d’errore.

Inoltre, RFI ha proficuamente utilizzato

l’innovazione tecnologica pure per miglio-

rare efficacemente l’informazione al pub-

blico, avviando una profonda trasforma-

zione dei sistemi di comunicazione, otti-

mizzando il grado di soddisfazione della

clientela che sceglie il trasporto ferrovia-

rio rispetto alle altre modalità di sposta-

mento offerte.

In questo numero viene illustrato il signifi-

cativo risultato ottenuto anche in tale dire-

zione dalle Ferrovie italiane, che hanno

concepito l’informazione al pubblico non

come un semplice processo operativo da

realizzare a valle dei provvedimenti di cir-

colazione adottati, ma come attività finaliz-

zata alla mitigazione dei disagi che i clienti

possono talvolta subire, fornendo sempre,

in tempo reale, soprattutto in condizioni

d’anormalità della circolazione, informazio-

ni certe e attendibili, indicando pure utili

alternative di viaggio.

Tutto ciò a testimoniare il costante e pro-

duttivo impegno di RFI, come grande

impresa a servizio del paese, per miglio-

rare sempre più la “qualità globale” del

trasporto ferroviario, nelle stazioni e in

ogni parte della rete.

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RFI ha posto in essere, negli ultimi

anni, un continuo processo d’otti-

mizzazione della qualità e della

sicurezza della circolazione ferroviaria,

utilizzando i più avanzati sistemi tecnolo-

gici per la gestione del traffico nella rete

e nei nodi. Ciò ha consentito anche di

minimizzare gli inconvenienti in esercizio

e di rendere il servizio per la clientela

sempre più efficiente e funzionale alle

molteplici esigenze di mobilità di persone

e merci.

In questo numero di Argomenti viene illu-

strato l’incessante sforzo compiuto dalle

Ferrovie italiane per mitigare il più possi-

bile, grazie all’impiego d’opportuni siste-

mi informatici e di controllo, l’incidenza

del cosiddetto “fattore uomo” nel traspor-

to su rotaia, essendo proprio tale elemen-

to il “punto debole” della sicurezza del

sistema.

Nelle stazioni, ad esempio, per regolare

la circolazione, dai primi apparati elettro-

meccanici di manovra centrale, risalenti ai

primi del ‘900, s’è passati ai più com-

plessi ed efficienti ACEI (Apparato cen-

trale elettrico a itinerari) e, poi, agli ACC

(Apparato centrale computerizzato), men-

tre si riuscirà ad avere la copertura del-

l’intera rete già alla fine del 2007 con par-

ticolari sistemi di comando e controllo per

la gestione del traffico, denominati SCMT

(Sistema controllo marcia treno) e SSC

(Sistema di supporto alla condotta).

Quest’ultimo, in particolare, introduce

un’ulteriore interfaccia tra il sistema di

segnalamento di terra e quello di bordo,

nel treno, eliminando, in tal modo, l’even-

tuale possibilità d’errore umano. La pro-

tezione del convoglio viene, infatti, realiz-

zata mediante un opportuno monitoraggio

tecnologico della marcia del treno rispet-

to ai segnali fissi lungo il percorso e ai

limiti di velocità imposti dalla stessa infra-

struttura ferroviaria.

RFI, in tal modo, sta portando a compi-

mento un complesso e diffuso program-

ma di riqualificazione e miglioramento del

sistema che consentirà presto d’estende-

re anche alle linee regionali (frequentate

da numerosi pendolari e, dunque, a ele-

vato livello d’attenzione per FS) gli alti

standard di sicurezza che le Ferrovie ita-

liane forniscono già compiutamente per la

Fattore umano, tecnologie, soddisfazione del cliente e minimizzazione dei rischi:qualità e sicurezza al primo posto per RFI

DARIO LO BOSCO - direttore scientifico

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La descrizione dell’evoluzione dei sistemi tecnologici per laregolazione della circolazione ferroviaria non può prescin-dere da considerazioni di tipo antropologico in cui, a volte,

nostalgia e tradizione possono prendere il sopravvento rispetto auna concezione d’intendere il trasporto su rotaia profondamentemutata negli ultimi decenni in uno scenario di modernizzazionespinta.Dalla letteratura al cinema, le stazioni e i treni fanno parte, nel-l’immaginario collettivo, della storia del nostro paese. Le immagi-ni delle sequenze drammatiche del neorealismo cinematograficodi Germi, del capostazione del principe De Curtis e, più recente-mente, di Rubini raccontano un indimenticabile vissuto quotidia-no che documenta uno scorcio d’epopea italica, in cui le linee fer-rate e le stazioni rappresentarono l’anima pulsante d’un paese allaricerca della propria identità per poi divenire fulcro determinantenel suo sviluppo economico e sociale, oltre che riferimento d’ap-partenenza nel processo d’unificazione fisica e morale di tutto unpopolo.Dai primi apparati elettromeccanici di manovra centrale dell’ini-zio del ‘900 ai più complessi ACEI e poi ACC per regolare la cir-colazione nelle stazioni, fino alle ultime realizzazioni di sistemi dicomando e controllo per la gestione del traffico nelle linee e negliimpianti, favorite dall’avvento dell’informatica, la priorità negliinvestimenti è sempre stata volta al conseguimento dei miglioristandard qualitativi, tali da garantire la massima sicurezza dei clien-ti e la minimizzazione degli inconvenienti d’esercizio. In questocontesto, che ha visto l’introduzione di tecnologie sempre piùavanzate, la figura carismatica del capostazione sta progressiva-

I sistemi tecnologici per la circolazione

GIORGIO DE GIORGI

direttore dellaDirezione Information & Communication Technology di RFI SpA

GIORGIO DI MARCO

direttore dellaDirezione tecnica di RFI SpA

PASQUALE VENTRELLA

responsabileStruttura eserciziodella Direzione movimento di RFI SpAFocus Tecnologie

Il costante perseguimento della massima sicurezza

del trasporto ferroviario e della soddisfazione dei

clienti – imprese ferroviarie e passeggeri –, unito

allo studio, alla sperimentazione e all’applicazione

delle migliori tecnologie disponibili, ha portato

negli anni RFI a dotare le linee di apparati

di controllo e pianificazione sempre più avanzati

e sicuri, minimizzando i rischi legati al “fattore

umano”. Un’ampia panoramica dello stato

dell’arte e delle applicazioni più significative

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mente evolvendo verso la figura di dirigente operatore che, inter-venendo da postazioni remote, ha a disposizione strumentazioni einformazioni automatizzate per la supervisione e gestione dellacircolazione che consentono d’ampliare la giurisdizione su piùlinee e territori.Questa profonda trasformazione organizzativa, che sta portandoalla realizzazione di posti centrali, invisibili agli occhi dei viaggia-tori, impone alcune riflessioni sul tema della gestione d’un com-plesso sistema “impresenziato”.Un compito fondamentale delle società del Gruppo, nei prossimianni, sarà sicuramente costituito dal sempre maggiore coinvolgi-mento dei clienti e delle istituzioni locali nel nuovo modello fer-roviario.Le stazioni dovranno continuare a essere un punto d’incontro, unluogo plurifunzionale radicato nel tessuto urbano circostante, spa-zio sociale da vivere e condividere, mentre il treno dovrà diven-tare sempre più uno strumento di trasporto, per una mobilitàsostenibile, da privilegiare in ogni situazione e per ogni condizio-ne di viaggio.La diversificazione delle risposte da adottare, la confortevolezza e l’informazione di ogni momento del percorso, unitamente a collegamenti sempre più rapidi e sicuri, sono le sfide già avviatee da consolidare.Con una corretta e appropriata comunicazione e informazionenei confronti dei viaggiatori e con la creazione d’una serie di ser-vizi complementari in stazione sarà possibile coniugare le esigen-ze dei clienti con il progressivo superamento dei vecchi modelligestionali, superati per l’evoluzione tecnologica che ha portatoalla razionalizzazione e al potenziamento dell’infrastruttura e degliimpianti.Il fattore umano che era, perciò, un tempo essenziale per far cir-colare i treni viene oggi fortemente supportato e talvolta sostitui-to dalle tecnologie innovative. I nuovi sistemi tecnologici, infatti,attraverso un lungo percorso che ne ha segnato lo sviluppo neltempo, stanno entrando prepotentemente nel processo ferroviario

della circolazione, e oggi una ferrovia moderna ed evoluta nonpuò prescindere da essi.Le funzioni d’automazione di processo e di governo delle infor-mazioni che è possibile svolgere hanno significativi riflessi sullasicurezza, sull’organizzazione dell’esercizio, sulle prestazioni del-l’infrastruttura e sulla qualità del servizio offerto alla clientela.Questi elementi possono essere considerati articolati su un dop-pio livello: il primo, relativo ai sistemi impiegati per le funzioni dibase della circolazione e legati al segnalamento ferroviario, e ilsecondo relativo a quelli impiegati per funzioni di coordinamen-to, supervisione e distribuzione delle informazioni e legati almondo dell’Information & Communication Technology.Nel presente numero della rivista si darà una visione dello statodell’arte di tali due livelli, descrivendone le applicazioni più signi-ficative, dopo averne di seguito preliminarmente delineato i trat-ti generali che le contraddistinguono.Al primo livello appartengono gli impianti che disciplinano la cir-colazione nelle stazioni e in linea (apparati, blocco), sono prepo-sti alla protezione della marcia del treno (SCMT) e al supportoalla condotta (SSC) e consentono il comando centralizzato deltraffico (CTC, SCC).L’Apparato centrale computerizzato (ACC) rappresenta l’ultimonato nella numerosa famiglia degli apparati, cioè di quegli impian-ti che consentono la circolazione in sicurezza nelle stazioni, cen-tralizzando la formazione degli itinerari e la manovra delle appa-recchiature di piazzale.Tali impianti sono stati contraddistinti neltempo dal tipo d’energia impiegata per la manovra dei deviatoi(meccanica, idraulica ed elettrica) e dalle modalità con cui si sonosviluppate le funzioni di “logica” (o d’interblocco tra le varieapparecchiature di piazzale).L’ACC è caratterizzato dall’impiego della logica programmata perle funzioni di “logica” e dell’energia elettrica per la movimenta-zione delle apparecchiature di piazzale; aumenta le prestazionidegli apparati tradizionali e s’avvale delle tecnologie e metodolo-gie più avanzate nell’elaborazione e trasmissione dati con caratte-

[ Argomenti ] 10 FOCUS | Tecnologie

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I sistemi tecnologici per la circolazione

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re di sicurezza. È già prossima una sua evoluzione in una confi-gurazione, dove s’integrano le funzioni d’apparato e quelle disistema di distanziamento, che costituirà un nuovo passo in avan-ti verso soluzioni che coniugano l’integrazione/ottimizzazionedelle funzioni con la riduzione dei costi.Il SCMT consente la chiusura a bordo del treno dell’anello disicurezza costituito a terra dagli impianti di segnalamento.Attraverso questo sistema sono fornite al treno quelle informa-zioni che consentono di controllarne la marcia in relazione ai vin-coli imposti alla sua circolazione dal segnalamento e dall’infra-struttura. RFI s’è impegnata in un programma d’attrezzaggiodelle linee ampio e concentrato nel tempo, per poter ottenere nelpiù breve tempo possibile su una rilevante parte della rete quelsalto qualitativo per la sicurezza che i tempi imponevano.Il SCC rappresenta l’evoluzione della famiglia degli impianti ditelecomando del segnalamento (CTC) in termini tecnologici efunzionali, integrando, insieme alla funzione principale di gestio-ne a distanza degli apparati periferici di linea o di nodo, funzionicome la diagnostica, le informazioni al pubblico e la telesorve-glianza. Questi impianti sono una primaria sorgente informativa,relativamente alla circolazione, per gli impianti del secondo livel-lo dell’ICT.Passando al secondo livello, occorre subito dire che quello dellacircolazione treni è uno dei processi aziendali che storicamentesono stati più spesso oggetto d’analisi da parte dell’Information &Communication Technology, vuoi per la sua centralità nell’ambito delsistema ferroviario – e l’ICT “vuole” essere di supporto ai processicore – vuoi per la sua specificità, che rende obbligatoriamenteunico, e quindi stimolante, l’approccio da parte degli analisti, vuoiper la sua complessità, che ben si presta a essere studiata con tec-niche sempre più sofisticate e innovative.Il binomio inizia dalla metà degli anni ’70 col CCR (Controllocentralizzato rotabili) a supporto del Servizio movimento e com-merciale nella ripartizione dei veicoli, nel monitoraggio dei carrie nella gestione della merce su di essi trasportata, e col Progetto

orario, dal cui “fotocomposto” la Tipolitografia FS produceva Iltreno – Orario ufficiale delle Ferrovie dello Stato.Una decina d’anni più tardi, la nuova Sala operativa nazionale rea-lizza il monitoraggio, manuale ma in tempo reale, di circa 300treni viaggiatori e 60 merci attraverso il Sistema informativo treniche, insieme ad AFT (Andamento e frequentazione treni) eRanger è stato tra i primi sistemi informativi a recepire il con-cetto di puntualità in termini sia quantitativi (andamento) sia qua-litativi (cause di ritardo).Ma il vero salto di qualità lo si realizza a partire dalla metà deglianni ’90 con il Sistema integrato di supervisione della circolazio-ne treni (SISCT), sistema a più livelli (linea, compartimento, cen-tro) che realizza la vera automazione a carattere nazionale dellaregolazione, coordinamento e supervisione della circolazionetreni, abilitando gli operatori che intervengono nel ciclo di vitadel treno all’utilizzo delle tecnologie informatiche (personalcomputer e stampanti) in sostituzione degli strumenti tradiziona-li (telefono, matita e carta).Dal punto di vista architetturale, l’inizio del processo d’automa-zione è segnato dal mainframe, il “cervellone” centrale, mentre gliutenti dispongono di terminali “stupidi” senza capacità elaborati-va locale; poi comincia la “distribuzione” dei sistemi, utilizzandoarchitetture client-server che consentono di posizionare basi-dati edelaboratori fisicamente nei pressi dell’utente che li deve utilizza-re; infine, gli anni ’90 vedono l’affermarsi delle tecnologieInternet, che permettono la “delocalizzazione” del centro elettro-nico, potendo disporre d’infrastrutture di connettività estrema-mente performanti; le applicazioni web-based diventano le più dif-fuse, anche perché consentono un approccio facilitato da partedell’utente non specialistico.D’altra parte, l’utilizzo di reti geografiche non proprietarie e l’a-pertura dei sistemi al mondo “pubblico” (Internet) rendono indi-spensabile garantire ai sistemi un livello di security molto alto, nonsolo per proteggere il proprio patrimonio applicativo dagli attac-chi esterni, ma soprattutto per rendere disponibile, riservato e

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I sistemi tecnologici per la circolazione

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integro verso gli utenti il dato prodotto dal sistema stesso.Come tutte le grandi aziende che hanno capito il ruolo impor-tante che l’ICT può svolgere a supporto del business, in qualchecaso stimolando e abilitando cambiamenti nei processi, anche RFIha percorso tutte le fasi evolutive delle architetture ICT e si trovaora con un parco applicativo giovane, tecnologicamente avanzatoe con un’ottima copertura dei processi; dispone di un’infrastrut-tura di rete all’avanguardia per la connessione in rete geografica,metropolitana e locale dei siti periferici; adotta policy, sistemi digestione e strumenti di sicurezza informatica che le garantisconoun’adeguata protezione dai rischi di perdita e/o inquinamentodei dati.L’ultima frontiera è costituita dalla SOA (Service OrientedArchitecture), architettura applicativa che consente di progettaresistemi flessibili e modulari, in grado di potersi adattare più facil-mente alle esigenze d’aziende complesse come il Gruppo FS; nondisponendo di standard di mercato applicabili alla circolazione, lascelta strategica è stata l’adozione della SOA come modello diriferimento; con il quale è iniziata la progettazione dellaPiattaforma integrata circolazione (PIC), che rappresenta l’og-getto principale dello sviluppo dei sistemi informativi della cir-colazione.

[ Argomenti ] 10

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Lo sviluppo delle tecnologie dei sistemi di circolazione neglianni 90 del XX secolo e nel corrente decennio ha consen-tito di realizzare in RFI un insieme di progetti, mirati

essenzialmente verso due obiettivi sempre più integrati fra loro:• l’automazione delle operazioni sul “campo”, per la gestione

diretta del movimento dei treni, al fine di raggiungere i relativiobiettivi di sicurezza e di produttività delle risorse;

• il completamento del sistema informativo della circolazione atutti i livelli dell’organizzazione tipica del gestore infrastruttura(stazioni, linee e compartimenti, intera rete), soprattutto al finedella regolarità e qualità del servizio.

In questo sviluppo è stata coinvolta non solo la cosiddettagestione operativa, alimentata dagli apparati centrali di stazione,ma l’intero processo della produzione ferroviaria, che si può in sin-tesi visualizzare come in figura 1. In questa il processo dellaproduzione ferroviaria, ovvero della circolazione, si componed’una catena integrata d’attività che riguardano:• la pianificazione, nel cui ambito rientra la progettazione del-

l’orario di servizio;• la programmazione operativa, che comprende una finestra tempo-

rale di più corto periodo e che si chiude, convenzionalmente,alcuni giorni prima dell’effettivo evento di partenza del treno;

• la gestione operativa, propriamente detta, che riguarda la circola-zione nel suo svolgersi in tempo reale, e che può convenzional-mente concludersi con l’arrivo a destino d’un treno;

• il controllo, quale fase essenziale della verifica a posterioridella stessa circolazione, nonché d’analisi storica dei dati, icui risultati devono riportarsi alle precedenti fasi del pro-cesso in ottica di miglioramento continuo del servizio.

I sistemi informativi per la circolazione

PIER LUIGI GUIDA

responsabile Sistemi informativi circolazione dellaDirezione Information & CommunicationTechnology di RFI SpA

ALFONSO DE ASCANIIS

responsabilePiattaforma integratacircolazione dellaDirezione Information& CommunicationTechnology di RFI SpA

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Tale inquadramento del processo della circolazione ferroviarianon è pertanto diverso dal modello tipo d’ogni sistema di pro-duzione, con le naturali specializzazioni che riguardano il casoin oggetto. Caratteristica generale ne è infatti il cosiddetto“controllo cibernetico”, per cui i risultati d’una fase devonoriportarsi quale input alle fasi precedenti, per il miglioramen-to continuo dell’intero processo, una volta che siano stabilitigli obiettivi da conseguire: essenzialmente i volumi e la qua-lità del servizio reso, in termini di regolarità e sicurezza dellacircolazione ferroviaria, unitamente ad altre caratteristicheproprie del servizio reso alla clientela, di più ampio interesse.Nel caso indicato, la distinzione, in particolare, tra “pianifica-zione” orario e “programmazione operativa” è del tutto con-venzionale e specifica delle procedure di cui, da alcuni anni,s’è dotata RFI, anche al fine di soddisfare in maniera idoneail rapporto con le imprese ferroviarie, oltre che per risponde-re alle direttive comunitarie, che hanno esplicitamente indica-

to la cosiddetta programmazione “contingente” o di breveperiodo (short notice) dell’orario quale specifica caratteristicad’accesso all’infrastruttura, specie per quanto riguarda il traf-fico merci.Ciò in definitiva ha fatto comprendere, sotto la definizionedi programmazione operativa, tutti gli eventi d’aggiorna-mento dell’orario di servizio che risultano definiti in antici-po di quattro o più giorni prima dell’evento di circolazioned’un treno, ovvero il “congelamento” della relativa tracciaorario, salvo ulteriori eventi in esercizio1.Un altro motivo della distinzione tra pianificazione e pro-grammazione operativa, che in teoria non avrebbe motivod’avere una particolare soluzione di continuità, in termini diprocessi informatici, dipende dalla relativa complessità del-l’organizzazione ferroviaria, per cui è necessario stabilire ecomunicare per tempo, a tutti gli operatori dell’esercizio, unprogramma di circolazione, che viene pertanto bloccato inpianificazione, a una certa data; salvo tutte le esigenze diriprogrammazione contingente che si possono richiedere eche, comunque, restano attività normale della stessa gestioneoperativa.In pratica, una “nuova” traccia orario può essere modificatao disegnata in pianificazione entro il suddetto numero digiorni in anticipo sulla prevista partenza del treno, e quindidiffusa, in modo opportuno, a tutte le unità interessate del-l’esercizio. Entro l’intervallo di tempo suddetto, la gestioneoperativa potrà comunque utilizzare, in caso di necessità(treni straordinari ecc.), le cosiddette tracce libere, comun-que inserite e presenti in piano orario.Dal suddetto schema di processo s’evidenziano anche leprincipali interfacce che il “mondo” della gestione operativaconserva con le fasi a monte e a valle, richiedendo da unlato, come input fondamentale, il piano orario, e dall’altrofornendo in output la traccia reale o andamento storico dellamarcia dei treni.

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I sistemi informativi per la circolazione

fig. 1 – Schema generale di processo della produzione ferroviaria

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Quest’ultima viene registrata in maniera automatica grazie aisistemi informatici della circolazione ovunque siano presen-ti, nonché opportunamente integrati dagli operatori, con leeventuali cause di ritardo e altri dati, che interessano la sto-ricizzazione e le funzioni d’analisi proprie del controllo, nonaltrimenti acquisibili.Il processo di circolazione può quindi schematizzarsi comeuna matrice di processo che ha due dimensioni:• la dimensione orizzontale, come sopra illustrata, che ne

richiama le corrispondenti fasi temporali;• la dimensione verticale, che vede al primo (più basso) livel-

lo l’ottica di stazione e quindi risale verso i livelli organiz-zativi più alti, che interessano aree più vaste o l’intera reteferroviaria, anche in relazione alle varie funzioni e compe-tenze gestionali.

LA GESTIONE OPERATIVADELLA CIRCOLAZIONE

In figura 2 si riporta uno schema dell’organizzazione e deisistemi di “gestione operativa della circolazione”, che rappre-sentano il focus del discorso.Si evidenziano i diversi livelli operativi, fra cui i sistemi dicampo, che rilevano come detto gli eventi elementari dellamarcia dei treni e altre condizioni di stato dell’infrastruttura,e ai livelli superiori le diverse funzioni organizzative checaratterizzano l’esercizio ferroviario.Tali funzioni possono a loro volta distinguersi tradizional-mente in tre strati:• stazioni e centri di comando-controllo d’intere linee ferro-

viarie;• centri di controllo e coordinamento del traffico su aree di

rete più vaste (Compartimenti o simili);• un centro di controllo nazionale dell’intera rete (che ha

sede presso la Direzione generale di RFI).

Questa impostazione visualizza come determinati sistemi dicomando/controllo, più oltre descritti, in particolare SCC, posso-no alimentare in modo diretto il sistema informativo della gestio-ne operativa.Nello stesso quadro s’osserva inoltre la posizione relativa deidiversi e più specifici sistemi che compongono il “mondo circo-lazione”, nel quale in particolare si distinguono:• i sistemi d’automazione (SCC, CTC, Sistemi impianto) che

interfacciano direttamente la linea nonché i treni;• i sistemi che svolgono le diverse funzioni di quanto oggi può

senz’altro definirsi Sistema informativo circolazione, qualeinsieme delle applicazioni che supportano le diverse strutture,che fanno anche riferimento a sale operative o centri di coor-dinamento e gestione del traffico.

Nella stessa figura – le cui numerose sigle saranno chiarite qui diseguito e nei diversi articoli – s’evidenzia come a partire dai dati

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I sistemi informativi per la circolazione

fig. 2 – Organizzazione e sistemi di gestione operativa della circolazione

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di marcia treno rilevati dagli stessi apparati centrali di stazione(ACEI e più modernamente ACC), nonché dagli apparati di bloc-co automatico di linea, le informazioni, essenzialmente d’occupa-zione da parte dei treni degli itinerari e dei binari di stazione, daun lato alimentano, come s’è detto, i sistemi di controllo centra-lizzati, e dall’altro i sistemi d’informazione al pubblico.Questi ultimi, a seconda della funzione svolta, vengono inoltreconvenzionalmente indicati come:• InfoStazione;• InfoNodo;• InfoLineaa seconda che interessino la gestione e distribuzione delle infor-mazioni su una specifica stazione, un nodo o un’intera linea fer-roviaria.

I SISTEMI INFORMATIVIE I SISTEMI D’AUTOMAZIONE

I sistemi di circolazione si possono in sintesi suddividere in:• sistemi informativi;• sistemi d’automazione.La principale differenza concettuale è che i sistemi d’automazioneintervengono direttamente, tramite telecomando, sugli impianti dicampo (apparati centrali) della circolazione, mentre i sistemi informa-tivi propriamente detti rivestono funzioni di controllo e supervisio-ne del traffico, che peraltro impattano direttamente sulla regolaritàdella marcia treni. Storicamente il livello degli apparati centrali distazione, singolarmente manovrati dagli operatori sul campo (diri-genti movimento), s’è nel tempo evoluto verso sistemi centralizzatidella circolazione che, da un unico posto centrale (ove ha sede ildirigente centrale operativo), sono in grado di telecomandare interelinee e nodi ferroviari, tramite gli stessi apparati centrali, che pertan-to risultavano telecomandati da remoto e progressivamente “impre-senziati”. Si comprende come la funzione degli stessi apparati, chepresiede al comando-e-controllo degli enti di stazione (deviatoi e

segnali), continua ad assicurare un ruolo di sicurezza vitale sul movi-mento dei treni, da cui nascono specifici requisiti e normative pro-prie del segnalamento ferroviario. Quindi più apparati di un’interalinea o d’un nodo ferroviario venivano posti sotto un unico “siste-ma centrale”. Trattasi dei cosiddetti sistemi CTC (Controllo deltraffico centralizzato) introdotti sulla rete italiana sin dal 1957, conlo storico impianto del nodo di Bologna, e che in seguito si sonosempre più diffusi, per i sensibili vantaggi di sicurezza e produttivitàgenerale dell’esercizio. I sistemi informativi sono costituiti da appa-rati che acquisiscono solo informazioni dal campo, per alimentare iprocessi decisionali propri degli operatori che hanno essenzialmen-te in cura la regolarità della circolazione – dirigenti centrali – e cheintervengono nella stessa attività di regolazione solo tramite ordini einformazioni ai dirigenti movimento delle stazioni. Su tale linea disviluppo, sin dalla fine degli anni 70 del XX secolo si sono comin-ciati a diffondere i primi sistemi CCL (Controllo circolazione linee),a supporto del dirigente centrale nonché degli stessi dirigenti movi-mento. La prima applicazione in tal senso fu realizzata sul tratto dilinea Parma-Lavino e successivamente sulla Roma-Formia (entram-bi estesi successivamente, il primo da Bologna a Milano e il secon-do da Roma a Napoli) (figura 3).

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I sistemi informativi per la circolazione

fig. 3 – Controllo circolazione linee

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Sia il CCL sia i successivi CTC (in particolare quello dellaDirettissima Roma-Città della Pieve, prima di raggiungereFirenze con il completamento della linea) introducevano estesa-mente la tecnologia informatica nelle funzioni degli elaboratoricentrali, anche se tramite “filosofie” diverse:• il CTC attraverso architetture d’elaboratori di processo di tipo

industriale, tipici dei sistemi d’automazione industriale;• il CCL tramite elaboratori più tipicamente utilizzati nell’infor-

matica gestionale.Anche i CTC, peraltro, in relazione alla diversa caratteristica dellelinee cui erano destinati, si sarebbero costruttivamente differen-ziati in almeno due categorie: quelli di più alto livello di sofisti-cazione (oltre al caso citato della Direttissima, si ricorda quello delnodo di Genova) e quelli destinati a linee regionali e a trafficolimitato, che si sono sempre più diffusi (figura 4). Alla fine deglianni 90 del secolo scorso la filosofia del CTC veniva “ri-esporta-ta” anche sulle principali direttrici di traffico, dando vita al pro-gramma SCC (Sistema di comando e controllo), divenuto strate-gico e tuttora in via di completamento sulla rete di RFI (comes’illustra in altro articolo).

A parte comprensibili e sostanziali differenze di costo dellearchitetture d’impianto, fra i due sistemi sopra menzionati –essendo peraltro l’intervento del CTC anche vincolato a pianidi rinnovo più generali dell’infrastruttura (quali l’installazione dinuovi apparati centrali telecomandabili e d’impianti di bloccoautomatico, a correnti di binario o conta-assi) – tutti i sistemi digestione della circolazione sono concepiti per svolgere le fun-zioni identificabili in sintesi come segue:• comando e controllo: assicura l’invio di comandi agli apparati di

stazione, di cui si controlla la corretta esecuzione e lo statodegli enti di piazzale, al fine di renderne compatibili le logi-che di sicurezza della circolazione (è pertanto tipica diimpianti CTC/SCC)2;

• informativa: acquisisce lo stato degli enti sul campo (itinerari,occupazione del blocco ecc.) ed elabora la circolazione (mar-cia treni) rappresentandola in opportuna forma grafica o ana-logica (“train describer”) agli operatori di movimento (carat-teristica sia di CTC sia di CCL);

• messaggistica: provvede allo scambio dei messaggi necessari allagestione della marcia treni, sia fra l’operatore centrale e ilsistema sia assicurando le comunicazioni fra gli stessi operato-ri di movimento;

• previsionale: fornisce all’operatore centrale (DC/DCO) unsupporto decisionale per le attività di previsione e di miglio-re regolazione della marcia treni (tramite precedenze eincroci);

• statistica: costituisce una base dati storica della circolazione aifini delle analisi d’andamento treni e controllo a posteriori odi qualità della produzione ferroviaria.

In relazione alle varie categorie d’impianti, le stesse funzioni,come già accennato, si sono diversamente attualizzate, a partireda quelle essenziali sino a quelle più sofisticate, in linea con lacomplessità raggiunta nelle diverse realizzazioni o con nuoveversioni tecnologiche o “generazioni informatiche” nel frat-tempo maturate. La stessa originale architettura “gestionale” del

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I sistemi informativi per la circolazione

fig. 4 – Moderno CTC di linee regionali

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CCL s’è nel tempo evoluta verso modelli sempre più prossimiai sistemi di controllo di processo.Per completezza del quadro di riferimento, si deve ricordare chea fianco del CCL ha operato per diversi anni un altro impianto,essenzialmente meno evoluto, di tipo informativo, denominatoATN (Annuncio treni numerico), limitato all’essenziale funzio-ne di rappresentare la successione treni ai dirigenti movimentodi linea, oltre che al DC; sistema peraltro progressivamente sosti-tuito dal CCL.Alla fine del 2006 la copertura dei sistemi automatici di circola-zione, sui 16.200 km d’intera rete di RFI, è la seguente (valoriarrotondati):• CTC 7.907 km;• SCC 1.470 km;• SCC-AV 303 km;• CCL 2.400 km;• ATN 1.550 km circa.Pertanto i sistemi centralizzati di telecomando assicurano aoggi la copertura di 9.680 km e quelli informativi coprono3.550 km circa.Più di recente, nell’ambito dello stesso settore è stato realizzatoanche il cosiddetto Sistema impianto, che ha trasferito le citatefunzioni al servizio d’un grande impianto di stazione, per le par-ticolari funzioni di circolazione che in questo vengono svoltenonché per le particolari attività tipiche di quest’ultimo (mano-vra e piazzamento dei treni). Di tale sistema è finora stato rea-lizzato solo l’impianto di Milano Centrale, anche al fine di sosti-tuire un precedente sistema informativo (detto “cappello elet-tronico”, interfacciato con lo stesso apparato centrale di quellastazione).Un’altra funzione che è divenuta sempre più fondamentale deisistemi di circolazione è quella delle informazioni al pubblico che,nascendo, alle origini dai suddetti sistemi quale funzione inte-grativa e pressoché “gratuita” degli stessi, s’è andata via via svi-luppando, con propria autonomia e con specifiche architetture,

al fine di soddisfare i crescenti ed essenziali requisiti d’infor-mare e tradurre nel linguaggio della clientela i dati di circola-zione acquisiti ed elaborati dagli stessi sistemi di gestione del-l’esercizio. Informazione peraltro che, nelle particolari contin-genze di circolazione, dev’essere opportunamente integratadall’intervento dell’uomo per la diffusione di particolari even-ti o decisioni non ancora acquisite o tradotte in comandi ope-rativi nei sistemi.

LE APPLICAZIONI DEL SISTEMAINFORMATIVO CIRCOLAZIONE

Quanto sopra detto ha inteso fornire un quadro del tuttogenerale, e oltremodo sintetico, dei sistemi di circolazione,come introduzione agli articoli che seguono e che ne descri-vono in modo più dettagliato i vari “costituenti”, nell’ambitoin particolare:• del nuovo sistema PIC (Piattaforma integrata circolazione) di

cui s’è dotata in anni recenti RFI, portando a fattor comunetutte le esperienze realizzate nel settore a partire come indi-cato dai primi anni 90 del secolo scorso;

• del sistema SCC (Sistema comando controllo), che ha intro-dotto una nuova classe di sistemi centralizzati di gestione sullarete fondamentale e regionale;

• del sistema IaP (Informazioni al pubblico), sviluppato al finedi soddisfare le crescenti esigenze in tale settore, anch’essostrategico per la qualità del servizio del sistema ferroviario.

Il “mosaico” in definitiva dei diversi sistemi e dei principali pro-getti o “applicazioni” informatiche della circolazione appare infigura 5: in particolare sul lato sinistro dello schema sono indi-cati i progetti relativi alle funzioni d’accesso all’infrastruttura,programmazione degli orari e piazzamento in stazione, che sonostati già trattati nel precedente numero 9 di questa rivista, men-tre il sistema PIC, con le relative evoluzioni, risulta più estesa-mente descritto nell’articolo a esso dedicato.

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Inoltre s’osserva come fra i sistemi di controllo della circolazionegià menzionati una specifica applicazione, che fu introdotta inRFI quale interfaccia comune per tutti i “clienti” di livello supe-riore, è stato il cosiddetto SSDC (Sistema di supporto al dirigen-te centrale) (figura 6).Come ne indica il nome, si tratta d’una workstation che sostituì iltradizionale grafico compilato a mano dallo stesso dirigente cen-trale, allo scopo di:• consentire ai dirigenti centrali (DC), in attesa delle estensioni

di sistemi automatici sul campo, d’inserire manualmente i datid’andamento dei treni, allo scopo di completare “dal basso”l’intero sistema informativo della circolazione e quindi coprirein tal modo, in breve tempo, l’intera rete;

• dare la possibilità al DC d’inserire/integrare le informazioninon acquisibili in modo automatico (cause di ritardo ecc.);

• costituire un’interfaccia standard d’“uscita” per i tutti i suddet-ti sistemi (CTC/CCL/SCC) e verso i livelli superiori dell’or-ganizzazione di circolazione.

Altri progetti significativi completano oggi il sistema informativoin oggetto. Di questi un ruolo importante ha avuto la Schedatreno, che consente di fornire a ciascun treno il proprio orario diservizio e le velocità massime del percorso, oltre che altre indica-zioni utili alla guida (in sostituzione dei fascicoli orario un tempoutilizzati). Un’ulteriore applicazione nella stessa linea di program-ma (ASTER), di recente completata e in corso di sperimentazio-ne nel compartimento di Palermo prima della prevista estensioneintera rete, è il progetto M3/M40, che ha l’obiettivo d’informa-tizzare le tradizionali “prescrizioni di movimento”, consegnate aitreni attraverso moduli omonimi (quali i “rallentamenti” che itreni devono rispettare con riduzione di velocità sulle linee,imposta per varie cause, e altri specifici ordini di condotta al mac-chinista).Altre applicazioni informatiche del sistema circolazione, che peril loro specifico interesse è utile richiamare nella presente rasse-gna, sono:• BDS (Banca dati sicurezza), che supporta RFI nella gestione di

tutte le informazioni e dei relativi casi d’incidentalità della rete(analisi, amministrazione dei processi d’inchiesta ecc.), secondo

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I sistemi informativi per la circolazione

fig. 5 – Il “mosaico” delle applicazioni informatiche del processo circolazione

fig. 6 – Postazioni SSDC(Sistema supporto dirigente centrale)

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peraltro quanto disposto dalle norme in vigore, che affidano algestore dell’infrastruttura detto specifico compito;

• TECS, il cui acronimo significa Trasporti eccezionali e speciali, chesi cura di supportare il ciclo di programmazione e comunica-zione alla linea e a tutte le altre unità dell’esercizio interessa-te della messa in circolazione di treni che, per eccedenza dellacosiddetta “sagoma” e/o dei relativi pesi assiali, richiedono unaparticolare procedura;

• RIACE (Reporting informativo andamento controllo esercizio), qualebanca dati storica di tutti gli eventi di circolazione, comunqueacquisiti e consolidati dai sistemi di gestione operativa;

• PEDAGGIO, che si cura della rendicontazione commercialedella circolazione ferroviaria (imprese di trasporto verso RFI),in base a quanto disposto dai decreti ministeriali e dalle relati-ve condizioni generali d’accesso all’infrastruttura.

Diversi di questi progetti sono peraltro in fase di migrazione avan-zata verso la nuova architettura “a servizi” di PIC.Nella figura 7 si presenta, infine, uno schema riassuntivo e dicarattere funzionale in cui si tenta di raffigurare come i diversiprocessi e applicazioni del Sistema informativo circolazione inte-ragiscono e scambiano dati fra loro, secondo i principali flussi diriferimento. Si deve inoltre sottolineare che, in particolare nel-l’ambito della gestione operativa, è stato già da tempo realizzatoun efficace canale informativo dal sistema RFI verso Trenitalia ele altre imprese ferroviarie che ne hanno fatto richiesta, per for-nire a queste ultime il flusso dati della circolazione in tempo realerelativo ai treni delle stesse imprese. Nel contempo le imprese ealtri soggetti autorizzati possono accedere ai dati di competenza(applicazioni RIACE e BDS già menzionate) attraverso il cosid-detto “Portale PIC”, che consente di gestire sia l’accesso sia il pro-cesso autorizzativo. Fra gli stessi soggetti si ricordano, in partico-lare, il ministero dei Trasporti (Ufficio di vigilanza delle Ferrovie)e le Regioni, che in aggiunta alle imprese ferroviarie figuranoquali clienti del nostro sistema di trasporto, in base ai relativi pro-cessi istituzionali.

Ulteriori sviluppi sono in corso per integrare, in modo semprepiù sinergico ed efficiente possibile, i sistemi informativi checomunque attengono alla circolazione tra RFI e Trenitalia e lealtre imprese di trasporto.

IL PROGETTO EUROPTIRAILS

Una particolare applicazione nel mondo della circolazione in cuipure è impegnata RFI è il progetto EUROPTIRAILS, che ha l’o-biettivo di costituire un sistema di controllo circolazione linee alivello europeo. Il progetto ha le sue origini nel programma ETML(European Traffic Management Layer) patrocinato dell’UIC, e portatoquindi avanti da un consorzio costituito nel 2003 tra vari gestoriinfrastruttura europei (RFF, RFI, DBNetz, OeBB, Prorail, SBB)3. Unnotevole sforzo fu fatto in tal senso per unificare il protocollo dei datie il “linguaggio”dello scambio dei dati fra le diverse reti,oltre che per

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I sistemi informativi per la circolazione

fig. 7 – Sintesi funzionale delle applicazioni del Sistema informativo circolazione

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realizzare un comune clima di collaborazione e di fiducia circa loscambio d’informazioni. Il progetto è stato finanziato al 50%dall’Unione Europea, tramite la DG-TREN (Direzione generale tra-sporti ed energia) e fondi a carico del programma ERTMS-TEN(Trans European Network). Il progetto, di recente consegnato agliutenti per concludere la validazione, ha puntato alla realizzazioned’un sistema informativo dedicato al monitoraggio e controllo deltraffico su linee internazionali, avendo come primo traguardo il cor-ridoio Rotterdam-Milano, e interessando i nostri transiti sia conl’Austria sia con la Svizzera. Ulteriori estensioni in fase d’attivazionesono l’allargamento dello stesso corridoio (figura 8) su altre direttri-ci internazionali verso la Francia (transiti di Modane e Ventimiglia).

Il progetto, il cui elaboratore centrale è peraltro ospitato presso ilCED-RFI di Roma,ha lo scopo di raccogliere e coordinare attraver-so un unico sistema i dati dei diversi sistemi informativi circolazionedei rispettivi partner, mettendo a disposizione i dati sulla marcia treni

in tempo reale senza soluzione di continuità su tutta l’area controllata(esempi nelle figure 9a e 9b), e facilitare tutte le connesse funzioni digestione, previsione e controllo a posteriori del traffico, in completaanalogia con le funzioni tipicamente nazionali o, come più spesso sidice,“domestiche”.

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I sistemi informativi per la circolazione

fig. 8 – Corridoio internazionale del progetto EUROPTIRAILS

fig. 9a – EUROPTIRAILS:Diagramma in temporeale della circolazioneMonaco-Verona

fig. 9b – EUROPTIRAILS:Vista in tempo reale dei treni internazionalinella stazione di Monaco

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Sono comprensibili le funzioni e il ruolo più generale di dettosistema quale supporto alla gestione dei traffici internaziona-li, superando tradizionali difficoltà informative e migliorandoi processi di riprevisione e di riprogrammazione anticipata deitreni “oltre confine”.È inoltre previsto che le stesse informazioni siano messeanche a disposizione tramite accesso Internet alle impreseferroviarie proprietarie del treno, mentre è indubbia l’impor-tanza del progetto verso la progressiva unificazione dei pro-tocolli e delle procedure informatiche nell’ambito degli stan-dard di prevista definizione in ambito europeo, a corredodelle Specifiche tecniche d’interoperabilità (TSI), cosiddetteapplicazioni telematiche nei settori merci e passeggeri (TAFe TAP).Unitamente agli sviluppi in precedenza descritti, ciò testimo-nia come i nostri sistemi informativi di circolazione sianoormai, come si dice, “senza barriere”.Si tratta in sintesi d’un programma che, in particolare negliultimi dieci anni, rappresenta il risultato d’un notevoleimpegno sostenuto in Rete ferroviaria italiana per migliora-re la propria missione nell’area della circolazione, e che oggi,con un po’ d’immodestia, ci pone senz’altro fra gli esempipiù significativi realizzati nel contesto dei gestori di reti fer-roviarie.

NOTE1 Si veda a tal proposito “Argomenti”, n.9, dedicato al processo di pianifica-

zione orario.2 Detto termine (ampiamente usato) di “controllo”, qui di natura più tecnica,

non è da confondere con quello, di carattere più generale, impiegato per espri-mere le attività di supervisione e di regolazione della circolazione di più altolivello gerarchico, tipiche ad esempio d’un dirigente centrale; né con la fun-zione aziendale, d’ancor più ampio significato, di “controllo” di qualità (aposteriori) della circolazione.

3 Trattasi di Réseau Ferré de France e dei gestori di Germania, Austria, Olandae Svizzera.

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Il sistema ACC, dal banco elettromeccanico al mouse

ROLANDO BASSIGNANI

responsabileProgetto ACS dellaDirezione norme,standard, sviluppo e omologazione della Direzione tecnica di RFI SpA

NICOLA BENINI,ANDREA SAGRINI

Progetto ACS dellaDirezione norme,standard, sviluppo e omologazione dellaDirezione tecnica di RFI SpA

INTRODUZIONE

L’Apparato centrale computerizzato (ACC) costituisce allo statoattuale uno dei sistemi al massimo livello tecnologico per lagestione della circolazione ferroviaria. Nasce come evoluzionetecnologica degli apparati tradizionali elettromeccanici impiegatinella movimentazione di treni e manovra attraverso la gestionedegli enti di piazzale (deviatoi, segnali, circuiti di binario ecc.).Il risultato s’evidenzia, sotto il profilo realizzativo, mediante lasostituzione dei relé (figura 1) con apparecchiature elettroniche alogica programmata (figura 8).Il nuovo sistema offre un notevole miglioramento sotto il profi-lo operativo dell’interfaccia d’apparato, conservando allo stessotempo tutte le caratteristiche funzionali dei vecchi sistemi:i comandi impartiti dall’operatore vengono accettati ed eseguiti see solo se l’apparato verifica l’esistenza di tutte le condizioni disicurezza richieste.Oltre a preservare le logiche di movimento per i comandi tradi-zionali, il sistema ACC mette a disposizione una serie di nuovefunzioni migliorative, dedicate al supporto e all’espletamento del-l’attività dell’operatore.Viene così sostanzialmente preservato tutto il bagaglio d’espe-rienza e di professionalità fino a ora acquisito dal personale sugliapparati tradizionali, contenendo al massimo le difficoltà legate alcambio tecnologico apportato. Cambia invece, per la diversainterfaccia presente, la modalità d’interazione del personale sia perl’inoltro dei comandi d’apparato sia per l’acquisizione dello statodegli enti di piazzale:

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ARCHITETTURA

L’obiettivo primario d’un apparato di segnalamento è quello digestire la circolazione ferroviaria, con caratteristiche di sicurezzaintrinseca, ossia tali da garantire la corretta movimentazione ditreni e manovre anche in presenza di situazioni di degrado; degra-do che può interessare non solo gli enti di piazzale, ma anche partisignificative dello stesso ACC. L’imprescindibile requisito dellasicurezza intrinseca è stato raggiunto con diverse modalità imple-mentative, peraltro già sviluppate anche all’estero, basate su duedistinte architetture del modulo d’elaborazione delle logiche:• uno basato sull’impiego di più microprocessori;• l’altro su un unico microprocessore.Al di là della soluzione tecnologica adottata, occorre sottolineareche entrambe le architetture sono in grado di garantire i medesi-mi requisiti di sicurezza richiesti per tali apparati.Se si volesse analizzare da un punto di vista funzionale un appa-rato, tralasciando per il momento la modalità implementativa, sipotrebbe ricondurre l’architettura di sistema d’alto livello a unoschema a blocchi come riportato in figura 3.

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Il sistema ACC, dal banco elettromeccanico al mouse

• non più il banco operatore di tipo elettromeccanico, sostituitoda una tastiera funzionale e da un mouse per computer;

• non più il quadro sinottico, sostituito da una rappresentazionesu monitor affiancata, nei grandi impianti, da uno schermoretroilluminato.

Un confronto esemplificativo tra la figura 2 e la figura 6 meglioevidenzia l’evoluzione tecnologica della postazione operatore deldirigente movimento.

L’ACC garantisce inoltre unottimale interfacciamento conaltri apparati tecnologici dedi-cati alla gestione della cir-colazione.In particolar modo risulta note-volmente migliorata la compa-tibilità con i sistemi di “supervi-sione” (presente solitamentenei grandi impianti) e di tele-comando, come meglio verràillustrato nel prosieguo del-l’articolo.

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fig. 1 – Esempiod’impianto a logicaelettromeccanica cablata

fig. 2 – Banco operatored’un impianto ACEI

fig. 3 – Schema a blocchi architetturale d’un apparato ACC

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Per mezzo delle indicazioni ivi riportate, vengono fornite all’o-peratore tutte le informazioni necessarie per la gestione dellacircolazione.

L’interfaccia di manutenzione (figura 5 e figura 7) si compone d’unoo più video grafici ad alta risoluzione e d’una tastiera estesa conrelativo mouse attraverso i quali l’operatore può interagire con ilsistema di diagnostica e manutenzione al fine di monitorare lo statodi funzionamento dell’apparato e i parametri funzionali degli entidi piazzale.

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Il sistema ACC, dal banco elettromeccanico al mouse

La struttura è di tipo piramidale, con al vertice l’“unità d’elaborazionedelle logiche” e ai livelli inferiori uno o più posti periferici che interagi-scono con gli enti di piazzale per mezzo degli attuatori.Mentre il modu-lo d’elaborazione delle logiche è per ogni impianto unico, indipendente-mente dalla sua consistenza, i moduli relativi ai posti periferici possonoessere in numero diverso.Gli stessi possono essere collocati fisicamente oall’interno d’uno stesso fabbricato o in posizioni più decentrate, a secon-da della conformazione topologica dell’impianto.Più in dettaglio, il bloc-co denominato “Unità logiche d’elaborazione” (figura 4) costituisceil cuore pulsante dell’intero sistema, in quanto depositario della logica difunzionamento e della configurazione del sistema.Esso è preposto,in baseallo stato dei controlli pervenuti dagli enti di piazzale, alla verifica se icomandi d’apparato impartiti possano essere eseguiti e, in caso d’esitopositivo, all’inoltro della disposizione ai moduli d’attuazione preposti.

Le interfacce di circolazione e di diagnosti-ca sono invece le appendici operative attra-verso le quali il personale del movimento edella manutenzione può gestire/governarel’apparato. In particolare l’interfaccia di circo-lazione (figura 5 e figura 6) si compone di:• una tastiera funzionale (TF) attraverso la

quale il dirigente movimento impartiscetutti i comandi d’apparato per l’effettuazio-ne d’itinerari, instradamenti, interventi disoccorso mirato ecc.;

• un terminale operatore (TO) che, oltre aconsentire il comando dei movimenti, nediagnostica la fattibilità mediante un’op-portuna messaggistica e suggerisce qualiprovvedimenti adottare per superare even-tuali impedimenti d’apparato o d’esercizio;

• un (o più) quadro luminoso (QLv) composto da uno o più videoche riproducono schematicamente il piazzale (segnali, DV, SFC,CdB ecc.) e forniscono il controllo dello stato degli enti raffigurati.

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fig. 4 – Unità logica d’elaborazione

fig. 5 – Schema funzionale tipico della postazione operatore a uso del dirigentemovimento in unimpianto ACC

fig. 6 – Posto operatoredel dirigente movimentoin un impianto ACC:risultano subito evidentil’estrema razionalità e l’ergonomia della postazione

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Tutte le varie parti del sistema sono connesse fra loro per mezzo direti di comunicazione dedicate.

CARATTERISTICHE INNOVATIVE

Gli apparati ACC, al di là dell’architettura di sistema e delle interfacceoperative, si distinguono nettamente dagli impianti tradizionali sia per ilmaggior grado di flessibilità e di sicurezza sia per un miglior livello d’in-tegrazione e compatibilità con altri sistemi di supervisione e di gestionedella circolazione ferroviaria. Fra le caratteristiche salienti, che megliosono apprezzate dagli operatori del settore, occorre annoverare le nuovefunzionalità implementate, che nascono come conseguenza dell’introdu-zione e implementazione di logiche di circolazione con caratteristiche disicurezza più elevate rispetto a quelle presenti negli impianti tradizionali,tali comunque da incrementare sia la potenzialità degli impianti (in ter-mini di movimenti effettuabili) sia la flessibilità operativa in condizioni dinormalità o di perturbazione.Ciò porta a uno snellimento notevole delleprocedure operative, che si concretizza in modo positivo su più fronti. Inparticolare vengono eliminati molti dei moduli cartacei che in preceden-za regolavano e disciplinavano i rapporti tra i vari soggetti interessati,qualiil personale del movimento, della manutenzione o di bordo macchina.L’aumento della sicurezza d’apparato è stato invece conseguito con moda-lità diverse, sia ricorrendo all’introduzione di nuovi comandi operatore sia

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Il sistema ACC, dal banco elettromeccanico al mouse

Tramite un’adeguata interfaccia grafica, l’operatore viene guidato nellalocalizzazione delle anomalie d’impianto.Può inoltre far ricorso, a secon-da delle necessità, a un servizio d’assistenza in linea per l’individuazionedelle cause che hanno provocato il disservizio o sulla corretta proce-dura d’intervento da seguire. Sempre attraverso il terminale di manuten-zione è possibile attivare particolari funzionalità (esclusioni) sugli enti dipiazzale al fine d’impedirne l’utilizzo ai fini della circolazione.Ciò garan-tisce al personale maggiori condizioni di sicurezza operativa rispetto agliapparati tradizionali, in quanto il vincolo imposto non è più solo norma-tivo/procedurale, ma insito nella logica di funzionamento d’apparato. Ilvincolo imposto può essere superato solo a seguito d’un comandovolontario di rimozione (dell’inibizione stessa) o mediante l’attiva-zione d’una sequenza di comandi che consentono la movimentazio-ne di treni comunque a velocità ridotta. Si preserva in tal modo l’opera-tività del personale del movimento da possibili comandi indebiti e sigarantisce al personale della manutenzione migliori condizioni di sicu-rezza quando chiamato a intervenire sul piazzale. I posti periferici (figura8) pilotano e controllano in sicurezza gli enti di piazzale mediante appo-siti dispositivi denominati attuatori.

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fig. 7 – Esempio d’informazioni fornitedall’interfaccia di manutenzione

fig. 8 – Posto perifericod’un apparato ACC

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attraverso l’attivazione automatica di particolari vincoli di piazzale. Fra leprime vanno sicuramente menzionate sia le funzioni d’inibizione (di cuiabbiamo già brevemente parlato in precedenza) sia le funzioni di soccor-so mirate, tutte attivabili solo su precisa volontà del personale preposto.Queste ultime consentono di limitare le incombenze a carico del diri-gente movimento al solo ente guasto (deviatoio, segnale ecc.) richiesto dalmovimento. La loro attivazione permette di superare la condizione dipiazzale mancante e, dopo i necessari accertamenti e gli opportuni prov-vedimenti previsti, l’effettuazione di movimenti segnalati a velocità ridot-ta.Tra le funzionalità di sicurezza che vengono attivate automaticamentedall’apparato, indipendentemente dalla volontà degli operatori, vannoannoverate ad esempio la protezione automatica delle convergenze (PAC)e la verifica del CdB ossidato sulla liberazione elastica degli itinerari.L’innovazione che ha caratterizzato gli apparati ACC ha anche portato aun maggior livello d’integrazione e compatibilità tecnologica con gli altrisistemi dedicati alla gestione della circolazione ferroviaria, come il teleco-mando o la supervisione.Tutto ciò si traduce in un aumento delle presta-zioni offerte e dei servizi resi, oltre a un uso più razionale del personaleferroviario.Vengono notevolmente ampliate le capacità di monitoraggiodella circolazione lungo intere direttrici di traffico o bacini d’utenza, con-sentendo l’adozione d’immediate e appropriate misure in presenza di per-turbazioni. Ne beneficia non solo l’esercizio ferroviario, ma l’intera cate-na gestionale, con migliori e più adeguate informazioni anche e soprat-tutto verso la clientela finale.

IMPIANTI ACC IN ITALIA

Lo sviluppo degli ACC nel mercato ferroviario italiano ha conosciuto unaforte crescita nell’ultimo decennio,passando dai primi apparati sperimen-tali a un prodotto ormai evoluto e consolidato sotto il profilo archi-tetturale e prestazionale. Il notevole grado di standardizzazione rag-giunto garantisce al personale preposto condizioni operative uniformi trale diverse tipologie di prodotto e fornitura. Oggi gli ACC si stannodiffondendo sulla rete ferroviaria, con una presenza più significativasu alcuni particolari bacini o direttrici.

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fig. 9 – Gli impianti ACC nella rete ferroviaria italiana

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Basta uno sguardo alla cartina riportata in figura 9 per notare come la retedegli impianti ACC abbracci realtà geografiche assai diverse. Scorrendo ladirettrice trasversale s’incontrano,da Est a Ovest, le importanti realtà costi-tuite dai bacini lombardo e del Triveneto,mentre lungo la direttrice vertica-le s’incontrano,da Nord a Sud,la linea del Brennero,la Milano-Genova-Pisa,l’Adriatica centro-meridionale e l’insulare Messina-Palermo.Accanto alleprincipali direttrici occorre menzionare anche gli importanti bacini diBologna, Firenze, Roma e Napoli. Pur nelle diverse realtà realizzative, checomprendono sia impianti di piccole,medie o grandi dimensioni sia impian-ti presenziati e/o telecomandati,risulta opportuno sottolineare l’enorme ver-satilità della nuova tecnologia nella gestione d’impianti o nodi ferroviari ete-rogenei.È comunque nella gestione d’impianti grandi e complessi che emer-gono in modo preponderante le caratteristiche vincenti degli ACC.Qui l’e-sigenza di coniugare la sicurezza e la flessibilità operativa con l’aumento dellapotenzialità nel numero di treni movimentati risulta particolarmente sentita.L’aumento del numero degli enti di piazzale porta inoltre a una crescita espo-nenziale del numero delle condizioni da dover valutare per l’esercizio in sicu-rezza della circolazione ferroviaria. Ciò costituisce un vincolo difficilmentesuperabile (e in alcuni casi impossibile) ricorrendo alla tecnologia elettro-meccanica tradizionale,ove a ogni condizione logica di sicurezza corrispon-de una rete complessa di relé.Aumentano conseguentemente a dismisura siail numero d’elementi elettromeccanici impiegati sia lo spazio fisico richiestodall’apparato, oltre all’onere economico relativo. Negli apparati ACC, ovel’implementazione delle logiche di movimento non avviene più attraverso lafisicità dei relé, ma per mezzo di variabili e programmi software, viene spez-zato il legame esponenziale tra complessità logica e dimensioni dell’appara-to.Le dimensioni dell’apparato risultano in questo caso direttamente vinco-late al numero d’enti di piazzale presenti, in quanto a ognuno di essi è neces-sario associare un modulo d’attuazione dedicato.Un’analisi tecnico/econo-mica più approfondita consentirebbe d’evidenziare che i vantaggi della tec-nologia ACC nei confronti di quella tradizionale divengono via via più mar-cati con il crescere del numero d’enti di piazzale e irrinunciabili nella realiz-zazione d’impianti complessi. Fra gli impianti particolarmente complessisinora realizzati, una particolare menzione dev’essere fatta per quello diRoma Termini che, inaugurato nel 1999, rappresenta, allo stato attuale, il più

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grande apparato statico d’Europa.Per meglio cogliere l’aumento della poten-zialità conseguita con l’attivazione dell’ACC di Roma Termini basta unosguardo alla tabella 1.

I vantaggi conseguiti sono immediatamente evidenti, in termini sia di numerodi treni movimentabili contemporaneamente sia di numero di movimenti algiorno effettuabili.A breve comunque il suo primato verrà conteso dall’ACCdi Bologna Centrale, la cui entrata in servizio è programmata per il 2008.Purin assenza di dati definitivi, ci si attende un generale miglioramento sia nelnumero dei movimenti effettuabili (incrementati del 50%) sia nella flessibilitàdell’associazione treno-binario di ricevimento/partenza. Notevole è statoanche lo sforzo profuso negli anni per l’attivazione/riconfigurazione di tali

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Il sistema ACC, dal banco elettromeccanico al mouse

Tabella 1 – Confronto fra le prestazioni del nuovo apparato statico ACC di Roma Termini e il vecchio apparato elettromeccanico ACELM (Fonte: ASF)

Principali caratteristiche Roma Termini ACC Vecchio apparato %

Potenzialità [Treni-manovre]/[giorno] 1.500 1.100 40%

Tempo di formazione dei percorsi [sec] 6 40

Movimenti treni contemporanei [-] 35 12 300%

Tabella 2 – Consistenza degli impianti ACC attivati a fine 2005

Impianti ACC attivati/riconfigurati a f ine 2005

Impianti medio-piccoli 60

Impianti grandi (1) 3

(1) Roma Termini, Roma Ostiense, Padova C.le

Tabella 3 – Consistenza degli impianti ACC consegnati o affidati afine 2005

Impianti ACC attivati/riconfigurati a f ine 2005

Impianti medio-piccoli 52

Impianti grandi (2) 5

(2) Messina Scalo (2006), Mestre (2007), Bologna C.le (2008), Pisa e Palermo (2009)

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apparati, come evidenziato nelle tabelle 2 e 3. Risaltano in modo prepon-derante gli investimenti sinora fatti, tali da consentire di tagliare e addirittu-ra superare abbondantemente il traguardo simbolico del centinaio d’appa-rati attivati o riconfigurati entro l’attuale decennio,con una media significa-tiva d’almeno un intervento al mese.

SVILUPPI FUTURI

L’esperienza sinora acquisita nel progetto e nella realizzazione degli ACC rendepossibile un ulteriore salto tecnologico: l’estensione del controllo d’una singo-la stazione al controllo d’una linea da un singolo posto centrale,mantenendole caratteristiche della gestione locale.La piattaforma della multistazione costi-tuisce la prossima frontiera della tecnologia ACC.Sarà possibile gestire più sta-zioni con la stessa affidabilità d’un tradizionale apparato statico,con grandi van-taggi in termini di progettazione e di flessibilità operativa.Una possibile archi-tettura prevede la concentrazione delle regole dell’interlocking di segnalamentoin un Posto centrale con controllo remoto dei dispositivi di segnalamento permezzo d’una rete di comunicazione ad alta velocità. L’implementazione dellanuova piattaforma porterà,a regime,a una riduzione dei costi di manutenzio-ne, installazione e gestione.Grazie al livello elevato di diagnostica e manuten-zione sarà possibile monitorare lo stato di tutti i dispositivi nelle loro modalitàoperative normali o degradate, mentre nuove funzionalità autodiagnostichepermetteranno un uso più efficiente del personale della manutenzione. Ilmanutentore verrà immediatamente informato sulla localizzazione del guasto,sulla sua ipotetica natura e verrà assistito durante l’intervento da un sistema evo-luto di diagnosi.Dal punto di vista degli operatori della circolazione,sarà inve-ce possibile gestire un’intera linea con lo stesse modalità sinora possibili solo inambito stazione,con enormi ricadute nella gestione della circolazione.

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fig. 10 – Schema a blocchidella multistazione

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Dal CTC al SCC GIUSEPPE BOCCASSI

responsabileProgetto SCC della Direzione tecnicadi RFI SpA

INTRODUZIONE

Il termine CTC (Centralized Traffic Control), tradotto in italianocome Controllo centralizzato del traffico, fu coniato, e il marchiodepositato, dalla società statunitense Union Switch and Signal(US&S), anche se il primo sistema centralizzato di telecomandofu messo in esercizio dalla società General Railway Signal (GRS),con l’acronimo TCS (Traffic Control System), il 25 luglio 1927 nellatorre di controllo situata vicino a Jackson e Buckley Streets(Ohio).Il CTC, rispetto ai sistemi precedenti che avevano come figuracentrale il Dispatcher, consentiva (e consente tuttora) la supervi-sione e il telecomando della circolazione da un unico Posto cen-trale (PC).In Italia si deve aspettare il 1957 per veder attivare il primo siste-ma d’esercizio a Dirigenza centrale operativa (DCO) basato sullatecnologia e l’operatività del CTC: il DCO del nodo di Bologna,interamente realizzato a relé.Tale sistema, dopo una lunga e ono-rata carriera, sarà sostituito da un moderno sistema di CTC evo-luto il 14 gennaio 2007.Un ulteriore, significativo passo in avanti è stato fatto nel 1980con l’attivazione del DCO del nodo di Genova (seguito qualcheanno dopo dalla direttissima Roma-Chiusi-Firenze), interamentebasato su tecnologie a calcolatore, che aveva molte delle funzionievolute che caratterizzeranno, oltre venticinque anni dopo, gliSCC.Anche questo sistema ha dato ottima prova di sé per longe-vità e affidabilità nel corso degli anni: è stato infatti completa-mente sostituito dal SCC del nodo di Genova l’8 maggio 2006.Successivamente iniziò l’era dei CTC italiani veri e propri, desti-

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getti terzi (le imprese di trasporto in primis), il continuo monito-raggio (la diagnostica) dello stato degli impianti e delle infrastrut-ture, l’efficienza della manutenzione, la garanzia di servizi di sicu-rezza adeguati per la salvaguardia di persone e beni. Ecco quindiche il SCC nasce articolato in quattro sottosistemi principali: lacircolazione (CIRC), l’informazione al pubblico (IaP) e ad altrisoggetti, la diagnostica e manutenzione (D&M), la sicurezza (secu-rity) e sorveglianza (TS&S).Qualità del servizio significa, però, anche tempestività ed efficacianell’affrontare eventi inattesi, situazioni d’emergenza d’impianto odi circolazione.Di qui nasce la concezione d’un Posto centrale che riunisca inun’unica grande sala di controllo (SdC) tutti gli operatori (figura 1)che devono garantire la massima qualità del servizio in qualsiasicondizione.

Nella SdC operano e cooperano tutti i dirigenti che, a vario tito-lo, intervengono sulla circolazione dei treni, per la manutenzionedegli impianti, sui sistemi di sorveglianza e d’informazione. Congli SCC s’è introdotto, per la prima volta e in modo esteso, il con-cetto d’integrazione di funzioni e d’operatività.

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Dal CTC al SCC

nati alle linee a scarso traffico, che nel corso degli anni ’80 e ’90si diffusero praticamente su tutta la rete FS secondaria.Il salto di qualità in termini di funzioni, d’estensione di linee eloro importanza – fu interessata la rete forte di RFI – avvenne nel1997 con la consegna lavori dei primi sei SCC, acronimo che staa significare Sistema di comando e controllo della circolazione.Troppo poco spazio in questo intervento per poter entrare neldettaglio delle funzioni e dell’architettura del SCC, così comedell’organizzazione: conseguentemente, si farà solo un accennoalle funzionalità e alle figure più importanti, giusto per chiari-re il contesto operativo. Saranno, invece, presi in esame gliaspetti più caratteristici del sistema, quelli che lo distinguononella storia degli altri sistemi di comando e controllo e, ancorapiù delle soluzioni tecnologico/operative, le condizioni in cuisono nate, le difficoltà affrontate e le implicazioni che hannoavuto le scelte fatte.

LO SCOPO E GLI OBIETTIVI DEGLISCC

Le ferrovie sono da sempre impegnate, per la gestione della cir-colazione treni, su due fronti principali, contemporaneamente: lasicurezza (safety) e la regolarità della marcia dei treni. Il SCCriguarda principalmente il secondo.Regolarità di marcia, concetto riaffermato naturalmente, ma che,a seguito dell’evoluzione del sistema del trasporto ferroviario, deinuovi bisogni di un’utenza sempre più allargata e, non ultimo,delle modificazioni, anche sotto l’impulso dell’Unione Europea,all’organizzazione e all’assetto giuridico delle ferrovie, deve oggiessere letto come qualità del servizio fornito all’utenza, a sua voltaarricchito da altri significati e affiancato dal concetto di redditivi-tà dell’impresa.La prima conseguenza dell’evoluzione del significato di qualitàdel servizio ha portato a includere in esso non solo la regolarità ela puntualità, ma anche i servizi informativi al pubblico e a sog-

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fig. 1 – SCC TirrenicaNord con Posto centralea Pisa

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stazioni, anche qui unita all’intensità del traffico, accresceva l’esi-genza d’un sistema informativo che raggiungesse l’utenza capillar-mente, con segnalazioni tempestive e chiare sull’andamento dellacircolazione.Ultimi, anche se non meno importanti, alcuni interrogativi circal’adeguatezza dei sistemi di HMI (Human Machine Interface) e diguida operatore, sperimentati con successo nei CTC, ma che pote-vano non essere perfettamente rispondenti alle esigenze d’unagestione del traffico in aree così estese e ad alta frequentazione.Il lungo periodo intercorso – oltre vent’anni – tra la realizzazionedei primi CTC elettronici in Italia (fine anni ’70) e l’attivazione deiprimi SCC (2002) è motivato, quindi, sostanzialmente dai seguen-ti elementi:• attesa di tecnologie adeguate in termini di prestazioni, d’affida-

bilità e di sicurezza;• lungo utilizzo/sperimentazione sui tratti di linea CTC, meno

critici, dei sistemi di telecomando dotati di HMI altamenteinformatizzati, per consentire un doppio adattamento: quello,attraverso aggiustamenti e successive verifiche sul campo, deglistrumenti ai DCO e, contemporaneamente, quello dei dirigentistessi a tali strumenti.

Solo quando il mercato delle tecnologie ha dato le risposte attesein termini di prestazioni e di costi, gli strumenti a disposizione deglioperatori sono stati affinati adeguatamente e l’esperienza gestiona-le è stata ritenuta sufficiente s’è considerata matura la situazione perintrodurre sulle linee principali della rete FS i sistemi remotizzati dicomando e controllo e i CTC sono divenuti SCC.

LE FUNZIONI

Come già s’è detto, le quattro funzioni del SCC sono tra loro for-temente integrate e vedono interessati, a livello architetturale/tec-nologico e organizzativo/operativo (figura 2), un Posto centrale euna periferia diffusa sul territorio, dove la periferia è costituita daiposti di servizio (PdS) o posti periferici (PP) – stazioni, fermate,

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Dal CTC al SCC

Se s’analizza il SCC dal punto di vista della rete FS e della tipo-logia di traffico interessata, si rileva che esso opera su tratti signi-ficativi della rete principale FS, convenzionale e ad Alta capaci-tà/Alta velocità (AC/AV), quella cioè percorsa dalla maggiorparte del traffico. S’è passati dalle linee a scarso traffico, general-mente a binario unico, territorio incontrastato dei CTC, a linee adoppio binario, con traffico intenso e promiscuo (pendolari, lungapercorrenza, viaggiatori, merci).È stato però evidente sin dall’inizio che questa impostazionerichiedeva il soddisfacimento d’alcune pre-condizioni e compor-tava alcuni rischi.Le condizioni da soddisfare erano prevalentemente di carattere tec-nologico. I computer (hardware e software) e le reti di comunicazio-ni (TLC) dovevano consentire una grande capacità elaborativa, conrisposte tempestive in tempo reale agli eventi e una forte integra-zione di processi e sottosistemi. Dovevano, inoltre, garantire unacontinuità operativa anche in caso di guasti alle apparecchiature, aisistemi d’elaborazione, alle reti di telecomunicazioni e, infine, per-mettere di far fronte a situazioni d’emergenza d’impianto coninterventi in sicurezza da parte dei dirigenti centrali, senza appe-santimenti della normativa.Sul fronte dei rischi, invece, il diffuso impresenziamento delle sta-zioni (s’ipotizzava un 75% di stazioni senza personale, oggi ancorasuperiore), da subito connotato importante dell’intervento, rendevapotenzialmente critica qualunque situazione che implicasse uncoinvolgimento del territorio. L’assenza di personale sul posto,unita alle caratteristiche dell’area (estensione) e del traffico (inten-so), avrebbe potuto causare un’amplificazione delle conseguenze(di-sturbi alla circolazione) a seguito d’emergenze d’impianto.Di qui la necessità di dotare il sistema d’una diagnostica potente ecentralizzata, in grado di monitorare continuamente lo stato delleapparecchiature e in prospettiva degli enti d’impianto, d’orientare lamanutenzione a seguito di guasto e, in taluni casi, anche d’anticipa-re il guasto stesso.L’assenza d’un contatto diretto col pubblico nella maggioranza delle

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verso l’interfaccia SCC-PP/Apparati centrali (ACEI – Apparatocentrale elettrico a itinerari o ACC – Apparato centrale a calco-latore), alla loro elaborazione per rappresentarli in forma grafi-co/pittorica su schermi video (l’equivalente dei quadri luminosiQL delle stazioni), per “inseguire” la marcia dei treni e per rap-presentarli topograficamente sui monitor mediante i loro nume-ri, dando vita al Train Describer (TD) (termine universalmentenoto per indicare l’individuazione e rappresentazione delle posi-zioni dei treni sulla rete).La parte comando prevede tre differenti modi operativi: manuale,dove gli operatori di PC regolano la marcia dei treni impostandoi comandi d’itinerario; semiautomatico, dove la funzione regola-zione/ottimizzazione propone agli operatori i servizi ai treni peruna loro conferma o modifica; automatico, dove l’invio e l’attua-zione dei comandi decisi dalla funzione regolazione/ottimizza-zione avvengono in modo automatico al verificarsi d’eventi spa-ziali o temporali correlati aalla marcia reale dei treni.Nel passaggio da CTC a SCC s’evidenzia uno dei contenuti piùinnovativi del SCC, dal punto di vista sia tecnologico sia ope-rativo: la presenza dei telecontrolli sicuri e, in sostituzione deicomandi doppi dei CTC, dei comandi protetti e sicuri.Suddivisione che contraddistingue la prima generazione di SCC,mentre con la seconda è stato compiuto un ulteriore passo inavanti, trasformando tutti i comandi protetti in sicuri.La tabella 1 sintetizza le tipologie di comandi e controlli nei trecasi applicativi dei CTC, degli SCC di prima generazione e diseconda generazione.

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Dal CTC al SCC

posti di comunicazione – e, per la sola funzione di manutenzio-ne, da un livello intermedio: i presìdi di manutenzione (PMan).

LA GESTIONE DELLA CIRCOLAZIONE

Al di là delle differenze di complessità, la funzione circolazione ditutti i sistemi di comando e controllo evoluti, e quindi anche degliSCC, ha come componenti principali il comando/controllo e laregolazione/ottimizzazione.

IL COMANDO/CONTROLLO E IL HMIIn questa sede sono presi in esame due aspetti caratterizzanti l’ap-plicazione SCC: i telecomandi e telecontrolli sicuri unitamente alHMI e la funzione di regolazione/ottimizzazione.

Il comando/controllo e i telecomandi e telecontrolli sicuriDella componente comando/controllo la parte controllo è pre-posta all’acquisizione nei PP delle informazioni dal campo sullostato degli enti periferici (circuiti di binario, deviatoi ecc.) attra-

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fig. 2 – Schema dellastruttura funzionale del SCC

Tabella 1 – Tipologie di comandi e controlli dei CTC e degli SCC di prima e seconda generazione

Controll i

Comandi

SCC II generaz.

SempliciSicuri

SicuriSemplici

SCC I generaz.

SempliciSicuri

SicuriProtettiSemplici

CTC

Semplici

DoppiSemplici

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ne d’un Vital Encoder nel PC e, a seconda del tipo d’apparatoperiferico, d’un Vital Decoder e relé FS-89 d’interfaccia (casoACEI) o d’una connessione diretta via LAN (Local Area Network)con l’ACC, cui sono demandati i compiti in sicurezza.

L’Human Machine InterfaceI DCO operano attraverso svariati strumenti interattivi (monitor,tastiere e mouse) che consentono loro di conoscere la posizionedei treni nell’area, i loro ritardi/anticipi rispetto all’orario teorico,lo stato degli enti e degli impianti, lo stato operativo delle stazio-ni e d’intervenire attraverso comandi agli apparati periferici emessaggi scambiati con i dirigenti movimento nelle stazioni pre-senziate. Le funzioni a loro disposizione nel PC sono: il TD, il QL,il Train Graph (TG), la selezione itinerari (SI), la gestione delleinformazioni e la messaggistica, il HMI per i comandi e control-li sicuri. Nel Posto centrale il TD è lo strumento che dà ai diri-genti una visione d’insieme dell’area, della posizione dei treni edello stato delle linee e delle stazioni, consentendo loro d’avere inun colpo d’occhio la percezione dell’andamento della circolazio-ne e d’individuare eventuali criticità (figura 3).

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Dal CTC al SCC

L’esigenza di telecomandi e telecontrolli diversi da semplici nasceper far fronte a emergenze d’impianto o di circolazione, con loscopo di permettere ai dirigenti del PC di superare gli inter-blocchi logici realizzati in sicurezza dagli apparati e consentirecomunque la circolazione ai treni.Nei CTC s’è sopperito alla mancanza di tecnologie adatte con l’in-troduzione dei comandi doppi che,non essendo in sicurezza,hannoobbligato ad appesantire le procedure e a limitarne il numero.Tale approccio, però, era inaccettabile per gli SCC che eranodestinati ad aree estese della rete FS, con traffico intenso perbuona parte della giornata: con una normativa gravosa non sareb-be stato possibile far fronte efficacemente e tempestivamente asituazioni d’emergenza, anche di lieve entità, in contemporaneaalla regolazione del traffico nell’intera area. Era necessario intro-durre per la prima volta in Italia la sicurezza nei sistemi a calco-latore distribuiti e commerciali. Occorreva, in altri termini, indi-viduare una soluzione tecnica per i telecomandi e telecontrollisicuri a SIL 4, come prescritto dalle norme CENELEC, chetenesse conto delle caratteristiche commerciali dell’hardware e delsoftware di base (Windows e UNIX) adottati nel SCC e dellanecessità di coniugare un’operatività snella ed efficace.Il primo passo progettuale è stato quindi quello d’allocare i requi-siti di sicurezza affinché il risultato finale fosse un sottosistema di-stribuito (hardware, software, procedura) in sé sicuro. La soluzioneindividuata è basata su due oggetti sicuri, uno al PC e l’altro nelgenerico PP, che, unitamente alla procedura operativa a doppiaconferma (da PC a PP – invio, da PP a PC – richiesta di confer-ma, da PC a PP – conferma), garantiscono la sicurezza del tutto.L’attraversamento del mondo non sicuro, composto dai calcolato-ri di PC e PP e dalla rete TLC, non altera la sicurezza così otte-nuta, così come le tecniche di crittografia adottate non sono fina-lizzate alla sicurezza, bensì alla protezione del sistema da intrusio-ni informatiche non volute.Dal punto di vista hardware e software, il sottosistema sicuro fa affi-damento sulle tecnologie già sperimentate negli ACC: si compo-

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fig. 3 – Una schermatadel Train Describer

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LA REGOLAZIONE/OTTIMIZZAZIONEUtilizzando come paradigma il corpo umano, si può dire chementre la funzione comando e controllo rappresenta la parte sen-soriale (occhi, tatto, udito ecc.), connettiva nervosa (le sinapsi) emanipolatrice (le mani), la regolazione è la parte del cervello cheanalizza e decide sulle singole azioni e l’ottimizzazione è quellache esplora tutta la realtà percepita nella sua complessità e defini-sce le strategie di comportamento sulla base d’una funzioneobiettivo. Rispetto al passato anche più recente, la funzione chesegna per il SCC un passo in avanti nella gestione della circola-zione è l’ottimizzazione.Il passaggio dall’elaborazione di tattiche di governo della circola-zione basate sull’esame d’eventi semplici (il singolo treno, adesempio) a strategie di regolazione che analizzano l’insieme deglieventi e le reciproche influenze e relazioni introduce il concettodi complessità. Se il SCC fosse un sistema puramente matemati-co, si potrebbe dire che il dominio delle equazioni lineari lascia ilcampo a quello delle equazioni non lineari: perché non lineare èil comportamento del cervello dell’uomo, ovvero, in questo caso,degli operatori della SdC mentre gestiscono situazioni intricatedella circolazione treni.Di qui la difficoltà a trattare informaticamente e in tempo realeeventi molto interconnessi tra loro, in grande quantità, e a trova-re il giusto compromesso fra la tempestività del controllo/retroa-zione e l’inerzia dell’intervento, al fine d’evitare la non conver-genza del processo. Contemporaneamente è sempre presente ilrischio che la complessità degli algoritmi usati dal sistema generistrategie d’ottimizzazione non comprensibili dagli operatori equindi rifiutate in quanto non verificabili empiricamente.Le difficoltà inoltre aumentano a mano a mano che la realtà daanalizzare si complica e quindi, se nel caso delle direttrici posso-no essere individuate strategie d’ottimizzazione efficaci, nel casodi nodi molto magliati e in presenza di circolazione fortementeperturbata non sono ancora disponibili soluzioni veramente sod-disfacenti: in altre parole, in questi casi, un buon regolatore umano

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Dal CTC al SCC

Nel corso degli anni dello sviluppo degli SCC si sono adottatedue differenti soluzioni a tale rappresentazione, che deve rispon-dere all’esigenza d’una visione unitaria di tutta l’area del SCC atutti i dirigenti presenti in SdC.I primi SCC utilizzano schermi a grande dimensione (96” di dia-gonale), contigui tra loro e posizionati su una grande parete, visi-bili da tutti gli operatori presenti nella SdC (figura 1).Tale soluzione, anche se scenograficamente molto efficace (nellasua applicazione più estesa – il SCC del nodo di Venezia – sonoinstallati 32 schermi su due linee, per un totale di 32 m di lun-ghezza e circa 100 mq d’area), ha l’inconveniente che richiedelocali ad hoc per la SdC, con grandi dimensioni sia in altezza sia inpiano. Ciò ha implicato costi e tempi di realizzazione significati-vi e la quasi impossibilità di riattare edifici già esistenti in FS.È per questi motivi che negli ultimi SCC s’è deciso d’abbando-nare la grande parete attrezzata e utilizzare per il TD schermi amedie dimensioni (46” di diagonale) che, uniti agli altri strumen-ti a disposizione del singolo dirigente, danno vita alla cosiddetta“isola di lavoro” (figura 4).

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fig. 4 – “Un’isola di lavoro” degli SCC

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A tale scopo nel SCC sono stati sviluppati, sperimentati e instal-lati su alcune tratte sensori e trasduttori, apparecchiature e pro-grammi specifici per le FS (SCADA-FS – Supervisory Control andData Acquisition System-FS) d’analisi in tempo reale del funziona-mento degli enti IS, finalizzati all’individuazione delle loro ano-malie.

LA GESTIONE DELLE INFORMAZIONI AL PUBBLICOQuesta funzione sovrintende, sulla base di quanto elaborato dallaCircolazione su posizione, stato, tempistiche e percorsi previsti peri treni, alla diramazione delle notizie automaticamente agli uten-ti (passeggeri in pectore) nelle stazioni e nelle fermate, utilizzandoi supporti acustici (annunci da altoparlanti) e visivi (monitor dibinario e tabelloni arrivi/partenze) colà presenti.Tra Circolazione e IaP c’è forte integrazione, sintetizzata dalfatto che l’invio automatico delle informazioni (visive e vocali)ai PdS è generato dagli eventi spaziali e temporali gestiti dallaCircolazione.

LA GESTIONE DELLA TELESORVEGLIANZAE SICUREZZAL’impresenziamento dei PdS comporta, come s’è già detto, l’ado-zione di specifiche misure di sorveglianza remota dei locali tec-nologici e delle aree adibite al servizio viaggiatori. I sistemi chesvolgono la funzione di security sono gli impianti d’antintrusionee di rilevamento incendi e i sistemi TVCC.

LA REALIZZAZIONE DEGLI SCC, OVVEROLA GESTIONE DELLA COMPLESSIVITÀ

Altre volte nel corso di questo articolo s’è fatto ricorso al con-cetto di complessità per inquadrare uno dei connotati principalidel SCC, terreno d’incontro di svariate tecnologie (nuove e tra-dizionali) e contemporaneamente sede di cooperazione/integra-zione tra funzionalità e operatori per la gestione dei vari processi

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Dal CTC al SCC

è davvero insostituibile. L’argomento è attuale da svariati anni,oggetto della ricerca a livello nazionale e internazionale, e si pre-sta per sperimentazioni d’algoritmi evoluti (Branch & Bound, retineurali, ad esempio) e di sistemi esperti, grazie anche al continuoprogresso delle tecnologie informatiche, che sfornano calcolatoricon prestazioni (memoria e velocità d’elaborazione) sempre mag-giori e con costi non proibitivi.L’ottimizzazione sviluppata per il SCC può essere definita dimedia complessità, in quanto dà risposte soddisfacenti alle situa-zioni di circolazione perturbata più frequenti, in un contesto didirettrice piuttosto che di rete fortemente magliata, nell’attesa chela ricerca produca soluzioni algoritmiche efficaci per i contestipiù complessi.

LA GESTIONE DELLA DIAGNOSTICAE IL SUPPORTO PER LA MANUTENZIONELa diagnostica fornisce al processo manutenzione gli strumentiper il monitoraggio e la supervisione degli impianti e del sistemaelettronico. A tale scopo tratta informazioni in tempo reale pro-venienti dagli oggetti sotto controllo, storiche, predittive quandopossibile, e gestisce gli allarmi. Supporta inoltre i manutentori construmenti evoluti per la localizzazione del guasto, per indaginidiagnostiche e con una guida operatore per gli interventi dimanutenzione.Il monitoraggio diagnostico viene esercitato sul sistema elettroni-co stesso – costituito da calcolatori, periferiche, LAN, loro alimen-tazioni, software a tutti i livelli gerarchici –, l’autodiagnostica, leTLC, le infrastrutture e gli impianti, i sottosistemi evoluti qualil’ACC e gli enti IS (impianti di segnalamento).Il rapporto tra diagnostica e manutenzione è molto stretto e tantopiù la seconda è efficace e tempestiva quanto più la prima riescea essere precisa e accurata. Ciò non solo per il sistema elettronico,ma anche per gli enti IS più critici ai fini della circolazione(deviatoi, CDB, PL, inversione di blocco, alimentazioni), con l’o-biettivo, se possibile, di prevedere i possibili guasti e prevenirli.

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IL PIANO SCC

L’intervento sulla rete FS riguardante gli SCC ha interessato quasitutte le regioni italiane. Nella prima fase d’attuazione del pianosono stati appaltati gli SCC delle direttrici Tirrenica Nord,Adriatica e Bologna-Verona-Brennero, dei nodi di Genova,Napoli e Venezia con bacino. Successivamente, quello della retesarda (in realtà più un CTC evoluto che SCC), dei nodi diPalermo e di Bologna.A questi vanno aggiunti gli SCC realizzati per le prime due trat-te AC/AV: Roma-Napoli e Torino-Novara.I prossimi passi, oltre alla continuazione degli interventi su tuttele linee AC/AV e all’avvio della fase 2 per ciascuno degli SCC giàattivati, interesseranno ex novo il nodo di Milano e quello diRoma.Nella tabella 2 sono riportati i dati più significativi dei primi 9SCC della rete tradizionale relativamente ai km di linea sottocontrollo, agli investimenti stanziati e alle date d’attivazione ecompletamento.La figura 5 mostra la dislocazione degli interventi sul territorio.

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Dal CTC al SCC

ferroviari. Qui ora si prende in esame molto brevemente la con-notazione della complessità relativa al processo realizzativo delsistema.Che cosa ha contraddistinto, dunque, il SCC durante le fasi realiz-zative per richiamare il concetto di complessità? Diversi elementi:• l’estensione geografica dell’area controllata da ciascun sistema e

la contemporaneità su 6 siti applicativi: gestione d’una dimen-sione spazio-temporale molto impegnativa;

• il contemporaneo sviluppo del prodotto SCC e delle sue appli-cazioni: gestione di situazioni non consolidate e mutuamenteinfluenzanti;

• il parallelismo con lo sviluppo d’altre, nuove tecnologie (ACC,SCMT, ERTMS/ETCS, GSM-R), alcune delle quali forte-mente interconnesse con il SCC e con altre applicazioni(INRETE 2000, PIC, diagnostica estesa agli enti IS ecc.):gestione di situazioni non consolidate e dell’integrazione;

• lo sviluppo di tecnologie in sicurezza interne al SCC, ovvero itelecomandi e i telecontrolli sicuri: gestione del cambiamentofilosofico/tecnologico;

• situazioni d’impianti e di PRG in continua evoluzione a segui-to dei cambiamenti delle strategie di RFI: gestione di situazio-ni non consolidate;

• il cambiamento dell’organizzazione di RFI sia societaria siaoperativa: gestione del cambiamento organizzativo/tecnologico;

• la necessità di procedere ad attivazioni parziali, sia geografiche(non tutti gli impianti di un’applicazione pronti contemporanea-mente) sia funzionali (non tutte le funzioni disponibili a livellodi prodotto generico): gestione delle variazioni in itinere.

A ciò s’aggiungeva una folta presenza d’attori interni alle FS (RFI– di centro e di territorio – e Italferr) ed esterni quali i fornitori.In questo contesto la varietà dei protagonisti, intesi come perso-ne e gruppi, e le loro differenti esperienze pregresse (alcuni terri-tori erano poveri di tecnologie, altri più ricchi) introducevano inmodo pressante l’aspetto psicologico dell’approccio ai problemi edella gestione delle interrelazioni, anche personali.

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Tabella 2 – Dati fondamentali dei primi 9 SCC della rete tradizionale

SCC Km di linea Investimento Data prima Data(fase 1) (M/euro) attivazione completamento

Tirrenica Nord 513 309.000 20/06/2002 2010

Adriatica 623 295.000 07/08/2002 2011

Bo-Vr-Brennero 313 274.000 21/12/2004 2008

Genova 216 166.000 20/12/2003 13/12/2006

Napoli 165 239.000 23/12/2003 2009

Venezia e bacino 454 146.000 06/12/2002 2008

Rete sarda 465 95.000 18/12/2003 05/06/2006

Palermo 450 978.000 06/10/2007 2010

Bologna 200 362.000 2009 2011

Totali 3.399 2.864.000

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fig. 5 – Dislocazione degli SCC sulla rete nazionale

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Il sistema di controllo marciatreno (SCMT)

MATTEO SCORDATO

responsabile Gestionee realizzazione progettiATC della Direzionetecnica di RFI SpA

LE PREMESSE: IL SISTEMA ATC

La sperimentazione del sistema ATC (Automatic Train Control) haavuto inizio, a partire dagli anni ‘90, con lo sviluppo della “faseprototipale” concentrata sul nodo di Cremona (300 Km com-plessivi di binario).Tale sviluppo doveva trasformare il sistema ATP semplificato, ches’era dimostrato inaffidabile, in un sistema affidabile al fine ditestare le difficoltà connesse all’introduzione d’un sistema tecno-logicamente complesso e che aveva come obiettivo il migliora-mento della sicurezza della marcia dei treni e la riduzione deicosti di condotta.Il sistema ATC si poneva l’obiettivo di controllare puntualmente,in ogni momento e ogni situazione, la marcia del treno, visualiz-zando a bordo la velocità permessa e la puntuale informazionedegli eventi che avrebbero potuto interferire con la regolaritàdella marcia.Le specifiche allegate al contratto di realizzazione, pur pensate persistemi ferroviari più complessi, avevano avuto un test funzionaleadeguato solo sul bacino di Cremona, costituito da linee a sem-plice binario e stazioni sostanzialmente tra le più semplici delpanorama della rete ferroviaria.Una prima applicazione su linea più complessa, un breve trattodella Milano-Venezia, aveva già evidenziato una serie di criticitàda dover superare.All’analisi di fattibilità s’è poi aggiunto l’obbligo, derivante dallenorme europee, di prevedere l’interoperabilità delle apparecchia-ture con gli emergenti sistemi europei (ERTMS/ETCS).

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ma SCMT, non appena disponibile la prima versione delle speci-fiche e del prodotto Eurobalise. In Europa non esistevano sistemisperimentati e omologati con le nuove normative CENELEC ele FS dovettero affrontare nello stesso tempo sviluppo, sperimen-tazione, omologazione e realizzazione.

TRANSIZIONE DA ATC A SCMT

Nel 1999 la necessità di realizzare entro i tempi previsti dal pianod’impresa un sistema tecnologico che consentisse la guida dei convo-gli ad agente unico, senza diminuire il livello di sicurezza nella circo-lazione dei treni, ha richiesto una decisione strategica sull’opportuni-tà di proseguire nello sviluppo del sistema ATC, che presentava criti-cità nella sua implementazione, non sanabili nei tempi di realizzazio-ne previsti, per la sua complessità e per le nuove regole europee sullosviluppo dei sistemi di sicurezza e segnalamento.A seguito di ciò, intorno alla metà del 1999 s’iniziò una rivisitazionedel sistema determinata da:1. l’elaborazione dei nuovi standard d’interoperabilità tra le reti

(progetto ERTMS – European Rail Traffic Management System);2. l’introduzione delle nuove normative e procedure per l’omo-

logazione di prodotti e sistemi di segnalamento (ambito CEN-CENELEC) che fissano i livelli di sicurezza da garantire nellarealizzazione degli impianti ferroviari utilizzanti software e hard-ware in sicurezza;

3. il nuovo approccio introdotto dal sistema ipotizzato il cui control-lo automatico della marcia del treno invertiva, in certe condizioni,il rapporto tra uomo e macchina:quest’ultima, infatti, avrebbe con-trollato la marcia in sicurezza del convoglio lasciando all’uomo mericompiti esecutivi nella guida.Conseguenza di tale approccio sareb-be stato un nuovo sistema di norme e regolamenti molto diversodall’esistente, e che oltre a richiedere una profonda trasformazioneprofessionale avrebbe determinato potenziali criticità compor-tamentali del macchinista nel passaggio da condizioni di marcia consupervisione ATC a quella con guida manuale, affidata completa-

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Il sistema di controllo marcia treno (SCMT)

TECNOLOGIE ATC E SCMT

La tecnologia utilizzata nel sistema ATC era quella della boa a 180bit e con velocità di trasmissione dati terra-bordo di 50 Kbit/sec.Il limite tecnologico era tale da limitare la velocità massima dicaptazione delle boe a circa 180-200 km/h.Tale tecnologia inol-tre non era standard a livello europeo.Per tale motivo UNISIG (il consorzio delle imprese europee delsegnalamento) scelse la tecnologia Eurobalise con velocità di tra-smissione dati di 550 Kbit/sec e con messaggio di 1.023 bit inmaniera da consentire la captazione fino a velocità di 500 km/h.Taletecnologia, che si configura come l’evoluzione naturale della boa a180 bit, fu oggetto dello sviluppo dal 1996 (anno della scelta) al 2004(anno del consolidamento finale delle specifiche avvenuto grazie allacampagna di test del GEIE-ERTMS Users Group delle reti ferro-viarie europee). In quest’arco di tempo si sono succedute diverseversioni di specifiche e di prodotto, a partire dalla prima versione del1998 alla seconda del 2001 fino a quella finale del 2004.

In tale contesto fu naturale superare la tecnologia dei 180 bit delsistema ATC, per passare nel 1999 a quella interoperabile del siste-

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fig. 1 –Rappresentazioneschematica delsistema SCMT

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gere le specifiche tecniche, d’optare per modalità d’affidamento e rea-lizzazione degli impianti tali da recuperare sui ritardi accumulati anchese in parte non più colmabili, d’individuare le linee oggetto dellaprima fase degli interventi, circa 4.500 km della rete fondamentale, inmodo tale da avvicinare al meglio gli obiettivi del piano d’impresa edi selezionare imprese che possedessero il know-how del sistema e degliimpianti tecnologici ferroviari italiani,un livello tecnico e un’organiz-zazione adeguata alla complessità della fase di sviluppo secondo lenuove regole europee e la capacità di contribuire alla stesura delle spe-cifiche tecniche.Il SCMT,costituito da un sottosistema di terra e da un sottosistema dibordo strettamente integrati tra loro, è comunque un sistema a tecno-logia completamente innovativa e ha richiesto una complessa fase disviluppo e omologazione, seguendo le severe regole di verifica e vali-dazione introdotte in campo europeo (CENELEC) e fatte proprie daRFI, sulle quali le imprese interessate avevano già maturato esperien-za in applicazioni tecnologiche similari interessanti la sicurezza, qualiad esempio l’ACC di Roma Termini, il Misuratore velocità treno,l’ACC di Roma Ostiense e l’ACC di San Vito.

APPALTI E FORNITORI SCMT

Il sistema risultava funzionalmente e tecnicamente intrusivo dalpunto di vista impiantistico sugli impianti in esercizio di RFI, inquanto richiedente per il sottosistema di terra interfacciamenticon gli impianti di segnalamento esistenti, quali gli apparati cen-trali e il blocco automatico e, per il sottosistema di bordo, inter-facce con gli impianti installati sulle macchine, in particolare sulsistema di frenatura dei mezzi di trazione.Pertanto comportava per le imprese realizzatrici una profondaconoscenza di tali impianti, sia sul piano della progettazione sia suquello della realizzazione e della diagnostica.Tale patrimonio diconoscenze era in possesso inizialmente delle imprese:• Ansaldo Segnalamento Ferroviario;• Alstom;

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Il sistema di controllo marcia treno (SCMT)

mente al macchinista, su linee non attrezzate o in caso di degradodel sistema automatico;

4. l’eccessiva complessità d’un sistema che, concepito per assicurare ilcontrollo completo della marcia del treno,doveva interfacciarsi contutte le tipologie degli impianti di segnalamento esistenti sullarete FS, rendendo pertanto difficoltoso il raggiungimento con-creto degli obiettivi prestazionali nei tempi fissati, per la comples-sità degli interventi necessari.

Le considerazioni sopra esposte hanno portato a rivedere il pro-getto nei suoi contenuti funzionali e tecnologici e d’implemen-tazione sul territorio.Pertanto, pur traguardando la scelta d’attrezzaggio definitivo dellelinee con il sistema ATC/ERTMS, allora ancora in fase di sperimen-tazione in ambito europeo, fu deciso d’individuare, per la rete storicaFS, quale prima tappa d’avvicinamento, il sistema SCMT (Sistema dicontrollo marcia treno) e d’applicare invece il sistema ATC/ERTMSalle linee AV.Il sistema SCMT protegge la marcia del treno, istante per istante, dalsuperamento della velocità massima consentita dalla linea e dal segna-lamento in condizioni normali e di degrado e dagli eventuali supera-menti dei segnali a via impedita, attivando con immediatezza la frena-tura d’emergenza.Esso è trasparente per il macchinista, il quale potrà continuare a utiliz-zare le attuali modalità di condotta, e inoltre s’integra e non si sovrap-pone all’esistente Blocco automatico a correnti codificate, consenten-do in tal modo la piena efficacia degli investimenti già realizzati.Resta garantita, infine, l’interoperabilità con ERTMS, per cui le lineeattrezzate con SCMT,con minimi adattamenti sulla struttura dei mes-saggi delle Eurobalises, potranno essere percorse da treni sui quali nelfrattempo verrà installato il sistema europeo.La decisione adottata portò a optare per una semplificazione del siste-ma ATC originario, mediante lo sviluppo di SCMT, conservandoneperò l’efficacia originaria in termini di sicurezza. Contestualmente lascelta operata ha richiesto di procedere al suo sviluppo e realizzazio-ne,partendo da nuove specifiche funzionali chiare e concrete,di redi-

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L’attività sviluppata secondo i criteri esposti avrebbe consentitonel breve termine d’utilizzare i risultati di tale esperienza integra-ta, in quanto i prodotti rilasciati dal lavoro sinergico (specifichetecniche, modalità di sviluppo della componentistica/sistema, pro-cessi d’omologazione, criteri e modalità di progettazione) sarebbe-ro stati resi disponibili a FS che avrebbe potuto consentire anchead altre imprese lo sviluppo d’analogo sistema compatibile.

MODALITÀ D’AFFIDAMENTO PER LA REALIZZA-ZIONE DELLE SUCCESSIVE FASI 2B E 2CÈ stata comunque prevista la possibilità per le altre imprese, allo-ra non inserite nell’accordo quadro in quanto non in possesso delnecessario know-how ferroviario italiano, di poter sviluppare unproprio sistema con idonee apparecchiature e prodotti, su un trattoferroviario sperimentale e conseguentemente, a validazione avvenu-ta, di partecipare agli affidamenti delle successive fasi realizzative 2Be 2C.È stata effettuata pertanto nel 2004 una gara europea di sviluppoe sperimentazione per l’individuazione di nuovi fornitori dei sot-tosistemi di terra.La gara ha consentito di selezionare, in base alla valutazione deirequisiti e delle tecnologie possedute per la realizzazione del sot-tosistema di terra SCMT, quattro nuovi fornitori cui sono stateaffidate tratte di sperimentazione per testare nuovi prodotti. Inuovi fornitori sono risultati:1. Consorzio VM (Mer Mec-Esim).Tratta sperimentale: Chieuti-

Ripalta;2. ATI Elettromeccanica CM-Eredi Giuseppe Mercuri. Tratta

sperimentale: Forte dei Marmi e tratte limitrofe;3. ATI Alcatel-Gemmo.Tratta sperimentale: Brucoli-Megara;4. ATI Selta-Site.Tratta sperimentale: Milazzo-Novara MF.Gli affidamenti delle fasi 2B e 2C sono stati realizzati mediantedue bandi di gara europea riservata a fornitori qualificati, chehanno portato all’affidamento nel 2005 e nel 2006 di tutte le lineeda attrezzare per complessivi 10.700 km.

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Il sistema di controllo marcia treno (SCMT)

• Bombardier (ex AD-Tranz);• GE Transportation System (ex Siliani).Infatti le suddette imprese costituivano il raggruppamento tem-poraneo affidatario della gara, effettuata nel 1997, per la realizza-zione del sistema ATC.In particolare Ansaldo,Alstom e Bombardier erano le uniche impresequalificate alla fornitura e installazione di sistemi quali il blocco auto-matico e gli apparati centrali statici sulla rete FS; inoltre Ansaldo eAlstom erano le uniche imprese che avevano progettato, realizzatoe installato i sistemi a bordo dei rotabili che s’interfacciano con gliimpianti di segnalamento esistenti sulla rete FS (ripetizione segnali inmacchina su blocco automatico a correnti codificate).Pertanto è stato deciso d’affidare al raggruppamento temporaneod’imprese Ansaldo,Alstom, Bombardier e GE Transportation Systems larealizzazione del sistema SCMT del primo lotto di 4.500 km per lefasi 1 e 2A, mediante un accordo quadro e successivi contratti appli-cativi. Ciò in quanto, pur se ciascuna delle società aveva la capacità disviluppare un sistema simile,nessuna possedeva singolarmente una talepotenzialità da portare a termine l’intero processo di sviluppo e rea-lizzazione su tutte le linee individuate entro i termini temporali pre-fissati e vincolanti per il piano d’impresa. D’altra parte, obiettivoimportante dell’affidamento era la completa interoperabilità in sicu-rezza di sottosistemi sviluppati parallelamente da ciascuna impresa.L’elemento determinante nella scelta operata è comunque individua-bile nell’assoluta necessità di pervenire a un sistema che si sviluppassee si realizzasse con la partecipazione delle diverse esperienze, capacità,conoscenze d’ogni impresa (dalla stesura delle specificazioni tec-niche alla progettazione, realizzazione e attivazione degli impian-ti), affinché, indipendentemente dalla componentistica tecnologi-ca costruita da ciascuna società, il sistema stesso garantisse unacompleta interoperabilità in sicurezza con una perfetta integrabilità disoftware (linguaggi e protocolli condivisi fin dalla fase di sviluppo e diprogettazione) dei diversi sottosistemi di terra e di bordo e fosse instal-labile senza alcuna limitazione su tutte le tipologie di linea ferroviaria,nonché con i medesimi livelli prestazionali.

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propedeutiche che hanno interessato differenti strutture e societàdel Gruppo FS:• revisione dei contratti in corso (RFI,Trenitalia, Italferr, D. lega-

le-Holding);• riorganizzazione delle strutture operative del ramo tecnologico

(RFI, Italferr);• stesura delle specifiche dei requisiti funzionali e di sistema di

SCMT (RFI).Le tre azioni citate, che hanno determinato l’impiego d’un note-vole volume di risorse specialistiche dedicate, completate nell’a-prile 2000, hanno permesso un’ipotesi di sviluppo del sistemaarticolato secondo fasi successive tra loro intrinsecamente corre-late. Esse sono:• sviluppo prototipale;• attività d’omologazione dei sottosistemi di terra e bordo;• attrezzaggio di 10.750 km di rete e di 3.200 rotabili suddiviso in:

1. realizzazione di fase 1;2. realizzazione di fase 2;3. realizzazione di fase 3.

SPERIMENTAZIONE SISTEMAE OMOLOGAZIONE FORNITORI

La fase di sviluppo prototipale, attraverso il quale s’è giunti all’omolo-gazione del sistema, attraverso la sperimentazione dei componenti siadel sottosistema di terra (SST) sia del sottosistema di bordo (SSB), èstata effettuata sulla tratta Settimo-Vercelli della linea Torino-Milano.Sono state inoltre effettate le attività,previste dalle norme CENELEC,per il processo omologativo delle applicazioni specifiche:• del SST, per il quale è risultato opportuno articolare il processo

medesimo sui tre compartimenti distinti di Milano, Roma eNapoli; in particolare, le tratte individuate sono le seguenti, già pre-senti nel progetto originario d’ATC:– compartimento di Milano (omologazione dell’applicazione spe-

cifica Alstom): tratte Monza-Chiasso e Monza-Lecco;

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Il sistema di controllo marcia treno (SCMT)

CARATTERISTICHE TECNICO-REALIZZATIVE

Anche il piano strategico di copertura della rete è stato completa-mente rivisto rispetto al progetto ATC; s’è passati infatti dal piano dei6.500 km,che non prevedeva alcun intervento sui restanti 10.000 kmdell’infrastruttura nazionale, a un organico programma che ha previ-sto l’attrezzaggio con il sistema SCMT di circa 10.700 km di linee,costituenti la parte di rete fondamentale, e l’adozione d’un sistema disupporto alla condotta (SSC) sui restanti circa 5.000 km di rete secon-daria,dove la velocità consentita non supera generalmente i 100 km/he la densità di circolazione si mantiene sui 60 treni/giorno x binario.

OBIETTIVI

Gli obiettivi di base della realizzazione del sistema sono i seguenti:• aumento della sicurezza della circolazione mediante:

– attrezzaggio della rete principale con il sistema SCMT;– interventi integrativi necessari a completare la messa in sicu-

rezza degli impianti tecnologici di segnalamento delle lineeinteressate (eliminazione di buchi di codifica del BA ecc.);

• riduzione dei costi di condotta: l’introduzione del SCMTpermette, in combinazione con l’impiego del sistema di comu-nicazione radio terra-treno GSM-R, la guida del treno con unsolo agente e quindi offre la possibilità alle imprese ferroviaried’uniformarsi ai moduli di condotta adottati da sempre in tuttaEuropa e sulle ferrovie in concessione operanti in Italia (anchenon in presenza di tecnologia adeguata), riducendo i costi digestione e aumentando nello stesso tempo il livello di sicurez-za della circolazione.

ARTICOLAZIONE DELL’INTERVENTO

Il percorso di congelamento del progetto ATC e avvio di SCMTha richiesto determinate azioni di tipo gestionale e organizzativo

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REALIZZAZIONE DI FASE 2A:La fase 2A ha comportato la realizzazione di altri 4.250 km di linee.

REALIZZAZIONE DI FASE 2B:La fase 2B ha comportato la realizzazione di altri 3.500 km di linee.

REALIZZAZIONE DI FASE 2C:Nella fase 2C sono previsti gli interventi di completamento ai 10.750 km di rete. È suddivisa in una prima parte d’attività pro-pedeutiche e in una seconda parte che riguarda la realizzazionedegli interventi a completamento.

REALIZZAZIONE DI FASE 3 E SPERIMENTAZIONE E REALIZZAZIONEDEL SISTEMA INTEGRATONella fase 3 sono previsti interventi integrativi con l’attrezzag-gio d’ulteriori linee, per circa 800 km, con il sistema SCMT ed’upgrading con l’introduzione di nuove funzionalità (infill) delsistema medesimo che ne migliorano le prestazioni e la dia-gnosticabilità.

STATO D’ATTUAZIONE DEL PROGRAMMA

Nel dicembre 2003 s’è proceduto alla messa in servizio deiprimi 1.100 km di rete e dei primi rotabili teste di serieattrezzati con il nuovo sistema SCMT, significativa fase delpiano di realizzazione del Sistema di controllo marcia treno su10.750 km di linee della rete RFI e d’installazione su tutto ilparco rotabili di Trenitalia.Nel 2004 è stata effettuata una riprogrammazione delle atti-vazioni da effettuare, portando l’estensione delle linee da4.500 km a 5.200 km circa per garantire una copertura d’e-sercizio SCMT anche su itinerari paralleli a quelli principali e

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Il sistema di controllo marcia treno (SCMT)

– compartimento di Roma (omologazione dell’applicazionespecifica Bombardier): tratta Fara Sabina-Fiumicino;

– compartimento di Napoli (omologazione dell’applicazionespecifica ASF): tratte Salerno-Battipaglia e Salerno-Nocera(via Cava dei Tirreni).

• del SSB, per 13 teste di serie da omologare come applicazionispecifiche Alstom e ASF.

Il programma SCMT prevede anche una fase di sperimentazionesu una linea di confine interoperabile per testare la realizzazio-ne della funzionalità ERTMS livello 1 integrata con il sistemaSCMT. La linea presa in esame è una tratta del corridoioRotterdam-Genova, già dotata del sistema SCMT e sulla quales’intende sovrapporre il sistema ETCS livello 1, per una velocitàmassima consentita di 150 Km/h. Nel momento in cui sarà stan-dardizzato in ambito europeo l’infill radio, verranno eseguiti testsperimentali per verificarne le funzionalità e quindi introdurlosulla parte di rete attrezzata/da attrezzare con ETCS livello 1.

PROGRAMMA DI REALIZZAZIONE SCMT

Lo sviluppo del sistema è stato articolato secondo delle fasi fun-zionali:• fase 1: attrezzaggio di 1.000 km di rete;• fase 2A: attrezzaggio di 4.250 km di rete;• fase 2B: attrezzaggio di 3.500 km di rete;• fase 2C: attrezzaggio di 2.050 km di rete;• fase 3: interventi integrativi su ulteriori linee e di upgrading

e sperimentazione e realizzazione del sistema integrato.

FASE 1: ATTREZZAGGIO DI 1.000 KM DI RETEIn questa fase sono stati attrezzati circa 1.000 km di linea cosìripartiti:• le direttrici:Torino-Venezia, Milano-Napoli;• i nodi: Milano, Roma, Napoli;• le trasversali: Pontremolese.

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Il sistema di controllo marcia treno (SCMT)

offrendo la garanzia di chiusura mediante ulteriori tratte dilinea d’alcuni itinerari consistenti ai fini dell’esercizio com-merciale. Nell’agosto 2004 è stato emesso il bando europeorelativo alla gara d’appalto della fase 2B per complessivi 2.800km circa di linee.Nel luglio 2005 è stato emesso il bando di gara per la fase 2Cper l’attrezzaggio dei km residui del programma SCMT.Nella tabella 1 è riportata una sintesi dello stato di realizza-zione del sistema SCMT nei compartimenti, in termini di kmdi linee attivati/da attivare.

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Tabella 1 – Stato di realizzazione del sistema SCMT

Compar timento Linee attivate in conto anno Linee da attivare

2003 2004 2005 2006 2007 Totale

Torino 111 215 237 184 95 842

Milano 308 326 333 324 0 1.291

Verona 116 11 305 142 0 574

Venezia 76 109 220 115 4 524

Bologna 149 325 275 116 0 865

Firenze 121 485 343 67 261 1.277

Roma 115 200 215 263 125 918

Ancona 0 215 86 151 223 675

Napoli 91 112 371 129 92 795

Genova 0 0 160 219 153 532

Trieste 0 0 35 158 202 395

Bari 0 0 100 360 163 623

Reggio Calabria 0 0 79 443 469 991

Palermo 0 0 0 182 270 452

Totale 1.087 1.998 2.759 2.853 2.057 10.754 fig. 2 – Stato d’attivazione del sistema SCMT

linee già attrezzate

linee da attrezzare

linee da attrezzare con diverse tecnologie (SSC)

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Il sistema di controllo marcia treno (SCMT)

Come opera il SCMT

ll SCMT appartiene alla famiglia di sistemi più in generale definiti ATC (Automatic TrainControl) o “controllo automatico (della marcia) treno”. Sono così definiti gli apparati chehanno componenti sia a bordo del treno sia lungo linea, tali da evitare che il treno superila velocità massima ammessa in ogni punto del percorso, per vincoli propri (del materialerotabile) o restrittivi del segnalamento, dell’infrastruttura ecc. Il SCMT richiede inoltred’essere integrato con gli apparati già in esercizio, in quanto richiede interfacciamenti congli impianti di segnalamento di terra esistenti, quali gli Apparati centrali e il Blocco auto-matico, nonché interfacce con gli apparati di bordo dei rotabili, in particolare con quellofrenante. Peraltro non modifica i princìpi di circolazione già esistenti né la loro applicazio-ne normativa. Il SCMT opera attraverso il canale di segnalamento cosiddetto RSDD (Ripetizione segnalidi tipo digitale discontinuo) che stabilisce il dialogo fra terra e bordo solo in certi puntisignificativi o critici della linea; ognuno dei quali è fornito di “boe” (anche dette in gergodal francese “balise”, o dall’inglese “transponder”) che realizzano i cosiddetti PI (Puntiinformativi). Le boe (figura 3) sono dispositivi installati sulle traversine fra le rotaie, ingrado d’inviare all’antenna ricevente sotto cassa del mezzo di trazione appositi messaggi(“telegrammi”) con i dati prescrittivi di marcia. In altri casi l’informazione può essere dataa mezzo di “loop”, cioè un circuito radiante via cavo – anche detto infill – in grado di ripor-tare in anticipo l’informazione d’un segnale o alta boa posti a valle.

fig. 3 – Coppia di boe SCMT

L’apparecchiatura di bordo controlla in sintesi che la velocità del treno non sia superiorea quella massima imposta dalle diverse condizioni, realizzando una logica d’“appuntamen-to” fra due successivi punti del percorso. In particolare il controllo della marcia del trenoavviene nel rispetto:• dei segnali fissi (di 1a categoria e di protezione dei passaggi a livello con barriere);• della velocità massima ammessa:

– sugli itinerari (arrivo/partenza/transito) delle stazioni;– dalla linea, in relazione al rango dei rotabili in composizione;– dalla frenatura (percentuale di massa frenata del convoglio);– dal materiale rotabile;– dai rallentamenti interessanti la piena linea, i bivi e i binari di corretto tracciato non-

ché quelli deviati percorribili a una velocità superiore a 60 km/h; – da eventuali riduzioni di velocità diverse dai rallentamenti;– da altre particolari condizioni di marcia (per esempio ricevimento su binario tronco

con paraurti ecc.).Il SCMT s’integra inoltre con il controllo della Ripetizione continua dei segnali in macchina(RSC), relativa al blocco automatico a 4 o più codici, sulle linee ove questo sia già presente.Nel caso in cui il macchinista non rispetti i predetti parametri, l’apparato di bordo inter-viene, a seconda dei casi, con diverse modalità (controllo di velocità). In pratica il siste-ma costruisce e aggiorna a ogni punto informativo specifiche curve di velocità (figura 4),che stabiliscono corrispondenti livelli di controllo, che il treno non deve superare, dalpunto corrente di linea a quello prossimo (obiettivo), avente una data restrizione qualel’assoluta fermata (prima del cosiddetto “punto protetto”) o il vincolo di superamento avelocità non superiore a un certo valore.

fig. 4 – Curve di velocità SCMT

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Peraltro l’apparecchiatura non fornisce sul cruscotto in cabina informazioni di spazio e divelocità, salvo l’indicazione, con apposito simbolo, della “velocità di rilascio ridotta” oppu-re della rimozione del tetto della stessa velocità.Si considerino ad esempio i seguenti modi d’operare:• velocità massima:

– al superamento della velocità massima ammessa (curva nominale), aumentata d’unmargine operativo (curva d’allerta) viene attivata una segnalazione acustica/lumi-nosa (suono intermittente/luce rossa fissa sul tachimetro), con associato il “taglio”di trazione dei motori e l’inserimento di frenatura elettrica (se presente);

– al superamento d’un ulteriore margine operativo (curva di controllo) viene attivataanche la frenatura pneumatica d’urgenza, con associata una segnalazione acusti-ca/luminosa diversa dalla precedente (suono continuo/luce rossa lampeggiante sultachimetro). La frenatura pneumatica d’urgenza è riarmabile previo intervento volon-tario del macchinista, allorché la velocità del treno per effetto della frenatura vieneridotta al disotto del valore imposto dalla curva di controllo;

• segnale a via impedita:– all’avvicinarsi a un segnale disposto a via impedita, il sistema protegge il treno fino

alla velocità di 30 km/h (velocità di rilascio); in situazioni particolari protegge finoalla velocità di 10 km/h (velocità di rilascio ridotta). Rimane comunque attiva la fun-zione di taglio trazione e d’attivazione della frenatura d’urgenza rispetto all’indebitosuperamento del segnale disposto a via impedita. Il sistema assicura in ogni casol’arresto del treno prima del punto protetto dal segnale.

In aggiunta al rispetto della velocità o fermata imposte dal successivo segnale di bloccoo di protezione all’ingresso d’una stazione, possono essere in tal modo garantite altre con-dizioni quali rallentamenti (ad esempio per manutenzione della linea) o altre restrizionicostanti del profilo di velocità del tracciato. A tal fine le boe si definiscono “commutabili”o fisse, a seconda se l’informazione inviata al treno debba essere modificata (attraversoapposite interfacce, “encoder”, con gli apparati di segnalamento) o più semplicementemantenuta fissa.

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Il progetto PIC-IaP FURIO CINERARI

responsabile Strutturaoperativa eserciziosistemi della DirezioneInformation &CommunicationTechnology di RFI SpA

SIMONA CRISTOFARI

responsabile di serviziper la clientela dellaStruttura operativaesercizio dellaDirezione movimentodi RFI SpA

NUCCIO PICCININI

Struttura operativaesercizio sistemi dellaDirezione Information& CommunicationTechnology di RFI SpA

1. L’INFORMAZIONE AL PUBBLICOE LA CUSTOMER SATISFACTION

La trasformazione delle Ferrovie dello Stato da azienda a societàha imposto, con la gradualità che una modifica di tale importan-za richiedeva, notevoli cambiamenti che hanno portato a unaridefinizione, in termini di Customer Satisfaction, del rapporto coni clienti, sia quelli interni (gli operatori delle imprese ferroviarie)sia quelli esterni (i passeggeri dei treni o comunque i fruitori deiservizi in stazione). L’impegno, in tale direzione, si rivolge al viag-giatore non più inteso come “l’utente d’un servizio pubblico” macome un cliente che acquista un prodotto multiforme imponen-do, pertanto, di tenere sempre in considerazione la sua completasoddisfazione. In tale contesto evolutivo anche le “informazioni alpubblico” hanno assunto una valenza strategica sempre maggiore:l’informazione ai propri clienti è un elemento di fondamentaleimportanza per una grande impresa di servizi qual è RFI e richie-de un profondo cambiamento culturale e strutturale, oltre che dimetodo, nell’approccio alle prestazioni da fornire.Per questo, l’attività d’informazione al pubblico (IaP) ha subìto,nel tempo, un processo di profonda trasformazione.Inizialmente era considerata un semplice processo operativo posi-zionato a valle dei provvedimenti di circolazione ferroviaria (sot-toprodotto della circolazione), quindi ha assunto il ruolo d’attivi-tà autonoma e sinergica rispetto alla gestione della circolazione,fino ad arrivare all’impostazione attuale che vede il processo IaParricchito della funzione di comunicazione, intesa come mitiga-zione del disagio che i clienti possono subire durante il viaggio(figura 1).

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In sostanza, oltre all’obiettivo prioritario di raggiungere per l’IaPun soddisfacente livello di qualità nella gestione dei sottoprocessiche la compongono (raccolta, analisi ed elaborazione dati, diffu-sione informazioni, monitoraggio del servizio offerto), si vuolerealizzare un vero e proprio servizio a valore aggiunto, attraversola comunicazione, soprattutto in condizioni d’anormalità dellacircolazione, per fornire utili alternative di viaggio ai clienti.La complessità dell’offerta di trasporto a livello nazionale e regio-nale (treni a media e lunga percorrenza, Eurostar, regionali emetropolitani), che ogni giorno interessa oltre un milione emezzo di persone, pone una numerosa serie di problemi che inve-stono le comunicazioni da fornire ai clienti e il modo e i mezzicon i quali incontrarne compiutamente le necessità, dall’ingressoin stazione fino al completamento del viaggio.La capacità di garantire, in tempo reale, informazioni certe eattendibili è l’elemento centrale della qualità del servizio offertoe uno dei principali elementi di giudizio da parte dei clienti.Giudizio che è alla base di buona parte dell’immagine di RFI nel-l’opinione pubblica.Ne deriva la necessità d’interpretare l’IaP non più come un pro-

cesso secondario rispetto a quello di circolazione, ma come unvero e proprio servizio a valore aggiunto, un prodotto con un suociclo di vita definito e una serie di specifiche aderenti a standardprefissati.Di conseguenza s’è reso necessario il superamento delle principa-li criticità riscontrate nel servizio di IaP riassumibili in:• tecnologie e regole d’interoperabilità non standardizzate;• visione unicamente “movimentistica” del treno e non com-

merciale;• difficoltà nel “produrre” informazioni in caso di circolazione

perturbata;• difficoltà nel rendere fruibili le informazioni di circolazione in

tutte le parti della stazione;• possibilità d’effettuare un controllo di quanto erogato solo a

posteriori;• mancanza d’un sistema di monitoraggio e controllo degli stru-

menti (visivi e sonori) dedicati alla diffusione delle informazio-ni presso gli impianti.

Queste considerazioni, unite alla valutazione dell’importanza edella strategicità del servizio di IaP nei confronti del cliente fina-le, hanno reso necessario un intervento per la ricerca di soluzio-ni in grado d’apportare un miglioramento complessivo all’interoprocesso di IaP.Una notevole opportunità, in questo senso, s’è presentata nell’u-tilizzare le nuove tecnologie introdotte con PIC (Piattaformaintegrata circolazione) e PIC-Sistema impianto, nate per il setto-re della circolazione.È stato, infatti, ideato il sistema PIC-IaP che costituisce la suite, inambito PIC, dedicata all’Informazione al pubblico (IaP).

2. IL CONTESTO EVOLUTIVO IN CUIÈ INSERITO IL PROGETTO PIC-IAP

Da un punto di vista tecnologico, la gestione delle IaP mediantei prodotti sviluppati dalla società TSF, a supporto delle attività

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Il progetto PIC-IaP

fig. 1 – L’evoluzione dell’IaP

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Il sistema è, inoltre, in grado di garantire l’operatività degliutenti contemporaneamente attivi, per quanto riguarda lefunzioni di monitoraggio e supporto remoto dalle ControlRoom verso l’impianto e degli utenti operativi sugli impiantid’InfoStazioni.Inoltre gli utenti delle Control Room possono fruire delle fun-zionalità mediante suite applicative modulari che rispecchino leprincipali categorie d’utenza coinvolte, garantendo la persona-lizzazione di tali moduli applicativi attraverso specifiche profi-lazioni legate all’utente che ne fa uso. La soluzione è stata rea-lizzata secondo il modello architetturale dell’attuale sistemaPIC, ovvero seguendo le linee guida di una Service OrientedArchitecture, facilitando così l’integrazione con i sistemi presen-ti attualmente sugli impianti.Nella figura 2 è riportata l’architettura della piattaforma PIC incui è introdotto anche il sistema di IaP.Lo scopo è quello di far convergere tutti i processi di circola-zione e di IaP in un’unica soluzione suddivisa logicamente neitre livelli operativi: nazionale, d’area e d’impianto.

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Il progetto PIC-IaP

intraprese da RFI, è iniziata oltre 6 anni fa, nelle sue diverseaccezioni (InfoLinea, InfoStazioni, InfoNodo), che contano suun parco d’installato notevole. Successivamente a InfoStazioni ènato il progetto PIC, finalizzato a fornire una base dati infor-mativa unitaria standard, certificata in qualità e sicurezza infor-matica, riferimento per tutte le attività legate alla circolazioneferroviaria.I principali vantaggi raggiunti con PIC possono riassumersi inuna serie di miglioramenti sull’accessibilità alle informazionisenza limitazioni geografiche, sulla gestione e visibilità unitariadel trasporto da origine a destinazione, sulla gestione e tracciabi-lità completa delle perturbazioni e delle relative conseguenze, einfine sul supporto al processo di programmazione dell’utilizzodell’infrastruttura. La naturale evoluzione della gestione dell’IaPnon poteva quindi che basarsi sui sistemi InfoStazioni e PIC.Attualmente InfoStazioni è installato in decine d’impianti ed èstato quindi necessario garantire che l’integrazione nei processidi Control Room IaP non ne rendesse più difficoltoso il deploy-ment. A tal fine si è cercato d’ottenere un buon compromessocercando d’astrarre il più possibile dalla delivery attuale e nellostesso tempo mantenere l’obiettivo d’introdurre le nuove funzio-nalità di Control Room nel contesto tecnologico su cui si basaPIC, così da facilitare la sua integrazione nella piattaforma di cir-colazione. La soluzione PIC-IaP tiene inoltre conto anche dellealtre realtà (SCC-IaP in primis) presenti sul territorio, attraversoun’interfaccia di comunicazione con tali sistemi in grado di con-sentire alle Control Room di monitorare e controllare tutti i pos-sibili dispositivi d’informazione al pubblico.Allo scopo di facilitare la collaborazione in tempo reale tra glioperatori delle Control Room e gli operatori IaP di stazione, l’ar-chitettura prevede l’utilizzo di strumenti di collaboration che ren-dano più efficiente la gestione dell’operatività e che permettanod’interoperare con la rete di telefonia analogica e digitale esi-stente in RFI. La soluzione architetturale è scalabile, in modo taleda potersi adeguare al crescere del numero d’operazioni richieste.

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fig. 2 – L’architettura di PIC

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A livello centrale l’architettura prevede la realizzazione d’un ser-vizio di gestione del colloquio tra le Control Room e gli impian-ti e la futura realizzazione dell’integrazione con sistemi VOIP giàpresenti in RFI (Voip Gateway).Le funzionalità di collaboration fra utenti sono implementate attra-verso il Live Communication Server di Microsoft.Nelle Control Room sono raggruppate tutte le funzionalità dimonitoraggio della circolazione, monitoraggio dei dispositivi IaP,controllo remoto degli impianti d’InfoStazioni e strumenti di col-laboration (instant messaging, chiamate vocali).

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Il progetto PIC-IaP

La soluzione prevede che a livello nazionale (CED di PIC)siano presenti i servizi di gestione operativa e di gestione delleinformazioni al pubblico nel quale convoglieranno le informa-zioni provenienti dalle aree di circolazione, come ad esempioi compartimenti o i reparti, e dagli impianti. Sempre a livellocentrale saranno presenti i servizi di collaboration che consen-tiranno di gestire le comunicazioni tra i posti centrali e gliimpianti.Ogni area a sua volta concentra tutti i servizi relativi alla gestio-ne della circolazione delle linee di sua competenza e si propo-ne come interfaccia principale verso le località dove ulterioricomponenti della piattaforma sono disponibili agli operatoriper la gestione del singolo impianto.La svolta evolutiva è caratterizzata dal concepimento dellecosiddette IaP Control Room, ossia di centri di controllo specia-lizzati nella supervisione della circolazione nei casi di perturba-zione ed eventi straordinari.Tali Control Room avranno il compito di monitorare lo statodella circolazione, dei dispositivi IaP degli impianti di compe-tenza e di gestire in modo uniforme l’informazione verso ilpubblico nelle situazioni perturbate.L’interfaccia operatore della Control Room offrirà la possibilitàd’accorpare, oltre alle funzioni di monitoraggio dei dispositiviIaP e comunicazione verso gli impianti, anche le funzioni disupervisione per distribuire al meglio i carichi di lavoro nelcaso d’emergenze.Il primo passo è quello di realizzare l’integrazione tra le fun-zionalità di base della Control Room e il sistema d’InfoStazionigià presente sugli impianti.L’integrazione è tale da preservare le funzioni qualificanti delsistema di base.Nella figura 3 è rappresentata l’architettura logica della solu-zione per la fase sperimentale del progetto, in cui è previstasolo l’integrazione tra le funzionalità di Control Room e quelled’InfoStazioni.

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fig. 3 – Architettura logica PIC-IaP

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• aumento dell’integrazione tra funzioni che concorrono all’IaP;• velocizzazione delle operazioni e riduzione dei tempi d’elabo-

razione e trasmissione delle informazioni;• riduzione delle attività “manuali” per la produzione e la diffu-

sione delle informazioni e aumento della produttività indivi-duale degli operatori IaP;

• eliminazione di ridondanze e riduzione di rischi di disallinea-mento tra sistemi per l’IaP diversi;

• riduzione degli oneri dovuti all’integrazione e alla manuten-zione delle applicazioni esistenti;

• definizione d’interfacce uniche tra RFI e imprese ferroviarie perrendere tempestive le comunicazioni tra operatori IaP delle duesocietà, in particolare per la gestione di situazioni di criticità;

• possibilità di monitorare e misurare la qualità del servizio erogato;• riduzione dei reclami legati all’IaP e aumento dei risultati di

valutazione di qualità percepita dai clienti.

4. SETTORI D’ATTIVITÀ NELL’AMBITODEL PROGETTO PIC-IAP

RFI nell’intento di raggiungere gli obiettivi descritti ha definitoe avviato una serie d’iniziative, nell’ambito del progetto PIC-IaP,per intervenire nei seguenti settori d’azione:• processo. Per la definizione della sequenza d’attività che carat-

terizzano il processo di IaP e per la standardizzazione dei flus-si di comunicazione che concorrono alla corretta gestione delservizio;

• organizzazione. Per l’individuazione dei modelli organizza-tivi per l’IaP, a livello sia centrale sia territoriale, e per la defi-nizione di linee guida per l’allineamento nelle diverse realtàterritoriali;

• risorse umane. Per ottenere miglioramenti nei seguenticampi:– sviluppo: per la definizione delle competenze a copertura dei

ruoli-chiave tipici del processo di IaP;

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Il progetto PIC-IaP

È a questo livello che s’integra il sistema con l’infrastruttura appli-cativa di PIC attraverso le suite a disposizione degli operatori IaPdi Control Room.A livello d’impianto il sistema implementa due interfacce, unacon gli impianti su cui è presente InfoStazioni e la seconda conla Control Room di competenza, secondo una suddivisione diresponsabilità di tipo giurisdizionale.La soluzione è altamente scalabile in modo da ottenere un nume-ro variabile d’ambienti adibiti a Control Room, all’interno dellarete RFI, con l’unico vincolo infrastrutturale di raggiungere siagli impianti d’InfoStazioni di propria giurisdizione sia i servizicentrali di PIC necessari alle suite applicative.

3. GLI OBIETTIVI DA RAGGIUNGERERIGUARDANTI IL SERVIZIO DI IAP

La gestione del processo d’informazione e comunicazione allaclientela con il supporto di PIC-IaP è la sintesi di tutti gli sforziche RFI ha messo in campo, nel recente passato, per giungereall’auspicata omogeneità d’attrezzature a supporto sul territorio edi gestione operativa centralizzata per realizzare una vera e pro-pria “regia” del processo. Gestire correttamente l’IaP, sia in stazio-ne sia a bordo treno, significa garantire una serie di requisitiintrinseci e fondamentali che sono i principali obiettivi da rag-giungere. In particolare l’IaP dev’essere caratterizzata da:• completezza delle informazioni;• correttezza e precisione delle indicazioni fornite;• tempestività delle informazioni e dei successivi aggiornamenti;• congruenza e uniformità delle informazioni fornite alla clien-

tela sia nelle stazioni sia a bordo dei treni;• fruibilità in tutte le aree di stazione;• capillarità nella diffusione delle informazioni sull’intera rete

nazionale.Con il progetto PIC-IaP sono stati, inoltre, posti ulteriori obiet-tivi migliorativi per ottenere i seguenti risultati:

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Queste le principali attività:• interagire con il Presidio circolazione della sala operativa DG,

per conoscere le ricadute delle anormalità d’esercizio che pos-sono provocare perturbazione alla circolazione e i tempi diripristino del servizio da comunicare alla clientela;

• supportare i Presìdi informazione e comunicazione dei posticentrali territoriali, nei casi di circolazione fortemente per-turbata;

• interagire con i Presìdi informazione e comunicazione deiposti centrali territoriali per garantire un’informazione coeren-te e uniforme a livello nazionale;

• comunicare ai referenti centrali delle imprese ferroviarie lenotizie di RFI, per rendere coerenti le informazioni diffuse abordo treno con quelle a terra;

• supportare i comitati di crisi della sede centrale (CODG) incaso d’anormalità rilevanti, incidenti d’esercizio o in situa-zioni particolari, per monitorare l’impatto dell’evento sulservizio IaP;

• curare, in caso di criticità, i rapporti con le relazioni esterne ela protezione aziendale/security con le modalità previste dalleprocedure in essere;

• interagire con le strutture di RFI e/o delle imprese ferroviarieper le attività di IaP a richiesta (particolari situazioni di circo-lazione e/o esigenze informative per eventi atipici);

• coordinare la diffusione delle nuove disposizioni relative al ser-vizio di IaP;

• inoltrare informazioni/messaggi provenienti dalle strutture pre-poste alla definizione degli standard per il servizio di IaP in par-ticolari situazioni di circolazione e/o d’esigenze informative;

• elaborare e diffondere i report sui livelli del servizio IaP cheemergono dalla gestione del sistema PIC-IaP;

• gestire le criticità che emergono nell’ambito delle analisi diCustomer Satisfaction elaborate con lo strumento di rilevazio-ne del quale si è dotata RFI, denominato “Osservatorio dimercato”.

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Il progetto PIC-IaP

– formazione: per il miglioramento delle competenze idoneealla gestione del processo IaP;

– cultura/clima: per la creazione d’un ambiente favorevoleall’innovazione di processo e tecnologica e alla sperimenta-zione della soluzione PIC-IaP;

• strumenti e tecnologie. Per la sperimentazione e lo svilup-po degli strumenti (suite PIC-IaP) che abilitano il processo diIaP e supportano gli operatori IaP (PIC Web, collaboration).

5. LA IAP CONTROL ROOM DELLASALA OPERATIVA DG

Il primo passo per la realizzazione del progetto PIC-IaP è statocompiuto con l’inaugurazione della “IaP Control Room” della salaoperativa DG, ubicata presso la Direzione generale delle Ferroviedello Stato, a Villa Patrizi, ove è stata avviata la prima fase speri-mentale del progetto.Questa sala di controllo dell’IaP costituisce la nuova struttura di RFIdestinata a valorizzare i servizi di comunicazione e informazione aiviaggiatori e a realizzare la “regia” del complesso sistema d’attività.I flussi individuati sono schematicamente riportati in figura 4.

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fig. 4 – Progetto PIC-IaP: l’organizzazione centrale e territoriale

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versione d’InfoStazioni è stato descritto in appositi manuali desti-nati agli operatori IaP per i tre livelli d’interventi previsti:• operatori IaP Control Room della sala operativa DG;• operatori dei posti centrali periferici;• operatori d’impianto o di linea (solo parte relativa alla colla-

boration).

Le attività gestibili con il supporto della suite PIC-IaP sono leseguenti:• monitoraggio centralizzato dei sistemi IaP d’impianto, senza

limitazioni geografiche. La IaP Control Room di posto centraleterritoriale può visualizzare/monitorare le informazioni al pub-blico (visive e sonore) erogate e in corso d’erogazione e cono-scere lo stato complessivo di funzionamento dei dispositivi IaPdelle stazioni di propria giurisdizione (per le stazioni attrezzate);

• consultazione grafica dello stato degli apparati visivi e sonori perl’IaP in tutte le località,visualizzate su una “mappa situazione IaP”rappresentante schematicamente l’intera rete ferroviaria (figura 7);

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Il progetto PIC-IaP

La IaP Control Room della sala operativa DG, a regime, avrà la pos-sibilità d’intervenire direttamente per l’inoltro delle informazionida erogare presso il presidio territoriale, attraverso il collegamen-to con il referente informazione e comunicazione o gli opera-tori della IaP Control Room di posto centrale territoriale e in sta-zione (solo in fase di sperimentazione).La IaP Control Room è composta da:• 2 postazioni operative costituite da 4 monitor e attrezzate con

suite PIC-IaP;• 2 postazioni di “riserva” costituite da 3 monitor e attrezzate

con suite PIC-IaP.

6. LA POSTAZIONE “TIPO” PIC-IAP

La postazione tipo degli operatori PIC-IaP presenta la configura-zione-base illustrata in figura 6 con una parte delle applicazionicomuni a tutti i tipi di operatori IaP e con funzionalità aggiunti-ve dedicate alle attività specifiche. Il dettaglio per l’uso della suitePIC-IaP e degli strumenti di collaboration integrati nella nuova

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fig. 5 – La IaP Control Room della sala operativa DG a Villa Patrizi

fig. 6 –- La postazione-tipo dell’operatore PIC-IaP

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• visualizzazione di dati di dettaglio (tipologia, ubicazione ecc)sullo stato di funzionamento degli apparati visivi e sonori nellalocalità selezionata;

• remotizzazione della postazione di stazione: la IaP ControlRoom dei posti centrali territoriali può prendere il controllodiretto della postazione InfoStazioni d’impianto e alimentare isistemi sonori e visivi con l’inserimento diretto di messaggi einformazioni per il pubblico;

• comunicazione diretta tra la IaP Control Room dei posti centra-li territoriali e gli operatori IaP sia degli impianti selezionati siadei posti centrali territoriali limitrofi tramite “messaggi ditesto” – scambiando informazioni in formato libero – e trami-te “messaggi vocali” utilizzando un canale telefonico autono-mo, alternativo al sistema di telefonia fissa e mobile (tecnologiaVOIP);

• possibilità d’attrezzare qualsiasi stazione con strumenti dicomunicazione (collaboration) e strumenti di raccolta delleinformazioni (PIC Web).

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fig. 7 –- La mappa della situazione IaP che consente la consultazione grafica dello stato degli apparativisivi e sonori per l’IaP in tutte le località, visualizzate su una mappa rappresentante schematicamentel’intera rete ferroviaria, e la visualizzazione di dati di dettaglio sullo stato di funzionamento degli apparativisivi e sonori nella località selezionata

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SSC: Sistema di supporto alla condotta

PAOLO SANNA

coordinatore impiantitecnologici della Struttura operativa tecnica della Direzione compartimentale Infrastruttura diCagliari di RFI SpA

DANIELE SEGLIAS

direttore compartimentale Infrastruttura diCagliari di RFI SpA

Nonostante il trasporto ferroviario sia considerato il più sicu-ro fra tutti i sistemi di trasporto, alcuni gravi incidenti ferro-viari evidenziano che il punto debole del sistema è costitui-

to dal fattore umano,che può non rispondere nel modo dovuto all’in-put fornito dal segnalamento di linea, in assenza d‘altri sistemi d’auto-mazione di “protezione” del treno.Il sistema di controllo marcia treno (SCMT) e il sistema di supportoalla condotta (SSC) sono fra le tecnologie individuate in RFI per rag-giungere l’obiettivo di migliorare gli standard di sicurezza dell’infra-struttura e del materiale rotabile.La copertura delle linee dell’intera rete con i sistemi SCMT e SSCdovrà avvenire entro la fine del 2007.Il sistema di cui ci occupiamo è il cosiddetto SSC (Sistema di sup-porto alla condotta).Esso introduce un’ulteriore interfaccia tra il siste-ma di segnalamento (terra) e l’uomo (bordo) eliminando, come sivedrà, la possibilità d‘errore, realizzando la protezione del trenomediante il controllo della marcia rispetto ai segnali fissi e ai limiti divelocità imposti dall’infrastruttura. In tal modo viene esteso anche allelinee regionali l’alto livello di sicurezza che le Ferrovie italiane forni-scono alle linee ad alta velocità e alle linee principali grazie al piùcomplesso sistema SCMT. Il sistema è stato installato dapprima, speri-mentalmente, sulla rete sarda per poi essere esteso a tutta la rete dicarattere complementare o regionale, per un totale di circa 6.000 km.Il sistema SSC è un sistema di semplice installazione e costi ridotti: laprogettazione,lo sviluppo e la costruzione del SSC sui 431 km di lineedella rete sarda sono stati effettuati in tempi molto ridotti (dal maggio2005 al giugno 2006) grazie alle sue caratteristiche intrinseche e allastretta collaborazione tra RFI e fornitore nel risolvere gli immancabili

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Se il macchinista, per qualsiasi motivo, non fosse in grado d‘operare, ilsistema interverrebbe immediatamente al superamento del primosegnale con aspetto restrittivo non riconosciuto, causando l’arresto deltreno. In seguito saranno implementate ulteriori funzioni, comela gestione dei rallentamenti, non ancora realizzata.Per meglio comprendere il funzionamento del SSC s‘immagini diseguire un treno che, dalla piena linea, si avvicina a una stazione oa un passaggio a livello dotato di segnalamento proprio (figura 1).

Il treno 100 m prima del segnale d’avviso incontra il “TransponderTag” (o semplicemente Tag) che riceve dal treno una portanteradio e la ritrasmette al treno stesso: questo allerta il sistema dibordo, che dopo 100 m s’aspetta d’incontrare il segnale d’avviso.In caso contrario (transponder guasto) si avrà l’arresto del treno.In corrispondenza del segnale d’avviso viene inviato al trenoun telegramma, ovvero una serie di dati codificati (figura 2a),col quale il sistema viene informato dell’aspetto del segnalestesso, della sua distanza dal segnale successivo nonché d’altridati utili.

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SSC: Sistema di supporto alla condotta

problemi che un nuovo impianto, per di più connesso al segnala-mento, comporta per l’esercizio. In Sardegna il SSC è stato attiva-to in tre fasi temporali:• fase 1, marzo 2006:

tratta Oristano-Chilivani, km 119;tratta Decimomannu-Carbonia-Iglesias, km 60;

• fase 2, aprile 2006:tratta Sanluri-Oristano, km 50;tratta Chilivani-Porto Torres, km 66;

• fase 3, giugno 2006:tratta Cagliari-Sanluri, km 44;tratta Chilivani-G.Aranci, km 92.

Anche l’allestimento del sistema di bordo richiede tempi ridotti, inquanto una squadra può allestire due automotrici in una settimana.Al momento sono state allestite solamente automotrici della serie ALn663 e ALn 668, mentre sarà studiata l’installazione per i “Minuetto”,per i treni MD e per i locomotori D445 già in dotazione.

IL SISTEMA SSC

Il sistema SSC è costituito dal sottosistema di terra (SST), che è l’in-sieme di tutte le apparecchiature interfacciate col sistema di segnala-mento ferroviario, e dal sottosistema di bordo (SSB), che è l’insiemedi tutte le apparecchiature installate sul treno. Le informazioni fornitedal segnalamento vengono trasmesse al treno dal SSB per mezzo ditrasmissioni radio che avvengono ogni qualvolta il treno passa in pros-simità d‘un segnale.Il SSB riceve tali dati e li trasmette all’elaboratore digitale di bordo, ilquale, confrontando i dati ricevuti (telegramma) con quelli della con-dotta di marcia, può decidere d‘intervenire sull’impianto di frenaturadel treno.Ne consegue che il superamento indebito d‘un segnale a viaimpedita o il superamento della velocità consentita sui deviatoi daràluogo all’intervento del sistema sul freno attuando l’arresto immedia-to del treno, mentre il superamento della velocità di linea causerà unintervento del sistema teso a riportare la velocità a quella ammissibile.

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fig. 1 – Transponder Tagsu palina e sul fondosegnale d’avviso di PL

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massima di 30 km/h, e presentarsi fermo innanzi al successivosegnale di partenza; inoltre viene stabilito un appuntamento (figu-ra 3) con il segnale di partenza della stessa stazione a 770 m didistanza. Quando il treno oltrepassa il segnale di partenza, il SSBriceverà un nuovo telegramma contenente, fra l’altro, la velocitàdi linea, che da quel momento non potrà essere superata.Qualora l’impianto relativo a un certo segnale si guastasse, nontrovando “l’appuntamento”, il sistema comanda la fermata deltreno. Poiché gli appuntamenti sono fissati per distanze nonsuperiori ai 2.000 m, l’ultimo segnale di partenza in uscita dallastazione in genere non dà alcun appuntamento, a meno dellapresenza di un PL protetto dai segnali propri.Sfruttando il fatto che le antenne sono installate ai due lati con-trapposti dell’automotrice e che le stesse funzionano per por-tanti a diversa frequenza è stato possibile creare dei punti infor-mativi da situare in corrispondenza dei bivi in modo da rende-re completo il controllo sulla condotta.

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SSC: Sistema di supporto alla condotta

In base a tali indicazioni il sistema decide che, se il segnaled’avviso è a via libera senza limitazioni di velocità, il trenopuò proseguire alla velocità di linea, mentre se presenta unaspetto restrittivo dovrà variare la velocità in modo tale dafermarsi al segnale di protezione o presentarsi a esso con lavelocità prescritta.Se il treno non dovesse rispettare le velocità d’approccio, ilsistema interviene limitando la velocità ai valori prescritti.Nella figura 2b è riportato il telegramma ricevuto da un trenoche oltrepassa un segnale di protezione disposto al giallo.Con riferimento all’esempio di telegramma riportato in figura2b, prima d’oltrepassare detto segnale il personale di macchinadeve riconoscere lo stesso segnale in quanto presenta un aspet-to restrittivo.Il treno, che proviene dalla piena linea dove la velocità è di 80km/h, dovrà ridurre la velocità a 60 km/h dopo un tratto di 300m per poi entrare in deviata, dove dovrà rispettare la velocità

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18/04/2006 12:11: PRIMO TELEGRAMMA RICEVUTO: Aspetto: 02 : Giallo Spento SpentoTIP 01 : AvvisoDECT: Distanza Corretto Tracciato su 9 bit 101 = 1010 metriDDEV: Distanza Deviata su 9 bit 0 = 0 metriID: Identificativo = 567 (0x00000237)DIR: Direzione 1 --> DispariVDEV: Vel Itinerario deviato 00 : NessunoDLDEV: Distanza Tratto in deviata 0 = 0 metriFR: Grado di frenatura = 2 (0x02)VLIN: Velocità di linea 20 = 100 km/hVVLIN1: Prima Variazione Velocità di linea 0 = 0 km/hDVVLIN1: Distanza Prima Variazione Velocità di linea 0 = 0 metriVVLIN2: Seconda Variazione Velocità di linea 0 = 0 km/hDVVLIN2: Distanza Seconda Variazione Velocità di linea 0 = 0 metriVRALL: Velocità rallentamento successivo 0 = 0 km/hDRALL: Dist. tra segn. ed inizio rall. succ. 0 = 0 mLRALL: Lunghezza del rallentamento 0 = 0 m

ASPETTI SUCCESSIVI:

18/04/2006 12:11: FINE REGISTRAZIONE

fig. 2a – Esempio ditelegramma al segnaled’avviso

06/04/2006 12:56: PRIMO TELEGRAMMA RICEVUTO: Aspetto: 02 : Giallo Spento SpentoTIP 02 : ProtezioneDECT: Distanza Corretto Tracciato su 9 bit 77 = 770 metriDDEV: Distanza Deviata su 9 bit 77 = 770 metriID: Identificativo = 552 (0x00000228)DIR: Direzione 0 --> PariVDEV: Vel Itinerario deviato 01 : 30 km/hDLDEV: Distanza Tratto in deviata 13 = 650 metriFR: Grado di frenatura = 7 (0x07)VLIN: Velocità di linea 16 = 80 km/hVVLIN1: Prima Variazione Velocità di linea 12 = 60 km/hDVVLIN1: Distanza Prima Variazione Velocità di linea 3 = 300 metriVVLIN2: Seconda Variazione Velocità di linea 0 = 0 km/hDVVLIN2: Distanza Seconda Variazione Velocità di linea 0 = 0 metriVRALL: Velocità rallentamento successivo 0 = 0 km/hDRALL: Dist. tra segn. ed inizio rall. succ. 0 = 0 mLRALL: Lunghezza del rallentamento 0 = 0 m

ASPETTI SUCCESSIVI:

06/04/2006 12:56: FINE REGISTRAZIONE

fig. 2b – Esempio ditelegramma al segnaledi protezione

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Inoltre l’encoder è dotato d’interfaccia seriale RS232 per con-sentire l’interfacciamento d’un PC tramite il quale sono possibilile operazioni di configurazione e di verifica e di un’interfacciaRS485 mediante la quale colloquia con il transponder.

TransponderIl transponder, come già accennato, è un apparato di trasmissionesemi-passiva: la generazione della portante di sistema, alla frequenzadi 5,8 Ghz, è eseguita dall’apparato del SSB, mentre il transponderesegue la riflessione di tale portante dopo averla modulata con segna-le a frequenza intermedia (sottoportante) sul quale, a sua volta, è statomodulato, con tecnica di modulazione BPSK (BiPhase Shift Keying).Le informazioni da trasmettere al treno, elaborate dall’encoder, ven-gono digitalizzate e inviate al transponder tramite un’interfacciaRS485 (segnale in banda base), quindi modulate secondo il sistema

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SSC: Sistema di supporto alla condotta

ARCHITETTURA DI SISTEMASOTTOSISTEMA DI TERRAI componenti (figura 4) sono installati direttamente sui segnaliluminosi esistenti lungo la linea.Essi consistono in un encoder, in un transponder e in un trans-ponder tag. Il primo ha la funzione d’acquisire l’aspetto deisegnali e di generare in sicurezza un telegramma per il transpon-der contenente tutte le informazioni relative agli aspetti delsegnale e ai parametri della linea, queste ultime inserite e memo-rizzate, una volta per tutte, in una memoria non volatile tipoNVRAM.

EncoderL’encoder è costituito dalle seguenti sezioni:• elaboratore digitale;• circuiti d’ingresso per l’acquisizione dell’aspetto dei segnali;• circuiteria per il pilotaggio del transponder;• alimentazione sicura per la circuiteria per il pilotaggio del

transponder;• alimentazione per l’elaboratore digitale e i circuiti d’ingresso.

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fig. 3 – Esempio del concetto “d’appuntamento” fra segnali successivi

fig. 4 – Architettura sistema di terra

fig. 5 – Struttura del telegramma formato dall’encoder. Si tratta d’un pacchetto di152 bit di cui i primi 16 (“training system”) servono per la sincronizzazione del rice-vitore, i successivi 8 sono l’intestazione, quindi 96 bit per i dati da trasmettere einfine 32 bit per esigenze di codifica. La velocità media dei dati è di 33 kb/s

TS HEADER DATA CRC32

16 bit 8 bit 96 bit 32 bit

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• tool d’installazione e manutenzione.Inoltre sono integrati nel sistema: diagnostica, sistema di localiz-zazione (GPS) e trasmissione radio (GSM).

L’elaboratore digitale è il “cuore” del sistema: esso scambia datitramite le interfacce e interviene sulla condotta del treno.Le interfacce (figura 6) sono:• l’interfaccia B attraverso la quale l’elaboratore digitale riceve il

telegramma dalle antenne RX tramite la scheda ricevitore.Taliinformazioni vengono elaborate al fine di pilotare i cruscotti ela frenatura d’emergenza;

• l’interfaccia col sistema GPS per acquisire i dati sulle coordina-te geografiche e sulla velocità. Anche questi dati vengonoutilizzati dall’elaboratore per limitare la velocità o fermare iltreno. Le distanze vengono anche calcolate (in modo piùpreciso) in base all’indicazione di velocità fornita dal dispo-sitivo Hasler della macchina e al diametro della ruota cheviene calcolato ogni duecento metri;

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SSC: Sistema di supporto alla condotta

BPSK sulla sottoportante a 10,7 Mhz (F1) se il treno è sul binariolegale, e 13 Mhz (F2) se il treno è sul binario illegale.Una caratteristica positiva di questa tecnica è che l’ampiezza dellaportante resta costante, cosa che consente d’utilizzare la massimapotenza del trasmettitore.Per contro, poiché il segnale in banda base è costituito da impul-si rettangolari, l’occupazione di banda è assai elevata e neces-sita d’un canale a banda larga. Per questo motivo il segnaleviene ulteriormente modulato su una portante avente fre-quenza 5,8 Ghz.

Transponder TagViene installato 100 m prima del segnale d’avviso; è anch’esso unsistema semipassivo di trasmissione la cui funzione è quella d’in-viare al treno un telegramma preconfigurato che predispone ilsistema al funzionamento.

SOTTOSISTEMA DI BORDOIl sottosistema di bordo è preposto al continuo controllo e rispet-to del segnalamento e dei limiti di velocità; in particolare richie-de, da parte del macchinista, il riconoscimento dell’aspetto(restrittivo) del segnale incontrato attraverso l’azionamento d’unapposito tasto posto sulla pulsantiera installata nella cabina diguida. Nel caso in cui non ci sia coincidenza tra le informazionitrasmesse dal SST tramite il transponder e le operazioni del mac-chinista, il sistema interviene attivando la frenatura del treno. Ilsistema interviene anche quando non viene rispettato l’aspettorestrittivo d’un segnale o non viene ridotta la velocità in base alleinformazioni ricevute dal SST.

Architettuta del SSBIl sistema SSB è schematicamente rappresentato nella figura 6.Esso è costituito dai seguenti elementi:• logica di bordo;• antenne RX anteriori e posteriori con scheda ricevitore;

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fig. 6 – Architetturasistema di bordo

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peggiante) o la funzione “supero rosso” (led rosso acceso fisso),oppure la modalità operativa “treno” (led bianco acceso fisso);

• un pulsante RF di colore bianco, per segnalare l’attivazionedella frenatura d’emergenza e per il riarmo della stessa;

• un pulsante CSR di colore giallo, per il riconoscimento dell’a-spetto restrittivo dei segnali.

L’elaboratore digitale inoltre rileva malfunzionamenti di SST eSSB, memorizza informazioni relative all’operato del personale dimacchina, registra eventi diagnostici analizzabili tramite il toold’installazione e manutenzione, rende disponibili i dati necessarialla valutazione funzionale del SSB (spazio percorso, velocità deltreno, telegramma ricevuto, stato ingressi/uscite, tetti di velocitàimposti ecc.) su interfaccia seriale RS-232/RS-485. Inoltre i datisul funzionamento di SSB vengono registrati nella memoria dimassa d’un data logger avente capacità non minore di 1GB.

CONCLUSIONI

Da quanto sopra esposto risulta evidente che il sistema di supportoalla condotta SSC è un impianto che aumenta notevolmente lasicurezza dell’esercizio ferroviario. Il sistema di terra è composto datre soli componenti che vengono sostituiti in caso di guasto: neconsegue che l’ impianto non richiede manutenzione; per contro,dovrà essere curata la gestione delle scorte. Il sistema non disponed’una diagnostica dei guasti, nel senso che non è possibile conosce-re a priori l’esistenza di un’anormalità ed è pertanto soltanto al pas-saggio del treno (Tag non rilevato o arresto del treno al segnale) cheil personale di condotta darà avviso dell’anormalità al DCO/DM,che a sua volta avviserà il CEI (coordinatore infrastrutture), cheinformerà l’agente della manutenzione interessato.Per quanto riguarda l’affidabilità del sistema, i requisiti imposti daRFI sono:• encoder 120.000 ore;• transponder 90.000 ore;• SSB 30.000 ore.

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SSC: Sistema di supporto alla condotta

• l’interfaccia GSM-R GSM, ancora non utilizzata, che potràtrasmettere dati relativi alla diagnostica del sistema tramiteun messaggio SMS a un posto diagnostico SSC;

• l’interfaccia T con la quale è possibile, tramite un tool di dia-gnostica e manutenzione, registrare tutti gli eventi che accadonodurante una corsa, con particolare riferimento alla diagnostica;

• l’interfaccia con i cruscotti anteriore e posteriore: il macchini-sta non conosce i telegrammi scambiati tra SSB e SST, ma col-loquia col sistema unicamente tramite il cruscotto (figura 7).

Il cruscotto SSC è costituito da:• un avvisatore acustico integrato nel cruscotto;• un pulsante SSC di colore blu, che esclude l’apparecchiatura in

caso di guasto a terra (e la reinserisce);• un indicatore a led bianco che s’illumina in caso di guasto a

terra;• un commutatore a due posizioni “MAN/SR – TRENO”, per

attivare la modalità operativa “manovra” (led rosso acceso lam-

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fig. 7 – Cruscotto SSC

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fig. 8 – Il SSC nel territorio

linee attrezzate con SSC

linee da attrezzare entro il 2007

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Le sale operative ferroviarie VALERIO GIOVINE

direttore Pianificazioneindustriale di Trenitalia SpA

PREMESSA

La definizione di sala operativa,“locale organizzato e attrezzatopresso questure e comandi dei carabinieri, cui confluiscono lerichieste d’intervento da parte di cittadini in casi d’emergenza” [1],porta a dedurre che la sala operativa ferroviaria sia mutuata daun’impostazione organizzativa delle forze dell’ordine.Anche se la ferrovia risente dell’organizzazione militare eburocratica propria degli organismi dello Stato, la denomina-zione di sala operativa deriva, invece, dall’esplicitazione dellemodalità di controllo della produzione che vi si svolgono: ope-rative, appunto.Il sistema ferroviario, indipendentemente dalla struttura socie-taria delle sue componenti, si basa su molteplici processi indu-striali che concorrono alla produzione del trasporto e alla sod-disfazione del cliente.Ciascun processo richiede una gestione produttiva e un costan-te controllo della corretta esecuzione, attraverso la supervisionedel lavoro e il monitoraggio di parametri significativi.Per la tipicità dell’esercizio ferroviario, che ha la produzioneparcellizzata in molti siti diversi e distanti, la gestione e il con-trollo si sono per lungo tempo svolti separatamente per ciascunprocesso e per singolo impianto, utilizzando degli indicatori diprestazione “a posteriori” solo come feedback per la program-mazione delle attività del periodo successivo. Ad esempio laminuziosa attività di “andamento treni”, svolta raccogliendo alivello territoriale un’enorme massa di dati rilevati dal persona-le in servizio sui treni relativi agli arrivi, partenze e transiti eincrociati con gli analoghi dati registrati nelle stazioni (tutti

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LA PRODUZIONE

Se per il gestore dell’infrastruttura il prodotto è il servizio d’uti-lizzo dell’infrastruttura ferroviaria, inteso come passaggio ditreni1 su un certo binario in un dato momento, per l’impresa fer-roviaria il prodotto è il servizio di trasporto offerto ai clienti uti-lizzando i mezzi, le risorse umane e le tracce.I fattori che concorrono alla produzione – l’infrastruttura ferro-viaria, il materiale rotabile, gli strumenti operativi, l’organizza-zione (nel suo complesso di risorse umane e norme comporta-mentali) – sono correlabili tra loro attraverso una funzione diproduzione.Tale funzione determina i valori caratteristici della produzione,quali:• i volumi di traffico nelle varie tipologie;• gli standard di qualità, definibili anche in termini di livelli di

servizio e di struttura d’orario, con il vincolo della disponibi-lità dell’infrastruttura e del materiale, cioè della loro effettivapossibilità d’uso ai fini produttivi.

La funzione di produzione si traduce nel programma d’esercizio2

e sulla base degli scostamenti dei parametri dal programma viene

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Le sale operative ferroviarie

raccolti per decenni “a mano” e successivamente “automatizza-ti”), costituiva di fatto solo un elemento di supporto per lamodifica o la conferma dell’orario successivo e non uno stru-mento di controllo per la gestione operativa.Di conseguenza ogni decisione in fase d’esercizio è stata perlungo tempo demandata alla competenza formale e all’espe-rienza del singolo operatore, sotto la rigida guida della nor-mativa.Con lo sviluppo delle tecnologie s’è gradualmente introdottoun accorpamento, reale o virtuale, dei siti di produzione e unconseguente accentramento della gestione e dei controlli deisingoli processi. Ciò è avvenuto sia a livello territoriale (con-centrazione geografica), soprattutto per i processi di circola-zione, sia nella contestualità (concentrazione temporale), inparticolare per la gestione delle risorse.Nel settore della circolazione, con lo sviluppo delle tecnichedi comando a distanza degli enti di stazione e poi di teleco-mando degli apparati si sono messi insieme i ruoli di control-lo con i ruoli di comando, conferendo operatività al sistema.Proprio da questo settore s’è mutuato il termine “operativo”,attribuito anche al centro di controllo del processo d’eserci-zio: la sala operativa.Con la direttiva CE n. 440 del 1991, al fine di rivitalizzareil settore ferroviario s’è introdotta la separazione tra il gesto-re dell’infrastruttura e le imprese ferroviarie, determinandoanche la separazione formale dei processi sulla base delle mis-sioni e delle relative responsabilità. Con l’attuazione di quan-to indicato nella direttiva si sono anche specializzati, e di con-seguenza suddivisi, i centri di controllo del processo d’eserci-zio, determinando “le” sale operative.Essendo funzionalmente correlate tra loro, in Italia così comenegli altri Stati d’Europa dove s’è data applicazione alla diret-tiva, le sale operative del gestore e delle imprese nella maggiorparte casi sono però rimaste vicine, se non addirittura con-giunte o integrate.

[ Argomenti ] 10

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Da una gestione localizzata e settoriale...

stazione A

CoordinatoreDC

I.F.

stazione B

stazione C

Depositolocomotive

... a un sistema di comando e controllo centralizzato

fig. 1 – L’evoluzione delle sale di controllo

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la contestualità d’informazione fra tutti i decisori. Per tali scopinasce la sala operativa.

LE FUNZIONI

Il termine “sala operativa” generalizza le funzioni e il ruolo che difatto la struttura organizzativa riveste. Infatti il ruolo della salaoperativa varia in base al contesto organizzativo (appartenenza,missione ecc.), ma soprattutto varia ed è variato in base all’evolu-zione del sistema.Si possono identificare diversi livelli, creatisi con l’evolversi delletecnologie e la crescita dei sistemi informativi di supporto, chenon rappresentano però il superamento reciproco, in quantohanno tutti validità funzionale.I livelli sono definibili in relazione alla loro posizione rispetto alperimetro del processo (parziale, complessivo), alla giurisdizioneterritoriale, alla funzione preponderate (gestione, controllo, super-visione, monitoraggio).La tabella 1 indica come queste componenti siano presenti neivari livelli.

Le strutture che possono inquadrarsi nel primo livello delle sale ope-rative ferroviarie sono ad esempio i posti di regolazione della circo-lazione delle linee. Si tratta delle strutture di dirigenza centrale (ope-rativa o non) che, al di là delle specifiche funzioni e automazioni,sono i punti di governo territoriale, in cui si ha una visione genera-le della situazione di produzione.Nel secondo livello ricadono i sistemi di comando e controllo,

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Le sale operative ferroviarie

svolta la gestione operativa del processo. L’obiettivo è chiara-mente costituito dalla realizzazione del prodotto con i minoriscarti possibili rispetto al programmato.Nel rendere in forma esplicita la funzione di produzione

in cui v1, v2, …, vn, rappresentano i singoli fattori di produzione,appare evidente che tali variabili non siano tra loro indipendentie soprattutto che la loro effettiva quantificazione sia legata a situa-zioni contingenti e spesso comportamentali.Facendo un esempio relativo alla produzione d’un singolo treno,avendo definito l’orario, la tipologia del materiale rotabile, la pre-senza del personale, la disponibilità effettiva dell’infrastruttura edovendo in fase gestionale solo assegnare il mezzo (come matri-cola), la scelta può formalizzarsi matematicamente attraverso laprobabilità condizionata:

conk=1, 2, …, Ndove pm rappresenta la probabilità che venga assegnato il mezzom, N la quantità di mezzi disponibili del tipo previsto, d la lun-ghezza del servizio da svolgere dalla località i alla località j, S ilparametro d’affidabilità del mezzo, α e β coefficienti legati altempo d’intervento.L’espressione ha forma analoga ai modelli d’utilità casuale, adesempio tipo Logit, in quanto l’assegnazione del mezzo vienedescritta di fatto dall’utilità associata a ciascuna delle possibili alter-native di scelta, condizionate da alcune delle altre variabili.Ciò dimostra come l’elemento che rende massimo il fattore d’uti-lità sia la conoscenza precisa delle variabili in gioco e soprattutto

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F = f (V1, V2, …, Vn)

α Sm exp (dij)β

Σk α Sk exp (dij)β

pm =

Livello 1 Livello 2 Livello 3 Livello 4

Perimetro parziale/ parziale/complessivo complessivo

Giurisdizione territoriale territoriale centrale centrale

Funzione gestione controllo supervisione monitoraggio

Tabella 1 – Componenti della sala operativa

parziale complessivo

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zione di “allarmi” preventivi assicurata dalle sale operative: le com-ponenti del sistema possono subire alcune variazioni rispetto al pro-gramma che singolarmente non incidono sull’intero processo pro-duttivo, ma che in connessione tra loro possono costituire un ele-mento di scostamento critico.L’avere tutti gli operatori vicini e reci-procamente informati permette la gestione degli scostamenti, ridu-cendone l’effetto combinato.

LA LOGICA DELLA SCELTA

Le sale operative devono gestire gli scostamenti del processo produt-tivo senza improvvisazioni o enfatizzazioni del momento.Per rendere più esplicito questo concetto si può fare un parallelo conla modifica dei tempi d’un ciclo semaforico d’un incrocio stradale,attuata da un vigile urbano. L’intervento, dovuto a una circostanzache rende meno fluido il deflusso su un ramo dell’incrocio, determi-na l’intervento del decisore umano, il vigile urbano appunto, permodificare i parametri ed evitare un ingorgo. Se si prolunga la dura-ta dell’evento scatenante nel tempo o soprattutto se si prolunga l’in-tervento di regolazione del ciclo semaforico da parte del vigile urba-no, gli effetti correttivi risultano spesso devastanti per il traffico.Chiaramente ciò non è dovuto all’incapacità del decisore,ma alla sualimitata informazione, nonché al fatto che la durata delle fasi sema-foriche viene stimata dal vigile urbano sulla base della visione diret-ta, senza gli strumenti e il tempo necessario per il “calcolo”da model-lo. La scelta dei provvedimenti che modificano un programma, persfruttare al meglio le capacità effettivamente disponibili al momento,deve partire dalla conoscenza più precisa possibile della situazione.La scelta infatti seleziona la “più idonea” tra le soluzioni possibili perriportare il processo ai livelli più prossimi all’obiettivo del program-ma. Le soluzioni sono il risultato della “miscela” di tutte le informa-zioni disponibili, espresse in forma quantitativa, numerica. Ma quan-do è richiesta una rapidità di decisione, l’individuo tende a forniregiudizi di valore preferendo elaborazioni mentali che interpretanoinformazioni qualitative, anche se più generiche.

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Le sale operative ferroviarie

in cui sono presenti tutti gli attori del processo, compresi i gestoridei turni di personale dei treni e i coordinatori della manutenzione,e in cui, oltre alla gestione, vi è un costante controllo dei vari pro-cessi. Il terzo e il quarto livello comprendono le strutture con giu-risdizione sull’intero territorio, normalmente poste presso le sedicentrali, con valenza per processi parziali o complessivi. La loro dif-ferenziazione è nel ruolo funzionale che rivestono, se solo d’indica-zione e ausilio (livello 3) o di governo e controllo diretto (livello 4).In quest’ultimo caso risulta indispensabile l’esistenza di sistemi infor-mativi centrali interfacciati direttamente con i sistemi di gestioneterritoriali. Le attività complessivamente curate nelle sale operativeferroviarie sono quelle che concorrono al processo produttivo delsistema ferroviario:• l’assegnazione dei mezzi;• l’assegnazione del personale dei treni;• la formazione dei treni;• la gestione delle linee e delle stazioni;• la regolazione della circolazione;• la diffusione delle informazioni alla clientela;• gli interventi manutenzione non programmati ai mezzi;• gli interventi manutenzione non programmati all’infrastruttura;• il monitoraggio della produzionecui si possono aggiungere i controlli relativi alla “security”.La conoscenza contestuale dello stato delle varie componenti si rea-lizza nelle sale operative attraverso la contiguità fisica di tutti gli ope-ratori, eliminando i flussi di comunicazione incrociati che si hannoin caso di separazione fisica di tutti i settori.L’eliminazione dei flussi di comunicazione, oltre a evitare la possibi-lità d’equivoci, rappresenta un guadagno di tempo che si traduce inun beneficio economico, in quanto riduce i carichi di lavoro deglioperatori. Inoltre rende più rapida e operativa la scelta dei provve-dimenti da adottare. Dalle analisi benefici-costi relative alle sale ope-rative risulta normalmente che i maggiori oneri per la logistica el’organizzazione sono più che compensati dalla maggiore efficienzaeconomica del sistema.Va inoltre evidenziata la capacità di segnala-

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attuale dei parametri in gioco, per ottenere soluzioni definite eottimizzate.

GLI STRUMENTI

Per supportare le attività delle sale operative si possono avere trediverse tipologie di strumenti tecnologici:• sistemi informativi, da cui si rilevano in tempo reale i valori dei

parametri fondamentali;• sistemi previsionali, in cui, oltre alla rappresentazione della situa-

zione in atto, vi è anche un’indicazione di tendenza, calcolataattraverso modelli più o meno complessi;

• sistemi decisionali, che presentano, per tutti gli scostamenti nellasituazione del momento,un ventaglio di soluzioni definite secon-do criteri logico-matematici.

L’uso dell’una o dell’altra tipologia è legato al livello funzionaledella sala operativa e dev’essere congruente con le varie attivitàche svolge. È molto importante che l’affinamento dello strumen-to sia analogo per tutti i settori presenti nella sala operativa, inquanto il rischio è d’avere un settore propulsivo che diventi prio-ritario sugli altri, sbilanciando le scelte sempre in un unico verso.I sistemi decisionali più evoluti utilizzano criteri di scelta da“sistema esperto”, che si basano sui dati storici delle decisioniprese e degli effetti conseguiti, ma anche metodi di simulazionedegli eventi, analisi multiobiettivo, logiche fuzzy. Queste ultimehanno un notevole successo nel campo dei trasporti, in quantos’adattano bene alle componenti legate alle situazioni di tipo qua-litativo. Partendo da un modello non propriamente ingegneristi-co, in cui le caratteristiche degli eventi sono definite in base aconcetti vaghi (“piuttosto grande”,“più breve”, …) e non a gran-dezze misurabili, la logica fuzzy crea una serie di relazioni tipo:

“se A è grande, allora B è piccolo”

che determinano delle istruzioni analoghe a quelle d’un pro-

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Le sale operative ferroviarie

Ciò perché la visione del decisore viene fortemente influenzatadalle esperienze personali e di fatto il processo della scelta dellasoluzione è unicamente la ratifica di un’ipotesi formulata dall’e-sperienza e dalla volontà di:• non sapere di più, limitandosi alle variabili certe;• non rischiare, sovradimensionando i tempi e i parametri tecnici;• delegare, chiedendo supporto d’altre persone o altri strumenti;• trascurare l’indeterminazione della componente umana, igno-

rando o amplificando le prevedibili reazioni.Il valore delle sale operative è quindi quello di fornire il controllodel maggior numero di variabili, di dare contezza del tempo di deci-sione e di far condividere le soluzioni a tutti i soggetti coinvolti.Il processo di scelta dei provvedimenti è caratterizzato da un cri-terio di decisione, che si può rappresentare attraverso il modellod’ottimizzazione d’un unico obiettivo.Matematicamente si formalizza con:max o min Z (x1, x2, …, xn)

soggetta alle relazioni di vincologi (x1, x2, …, xn) 0 i=1, 2, …, mconxj ≥ 0 j=1, 2, …, n

dove Z è la funzione obiettivo, xj le variabili decisionali e gi i vin-coli. Nella realtà ci si trova spesso a dover affrontare problemi conpiù obiettivi per i quali bisogna operare ricercando l’alternativa dimiglior compromesso, ovvero quella tra le soluzioni possibili di cia-scun obiettivo che mantiene più elevati o “non inferiori” i valorirelativi agli altri obiettivi.Nella pratica, la ricerca delle soluzioni si banalizza riducendo ilcampo di variazione delle variabili decisionali, fino a rendere i valo-ri costanti, in quanto valori attuali.Tale condizione permette d’eli-minare le iterazioni necessarie per disegnare le curve delle funzionie poter quindi calcolare immediatamente la soluzione.Risulta pertanto chiara l’importanza della determinazione del valore

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Questa caratteristica umana spinge a ideare per i sistemi complessiun’organizzazione che renda le attività da svolgere più semplici possi-bile, in modo da ottenere dei valori prestazionali migliori e bassi affa-ticamenti. Per le sale operative l’utilizzo di sistemi di supporto consemplice interfaccia uomo-macchina e capacità di fornire informa-zioni sempre più elaborate aiuta notevolmente a ridurre la “comples-sità” delle attività. Così come la specializzazione dei ruoli e delleresponsabilità permette d’ottenere effetti positivi sull’affaticamentodegli operatori.A questo va aggiunto il contributo legato ai processidi formazione e addestramento continui, che migliorano notevol-mente la potenzialità di risposta dell’uomo agli stimoli.Uno studio particolare va anche posto all’organizzazione strutturaledei locali dove vengono ubicate le sale, in termini di posizionamentodelle apparecchiature, d’allocazione delle postazioni di lavoro, di defi-nizione delle componenti d’arredo, luminosità e coloritura degliambienti.Senza entrare nel dettaglio delle logiche di progettazione deisingoli elementi, a solo titolo d’esempio si sintetizza l’evoluzione dei“quadri luminosi”, gli strumenti di visualizzazione dello stato degliimpianti, che ha seguito le esigenze di funzionalità e d’ergonomia,influenzando anche la struttura fisica delle sale operative.

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Le sale operative ferroviarie

gramma di calcolo da cui, attraverso degli insiemi e delle curve d’ap-partenenza, si può rielaborare un valore numerico.Un elemento di forte aiuto per il decisore è rappresentato dallacomponente visiva. Soprattutto in situazioni critiche, avere la visio-ne diretta del luogo e non solo la “fotografia”, intesa come rappre-sentazione o schematizzazione della situazione, permette di daremaggiore valenza alle scelte.Non a caso quindi presso le sale operative si trovano sistemi di ripro-duzione d’immagini collegati a telecamere fisse o mobili, maxi-schermi e apparecchiature simili.Infine,“strumento” non secondario per il lavoro delle sale operativeè l’organizzazione interna, con la definizione di dettaglio delle atti-vità e delle responsabilità e con il complesso delle procedure appli-cative.Attraverso i protocolli operativi si definisce anche il peso e ilmetodo di valutazione dei dati rilevati dagli strumenti informativi disupporto, nonché il criterio di validazione delle scelte.

LA COMPATIBILITÀ CON LA COMPONENTEUMANA

Un ruolo determinante nella funzionalità delle sale operativeè svolto dall’organizzazione interna degli spazi e dall’ergono-mia dei sistemi. La relazione tra l’uomo e l’ambiente di lavo-ro influenza notevolmente la prestazione. Partendo da analisigenerali, la legge di Yerkes-Dodson stabilisce che la qualitàdella risposta dell’individuo agli stimoli è definita da una fun-zione a U capovolta. In relazione a questa funzione, al cresce-re degli stimoli aumenta la qualità della prestazione, fino a unvalore massimo oltre il quale subentra l’affaticamento, con uncalo della qualità per la perdita delle capacità di concentrazio-ne e per il sopraggiungere dello stress. All’aumentare dellacomplessità del lavoro svolto, relativamente alla condizione tec-nologica, all’importanza della componente decisionale, all’in-terazione con altri soggetti, il punto di culmine avviene pervalori di stimoli più bassi e con carichi di lavoro più bassi.

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stimolo basso

prestazione lavoro semplice

lavoro complesso

stimolo elevato

fig. 2 – La curva dellaqualità della risposta agli stimoli secondo la legge di Yerkes-Dodson

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La diffusione dell’informatica ha infine consentito d’ottenere un’e-strema flessibilità,non richiedendo più una struttura fisica per la rap-presentazione dell’impianto (vetrofania o schema a mosaico),offren-do la possibilità d’uso di sistemi di retroproiezione, ma soprattuttodando l’opportunità d’eliminare il grande quadro unico fornendo supiù schermi contemporaneamente l’identica informazione.

Il passaggio da un unico punto informativo, grande, da rendere benvisibile, costoso (seppur molto scenografico), a più punti dedicati aciascun operatore, facilmente gestibili e personalizzabili, rende piùfunzionale ed ergonomico tutto il sistema. La sostituzione conmonitor su ciascuna postazione di lavoro semplifica inoltre l’im-postazione dell’ambiente di lavoro, che può essere ridotto o suddi-viso e non richiedere una sala “ad anfiteatro” in cui il proscenio èriservato allo strumento informativo. Significa avere un ambientelavorativo che privilegia la componente umana e decisionale.

CONSIDERAZIONI

Questi brevi inquadramenti sulle sale operative ferroviarie fanno capirecome la loro funzione sia determinante per l’ottimizzazione dell’eserci-zio quotidiano:nella scelta delle priorità,nella consapevolezza dei margi-ni d’azione, nella possibilità d’una gestione economica incide profonda-mente la conoscenza contestuale dello stato degli elementi del sistema.Inpresenza d’un conflitto fra treni, la funzione obiettivo può corrispondere

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Le sale operative ferroviarie

La necessità d’avere una visione completa della situazione nasce con lacentralizzazione dei comandi. Come negli stabilimenti industriali, lamanovra a distanza delle apparecchiature richiede un sistema di veri-fica dello stato del singolo “ente” e dell’effettivo risultato dell’opera-zione compiuta. Per avere questo tipo di controllo in ferrovia si sonoutilizzati dei sistemi di gemme luminose, normalmente connesse conlo strumento di manovra, riportate in una rappresentazione schema-tica dell’impianto per localizzarle e ottenere una visione d’insieme: ilquadro luminoso. I primi quadri erano realizzati con vetri opachi oneri con inciso lo schema dell’impianto sotto cui venivano poste legemme luminose.

La dimensione di questi quadri luminosi dipendeva dalla grandezzadell’impianto e dalla numerosità degli operatori interessati alle infor-mazioni che riportavano. Si doveva avere un unico elementoinformativo per tutti che evitasse frammentazioni o disallineamenti.Nel tempo i quadri luminosi hanno subìto delle modifiche rispet-to alle tecniche di realizzazione che si sono evolute in relazione alletecnologie (led e altro), migliorando fortemente la manutenibilità.I quadri luminosi con struttura “a mosaico” hanno permessoinfatti economie per la modularità dei componenti e l’estremafacilità di sostituzione dei tasselli in caso di guasti o di modifichedella configurazione dell’impianto.

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fig.3 – Sala operativa tradizionale con quadroluminoso centralizzato

fig. 4 – Esempio di salaoperativa moderna con monitor individuali

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al rendere minimi i ritardi totali, ovvero al non produrre ritardo ai treniin orario anche a discapito degli altri in ritardo, oppure al mantenere ilmaggior numero di treni “in fascia”garantendo una produzione entro glistandard di tolleranza o ad altro. In ogni caso, tale funzione obiettivo ècorrelata all’impostazione dei rapporti tra le componenti del sistema(gestore dell’infrastruttura e imprese ferroviarie). Il peso dell’impostazio-ne contrattuale non è assolutamente irrilevante,soprattutto se applicato inun sistema complessivamente “chiuso” come quello del trasporto ferro-viario, in cui le risorse di produzione sono “limitate” (va sempre ricorda-to che i treni non si generano da “sorgenti” infinite,né svaniscono al ter-mine del servizio in “pozzi” senza fondo) e per garantire il rispetto deicriteri contrattuali adottati bisogna condividere fra tutte le componenti leattività di gestione della produzione.Anche riguardo a questo aspetto lesale operative svolgono quindi un ruolo cardine all’interno del sistema.

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BIBLIOGRAFIA[1] Il Vocabolario Treccani, “Il Treccani”,

Istituto dell’Enciclopedia Italiana,Roma, 2003.

[2] Adorisio I., Ingegneria della produ-zione astratta, CEDAM, Padova,1986.

[3] Bisseret A., “Application of SignalDetection Theory to Decision Makingin Supervisory Control”, Ergonomics,24, pp. 81-94, 1981.

[4] Cascetta E., Salerno G. (a cura di),Sviluppi della ricerca sui sistemi ditrasporto, Franco Angeli, Milano,1995.

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[6] Giovine V., Lancia B., “La sala ope-rativa di Rete Ferroviaria Italiana”,La Tecnica professionale, 9, pp. 5-9, 2003.

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[8] Mc Coormick E.J., Human Factorsin Engineering and Design, McGrow Hill, New York, 1982.

NOTE1 Il termine “treni” indica genericamente tutti i movimenti di rotabili che avven-

gono sull’infrastruttura, indipendentemente da come siano definiti da unpunto di vista regolamentare o contrattuale: treni, tradotte, invii ecc. Taleprodotto può essere sinteticamente rappresentato da una serie di “tracce”.

2 Il programma d’esercizio dovrebbe derivare dalla progettazione ottimizzatad’un sistema di trasporto che parte dal disegno della rete e dall’individuazionedelle relazioni di trasporto (linee da servire) e definisce frequenze e livellid’offerta (struttura d’orario) attraverso iterazioni successive che considerinoi costi d’esercizio (uso d’infrastruttura, mezzi e risorse) nel loro complesso.

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Sistemi circolazione in sigle

Una delle difficoltà che incontra il mondo dei sistemi informativi a comunicare con l’“ester-no” è l’abitudine di creare nuove sigle e acronimi per identificare i diversi progetti, o comesi dice in gergo le “applicazioni”, mirate a soddisfare una particolare esigenza o requisitod’una specifica funzione o area d’attività aziendale. I Sistemi informativi circolazione di RFInon sono alieni da ciò. Si considera pertanto utile fornire un sintetico “glossario” dellesigle più comuni che s’incontrano nel mondo SIC (Sistemi informativi circolazione) di RFI.

AC. Apparato centrale. È l’apparato che governa con logica di sicurezza tutti gli enti d’unastazione (scambi, segnali e altri), comandando e controllando la corretta posizione deglistessi ai fini del movimento di ciascun treno. Rileva in particolare i segnali di formazionedegli itinerari d’ingresso/uscita e dell’occupazione dei binari di stazione, che vengonoacquisiti dai sistemi di livello superiore (CCL, CTC, SCC) per il governo della circolazione,l’alimentazione dei sistemi informativi nonché gli annunci d’informazione al pubblico.

ACC. Apparato centrale computerizzato (di recente introduzione, realizzato con tecnologia digitale).

ACEI. Apparato centrale elettrico a itinerari. Apparato centrale di stazione di tecnologiaelettromeccanica.

ASTER. All’origine designava Applicazione scheda treno e rallentamenti. In seguito s’èevoluto verso un ambiente di progetto multi-funzione, a supporto dei processi e dell’orga-nizzazione di stazione (emissione di scheda treno, prescrizioni di movimento, aggiorna-menti dell’orario di servizio per gli operatori di movimento).

ASTER-ST. L’applicazione che produce la Scheda treno, il modulo consegnato a ciascuntreno con le indicazioni d’orario, le velocità massime e altri dati significativi della linea(tipo d’impianti di blocco ecc.). La relativa banca dati è correntemente aggiornata dalSistema orari e da tutte le strutture operative di RFI che presiedono alla circolazione(Cesifer, Direzioni compartimentali movimento).

ASTER-IF. L’applicazione rivolta alle imprese ferroviarie per la gestione informatica in pia-nificazione delle richieste di tracce treno.

ASTER-QM. Il modulo applicativo che produce i quadri murali di stazione, ovvero i cosid-detti quadri d’arrivi/partenze per il pubblico.

BDS. Banca dati sicurezza. Il sistema che gestisce tutti i dati d’incidentalità che interessano la retedi RFI. Produce in particolare le statistiche per l’UIC e altri enti di controllo nazionali ed europei.

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Sistemi circolazione in sigle

BIC. Business informativo circolazione. Un progetto (in corso di sviluppo) per costi-tuire una banca dati circolazione di carattere direzionale (datawarehouse), quali sin-tesi ed elaborazione d’informazioni significative prodotte da altri sistemi di carattereoperativo.

Catalogo. L’applicazione attraverso cui la Direzione commerciale di RFI pubblicizza il cata-logo delle tracce disponibili per le imprese ferroviarie; ne è prevista l’evoluzione verso iltrattamento dell’intero ciclo di vendita e assegnazione delle tracce.

CCL. Controllo circolazione linee. Il sistema informativo a uso del dirigente centrale permonitorare e regolare la marcia dei treni oltre che supportare altre funzioni di movimento(messaggistica ecc.).

CTC. Controllo del traffico centralizzato. Il sistema a uso del dirigente centrale operativoper telecomandare da remoto gli apparati centrali di stazione di un’intera linea o nodo fer-roviario. S’è progressivamente evoluto anche verso altre funzioni di carattere informativo(tipo CCL).

DOC. Documenti operativi circolazione. Un progetto di “document management” in sicu-rezza (in fase d’avvio), in collaborazione tra RFI e Trenitalia per gestire il flusso di pro-duzione e distribuzione delle circolari e d’altra normativa d’esercizio alle imprese ferro-viarie, anche al fine di facilitarne la distribuzione sino agli agenti e utenti finali (mac-chinisti e altri).

EUROPTIRAILS. Progetto d’un consorzio di sei gestori d’infrastruttura europei, compresaRFI, per un sistema di controllo in tempo reale e monitoraggio del traffico su corridoi euro-pei; vede la prima applicazione sul corridoio Rotterdam-Milano.

FL. Fascicoli linea. Pubblicazione di servizio che riporta i dati analitici delle linee ferrovia-rie a uso del personale di circolazione (dei treni e di stazione), le cui informazioni sono inparticolare comprese nella banca dati ASTER; di tale documentazione è in corso la pro-gressiva e completa informatizzazione.

GO. Gestione operativa. Il processo di circolazione più direttamente responsabile dellamarcia dei treni, nel quale operano tutte le risorse di movimento adibite a tale missione.Convenzionalmente può farsi coincidere dalla “chiusura” del processo di programmazionedell’orario di servizio alla partenza e sino all’arrivo a destino del treno.

M3/M40. Moduli di “prescrizioni” di movimento, attraverso i quali vengono impartiti almacchinista specifici preavvisi e ordini circa la conduzione del treno, per rallentamenti(M3) e altre contingenze d’esercizio. Progetto informatico omonimo.

M53. Sigla del modulo di movimento che rappresenta anche in forma grafica il “piazza-mento” dei treni in stazione, oggetto di relative applicazioni informatiche.

PEDAGGIO. Rendicontazione delle tariffe d’accesso e d’utilizzo dell’infrastruttura delleimprese ferroviarie, che produce i ricavi in favore di RFI, in relazione a quanto previsto neirelativi contratti, condizioni generali ed eventuali penali.

PIC. Piattaforma integrata circolazione. Nuovo sistema informatico di RFI, basato su unacosiddetta architettura “a servizi”, nel quale hanno migrato o sono in via di re-engineeringdiverse applicazioni del Sistema circolazione.

IaP. Informazioni al pubblico. Insieme dei sistemi, interfacciati e alimentati dal mondo cir-colazione, predisposti per fornire informazioni alla clientela in tempo reale.

INFOSTAZIONI. Progetto d’informazioni al pubblico in stazione, che ha realizzato uno spe-cifico standard; in altre configurazioni, assume la definizione di InfoNodo e InfoLinea, se inparticolare s’indirizza a gestire gli impianti di un intero nodo o linea ferroviaria.

ITINERE. Applicazione analoga a quella di Trenitalia, da cui direttamente deriva e con laquale s’integra, per la rilevazione e gestione dei reclami e delle richieste della clientela(passeggeri in stazione, stampa, enti istituzionali e altri). In corso d’entrata in esercizio.

LAPIS. Layout piani schematici. Applicazione (prototipo) di disegno dei piani schematici distazione, integrata in AUTOCAD, che realizza un disegno “intelligente” degli stessi, qualeinput ad altre attività di progettazione e simulazioni di circolazione.

MANOVRA. Progetto d’integrazione delle attività RFI nel settore manovra; di recenteavviato in relazione alla prevista esecuzione di quanto disposto dal DLgs 188 (ruoli e com-petenze del gestore infrastruttura nei terminali e impianti merci); in collaborazione conTrenitalia, che già dispone in materia del SIR (Sistema informativo rotabili). Ha nella suastoria il CCR, ma non ancora un nuovo acronimo (!).

Portale (PIC). Portale d’accesso e d’autorizzazione delle varie strutture e utenti delSistema informativo circolazione.

Performance regime. Applicazione che sulla base dei dati RIACE contabilizza gli importi perpenalità e compensazioni che devono scambiarsi gestore di rete e imprese di trasporto, in rela-zione ai propri risultati di prestazioni di regolarità e impatto sugli altri attori di circolazione.

RGC. Reparto gestione circolazione. L’unità organizzativa presso la Direzione comparti-mentale movimento nell’ambito della quale operano i posti della dirigenza centrale (DC eDCO) e altre attività direttamente connesse alla gestione operativa.

RIACE. Reporting integrato andamento controllo esercizio. La banca dati che raccoglietutte le informazioni storiche sulla circolazione treni, ritardi e relative cause ecc., costi-tuendo uno strumento indispensabile d’analisi della qualità del servizio e altre funzioni col-legate (pedaggio, performance regime, BDS).

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Sistemi circolazione in sigle

RIR. Reparto interruzioni e rallentamenti. L’unità organizzativa e più in generale la funzio-ne delegata al coordinamento e assegnazione dei rallentamenti e interruzioni di binario perlavori e altre esigenze di manutenzione e rinnovo delle linee, per la quale è stata svilup-pata una specifica applicazione in ambito PIC.

RoMan. Route Management. Il modulo d’ausilio alla progettazione grafica degli orari.

SA. Sistema analisi. Modulo funzionale di PIC (in sostituzione di RIACE).

SAM. Sistema ausilio movimento. Applicazione a uso del dirigente movimento quale sup-porto alla compilazione del rapporto andamento treni (M42) e graficazione in tempo realedel piazzamento treni di stazione (entrata in esercizio sperimentale a Verona Q.E. è stataquindi integrata quale terminale di sistema CCL).

SCC. Sistema di comando controllo. Il progetto strategico di RFI per estendere il teleco-mando delle linee e la filosofia CTC, in ottica più integrata, alle direttrici fondamentalidella rete.

SI. Sistema impianto. Progetto di sistema informativo dedicato in particolare a stazionimedio-grandi, di recente realizzato per Milano Centrale e di cui è prevista l’estensionequale standard in altri impianti della rete.

SIC. Sistema informativo circolazione.

Sistema orario. Programma di sviluppo e insieme d’applicazioni nelle aree d’accesso all’in-frastruttura, pianificazione e progettazione dell’orario di servizio.

SOC. Sala operativa compartimentale del movimento.

SODG. Sala operativa presso la Direzione generale di RFI.

SSDC. Sistema di supporto al dirigente centrale. Workstation grafica che ha standardizzatoil posto di lavoro del dirigente centrale e ha creato un’interfaccia standard fra tutti i sistemiinformativi di campo (CTC/CCL) e i livelli superiori di SIC (operanti presso le SOC e SODG).

Suite. In linguaggio informatico, designa un insieme di funzioni e componenti d’un sistemainformatico; introdotta in particolare in PIC per indicare uno specifico sottosistema appli-cativo (ad esempio “Suite-DG”).

TCM. Traffic Capacity Management. Applicazione d’informatica e di ricerca operativa, rea-lizzata nell’ambito d’un progetto di ricerca e sviluppo europeo, in collaborazione conl’Università di Bologna (DEIS), che consente di costruire in forma ottimizzata e veloce unpiano orario, stabilire la capacità residua d’una linea ferroviaria a supporto dei progettidel Sistema orario.

TECS. Trasporti eccezionali e speciali. Applicazione in area ASTER che informatizza ilciclo d’autorizzazione e messa in circolazione d’un treno con trasporto eccezionale, aven-te cioè caratteristiche di sagoma o peso assiale fuori norma e per il quale è necessarioeseguire una particolare procedura.

TRISTAR. Progetto di ricerca, in collaborazione con l’Università di Firenze, che ha definitoun nuovo metodo d’analisi delle perturbazioni di circolazione e d’attribuzione dei ritardi aitreni, a seguito di scostamenti o cause di ritardo di uno o più convogli. Un tradizionale pro-blema di controllo e analisi della circolazione.

VIP. Verifica informatica piazzamento, realizzata nell’ambito del Sistema orari.

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Introduzione

La sfida dell’alta velocità per il trasporto su rotaie

è stata raccolta, da alcuni decenni, dai progetti-

sti e dagli specialisti dei diversi settori dell’inge-

gneria interessati, per le affascinanti quanto

ardue implicazioni tecniche a essa correlate e

dalle istituzioni del nostro paese per ragioni di

ordine socio-economico, che dovranno riuscire

compiutamente vincenti in un ormai prossimo

futuro. Fra gli obiettivi strategici attesi vi sono,

però, anche importanti aspetti ambientali e d’in-

tegrazione modale, per i benefici generati dalla

nuova rete a servizio delle grandi macroaree

interessate, sia nel territorio nazionale sia in

ambito UE, con la formazione dei grandi corridoi

TEN (Trans European Network) e PEN (Pan

European Network). Nel nostro paese, poi, a

causa della particolare crisi sofferta dal settore

aeronautico e della cronica congestione di quel-

lo stradale, con le conseguenti criticità ecosiste-

miche generate, la sfida dell’AV/AC rappresen-

ta sempre più, almeno per il corto-medio raggio,

la soluzione ottimale per assicurare una “mobilità

sostenibile” e per migliorare gli standard di

competitività ed efficienza rispetto all’intera area

euro. Occorre, tuttavia, vista la specifica sensibi-

lità e vulnerabilità dell’ambiente di pertinenza

(sito e area vasta interessati) delle opere da rea-

lizzare nel territorio nazionale e l’impatto genera-

to in esercizio dai convogli, approfondire scienti-

ficamente tutte quelle implicazioni di natura eco-

sistemica che l’alta velocità su rotaie impone

come specifiche tecniche da risolvere circa la

sua sostenibilità e il suo sviluppo compatibile.

In particolare, l’analisi integrata del comporta-

mento aeroacustico d’un treno ad alta velocità è

uno degli elementi centrali del processo d’otti-

mizzazione della correlazione del binomio “rete

AV/AC-ambiente” e, per tale problematica, risul-

ta essenziale predisporre apposite linee-guida

da fornire ai diversi decisori interessati (tecnici,

istituzioni ecc.), onde migliorare efficacemente i

risultati globali conseguibili. Nel presente lavoro,

attraverso la costruzione d’un apposito modello,

si vuole valutare l’efficienza di previsione della

pressione acustica prodotta in esercizio, facen-

do ricorso a un versatile metodo computaziona-

121

Una formulazione agli elementi di contornoper l’analisi unificata aeroacustica e aerodinamica d’un treno ad alta velocità

ROSARIO ARDITO MARRETTA, GIUSEPPE DAVÌ, ALBERTO MILAZZO, GIOVANNI TESORIERE –Dipartimento di Tecnologie e infrastrutture aeronautiche, Università di PalermoMICHAEL CARLEY – Department of Mechanical Engineering, Bath University, UK DARIO LO BOSCO – Facoltà di Ingegneria nell’Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria

RubricaAMBIENTE | DIRITTO | ECONOMIA | INGEGNERIA

rubrica Ambiente 8-05-2007 14:55 Pagina 120

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di pressione sonora è legata alla velocità ma

anche ad altri fattori, tra i quali il più importante

risulta essere lo stato d’usura dei binari e delle

ruote. Lo scopo delle prime ricerche in questo

settore era proprio quello di determinare, trami-

te vari tipi di misurazioni, uno spettro che carat-

terizzasse la rugosità delle superfici.

L’accuratezza di tali spettri, calcolati con i meto-

di standard dell’analisi in frequenza, consente di

stabilire una relazione di linearità tra lo spettro di

rugosità e quello d’emissione di rumore; tale

condizione permette di calcolare lo spettro della

potenza della sorgente usando direttamente lo

spettro di rugosità.

Note, dunque, le cause di questo genere di

rumore, occorre determinare il posizionamento

della sorgente rappresentativa del rolling noise.

In questo caso s’avranno due possibilità, ossia

considerare tutto il contributo in termini di rumo-

re applicato sul punto di contatto, oppure divi-

dere i contributi energetici, imputandone uno al

convoglio posizionato all’altezza delle ruote e

uno al binario posizionato sul punto di contatto.

Questa risulta essere, a nostro avviso, la

scelta più appropriata per una più accurata

modellazione.

Il rumore di trazione è generato dai motori impie-

gati sui convogli destinati al traino di materiale

rotabile, passeggeri e merci, generalmente elet-

trici, che funzionano normalmente con una ten-

sione di 3 KVolt. La rumorosità significativa,

dunque, è emessa solo alle basse velocità, cioè

nei tratti d’ingresso e uscita dalle stazioni ferro-

viarie. L’altezza di questa sorgente può essere

scelta in base alla conoscenza delle posizioni

delle altre sorgenti, ma poiché può dipendere

dai differenti tipi di treno si preferisce conside-

rarla posizionata lungo tutta l’altezza del treno a

partire dalle ruote. Oggetto del presente artico-

lo sarà, come sopra rappresentato, il rumore

aerodinamico, generato dal fluido che scorre

lungo la superficie del treno avente carattere di

talune discontinuità, costituite, ad esempio, dai

pantografi presenti nel convoglio. Si può, ragio-

nevolmente e per pregresse conoscenze di let-

teratura scientifica, considerare come maggiore

sorgente fisica di questa tipologia di rumore il

pantografo e la sua cavità.

Inoltre, un ulteriore aspetto da considerare nel-

l’ambito dello studio è la propagazione del

rumore: la sua diffusione viene, infatti, influenza-

ta da diversi fattori. Nel caso del campo libero,

questi sono la divergenza geometrica, l’assorbi-

mento dell’atmosfera e quello del suolo. Non è

possibile, poi, considerare il sistema “treno”

come una sorgente omnidirezionale, poiché la

base della “cassa” costituisce uno schermo alla

propagazione del rumore generato dal carrello

ferroviario.

Tali fattori, nei casi reali, interagiscono tra loro,

rendendo complessa una valutazione semplifi-

cata del fenomeno. Individuate le caratteristi-

che delle emissioni sonore, è necessario, allo-

ra, essere in grado di studiare organicamente

il problema, procedendo o con l’approccio spe-

rimentale, tramite prove in galleria del vento che,

sebbene molto affidabili, risultano estremamen-

te onerose dal punto di vista economico, ovve-

ro è possibile procedere a simulazioni numeri-

che, basate sullo sviluppo di codici di calcolo

RUBRICA Una formulazione agli elementi di contorno per l’analisi unificata aeroacustica e aerodinamica d’un treno ad alta velocità

123

le, il BEM, o Boundary Element Method (meto-

do degli elementi di contorno), in una formula-

zione unificata che permetta, cioè, di determi-

nare, contemporaneamente, sia le grandezze

aerodinamiche sia quelle aeroacustiche d’un

treno ad alte prestazioni. Lo studio viene

affrontato attraverso un’opportuna analisi del

problema del rumore prodotto da tale tipologia

di treni, onde anche operativamente consenti-

re sia il rispetto delle normative in vigore sia

l’ottimizzazione degli standard progettuali dei

convogli che saranno sempre più in circolazio-

ne nella nostra rete. S’evidenzierà pure, nel

seguito, come gli effetti acustici generati dai

treni vengano amplificati dall’effetto dell’alta

velocità, ponendo scientificamente l’attenzione

sul tipo di rumore che verrà studiato, che è

quello generato aerodinamicamente.

1. Il fenomeno del rumoreper i treni e le sorgenti

Nel presente lavoro il problema del rumore

verrà trattato nella sua globalità, fissando l’at-

tenzione non solo sulle principali sorgenti di

rumore, ma anche sull’effetto che la velocità ha

su di esse. L’obiettivo è quello di favorire anche

un’idonea individuazione mirata d’eventuali

interventi di tipo “attivo”, direttamente applicabi-

li dalle imprese costruttrici sui progetti futuri dei

treni, lasciando ai sistemi “passivi” (barriere anti-

rumore) il compito di proteggere le aree a mag-

gior rischio d’impatto acustico. Tali differenti

tipologie d’interventi “ottimizzanti” sono neces-

sarie per soddisfare pienamente la salvaguardia

della salute pubblica, ottemperando alla norma-

tiva di riferimento, che stabilisce regole precise

per la prevenzione e il contenimento dell’in-

quinamento da rumore avente origine dall’e-

sercizio dell’infrastruttura ferroviaria.

Verranno, in tal senso, forniti risultati utili per lo

studio previsionale dei fenomeni e degli effetti in

esercizio connessi all’inquinamento acustico,

attraverso il metodo numerico proposto, analiz-

zando le emissioni d’un treno ad alta velocità di

configurazione classica e attuale.

Il sistema treno-rotaie è descritto da un numero

equivalente di punti sorgente in movimento, cia-

scuno con una frequenza dipendente dal livello

di potenza sonora e, quando necessario, dai

piani di propagazione.

Il rumore prodotto dal transito d’un convoglio

ferroviario ha origine da diverse componenti, dal

contatto ruota-rotaia, dal contatto pantografo-

linea, dai motori di trazione e dal moto del treno.

Quando fissiamo l’attenzione sulle sorgenti di

rumore più significative, cioè il rolling noise, il

rumore di trazione e il rumore aerodinamico,

le altre sorgenti possono essere considerate

secondarie poiché esterne al treno: esse dipen-

dono dalle condizioni d’esercizio, come il pas-

saggio sotto un ponte, dentro una galleria o dal-

l’utilizzo dei freni. Prendendo in considerazione

le tre fondamentali sorgenti, è significativo

determinare, per gli obiettivi prefissi, la loro posi-

zione e le cause del rumore. Il rolling noise è

causato dalle vibrazioni strutturali di ruote e

rotaie prodotte dal contatto tra le superfici delle

stesse; esso è dipendente dal peso assiale e

dalle dimensioni delle ruote. L’intensità dei livelli

[ Argomenti ] 10

122

rubrica Ambiente 8-05-2007 14:55 Pagina 122

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tuazioni derivanti da instabilità che, a bassi

numeri di Reynolds, è costituita da modelli rego-

lari di vortici, responsabili del suono degli stru-

menti musicali, e ad alti numeri di Reynolds

determina invece un moto turbolento irregolare

che risulta essere responsabile, per esempio,

del rumore prodotto dal getto gassoso dei pro-

pulsori a reazione dei velivoli. Poiché le fluttua-

zioni di pressione all’interno del flusso d’aria

sono in gran parte bilanciate dalle fluttuazioni

d’accelerazione del fluido, non era ancora ben

chiaro, fino a metà del XX secolo, in che pro-

porzioni l’energia, scaturita da esse, si propa-

gasse come suono.

La teoria di Lighthill è basata sull’equazione del

moto e ha come scopo la valutazione della dif-

fusione del suono generato dal flusso aerodina-

mico, come risultato d’instabilità contenute nelle

fluttuazioni o nella turbolenza. L’evoluzione del

calcolo acustico è stata finora basata sull’analo-

gia determinata da Lighthill stesso e sulle solu-

zioni numerico-matematiche della sua formula-

zione. Per una maggiore enucleazione del pro-

blema, si riportano brevemente i cardini fonda-

mentali dell’equazione di Lighthill, per i partico-

lari aspetti utili agli scopi del presente articolo.

È opportuno considerare il suono come un’on-

da generata da un’oscillazione forzata e il siste-

ma libero, dal quale nasce l’onda, come un

mezzo acustico uniforme in quiete, perché, valu-

tato il suono prodotto, potrebbe essere neces-

sario considerare le modifiche dovute al flusso

turbolento e alla propagazione della velocità.

L’equazione di Lighthill nasce dalla scrittura

esatta delle equazioni pertinenti alla conserva-

zione della massa e della quantità di moto

d’un fluido confinato nelle accezioni dei loro

flussi. Opportune manipolazioni matemati-

che di queste equazioni condurranno alla

scrittura dell’equazione d’onda di Lighthill

attraverso una nuova scrittura tensoriale che

ingloberà i contributi provenienti dalle fluttua-

zioni viscose di Reynolds e dallo stato di ten-

sione superficiale:

L’equazione (2), nota come analogia acustica,

evidenzia che il tensore degli sforzi Tij incor-

pora non solo la generazione del suono, ma

anche la sua relazione con il flusso, tramite il

termine ρνiνj, la sua variazione a velocità

variabile e con dissipazione dovuta a condu-

zione, tramite il termine α20 ρδij, e la graduale

dissipazione dovuta alla viscosità del fluido. I

contributi di dissipazione, di conduzione e di

viscosità possono essere considerati trascu-

rabili rispetto al termine dovuto alle tensioni

fluttuanti di Reynolds, corrispondenti alla

variazione del momento del flusso attraverso

superfici fissate.

4. La soluzione di Lighthill

La teoria dl Lighthill mostra a bassi numeri di

Mach, per regioni vorticose, la relazione che

intercorre tra la densità ρ, le tensioni pij e la

velocità vi di un generico fluido in moto ed è

la seguente:

RUBRICA Una formulazione agli elementi di contorno per l’analisi unificata aeroacustica e aerodinamica d’un treno ad alta velocità

125

dedicati, con vantaggi evidenti in termini di costi,

efficienza e “robustezza numerica”. È in que-

sto contesto che s’inquadra questo lavoro che

s’inserisce in un nuovo contesto scientifico,

quello dell’aeroacustica computazionale, il cui

principale scopo è l’investigazione legata alle

sorgenti di rumore aerodinamico e alla tra-

smissione del suono generato.

2. Effetti acustici dell’altavelocità

Per i treni che viaggiano a velocità conven-

zionali (160-200 Km/h), il fenomeno respon-

sabile della produzione del rumore rimane il

contatto tra le superfici delle ruote e dei bina-

ri (rolling noise); per velocità che superano i

200 Km/h, il contributo d’altre sorgenti acu-

stiche diventa sempre più considerevole e

rende più complesso lo studio delle emissio-

ni sonore. A queste velocità, dunque, è più

difficile individuare il rumore proveniente

dalle singole sorgenti.

Prove sperimentali effettuate sul TGV-

Duplex, con appositi microfoni, hanno per-

messo investigazioni in un determinato range

di frequenze (200-4.000 Hz), con lo scopo di

determinare le principali fonti di rumore. La

differenziazione tra le sorgenti acustiche e

quelle meccaniche è basata su criteri legati

alla dipendenza dalla velocità. Eseguendo

opportuni test, a due velocità diverse, è

emerso che le emissioni d’ogni sorgente

aumentano all’aumentare della velocità, ma

non con la stessa legge, e l’analisi degli

spettri correlati ha portato all’identificazione

delle due principali sorgenti di emissione. In

particolare, lo sviluppo del rumore aerodina-

mico si concentra nell’area di testa del treno,

che fornisce un contributo considerevole, fra

315 Hz e 2.000 Hz, e nell’area del panto-

grafo, costituita sia dal pantografo sia dalla

sua cavità. È importante stabilire in che modo

l’evoluzione del livello di rumore dipenda dalla

velocità: dalle misurazioni effettuate nell’am-

bito del progetto DEUFRAKO si è dimo-

strato che la pressione sonora può essere

approssimata a un’equazione polinomiale di

secondo ordine della variabile log(V):

dove LAeq,tp costituisce il livello di pressione

sonora equivalente, V è la velocità del treno,

V0 quella di riferimento, uguale a 200 km/h

nel progetto DEUFRAKO, e A, B, C sono

coefficienti di regressione. Tenendo conto

che l’energia della sorgente del rolling noise

resta proporzionale alla sesta potenza della

velocità e che quella della sorgente acustica

lo è alla terza potenza, è facilmente intuibile

come gli effetti acustici del pantografo siano

considerevoli solo alle elevate velocità.

3. Il rumore aerodinamico

Il suono aerodinamico prodotto dal flusso della

vena fluida è differente da quello generato dalla

vibrazione dei solidi. Il flusso d’aria contiene flut-

[ Argomenti ] 10

124

LAeq, tp = A + Blog (V/Vo) +

+ C[log(V/Vo)]2

Tij = ρνiνj + ρij - α20 ρδij

(1)

(2)

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per la prima il moto della sorgente, la frequenza

delle fluttuazioni e la posizione dell’osservatore

sono tali da poter trattare la sorgente come un

punto in movimento e le soluzioni, in questo

caso, vengono ottenute come limite delle solu-

zioni per sorgenti non compatte.

Nell’ambito dello studio sulla previsione del

suono aerodinamico si potrà considerare il pan-

tografo, fonte di rumore per i treni ad alta velo-

cità, come una sorgente compatta.

Lo studio nel dominio della frequenza permette

d’ottenere l’intensità d’ogni armonica del rumo-

re, mentre nel dominio del tempo ciò che può

essere determinato è l’evoluzione temporale del

corpo stesso che genera il rumore. I metodi nel

dominio della frequenza sono caratterizzati da

minori problemi riguardanti le singolarità mate-

matiche connesse a quelle di campo aerodina-

mico in presenza di sorgenti, soprattutto nel

caso d’alta velocità.

È comunque acclarato che non può ottenersi

una buona predizione aeroacustica senza una

puntuale descrizione del campo aerodinamico e

delle informazioni a esso connesse.

Lo studio dei moti irrotazionali costituisce

una parte rilevante dell’aerodinamica e i

metodi di risoluzione dell’equazione di

Laplace ci permettono di descrivere comple-

tamente il comportamento d’una corrente

irrotazionale e solenoidale.

Particolare attenzione sarà rivolta al metodo

della funzione di Green e all’approccio con il

metodo degli elementi di contorno (BEM).

L’equazione di Laplace per il campo aerodina-

mico, prima ipotizzato, risulta:

Si tratta di un’equazione a potenziale lineare

del secondo ordine alle derivate parziali di tipo

ellittico che risulta ricorrente in molti ambiti

della fisica matematica, la cui soluzione ha

l’importante proprietà d’essere armonica.

Uno dei metodi per risolvere l’equazione di

Laplace consiste nella ricerca delle soluzioni,

come prodotto di funzioni (metodo di separa-

zione delle variabili) che, singolarmente, siano

dipendenti da una sola delle variabili.

La soluzione generale dell’equazione di

Laplace deve tener conto delle condizioni

al contorno; il metodo sopra menzionato è

detto del tipo “indiretto”, poiché tali condi-

zioni al contorno devono essere a priori

verificate. Il metodo manifesta limiti oggetti-

vi d’applicabilità. Un altro metodo di risolu-

zione, per l’equazione di Laplace, è, poi,

quello che utilizza le proprietà della funzio-

ne di Green per il dominio illimitato; tale

metodo ha un’importanza rilevante, soprat-

tutto nell’utilizzo di codici numerici per la

risoluzione di problemi sia bidimensionali

sia tridimensionali.

Ciò premesso, per generalità, si consideri

ora l’equazione di Poisson, che costituisce

l’equazione di Laplace non omogenea con le

assegnate condizioni fisiche al contorno.

La soluzione, in un generico punto p interno

al volume V, può essere rappresentata attra-

verso un’equazione integrale, mediante la

funzione di Green di dominio illimitato, note

che siano tutte le condizioni al contorno.

RUBRICA Una formulazione agli elementi di contorno per l’analisi unificata aeroacustica e aerodinamica d’un treno ad alta velocità

127

Per bassi numeri di Mach, quando il fluido

può essere considerato ragionevolmente non

viscoso, i termini pij e ρδij sono trascurabili e

l’espressione del tensore degli sforzi diventa:

con ρ0 che rappresenta la densità del fluido

in quiete e v la velocità associata al moto. Si

può concludere che il campo acustico è gui-

dato da una struttura quadrupolare (o doppia

divergenza monopolare). La teoria delle sor-

genti a quadrupolo è dunque quella che

meglio rappresenta fisicamente il fenomeno

del suono generato aerodinamicamente.

5. La soluzione di FfowcsWilliams e Hawkings

La soluzione di Ffowcs Williams e Hawkings

viene riferita a una formulazione matematica

che si sviluppa dalla manipolazione dell’equa-

zione d’onda di Lighthill, in termini di velocità e

di distribuzione di pressione su una superficie

di controllo che generalmente è quella del

corpo stesso. In sintesi, la soluzione per il

suono irradiato da un corpo in movimento

dipende da tre termini che rappresentano,

rispettivamente, l’emissione quadrupolare

come sopra evidenziato, il termine di thickness

e il termine di loading.

I termini di loading (o di dipolo) e thickness (o

di monopolo) sono così denominati per le rela-

zioni che li legano rispettivamente al carico e

alla geometria del corpo. Il termine di thick-

ness è legato al trasferimento di massa causa-

to dal movimento del corpo e dipende esclusi-

vamente dalla geometria e dalla cinematica; il

termine di loading deriva dalle forze di contat-

to che si scambiano la superficie del corpo e il

fluido e può essere puntualmente determinato

se sono noti i carichi che agiscono sul corpo

stesso. La scomposizione del suono, così

operata, costituisce la base per successive

formulazioni, come quella di Farassat, nella

quale, trascurando il termine del quadrupolo

(non lineare) e trasformando la derivata spa-

ziale in una di tipo temporale, è possibile diffe-

renziare il campo del suono irradiato in campo

vicino e campo lontano. Affinché questa solu-

zione sia valida si deve dunque assumere che

il contributo del quadrupolo sia nullo, cioè che

le turbolenze e le eventuali onde d’urto debba-

no essere trascurabili. Ciò implica che il suono

irradiato è funzione solo dei termini lineari di

monopolo e di dipolo, quindi rispettivamente

dei termini di thickness e di loading. La formu-

lazione di Farassat si basa, dunque, su equa-

zioni integrali d’aerodinamica linearizzata.

6. Metodi utilizzati per l’analisi predittiva

A partire dalla formulazione di Ffowcs Williams

e Hawkings, numerose altre formulazioni sono

state sviluppate e “adattate” allo studio di sor-

genti compatte e non compatte. Si ricorda che

[ Argomenti ] 10

126

Tij = ρoνiνj

∇2 ϕ = 0

(3)

(4)

(5)

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tra il generico punto p e il punto sorgente pi.

Andrebbe, inoltre, considerato il termine riferito

alla scia, tipico per la modellazione di corpi por-

tanti nel flusso, risolvibile con opportune condi-

zioni fisico-matematiche imposte nei punti di di-

stacco della scia stessa (condizione tridimen-

sionale di Kutta). Poiché lo studio di treni ad alta

velocità esclude la presenza della scia, per le

finalità del presente lavoro, la soluzione dipende

dalla determinazione delle relative condizioni alla

frontiera. Infatti, assumendo che il flusso medio

indisturbato risulti descritto da una velocità

potenziale ϕ (x) e da un irrotazionale disturbo

acustico ϕ’(x,t)=ϕoe-iωt la velocità complessiva

non stazionaria e potenziale è data da:

che costituisce il disturbo acustico.

8. Applicazioni numerichee risultati

Per fornire una pratica applicazione del meto-

do proposto, si è considerato il caso specifico

d’un treno ad alta velocità-tipo, la cui geome-

tria è stata opportunamente semplificata nella

fase di realizzazione della mesh. Il convoglio

preso in esame è stato un TGV francese (è in

fase di pre-processing quella per il modello

ETR 500 delle Ferrovie Italiane), prodotto alla

fine degli anni 80, che viaggia a una velocità

massima omologata pari a 270Km/h, corri-

spondenti a un numero di Mach di 0.22 circa.

La motrice, considerata nel presente contesto,

ha dimensioni caratteristiche di 22 m di lun-

ghezza e sezione caratteristica rettangolare di

dimensioni 3 m x 4 m.

Affinché il problema possa essere agevolmen-

te risolto, la formulazione integrale presentata

nel capitolo precedente deve essere coadiu-

vata da una conveniente discretizzazione del

modello preso in esame. Il processo di discre-

tizzazione interesserà il contorno del treno, che

sarà diviso in un finito numero d’elementi iso-

parametrici a tre nodi. La geometria degli ele-

menti è determinata a partire dall’interpolazio-

ne dei punti nodali; le coordinate dei punti

sono espresse in termini di coordinate nodali e

a esse viene associata una conveniente fun-

zione di forma. Ossia, come nel caso in

esame, se gli elementi saranno trinodali, le fun-

zioni di forma utilizzate saranno tre per ele-

mento, in modo tale che ogni variabile sarà

descritta da una funzione quadratica.

L’algoritmo utilizzato nel presente contesto

d’implementazione di discretizzazione del

locomotore TAV è costituito dal seguente

schema computazionale:

1) definizione d’un box che includa il poligono

o poliedro convesso definito dai nodi al

contorno risultanti dalla discretizzazione di

linee o superfici;

2) creazione di una mesh iniziale con l’inseri-

mento di tutti i nodi di linee o superfici gra-

zie all’utilizzo dell’algoritmo Bowyer;

3) controllo del contorno per “forzare” tutti gli

elementi o facce delle linee o superfici a

essere presenti e condizionati nella mesh

iniziale;

RUBRICA Una formulazione agli elementi di contorno per l’analisi unificata aeroacustica e aerodinamica d’un treno ad alta velocità

129

In questo modo il problema di Laplace è dato in

forma chiusa. Poiché non tutte le condizioni al con-

torno sono note, occorre determinare quelle inco-

gnite. A ciò si perviene scrivendo la rappresenta-

zione integrale per i punti sulla frontiera. Si riesce

così a formulare il problema mediante il metodo

delle equazioni integrali. La soluzione non è facil-

mente raggiungibile in forma chiusa, ma discretiz-

zandoopportunamente il contorno e adottando una

risoluzione numerica BEM è possibile risolvere il

problema di Poisson anche per geometrie com-

plesse come quelle d’un treno ad alta velocità.

7. BEM (BoundaryElement Method)

Il Boundary Element Method è un approccio

numerico versatile basato sulla discretizzazione

della frontiera. L’approccio consiste non già nel

formulare il problema in equazioni integrali alle

derivate parziali, ma nel ricavare la relativa rap-

presentazione integrale. Le equazioni integrali

relative, che s’ottengono dalla rappresentazione

integrale, sono numericamente integrate una

volta discretizzato il contorno e imponendo le

relative condizioni assegnate alla frontiera. Le

equazioni integrali sono numericamente integra-

te sul contorno, che viene diviso in piccoli ele-

menti (Boundary Elements), e calcolate impo-

nendo le condizioni al contorno in modo da otte-

nere una soluzione unica. La caratteristica che

rende particolarmente competitivo questo meto-

do è quindi quella di richiedere solo la model-

lazione della frontiera del corpo in esame

(Boundary), mentre per altri metodi – FEM-FVM

– occorre modellare anche il dominio, cosicché

il metodo BEM riduce la dimensionalità del pro-

blema. Le mesh di discretizzazione, nel BEM,

sono molto simili esternamente a quelle del

FEM, ma in quest’ultimo metodo si dovrà rico-

struire l’intero volume, mentre nel BEM si pro-

cederà alla divisione in elementi solo della super-

ficie. Ciò viene reso possibile dall’uso proprio

del teorema di Green, che è capace di trasfor-

mare un volume integrale in una superficie inte-

grale. Con una divisione agli elementi nel solo

contorno, il problema vede ridurre la sua dimen-

sione e la discretizzazione della mesh è di fatto

più efficiente. Inoltre, con l’utilizzo di questo

metodo, risulta notevolmente ridotto l’onere

computazionale rispetto ad altri approcci utilizza-

bili per la risoluzione del problema in studio.

In formule, per un flusso incompressibile e

irrotazionale, il potenziale di velocità è dato da:

La funzione di Green, per valori bassi di nume-

ro di Mach, nello spazio tridimensionale, è:

dove R = √(x-x1)2 + (y-y1)2 + (z-z1)2 è la distanza

[ Argomenti ] 10

128

ϕ (x,t)=ϕ (x) + ϕ’(x,t)

(6)

(7)

(8)

(9)

rubrica Ambiente 8-05-2007 14:55 Pagina 128

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RUBRICA Una formulazione agli elementi di contorno per l’analisi unificata aeroacustica e aerodinamica d’un treno ad alta velocità

131

4) soppressione dei triangoli o dei tetraedri

non desiderati (aventi distorsioni geometri-

che fuori tolleranza);

5) inserimento dei nuovi nodi, attraverso l’uso

dell’algoritmo Bowyer, fino alla dimensione

caratteristica d’ogni singolo elemento, che

dovrà risultare minore o al più uguale alla

lunghezza caratteristica del campo, valutata

dal centro della circonferenza o sfera circo-

stante.

I risultati ottenuti sono stati analizzati proce-

dendo a un controllo numerico che permetta di

confermare la piena validità del metodo, sia nel

caso stazionario sia in quello non stazionario.

Le prove sono state effettuate con lo scopo di

determinare la pressione sulla superficie del

treno e l’entità del suono prodotto dalle sor-

genti unitarie di rumore poste sul treno, allo

scopo di simulare la presenza dei pantografi. Il

metodo ha anche particolare versatilità, essen-

do capace di descrivere, senza ledere la gene-

ralità del contesto, anche la pressione sonora

nel campo circostante. È stata, infine, effettua-

ta un’analisi in frequenza su un modello d’un

TGV francese, con fattore di scala 1:5, nor-

malizzando la frequenza a 80 Hz con un valo-

re di numero d’onda k pari a 7.5. Il range d’in-

dagine ha compreso le frequenze tra 80 Hz e

400 Hz, con k variabile tra 7.5 e 37.5 nel caso

stazionario e lunghezze d’onda, λ, tra 0.677 m

e 0.135 m. Scelto, quindi, il campo delle fre-

quenze e determinate le lunghezze d’onda, s’è

tenuto conto di queste quali parametri signifi-

cativi nella costruzione della mesh del treno ad

alta velocità considerato, poiché per ottene-

re risultati ingegneristicamente affidabili si

dovranno considerare, mediamente, da 8 a

10 nodi per unità di lunghezza d’onda.

Le prove numeriche sono state eseguite nel

caso di treno stazionario, con osservatore soli-

dale, in presenza d’un solo pantografo anterio-

re, considerato come sorgente unitaria di

rumore, e d’un solo pantografo posteriore. In

virtù del principio di sovrapposizione degli

effetti, applicabile nel campo dell’aeroacustica

lineare, si sono ottenuti risultati anche per il

treno provvisto di due pantografi. Sia nella

prova effettuata per il treno libero (allo scopo

di conoscere la pressione sulla superficie) sia

nella prova effettuata rispetto a un piano (per

determinare la pressione sonora nel campo),

sono stati presi in considerazione i casi del

treno stazionario e non stazionario, nell’ambito

computazionale del quale l’introduzione del

numero di Mach ha modificato l’espressione

della funzione di Green, attraverso il fattore di

Prandtl-Glauert, per tenere conto della (even-

tuale) compressibilità del flusso. La procedura

di controllo dei risultati viene completata e resa

possibile una volta che si consideri la sor-

gente del rumore posizionata all’interno della

superficie studiata che, trasferita al caso in

esame, verrà collocata all’interno della superfi-

cie del treno.

In accordo con i presupposti teorici, la pres-

sione, calcolata con il metodo proposto,

come espressamente confermano pure le

risultanze numeriche acquisite, risulta essere

uguale al suono irradiato direttamente dalla

sorgente.

[ Argomenti ] 10

130

fig. 2 – Pressione sonora trenostazionario pantografo post.k=7.5

fig. 3 – Pressione sonora trenostazionario doppio pantografok=7.5

fig. 1 – Pressione sonora trenostazionario pantografo ant.k=7.5

rubrica Ambiente 8-05-2007 14:55 Pagina 130

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[ Argomenti ] 10

132

RUBRICA Una formulazione agli elementi di contorno per l’analisi unificata aeroacustica e aerodinamica d’un treno ad alta velocità

133

fig. 4 – Pressione sonora trenostazionario pantografo ant.k=30

fig. 5 – Pressione sonora trenostazionario pantografo post.k=30

fig. 6 – Pressione sonora trenostazionario doppio pantografok=30

fig. 7 – Pressione sonora trenonon stazionario pantografo ant.M=0.22; k=1

fig. 8 – Pressione sonora trenonon stazionario pantografopost. M=0.22; k=1

fig. 9 – Pressione sonora trenonon stazionario doppio panto-grafo M=0.22; k=1

rubrica Ambiente 8-05-2007 14:55 Pagina 132

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[ Argomenti ] 10

134

RUBRICA Una formulazione agli elementi di contorno per l’analisi unificata aeroacustica e aerodinamica d’un treno ad alta velocità

135

fig. 10 – Pressione sonoratreno non stazionario panto-grafo ant. M=0.22; k=5

fig. 11 – Pressione sonoratreno non stazionario panto-grafo post. M=0.22; k=5

fig. 12 – Pressione sonoratreno non stazionario doppiopantografo M=0.22; k=5

Conclusioni

Nel presente lavoro, il problema del rumore

dovuto all’esercizio d’una linea ferroviaria

AV/AC è stato trattato analizzando opportuna-

mente sia le principali sorgenti di rumore sia

l’effetto che la velocità esercita su di esse.

L’argomento affrontato investe profili d’ordine

tecnico, economico ed ecosistemico ed è fra

l’altro regolamentato, per gli aspetti delle com-

patibilità ambientali, da una specifica normati-

va di riferimento, che stabilisce precise regole

per la prevenzione e il contenimento dell’inqui-

namento acustico avente origine dall’esercizio

delle infrastrutture ferroviarie. Lo studio intra-

preso ha consentito di pervenire alla proposi-

zione di un’apposita metodologia d’approccio

al problema, fornendo affidabili risultati previ-

sionali, attraverso un adeguato quanto versati-

le metodo numerico degli elementi di contorno

(BEM), delle emissioni di rumore d’un treno ad

alta velocità, di configurazione classica e attua-

le. Ciò, assume rilievo anche per poter even-

tualmente individuare alcuni interventi di tipo

“attivo”, direttamente applicabili a sviluppi futu-

ri del progetto di treni ad alta velocità.

Nell’articolo è stata, poi, specificamente tratta-

ta la predizione numerica del rumore aerodina-

mico generato dal fluido interessato dallo scor-

rimento lungo la superficie d’un treno ad alta

velocità e in presenza di sorgenti sonore,

causa di discontinuità, rappresentate dai pan-

tografi presenti nel convoglio.

Il controllo della bontà numerica dei risultati da

un lato e la relativa “leggerezza” delle risor-

se computazionali impegnate dall’altro fanno

ragionevolmente sperare in un impiego sem-

pre più diffuso del BEM, quale metodo da

poter efficacemente impiegare sia nella fase

concernente la predizione numerica del rumo-

re irradiato sia in quella correlata all’impiego di

questo strumento computazionale quale valida

alternativa progettuale per il pre-design di treni

ad alta velocità di prossima generazione.

rubrica Ambiente 8-05-2007 14:55 Pagina 134

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137

RubricaAMBIENTE | DIRITTO | ECONOMIA | INGEGNERIA

L’evoluzione tecnologica della nuova rete di

telecomunicazione ha prodotto incisivi cam-

biamenti nel mondo del lavoro e dell’organiz-

zazione manutentiva. Ciò è la naturale conseguen-

za dell’elevata affidabilità della componentistica

elettronica e della sua ridotta manutenzione che

richiedono da parte del manutentore una cono-

scenza e un’operatività sui singoli componenti

meno approfondita ma uno skill professionale cor-

relato alla sistemistica degli impianti.

È fondamentale pertanto nel manutentore d’oggi

avere una buona conoscenza di base del funziona-

mento delle singole apparecchiature e delle logi-

che degli impianti, al fine d’utilizzare al meglio i

sistemi di gestione e gli strumenti di misura per la

ricerca e la risoluzione di guasti e la riconfigurazio-

ne degli impianti. Pertanto il manutentore vede il

proprio ruolo mutato; in particolare il manutentore

stesso è sempre meno coinvolto nell’attività ciclica

preventiva, ma più presente in quella correttiva su

guasto e su condizione grazie alla tecnologia inno-

vativa prevista sugli impianti di RFI.

Nel processo di rinnovo degli impianti TLC è

stato, quindi, perseguito l’obiettivo d’ottimizza-

zione dell’attività e conseguentemente dei costi

di manutenzione, effettuando, in primo luogo, la

mappatura degli impianti in esercizio e, per cia-

scuno d’essi, degli elementi di maggiore inci-

denza nei costi di manutenzione.

Gli impianti con alto costo manutentivo sono

risultati:

• centrali telefoniche elettromeccaniche;

• sistemi di trasmissione 12, 120 e 300 canali in

tecnica analogica FDM;

• radiotelefoni VHF a 450MHz;

• cavi in rame obsoleti.

Il processo di rinnovo, ad esempio, delle centrali

telefoniche elettromeccaniche ha comportato un

riclassamento con tecnologia digitale che consen-

te il completo governo della rete di commutazione

di RFI e la riduzione dei costi manutentivi dovuti agli

interventi preventivi e correttivi, tramite la supervi-

sione di tutte le centrali da un “Posto centrale di

supervisione nazionale” e da postazioni client dislo-

cate presso i compartimenti quale supporto all’atti-

vità manutentiva per guasti, riconfigurazione, con-

trollo dell’allarmistica, qualità delle prestazioni.

L’ammodernamento dei sistemi di trasmissione

analogici, da tecnica FDM (12, 120, 300 canali) e

PCM 2 Mbit/s su coppie in rame con sistemi

Gestione della manutenzione della rete ditelecomunicazione di RFI

ATTILIO GAETA – responsabile Sistemi di segnalamento e telecomunicazioni della Direzione manutenzionedi RFI SpA

rubrica Ingegneria1 8-05-2007 14:56 Pagina 136

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scendo già le parti d’impianto guaste che devono

essere sostituite (riduzione MTTR). Un significati-

vo impulso nell’applicazione di tale impostazione è

avvenuto con lo sviluppo della rete GSM-R, che

ha consentito di concretizzare approcci comuni, in

settori TLC storicamente separati e innovativi in

RFI, in termini di gestione operativa e di riorganiz-

zazione manutentiva. In particolare l’infrastruttura

di rete fissa con gli impianti SDH a 155-622 Mbit/s

su fibra ottica ha radicalmente modificato l’attività

manutentiva in rapporto a quella dei sistemi FDM

intercompartimentali a lunga distanza a 120 e 300

canali. In tal senso sono state avviate operazioni di

migrazione del traffico fonia e dati dagli impianti

analogici con un’ottimizzazione della manuteni-

bilità e qualità degli impianti trasmissivi a lunga

distanza, trasferendo la gestione centralizzata

presso il Centro operativo nazionale NOC di

Roma Tuscolana.

Organizzazionemanutentiva

Lo sviluppo della nuova rete di telecomunicazione

GSM-R ha comportato la riorganizzazione della

manutenzione nel settore TLC, prevedendo

dapprima il riordino dell’attribuzione delle compe-

tenze alle Zone d’esercizio compartimentali; in tal

senso sono state previste 3 Zone con competen-

ze specialistiche, così organizzate:

• Zona 1 – telefonia e centrali di commutazione;

• Zona 2 – cavi in rame e in fibra ottica (figura 2);

• Zona 3 – sistemi trasmissione PCM, HDSL

(figura 3);

• Radiocopertura e rete GSM-R (figura 4).

RUBRICA Gestione della manutenzione della rete di telecomunicazione di RFI

139

numerici xDSL e SDH a 155/622 Mbit/s, compor-

terà una riduzione del carico manutentivo evitando

che l’affidabilità e la disponibilità degli impianti ven-

gano mantenute attraverso continue operazioni di

taratura e regolazione necessarie, ad esempio, per

l’elevata quantità degli amplificatori di linea FDM o

dei rigeneratori dei sistemi PCM 2 Mbit/s su cop-

pie in rame.

Attraverso soluzioni con sistemi trasmissivi in tec-

nologia xDSL, con passo di rigenerazione del

segnale ogni 7-8 Km circa, è possibile abbattere in

maniera significativa il peso manutentivo rispetto ai

sistemi PCM 2 Mbit/s con passo di rigenerazione

ogni 2 km. Di fatto i sistemi HDSL hanno un carico

manutentivo (51%) che è circa la metà dei sistemi

PCM su rame 2 Mbit/s (91%), come s’evince dai

grafici in figura 1, che mettono a confronto i pesi

manutentivi di tre sistemi trasmissivi omogenei a

bassa capacità (FDM 12 ch, PCM 2Mbit/s e

HDSL) operanti su una tratta ipotetica di 100 Km.

La tecnologia HDSL, oltre ad avere un basso

peso manutentivo, permette d’ottimizzare le attivi-

tà manutentive on condition con benefici ulteriori

sui costi di manutenzione in quanto consente,

attraverso postazioni di diagnostica, di monitorare

lo stato degli apparati remoti permettendo di ripri-

stinare la loro funzionalità. In caso di manutenzio-

ne correttiva, inoltre, è possibile intervenire cono-

[ Argomenti ] 10

138

fig. 1 – Confronto tra i carichi manutentivi di tre sistemi trasmissivi a bassa capacità

fig. 3 – Rete trasmissiva PCM in tecnica SDH

fig. 2 – Rete trasmissiva in fibra ottica

fig. 4 – Rete trasmissiva GSM-R

rubrica Ingegneria1 8-05-2007 14:56 Pagina 138

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RUBRICA Gestione della manutenzione della rete di telecomunicazione di RFI

141

Il quadro d’insieme ha mirato all’obiettivo di

un’integrazione e centralizzazione dei processi

di gestione e supervisione razionalizzando non

solo l’assetto complessivo degli impianti TLC,

ma anche il relativo mantenimento in efficienza

orientato a una politica manutentiva on condi-

tion su tutti gli asset innovativi TLC quali:

• impianti di commutazione: centrali tele-

foniche di rete fissa e mobile (MSC);

• sistemi trasmissivi numerici: PCM SDH

a 155 Mbit/s – 622 Mbit/s – 2.5 Gbit/s e

xDSL;

• supporti fisici: cavi in fibra ottica e cavi in

rame;

• GSM-R: infrastrutture radio BSS quali sta-

zioni radio base (BTS) e controller (BSC);

• impianti di telefonia selettiva integrata:

STSI;

• sistemi d’estensione radio in galleria.

Con l’introduzione dei sistemi di gestione dei

sistemi trasmissivi e della rete radio GSM-R è

stato istituito e organizzato il nucleo centralizza-

to per la gestione operativa della rete TLC, con

Centro operativo nazionale (NOC) di Roma

Tuscolana, presso cui sono svolte le funzioni di

fault management, performance management,

configuration management, billing, customer

care e la gestione anagrafica delle SIM-card

GSM-R.

In particolare presso il centro NOC sono

previste le attività di:

• test e monitoraggio stato di funzionamen-

to rete e qualità dei servizi erogati;

• monitoraggio e gestione dei link di trasmis-

sione e segnalazione della rete radio e

della rete SDH, dei flussi affittati e d’inter-

connessione verso altri operatori pubblici;

• test e monitoraggio sulle performance della

rete;

• gestione del traffico effettuato nella rete,

compreso quello da/per altre reti;

• supporto e assistenza tecnica per tutti gli

elementi di rete;

• gestione delle scorte, test apparati e regole

logistiche;

• gestione delle modifiche di rete, dei servi-

zi, degli aggiornamenti software;

• gestione e amministrazione del sistema;

• statistiche e analisi di costo per supporta-

re le strategie di business;

• elaborazione procedure operative.

Tutte le attività svolte presso il NOC sono inte-

ramente proceduralizzate e tracciate secondo le

indicazioni relative al trattamento dei dati in RFI.

Presso i centri operativi compartimentali,

in base alle disposizioni del NOC, vengono

svolte le seguenti attività:

• assistenza per eventuali guasti della rete;

• gestione e stoccaggio delle parti di scor-

ta per l’effettuazione della manutenzione

preventiva e correttiva;

• gestione delle attività di calibrazione o

riparazione degli strumenti di test.

Specifiche procedure d’intervento regolano

le attività operative su guasto coinvolgendo

le figure del NOC, il coordinatore esercizio

infrastruttura del compartimento, gli agenti

della manutenzione nonché le aziende con

cui sono stati stipulati contratti di manuten-

zione (figura 5).

[ Argomenti ] 10

140

fig. 5 – Flow chart delle procedure d’intervento sulla rete TLC di RFI

Strumento gestionaledella manutenzione

La pianificazione delle attività manutentive e la

successiva consuntivazione, la registrazione

degli avvisi d’avaria delle apparecchiature con

la relativa attività di manutenzione correttiva

fanno parte del Sistema informativo della manu-

tenzione, che costituisce lo strumento di sup-

porto, completamente integrato di strumenti

contabili e gestionali, al processo logistico e

manutentivo della Direzione manutenzione.

È, pertanto, attraverso il SIM che viene svi-

luppato il processo di pianificazione, pro-

grammazione e controllo grazie alla chiara

definizione delle varie componenti all’interno

d’ogni livello della struttura manutentiva, al

fine di trasformare la struttura organizzativa

logica funzionale in una logica di processo

(figura 6).

Di fatto, lo strumento gestionale consente di

catalogare la consistenza degli impianti defi-

nendo gli oggetti di manutenzione come sedi

tecniche. In tabella 1 sono riportate, come

esempio, le sedi tecniche pertinenti per alcune

apparecchiature TLC.

Nel processo di schedulazione del lavoro

vengono inoltre gestiti i cicli di lavoro quali

insiemi d’attività predisposte a rappresenta-

re interventi manutentivi assegnati ai centri

di lavoro compartimentali.

Con la registrazione degli avvisi d’avaria che

riportano i dati riguardanti stati tecnici (ano-

malie e guasti) in relazione a oggetti tecni-

ci/sedi tecniche è possibile ricavare i dati

d’affidabilità e disponibilità.

rubrica Ingegneria1 8-05-2007 14:56 Pagina 140

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[ Argomenti ] 10

142

fig.6 – Cavo fibre ottiche (16 F.O. SMR T/EKH6E)

Cavo Fo TL0000 - SF – S001 S31650

Cavo in rame TL0000 - SF – S001 S31650

Term. di linea SDH TT0000 - AF – AF01 - T01 TL0000 - AF – AF01 - T01 S32000

Estr. canali (Mux) TT0000 - AF – AF01 - EC1 TT0000 - AF – AF01 - EC1 S31900

AC/DC Converter LD TT0000 - CA – CA01 S21400

STSI (cts) TT0000 - RS – CS01 S33300

PABX HICOM TT0000 - CT – CT01 S25750

BSC TT0000 - RF – RM01-BS1 S32600

TRAU TT0000 - CT – MS01-TR1 S32500

MSC TT0000 - CT – MS01 S32150

BTS TT0000 - RF – RM01-B01 S32650

Staz. di testa (Est. cell.) TL0000 - RF - RP01 - S01 S33400

Imp. radioprop. gall. (cavo fess-Rem) TL0000 - RF - RP01 S33350

Telef. selett. di linea LO0000 - TT - TS00 TR0000 - TT - TS00 S27700

Dall’elaborazione di tali dati è possibile indi-

rizzare le attività della manutenzione verso

gli elementi più critici ed emanare le linee

guida delle attività di riclassamento.

Tabella 1 – Sedi tecniche pertinenti per alcune apparecchiature TLC

Sede tecnica Sede tecnica(installata in nodo TT) (installata nella tratta TT)Oggetto Classe

rubrica Ingegneria1 8-05-2007 14:56 Pagina 142

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1. Premessa

La traversa ferroviaria è l’elemento strutturale

che collega trasversalmente le due rotaie a

essa connesse mediante gli attacchi assicu-

randone lo scartamento e costituendo con le

stesse il telaio del binario. Oltre a garantire lo

scartamento, la traversa ha la funzione preci-

pua di fornire un efficace ancoraggio del binario

al ballast e di ripartire sulla massicciata i

carichi trasmessi dai rotabili.

Già in sede di progettazione di nuove linee o

ammodernamento di linee esistenti risulta

opportuno scegliere con oculatezza la tipologia

di traverse da utilizzare (legno, ca o cap), le

dimensioni (larghezza, lunghezza, altezza

ecc.) e l’interasse; tali parametri possono

infatti incidere significativamente sui costi di

costruzione e di manutenzione.

Uno degli elementi di maggior interesse nella

caratterizzazione delle performance offerte

dalle traverse ferroviarie è costituito dalla resi-

stenza laterale allo scorrimento (S): al crescere

del suo valore aumenta la stabilità del binario

e, conseguentemente, si riduce la frequenza

degli interventi manutentivi necessari a mante-

nere la sovrastruttura in efficienza.

Di seguito sono confrontate le prestazioni

offerte da tre diverse tipologie di manufat-

ti: rispettivamente le traverse monoblocco,

biblocco ed EGA (quest’ultima è stata bre-

vettata con domanda n. PA 2004 U 000005,

depositata il 20/09/2004), in differenti condi-

zioni d’efficienza della massicciata, valutando

la resistenza del singolo elemento trave pen-

sato indipendente dagli altri elementi costi-

tuenti il binario.

2. La traversa monoblocco

La traversa in ca monoblocco è costituita da

un unico elemento in calcestruzzo, precom-

presso longitudinalmente.

A secondo della tecnica di precompressione

utilizzata si può distinguere in traversa postesa,

traversa pretesa e traversa pretesa a trefoli

aderenti.

Per la rete tradizionale con velocità inferiori

a 200 Km/h, RFI adotta generalmente una

traversa in cemento armato precompresso,

143

Prestazioni delle traverse ferroviarie:confronto tra dispositivi tradizionali e innovativi

MARCO GUERRIERI – Dipartimento d’Ingegneria delle infrastrutture viarie della facoltà d’Ingegneriadell’Università degli studi di Palermo

rubrica Ingegneria2 8-05-2007 14:56 Pagina 143

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RUBRICA Prestazioni delle traverse ferroviarie: confronto tra dispositivi tradizionali e innovativi

145

della lunghezza di 2,30 m, a sezione trapezia

con dimensioni variabili sia in altezza sia in

larghezza: massime all’estremità (larghezza

alla base 30 cm e altezza 19 cm) e minori al

centro (20 cm e 15 cm); il peso può variare

dai 250 ai 280 Kg.

3. La traversa biblocco

La traversa biblocco è costituita da due

elementi in calcestruzzo debolmente arma-

ti, collegati da un tirante in acciaio, la cui fun-

zione è quella di garantire il corretto scarta-

mento del binario e mantenere il giusto

distanziamento tra gli inglobati presenti nel

getto.

Rispetto alle traverse monoblocco, le biblocco

presentano maggiore resistenza alle azioni

laterali e minor peso.

4. La traversa EGA

La traversa ferroviaria EGA (traversa a ele-

vato grado d’ammorsamento) è una traversa

monoblocco in ca del tutto simile a quella

attualmente adottata da RFI a meno di due

stoppers laterali ad azione ammorsante.

La traversa, le cui dimensioni sono riportate

in figura 3, fornisce elevati valori di resisten-

za alle azioni laterali sia in condizione di mas-

sicciata ben compattata sia in condizioni di

massicciata degradata.

[ Argomenti ] 10

144

fig. 1 – Traversa monoblocco

fig. 2 – Traversa biblocco

fig. 3 – Geometria della traversa EGA (prospetto, pianta, sezione A-B e vista laterale)

rubrica Ingegneria2 8-05-2007 14:56 Pagina 144

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La determinazione della resistenza latera-

le può essere condotta con due differen-

ti criteri: il primo prevede delle prove in

situ a binario scarico (il cui esito è un dia-

gramma resistenza-spostamento del tutto

simile a quello di figura 4); il secondo si

basa sulla valutazione teorica della resi-

stenza del singolo elemento trave pensa-

to indipendente dagli altri elementi costi-

tuenti il telaio del binario.

Per adottare quest’ultimo approccio è

necessario:

• assegnare l’angolo di resistenza a

taglio del ballast che nella condizione

d’aggregati ottenuti da roccia lapi-

dea frantumata con elementi compatti

a bassa porosità e con spigoli vivi

può assumersi pari a φ = 45°;

• assegnare il peso specifico della

massicciata, che in condizioni ordi-

narie può essere stimato in 15

KN/m3,

La valutazione comparativa delle pre-

stazioni offerte dalle traverse in pre-

cedenza descritte viene qui condotta

riferendosi a due condizioni limite:

• condizione A: massicciata in buono stato

(φ = 45°). In tal caso l’angolo di attrito φw

tra ballast e traversa assume valori sti-

mabili con la relazione φw = 2/3 φ;

• condizione B: massicciata degradata

(φ = 35°). In questo caso, cautelati-

vamente è possibile assegnare

all’angolo d’attrito φw il valore φw =

1/3 φ.

Resistenza offerta dalla traversa EGA

Per determinare il comportamento della

traversa in studio s’adotta una trattazione

analitica semplificata, senza che ciò

peraltro comprometta la bontà dei risul-

tati, ipotizzando nel ballast una distribu-

zione tensionale di tipo litostatico.

Indicando con P e Y rispettivamente l’a-

zione verticale e quella laterale tra-

smessa dal rotabile sulla traversa in

esame, P1, Y1 e P2, Y2 le azioni verticali

e laterali cui sono sottoposte le singole

rotaie, in condizioni di moto incipiente

devono essere verificate le condizioni

d’equilibrio illustrate in figura 6, in cui θ

è l’inclinazione rispetto all’orizzontale

della zona d’incipiente rottura, W il

peso della massicciata compresa all’in-

terno del cuneo di rottura, N e T le

azioni che agiscono sulla superficie di

rottura2.

Indicando inoltre con τm e τp le tensioni

tangenziali che si destano rispettiva-

mente in corrispondenza dell’interfaccia

manufatto-ballast e ballast-ballast, con

σv la tensione verticale e con L la lar-

ghezza della traversa, dev’essere:

τp = σv. tg φ

τm = σv. tg φw

Pσv=

(B+2.b).L

RUBRICA Prestazioni delle traverse ferroviarie: confronto tra dispositivi tradizionali e innovativi

147

5. Confronto prestazionale

Le traverse ferroviarie, proprio per la loro

principale funzione di stabilizzatrici del telaio

del binario, devono essere efficacemente

ammorsate nel corpo della massicciata in

modo da fornire elevati valori di resistenza

allo scorrimento in direzione longitudinale e

trasversale. Tale resistenza aumenta al cre-

scere della resistenza specifica allo scorri-

mento τ.

Ciò può essere evidenziato adottando l’ap-

proccio energetico per la determinazione del

carico assiale critico Pcrit, cioè del valore teo-

rico minimo di carico assiale che produce lo

svergolamento della rotaia.

Sotto l’ipotesi di rotaia inizialmente defor-

mata secondo una sinusoide di ampiezza

fo e lunghezza d’onda L (figura 5), un

“telaio” di binario caratterizzato da una

rigidezza flessionale, valutata sul piano

orizzontale, pari a EI1, è in grado di resi-

stere a un carico assiale Pcrit dato dall’e-

quazione

La relazione funzionale [a], evidenzia la

proporzionalità tra il carico critico Pcrit e la

resistenza laterale allo scorrimento τ0,

quindi un binario contraddistinto da ele-

vati valori di τ0 è in grado di resistere ade-

guatamente sia alle azioni termiche sia alle

azioni laterali e longitudinali generate dai

rotabili ferroviari.

La resistenza laterale allo scorrimento

offerta da una singola traversa facente

parte d’una generica sovrastruttura valu-

tata in condizioni di binario scarico (cari-

co verticale nullo) presenta la legge di

figura 4. La curva sperimentale può esse-

re approssimata da una funzione bilinea-

re che in corrispondenza del tratto di

curva a tangente orizzontale assume valo-

ri rispettivamente pari a τ0 = 11 KN per le

traverse monoblocco e τ0 = 14 KN per

quelle biblocco.

[ Argomenti ] 10

146

fig. 4 – Legge di variazione della resistenza laterale fig. 5 – Legge di variazione dello spostamento laterale

(a)

rubrica Ingegneria2 8-05-2007 14:56 Pagina 146

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Per ottenere la resistenza laterale S della sin-

gola traversa sottoposta al carico verticale P

è necessario moltiplicare il valore di Y per la

larghezza L della traversa:

Nella relazione [1] sono presenti tre addendi:

il primo è legato alla geometria della traversa

e alle caratteristiche fisico-meccaniche della

massicciata; il secondo al carico verticale,

alla geometria e all’angolo d’attrito manu-

fatto-massicciata; l’ultimo al carico vertica-

le, alla geometria e all’angolo d’attrito inter-

no della massicciata.

Resistenza offerta dalla traversa biblocco

Per la traversa biblocco valgono le stesse

considerazioni descritte per la traversa EGA;

occorre soltanto precisare che con “b” ci si

riferisce alla lunghezza dei due elementi in

calcestruzzo (figura 5):

Resistenza offerta dalla traversa mono-

blocco

A differenza di quanto avviene per la traversa

EGA e per la traversa biblocco, sull’intera super-

ficie d’incipiente scorrimento si destano esclusi-

vamente azioni tangenziali del tipo τm (cioè deri-

vanti dal contatto manufatto-massicciata).

In questo caso valgono le seguenti relazioni:

τp = 0;

τm = σv.tg.ϕw

Y = Y1+ Y2 = Y’ + Y’’

Da cui:

In tabella 1 sono riportate le dimensioni

caratteristiche delle traverse esaminate e le

corrispondenti leggi di resistenza.

RUBRICA Prestazioni delle traverse ferroviarie: confronto tra dispositivi tradizionali e innovativi

149

La resistenza complessiva allo scorrimento

(per unità di profondità) in condizioni di moto

incipiente può essere ottenuta come somma

delle resistenze elementari offerte dalle sin-

gole componenti della traversa.

In particolare, si è indicato con:

• Y’ la reazione che il cuneo in rottura eser-

cita sul paramento verticale;

• Y’’ la risultante delle azioni d’attrito che

si destano nell’interfaccia stopper mas-

sicciata;

• Y’’’ la forza che si manifesta tra gli inerti

lungo la superficie di lunghezza B.

Risolvendo, si ottiene:

Y = Y1+ Y2 = Y’ + 2 Y’’ + Y’’’ sostituendo otteniamo:

[ Argomenti ] 10

148

P = P1 + P2

Y = Y1+ Y2

θ = 45° + φ’ / 2

T= N. tg φ’

Tv = T.senθ

Th = T.cosθ

Nv = N.cosθ

Nh = N.senıθ

Nv = N.cosıθY' = Th - Nv

fig. 6 – Azioni agenti sulle traverse (EGA, monoblocco e biblocco) in condizioni di moto incipiente. La linearossa identifica le superfici di scorrimento

MODELLO Caratteristiche geometriche e performances

H [mm] B [mm] b [mm] L [mm] Legge di resistenza

EGA® 325 2000 150 300 [1]

biblocco 229 750 750 309 [2]

monoblocco 190 2.300 - 300 [3]

Tabella 1 – Dimensioni caratteristiche delle traverse monoblocco, biblocco ed EGA

(1)[KN]

(2)[KN]

(3)[KN]

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angoli d’attrito Y' e Y'w, risultano anco-

ra più marcate le performances della

traversa EGA: la sua resistenza è mag-

giore mediamente del 71% rispetto alla

traversa biblocco e del 230% (quasi

due volte e mezzo) rispetto alla mono-

blocco; ciò è dovuto a un brusco deca-

dimento delle prestazioni della traversa

monoblocco, e in minore misura della

biblocco, mentre la traversa EGA è

caratterizzata da un comportamento

più stabile, essendo meno sensibile

alla diminuzione dell’angolo d’attrito

massicciata-manufatto.

6. Conclusioni

Sono stati valutati i contributi offerti

dalla traversa ferroviaria alla resistenza

laterale del binario ponendo a confron-

to tre tipologie differenti di manufatti:

traversa monoblocco, traversa bibloc-

co e traversa EGA.

La resistenza allo scorrimento laterale

è stata ottenuta estrapolando il singolo

elemento trave, reso indipendente

dagli altri elementi costituenti il telaio

del binario, e facendo variare il carico

verticale P.

Le analisi sviluppate mostrano come la

resistenza laterale (S) sia strettamente

collegata alle caratteristiche meccani-

che della massicciata.

Per tutte le traverse esaminate è stato

riscontrato un decremento della resi-

stenza laterale al diminuire dell’angolo

d’attrito interno del ballast.

Per la traversa monoblocco una ridu-

RUBRICA Prestazioni delle traverse ferroviarie: confronto tra dispositivi tradizionali e innovativi

151

I valori peculiari di resistenza laterale

offerta da ciascuna tipologia di tra-

versa, ottenuti al variare del carico

verticale P, sono riportati nel grafico

1, in cui vengono distinti a seconda

che l’analisi sia stata condotta nella

condizione di massicciata in buono

stato (A) o di massicciata degradata

(B).

Si verifica analiticamente che, nel

caso di massicciata in buono stato, la

traversa biblocco offre rispetto a

quelle monoblocco un incremento

medio di resistenza del 23%.

La traversa EGA offre invece un

incremento medio di resistenza del

32% rispetto a quella biblocco, e del

64% rispetto alla monoblocco.

Nel caso di massicciata degradata,

sebbene la resistenza allo scorrimento

diminuisca per tutte le traverse in

esame a causa del decremento degli

[ Argomenti ] 10

150

Grafico 1 – Leggi teoriche di variazione della resistenza laterale allo scorrimento in condizioni di massic-ciata in buono stato (A) e massicciata degradata (B)

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BIBLIOGRAFIA

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dalla gestione all’innovazione, dicembre

2005 (Tesi di dottorato).

[2] C. Esveld, Modern Railway Track – second

edition, MRT Production, 2001.

[3] G. Bono, C. Focacci, S. Lanni, La sovra-

struttura ferroviaria, CIFI, 1997.

[4] T. W. Lambe, R. V. Whitman, Meccanica dei

terreni, Dario Flaccovio Editore.

[5] G. Maffei, S. Gizzi, “Diagnostica mobile e

manutenzione armamento”, La tecnica pro-

fessionale, 3/2004.

[6] Procedure operative subdirezionali, Rilievi

della geometria del binario e relative dispo-

sizioni manutentive, RFI.

NOTE1 La rigidezza flessionale EI, dipendente dalla rigidezza delle rotaie, delle traverse e dalla rigidezza alla

rotazione degli attacchi.

2 I pedici “h” e “v” identificano rispettivamente le componenti orizzontali e verticali delle forze.

zione dell’angolo d’attrito interno di

10° (da 45° a 35°) porta a una ridu-

zione media della resistenza laterale

∆S = 68%; eguali variazioni di Y'

comportano ∆S = 48% per la traver-

sa biblocco e ∆S = 34% per la tra-

versa EGA.

Quest’ultima sembrerebbe dunque

avere un comportamento piuttosto sta-

bile, e resistenze laterali superiori a

quella delle altre traverse, con scarti

sempre più marcati a mano a mano che

il ballast tende a invecchiarsi.

Con riferimento alle possibilità d’utiliz-

zo, si precisa che la maggiore rigidez-

za conferita all’armamento rende la tra-

versa EGA adatta a essere usata in

situazioni particolarmente critiche come

le curve planimetriche di modesto rag-

gio (ove frequentemente si verificano

alterazioni alla geometria del binario) in

linee ordinarie, o laddove si vuole assi-

curare elevata durabilità d’un prefissa-

to livello di qualità del binario.

A causa della maggiore accortezza

necessaria per le fasi di posa in opera,

di costipamento e rincalzatura della mas-

sicciata, è da escluderne l’uso su linee

secondarie, per le quali, come ampia-

mente documentato in letteratura, la

traversa monoblocco è la soluzione più

adeguata.

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