APPUNTI PER UNA PRIMA CARTA DELLE CERAMICHE … · prima dell’espansione seguita all’ultimo...

6
159 APPUNTI PER UNA PRIMA CARTA DELLE CERAMICHE INVETRIATE BASSOMEDIEVALI NEL MEDIO IONIO CALABRESE di MARGHERITA CORRADO 1. PREMESSA Come in altre città d’antica origine che nel tempo, prima dell’espansione seguita all’ultimo dopoguerra, pur senza mai conoscere lo spopolamento e l’abbandono, han- no tuttavia alternato dilatazioni e ridimensionamenti del perimetro abitato, l’indagine scientifica a Crotone presenta tutte le difficoltà tipiche dell’archeologia urbana. A fronte di una messe di documenti cartacei e architettonici via via più abbondante procedendo nel corso secondo millennio, di tracce di cultura materiale relative all’età romana e a quel- la medievale in senso lato tuttora quasi non c’è riscontro nell’edito. Per ragioni diverse, anche i centri minori del Marchesato stentano a trovare posto nella letteratura archeo- logica, perlomeno quella relativa ad epoca postclassica, con la sola felice eccezione di Santa Severina e, in parte, di Le Castella e Capo Rizzuto. Un simile quadro giustifica l’esame e la presentazione in questa sede, sia pure in maniera del tutto preliminare, di un piccolo nucleo di ceramiche da mensa bassomedievali: resti esigui di forme aperte e chiuse relative a vasellame dipinto a due o tre colori sotto vetrina piombifera – impro- priamente detto RMR (DUFOURNIER, FLAMBARD, NOYÉ 1986) –, cui si aggiungono un paio di frammenti di scodelle inve- triate in verde e di forme aperte in duble dipped ware, ma- teriali recuperati in circostanze diverse ma sempre fortuno- se all’interno della città (Tav. I, Fig. 1) e in alcune località dei dintorni (Tav. I, Fig. 2). 2. LA DISTRIBUZIONE Nel merito, volendo rendere conto della distribuzione delle ceramiche in esame e di quelle analoghe – poche – già note in questa parte di Calabria, i frammenti da Crotone di seguito illustrati sono stati raccolti a più riprese dai soci del Gruppo Archeologico Krotoniate nel terreno di risulta di alcuni cantieri edili (proprietà Lucente, Messinetti e Berlingieri) aperti dagli anni Settanta in poi in un’area del- l’immediato suburbio gravitante su un asse stradale di pri- maria importanza. Già in uso in età romana (TALIANO GRAS- SO 1996-97), esso collegava la città alla parte centro-meri- dionale del contado. Nei pressi (cantiere B.P.C.), indagini ufficiali tuttora inedite hanno posto in luce alcuni pozzi e silos per derrate alimentari datati al XIII-XIV sec., con re- lativa documentazione numismatica (CUTERI 1998), mentre poco lontano (cantiere Messinetti), oltre ad esempi del va- sellame in discorso, scarti compresi, sono note da tempo due fornaci a camera di cottura circolare senz’altro post- classiche ma di dubbia cronologia. Dallo stesso sito, peral- tro, si segnala un frammento di ceramica invetriata di im- portazione: parte della vasca di una forma aperta in graffita bizantina tipo Spiral ware (cfr. SEMERARO 1995, fig. 24, n. 1) che fa il paio con un fondo (Tav. I, n.1) decorato in modo analogo (cfr. PATTERSON, WHITEHOUSE 1992, fig. 6) prove- niente dai saggi condotti presso la fortificazione giustinia- nea in Corso Vittorio Emanuele III (CORRADO 2001). En- trambi si datano grossomodo tra la metà del XII e la metà XIII secolo. Frammenti di ceramiche analoghe sono stati segnalati in passato anche da Le Castella (CUTERI 1997). In definitiva, l’esistenza certa, sia pure in epoca imprecisabi- le, di officine ceramiche site in questa parte del suburbio, ricca di argilla e di risorse idriche che invece l’angusto abi- tato non poteva garantire, rafforza l’ipotesi di una produ- zione locale di invetriate policrome avanzata di recente da Francesco Cuteri sulla base del riesame di tutte le acquisi- zioni dall’abitato e dalle sue immediate adiacenze (CUTERI 1998), non ultimi i rinvenimenti intra moenia, inediti, che si devono alle indagini svolte nel castello detto di Carlo V e nel monastero di S. Chiara (CUTERI 1994a), nonché all’aper- tura di trincee per la posa di cavi telefonici lungo le vie del centro storico nei primi anni Novanta. Allontanandoci dalla città, in direzione nord, i fram- menti di “RMR” recuperati in superficie in contrada Mar- gherita e soprattutto poco lontano, nel sito della grande vil- la romana di Tre Chiese-Suvaretto, prospiciente la tradizio- nale via litoranea e prossimo alla foce del Neto, testimonia- no di una frequentazione che, ininterrotta almeno dall’epo- ca brettia all’VIII secolo d.C. (CORRADO 2001), in età basso medievale conobbe una ripresa non solo vivace ma di alto livello qualitativo – si contano da qui anche un paio di fram- menti di protomaiolica –, a conferma della felice vicenda insediativa del sito. Risalendo il fiume, se a proposito dei rinvenimenti di Strongoli si hanno solo notizie verbali, i saggi di scavo svolti all’interno del castello di Santa Seve- rina hanno restituito l’abbondante documentazione parzial- mente illustrata nella relativa pubblicazione (MORRONE 1998) ed esposta nei locali della stessa fabbrica. Proseguendo lun- go il litorale nord, in territorio di Cirò Marina (KR), parte del vasellame proposto è stato trovato a Punta Alice, nel- l’area dell’antico Apollonion purtroppo sconvolto nei suoi livelli più superficiali dai lavori di bonifica condotti negli anni Venti. L’importanza del promontorio per la navigazio- ne e l’approdo, protetto com’è dai venti dominanti, rende agevolmente ragione di tali presenze. Se non bastasse, l’esi- stenza di un abitato chiamato Alichia, prossimo all’omoni- ma foresta regia che occupava l’estremità del capo e dotato di attracco, è attestata su base documentaria nel corso del XIII secolo e con certezza fino al 1334 (DE LEO 1997). Al- trettanto interessanti, poiché complice un toponimo parti- colarmente eloquente c’è motivo di crederli legati anch’es- si ad un insediamento stabile, sono i materiali dalla collina della Motta confluiti prima nel Deposito Comunale di Cirò Marina e quindi nel locale Museo Civico Archeologico. Già sede di un importante abitato protostorico (GIVIGLIANO, SMURRA 1997), ne fa un sito forte l’essere situata subito alle spalle della pianura costiera, con la possibilità di controlla- re l’imbocco – oggi bivio Alice – della via che dalla mari- na, abitata fino a tutto il VII secolo (CORRADO 2001; AISA, CORRADO c.s.), ancora oggi conduce alla più interna Cirò, la Ypsigrò medievale. Una posizione privilegiata anche nei confronti della speculare sommità del colle di Madonna d’Itria e della sottostante fonte Alice, tant’è che nei livelli di humus dello scavo del santuario brettio di Demetra pres- so il bivio citato (LATTANZI 2000) sono stati raccolti un de- naro tornese di XIII secolo e qualche frammento di inve- triata policroma. Del resto, l’Alichia duecentesca è l’erede onomastico più che topografico del castrum avito ove sor- se, rioccupando totum montem, la mansio per la sosta e l’ap- provvigionamento di crociati e pellegrini voluta dall’abate Raimondo del monastero di San Salvatore di Monte Tabor e concessagli da Riccardo Senescallo, nipote di Roberto il Guiscardo, nel 1115 (MAONE 1965), episodio da cui avreb- be avuto origine la già ricordata chiesa di S.Maria dell’Itria, palese corruzione dell’epiclesi Odigitria (DE LEO 1997). Muovendo da Crotone in direzione ovest e poi verso sud, esempi di invetriate policrome si contano dalla collina di San Biagio, dove peraltro in passato fu rinvenuta un’in- teressante moneta armena: un kardez di bronzo del re Hetoum II (1289-1306) (ARSLAN 2001), e dal casale abban- donato di Santo Janni Monaco, in particolare, consegne di privati, queste ultime, ai musei Civico e Nazionale Archeo- logico di Crotone (cfr. CUTERI 1994a). Altri ne segnala l’at- tività di survey nelle contrade Campanaro e Manca della

Transcript of APPUNTI PER UNA PRIMA CARTA DELLE CERAMICHE … · prima dell’espansione seguita all’ultimo...

Page 1: APPUNTI PER UNA PRIMA CARTA DELLE CERAMICHE … · prima dell’espansione seguita all’ultimo dopoguerra, pur senza mai conoscere lo spopolamento e l’abbandono, han-no tuttavia

159

APPUNTI PER UNA PRIMA CARTADELLE CERAMICHE INVETRIATE

BASSOMEDIEVALI NEL MEDIOIONIO CALABRESE

diMARGHERITA CORRADO

1. PREMESSA

Come in altre città d’antica origine che nel tempo,prima dell’espansione seguita all’ultimo dopoguerra, pursenza mai conoscere lo spopolamento e l’abbandono, han-no tuttavia alternato dilatazioni e ridimensionamenti delperimetro abitato, l’indagine scientifica a Crotone presentatutte le difficoltà tipiche dell’archeologia urbana. A frontedi una messe di documenti cartacei e architettonici via viapiù abbondante procedendo nel corso secondo millennio,di tracce di cultura materiale relative all’età romana e a quel-la medievale in senso lato tuttora quasi non c’è riscontronell’edito. Per ragioni diverse, anche i centri minori delMarchesato stentano a trovare posto nella letteratura archeo-logica, perlomeno quella relativa ad epoca postclassica, conla sola felice eccezione di Santa Severina e, in parte, di LeCastella e Capo Rizzuto.

Un simile quadro giustifica l’esame e la presentazionein questa sede, sia pure in maniera del tutto preliminare, diun piccolo nucleo di ceramiche da mensa bassomedievali:resti esigui di forme aperte e chiuse relative a vasellamedipinto a due o tre colori sotto vetrina piombifera – impro-priamente detto RMR (DUFOURNIER, FLAMBARD, NOYÉ 1986)–, cui si aggiungono un paio di frammenti di scodelle inve-triate in verde e di forme aperte in duble dipped ware, ma-teriali recuperati in circostanze diverse ma sempre fortuno-se all’interno della città (Tav. I, Fig. 1) e in alcune localitàdei dintorni (Tav. I, Fig. 2).

2. LA DISTRIBUZIONE

Nel merito, volendo rendere conto della distribuzionedelle ceramiche in esame e di quelle analoghe – poche – giànote in questa parte di Calabria, i frammenti da Crotone diseguito illustrati sono stati raccolti a più riprese dai soci delGruppo Archeologico Krotoniate nel terreno di risulta dialcuni cantieri edili (proprietà Lucente, Messinetti eBerlingieri) aperti dagli anni Settanta in poi in un’area del-l’immediato suburbio gravitante su un asse stradale di pri-maria importanza. Già in uso in età romana (TALIANO GRAS-SO 1996-97), esso collegava la città alla parte centro-meri-dionale del contado. Nei pressi (cantiere B.P.C.), indaginiufficiali tuttora inedite hanno posto in luce alcuni pozzi esilos per derrate alimentari datati al XIII-XIV sec., con re-lativa documentazione numismatica (CUTERI 1998), mentrepoco lontano (cantiere Messinetti), oltre ad esempi del va-sellame in discorso, scarti compresi, sono note da tempodue fornaci a camera di cottura circolare senz’altro post-classiche ma di dubbia cronologia. Dallo stesso sito, peral-tro, si segnala un frammento di ceramica invetriata di im-portazione: parte della vasca di una forma aperta in graffitabizantina tipo Spiral ware (cfr. SEMERARO 1995, fig. 24, n. 1)che fa il paio con un fondo (Tav. I, n.1) decorato in modoanalogo (cfr. PATTERSON, WHITEHOUSE 1992, fig. 6) prove-niente dai saggi condotti presso la fortificazione giustinia-nea in Corso Vittorio Emanuele III (CORRADO 2001). En-trambi si datano grossomodo tra la metà del XII e la metàXIII secolo. Frammenti di ceramiche analoghe sono statisegnalati in passato anche da Le Castella (CUTERI 1997). Indefinitiva, l’esistenza certa, sia pure in epoca imprecisabi-le, di officine ceramiche site in questa parte del suburbio,

ricca di argilla e di risorse idriche che invece l’angusto abi-tato non poteva garantire, rafforza l’ipotesi di una produ-zione locale di invetriate policrome avanzata di recente daFrancesco Cuteri sulla base del riesame di tutte le acquisi-zioni dall’abitato e dalle sue immediate adiacenze (CUTERI1998), non ultimi i rinvenimenti intra moenia, inediti, chesi devono alle indagini svolte nel castello detto di Carlo V enel monastero di S. Chiara (CUTERI 1994a), nonché all’aper-tura di trincee per la posa di cavi telefonici lungo le vie delcentro storico nei primi anni Novanta.

Allontanandoci dalla città, in direzione nord, i fram-menti di “RMR” recuperati in superficie in contrada Mar-gherita e soprattutto poco lontano, nel sito della grande vil-la romana di Tre Chiese-Suvaretto, prospiciente la tradizio-nale via litoranea e prossimo alla foce del Neto, testimonia-no di una frequentazione che, ininterrotta almeno dall’epo-ca brettia all’VIII secolo d.C. (CORRADO 2001), in età bassomedievale conobbe una ripresa non solo vivace ma di altolivello qualitativo – si contano da qui anche un paio di fram-menti di protomaiolica –, a conferma della felice vicendainsediativa del sito. Risalendo il fiume, se a proposito deirinvenimenti di Strongoli si hanno solo notizie verbali, isaggi di scavo svolti all’interno del castello di Santa Seve-rina hanno restituito l’abbondante documentazione parzial-mente illustrata nella relativa pubblicazione (MORRONE 1998)ed esposta nei locali della stessa fabbrica. Proseguendo lun-go il litorale nord, in territorio di Cirò Marina (KR), partedel vasellame proposto è stato trovato a Punta Alice, nel-l’area dell’antico Apollonion purtroppo sconvolto nei suoilivelli più superficiali dai lavori di bonifica condotti neglianni Venti. L’importanza del promontorio per la navigazio-ne e l’approdo, protetto com’è dai venti dominanti, rendeagevolmente ragione di tali presenze. Se non bastasse, l’esi-stenza di un abitato chiamato Alichia, prossimo all’omoni-ma foresta regia che occupava l’estremità del capo e dotatodi attracco, è attestata su base documentaria nel corso delXIII secolo e con certezza fino al 1334 (DE LEO 1997). Al-trettanto interessanti, poiché complice un toponimo parti-colarmente eloquente c’è motivo di crederli legati anch’es-si ad un insediamento stabile, sono i materiali dalla collinadella Motta confluiti prima nel Deposito Comunale di CiròMarina e quindi nel locale Museo Civico Archeologico. Giàsede di un importante abitato protostorico (GIVIGLIANO,SMURRA 1997), ne fa un sito forte l’essere situata subito allespalle della pianura costiera, con la possibilità di controlla-re l’imbocco – oggi bivio Alice – della via che dalla mari-na, abitata fino a tutto il VII secolo (CORRADO 2001; AISA,CORRADO c.s.), ancora oggi conduce alla più interna Cirò, laYpsigrò medievale. Una posizione privilegiata anche neiconfronti della speculare sommità del colle di Madonnad’Itria e della sottostante fonte Alice, tant’è che nei livellidi humus dello scavo del santuario brettio di Demetra pres-so il bivio citato (LATTANZI 2000) sono stati raccolti un de-naro tornese di XIII secolo e qualche frammento di inve-triata policroma. Del resto, l’Alichia duecentesca è l’eredeonomastico più che topografico del castrum avito ove sor-se, rioccupando totum montem, la mansio per la sosta e l’ap-provvigionamento di crociati e pellegrini voluta dall’abateRaimondo del monastero di San Salvatore di Monte Tabore concessagli da Riccardo Senescallo, nipote di Roberto ilGuiscardo, nel 1115 (MAONE 1965), episodio da cui avreb-be avuto origine la già ricordata chiesa di S.Maria dell’Itria,palese corruzione dell’epiclesi Odigitria (DE LEO 1997).

Muovendo da Crotone in direzione ovest e poi versosud, esempi di invetriate policrome si contano dalla collinadi San Biagio, dove peraltro in passato fu rinvenuta un’in-teressante moneta armena: un kardez di bronzo del reHetoum II (1289-1306) (ARSLAN 2001), e dal casale abban-donato di Santo Janni Monaco, in particolare, consegne diprivati, queste ultime, ai musei Civico e Nazionale Archeo-logico di Crotone (cfr. CUTERI 1994a). Altri ne segnala l’at-tività di survey nelle contrade Campanaro e Manca della

Page 2: APPUNTI PER UNA PRIMA CARTA DELLE CERAMICHE … · prima dell’espansione seguita all’ultimo dopoguerra, pur senza mai conoscere lo spopolamento e l’abbandono, han-no tuttavia

160

Vozza (CORRADO 2000), anch’esse in territorio di Cutro (KR),sedi nel XIII-XIV secolo di villaggi affacciati sulle estremepropaggini della vallata dell’Esaro, ed in località Tripani,intorno alla diruta chiesetta di S. Pietro, in agro di Isola diCapo Rizzuto. Sporadiche attestazioni si hanno poi, avan-zando ulteriormente nell’entroterra, da località quali SanDemetrio-Colle della Chiesa presso Petilia Policastro (KR).Procedendo lungo la costa meridionale del Marchesato,vanno invece ricordati per inciso un fondo di scodella congrid-iron da Vrica e due butti di invetriate policrome, ine-diti, scavati dalla scrivente nel 1998 nel prolungamento ot-tocentesco della chiesetta della Beata Vergine Maria di CapoColonna, sul promontorio omonimo, testimonianza di unafrequentazione basso medievale del tempio cristiano, di fon-dazione anteriore (XI-XII sec.) (cfr. RUGA 1996, nota n. 11),altrimenti sfuggente a causa della completa ristrutturazionedell’edificio nel secondo Cinquecento e della costruzione,di lì a poco, della torre di avvistamento detta di Nao. Meritamenzione anche il vasellame recuperato in mare dal Grup-po Archeologico Krotoniate a Capo Alfiere, poco a sud-ovest di Capo Colonna, nel 1995: piatti e scodelle ingob-biati e dipinti in bruno e rosso, per lo più ad uccelli o motivivegetali, che si suppongono di produzione extraregionale(MARINO, CORRADO 1996; CUTERI 1998b). Un frammento di“RMR” proviene poi dal sito pluristratificato di Soverito-Corazzo ed altri dal complesso fortificato dell’isolotto diLe Castella (CUTERI 1997), entrambi in territorio di IsolaCapo Rizzuto (KR). Più ad ovest, interessanti ceramicheanaloghe restituiscono i focolari aperti a più riprese dai ca-vatori di materiale da costruzione nella chiesetta altome-dievale (VI-VII sec.) sita in località Basilicata, subito allespalle della marina di Cropani (CZ), oggetto di indagini stra-tigrafiche dal 1998, da cui proviene anche un’anfora “tipoOtranto” (X-XIII sec.) di produzione salentina (CORRA-DO 2001). Proseguendo nel Golfo di Squillace, altre “RMR”sono segnalate nei resoconti delle indagini archeologichesvolte nella basilica di S.Maria della Roccella, in agro diBorgia (CZ) (CUTERI 1994). Nel castrum di S. Maria delMare, infine, sul promontorio di Copanello (CZ), vasella-me della stessa classe prodotto in loco o comunque in terri-torio regionale – due scodelle, decorate l’una in bruno erosso, l’altra in bruno, rosso e verde –, proviene da livelli diabbandono dell’insediamento che, posteriori alla distruzio-ne operata dai Normanni nel 1059, pare non possano scen-dere oltre la prima metà del XII secolo, offrendo così unnuovo caposaldo cronologico, sorprendentemente precoce(RAIMONDO 2002).

3. I MATERIALI: FORME E DECORAZIONI

I soli esempi di vasellame rivestito di vetrina piombife-ra monocroma qui esaminati provengono dalla città di Cro-tone (cantiere Berlingieri), ascrivibili al XIII-prima metàdel XIV secolo. Sono i resti di due scodelle dalle superficischiarite e coperte, quelle interne, di vetrina verde intenso:una, apoda, con orlo a tesa larga, sottile e leggermente in-clinata, dotata di vasca emisferica carenata (Tav. I, n. 2),vanta ottimi confronti a Scribla (FLAMBARD, NOYÉ 1984, tav.CCXII, nn. 4, 6); l’altra, con orlo a breve tesa concava e piùaccentuata inclinazione verso l’alto, ha generiche affinitàcon un pezzo da Anglona (WHITEHOUSE, WHITEHOUSE 1969,fig. 19, n. 2) ma trova miglior riscontro morfologico tra lescodelle di ‘tipo lucano’ delle quali si dirà a breve. Il casaledi Santo Janni Monaco, dove prima delle arature profondedegli anni Novanta si raccoglievano in superficie cerami-che e vetri databili dal XII secolo all’età moderna – senzadimenticare gli indizi di una possibile frequentazione ante-riore (CUTERI 1994a, fig. 4) -, restituisce anche alcuni inte-ressanti frammenti per lo più di dimensioni assai ridotte,non illustrati, di ciotole e catini in double dipped ware (TA-GLIENTE 2000b; EAD. 2002) ascrivibili genericamente al XIV-XV secolo, finora ignoti non solo agli altri siti menzionati

in questo lavoro ma a tutto il territorio regionale. Quantoalle ceramiche invetriate policrome qui prese in considera-zione, preme sottolineare innanzi tutto la sostanziale omo-geneità delle caratteristiche macroscopiche degli impasti ela loro compatibilità con quelli di area tarantina diffusi unpo’ ovunque negli abitati dell’arco ionico settentrionale, glistessi siti che, vedremo, offrono i più utili confronti di ordi-ne morfologico e decorativo per i materiali in discorso. Inprevalenza di colore beige, tendente ora al rosa ora al cuo-io, l’impasto è quasi sempre ben depurato e compatto, an-che a dispetto dei minuti vacuoli talvolta abbastanza fre-quenti. Spesso schiarite grazie alla cottura in atmosfera ri-ducente, le superfici vascolari destinate ad accogliere ladecorazione dipinta, stesa in qualche caso su un sottile in-gobbio bianco, sono rivestite internamente da una vetrinaquasi sempre opaca. L’affidabilità delle osservazioni appe-na riportate è tuttavia quella, scarsa, di ogni indagine au-toptica non confortata dalle indispensabili analisi archeo-metriche.

Detto della consueta maggioranza di forme aperte ri-spetto ai vasi chiusi, vanta i più alti indici di presenza lascodella c.d. di “tipo lucano”. Caratterizzata da orlo estro-flesso a breve tesa piana più o meno esile e variamenteinclinata, essa presenta una vasca a profilo carenato im-postata su un piede ad anello distinto mediante una solcodal fondo esterno, sagomato per lo più a largo umboneschiacciato. Prevale la decorazione geometrico-astratta,resa in monocromia (bruno) o più spesso a due colori (bru-no e rosso), che qualche volta l’aggiunta del verde raminaporta a tre. Sugli orli (Tav. I, n. 3) ricorrono sequenze diarchetti in bruno, più o meno ampi e schiacciati, talvoltacollegati per i vertici, o singole fasce circolari in rosso.Più di rado si osservano invece tratteggi obliqui o vertica-li in bruno, oppure “macchie” di colore bruno e rosso, al-ternati a spazi vuoti. La sottile linea a tremolo distintivadel motivo detto “di Torre di Mare”, documentato nellesue forme canoniche da singoli esemplari a Crotone (can-tiere Berlingieri) e Santo Janni Monaco (Tav. I, n. 4), siosserva talvolta sulla tesa di scodelle che, raccolte neglistessi siti, l’hanno invariabilmente anch’esse appena ag-gettante e leggermente concava. Nel citato casale, però, ilmedesimo motivo fa la sua comparsa anche su una tesalarga e inclinata all’esterno fino a disporsi quasi orizzon-tale, dotata di spigoli accentuati, conservata purtroppo inmisura tanto ridotta da poterne proporre solo in via ipote-tica la pertinenza ad un piatto. Tornando alle scodelle di“tipo lucano”, la decorazione delle pareti della vasca pro-pone di solito bande concentriche in bruno e/o in rosso, dialtezza variabile, alternate a più esili fasce, quando nonsemplici filettature. Eccezionalmente, tratti obliqui in bru-no campiscono lo spazio compreso tra due linee dello stes-so colore. Un frammento da Punta Alice (Tav. I, n. 5) sidistingue per una sequenza di cerchi concentrici allungatiprofilati in bruno, disposti in senso contrario rispetto aquanto si osserva sui pochi plausibili confronti(DUFOURNIER, FLAMBARD, NOYÉ 1986, Fig. 6, n. 7) e par-zialmente riempiti per tre volte da una banda verticale rossaed una volta mediante due punti in verde. Nel cavetto, ilnoto “motivo di Taranto”, attestato in molte delle numero-se varianti (Tav. I, n. 6), sembra preferito alle altre solu-zioni decorative sia in città sia nel territorio. La sua diffu-sione è larghissima lungo tutta la costa ionica, come di-mostrano anche i dati recenti dal Metapontino (LAPADULAc.s.). Il grid-iron, anch’esso inserito entro clipeo e cintotalvolta da punti in verde, ricorre, oltre che come detto aVrica, nelle località Margherita, Santo Janni Vecchio eMotta (Tav. I, n. 7). Quest’ultima restituisce anche il soloesempio certo di scudo araldico (Tav. II, n. 8), con ricer-cata campitura delle fasce verticali scure in bruno e rosso,indizio inequivocabile di una committenza alta. La letturadei pochi motivi geometrici è invece sempre ostacolatadalla conservazione parziale, salvo il caso di un fondo dal

Page 3: APPUNTI PER UNA PRIMA CARTA DELLE CERAMICHE … · prima dell’espansione seguita all’ultimo dopoguerra, pur senza mai conoscere lo spopolamento e l’abbandono, han-no tuttavia

161

Tav. I

Page 4: APPUNTI PER UNA PRIMA CARTA DELLE CERAMICHE … · prima dell’espansione seguita all’ultimo dopoguerra, pur senza mai conoscere lo spopolamento e l’abbandono, han-no tuttavia

162

Tav. II

Page 5: APPUNTI PER UNA PRIMA CARTA DELLE CERAMICHE … · prima dell’espansione seguita all’ultimo dopoguerra, pur senza mai conoscere lo spopolamento e l’abbandono, han-no tuttavia

163

cantiere Berlingieri dipinto con linee parallele ravvicina-te di lunghezza crescente (Tav. II, n. 9), in bruno, che tro-va riscontro ad Ordona, ad esempio (WHITEHOUSE 1988,fig. 61, n. 61), ma è pure attestato in Grecia (TAGLIENTE2001, fig. 13), e più spesso ricorre nella protomaiolica an-che della stessa Calabria (DI GANGI, LEBOLE 1997, fig. 4,n. 41). Delle rare scodelle con soggetti zoomorfi (Tav. II,n. 10) restano in genere porzioni insufficienti sia alla si-cura identificazione dell’animale riprodotto, che tuttaviapare quasi sempre un uccello, sia a verificare se, comesembra, esse fossero dipinte esclusivamente in bruno. Sudue frammenti da Santo Janni Monaco, che anche l’impa-sto tendente al rosso e la spessa ingobbiatura bianca diffe-renziano palesemente dagli altri suggerendone una prove-nienza da manifatture diverse da quelle consuete, si rico-noscono brevi porzioni del corpo squamoso di un pesce,profilati in bruno ed in bruno con punti in verde rispetti-vamente. Due soli esempi di scodelle emisferiche a tesalarga e inclinata si contano dall’area urbana (Tav. II, n.11), decorate l’una con motivo a spirale in bruno (cantiereBerlingieri) e l’altra da brevi fasce concentriche in rosso ebruno (cantiere Lucente). Assenti le ciotole, singoli fram-menti ancora dall’abitato di Crotone documentano l’usodi catini. Il tipo più antico, dal cantiere Berlingieri (Tav.II, n. 12), confrontabile in ambito regionale con materialidatati a fine X-inizi XI (DI GANGI, LEBOLE 1997, fig. 3, nn.7-8), ha orlo bifido e vasca dal profilo poco svasato. Sem-pre dalla città, ma privo d’indicazione di provenienza ol-treché avulso dal suo originario contesto, è il frammentoche conserva l’orlo e all’avvio della vasca di un esempla-re rivestito di sottile vetrina verde e decorato sull’orlo daarchetti in bruno-nero (Tav. II, n. 12). Esso è assimilabilea manufatti da scavo, locali e importati, che si datano afine XI-XII secolo (CAPELLI, DI GANGI 2000, fig. 1, n. 5).Di nuovo dal cantiere Berlingieri, più aperto e fornito dipiccole anse verticali ravvicinate impostate superiormen-te sull’orlo, è finalmente il catino (Tav. II, n. 13) ascrivi-bile al XIII-XIV secolo per il quale la letteratura relativaalle invetriate policrome offre numerosi raffronti morfo-logici (DE CRESCENZO 2002, tavv. X, n. 43; XII, n. 51;FLAMBARD-NOYÉ 1984, tav. CCXXIX, n. 3). Dallo stessosito, un minuto frammento di piatto (Tav. II, n. 14), il soloattestato con certezza, trova a Torella, in Irpinia, un piùche convincente confronto iconografico (ROTILI 2000, fig.2, n. 8): identico è infatti l’elemento a tre petali campiti inrosso e fitto reticolato esterno in bruno che qui compare.Strette analogie si colgono anche con la decorazione diuna coppa da Scribla appartenente alla serie connotata dal-l’inserzione di piccole S (FLAMBARD, NOYÉ 1984, tav.CCXXVIII, n. 2). Il nostro frammento ne è privo ma po-trebbe non essere casuale l’identità macroscopica del suocorpo ceramico con quello di un fondo di scodella da Mottache trova il solo plausibile parallelo in un manufatto ana-logo di Policoro pertinente anch’esso alla citata serie (SAL-VATORE 1984, tav. CCIV, n. 29). Scarsi e poco parlanti sonoinfine i resti di forme chiuse: brocche o boccali dipinti ilpiù delle volte in bruno e rosso, come nell’esemplare daMotta qui proposto (Tav. II, n. 15), talora in bruno, rosso everde. Le dimensioni ridottissime dei frammenti disponibi-li ostacolano non poco la lettura del loro profilo e della de-corazione, tuttavia l’insieme delle anse (Tav. II, n. 16) e deilacerti superstiti delle pareti della pancia lascia intuire unquadro abbastanza variegato. Dei frammenti di orlo presiin esame (Tav. II, n. 17), uno, minutissimo, dalla contradaCampanaro, ha labbro molto basso, sagomato a fascia obli-qua e dipinto in rosso; l’altro, da Santo Janni Monaco, piùesile e sviluppato in altezza, è campito in verde. Sul collo,il primo presenta due fasce orizzontali in bruno mentre ilsecondo mostra un motivo a triangoli contrapposti per ivertici, campiti in bruno nella metà superiore e in verde,forse, in quella inferiore, recante anche una traccia esiguadi rosso, che ricorda l’apparato esornativo di alcune tazze

“tipo Cutrofiano” (cfr. TAGLIENTE 2000a, fig. 25, c). Intera-mente leggibile è quello di una piccola brocca da Basilica-ta, purtroppo assai lacunosa e danneggiata dall’esposizionediretta alla fiamma. Limitata ad orlo, collo e spalla e stesasopra un sottile ingobbio bianco che nasconde il biscotto,l’originale decorazione di questo contenitore, il cui labbrodal profilo ad esile fascia inclinata verso l’interno è campi-to in rosso (Tav. II, n. 18), consiste in una griglia di bandein bruno-manganese di altezza costante – rosse, però, sonoquella orizzontale più bassa ed almeno una delle verticali,sempre giustapposte alle brune – che danno luogo a dueregistri di quadrati, scompartiti ulteriormente al loro inter-no dall’incrocio di coppie di linee sottili profilate in bruno.Entro ciascuno dei quattro quadrati minori così formati tro-va posto un punto rosso.

BIBLIOGRAFIA

AISA M.G., CORRADO M. c.s., I manufatti altomedievali del MuseoCivico Archeologico di Cirò Marina (KR), «Studi di Antichi-tà», c.s.

ARSLAN E. 2001, Monete armene in Italia. Prime segnalazioniper una mappa dei ritrovamenti, «Rassegna di studi del Civi-co Museo Archeologico e del Gabinetto Numismatico di Mi-lano», fasc. LXVII-LXVIII, pp. 81-86.

CAPELLI C., DI GANGI G. 2000, La ceramica invetriata in Calabria(sec. XI-XII). Dati archeologici e minero-petrografici, in S.PATITUCCI UGGERI (a cura di), La ceramica invetriata tardome-dievale dell’Italia centro-meridionale, Firenze, pp. 197-206.

CORRADO M. 2000, Il santuario greco di S.Anna di Cutro (KR),«Archeologia», VIII, n.s., nn. 9-12, pp. 9-12.

CORRADO M. 2001, Nuovi dati sul limes marittimo bizantino delBruttium, «Archeologia Medievale», XXVIII, pp. 533-569.

CUTERI F.A. 1994a, La Calabria nell’Alto Medioevo, in R. FRAN-COVICH, G. NOYÉ (a cura di), La storia dell’Alto Medioevoitaliano (VI-X secolo) alla luce dell’archeologia, Firenze,pp. 339-359.

CUTERI F.A. 1994b, (CZ) Borgia, Basilica di S. Maria della Roc-cella. 1990, «Archeologia Medievale», XXI, p. 455.

CUTERI F.A. 1997, (CZ) Isola di Capo Rizzuto, loc. Le Castella.1980, «Archeologia Medievale», XXIV, pp. 395-396.

CUTERI F.A. 1998, Crotone, cantiere Banca Popolare. 1985-1991,«Archeologia Medievale», XXV, p. 172.

DE CRESCENZO A. 2002, I manufatti ceramici, in G. BERTELLI, D.ROUBIS (a c. di), Torre di Mare I. Ricerche archeologiche nel-l’insediamento medievale di Metaponto (1995-1999), Bari,pp. 171-234.

DE LEO P. 1997, Tra tardo antico ed età moderna, in F. MAZZA (acura di), Cirò, Cirò Marina. Soria Cultura Economia, SoveriaMannelli, pp. 73-111.

DI GANGI G., LEBOLE C.M. 1997, Anfore, ceramica d’uso comunee ceramica rivestita tra VI e XIV secolo in Calabria: primaclassificazione e osservazioni sulla distribuzione e la circo-lazione dei manufatti, Atti del VI Congresso Internazionalesulla Ceramica Medievale nel Mediterraneo (Aix-en Provence13-18/11 1995), Aix-en Provence, pp. 153-166.

DUFOURNIER D., FLAMBARD A.M., NOYÉ G. 1986, A propos decéramique “RMR”: problèmes de définition et de classement,problèmes de répartition, in La ceramica medievale nel Me-diterraneo occidentale, Atti del Convegno Internazionale (Sie-na-Faenza 1984), Firenze, pp. 251-276.

FLAMBARD A.M., NOYÉ G. 1984, La ceramica invetriata rinvenutanello scavo del castello di Scribla (Calabria) – XII-XV sec.,in M.V. FONTANA, G. VENTRONE VASSALLO (a cura di), La ce-ramica medievale di S. Lorenzo Maggiore in Napoli nel qua-dro della produzione dell’Italia centro-meridionale e dei suoirapporti con la ceramica islamica, Atti del Convegno (Na-poli 1980), pp. 451-479.

GIVIGLIANO G.P., SMURRA R., L’età antica, in F. MAZZA (a cura di),Cirò, Cirò Marina. Storia Cultura Economia, SoveriaMannelli, pp. 29-72.

LAPADULA E. c.s., Materials collected during survey. Post RomanSettlement in the Metapontino, in C.J. CARTER, A. PRIETO (acura di), The Chora of Metaponto: Archaeological FieldSurvey I. Bradan to Basento, c.s.

Page 6: APPUNTI PER UNA PRIMA CARTA DELLE CERAMICHE … · prima dell’espansione seguita all’ultimo dopoguerra, pur senza mai conoscere lo spopolamento e l’abbandono, han-no tuttavia

164

LATTANZI E. 2000, Attività della Soprintendenza Archeologica dellaCalabria nel 2000, Atti del 40° Convegno di Studi sulla Ma-gna Grecia (Taranto), c.s.

MAONE P. 1965, Contributo alla storia di Cirò, «Historica», XVIII,p. 96.

MARINO D., CORRADO M. 1996, Scoperte lungo il litorale di Cro-tone, «L’archeologo Subacqueo», II, 1, p. 7.

MORRONE M. 1998, Dai Normanni all’eversione della feudalità,in S. Severina, pp. 105-129.

PATTERSON H., WHITEHOUSE D. 1992, The Medieval Domestic Pot-tery, in F. D’ANDRIA, D. WHITEHOUSE (a cura di), Excavationsat Otranto. Volume II: The Finds, Galatina, pp. 87-195.

RAIMONDO C. 2002, Nuovi dati sulle produzioni ceramiche nellaCalabria altomedievale: il caso del castrum bizantino di San-ta Maria del Mare, «Archeologia Medievale», XXIX, pp.511-541.

ROTILI M. 2000, L’invetriata da contesti stratigrafici dell’Irpinia,in S. PATITUCCI UGGERI (a cura di), La ceramica invetriata,cit., pp. 91-112.

RUGA A. 1996, La copertura dell’edificio A, in R. SPADEA (a curadi), Il Tesoro di Hera. Scoperte nel santuario di Hera Laci-nia a Capo Colonna di Crotone, Catalogo della Mostra, Roma,pp. 99-105.

SALVATORE M. 1984, Ceramica medievale da Policoro (Basilica-ta), in M.V. FONTANA, G. VENTRONE VASSALLO (a cura di), Laceramica medievale di S.Lorenzo, cit., pp. 429-449.

S. Severina = SPADEA R. (a cura di), Il castello di Santa Severina.2. Ricerche archeologiche, Soveria Mannelli 1998.

SEMERARO G. 1995, Scavi di emergenza nell’abitato medievale diOtranto (Via Giovanni XXIII), «Studi di Antichità», 8, 2,pp. 329-380.

TAGLIENTE P. 2000a, La ceramica invetriata policroma nel bassoSalento, in S. PATITUCCI UGGERI (a cura di), La ceramica inve-triata, cit., pp. 167-182.

TAGLIENTE P. 2000b, Ceramica bicroma e a doppio bagno in Ter-ra d’Otranto, in La ceramica come indicatore socio-econo-mico, Atti del XXXIII Convegno Internazionale della Cera-mica (Savona 2000), Firenze 2001, pp. 383-390.

TAGLIENTE P. 2001, La Terra d’Otranto e la Grecia. Contatti cul-turali attraverso le fonti archeologiche dell’età medievale.La ceramica invetriata e la protomaiolica, in AA.VV., Ar-cheologia e tradizioni popolari, Lecce, pp. 453-484.

TAGLIENTE P. 2002, Lecce: uno scarico di fornaci della fine delQuattrocento. Primi dati, «Archeologia Medievale», XXIX,pp. 543-555.

TALIANO GRASSO A. 1996-97, La viabilità romana nell’attuale pro-vincia di Crotone, «Klearchos», 149-156, pp. 207-236.

WHITEHOUSE D. 1988, The medieval pottery, in MERTENS J. (a curadi), Ordona VIII, «Etudes de Philologie, d’Archéologie etd’Histoire anciennes», XXV, pp. 295-321.

WHITEHOUSE D., WHITEHOUSE R. 1969, Excavations at Anglona,«PBSR», 37, pp. 34-75.