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Archivio Dina Vallino Pubblicazioni Comunicazione primitive e proto-funzione alfa del neonato Dina Vallino ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– Per citare questo scritto: VALLINO D., “Comunicazione primitive e proto-funzione alfa del neonato”. In Pensare per immagini , a cura di Anna Ferrutta, 93-105. Roma: Borla 2005. h"p://associazionedinavallino.it/wp-content/uploads/2017/06/com-pri.pdf ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– Archivio | Associazione Scien,fico Culturale Dina Vallino [email protected] Via Antonio Kramer, 18 | 20129, Milano (MI) | Italia Tel. +39 02.76003736 | C.F. 97736670155 [email protected] | www.associazionedinavallino.it

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Archivio Dina Vallino Pubblicazioni

Comunicazione primitive e proto-funzione alfa del neonatoDina Vallino

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Per citare questo scritto:

VALLINO D., “Comunicazione primitive e proto-funzione alfa del neonato”. In Pensare per immagini, a cura di Anna Ferrutta, 93-105. Roma: Borla 2005.

h"p://associazionedinavallino.it/wp-content/uploads/2017/06/com-pri.pdf

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Dina VallinoComunicazioni primitive

e proto-funzione alfa del neonato

Il titolo di questo lavoro sintetizza una problematica di cui, in di-verse occasioni, mi sono occupata: come si presenta l'intergioco trale evidenti capacità di comunicazione e le possibilità di rappresen-tazione del neonato? Sono partita dall'ipotesi che, con l'ausilio diun modello del funzionamento del pensiero, si possa intuire che co-sa ilneonato sta vivendo quando comunica con la madre o il padrecon i suoi versetti, mugolii, gemiti, catene di fonemi, piccoli gesti oanche silenzio. Ho cercato di integrare il modello di Bion, per la"parte che riguarda la sua teoria del pensiero, con dati osservativi ri-levati dall'Infant Observation (Vallino 1981, 1996, 1999,2002, 2004a,2004b). ,La sorprendente capacità del neonato di comunicare in modo primi-tivo ciò che ha in mente e di ottenere risposte dalla madre (o dal-l'ambiente di cura) ci introduce nel pieno del tema «della raffigura-bilità psichica» o «dell'immagine psichica» o della capacità di rap-presentazione, sin dall'inizio della vita neonatale. Intendo per «co-municazione primitiva» quell' espressione di stati mentali del neona-to che, se vengono capiti dalla madre, conducono a un cambiamentodi stato mentale del bambino. La madre gli consente di vivere e direalizzare ciò che egli da solo non può compiere, ma che è nel suodesiderio e nella sua mente.

Angoscia e preconcezione del neonato: Eva

Eva, nata col taglio cesareo si direbbe senza problemi e sofferenzeeccessive, piange tutta la notte nella nursery, finché all'alba, stancheo impietosite, le infermiere la portano alla madre. Appena è in con-tatto col suo corpo cessa di piangere. Lo stesso la notte dopo.Non siamo sempre disposti a interrogarci sui «pianti nella nursery» ,convinti, da adulti «civilizzati» , che siano inevitabili. Ma qualchecongettura è possibile su questo pianto. Non è il trauma della nasci-ta. Un sotterraneo filone di pensiero che va da Ferenczi (1913, 46) aWinnicott (1965, 57-76) a Bick (1968) ci permette di dire che Evaprova per ore una angoscia intensa e continua, un vivo allarme, ilsenso che le manca qualcosa senza cui si sente morire.Mi rendo conto che possiamo solo vagamente intuire il contenutodel vissuto neonatale, tuttavia possiamo avanzare qualche congettu-

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ra: si può trattare di angoscia di separazione, oppure esprimendociun po' diversamente come fa Bick (1968), si può dire che Eva è nella«frenetica ricerca del contenitore» , nella ricerca di qualcosa che le«faccia vivere l'esperienza di essere tenuta insieme-P'<Che Eva non sappia che cosa le manca? Forse, tuttavia possiamosupporre che ella, prima di cadere nel buio della disperazione, abbiaavuto la preconcezione (Bion) di ciò che le manca, un senso vagotattile e sonoro del LUOGOOriginario in cui era: la placenta',La neonata non ha più la conoscenza sensibile di ciò cui era abitua-ta, ma forse, in base all'operare della memoria implicita, ha il senti-mento di un oggetto mancante nell'attualità.La buia sfera animata, l'ombra tattile premente e avvolgente potreb-be già considerarsi una primordiale rappresentazione mentale dolo-rosa di un oggetto mancante.Questa del LUOGO Originario non sarebbe dunque una preconce-zione innata, ma, derivando dall'esperienza intrauterina, sarebbeuna prima rappresentazione tattile sonora' e cenestesica che si im-pone all'io data l'esperienza di perdita. Un'immagine connessa a sen-timenti negativi e quindi costituita da elementi ~.Il primo Luogo Immaginario si può congetturare come l'immagineche il neonato mantiene della sua condizione di feto, quando vivevain utero, nella sua «buia» e forse anche vagamente illuminata «sferaanimata» , dove percepiva, suoni, urti, pressioni e così via provenien-ti da un ALTROVEa lui inscindibilmente unito.I dati offerti dalla Infant Research (Schaffer,1974; Bruner, 1977;Meltzoff e Borton, 1979) sulle capacità notevoli di apprendimentodel neonato nel primo mese mi confermano nell'attribuire ad Evauna capacità rappresentativa, per quanto sommaria, sulla base didati percettivi acquisiti nel passato. Mi riferisco all'ipotetico breveintervallo di tempo in cui Eva avverte la crescente angoscia per laperdita del suo mondo e che precede il suo cadere nella disperazioneo terrore senza nome (Bion). Stato mentale che potremmo forse de-

1 Lussana sottolinea come Bick «riconosce essenzialmente due metodi usati dall' infanteper tenersi insieme nei primi quattro mesi» : «Servirsi dei due diti mediani come capez-zolo tenuto fermo in bocca è il primo; prestare ascolto al gentile continuo conversare dimamma con lui è l'altro altamente soddisfacente modo di sentirsi tenuto insieme» (Lus-sana. 2001, 19).1 Claudia Artoni Schlesinger ha mostrato nei suoi numerosi lavori sull'adozione (in pub-blicazione) che in molti bambini adottati si constata una straordinaria competenza acercare dei «contenitori» alternativi quando non è disponibile un'unica figura eli caregi-verol Secondo Hautrnann il pensiero di Bion è un modello illuminante per rappresentarel'evoluzione dalla mente fetale alla mente del lattante nel rapporto con la madre (Haut-mann. 2000).• Secondo S. Maiello l'udito, come modalità percettiva a distanza, può rappresentare unponte tra le percezioni tatti li fisiche e i primi momenti di attività protomentale fetale.L'ipotesi che Maiello ricava «dalle osservazioni cliniche e dalle osservazioni del neonatoè che la voce materna potrebbe rappresentare il primissimo oggetto 'non-me' già per ilbambino prenatale, fin dal momento del pieno sviluppo dell'udito (Maiello, 2003).

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finire «depressione primaria» e in cui le rappresentazioni svanisco-no sommerse dall'angoscia'.

Proto-funzione alfa del neonato e rèverìe della madre

La madre di Eva che si fa portare la neonata piangente dalla nurseryè in piena rèverie: lei sa di che cosa ha veramente bisogno la suabambina per uscire dalla sofferenza: del suo abbraccio. Funzione al-fa della madre come comprensione che il bisogno emotivo della suabimba è bisogno di leis.La prima mattina di vita extrauterina porta ad Eva la conoscenzasensibile e diretta della Potenza Ausiliatrice, che ha il potere di pla-care la sua angoscia di separazione'.La neonata, che nella notte aveva la sensazione di aver perso tutto,alla mattina d'improvviso trova ciò che cercava: una tenera esperien-za di amore fusionale.Eva non fa soltanto un'esperienza di essere amata, ma questa portacon sé anche un significato: ecco cosa cercava, ecco cosa le manca-va, di che cosa aveva bisogno. Un'idea nuova si aggiunge all'espe-rienza sensibile.Potremmo riconoscere ad Eva un vissuto complesso come il seguen-te: oltre ad amare quel corpo cui è unita nella, forse per lei, accecan-te luce dell'alba, Eva potrebbe avere il senso di un dejà vu, che quelcorpo è anche qualcos'altro che lei conosce da sempre. Ciò che Evaconosce si fonde con la memoria di ciò che conosceva bene e cheforse resterà attivo in senso inconscio (memoria implìcita)'.

Non possiamo certo attribuire al neonato quella complessa attivitàmentale che Bion definisce come funzione alfa", ma il bebè mostra

S Depressione primaria: Edward Bibring (1953) l'aveva ricollegata all'esperienza sconvol-gente della sensazione di impotenza vissuta dal neonato.6 Gina Ferrara Mori ritiene opportuno estendere' la metodologia dell'osservazione delneonato ad una Pre-lrr[ant observation allo scopo di evidenziare l'eunicìtà della maternitàinteriore» , che comporta per ogni madre rimaneggiamenti delle identificazioni e dei mo-delli di relazione con le figure genitoriali interne (2002, IO).7 Una dimensione della religione, come Freud ha ben mostrato, ha radici nell'impotenzae nella disperazione infantile. Un'altra più kantianamente ha radici nei «limiti della ra-gione", cioè nella negazione dell'Onnipotenza dell'adulto civilizzato.8 Mancia riferisce che la memoria implicita o non-dichiarativa «comprende la memoriaper le esperienze che caratterizzano le prime relazioni del bambino con l'ambiente in cuinasce e in particolare con la madre. Questo tipo di memoria può spingersi fino alla vitaprenatale in cui il feto vive una stretta relazione con la madre, con i suoi ritmi (cardiacoe respiratorio) e in particolare con la sua voce, che vengono a costituire un modello dicostanza, ritmicità e rnusicalità intorno al quale si organizzano le prime rappresentazio-ni del bambino alla nascita» (Mancia, 2003, 692).9 Bion definisce funzione alfa un'insieme complesso di attività mentali che esitano nelfar sì che la persona «capisce le sue vere esigenze» , .è consapevole di un bisogno di amo-re", «è consapevole della vita e di avere relazioni con oggetti che hanno vita» , «ha co-scienza di avere sentimenti- (Bion, I962b, 34-5).

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sin dall'inizio la sua umanità attraverso un certo spettro di espres-sioni facciali che includono disgusto, tristezza, gioia, paura e inte-resse ed è dunque per queste capacità che possiamo invece attribuir-gli una proto-funzione alfa. di cui espliciterò nel prosieguo altre ma-nifestazioni.Così possiamo intendere l'espressione del viso di Silia a 6 giorni.

Silia, 6 giorni

«Si sta svegliando» dice la mamma. Gli occhi sono chiusi, di tanto intanto muove piano le braccia che tiene piegate sullo stomaco e aprele mani. Il suo viso ha tratti molto armoniosi. lo e la mamma - scri-ve l'Osservatrice - stiamo un bel po' a guardarla. Adesso sembra ave-re gli occhi sernichiusi, li apre ogni tanto mentre piega la testa all'in-dietro. In questo movimento rallentato di aprire e chiudere gli occhie forse nello sguardo che sembra cercare qualcosa guardando versol'alto, mi sembra un po' disorientata, come di chi si sveglia e si trovain un luogo sconosciuto. La mamma la chiama piano e lei fa un leg-gero movimento con la testa verso di lei» .L'interpretazione dell'Osservatrice che vede la neonata disorientata«come si trovasse in un luogo sconosciuto» è un'esperienza comunea molti Osservatori.Sembra che un problema del neonato sia di accettare di essere unitoall'esterno con quel corpo cui era, da sempre, unito dall'interno. Eva,Silia, vedremo anche Luca, mostrano capacità di adattamento allamadre, di accettazione del nuovo, ma anche la madre si adatta a lo-ro. Avvieneuna reciproca accettazione.Numerosi neonati col loro comportamento manifestano analogiecon Eva, e le madri sovente si somigliano, anche quando la madre èinesperta e inizialmente non intuisce una «mente» nel bambino.

Luca, 1mese

È una madre spaventata quella di Luca nei primi giorni di ritorno acasa dall'Ospedale, durante la notte aveva chiamato la suocera perfarsi aiutare a calmare il bambino. Diceva: «non ha oltre il piantonessun mezzo per farsi capire, è un piccolo vegetale o forse è moltomisterioso per me».L'osservazione fu la seguente: «Da pochi giorni è cessato l'allatta-mento al seno. La madre gli offre il biberon. Il bambino dapprima siattacca avidamente alla bottiglia, poi la respinge e comincia a strilla-re con gli occhi chiusi; oppure, se la mamma gli toglie il biberon,apre gli occhi e comincia a strillare. E un pianto rabbioso e insisten-te. Trovo rilevante la tensione che si è creata. Quando cessa di pian-gere si addormenta. La madre non accetta, cerca di svegliarlo e luiriprende a strillare, sempre portandosi i pugnetti alle tempie con ve-

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ra disperazione. (A ~ c~o punto~uando la madre gli offre di nuovoil biberon, il bam'bTn.<tI:0respinge lasciando quaranta grammi di lat-te. Poco dopo fa un'arietta e piange, la madre commenta che lui ètragico, ogni piccola arietta è un dolore tremendo per lui. Lei èpreoccupata di come calmarlo. Dopo qualche minuto la madre se loporta vicino al petto, tenendolo per le spalle, con la faccia rivolta alsuo seno: il bambino non piange più e pian piano si addormenta re-clinando il capo a sinistra. La madre adesso è contenta, sorride e mispiega che questa è la posizione che lui aveva quando era dentro dilei: a cinque mesi di gestazione si era girato nell'utero e aveva presouna posizione trasversale con la testa verso destra. Quando è così di-sperato lei può calmarlo solo tenendolo in quella posizione» .A volte occorre tempo alla madre per mettersi in contatto con ilvis-suto del bambino. Un cambio di posizione permette al neonato diesaudire un desiderio fatto di «memoria prenatale» , come la madreinterpreta Io.Ho cercato sin qui di dar conto della formazione di rappresentazionidel neonato attraverso la memoria e il correlato di immagini, tattilicenestesiche sonore, che gli permette di ritrovare una continuità conla vita intrauterina che la madre gli restituisce con l'abbraccio, le cu-re materne primarie, la rèverie.È probabile che la capacità di rappresentazione per immagini visiverappresenti, per il neonato, una conquista evolutiva che avviene sul-la base di una capacità di mettere insieme rappresentazioni primor-diali basate sulle percezioni tattili e sonore.

Le ricerche dell'Infant Research, alla fine degli anni Settanta, eviden-ziano nei neonati la presenza di già sviluppate capacità percettive,che sono innate; valga per tutte l'innatismo della percezione intermo-dale! I. Come è noto, la prova sperimentale più significativa dell'esi-stenza di una percezione intermodale innata è l'esperimento di Melt-zoff e Borton del 1979 (anche se le prove sperimentali nel mondoumano non hanno la certezza delle prove sperimentali in Fisica)".

IO Secondo Imbasciati, che ha dedicato diversi volumi ai modelli di sviluppo della mente:«È dimostrato che a partire dal sesto mese di gestazione si può parlare di mente fetale:dunque di esperienza, percezione, apprendimento, elaborazione, comunicazione (gestan-te-feto). (Imbasciati, 1998, 70). 1mbasciati ritiene molto importante sviluppare una teo-ria del protomentale che consenta di dettagliare in termini esplicativi come l'organizza-zione inconscia di tracce menestiche influenzi la percezione e l'immaginazione e la pro-gressione simbolopoietica (Imbasciati, 2004, 351-372)11 Percezione intermodale: quella che caratterizza gli adulti e che la psicologia evolutivariteneva un tempo (Piaget) che il lattante potesse sviluppare soltanto dopo mesi, sulla ba-se di moltissime ripeute esperienze associative.12 Sintetizzando: bambini di tre settimane vengono bendati e gli si dà da succhiare per laprima volta una tettarella con protuberanze; poi la si pone accanto a una normale tetta-rella liscia e si sbendano i bambini; questi guardano più a lungo la tettarella appena suc-chiata. Dunque le protuberanze conosciute una sola volta col tatto vengono riconosciutecon la vista pur non essendo mai state viste prima! Per spiegare la capacità di percezioneintermodale innata è stato ipotizzato che essa si basi su una percezione di tipo amdale.

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Lampi di pensiero

Tutte le volte che la madre lo prende in braccio, indipendentementedal nutrìrlo, la madre fa «cose» con il neonato e per il neonato: lo sa-luta, lo bacia, lo porta alla finestra, gli canta le canzoncine, gli metteilborotalco, prepara da mangiare, ecc. L'agire della madre si traduceper il bambino in immagini visive che hanno funzioni diverse da lat-tante a lattante e vanno a costituire sia elementi per organizzare lefunzioni dell'Io (fare attenzione alla realtà e cogliere indizi e agire)sia a costituire elementi mitopoietici necessari per il Sogno e il Pen-siero Onirico della Veglia.Ci sono poi altre importanti novità. Mentre l'esperienza amorosadell'abbraccio materno mantiene nel neonato ancora un legame te-nue e sfuggente con i suoi lunghi passati nove mesi, la fame è nuova;il succhiare, i seni, il latte sono esperienze e oggetti assolutamentenuovi rispetto alla vita intrauterina; stimolano tutta la sua curiositàe nuove «immagini memorabili» , non più solo tattili e gustative, maanche visive.Col riflesso di suzione vi è la vaga preconcezione di ciò che manca.Qualcosa la cui forma è di stare nella bocca e che si può stringere. Inquesto caso avrebbe ragione Bion: la preconcezione è veramente in-nata. Come per Freud, l'istinto (di suzione) si accompagnerebbe nellamente a una pulsione: un bisogno più una rappresentazione mentale.La vaga idea, ilprotopensiero svanisce travolto dalla disperazione sequalcosa non arriva. Ma il gesto della madre di offrire il seno per-mette al bambino di fare una seconda esperienza amorosa profonda:succhiare il seno-corpo materno. Anche qui si produce una scoperta:ecco, nella fame, di che cosa ha veramente bisogno. La Potenza Au-siliatrice si è presentata in un'altra delle sue impressionanti presta-zioni.Che accadrà le volte successive in cui il neonato avrà fame? La dispe-razione avrà il sopravvento sulla sua potenzialità rappresentativa?Uno stralcio di osservazione di una bambina di 17 giorni fa intuirel'importanza dell'immagine visiva nel sostenere il «lampo di pensie-ro» della neonata.«Bianca sembra sempre più a disagio e la madre, seduta sul divano,decide di allattarla, si slaccia la camicia ed accenna ad estrarre il se-no. La bambina apre la bocca e si placa profondamente già alcuniattimi prima di ricevere il seno stesso. Questa capacità anticipatoriadi Bianca colpisce profondamente l'Osservatore; anche la madrecommenta: "Ha già imparato". La bambina succhia non con moltaenergia» .Bianca in braccio alla madre mostra crescente disagio, ma avvieneche ilmovimento della mano della madre non è per Bianca qualcosa

Stem ha dato un'enorme importanza a questa ultima ipotesi «tuttora misteriosa» avan-zata da Bower (1974).

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di indifferente. Forse, per la prima volta, il movimento della manoche sbottona la camicia appare anche come altro. come un indizio delritorno del seno nella bocca. Correttamente la madre parla di «ap-prendimento» e l'osservatore di «anticipazione» . Se Bianca, quando lamamma si sbottona, anticipa la venuta del seno, vuoI dire che un atti-mo prima, mentre sembrava agitarsi inquieta, stava già desiderando ilcapezzolo. Possiamo ragionevolmente ipotizzare che è ildesiderio chesuscita l'attenzione di Bianca verso l'ambiente esterno alla ricerca delseno assente. A un certo momento coglie un indizio; cosl riuscirà adanticipare la venuta del seno, a capire che sta per ritornare.Siamo in un'area in cui occorre districare ciò che è dovuto alla per-cezione e ciò che è dovuto alla ideazione. Alla percezione della manodella madre si unisce strettamente un atto mentale che anticipa il ri-torno del seno (si avvale dell'immagine ormai sperimentata del ca-pezzolo). Il lampo di pensiero di Bianca riguarda il presentarsi diun'immagine di un oggetto, il capezzolo, che sta per comparire in unfuturo molto prossimo, quasi indistinguibile dal presente, ma checomunque futuro è. lipresente per la mente del neonato è una dura-ta. Come per gli adulti, non c'è solo l'attimo presente, ma anche lamemoria di ciò che è appena stato e una protensione verso il futuroimmediato. La capacità innata di protensione, mi sentirei di aggiun-gere, si manifesta per la prima volta nell'attesa fiduciosa del ritornodel seno, visivamente immaginato.E un livello di pensiero aurorale che a me pare già più complesso ri-spetto all'identificazione proiettiva realistica che, insieme alla pre-concezione, è quanto Bion è disposto ad attribuire al neonato.Dunque già nel primo mese molti neonati non hanno soltanto un sen-so più o meno inquietante di una mancanza, ma hanno anche idea diche cosa gli manca e di dove si trova e di come cercarlo. Bianca a 18giorni capisce che ilmovimento della mano della mamma prepara laricomparsa del capezzolo. Claudio a 21 giorni muove imperiosamen-te il volto per raggiungere il capezzolo nascosto dal vestito. Dunqueentrambi i bambini hanno una mira, un desiderio, che si avvale dellapotenza dell'immagine visiva con un carattere gestaltico pregnante.Mirano a una parte del vasto corpo loro amico, una parte, ilcapezzo-lo, che sanno trovarsi in quel preciso posto lì, anche se non lo perce-piscono direttamente. Diversamente dal concetto di «seno come og-getto parziale» , considererei che è una profonda affettuosa relazionecon la madre, Potenza Ausiliatrice, che permette ai neonati di nonagitarsi disperatamente,' ma di andare alla «cerca» del seno. Bianca eClaudio hanno desiderio del seno, in quanto s_onoin braccio alla ma-dre e la tengono visivamente con lo sguardo. E quindi il desiderio fu-sionale soddisfatto, il superamento della solitudine, che permette lo-ro di accettare una mancanza, di provare ildesiderio inquieto del se-no, con il relativo processo ideativo. Sarebbe questa la motivazionedel fatto sorprendente che la disperazione non ha il sopravvento sul-la loro attività mentale.Bion non esclude che il neonato e il feto possano avere memoria di

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esperienze sensoriali; esclude che possano ricordare emozioni e sen-timenti. Diverse osservazioni suggeriscono invece che il neonato pos-sa ricordare immagini visive caricate emotivamente, ma nella formadell'apprendimento: attribuzione di senso ulteriore ai dati percettiviattuali.Se la mente neonata può mantenere l'immagine del seno o del voltosorridente materno insieme ai potenti sentimenti di brama e inquie-tudine connessi, siamo già al livello che permette la produzione dielementi alfa? Si può cioè ipotizzare che le prime attività percettivae ideativa forniscano un repertorio di immagini anche per il Sogno eper l'Attività Onirica della veglia?Antonino Ferro sostiene che il «pensiero onirico della veglia» è attivitàdi metabolizzazione che dalle afferenze percettive consente «una con-tinua formazione di elementi c» . La caratteristica di tali elementi c vi-sivi, formati di continuo e in sequenza, è che «non sono direttamenteconoscibili, se non in due situazioni, quella del flash visivo o della re-veri e (e del sogno della notte naturalmente)» (Ferro, 1999,61- 62).Ritengo che una proto-funzione alfa sia attribuibile al neonato. Lasua sviluppata attività percettiva ne fornisce il materiale; la memoriaproduce immagini, anche visive, ricche di contenuto emotivo. Ne po-trebbero derivare elementi Cl che il neonato potrebbe imparare piùtardi a giocare nel rapporto".

Richiami nel secondo mese

Affinché la funzione alfa materna o rèverie possa attivare nel bambi-no una proto-funzione alfa ritengo che siano necessarie alcune con-dizioni. Devono esserci stati nel primo mese numerosi Incontri tramamma e bebè, emotivamente ben riusciti, affettuosi, fatti di se-quenze in cui prima il neonato piange e poi arriva la madre. Deveper esempio essere avvenuto il reciproco riconoscimento tra ma-dre e bambino, che ~su volta instaura nel neonato un gradevolesentimento di esiste Affinché si impongano relazioni che dan-no al bambino la tranqui ità per usare le «sue immagini interne» de-ve essere avvenuta l'interiorizzazione della relazione con la madrecome soggetto dotato di mente, nel senso che se le si chiede aiuto ri-sponde!'.Quando mugola, piange o strilla oppure si fa sentire con vari rumo-rini nella culla o attira l'attenzione sfarfallando le manine o sollevan-

Il Lo sviluppo di questa ipotesi colloca nell'area della mente primitiva «l'immagìnazloneiconica» , la quale utilizza immagini per rappresentare protoemozioni in via di pensa bi-lità (Ferruta, 2005).14 Borgogno ha descritto in «Spoilt children» il bambino «le cui personali aree di espres-sività e di esistenza vengono soffocate e alienate. D bambino risulta espropriato di qual-cosa di suo e di specifico, trovandosi depositato internamente qualcosa di alieno e diestraneo, che proviene dai genitori (Borgogno, 1999, 101).

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dole verso la madre o succhiandosi i pugnetti, il neonato presentaun'attività di richiamo che è tra le prime attività mentali comunica-tìve di cui la mente neonatale è competente.TI bebè segnala con richiami diversi vissuti diversi: che è affamato,che si sente molto sporco, che ha male da qualche parte, che deside-ra essere preso in braccio, che vuole carezze, ecc. Alle prime cono-scenze su se stesso, su ciò che vuole, il neonato non è arrivato da so-lo. L'evidenza che si impone non è solo la dipendenza totale del neo-nato dalla madre, ma un particolare apprendimento della madre; el-la, poco alla volta, impara a riconoscere. anche per lui. quanto egliprova.Mi sto attenendo qui a quella che è per me un'idea centrale di Bion,quella per cui non possiamo non dirci bioniani, e cioè che la menteneonata ha una sua rudimentalità. Forse la parola è da correggere,dato che anche l'adulto ne sarà sempre affetto in misura diversa dapersona a persona. Bion vuoI dire che il neonato, quando vive unnuovo bisogno, soffre, ma non sa riconoscere di cosa ha bisogno.Glielo deve rivelare la madre. Per questo la sua non è ancora funzio-ne alfa. lo ritengo che la madre, precisamente riconoscendo la valen-za del suo bisogno, conferisce esistenza al suo sentire e in questomodo attiva una sua proto-funzione alfa.

Con riferimenti all'area della comunicazione primitiva del bambinoe della rèverie della madre, presento qualche comune esempio dineonati osservati nel secondo mese per mostrare alcune feconde no-vità.Nel secondo mese certi genitori e certi osservatori notano caratteri-stiche nuove nel pianto rispetto al primo mese. Ci imbattiamo in unpianto che non sembra essere più di disperazione né di desiderio al-larmato e angosciato. E un pianto che è un messaggio, un segnale aqualcuno che è pensato vicino affinché si faccia vivo affacciandosialla culla e presti il suo aiuto? La novità è che, a partire dal secondomese, moltissimi neonati prima di piangere fanno dei versetti. Han-no forse imparato ad aspettare? Oppure nel loro pianto è penetrataun'attesa fiduciosa?Lorenzo (1 mese e 12 giorni) comincia a svegliarsi, ma impiegheràpiù di 5 minuti per mettersi a piangere. Ruota continuamente il ca-po, sfregando la bocca che tiene aperta sullenzuolino. Ha gli occhiaperti, le manine chiuse a pugno ed emette frequentemente dei versi.Progressivamente si fa più inquieto, quando inizia a piangere chiudegli occhi. Il suo pianto però non è continuo, né particolarmente so-noro.Dunque non solo ci sono versetti che precedono il pianto, ma il tim-bro del pianto è diverso. Anche i genitori lo notano, come il papà diMatteo che comunica all' osservatore che il suo neonato piange orain modo differente, con «un pianto trattenuto, controllato, come lousasse per ottenere qualcosa» .La mamma di Daniel lo intende proprio come richiamo intenziona-

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le: «Danìel fa versetti molto teneri al mattino prima di piangere.Quando si sveglia non piange subito ma ci chiama con un semplice"oh" ad alta voce. Rimane poi silenzioso, diciamo, per un minuto.Poi riprova, dopo la pausa, ancora con due oh di seguito, poi tre,sempre più ravvicinati, sino a quando sembra non farcela più e sbot-ta a piangere. Gli diciamo anche "Aspetta un momento", ma certo noncapisce» .E un pianto non perentorio in alcuni casi o preceduto da versetti inaltri. Se si trattasse di un vero e proprio richiamo, di un pianto in-tenzionale, dovremmo ammettere che questo comportamento è sor-retto da un'idea. Si direbbe che egli, pur trovandosi solo nella culla,sia abitato ora da un'idea nuova dato che non piange più come face-va nel primo mese. C'è qualcosa di rassicurante su cui il pensiero sisofferma? Pensa, sa, è forse convinto che lì vicino, lì intorno c'è lamadre? Persuasa che l'idea dell'assenza della madre condurrebbe ilneonato alla disperazione, concluderei che il neonato può pensarnel'assenza poiché sa che comunque la madre non percepita è esisten- ~te. Sente che è lì, a portata di richiamo ...! l'immagine-pensiero tdell'esistenza della madre nelle vicinanze che permette l'accettazionedella sua assenza percettiva.L'interiorizzazione comporta per la mente un profondo mutamento.Ora c'è un oggetto particolare che frequentemente si presenta alpensiero. L'oggetto interno al pensiero di cui sto parlando sarebbeda differenziare dagli altri qualificando lo più precisamente come og-getto intrinseco al pensiero".[oggetto intrinseco buono ha un elevato significato vitale; infatti la suaimmagine produce sentimenti di tranquillità, sicurezza e fiducia chenutrono la mente aiutandola a vincere l'angoscia. Siamo agli albori del-la formazione del mondo interno. In certo qual modo il vissuto inter-personale è come raddoppiato attraverso l'immagine-pensiero dellapresenza della madre pur non percepita. [esperienza interperso-naIe è divenuta intrapsichica e l'esperienza intrapsichica permette diaspettare.Per quanto riguarda i nostri neonati che si svegliano nella culla, sel'introiezione dell'oggetto buono ha avuto inizio, allora la Madre èdivenuta intrinseca alloro pensiero; essi perciò subito la pensano alrisveglio, la immaginano. Il pensiero va subito a lei. Si può capirecome rapidamente a partire dal secondo mese il neonato arricchiscele sue modalità di Richiamo.

IS Schaffer (1972) e Kagan (1978) si domandano per il bambino di nove mesi: perché nonpiange quando la madre esce per andare in cucina per la centesima volta nella mattina-ta? Perc~ prevede che tomi. C'è dunque una capacità cognitiva (di previsione) che so-stiene una capacità di avere un affetto (fiducia). Sono capacità, a mio awiso, estrema-mente precoci, compaiono già nel secondo mese di vita, allorché l'introiezione ha comerisultato che un oggetto è diventato intrinseco al pensiero. L'immagine incessantedell'esistenza dell'oggetto buono, sulla base del soccorso ottenuto nel primo mese, rinno-va la capacità cognitiva attraverso la fiducia e la speranza.

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Senso di esistenza

Se il suo richiamo viene accolto il neonato .sente-di-esistere-per lamamma. La protofunzione alfa a mio avviso ha a che fare con il sen-tirsi esistere per la madre; il riconoscimento da parte della madre diciò che pr.2'0 il suo bambino è un elemento organizzatore del sensodi esister~del bambinOfe' della specificità del suo sentire. Mentre ilnon-riconoscimento produce deviazioni o ritardi importanti nel sen-so di sé. Bion sviluppa la nozione di fame di esistenza che provienedal sentirsi non esistere (1965,139-144).Tale timbro di esistenza ci mostra che già nei primi mesi di vita ilneonato non è un'unità indifferenziata con la madre. Anzi se la ma-dre lo riconosce, il bambino ne è molto arricchito e consolato".Sentirsi esisterèrè ilmovimento mentale grazie al quale il neonato ri-sponde alla madre che lo fa sentire vivo, che lo ha ascoltato e confor-tato con sollecitudine e con cure adeguate. Un altro momento del«timbro di esistenza» è l'entrare all'unisono con la madre, quando ilneonato sembra rispondere alla madre!'. Dato che la madre si inte-ressa di tutta la sua persona ed egli si sente divenire tutt'uno con lei,il sentimento di essere tutt'uno, mente e corpo, con la madre ren- /derà più consistente l'evoluz=e delle funzioni dell'Io e dell'indivi-wdualità. OGfltemF>61anCMncn· l modo in cui il neonato di 6 mesiche p~ssepgia in braccio a mammi} &p~pà utili.zz~ lo sgu~do mo~il~e cunos~ ~Geà::rf't0'--a=w(a-:cetta::ta{-dfi:.un~ Cl fa c}lplre che nonsolo l'umSòYo"o'1p~endida fu)i6ne lo renaono più siéuro. N6n solo ~perciò rholding,~,Fabbraccir.renero, ma anche laµpacità" di atten-zione della madre a lui e :çeciprocamente.Osservazioni infantili in famiglia nel corso del primo anno mostranoche l'interiorizzazione della madre come soggetto dotato di mente èprocesso estremamente lento e complicato. Il lattante ha bisogno dimolti tipi di sostegni, di superare diverse crisi e di sviluppare com-plessi processi di pensiero per mettersi in grado di stare tranquilla-mente con una figura di attaccamento secondaria, mantenendo la«convinzione» e «l'immagine» dell'esistenza seppur lontana della suadivinità protettrice. Si tratta di un «pensiero lungo», che costituiscela musica di fondo della vita mentale del bambino e agisce perciòsull'umore o tonalità affettiva, permettendo di accettare una separa-zione più duratura dalla figura di attaccamento principale. Le osser-vazioni mostrano bambini di due anni che possono aspettare per oree anche per un giorno e una notte, ma poi cadono nell'inquietudinee infine nell'angoscia. È comunque in situazioni del genere che pos-

16 Secondo Riva Crugnola (1999; 2002) la responsività è intesa, oltre che come rispostaadeguata ai bisogni, come monitoraggio degli stati affettivi del bambino, attuata da partedel genitore rispecchiando e validando !'intera gamma delle sue emozioni, sia condivi-dendo con lui quelle positive, sia aiutandolo a trasformare quelle negative.17 Hautmann sottolinea che il senso della propria esistenza è l'emozione fondante il senti-mento della protoidentità, agli albori del Sé (1993).

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siamo parlare di una profonda e duratura interiorizzazione del Sog-getto buono; questa è accompagnata da immagini emotive generatri-ci di giochi nei bambini e di una generale situazione di serenità econsolabilità in compagnia di figure secondarie di riferimento.Sono consapevole di star attribuendo al neonato il fondamento delladimensione poetica della mente. Il primo mese di vita, così ricco dinovità terribili e meravigliose, ci mostra un neonato spesso sconcer-tato, assorto, come il naufrago di Dante che «uscito fuor dal pelagoalla riva si volge retro e guata» . Nel secondo mese l'atmosfera emoti-va pare cambiare. Che le rappresentazioni iconiche di Madonne conbambino siano l'espressione artistica di quella straordinaria bellezzadella madre la cui fascinazione secondo Meltzer il neonato subisce?Forse le innumerevoli rappresentazioni di maternità riguardano il ri-presentarsi alla memoria adulta dei primi conforti avuti dalla madre,da neonati. ~ Freud ha pensato che Leonardo abbia inconscia-mente riprodotto nel sorriso della Gioconda il sorriso della madre.

Un particolare ringraziamento agli Osservatori: Dott. Roberto Basi-le; Dr.ssa Alessandra Corsi; dott.ssa Giusi Messetti; dott.ssa DanaScotto di Fasano.

Sintesi

Il tema «della raffigurabilità psichica» o «dell'immagine psichica» odella «capacità di rappresentazione» è considerato in rapporto allacomunicazione primitiva del neonato. Per «comunicazione primiti-va» l'Autrice intende riferirsi alla capacità di espressione di statimentali da parte del neonato che, se vengono capiti dalla madre,conducono a un cambiamento di stato mentale del bambino. Vengo-no formulate alcune ipotesi s\!!l'iI_lte.I'@>~otra le evidenti capacità elicoml!nicazioRel-clel-~ PQssì15il.ifiìQrrapEresefltazion~alla luce dì.aspetti della teona del pensiero ai Bion e di dati osserva-tivCrilevati dall'Infant Observation.Nel primo mese numerosi affettuosi incontri tra mamma e bebé in-staurano a loro volta nel neonato un gradevole sentimento di esi-sténza. Se il suo richiamo viene accolto, il neonato sente-di esistere-per la mamma e inizia da parte del bambino «l'interiorizzazione»della relazion-e con la madréCòmy Seggett<footatoaim e. IA('((

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Summary

The topic of «psychic representabìlity» , or of the «psychic image» r, orof the capacity forrepresentation is considered in relation to the pri-mitive comrnunìcation of thè- newborn ..By «primitive communica-tion» , the author means the newborn 'èhnd's' capacity to expressmental stàtes that, if understood by the mothèr, lead to a èhange in '", .

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the child's mental state. Severa! hypotheses regarding the interplay Jbetween the newborn's clear communication abilities and his~e ,.'for representation are formulated in the light of aspecrs<of thethinking of Bion and of data drawn from Infant Observation.In the first month of life numerous episodes of loving contactbetween mother and child establish, within the newborn, q pleasantfeeling of existing. If his «call» is heard, the newbom feels-that-exi-sts-for his mother and, as a subject with a mind, begins his «interna-lisation» of his relationship with her.

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