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APPUNTI DI ISTOLOGIA PARTE GENERALE - Criteri di classificazione cellulare (cellule stabili/labili/perenni, cellule mono/plurinucleate, sincizi/plasmodi, procarioti/eucarioti) e significato dei parametri N/C e S/V. E’ MATERIA VIVENTE tutto ciò che, dotato di forma e dimensione, ha la capacità di riprodursi o di replicarsi dando origine a entità che sono simili al progenitore per forma, per dimensioni e per proprietà funzionali. “Teoria cellulare”: tutti gli organismi sono costituiti da cellule e inoltre la cellula rappresenta l’unità base vivente dell’organizzazione della materia. Eccezioni: Virus, Viroidi, Prioni. CELLULA: è la più piccola quantità di materia vivente capace di vita autonoma; è la più piccola unità funzionale e strutturale che costituisce gli organismi viventi. Un organismo vivente è un sistema integrato, dove la somma delle parti non garantisce la funzionalità dell’insieme. Vi è infatti un’interazione reciproca tra le componenti. Le cellule sono capaci di vita autonoma possedendo i meccanismi biochimici necessari per la biosintesi di macromolecole. CELLULE PROCARIOTICHE: - il nucleo non distintamente individuato rispetto al citoplasma in quanto manca un involucro nucleare; - posseggono modalità di riproduzione più semplici rispetto alla mitosi e alla meiosi;

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APPUNTI DI ISTOLOGIA

PARTE GENERALE

- Criteri di classificazione cellulare (cellule stabili/labili/perenni, cellule mono/plurinucleate, sincizi/plasmodi, procarioti/eucarioti) e significato dei parametri N/C e S/V.

E’ MATERIA VIVENTE tutto ciò che, dotato di forma e dimensione, ha la capacità di riprodursi o di replicarsi dando origine a entità che sono simili al progenitore per forma, per dimensioni e per proprietà funzionali.

“Teoria cellulare”: tutti gli organismi sono costituiti da cellule e inoltre la cellula rappresenta l’unità base vivente dell’organizzazione della materia.Eccezioni: Virus, Viroidi, Prioni.

CELLULA: è la più piccola quantità di materia vivente capace di vita autonoma; è la più piccola unità funzionale e strutturale che costituisce gli organismi viventi.

Un organismo vivente è un sistema integrato, dove la somma delle parti non garantisce la funzionalità dell’insieme. Vi è infatti un’interazione reciproca tra le componenti.

Le cellule sono capaci di vita autonoma possedendo i meccanismi biochimici necessari per la biosintesi di macromolecole.

CELLULE PROCARIOTICHE: - il nucleo non distintamente individuato rispetto al citoplasma in quanto manca un involucro nucleare;- posseggono modalità di riproduzione più semplici rispetto alla mitosi e alla meiosi;- manca un organizzato sistema membranoso interno capace di organizzare il citoplasma in aree di competenza biochimica, spazi isolati in cui un determinato ciclo metabolico può svolgersi senza interferenza alcuna:- esistono principalmente come organismi unicellulari; quando si aggregano, formano colonie, senza che a tale evento segua alcuna differenziazione o specializzazione.

CELLULE EUCARIOTICHE: - possono costituire organismi unicellulari o pluricellulari;- possono esistere territori citoplasmatici PLURINUCLEATI, come è il caso dei sincizi e dei plasmodi.

SINCIZIO: trae origine dalla fusione di cellule che in principio erano indipendenti e autonome.

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PLASMODIO: si formano a seguito di numerose divisioni nucleari alle quali non fa seguito la divisione del citoplasma in cellule figlie (citodieresi).

Secondo Bizzozzero le cellule si dividono in:- CELLULE PERENNI: non vanno incontro a divisione dell’intero ciclo vitale dell’organismo. Ad esempio le cellule del sistema nervoso.- CELLULE STABILI: pur aumentando nel corso dell’accrescimento corporeo, non si dividono più al termine di questo; questi elementi conservano la proprietà proliferativa, che può manifestarsi solo in seguito a stimoli particolari.- CELLULE LABILI: hanno generalmente una vita molto breve e, man mano che muoiono, vengono sostituite da nuove cellule che derivano da elementi indifferenziati (cellule staminali).

“LA FORMA è L’IMMAGINE PLASTICA DELLA FUNZIONE”, Ruffini.

DIFFERENZIAMENTO CELLULARE: tutti gli elementi cellulari che costituiscono l’organismo adulto derivano da un’unica cellula, l’uovo fecondato o zigote; da questa cellula si plasmano elementi cellulari che diventeranno tra loro differenti per forma, per dimensioni, per composizione chimica e per caratteri fisiologici.

Nell’uomo la maggior parte delle cellule ha un diametro che oscilla entro limiti molto ristretti, da 20 a 30 μm. Il diametro di un globulo rosso è normalmente di 7,5 μm; gli ovociti raggiungono 100 μm di diametro.

Le cellule conservano il loro volume medio tramite la divisione cellulare che rappresenta quindi il meccanismo escogitato dalla natura per ovviare all’accrescimento eccessivo di una cellula. quando infatti rischia di superare il limite volumetrico caratteristico del tipo cui appartiene, la cellula si divide.

La grandezza cellulare viene limitata da parametri fisiologici che condizionano la necessità di mantenere dimensioni ridotte. Questi parametri sono due:- RAPPORTO NUCLEO/CITOPLASMA, ossia dalle relazioni volumetriche tra il nucleo e il resto della cellula. Se questo rapporto viene alterato per un eccessivo aumento del citoplasma, i prodotti codificati dal nucleo tramite il dna e rna non sono più sufficienti a controllare l’intera cellula. Deve quindi esserci un equilibrio, se questo equilibrio viene rotto, la cellula va incontro a divisione, ristabilendo il normale equilibrio nucleo/citoplasma.- RAPPORTO SUPERFICIE/VOLUME; ogni cellula assume all’esterno molecole indispensabili per sue attività metaboliche; il rapporto funzionale cellula/ambiente è quindi mediato dalla superficie cellulare; quanto maggiore è la suddivisione della sostanza vivente, in quanto più piccole sono le cellule, tanto più grande risulta la superficie totale; le cellule grandi tendono

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quindi ad avere un metabolismo meno attivo delle cellule piccole, in quanto dotate di una minore superficie relativa. Questo è particolarmente evidente nelle cellule perenni che iniziano a differenziarsi assumendo una complessa organizzazione citoplasmatica. Questo differenziamento in alcuni casi, si traduce in un marcato aumento delle dimensioni cellulari. Tuttavia il metabolismo della cellula non risulta rallentato in quanto la cellula si ingrandisce emettendo vari prolungamenti, acquistando quindi nuova superficie.

- Protoplasma: definizione e composizione chimica.

Definizione: indica il magma interno della cellula nel quale stanno immersi gli organuli.La sostanza vivente è un sistema colloidale eterogeneo costituito da elementi chimici combinati in composti semplici e composti.Si presenta sotto varie e livelli di organizzazione.L’acqua è la componente principale della sostanza vivente, essendo il solvente degli altri elementi chimici presenti.

Gli elementi più importanti dal unto di vista quantitativo presenti nel protoplasma sono:il Carbonio, l’Ossigeno, l’Idrogeno e l’Azoto (97%); seguono lo Zolfo e il Fosforo, e altri.

Questi elementi vanno a formare i METABOLITI INTERMEDI, che a loro volta formano AMINOACIDI, MONOSACCARIDI, NUCLEOTIDI e ACIDI GRASSI, che a loro volta formano, PROTEINE, POLISACCARIDI, ACIDI NUCLEICI e LIPIDI.Questi ultimi formano infine COMPLESSI SOPRAMOLECOLARI E ORGANULI.

- Microscopio ottico composto e sue principali varianti. Potere risolutivo. Microscopio elettronico a trasmissione e sue principali varianti.

MICROSCOPIO OTTICO COMPOSTO:L’obiettivo dà all’oggetto un’immagine reale, capovolta e ingrandita, denominata immagine intermedia. La lunghezza del tubo del microscopio è calcolata in modo tale che questa immagine cada all’interno della distanza focale dell’oculare. L’oculare darà quindi dell’immagine intermedia un’ulteriore immagine virtuale diritta e ingrandita.Il rapporto tra le dimensioni dell’immagine finale e dell’oggetto esprime l’ingrandimento ottenuto.E’ definito oculare il gruppo diottrico più vicino all’occhio, e obiettivo quello più vicino all’oggetto.

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Si può teoricamente calcolare l’ingrandimento totale, che è pari al prodotto degli ingrandimenti dei singoli gruppi di lenti. aumentando l’ingrandimento ci si rende sperimentalmente conto che, oltre una determinata “soglia” non si acquista in “dettaglio”, cioè il potere di risoluzione non è funzione della “potenza diottrica”. IN altri termini, qualsiasi lente si impieghi, non si possono distinguere come separati due punti che distano tra loro meno di 0,2 μm. Si dice allora che l’ingrandimento utile, fornito da un microscopio ottico, è di circa 1000 volte (1000x) e che il suo potere risolutivo è di 0,2 μm.

R = λ/( 2n∙sen α)

in cui λ = lunghezza d’onda della luce; n = indice di rifrazione del mezzo interposto tra oggetto e lente frontale dell’obiettivo, che solitamente è l’aria; α = angolo di apertura dell’obiettivo.Dato che l’indice di rifrazione per l’aria è circa 1 e sen α può essere generalmente considerato prossimo a 1, R risulta proporzionale a 1/2 λ. Considerando che la luce con lunghezza d’onda di 400 nm (luce blu), il potere di risoluzione sarà quindi 200 nm = 0,2μm. Si deduce che per migliorare il limite di risoluzione di un microscopio, non potendo agire incrementando sen α, che è già nei migliori obiettivi prossimi a 1, una via possibile è quella di aumentare il valore del mezzo interposto n, ad esempio usando un mezzo con indice di rifrazione più alto, come per esempio una goccia di olio con indice di rifrazione circa uguale a quello del vetro (n=1,5).

Gli obiettivi sono nominati su una torretta girevole denominata revolver. Braccio e basamento vanno sotto il nome di stativo. Per la messa a fuoco vengono utilizzati dispositivi meccanici di spostamento, uno per grandi spostamenti (vite macrometrica) e uno per massa a fuoco fine (vite micrometrica).Su ogni obiettivo e su ogni oculare sono riportati valori che indicano l’ingrandimento proprio di quelli specifici dispositivi ottici.Negli obiettivi, oltre all’ingrandimento viene riportato un altro valore relativo all’apertura numerica di quell’obiettivo.

MICROSCOPIO A CONTRASTO DI FASE: L’alta quantità di acqua presente negli organuli della cellula e la piccola differenza nell’indice di rifrazione tra le diverse parti rende le strutture omogeneamente trasparenti per cui non è possibile o quasi venderle distinte tra loro. Esistono però piccole differenze nell’indice di rifrazione tra diverse parti.Il microscopio a contrasto di fase si basa sull’uso combinato dei raggi luminosi trasmessi e rifratti che si vengono a trovare all’uscita del preparato sotto osservazione.

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L’immagine finale è pertanto data dalla combinazione di punti chiari e punti scuri.Il microscopio a contrasto di fase viene impiegato correntemente per l’osservazione di cellule e tessuti viventi ed è particolarmente utile nello studio delle cellule coltivate in vitro. Esso, infatti, consente di evitare l’uso di coloranti, che nella maggior parte dei casi non possono essere adoperati sulle cellule viventi e richiedono l’uso di fissativi e manipolazioni varie che possono provocare modificazioni morfologiche e chimiche legate alla morte della cellula.

MICROSCOPIO A INTERFERENZA O INTERFERENZIALE:Ha il vantaggio di fornire anche dati quantitativi. Con questa tecnica è possibile evidenziare piccole e continue variazioni dell’indice di rifrazione, a differenza della microscopia a contrasto di fase dove sono apprezzabili solo differenze molto nette.Con questo tipo di microscopio è possibile risalire al peso secco dell’oggetto di studio poichè esso è legato all’indice di rifrazione.L’immagine che si ottiene è simile a quella del contrasto di fase, ma con in più un evidente effetto di rilievo.

MICROSCOPIO A FLUORESCENZA:In questo microscopio il preparato viene illuminato con luce ultravioletta, a una determinata lunghezza d’onda, e i suoi componenti vengono osservati grazie alla fluorescenza emessa.Le sostanze fluorescenti sono tali in quanto capaci di assorbire nel campo spettrale dell’UV e, quindi, di rispondere a tale sollecitazione con l’emissione di luce nella zona visibile dello spettro.

MICROSCOPIO ELETTRONICO A TRASMISSIONE:Un fascio di elettroni (che ha lunghezza d’onda molto piccola) attraversando un campo magnetico (lenti magnetiche) viene focalizzato secondo le stesse leggi dell’ottica convenzionale.Con tali apparecchi si può raggiungere in teoria un limite di risoluzione inferiore a 0,1 nm.I più moderni strumenti possono però raggiungere un potere di risoluzione di circa nm.Gli elettroni, per essere utilizzati come mezzo di analisi di un preparato, sono sottoposti, appena lasciato un filamento metallico potato all’incandescenza, a una forte differenza di potenziale e accelerati lungo una colonna metallica cava (detta cannone).Le lenti sono di tipo elettromagnetico; esse, cioè, sono costituite da un solenoide che crea un campo le cui linee di forza fanno convergere gli elettroni in un punto detto fuoco.

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Gli elettroni non debbono incontrare ostacoli materiali per cui l’ambiente, interno alla colonna, deve essere evacuato dall’aria fino a valori di vuoto molto spinto.Gli elettroni attraversano il campione e vengono in parte assorbiti, in parte deviati e in parte vengono trasmessi continuando il loro percorso. Questi ultimi, opportunamente concentrati dalle lenti, contribuiscono a formare un’immagine su uno schermo fluorescente oppure impressionano una lastra fotografica. MICROSCOPIO ELETTRONICO A SCANSIONE:E’ impiegato per studiare la superficie delle cellule.Tale microscopio consente di ottenere immagini tridimensionali con grandissime profondità di campo. Il potere di risoluzione del microscopio elettronico a scansione è sensibilmente inferiore a quello del microscopio elettronico a trasmissione.

- Allestimento di preparati per la microscopia ottica ed elettronica: fissazione, inclusione, taglio e colorazione.

N.B. i preprati per la microscopia ottica possoo essere rivisi e conservati; i preparati per la microscopia elettronica vengono consumati durante l’osservazione.

PRINCIPALI TAPPE PER L’ALLESTIMENTO DI PREPARATI ISTOLOGICI Le cellule animali hanno varie dimensioni, sono ricche in acqua e prive di contrasto: per poter distinguere le principali componenti (nucleo e citoplasma) al microscopio ottico bisogna ricorrere a tecniche di colorazioni, in grado di creare sufficiente contrasto per l’osservazione al microscopio ottico. L’osservazione microscopica di un tessuto biologico richiede, una volta effettuato il prelievo con appropriate tecniche, la preparazione del campione in modo da ottenere sezioni sufficientemente sottili da poter essere attraversate dalla luce. Le principali tappe per l’allestimento di preparati istologici sono rappresentate da: 1. Fissazione 2. Inclusione 3. Taglio 4. Colorazione 5. Montaggio

FISSAZIONE La fissazione di un tessuto consiste nel bloccare, nel minor tempo possibile,

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tutte le sue attività vitali allo scopo di impedire le successive modificazioni dovute a fenomeni regressivi post-mortali: il risultato sarà quello di conservare nel modo più inalterato possibile la struttura e la composizione molecolare del tessuto, limitando gli effetti di autolisi che si instaurano dopo la morte dell’organismo anche all’interno di un frammento appena prelevato.La fissazione può avvenire mediante due principali modalità: fissazione fisica (ad esempio per congelamento) e fissazione chimica. I più comuni fissativi primari appartengono al gruppo delle aldeidi: aldeide formica (in soluzione acquosa al 40 % è commercializzata con il nome di formalina); aldeide glutarica; tetrossido d’Osmio (usato anche come postfissativo nella preparazione di campioni per la microscopia elettronica); acroleina; acetone (soprattutto nel caso di preparati per striscio). In microscopia elettronica si usa la glutaraldeide.

INCLUSIONE L’inclusione è un passaggio necessario affinché il frammento di tessuto da sezionare raggiunga una sufficiente durezza da poter essere sezionato utilizzando una lama d’acciaio portata da un microtomo e ottenerne quindi delle sezioni sottili. Per la microscopia ottica, l’inclusione utilizza generalmente come mezzo la paraffina, se lo scopo è ottenere sezioni di spessore superiore ai 2µ, oppure la resina (resine epossidiche), se si vogliono ottenere sezioni più sottili pari ad 1µ (tecnica delle sezioni semifini).

TAGLIO Il taglio del tessuto incluso in un blocchetto solidificato di paraffina si fa con uno strumento chiamato microtomo. l’ultramicrotomo si usa per la microscopia elettronica.

COLORAZIONE Questa fase dell’allestimento dei preparati istologici permette di creare un contrasto che le strutture biologiche per loro natura non possiedono: tale contrasto consente di riconoscere e distinguere le varie componenti cellulari e tissutali ad una osservazione microscopica. Con questo passaggio è possibile ottenere preparati

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microscopici colorati che con il successivo montaggio diventano permanenti. Esistono molte tecniche di colorazione, il cui principio è sempre una reazione chimica, di solito acido-base. Si tratta la sezione da colorare con una sostanza pigmentata o con più sostanze in miscela, allo scopo di accentuare il contrasto tra i componenti del tessuto o della cellula. Sfruttando l'affinità chimica dei componenti cellulari con i coloranti (es. nucleo, di natura acida con i coloranti basici, e citoplasma, basico, con i coloranti acidi) si ottengono colorazioni policromatiche come la colorazione Ematossilina-Eosina, una delle più usate in istologia come colorazione morfologica di base e d'insieme. Il risultato della colorazione con Ematossilina-Eosina consiste nei nuclei colorati in viola ed il citoplasma in rosa. MONTAGGIO Il montaggio ha lo scopo di rendere permanente il preparato, cioè renderlo inattaccabile dagli agenti atmosferici e consentirne una conservazione pressoché illimitata nel tempo. Il montaggio si effettua ponendo sul vetrino portaoggetti (su cui si trova la sezione colorata) una goccia di mezzo di montaggio, e successivamente ricoprendo il tutto con un vetrino coprioggetto.

- Gerarchie costruttive della materia vivente: unità di misura e strumenti di osservazione.

DA FARE

CITOLOGIA

- Membrana cellulare: struttura, ultrastruttura e funzione. Elencare le diverse categorie di proteine associate alla membrana cellulare, illustrandone la situazione ed il ruolo funzionale. Descrivere le basi morfologiche e le modalità per le quali si realizzano i diversi meccanismi di trasporto transmembrana.

La membrana cellulare o membrana plasmatica o plasmalemma è un sottile involucro che delimita fisicamente la cellula, separandola dall’ambiente esterno; regola, inoltre, la composizione dell’ambiente intracellulare e consente il passaggio controllato di sostanze dal citoplasma verso l’esterno e viceversa.

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Al microscopio ottico non vediamo la membrana plasmatica, in quanto troppo poco spessa. Il suo spessore è infatti 7-10 nm, che è al di sotto del potere di risoluzione del microscopio ottico. Riusciamo però a vedere un bordo più marcato, detta CUTICOLA. Vi sono infatti delle sostanze che compongono la membrana che reagiscono con dei coloranti specifici, mostrandoci così la STRUTTURA della membrana.

Al microscopio elettronico possiamo vedere invece l’ULTRASTRUTTURA della membrana.La costante di tutte le citomembrana è rappresentato da un BILAYER fosfolipidico, dove i due strati di molecole fosfolipidiche rimangono uniti grazie alle interazioni idrofobiche intercorrenti tra le code carboniose degli acidi grassi; la formazione laminare, venutasi così a creare, appare strutturata in modo da presentare due superfici idrofiliche (teste dei f.) rivolte verso il mezzo acquoso e uno strato idrofobico intermedio (code dei f.).

Descrizione morfologica della membrana al ME: si riconoscono 3 linee, quindi una struttura TRILAMINARE; di queste 3, due sono più marcate e sono intercalate da una regione più chiara che le separa.Le regioni più scure sono quelle più opache agli elettroni; quelle più chiare sono quelle che vengono attraversate dagli elettroni.Avremo quindi regioni ELETTRONOPACHE e ELETTRONTRASPARENTI. Questo effetto è ottenuto attraverso un artificio, ovvero il campione viene trattato con soluzioni di metalli pesanti che accentuano il contrasto per poter distinguere le varie parti.

Fig. 1: Gli ERITROCITI sono privi di nucleo e sono anche privi di organuli, in quanto contengono solo EMOGLOBINA. Sono le cellule (o derivati cellulari) più adeguate per vedere l’ultrastruttura. Bisogna però eliminare l’emoglobina, e per farlo devo immergere queste cellule in una soluzione ipotonica, di modo che l’acqua tende ad entrare, rompe la membrana facendo fuoriuscire l’emoglobina. Il risultato prende il nome di OMBRE DEI GLOBULI ROSSI o GHOSTS.

Fig. 2 MODELLO A MOSAICO FLUIDO DI SINGER E NICHOLSON: Secondo questo modello, in un bilayer fosfolipidico sono affondate proteine. Altre si legano polarmente, su entrambi i lati del doppio strato lipidico, alle teste dei fosfolipidi, potendo muoversi in senso laterale; la struttura finale risulta essere semiliquida.Le proteine di membrana possono essere:- ESTRINSECHE o PERIFERICHE: associate cioè alla superficie esterna

o con quella citoplasmatica della membrana; queste possono essere legate a catene di carboidrati e prendono il nome di GLICOPROTEINE; le proteine estrinseche che si rivolgono verso l’interno prendono contatto con le proteine del citoscheletro e contribuiscono quindi alla determinazione della

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forma della cellula; le proteine estrinseche verso l’esterno determinano invece la vita sociale della cellula;- INTRINSECHE o INTEGRALI: che penetrano effettivamente all’interno

del bilayer lipidico.I lipidi possono legarsi a carboidrati e prendono il nome di GLICOLIPIDI.

Le proteine di membrana sono quindi fondamentali per:- il TRASPORTO;- nel ricevere informazioni (RECETTORI);- nel mantenere la forma o nella modificazione morfologica della

membrana (ENDOCITOSI, ESOCITOSI);- la FUNZIONE ENZIMATICA;- identificare le cellule (IDENTIFICAZIONE, esempio, gli antigeni dei

gruppi sanguigni).

Fig. 3 (Os) GLICOCALICE: è una “coltre” esterna morbida e flessibile. Questo strato, tutt’altro che compatto, risulta formato da materiale che, osservato in microscopia elettronica, assume un aspetto lanuginoso e ha spessore variabile. Il riconoscimento di ligandi extracellulari, il riconoscimento del “se” e del “non se”, la mutua adesione e, molto probabilmente, il controllo ordinato della proliferazione cellulare sono regolati da queste molecole associate alla membrana plasmatica, potendo essere determinare la giustapposizione ordinata delle cellule in tessuti anziché un ammucchiamento casuale.L’adesività non giunzionale fra cellule è il fenomeno più caratteristico fra quelli ascrivibili alle molecole costituenti il glicocalice.

La membrana è caratterizzata da un certo grado di PERMEABILITA’; questa è detto SELETTIVA in quanto non tutte le molecole possono attraversarla.

Fig. 4Esistono due tipi di trasporto:- TRASPORTO ATTIVO (con consumo di energia);- TRASPORTO PASSIVO (senza consumo di energia).

Il trasporto passivo avviene secondo gradiente di concentrazione e/o di potenziale elettrico e tende ad eguagliare le differenze esistenti negli ambienti separati dalla membrana.

Fig. 5 DIFFUSIONE SEMPLICE: quando una sostanza si sposta lungo un gradiente di concentrazione negativo, cioè nella direzione di concentrazione decrescente.

DIFFUSIONE FACILITATA: si tratta di permeazione tramite un trasportatore. Specifiche PROTEINE VETTRICI assicurano un efficiente trasporto di

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molecole polari relativamente grandi quali per esempio zuccheri e aminoacidi. Il passaggio degli ioni, anch’essi polari, ma per quanto piccoli, dotati di carica elettrica, è invece reso possibile da specifiche proteine transmembrana (PROTEINE CANALE) che formano stretti canali idrofili attraverso il doppio strato lipidico.

Fig. 6-7TRASPORTO ATTIVO PRIMARIO: l’idrolisi dell’ATP è direttamente associata al processo di trasporto, e la liberazione dell’energia necessaria è operata dallo stesso complesso molecolare che attiva il lavoro. Un esempio è la pompa sodio potassio (Fig. 8).

TRASPORTO ATTIVO SECONDARIO: il consumo di energia non è contemporaneo al trasporto contro gradiente di determinate molecole, ma lo precede, in quanto serve a stabilire condizioni necessarie per il trasporto stesso.

Fig. 9COTRASPORTO: quando le proteine trasportatrici possono avere siti specifici di legame per più di un soluto.Le molecole possono essere trasportate nella stessa direzione (SIMPORTO), oppure in direzioni opposte (ANTIPORTO).UNIPORTO: sono sistemi in cui le proteine carrier trasportano un solo tipo di molecole.

POTENZIALE DI MEMBRANA (- 75 mV): differenza di potenziale tra l’interno e l’esterno della membrana cellulare.

- Definire e descrivere la composizione del citoplasma; illustrare la composizione chimica dello ialoplasma.

L’intero volume cellulare è occupato da un nucleo circondato da una zona più o meno estesa detta CITOPLASMA. Questo è costituito da un mezzo astrutturato, amorfo, denominato MATRICE IALOPLASMATICA o IALOPLASMA o CITOSOL (55% dell’intero volume della cellula), nel quale sono contenuti gli ORGANELLI o ORGANULI.

ORGANULI: sono compartimenti cellulari a specifica competenza biochimica.

La matrice ialoplasmatica può essere considerata come un sistema colloidale polifasico nel quale la fase disperdente è costituita da una soluzione acquosa di sali, ioni e micromolecole, mentre la fase dispersa è rappresentata da macromolecole che fanno variare la viscosità del colloide da uno stato di sol a uno di gel.La M.I. è caratterizzata da un elevato contenuto di acqua (85%) e di ioni.

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In essa sono presenti piccole molecole del metabolismo intermedio e precursori delle macromolecole, cioè un insieme di materiali definito pool metabolico, cui la cellula attinge per svolgere le proprie funzioni metaboliche e per elaborare i prodotti di sintesi.

- Definire ed illustrare morfologia, costituzione e funzione dei ribosomi.

Fig. 10 CENTRIFUGAZIONE DIFFERENZIALE: nel sopranatante dell’ultima centrifugazione rimangono le molecole cosiddette solubili che, per il loro basso peso molecolare e/o per le loro caratteristiche di densità, non vengono sedimentate.

Fig. 11 RIBOSOMI: sono corpiccioli di natura ribonucleoproteica che nel citoplasma di tutte le cellule presiedono ai processi di sintesi proteica.Appaiono sempre costituiti da due subunità volumetricamente differenti, denominate MAGGIORE e MINORE.

Tutti i ribosomi sono inizialmente liberi nel citoplasma; solo secondariamente, in funzione del tipo di messaggio portato dall’mRNA che sono chiamati a leggere, alcuni di essi si trovano nella necessità di aderire alla superficie citoplasmatica del reticolo endoplasmatico ruvido. E’, quindi l’mRNA che, definendo il destino della molecola proteica, determina la localizzazione dei ribosomi chiamati a tradurre il suo messaggio.

Le subunità ribosomiali, se dissociate nello loro componenti hanno la capacità di ricostituirsi spontaneamente, autoassemblandosi.La subunità minore è formata da una testa globulare unita ad un corpo principale da una sorta di collo ristretto; lateralmente al corpo vi è una sporgenza digitiforme o piattaforma che crea una fessura nel cui interno, avviene l’interazione codone-anticodone nel corso della sintesi proteica.La subunità maggiore può essere descritta come una corona con tre protuberanze. quella centrale di forma rotondeggiante è la più voluminosa ed è detta naso. Delle due protuberanze laterali una è molto estesa.La subunità maggiore presenta un canale attraverso il quale passa la catena proteica in via di formazione che, in questo modo, risulta protetta dalla varie proteasi cellulari.Le due subunità sono costituite da PROTEINE SPLIT e un nucleo; di queste proteine alcune sono facilmente staccabile. Il nucleo è composto da RNA legato a proteine.

I ribosomi assicurano la corretta disposizione spaziale e l’interazione delle diverse molecole che intervengono nella sintesi delle proteine.I ribosomi diventano unità funzionali attive nella sintesi proteica soltanto nel citosol, allorché una subunità minore unendosi all’mRNA e a un tRNA iniziatore, forma un complesso iniziatore al quale si associa una subunità

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maggiore, avviando così immediatamente il processo di traduzione dell’mRNA in catena polipeptidica.Quando un singolo ribosoma raggiunge il codone di terminazione dell’mRNA, si stacca da questo e, dissociandosi nelle due subunità, cessa di funzionare.

- Definire ed illustrare morfologia, costituzione e funzione del reticolo endoplasmatico rugoso.

Il reticolo endoplasmatico è un compartimento unico, chiuso, completamente delimitato da una membrana che in tal modo separa lo spazio interno dal citosol, consentendo e mantenendo la differente composizione chimica dei due ambienti. La membrana, dello spessore di 5-6 nm, ha superficie straordinariamente estesa ed è ripiegata in modo intricato a formare un complesso sistema di espansioni di aspetto diverso (tubuli, vescicole, succhi appiattiti o cisterne).Nell’ambito del reticolo endoplasmatico sono chiaramente distinguibili due regioni che differiscono sia per l’organizzazione strutturale che per le funzioni che svolgono: RETICOLO ENDOPLASMATICO RUVIDO o RUGOSO o GRANULARE (RER) e il RETICOLO ENDOPLASMATICO LISCIO o AGRANULARE (REL).

PARENTESI SU BASOFILIA E ACIDOFILIACi sono due categorie di coloranti:- ACIDI (eosina): in soluzione acquosa libera un anione colorato; questo

si lega con ciò che è di natura basica; un esempio è il CITOPLASMA e infatti viene definito ACIDOFILO.- BASICI (ematossilina): in soluzione acquosa libera un catione colorato;

questo andrà a legarsi con ciò che è di natura acida. Un esempio è il Nucleo, che per questo viene detto BASOFILO.

Vi sono però casi in cui ance il citoplasma presenta colorazione simile ai nuclei e si dice infatti che si ha una situazione di BASOFILIA CITOPLASMATICA.Queste aree vengono definite come ERGASTOPLASMA (elaboranti) o SOSTANZA CROMIDIALE e nel caso specifico delle cellule nervose si chiama SOSTANZA TIGROIDE o ZOLLE DI NISSL; questo è presente in particolari CELLULE SECERNENTI che sono appunto caratterizzate da basofilia citoplasmatica. Al ME si vedrà che queste cellule sono ricche in REG (sono infatti i ribosomi che stanno sul reg che contenendo un elevata quantità di RNA acido ribonucleico, formano legami elettrostatici con i coloranti basici), al MO le identificheremo solo come aree di ergastoplasma.

Fig. 12 La microscopia elettronica ha risolto il RER nei suoi elementi costitutivi. Il reticolo endoplasmatico ruvido si presenta come un insieme di numerose cisterne appiattite, parallele, delimitate da una membrana sulla cui faccia ialoplasmatica si trovano i ribosomi.

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L’associazione di ribosomi con le membrane del reticolo endoplasmatico conferisce a quest’ultimo l’aspetto ruvido o granulare o rugoso.I poliribosomi associati alle membrane del RER sintetizzano proteine che, mentre sono prodotte, vengono trasferite attraverso la membrana del reticolo al lume. Nel RER sono sintetizzate le proteine destinate a essere secrete e che svolgeranno la loro funzione al di fuori della cellula, le proteine della membrana plasmatica e quelle delle membrane endocellulari del reticolo endoplasmatico, del complesso di Golgi, dei lisosomi, nonché le proteine residenti contenute nel lume dei suddetti compartimenti citoplasmatici.Da regioni specializzate del RER si staccano vescicole lisce, del diametro di 30-70 nm, che si portano verso il complesso di Golgi, nelle cui cisterne riversano il proprio contenuto.

N.B Le cellule ricche in REG sono tutte cellule epiteliali!!

- Definire ed illustrare morfologia, costituzione e funzione del reticolo endoplasmatico liscio.

Il REL non identificabile con il MO in quanto non presenta affinità per i coloranti basici e non è pertanto distinguibile dallo ialoplasma.Al ME si osserva che il REL non presenta organizzazione lamellare ma appare costituito da un’intricata rete tridimensionale di formazioni tubulari delimitate da una membrana e tra loro anastomizzate.Il REL ha come funzione generale, oltre al trasporto di elettroliti e al trasporto di elettroni extramitocondriale, quella di essere principalmente coinvolto nella sintesi dei lipidi di membrana.Le membrane del REL sono sede di enzimi implicati nei processi di detossificazione cellulare, che permettono di ossidare, neutralizzare e rendere idonee all’escrezione renale sostanze potenzialmente tossiche.

In sintesi le funzioni del REL:- trasporto di elettroliti- sintesi dei lipidi strutturali (lipidi di membrana)- sintesi di lipidi steroidei (ormoni)- metabolismo del glicogeno (gli epatociti sono ricchi di REL)- regolazione dell’attività contrattile a livello delle fibre muscolari

(RETICOLO SARCOPLASMATICO)- detossificazione cellulare (smaltimento, degradazione di molecole di

rifiuto o solo da lisare).

Vedi Fig. 13-14 per integrazione del REL con il REG e loro funzioni.

- Definire ed illustrare morfologia, costituzione e funzione dell’apparato di Golgi.

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