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Archivio Dina Vallino Pubblicazioni Percorsi teorico-clinici: dalla prima consultazione a varie fasi della psicoterapia Dina Vallino ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– Per citare questo scritto: VALLINO D., “Percorsi teorico-clinici: Dalla prima consultazione a varie fasi della psicoterapia”. [Testo discusso in una conferenza presso la A.F.P.P., Firenze, 13 Gennaio 2001]. Contrappunto 28, n. 1 (2001): 7-19. h"p://associazionedinavallino.it/wp-content/uploads/2017/06/perc-cons.pdf ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– Archivio | Associazione Scien,fico Culturale Dina Vallino [email protected] Via Antonio Kramer, 18 | 20129, Milano (MI) | Italia Tel. +39 02.76003736 | C.F. 97736670155 [email protected] | www.associazionedinavallino.it

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Percorsi teorico-clinici: dalla prima consultazione a varie fasi della psicoterapiaDina Vallino

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Per citare questo scritto:

VALLINO D., “Percorsi teorico-clinici: Dalla prima consultazione a varie fasi della psicoterapia”. [Testo discusso in una conferenza presso la A.F.P.P., Firenze, 13 Gennaio 2001]. Contrappunto 28, n. 1 (2001): 7-19.

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P e r c o r s i t e o r i c o - c l i n i c i

DALLA PRIMA CONSULTAZIONE A VARIE FASI DELLA PSICOTERAPIADina Vallino

PercorsiIl titolo di questa conferenza mi ha obbligato a riflettere sul rapporto che intercorre tra essere psicoanalista, lo scrivere di psicoanalisi e trasmettere la psicoanalisi.

Essere psicoanalista comporta, nel fare psicoanalisi, prestare la mia esperienza e la mia empatia a un Altro, il paziente, per offrirgli una libe razione dal carcere della sofferenza mentale. Si dice della psicoanalisi che “cura”, che è una cura.

Raccontando la sua torpida traumatica tragica passionale esperienza di infanzia e di passato, il paziente si cura. Chi sta male mentalmente ha più bisogno di altri di capire come < è stata la sua storia» per poter andare avanti. Ed io come psicoanalista mi accorgo che la mia oscura esistenza fornisce al paziente uno spazio per raccontarsi.

La cura per il paziente consiste in una prima fase nel portare alla luce, disoccultare il romanzo della propria vita; nel frattempo mentre fa questo rivela l’affiorare di altre storie, altri possibili. Il mio primo impatto con lo scrivere di psicoanalisi è l’awertire che ognuno di noi porta dentro di sé una o più storie. Io stessa porto dentro di me modi diversi di fare psicoa nalisi di cui do conto scrivendo. Altrimenti albergo pensieri di altri, riela borati o condivisi. Lasciarmi disturbare, cambiare, essere, alla fine mi accor go che prima che la terapia introduca dei cambiamenti nei pazienti, tocca a me farli. La cosa qualche volta mi ripugna, mi sembra di venir meno a delle regole di buona educazione, al sereno disinteresse lavorativo. E scombussolante riprendersi le proprie cicatrici, rinunciare a sentirsi edifi canti e onniscienti. Il percorso analitico richiede che accettiamo di essere

' Filosofa e psicoanalista di adulti e bambini, membro ordinario con funzioni di trai ning della Società Psicoanalitica Italiana (S.P.I.). Il presente testo, illustrato da casi clini ci, è stato letto e discusso in una conferenza presso la A.F.RR il 13 gennaio 2001

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audaci nell’osservazione e prudenti negli affetti.Nel mio libro Raccontami una storia i pensieri dei bambini e le loro

immagini costituiscono il filo conduttore di diverse storie, ma anche la prova generale con cui ogni bambino e bambina vorrà, poi, raccontare la sua propria storia. Il progettare una storia futura fa infatti parte della cura.

Con gli anni mi sono resa conto che l’anonima psicoanalista che si avventura nei meandri degli inconsci altrui, diventa poi Autore di storie cliniche quando si tratta di riesaminare il lavoro nel suo complesso, inte grandolo con le altre categorie, di realtà, buon senso e razionalità. Una legge del nostro lavoro è che sia necessario per gli psicoanalisti riconside rare il proprio inconscio. Gli scopi nel presentare il proprio lavoro ai Colleghi e nel raccontare i passaggi e gli scambi che avvengono tra sé e i pazienti rispondono a questo obbligo.

Col metodo rigoroso con cui cerchiamo di seguire l’intera storia del l’analista col paziente ci accorgiamo che la storia di un’analisi può diveni re romanzo; le storie narrate, i capitoli di questo romanzo. Come per il sogno assistiamo a delle trasformazioni che avvengono per entrambi: nel paziente dalla storia vissuta alla storia raccontata all’analista eppoi ripen sata; per l’analista dalla storia ascoltata, eppoi rielaborata e riscritta in un saggio, una memoria, un libro e infine trasmessa ai colleghi.

Occorre lasciarsi disturbare dal malessere dei pazienti, soprattutto da quello informe, allucinosico, disordinato e ripetitivo. Non possiamo sot trarci a codesti stati mentali. A volte avverto retrospettivamente che aver parlato al paziente nei termini con cui si parla a un bambino è stato come il disporre di una sorta di zattera di salvataggio in cui cerco di saltare su insieme al paziente per sfuggire entrambi dal naufragio della comprensio ne. Altre volte non possiamo tentare di risanarli al più presto mettendo in atto un’immediata rèverie, perché il percorso che passa per l’infanzia del paziente, è per qualche verso un concetto ingannatore : serve a sciogliere le difese, ma dimentica l’età adulta di cui uno porta la responsabilità. Perciò il non dare interpretazioni sulle parti infantili di un paziente quan do egli ne è a sufficienza informato permette di lenire la sofferenza sia per

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r ascolto che offriamo, sia perché uno è portato ad approfondire la sua storia. Lavorare con le parti infantili vuol dire sostenere l’integrazione delle funzioni adulte della personalità.

Fantasticare sui bambini serve a noi per sostenere le nostre ipotesi segrete: i collegamenti tra l’analisi degli adulti e dei bambini appartiene, a mio avviso, alla “costruzione” in analisi,1 poiché individua, nella conget tura immaginativa dell’analista, ciò che porta i pazienti in contatto con esperienze significative del Sé e con la costruzione del senso d’identità.

Anche in questa conferenza riconosco che uno degli indispensabili momenti dello scrivere di psicoanalisi è cercare di sfuggire all’arbitrarietà dell’interpretare.

La categoria di “percorso” trattiene questo significato di tragitto colmo di ostacoli, di impedimenti in cui si può cadere, proprio dove il lavoro risulta più facile, liscio e condiviso, invece non lo è.

Atmosfera emotivaQualche tempo fa ho descritto l’atmosfera emotiva2 come una compo nente essenziale dell’esperienza nella stanza d’analisi col paziente. Niente può essere capito di un paziente se non riconoscendo quegli elementi emotivi inafferrabili dal linguaggio eppur tuttavia concretamente presen ti nel rapporto che fanno da alone a quanto l’analista-osservatore ha avvertito e descrive o ricorda di un momento dell’analisi. Dati sensoriali come odori, ammiccamenti, rossori, sudore, cambiamenti posturali ecc. possono considerarsi espressioni non strutturate di comunicazione extra-

1 Freud (1937) Poco dopo Analisi terminabile e interminabile Freud pubblicò un’ importante definizione del lavoro psicoanalitico. In esso è rilevante la “costruzione” di una serie complessa di congetture, da parte dell’analista, riguardanti un brano di vita pas sata del paziente in attesa di verifiche e smentite. Esempi di costruzioni nell’analisi sono già rintracciabili in alcuni casi clinici di Freud: l’uomo dei topi, l’uomo dei lupi, la sto ria di un caso di omosessualità femminile Costruzioni nell’analisi,Voi. I l , Compendio di tutti gli scritti, Torino, Bollati Boringhieri, 1999

’D.Vallino (1992), Atmosfera emotiva e affetti, «Rivista Psicoanalitica», V.XXXVIII, 3, p.617-37

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verbali e fanno parte dell’atmosfera emotiva se siamo orientati a ricono scerla come un dato informativo sul vissuto del paziente. Vi ritorno ades so per ampliare il concetto. Il concetto di atmosfera emotiva ha origine proprio da “errori di percorso” quando ho avvertito che l’interpretazione non rispettava lo stato mentale dell’altro e che io ero stata troppo convin ta delle mie idee e avevo cercato di applicarle, ignorando la comunicazio ne extraverbale. È allora che recuperando la lezione di Martha Harris 3, sull’Infant Observation, mi sono resa conto che il concetto di atmosfera emotiva amplia nell’analista le possibilità dell’osservazione che precede la comunicazione, infatti la percezione dell’atmosfera emotiva può contrad dire il messaggio verbale o completarlo. L’atmosfera emotiva che mi sento orientata a riconoscere quando mi trovo con un paziente adulto, mi richiama a una situazione di squilibrio emotivo in cui il turbamento del paziente ha preso il sopravvento su di me analista e ciò che intuisco, in quell’atmosfera, somiglia di più a un fallimento del comprendere, dell’es sere intelligente, dell’essere amichevole e intuitivo. Generalizzando direi così: i consueti mezzi di empatia-comprensione-interpretazione falliscono e l’analista sente che non è in grado di fare un commento verbale ampli ficante, col carattere dell’interpretazione. Intendo sottolineare il fatto che le problematiche dell’Adulto che propongono all’Analista di risuonare dell’atmosfera emotiva della seduta (espressa in una mimica, in una gestualità e in condotte non controllate che escludono un linguaggio con diviso) agiscono con forte pressione emotiva sull’analista. Retrospettivamente mi accorgo che tanto più sono sensibile all’atmosfera emotiva della seduta, tanto più sono portata a utilizzare degli spunti trat ti dal materiale infantile per rivolgermi al paziente. Questo tipo di per corso mi è più congeniale di altri forse perché riporta l’attenzione del paziente e la mia al campo emotivo nella vita familiare e quindi facilita l’e spressione di emozioni elementari, basilari e la rinuncia aH’indifferenza.

3 Harris M.(1976?) L’osservazione dell’interazione madre-bambino e il suo contribu to al training psicoanalitico, in M.Pontecorvo(a cura di) I l modello Tavistock, Martinelli, Firenze 1986.

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Breve intermezzoL’attenzione per il bambino piccolo è stato un elemento importante della psi coanalisi sin dalle sue origini. Il contributo dei Grandi Precursori sulla storia dello sviluppo infantile ha, a mio avviso, una funzione storica nell’aver tolto dal Limbo della disattenzione la peculiarità del bambino nella storia dell’a dulto. Ognuno, a suo modo, ha sottolineato alcuni aspetti. Ricordo che le osservazioni di Freud sul gioco del rocchetto di un bambino di un anno e mezzo4 gli permisero di avanzare nuove ipotesi sullo sviluppo psichico.

Melanie Klein mise in evidenza con la tecnica del gioco in stanza d’a nalisi come l’accedere ai livelli primitivi di simbolizzazione dei bambini permetteva di penetrare la loro vita interiore. Winnicott da parte sua rite neva che vi fosse molto altro nella natura umana oltre a quei meccanismi che Melanie Klein aveva insegnato a riconoscere e usare. Infatti, secondo Winnicott, la Klein sembrava collocare processi molto evoluti nella pri missima infanzia,5 mentre questi potevano essere presenti a tratti o solo sporadicamente senza rapporto con l’individuo totale.6 Winnicott insiste va, ad esempio, che la madre aveva un ruolo attivo nell’ adattarsi ai biso gni del bambino, molto più precisamente di quanto la Klein avesse con siderato. Potrei andare avanti sino a considerare il contributo di Bion che, più tardi, negli anni ‘60 principalmente nel lavoro Una teoria del pensie ro, pone l’accento sull’attività di rèverie della madre sottolineando il valo re centrale delle emozioni nel dare origine alla comprensione del bambi no, da parte della madre. Concettualizzando l’identificazione proiettiva

4 Freud S.(1920) A l di là del principio del piacere p.201; Associazione d'idee di una bambina di quattro anni p.186. Opere 1917-1923 v.9. Boringhieri Torino 1977

’ «Mi irrito quando la gente parla della madre (seno) “buona” o “cattiva”nel descri vere persone (alimentazione)reali, ma mi irrito anche quando la madre viene descritta come “idealizzata [...] Quest’idea di qualcosa d’idealizzato non può essere applicata al bambino all’inizio della vita, allorché non è ancora abbastanza organizzato per far fron te alla differenza tra fàntasia(in cui l’idealizzazione può essere rappresentata) e realtà...» Lettera di Winnicott a R.Money-Kyrle ( 1952,26) in Lettere (a cura di FJRobert Rodman), Raffaello Cortina Ed, Milano 1988

6 Lettera di Winnicott a Scott (1954,35) in Lettere op.cit.

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realistica come base della comunicazione, da parte del bambino, che trova nella madre risposta esauriente ai suoi bisogni, Bion dà un’importante definizione dei primi processi mentali di interazione.

Da parte mia, il percorso che richiama l’adulto alla sua esperienza infantile lo vedo storicamente radicato nella letteratura psicoanalitica ita liana soprattutto in psicoanalisti come Lina Generali Clements, Gina Ferrara Mori,7 Pierandrea Lussana,8 Marcella Balconi, alcuni di loro importanti nella mia stessa formazione.9 Questi Autori sviluppano una ricerca e un’applicazione clinica sulle analogie tra la relazione analitica e la relazione madre-bambino, derivata dalla pratica dell’Infant Observation. Essi riferiscono che l’importanza nel lavoro analitico con gli adulti del transfert riferito a figure significative dell’infanzia, dei processi mentali primitivi negli adulti, del nascere del pensiero e dei disturbi del pensiero possono essere adeguatamente compresi facendo un riferimento analogi co all’esperienza della relazione madre bambino. Questo lavoro, ancora pionieristico, almeno in Italia, dagli anni ’70 agii anni ’80 ha dato i suoi frutti: ci vorrebbe uno storico della psicoanalisi e discipline affini per stu diarlo accuratamente, cosa che non è nel mio proposito fare. Constato che in questi ultimi dieci anni l’attenzione degli psicoanalisti ai processi di svi luppo mentale dei bambini piccoli sin da neonati si è accresciuto. Un’attenzione che ci permette di assistere alla bellezza e alle difficoltà del bambino nella crescita mentale, ma anche di accedere a dei livelli incon sueti nella psicologia dell’adulto. Potremmo dunque chiederci che cosa gli psicoanalisti possono imparare dai neonati e quale contributo può, a sua volta, portare l’Infant e l’analisi infantile alla psicoterapia dell’adulto, alla conoscenza del persona nella sua complessità?

7 Generali Clements L.- Ferrara Mori G.(1980), Correlazioni fra la relazione analiti ca e la relazione madre bambino. Comunicazione Ietta al IV Congresso SPI Tormina.

‘ Lussana P.,(1984A Con Mrs.Bick discutendo l ’osservazione madre-bebé accanto alle varianti dell'interazione analista analizzando. “Rivista Psicoan”.,3.pp-356-367.

’ Vallino Macciò D. ( 1981J, Ansie d i separazione rilevate nell'osservazione del neonato e nella psicoanalisi di adolescenti e adulti, «Gior. Neuropsich. Età Evol.», I, 2, 1981.pp.l65-171

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I l bambino come memoria dell’adultoIn aderenza a quanto ho già affermato l’analista deve riconoscersi il punto focale del percorso che sta compiendo, non nel senso di mettersi al cen tro tenendo tutto il mondo a distanza, ma nel senso di dare ampio spazio alle sue intuizioni più embrionali e inespresse al fine di distinguerle (e non privilegiarle) dai suoi pregiudizi. Perciò dovrà accettare di mettere in riso nanza i suoi vissuti infantili riconoscendoli nei pazienti senza confondere la loro esperienza con la propria, il proprio inconscio con quello dell’al tro. Risulta necessario chiarire alcune questioni metodologiche inerenti allo stabilire dei collegamenti tra l’Infant, l’analisi dei bambini e la pro blematica degli adulti, poiché non si tratta di mescolare situazioni di età diverse, diagnosi diverse, patologie diverse dato che le correlazioni che l’a nalista può intravedere tra pazienti diversi o di età diverse sono principal mente questioni che riguardano il funzionamento mentale dell’analista.

A questo scopo intendo riconsiderare, in questa Conferenza, che cosa intendo quando parlo di “bambino” nella Consultazione e nella Terapia.

Attualmente il richiamo all’esperienza infantile ha, nel mio lavoro, subito un’evoluzione. Abbiamo è vero abbandonato il limbo dell’Infanzia, che Dante descriveva come quel luogo dove «senza speme si vive in desio», ci occupiamo dunque continuamente del “bambino” che abita l’adulto, ma non siamo ancora sufficientemente preparati a risolvere il rapporto di vicinanza e distanza, tra le nostre esperienze infantili e la maturità di adul ti da cui siamo obbligati a rispondere col buon senso, col principio di real tà e con coerenza. La contiguità tra l’infànzia e la maturità è ancora oggi, nel lavoro analitico, il dilemma che ci avvince: esso è associato a un sen timento instabile d’identità con cui dobbiamo, in ogni terapia, fare i conti. Osservazioni comuni in ogni analisi, e in ogni psicoterapia ci dico no che in molte sedute o frequentemente i pazienti adulti parlano di bam bini: o parlano di sé bambini, o dei loro figli, o dei figli di amici, o dei nipoti, o di scolari o di pazienti. Parlano anche di bambini nei sogni. Che facciamo di queste loro associazioni e delle loro storie? Vediamo alcuni percorsi di pazienti e il percorso teorico-clinico dell’analista: nella consul-

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tazione, nella prima fase dell’analisi e in una fase intermedia.

La consultazioneL’analista già dalla Consultazione ha il compito di evitare qualsiasi ostacolo si frapponga tra sè e le sue osservazioni attingendo a quella sorgente di crea tività che nei momenti di impasse blocca l’immaginazione. Il problema che mi si pone è se, considerando l’atmosfera emotiva della seduta, da subito io sarò portata a riconoscere il timbro della comunicazione di campo e se la creatività dello stesso è più pertinenza degli adulti o dei bambini.

Con un esempio clinico tratto da una breve consultazione di una bam bina di 3 anni con i suoi genitori metterò in evidenza una tipica problema tica dell’ Adulto in Terapia quella concernente i suoi rapporti col partner.

Consultazione di una bambina di 3 anni con i genitori.I genitori di Lucina mi consultano per una problematica di entrambi riguar do alla loro figlia che a loro detta e divenuta “indomabile”. Li centro della questione è che i genitori sono in difficoltà nel rapporto con lei essendo entrambi dilaniati da numerosi conflitti d i coppia. Il marito è scontento del l'analisi che la moglie fa nella sua città natale e che la porta lontano da Milano insieme alla bambina. È inoltre geloso della famiglia della moglie da cui si sente escluso, soprattutto da uno zio della bambina che «si crede di esse re il padre» di Lucina. La moglie a sua volta è contrariata dalla vicinanza sul pianerottolo dei genitori di lui, che considera intrusivi e che non sopporta. D ’altra parte la madre di Lucina si accusa impietosamente di tutte le d iffi coltà con la bambina sostenendo che con il suo «essere via di testa» non riesce a stare né a fiocare con la piccola.

L’insieme di queste accuse e controaccuse ha una ricaduta a cascata nel rap porto con la bambina che a loro parere è diventata prepotente da docile e affet tuosa che era, in ragione del loro conflitto. Sono preoccupati, m i chiedono una consultazione per valutare il suo stato psicologico.

Spiego ai genitori come avverrà la consultazione in loro presenza. Guarderemo insieme il fioco della bambina che ci permetterà di cogliere dei

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segni di come sono i rapporti della bambina con gli altri bambini, e con la mamma e il papà. Nel gioco porrò dei piccoli quesiti intorno alle situazioni che m i hanno raccontato: ad es. se è veramente mancato il papà, se qualcun altro è più importante, se e vero che ci sono difficoltà con la mamma. Discuteremo insieme, in una seduta a parte, l ’osservazione. S i tratta di una consultazione-partecipata che avviene con la partecipazione dei genitori. La considero un’estensione dell’Infant Observation in quanto in essa cerco di ricreare una situazione familiare che vede i genitori protagonisti del rapporto con la bambina.

Non riferisco l ’Osservazione completa, ma riassumo che in essa emerge che Lucina ha portato attraverso il gioco tu tti gli elementi d i conflitto presenti nel rapporto con i genitori: Veronica, la ragazza del piano di sopra, è presentata come un personaggio seduttivo che si sostituisce alla mamma, vi è la Nonna che prepara da mangiare, una mamma indaffarata, e Lucina che, richia mando il papà, esprime il desiderio,di stare con lui.

Lucina sa raccontare ai genitori come è in contatto con i loro problemi e come immagina che si possano risolvere. Gli elementi centrali del gioco sono: una Nonna che prepara la pappa per tu tti e tre e con lei, Lucina che appron ta un piattino per ognuno d i noi. Lei, Lucina, sa che la mamma è indaffara ta e ha la testa via ciononostante non trascura mai il papà e gioca con la mamma: rivelando nel gioco un identificazione con lei.

Potrò, in seguito, discutere con i genitori punto per punto come la bambi na abbia una piena consapevolezza dei loro conflitti e delle loro difficoltà descrivendo nel gioco l ’ambiente familiare movimentato. Se Lucina è capace di simbolizzare i conflitti fam iliari trasformandoli in un gioco ed arrivando persino a soluzioni di compromesso con i genitori, quando la sua volontà si oppone alla loro, potranno i genitori, analogamente alla bambina, negoziare un compromesso? La conclusione a cui mi conduce questa breve Consultazione su Lucina è che il motivo della Consultazione non è tanto il problema di Lucina quanto che la coppia scinde e proietta sulla figlia l ’affitto che li uni sce occludendo ogni consapevolezza della loro propria vita amorosa. I l legame affettivo della coppia viene scisso e proiettato nella figlia sotto forma di preoc-

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cupazione per lo sviluppo psicologico della bambina. Lucina manifesta, senza ombra di dubbio, turbolenza e prepotenza come sintomo del malessere della coppia, ma questo non significa che abbia strutturato una patologia.

A causa della scissione e proiezione del legame affettivo udiamo nelle nostre stanze d i terapia uomini e donne che litigano furiosamente con i loro partner, cosa che ci porta erroneamente a volte, pur di uscire dall’impasse, a rivolgere transferalmente il conflitto su d i noi, prim a d i aver capito l ’occlusione dell’af fetto che è alla base di oltraggiose accuse a l marito o alla moglie. Questo vale sia per quel che riguarda il rapporto dei genitori riguardo ai bambini, che dei nostri pazienti quando parlano del partner assente. L ’importanza che la rela zione amorosa degli adulti ha in un matrimonio può essere dall’analista riva lutata facendo risaltare, nell’analisi, la consapevolezza che i bambini suggeri scono nei loro atti quotidiani circa il bisogno d i avere uniti i genitori e il desi derio di un’armonia familiare. Questa constatazione, del tutto ovvia a chi ha frequentazione di bambini, ci segnala non tanto che i bambini esprìmono le parti infantili degli adulti, quanto che le parti adtdte della personalità o la maturità di una persona o la viva affettuosità nella coppia possono subire una potente rimozione ad opera di un’attenzione tutta centrata sui figli, mentre la consapevolezza e la soluzione del conflitto può essere adeguatamente simboliz zata da un bambino.

Ho voluto dare un esempio di come la breve consultazione di Lucina mi permetta di transitare aree di identificazioni e affètti infantili che ripre sentano il senso di un’esperienza analoga in pazienti adulti, maschi e fem mine: verso di loro riesco così a orientare con più sicurezza interpretazioni centrate sulla necessità di non rimuovere la loro vita amorosa e di ripren dere contatto con la loro sessualità matura (quella meno impegnata nel narcisismo) perché Lucina- paradossalmente - mi ha fatto da battistrada10.

Nel materiale clinico di una paziente in fase iniziale, intermedia e avanzata di analisi, ho evidenziato in modo particolare come il lavoro col sogno, nel suo filo narrativo, esprime le leggi del pensiero inconscio. Ho preso l’abitudine di far lavorare i pazienti sui loro sogni, di chiederne il

10 Battistrada: «chi precede altri facendogli da guida» Oli-Devoto.

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significato, accettando integralmente la loro lettura. Solo successivamen te intervengo aggiungendovi la mia interpretazione per quel che riguarda, la storia del paziente nel passato, la storia attuale, la relazione con me, il transfert ecc. Questo lavoro mi ha notevolmente alleggerito nella respon sabilità di “testimoniare” la loro verità emotiva e soddisfa i pazienti che, dopotutto, sono gli Autori del loro sogno. La condizione per cogliere la trasformazione del vissuto di sofferenza e i cambiamenti nella vita richie de tempo e richiede la comprensione della trama narrativa preconscia che esprime le trasformazioni e che l’Analista può regolarmente riprendere da una seduta con l’altra. Nell’esposizione dei casi ho dato un’esemplifica zione del modo in cui mi richiamo all’esperienza infantile. Preferisco sol lecitare 1’ evocazione del “bambino” o della “bambina” che costituiscono la memoria storica del paziente, piuttosto che romanzare le associazioni del paziente con mie ri-costruzioni (quasi sempre sbagliate) sulla storia infantile. La differenza consiste nel lasciare con una paziente assai diffìci le che la “bambina in lei ” entri nella stanza, lasciandola sempre accom pagnare dalla sua esperienza di maturità.

Nella fase intermedia dell’analisi per aiutarla a ritrovare fiducia in se stessa devo lavorare più a fondo sul mio controtransfert. Franco Borgogno mi da parole per descrivere il compito del terapeuta; «Deve tollerare d i poter non essere esistente e di non essere “soggetto a pieno titob”. Sopportare di avvertirsi incapace di influenzare l ’altro e d i non destare alcun riconoscimen to esplicito con Usuo impegno e la sua presenza...»"

Cerco di dare maggior rilievo a una funzione di réverie ingorgata di elementi iperconcreti, per poter produrre insieme narrazioni, sogni, fan tasie, gioco12. Per aiutarmi mi avvalgo di collegamenti con immagini di fiabe o di bambini che riconosco appartenere all’atmosfera della seduta.

" Borgogno F, Fede in un nuovo inizio e in un futuro, in La “storia" e il Luogo Immaginario {a cura di A-Ferro-F.Borgogno) «Quaderni di psicoterapia infantile», 41, Roma, Boria, 2000

12 Cfr. Ferro A., La “Storia” e il Luogo Immaginario, «Quaderni di psicoterapia infan tile», d t., pp. 96-97

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Vedo la paziente rinfrancata rispetto al primo periodo capace di lasciarsi andare all’immaginazione, lavorando sul sogno e persino portandomi dei disegni, come fa con i suoi allievi.

Conclusione“Percorso” in psicoanalisi significa “tragitto impervio”, tratto di strada colmo di ostacoli, di impedimenti dove è sempre possibile perdersi, devia re, sbagliare.

La categoria di “percorso” è antitetica alla categoria di “processo” (ana litico) con cui si sottolinea che l’efficacia e il divenire di un’analisi, dipen da da uno svolgimento obiettivo dei fenomeni mentali che transitano attraverso una successione di “stadi” o “posizioni” (M.Klein) oppure coin cidono con una “storia naturale “ dell’analisi (Meltzer)”13.

Il concetto di “percorsi” e di “percorsi teorico-clinici”, non abbastanza approfondito nel dibattito attuale e contrapposto al concetto forte di “tec nica”, permette di sottolineare, nell’analisi, quel movimento di andare e venire da Sé all’Altro e tornare dall’Altro a se-stessi, prima di risolversi al commento di comprensione, all’illuminazione, all’interpretazione.14

Se si accetta che la nostra dipendenza dal paziente è rigorosamente sta bilita e si ammette che il percorso analitico si compie in due, il problema diventa ottenere una collaborazione del paziente tale che sia egli stesso a poterci avvertire degli ostacoli del percorso: ostacoli rappresentati dal con flitto intrapsichico di parti adulte e parti infantili della personalità. Ciò che non può andar perduto in questo andiri-vieni (da me all’altro dall’al tro a me ) è la specificità dell’essere psicoanalisti relativamente alla respon sabilità sulla persona che ci è compagna di strada e di cui si vuole allevia re il mal-essere. L’unicità di quella persona ci chiama alla testimonianza della sua unicità : ogni trasformazione della sofferenza può avvenire solo nei modi e nei tempi a quella persona più congeniali e più adeguati.

'’Pontalis J.B., Questo tempo che non passa, p.50, Roma, Boria, 1999 14 G£L a proposito della “categoria di percorso” psicoanalitico la premessa di

F.Borgogno al suo libro Psicoanalisi come percorso, Torino, Bollati Boringhieri, 1999.

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Page 14: Archivio Dina Vallino Pubblicazioniassociazionedinavallino.it/wp-content/uploads/2017/06/perc-cons.pdf · 4 Freud S.(1920) Al di là del principio del piacere p.201; Associazione

Da analista a analista varieranno i percorsi teorico- clinici che permet tono l’evoluzione di un’analisi.

Percorsi teorico-clinici che hanno radici nell’esperienza esistenziale e storica dell’analista, viaggi o tragitti o tratti di strada (tale è il sinonimo di “percorso”) per raggiungere l’altro laddove si trova e accompagnarlo dove ancora non sa andare. L’analista si avvale, nel percorso, di supporti, forni ti da altri pensieri, da altri autori. Importante è che l’analista riconosca di essere il punto focale del percorso che sta compiendo: questo implica che non potrà mai uscire fuori di sé, non solo nel senso di non perdere la testa, ma anche nel senso di dare spazio alle sue esperienze interne sia a quelle più embrionali e inespresse (e ai suoi pregiudizi) al fine non di privile giarle, ma distinguerle rispetto a quelle dell’Altro. A me, credo, sia con sentito a questo punto esplicitare quali i percorsi che mi sono più conge niali e come da sempre essi siano radicati nei momenti di difficoltà con i pazienti che mi prefìggo di conoscere e aiutare.

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