Aresinforma n 02/2016

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1 AresInforma NUMERO 2 - MAGGIO 2016 Bando regionale per la CSR INAIL e infortuni Rischio chimico

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La newsletter periodica di Studio ARES su qualità, ambiente, sicurezza e sistemi di gestione.

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AresInformaNUMERO 2 - MAGGIO 2016

Bando regionale per la CSRINAIL e infortuniRischio chimico

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AresInformaPrima di tutto

Cari lettori,La sostenibilità sta diventando un concetto sempre più comune nel linguaggio delle aziende. Non si parla più solo di sviluppo sostenibile, ossia di “una forma di sviluppo economico compatibile con la salvaguardia dell’ambiente e dei beni liberi per le generazioni future”, come recita Wikipedia. La sostenibilità può essere sociale ed economica oltre che ambientale, anzi possiamo dire che oggi il concetto di sostenibilità di un’azienda si basa su tutti e tre gli aspetti. Si parla quindi più compiutamente di responsabilità sociale di impresa (in inglese Corporate Social Responsibility, o CSR), includendo in questo concetto “l’ambito riguardante le implicazioni di natura etica all’interno della visione strategica d’impresa”, (ancor da Wikipedia).La CSR è perciò una manifestazione della volontà delle grandi, piccole e medie imprese di gestire efficacemente le problematiche d’impatto sociale ed etico al loro interno e nelle zone di influenza. Proprio mentre scriviamo queste righe la Regione Lombardia, insieme ad Unioncamere, ha emesso

un bando per finanziare le PMI che sviluppano progetti di responsabilità sociale; ne parliamo in questo numero della nostra newsletter. E in questo numero parliamo anche dell’azienda pubblica che gestisce il ciclo idrico integrato della provincia di Lecco e che – tra le prime in Italia – ha ricevuto la certificazione ISO 9001:2015 per l’erogazione dei propri servizi sul territorio.Tra i suoi impegni, sottoposti alla verifica della certificazione, il rispetto della carta dei servizi per l’utente. Un’azienda socialmente responsabile è anche questo, impegno sul territorio, attenzione al sociale e all’ambiente, nel rispetto della sostenibilità economica.

“La responsabilità sociale è una manifestazione della volontà delle imprese di gestire efficacemente le problematiche d’impatto sociale ed etico

Vittorio CampionePRESIDENTESTUDIO ARES

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Punto di vistaAresInforma

Si tratta di un traguardo importante per la società pubblica che gestisce il ciclo idrico integrato nella provincia di Lecco, precedentemente certificata ISO 9001 con la vecchia versione della normativa. Il riconoscimento è stato assegnato da parte dell’organismo internazionale SQS; dopo attenta verifica delle procedure e delle attività dell’azienda.“La certificazione per Lario Reti Holding – afferma Vincenzo Lombardo, direttore dell’azienda – vuole essere un punto di partenza, non un risultato. E’ vero che oggi viene premiato l’impegno continuo della società per la soddisfazione degli utenti, la nostra attenzione a clienti, azionisti e territorio. Ma per noi questo significa soprattutto doverci impegnare ancora di più per raggiungere obiettivi ambiziosi, garantendo il rispetto di quanto dichiarato

nella politica aziendale e nella nostra carta dei servizi.”Il certificato durerà tre anni e ogni anno SQS effettuerà una verifica di sorveglianza, per confermare il giudizio emesso.“Le nostre verifiche sono molto approfondite e sostanziali, – dichiara Silvio Genovese, responsabile del gruppo di auditor che ha rilasciato la certificazione – il cliente deve poter trarre il massimo profitto dalle attività di audit. Non solo burocrazia, ma confronto aperto alla ricerca di efficacia ed efficienza. Nel caso di Lario Reti Holding, abbiamo trovato un’organizzazione matura attenta nell’erogazione dei servizi e orientata alla crescita e al miglioramento continuo. Tutto il personale è molto coinvolto e preparato, c’è un forte radicamento territoriale, anche grazie alla presenza delle sedi periferiche che abbiamo visitato, durante la nostra verifica”

Fondamentale anche il supporto della società di consulenza: “abbiamo adottato un approccio molto pratico per affrontare le novità della norma – spiega Massimo Morelli, responsabile del settore Qualità e certificazione di Studio ARES – lavorando fianco a fianco con i responsabili aziendali, fornendo strumenti innovativi e semplici nell’utilizzo. Il supporto della direzione dell’azienda è stato indispensabile, soprattutto nella definizione delle strategie e nella stesura degli obiettivi di miglioramento”.Ad oggi sono in numero molto ridotto le organizzazioni in Italia dotate di questa nuova certificazione, di recente emissione, Lario Reti quindi arriva tra le prime ed è molto probabilmente una delle pochissime società pubbliche nel settore acqua ed energia a potersi fregiare di questo riconoscimento.

Lario Reti ottiene la certificazione ISO 9001:2015, riconoscimento per la qualità del servizioTra le prime aziende in Italia e sicuramente una delle pochissime nel settore specifico dell’acqua e dell’energia, Lario Reti Holding, da questo mese, può vantare la certificazione del proprio sistema qualità secondo la recentissima norma ISO 9001:2015, pubblicato lo scorso settembre.

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AresInformaResponsabilità sociale d’impresa

Regione Lombardia e Unioncamere Lombardia intendono favorire la diffusione della responsabilità sociale nelle micro, piccole e medie imprese (MPMI) che abbiano sede legale e/o operativa in Lombardia (fatta esclusione per i fornitori di beni e di servizi di assistenza e consulenza) tramite la concessione di contributi a fondo perduto, al fine di incentivare lo sviluppo di progetti a valenza sociale, ambientale e/o culturale che prevedano il coinvolgimento dell’impresa a favore della comunità.

Ambiti di intervento dei progetti1. Sviluppo locale sostenibile - attività a favore della comunità locale per lo sviluppo sostenibile legate all’impatto aziendale sul territorio, ad esempio: il recupero di strutture architettoniche con finalità di utilità sociale adottando tecnologie innovative/eco-compatibili, progetti di coinvolgimento delle comunità locali, azioni di integrazione, coinvolgimento e controllo di filiere “corte” e responsabile sourcing, acquisti solidali sul territorio, sensibilizzazione e sostegno alla comunità locale per consumo critico, realizzazione di orti urbani, tutela paesaggistica, recupero di tradizioni e memoria storica, collaborazione con strutture scolastiche e formative sul tema della Responsabilità

Sociale, volontariato d’impresa, ecc.2. Sviluppo della “green economy” per la sostenibilità ambientale, ad esempio: mobilità sostenibile, riqualificazione di aree verdi, riduzione degli sprechi e delle emissioni, product life-cycle, management ambientale, miglioramenti della qualità delle emissioni, acque, riduzione dei rifiuti, ecc.3. Innovazione sociale con il coinvolgimento della società civile, volontariato e “terzo settore”, ad esempio: soluzione di problematiche territoriali socio-economiche, progetti di coesione sociale coinvolgendo le fasce sociali più deboli, integrazione sociale, sicurezza dei luoghi e contesti socio territoriali, ecc.

Tipologia dei contributiLa dotazione finanziaria per il presente bando ammonta complessivamente a € 850.000. I contributi a fondo perduto verranno concessi nella misura massima del 50% delle spese sostenute ammissibili (al netto di IVA) con un valore minimo di contributo pari a € 10.000 fino a un massimo di € 50.000. Verranno pertanto presi in considerazione solo i progetti con spese ammissibili non inferiori a Euro 20.000 più IVA.

Spese ammissibili• costi del personale dipendente dei soggetti impegnati nel progetto

nella misura massima del 10%del totale dei costi eleggibili del progetto• consulenze tecniche esterne specifiche e strategiche ai fini della realizzazione dell’intervento e caratterizzate da un contenuto altamente specialistico• costi per acquisti di beni e servizi specifici per la realizzazione dell’intervento• costi per promozione e pubblicità• costi di locazione di spazi• costi per il noleggio e/o l’acquisto, implementazione o adeguamento di software, hardware e strumentazione necessari e finalizzati alla sperimentazione prevista dal progetto• spese generali di funzionamento e gestione, assunte esclusivamente per lo stesso e non superiore al 5% della spesa totale ammessa al contributoLe spese potranno essere sostenute a partire dalla data di pubblicazione del bando. Non sono ammesse a rendicontazione altre tipologie di spesa.

Presentazione delle domandeLe domande di contributo devono essere presentate a partire dalle ore 10:00 dell’11 maggio 2016 fino alle ore 10:00 del 30 giugno 2016 a Unioncamere Lombardia esclusivamente tramite il sito webtelemaco.infocamere sezione “Servizi e-gov” alla voce “Contributi alle Imprese.

Diffusione della responsabilità sociale delle organizzazioni nelle MPMI lombardeConcessione di contributi a fondo perduto per favorire la diffusione di responsabilità sociale nelle micro, piccole e medie imprese Lombarde.

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SicurezzaAresInforma

C’è formazione e formazione...

E’ un dato di fatto che la formazione alla sicurezza erogata nelle aziende italiane non possa sempre ritenersi una formazione qualitativamente valida ed efficace.

Ad evidenziarne le più diffuse carenze è la CIIP (Consulta Interassociativa Italiana per la Prevenzione) che, tramite un documento emesso il 10 dicembre 2015 denuncia le “ampie zone di elusione e/o evasione degli obblighi normativi relativi alla formazione, con il frequente ricorso a soluzioni di mera apparenza […] con docenze affidate a formatori non qualificati e la vendita di corsi in ‘formazione a distanza’ privi dei requisiti di legge”

Il D.Lgs. 81/08 ha definito gli obblighi relativi alla formazione professionale in materia di Salute e Sicurezza sul Lavoro e gli Accordi della Conferenza Stato Regioni hanno articolato le modalità specifiche per l’attuazione di una formazione efficace.I primi Accordi, che risalgono al 2006, hanno definito le modalità per la formazione delle figure professionalmente deputate alla gestione della Salute e Sicurezza sul Lavoro

in azienda (Responsabili del Servizio di Prevenzione e Protezione – RSPP), mentre gli Accordi Stato-Regioni approvati nel 2011 hanno determinato la durata, i contenuti minimi e le modalità della formazione, nonché dell’aggiornamento, dei lavoratori, dei preposti e dei dirigenti.In tutti i casi, proprio per evidenziare l’importanza di una formazione efficace come strumento portante ed insostituibile del sistema di

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“Prevenzione e Protezione”, negli Accordi citati sono state definite anche le metodologie per la erogazione dei diversi percorsi formativi.

In questi anni si è potuto constatare che si sono sviluppate ampie zone di elusione e/o evasione degli obblighi nomativi relativi alla formazione, con il frequente ricorso a soluzioni di mera apparenza, il rilascio di attestati formativi di comodo e/o al seguito di procedure meramente burocratiche e prive di contenuti reali, con docenze affidate a formatori non qualificati e la vendita di corsi in “formazione a distanza” privi dei requisiti di legge, spesso anche di contenuti pertinenti, tali da configurare vere fattispecie di truffa ai danni degli utenti.Tali anomalie hanno potuto svilupparsi proprio a causa della mancanza o della inadeguatezza dei controlli che hanno consentito il dilagare di situazioni illegali.Tuttavia, lo stesso contesto legislativo ha contribuito allo sviluppo di pratiche illegali in quanto, con l’individuazione di soggetti autorizzati “ex lege” alla erogazione di attività di formazione pur privi di competenze specifiche, l’esercizio della delega o della sub delega è diventata la norma.Si è così assistito a deleghe “in bianco” che enti bilaterali di dubbia rappresentatività o associazioni datoriali e sindacali hanno distribuito, senza alcun controllo reale delle competenze dei delegati e, soprattutto, del corretto svolgimento del percorso didattico.Tutto ciò ha determinato uno sviluppo di un “mercato” della formazione con la rincorsa al minor costo senza alcun riferimento a criteri di qualità, efficienza ed efficacia.Naturalmente i datori di lavoro che si avvalgono di tali offerte pseudo formative sono, di fatto, vittime di veri e propri raggiri

ma, in molti casi contribuiscono al dilagare di pratiche illecite in quanto sollecitano la produzione di attestati e documenti non preoccupandosi dei contenuti e dell’efficacia di quanto acquistato.Tale prassi spesso è attuata anche in aziende dotate di certificazione del sistema di qualità e, in alcuni casi, anche con altri sistemi di gestione certificati.

La nuova edizione della norma UNI ISO 9001:2015 introduce la necessità di organizzare la gestione di ogni processo aziendale in funzione di una “Valutazione preventiva di tutti rischi”. La nuova Norma individua e richiama specificatamente la formazione professionale del personale quale aspetto particolarmente rilevante nell’analisi di questi rischi ai fini della continuità operativa aziendale, così come la qualificazione dei fornitori selezionati e quindi, tra questi, i formatori incaricati dal datore di lavoro.Avvalersi di fornitori non qualificati per la formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro comporta, di fatto, anche la non conformità del sistema di gestione.La qualificazione dei fornitori di percorsi formativi non può essere certificata da un soggetto non abilitato, ma dovrebbe perseguire criteri univoci. La Norma UNI ISO 29990.2011 (Servizi per l’apprendimento relativi all’istruzione e alla formazione non formale – requisiti base per i fornitori del servizio) costituisce indubbiamente uno strumento adeguato per questa certificazione, riconosciuto a livello internazionale e poco conosciuto purtroppo in Italia.

Proposte - Individuazione di soggetti autorizzati “ex lege” solamente tra enti, istituzioni o strutture private che svolgono attività di

formazione in modo istituzionale (Regioni/ASL, INAIL, Università, Scuole Superiori di Formazione, ecc.), dotati di specifica conoscenza e competenza nel settore.- Tutti gli altri soggetti che svolgono attività di formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro, sia autonomamente che in collaborazione con soggetti legittimati, devono dimostrare/certificare la competenza (accreditamento regionale con certificazione competenze e/o sistema di gestione, secondo standard riconosciuti in Italia e negli altri Paesi) - Tutti i soggetti accreditati/certificati possono operare sull’intero territorio nazionale (riconoscimento reciproco accreditamenti regionali).- Programmare un Piano Nazionale dei Controlli (organismi di vigilanza ASL) mirato alla “formazione efficace”. Controlli sistematici nelle aziende e presso i soggetti formatori accreditati/certificati. Definizione di metodi per la verifica dell’efficacia della “funzione educativa” della formazione erogata.- Istituzione del libretto formativo individuale elettronico con inserimento dei percorsi formativi realizzati a cura dei soggetti formatori abilitati.- Predisporre un protocollo di verifica sulla efficacia della formazione e-learning e avviare controlli sull’erogazione di questi percorsi formativi.- Vietare l’acquisizione di crediti “formativi” attraverso la partecipazione a momenti con funzione “informativa/divulgativa” (convegni, seminari, ecc.).- Definire precisi “Indicatori di performance” dei processi di formazione professionale con cui misurare confrontare i percorsi formativi erogati.- Migliorare i criteri di verifica della “Qualificazione dei Formatori” in linea con gli standard europei (EQF).

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Al via i nuovi controlli su alcool e sostanze stupefacentiI vecchi accordi Stato Regioni relativi all’individuazione delle attività lavorative i cui lavoratori che obbligatoriamente dovevano sottoporsi agli accertamenti per dipendenza da alcolici e sostanze stupefacenti stanno per essere sostituiti da un unico accordo.

Non siamo in presenza di un accordo già firmato, ma di uno schema di intesa già trasmesso alla Conferenza Stato Regioni che dovrà essere approvato in tempi relativamente rapidi dal titolo “Indirizzi per la prevenzione di infortuni gravi e mortali correlati all’assunzione di alcolici e di sostanze stupefacenti, l’accertamento di condizioni di alcol dipendenza e di tossicodipendenza e il coordinamento delle azioni di vigilanza”.

I due vecchi elenchi in parte sovrapposti saranno sostituiti da un unico elenco, allegato A dal titolo “attività lavorative che comportano a causa di un infortunio nell’espletamento delle relative mansioni, un elevato rischio per la sicurezza, l’incolumità e la salute per i lavoratori e per i terzi sono individuate nel seguente elenco”:Punto 1: attività per le quali è richiesto un certificato di abilitazione per l’espletamento dei seguenti lavori:

1.Impiego di gas tossici;2.Fabbricazione e uso di fuochi artificiali;3.Direzione tecnica e conduzione di impianti nucleari;Punto 2: attività comportanti lavori in tubazioni, canalizzazioni, recipienti, quali vasche e serbatoi e simili, nei quali possono esservi gas, vapori, polveri infiammabili o esplosivi; (in pratica addetti che operano in spazi o ambienti confinati di cui al DPR 177/2011)Punto 3: attività sanitarie che comportano procedure

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invasive svolte in strutture sanitarie pubbliche o private che espongono al rischio di ferite da taglio o da punta, di cui al titolo X-bis del Dlgs 81/08.Punto 4: attività comportanti l’obbligo della dotazione di armi.Punto 5: Attività di trasporto:a) Autisti di mezzi adibiti al trasporto di persone o di merci pericoloseb.Circolazione di treni e sicurezza dell’esercizio ferroviario (omissis..)c.personale marittimo di I categoria delle sezioni di coperta e di macchina….d.Controllori di volo;e.Personale aeronautico di volo;f.Collaudatori di mezzi di navigazione marittima, terrestre ed aerea;g.Addetti ai pannelli di controllo del movimento nel settore dei trasporti;h.Addetti alla guida di macchine di movimentazione terra e merci richiedenti una specifica abilitazione, prevista dal comma 5 dell’art 73 del D.lgs 81/08 (in pratica addetti alla guida di piattaforme mobili elevabili PLE, macchine movimento terra-escavatori, pale caricatrici frontali, terne e autoribaltabili a cingoli, gru edili, gru mobili, gru per autocarro, trattori agricoli e forestali, carrelli elevatori e pompe da calcestruzzo NDR)Punto 6: attività di produzione, confezionamento, trasporto e vendita di esplosivi.Punto 7: Attività nel settore dell’edilizia e delle costruzioni: operatori che svolgono attività in quota ad altezza superiori ai due metri.Punto 8: Attività nel settore idrocarburi: operatori con sostanze esplosive ed infiammabiliPunto 9: Attività svolte in cave e miniere: addetti ai lavori in cave e miniere.

Per tutti gli operatori indicati nell’allegato A non solo sarà vietato assumere alcolici e

sostanze stupefacenti durante l’orario di lavoro (obbligo che vale per tutti i lavoratori), ma durante gli accertamenti non dovranno essere rilevabili (cioè dovranno stare sotto le rispettive soglie dette cut-off) la presenza di alcolici e sostanze stupefacenti.

Tra gli obblighi del datore di lavoro:

-attività di info-formazione sul rischio e sugli obblighi derivanti dalla specifica normativa-affidare al medico competente il compito di effettuare gli accertamenti-eventualmente mettere sul posto di lavoro dei test rapidi per il controllo del tasso alcolemico

Cosa cambia:

-non ci sono più i conducenti di camion e i riferimenti alle patenti di guida, rimangono i conducenti che trasportano persone. Rimangono soggetti i conducenti di camion soggetti al trasporto di merci pericolose (immagino che il riferimento sia ai traporti soggetti alla normativa ADR)-diventano soggetti alla normativa il personale sanitario che può esporre a rischio di lesioni da taglio e punta (quindi anche chi fa prelievi, i dentisti e igienisti dentali).-sono soggetti tutti gli edili che svolgono lavori in quota.Diventano soggetti gli addetti ai pannelli di controllo del movimento nel settore dei trasporti.Cambia anche la periodicità dei controlli che diventa meno stringente: ogni 3 anni ogni lavoratore dovrà essere stato controllato dal medico competente. Nel caso di positività saranno effettuati test più specifici (di tipo ematochimico per gli abusi alcolici) e sul capello per le sostanze stupefacenti. Stessi test potranno essere effettuati su

richiesta del datore di lavoro nei casi sospetti.

In ogni caso i test rapidi a sorpresa saranno effettuati ogni anno su almeno il 10% dei soggetti ricadenti nell’allegato A:-alcolici: aria espirata (etilometro)-droghe: salivaPer i soggetti in cui è difficilmente praticamente il test rapido a sorpresa (ad es soggetti che frequentemente fuori dai locali dell’azienda) sono ammessi test alternativi (test urinario con preavviso massimo di 48 ore)In caso di positività agli accertamenti il lavoratore non potrà essere ammesso alla prestazione lavorativa.

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La formazione dei coordinatori perla sicurezzaTra le semplificazioni e razionalizzazioni degli adempimenti normativi citate nel D.Lgs 151/2015 una riguarda la formazione dei coordinatori per la sicurezza che, al momento, “è l’unica non demandata agli accordi Stato-Regioni”.

La modifica apportata all’articolo 98 D.Lgs 81/2008 (Requisiti professionali del coordinatore per la progettazione, del coordinatore per l’esecuzione dei lavori) non solo prevede espressamente - per CSP (coordinatori per la progettazione) e CSE (coordinatori per l’esecuzione) – l’utilizzo della modalità e-learning nella formazione (limitatamente al modulo giuridico) e nei corsi di aggiornamento, ma rimanda ad un futuro Accordo in sede di conferenza Stato – Regioni che andrà ad aggiornare l’allegato XIV del Testo Unico (Contenuti minimi del corso di formazione per i coordinatori per la progettazione e per l’esecuzione dei lavori).

La nuova scrittura (estratto) dell’articolo 98, infatti, è la seguente (in corsivo le parti modificate):“1. Il coordinatore per la progettazione e il coordinatore per l’esecuzione dei lavori devono essere in possesso di uno dei seguenti requisiti (...)2. I soggetti di cui al comma 1, devono essere, altresì, in possesso di attestato di frequenza, con verifica dell’apprendimento finale, a specifico corso in materia di sicurezza organizzato dalle regioni, mediante le strutture

tecniche operanti nel settore della prevenzione e della formazione professionale, o, in via alternativa, dall’ISPESL, dall’INAIL, dall’Istituto italiano di medicina sociale, dagli ordini o collegi professionali, dalle università, dalle associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori o dagli organismi paritetici istituiti nel settore dell’edilizia. Fermo restando l’obbligo di aggiornamento di cui all’allegato XIV, sono fatti salvi gli attestati rilasciati nel rispetto della previgente normativa a conclusione di corsi avviati prima della data di entrata in vigore del presente decreto.3. I contenuti, le modalità e la durata dei corsi di cui al comma 2 devono rispettare almeno le prescrizioni di cui all’allegato XIV. L’allegato XIV è aggiornato con accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. I corsi di cui all’allegato XIV, solo per il modulo giuridico (28 ore), e i corsi di aggiornamento possono svolgersi in modalità e-learning nel rispetto di quanto previsto dall’allegato I dell’Accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano del 21 dicembre 2011 emanato per la formazione dei lavoratori ai sensi dell’articolo 37, comma 2. (...)”

In chiusura, ricordiamo l’obbligo di aggiornamento a cadenza quinquennale della durata complessiva di 40 ore, da effettuare anche per mezzo di diversi moduli nell’arco del quinquennio.L’aggiornamento può essere svolto anche attraverso la partecipazione a convegni o seminari con un numero massimo di 100 partecipanti.

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Aziende Seveso, cambia l’informazione alla popolazione

Tra le novità introdotte dal D.Lgs.105/2015 particolare rilevanza ha il nuovo Allegato 5 Modulo di notifica e di informazione sui rischi di incidente rilevante per i cittadini ed i lavoratori di cui agli artt. 13 e 23, attraverso il quale i gestori devono redigere e trasmettere, ai sensi dell’articolo 13, comma 1, le notifiche al Comitato Tecnico Regionale, alla Regione, al Ministero dell’ambiente, alla Prefettura al Comune e ai Vigili del fuoco. Pertanto, ai sensi del D.lgs.105/2015, i gestori non debbono più inviare la notifica direttamente al Ministero.Il nuovo format integra in un

unico modulo le informazioni contenute nella notifica e nella scheda di informazione ai cittadini previste dal vecchio decreto D.Lgs 334/99 e s.m.i. Si tratta dunque di un importante passo verso la semplificazione volto ad agevolare i gestori nella compilazione e trasmissione delle informazioni e a facilitare e velocizzare le attività di verifica di completezza e conformità effettuate dai tecnici dell’ISPRA.Le informazioni contenute nella notifica, destinate anche ai cittadini e ai lavoratori, sulla tipologia e sui quantitativi massimi di sostanze pericolose presenti, sui rischi di incidente rilevante e sulle misure di

sicurezza adottate dal gestore, oltre che sugli scenari incidentali con impatto all’esterno dello stabilimento, inclusi i relativi effetti potenziali per salute umana e per l’ambiente, sono rese disponibili, tramite l’Inventario Nazionale, agli organi tecnici ed amministrazioni nazionali e regionali incaricati dei controlli negli stabilimenti soggetti alle disposizioni del D.lgs.105/2015. L’allegato è strutturato in forma di modulo comprendente dodici sezioni e il modello concettuale con cui è stato elaborato si basa essenzialmente sull’analisi degli schemi di Notifica, delle Schede di Allegato V e delle Verifiche

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di assoggettabilità predisposti dagli stessi gestori negli ultimi 15 anni. Pertanto, il Modulo, apparentemente molto articolato e complesso, costituisce solo una riorganizzazione secondo un modello standard, di quanto già i gestori fornivano in maniera descrittiva ai sensi della normativa pre-vigente.L’intento della Guida applicativa è quello di agevolare ulteriormente

la compilazione del modulo, tenuto conto che, in prospettiva, le stesse informazioni verranno inserite/aggiornate mediante un applicativo web in fase di realizzazione da parte di ISPRA.In caso di aggiornamento di una o più sezioni, il modulo di notifica dovrà comunque essere trasmesso dal gestore in forma integrale (ovvero compilato in tutte le sue sezioni)

andando a sostituire quello precedentemente trasmesso. In questo modo sia i gestori sia le Autorità competenti, nonché il pubblico (per le sezioni dedicate alla sua informazione), avranno a disposizione in qualsiasi momento un dossier completo ed aggiornato sullo situazione dello stabilimento.

Incidenti rilevanti,nuovo servizio telematico

È operativo dal 15 aprile 2016 il servizio di invio telematico tramite l’applicazione web “SEVESO III.0 - Sistema Comunicazione Notifiche” predisposto da ISPRA ai sensi dell’art.13 comma 5 del D.Lgs. 105/2015.Ricordiamo che l’articolo 5, comma 9 del decreto legislativo 26 giugno 2015 n. 105 “Attuazione della direttiva 2012/18/UE relativa al controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi con sostanze pericolose”, affida all’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) il compito di predisporre, nell’ambito

dell’inventario degli stabilimenti suscettibili di causare incidenti rilevanti di cui all’art.5, comma 3, servizi e strumenti per l’invio telematico da parte dei gestori delle notifiche.E l’ISPRA ha pertanto predisposto un applicativo web che i gestori potranno utilizzare a partire dal 15 aprile 2016 per trasmettere le notifiche al MATTM, tramite ISPRA, ed agli altri destinatari previsti dall’articolo 13 del decreto.E’ previsto un periodo di transizione, fino al 31 maggio 2016, durante il quale i gestori potranno continuare ad utilizzare la modalità finora utilizzata di trasmissione della notifiche

a tutti i destinatari via posta elettronica certificata firmata digitalmente.Dal 1 giugno 2016 l’invio sarà possibile solo per via telematica tramite l’applicativo web messo a disposizione da ISPRA all’indirizzo: www.rischioindustriale.isprambiente.gov.it/inventario-notifiche.

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Uno strumento per valutare i rischi negli ufficiNuovo software creato per supportare le piccole e medie imprese nel superamento delle difficoltà legate alla continua implementazione legislativa, fornendo loro un sostegno per agevolare la valutazione dei rischi.

E’stato recentemente presentato dall’INAIL lo strumento italiano OiRA (Online interattive Risk Assessment) relativo al settore degli Uffici, subito approvato, nel corso della riunione della Commissione consultiva permanente per la salute e la sicurezza sul lavoro. OiRA è un software sviluppato nel 2009 da EU-OSHA, basato su uno strumento di valutazione dei rischi olandese: RI&E.Un obiettivo già contenuto nella strategia comunitaria 2007-2012 con la quale si è inteso supportare le PMI negli adempienti in materia di SSL garantendo una buona attuazione delle legislazione europea anche attraverso il sostegno nell’applicazione delle norme in vigore, nel caso adattando e semplificando il contesto giuridico all’evoluzione del mondo del lavoro. Così facendo si è inteso, tra le altre cose, favorire lo sviluppo e l’attuazione di strategie nazionali; promuovere il mutamento dei comportamenti dei lavoratori, migliorare gli approcci orientati alla salute anche attraverso la messa a punto di metodi per l’identificazione e la valutazione dei nuovi rischi potenziali.Il quadro strategico UE 2014-2020 ha enfatizzato la necessità di predisporre un sostegno finanziario e tecnico per l’attuazione e l’implementazione di OiRA e di altri strumenti basati sull’Information Technology rivolti in particolare alle micro

e piccole imprese al fine di agevolare il rispetto della normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro.Lo scopo è rendere il luogo di lavoro più sicuro e più sano non solo per il miglioramento della qualità e delle condizioni di lavoro ma al fine di ottenere maggiori performances, maggiore competitività e minori costi legati agli infortuni e alle malattie professionali.

Lo scopo dello strumento è adattare il software europeo alla legislazione italiana su salute e sicurezza negli ambienti di lavoro realizzando un vero e proprio strumento di semplificazione e di ausilio per ottemperare agli obblighi della legislazione vigente e per far fronte alle difficoltà riscontrate soprattutto dalla piccole e medie imprese nell’adempimento di tali obblighi nel settore degli uffici.Lo strumento è strutturato in moduli e sottomoduli articolati seguenti la struttura del d.lgs.81/08.

La prima parte riguarda gli aspetti organizzativi ed è suddivisa in 9 sottomoduli nei quali vengono analizzati i rischi tipicamente presenti in ufficio: incendio, attrezzature di lavoro, impianti elettrici, sostanze pericolose, stress lavoro correlato, movimentazione manuale di carichi, ecc...L’uso dello strumento prevede una prima fase di identificazione

e valutazione dei pericoli presenti in azienda, oltre che eventuali ulteriori elementi ritenuti validi, utili a definire il percorso di valutazione effettuata.Si passa quindi alla fase di valutazione e alle misure/programma dove è possibile selezionare le azioni adottate volte a garantire la prevenzione e la protezione obbligatoria e la pianificazione delle eventuali misure di miglioramento.Riguardo le misure, sono state inserite nel software tutte quelle relative la prevenzione e la protezione, obbligatorie per legge, oltre che misure di miglioramento (complessivamente sono presenti nello strumento circa 180 misure).Si arriva infine alla fase di report dove si genera progressivamente il documento di valutazione dei rischi contenente le misure obbligatorie e la programmazione delle misure di miglioramento.L’Inail comunica che allo stato si sta lavorando sul report per adattarlo alla nuova versione dello strumento rilasciata da EU-OSHA e in fase di implementazione, finalizzata a rendere lo strumento più flessibile ed adattabile alle esigenze e alle specificità dei paesi, quello che intanto si rileva è lo sforzo messo in atto per rendere maggiormente consapevole il datore di lavoro nella valutazione dei rischi e nella attuazione delle misure di prevenzione e protezione.

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AresInforma SPECIALE: INAIL E INFORTUNI

Cruscotto infortuni:le istruzioni dell’Inail

In una logica di semplificazione degli adempimenti complessivi a carico del datore di lavoro, il decreto legislativo n. 151/2015 ha abolito l’obbligo della tenuta del registro infortuni, e dell’applicazione delle relative disposizioni sanzionatorie, a decorrere dal novantesimo giorno successivo all’entrata in vigore del decreto stesso.Si evidenzia, tuttavia, che nulla è mutato rispetto all’obbligo del datore di lavoro di denunciare all’Inail gli infortuni occorsi ai dipendenti prestatori d’opera.

In considerazione dell’abolizione del citato registro, l’Inail, al fine di offrire agli organi preposti all’attività di vigilanza uno strumento alternativo in grado di fornire dati ed informazioni utili ad orientare l’azione ispettiva, ha realizzato un cruscotto nel quale sarà possibile consultare gli infortuni occorsi a partire dal 23 dicembre 2015 ai dipendenti prestatori d’opera e denunciati dal datore di lavoro all’ Inail stesso.

Resta inteso che gli infortuni avvenuti in data precedente a quella del 23 dicembre 2015 saranno consultabili nel registro infortuni abolito dalla norma in esame.

Il cruscotto infortuni, accessibile agli organi di vigilanza nell’area dei servizi online del sito ufficiale dell’Inail www.inail.it tramite l’inserimento delle credenziali in possesso degli organi stessi, prevedrà per l’utente la competenza territoriale regionale, quale parametro fondamentale per la ricerca dei dati infortunistici. Sarà possibile consultare il cruscotto infortuni per singolo soggetto infortunato tramite l’inserimento del relativo codice fiscale. In tal caso l’utente riceverà un report con l’indicazione di tutti i casi di infortunio relativi al singolo lavoratore, filtrati sul territorio di competenza regionale dell’utente stesso, in relazione all’Unità Produttiva o alla Sede lavorativa della Posizione Assicurativa Territoriale (in sigla PAT).Inoltre, potrà essere effettuata la ricerca per tipologia di singolo settore ed ottenere un report inerente gli infortuni occorsi nelle sedi lavorative comprese nella competenza territoriale regionale dell’utente, sedi lavorative da riferire all’Unità produttiva (in sigla UP) per il settore Aziende, alla Struttura per il settore delle Amministrazioni statali in gestione conto stato, alla Località (indirizzo) per il settore agricoltura. La ricerca per singolo

settore prevederà l’elaborazione di un report che riporterà in ogni pagina gli eventi infortunistici e le relative “conseguenze dell’infortunio” per ogni singolo anno, nonché la relativa PAT e l’Unità produttiva per il settore aziende, la Struttura per il settore delle amministrazioni statali, la Località per il settore agricoltura.

Si ricorda che per richiedere informazioni sull’utilizzo dei servizi online e approfondimenti normativi e procedurali sarà a disposizione dell’utenza esterna il servizio “Inail risponde” (disponibile nell’area contatti del portale www.inail.it ).E’ stato inoltre sviluppato il manuale “Cruscotto Infortuni” volto a fornire istruzioni puntuali ed utili alla navigazione nel database in argomento e che prevede nell’area news la comunicazione degli aggiornamenti che saranno apportati nel corso del tempo al database stesso. Il manuale utente del nuovo servizio online sarà disponibile sul sito istituzionale.

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AresInformaSPECIALE: INAIL E INFORTUNI

Nuova modalità per le denunce di infortunio e malattia professionale

Le novità conseguono alle modifiche normative introdotte dal Jobs Act e sono operative dallo scorso 22 marzo.

Con la circolare 21 marzo 2016, n. 10, l’Inail ha fornito le istruzioni per l’applicazione delle novità procedurali di invio telematico, a cura dei medici e delle strutture sanitarie, dei certificati di infortunio e malattia professionale, nonché di trasmissione delle relative denunce a cura del datore di lavoro.

Dal 22 marzo scorso, i medici e le strutture sanitarie:1. Trasmettono direttamente all’Inail, per via telematica, i certificati di infortunio e malattia professionale, attraverso l’apposito servizio reso disponibile sul portale dell’Istituto2. Forniscono al lavoratore il certificato medico con l’indicazione del numero identificativo del certificato, della

data di rilascio e dei giorni di prognosi3. In fase di avvio del nuovo regime, nel caso in cui non risulti possibile effettuare la trasmissione telematica, inviano il certificato tramite PEC alla sede Inail competente in base al domicilio del lavoratore, e consegnano il certificato al lavoratore stesso per il successivo inoltro al datore di lavoro.

Il lavoratore:1. Fornisce al datore di lavoro il numero identificativo del certificato, la data di rilascio e i giorni di prognosi2. In fase di avvio del nuovo regime, qualora non disponga del numero identificativo del certificato, continua a consegnare al datore di lavoro il certificato medico in forma cartacea

Il datore di lavoro:1. Dal 22 marzo 2016 è esonerato dal trasmettere all’Inail il certificato medico di infortunio e malattia professionale2. Dalla medesima data è esonerato dal trasmettere all’Autorità Locale di Pubblica Sicurezza le denunce relative agli infortuni mortali o con prognosi superiore a 30 giorni. Queste denunce sono rese disponibili direttamente dall’Inail.

3. Acquisisce il certificato di infortunio o malattia professionale, tramite PIN, attraverso la funzione “Ricerca certificati medici” disponibile all’interno dei Servizi Denunce di Infortunio, Malattia professionale e Silicosi/Asbestosi, sul portale dell’Inail.La ricerca del certificato avviene inserendo obbligatoriamente i seguenti dati: codice fiscale del lavoratore; numero identificativo del certificato; data di rilascio.4. Invia telematicamente la denuncia all’Inail entro i termini previsti, che restano invariati. Tali termini decorrono dalla data in cui il datore di lavoro ha ricevuto i riferimento del certificato medico dal lavoratore (o il certificato cartaceo, in fase di avvio del nuovo regime, nel caso in cui il lavoratore non disponga del numero identificativo).Nella denuncia deve indicare obbligatoriamente il numero identificativo e la data di rilascio del certificato medico.Nel caso in cui il lavoratore non abbia fornito il numero del codice identificativo del certificato medico, nella denuncia il datore di lavoro deve indicare un codice fittizio di 12 caratteri alfanumerici.

Omessa denuncia malattia professionale: entrano in vigore le nuove sanzioni

Il 22 marzo 2016 sono entrate in vigore le disposizioni previste dal Decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 151 e quindi

anche la sanzione per l’omesso o tardivo invio all’INAIL del primo certificato di malattia professionale. Prima era solo un obbligo etico non sanzionato.Ammenda da 258 a 1.549 euro, a cui si aggiungono quelle già in vigore.Omissione o tardivo inoltro di referto all’Autorità Giudiziaria (art. 365 C.P.): multa fino a 516 euro.Omissione di denuncia di

malattia professionale all’ASL e agli Uffici Territoriali del Lavoro (art. 139 del D.P.R. 1124/1965): fino a 3 mesi di reclusione o ammenda da 258 a 1032 euro per tutti i medici; fino a 4 mesi di reclusione o ammenda da da 516 a 2.582 euro per gli ex medici di fabbrica (medici competenti).Quindi per ogni omesso referto/denuncia/primo certificato si può arrivare a: 5.163 euro.

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AresInforma SPECIALE: INAIL E INFORTUNI

Con la Circolare n.14 del 25 marzo 2016 sono state dettate le Linee guida per la trattazione dei casi di infortuni in itinere in caso di utilizzo del velocipede. La circolare riassume brevemente la disciplina giuridica dell’infortunio in itinere che resta integralmente confermata, sia in termini generali, sia con specifico riferimento alle ipotesi in cui un evento infortunistico capiti trovandosi a bordo del velocipede, con l’eccezione introdotta dalla legge 221/2015.L’art. 5, commi 4 e 5, della legge 221/2015 (Collegato Ambientale) prevede infatti l’inserimento, agli articoli 2 e 210 del d.p.r. 1124/1965, del seguente periodo: “L’uso del velocipede, come definito ai sensi dell’art.50 d.lgs.30 aprile

1992, n.285 e successive modificazioni deve intendersi sempre necessitato”.Spiega INAIL che in precedenti indicazioni aveva chiarito che la valutazione sul carattere “necessitato” dell’uso di tale mezzo di

locomozione, per assenza o insufficienza dei mezzi pubblici di trasporto e per la non percorribilità a piedi del tragitto, considerata la distanza tra l’abitazione ed il luogo di lavoro,

costituisse discrimine ai fini dell’indennizzabilità “soltanto quando l’evento lesivo si fosse verificato

nel percorrere una strada aperta al traffico di veicoli a motore e non invece quando tale evento si fosse verificato

su pista ciclabile o zona interdetta al traffico”.Pertanto, l’infortunio

occorso su strada

aperta al traffico

di veicoli a motore andava

indennizzato solo “[...] in presenza delle condizioni necessarie per rendere necessitato l’uso della bicicletta, mentre “[...] dalla sussistenza di dette condizioni, si potesse prescindere qualora l’infortunio si fosse verificato in un tratto di percorso protetto”.

Gli infortuni in bicicletta: le linee guida INAILUna circolare riassume brevemente la disciplina giuridica dell’infortunio in itinere.

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AresInformaSPECIALE: INAIL E INFORTUNI

Tuttavia, con il Collegato Ambientale alla Legge di stabilità 2016 il legislatore ha sancito espressamente che, a prescindere dal tratto stradale in cui l’evento si verifica, l’infortunio in itinere occorso a bordo di un velocipede deve essere, al ricorrere di tutti i presupposti stabiliti dalla legge per la generalità degli infortuni in itinere, sempre ammesso all’indennizzo.

In riferimento alla disciplina giuridica dell’infortunio in itinere, l’art. 12 d.lgs.38/2000 sancisce che l’assicurazione infortunistica opera nell’ipotesi di infortunio occorso a lavoratore assicurato durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro.Emerge il concetto di normalità del percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro che deve essere affrontato per esigenze e finalità lavorative e, ovviamente, in orari confacenti con quelli lavorativi in modo tale che il lavoratore non abbia possibilità di una scelta diversa, né in ordine al tragitto, né in ordine all’orario.Il percorso da seguire deve essere quello normalmente compiuto dal lavoratore, anche se diverso da quello oggettivamente più breve, purché giustificato dalla concreta situazione della viabilità (es. traffico più scorrevole rispetto a quello del percorso più breve ecc.).

Se l’infortunio occorso a bordo di velocipede si verifica su pista ciclabile per accedere alla quale il lavoratore abbia affrontato un percorso più lungo di quello normale nei termini surriferiti, spiega INAIL, l’evento dovrà essere indennizzato, purché, ovviamente, detto percorso sia

stato affrontato per esigenze e finalità lavorative e in orari congrui rispetto a quelli lavorativi.

La tutela assicurativa non opera nel caso di interruzioni e deviazioni del percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro che siano del tutto indipendenti dal lavoro o comunque non necessitate.Le brevi soste che non espongono l’assicurato a un rischio diverso da quello che avrebbe dovuto affrontare se il normale percorso casa-lavoro fosse stato compiuto senza soluzione di continuità non interrompono, invece, il nesso causale tra lavoro e infortunio e, dunque, non escludono l’indennizzabilità dello stesso.Ai fini della tutela assicurativa, aggiunge INAIL nella circolare n.14/2016, ogni volta che il tragitto può essere compiuto a piedi o con mezzi pubblici, l’eventuale scelta del mezzo privato deve risultare necessitata.L’uso del mezzo privato è ritenuto “necessitato” quando non esistono mezzi pubblici di trasporto dall’abitazione del lavoratore al luogo di lavoro (o non coprono l’intero percorso), nonché quando non c’è coincidenza fra l’orario dei mezzi pubblici e quello di lavoro, o quando l’attesa e l’uso del mezzo pubblico prolungherebbero eccessivamente l’assenza del lavoratore dalla propria famiglia.La valutazione in ordine alla necessità dell’uso del mezzo privato di trasporto va condotta con “criteri di ragionevolezza”, indicati in Circolare n.14/2016Da ciò consegue che la necessità del mezzo privato va accertata caso per caso, anche perché fuori dalle ipotesi di necessità

dell’utilizzo del mezzo privato si ricade nell’ambito del rischio elettivo non assicurativamente protetto.

Tale valutazione risulta superflua, alla luce dell’art.5, commi 4 e 5, della legge 221/2015, per gli infortuni occorsi a bordo del velocipede in quanto il suo utilizzo è considerato dalla norma sempre necessitato e, quindi, equiparato a quello del mezzo pubblico o al percorso a piedi.

Resta, invece confermato che riguardo all’infortunio accaduto per colpa del lavoratore, gli aspetti soggettivi della condotta dell’assicurato (negligenza, imprudenza, imperizia, violazione di norme) non assumono rilevanza ai fini dell’indennizzabilità, in quanto la colpa del lavoratore non interrompe il nesso causale tra rischio lavorativo e sinistro, salvo che si tratti di comportamenti così abnormi da sfociare nel rischio elettivo.

A seguito dell’analisi di diverse sentenze della Corte di Cassazione, INAIL nella circolare n.14/2016 conclude affermando che anche l’infortunio occorso a bordo del velocipede dovrà essere escluso dalla tutela ogniqualvolta, esaminate le circostanze nelle quali l’incidente si sia verificato (es. avere imboccato una strada interdetta alla circolazione del velocipede o essersi messo alla guida in stato di ubriachezza) la qualificazione dell’elemento soggettivo del lavoratore debba essere definito in termini di rischio elettivo e non di colpa.

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Formazione per preposto addetto ai ponteggiChiarimenti sulla della figura del preposto alla sorveglianza dei ponteggi ai sensi dell’art. 136 del Testo Unico, e in particolare sui compiti ad esso assegnati e sui requisiti di formazione, anche in confronto con quelli ricadenti sul preposto.

Per l’articolo 136, argomenta ANCE (Associazione Nazionale Costruttori Edili), la figura del preposto è una “persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l’attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa”.Secondo la Commissione Interpelli, l’individuazione della figura del preposto non è obbligatoria in azienda ma è una scelta del datore di lavoro in base all’organizzazione ed alla complessità della sua azienda: il preposto è un soggetto dotato di un potere gerarchico e funzionale, sia pure limitato, e di adeguate competenze professionali al quale il datore di lavoro fa ricorso in genere allorquando non può personalmente sovraintendere alla attività lavorativa e controllare l’attuazione delle

direttive da lui impartite; costui è anche destinatario “ope legis” dello svolgimento delle funzioni esplicitate nell’art. 19 del d.lgs. n. 81/2008. Esistono alcuni casi particolari, spiega la Commissione (come ad esempio per il montaggio e lo smontaggio delle opere provvisionali, lavori di demolizione, montaggio e smontaggio dei ponteggi, ecc), in cui il legislatore richiede specificatamente che i lavori siano effettuati sotto la diretta sorveglianza di un soggetto preposto e gerarchicamente sovraordinato ai lavoratori che effettuano tali attività, che ovviamente può essere lo stesso datore di lavoro purché abbia seguito gli appositi corsi di formazione. Ne deriva che il preposto addetto al controllo nelle fasi di montaggio e smontaggio dei ponteggi deve partecipare, oltre ai corsi di formazione o aggiornamento disciplinati dall’ Allegato XXI del d.lgs. n. 81/2008, anche al corso di formazione previsto dall’art. 37

del d.lgs. n. 81/2008. Inoltre, ricorda la Commissione, il Testo unico di Sicurezza prevede la presenza di un preposto anche nell’ambito di altre attività ritenute pericolose quali quella relativa alla costruzione, sistemazione, trasformazione o smantellamento di una paratoia o di un cassone nei cantieri temporanei o mobili per le quali è ugualmente richiesta la diretta sorveglianza di un preposto, così come per i lavori di demolizione negli stessi cantieri edili che devono essere eseguiti sotto la sorveglianza di un preposto e condotti in maniera da non pregiudicare la stabilità delle strutture portanti o di collegamento e di quelle eventuali adiacenti.Per tutte queste figure non è però prevista alcuna formazione specifica aggiuntiva rispetto a quella di cui all’articolo 37, del Testo Unico ed è nell’ambito di quella formazione che dovranno, pertanto, essere trattati i rischi e le misure concernenti tali attività.

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Le novità per la valutazione del rischio rumoreUna importante modifica al D.Lgs. 81/2008 in relazione alla stima dell’emissione sonora di attrezzature di lavoro, macchine e impianti per la valutazione del rischio rumore, con la possibilità di utilizzare banche dati sul rumore approvate dalla Commissione consultiva.

Tale modifica è prevista dal Decreto Legislativo 14 settembre 2015, n. 151 che ha modificato il D.Lgs. 81/2008 anche in relazione alla stima dell’emissione sonora di attrezzature di lavoro, macchine e impianti per la valutazione del rischio rumore.1. Al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, sono apportate le seguenti modificazioni:p) all’articolo 190, il comma 5-bis è sostituito dal seguente: «L’emissione sonora di attrezzature di lavoro, macchine e impianti può essere stimata in fase preventiva facendo riferimento alle banche dati sul rumore approvate dalla Commissione consultiva permanente di cui all’articolo 6, riportando la fonte documentale cui si è fatto riferimento.».Possiamo anche riportare quanto indicato dalla relazione illustrativa del D.Lgs. 151/2015. La relazione indica che viene introdotta “la possibilità di stimare in fase preventiva l’emissione sonora di attrezzature di lavoro, macchine e impianti facendo riferimento alle banche dati sul rumore approvate dalla Commissione consultiva permanente”.Dunque con il D.Lgs. 151/2015 si riscrive totalmente il comma 5-bis dell’articolo 190 - Titolo VIII (Agenti fisici), Capo II

(Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro) - andando a ufficializzare e permettere l’utilizzo delle banche dati sul rumore. Utilizzo che può avvenire se queste banche dati sono state approvate dalla Commissione Consultiva Permanente per la salute e la sicurezza sul lavoro.Ricordiamo anche la versione precedente, non più valida, del comma 5-bis: “L’emissione sonora di attrezzature di lavoro, macchine e impianti può essere stimata in fase preventiva facendo riferimento a livelli di rumore

standard individuati da studi e misurazioni la cui validità è riconosciuta dalla Commissione consultiva permanente di cui all’articolo 6, riportando la fonte documentale cui si è fatto riferimento”.Ricordiamo, infine, che ad oggi l’unica banca dati del rischio rumore validata è quella realizzata dal CPT Torino e relativa ai cantieri edili.

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Con il Decreto n. 977 del 16 febbraio 2016, la Regione Lombardia ha approvato il documento “Linee guida per la verifica di conformità delle schede dati di sicurezza (SDS) ai sensi dei Regolamenti n. 1907/2006 (REACH) e n. 1272/2008 (CLP)”, un documento elaborato dal Laboratorio regionale “Rischio Chimico”.E lo ha approvato perché il documento costituisce uno

“strumento adeguato al conseguimento degli obiettivi fissati dal Piano regionale 2014-2018 per la tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, fornendo linee di indirizzo per la verifica della conformità delle SDS ai Regolamenti REACH e CLP sia alle imprese, ovvero ai fornitori di sostanze o miscele, sia alle ATS che le controllano”.In particolare la checklist allegata al decreto permette di controllare

una scheda dati di sicurezza (SDS) sia in termini di “presenza delle informazioni” sia, laddove possibile, in “termini di correttezza e coerenza tecnico-scientifica dei contenuti”. E alcune colonne della checklist permettono poi di evidenziare rispettivamente aspetti “non applicabili” e “non controllati”. E sono infine riportate nella lista anche alcune verifiche effettuabili quando si ritiene opportuno un approfondimento.

Linee guida per verificare la conformità delle schede di sicurezzaSono state approvate dalla Regione Lombardia ai sensi dei regolamenti REACH e CLP.

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La checklist ricorda innanzitutto quando deve essere fornita una scheda dati di sicurezza.Infatti, ai sensi del Regolamento REACH il fornitore di una sostanza o di una miscela “trasmette al destinatario della sostanza o della miscela una scheda di dati di sicurezza compilata a norma dell’allegato II dello stesso regolamento:a) se una sostanza o una miscela risponde ai criteri di classificazione come pericolosa secondo il CLP;b) quando una sostanza è persistente, bioaccumulabile e tossica (PBT) ovvero molto persistente e molto bioaccumulabile (vPvB) in base ai criteri di cui all’allegato XIII del REACH;c) quando una sostanza è inclusa nell’elenco stabilito a norma dell’articolo 59, par. 1 (candidate list) per ragioni diverse da quelle di cui alle lettere a) e b)”.Si segnala che nei casi previsti dall’art. 31 par.1 del Regolamento REACH la scheda dati di sicurezza è “fornita entro la data di fornitura della sostanza o miscela e rinviata ai destinatari ad ogni suo aggiornamento, prescritto dall‘art. 31 par. 9 del Regolamento”. Inoltre ai sensi dell’articolo 31, par. 3 del Regolamento REACH il fornitore “trasmette al destinatario, a richiesta, una SDS di una miscela non pericolosa secondo il CLP, ma che contiene:a) in una concentrazione individuale pari o superiore all’1 % in peso per le miscele non gassose e in una concentrazione individuale pari o superiore allo 0,2 % in volume per le miscele gassose, almeno una sostanza che presenta rischi per la salute umana o l’ambiente; oppureb) in una concentrazione individuale pari o superiore allo 0,1 % in peso per le miscele non gassose, almeno una sostanza che è cancerogena di categoria 2 o tossica per la riproduzione di categoria 1A, 1B e 2, sensibilizzante della pelle di categoria 1, sensibilizzante delle

vie respiratorie di categoria 1 oppure ha effetti sull’allattamento o attraverso l’allattamento è persistente, bioaccumulabile e tossica (PBT) molto persistente e molto bioaccumulabile (vPvB); oppurec) una sostanza per la quale la normativa comunitaria fissa limiti di esposizione sul luogo di lavoro”.E si segnala, infine, che l’obbligo di fornire una SDS su richiesta “è stabilito anche nel Regolamento CLP, nel cui allegato II, al punto 2.10 ‘Miscele non destinate alla vendita al pubblico’, si prescrive che sia apposta obbligatoriamente sull’etichetta la frase EUH210 “Scheda Dati di Sicurezza disponibile su richiesta” per le miscele non classificate come pericolose, ma che contengono:a) ≥ 0,1 % di sostanze classificate come sensibilizzanti della pelle di categoria 1, 1B, sensibilizzanti delle vie respiratorie di categoria 1, 1B, o cancerogene di categoria 2, oppureb) ≥ 0,01 % di sostanze classificate come sensibilizzanti della pelle di categoria 1A, sensibilizzanti delle vie respiratorie di categoria 1A, oppurec) ≥ un decimo del limite di concentrazione specifico per una sostanza classificata come sensibilizzante della pelle o delle vie respiratorie con limite di concentrazione specifico inferiore a 0,1 %, oppured) ≥ 0,1 % per le sostanze classificate come tossiche per la riproduzione (categorie 1A, 1B o 2) o per gli effetti sull’allattamento o attraverso l’allattamento; oe) almeno una sostanza in una concentrazione individuale di ≥ 1 % in peso per le miscele non gassose e ≥ 0,2 % in volume per le miscele gassose: classificata per altri pericoli per la salute o per l’ambiente; o per la quale valgono limiti comunitari di esposizione nei luoghi di lavoro”.

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E’ entrato in vigore il 29 marzo 2016 il nuovo decreto legislativo n.39 del 15 febbraio 2016 che recepisce la direttiva europea 2014/27/UE del 26 febbraio 2014. Le modifiche al D.Lgs. 81/2008, le novità sui termini, i cartelli e le definizioni.Come indicato nella relazione illustrativa del decreto, il provvedimento nasce dalla necessità di adeguare l’ordinamento nazionale al contesto comunitario in materia di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori dai rischi derivanti dall’esposizione agli agenti chimici sul luogo di lavoro. Un contesto che è evidentemente mutato a seguito dell’adozione del regolamento (CE) n. 1272/2008 ( Regolamento CLP) relativo alla classificazione, all’etichettatura e all’imballaggio delle sostanze e delle miscele. E ricordiamo che se il regolamento CLP è entrato in vigore il 20 gennaio 2009, i termini entro cui provvedere alla classificazione in conformità con le nuove norme erano il 1° dicembre 2010 per le sostanze chimiche e il 1° giugno 2015 per le miscele. In ambito comunitario, a seguito dell’adozione del regolamento CLP, si è dunque reso necessario – continua la relazione illustrativa - allineare le direttive 92/58/CEE, 92/85/CEE, 94/33/CE, 98/24/CE e la direttiva 2004/37/CE - tutte contenenti riferimenti

alla legislazione UE in materia di classificazione ed etichettatura delle sostanze chimiche - con le nuove disposizioni in materia. E a questo il legislatore comunitario ha provveduto con l’emanazione di un’unica direttiva, la direttiva 2014/27/UE, che, senza modificare in alcun modo la portata o il livello di protezione previsti dalle direttive innanzi citate, si limita ad aggiornare le disposizioni nelle stesse contenute in materia di classificazione ed etichettatura delle sostanze. E il D. Lgs. 15 febbraio 2016 n. 39 è il nuovo decreto di recepimento (come sempre in ritardo rispetto alla tempistica indicata nella 2014/27/UE...) della direttiva europea. Cosa cambia in concreto nella nostra normativa con l’entrata in vigore del D. Lgs. 39/2016?Ci soffermiamo in particolare sull’articolo 1 del decreto che è dedicato alle “modifiche al decreto legislativo 9 aprile 2008, n.81”, si compone di un unico comma e prevede innanzitutto la sostituzione di vari termini, ad esempio “preparati pericolosi” con “miscele pericolose” o “preparati chimici” con “miscele chimiche”. Ma l’articolo contiene anche altre modifiche... Ricordando che il decreto modifica anche – lettera h) e i) – l’allegato XXV (Prescrizioni generali per i cartelli segnaletici,

ad esempio è soppresso il cartello di avvertimento “Sostanze nocive o irritanti”) e l’allegato XXVI (Prescrizioni per la segnaletica dei contenitori e delle tubazioni), concludiamo questa breve presentazione del decreto sottolineando – art.1, comma1, lettera g) - le modifiche nelle definizioni di agente cancerogeno e mutageno presenti nell’articolo 234 del D.Lgs. 81/2008. Queste le nuove definizioni:a) agente cancerogeno: 1) una sostanza o miscela che corrisponde ai criteri di classificazione come sostanza cancerogena di categoria 1 A o 1 B di cui all’allegato I del regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio; 2) una sostanza, miscela o procedimento menzionati all’allegato XLII del presente decreto, nonché sostanza o miscela liberate nel corso di un processo e menzionate nello stesso allegato; b) agente mutageno: 1) una sostanza o miscela corrispondente ai criteri di classificazione come agente mutageno di cellule germinali di categoria 1 A o 1 B di cui all’allegato I del regolamento (CE) n. 1272/2008.

Regolamento CLP e rischio chimico: nuove modifiche al Testo Unico

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Il nuovo regolamento europeo sui DPI

Finalmente pubblicato uno dei Regolamenti dell’Unione Europea più attesi.

Il 31 marzo è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della UE (GUUE) il nuovo Regolamento (UE) 2016/425 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 9 marzo 2016 sui dispositivi di protezione individuale e che abroga la Direttiva 89/686/CEE del 21 dicembre 1989, direttiva concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri relative ai dispositivi di protezione individuale (DPI).Era uno dei Regolamenti dell’Unione Europea più attesi (prima ancora della pubblicazione erano già circolate alcune bozze del documento finale) sia per i contenuti che per la forma scelta.L’atto della UE ha sempre l’obiettivo di stabilire requisiti per la progettazione e la fabbricazione dei DPI che devono essere messi a disposizione sul mercato, al fine di garantire la protezione della salute e della sicurezza degli utilizzatori, ma ora la forma giuridica è cambiata. Non più la “Direttiva”, ma il “Regolamento”, una forma che rende le “regole” obbligatorie per tutti gli Stati membri dell’Unione Europea senza necessità di un recepimento.

Il Regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione in GUUE, ma si applica a decorrere dal 21 aprile 2018 (è a decorrere da questa data che è abrogata la Direttiva 89/686/CEE) con alcune eccezioni:- gli articoli da 20 a 36 e l’articolo 44 si applicano a decorrere dal 21 ottobre 2016;- l’articolo 45, paragrafo 1, si applica a decorrere dal 21 marzo 2018.

Per comprendere la necessità di questo nuovo atto in materia di DPI e la scelta di un “Regolamento” e non di una “Direttiva”, è sufficiente leggere alcuni “considerando” presenti nella norma.Nei “considerando” si indica che “l’esperienza acquisita nell’applicazione della direttiva 89/686/CEE ha evidenziato carenze e incongruenze nella copertura dei prodotti e nelle procedure di valutazione della conformità”. E per questo motivo – “al fine di tener conto di tale esperienza e di fornire chiarimenti in merito al quadro nel quale i

prodotti oggetto del presente regolamento possono essere resi disponibili sul mercato – con il Regolamento 2016/425 è “opportuno rivedere e migliorare alcuni aspetti della direttiva 89/686/CEE”.Inoltre poiché l’ambito di applicazione, i requisiti essenziali di salute e di sicurezza e le procedure di valutazione della conformità “devono essere identici in tutti gli Stati membri” è opportuno “sostituire la direttiva 89/686/CEE con un regolamento, che è lo strumento giuridico adeguato per imporre norme chiare e dettagliate, che non lascino spazio a differenze di recepimento da parte degli Stati membri”.

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Prima di passare ad una breve analisi degli articoli del Regolamento, ricordiamo altri “considerando” che ci permettono di chiarire alcuni aspetti preliminari.

Quali sono i DPI disciplinati dal regolamento?Intanto si indica che il presente regolamento disciplina i dispositivi di protezione individuale che “sono nuovi sul mercato dell’Unione al momento di tale immissione sul mercato, vale a dire i DPI nuovi di un fabbricante stabilito nell’Unione oppure i DPI, nuovi o usati, importati da un paese terzo”. E il regolamento “dovrebbe applicarsi a tutte le forme di fornitura, compresa la vendita a distanza”.I “considerando” fanno riferimento anche agli obblighi degli operatori economici.Gli operatori economici “dovrebbero essere responsabili della conformità dei DPI alle prescrizioni del presente regolamento, in funzione del ruolo che rivestono nella catena di fornitura, in modo da garantire un elevato livello di salvaguardia di interessi pubblici, quali la salute e la sicurezza, la protezione degli utilizzatori, nonché una concorrenza leale sul mercato dell’Unione”. E tutti gli operatori economici che intervengono nella catena di fornitura e distribuzione dovrebbero adottare misure atte a garantire che siano messi a disposizione sul mercato solo DPI conformi al presente regolamento. Il presente regolamento dovrebbe stabilire una ripartizione chiara e proporzionata degli obblighi corrispondenti al ruolo di ogni operatore economico nella catena di fornitura e distribuzione”.Tuttavia il fabbricante, che conosce dettagliatamente il processo di progettazione e di produzione, “è nella posizione migliore per eseguire la procedura di valutazione della conformità. La valutazione della conformità dovrebbe quindi rimanere obbligo

esclusivo del fabbricante”.Ed è poi necessario garantire che i DPI provenienti da paesi terzi che entrano nel mercato dell’Unione “siano conformi ai requisiti di cui al presente regolamento e in particolare che i fabbricanti abbiano applicato adeguate procedure di valutazione della conformità. È pertanto opportuno prevedere una disposizione che obblighi gli importatori ad assicurarsi che i DPI immessi sul mercato siano conformi ai requisiti del presente regolamento, evitando l’immissione sul mercato di DPI non conformi o che presentano un rischio. È inoltre opportuno prevedere che gli importatori si assicurino che siano state svolte le procedure di valutazione della conformità e che la marcatura CE e la documentazione tecnica redatta dai fabbricanti siano a disposizione delle autorità nazionali competenti a fini di controllo”.

Il regolamento si applica ai dispositivi di protezione individuale (DPI) definiti (art. 3) come:a) “dispositivi progettati e fabbricati per essere indossati o tenuti da una persona per proteggersi da uno o più rischi per la sua salute o sicurezza;b) componenti intercambiabili dei dispositivi di cui alla lettera a), essenziali per la loro funzione protettiva;c) sistemi di collegamento per i dispositivi di cui alla lettera a) che non sono tenuti o indossati da una persona, che sono progettati per collegare tali dispositivi a un dispositivo esterno o a un punto di ancoraggio sicuro, che non sono progettati per essere collegati in modo fisso e che non richiedono fissaggio prima dell’uso”.

Inoltre (Art. 2) il regolamento non si applica ai DPI:a) “progettati specificamente per essere usati dalle forze armate o nel mantenimento dell’ordine

pubblico;b) progettati per essere utilizzati per l’autodifesa, ad eccezione dei DPI destinati ad attività sportive;c) progettati per l’uso privato per proteggersi da: i) condizioni atmosferiche non estreme; ii) umidità e acqua durante la rigovernatura;d) da utilizzare esclusivamente su navi marittime o aeromobili oggetto dei pertinenti trattati internazionali applicabili negli Stati membri;e) per la protezione della testa, del viso o degli occhi degli utilizzatori, oggetto del regolamento n. 22 della Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite concernente prescrizioni uniformi relative all’omologazione dei caschi e delle relative visiere per conducenti e passeggeri di motocicli e ciclomotori”.

Concludiamo questa breve presentazione ricordando che, riguardo alla presunzione di conformità del DPI, “un DPI conforme alle norme armonizzate o alle parti di esse i cui riferimenti sono stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea è considerato conforme ai requisiti essenziali di salute e di sicurezza di cui all’allegato II, contemplati da tali norme o parti di esse”.E tale dichiarazione di conformità UE – la struttura della dichiarazione è riportata nell’allegato IX – “attesta il rispetto dei requisiti essenziali di salute e di sicurezza applicabili di cui all’allegato II”.

Con la dichiarazione il fabbricante “si assume la responsabilità della conformità del DPI” ai requisiti stabiliti dal regolamento.

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Sicurezza AresInforma

Attrezzature a pressione, le nuove norme UE

Sulla Gazzetta Ufficiale del 04/03/2016, n. 53 è stato pubblicato il D. Leg.vo 15/02/2016, n. 26, recante attuazione della Direttiva 2014/68/UE concernente l’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato di attrezzature a pressione.Il D. Leg.vo 26/2016 si compone di 4 articoli e di 2 Allegati (A e B), ed interviene in maniera significativa modificando il D. Leg.vo 25/02/2000, n. 93. Il decreto è entrato in vigore il 19/03/2016 ma, ad eccezione delle nuove modalità per la classificazione delle attrezzature a pressione, le disposizioni si applicheranno a decorrere dal 19/07/2016. Il D. Leg.vo 93/2000 si applica alle attrezzature a pressione, definite come “i recipienti, le tubazioni, gli accessori di sicurezza e gli accessori a pressione, ivi compresi

gli elementi annessi a parti pressurizzate, quali flange, raccordi, manicotti, supporti, alette mobili”. Si segnalano di seguito alcune delle novità più significative recate dal D. Leg.vo 26/2016.

Messa a disposizione sul mercatoIn base alle modifiche introdotte all’art. 2 del D. Leg.vo 93/2000, le attrezzature a pressione e gli insiemi possono essere immessi sul mercato solo se soddisfano alcune condizioni (rispetto dei requisiti di sicurezza previsti dal decreto, installazione e manutenzione adeguate, uso conforme allo loro destinazione).In via eccezionale, durante le fiere e le manifestazioni possono essere posti in esposizione anche prodotti non conformi, purché accompagnati da una dichiarazione grafica evidente che indichi che non possono essere immessi sul mercato in ragione della loro non conformità. Il

responsabile della manifestazione ha in tal caso l’obbligo di redigere una relazione tecnica - da mettere a disposizione delle autorità competenti - in cui sono specificate nel dettaglio le appropriate misure di sicurezza atte a garantire l’incolumità delle persone. Alle autorità competenti è data la facoltà di prescrivere eventuali misure aggiuntive.

Presunzione di conformità e dichiarazione di conformità UEIl nuovo art. 5 del D. Leg.vo 93/2000 prevede che le attrezzature a pressione e i sistemi recanti marcatura CE - che risultino conformi alle norme armonizzate o a parti di esse i cui riferimenti normativi sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea -siano considerati conformi ai requisiti essenziali di sicurezza stabiliti dall’Allegato I del nuovo D. Leg.vo 26/2016. Della stessa presunzione di conformità beneficiano anche i materiali

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SicurezzaAresInforma

utilizzati per la fabbricazione delle attrezzature a pressione o degli insiemi che risultano conformi alle approvazioni europee i cui riferimenti sono pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea.La dichiarazione di conformità, in base al nuovo art. 5, deve: attestare i requisiti di sicurezza di cui all’Allegato I del decreto legislativo; essere strutturata secondo le modalità di cui all’Allegato VII; contenere gli elementi specificati nelle pertinenti procedure di valutazione della conformità di cui all’Allegato III; essere aggiornata continuamente. Se alle attrezzature a pressione o agli insiemi si applicano più atti dell’Unione europea che prescrivono una dichiarazione di conformità, l’articolo stabilisce che venga compilata un’unica dichiarazione di conformità.Infine, il fabbricante che compila la dichiarazione di conformità è responsabile per la conformità delle attrezzature a pressione o dell’insieme ai requisiti prescritti dal D. Leg.vo 26/2016.

Procedura da applicare a livello nazionale per le attrezzature a pressione o gli insiemi che presentano dei rischiTale procedura prevede l’obbligo - per il Ministero dello sviluppo economico e per Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in qualità di autorità di vigilanza di mercato - di sottoporre un’attrezzatura a pressione o un sistema ad una valutazione: essa investe tutte le prescrizioni del nuovo decreto ed opera nel caso in cui si abbia motivo di ritenere che tale attrezzatura o sistema presenti un rischio per la salute o l’incolumità delle persone, per gli animali domestici o i beni materiali. Nel caso in cui tale attrezzatura o sistema non risulti conforme alle prescrizioni, il Ministero dello sviluppo economico chiede tempestivamente all’operatore

economico interessato di adottare tutte le misure del caso (messa in conformità, ritiro o richiamo dal mercato) in un tempo ragionevole e proporzionato al rischio. Se l’inadempienza non riguarda solo il territorio nazionale, deve inoltre informare sia la Commissione europea che gli altri Stati membri: l’operatore economico dovrà prendere tutte le misure correttive del caso nei confronti di tutte le attrezzature a pressione e di tutti gli insiemi interessati che ha messo a disposizione nel territorio dell’Unione. In assenza di azioni da parte dell’operatore economico interessato, il Ministero dello sviluppo economico adotta le opportune misure informandone l’operatore e dando a questi la possibilità di impugnare le misure entro un termine stabilito.

Classificazione delle attrezzature a pressione secondo criteri di pericolo crescenteA tal fine i fluidi sono classificati in due gruppi sulla base del punto di infiammabilità.Il primo gruppo comprende le sostanze e miscele contenute nelle attrezzature a pressione la cui temperatura massima ammissibile TS è superiore al punto di infiammabilità del fluido e quelle classificate come pericolose. Tra queste si segnalano: esplosivi instabili, gas infiammabili e comburenti, liquidi e solidi infiammabili, sostanze o miscele auto-reattive, liquidi e solidi piroforici, liquidi e solidi comburenti, perossidi organici.Nel secondo gruppo sono ricomprese le sostanze e miscele non specificamente assegnate al primo gruppo. La classificazione dei recipienti è effettuata con riferimento alla categoria più elevata di ciascuno dei singoli scomparti. Quando invece uno scomparto contiene più fluidi, è classificato in base al fluido

che comporta la categoria più elevata. L’Allegato II specifica nel dettaglio tali categorie.Si rammenta in proposito che le norme di recepimento dell’art. 13 della Direttiva 2014/68/UE (che reca le norme sulla classificazione sopra indicate) dovevano essere adottate entro il 28/02/2015, con applicazione entro il 01/06/2015; tuttavia, poiché l’art. 13 deve considerarsi norma self-executing, la stessa può considerarsi in vigore dalla medesima data del 01/06/2015, e dunque il MiSE ha ritenuto di dover dettare in via amministrativa disposizioni interpretative per l’adeguamento delle procedure operative. Si veda in proposito l’articolo “Nuova classificazione delle attrezzature a pressione dal 01/06/2015”.“Obiettivo del progetto – sottolinea la coordinatrice – è fornire uno strumento utile alla programmazione e all’adozione di misure di sicurezza mirate, rilevando oltre agli infortuni i ‘quasi infortuni’, cioè gli eventi correlati al lavoro che avrebbero potuto causare un infortunio, ma non lo hanno prodotto solo per puro caso.Questo rappresenta il vero valore aggiunto della procedura in un settore, quello socio-sanitario, non particolarmente esplorato”.Nell’ambito del progetto sono previsti incontri formativi e informativi ad hoc per analizzare il metodo, il suo funzionamento e i compiti delle varie figure coinvolte.

La procedura potrà anche tradursi in un vantaggio economico per le aziende che la adotteranno, perché rientra tra i miglioramenti non obbligatori previsti dall’attuale versione del modello OT24, che può comportare uno sconto sul premio Inail al raggiungimento di un determinato punteggio.

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AresInformaGiurisprudenza

Responsabilità amministrativa dell’impresa

Cassazione Penale, Sez. 4, 21 gennaio 2016, n. 2544

Il Tribunale di Monza con motivazione del tutto logica (e, si ribadisce, non censurata in appello) ha ritenuto che, in presenza di situazioni di rischio - quali indubitabilmente erano quelli connessi all’uso di un macchinario altamente pericoloso, vetusto e fuori norma e, più in generale, quelli connessi all’attività tipica della G.. s.r.l - la società avrebbe dovuto agire tempestivamente a tutela di valori fondamentali, quali la vita e l’incolumità personale, adottando tutte le misure adeguate alla prevenzione di eventi lesivi, non essendo ammissibile il sacrificio di quei beni a causa di inefficienze organizzative e gestionali.5.2.2. Quanto poi al profilo dell’imputazione soggettiva, occorre ribadire che entrambi

gli imputati persone fisiche rivestivano al momento del fatto all’interno della società ruoli apicali, rientranti tra quelli previsti dall’art. 5 comma 1 lett. a) d. lgvo n. 231/2001.

Nel caso di specie, dunque, a norma dell’art. 6, l’ente, per andare esente da responsabilità, avrebbe dovuto provare che: a) erano stati adottati ed efficacemente attuati, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi; b) il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli e di curare il loro aggiornamento era stato affidato ad un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo; c) non vi era stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’organismo di cui alla lettera b.

In altri termini, la responsabilità dell’ente per i reati di omicidio colposo o lesioni colpose commesse da suoi organi apicali con violazione della

normativa in materia di sicurezza o igiene del lavoro potrà essere esclusa soltanto dimostrando l’adozione ed efficace attuazione di modelli organizzativi (per i quali soccorre il disposto dell’art. 30 del d. lgs. n. 81/2008) e l’attribuzione ad un organismo autonomo del potere di vigilanza sul funzionamento, l’aggiornamento e l’osservanza dei modelli adottati.

In definitiva, nel caso di specie - poiché la violazione delle norme antinfortunistiche non era stata connotata da occasionalità, né dovuta a caso fortuito, ma era risultata essere frutto di una specifica politica aziendale, volta alla massimizzazione del profitto con un contenimento dei costi in materia di sicurezza, a scapito della tutela della vita e della salute dei lavoratori - sono stati ritenuti ricorrenti tutti i criteri di imputazione oggettiva e soggettiva per affermare la responsabilità della G.. s.r.l. ai sensi del D. L.vo 231/2001.

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AresInforma Giurisprudenza

Lo straniero era stato assunto in nero, una settimana prima dell’infortunio, con mansioni di manovale per svolgere i lavori di edilizia, e mentre stava tagliando un pezzo di legno con la sega circolare rimaneva incastrato con il guanto tra la lama e il legno, subendo lo schiacciamento della mano sinistra.Il giudice di primo grado fondava il proprio convincimento sulla base delle prove testimoniali ottenute nel corso del giudizio, dalle quali risultava che la sega circolare non era in regola in quanto la cuffia di protezione non attivava il fermo della lama rotante.

Per queste ragioni, il giudice di merito concludeva che il capocantiere ricopriva un’attività di coordinamento delle attività svolte nell’ambito del cantiere, impartendo ordini e direttive ai lavoratori e che, pertanto, ricopriva una posizione di garanzia sul piano della prevenzione per quel che concerneva l’uso della sega circolare non a norma.

Il capocantiere ha presentato appello e la corte d’Appello di Milano ha parzialmente riformato la sentenza con rideterminazione della pena.Ragione per cui il ricorrente ha deciso di proseguire con il ricorso

per Cassazione, sostenendo che nella sentenza della corte territoriale fosse stata riconosciuta la sua posizione di garanzia assimilabile a quella del preposto, nonostante uno dei testimoni avesse escluso che lui fosse il capocantiere; e che non era stato appurato chi fosse il proprietario della sega circolare.

La Corte di Cassazione Penale ha rigettato il ricorso del capocantiere.Secondo gli Ermellini, la posizione di garanzia del ricorrente assimilabile a quella del preposto, è stata rilevata dalla corte territoriale, a seguito della valutazione degli elementi di prova.Ai fini della prova del ruolo del preposto, secondo la giurisprudenza richiamata dalla corte d’Appello, non è richiesto un elemento probatorio documentale o formale; il giudice può fondare il proprio convincimento sulla scorta di testimonianze e accertamenti fattuali. Inoltre, la qualifica di preposto va riconosciuta in base alle mansioni svolte effettivamente nell’impresa e non per le formali qualificazioni giuridiche (Cass. Pen., sez. 4, sentenza n. 38691 del 28/09/2010).In caso di assunzione di fatto del

Cantieri: è preposto colui che assume in concreto quel ruoloIl Tribunale di Milano, in primo grado, ha riconosciuto la responsabilità penale del capocantiere e del rappresentante legale di una società che si stava occupando dei lavori di costruzione di una villa, per le lesioni gravi cagionate ad un cittadino straniero che si trovava irregolarmente sul territorio nazionale e che stava lavorando in nero.

ruolo del preposto, la posizione di garanzia deriva dal concreto espletamento dei poteri tipici del preposto, senza una preliminare investitura da parte del datore di lavoro. Contrariamente a quanto accade per l’investitura di diritto, corrispondente alla definizione contenuta nel D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 2 e per la quale il preposto deve aver ricevuto incarico dal datore di lavoro.L’assunzione di fatto si ricava dall’art. 299 dello stesso decreto, dove le posizioni di garanzia previste per i soggetti di cui all’art. 2, gravano “altresì su colui il quale, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti a ciascuno dei soggetti ivi definiti”.Non è pertinente nemmeno il richiamo alla delega di funzioni in tema di prevenzione prevista dall’art. 16 del D.Lgs. n. 81 del 2008 e che richiede, per la sua efficacia, la ricorrenza dei requisiti contenuti nello stesso articolo.Per l’art. 299 vige il principio dell’effettività che, in tema di tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori, eleva a garante colui che di fatto assume e svolge i poteri del datore di lavoro, ma per cui non è possibile rendere efficace una delega priva dei requisiti di legge.

Così il delegato sarà chiamato a rispondere del proprio operato, soltanto perché avrà assunto di fatto i compiti del datore di lavoro, del dirigente o del preposto e non per l’esistenza di una delega senza i requisiti previsti dalla legge.Su di lui graveranno tutte le funzioni prevenzionistiche, non solo l’obbligo di vigilanza previsto dall’art. 16.Per tali ragioni, la Corte di Cassazione Penale ha rigettato il ricorso del capocantiere, accogliendo la decisione assunta dalla corte territoriale.

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AresInformaPrivacy

Controllo a distanza dell’attivita’ dei lavoratori

Con il Decreto legislativo 151 del 14 settembre 2015, articolo 23 comma 2, sono stati modificati l’Art. 4 della LEGGE 300/1970 (statuto dei lavoratori) e l’articolo 171 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (legge sulla privacy).Tali modifiche nascono dalla necessità di dover tener conto, nell’attuale contesto produttivo, oltre che degli impianti audiovisivi, anche degli altri strumenti di lavoro che il Legislatore del 1970 non poteva nemmeno immaginare (pc e telefoni cellulari, software di comunicazione telematica, sistemi di geolocalizzazione, la stessa rete intranet aziendale).La nuova scrittura dell’articolo 4 della legge 20 maggio 1970, n. 300 prevede, quindi, quanto segue: «1. Gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali. In alternativa, nel caso di imprese con unità produttive ubicate in diverse province della stessa regione ovvero in più regioni, tale accordo può essere stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. In mancanza di accordo gli impianti e gli strumenti

di cui al periodo precedente possono essere installati previa autorizzazione della Direzione territoriale del lavoro o, in alternativa, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più Direzioni territoriali del lavoro, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali. 2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze. 3. Le informazioni raccolte ai sensi dei commi 1 e 2 sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.». L’articolo 171 del Decreto Legislativo 30 giugno 2003, n. 196, viene, invece, riscritto come segue: «1. La violazione delle disposizioni di cui all’articolo 113 e all’articolo 4, primo e secondo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, e’ punita con le sanzioni di cui all’articolo 38 della legge n. 300 del 1970.».I controlli sull’attività dei lavoratori, quindi, ad eccezione di quelli di cui al primo comma (es. impianti audiovisivi, sistemi di geolocalizzazione…) possono ora essere attivati anche senza l’approvazione delle rappresentanze sindacali o della direzione territoriale del lavoro su tutti gli strumenti utilizzati

dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e sugli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze.Grazie a questa modifica legislativa è ora possibile, ad esempio, tenere sotto controllo tutti gli accessi che un lavoratore ha al proprio terminale in termini di orari e durate ma non è ancora stato chiarito se sia possibile comprendere, in questa fattispecie oggi autorizzata, anche l’esame delle attività svolte e, nel caso di collegamento ad Internet, l’esame dei siti cui il lavoratore si è collegato.Per quanto riguarda l’installazione e l’utilizzo degli strumenti di cui al primo comma, invece, è stata confermata una procedura di codeterminazione fra datore di lavoro e Rappresentanze Sindacali (RSU o RSA), il cui esito negativo porta il datore a richiedere l’autorizzazione amministrativa della DTL competente. L’installazione e l’impiego di tali strumenti necessitano della esclusiva sussistenza di esigenze organizzative e produttive, di sicurezza del lavoro di tutela del patrimonio aziendale, costituendo, queste, i presupposti per la stipula preventiva dell’Accordo sindacale o dell’autorizzazione della DTL.In ogni caso, tutte le informazioni raccolte con i mezzi di controllo di cui ai commi 1 e 2 devono essere utilizzati nel rispetto della disciplina sulla privacy. Infatti il comma 3 prescrive che tali informazioni «sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal Decreto Legislativo 30 giugno 2003, n. 196» sul trattamento dei dati sensibili.

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AresInforma I nostri corsi

CORSO DURATA AULA BERGAMO AULA LECCO COSTO

Agg.RSPP/RSPP DDL/RLS: Dalla valutazione del rischio ai sistemi di gestione della sicurezza esimenti la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche (D.Lgs. 231 del 2001)

4 ore - 26 maggio9-13 140 €

Corso per Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) 32 ore 26 maggio

e 7, 10, 14 giugno 9-18 - 660 €

Corso per Preposti 8 ore 21 giugno9-18

6 maggio9-18 240 €

Corso per dirigenti 16 ore 16 e 23 giugno9-18

17 e 24 febbraio9-18 440 €

Agg.RSPP/RSPP DDL/RLS: Corso BASE GUIDA SICURA e ECOLOGICA

4 ore 15 giugno14-18 -

RSPP - Mod. B - Macro-settore Ateco 9 12 ore - 6 giugno 9-18

8 giugno 9-13 330 €

I corsi di Bergamo si svolgeranno presso la sede di via Baertsch 4. I corsi di Lecco presso l’aula di Corso Matteotti, 5/h.Ricordiamo che vengono erogati corsi anche in modalità e-learning (FAD).

Tutti i prezzi indicati si intendono IVA [email protected] www.studioares.net.

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AresInforma Chi siamo

Fra i primi in Italia a progettare e realizzare sistemi di gestione integrata, contribuiamo allo sviluppo sostenibile e al miglioramento delle condizioni di lavoro, supportando aziende ed enti pubblici nella gestione ed integrazione dei sistemi qualità, ambiente e sicurezza sul lavoro. Il nostro approccio nasce dall’esperienza pluriennale di professionisti del settore.Un risultato garantito dalla certificazione della nostra società in accordo con la norma ISO 9001.

SEDE DI LECCOvia Palestro, 16 - 23900 Leccotel. 0341 283999fax 0341 272359 email [email protected]

SEDE DI BERGAMOvia Baertsch, 4 - 24124 Bergamotel. 035 363319email [email protected]

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