ARCHIVISTICA MONASTICA ED ILLUMINISMO GIURIDICO...

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1 ARCHIVISTICA MONASTICA ED ILLUMINISMO GIURIDICO: ORDINAMENTI SETTECENTESCHI E STORIOGRAFIA IN AREA VENETA Massimo Scandola ABSTRACT: Questa ricerca si propone di indagare le modalità di ordinamento archivistico scelte dell‟ente produttore (monastero benedettino) nel Settecento veneto. Partendo dallo studio dei monasteri siti in Venezia si allarga l‟indagine a Padova, Vicenza, Verona, Treviso, Belluno, Rovigo. Lo scopo è quello di individuare nel catastico e nella sua struttura il mezzo di reperimento delle fonti documentarie costituito nel Settecento, per ordinare le carte proprie prodotte dalle istituzioni monastiche nel corso della loro storia. Lo scopo di questo lavoro è superare la considerazione di “indici antiquati” che spesso la storiografia novecentesca ha attribuito a questa fonte. Per compiere questa indagine verranno utilizzate due metodologie intersecate. La prima, una metodologia diacronica, vorrebbe prendere in esame l‟insieme dei mezzi di corredo utilizzati dal medesimo cenobio nella sua storia archivistica e l‟evoluzione di questi. La seconda, una metodologia sincronica, considera l‟insieme dei catastici realizzati nel Settecento cercando di osservare uniformità o differenze delle scelte archivistiche operate, ricordando che si tratta di istituzioni, che malgrado abbiano appartenenze a famiglie differenziate (cassinesi, camaldolesi e olivetani), sono inserite in un medesimo quadro di riferimento sia giuridico-istituzionale (la Repubblica di Venezia e i suoi ordinamenti consuetudinari) che storico-ecclesiastico (la Regola benedettina, con la sua tradizione). Verranno inoltre indagati i motivi che hanno portato alla redazione di tali strumenti di corredo. Si collegherà l‟origine all‟esperienza di forte erudizione che visse la Congregazione benedettina nel Settecento (ricordando l‟opera storiografica e diplomatistica preziosa dei maurini francesi) e alla trasmissione di tale erudizione dall‟area francese alle abbazie site nella Repubblica veneta. Tale strumento verrà studiato in relazione alla giurisprudenza pontificia in materia di archivi. Gli esiti della redazione di questo mezzo di corredo, il catastico di ogni singolo monastero, verrà confrontata con le prime opere di storiografia pubblica ecclesiastica realizzate nella Repubblica di Venezia, durante tutto il XVIII secolo. In particolare sarà dato spazio a due interessanti storiografi, il senatore Flaminio Corner e il cardinale Angelo Maria Querini, e si confronterà la reciproca validità storica sia del catastico che delle opere storiografiche. Infine sarà dato spazio alle figure dei catasticatori (membri del cenobio, causidici e notai di “fede pubblica”) che in piena età di Illuminismo giuridico redassero tali fonti trasmettendo nei formulari i caratteri tipici dell‟arte forense e le strutture del formulario del diritto civile. Si cercherà anche di collegare l‟esperienza dei catasticatori veneziani con l‟esperienza illuministica di altri riordinamenti avvenuti in area lombarda e milanese, per cercare di evidenziare affinità e differenze nell‟app licazione dei metodi archivistici e “tassonomici” del XVIII secolo. Il lavoro si prefigge uno scopo pienamente rivalutativo del mezzo di corredo coevo (catastico) ricollocandolo nella sua piena dignità archivistica e storica, ricollegandolo alla realtà cul turale dell‟erudizione benedettina, della nascente storiografia ecclesiastica in un preciso quadro istituzionale e storico-giuridico.

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ARCHIVISTICA MONASTICA ED ILLUMINISMO GIURIDICO:

ORDINAMENTI SETTECENTESCHI E STORIOGRAFIA

IN AREA VENETA

Massimo Scandola

ABSTRACT:

Questa ricerca si propone di indagare le modalità di ordinamento archivistico scelte dell‟ente

produttore (monastero benedettino) nel Settecento veneto. Partendo dallo studio dei monasteri

siti in Venezia si allarga l‟indagine a Padova, Vicenza, Verona, Treviso, Belluno, Rovigo. Lo

scopo è quello di individuare nel catastico e nella sua struttura il mezzo di reperimento delle fonti

documentarie costituito nel Settecento, per ordinare le carte proprie prodotte dalle istituzioni

monastiche nel corso della loro storia. Lo scopo di questo lavoro è superare la considerazione di

“indici antiquati” che spesso la storiografia novecentesca ha attribuito a questa fonte. Per

compiere questa indagine verranno utilizzate due metodologie intersecate. La prima, una

metodologia diacronica, vorrebbe prendere in esame l‟insieme dei mezzi di corredo utilizzati dal

medesimo cenobio nella sua storia archivistica e l‟evoluzione di questi. La seconda, una metodologia

sincronica, considera l‟insieme dei catastici realizzati nel Settecento cercando di osservare uniformità

o differenze delle scelte archivistiche operate, ricordando che si tratta di istituzioni, che malgrado

abbiano appartenenze a famiglie differenziate (cassinesi, camaldolesi e olivetani), sono inserite in

un medesimo quadro di riferimento sia giuridico-istituzionale (la Repubblica di Venezia e i suoi

ordinamenti consuetudinari) che storico-ecclesiastico (la Regola benedettina, con la sua

tradizione). Verranno inoltre indagati i motivi che hanno portato alla redazione di tali strumenti

di corredo. Si collegherà l‟origine all‟esperienza di forte erudizione che visse la Congregazione

benedettina nel Settecento (ricordando l‟opera storiografica e diplomatistica preziosa dei maurini

francesi) e alla trasmissione di tale erudizione dall‟area francese alle abbazie site nella Repubblica

veneta. Tale strumento verrà studiato in relazione alla giurisprudenza pontificia in materia di

archivi. Gli esiti della redazione di questo mezzo di corredo, il catastico di ogni singolo monastero,

verrà confrontata con le prime opere di storiografia pubblica ecclesiastica realizzate nella

Repubblica di Venezia, durante tutto il XVIII secolo. In particolare sarà dato spazio a due

interessanti storiografi, il senatore Flaminio Corner e il cardinale Angelo Maria Querini, e si

confronterà la reciproca validità storica sia del catastico che delle opere storiografiche. Infine sarà

dato spazio alle figure dei catasticatori (membri del cenobio, causidici e notai di “fede pubblica”)

che in piena età di Illuminismo giuridico redassero tali fonti trasmettendo nei formulari i caratteri

tipici dell‟arte forense e le strutture del formulario del diritto civile. Si cercherà anche di collegare

l‟esperienza dei catasticatori veneziani con l‟esperienza illuministica di altri riordinamenti avvenuti

in area lombarda e milanese, per cercare di evidenziare affinità e differenze nell‟applicazione dei

metodi archivistici e “tassonomici” del XVIII secolo. Il lavoro si prefigge uno scopo pienamente

rivalutativo del mezzo di corredo coevo (catastico) ricollocandolo nella sua piena dignità

archivistica e storica, ricollegandolo alla realtà culturale dell‟erudizione benedettina, della nascente

storiografia ecclesiastica in un preciso quadro istituzionale e storico-giuridico.

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PROGETTO DI RICERCA

1. IL CATASTICO: DALL‟INDIFFERENTISMO SEMANTICO AL SIGNIFICATO ARCHIVISTICO

Il progetto si prefigge lo scopo di delineare un quadro generale relativo alle caratteristiche dei

catastici degli archivi monastici di età veneziana situati nell‟area veneta della Repubblica1, così da

metterne in luce le modalità di formazione e di conservazione, fornendo tra l‟altro uno strumento

utile per l‟attività di ordinamento e inventariazione. Tale proponimento nasce dalla

consapevolezza di come l‟attività di ordinamento di una qualsiasi tipologia di archivio necessiti

della conoscenza delle dinamiche istituzionali che ne hanno determinato la nascita e ne hanno

definito i caratteri peculiari, in questo caso si tratta di delineare lo sviluppo di una storia

archivistica, quella specifica dei mezzi di corredo di una determinata realtà istituzionale.

È noto come l‟interesse per il recupero e la rivalutazione dei catastici degli archivi monastici sia un

fenomeno relativamente recente, dato che il riconoscimento del loro valore come fonte storica si

colloca nell‟ambito della generale trasformazione delle metodologie e degli obiettivi della

storiografia europea verificatasi a partire dalla prima metà del Novecento.

Questo studio avrebbe lo scopo di individuare le modalità (strumenti e mezzi di corredo) di cui le

istituzioni religiose si munirono (in questo caso gli “archivi monastici”), nella fase storica della

loro piena funzionalità e vitalità, per reperire con efficienza e funzionalità le proprie carte

prodotte. Non è dunque possibile condurre un‟indagine storico-archivistica, o un riordinamento,

se non sono valutati gli strumenti di corredo di cui l‟ente si fornì.

Nel Saggio di un dizionario del linguaggio archivistico veneziano, pubblicato in Venezia nel 1888, l‟allora

direttore del regio Archivio di Stato di quella città, Bartolomeo Cecchetti, così definiva il termine

catastico: “Inventario, e spesso quasi protocollo di scritture riguardanti i possessi di privati, ed

anche di tutti i documenti di un Ufficio o di un‟amministrazione, e, anticamente, degli averi e

degli aggravi del Governo (Provveditori sopra i beni inculti, e archivi dei Conventi)”.2

Nella incerta genericità di tale formulazione non è difficile scorgere l‟imbarazzo di un archivista

ottocentesco – dottissimo di storia veneziana – nell‟individuare in breve sintesi un genere di

documenti difficilmente inquadrabile, senza le opportune distinzioni e precisazioni, in

riconosciute categorie diplomatiche.

1 L‟Archivio di Stato di Venezia conserva fra i fondi delle Corporazioni religiose soppresse anche molti archivi monastici riguardanti il cremasco, il bergamasco, il bresciano, quell‟area che veniva chiamata la Lombardia veneta. A cui si aggiungono gli archivi dei monasteri nello Stato da Mar, cioè Capodistria, Zara, Spalato, Zante, Sono inoltre confluiti in AS di Venezia i fondi monastici stanziati fuori dalla Repubblica, a Ravenna, a Forlì, Gubbio, a Nonantola e nelle Isole Tremiti. 2 B. CECCHETTI, Saggio di un dizionario del linguaggio archivistico veneto, Venezia 1888, pp. 18-19. Sul Cecchetti si veda S. CARBONE, Bartolomeo Cecchetti e l’Archivio di Stato di Venezia, in “Rassegna degli Archivi di Stato”, 17, 1957, pp. 243-266, ripreso in gran parte da P. PRETO, Cecchetti, Bartolomeo, in Dizionario biografico degli Italiani, vol. 23, Roma 1979, pp. 227-230.

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Sono esclusi da queste considerazioni, i catastici compilati dagli uffici amministrativi e finanziari

della Repubblica di Venezia, certamente riconducibili al genere di elenchi e descrizioni (anche

cartografiche) di beni o di rendite, riscontrabili in molte magistrature quali i Provveditori sopra

beni inculti, i Provveditori sopra boschi, i Provveditori sopra beni comunali, i Provveditori sopra

feudi, gli stessi Dieci savi alle decime.3

L‟indagine dunque si concentrerà su quei voluminosi registri spesso in più tomi, definiti appunto

catastici, con i quali si aprono usualmente i fondi delle corporazioni religiose soppresse (enti ecclesiastici

regolari aboliti nella seconda metà del XVIII sec., e dai provvedimenti napoleonici). L‟interesse

verso questa fonte non è nuovo4, anche se manca un‟indagine complessiva ed organica sulla

valenza storica ed archivistica di tale fonte, inoltre le ricerche dirette allo studio delle corporazioni

hanno privilegiato gli aspetti diplomatistici e paleografici5. Allo scopo di tali ricerche gli studiosi

3 Il Cecchetti (Saggio, cit., p. 18) faceva cenno separatamente ai “catastici delle case”, del 1661-1712-1740 redatti per i Dieci savi alle decime dai parroci veneziani con gli addetti dell‟ufficio. Cfr. B. CANAL, Il Collegio, l’Ufficio e l’Archivio dei Dieci Savi alle Decime in Rialto, in “Nuovo Archivio Veneto”, Serie II, 16, 1908-1909, pp. 115-150 e 279-310 e, dello stesso, inventari nn. 118 e 119 manoscritti presso A. S. Venezia. 4 Per una prima indagine sugli inventari delle corporazioni religiose cfr. A. SCHIAVON, Gli archivi delle corporazioni religiose soppresse: ordinamenti e inventari nell’esperienza veneziana (secc. XIX-XX), in L’inventariazione archivistica. Aspetti, metodologie, problemi. Atti del seminario interregionale sull’inventariazione, Venezia, 15 febbraio 1992, Venezia 1992, pp. 11-19. Lo studio dell‟ordinamento degli archivi monastici di età veneziana, ed in particolare dei catastici, è stato oggetto di esigui lavori, molto pregevoli si sono rivelate le seguenti ricerche: F. CAVAZZANA ROMANELLI, Archivi monastici e Illuminismo: 'catastici' e ordinamenti settecenteschi in area veneziana, in Settecento monastico Italiano (Atti del I Convegno di studi storici sull'Italia Benedettina), Cesena 1990, pp. 599-626; edito pure in “Studi veneziani”, n. s. XX (1990), pp. 133-162; ID., Archivi monastici e archeologia urbana medievale, in coll. con M. Piana, in Venezia e l'archeologia. Un importante capitolo nella storia del gusto dell'antico e della cultura artistica veneziana (Atti del congresso internazionale, Venezia 1988), Roma 1990, pp. 276 -290; ID., Corporazioni religiose, in Archivio di Stato di Venezia, a cura di M. F. Tiepolo, in Guida generale degli Archivi di Stato italiani, IV, Roma 1994, pp. 1102-1114 (pp. 859-1148), in coll. con A. Schiavon; ID., Archivi di monasteri e conventi. L'età moderna, Treviso 1994 (“Itinerari tra le fonti. Quaderni. 7”, a cura di Comune di Treviso - Biblioteca comunale, Ministero per i beni culturali e ambientali - Archivio di Stato di Treviso); ID., Fondi monastici negli archivi veneti: i viaggi delle carte, in Il monachesimo nel Veneto medioevale (Atti del convegno di studi in occasione del millenario di fondazione dell’abbazia di S. Maria di Mogliano Veneto, Treviso, 30 novembre 1996), a cura di F. G. B. Trolese, Cesena 1988 (“Italia benedettina”. XVII), pp. 201-215; ID., L’archivio del monastero di Santa Maria di Mogliano e San Teonisto di Treviso, in Mogliano e il suo monastero. Mille anni di storia (Atti del convegno, Mogliano, 6-7 giugno 1997), a cura di Francesco G. B. Trolese, Cesena 2000 (“Italia Benedettina. Studi e documenti di storia monastica. 19”), pp. 173-193 (in coll. con E. Orlando); ID., Gli archivi dei monasteri benedettini del Veneto. Vicende dei fondi, concentrazioni e ordinamenti, in La memoria silenziosa. Formazione, tutela e status giuridico degli archivi monastici nei monumenti nazionali (Atti del Convegno Veroli, Abbazia di Casamari, 6-7 novembre 1998, Ferentino, Palazzo comunale, 8 novembre 1998), Roma 2000, pp. 70-85. Per un‟indagine più approfondita sulle tematiche generali dell‟archivistica ecclesiastica di area veneta si propone: M. F. TIEPOLO, Archivi ecclesiastici e di interesse ecclesiastico nell'Archivio di Stato di Venezia, in Archivi e chiesa locale. Studi e contributi, in Atti del corso di archivistica ecclesiastica, a cura di F. Cavazzana Romanelli e I. Ruol, Venezia 1993, pp. 235-253; ancora su questa tematica F. CAVAZZANA ROMANELLI, Archivistica ecclesiastica a Venezia. Dal corso agli atti, in Archivi e chiesa locale. Studi e contributi, a cura di F. Cavazzana Romanelli e I. Ruol (Atti del corso di archivistica ecclesiastica, Venezia, dicembre 1989 - marzo 1990, Curia patriarcale di Venezia, Studium cattolico veneziano, Regione Veneto - Assessorato all'istruzione e cultura), Venezia 1993, pp. 9-14 (e cocuratela del volume). All‟archivistica ecclesiastica di area veneziana sono dedicati della stessa studiosa i seguenti contributi: ID., Il progetto ARCA per gli archivi storici della Chiesa veneziana, in Archivi e chiesa locale. Studi e contributi, a cura di F. Cavazzana Romanelli, I. Ruol (Atti del corso di archivistica ecclesiastica, Venezia, dicembre 1989 - marzo 1990, Curia patriarcale di Venezia, Studium cattolico veneziano, Regione Veneto - Assessorato all'istruzione e cultura), Venezia 1993, pp. 23-28. 5 Interessano in grande prevalenza, ancorché non esclusivamente, gli archivi delle corporazioni religiose soppresse le iniziative intraprese da LUIGI LANFRANCHI a partire dal 1940 non solo sul piano dell‟ordinamento, ma pure su quello della regestazione, trascrizione ed edizione delle più antiche fonti archivistiche veneziane. Da segnalare il corpus del Codice diplomatico veneziano conservato presso l‟AS Venezia. Esso si compone di una serie di Regesti dei documenti dei secc. XI-XII disposti in successione cronologica (10 registri dattiloscritti con note originali presso il Museo Civico Correr di

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che hanno lavorato sugli archivi degli ordini religiosi hanno rilevato come i catastici o consimili

registri abbiano sovvenuto con le loro indicazioni alla ricerca di un atto nel fondo stesso, o ne

abbiano reso superfluo il rinvenimento offrendone copia integrale o circostanziati regesti e

transunti.

Sorti come frutto e resoconto di un‟operazione di ordinamento effettuata in un determinato

momento storico su di un fondo archivistico, i catastici ne costituiscono infatti un riscontro in

forma di inventario o di indice; inventario che tutt‟ora può risultare di notevole utilità specie

laddove non esistano strumenti di consultazione più aggiornati. Scomparsi per sempre gli armari,

le casse, le casselle, o i sacchi cui i catastici fanno riferimento nelle loro segnature – menzioni a loro

modo preziose di antichi arredi archivistici che ritornano presenti in tutta la loro materialità -, le

indicazioni circa la posizione dei documenti e soprattutto i loro rapporti entro l‟intera struttura

del fondo testimoniano, al di là delle successive vicende esterne delle carte, l‟esistenza di un

determinato atto in una certa data, costituendone spesso l‟unica traccia o tramandandone seppure

in copia l‟intero testo.6 Se si prescinde dall‟interesse strumentale e meramente pratico nei

confronti dei catastici, ridotti da tali consultazioni occasionali ad una sorta di indici antiquati e

imperfetti, ci si propone attraverso tale studio, di soffermare l‟attenzione non ai singoli registri ma

ad un insieme di caratteristiche che li accomunano, nei pur diversificati contesti dei fondi

monastici.

L‟esistenza della differenziazione non deve tuttavia far ritenere impossibile l‟elaborazione di un

discorso generale relativo alle modalità di formazione e ai caratteri peculiari di questa tipologia di

mezzi di corredo propri degli archivi monastici. Se è vero infatti che ogni archivio, rispecchiando

il modo in cui ciascun ente produttore “organizza la propria memoria”, è dotato di particolarità

specifiche derivanti appunto dalla storia del suo produttore, è anche vero che, all‟interno di un

ambito territoriale ristretto e caratterizzato da condizioni analoghe sia dal punto di vista

Venezia, copia presso l‟AS Venezia), di altra serie parallela di Trascrizioni dei documenti dei secc. XI-XII (32 registri dattiloscritti) corredati dalle Riproduzioni fotografiche dei secc. V-XII. Seguono i Regesti dei documenti del sec. XIII (inizialmente Corpus membranarum italicarum) distinti per fondi, per alcuni dei quali è stata effettuata anche la riproduzione fotografica. Sempre all‟opera e all‟impulso di Luigi Lanfranchi vanno riferite le principali edizioni organiche di fonti ecclesiastiche citate più oltre in bibliografia e rientranti quale Sezione seconda, Archivi ecclesiastici, nella collana “Fonti per la storia di Venezia” curata dal Comitato per la pubblicazione delle fonti relative alla storia veneta. Cfr. L. LANFRANCHI, Lavori e programmi per una pubblicazione delle carte veneziane anteriori al 1200, in “Archivio veneto”, s. VI, XXX (1942), pp. 246-252; ID., Lavori e studi per una raccolta di carte relative a Venezia anteriori al 1200, in “Ateneo veneto”, CXXXIII(1942), pp. 190-191. Su tali lavori esistono i seguenti studi G. BONFIGLIO DOSIO, Archivi ecclesiastici e centri di ricerche sociali nel Veneto, in “Archiva Ecclesiae”, XXIV-XXV (1981-1982), pp. 195-200, 214; ID., Luigi Lanfranchi. Cenni biografici e bibliografìa, in “Archivio veneto”, CXXVIII (1986), pp. 147-153. 6 Sulle dispersioni dei documenti in occasione delle indemani azioni napoleoniche in area veneta cfr. B. LANFRANCHI

STRINA, Documenti trascritti e perduti, in Flaminio Corner nel secondo centenario della sua morte. 1693-1778, in “Ateneo Veneto”, n. s., 5, 1980 (Atti del Seminario di studi, Venezia 1978, a c. di M. F. Tiepolo, P. Scarpa), pp. 69-75; L. LANFRANCHI, Per un codice diplomatico veneziano del secolo XIII, in Viridarium Floridum. Studi di storia veneta offerti dagli allievi di Paolo Sambin, a c. di M. C. Billanovich, M. Ferrari, G. Pozzi, Padova 1984, pp. 355-363

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ordinamentale che storico-culturale, le vicende di enti sorti con le stesse funzioni devono

necessariamente presentare numerose affinità.

Tali strumenti furono compilati in congiunture cronologiche significative e con caratteristiche

diplomatistiche ed impostazioni concettuali diverse. Si tratta di una fonte singolarmente ricca, per

la conoscenza, non tanto e non solo di un episodio di storia monastica, o di una biografia, bensì

di un momento culturale e di una temperie storiografica.

Su questa linea si tenterà di procedere per quanto riguarda i monasteri benedettini della

Repubblica di Venezia in età illuministica.

2. “METODOLOGIA DIACRONICA” E “METODOLOGIA SINCRONICA” : DAI LIBRI

INSTRUMENTORUM AGLI ANTIQUARIA MONIMENTA

Lo studio degli strumenti di corredo di cui si munirono gli enti nello svolgimento delle loro

funzioni (in questo caso i monasteri benedettini) in una circoscritta area ed in un ambiente socio-

culturale ed istituzionale condiviso (Venezia, ma anche le città dello Stato da Terra e dello Stato da

Mar , in cui sorgevano complessi benedettini antichi, quali l‟Abbazia di San Zeno, il Monastero di

Santa Giustina di Padova) ha lo scopo di comprendere l‟evoluzione che hanno assunto tali mezzi

di corredo nei secoli. Si opterà dunque per una metodologia diacronica, analizzando i vari strumenti di

cui il cenobio si munì, nelle differenziate epoche dell‟età moderna, tentando di osservare le

differenze fra mezzi pensati ed ideati in età della Controriforma, in età barocca e nel Settecento

all‟interno di una medesima istituzione. Saranno visionati così gli antenati dei catastici, che

possono considerarsi quegli elenchi di beni, i Libri instrumentorum, che fin dalla loro origine i

monaci curavano fossero compilati ed aggiornati al fine di censimento delle proprietà e delle

relative rendite7. Essi si configuravano più come cartularii, ossia come registri di copie di atti

rilevanti (privilegi, donazioni, acquisti, testamenti). In contemporanea si opterà anche per una

metodologia sincronica analizzando le modalità operative archivistiche scelte dai differenti istituti

nell‟area della Repubblica di Venezia nel medesimo momento storico-culturale (Settecento), allo

scopo di individuare elementi di omogeneità e di differenza nella scelta e nella gestione di un

ordinamento archivistico. Questo approccio è giustificato dalla volontà di mostrare i caratteri di

omogeneità o disomogeneità nelle scelte archivistiche presso enti che condividono la medesima

Regola e gli stessi statuti di vita consacrata.

7 Archivio di Stato di Venezia (d‟ora in poi AS.V) , S. Giorgio Maggiore, b. 1, Catastico B, presenta un registro trascritto in una tardo-gotica ed umanistica libraria, con finissima legatura in cuoio rosso, con raffigurazioni del santo cui il cenobio era intitolato. Nei registri del XV-XVI sec. sono accentuati prevalentemente i caratteri estetici, il senso del prestigio e del simbolismo araldico. Le stesse caratteristiche si riscontrano in ASV., S. Antonio abate di Torcello, b. 1 reg. 1; lo stesso in ASV, S. Servolo in Santa Maria dell’umiltà, b. 1, reg. 1 in cui il documento relativo

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Per questo motivo l‟attuale progetto si propone di prendere in esame i fondi monastici, indicando

le loro consistenze, conservati presso gli Archivi di Stato di Venezia, di Padova, di Vicenza, di

Verona di Rovigo e di Belluno, così esposti in un quadro riassuntivo:

- ARCHIVIO DI STATO DI VENEZIA : Gli archivi delle corporazioni religiose conservati

presso 1‟AS Venezia provengono in grande prevalenza dai fondi degli istituti religiosi

soppressi sia in epoca veneta che durante il regime napoleonico8. Fondi di monasteri

benedettini cassinesi e filiazioni: 35 archivi di monasteri benedettini cassinesi, 1 archivio di

monastero olivetano, 6 archivi di monasteri camaldolesi9. A cui si aggiunge l‟ipotesi di

consultare l‟archivio monastico dell‟attuale Monastero di San Lazzaro degli Armeni, della

8 I provvedimenti di soppressione messi in atto dalla Repubblica di Venezia nel quadro delle iniziative di regolamentazione delle istituzioni e del patrimonio ecclesiastico sono culminate nel decreto del senato del 7 sett. 1768. Di minore rilievo, sul piano della storia degli archivi, le soppressioni messe in atto a più riprese dalla Repubblica a partire dal 1656 per contribuire con i proventi ricavati dagli oneri della guerra contro l‟Impero Ottomano. Furono soppresse prevalentemente le congregazioni dei canonici di S. Giorgio in Alga, e di S. Gerolamo da Fiesole (i relativi fondi si conservano nel fondo Cancelleria della nunziatura veneta presso l‟Archivio Segreto Vaticano), ma non mancarono soppressioni anche presso case di altre congregazioni quali i camaldolesi (cfr. E. BOAGA, La soppressione innocenziana dei piccoli conventi in Italia, Roma 1971 e P. CENCI, L’archivio della cancelleria della Nunziatura veneta, in Miscellanea F. Ehrle, V, Roma 1924, pp. 273-330). La materia ecclesiastica era trattata nella Repubblica di Venezia da una specifica magistratura, i Provveditori sopra monasteri, istituiti il 17 sett. 1521 dal Consiglio dei Dieci per affiancare e moderare il patriarca nell‟opera di riforma degli istituti religiosi femminili (monasteri) della diocesi veneziana, con particolare riguardo all‟aspetto economico-finanziario. Estesero la competenza al controllo disciplinare ed contabile degli istituti maschili (conventi) e femminili di tutto lo Stato (13 mar. 1638, 12 e 18 febbr. 1639, 5 lu. 1642, senato), nel superiore interesse pubblico e per assicurare una corretta gestione del loro patrimonio, salvaguardarne i diritti, evitare il flusso di capitali fuori dai territori della repubblica. Esercitavano giurisdizione civile e penale, esclusa la pena di morte e il bando perpetuo. Nel 1768 (7 sett., senato) il magistrato fu integrato dall‟Aggiunto sopra monasteri dotato di competenze anche proprie, in ordine soprattutto alla regolazione della manomorta e alle conseguenti soppressioni di istituti monastici con pochi individui e privi di sufficienti mezzi di sussistenza. Le politiche ecclesiastiche veneziane comportarono la concentrazione degli archivi nel Palazzo delle Procuratie a S. Marco, presso l‟ufficio dell‟Aggiunto sopra monasteri ove se ne tentò, per la parte relativa a beni e rendite, una generale « catasticazione ». Non poche carte furono in quel frangente cedute agli acquirenti delle proprietà degli istituti religiosi indemaniati. Altre rimasero aggregate all‟archivio dell‟Aggiunto sopra monasteri assieme al quale confluirono presso la direzione dipartimentale del demanio a S. Provolo e quindi, negli anni fra il 1819 e il 1828, all‟Archivio generale veneto dei Frari. Quivi erano pervenute pure, nello stesso torno d‟anni, le carte dei monasteri e conventi che la legislazione napoleonica aveva provveduto a sua volta a sopprimere con i successivi decreti dell‟8 giu. 1805 (esteso alle province venete il 23 mar. 1806) e del 25 apr. 1810. Anche tali archivi erano stati concentrati inizialmente presso la sede veneziana della Direzione dipartimentale del Demanio, ove subirono un rilevante smembramento a seguito di talune prescrizioni della Direzione generale del Demanio (25 sett. 1807, 31 dic.. 1810 e 14 genn. 1813) circa l‟estrazione e la raccolta delle pergamene che avrebbero dovuto essere trasmesse a Milano all‟Archivio generale di S. Fedele. Si creò in tal modo una sorta di fondo diplomatico incompiuto, che tuttavia, per la caduta del regime napoleonico nel 1813, non giunse mai a lasciare Venezia e che pervenne pur esso nel 1819 ai Frari. Prima di tale data erano stati inoltre trasferiti alle direzioni demaniali dei diversi dipartimenti veneti i documenti relativi ai beni di monasteri e conventi veneziani in esse ubicati (con creazione di serie differenziate per i beni posseduti direttamente dalla Corona). Altri spostamenti di fondi di istituti religiosi, questa volta dalle province venete verso la sede veneziana della Direzione generale del Demanio, poi Ispettorato generale di Finanza e Demanio, erano stati effettuati sempre nell‟intento di organizzare la vendita delle relative proprietà. Per uno studio delle politiche ecclesiastiche di età veneziana e napoleonica si vedano gli importanti gli studi di F. AGOSTINI, Vita religiosa e cultura in Lombardia e nel Veneto nell'età napoleonica, (a cura di G. De Rosa e F. Agostini), Roma-Bari 1990; ID., L'area alto-adriatica dal riformismo veneziano all'età napoleonica, (a cura di), Venezia 1998. ID., Veneto, Istria e Dalmazia tra Sette e Ottocento. Aspetti economici, sociali ed ecclesiastici, Venezia 1999. Id., Istituzioni ecclesiastiche e potere politico in area veneta (1754-1866), Venezia 2001. 9 Si osservi L’Archivio di Stato di Venezia, III, Corporazioni religiose, in Guida agli Archivi di Stato, pp. 1102-1114.

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Congregazione mechitarista fondati dall‟abate armeno Mechitar a Costantinopoli ne 1707,

e stabilitisi a Venezia dal 1717.

- ARCHIVIO DI STATO DI PADOVA : Carte delle corporazioni religiose soppresse dalla

repubblica di Venezia nella seconda metà del sec. XVIII e di quelle soppresse nel periodo

napoleonico. Le prime provengono dall‟AS Venezia che le trasferì presso questo Archivio

di Stato nel 1962; sono in parte ancora da riordinare. Le corporazioni soppresse nel

periodo napoleonico furono consegnate dalla locale intendenza di finanza nel 1848 al

comune di Padova che le aggregò al proprio archivio e furono tutte inventariate10. Fondi di

monasteri benedettini e filiazioni : 36 archivi di monasteri benedettini, 1 archivio di monastero

olivetano.

- ARCHIVIO DI STATO DI VERONA : Sono pervenuti nell‟Archivio di Stato tre gruppi di

corporazioni, distinti in base alla data della loro soppressione, nella Repubblica di Venezia

prima e nel periodo napoleonico poi. Le soppressioni hanno riguardato diversi istituti; in

alcuni casi però successivi provvedimenti hanno colpito il medesimo istituto (ad esempio,

l‟abbazia di S. Zeno) smembrandone le carte che sono così giunte in Archivio in tempi

diversi o aggregate ad altri archivi - di solito opere pie – diversi da quello cui

originariamente appartenevano11. Fondi di monasteri benedettini : 8 archivi di monasteri

benedettini cassinesi, 3 archivi di monasteri camaldolesi, 2 archivi di monasteri olivetani12.

- ARCHIVIO DI STATO DI VICENZA: Si tratta degli archivi di enti religiosi soppressi dalla

repubblica di Venezia nella seconda metà del sec. XVIII e dalla autorità napoleonica con

decreti 28 lu. 1806 e 25 apr. 181013. Fondi di monasteri benedettini : 3 archivi di monasteri

benedettini cassinesi, 1 monastero camaldolese.

- ARCHIVIO DI STATO DI TREVISO : La documentazione si riferisce per lo più agli enti

religiosi soppressi sotto il regime napoleonico; in qualche caso gli atti concernono

corporazioni soppresse in precedenza dalla repubblica di Venezia14. Fondi di monasteri

benedettini : 8 archivi di monasteri benedettini cassinesi, 3 archivi di monasteri camaldolesi.

- ARCHIVIO DI STATO DI ROVIGO: Si tratta di una minima parte degli archivi delle

soppresse corporazioni religiose, la maggior parte dei quali si trova ancor oggi presso la

locale accademia dei Concordi, ove furono concentrati dall‟amministrazione finanziaria

10 Si osservi L’Archivio di Stato di Padova, III, Corporazioni religiose, in Guida generale agli Archivi di Stato, pp. 261-269. 11 In questi casi si è preferito, nella descrizione nella Guida riunire idealmente i diversi spezzoni smembrati del medesimo archivio - pur avvertendo della loro attuale diversa collocazione materiale - così da valutare tutta la documentazione che riguarda una medesima corporazione. 12 Si osservi L’Archivio di Stato di Verona, III, Corporazioni religiose, in Guida generale agli Archivi di Stato, pp. 1302-1313. 13 Si osservi L’Archivio di Stato di Vicenza, III, Corporazioni religiose, in Guida generale agli Archivi di Stato, pp. 1355-1368. 14 Si osservi L’Archivio di Stato di Treviso, III, Corporazioni religiose, in Guida generale agli Archivi di Stato, pp. 751-758.

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austriaca nel 186215. Le scritture qui conservate provengono dall‟AS Venezia, ove erano

confluite in seguito alle soppressioni effettuate dalla repubblica tra il 1767 e il 1770. Fondi

di monasteri benedettini : 3 archivi di monasteri olivetani. Si propone anche di prendere

visione, tramite la Sovrintendenza archivistica della Regione Veneto, dell‟archivio

conservato presso il Monastero di Santa Maria dell‟Oliveto, tutt‟ora vigente, per la

consultazione dei suoi fondi.

I catastici rispondevano anche alle esigenze di praticità amministrativa che presiedevano a tali

compilazioni . Si osserva la loro suddivisione in rubriche topografiche relative alle zone di

ubicazione del bene che era proprietà del cenobio; tale suddivisione sarà mantenuta nello

svilupparsi successivo di questi elenchi – a volte poco più che consistenti in una striscia di rotolo

di pergamena – in registri di grande formato, spesso intestati ognuno ad una singola località.

Preme segnalare la precoce specularità che si viene a creare in molti primitivi catastici fra

l‟elencazione dei beni e l‟elencazione dei titoli di prova del possesso di quegli stessi da parte del

monastero. Nei secoli XVI - XVII i catastici avevano uno scopo manieristico e di gloriosa

esposizione di natura agiografica16 e spesso artistica, di raffigurazione di eventi mondani,

riprendendo i motivi e i motti delle arme di badesse e dei superiori religiosi17.

Nel secolo XVIII, tale mezzo di corredo evolve la sua funzione delineandosi chiaramente come

fondamentale strumento documentario dotato di caratteristiche giuridico-amministrative. Alla

base dei progetti della costituzione di tali mezzi di corredo, e delle opere documentarie del XVIII

secolo stava la rinnovata attenzione ai documenti d‟archivio, in particolare di quelli ecclesiastici.

Non pochi caratteri avvicinano i nostri catastici alle opere di storia ecclesiastica del tempo. Si nota

l‟elemento della monumentalità, per mole dei registri, spesso in diversi volumi di formato assai

grande, si osserva la raffinatezza delle legature, dei frontespizi, delle rubriche e delle miniature.

15 Si osservi L’Archivio di Stato di Rovigo, III, Corporazioni religiose, in Guida generale agli Archivi di Stato, pp. 1295-1297. I fondi monastici dell‟AS di Rovigo sono assai poco conosciuti per una bibliografia si propone A. M. ROSSI, Documenti vangadizzesi presso l’Archivio di Sfato di Rovigo, in Miscellanea di studi su Badia Polesine e il suo territorio, s. IV, Badia Polesine 1971, pp. 42-44; A. MAZZETTI, Le raccolte bibliografiche dei Concordi, in L’Accademia dei Concordi di Rovigo, Vicenza 1972, pp. 121 SS.; A. M. ROSSI, Nuovi documenti vangadizzesi dell’Archivio di Sfato di Rovigo, in Atti e memorie del sodalizio vangadiciense, I (1972- 1973), pp. 65-76; A. MONTACCIANI , Una pagina di storia religiosa di Rovigo. Il convento domenicano scomparso e la chiesa vescovile di S. Domenico, Rovigo 1974; ID., Il monastero di S. Bartolomeo di Rovigo, ivi 979. 16 Si vedano le cronache annalistiche di F. SANSOVINO, Venetia città nobilissima et singolare, descritta in XIII libri, Venetia MDLXXXI, sempre di F. Sansovino ricordiamo anche Delle cose notabili che sono in Venetia, Venetia 1561. Trattazioni e tema d‟obbligo sembrano essere le origini delle città (Antenore a Padova), le vicende del santo protettore, i fondatori degli antichi monasteri, notizie di toponomastica urbana e rurale in terraferma, lagunare a Venezia, elenchi di reliquie, non mancano le narrazioni dei ritrovamenti miracolosi (san Luca per l‟Abazia di Santa Giustina a Padova) con la translatio e la rinventio del corpo del santo su cui poggia l‟identità stessa della città (si pensi al “culto marciano” a Venezia), o del cenobio. 17 F. CAVAZZANA ROMANELLI, Archivi monastici e Illuminismo, cit., p. 139: “[Il catastico] Dedicato alla badessa suor Scolastica Basadonna la cui arme decora il piatto anteriore del registro, esso fu composto nel 1543 dal confessore del monastero fra‟ Gerolamo Maria Graziosi della Congregazione di San Salvador, che volle celare la propria identità dietro lo stemma e le iniziali incise, in gioco di simmetria, con quelle della badessa, sul piatto posteriore del volume” .

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Esemplificando solo nella stessa Venezia in successione cronologica si hanno quelli di San Matteo

di Mozzarbo (1681), di Santa Croce della Giudecca (1682), di San Lorenzo (1685), e dei Santi

Marco e Andrea di Murano (1695). La frequenza si intensifica ulteriormente col nuovo secolo,

per il quale si ricordano i catastici dei monasteri di Ognissanti a Dorsoduro (1705), di Santa

Caterina di Mozzorbo (1722), San Nicolò di Lido (1726), San Giorgio Maggiore (1729), Santi

Cosma e Damiano alla Giudecca (1736), San Gregorio (1760), Santi Vito e Modesto di Murano

(1768) per concludere con San Zaccaria (1800)18.

Per quanto concerne l‟ archivistica monastica in Padova, risultano casi esemplari di studio i

catastici dei seguenti monasteri: Santa Giustina di Padova (1710-1763) l‟opera di ordinamento fu

svolta in due momenti e durò un cinquantennio, segue San Pietro Apostolo (1720), Sant‟Anna

(1761), Santa Maria della Misericordia (1764), Santa Maria di Praglia (1795). In particolare il

Monastero di Santa Giustina era stato annoverato quale luogo di conservazione della

documentazione riguardante la vita della Congregazione cassinese (v. Regula santissimi patris

Benedicti, Florentiae 1520, cc. 35r. -36r.).

Per quanto concerne l‟archivistica a Verona, risultano casi esemplari di studio i catastici di Zeno

Maggiore (1710), S.S. Nazaro e Celso (1728), Santa Caterina Martire (1752-1772), Santa

Margherita in Campagna (1763).

La monumentalità sta anche nella loro impostazione strutturale: ordine e simmetria di nitidi

edifici, che si articolano in aree, pieni e locali, tale è l‟ordine dei catastici settecenteschi che

rispecchiano l‟ordine riportato in tutto l‟archivio, proposto in serrate scansioni di materie e

fascicoli. Dai rinnovati registri, grazie alle possibilità combinatorie consentite dalla loro

impostazione, prendono origine serie di registri che riassorbono tracce documentarie di

monasteri in antico scomparsi, soppressi o aggregati. Si riscontrano anche compilazioni che non

sono inventari d‟archivio, bensì registri ricognitivi di assi di proprietà, di mansionarie, raccolte di

mappe di beni fondiari19. Collegati ai catastici ed ai documenti originali da rinvii e segnature, essi ne

costituiscono una sorta di appendici esplicative in forma di prontuari d‟uso.

3. ERUDIZIONE MONASTICA, STORIOGRAFIA E GIURISPRUDENZA PONTIFICIA. LE RADICI

CULTURALI DEI CATASTICI

I motivi di tale evoluzione sono strettamente collegati alla mutata “sensibilità storica”. Nel

mondo ideale, di cui vive il monachesimo del XVIII secolo, confluiscono vari filoni: quello

umanistico rinascimentale, quello controriformistico, quello del Settecento riformista, con i suoi

ideali di rinnovamento sociale e morale. Gli ambienti monastici vengono a trovarsi in un mondo

18 F. CAVAZZANA ROMANELLI, Archivi monastici e Illuminismo, cit., p. 148-150. 19 Quanto ai catastici più propriamente cartografici (le platee dei decreti pontifici), essi appaiono anticipare anche nel linguaggio grafico adottato, le future rilevazioni del catasto napoleonico.

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in cui la mistica e la spiritualità sono sostituiti dallo studio della teologia, della filosofia e della

scienza. Nel Settecento l‟impulso tridentino è ormai esaurito, il giansenismo entra a contatto con

gli ambienti benedettini francesi e poi italiani. Il razionalismo elabora una sua nuova visione della

storia e della società: nuovi studi integrano la formazione dei monaci, accanto agli insegnamenti

tipici della Scolastica filosofica, si organizzano studi di patristica, filologia, logica e matematica

‟erudizione monastica, che già in ambito francese aveva portato dom Jean Mabillon20 a scrivere,

prima il De Re diplomatica, e a seguito delle spinte di riforma stessa del cursus studiorum dei novizi e

dei monaci, ad elaborare il Tractatus de studiis monasticis (1691)21.

Il quadro presentato dal monachesimo è ancora comprensivo di tutte le sue famiglie ed

istituzioni, giunte in vita fino all‟età della Rivoluzione francese, come i Celestini, i Cistercensi e i

Foglianti22, ma in ambito veneto la maggioranza dei monasteri appartiene alla congregazione

cassinese, olivetana e camaldolese. Studi accurati e penetranti hanno anche di recente ripreso in

considerazione i modi in cui la cultura dell‟età dei Lumi e in particolare quella dell‟erudizione

ecclesiastica si andassero sviluppando sia a Venezia che nell‟intera Repubblica23. La grande

lezione preparata dai Bollandisti e dalla Congregazione di San Mauro e ripresa da Ludovico A.

Muratori e Scipione Maffei aveva trovato applicazione e sviluppo nelle Ecclesiae Venetae et

Torcellanae, opera del senatore Flaminio Corner24, per continuare tra gli anni ‟50 e ‟70 del secolo

20 Sulla vita e l‟erudizione di dom Jean Mabillon (1632-1707) esistono interessanti ed approfonditi lavori di O. HURIEL, Erudition et commerce épistolaire. Jean Mabillon et la tradition monastique, Paris, 2003, p. 688 ; ID. Une source pour l’histoire politique et culturelle de la France et de l’Europe occidentale aux XVIIe et XVIIIe siècles : la correspondance des bénédictins de la Congrégation de Saint-Maur, in « Revue d‟Histoire de l‟Eglise de France », 79, 1993, p. 139-144 ; ID., Les Bénédictins de Saint-Maur et l'histoire au XVIIe siècle, in « Littératures classiques », 30, 1997, p. 33-50. 21 Traité des Etudes monastique … par dom Jean Mabillon, Charle Robustel, Paris MDCXCI. Il testo modernizzato nell‟ortografia e preceduto da un‟ampia introduzione del curatore, è riedito in Dom Mabillon, Œuvres choisies, Édition établie par Odon Huriel, Robert Lafont, Paris 2007 pp. 381-625. Il Tractatus de studiis monasticis, fu edito anche nella Repubblica di Venezia, il dato certo è che nel 1770 si era già alla terza edizione. Inoltre l‟idea di rinnovamento degli studi monastici, ebbe eco profondo anche nella realtà benedettina italiana, in quanto nella attuale Biblioteca Civica di Verona, che conserva parte della biblioteca monastica dell‟Abbazia di San Zeno, è conservato il saggio di N. G. CEPPI, La scuola Mabilloniana nella quale di trattano quei studi che possono convenire agli ecclesiastici, Roma 1727. Per una presentazione descrittiva si veda J.-M. BASSE, Les études ecclesiastiques d’après la méthode de Mabillon, Paris 1900. 22 Per una visione generale del monachesimo italiano in questo periodo v. G. PENCO, Storia del monachesimo in Italia nell’epoca moderna, Roma 1968, pp. 117-158. 23 Sulla storia dell‟erudizione ecclesiastica nella Repubblica di Venezia esistono recenti studi di A. BARZAZI, Gli affanni dell’erudizione. Studi e organizzazione culturale degli ordini religiosi a Venezia tra Sei e Settecento, Venezia, Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, 2004; ID., Ordini religiosi e biblioteche a Venezia tra Cinque e Seicento, in «Annali dell'Istituto storico italo-germanico in Trento», XXI (1995), pp. 141-228; ID., Enciclopedismo e ordini religiosi tra Sei e Settecento: la Biblioteca Universale di Vincenzo Coronelli, in «Studi settecenteschi», 16 (1996), ID., L’enciclopedismo in Italia nel XVIII secolo, a cura di G. Abbattista, pp. 61-83; ID., Dallo scambio al commercio del libro. Case religiose e mercato librario a Venezia nel Settecento, in «Atti dell‟Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti», tomo CLVI (1997-98), Classe di scienze morali, lettere ed arti, pp. 1-45; ID., Una cultura per gli ordini religiosi: l’erudizione, in «Quaderni storici», 119 (2005), pp. 485-517. 24 Le opere di FLAMINIO CORNER (1693-1778) sono le seguenti Ecclesiae Venetae antiquis monumentis nunc etiam primum editis illustratae ac in decades distribuitae, I-XIV, Venetia 1749; Ecclesiae Torcellanae antiquis monumentis nunc etiam primum editis illustratae, I-III, Venezia 1749; Supplementa ad Ecclesias venetas et torcellanas, Venezia 1749; Notizie storiche sulle chiese di Venezia e di Torcello, Padova 1758. Alla sua opera fu dedicato il Seminario di studi indicato in nota 5, i cui Atti sono raccolti nel citato “Ateneo Veneto”, n.s., 18, 1980, pp. 9-121. Sull‟opera storiografica di Flaminio Corner esistono studi interessanti quali A. NIERO, L’erudizione storico-ecclesiastica, in Storia della cultura veneta, a cura di G. Arnaldi e M. Pastore Stocchi, Il Settecento, vol. 5, Vicenza 1986, pp. 97-121; ID., Validità delle Ecclesiae Venetae et Torcellane, in

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nei monumentali Annales Camaldulenses curati da Giambenedetto Mittarelli e Anselmo Costadoni.

Né si può tacere il progetto di storia monastica corredato da “ampla diplomatum et veterum

chartarum … mantissa” esposto nel 1717 da Angelo Maria Querini, storiografo ufficiale della

Congregazione Cassinese, nella dissertazione De Monastica Italiae historia conscribenda25.

Come leggere il crescere della storiografia ecclesiastica accanto alla costituzione e all‟addensarsi

progressivo di iniziative di ordinamento archivistico e soprattutto quale genesi cui ricondurle? Va

constato che non si è finora riscontrato una consecutiva consequenzialità cronologica fra la

normativa ecclesiastica in materia di archivi e le operazioni di ordinamento e riscontro effettuato.

Le disposizioni non erano mancate, divenendo, a partire dal Provida romani del 1587, sempre più

specifiche di indicazioni e vincolanti quanto ad osservanze e scadenze richieste26. I catastici,

almeno di area veneziana, non riportano le disposizioni pontificie nei loro diffusi proemi. Non

risulta nemmeno citata la stessa costituzione apostolica Maxima vigilantia del 172727, così

importante per denotare quanto sviluppata fosse l‟archivistica nella coscienza giuridica e storica

della Chiesa. Questo testo giurisprudenziale indica quanto alta fosse la considerazione verso gli

archivi e quanto fosse avanzata la riflessione teorica sull‟archivistica. La Sacra Rota aveva

giurisdizione sulla fede pubblica e sulla conservazione degli archivi pubblici ecclesiastici, ed

ammise anche l‟esistenza di “archivi privati”, che furono definiti tali in una serie di decisioni,

relative ai capitoli arcipretali di Saragozza (causa decisa il primo marzo 1630), a Terragona (16

febbraio 1674), ad Ancona (5 dicembre 1674), estesi poi agli archivi di ordini regolari, di

monasteri, di abbazie situate in Antichi Stati Italiani28, e nel Sacro Romano Impero29. In aggiunta

si deve ricordare che in uno stato quale quello veneziano erano presenti forti tradizioni anticuriali,

“Ateneo Veneto”, n. s., 18, 1980, pp. 11-38; M. F. TIEPOLO, Flaminio Corner e gli archivi veneziani, in “Ateneo Veneto”, n. s. 18, 1980, pp. 62-84. Per un profilo biografico si veda Corner, Flaminio, in Dizionario Biografico degli Italiani, pp. 193-195. Il Corner si avvicinò all‟archivistica ecclesiastica quando venne a Venezia il gesuita Francesco A. Zaccaria che gli comunicò l‟intenzione di scrivere una Storia ecclesiastica veneta chiedendogli collaborazione nella raccolta di materiale. Quando il gesuita rinunciò al lavoro egli decise di stendere personalmente l‟opera, iniziando subito ricerche negli archivi ecclesiastici della città. Ostilità e diffidenze di conventi gelosi delle loro storie, sospetti di privati, indifferenza di molti resero difficile il reperimento dei documenti. 25 Si può osservare una tendenza alla sostituzione dell‟iniziale impostazione annalistica con quella monografica, ossia basata sulle note storiche legate ai monasteri, assecondasse il ricorso, fra le altre fonti, agli archivi monastici. Sul passaggio dagli Annali benedettini d’Italia, prima formulazione del Querini al rinnovato Monasticon Italicum con i suoi accenti monografici si veda lo studio di P. SAMBIN, A. M. Querini. La biblioteca di Santa Giustina in Padova e il “Monasticon Italicum”, in “Atti e memorie dell‟Accademia patavina di scienze, lettere ed arti”, n.s., 75/3, 1962-1963, pp. 387-411. Si vedano in aggiunta T. LECISOTTI, “De monastica historia Italiae conscribenda” (Osservazioni e proposte), in “Benedectina”, 5, 1951, pp. 323-328. Inoltre si consulti M. DE CARO, Storia monastica e il metodo del Card. A. M. Querini, in “Rivista storica italiana”, 50, 1933, p. 93, si veda anche A. PRANDI, La storiografia ecclesiastica in Italia nell’età del Querini, a cura di G. Benzoni, M. Pegrari, Brescia 1982. 26 Cfr. Enchiridon archivorum ecclesiasticorum. Documenta potiora Sancte Sedis de archiviis ecclesiasticis a Concilio Tridentino usque ad nostros dies, a cura di Simeon Duca e p. Simeon a S. Familia o.c.d., Città del Vaticano 1966, pp. 11-18. 27 Il testo della costituzione Maxima vigilantia è riportato in Enchiridion, cit., pp. 104-116. 28

Sacrae Rotae Romanae decisione et Sommorum Pontificum constitutiones recentissime. Theatrum veritatis et justitiae Cardinalis De Luca, Venetiis 1707 29 Uno studio ampio sulla giurisprudenza archivistica è stato effettuato da E. LODOLINI, Giurisprudenza della Sacra Rota Romana in materia di archivi, in “Rassegna degli Archivi di Stato”, XLII, n. 1, gennaio aprile 1982, pp. 7-33.

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al punto da ritenere monasteri e chiese espressioni non minoritarie dell‟originaria ed autonoma

religiosità della Repubblica.

Il rapporto fra normativa ecclesiastica ed iniziative concretamente messe in atto per la tenuta

degli archivi monastici va ricercato nella ormai diffusa consapevolezza del significato delle fonti,

che già dalla fine del secolo precedente aveva spinto alla redazione di mezzi di corredo delle carte

di istituzioni religiose, confraternite laicali, luoghi pii e degli archivi delle stesse casate patrizie30. In

tale più dialettica concezione, che considera anche le norme giuridiche alle stregua delle altre e

molteplici risultanze di una fase di storia culturale, è interessante richiamare l‟espressione

contenuta nel secondo paragrafo della Maxima vigilantia, ove si danno le istruzioni affinché

“quoad fieri potest, structura et disposititio omniun archivorum sit uniformis”31. Su questa linea

di sistemazione razionale grande importanza riveste la Instructio Italica annessa alla Maxima

vigilantia, vero titolario tipo degli archivi ecclesiastici e modello ideale degli ordinamenti coevi32.

Col medesimo approccio di indagine siamo portati a leggere il rapporto fra le opere di storiografia

ecclesiastica, cui si faceva sopra cenno, e gli ordinamenti settecenteschi delle carte monastiche

rispecchiati e perfettamente compendiati dai nuovi catastici: si tratta non tanto e non solo di un

rapporto di derivazione delle prime dai secondi, bensì di parallele emergenze, seppure nelle loro

diverse finalità, di un condiviso e diffuso atteggiamento culturale.

La dipendenza di questi testi, quali le Ecclesiae Venetae di Corner, il De monastica Italiae historia di

Querini, dagli archivi ecclesiastici non è in discussione, è da verificarsi come punto cardine la

veritiera attendibilità storica di quanto riportato dalla storiografia ecclesiastica settecentesca con

quanto inserito nei catastici. Questo elemento non è stato ancora preso in considerazione né da

approfonditi studi archivistici, né da indagini storiografiche volte a confrontare la storiografia

ecclesiastica del Settecento con i catastici. L‟opera storiografica del senatore Flaminio Corner

derivò da numerose consultazioni spesso non senza difficoltà presso gli istituti monastici; non è

difficile notare inoltre come la stessa successione degli argomenti da lui toccati nel comporre la

storia delle singole chiese e monasteri (fondazione, privilegi, donazioni ed incrementi, reliquie,

ecc..)33 richiami da vicino quella delle “classi” in cui i catasticatori suddividevano le carte da

ordinare e che intestavano ognuna un capitolo del catastico.

Interesserà sottolineare come quei criteri di novità storiografica che facevano dichiarare con toni

muratoriani al senatore Flaminio Corner il suo intento di “rerum copiam tantam et tam variam e

30 Per uno studio sul rapporto fra ordinamenti a Venezia si veda M. F. TIEPOLO, Flaminio Corner , cit., p. 62 31 Enchiridion, cit., p. 106 32 Enchiridion, cit., p. 321-336 33 “… Quale ricchezza di dati, soprattutto per i monasteri e i conventi di Murano e di Burano, ravvisabili a prima vista nella serie lunghissima di documenti, inediti per quasi ogni ente ecclesiastico, per i quali lettere dell‟alfabeto si ripetono a doppia o triplice numerazione, mentre la descrizione delle chiese o dei monasteri adempie qui, meglio che per le Ecclesiae Venetae, solo la funzione di introduzione essenziale”, così NIERO, Validità, cit., p. 23.

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tenebris eruere, hac illac dispersam colligere”, sono gli stessi a muovere, con pari intensità e non

inferiore consapevolezza il lavoro dei catasticatori settecenteschi34.

4. ILLUMINISMO GIURIDICO: I “CATASTICATORI”

Il quadro di non latente giurisdizionalismo che caratterizza il Settecento veneziano, e che porterà

fra il 1767 e il 1773 alle soppressioni di enti religiosi, concorre a far venire meno il valore

giuridico delle carte d‟archivio, garanzia di privilegi, diritto e proprietà. Ma a questa valenza si

affiancavano con pari vigore e parità di importanza le ragioni della storia: non più solo la storia

fondata sulle “belle e utili antichità” dell‟oratoria tardo-rinascimentale; non più solo quelle di

un‟acritica érudition qui ramasse tendenzialmente controversistica e apologetica quale era invalsa nel

tardo Seicento, bensì quella storia che si può fondare con severo metodo critico, senza trascurare

alcuna testimonianza documentaria, anche la più modesta su documenti d‟archivio35. Questo

spiega il motivo per cui i catastici si aprono pressoché tutti con la narrazione della storia del

monastero. Il ricorso alle figure retoriche lascia il passo alle rigorose e distese compilazioni di

storia monastica: unite in una ideale raccolta avrebbero già da sé potuto dar vita ad un capitolo

veneto del Monasticon di Querini. Questa motivazione aiuta ad addentrarci di più nelle esigenze

della monumentalità di tali opere archivistiche, accanto agli stemmari, e agli alberi genealogici

delle badesse, delle camerlenghe e degli abati, troviamo tracce evidenti, chiare e volutamente

espresse dei contrassegni dell‟ordine archivistico, avvertendo in anteprima il moderno concetto di

vincolo archivistico. Frutto di questo ordinamento, se ad esso ci si atterrà scrupolosamente, è la

durevolezza nel tempo. In tali formulazioni di intenti e di echi si scorgono le avvisaglie di fiducia

nelle capacità dell‟esprit de système, osservando il carattere utopistico comune a tanti progetti dell‟età

illuministica. Senza pervenire agli esiti cui fa cenno il Casanova commentando gli ordinamenti

dell‟archivistica lombarda nel Settecento36, l’esprit de système influenza l‟archivistica veneziana

attenuando i rigori di una suddivisione per materie con l‟adozione, entro i fascicoli, della

successione cronologica.

Si propone di analizzare i legami che congiungono gli archivi monastici veneziani e i loro

ordinamenti settecenteschi alla cultura illuministica. Sono fondamentali quando si consideri chi

fossero le persone incaricate delle complesse e delicate operazioni di “catasticazione”. A partire

34 CORNER, Ecclesiae venetae, cit., I, p. III; cfr. NIERO, Validità, cit., pp. 15-16. 35 L‟espressione è ripresa con le suggestioni critiche dal saggio, PRANDI, La storiografia ecclesiastica, cit., p. 197. Il problema della rifondazione del metodo storico, propugnata in particolare dalla Congregazione benedettina di San Mauro, è in ricordata in O. HURIEL, Histoire de l'érudition mauriste et histoire de la congrégation de Saint-Maur: à propos de quelques ouvrages récents, in “Revue Mabillon”, 1994, vol. 5, pp.265-270 ; ID., L’historiographie de la Congrégation de Saint-Maur aux XIXe et XXe siècles : bilan et perspectives de recherche, in « Revue Mabillon », n.s., t. 13 (= 74), 2002, p. 7-23. 36 E. CASANOVA, Archivistica, Siena 1928, p. 386. Sulla teoria e l‟ordinamento dell‟Archivio di Stato di Milano e l‟ordinamento per materia negli altri AS italiani, si veda E. LODOLINI, Storia dell’archivistica italiana. Dal mondo antico alla metà del secolo XX, pp. 141-166, Milano 2007.

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dalla metà del Seicento operano presso i maggiori monasteri benedettini di Venezia figure e

professionalità provenienti dall‟ambiente giuridico - forense e notarile. A Venezia rappresentano

una eccezione alcuni catastici compilati da eruditi del cenobio, quali fra‟ Giovanni Domenico

Scolari e l‟abate Ludovico Nachi che redasse nel “Catastico Nachi” le carte del Monastero di San

Zaccaria (1800). È dunque la competenza e l‟esperienza dei notai e degli uomini di legge, “per

loro stessa professione portati a comprendere il valore degli atti, nel loro reciproco

collegamento”37 e non privi del forte senso della storia, a dare agli archivi monastici la fisionomia

che ancor oggi conservano. Dal punto di vista diplomatistico è possibile riscontrare l‟eco delle

arenghe del formulario notarile che si riscontra nei proemi ai catastici.

Nel 1682, per esempio, Raffaele Todeschini ebbe accesso all‟archivio di Santa Croce della

Giudecca, che descrisse in due tomi, Andrea Sandei fu invece il notaio che ebbe più contatti con i

benedettini cassinesi per i quali redasse fra il 1726 e il 1731, i catastici di San Giorgio e San Niccolò

di Lido e della cassa generale della Congregazione. Pratica di scritture, pratica del foro: resta da

chiederci in quale senso, queste che sono le ordinarie competenze richieste alla professione di

notaio, possano essere lette come tramite fra la cultura illuministica e la composizione degli

ordinamenti degli archivi monastici. In questo contesto le considerazioni sono specificatamente

collegate alla storia delle istituzioni veneziane. Il capitolo settecentesco della storia del diritto

veneziano, diritto consuetudinario e antiromanistico nella gerarchia delle sue fonti e

contemporaneamente sempre tendente al proprio consolidamento in ordinate compilazioni

normative che ne garantirono l‟applicabilità38. Il XVIII secolo fu quello in cui i tentativi volti a

pervenire ad una più generale codificazione furono più intensi e ripetuti. Sullo spoglio di estesi

archivi pubblici si era formata una tradizione di scuola giuridica, attraverso la trascrizione di leggi,

di atti amministrativi, nella individuazione di categorie cui ricondurre sincronicamente le norme

emanate nel tempo. È sul lavoro preparatorio e sullo scacco di una codificazione mai pervenuta

alla sua finale elaborazione (se non per il Codice feudale e il Codice della Veneta marina mercantile) che a

Venezia gli archivi, specie quelli dei tribunali e le “carte vecchie di palazzo”39 mantengono tutta la

loro importanza anche di fonte normativa, da cui deriva il moltiplicarsi indispensabile di repertori

37 CASANOVA, Archivistica, cit., p. 375. 38 Su questo vasto argomento esistono interessanti sintesi, G. ZORDAN, L’ordinamento giuridico veneziano. Lezioni di storia del diritto veneziano con una nota bibliografica, Padova 1980. Ulteriori titoli sono opera di Gaetano Cozzi, che trattò la peculiarità del diritto veneziano, in particolare, i saggi, La giustizia e la politica nella Repubblica di Venezia (secoli XV-XVII); La politica del diritto nella Repubblica di Venezia; Fortuna o sfortuna del diritto veneziano nel Settecento ; tutti ora reperibili nel volume dello stesso G. GOZZI, Repubblica di Venezia e stati italiani. Politica e giustizia dal secolo XVI al secolo XVIII, Torino 1982. Sul tema si veda anche E. GARINO, Il diritto civile, in Storia della cultura veneta, a cura di G. Arnaldi e M. Pastore Stocchi, vol. 5/II (Il Settecento), pp. 147-162. 39 CAVAZANNA ROMANELLI, Archivi monastici e Illuminismo, cit., p. 160.

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di leggi e terminazioni di uffici e magistrature, di sommari e indici di carte40. Di questo ambiente

professionale e di questa scuola di pratica forense, anche gli archivi dei monasteri nella loro

struttura e nel loro ordinamento sono il prodotto. E solo inserendo in tale particolare momento

storico-giuridico l‟operato di coloro che ordinarono i fondi ecclesiastici veneziani si può cogliere

appieno la peculiarità e lo spessore storiografico dei lavori di catasticazione.

Infine, dinanzi a tali considerazioni, sembra giustificato un approccio di studio pienamente

rivalutativo di tali fonti, non più da considerarsi “indici antiquati”, come spesso certa storiografia li

ha letti, ma al contrario vanno interpretati come fondamentali strumenti di corredo per

comprendere pienamente la storia archivistica di un insieme di istituzioni che condividevano

universi culturali, strutture organizzative e statuti simili. Inoltre tale studio propone di offrire una

piena dignità alle modalità di ordinamento archivistico operate quando l‟ente era nella sua piena

funzionalità allo scopo di reperire le proprie carte. Si tratta anche di comprendere come il

catasticatore ripercorreva egli stesso la sua storia (nel caso in cui fosse stato un monaco) o come

questa veniva percepita (nel caso in cui fosse stato un notaio o un causidico). Sarebbe anche

interessante continuare questo lavoro proponendo di confrontare l‟ordinamento delle carte

assunto a seguito di un riordino contemporaneo (intendo a partire dal XIX secolo, ossia da

quando le carte persero la loro valenza di prova giuridica, fino ad oggi) osservando come sia stato

rispettato l‟ordinamento proposto in età illuminista.

Riportare il catastico al contesto storico-culturale che lo ha prodotto significa ricollegarlo ad una

specifica erudizione monastica che nasce Oltralpe, e confrontarlo con le esigenze di una

storiografia con la quale si rapporta in modo dialettico nella ricerca di una reciproca validità

(diplomatistica e\o storica?). A questo scopo è indispensabile ogni riferimento alla giurisprudenza

archivistica e valutare come quest‟ultima fu assorbita nel contesto storico-istituzionale di chi ha

operato tali monumenta, un‟attività che si svolse fino all‟età della Prima dominazione austriaca, in

quanto l‟ultimo catastico fu redatto presso il Monastero di San Zaccaria da dom Ludovico Nachi,

nel 1800. Il nuovo secolo era ormai aperto.

5. MODALITÀ OPERATIVE E IPOTESI DI STRUTTURA

Come schema operativo proporrei come struttura di lavoro di dividere la tesi in tre grandi

capitoli:

- 1. Catastici ed ordinamento archivistico benedettino i area veneta. Introduzione al concetto di

archivio negli statuti delle Congregazioni benedettine (in particolare i cassinesi), la Maxima

40 Così si esprime assai lucidamente, GARINO, Il diritto civile, cit., p. 158: “Conservazione e certificazione. Essenziali d‟un lato il lavoro di catalogazione delle leggi, dall‟altro gli archivi e sopra a tutti, quello denominato delle Scritture Vecchie. Questo, vero contenitore della memoria storica della giurisprudenza veneziana […], costituisce un sicuro confortante ancoraggio”.

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vigilantia con l‟ Instructio italica. Tale parte si costituirebbe di due grandi sottocapitoli: il primo,

“Catastici veneziani. Archivistica monastica a Venezia”; il secondo “Catastici di Terraferma.

Archivistica monastica a Padova e Verona”. A questa fase si riserva la chiave comparata dello

studio dei diversi monumenta, valutando l‟evoluzione dello strumento dalla fine del „600 alla fine

del „700 su un campione che può variare da 20 a 30 istituzioni monastiche.

- 2. Archivistica ed erudizione ecclesiastica. Questa parte sarebbe riservata al rapporto e al

confronto fra la compilazione delle opere storiografiche (Corner e le sue Ecclesiae Venetae et

Torcellanae, gli Annales camaldulenses di Mittarelli e Cotastodi, il Monasticon di Querini) e la

realizzazione dei catastici. In questo contesto si situano gli stretti legami con l‟erudizione

benedettina francese. Rilevando proprio nell‟opera del Corner le affinità fra le due operazioni

consimili, quella della scrittura storiografica e la parte dell‟ordinamento archivistico.

- 3. Illuminismo giuridico e catasticatori. Questa parte sarebbe dedicata alla contestualizzazione

della realizzazione dei catastici nel clima di forte codificazione del diritto veneziano nel Settecento,

dando spazio al ruolo del notariato. E in questa ultima parte verrebbe offerto lo spazio alle figure

dei catasticatori (abate Ludovico Nachi, e i notai, fra tutti Andrea Sandei).

Appendice documentaria: trascrizione dei Proemi che introducono i catastici.

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FONTI ARCHIVISTICHE

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