Non solo Infant Observation - Associazione Dina...

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Archivio Dina Vallino Pubblicazioni Non solo Infant Observation Dina Vallino ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– Per citare questo scritto: VALLINO D., “Non solo Infant Observation”. In La via milanese alla psicoanalisi: 50 anni di storia, a cura di Paolo Chiari, 119- 125. Milano: Jaca Book 2016. h"p://associazionedinavallino.it/wp-content/uploads/2017/06/non-solo-infant.pdf ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– Archivio | Associazione Scien,fico Culturale Dina Vallino [email protected] Via Antonio Kramer, 18 | 20129, Milano (MI) | Italia Tel. +39 02.76003736 | C.F. 97736670155 [email protected] | www.associazionedinavallino.it

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Archivio Dina Vallino Pubblicazioni

Non solo Infant ObservationDina Vallino

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Per citare questo scritto:

VALLINO D., “Non solo Infant Observation”. In La via milanese alla psicoanalisi: 50 anni di storia, a cura di Paolo Chiari, 119-125. Milano: Jaca Book 2016.

h"p://associazionedinavallino.it/wp-content/uploads/2017/06/non-solo-infant.pdf

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NON SOLO INFANT OBSERVATION

Dina Vallino

Verso la fine degli anni ’70 il Centro Milanese di Psicoanalisi ha dato un notevole contributo alla conoscenza e alla divulgazione del- l’Infant Observation. Tutti sanno che l’Infant Observation è una me todologia osservativa, della relazione madre-bambino in famiglia, ide ata dalla psicoanalista polacca Esther Bick alla fine degli anni ’40 e de stinata alla formazione degli operatori.

Col titolo di questo intervento, intendo sintetizzare che l’Infant Observation non è oggi soltanto una formazione all’osservazione, ma è una disciplina in espansione destinata a diventare una sorta di «alle namento» per la comprensione clinica più profonda dei vissuti preco ci dei bambini e degli adulti.

Poiché ho avuto la fortuna di essere una testimone partecipe del l’apertura del nostro Centro a un rinnovamento culturale, ricorderò che verso la fine degli anni ’60 alcuni psicoanalisti italiani andarono in Inghilterra per avere una formazione o riprendere una tranche d’ana lisi. Al ritorno, questi pionieri - Adda Corti, Mauro Morra, Lina Ge nerali (non posso qui nominarli tutti) - diedero inizio a un fecondo in contro tra la psicoanalisi italiana e la psicoanalisi britannica. Parlerò del contributo dato dalla Generali al nostro Centro quando, tornata da Londra, pubblicò sulla «Rivista di Psicoanalisi», nel 1971, un cele bre saggio dal titolo Losservazione del neonato come metodo di studio in psichiatria infantile, che poneva l’attenzione sul metodo osservativo di Esther Bick inerente alla relazione madre-bambino.

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Scrive la Generali:

Dina Vallino

nel nostro lavoro è importante capire che non sono soltanto i genitori a influenzare il bambino ma che si tratta di un processo reciproco.

[...] Ciascuno dei neonati da noi presi in osservazione sin dalla nascita era un individuo diverso dall’altro, aveva un suo modo di mettersi in contat to con la madre, e provocava determinate risposte nel comportamento dei genitori.

Il sottolineare, da parte della Generali, l’influsso del bambino sul la madre anticipa gli studi di Infant Research e di Stern che evidenzia no la «regolazione reciproca» nell’interazione madre-bambino. Qual che anno dopo, il Centro Milanese invitò la Generali a organizzare dei seminari di osservazione del neonato che, per due anni, dal 1978 al 1980, furono condotti solo da Lina Generali, mentre dal 1980 al 1982 Generali si alternò nel seminario con la coppia Martha Harris-Donald Meltzer. Le osservatrici erano due: io stessa e Anna Motta, che presen tavamo a vicenda un caso di osservazione.

Per rendersi conto del fervido clima di ricerca che l’Infant Obser- vation di Esther Bick generava in quel periodo in Italia, è utile rilegge re il bel lavoro presentato a Taormina nel 1980 al IV Congresso Nazio nale della SPI da Lina Generali Clements e Gina Ferrara Mori che è, a detta delle stesse autrici, uno dei frutti di quei seminari di Infant Ob- servation. Il lavoro della Generali e della Mori anticipa infatti un’idea di ricerca psicoanalitica molto particolare in cui le interazioni che av vengono nella coppia madre-bambino (descritte dall’osservatore e poi rielaborate in gruppo) potevano, secondo le autrici, essere paragona te con le interazioni analista-paziente. Scrivono le autrici che il lavoro di discussione sulle osservazioni fatte in un gruppo di analisti e candi dati nel Centro Milanese di Psicoanalisi fu il motore che ispirò loro una ricerca in cui la funzione analitica diventava paragonabile alla funzione materna.

L’altro aspetto di questo lavoro era avviare un’indagine e un con fronto sulla distanza tra «il bambino» che emergeva dall’analisi degli adulti e «il bambino osservato», tutte tematiche che iniziavano ad af fiorare alla fine degli anni ’70 e rendevano indispensabile agli analisti riflettere sulTemergere dei ricordi infantili nel materiale analitico.

Per me questi seminari furono una preziosa occasione di apprendi

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Non solo Infant Observation

mento dato che Martha Harris e Lina Generali riuscivano ad accende re, durante la discussione di gruppo, una straordinaria ricchezza di in terventi dei nostri colleghi che confluivano a Milano da ogni parte d’Italia: Franco Borgogno, Federico Flegenheimer, Giovanni Haut- mann, Gina Ferrara Mori e Franco Mori, Maria Pagliarani, Giuseppi na Tirelli, Magda Viola, Franco De Masi.

Se Bick aveva ideato l’Infant Observation come metodo di osservazio ne, Martha Harris, influenzata da Bion (1987, p. Vili), era convinta del l’importanza del lavoro del gruppo sia per l’interpretazione del raccon to dell’osservatore, sia per la convalida delle regole dell’osservazione.

Gli psicoanalisti milanesi che uscivano da un ventennio di frequen tazione della psicoanalisi freudiana stavano transitando verso un altro paradigma che annunciava l’integrazione di punti di vista diversi nei quali l’impronta clinica era fondamentale. Pertanto si osservava non solo il bambino in famiglia sin da neonato ma si facevano anche ipote si sulla vita infantile dei pazienti adulti: si cercava di capire se l’emer gere di vissuti infantili, mostrato con l’Infant, potesse intercettare il vissuto di quei pazienti adulti particolarmente silenziosi o sofferenti, che si esprimevano per lo più con un comportamento non verbale, ge sti, sguardi, mormorii, come i bambini piccoli. Scoprire la connessio ne tra il lattante visto con l’Infant Observation e il paziente, in analisi, adulto o bambino, era un punto di vista clinico completamente nuo vo. Con l’osservazione del neonato in famiglia, si vedeva bene che le molte madri che sceglievano di stare a casa con il loro piccolo, viveva no per diversi mesi un periodo di vita felice e, se erano aiutate dai pa dri e dall’ambiente intorno a superare la stanchezza, erano capaci di dedicarsi al bambino con entusiasmo e il bambino subito sviluppava fierezza e curiosità. Vedevamo, con l’Infant, neonati vispi, piacevoli, sorridenti al mondo, aperti. Si delineava il ritratto di un lattante desi deroso da subito dopo la nascita di un abbraccio della madre, come Bick raccomandava suggerendo l’importanza di un contatto fisico molto stretto («dose physical contact») e come già Ferenczi e i Balint avevano dagli anni Trenta indicato negando l’idea di Freud di un nar cisismo primario nel neonato. Tale relazione di tenerezza tra madre e bambino era ritenuta importante anche nel rapporto analitico quando il paziente adulto era più ritirato, silenzioso e sordo all’interpretazio ne. Proprio al paziente difficile da raggiungere, l’analista doveva desti nare una sorta di sollecitudine materna che gli permettesse di riscopri re la densità e la dominanza dei propri vissuti infantili.

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I dati dell’Infant Observation, d’altra parte, costringevano ad am mettere ciò che oggi è ormai un’acquisizione inconfutabile: che il com portamento di una madre che costantemente fraintende i bisogni del suo bebé determina uno sviluppo che può divenire patologico. Con l’osservazione diventava un’evidenza ciò che Winnicott aveva notato, che un lattante non contenuto dalla madre rischiava di cadere in an gosce catastrofiche primarie e più tardi nella psicosi (Winnicott, 1956, tr. it. 1975, p. 357).

Ciò che mi diede da pensare fu il fatto che con l’Infant Observa tion l’osservatore si trovava a guardare ciò che capitava e sovente suc cedeva agli osservatori di venire in contatto con madri che fraintende vano insistentemente le richieste o il pianto o il comportamento del loro bambino, sino a creargli dei problemi e anche una sofferenza inu tile ed esagerata. Nel corso delle osservazioni non si poteva, quindi, non constatare lo scioccante contrasto tra i dati dell’osservazione e la teoria kleiniana. Non appariva, infatti, alcuna aggressività del neona to, né l’invidia del seno che la Klein aveva evidenziato, ma piuttosto che, quando la madre non riusciva a confortarlo, il lattante poteva ri tirarsi nel sonno dopo aver pianto. Era piuttosto la depressione pri maria, la reazione del lattante alla deprivazione, fatto che anche Meltzer mise poi in evidenza ponendo in primo piano la posizione de pressiva e solo successivamente la posizione schizoparanoide.

Vorrei annotare due esperienze avute come osservatrice: durante i primi sei-otto mesi del bambino l’ansia della madre è sempre piuttosto intensa. Mi ero accorta che ogni madre mostrava molto bisogno di sa pere sul proprio bambino e perciò chiedeva sovente all’osservatore con sigli e rassicurazioni. Mi era anche chiaro che l’Infant Observation non è una terapia e io non ero lì per dare consigli. Lo sosteneva con molta convinzione Esther Bick affermando che l’Infant Observation non ave va l’intento di costruire una forma di terapia con la madre, ma nella stes sa metodologia dell’osservazione era insito un sostegno alla madre e un certo apporto terapeutico. Mi accorgevo, come osservatrice, che alle domande della madre se riuscivo ad attirare, con brevi commenti, la sua attenzione sul comportamento del bambino, aiutando lei a osservarlo, la madre era grata di questo e riusciva a far star meglio il figlio.

Al di là delle regole dell’osservazione, l’osservatore non può sfug gire al principio etico valido in ogni scienza umana secondo il quale una persona in pericolo va soccorsa. E un bambino ripetutamente frainteso viene trascurato e diviene una persona in pericolo. Su questo

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passaggio mette radici sia il mio punto di vista etico sia la mia evolu zione come analista di bambini.

Esperienze nel campo infantile

Decisiva è stata per me la constatazione della frequenza, nelle rela zioni madre-bambino, non tanto di un vero e proprio maltrattamento0 trascuratezza, di per sé rari nelle Infant Observation, ma piuttosto della presenza nella vita familiare di fraintendimenti della madre do vuti a difficoltà ricorrenti nella comprensione delle richieste infantili oppure a difficoltà inerenti al tipo di risposta efficace. Sintomi anche gravi dei bambini erano correlati a tali fraintendimenti: ad es. vedeva mo risposte simil-autistiche in lattanti considerati dai genitori bene adattati.

E sorta attraverso il percorso mentale cui ho accennato l’idea di un tipo di consultazione terapeutica che ho presentato, con molti esempi clinici, in Fare psicoanalisi con genitori e bambini del 2009: la Consul tazione partecipata e prolungata. La mia stanza di analisi ha aperto le porte ai genitori che chiedevano consulenza per i loro bambini, man tenendo un setting psicoanalitico. I genitori, col divenire «osservatori partecipi» della relazione tra sé e il figlio, diverranno capaci di accor gersi del loro fraintendimento e delle loro attese incongrue o eccessi ve nei confronti del bambino. Nel primo colloquio col terapeuta di so lito i genitori parlano delle difficoltà che incontrano nell’educazione oppure del disagio dei figli che non riescono più a capire: abbandono della scuola, crisi di rabbia o pianto, deficit significativi di apprendi mento ecc., i sintomi variano a seconda dell’età. Di solito ai genitori che mi consultano, dopo aver raccolto qualche breve nota anamnesti- ca, propongo subito un incontro con il loro bambino/a, li invito a gio care con lui/lei (se ne sono capaci) e a fare attenzione al suo compor tamento, notando tutto ciò che risulta diverso da quello che succede a casa. Infine li prego di riservare i loro commenti ai colloqui che fare mo separatamente, per non disturbare il bambino parlandogli sopra.1 genitori si accorgono che il figlio/a non presenta solo sintomi, ma ha una vita mentale simbolica nella quale esprime, in altro modo che col sintomo, la sua creatività. Varia è la tipologia di famiglie di cui mi sono interessata: le famiglie del lutto, del divorzio, dei bambini in adozione, dei bambini con malattie gravi o rare.

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Vorrei accennare al fatto che non è soltanto una Tecnica quella che supporta il lavoro con i bambini e i genitori, ma un’esperienza che si radica nei nostri vissuti. Nessuno di noi può ignorare gli elementi au tobiografici relativi alle proprie «ferite» e ai propri «amori» infantili: il nostro passato, la nostra infanzia, se non viene rimossa, evitata, è presente sempre in noi: è lì che abbiamo conosciuto i primi frainten dimenti, ma se li accettiamo, possono diventare l’ingrediente di una rinnovata attenzione adulta ai bimbi piccoli e ai loro genitori.

In conclusione

Sintetizzo i punti più importanti:a) L’Infant Observation, ci ha mostrato puntualmente tutta la com

plessità dello sviluppo della relazione madre-bambino. La ricerca fat ta negli archivi di osservazioni del neonato, ha fatto emergere chiara mente non solo il neonato sensoriale e dipendente ma il neonato che sventola la sua esistenza segnalando la sua intenzionalità e imprevedi bilità. Il determinarsi di una «crisi» in una madre è spesso dovuta all’impossibilità per lei, in quel momento, di rispondere a segnali del suo piccolo che richiedono un’attenzione concentrata e una disponi bilità al considerare il bambino un «Altro da sé» con richieste e biso gni imprevisti, nuovi, diversi dai propri.

b) Parallelamente al tema dello sviluppo infantile, l’Infant Obser vation ha tratteggiato, nel nostro Centro Milanese, un percorso squi sitamente clinico destinato sia ai pazienti adulti difficili da raggiunge re sia ai pazienti bambini conosciuti meglio se avvicinati con una for mazione comprendente l’Infant Observation. L’osservazione del neo nato ci fa apprendere come analisti il linguaggio del corpo del bambi no, il suo modo di chiedere conforto senza parlare, la sua tristezza se non viene capito.

c) C’è molto da imparare dalle madri, quando sono capaci di esse re aperte alle proiezioni e ai bisogni del loro bambino dando a lui ri sposte appropriate. E come analisti di bambini, i dati dell’Infant ci co stringono ad ammettere un dato inconfutabile: che possiamo essere analisti frustranti rispetto ai bisogni del nostro paziente bambino, e la presenza dei genitori nella stanza ci tiene sotto controllo e ci aiuta a correggere difetti di approssimazione o di indifferenza.

d) Col concetto di espansione dell’Infant, ho inteso accentuare l’idea

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che oggi è necessario pensare a una psicoanalisi infantile che può evol vere con imprevedibili sviluppi se si domanda ai genitori di riflettere sulle loro responsabilità nel procurare disagio ai figli (cfr. Rossi G., Scarabello E., Balottin U 2009).

e) Penso che l’espansione dell’Infant sia consono allo spirito del nostro tempo: si deve ammettere che i genitori sono più colti per quanto riguarda la materia psicologica e quindi desiderano essere coinvolti nella terapia, e che per loro affidare un figlio a un esperto non è oggi così automatico, come negli anni ‘80.

Dopo circa quarantanni dalle fondamentali trasformazioni in psi coanalisi infantile, introdotte da Winnicott, Bion e Bick, è ormai asso dato che la relazione con l’ambiente è in buona parte determinante per la patologia infantile e per lo sviluppo equilibrato ed è venuto per tanto il tempo di sperimentare con fiducia determinazione ed entusia smo tipi di consultazione e di terapie intensive che agiscano anche sull’ambiente di accudimento, coinvolgendolo.

Bibliografia

Di Chiara G., Il Centro Milanese di Psicoanalisi. Storia delle idee, lavoro pre sentato il 23 ottobre 2003 al CMP.

Generali L., Il osservazione come metodo di studio in psichiatria infantile, «Riv. Psicoanal.», 1971.

Rossi G., Scarabello E., Balottin U., Fantasmi Angeli e fantasie inconsce. Una panoramica su psicoterapie e consultazioni madre-bambino, «Psichiatria Infanzia e Adolescenza», Voi. 76, 2009, pp. 379-395.

Harris M., Bick E., Collected papers of Martha Harris and Esther Bick, ed. Meg Harris Williams, The Clunie Press, Pertshire, Scotland 1987.

Vallino D., L’avvio della consultazione partecipata (1984), in M.L. Algini (a cura di), Sulla storia della psicoanalisi infantile, «Quaderni di Psicoterapia Infantile», 55, Boria, Roma 2007.

Vallino D., La consultazione con il bambino e i suoi genitori, «Riv. Psicoanal.», 2002a, XLVlli, 2.

Vallino D., La Consultazione Partecipata: figli e genitori nella stanza d’analisi, «Quaderni di Psicoterapia Infantile», 48,2004a.

Winnicott D., La preoccupazione materna primaria (1956), in Dalla pediatria alla Psicoanalisi, Martinelli Editore, Firenze 1975.

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