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1 http://www.sharenotes.it APPUNTI DI DIRITTO COMMERCIALE (integrati col libro “campobasso”) Introduzione: nel nostro diritto privato c‟è un complesso di norme riferite agli imprenditori (che costituiscono il “diritto commerciale”), soggetti che esercitano professionalmente attività economica finalizzata alla produzione e allo scambio di beni o servizi. Va ricordato che la nostra costituzione riconosce la proprietà privata e la libertà di iniziativa economica e il modello di sviluppo economico si basa sull‟economia di mercato avente due caratteristiche: Libertà dei privati di dedicarsi alla produzione e alla distribuzione necessaria per il soddisfacimento dei bisogni materiali della collettività; Libertà di coesistenza tra operatori economici (pubblici o privati) e libertà di competizione tra loro Il nostro sistema è ad economica libera e il fenomeno imprenditoriale costituisce perciò l‟asse portante dello sviluppo economico e del processo di razionale utilizzazione delle risorse produttive per il miglioramento del benessere materiale della collettività. Il diritto commerciale è quel diritto che fa riferimento alla figura dell‟imprenditore, ovvero è l‟insieme di regole sull‟attività, gli strumenti che utilizza, il contesto in cui opera. Esso, nominato anche “diritto privato delle imprese”, è parte del diritto privato che ha per oggetto e regola l‟attività e gli atti dell‟impresa. L‟attuale diritto commerciale non è solo diritto del commercio e dei commercianti per due motivi: 1) poiché riguarda tutte le imprese giuridicamente commerciali (industriali, bancarie, assicurative, di trasporto..) e non solo quelle dedite al commercio; in questo fanno eccezione quelle agricole; 2) poiché nel sistema vigente tutti gli imprenditori (e non solo quelli commerciali) sono sottoposti ad uno speciale statuto professionale. Questo diritto è talmente complesso che persino il legislatore ha difficoltà a individuarne le varie norme: bisogna considerare tutte le cose e persone che gravitano attorno all‟impresa e all‟imprenditore. Ci sono diversi individui portatori di interesse che vanno tutelati secondo questo diritto: l‟imprenditore è portatore di interesse per la sua attività imprenditoriale, i finanziatori necessitano di garanzie per il soddisfacimento di crediti, i consumatori che acquistano prodotti e servizi, i lavoratori dipendenti, i residenti vicini agli stabilimenti produttivi tutelati per l‟inquinamento atmosferico.. Perciò il legislatore deve tener conto di tutti questi interessi, i quali variano a seconda dei settori e del tempo. Le fonti del diritto commerciale non sono solo quelle “legislative” ma ci sono anche quelle “regolamentari” e “norme internazionali” per poter regolamentare i rapporti tra i soggetti di diversa nazionalità. La nascita del Diritto Commerciale risale al Basso medioevo (12° secolo), epoca in cui termina il sistema feudale basato su un‟economia di pura sussistenza: qui il fondo bastava a sfamare una famiglia e gli scambi limitati erano necessari per ottenere ciò che era impossibile reperire dal feudo stesso per le esigenze di sostentamento dei vari abitanti. Con la crescita delle città, nascono i mercati, facendo rifiorire l‟economia di scambio alimentata dalla produzione degli artigiani e dai traffici dei mercanti. Nasce inoltre la figura del mercante: egli si dedicava interamente agli scambi come una vera e propria professione e non per ottenere ciò che gli serviva ma per trarne un profitto. In questo contesto politico e sociale il diritto commerciale era costituito da due tipi di diritti: quello degli affari mercantili e quello comune ( diritto romano + diritto canonico). Quest‟ultimo tutelava la proprietà privata e conservava la ricchezza non incentivando la diffusione e gli scambi. Per risolvere ciò la stessa classe mercantile fondò una regolamentazione, lo “ius mercatorum” (= diritto dei mercanti): è un diritto di classe, ovvero un insieme di regole create e amministrate direttamente dai mercanti contrapposto allo “ius civile”. La soluzione delle controversie fra mercanti è affidata a organi di giustizia (i consoli) formati alle rispettive corporazioni che decidono le varie regole consuetudinarie. Con lo ius mercato rum nascono: - il principio delle libertà delle forme contrattuali , - la tutela del creditore (dove il debitore deve pagare entro la scadenza senza dilazioni sennò i debiti scaduti producono interessi), - nuovi contratti (come il contratto di assicurazione, il contratto di cambio), - nuovi istituti (scritture contabili), - forme associative (come la società in nome collettivo e in accomandita semplice), - il fallimento (modo per definire il dissesto dei mercati). Il diritto commerciale è “un diritto speciale” poiché dotato di proprie fonti e di propri organi di giustizia, e un “diritto di classe” in quanto espressione dello stesso ceto mercantile e della sua autonomia corporativa. Con la nascita degli Stati Nazionali monarchici (16° secolo) termina l‟autonomia normativa delle corporazioni mercantili e il diritto commerciale diventa diritto nazionale e statale: infatti i sovrani dei vari stati iniziano a intervenire negli scambi commerciali per controllare ciò che accadeva nel loro Stato e negli altri. L‟attività economica è concepita come strumento di accrescimento della potenza dello Stato e di espansione coloniale ed è finalizzata al controllo, alla protezione e al potenziamento dei traffici.

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APPUNTI DI DIRITTO COMMERCIALE (integrati col libro “campobasso”)

Introduzione: nel nostro diritto privato c‟è un complesso di norme riferite agli imprenditori (che costituiscono il “diritto commerciale”), soggetti che esercitano professionalmente attività economica finalizzata alla produzione e allo scambio di beni o servizi. Va ricordato che la nostra costituzione riconosce la proprietà privata e la libertà di iniziativa economica e il modello di sviluppo economico si basa sull‟economia di mercato avente due caratteristiche:

Libertà dei privati di dedicarsi alla produzione e alla distribuzione necessaria per il soddisfacimento dei bisogni materiali della collettività;

Libertà di coesistenza tra operatori economici (pubblici o privati) e libertà di competizione tra loro Il nostro sistema è ad economica libera e il fenomeno imprenditoriale costituisce perciò l‟asse portante dello sviluppo economico e del processo di razionale utilizzazione delle risorse produttive per il miglioramento del benessere materiale della collettività. Il diritto commerciale è quel diritto che fa riferimento alla figura dell‟imprenditore, ovvero è l‟insieme di regole sull‟attività, gli strumenti che utilizza, il contesto in cui opera. Esso, nominato anche “diritto privato delle imprese”, è parte del diritto privato che ha per oggetto e regola l‟attività e gli atti dell‟impresa. L‟attuale diritto commerciale non è solo diritto del commercio e dei commercianti per due motivi: 1) poiché riguarda tutte le imprese giuridicamente commerciali (industriali, bancarie, assicurative, di trasporto..) e non solo quelle dedite al commercio; in questo fanno eccezione quelle agricole; 2) poiché nel sistema vigente tutti gli imprenditori (e non solo quelli commerciali) sono sottoposti ad uno speciale statuto professionale. Questo diritto è talmente complesso che persino il legislatore ha difficoltà a individuarne le varie norme: bisogna considerare tutte le cose e persone che gravitano attorno all‟impresa e all‟imprenditore. Ci sono diversi individui portatori di interesse che vanno tutelati secondo questo diritto: l‟imprenditore è portatore di interesse per la sua attività imprenditoriale, i finanziatori necessitano di garanzie per il soddisfacimento di crediti, i consumatori che acquistano prodotti e servizi, i lavoratori dipendenti, i residenti vicini agli stabilimenti produttivi tutelati per l‟inquinamento atmosferico.. Perciò il legislatore deve tener conto di tutti questi interessi, i quali variano a seconda dei settori e del tempo. Le fonti del diritto commerciale non sono solo quelle “legislative” ma ci sono anche quelle “regolamentari” e “norme internazionali” per poter regolamentare i rapporti tra i soggetti di diversa nazionalità. La nascita del Diritto Commerciale risale al Basso medioevo (12° secolo), epoca in cui termina il sistema feudale basato su un‟economia di pura sussistenza: qui il fondo bastava a sfamare una famiglia e gli scambi limitati erano necessari per ottenere ciò che era impossibile reperire dal feudo stesso per le esigenze di sostentamento dei vari abitanti. Con la crescita delle città, nascono i mercati, facendo rifiorire l‟economia di scambio alimentata dalla produzione degli artigiani e dai traffici dei mercanti. Nasce inoltre la figura del mercante: egli si dedicava interamente agli scambi come una vera e propria professione e non per ottenere ciò che gli serviva ma per trarne un profitto. In questo contesto politico e sociale il diritto commerciale era costituito da due tipi di diritti: quello degli affari mercantili e quello comune ( diritto romano + diritto canonico). Quest‟ultimo tutelava la proprietà privata e conservava la ricchezza non incentivando la diffusione e gli scambi. Per risolvere ciò la stessa classe mercantile fondò una regolamentazione, lo “ius mercatorum” (= diritto dei mercanti): è un diritto di classe, ovvero un insieme di regole create e amministrate direttamente dai mercanti contrapposto allo “ius civile”. La soluzione delle controversie fra mercanti è affidata a organi di giustizia (i consoli) formati alle rispettive corporazioni che decidono le varie regole consuetudinarie. Con lo ius mercato rum nascono: - il principio delle libertà delle forme contrattuali, - la tutela del creditore (dove il debitore deve pagare entro la scadenza senza dilazioni sennò i debiti scaduti producono interessi), - nuovi contratti (come il contratto di assicurazione, il contratto di cambio), - nuovi istituti (scritture contabili), - forme associative (come la società in nome collettivo e in accomandita semplice), - il fallimento (modo per definire il dissesto dei mercati). Il diritto commerciale è “un diritto speciale” poiché dotato di proprie fonti e di propri organi di giustizia, e un “diritto di classe” in quanto espressione dello stesso ceto mercantile e della sua autonomia corporativa. Con la nascita degli Stati Nazionali monarchici (16° secolo) termina l‟autonomia normativa delle corporazioni mercantili e il diritto commerciale diventa diritto nazionale e statale: infatti i sovrani dei vari stati iniziano a intervenire negli scambi commerciali per controllare ciò che accadeva nel loro Stato e negli altri. L‟attività economica è concepita come strumento di accrescimento della potenza dello Stato e di espansione coloniale ed è finalizzata al controllo, alla protezione e al potenziamento dei traffici.

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Gli interessi dei sovrani e dei mercanti circa il controllo degli scambi commerciali erano simili: i primi volevano espandersi territorialmente e ciò ai mercanti andava bene poiché potevano ampliare i loro scambi traendone profitto. Proprio come strumento di espansione economica/territoriale nascono le moderne società di capitale come la Compagnia delle Indie Occidentali, la quale raccoglieva necessariamente capitale da vari soggetti, ognuno dei quali possedeva la limitazione di responsabilità così se l‟affare andava male i finanziatori perdevano solo la parte investita e non l‟intero patrimonio. Successivamente si passa alla “Rivoluzione Francese” dove nascono i codici napoleonici: sistema di raccolte di nuove norme mercantili concepite in modo separato nei diversi ambitiEssi sono stati adottati anche in altri paesi tra cui l‟Italia: qui si distinguevano in civile (del 1865), che regolava i rapporti civili, e di commercio/consumo (del 1865 modificato nel 1882), che regolava gli atti di commercio e l‟attività dei commercianti. Quest‟ultimo abbandona l‟originaria impostazione soggettiva e delinea un diritto speciale formalmente riferito non più ad una determinata categoria di soggetti (i mercanti) bensì ad una determinata categoria di atti: gli “atti di commercio”. I codici napoleonici in Italia durano fino al 1942, anno in cui nasce poi il vero e proprio codice civile, vigente ancora oggi con le varie modifiche più o meno significative. Il diritto commerciale è presentato come il diritto degli atti di commercio e l‟acquisto della qualità di commerciante è conseguenza e riflesso del compimento abituale di atti di commercio. La categoria giuridica dei commercianti non è più costituita solo da coloro che esercitano attività di interposizione nella circolazione dei beni. I commercianti sono tutti coloro che esercitano atti di commercio per professione abituale e le società commerciali, gli industriali, i banchieri, le imprese di manifatture, editrici, di spettacoli pubblici… Ovvero è commerciante chiunque operi abitualmente nel campo della produzione e della distribuzione ad eccezione di agricoltori e artigiani, stato, comuni e provincie. L’IMPRENDITORE: è un concetto “economico” necessario a identificare soggetti che svolgono un‟attività nel settore economico differenziandoli dagli altri individui nell‟ambito del sistema economico. Essi sono differenti dai capitalisti, soggetti che offrono capitale e risorse attenendosi ad una loro remunerazione (=interesse); dai lavoratori, soggetti che offrono la loro forza lavoro e che ottengono una remunerazione costituita dallo stipendio; dai consumatori, coloro che domandano beni e servizi necessari per soddisfare i loro bisogni. L‟imprenditore attiva la procedura di produzione sopportando il “rischio d‟impresa”: esso consiste nel fatto in cui i ricavi, derivanti dalla cessione dei beni prodotti, non siano sufficienti alla remunerazione del capitale che l‟imprenditore (o i capitalisti) ha impiegato. All‟imprenditore spetta non solo una remunerazione (=profitto, surplus) che residua dopo aver remunerato i fattori produttivi, ma anche la gestione e l‟organizzazione dell‟intera attività poiché è lui che rischia ed è lui che prende le decisioni strategiche dell‟impresa. Perciò ricapitolando: L‟imprenditore è economicamente quel soggetto intermedio fra chi dispone dei necessari fattori produttivi e chi domanda prodotti/servizi, che coordina,organizza e dirige il processo produttivo assumendo su di sé il rischio relativo (cioè che i costi sopportati non siano coperti dai ricavi ottenuti per la mancanza di domanda o per la situazione del mercato). Tuttavia, tutte queste considerazioni non sono abbastanza sufficienti per dare una definizione “giuridica” di imprenditore. Questo termine è comparso dopo varie evoluzioni: inizialmente il soggetto principale del diritto commerciale era il mercante, il quale poi si è sostituito con il commerciante (all‟epoca dei codici di commercio dove la cosa principale era lo scambio) che poi si tramuta in imprenditore durante l‟età industriale. Il rapporto tra “imprenditore e commerciante” è talmente simile da paragonarlo a quello di “genere e specie”: il commerciante è una specie (cioè un particolare tipo) di imprenditore e analogamente l‟imprenditore è il genere cui appartiene il commerciante. Inizialmente, nella seconda epoca era il contrario: l‟imprenditore era una specie di commerciante poiché era quest‟ultimo che domandava al produttore di beni (= imprenditore) la quantità di prodotti da mettere poi sul mercato. I requisiti necessari per definire giuridicamente l‟imprenditore si trovano nell‟articolo 2082 del codice civile: << E‟ IMPRENDITORE CHI SVOLGE PROFESSIONALMENTE UN‟ATTIVITA‟ ECONOMICA ORGANIZZATA AL FINE DELLA PRODUZIONE O SCAMBIO DI BENI O SERVIZI >> La disciplina dettata non è però identica per tutti gli imprenditori: essi si classificano in base a tre criteri:

L’oggetto dell’impresa: distingue l‟imprenditore agricolo da quello commerciale;

La dimensione dell’impresa: distingue il piccolo imprenditore da quello medio grande;

La natura del soggetto: distingue l‟impresa individuale da quella collettiva, e quella pubblica da quella privata.

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Il codice civile detta un insieme di norme applicabili a tutti gli imprenditori: ovvero lo “statuto generale dell‟imprenditore” che comprende parte della disciplina dell‟azienda, dei segni distintivi, la disciplina della concorrenza e dei consorzi ecc.. Esso si distingue poi da un insieme di norme specifico: lo “statuto dell‟imprenditore commerciale” (= statuto proprio dell‟imprenditore privato commerciale non piccolo) dove rientrano le scritture contabili, la disciplina della rappresentanza commerciale, il fallimento ecc.. Da quest‟ultimo statuto sono esonerati tutti gli imprenditori non commerciali, compresi quello agricolo e il piccolo imprenditore. L‟articolo 2082 distingue giuridicamente fra chi è e chi non è imprenditore al fine di stabilire se siano applicabili o meno ad un dato soggetto le norme del codice civile che fanno riferimento all‟impresa e all‟imprenditore. ATTIVITA‟: l‟impresa per essere tale deve rispettare il requisito di essere un’attività produttiva, cioè finalizzata alla produzione o allo scambio di beni o servizi. Per qualificare un‟impresa come attività produttiva non è necessaria la natura dei beni/servizi e il tipo di bisogno che andranno a soddisfare. Per attività produttiva non si intende solo il godimento puro e semplice di un bene/servizio ma anche la loro produzione: per questo essa si contrappone a quella di mero godimento (che non dà luogo alla produzione di nuovi beni e servizi e che quindi non può essere definita impresa). Esempi di attività di mero godimento: il proprietario di immobili che attraverso la locazione o l‟affitto ne gode i frutti. Esempi di attività produttiva: se il proprietario dell‟immobili adibisce esso ad un albergo, pensione o residence, egli non si limita a godere dei frutti ma anche a fornire un servizio. Altro esempio è il proprietario di un fondo agricolo destinato alla coltivazione, oppure l‟impiego delle proprie disponibilità finanziarie nella compravendita di strumenti finanziari (azioni, titoli, obbligazioni..), oppure le società di investimento o quelle finanziarie. ECONOMICA: un‟attività è economica se è volta tendenzialmente alla copertura dei costi con i ricavi, ovvero le entrate devono remunerare i fattori produttivi utilizzati. Altrimenti si ha consumo e non produzione di ricchezza. L‟obbiettivo dell‟imprenditore è quindi quello di realizzare un profitto, e il legislatore, nell‟articolo 2082 lo impone come obbiettivo a cui le imprese devono puntare (anche se poi magari per varie difficoltà non riescono) e non come obbligo senno non possono essere definite tali. Al legislatore gli basta che l‟attività segua il principio dell‟economicità e lo fa per comprendere nell‟insieme degli imprenditori più soggetti possibili. In questo insieme sono esclusi (e quindi non sono imprenditori): soggetti che producano beni/servizi erogati gratuitamente o a prezzo politico cioè quelli il cui scopo è diverso da quello di lucro, volto alla liberalità; non sono imprenditori anche l‟ente pubblico o l‟associazione privata che gestiscono gratuitamente o a prezzo simbolico ospedali, scuole, mense e ospizi per i poveri. E‟ imprenditore, invece, chi gestisce i medesimi servizi col metodo economico, ricoprendo i costi con i ricavi, anche se ispirato ad un fine pubblico o ideale e anche se le condizioni di mercato non consentono poi in fatto di remunerare i fattori produttivi (= anche se poi magari l‟impresa entra in perdita). ORGANIZZATA: l‟attività oltre ad essere economica deve essere anche organizzata, deve cioè seguire una coordinazione di atti che creano un apparato produttivo stabile complesso formato da persone e beni strumentali (macchinari, locali, materie prime..) E‟ imprenditore quindi chi opera una coordinazione di fattori produttivi che portano alla produzione o scambio di beni o servizi. Ma l‟imprenditore può essere anche chi opera usando solo il fattore capitale e il proprio lavoro senza dar vita ad alcuna organizzazione (es. gioielleria di uno autonomo) Inoltre non è necessario che l‟attività organizzativa dell‟imprenditore debba concretizzarsi con solo apparati strumentali fisicamente percepibili (locali, macchinari..) ma possono essere anche finanziari. Questo requisito dell‟articolo 2082 distingue l‟imprenditore vero e proprio dal “lavoratore autonomo” appartenenti, di solito, al settore dei prestatori autonomi d‟opera manuale ( elettricisti, idraulici..) o di servizi personalizzati (mediatori, agenti di commercio..): essi NON sono imprenditori poiché la semplice organizzazione a fini produttivi del proprio lavoro non può essere considerata organizzazione imprenditoriale per la mancanza della “etero organizzazione” dell‟attività. Un conto è organizzare il proprio lavoro un conto è organizzare un‟attività d‟impresa. PROFESSIONALE: è un concetto più circoscritto inteso come esercizio “abituale” e “non occasionale” di una data attività produttiva. Non è perciò imprenditore chi compie un‟isolata operazione di acquisto e successiva rivendita di merci. L‟attività per essere professionale deve essere stabile e continuata/ripetuta nel tempo; ciò non significa che l‟attività debba essere esclusiva o avere interruzioni:: per le attività cicliche o stagionali ( stabilimenti balneari, impianti sciistici..) è sufficiente il costante ripetersi di atti di impresa secondo le scadenze proprie di

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quel tipo di attività. Inoltre l‟attività per essere professionale non deve essere per forza unica e principale: è possibile il contemporaneo esercizio di più attività da parte dell‟imprenditore. PRODUZIONE/SCAMBIO DI BENI/ SERVIZI: l‟attività d‟impresa ha il compito di produrre o scambiare beni o servizi. Ciò esclude una gran parte di soggetti dall‟essere imprenditori: per esempio gli “speculatori” di borsa, soggetti che fanno scommesse sull‟andamento dei prezzi. Inoltre questo requisito dell‟articolo 2082 apre la questione dell’imprenditore per conto proprio se può essere considerato tale. Anche se secondo alcuni la risposta è affermativa poiché nell‟articolo non è richiesto che beni e servizi debbano essere destinati al mercato, prevale l‟opinione contraria: l‟attività in proprio non è imprenditoriale poiché non è destinata al mercato bensì all‟imprenditore stesso. In effetti l‟imprenditore ha una funzione “intermediaria” tra proprietari dei fattori produttivi e consumatori, basta che una parte dei beni sia destinata al mercato che egli è un reale imprenditore. Non sono considerate imprese sotto profilo giuridico: la cooperativa, produce solo per i propri soci, le aziende costituite dallo Stato o altri enti pubblici per la produzione di beni/servizi da fornire dietro corrispettivo all‟ente di pertinenza. Tra le varie imprese, invece, possono considerarsi tali: - la coltivazione del fondo; - la costruzione di appartamenti non destinati alla rivendita: costruire un‟abitazione è attività imprenditoriale poiché essa coinvolge terzi che entrano in contatto con l‟attività coordinata a quel soggetto che ci andrà ad abitare (=imprenditore). N.B. Un requisito non richiesto obbligatoriamente nell‟articolo 2082 è “lo scopo di lucro”; è essenziale solo che l‟attività venga svolta secondo modalità oggettive astrattamente lucrative. La nozione di imprenditore è unitaria e comprensiva sia dall‟impresa privata che pubblica; ciò implica che requisito essenziale può essere considerato solo ciò che è comune a tutte le imprese e a tutti gli imprenditori. L‟impresa pubblica deve operare secondo i criteri di economicità ma non è tenuta alla realizzazione di un profitto. La maggior parte delle società operano con metodo lucrativo: deve conseguire utili (lucro oggettivo) e l‟utile deve essere devoluto ai soci (lucro soggettivo). Poi ci sono le società cooperative con scopi mutualistici, dove tendenzialmente opera per fornire beni o servizi direttamente ai membri dell‟organizzazione a condizioni più vantaggiose di quelle che troverebbero nel mercato; non è perciò finalizzata al conseguimento dei ricavi sui costi. Particolari sono le imprese sociali, nelle quali l‟utile non deve essere distribuito tra soci, amministratori, partecipanti ma è comunque un‟attività organizzata alla produzione e scambio di beni e servizi. I NON REQUISITI DELL’ARTICOLO 2082: esistono alcuni elementi che non sono citati nell‟articolo che definisce l‟imprenditore, ma sono necessari per valutarne la sua qualifica:

o Liceità dell’attività: esistono attività definite “illecite”, contrarie alle norme imperative, all‟ordine pubblico e al buon costume: contrabbando di sigarette,smercio di droga, gestione della prostituzione, ma anche l‟attività bancaria esercitata senza l‟autorizzazione della Banca d‟Italia è illecita. Indubbiamente l‟illecito va represso e sanzionato anche se però alcune volte un‟attività illecita può dar luogo al compimento di varie attività valide e lecite: per esempio è illecito il contratto con cui il fabbricante di droga acquista la materia prima necessaria ma leciti sono i contratti rispetto a terzi ( trasporto, acquisto di macchinari..). Terzi creditori meritevoli di tutela possono esistere anche quando l‟attività di impresa è illecita e perciò l‟esposizione al fallimento di chi eserciti attività commerciale illecita non è più giustificata. Perciò l‟attività con atti illeciti è considerata impresa illegale quando essa viola le norme del buon costume, ordine pubblico e delle norme imperative. Mentre quando illecito è l‟oggetto (il contrabbando, la fabbricazione della droga..) allora si parla di impresa immorale. In questi casi si teme perciò che tutelando i terzi estranei all‟illecito si finisca col dover tutelare anche chi né è l‟autore: secondo il principio generale dell‟ordinamento, da un comportamento illecito non possono derivare effetti favorevo9li per l‟autore dell‟illecito, perciò quest‟ultimo è considerato “imprenditore di un‟attività illecita” e in quanto imprenditore commerciale può fallire come tutti gli altri.

o Professioni intellettuali: in esse la qualifica di imprenditore è esclusa in via di principio dal legislatore (es. avvocati, ingegneri, notai..). Si applicano le norme imprenditoriali alle professioni intellettuali solo se l‟esercizio della professione costituisce elemento di una attività organizzata in forma di impresa. E‟ il caso per esempio del medico che gestisce una clinica privata o del professore titolare di una scuola privata: qui vi sono le due distinte attività, intellettuale e di impresa. L‟artista o il professionista che svolge la propria attività da solo non diventerà mai imprenditore nemmeno se accorpa diversi collaboratori per simboleggiare un‟impresa organizzata (es gruppo di avvocati).

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Nell‟attività intellettuale mancano i due requisiti: carattere economico dell‟attività e l‟organizzazione di tipo imprenditoriale. Se l‟intellettuale trasforma la sua attività già organizzata e non più personale, può diventare imprenditore.

o Imputazioni dell’attività: l‟articolo 2082 non richiede che l‟attività imprenditoriale sia esercitata in modo diretto: si possono quindi avere dei collaboratori o sostituire il soggetto imprenditore con altri per esercitare delle attività dell‟impresa. In questi casi particolari, il vero imprenditore è definito attraverso il principio della “spendita del nome”: secondo cui il soggetto che spende il proprio nome per conto dell‟imprenditore faccia si che l‟attività imprenditoriale ricada su quel soggetto stesso chi spende il proprio nome nel compiere atti relativi all‟impresa è imprenditore, chi invece opera in nome suo no (ovvero il rappresentante). L‟esercizio dell‟attività d‟impresa può avvenire in maniera: diretta, cioè con “mandato di rappresentanza”, dove il mandante incarica un altro soggetto (il mandatario) a realizzare un atto in nome suo; o indiretta, cioè “senza mandato di rappresentanza”, dove il mandatario agisce per conto del mandante ma col proprio nome con la conseguenza che lui (e non il mandante) acquisterà i diritti e

assumerà obbligazioni derivanti dal contratto concluso con il terzo. Successivamente il mandatario è obbligato a ritrasferire al mandante i diritti acquistati e ha diritto a essere rimborsato dal mandante per quanto ha dovuto pagare al contraente.

In seguito a quest‟ultimo tipo di mandato, possono accadere degli abusi e delle dissociazioni fra il soggetto cui è fortemente imputabile la qualità dell‟imprenditore e il reale interessato. In questo caso il soggetto che compie in proprio nome i singoli atti di impresa è l‟imprenditore palese / prestanome, mentre il soggetto che somministra al primo i mezzi finanziari e fa propri i guadagni è il dominus / imprenditore indiretto o occulto. Questa tecnica fa si che l‟imprenditore occulto incarichi un altro soggetto a svolgere le prestazioni rimanendo nascosto e tutelando il proprio patrimonio personale. Questo modo di operare crea problemi quando i creditori non vengono pagati poiché gli affari stanno andando male; in questo caso i creditori potranno provocare il fallimento del prestanome (poiché l‟imprenditore vero e proprio è nascosto). Però il problema è che se l‟obbligato nei loro confronti è solo il prestanome, il rischio dell‟impresa non sarà sopportato dall‟imprenditore occulto ma ricadrà sui creditori stessi. Quindi bisogna far fallire non solo l‟imprenditore palese ma anche il dominus, attraverso la “teoria dell‟imprenditore occulto”: secondo cui quando l‟attività d‟impresa è esercitata tramite prestanome, i responsabili verso i creditori sono sia l‟imprenditore palese che l‟occulto, ed entrambi risponderanno del fallimento della loro impresa. Questa teoria prosegue affermando che ciò fosse applicabile anche per i soci occulti di una società occulta: ovvero nel caso in cui chi contratta con i terzi si presenta come imprenditore individuale ma in realtà ha uno o più soci occulti. Se fallisce la società occulta è inevitabile che fallisca anche l‟imprenditore occulto. Due tipi di soci negativi sono: socio tiranno: è un socio azionista che viola norme riguardo ai rispettivi patrimoni suoi e della società: egli utilizza il patrimonio della società per scopi personali e viceversa finanza la società col suo patrimonio personale. Il socio sovrano è quell‟individuo azionista che pur rispettando le regole è in possesso del maggior pacchetto azionario di controllo. Una tecnica per reprimere gli abusi e di tutela per i creditori è quella dell‟ “impresa fiancheggiatrice”: ipotizzando di aver trovato le prove del rapporto tra imprenditore palese e occulto, quando quest‟ultimo è insolvente e non finanzia più il primo per vari motivi (o perché non c‟ha più soldi o perché ha visto che comunque l‟impresa è sempre in perdita), il socio o i soci che hanno abusato dello schermo societario risponderanno come titolari di un‟autonoma impresa commerciale individuale o societaria, per le obbligazioni da loro contratte nello svolgimento dell‟attività fiancheggiatrice della società di capitali ed in quanto tali potranno fallire sempreché si accerti l‟insolvenza della loro impresa. Ma nemmeno questa teoria è sufficiente poiché afferma che risponde chi ha deciso l‟operazione e non chi presta il nome mentre la legge definisce l‟inscindibilità tra potere decisionale e responsabilità!!

o E‟ importante individuare l‟esatto momento quando un soggetto diventa imprenditore, e quindi iniziare ad applicargli le varie norme, e quando cessa di esserlo. Inizio dell’impresa: dipende se la persona è fisica o giuridica. Per la persona fisica il momento in cui diventa imprenditore non coincide con la nascita dell‟individuo. Un soggetto è imprenditore quando effettivamente inizia a esercitare un‟attività d‟impresa (criterio dell‟effettività); non è sufficiente quindi l‟intenzione di dare inizio all‟attività. L‟attività d‟impresa si forma con la ripetizione nel tempo di atti omogenei e coordinati tra loro (es. agente di commercio..) oppure quando è creata una stabile organizzazione aziendale (es. stabilimento industriale..).

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Praticamente il soggetto è imprenditore non necessariamente al compimento del primo ciclo produttivo (es. individuo che vende calzature non inizia a essere imprenditore quando vende il suo primo paio di scarpe.): si può già diventare imprenditori durante la fase preliminare di organizzazione e prima del compimento del primo atto di gestione. Inoltre per l‟attività d‟impresa servono operazioni preparatorie che la organizzano: materie prime, macchinari, dipendenti. Per la persona giuridica, invece, le società diventano imprese fin dal momento della loro costituzione. Esse si suddividono in: società di capitale, dal momento in cui sono iscritte nel registro sono imprese, e società di persone, se non sono iscritte esistono come imprese ma sono irregolari. Fine dell’impresa: è definito in base al tipo di persona. La persona fisica segue anche nella cessazione dell‟attività il principio di effettività: nel momento in cui l‟individuo si cancella dal registro delle imprese egli non è più imprenditore. Ma in pratica il momento di fine può essere anche prima, ovvero quando viene disgregato il complesso aziendale (licenziamenti, vendita di impianti..). Per la persona giuridica, essa cessa di esistere quando è cancellata dal registro delle imprese. Il momento della cessazione è molto importante poiché a partire da quel momento inizia a decorrere un anno in cui l‟impresa può essere ancora soggetta a fallimento. Inizialmente la società non era più impresa quando aveva terminato tutti i rapporti giuridici (cioè non aveva più debiti o crediti). Questo, insieme all‟astensione del fallimento fino ad un anno dopo la cessazione dell‟attività comportavano che, dato che l‟impresa insolvente (che ha dei debiti e non riesce a saldarli) fallisce, essa era allora assogettabile al fallimento al‟infinito, fino a quando non saldava i debiti poiché finche non erano conclusi l‟attività non si reputava cessata. Con la legge del 2007 il problema si è risolto: “ gli imprenditori individuali e collettivi possono essere dichiarati falliti entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese, se l‟insolvenza si è manifestata anteriormente alla medesima o entro l‟anno successivo.”

o Capacità: la capacità all‟esercizio di attività di impresa la si acquista assieme alla capacità d‟agire (18 anni) e la si può perdere per interdizione o inabilitazione. L‟esercizio di determinate professioni (es. avvocati, notai..) non costituiscono limiti della capacità d‟agire ma sono solamente “incompatibili” con l‟esercizio di un‟impresa commerciale. E‟ possibile l‟esercizio di attività di impresa per conto e nell‟interesse di un incapace (cioè che non ha capacità giuridica, come il minore o l‟interdetto) o da parte di soggetti limitatamente capaci di agire (che in parte compiono alcuni atti giuridici, come l‟emancipato, l‟inabilitato e il beneficiario di amministrazione di sostegno), con l‟osservanza delle disposizioni al riguardo dettate. Il codice civile prevede norme specifiche a riguardo per l‟attività commerciale mentre per quella agricola no (essendo regolata dal codice comune). L‟amministrazione del patrimonio degli incapaci è regolata in modo da garantirne la sua conservazione: il rappresentante del minore o dell‟interdetto (ovvero i genitori o il tutore) è legittimato a compiere solo atti di “ordinaria amministrazione” ma la qualifica appartiene al soggetto in nome del quale è esercitata (anche se minorenne) e gli atti di “straordinaria amministrazione” sono compiuti sempre dai tutori o genitori in caso di necessità. Vi è il divieto assoluto di iniziare un‟attività di impresa commerciale per l‟incapace (interdetto e/o minore) e l‟inabilitato. Ad eccezione del minore emancipato, il rappresentante del quale può essere autorizzato dal tribunale alla continuazione dell‟esercizio di un‟impresa preesistente, per esempio nel caso in cui il minore eredita l‟azienda paterna. Il genitore o il tutore è legittimato a compiere tutti gli atti che rientrano nell‟esercizio dell‟impresa sia di ordinaria amministrazione (es. vendere attrezzature e merci, contrarre i mutui..) che si straordinaria amministrazione, per quest‟ultimi è necessaria un aspecifica autorizzazione. Minore e interdetto non possono iniziare l‟esercizio di un‟attività (salvo minore emancipato che può continuarla). L‟inabilitato è un soggetto la cui capacità di agire è limitata agli atti di ordinaria amministrazione ed essi possono solo continuare personalmente (o con l‟assistenza di un curatore o nominando un institore/ direttore generale) un‟attività d‟impresa e non iniziarla. Il minore emancipato può essere autorizzato ad iniziare una nuova impresa o a continuarla, anche senza l‟assistenza del curatore e può compiere da solo atti che eccedono l‟ordinaria amministrazione anche se estranei all‟esercizio dell‟impresa. Il beneficiario dell‟amministrazione di sostegno, conservando capacità di agire per tutti gli atti non esclusivi, può liberamente iniziare o continuare un‟impresa senza assistenza.

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LE CATEGORIE DEGLI IMPRENDITORI: i vari tipi di imprenditori si distinguono in base:

A. All‟oggetto dell‟attività che realizzano: attività commerciale o attività agricola; B. Alla dimensione dell‟attività che esercitano: piccolo imprenditore o altri; C. Alla natura del soggetto che esercita l‟attività: attività individuale o collettiva e attività pubblica o

privata.

a) L‟imprenditore commerciale ha determinati obblighi come l‟iscrizione al registro delle imprese, tenuta di scritture contabili e assoggettamento al fallimento e altre procedure concorsuali. Nella categoria di imprenditore agricolo, invece, si restringe l‟ambito di applicazione delle norme dell‟imprenditore commerciale: difatti egli è esonerato dagli obblighi di quest‟ultimo ad esclusione dell‟iscrizione nel registro delle imprese (sempre come funzione di pubblicità legale). Inoltre è possibile definire un‟ulteriore terza categoria di imprenditori quelli “civili”: essi non sono menzionati dal legislatore ma sono individuabili in base al criterio meramente negativo di non poter essere qualificate né agricole né commerciali, e sono sottoposte alla disciplina generale dell‟imprenditore. Imprenditore agricolo: è individuato dall‟articolo 2135 del codice civile: “E‟ imprenditore agricolo chi esercita un‟attività diretta alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, all‟allevamento del bestiame e attività connesse”. Colui che svolgeva quest‟attività, all‟inizio non era considerato un vero e proprio imprenditore, poiché fino al 1942 la coltivazione del fondo non era regolata dal codice commerciale (ma da quello civile) perciò era visto come uno sfruttamento della terra legata al diritto che il soggetto aveva su di essa (es. affitto, usufrutto, enfiteusi..) Anche se i frutti andavano poi venduti al mercato non era comunque un‟impresa. Oggi, invece, l‟imprenditore agricolo esiste ed è distinto da quello commerciale: il primo è esonerato da norme che riguardano il secondo ed è quindi regolato solo dallo “Statuto generale dell‟imprenditore”. Le attività agricole di questo tipo di imprenditore sono distinte in: attività agricole essenziali e attività agricole per connessione. Le prime sono costituite da: selvicoltura (= cura e coltivazione del bosco), coltivazione del fondo, allevamento del bestiame. Queste sono attività tipicamente agricole che hanno subìto una profonda evoluzione dal 1942 ad oggi, a causa del progresso tecnologico. Per esempio, per quanto riguarda la coltivazione del fondo, inizialmente l‟agricolo era un soggetto legato al fattore terra dove sopportava sia il rischio economico che quello ambientale. Con l‟avanzo della tecnologia l‟agricoltura divenne industrializzata e meccanizzata con prodotti chimici (concimi..) per poter accrescere la produttività naturale della terra; così l‟imprenditore agricolo non era più legato al fondo ma bensì ad un ciclo biologico vegetale e animale. Quindi il concetto “terra” è stato allargato e tramutato on “fondo”. Anche per quanto riguarda l‟allevamento c‟è stato un avanzo: si è passati dal “bestiame” ( bovini, suini, caprini..), necessario per la produzione di latte, carne, lana, ad “animali”, a causa della nascita di nuovi allevamenti ( di altri animali come il baco da seta, cavalli da corsa..). Le “attività agricole per connessione” sono attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione dei prodotti ottenuti prevalentemente4 da un‟attività agricola essenziale, e lo sono anche le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l‟utilizzazione di attrezzature o risorse. Perciò l‟attività agricola per connessione è tale se rispetta determinati requisiti: per esempio un individuo coltiva l‟uva, in parte la vende e in parte la trasforma in vino; queste attività prese singolarmente sono definite commerciali, ma se invece rispettano determinati requisiti oggettivi e soggettivi, sono attività agricole per connessione e l‟imprenditore non è commerciale ma agricolo. Il requisito “soggettivo” richiesto è il seguente: il soggetto imprenditore agricolo che esercita le varie attività deve essere lo stesso (es. chi trasforma l‟uva in vino deve essere lo stesso soggetto che la coltiva). Perciò il viticoltore che produce solo vino è imprenditore agricolo mentre quello che vende anche formaggi è imprenditore commerciale. Il requisito “oggettivo” richiesto, invece, è quello9 di usare prevalentemente oggetti prodotti dall‟esercizio di attività agricola essenziale. Imprenditore commerciale: definito nell‟articolo 2195: “E‟ imprenditore commerciale chi esercita una o più delle seguenti categorie di attività”:

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Attività industriale diretta alla produzione di beni e servizi: settore in cui vengono trasformate le materie prime in prodotti; è il caso delle “imprese industriali” (automobilistiche, chimiche, edili, tessili…)

Attività intermediaria nella circolazione dei beni: il commerciante acquista beni e li rivende ad altri intermediari (commercio all‟ingrosso) o ai consumatori (commercio al minuto), creando una serie di operazioni di scambio.

Attività di trasporto per terra, acqua o aria: l‟attività di trasporto è considerata un‟attività produttiva di servizi;

Attività bancaria e assicurativa: sono attività di intermediazione nella circolazione del denaro (creano finanziamenti..)

Altre attività ausiliarie delle precedenti: sono imprese produttrici di servizi (es. imprese di agenzia, mediazione, deposito, commissione, marketing, pubblicità..)

Nel codice civile non rientra più la terza categoria, ovvero quella delle “imprese civili” (attività che costituivano l‟impiego di materie prime e la loro trasformazione in nuovi beni ad opera dell‟uomo), come le imprese di caccia, pesca, imprese minerarie, agenzie matrimoniali, investigative… Ma il codice definisce che chi non è imprenditore agricolo è allora commerciale e viceversa, perciò per l‟imprenditore civile non vi è spazio.

b) Il secondo criterio di differenziazione della disciplina degli imprenditori è la dimensione dove si distingue la categoria del “piccolo imprenditore” da quella dell‟ “imprenditore medio grande”. Il piccolo imprenditore è sottoposto allo “statuto generale dell‟imprenditore”, è esonerato dalla tenuta delle scritture contabili, dall‟assoggettamento al fallimento e altre procedure concorsuali, ma è obbligatoria l‟iscrizione nel registro delle imprese (sempre per pubblicità legale). Egli, nel codice civile (come l‟imprenditore agricolo), ha nozione negativa: serve per restringere ulteriormente l‟ambito di applicazione dello statuto dell‟imprenditore commerciale. L‟articolo 2083 definisce piccoli imprenditori i coltivatori diretti di fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un‟attività professionale col lavoro proprio e dei componenti della famiglia. Per avere una piccola impresa è necessario che: - l‟imprenditore presti il proprio lavoro nell‟impresa; - il suo lavoro e quello eventuale dei familiari che collaborano nell‟impresa prevalgano rispetto al lavoro altrui sia rispetto al capitale investito nell‟impresa. Non è mai piccolo imprenditore chi investe ingenti capitali nell‟impresa (es. gioielliere). Anche la legge fallimentare definiva il piccolo imprenditore: inizialmente era “sono piccoli imprenditori quelli aventi un‟attività commerciale e che sono riconosciuti titolari di un reddito inferiore al minimo imponibile per l‟imposta di ricchezza mobile e che non hanno investito un capitale superiore a lire novecentomila; non sono piccoli imprenditori le società commerciali”. Però questi parametri monetari (reddito di ricchezza mobile e capitale investito) entrano in contrasto con quello fissato dal codice civile ( prevalenza funzionale del lavoro familiare) necessità di trovare un coordinamento!! Ciò fu risolto con l‟abolizione della ricchezza mobile mentre il capitale non superiore a 900 mila lire non era stato più aggiornato quindi fu eliminato. Finalmente nel 2007 è stata definita una nuova disposizione fallimentare che non definisce più chi è “piccolo imprenditore” ma individua alcuni parametri e requisiti dimensionali dell‟impresa, al di sotto dei quali l‟imprenditore commerciale non fallisce. L‟impresa familiare consiste nello sfruttamento dei familiari da parte del capo-famiglia: essi non sono considerati né lavoratori né dipendenti e perciò non godono di determinati diritti e doveri. Il legislatore avrebbe potuto imporre un formale contratto di lavoro o obbligare una forma societaria, ma egli ha voluto valorizzare il rapporto familiare nell‟impresa: “l‟impresa familiare l‟impresa nella quale collaborano il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado dell‟imprenditore. E‟ frequente che essa si una piccola impresa ma comunque non vanno confusi i due distinti concetti. Comunque i membri della famiglia godono di diritti patrimoniali e amministrativi. I primi sono:

Diritto al mantenimento secondo le condizioni patrimoniali della famiglia; Diritto di partecipazione agli utili in proporzione al lavoro qualitativo e quantitativo prestato; Diritto sui beni acquistati con gli utili: se l‟utile è usato per comprare beni, essi hanno il diritto

su quei beni comprati; Diritto di prelazione (cessione) sull‟azienda in caso di divisione ereditaria o di trasferimento

dell‟azienda stessa.

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I diritti amministrativi invece sono quelli inerenti alla gestione straordinaria, di cui vi posso partecipare e prendere decisioni i vari membri della famiglia che appartengono all‟impresa. Invece gli atti di gestione “ordinaria” rientrano nelle competenze solo dell‟imprenditore, il quale ne risponde in caso di insolvenza, fallimento e varie obbligazioni.

c) Il terzo criterio di distinzione è quello in base alla natura dell‟attività: può essere individuale (il titolare

è un solo soggetto) collettiva ( come le “società”, necessarie per l‟esercizio collettivo di attività di impresa). Ma la natura distingue anche l‟impresa privata, dove i soggetti sono dei privati, o pubblica ( dove il soggetto imprenditore è pubblico, ve ne sono diversi tra cui imprese organo (stato, regioni, provincie), enti pubblici economici (enel, ferrovie dello stato..), società a partecipazione pubblica, caso in cui lo Stato o altri svolgono attività d‟impresa servendosi di strutture di diritto privato, sono in pratica società privati i cui soci sono enti pubblici.)

LO STATUTO DELL’IMPRENDITORE COMMERCIALE: l‟imprenditore commerciale è sottoposto a una serie di discipline, in parte comuni con gli altri imprenditori (“statuto generale dell‟imprenditore”), in parte propria e specifica, ovvero: “Lo statuto speciale dell’imprenditore commerciale”. Le norme di quest‟ultimo appartengono a quattro ambiti particolari:

Pubblicità legale: gli imprenditori hanno la necessità di poter disporre di informazioni veritiere e non contestabili su fatti e situazioni delle imprese con cui entrano in contatto. Il legislatore ha così introdotto la pubblicità legale: è cioè previsto l‟obbligo di rendere pubblici atti e fatti della vita dell‟impresa. Queste informazioni sulle varie imprese sono accessibili anche a terzi e producono l‟effetto dell‟opponibilità a chiunque degli atti o fatti così resi conoscibili. Lo strumento di pubblicità legale delle imprese commerciali è il registro delle imprese; nasce nel 1942 ma rimane inattivo fino al 1995 poiché le informazioni erano situate nelle cancellerie dei tribunali. Oggi esso non è più solo strumento di pubblicità legale delle imprese commerciali, ma è anche strumento di informazione sui dati organizzativi delle altre imprese; la tenuta del registro è affidata alle camere di commercio ed è pubblico, chiunque può consultarne i dati. Coloro che si iscrivono nel registro delle imprese, vengono suddivisi in due sezioni in base alla categoria di imprenditore: sezione ordinaria comprende imprenditori individuali commerciali non piccoli, tutte le società (ad esclusione della società semplice), i consorzi tra imprenditori con attività esterna, enti pubblici economici, società estere con sede dell‟amministrazione (oggetto principale della società) in Italia, gruppi europei di interesse economico con sede in Italia. Le sezioni speciali comprendono invece piccoli imprenditori, artigiani, società semplici, imprenditori agricoli, società tra professionisti. Nel registro delle imprese gli atti e fatti dell‟impresa riguardano gli elementi di individuazione dell‟imprenditore (dati anagrafici suoi, ditta, oggetto, sede principale..) e la struttura e organizzazione della società (atto costitutivo, nomina e revoca degli amministratori..). L‟iscrizione è eseguita su domanda dell‟interessato o “d‟ufficio” se è obbligatoria; anche la cancellazione è “d‟ufficio” se non vi provvede l‟imprenditore. Inoltre prima di procedere all‟iscrizione, l‟ufficio del registro deve controllare che il fatto o l‟atto è soggetto a iscrizione e che sia regolare. Gli effetti dell‟iscrizione si ripercuotono in maniera differente nella sezione ordinaria e in quella speciale. Nella prima essa ha sempre funzione di “pubblicità legale”, serve cioè non solo a rendere conoscibili dati pubblicati ma ha anche:

o Efficacia dichiarativa: essa si suddivide a sua volta in “positiva”, tutto ciò che è scritto è opponibile a terzi, cioè questi ne devono essere a conoscenza poiché è scritto; e “negativa”, tutto ciò che non è scritto non è opponibile a terzi e non si può pretendere che essi ne siano a conoscenza;

o Efficacia normativa: l‟iscrizione è il presupposto (= la condizione) per applicare una certa normativa. E‟ il caso per esempio delle società in nome collettivo e quelle in accomandita semplice: esse, anche se non registrate, esistono comunque ma sono definite “irregolari” e gli saranno applicate le norme delle società semplice e non le loro (non essendo iscritte).

o Efficacia costitutiva: si suddivide ulteriormente in “totale”, perché l‟atto sia produttivo di effetti deve essere evidente fra le parti e anche ai terzi, e in “parziale”, quando l‟iscrizione consente di considerare la sua esistenza solo nei confronti dei terzi.

Scritture contabili: sono i documenti che contengono la rappresentazione, in termini quantitativi e/o monetari, dei singoli atti di impresa, della situazione del patrimonio dell‟imprenditore e del risultato

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economico dell‟attività svolta. Le scritture contabili valutano l‟andamento dell‟attività di un‟impresa e contribuisce a rendere efficiente la sua organizzazione e gestione: l‟obbligo di tenuta delle scritture è per tutti gli imprenditori iscritti nella sezione ordinaria del registro e vale anche per le imprese sociali e le società commerciali (ad eccezione di quella semplice) anche se non esercitano attività commerciale. Le scritture necessarie per un‟ordinata contabilità variano a seconda del tipo di attività, delle dimensioni e dell‟articolazione territoriale dell‟impresa. In generale l‟imprenditore deve tenere tutte le scritture contabili che siano richieste dalla natura e dalle dimensione dell‟impresa. I libri contabili da tenere sono: il libro giornale, registro cronologico-analistico dove devono essere indicate quotidianamente le operazioni relative all‟esercizio dell‟impresa; il libro degli inventari, registro periodico-sistematico che deve essere redatto all‟inizio dell‟esercizio dell‟impresa e successivamente ogni anno. Quest‟ultimo ha la funzione di fornire il quadro della situazione patrimoniale dell‟imprenditore, e quindi contiene l‟indicazione e la valutazione delle attività e passività dell‟imprenditore chiudendosi poi con stato patrimoniale e conto economico. Altre scritture sono: libro mastro, dove le singole operazioni sono registrate non cronologicamente ma sistematicamente (es. per tipo di cliente, operazione..); libro di cassa, che contiene entrate e uscite di denaro, libro magazzino, che registra entrate e uscite delle merci. Oggi la tenuta delle scritture contabili avviene con sistemi più efficienti e informatici. N.B. Le informazioni dell‟impresa situate nelle scritture contabili non sono accessibili a terzi ma ci sono ovviamente delle eccezioni:

Il bilancio delle società di capitali e cooperative può essere reso pubblico mediante registro;

Nelle imprese soggette a controllo pubblico (spa, società quotate in borsa, imprese bancarie..) il diritto al segreto non sussiste a fronte delle esigenze conoscitive della pubblica amministrazione.

Secondo l‟”efficacia probatoria”, i terzi possono usare le scritture contabili come mezzo di prova a sfavore dell‟imprenditore. Viceversa se le scritture contabili mancano o sono tenute scorrettamente, l‟imprenditore non può usarle a proprio favore come mezzo processuale di prova contro terzi. Le condizioni previste affinché l‟imprenditore possa usarle contro altri sono più rigorose: le scritture devono essere regolarmente tenute, e la controparte deve essere un imprenditore relativo a rapporti inerenti con l‟impresa.

Procedura concorsuale: serve per risollevare l‟impresa dalla crisi e per realizzare parità di trattamento tra imprese: la più frequente è il fallimento, poi c‟è l‟amministrazione straordinaria dell‟impresa in crisi, il concordato preventivo, la liquidazione coatta amministrativa. Il piccolo imprenditore è esonerato da queste procedure concorsuali.

Rappresentanza commerciale: nello svolgimento della propria attività l‟imprenditore può valersi della collaborazione di altri soggetti, interni o esterni all‟organizzazione aziendale (quest‟ultimi possono agire con terzi sempre in nome e per conto dell‟imprenditore): agire in rappresentanza dell‟imprenditore. Le figure tipiche di ausiliari interni sono: gli institori, i procuratori e i commessi. Il conferimento di un altro soggetto dell‟incarico di compiere uno o più atti giuridici relativi alla propria sfera patrimoniale non abilità di per sé l‟incarico di agire in nome dell‟interessato, con conseguente imputazione diretta degli effetti degli atti posti in essere; per questo è necessaria una dichiarazione di volontà, ovvero la “procura”. Il terzo che contratta con chi dichiara di agire in veste di rappresentanza deve accertare la validità di questo mandato/procura nel diritto privato: ma se ciò avvenisse anche in diritto commerciale si creerebbe un rallentamento delle operazioni poiché ci sono troppi terzi (fornitori, distributori..). In presenza di ciò vi è quindi la rappresentanza commerciale appartenente al diritto dell‟imprenditore, esso evita ai terzi di dover controllare ogni volta se è valido il mandato ecc.. I tipi di rappresentanti, in ordine gerarchico, sono: o Institore: colui che è preposto dall‟imprenditore all‟esercizio dell‟impresa o di una sede

secondaria; è in pratica “l‟alterego dell‟imprenditore”. Essere institore significa avere la rappresentanza dell‟imprenditore nello svolgimento delle attività d‟impresa: egli è sottoposto solo ed esclusivamente all‟imprenditore. Inoltre, essendo al vertice della gerarchia del personale, l‟institore ha la qualifica di dirigente: nel vertice assoluto se egli è preposto all‟intera impresa dipenderà solo dall‟imprenditore, nel vertice relativo se è preposto ad una filiale dipenderà da un institore di grado più alto. L‟institore è tenuto congiuntamente all‟imprenditore, all‟adempimento degli obblighi di iscrizione nel registro delle imprese e di tenuta delle scritture contabili dell‟impresa o della sede cui è preposto. Poi in caso di fallimento dell‟imprenditore le sanzioni penali saranno a carico anche all‟institore. I “poteri” dell‟institore sono: rappresentanza sostanziale, con cui egli, anche in assenza del mandato, può compiere tutti gli atti pertinenti all‟esercizio dell‟impresa in nome

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dell‟imprenditore (potere decisionale). Ovviamente le limitazioni sono che l‟institore non possa compiere atti che superino l‟esercizio dell‟impresa come la vendita o l‟affitto dell‟azienda, il cambiamento dell‟oggetto dell‟attività, alienare o ipotecare immobili. Altro potere è la rappresentanza processuale, in cui l‟institore può agire in giudizio al posto dell‟imprenditore ed essa si suddivide in: rappresentanza giudiziale “attiva”, se il rappresentante che agisce in giudizio è colui che ha sollevato la causa, o “passiva”, se invece subisce la causa. I limiti che ha l‟institore sono posti alcuni dalla legge, altri dall‟imprenditore, il quale li deve trascrivere sul registro delle imprese per renderli efficaci (dato che da questa iscrizione discende la responsabilità dell‟imprenditore per le operazioni che l‟institore realizza se eccede i suoi poteri) sono: - i limiti previsti dalla legge sono che egli non può vendere in blocco l‟azienda o ipotecare o vendere immobili salvo che l‟imprenditore non lo autorizzi; - i limiti previsti dall‟imprenditore riguardano tutte quelle operazioni a sua discrezione e che dipendono dalle capacità del rappresentante. L‟institore può: non spendere, cioè può dimenticarsi di firmare in nome dell‟imprenditore e firma col proprio nome; ciò fa si chè gli effetti di quell‟atto ricadano comunque solo sull‟imprenditore se esso rientra nell‟attività d‟impresa, nel caso in cui l‟atto appartiene ad un‟attività esterna all‟impresa allora ne risponde il rappresentante. Quando l‟institore spende in nome del proprio imprenditore, deve agire entro i limiti posti sia dalla legge che dall‟imprenditore stesso così se qualcosa andasse male ne risponderà quest‟ultimo; se però l‟institore rappresentante supera e va oltre i limiti consentiti bisogna verificare se le varie limitazioni sono state scritte nel registro delle imprese (in questo caso ne risponde l‟institore) oppure no ( ne risponderà l‟imprenditore). Gli obblighi comuni all‟institore e all‟imprenditore sono quelli di tenere le scritture contabili e di adempiere all‟iscrizione nel registro delle imprese.

o Procuratore: colui che è preposto all‟attività d‟impresa dall‟imprenditore ma in maniera ristretta, a uno specifico settore. I procuratori sono degli ausiliari subordinati di grado inferiore rispetto all‟institore poiché non sono posti a capo dell‟impresa o di una sede secondaria, e, anche se hanno funzioni direttive, il loro potere decisionale è circoscritto ad un determinato settore operativo dell‟impresa. Inoltre il procuratore non ha responsabilità giuridica, cioè non rappresenta in giudizio l‟imprenditore e non ha nemmeno obblighi di scritture contabili e di iscrizione al registro delle imprese; per quanto riguarda la spendita del nome se egli si dimentica di agire per conto dell‟imprenditore quest‟ultimo ne risponderà. Un esempio di procuratori sono il direttore del settore acquisti, il dirigente personale, il direttore del settore pubblicità. In mancanza di specifiche limitazioni, i procuratori hanno quindi un potere di rappresentanza generale dell‟imprenditore rispetto alla specie di operazioni per cui essi sono stati investiti a fare: il dirigente del settore acquisti, ad esempio, potrà compiere in nome dell‟imprenditore tutti gli atti che tipicamente rientrano in tale funzione, ma non avranno potere decisionale per il settore pubblicità o del personale.

o Commesso: è un ausiliario subordinato al quale sono affidate mansioni esecutive e materiali che li pongono in contatto con i terzi: commesso di negozio, commesso viaggiatore, cameriere del bar o ristorante, impiegato in banca allo sportello. Ai commessi è riconosciuto il potere di rappresentanza dell‟imprenditore anche in mancanza di uno specifico atto; essi possono compiere atti che ordinariamente comportano la specie di operazioni di cui sono incaricati. Essi non possono: -derogare alle condizioni generali di un contratto predisposte dall‟imprenditore, -esigere il prezzo delle merci che consegnano né concedere dilazioni o sconti che non siano d‟uso, - se preposti alla vendita, esigere il prezzo delle merci al di fuori dei locali stessi né all‟interno dell‟impresa se alla riscossione è destinata apposita cassa. Essi possono: ricevere dall‟imprenditore reclami relativi alle inadempienze contrattuali o direttive che riguardano l‟esecuzione dei contratti. Non è inoltre richiesta alcuna forma di pubblicità legale per l‟affidamento del loro incarico: la loro qualifica è fatta con mezzi idonei (es. targhette).

L’AZIENDA: è un complesso di beni organizzati dall‟imprenditore per poter svolgere l‟attività d‟impresa (articolo 2555). Esso è un concetto diverso da quello di “impresa” (attività economica esercitata dall‟imprenditore al fine della produzione o scambio di beni o servizi): l‟azienda è l‟apparato strumentale

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(locali, macchinari, attrezzature, materie prime…) di cui l‟imprenditore si avvale per lo svolgimento della propria attività. L‟azienda è infatti un insieme di beni eterogenei (mobili e immobili, materiali e immateriali, fungibili e non) che nel corso dell‟attività subiscono modificazioni qualitative e quantitative. In merito al concetto di “azienda” vi sono due visioni di essa che nella pratica non coincidono e di cui una prevale sull‟altra: teoria unitaria, secondo cui l‟azienda è un bene unico e distinto dai ben che la compongono, inoltre è immateriale e qualificata come una universalità di beni; teoria atomistica (quella oggi prevalente), dove l‟azienda è concepita come una “semplice pluralità di beni tra loro collegati che la compongono, e sui quali l‟imprenditore può vantare diritti diversi (proprietà…) Il rapporto fra i singoli elementi costitutivi dell‟azienda fa si che il complesso unitario acquisti di regola un valore di scambio maggiore della somma dei valori dei singoli beni che lo costituiscono. Il valore dell’azienda perciò è dato dalla sommatoria dei beni che la compongono più un valore aggiuntivo detto “avviamento”. Quest‟ultimo ha l‟attitudine di consentire la realizzazione di un profitto (ricavi eccedenti i costi) e dipende da: fattori oggettivi ( fattori ottenuti combinando due beni, che permangono anche se muta il titolare dell‟azienda come la qualità..) e fattori soggettivi (abilità operativa dell‟imprenditore di coordinare le varie attività, conservare la clientela..). Gli elementi costitutivi dell’azienda sono tutti quei beni di qualsiasi natura (immobili e mobili, materiali e immateriali, fungibili e non) organizzati dall‟imprenditore per l‟esercizio dell‟impresa ovvero sono quelli necessari a svolgere l‟attività d‟impresa. Per qualificare un dato “bene aziendale” è rilevante lo scopo funzionale che gli ha impresso l‟imprenditore, ed è irrilevante invece il titolo giuridico (reale o obbligatorio) che legittima egli a utilizzarlo nel processo produttivo: quindi può anche non esserne proprietario, basta che quel bene sia usato per lo scopo funzionale dell‟attività che può essere definito come bene aziendale. Perciò i beni di proprietà dell‟imprenditore non destinati allo svolgimento dell‟attività d‟impresa (es. casa e auto dell‟imprenditore) non possono essere considerati beni aziendali; mentre i beni di proprietà di terzi ma di cui l‟imprenditore può disporre tramite per esempio l‟affitto sì (es. il macchinario in leasing o l‟affitto di locali). Farebbero comunque parte dell‟azienda anche i crediti verso la clientela o i debiti verso i fornitori e lo stesso avviamento (che è una semplice qualità dell‟azienda positiva o negativa): questa concezione è però sbagliata L‟azienda è perciò un complesso di soli beni (cose che possono formare oggetto di diritti) e non è concepibile come complesso di beni e rapporti giuridici. Trasferimento d’azienda o di alcuni beni: l‟azienda può essere venduta, conferita in società, donata e su di essa possono essere costituiti diritti reali (usufrutto) o personali (affitto) di godimento a favore di terzi. L‟imprenditore può trasferire l‟intera azienda o singoli beni aziendali: in quest‟ultimo caso però bisogna distinguere il caso in cui i beni da trasferire siano necessari e idonei a realizzare un‟attività d‟impresa (allora è come se si trasferisse l‟intera azienda) oppure siano slegati da essa (per questo si usano regole del diritto privato). Nel trasferimento dell‟azienda non sono richieste forme particolari per la validità del contratto mentre se il contratto riguarda singoli beni, come per esempio il trasferimento di immobili, allora è necessaria la forma scritta. Ci sono anche norme da rispettare per il particolare tipo di negozio traslativo posto in essere: ad esempio il conferimento di azienda in una società di capitali deve avvenire per atto pubblico. Effetti dell’alienazione dell’azienda: riguardano il divieto di concorrenza dell‟alienante, i contratti, i crediti e debiti aziendali.

Sull‟alienante: chi aliena l‟azienda deve astenersi, per un periodo massimo di 5 anni, dall‟iniziare una nuova impresa che possa sviare la clientela dell‟azienda ceduta. Questo “divieto di concorrenza” vale per la vendita volontaria e per quella coattiva (vendita in blocco dell‟impresa da parte degli organi fallimentari) pone due esigenze: l‟interesse dell‟alienante a non vedere troppo limitata la sua libertà di iniziativa economica (ecco perché il limite non può essere aumentato) e l‟interesse dell‟acquirente di non subire uno sviamento della clientela involontario. E‟ vietato prolungare oltre i 5 anni la durata del divieto ma la si può ridurre in accordo con l‟acquirente

Sui debiti dell‟azienda: a tutela della posizione dei terzi i debiti vengono trasferiti automaticamente se risultano dalle scritture contabili ma l‟alienante non è liberato salvo che il creditore non abbia acconsentito espressamente alla sua liberazione. In caso in cui u creditori non abbiano acconsentito a liberare l‟alienante egli risponderà all‟acquirente inadempiente.

Sui crediti dell‟azienda: nel diritto privato la cessione dei crediti era notificata al debitore ceduto. Nel diritto commerciale la notifica è stata sostituita con l‟iscrizione nel registro delle imprese: se il debitore ceduto paga al vecchio titolare, questo dovrà pagare l‟indebito al nuovo titolare.

Sui contratti in corso di esecuzione : in caso di contratti a prestazioni corrispettive in cui entrambe le parti non hanno terminato l‟esecuzione (altrimenti sarebbe un credito/debito) stipulati dall‟alienante

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per assicurarsi i fattori produttivi necessari all‟organizzazione dell‟impresa, allo svolgimento dei cicli produttivi, per dar sbocco ai suoi prodotti (esempio: contratto di lavoro, di fornitura, di trasporto, di somministrazione dei prodotti dell‟impresa ai clienti). I manuali in questo caso distinguono spesso tra Contratti di impresa: tutti gli atti necessari all‟attività di impresa Contratti aziendali: per poter disporre dei beni dell‟azienda La distinzione è irrilevante ai fini della disciplina perchè è uguale per le due categorie perché entrambi i contratti sono funzionali all‟attività di impresa e quindi vengono trasferiti automaticamente all‟acquirente dell‟azienda, salvo il caso di contratti personali ovvero in cui l‟identità di una delle parti è stata determinante nella conclusione del contratto perchè la prestazione è legata all‟abilità / capacità dell‟esecutore. Queste regole sono derogabili dalle parti: alienante e acquirente possono stabilire quali contratti trasferire e quali no, la vontà delle parti è sovrana, la disciplina standard si applica se non si è disposto nulla. Nel trasferimento d‟azienda, a differenza del diritto privato, non viene quindi richiesto il consenso della controparte ceduta, ma ella può recedere dal contratto entro 3 mesi dalla cessione per giusta causa. Regole specifiche sono previste per i contratti particolari come il contratto di lavoro. Per i contratti personali come già detto non vengono trasferiti automaticamente e, in caso le parti optino per trasferire il contratto serve il consenso del contraente ceduto, si torna alla disciplina di diritto comune riguardante la cessione del contratto.

Usufrutto e affitto dell’azienda: l‟azienda può essere costituita in usufrutto o concessa in affitto. Usufrutto: esso è utile sia per consentire all‟usufruttuario la libertà operativa necessaria per gestire proficuamente l‟impresa, sia per tutelare l‟interesse del concedente affinché non sia danneggiata l‟efficienza del complesso aziendale. L‟usufruttuario deve: -esercitare l‟azienda sotto la ditta che la contraddistingue, -condurre l‟azienda senza modificarne destinazione e modo di conservarne l‟efficienza dell‟organizzazione e degli impianti, -può godere dei beni aziendali e ha il potere di disporne nei limi segnati dalle esigenze della gestione, -può acquistare e immettere nell‟azienda nuovi beni (che diventano proprietà del nudo proprietario e sui quali l‟usufruttuario avrà diritto di godimento e potere di disposizione.). La violazione di tali obblighi o la cessazione dalla gestione dell‟azienda determinano la fine dell‟usufrutto per abuso dell‟usufruttuario. Al termine dell‟usufrutto l‟azienda risulterà composta da beni diversi da quelli originari: con l‟inventario si possono stabilire le differenze all‟inizio e fine dell‟usufrutto. Affitto: è un contratto diverso dalla locazione di un immobile destinato all‟esercizio di attività d‟impresa poiché il contratto ha per oggetto il locale e non i beni organizzati. Usufrutto e affitto sono regolati da norme come il divieto di concorrenza e la successione nei contratti aziendali. Il nudo proprietario e il locatore sono perciò tenuti a non iniziare una nuova impresa idonea a sviare la clientela per la durata dell‟usufrutto e dell‟affitto e possono subentrare automaticamente nei contratti aziendali per la durata dell‟usufrutto o dell‟affitto. LA SOCIETA’: è un‟organizzazione di persone e mezzi create dall‟autonomia privata per l‟esercizio in comune di un‟attività produttiva. Sono in pratica strutture organizzative tipiche previste dall‟ordinamento per l‟esercizio in forma associata dell‟attività d‟impresa (impresa collettiva). Le società sono la categoria di imprese collettive più numerosa e importante e sono l‟assetto organizzativo delle imprese medie e di grandi dimensioni; anche l‟economia pubblica usa la forma societaria. Ci sono otto tipi di società diverse tra loro: società semplice, società in nome collettivo, società in accomandita semplice (che sono società di persone), società per azioni, società in accomandita per azioni società a responsabilità limitata (che sono società di capitali), società europea, società cooperativa europea. Questi tipi di società sono accomunati dalla stessa nozione legislativa di “contratto di società”: col contratto di società due o più persone conferiscono beni o servizi per l’esercizio in comune di un’attività economica allo scopo di dividerne gli utili. Le società costituiscono contratti associativi (insieme di contratti cui fa parte quello di società) o con comunione di scopo, che si differenziano da quelli “di scambio”, poiché nei primi il soddisfacimento dell‟interesse è unico, mentre nei secondi l‟avvenimento che soddisfa l‟interesse di una delle parti è diverso dall‟altro (es. compravendita venditore e acquirente hanno interessi diversi). Caratteri strutturali dei contratti associativi e del contratto di società:

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- Nei contratti associativi le prestazioni di ciascuna parte possono anche essere di diversa natura e ammontare, e sono comunque finalizzate ad uno scopo comune e tutte trovano il loro corrispettivo nella partecipazione ai risultati dell‟attività comune o nell‟acquisto della partecipazione sociale. - Il contratto associativo è plurilaterale e aperto, può essere stipulato da più parti e da un numero illimitato di parti. - Il contratto associativo e il contratto di società in particolare, è contratto di organizzazione di una futura attività. Il contratto di società non esaurisce la sua funzione con l‟esecuzione delle prestazioni poiché fissa le basi organizzative della futura attività comune, nascono perciò da esso situazioni strumentali e non finali. Patrimonio sociale: insieme di rapporti giuridici attivi e passivi che fanno capo alla società. E‟ costituito dai conferimenti eseguiti o promessi dai soci, che subiscono continue variazioni qualitative e quantitative in relazione alle vicende economiche della società. La consistenza del patrimonio sociale è accertata periodicamente dal bilancio di esercizio e la differenza tra attività e passività è detta “patrimonio netto”. Il patrimonio sociale costituisce la garanzia generica principale od esclusiva dei creditori della società. Capitale sociale: cifra che esprime il valore in denaro dei conferimenti quale risulta dalla valutazione compita nell‟atto costitutivo della società. Perciò il capitale sociale nominale rimane immutato nel corso della vita della società finquando non se ne decide l‟aumento o la diminuzione; è quindi un valore storico. Le società sono enti associativi costituiti da tre elementi: conferimenti dei soci, esercizio comune di un‟attività economica (scopo-mezzo), scopo di divisione degli utili (scopo-fine). I conferimenti sono le prestazioni cui le parti del contratto di società si obbligano: sono i contributi che i soci usano per la formazione del patrimonio iniziale della società. La loro funzione è quella di dotare la società del capitale di rischio per lo svolgimento dell‟attività: ogni socio in pratica col conferimento destina parte della propria ricchezza alla società correndo il rischio di non ricevere alcuna remunerazione se la società non consegue utili, o di perdere tutto (o in parte) il valore del conferimento se la società entra in perdita. L‟oggetto dei conferimenti è ogni entità suscettibile di valutazione economica: ovvero beni e servizi (per esempio denaro, beni di natura mobili o immobili, materiali o immateriali). Lo scopo mezzo ovvero l‟esercizio in comune di un‟attività economica è l‟oggetto sociale della società che si propongono di svolgere i soci. Esso è modificabile nel corso della vita della stessa solo con l‟osservanza delle norme che regolano le modificazioni dell‟atto costitutivo. In tutte le società l‟oggetto sociale deve consistere nello svolgimento di un‟attività economica e produttiva (finalizzata cioè alla produzione di beni e servizi) esercitata in comune con altri. Inoltre il risultato dell‟attività di una società deve essere comune cioè imputabile al gruppo in quanto tale in modo che tutti siano partecipi al risultato positivo o negativo della medesima attività: se due persone acquistano un camion in comune per trasportare i prodotti delle loro attività, questo non è una società. N.B. L‟attività delle società presenta di regola tutti i caratteri propri dell‟attività d‟impresa. Ma le società senza impresa sono ammissibili? Ci sono due tipi di società senza impresa: - Le società occasionali esercitano un‟attività economica occasionale (non professionale): l‟attività quindi non è oggettivamente duratura e si esaurisce al compimento di pochi atti. Quindi possono essere nominate società ma non sono imprese perché appunto manca il requisito di professionalità. - Le società tra professionisti svolgono un‟attività economica ma non è legislativamente considerata attività di impresa: è il caso degli avvocati, medici.. Sono comunque ammesse come società le “società di mezzi”, costituita da professionisti per l‟acquisto e la gestione in comune di beni strumentali all‟esercizio individuale delle rispettive professioni: per esempio due medici aprono una società per dividersi le spese di studio. Lo scopo-fine delle società coincide con lo scopo di conseguire degli utili (lucro oggettivo) destinati ad essere suddivisi fra i soci cui spetta (lucro soggettivo). Oltre allo scopo di lucro esistono altri tipi di scopi: - Scopo mutualistico: perseguito dalle società cooperative, il suo obbiettivo è quello di fornire direttamente ai soci beni o servizi a condizioni più vantaggiose rispetto a quelle del mercato. - Scopo consortile: perseguito da tutti i tipi di società (esclusa quella semplice), il suo obbiettivo è quello di operare economicamente organizzando le fasi dell‟impresa: ottenere maggior guadagni a minor costi. Le società consortili non devono per forza perseguire a uno scopo di lucro in senso proprio.

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- Senza scopo: ci sono società senza alcuno scopo di lucro come le “imprese sociali” che svolgono attività volte a produrre beni e servizi di utilità sociale: gli utili ottenuti qui non vanno ai soci ma andranno reinvestiti nel patrimonio della società. Società VS Associazioni: l‟elemento di distinzione tra le due è lo scopo dell‟attività e la destinazione di eventuali utili conseguiti: nelle società, come detto, lo scopo è lucrativo o economico e gli eventuali utili saranno suddivisi tra i soci; nelle associazioni invece lo scopo è ideale e altruistico e gli utili conseguiti sono dati in beneficenza (es. i gruppi associativi, anche se producono beni o servizi, li erogano gratuitamente o a prezzo politico). Società VS Comunione: si differiscono per vari elementi:

Modo in cui si costituiscono: mentre la società è un contratto che ha per oggetto l‟esercizio in comune di un‟attività economica, la comunione è una situazione giuridica che sorge quando la proprietà (o un altro diritto reale) spetta in comune a più persone (es. gli eredi ereditano beni non per loro volontà ma per la situazione giuridica che si è verificata).

Rapporto tra beni ed esercizio delle attività: nelle società i beni sono il mezzo attraverso il quale esercitano la loro attività; nella comunione è l‟attività che svolge la funzione servente rispetto si beni, difatti essi conservano il bene consentendone a ciascuno il giusto godimento.

Il vincolo di destinazione: nelle società i beni sociali non possono essere usati per scopi personali salvo autorizzazioni eccezionali; nella comunione non c‟è nessun vincolo di destinazione, ognuno può usare il bene in comproprietà con gli altri col limite di non pregiudicare l‟uso da parte degli altri.

Scioglimento della società/comunione: il singolo socio non può provocare lo scioglimento anticipato della società, mentre nella comunione ogni comproprietario può chiedere lo scioglimento della comunione.

N.B. Le aziende gestite da entrambi i coniugi dopo il matrimonio sono imprese coniugali che possono essere costituite come una vera e propria società: i creditori di quest‟impresa potranno valersi del patrimonio illimitatamente e soddisfarsi direttamente anche sui beni della comunione legale e sui beni aziendali I TIPI DI SOCIETA’: le società possono essere distinte tra loro in base a diversi elementi:

In base allo scopo: ci sono società lucrative, mutualistiche e consortili In base al tipo di attività: che può essere commerciale (obbligatoriamente iscritte nel registro) o non

commerciale (come la società semplice). In base alle obbligazioni sociali: ovvero se rispondono del patrimonio della società e quello

personale dei soci (snc e ss), oppure vi sono società dove alcuni soci rispondono illimitatamente (accomandatari) e alcuni limitatamente (accomandati) (sas e saa), oppure ci sono società dove risponde solo la società col proprio patrimonio (spa e srl).

In base alla personalità giuridica: quelle che ce l‟hanno sono dette “società di persone” (ss, snc, sas), dove il soggetto socio è autonomo dagli altri; quelle che non ce l‟hanno sono dette “società di capitali” (spa, saa e srl), dove non c‟è distinzione tra società e soci.

Gli elementi che distinguono le “società di capitale” e le “società di persone” sono: - Responsabilità dei soci: nelle società di persone la responsabilità è illimitata (ogni socio risponde oltre che del patrimonio investito nella società anche col proprio patrimonio), sussidiaria (l‟obbligazione principale è la società e il suo patrimonio e in caso di in capienza i soci intervengono col loro patrimonio), solidale (il creditore sociale può rivolgersi a qualsiasi dei soci e richiedere l‟intero pagamento del credito: poi chi ha soddisfatto per intero il pagamento ha azione di regresso nei confronti degli altri soci, che cederanno a lui la propria quota). Inoltre nelle società di persone (ad eccezione delle sas) la responsabilità ce l‟hanno tutti i soci illimitatamente: nelle sas ci sono invece gli accomandatari (responsabili illimitatamente) e gli accomandanti (responsabili limitatamente). - Amministrazione: essa è attribuita a tutti o ad alcuni o a uno dei soci o a terzi (soggetti esterni non appartenenti alla società) nelle società di persone (dipende dai tipi). Nelle sas per esempio solo chi ha responsabilità illimitata può amministrare la società (cioè gli accomandatari). Secondo alcuni economisti non è legittimo che una società sia amministrata da un soggetto di cui non ne fa parte ed è completamente estraneo ed esterno. - Trasferimento delle qualità del socio: nelle società di persone è necessario il consenso degli altri soci.

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- Autonomia patrimoniale: nelle società di capitale i soggetti hanno “autonomia patrimoniale perfetta” poiché il patrimonio dei soci è diviso da quello della società; nelle società di persone, invece, i soggetti hanno “autonomia patrimoniale imperfetta”: ciò non significa che i patrimoni dei soci e della società siano un tuttuno ma nemmeno che siano completamente separati <<SOCIETA‟ DI PERSONE>> Società semplice: è un tipo di società di persone che può esercitare solo attività non commerciale Società in nome collettivo: tipo di società di persone con attività commerciale o non commerciale. Qui tutti i soci rispondono solidamente ed illimitatamente per le obbligazioni sociali. Società in accomandita semplice: società di persone costituita da due tipi di soci: “accomandatari” (con responsabilità illimitata) e “accomandanti” (con responsabilità limitata). Elementi appartenenti alle società semplici e in nome collettivo (valgono anche per quelle in accomandita semplice)

COSTITUZIONE: è il momento di nascita della società: a differenza delle società di capitale, esse sono costituite per contratto o atto unilaterale. Per tutti i tipi di società di persone è prevista l‟iscrizione al registro delle imprese (nella sezione speciale) con la sola funzione di pubblicità legale. Si noti che se le società non sono iscritte nel registro delle imprese non possono applicare le varie norme inerenti a quel tipo di società: per esempio nel caso delle SNC, se non sono iscritte nel registro, sono delle “società irregolari” cui le uniche discipline applicabili sono quelle delle SS. Perciò ai fini della registrazione e della regolarità della società, l‟atto costitutivo della SNC deve essere redatto per atto pubblico o scrittura privata. Ciò che l‟atto deve contenere di preciso è: 1) dati anagrafici dei soci (nome, cognome, data di nascita..), 2) la ragione sociale, costituita dal nome di uno o più soci, 3) i soci che hanno l‟amministrazione e rappresentanza della società, 4)la sede della società e sedi secondarie, 5) l‟oggetto sociale, 6) i conferimenti dei soci, 7) le prestazioni a cui sono obbligati i soci d‟opera, 8) norme secondo le quali gli utili devono essere ripartiti e la quota di ogni socio negli utili e perdite. Nelle SS non sono previste norme di forma e contenuto del contratto poiché svolgono attività non commerciali. Solo per quanto riguarda i beni conferiti (mobili o immobili) è necessaria la forma scritta. Per il contenuto è logico che in esse siano inseriti gli elementi essenziali che definiscono quei contratti di costituzione della società. Nelle SNC ci sono alcune regole per forma e contenuto dell‟atto costitutivo. Per la forma è richiesta quella dell‟atto pubblico oppure della scrittura privata. Per il contenuto l‟articolo 2295 indica gli elementi che devono essere presenti nel contratto: generalità dei soci, ragione sociale, quali soci hanno la rappresentanza (*), la sede, l‟oggetto sociale (=quale attività svolge la società), i conferimenti (*), prestazioni soci d‟opera, criteri per la ripartizione di utili (*), durata della società. Se mancano gli elementi (*) c‟è una disciplina legale (prevista dalla legge) che interviene colmando il vuoto. Se invece manca uno degli altri elementi, la mancanza impedisce l‟iscrizione al registro. Se l’elemento (*) manca nelle SS, esse esistono lo stesso ma senza pubblicità dichiarativa poiché non potranno essere iscritte nel registro delle imprese,e perciò non sarà nemmeno opponibile a terzi. Se l’elemento (*) manca nelle SNC, esse esistono ma come società irregolari non iscritte ovviamente al registro, e non potranno perciò applicare norme inerenti alle snc (ma solo quelle delle ss). In queste società irregolari la responsabilità dei soci è per forza illimitata. Inoltre l‟invalidità del contratto parziale può essere costituito da cause di nullità (se è contrario a norme imperative o se l‟oggetto è illecito) e di annullabilità (in caso di incapacità delle parti o per errore o dolo) ma se ad essere invalido l‟intero contratto ciò porta allo scioglimento dell‟intera società Se il contratto non è formalizzato e scritto nel registro delle imprese significa che non è stata scelta la vera e propria forma societaria (che è una sorta di presunzione), perciò si costituiscono così le “società di fatto” (società che nascono con semplici comportamenti concludenti da parte dei soci): se la loro attività non è commerciale sono regolate da norme della società semplice, se invece l‟attività è commerciale sono regolate dalle norme delle snc irregolari con la conseguenza che tutti i soci risponderanno illimitatamente e personalmente delle obbligazioni sociali. Una società di fatto che esercita attività commerciale è esposta al fallimento che automaticamente determina il fallimento di tutti i soci. Diverso è il caso delle società occulte, esse si differenziano ulteriormente dai soci occulti di una società palese: è società occulta quella costituita con la volontà di soci di non rivelarne l‟esistenza. Essa può essere una società di fatto ma può risultare da un atto segreto tenuto tra i soli soci. La

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società esiste solo tra loro, non è esternalizzata a terzi, e l‟attività d‟impresa non è svolta in nome della società (nascosta) perciò gli atti di impresa non sono formalmente imputabili; ma c‟è un mandatario senza rappresentanza della società occulta che nei confronti dei terzi agisce in nome proprio (tenendo occulta la società) e a lui saranno imputabili gli atti ed eventuali effetti. Nel caso del socio occulto di una società palese (che esiste) l‟attività d‟impresa è svolta in nome della società e ad essa saranno imputabili gli atti. Ovviamente sia i soci palesi che quelli occulti sono esposti al fallimento. Quindi: nelle società di fatto i soci si comportano tra loro e con i terzi come se la società, anche se non formalizzata, esistesse. Nelle società occulte i soci si comportano tra loro come se la società esistesse, ma individualmente con i terzi come se non esistesse alcuna società. N:B. Inoltre vi sono le “società apparenti”, le quali sono società che apparentemente esistono agli occhi dei terzi (quindi sono società normali esposte al fallimento ecc..) ma in realtà tra i soci non c‟è alcun rapporto di società, esso è solo apparentemente esistente nei confronti dei soci. Nella partecipazione ad una società di persone è richiesta la capacità di agire e le regole di partecipazione degli incapaci ad un‟impresa commerciale valgono anche per l‟snc: il minore, l‟interdetto e „inabilitato non possono costituire una snc ma possono solo continuarla con autorizzazione del tribunale (se viene a loro ceduta o donata); il minore emancipato può costituire una snc sempre con autorizzazione del tribunale; il beneficiario dell‟amministrazione di sostegno può partecipare alla costituzione di una snc senza autorizzazione.

OBBLIGAZIONI SOCIALI: per quanto riguarda la “collaborazione” i soci si obbligano in modo

concorde e omogeneo. L‟obbligo di “conferimento” è essenziale per l‟acquisto di qualità di socio ma non per la costituzione delle società di persone. Se nell‟atto i conferimenti non sono menzionati precisamente subentra la legge con norme dispositive suscettibili di prova contraria (previsione legale): se nell‟atto non è specificato alcunché di essi si presume che i conferimenti devono essere eseguiti in denaro e che i soci siano obbligati a conferire tra loro in parti uguali. Nelle società di persone i beni conferibili sono ogni entità (bene o sevizio) suscettibile di valutazione economica e utile al conseguimento dell‟oggetto sociale: quindi variano dal denaro, ai beni. Al trasferimento di proprietà, crediti, prestazioni d‟opera o semplicemente anche la responsabilità personale e illimitata per le obbligazioni sociali. Per i vari tipi di conferimento ci sono delle discipline dettate dal codice: - per i beni conferiti in proprietà la titolarità del bene passa dal socio alla società attraverso le norme della vendita. Il conferente-socio però è tenuto è tenuto a garanzia per evizione e vizi fino al passaggio di proprietà (se il bene perisce prima del trasferimento è colpa ancora sua: per questo motivo il socio può essere escluso dalla società). - Per i beni conferiti in godimento la proprietà del bene (e quindi anche il rischio) sono a carico del socio (quindi se la cosa perisce o il godimento diventa impossibile per causa non degli altri il socio proprietario potrà essere escluso) ma la società può usarlo. Inoltre il socio ha diritto alla restituzione del bene al termine della società nello stato in cui si trova ma se è perito/deteriorato, per causa imputabile alla società, ha diritto ad un risarcimento. - Per i crediti conferiti il socio risponde dell‟insolvenza del debitore nei confronti della società nei limiti del valore assegnato al suo conferimento: il socio è tenuto al rimborso spese ed eventuali interesse sennò può essere escluso dalla società. - Per i conferimenti d’opera: nelle società di persone il conferimento può essere costituito anche dall‟obbligo del socio di prestare la propria attività lavorativa (manuale o intellettuale) a favore della società. Il socio d‟opera non è un lavoratore subordinato e non ha il diritto al trattamento salariale dei lavoratori subordinati. Su egli grava il rischio dell‟impossibilità di svolgimento della prestazione, anche per causa a lui non imputabile. Non dipende quindi dalla società ma ha diritto ad una remunerazione che corrisponde alla partecipazione degli utili indicata nell‟atto costitutivo; se non è indicato ci si appella al giudice. Tutti i conferimenti dei soci formano il “patrimonio iniziale” della società, la quale diventa quindi proprietaria dei beni conferiti a titolo loro. Inoltre essi non possono servirsi per fini estranei alla società né dei beni conferiti inizialmente né di quelli che acquisteranno successivamente. I conferimenti fanno dunque parte del capitale sociale (= valore in denaro dei conferimenti). Nelle SS non ci sono regole e norme legate a questo capitale e non è richiesta alcuna valutazione iniziale dei conferimenti.

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Nelle SNC una disciplina indica determinati obblighi per questo capitale: - indicare il valore dei conferimenti nell‟atto, -indicare i criteri usati per la valutazione, -divieto di ripartizione fra i soci di utili non realmente conseguiti (fittizi); e in presenza di perdite non possono essere ripartiti utili fino a che il capitale sociale non sia reintegrato o ridotto in misura corrispondente, - divieto di rimborsare i soci con conferimenti eseguiti o di liberarli dall‟obbligo di versamenti in assenza di una specifica deliberazione di riduzione del capitale sociale, - i soci non possono disporre liberamente dei beni, -divieto di concorrenza tra soci, sennò colui che viola ciò può essere escluso.

PARTECIPAZIONE UTILI/PERDITE: tutti i soci hanno diritto di partecipare a utili e perdite della gestione sociale e ciò è segnalato nell‟atto costitutivo. Non è necessario che la ripartizione sia proporzionale ai conferimenti, l‟unico limite è il “divieto di patto leonino” (art 2265): è nullo il patto con il quale uno o più soci sono totalmente esclusi da ogni partecipazione a utili e perdite. Perciò sono nulli i criteri di ripartizione congegnati in modo tale da determinare la sostanziale esclusione di uno o più soci dalla partecipazione a utili e perdite. Se nell‟atto non si precisa nulla nell‟atto circa le ripartizioni, prevale la “presunzione legale”: - se il contratto non dispone nulla, le parti spettanti ai soci (di utili e perdite) si presumono proporzionali ai conferimenti; - se non è determinato il valore dei conferimenti, le parti si presumono distribuite uguali tra i soci; - se è determinata solo la parte dei guadagni di ciascuno, si presume che la partecipazione alle perdite sia direttamente proporzionale a quella degli utili; - la parte spettante al socio d‟opera se non è determinata nel contratto, è fissata dal giudice secondo equità. Condizione sufficiente affinchè ogni socio possa pretendere l‟assegnazione della sua parte di utili è l‟approvazione del rendiconto: è una sorta di bilancio che indica il resoconto dell‟attività svolta determinando il successo/insuccesso della società. Quando il rendiconto è approvato, ogni socio ha diritto di ottenere una quota degli utili. Se un socio vuole rinunciare agli utili (e magari reinvestirli nella società) è necessario il consenso di tutti i soci: questa rinuncia si può presumere anche dal comportamento del socio, il quale non richiedendo la quota indica che vuole reinvestirla. Nelle SS l‟approvazione del rendiconto, se il compimento degli affari sociali dura oltre un anno, deve essere predisposto dai soci amministratori al termine di ogni anno, salvo diversa predisposizione. Nelle SNC l‟approvazione del bilancio va coordinata con l‟obbligo di tenuta delle scritture contabili. Ovviamente se vi sono perdite è vietata la distribuzione degli utili fino a che il capitale non venga reintegrato o ridotto.

RESPONSABILITA’ DEI SOCI: nelle ss e nelle snc è innanzitutto la società che risponde delle obbligazioni sociali e poi se è necessario anche i soci. Nelle SS i soci che rispondono personalmente e solidamente sono quelli che hanno agito in nome e per conto della società e, salvo patto contrario, anche gli altri soci (art 2267). Per quest‟ultimi quindi la responsabilità personale può essere esclusa o limitata da un apposito patto sociale, il quale è opponibile a terzi solo se portato a conoscenza con mezzi idonei. Ciò ribadisce che il primo soggetto responsabile nelle ss è la società, poi i soci che agiscono realizzando operazioni in nome della società e rispondono col patrimonio personale (avendo la responsabilità illimitata). Per “salvo patto contrario” nell‟articolo si intende che alcuni soci hanno la responsabilità limitata ma che però possono svolgere operazioni amministrative. Se nell‟atto non è precisato nulla, tutti i soci sono illimitatamente responsabili (compresi gli altri soci). Se c‟è un patto contrario allora c‟è la distinzione di responsabilità limitata e non. Nelle SNC la responsabilità illimitata vale per tutti i soci; Il “patto contrario” non ha effetto nei confronti di terzi ma vale solo tra i soci:m perciò agli occhi dei creditori non è visibile l‟efficacia del patto contrario e possono chiedere a qualunque socio il pagamento. I tre tipi di soci presenti sia nelle ss che nelle snc sono i seguenti: - nuovi soci: l‟impresa è stata fondata da un certo numero di soci ma ve ne si possono aggiungere altri in un secondo momento: “chi entra a far parte di una società già costituita risponde con gli altri soci per le obbligazioni sociali fin dal momento della costituzione della società (=anteriori all‟acquisto della qualità di socio). - ex soci: quando un singolo socio esce dalla società deve rispondere di tutte le obbligazioni che si sono formate fino al momento della sua uscita. Lo scioglimento del socio con la società deve essere portato a conoscenza ai terzi attraverso il registro delle imprese. - creditori sociali: nelle ss e nelle snc essi possono soddisfarsi su più patrimoni (quello della società e quello illimitato dei soci): ma per il “beneficio di preventiva escussione” di cui godono i soci, i creditori sociali devono prima tentare di soddisfarsi sul patrimonio della società e poi se mai aggredire quello dei vari soci. Questo beneficio opera diversamente nelle ss e nelle snc: nelle prime il beneficio è invocato dal socio e il creditori può rivolgersi direttamente a lui che dovrà invocargli la preventiva escussione del patrimonio sociale indicandogli i beni sui quali il creditore può soddisfarsi.

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Nelle snc invece il beneficio opera automaticamente: il creditore non può aggredire e rivolgersi subito al socio, prima deve passare dalla società. - creditori particolari/personali del socio: sono soggetti che vantano di un credito nei confronti di un socio (e non della società): perciò essi non possono aggredire direttamente il patrimonio sociale ma devono soddisfarsi sugli utili spettanti a quel socio e può anche compiere azione conservative sulla quota del socio Inoltre il creditore del socio può richiedere alla società la liquidazione della quota del socio ma varia in base al tipo di società: nelle SS la liquidazione della quota può essere richiesta in ogni momento basta che si dimostri che il patrimonio personale del socio debitore non è sufficiente a soddisfare il credito; nelle SNC, invece, il creditore può chiedere la liquidazione della quota “a scadenza della società”, finchè essa dura no. Tale scadenza è fissata nell‟atto costitutivo ma può essere prorogata da tutti i soci:

o Se la proroga è espressa ed è quindi iscritta nel registro delle imprese, il creditore del socio può opporsi giudizialmente alla proroga entro 3 mesi e se l‟opposizione è accolta dal giudice, la società deve liquidare la quota del socio entro 3 mesi.

o Se la proroga è tacita (= l‟attività d‟impresa è continuata col consenso per fatti concludenti di tutti i soci) il creditore personale potrà chiedere la liquidazione della quota dimostrando l‟insufficienza del patrimonio del socio a colmare il credito suo.

MODIFICHE ATTO COSTITUTIVO: nelle ss e nelle snc il contratto sociale può essere modificato solo col consenso di tutti i soci, se non è convenuto diversamente. Esempio di modifica è quello del socio: per il trasferimento della quota sociale tra vivi o per causa di morte è necessario il consenso di tutti i soci (= unanimità). Nelle SNC le modificazioni dell‟atto costitutivo devono, per pubblicità legale, essere iscritte nel registro delle imprese sennò non sono opponibili a terzi, a meno che non si provi che essi ne fossero comunque a conoscenza. Nelle società di persone ci sono però alcune cose che sono approvate non all‟unanimità ma con la maggioranza, calcolata secondo le quote di partecipazione agli utili, e sono: decisioni riguardanti la trasformazione in società di capitali, la fusione e la scissione.

AMMINISTRAZIONE/RAPPRESENTANAZA: l’amministrazione della società è l‟attività di gestione dell‟impresa sociale e il potere di amministrare è il potere di compiere tutti gli atti che rientrano nell‟oggetto sociale. Ogni socio illimitatamente responsabile è amministratore; ma si può anche nominare un solo socio amministratore e tutti gli altri rappresentanti. Quando si attribuisce l‟amministrazione a più soci ci sono due tipi di organizzazioni amministrative:

o Amministrazione disgiuntiva: ogni socio amministratore può compiere individualmente (da solo) qualsiasi atto di gestione, senza essere tenuto a chiedere consensi agli altri soci né tenuto ad informarli preventivamente. L‟unico vincolo per lo ro è il “diritto di opposizione” degli altri soci amministratori: essi possono paralizzare il potere decisorio del socio prima che l‟operazione dia stata compiuta. Ciò genera un contrasto tra un singolo socio e il resto degli altri soci amministratori: esso può essere risolto con una decisione a maggioranza dei soci per quote di interesse, oppure si può stabilire che la decisione sul contrasto tra i vari amministratori venga presa da uno o più terzi (gli arbitratori). Questo tipo di amministrazione È sicuramente più rapida ma è molto pericolosa poiché il singolo socio può compiere atti di gestione a sfavore della società o molto rischiosi.

o Amministrazione congiuntiva: per il compimento di ogni operazione sociale è necessario il consenso di tutti i soci (sistema congiuntivo a unanimità) oppure, la maggioranza dei soci, calcolata secondo la parte attribuita a ciascuno negli utili (sistema congiuntivo a maggioranza). Questo tipo di amministrazione, anche se più lenta e complessa, è sicura e certa perché ogni singolo atto di gestione è valutato da più persone; inoltre l‟amministrazione congiuntiva deve essere obbligatoriamente scritta nel registro delle imprese sennò, se nell‟atto non è precisato nulla si presume quella disgiunta.

La rappresentanza è una delle funzioni che hanno gli amministratori: il potere di rappresentanza è il potere di agire nei confronti dei terzi in nome della società e riguarda l‟attività amministrativa esterna. Esso è diverso dal potere di gestione, che è quello di decidere il compimento degli atti sociali e riguarda l‟attività amministrativa interna. La rappresentanza spetta a ogni socio amministratore disgiunto o congiunto ed è sostanziale e processuale: la società può agire (rappresentanza processuale attiva) e può essere convenuta in giudizio (rappresentanza processuale passiva) in persona dai soci amministratori rappresentanti. L‟atto costitutivo può limitare la rappresentanza ad alcuni soci amministratori basta che eventuali limitazioni siano poi iscritte nel registro per essere poi opponibili a terzi (per le SNC, nelle ss non è necessario). I vari tipi di soci sono: - Soci amministratori: i soci aventi l‟amministrazione sono nominati nell‟atto costitutivo o con atto separato. La “revoca” dell‟amministratore (non toglie la carica di socio all‟individuo) è diversa in base

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a se è nominato nel contratto sociale, essa è decisa da tutti i soci con giusta causa, o se è nominato per atto separato, essa è decisa secondo le regole del mandato anche senza giusta causa (salvo il diritto di risarcimento danni). Per i “poteri”, i soci amministratori possono compiere tutti gli atti che rientrano nell‟oggetto sociale ma non quelli che modificano il contratto sociale ( es. non possono modificare radicalmente il tipo di attività scritto nell‟atto costitutivo). Per i “doveri” nelle SNC gli amministratori soci devono detenere le scritture contabili e redigere il bilancio di esercizio; poi quello principale consiste nell‟amministrare la società con la diligenza del mandatario, poi devono tutelare l‟integrità del patrimonio sociale. Se violano questi doveri sono responsabili nei confronti della società hanno l‟obbligo di risarcimento dei danni. - Soci non amministratori: sono quelli che non possiedono l‟amministrazione della società ma che hanno comunque poteri di informazione e controllo: essi hanno il diritto di avere notizie degli affari sociali da parte degli amministratori, consultare i documenti sociali e contabili, ottenere il rendiconto degli affari quando sono stati conclusi. Inoltre essi possono essere consultati per alcune decisioni. - Amministratori non soci? : il legislatore afferma di no per le società in accomandita semplice. Nelle snc in teoria è ammissibile: l‟straneo amministratore gestisce sempre l‟impresa nell‟interesse dei soci, dai quali deve rispettare le direttive. N.B. Tutti gli amministratori hanno la rappresentanza, salvo patto contrario, quindi: se il socio non è amministratore non è rappresentante, ma se è un amministratore è rappresentante e ciò deve essere scritto nel registro delle imprese sennò bisogna dimostrare che i terzi ne erano comunque a conoscenza. Per le società irregolari, le quali non sono iscritte al registro, vale solo e sempre la dimostrazione che il terzo conosca la rappresentanza dell‟amministratore con mezzi idonei.

DECISIONI DEI SOCI: le decisioni possono essere prese attraverso il consenso di tutti i soci (unanimità) come per le modifiche dell‟atto costitutivo; mentre per la soluzione dei conflitti tra soci amministratori si usa la maggioranza per teste (necessaria per decisioni che attengono alla gestione dell‟impresa comune). Per svolgere decisioni più ponderate attraverso il confronto di varie opinioni diverse c‟è il metodo collegiale: dove tutti i soci si riuniscono. Questo metodo è presente in mancanza di diverse disposizioni dell‟atto costitutivo. In contrapposizione vi è anche il metodo non collegiale, che è più pratico: la consultazione avviene un socio alla volta fino a raggiungere la maggioranza sufficiente ma comunque ogni socio ha diritto di partecipare alle varie decisioni poiché la maggioranza non può decidere all‟insaputa della minoranza.

SCIOGLIMENTO del singolo: il venir meno di uno o più soci non determina lo scioglimento dell‟intera società ma solo quello di regolare i rapporti con i soci rimasti e con gli eredi in caso di morte del socio. Nel caso della società costituita da soli due soci, se poi ne manca uno, l‟altro socio ha tempo sei mesi per decidere se associare a sé altre persone e continuare la società o porvi fine. Lo scioglimento del singolo socio può verificarsi per 3 motivi: - Morte del socio: il trasferimento della quota del socio defunto richiede il consenso di tutti i soci (come per il trasferimento tra vivi). I soci possono con questa quota, fare tre scelte: 1) liquidare la quota del defunto ai suoi eredi (entro i sei mesi); 2) continuare la società con gli eredi, ma qui è necessario il consenso di tutti i soci e anche degli eredi (che possono rifiutare l‟intero blocco di eredità comprendente sia il patrimonio personale che della società); 3) sciogliere anticipatamente (prima della data prevista nell‟atto) la società per scelta volontaria dei soci; in tal caso gli eredi non hanno più diritto alla liquidazione della quota nel termine dei sei mesi ma devono aspettare il termine di liquidazione della società. - Recesso: è lo scioglimento del rapporto sociale per volontà del socio. Se la società è a “tempo indeterminato” ogni socio può recedere liberamente con un preavviso di 3 mesi; se la società è a “tempo determinato”, il recesso vale se sussiste una giusta causa. - Esclusione: essa può essere di diritto quando: il socio dichiarato fallito (qui l‟esclusione vale dal giorno stesso della dichiarazione di fallimento) o quello il cui creditore abbia ottenuto la liquidazione della quota (che quando avviene realmente il socio è effettivamente escluso). L‟esclusione può anche essere facoltativa e dipende dalla decisione di altri soci per vari motivi raggruppati in tre categorie: - gravi inadempienze degli obblighi previsti dalla legge o contratto; - l‟interdizione, l‟inabilitazione del socio; - casi di sopravvenuta impossibilità di esecuzione del conferimento per causa non imputabile agli amministratori ( es. il perimento di una cosa prima che sia data e che il socio si era obbligato a conferire). Entro 30 giorni dall‟esclusione il socio può giudizialmente fare opposizione e se il giudice accoglie ciò il socio rientra a far parte della società dall‟inizio come se non fosse stato ma escluso (effetto retroattivo). Per quanto riguarda la “liquidazione della quota”, essa rappresenta una somma in denaro che ne rappresenta il valore. Perciò il socio non può pretendere la restituzione dei beni conferiti in proprietà

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o in godimento fin quando la società dura. Il valore della quota è determinato in base alla situazione patrimoniale della società nel giorno dello scioglimento del rapporto. SCIOGLIMENTO della società: sia per le SS e le SNC le cause di scioglimento dell‟intera società sono le seguenti: - Decorso del termine (scadenza): a causa della scadenza stabilità nell‟atto costitutivo la società decade; però i soci possono come alternativa prorogare la durata. Quest‟ultima può essere “tacita”, dove i soci continuano normalmente la società, o “esplicita”, con decisione formale dei soci e con modifica dell‟atto costitutivo. - Conseguimento dell’oggetto sociale: nell‟atto si era istituito un obbiettivo, è stato raggiunto, perciò la società non necessita più di esistere (ciò accade quando esso riguarda un affare specifico). - Impossibilità del raggiungimento dell’oggetto sociale: non si può più raggiungere l‟obbiettivo per motivi che non siano imputabili ai vari soci: insufficienza di mezzi, mancanza di un socio che era determinante perché magari possedeva un brevetto su cui si basava l‟oggetto sociale. - Decisione dei soci: la maggioranza dei soci decide di non voler più portare avanti la società. - Il venir meno della pluralità dei soci: se in una società che era costituita da due soci, l‟altro entro sei mesi non riesce a trovare un altro socio, allora la società è sciolta. Nelle snc altra causa di scioglimento è la dichiarazione di fallimento. Ad esclusione dell‟ultima causa, nelle altre la società non si estingue immediatamente ma entra nella fase della liquidazione, dove si provvede al soddisfacimento dei creditori sociali e alla distribuzione ai soci di eventuali attivi residui. Per i creditori personali dei soci essi devono aspettare il termine di liquidazione della società per potersi rivalere sulla quota di liquidazione del socio debitore. Gli individui che partecipano alla liquidazione sono: gli “amministratori”, che hanno i vari poteri d‟azione ridotti durante la fase di liquidazione e possono solamente eseguire operazioni urgenti e funzionali ad essa. Essi devono inoltre consegnare ai liquidatori i beni sociali, i libri sociali, i libri contabili e il rendiconto attraverso un verbale di consegna. Gli altri individui sono i “liquidatori”, nominati e individuati da tutti i soci (e in caso di disaccordo fra essi dal presidente del tribunale) prendono il posto degli amministratori il cui compito è quindi quello di incassare crediti per pagare i debiti: ovvero devono monetizzare l‟attivo per coprire il passivo. I liquidatoti possono compiere tutti gli atti necessari alla liquidazione (ma non nuove operazioni!!): possono persino vendere in blocco l‟azienda salvo limite imposto dai soci nell‟atto. Se l‟attivo non copre il passivo i liquidatori devono chiedere ai vari soci (illimitatamente responsabili) i versamenti ancora dovuti poiché i fondi disponibili risultano insufficienti. E se occorre, possono chiedere ai soci ulteriori versamenti in proporzione alla loro partecipazione alle perdite Se l‟attivo copre il passivo e avanza del residuo, i liquidatori lo distribuiscono tra i soci in base ai conferimenti e, se ne avanza dell‟altro, in base alle quote di partecipazione agli utili. Comunque è ovvio che i liquidatori non possono fare ciò se prima non hanno soddisfatto tutti i creditori. N.B. Nelle SNC è obbligatorio che sia redatto un “bilancio finale di liquidazione” comprendente il piano di riparto (insieme delle operazioni avvenute per la liquidazione) e come sia stato ripartito il residuo. Questo bilancio è comunicato ai soci che hanno due mesi di tempo per opporsi (se ci sono errori ecc..) sennò il bilancio è automaticamente approvato e i liquidatori sono liberati dai soci. Dopo la fase di liquidazione (e l‟approvazione del bilancio nelle snc) si passa alla fase successiva quella della cancellazione dal registro delle imprese: i liquidatori chiedono che avvenga la totale estinzione della società dal registro, devono poi consegnare le scritture contabili e vari documenti e così la società termina effettivamente di esistere. Se dopo la cancellazione c‟è ancor qualche creditore insoddisfatto, egli può valersi sui liquidatori ( se il mancato pagamento è per causa loro), ai soci ( poiché essi erano illimitatamente responsabili delle obbligazioni sociali) oppure possono chiedere il fallimento della società entro un anno dalla cancellazione di essa dal registro delle imprese.

Società in accomandita semplice (SAS) si differenzia dalle snc e ss: Responsabilità dei soci: questo tipo di società è costituito da due tipi di soci con responsabilità

patrimoniale diversa: gli “accomandanti” che rispondono limitatamente alla quota conferita, detti anche “soci capitalisti” cioè che apportano solo il capitale e non si occupano della gestione societaria. Essi sono quindi più avvantaggiati perché sono obbligati solo nei confronti della società ad eseguire i conferimenti promessi e i creditori sociali non possono agire su di loro. L‟altra categoria di soci delle

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SAS è quella degli “accomandatari” che rispondono illimitatamente delle obbligazioni sociali, sono detti “soci imprenditori”. Coloro che amministrano la società sono gli accomandatari (ovvero quelli illimitatamente responsabili).

Ragione sociale: per la costituzione della SAS valgono le norme della snc: l‟atto costitutivo deve indicare distintamente, anche i nomi dei soci accomandanti e accomandatari. Anche in queste società l‟atto costitutivo deve essere iscritto nel registro delle imprese, ma anche se non è fatto la società esiste comunque solo che è considerata “irregolare”. Per la ragione sociale. Nelle SAS essa deve essere formata da almeno uno dei soci accomandatari ( e non accomandanti) e con l‟indicazione del tipo sociale: questo per evitare che chi entra in contatto con la società possa fare affidamento anche sulla responsabilità personale dei soci. Se l‟accomandante viola questa norma per il beneficio della responsabilità limitata nei confronti di tutto e tutti.

Amministrazione: l‟amministrazione della società è affidata solamente ai soci accomandatari. Comunque anche i soci accomandanti godono di alcuni diritti e poteri di carattere amministrativo: poiché è necessario il consenso di TUTTI i soci (sia accomandanti che accomandatari) essi partecipano alla nomina e revoca degli amministratori, quando l‟atto costitutivo prevede la designazione degli stessi con atto separato. Inoltre hanno il diritto di avere comunicazione annuale del bilancio e dei profitti e concorrerne all‟approvazione., possono trattare affari in nome della società, possono prestare la loro opera (manuale o intellettuale) all‟interno della società, possono dare autorizzazioni e pareri per determinate operazioni. Se gli accomandanti eccedono questi limiti scatta il divieto di immistione: secondo l‟articolo 2320 gli accomandanti non possono compiere atti di amministrazione, né trattare o concludere affari in nome della società, se non in forza di procura speciale per singoli affari. Se un socio accomandante viola questa norma sarà illimitatamente responsabile verso i terzi per tutte le obbligazioni sociali e inoltre, può essere escluso dalla società (con maggioranza tra tutti i soci). Ma egli, violando il divieto di immistione, non diventa però un “socio accomandatario” a tutti gli effetti, perde solamente il beneficio della responsabilità limitata verso i terzi e avrà azione di regresso verso società e gli accomandatari (non viceversa). Tuttavia l‟accomandante può collaborare con gli accomandanti per la gestione amministrativa interna della società (tenuta della contabilità..) e può comunque trattare affari con terzi in nome della società sotto procura speciale per singoli affari.

Controllo: gli accomandanti hanno potere di controllo sugli accomandatari. I primi, come detto prima, possono richiedere l‟esibizione dei documenti contabili, dei documenti sociale e richiedere il bilancio (che è approvato da tutti i soci). Inoltre gli accomandanti non sono tenuti alla restituzione degli utili riscossi in buona fede.

Trasferimento della qualità soci: per quanto riguarda i soci accomandatari vale la regola delle snc: se l‟atto costitutivo non dispone diversamente, il trasferimento della quota (fra vivi) può avvenire col consenso di tutti i soci, mentre per causa di morte del socio accomandatario anche il consenso degli eredi. Per gli accomandanti la loro quota è trasferibile liberamente per causa di morte (senza il consenso di tutti i soci) mentre nella situazione tra i vivi è necessario il consenso di tutti i soci che rappresentino la maggioranza del capitale sociale.

Scioglimento della società: le cause di scioglimento per le sas sono uguali a quelle delle snc con una in aggiunta: è il caso del “venir meno delle pluralità delle categorie di soci (accomandanti e accomandatari): difatti le sas devono essere costituite da entrambe le categorie di soci, pena lo scioglimento della società. Non ci possono essere solo accomandanti o solo accomandatari. Quando perciò in una sas rimangono solo una delle due categorie di soci, la società ha tempo sei mesi per ricostituire la duplice categoria di soci, e nel mentre l‟attività della società continua normalmente se sono venuti a mancare i soci accomandanti (poiché il diritto di gestione ce l‟hanno gli accomandatari). Se invece vengono a mancare quest‟ultimi, gli accomandanti devono nominare un‟ “amministratore provvisorio” che duri al massimo 6 mesi, tempo usato per trovare un accomandatario per la società. L‟amministratore provvisorio non assume le qualità di accomandatario e quindi non risponderà illimitatamente per le obbligazioni ma può compiere tutte le operazioni di gestione ordinaria. Inoltre se l‟amministratore è un socio ed eccede nei suoi compiti, perde la responsabilità limitata, se invece è un individuo diverso dal socio sarà responsabile da fatto illecito.

N.B. Esistono anche le “società in accomandita semplice irregolari” il cui atto costitutivo non è iscritto nel registro. Esse non possono applicare le norme delle sas regolari ma bensì quelle delle snc irregolari (ovvero le norme delle ss) ma mantenendo la distinzione tra le due categorie di soci.

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APPUNTI DI DIRITTO COMMERCIALE (2 PARTE) Società di capitali: hanno personalità giuridica e hanno caratteristiche diverse dalle società di persone per quanto riguarda i seguenti ambiti: - posizione dei soci: il socio di per sé non è importante tanto che conta meno del suo conferimento; per questo inizialmente le società di capitale erano dette “anonime”. Indi è più importante il suo investimento che la figura del socio in sé. - posizione dei creditori: essi hanno come unico riferimento il patrimonio sociale e non quello dei soci, perciò a loro è irrilevante conoscere o meno informazioni sui patrimoni personali. In queste società bisogna inoltre tener conto del mercato e dei potenziali soci cercando di incentivare altri investitori a diventarne soci. Logicamente la pluralità di queste posizioni può portare a contrasti interi e abusi di alcuni strumenti (come la responsabilità limitata): per esempio i creditori di una società di capitali sono in pericolo poiché possono rivalersi solo sul capitale sociale che ma è finanziato da loro stessi i quali son messi sullo stesso piano dei soci che sono a loro volta creditori. Così il legislatore ha imposto dei limiti per evitare tutto ciò: come il rimborso dei conferimenti durante la vita della società che può essere fatto solo con riduzione del capitale sociale; altri limiti sono quelli per costituire una società di capitali (120.00 euro per le spa e 10.000 per le srl). La società per azioni (SPA): fa parte delle società di capitali: essa si differenzia dalla società in accomandita per azioni, poiché vi è solo una categoria di soci che risponde delle obbligazioni sociali soltanto col patrimonio della società, e dalla società a responsabilità limitata, poiché la partecipazione sociale è rappresentata da azioni, le quali sono uguali tra loro e un socio può possederne più di una.

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Originariamente la disciplina delle spa era rigida e unica per tutte e senza possibilità di deroga; però esistevano diversi tipi di spa tra cui: - società aperte: spa che fanno ricorso al mercato di capitale di rischio e costituita da pochi soci che hanno la possibilità di avere risorse sufficienti; - società chiuse: spa che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio e hanno un numero elevato di soci che si rivolgono ai risparmiatori per far funzionare la società. A partire dal 1974 furono introdotte regole diverse come: - l‟istituzione della “CONSOB” (commissione nazionale per le società di borsa), organo pubblico di controllo che garantisce la completezza e la veridicità dell‟informazione societaria; - regole relative a certificazioni di bilanci da parte di un‟autonoma società di revisione, - spa aperte quotate in mercati regolamentati e diffuse in modo rilevante, - spa aperte non quotate e non diffuse, - spa aperte solamente quotate in mercati regolamentati. Inoltre si aggiunsero regole diverse per queste sottocategorie quindi, nel 1998, per fare un po‟ di ordine nelle norme fu introdotto il “tuif” (testo unico degli intermediari finanziari). La riforma del 2004 ha fatto entrare anche nel codice civile la suddivisione di queste spa aperte con delle specificazioni alle norme base: ciò è stato utile per distinguere le varie posizioni dei soggetti e considerare un interesse di carattere generale, per incentivare la trasformazione del risparmio in un‟attività che produce altra ricchezza. Le novità della riforma del 2004 sono stati due strumenti necessari a incentivare l‟utilizzo delle forme di società di capitale e in particolare delle spa: le “società uni personali” e i “patrimoni destinati”. Società uni personali: sono società la cui costituzione avviene per atto unilaterale di un socio fondatore e nelle quali le obbligazioni sociali ne risponde solo la società stessa col proprio patrimonio, salvo eccezioni. Esse possono avere personalità originaria (quando fin dall‟inizio la società è direttamente costituita da parte di un solo socio) o successiva ( quando la società è costituita da più soci e a un certo punto della vita della società tutte le azioni sono detenute da un solo soggetto). Fino al 1993 l‟unipersonalità originaria non esisteva poiché l‟atto costitutivo doveva essere compiuto da almeno due soci. Mentre invece per quella successiva si seguiva la disciplina dell‟unico azionista illimitatamente responsabile per quelle obbligazioni sociali (nate nel periodo in cui era unico socio). Dal 1993 viene poi così concessa l‟unipersonalità originaria (oltre a quella successiva) ma solo per le srl, in quanto era una disciplina per attivare direttive comunitarie con l‟obiettivo di sostenere le piccole-medie imprese. Ma ciò creava disparità di trattamento tra srl ed spa così la riforma del 2004 ha allineato le posizioni e ha eliminato una grande limitazione: può diventare unico socio anche una persona giuridica (ovvero la società), ciò avviene se vengono rispettate alcune condizioni: - per la costituzione: l‟unico socio fondatore risponde in solido con coloro che hanno agito, per le operazioni compiute in nome della società prima dell‟iscrizione nel registro delle imprese. - per i conferimenti: per assicurare l‟integrale acquisizione degli stessi e l‟effettiva formazione del capitale sociale, sia in sede di costituzione della società (uni personalità originaria) che in aumento di capitale sociale (uni personalità successiva), l‟unico socio è tenuto a versare integralmente i conferimenti in denaro ( enon solo il 25 % come previsto per la società pluripersonale). Se viene meno la pluralità dei soci, i versamenti ancora dovuti devono essere fatti entro 90 giorni. - per la trasparenza: per consentire l‟agevole identificazione dell‟unico socio gli amministratori devono depositare per l‟iscrizione nel registro una dichiarazione contenente i dati anagrafici dello stesso. - altra regola è che i contratti realizzati tra società e unico socio sono opponibili ai creditori della società solo se risultano essere iscritti nel libro delle adunanze o risultare in un atto scritto con data certa. La violazione di tali condizioni implica che l‟unico socio si esponga alla responsabilità illimitata finchè non adempie al suo obbligo. Alla norma secondo cui l‟unico socio non incorre in responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali (a meno che non rispetti le regole citate precedentemente) si può dire che quindi è legittimo svolgere un esercizio sostanzialmente individuale di attività d‟impresa, senza che ciò determini di per sé la perdita del beneficio della responsabilità limitata. Ma a ciò vi sono due eccezioni che invece comportano la responsabilità illimitata dell‟unico socio per le obbligazioni sociali sorte nel periodo in cui tutte le quote sono allo stesso appartenute: a) l‟unico socio risponde illimitatamente quando non sia osservata la disciplina dell‟integrale liberazione dei conferimenti sopra esposta; b) l‟unico socio risponde illimitatamente fino a quando non sia stata attuata la specifica pubblicità dettata per la spa uni personale. In entrambi i9 casi la responsabilità illimitata è di tipo sussidiario e può essere fatta valere dai creditori sociali in caso di insolvenza della società. La creazione delle società uni personali consente di limitare il rischio di impresa attraverso la moltiplicazione formale dei soggetti cui i relativi diritti e obbligazioni sono imputabili. Patrimoni destinati (ad un unico affare): sono una nuova tecnica per le spa di limitare il rischio di impresa; essa consente di evitare la moltiplicazione formale delle società e i relativi costi e permette di raggiungere risultati sostanzialmente identici alle società uni personali operando direttamente sul patrimonio

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dell‟impresa societaria. In essa sono quindi individuati patrimoni separati che rispondono solo delle obbligazioni relative a predeterminate e specifiche operazioni economiche (es. nuova linea di produzione di successo incerto, distribuzione in un nuovo mercato..). In pratica la società vuole realizzare un‟operazione molto onerosa o rischiosa senza però dover perdere l‟intero patrimonio. Prima di questa innovazione, si poteva costituire un‟altra società dotandola di un capitale e impegnandone una parte per realizzare quell‟operazione particolare e rischiosa; così non si rischiava l‟intero patrimonio ma si creavano comunque dei problemi riguardo alla gestione dei costi per la costituzione di questa nuova società. Un altro vecchio modo era anche quello di ricorrere ad un finanziamento esterno, ma vi erano comunque altri inconvenienti (es. interessi da conferire al finanziatore…). Così nacquero questi “patrimoni separati” ma interni alla società. Di essi ne esistono due modelli: o Patrimoni destinati operativi: la spa può costituire uno o più patrimoni ciascuno dei quali destinato ad uno specifico affare, entro i limiti del 10% del proprio patrimonio netto e purchè non si tratti di affari attinenti ad attività riservate in base a leggi speciali. La costituzione di un patrimonio destinato avviene con apposita deliberazione dell‟organo amministrativo della società a maggioranza assoluta dei suoi componenti. Le indicazioni che deve contenere la delibera sono: - l‟affare al quale è destinato il patrimonio, che può anche consistere nell‟esercizio di un‟attività di impresa; - i beni e i rapporti giuridici conferiti nel patrimonio separato, il cui valore complessivo non può superare il 10% del patrimonio netto della società; - la separazione di un pezzo del patrimonio deve avvenire con una specifica delibera che deve essere iscritta nel registro delle imprese; - il patrimonio separato può essere incrementato da apporti di terzi; - infine la delibera deve indicare le regole di rendiconto finale dello specifico affare (anche in caso di impossibilità di realizzazione) e la sua approvazione: se permangono creditori insoddisfatti, possono chiedere con raccomandata la liquidazione del patrimonio destinato; ma se invece nessuno chiede eventuali liquidazioni del patrimonio dopo il rendiconto finale, cessa il vincolo di destinazione e i beni e i rapporti del patrimonio destinato confluiscono in quello generale. Inoltre la delibera deve essere verbalizzata da un notaio e iscritta nel registro delle imprese. Su di essa si esercita il controllo notarile con le modalità previste per la modificazione dell‟atto costitutivo. La separazione patrimoniale ha effetto dopo 60 giorni dall‟iscrizione ed entro tale termine i creditori sociali possono farvi opposizione al tribunale sennò dopo questi due mesi essi non possono più far valere alcun diritto sul patrimonio destinato allo specifico affare né sui frutti provenienti da esso derivanti. Come già detto, delle obbligazione contratte per realizzare lo specifico affare la società risponde di regola solo nei limiti del patrimonio destinato. o Patrimoni destinati contrattuali (detti anche finanziamenti destinati): la società può inoltre stipulare con terzi un contratto di finanziamento di uno specifico affare, pattuendo che al rimborso totale o parziale del finanziamento siano destinati i proventi dell‟affare stesso o parte di essi. Essi sono in pratica una seconda modalità di costituzione del patrimonio destinato necessario a raggiungere obbiettivi onerosi: consistono in un contratto di finanziamento di uno specifico affare, con previsione che al rimborso totale o parziale del finanziamento sono destinati tutti o parte dei proventi dell‟affare stesso. Si deve perciò avere un contratto tra società e finanziatore dove è stabilito che tutti i proventi dell‟affare ripagheranno il finanziamento. Il contratto deve descrivere gli elementi essenziali dell‟operazione. L‟oggetto, le modalità e i tempi di realizzazione, costi, ricavi attesi. Deve inoltre specificare i beni strumentali necessari per la realizzazione e il relativo piano finanziario indicando la parte coperta dal finanziamento e quella a carico della società. Perciò il finanziamento è rimborsato dai proventi generati dall‟affare nel tempo massimo indicato dal contratto; decorso tale periodo nulla è più dovuto al finanziatore. La società può garantire il rimborso ma solo per una parte del finanziamento, restando il finanziatore esposto , per la parte scoperta, al rischio dell‟affare. E‟ consentito inoltre che: la società presti garanzie in ordine all‟esecuzione del contratto e alla corretta realizzazione dell‟operazione; il finanziatore può esercitare controlli sull‟esecuzione dell‟operazione. Nel caso di finanziamento destinato, il patrimonio separato è formato dai proventi dell‟affare, dai frutti e investimenti effettuati in attesa del rimborso al finanziatore. E‟ necessario comunque che una copia del contratto sia stata scritta nel registro delle imprese e che la società adotti sistemi di incasso e contabilizzazione idonei ad individuare in ogni momento i proventi dell‟affare e a tenerli separati dal restante patrimonio della società. Una volta adempiuti i requisiti pubblicitari e contabili, i creditori della società non possono più esercitare azioni sui beni oggetto di separazione patrimoniale; poi non possono aggredire beni strumentali alla realizzazione dell‟operazione, ma esclusivamente esercitare sugli stessi azioni conservative, sino al rimborso del finanziamento o alla scadenza del termine massimo fissato nel

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contratto. Il finanziatore non ha azione sul residuo patrimonio della società, ma se essa fallisce prima della realizzazione dell‟affare, egli potrà insinuarsi nel fallimento della società per le somme non riscosse. Costituzione: la costituzione delle spa è costituita da due fasi dopo le quali la società esiste: 1) Stipulazione dell‟atto costitutivo per atto pubblico: che può avvenire con due diverse modalità: “stipulazione simultanea”, dove l‟atto costitutivo è stipulato immediatamente da coloro che assumono l‟iniziativa per la costituzione della società (soci fondatori), i quali provvedono anche contemporaneamente all‟integrale sottoscrizione del capitale sociale iniziale; “stipulazione per pubblica sottoscrizione”, dove l‟atto costitutivo avviene al termine di un complesso procedimento che consente la raccolta del capitale iniziale (tra il pubblico) procedendo poi alla sua sottoscrizione in un secondo momento e non simultaneamente (per questo è un processo lento e quasi mai utilizzato). La stipulazione per pubblica sottoscrizione si articola in 4 fasi: coloro che assumono l‟iniziativa (i promotori) predispongono i principi cardine su cui costruire l‟atto ( come l‟oggetto, il capitale, l‟eventuale partecipazione che i promotori si riservano agli utili..); tale programma deve essere consegnato al notaio ed esposto con le varie procedure corrette al pubblico. Si aprono così le adesioni al programma con la sottoscrizione delle azioni, che deve risultare da atto pubblico o scrittura privata: quindi chi vuole può impegnare del capitale entro 30 giorni (ciò è deciso dai promotori) per far parte del progetto. Essi possono versare il 25% dei conferimenti in denaro presso una banca assegnata dai promotori e se entro un mese il versamento non si verifica i promotori possono liberare il sottoscrittore dall‟obbligo oppure agire per vie legali obbligandolo a contribuire. I promotori convocano l‟assemblea di tutti i sottoscrittori che sarà valida con la presenza della metà dei sottoscrittori aventi il capitale (quorum costitutivo) e ciascun sottoscrittore ha diritto ad un solo voto. Per la validità delle deliberazioni è richiesto il voto favorevole della maggioranza dei presenti. Tuttavia, per modificare le condizioni stabilite dal programma, è necessario il consenso di tutti i sottoscrittori. Questa assemblea: - accerta che esistano le condizioni necessarie per la costituzione della società, - delinea nei particolari l‟atto costitutivo e il cui contenuto dell‟atto costitutivo e dello statuto che non sia stato già fissato nel programma, - delibera sulla riserva di partecipazione agli utili, - nomina i primi amministratori e sindaci della società. I “promotori” sono solidamente responsabili verso i terzi per le obbligazioni assunte (prima dell‟iscrizione nel registro) per la costituzione della società e che potranno riversare sulla società solo se sono state necessarie per la costituzione o siano state approvate dall‟assemblea. Essi sono inoltre responsabili della veridicità, di ciò che viene divulgato e dell‟esistenza del valore dei conferimenti in natura e dell‟integrale sottoscrizione del capitale patrimoniale. I promotori quindi detengono il rischio dell‟insuccesso dell‟operazione ma possono riservarsi una partecipazione agli utili della società, indipendentemente dalla loro qualità di soci. Ma tale partecipazione, per evitare eventuali eccessivi, non può superare il 10 % degli utili netti risultanti dal bilancio e non può avere una durata oltre ai 5 anni. Ciò vale anche per i fondatori. Inoltre non è detto che i promotori diventino soci in modo automatico: essi possono decidere di non sottoscrivere nessuna quota. La spa può costituirsi per contratto o per atto unilaterale e l‟atto costitutivo deve essere redatto per atto pubblico, pena la nullità della società. I requisiti di quest‟ultimo sono: Generalità dei soci e la parte di capitale da essi sottoscritta; Denominazione della società, indicazione della tipologia e il comune dove è posta la sede (questo per sapere quali sono il tribunale e la camera di commercio cui si riferisce; Il capitale, specificando quello sottoscritto e quello versato; L‟oggetto sociale, ovvero il tipo di attività economica che la società si propone di svolgere; Numero di azioni, che compongono il capitale, e il loro valore nominale; Valore dei crediti e beni conferiti in natura; Norme secondo cui gli utili debbano essere ripartiti; I benefici accordati ai promotori o soci fondatori; Il sistema di amministrazione (dualistico o monistico) adottato, il numero degli amministratori con i loro poteri e le varie rappresentanze; Costo delle spese di costituzione a carico della società; La durata della società. L‟omissione di uno o più tali indicazioni legittima il rifiuto del notaio di stipulare l‟atto costitutivo. In questo modo quest‟ultimo sarà suddiviso nelle seguenti parti: parte storica, che non cambierà mai, parte effimera,

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che cambierà senza la procedura rigida prevista per la modifica dell‟atto, parte duratura, comprendente le regole e le caratteristiche della società modificabile solo con una procedura ben particolare. Nella prassi l‟atto costitutivo, documento più sintetico contenete la manifestazione di volontà di costituire la società ed i dati fondamentali della relativa struttura organizzativa, si separa dallo statuto, documento con regole specifiche di funzionamento della società. In realtà lo statuto è parte integrante dell‟atto costitutivo. La spa deve costituirsi con un capitale non inferiore a 120.00 euro!! 2) Una volta redatto l‟atto costitutivo, esso subirà un controllo accurato dal notaio per eventuali errori o elementi mancanti e per verificare la regolarità formale della documentazione ricevuta, poi si può passare alla fase successiva: iscrizione nel registro delle imprese con cui la società acquista personalità giuridica. Per le operazioni compiute dalla società prima dell‟iscrizione sono illimitatamente e solidamente responsabili verso i terzi coloro che hanno agito; inoltre è vietata l‟emissione delle azioni prima dell‟iscrizione della società nel registro e non possono essere oggetto di offerta al pubblico ad eccezione del caso in cui la costituzione della società avvenga per pubblica sottoiscrizione. Può succedere che una società sia costituita con un contratto non valido, scoperto dopo l‟iscrizione nel registro: il legislatore non può stabilire l‟immediato scioglimento della società poiché deve tutelare anche i terzi che hanno avuto a che fare con la società invalida: alla soluzione di questi problemi vi è una disciplina specifica <*>. Se l‟atto non viene iscritto nel registro entro 90 giorni, questo perde efficacia e decade: Inoltre se il notaio vi trova degli errori deve, entro 20 giorni, chiedere ai promotori di risolvere i vari problemi per poi riconsegnarglielo corretto. Ma se questi errori vengono scoperti dopo l‟iscrizione nel registro delle imprese (tra cui l‟invalidità della società <*>) si applica una disciplina speciale. I tre casi di nullità della società sono: Mancanza della forma dell‟atto pubblico; Illiceità dell‟oggetto sociale; Mancanza nell‟atto di indicazione relativa a denominazione della società, o i conferimenti, o l‟ammontare del capitale sociale, o l‟oggetto sociale. Tutti gli altri vizi sono sanati dall‟iscrizione (come la mancanza dell‟atto, l‟incapacità di tutti i soci fondatori, o della pluralità di essi, il mancato versamento iniziale dei conferimenti in denaro…) e i soci sono obbligati fino a quando non adempiono ai creditori. La “dichiarazione di nullità del contratto” ha effetto retroattivo travolgendo tutti gli effetti prodotti e opera solo per il futuro come semplice causa di scioglimento della società. Spesso assieme all‟atto costitutivo vengono istituiti anche dei “patti parasociali”, che danno delle regole di comportamento ad una buona parte di soci nell‟ambito della società. A differenza dell‟atto, che vale per tutti, i patti hanno validità solo interna, cioè solo fra i soci aderenti. I sindacati azionari possono essere di due tipi: di blocco, che riguardano la circolazione delle azioni (si occupano di venderle o meno ai partecipanti ecc..); di voto, che riguardano le modalità di voto dei soci. L‟efficacia è molto diversa e i partecipanti di questi patti sono consapevoli della sanzioni ma non sono comunque obbligati a tenere un determinato comportamento. In passato i patti parasociali erano usati per la riservatezza e per l‟elasticità ma la riforma ha disciplinato in modo preciso questi patti e vi sono degli articoli che limitano il loro raggio d‟azione: ciò vien fatto per compattare i partecipanti verso un comportamento comune. Inoltre questi patti hanno un limite temporale di 5 anni per le società non quotate e 3 anni per quelle quotate, (in entrambi i casi sono rinnovabili). Sono previsti poi obblighi di comunicazione e trasparenza: nelle società non quotate devono essere comunicati agli amministratori e all‟assemblea, mentre per le società quotate la riservatezza è ancora meno tutelata poiché sono comunicati alla CONSOB (entro 5 giorni), in un quotidiano (entro 10 giorni) e ai terzi attraverso il registro delle imprese (entro 15 giorni). I conferimenti: essi sono i contributi dei soci che portano alla formazione del patrimonio iniziale della società: hanno perciò una “funzione produttiva” dei conferimenti. Il valore dei conferimenti in denaro costituisce il capitale sociale nominale della società. A ciascun socio deve essere assegnato un numero di azioni proporzionale alla quota del capitale sociale sottoscritta e per un valore non superiore a quello del suo conferimento; inoltre la ripartizione delle azioni fra i soci può anche non essere proporzionale al conferimento di ciascuno. Nelle spa i conferiti sono effettuati in denaro se nell‟atto costitutivo non è stabilito diversamente (sennò essi possono essere anche crediti o beni in natura ad eccezione delle prestazioni d‟opera).

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Per i conferimenti in denaro viene effettuato un versamento immediato presso una banca di almeno il 25% così si riduce il pericolo per i creditori che può dar luogo la costituzione di una società il cui attivo patrimoniale iniziale sia costituito solo da crediti verso i soci. Gli amministratori sono liberi di chiedere in ogni momento ai soci i versamenti ancora dovuti. Qualora il socio non versasse la restante parte (75%) è come se non adempiesse ad un obbligo perciò entra “in mora” e non può esercitare il diritto di voto. La società può avvalersi di una procedura di vendita coattiva delle azioni del socio moroso: dopo 15 giorni dalla pubblicazione di una diffida nella gazzetta ufficiale, gli amministratori possono rivolgersi al tribunale per ricevere il pagamento oppure offrire le azioni agli altri soci (in proporzione alla loro partecipazione) che possono acquistare le azioni del socio moroso al prezzo pari al 75% della parte mancante. Le azioni nono sono trasferibili liberamente ma serve un‟autorizzazione dell‟organo amministrativo: questo perché se la società vuole ottenere una certa prestazione da un socio possono essere emesse delle “azioni accessorie”, queste sono liberate sono liberate con un conferimento in denaro, crediti o beni ma in più il socio possessore deve adempiere ad una certa prestazione (prevista nell‟atto che può essere apportata anche sottoforma di titoli). Le prestazioni d‟opera non possono essere oggetto di conferimento nelle spa ma se ad esempio un socio porta una prestazione e altri conferiscono con del denaro, al primo possono essere date delle azioni a seconda del valore della prestazione apportata. L‟atto costitutivo può comunque prevedere l‟obbligo dei soci di eseguire prestazioni accessorie non consistenti in denaro, determinandone contenuto,durata,modalità e compenso (es. fornire la propria attività lavorative, effettuare forniture mensili di materie prime..): sono dette “prestazioni accessorie” che costituiscono i soci effettuando a favore della società prestazioni che non possono essere oggetto di conferimento. Le azioni con prestazioni accessorie devono essere nominative e non sono trasferibili senza il consenso degli amministratori. Per i conferimenti diversi dal denaro, non possono formare oggetto di conferimento cose generiche future o altrui,o, come già detto prima, le prestazioni d‟opera (le quali possono formare oggetto solo di prestazioni accessorie distinte dai conferimenti poiché sono apporti dei soci non imputabili al capitale e che possono emettere strumenti finanziari speciali diversi dalle azioni). I conferimenti diversi dal denaro possono essere per esempio beni in natura le cui azioni corrispondenti devono essere integralmente liberate al momento della sottoscrizione. E‟ ammissibile il diritto di godimento sul bene conferito dato che la società lo acquista col consenso del conferente. I conferimenti diversi dal denaro devono formare oggetto di uno specifico procedimento di valutazione oggettiva e veritiera di tali conferimenti. Questo procedimento si articola in più fasi: chi conferisce beni in natura o crediti deve presentare una “relazione giurata di stima” redatta da un esperto nominato dal tribunale. Questa stima deve contenere una serie di indicazioni (descrizione del bene, valore del bene, criteri di valutazione..) e soprattutto deve attestare che il valore dei conferimenti è pari a quello ad essi attribuito ai fini della determinazione del capitale sociale e dell‟eventuale sovrapprezzo: in pratica quel bene non deve valere meno della parte di capitale liberata (certezza effettiva). La relazione deve essere allegata all‟atto costitutivo presso l‟ufficio del registro delle imprese, inoltre essa ha carattere provvisorio: entro 180 giorni dalla costituzione della società, gli amministratori devono controllare le valutazioni contenute nella relazione di stima comparandole col valore effettivo attraverso una revisione (nel frattempo le azioni sono inalienabili): - se il valore effettivo (valore dei beni o crediti conferiti) è maggiore di quello stimato non ci sono problemi; - se il valore effettivo è minore rispetto al valore stimato dipende da due casi: se la differenza tra i due è lieve gli amministratori non sono obbligati ad intervenire; se invece la differenza è di oltre un quinto del valore del bene (=quello per cui avvenne il conferimento) intervengono gli amministratori (in caso di totale recesso del socio) riducendo proporzionalmente il capitale sociale e annullare le azioni che risultano scoperte. Il socio conferente ha diverse alternative se non vuole vedere così ridotta la propria partecipazione; le sue scelte soggettive dipendono dal suo obbiettivo e cioè quanto vuole partecipare nella società in termini di capitale: se il socio ritiene indispensabile la sua posizione nella società, può colmare la differenza col denaro completando il conferimento e ottenendo così le azioni prestabilite; se il socio non può mantenere il ruolo in società può recedere dalla società col conseguente diritto di liquidazione del

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valore attuale delle azioni sottoscritte (e se possibile alla restituzione in natura del bene conferito); se decide di non colmare la differenza e di non uscire dalla società avrà meno azioni di quelle precedentemente stabilite. Ci sono delle “eccezioni” in cui non è richiesta la relazione di stima: o Quando vengono conferiti strumenti del mercato azionario il cui valore non è superiore al valore degli ultimi sei mesi; o Quando vengono conferiti beni approvati e valutati con un bilancio che deve essere controllato da un revisore il quale non deve sollevare obiezioni sui criteri di valutazione utilizzati per quel bene; o Quando la valutazione risulta da una perizia non più vecchia di 6 mesi. In queste eccezioni, entro 30 giorni dall‟iscrizione nel registro si deve verificare se ci siano stati dei fenomeni ed eventi che hanno potuto incidere (e in particolare ridurre) sul valore del bene (es. capannone bruciato) e si deve inoltre verificare la professionalità e l‟indipendenza di chi ha svolto la precedente stima di valutazione. Se va tutto bene l‟amministratore deve scrivere una dichiarazione contenente una descrizione del bene e un‟attestazione in cui si dice che il valore del bene non è inferiore al capitale liberato. Se invece c‟è qualcosa che non va è necessaria quindi la relazione di stima e fino a che il controllo non è completo le azioni non sono vendibili. Anche se fino a poco tempo fa invece sì, c‟era un modo per eludere a questo sistema: il socio era considerato come un conferente in denaro, obbligato a versare il 25% del capitale promesso; poi magari il socio vendeva un bene all‟impresa il cui valore era pari al conferimento (estinguendo quindi il debito di conferimento del 75%), risultando così socio a tutti gli effetti. Essi sono detti “acquisti potenzialmente pericolosi” presso cui la società poteva concorrere. Per prevenire questi abusi, si segue una norma dell‟articolo2343 che stabilisce i vari obbiettivi da perseguire: i acquisti di beni o di crediti possono essere acquistati dai promotori (anche se non soci), dai fondatori (anche se non più soci) e dai soci attuali o amministratori quando: - il corrispettivo pattuito sia maggiore o uguale al 10% del capitale sociale, - l‟acquisto sia compiuto entro due anni (periodo in cui i beni sono considerati pericolosi) dall‟iscrizione della società nel registro. Tali acquisti devono essere autorizzati dall‟assemblea che può deliberare solo sulla relazione giurata di stima (fatta dall‟alienante), la quale deve essere depositata 15 giorni prima dell‟assemblea. Se vengono violate delle norme o scadenze, ne rispondono l‟alienante e gli amministratori per danno a società,soci o terzi. Le azioni: per azione si intende la misura unitaria di partecipazione al capitale e il documento in cui è incorporata questa partecipazione (quest‟ultima accezione si sta progressivamente eliminando a causa della de materializzazione dei titoli: si tende a non avere più il documento cartaceo dell‟azione ma la partecipazione è registrata dai conferimenti contabili per tutte le società). Le azioni sono le quote di partecipazione dei soci di una spa: sono omogenee, standardizzate e liberamente trasferibili. Nelle spa il capitale sociale sottoscritto è suddiviso infatti in un certo numero di parti (di identico ammontare), ciascuna delle quali costituisce un‟azione e attribuisce gli stessi diritti nella società l‟azione rappresenta quindi l‟unità di partecipazione al capitale sociale e l‟unità di misura dei diritti sociali, le cui caratteristiche sono l‟uguaglianza di valore e diritti, l‟indivisibilità e l‟autonomia. I tre punti di vista sotto cui può essere considerata un‟azione sono: parte del capitale: si possono individuare tre caratteristiche dell‟azione come parte del capitale: esse sono indivisibili: l‟azione non può essere scomposta ed è la parte più piccola in cui è suddiviso il capitale; se ci sono più soggetti comproprietari di un‟unica azione, si ha una comproprietà indivisa ed essi dovranno nominare un “rappresentante comune” per poterne esercitare i vari diritti che concede quell‟azione. Se il rappresentante non è stato nominato, le comunicazioni e le dichiarazioni fatte dalla società a uno dei comproprietari sono efficaci nei confronti di tutti. Sono autonome: ogni azione è una partecipazione compiuta perfetta. L‟azionista può sottoscrivere o acquistare più azioni divenendo così titolare di una pluralità di partecipazioni azionarie; inoltre egli può disporre in modo autonomo e separato le azioni possedute: può venderle solo alcune, conservarne la proprietà e darle in usufrutto o pegno ecc..L‟azionista potrà esercitare il voto per alcune azioni e non per altre oppure potrà votare con alcune personalmente e con altre tramite dei rappresentanti. E‟ ammissibile anche il voto divergente: il voto espresso con alcune azioni a favore e altre contro la stessa delibera. Inoltre le azioni hanno un valore nominale, che è la parte del capitale sociale ciascuna rappresentata in cifra monetaria. Nelle azioni con valore nominale lo statuto deve specificare il capitale sottoscritto e anche il valore nominale di ogni azione e il loro numero complessivo (es. C=1000 euro è diviso in 10 azioni

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ognuna con valore 100 euro). Questo valore nominale rimane invariato a meno che non sia modificato solo con apposita modifica dell‟atto costitutivo (dando luogo al frazionamento o raggruppamento di azioni) e si calcola col rapporto tra capitale e numero di azioni. Ma ci sono anche azioni senza valore nominale; nello statuto è perciò indicato solo il capitale sottoscritto e il numero delle azioni emesse (es. C=1000 diviso in 1000 azioni). Con questo tipo di azioni, la partecipazione al capitale del singolo azionista sarà espressa (non in forma monetaria come l‟azione con valore nominale) in una percentuale del numero complessivo delle azioni emesse (es. C=1000 l‟azionista ha sottoscritto 500 azioni quindi è titolare del 50% del capitale). Per tutte le azioni vale che in nessun caso il valore complessivo dei conferimenti possa essere inferiore all‟ammontare globale del capitale sociale: quindi le azioni non possono essere emesse per somma a un valore minore del loro valore nominale, ciò per evitare che il capitale conferito sia diverso da quello dichiarato. Inoltre tutte le azioni hanno un valore di emissione, valore per cui le azioni possono essere emesse e che sia superiore al valore nominale (emissione con soprapprezzo) in sede di costituzione e in aumento di capitale. Altro valore che hanno tutte le azioni è il valore di bilancio, che si ottiene dividendo il patrimonio netto per il numero delle azioni; è un valore che varia in continuazione in funzione delle vicende economiche della società in sede di bilancio. Poi esse hanno anche il valore di mercato, che indica il prezzo a cui sono scambiate le azioni in quel determinato giorno (perciò esso varia quotidianamente). N.B. nel caso delle azioni con valore nominale, l‟indivisibilità delle azioni non vieta alla società di ridurne o aumentarne il loro valore nominale attraverso il “procedimento” di “frazionamento o raggruppamento”. Col primo si può deliberare di sostituire ogni azione da 10 euro con 10 azioni da 1 euro per esempio. La seconda, normalmente la più frequente, raggruppa le azione aumentandone il loro valore nominale (es. 10 azioni da 1 euro ciascuna sono raggruppate e formano 1 azione da 100 euro). Queste operazioni possono essere fatte analogamente per le azioni senza valore nominale e lo si fa aumentando o riducendo il numero complessivo delle azioni emesse. Complesso di diritti in cui si sintetizza la partecipazione sociale: ogni azione costituisce una partecipazione sociale e attribuisce al suo titolare un complesso unitario di diritti e poteri di natura amministrativa (diritto di voto nelle assemblee, di impugnare delibere, di esaminare libri sociali..)e patrimoniale (diritto agli utili, alla quota di liquidazione..). Le azioni conferiscono ai possessori uguali diritti; e l‟uguaglianza è relativa (poiché consente di creare diverse categorie di azioni con diritti diversi: si distinguono azioni ordinarie e azioni di categoria o speciali) e oggettiva (poiché l‟azione attribuisce gli stessi diritti a chiunque la possiedi). I diritti sociali possono essere suddivisi in tre diverse categorie: 1) Diritti dipendenti dal numero di azioni possedute: per esempio il diritto di intervento in assemblea (anche se ho 10 o 100 azioni partecipo ugualmente all‟assemblea) 2) Diritti che competono solo se si possiede una determinata percentuale di capitale: per esempio il diritto di chiedere la convocazione dell‟assemblea o di ottenerne il rinvio; essi sono diritti di “minoranza” poiché sono esercitati dal socio o soci che raggiungono una percentuale prescritta del capitale sociale. Infatti uno che possiede una sola azione non può invocare l‟assemblea mentre un gruppo di soci che rappresentano il 10% del capitale sì. 3) Diritti che spettano ad ogni azionista in proporzione del numero delle azioni possedute: per esempio il diritto di voto, il diritto agli utili, il diritto alla quota di liquidazione (in caso di recesso), il diritto di opposizione. Le categorie speciali di azioni: esistono, come già detto, diverse categorie di azioni che concedono vari diritti e sono diverse tra loro; ogni categoria inoltre è appoggiata da un‟ “assemblea speciale di categoria” che deve valutare e approvare varie delibere che potrebbero pregiudicare i diritti della categoria cui appartiene. Fra i limiti per le categorie speciali di azioni vi sono il divieto di voto plurimo, azioni cioè che attribuiscono ciascuna più di un voto. Tipi di azioni AZIONI DI RISPARMIO: azioni che cercano di incentivare l‟investimento in azioni offrendo ai risparmiatori titoli meglio rispondenti ai loro specifici interessi. Essen sono nate negli anni ‟70 per giustificare una differenza tra “azionisti risparmiatori” (il cui unico interesse è partecipare agli utili) e “azionisti imprenditori” (che agivano direttamente nelle decisioni e nelle operazioni sociali). Però c‟era il rischio che l‟attività si

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paralizzasse a causa di questi risparmiatori che si disinteressavano dal votare e costituire eventuali diritti amministrativi puntando solo ed esclusivamente alla redditività dei titoli azionari. Così nacquero le azioni di risparmio, azioni prive del diritto di voto e necessariamente dotate di privilegi di natura patrimoniale per quanto riguarda la ripartizione degli utili (questo per distinguersi dalle azioni senza voto emesse dalle società). Le azioni di risparmio possono essere emesse al portatore assicurando l‟anonimato che determina un forte incentivo alla loro sottoscrizione. Queste azioni possono essere emesse solo da società con azioni ordinarie quotate in mercati regolamentati italiani o di altri paesi dell‟UE, non possono superare la metà del capitale sociale e sono, come detto prima, prive di voto nelle assemblee ordinarie e straordinarie. Esse non sono considerate nel calcolo dei quorum costitutivi o deliberativi o delle aliquote di capitale. Il singolo azionista di risparmio non può: - avere il diritto di intervenire in assemblea, - impugnare delibere assembleari invalide; ma può domandare il risarcimento del danno a lui provocato dalla delibera invalida. Inoltre l‟atto prevede il contenuto del privilegio patrimoniale di cui godono le azioni di risparmio, le varie condizioni, i limiti, le modalità. Secondo questo tipo di azioni deve essere presente un‟”assemblea speciale” di categoria che deliberi sugli oggetti di interesse comune e tuteli i vari diritti di quella determinata categoria di azione. Inoltre essa delibera sulla nomina o revoca di un rappresentante comune degli azionisti di risparmio, il quale provvede all‟esecuzioni delle deliberazioni dell‟assemblea e tutela gli interessi comuni degli azionisti di risparmio nei confronti della società. Ha inoltre il diritto di esaminare il libro dei soci e delle adunanze dell‟assemblea generale e può inoltre partecipare all‟assemblea della società per conoscere e impugnare le delibere sulla categoria di azioni che egli rappresenta. L‟assemblea è convocata quando è opportuno dal rappresentante oppure dall‟1 % delle categorie di azioni (entro 60 giorni dall‟emissione delle azioni). AZIONI CORRELATE: sono azioni legate all‟andamento di un certo settore e attività. Sono simili a strumenti finanziari (diverse dalle azioni) emessi in relazione a patrimoni separati. Esse attribuiscono la qualifica di socio ma la loro remunerazione dipende anche dall‟andamento generale della società. AZIONI DI GODIMENTO: azioni la cui funzione è quella di assicurare la parità di trattamento degli azionisti in occasione di una particolare operazione: ovvero la riduzione reale del capitale sociale attuata con sorteggio e annullamento di un certo numero di azioni dietro rimborso del solo valore nominale delle azioni stesse. Poiché il valore reale delle azioni può essere superiore a quello nominale, agli azionisti rimborsati vengono rilasciati le azioni di godimento: esse partecipano alla ripartizione degli utili solo dopo che alle altre azioni sia stato corrisposto un dividendo pari all‟interesse legale sul valore nominale; partecipano inoltre alla ripartizione del saldo attivo di liquidazione solo dopo che alle altre azioni è stato rimborsato il valore nominale, soma che i titolari di godimento avevano già riscosso in passato. Le azioni di godimento non hanno diritto di voto né di intervento in assemblea o di impugnazione di delibere assembleari invalide. Tali azioni attribuiscono solo il diritto di azione. AZIONI DEI PRESTATORI DI LAVORO: alcune società eseguono l‟assegnazione straordinaria di utili ai loro dipendenti,se lo prevede lo statuto, attraverso il seguente procedimento: una parte di utili accantonati a riserva viene imputata a capitale (così non ci sono nuovi conferimenti poiché appartenevano alla società anche se accantonati da un parte) e la società emette speciali categorie di azioni assegnate gratuitamente ai prestatori di lavoro. Questo tipo di azioni sono un incentivo di partecipazione ai dipendenti di una società. Però comunque le azioni possono essere anche emesse onerosamente dalla società, che può anche limitare o escludere il diritto di opzione degli azionisti (di queste azioni a pagamento) per poterle offrire ai dipendenti della società. AZIONI RISCATTABILI: azioni con diritto di riscatto. Strumenti finanziari partecipativi: sono diversi dalle azioni, poiché la loro emissione ha il fine di consentire l‟acquisizione da parte dei soci o di terzi di apporti patrimoniali che non possono formare oggetto di conferimento e che non sono imputabili al capitale sociale (come i servizi e le prestazioni d‟opera). Perciò a differenza delle azioni, gli strumenti finanziari partecipativi non sono parti del capitale sociale e, anche se incrementano il patrimonio sociale, non sono legati ai conferimenti. Essi inoltre non attribuiscono quindi la qualità di azionista ma determinano certi diritti patrimoniali e amministrativi ad esclusione del diritto di voto nell‟assemblea generale degli azionisti: in teoria, questi strumenti finanziari partecipativi possono avere diritto di voto su specifici argomenti ed è riservata ad essi la nomina di un componente indipendente del consiglio di amministrazione o del consiglio di sorveglianza o di un sindaco. Questi strumenti riconoscono al titolare il diritto di rimborso del capitale e i vari individui.

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che li possiedono,devono essere organizzati in una “categoria dei titolari degli strumenti finanziari partecipativi”, composta dall‟assemblea e dal rappresentante comune. Titolo di credito: i titoli azionari sono i documenti che rappresentano le quote di partecipazione delle spa non quotate né diffuse fra il pubblico in maniera rilevante e ne consentono il trasferimento secondo le regole dei titoli di credito. La loro emissione non è essenziale e per questo può anche essere esclusa dallo statuto. Se invece vengono emessi, i certificati (o titoli) azionari devono indicare: -denominazione e sede della società, - data dell‟atto e della sua iscrizione nel registro oltre al nome dell‟ufficio del registro delle imprese cui la società è iscritta, - il loro valore nominale, - l‟ammontare dei versamenti parziali sulle azioni non interamente liberate, - diritti e obblighi di esse. Le azioni devono essere sottoscritte da uno degli amministratori. I certificati azionari (provvisori o definitivi) possono essere semplici (rappresentare un‟azione) o multipli (rappresentare più azioni): inoltre il possessore di un titolo multiplo può chiederne il frazionamento in più titoli di taglio minore. Ai titoli azionari è collegato un “foglio cedole”, costituito da un determinato numero di tagliandi (le cedole) contrassegnati dalla denominazione della società e numerati progressivamente: esse consentono di esercitare diritti che maturano durante la vita della società senza necessità di esibire il titolo azionario; in pratica basta consegnare alla società questa cedola. Le cedole sono di regola al portatore e possono formare oggetto di autonoma circolazione una volta distaccate dal titolo principale, divenendo veri e propri titoli di credito. N.B. Le azioni rientrano nella categoria dei “titoli di credito” poichè possono essere emessi in base ad un determinato rapporto causale. Esse hanno una funzione di trasferimento: chi acquista in buona fede il possesso del titolo azionario non è soggetto a rivendicazione, diventa cioè proprietario del titolo e titolare della partecipazione azionaria nello stesso incorporata. Inoltre non hanno una funzione di legittimazione: il possessore del titolo può esercitare i diritti sociali senza essere tenuto a provare la proprietà del titolo e la qualità del socio. Le azioni possono essere: nominative, cioè con specificato il nome del titolare del credito, o al portatore, legate al possesso del diritto. La scelta tra i due tipi concede il beneficio dell‟anonimato (o meno) a fini fiscali all‟investimento azionario. Prima che entrasse in vigore l‟azione al portatore, vi era la nominatività obbligatoria per tutte le azioni; ciò vale ancora oggi con due sole eccezioni: le azioni di risparmio e le società di investimento a capitale variabile. Il sistema vigente è perciò il seguente: tutte le azioni devono essere nominative, salvo le azioni si risparmio e quelle emesse dalla “sicav”, le quali possono essere nominative o al portatore a scelta dell‟azionista. Circolazione delle azioni: per le azioni al portatore basta la consegna del titolo e il possesso attribuisce i diritti connessi ad esse al nuovo proprietario. Le azioni nominative devono, invece, essere intestate al nome di una persona fisica o giuridica registrato nel libro dei soci. Per il trasferimento dei titoli azionari è perciò necessario il mutamento della doppia intestazione sul titolo e sul libro dei soci e la cooperazione della società emittente. La doppia annotazione può avvenire in due diverse procedure: Il Transfert: che prevede il cambiamento contestuale delle due intestazioni sotto la responsabilità della società emittente. Esso può essere richiesto dall‟alienante o dall‟acquirente, e sono diverse le formalità da osservare nei due casi: Nel caso dell‟alienante, egli deve esibire il titolo e provarne la propria identità e capacità di disporre (agire), mediante una certificazione di un notaio. Nel caso dell‟acquirente, egli deve esibire il titolo e dimostrarne il suo diritto (cioè l‟acquisto del titolo) mediante atto con firma autenticata o atto pubblico. Dopo aver controllato che tali formalità siano corrette, la società annota il nome dell‟acquirente nel libro dei soci e sul titolo. Con l‟esecuzione del transfert, l‟acquirente entra a far parte della società e acquista la legittimazione all‟esercizio dei diritti sociali. La circolazione del transfert è onerosa e complessa poiché richiede l‟intervento della società ad ogni passaggio di proprietà delle azioni. La girata: è la seconda forma di trasferimento prevista, ed è la più diffusa nonché più semplice della precedente. Nel trasferimento della girata, la duplice annotazione è eseguita da soggetti diversi in tempi

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diversi: l‟annotazione sul titolo (girata9 è fatta dall‟alienante; quella sul libro dei soci dalla società ed è necessaria solo quando l‟acquirente voglia esercitare i diritti sociali. Nel mentre l‟acquirente può rivendere le azioni mediante ulteriore girata: per questo è largamente preferita rispetto al transfert. La girata dei titoli nominativi è assoggettata a particolari requisiti di forma: difatti deve essere datata e contenere il nome del giratario, e deve essere sottoscritta dal girante e dal giratario se sono azioni non liberate. Inoltre la girata deve essere autorizzata da un notaio, agente di cambio, o da una banca autorizzata. (esempio di girata): A vende a B l‟azione con girata, ma B non chiede subito il cambiamento di intestazione sul libro dei soci e lo fa solo sul titolo. Poi B rivende l‟azione a C che la rivende a D: quest‟ultimo vuole poi partecipare ad un‟assemblea, ed è lì che sarà obbligato a fare il cambio di intestazione sul libro dei soci (dove c‟era ancora scritto A). La circolazione delle azioni si fonda sul trasferimento materiale dei titoli e comporta, per le azioni nominative, il compimento delle complesse formalità connesse alla duplice annotazione. Da qui vi è l‟esigenza di semplificare e rendere più sicuro il mercato dei titoli quotati in borsa e quello delle azioni in primo luogo, attraverso l‟adozione di meccanismi di circolazione svincolati dal trasferimento materiale del documento e basati su semplici registrazioni contabili. Il deposito in gestione accentrata consente di sostituire la circolazione documentale dei titoli depositati con una circolazione fondata su semplici scritture contabili poste dalla società e che producono effetti propri del trasferimento secondo la disciplina legislativa dei titoli di credito. Con la de materializzazione (meno documenti di carta) le azioni si tengono con i conti e ci vuole solo una modifica di essi per effettuarne il trasferimento. Vincoli sulle azioni: le azioni possono essere costituite in “usufrutto” o in “pegno” o “sequestro”, in particolare per quelle nominative l‟annotazione del relativo vincolo è registrato sul titolo e nel libro dei soci: quando le azioni subiscono uno di questi tre limiti i diritti di esse cambiano. Nel caso del diritto di voto, il creditore pignoratizio o l‟usufruttuario devono comunque esercitarlo in modo da non ledere gli interessi del socio, pena il risarcimento danni nei suoi confronti. Per il sequestro invece il voto è esercitato dal custode. Per gli altri diritti amministrativi spettano invece disgiuntamente sia al socio sia al creditore pignoratizio o all‟usufruttuario, se non è previsto diversamente; mentre nel sequestro i diritti amministrativi sono esercitati dal custode, salvo diverse disposizioni. Nel caso del diritto di opzione spetta al socio (ma viene esercitato dai creditori) e solo ad esso sono attribuite le nuove azioni sottoscritte. Il socio, inoltre, deve provvedere, tre giorni prima della scadenza, al versamento delle somme necessarie per l‟esercizio del diritto di opzione: in mancanza, gli altri soci possono offrire di acquistarlo sennò il diritto di opzione deve essere alienato attraverso una banca o altro intermediario autorizzato. Le nuove azioni sottoscritte spettano al socio libere da vincoli, il quale ha anche su di esse il diritto di recesso, esercitato in modo coerente nei confronti del creditore pignoratizio, usufruttuario o custode. Per il versamento delle somme dovute sulle azioni non liberate si distinguono i due casi: in caso di pegno, è il socio che deve provvedere al versamento e in mancanza di ciò, il creditore pignoratizio può far vendere le azioni tramite banca; in caso di usufrutto, è l‟usufruttuario che deve provvedere al versamento e alla scadenza dell‟usufrutto avrà comunque diritto al rimborso totale. Limiti alla circolazione delle azioni: le azioni sono liberamente trasferibili ma la trasferibilità è esclusa o limitata in alcuni casi: “limiti legali”: - le azioni con conferimenti diversi dal denaro non possono essere alienate prima del controllo della valutazione; - le azioni con prestazioni accessorie e le azioni delle società fiduciarie e di revisione non sono trasferibili senza il consenso del consiglio di amministrazione; - vi sono ulteriori limiti alla circolazione delle azioni quando il trasferimento riguardi partecipazioni rilevanti o di controllo. Dai limiti legali si distinguono poi i “limiti convenzionali”, i quali possono risultare dallo stesso atto costitutivo (limiti statutari) o da accordi non consacrati nell‟atto costitutivo (patti parasociali). I limiti alla circolazione delle azioni risultanti da quest‟ultimi vengono definiti sindacati di blocco; essi hanno lo scopo di evitare l‟ingresso in società di terzi non graditi e vincolano solo le parti contraenti. Per quanto riguarda i limiti statutari, si è stabilito che lo statuto può sottoporre a condizioni particolari di trasferimento (anche a causa di morte) delle azioni nominative. Inoltre lo statuto può vietare del tutto la circolazione delle azioni per un massimo di 5 anni dalla costituzione della società o dal momento in cui il

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divieto viene introdotto (= divieto temporaneo di alienazione). Le più diffuse clausole statutarie finalizzate a limitare la circolazione delle azioni sono: • Clausole di prelazione: clausola che impone al socio che intende vendere le azioni, di offrirle preventivamente agli altri soci e di preferirli ai terzi a parità di condizioni. Questo tipo di clausola consente di impedire l‟ingresso in società di soci non graditi, senza proibire all‟azionista che ne voglia uscire di realizzare il valore economico della sua partecipazione. • Clausole di godimento: clausole che si suddividono in altre due categorie: a) clausole che chiedono il possesso di determinati requisiti da parte dell‟acquirente (es. cittadinanza italiana…); b) clausole che subordinano il trasferimento delle azioni al consenso (placet) di un organo sociale. Quest‟ultimo tipo di clausole è stato oggetto di contestazioni, mentre il primo no: esse difatti sono soprannominate “clausole di mero gradimento”, per il timore che tali clausole costituissero strumento di abuso a danno dei soci estranei al gruppo di comando rendendoli prigionieri della società. Perciò il legislatore è intervenuto con una riforma: essa consente l‟inserimento dell‟atto costitutivo di clausole che subordinano il trasferimento, anche a causa di morte, delle azioni di mero godimento di organi sociali o altri soci se prevedono, in caso di rifiuto del gradimento, un obbligo di acquisto a carico della società o degli altri soci, oppure il diritto di recesso dell‟alienante. • Clausole riscattabili: azioni riacquistabili da parte della società o dei soci al verificarsi di determinati eventi come il caso di morte dell‟azionista, al fine di evitare che subentrino gli eredi, o di mancata esecuzione delle prestazioni accessorie cui il socio si è obbligato. Il valore di rimborso di tali azioni è determinato con l‟applicazione delle disposizioni del diritto di recesso dell‟azionista e di liquidazione; in caso di riscatto della società si applica la disciplina dell‟acquisto delle azioni proprie. Operazioni della società sulle proprie azioni La sottoscrizione:sottoscrizione e compravendita delle azioni sono operazioni pericolose per l‟integrità del capitale sociale, per il corretto funzionamento dell‟organizzazione societaria, per la massa dei diritti di voto, per il mercato dei titoli. La società non può sottoscrivere proprie azioni, non ci sono eccezioni: ciò vale per la sottoscrizione diretta, compita in nome della società, sia la sottoscrizione indiretta, compiuta da terzi in nome proprio ma per conto della società. L‟auto-sottoscrizione creerebbe un aumento del capitale sociale nominale senza alcun incremento di quello reale, poiché la società diventerebbe creditrice di se stessa per i conferimenti dovuti. Pena di ciò non è la nullità della sottoscrizione ma le azioni si intendono sottoscritte e devono essere liberate dai soggetti che materialmente hanno violato il divieto: In caso di “sottoscrizione diretta”, le azioni si intendono sottoscritte e devono essere liberate dai promotori e dai soci fondatori o dagli amministratori: essi diventano titolari delle azioni sottoscritte in nome della società. In caso di “sottoscrizione indiretta”, il sottoscrittore per conto proprio è il terzo che ha sottoscritto le azioni: egli è titolare delle azioni ed è obbligato ad eseguirne i conferimenti. L‟acquisto di azioni proprie: operazione che presenta gli stessi pericoli della sottoscrizione ma che però può costituire una proficua forma di investimento delle eccedenze patrimoniali disponibili dalla società. L‟atteggiamento del legislatore per tale operazione è tuttavia più elastico: difatti l‟operazione è comunque consentita ma la società deve rispettare le seguenti condizioni: o La società può acquistare azioni proprie solo con riserve di utili e utili disponibili risultanti dall‟ultimo bilancio; o Le azioni da acquistare devono essere interamente liberate: sennò la società diverrebbe creditrice verso se stessa per i conferimenti ancora dovuti e si bloccherebbe l‟effettiva acquisizione degli stessi o L‟acquisto deve essere autorizzato dall‟assemblea ordinaria che deve indicarne le modalità di acquisto indicando: -il numero massimo di azioni da acquistare, -la durata non superiore a 18 mesi,-il corrispettivo minimo e quello massimo. o Dal 2008 sono stati eliminati i limiti quantitativi per le società chiuse, mentre invece per quelle aperte il numero di azioni proprie non può superare 1/5 del capitale. Agli amministratori spetta la valutazione sull‟opportunità di acquisto e sono responsabili dei danni creati alla società. Per le società quotate in borsa, gli acquisti di azioni proprie devono essere effettuati con le modalità determinate dalla Consob.

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Se queste condizioni non vengono mantenute, ne rispondono penalmente gli amministratori. Inoltre le azioni acquistate violando le condizioni devono essere rivendute entro un anno dal loro acquisto, secondo le modalità dell‟assemblea. In mancanza, la società le definirà annullate e ridurrà il capitale sociale. N.B. ci sono dei casi speciali in cui non vale nessuna limitazione sull‟acquisto delle azioni proprie: - quando l‟acquisto avviene in esecuzione di riduzione del capitale; - quando l‟acquisto è a titolo gratuito, basta che le azioni siano interamente liberate; - quando l‟acquisto avviene per il soddisfacimento di un credito della società. L‟acquisto delle azioni proprie si costituiscono all‟impiego di utili e riserve disponibili nel caso del rimborso di un socio recedente e non è stato possibile collocare azioni presso altri soci o sul mercato. I diritti sociali relativi alle azioni proprie sono diminuiti e limitati: il diritto di voto ( e gli altri amministrativi) sono sospesi ma le azioni sono conteggiate nei quorum (deliberativo e costitutivo); il diritto agli utili e il diritto di opzione sono ripartiti proporzionalmente alle altre azioni. Gli amministratori non possono disporre delle azioni senza l‟autorizzazione dell‟assemblea. Altre operazioni: altre operazioni sulle azioni regolate dalla legge sono “l‟assistenza finanziaria per l‟acquisto o la sottoscrizione di azioni proprie e l‟accettazione di azioni proprie in garanzia”: esse consistono nel concedere prestiti o fornire garanzie, direttamente o indirettamente, a favore di soci o terzi per la sottoscrizione o l‟acquisto di azioni proprie. In pratica la società concede prestiti o garanzie a terzi che hanno intenzione di acquistare azioni della società: ciò è possibile col consenso dell‟assemblea straordinaria che deciderà sulla base di una relazione dettagliata fatta dagli amministratori. Le partecipazioni rilevanti: hanno una partecipazione rilevante, e devono comunicarlo alla Consob e alla società partecipata: --tutti coloro (persone fisiche ed spa)che partecipano in una spa quotata con partecipazione > del 2%; --le spa quotate che partecipano in spa non quotate o in srl in misura > al 10%; --società bancarie, di assicurazione, di intermediazione mobiliare e gestione del risparmio anche se non quotate. E‟ molto importante la comunicazione di tali fatti soprattutto per evitare il “fenomeno di partecipazioni incrociate” e per rendere note le reali posizioni di potere dei maggiori azionisti. Per il calcolo delle percentuali si considerano solo le azioni attributive di diritto di voto, pena la sanzione pecuniaria. La sospensione del voto relativo alle azioni per le quali è stata omessa la comunicazione è prevista per le partecipazioni in società quotate. Se la società ammette comunque il socio a votare, la delibera presa è impugnabile se il voto del socio è stato determinante. Per le variazioni di tali partecipazioni, la Consob stabilisce le fattispecie per cui è obbligatoria la successiva comunicazione; per le partecipazioni in società quotate si adotta un sistema a quote fisse. Obblighi di comunicazione ricadono anche su titolari di strumenti finanziari partecipativi che attribuiscono il diritto di nominare un componente del CdA o di un sindaco. Acquisto di partecipazioni rilevanti in società quotate: chiunque intenda acquistare una partecipazione di controllo in una società con azioni quotate deve osservare specifiche regole di comportamento. Il passaggio di proprietà di pacchetti azionari che permettono il controllo di società quotate deve avvenire con la massima trasparenza e con modalità che consentano a tutti gli azionisti di partecipare al premio di maggioranza che l‟operazione può comportare. Per analizzare tali obbiettivi sono introdotti due principi: 1) il lancio di un‟opa (offerta pubblica di acquisto delle azioni) è obbligatorio quando è trasferito il pacchetto di controllo di una società quotata, dato che consente agli azionisti di minoranza di disinvestire beneficiando del premio di controllo; 2) l‟opa deve svolgersi nel rispetto di determinate regole di comportamento volte a tutelare i destinatari dell‟offerta e il regolare funzionamento del mercato. Tipi di opa: Opa successiva totalitaria: consente agli azionisti di minoranza di società con titoli (=strumenti finanziari che attribuiscono il diritto di voto) quotati di uscire dalla società a seguito del mutamento dell‟azionista di controllo. E‟ tenuto a promuovere un‟offerta pubblica dell‟opa chiunque, in seguito ad acquisti a titolo oneroso, venga a detenere una partecipazione > del 30% delle azioni che attribuiscono diritto di voto nelle deliberazioni assembleari riguardanti nomina e revoca di amministratori e sindaci, ovvero titoli che consentono di esercitare un influenza sulla gestione della società.

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L‟offerta deve contenere l‟acquisto della totalità dei titoli quotati ancora in circolazione che attribuiscono diritto di voto; e deve essere promossa entro 20 giorni. Il prezzo minimo è fissato per legge ed è pari al prezzo pagato dall‟offerente nei 12 mesi anteriori l‟opa per acquisire titoli della medesima categoria. Nel caso in cui non avesse effettuato acquisti il prezzo è pari al valor medio ponderato degli ultimi 12 mesi. Il corrispettivo dell‟offerta può essere costituito in tutto o i parte da titoli (= opa di scambio miste). Oggi, una partecipazione che non supera il 30% può essere acquistata liberamente sul mercato o in privato senza esporre l‟obbligo di lanciare l‟opa. Superata la sogli del 30%, le persone che agiscono di concreto sono obbligate solidamente a lanciare l‟opa totalitaria anche se gli acquisti a titolo oneroso sono stati effettuati da uno solo di essi. Opa preventiva facoltativa: chi intende acquisire il controllo di una società quotata può tuttavia sottrarsi all‟obbligo di promuovere l‟onerosa opa successiva totalitaria, lanciando l‟opa preventiva che lo porti a detenere una partecipazione superiore al 30%. L‟opa preventiva può essere totale o parziale. La prima è l‟opa diretta a conseguire tutte le azioni con diritto di voto dove l‟offerente può fissare liberamente il prezzo d‟acquisto. L‟opa preventiva parziale, invece, deve avere per oggetto almeno il 60% delle stesse azioni e l‟esonero dall‟opa successiva totalitaria deve essere autorizzata dalla Consob, ed è subordinato a due condizioni: 1) l‟offerente e le persone che agiscono con lui non devono aver acquistato nell‟anno precedente partecipazioni nella società bersaglio per più dell‟1%; 2) l‟offerta deve essere condizionata all‟approvazione da parte dei soci di minoranza “indipendenti” della società bersaglio. L‟offerente può promuovere l‟offerta successiva totalitaria se nell‟anno successivo alla chiusura dell‟opa preventiva acquisti altre partecipazioni nella società bersaglio per più dell‟1%. L‟obbligo di opa non sussiste se la partecipazione del 30% è detenuta a seguito di una offerta pubblica di acquisto o di scambio totalitaria o parziale. Altri casi in cui il superamento del 30% non comporta l‟obbligo di offerta successiva sono: • Acquisti a titolo gratuito o per successione ereditaria; • Presenza di altri soci che detengono già il controllo della società; • Operazioni dirette al salvataggio di imprese in crisi; • Trasferimenti di partecipazioni tra società dello stesso gruppo; • Cause indipendenti dalla volontà dell‟acquirente; • Operazioni di carattere tenmporaneo; • Fusioni e scissioni. Opa residuale: chiunque venga a detenere più del 90% delle azioni con diritto di voto ha l‟obbligo di acquistare i restanti titoli quotati (lanciando quindi un‟opa sulla totalità delle azioni con diritto di voto ancora in circolazione) al prezzo fissato dalla Consob, se non ripristina entro 90 giorni un flottante (= azioni diffuse tra il pubblico) sufficiente ad assicurare il regolare andamento delle negoziazioni. La soglia percentuale può essere elevata dalla Consob se lo ritiene opportuno. Chiunque ottenga il 95% a seguito di un opa totalitaria è tenuto ad acquistare I restanti titoli da chi gliene fa richiesta. Il corrispettivo è fissato dalla Consob, e viene tenuto conto anche del prezzo del mercato e del corrispettivo di un eventuale opa precedente. Le offerte pubbliche di acquisto e scambio: l‟opa è una proposta irrevocabile rivolta, a parità di condizioni, a tutti i titolari di prodotti finanziari che ne formano oggetto; ogni clausola contraria è nulla. Prima di lanciare un‟opa bisogna darne preventiva comunicazione alla consob e l‟offerta verrà poi eseguito sotto il suo costante controllo. Inoltre la Consob può sospendere o dichiarare decaduta l‟offerta in caso di violazione della relativa disciplina legislativa e regolamentare. L‟offerta può essere aumentata o modificata durante l‟operazione e l‟aumento si estende anche a coloro che hanno già aderito all‟offerta. La durata dell‟opa è compresa tra i 15 e 25 giorni. L‟offerta pubblica si articola in tre fasi: -- 1 fase: è la fase preparatoria che consiste nel comunicare alla consob e alla società bersaglio nonché al mercato il lancio dell‟offrta pubblica, presentandogli il documento di offerta destinato alla pubblicazione. -- 2 fase: la società bersaglio deve diffondere un comunicato con tutte le informazioni utili per l‟apprezzamento dell‟offerta: così si apre la “fase delle adesioni dell‟offerta”. Quest‟ultime sono irrevocabili e possono essere raccolte tramite sottoscrizione di un apposita scheda, dall‟offerente, da un intermediario. La società può mettere in atto tecniche di difesa se è aggredita da un opa ostile, esse sono: aumenti di capitale sociale massicci a pagamento o gratuiti, trasformazione della società, acquisto di azione propria, fusione, scissione, vendita dell‟azienda. L‟attuazione di queste misure è consentita dall‟assemblea.

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Fra le azioni di difesa la società bersaglio può anche avvalersi di un‟opa concorrente da parte di eventuali alleati della società bersaglio: chi ha lanciato l‟offerta originaria può a sua volta reagire all‟opa concorrente rilanciando un prezzo più alto. Sono invece state neutralizzate le misure di difesa preventive. Durante l‟opa sono inefficaci le limitazioni statutarie alla circolazione di titoli e nelle assemblee non operano le limitazioni al diritto di voto previste nello statuto o nei patti parasociali. Dopo l‟opa: essa scade e diventa irrevocabile se è stato raggiunto il quantitativo minimo specificato nel documento di offerta. Nel caso in cui le adesioni siano superiori il documento di offerta si dovà specificare se si procederà ad una riduzione proporzionale o se l‟offerente si riserva la facoltà di acquistare lo stesso tutti i titoli. Le partecipazioni reciproche: sono partecipazioni tra società di capitali: A partecipa al capitale di B e viceversa. Esse danno luogo a pericoli amministrativi e patrimoniali come la falsa consistenza patrimoniale delle due società, il funzionamento delle assemblee alterato ecc.. I pericoli maggiori sono nella “sottoscrizione del capitale altrui” e nell‟”acquisto reciproco di azioni”. Se due società si costituiscono o aumentano il capitale sociale sottoscrivendo l‟una il capitale dell‟altra, si avrà una moltiplicazione illusoria di ricchezza: aumenta il capitale sociale di entrambe senza aumentare anche il loro capitale reale. Perciò è stato vietato alla società controllata di sottoscrivere un aumento di capitale deliberato dalla controllante. Anche l‟acquisto di azioni incrociato provoca gli stessi rischi e, a differenza della sottoscrizione che fa aumentare il capitale nominale ma non quello reale, ciò lascia inalterato il capitale nominale determinando una riduzione dei rispettivi capitali reali. Però l‟acquisto delle azioni reciproco è consentito con determinati limiti quantitativi (somme utilizzabili) e quantitativi (ammontare massimo). Quest‟ultima disciplina distingue nei vari casi: se c‟è tra le due società un rapporto di controllo o meno e inoltre se sono quotate o no. --------SE NON C‟è RAPPORTO DI CONTROLLO ------- E se le società non sono quotate è permesso l‟acquisto reciproco di azioni senza alcun limite E se una delle due è quotata la società quotata può avere il 10% del capitale sociale della non quotata, mentre la non quotata può avere il 2% del capitale sociale della quotata. E se entrambe sono quotate l‟incrocio non può essere maggiore del 2% delle azioni con diritto di voto di ogni società; può essere alzata al 5% con delibera dell‟assemblea. E se la partecipazione eccede da entrambi i lati: la società che supera il limite per seconda non può esercitare il diritto di voto. Deve delineare l‟eccedenza entro 12 mesi dalla data in cui è stato superato il limite, pena l‟estensione dell‟impossibilità di esercitare il diritto di voto per tutta la partecipazione. ---------SE C‟è RAPPORTO DI CONTROLLO ----------- Gli acquisti fatti dalla controllata si reputano fatti dalla controllante e viceversa: c‟è la disciplina delle azioni proprie. o Le somme impiegate nell‟acquisto non possono eccedere l‟ammontare di utili e riserve dell‟ultimo bilancio approvato dalla società controllata; o Possono essere acquistate azioni interamente liberate con autorizzazione dell‟assemblea ordinaria; o Il valore nominale delle azioni acquistate non può superare il 10% del capitale sociale della controllante; o La controllata non può esercitare il diritto di voto nell‟assemblea controllante. I gruppi di società: le spa sono libere di sottoscrivere o acquistare azioni o quote di altre società di capitali. L‟assunzione delle partecipazioni è proprio lo strumento attraverso cui si realizza il fenomeno dei gruppi di società. Il gruppo di società è un‟aggregazione di imprese societarie formalmente autonome e indipendenti l‟una dall‟altra, ma assoggettate tutte ad una direzione unitaria. Tutte sono sotto l‟influenza dominante di un‟unica società (capogruppo/madre) che le controlla direttamente o indirettamente per il perseguimento di uno scopo unitario e comune a tutte le società del gruppo (=interesse del gruppo). Nei gruppi ad un‟unica impresa sotto il profilo economico corrispondono più imprese sotto il profilo giuridico. I gruppi di società possono essere: gruppi a catena, A (capogruppo) controlla B, che a sua volta controlla C; gruppi a raggiera, A (capogruppo) controlla e dirige contemporaneamente tutte le altre n società. Per quanto riguarda gli aspetti del diritto societario, la presenza di aggregazioni societarie sollecita una specifica disciplina diretta a:

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Assicurare un‟adeguata informazione sui collegamenti di gruppo, sui rapporti finanziari e commerciali tra società del gruppo, nonché sulla situazione patrimoniale ed economica del gruppo unitariamente considerato; Evitare che eventuali intrecci di partecipazioni alterino l‟integrità patrimoniale delle società coinvolte; Evitare che le scelte operative delle singole società del gruppo pregiudichino le aspettative di quanti fanno affidamento sulla consistenza patrimoniale e sui risultati economici di una determinata società. La società che si trova sotto l‟influenza dominante di un‟altra società che ne indirizza la sua attività, si dice “controllata”. Il controllo societario può essere di vari tipi: Controllo azionario di diritto: è controllata la società in cui un‟altra società dispone della maggioranza dei voti nell‟assemblea ordinaria; Controllo azionario di fatto: è società controllata la società in cui un‟altra società dispone dei voti sufficienti per esercitare un‟influenza dominante nell‟assemblea ordinaria; Controllo contrattuale: le società controllate sono quelle che sono sotto l‟influenza dominante di un‟altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa. (es. A fornisce a B materie prime prodotte in esclusiva e non agevolmente sostituibili con altre: B opera come agente esclusivo di A) Società controllate VS società collegate: quest‟ultime sono società sulle quali un‟altra società esercita un‟influenza notevole ma non dominante: l‟influenza notevole si presume quando nell‟assemblea ordinaria può essere esercitato almeno 1/5 dei voti o 1/10 se la società partecipata è quotata in borsa. Disciplina dei gruppi: l‟esistenza di un rapporto di controllo societario non è sufficiente per affermare che si è in presenza di un gruppo di società ma lo fa presumere. Si suppone che l‟attività di direzione e coordinamento sia esercitata dalla società o enti tenuti alla redazione del bilancio consolidato. Il “gruppo paritetico” invece è caratterizzato dal fatto che la direzione unitaria non si basa su un rapporto di controllo e subordinazione ma su un accordo contrattuale con cui più società si impegnano a conformarsi a una direzione unitaria che ciascuna concorre a determinare su un piano di parità rispetto alle altre. L‟informazione sui collegamenti: per quanto riguarda ciò è istituita un‟apposita sezione del registro delle imprese nella quale sono iscritti i soggetti che esercitano attività di direzione e coordinamento e le società alla stessa sottoposte. Le controllate devono indicare negli atti e nella corrispondenza la soggezione all‟altrui attività di direzione e di coordinamento. Gli amministratori delle società controllate che omettono di provvedere all‟iscrizione o all‟indicazione sono responsabili dei danni che soci o terzi possono subire per la mancata conoscenze di tali fatti. Divieti per le società controllate: --la controllata, i membri del CdA, i sindaci, i dipendenti non possono rappresentare i soci della controllante; --coloro che sono legati alle controllate non possono essere sindaci della controllante. L‟informazione contabile del gruppo: in sede di redazione del bilancio scattano obblighi specifici di informazione contabile: c‟è l‟obbligo di detenere il “bilancio consolidato di gruppo”, che consente di conoscere la situazione patrimoniale, finanziaria ed economica del gruppo considerato unitariamente. Tutela dei soci e dei creditori delle società controllate: la riforma del 2003 introduce specifici strumenti di tutela a favore degli azionisti di minoranza e dei creditori delle società controllate destinati a fungere da limiti all‟esercizio dell‟attività di direzione e coordinamento da parte della capogruppo. Al riguardo è previsto che: 1. Resta cardine il principio di distinta soggettività e formale indipendenza giuridica delle società del gruppo: la capogruppo non è responsabile per le obbligazioni delle controllate in attuazione della politica di gruppo. La capogruppo non può legittimamente imporre alle società figlie il compimento di atti che contrastino con l‟interesse delle stesse unitariamente considerate. Contro eventuali abusi dell‟influenza della dominante restano azionabili i rimedi previsti in generale dalla disciplina societaria. 2. Le decisioni delle società controllate ispirate ad un interesse di gruppo devono essere adeguatamente motivate, onde consentire una valutazione degli eventuali danni che le stesse arrecano alla società sottoposta all‟altrui attività di direzione. 3. Il rimborso di finanziamenti infragruppo è postergato rispetto al soddisfacimento degli altri creditori (tranne i crediti verso la capogruppo). 4. Se la società controllata supinamente si attiene alle direttive di gruppo lesive del proprio patrimonio, la società capogruppo è tenuta a indennizzare agli azionisti e creditori i danni dagli stessi subiti per il fatto che la propria società non ha rispettato i principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale arrecando così un danno ai soci (minor redditività e al valore della partecipazione sociale), nonché ai creditori sociali per la lesione cagionata all‟integrità del patrimonio.

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5. E‟ riconosciuto il “diritto di recesso”: --ai soci di una società non quotata quando entra a far parte di un gruppo o ne esce, se ne deriva un‟alterazione delle condizioni di rischio dell‟investimento e non venga promossa un‟offerta pubblica d‟acquisto che consenta al socio di alienare la propria partecipazione; --quando la capogruppo delibera una trasformazione che comporta il mutamento del suo scopo sociale o un cambiamento dell‟oggetto sociale, tale da alterare in modo sensibile le condizioni economiche e patrimoniali della società controllata. Il gruppo insolvente: l‟attuale disciplina dell‟amministrazione straordinaria prevede che, dichiarata insolvente e sottoposta ad amministrazione straordinaria un‟impresa facente parte di un gruppo, alla stessa procedura sono sottoposte tutte le imprese facenti parte dello stesso gruppo che si trovano in stato di insolvenza. L‟omogeneità di tali procedure non incide sulla reciproca autonomia patrimoniale, è necessario un distinto accertamento sull‟insolvenza. Inoltre non c‟è confusione dei patrimoni, ciascuna società insolvente risponde solo delle proprie obbligazioni e il capogruppo non è responsabile per le obbligazioni delle società figlie. E‟ stabilito che il commissario giudiziale, il commissario straordinario e il curatore di un‟impresa del gruppo dichiarata insolvente possono proporre la denuncia al tribunale per gravi irregolarità nei confronti di amministratori e sindaci di altre società del gruppo non assoggettate alla procedura. Lettere di patronage: sono fonti di responsabilità della capogruppo; ovvero dichiarazioni che la società capogruppo rilascia a banche per favorire il finanziamento delle società controllate. Il suo contenuto non è omogeneo e si distingue in due tipi: lettere deboli, dove essa indica la partecipazione di controllo e la solvibilità del gruppo; lettere forti, dove essa afferma che userà la sua influenza e si impegnerà a fornire i mezzi necessari alla controllata per onorare i suoi impegni. Le lettere di questa seconda tipologia sono fonti di responsabilità in caso di inadempimento della controllata. L‟ASSEMBLEA Gli organi della spa: la spa è costituita da tre diversi organi ciascuno avente le proprie funzioni: L‟assemblea dei soci (organo deliberativo): organo con funzioni appunto deliberative le cui competenze sono per legge circoscritte alle decisioni di maggior rilievo della vita sociale. L‟organo amministrativo: che si occupa della gestione dell‟impresa sociale. Gli amministratori hanno inoltre la rappresentanza legale della società e ad essi spetta il compito di dare attuazione, sotto la propria responsabilità, alle deliberazioni dell‟assemblea. L‟organo di controllo interno: ha funzioni di controllo sull‟amministrazione della società. Per l‟amministrazione e il controllo, il codice civile del 1942 prevedeva un unico sistema (tradizionale) basato da due organi entrambi di nomina assembleare: l‟organo amministrativo (“amministratore unico” o “consiglio di amministrazione”), e il collegio sindacale, il quale svolge funzioni contabili per le società, ad esclusione, dal 2003, per le spa: dove la revisione legale dei conti è stata affidata ad un organo esterno alla società, il “revisore contabile (società di revisione). Tale sistema trova tuttora applicazione in mancanza di diversa previsione statutaria. Con la riforma del 2003, al sistema tradizionale sono stati affiancati altri due sistemi alternativi, fra i quali la società può scegliere: - Sistema dualistico (di ispirazione tedesca): con esso l‟amministrazione e il controllo sono esercitati da un “consiglio di sorveglianza”, di nomina assembleare, e da un “consiglio di gestione”, nominato dal primo consiglio. Il consiglio di sorveglianza ha altre competenze che nel sistema tradizionale sono proprie dell‟assemblea (es. approva il bilancio). - Sistema monistico (di ispirazione anglosassone): con esso l‟amministrazione e il controllo sono esercitati dal consiglio di amministrazione, nominato dall‟assemblea, e da un “comitato per il controllo sulla gestione”. Per le società che adottano il sistema dualistico o monistico è poi previsto il controllo contabile esterno. L‟assemblea è l‟organo composto dalle persone dei soci la cui funzione è quella di formare la volontà della società nelle materie riservate alla sua competenza dalla legge o dallo statuto. Essa decide secondo il principio maggioritario: la volontà espressa dai soci in assemblea, che rappresentino la maggioranza del capitale, vincola tutti i soci (sia che siano assenti, dissenzienti o presenti). L‟assemblea si distingue in: -- Assemblea ordinaria: le cui competenza variano a seconda del sistema usato:

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o Nel sistema tradizionale o monistico l‟assemblea ordinaria: -approva il bilancio, -nomina e revoca gli amministratori,sindaci e il presidente del collegio sindacale e il soggetto che effettua la revisione legale dei conti, -determina i compensi di amministratori e sindaci, -delibera sugli altri oggetti attribuiti dalla legge alla competenza dell‟assemblea, -approva il regolamento dei lavori assembleari. o Nel sistema dualistico, l‟assemblea ordinaria ha competenze più ristrette (citate più avanti) -- Assemblea straordinaria: ha tutte le competenze che non ha quella ordinaria: -delibera sulle modificazioni dello statuto, -delibera sulla nomina, sostituzione e sui poteri dei liquidatori, -delibera su ogni altra materia attribuita dalla legge alla sua competenza. Per quanto riguarda i quorum costitutivi e deliberativi, valgono regole diverse per i due tipi di assemblee: per evitare che l‟assenteismo degli azionisti impedisca di deliberare, è prevista una “seconda convocazione” con quorum inferiori, per entrambe le assemblee. Ma per l‟assemblea straordinaria non è prevista una terza convocazione (a meno che la seconda non vada propria deserta). L‟assemblea è unica e generale se la società emette azioni ordinarie; se invece sono emesse altre categorie di azioni, allora l‟assemblea generale è affiancata da assemblee speciali di categoria. Singole fasi del procedimento assembleare: convocazione, riunione, votazione, documentazione Convocazione: la convocazione dell‟assemblea è decisa dall‟organo amministrativo (o dal consiglio di gestione) ogni qualvolta la ritengano opportuna. Ma essa è obbligatoria in una serie di casi: Gli amministratori devono convocare l‟assemblea almeno una volta all‟anno entro il termine stabilito (che comunque non può superare i 120 giorni dalla chiusura dell‟esercizio per consentire l‟approvazione dell‟esercizio); nelle società non quotate questo termine può arrivare anche fino a 180 giorni quando lo richiedono particolari esigenze. Gli amministratori devono convocare senza ritardo l‟assemblea quando essa è richiesta da soci che rappresentino almeno 1/10 del capitale sociale: se essi non provvedono, lo farà il tribunale, il quale designa anche la persona che deve presiederla. Per causa di scioglimento; Quando viene a man care la maggioranza degli amministratori, o l‟amministratore unico; Quando c‟è la riduzione del capitale per più di 1/3. Per fatti gravi a cui si ha necessità di provvedere. L‟assemblea è convocata nel comune dove ha sede la società, se lo statuto non dispone diversamente. Nelle società chiuse (non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio) la convocazione è disposta mediante pubblicazione sulla “Gazzetta ufficiale della repubblica” o su un quotidiano indicato dallo statuto. Nelle società aperte (fanno ricorso al mercato del capitale di rischio) l‟avviso di convocazione è pubblicato 30 giorni prima della data dell‟assemblea sul sito internet della società. L‟avviso di convocazione deve contenere: il giorno, l‟ora, il luogo dell‟adunanza (riunione, assemblea) e l‟elenco delle materie da trattare (ordine del giorno); inoltre si può aggiungere anche il giorno della seconda convocazione (che non coincida con la prima). L‟ordine del giorno delimita la competenza di quell‟assemblea nelle diverse convocazioni ed impedisce che si possa deliberare su altri argomenti. L‟assemblea è regolarmente costituite quando è rappresentato l‟intero capitale sociale e partecipa all‟assemblea la maggioranza dei componenti degli organi amministrativi e di controllo. L‟assemblea totalitaria è un tipo di assemblea che può deliberare su qualsiasi argomento, anche se la sua competenza è instabile e precaria. Ad essa vi partecipano tutti quelli che hanno il capitale sociale e la maggioranza degli organi amministratori: ognuno può opporsi alla discussione degli argomenti sui quali non si ritenga sufficientemente informato. Validità delle deliberazioni: l‟assemblea è valida col “quorum costitutivo” (parte di capitale sociale che deve essere rappresentata in assemblea affinchè quest‟ultima sia valida) o col “quorum deliberativo” (parte del capitale sociale che si deve esprimere a favore della delibera affinchè essa sia approvata). Per quanto riguarda il quorum costitutivo, qui non si tiene conto delle azioni istituzionalmente senza diritto di voto ma delle azioni per le quali il voto sia occasionalmente sospeso sì. Dove ci siano azioni a voto

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sospeso, non varia il numero di azioni occorrenti per raggiungere il quorum costitutivo, ma si riducono le maggioranze necessarie per l‟approvazione delle delibere. Per quanto riguarda il quorum deliberativo, invece, non sono considerate le azioni occasionali o di chi abbia dichiarato di astenersi dal voto. Ma in questo quorum si considerano gli astenuti che contribuiscono ad innalzarlo, anche se la loro posizione ostacola l‟approvazione della delibera. La disciplina del quorum costitutivo e deliberativo è diversa per l‟assemblea ordinaria e straordinaria: Assemblea ordinaria: essa è costituita in una prima convocazione quando è rappresentata almeno la metà del capitale sociale con diritto di voto nell‟assemblea medesima. Essa delibera con la maggioranza assoluta delle azioni che hanno preso parte alla votazione per quella determinata delibera. Per questo tipo di assemblea non c‟è nessun quorum costitutivo nella seconda convocazione e le delibere sono approvate con la maggioranza assoluta delle azioni che hanno preso parte alla votazione. Per il quorum deliberativo si delibera con la maggioranza del capitale. Assemblea straordinaria: dipende dalla società che faccia o meno ricorso al mercato del capitale di rischio. Nelle società quotate l‟assemblea straordinaria (1 convocazione) è rimasta immutata: difatti non è previsto un quorum costitutivo. Nella prima convocazione l‟assemblea straordinaria delibera con la maggioranza del capitale sociale (col quorum deliberativo). Nella seconda convocazione l‟assemblea straordinaria è costituita dalla partecipazione di un terzo del capitale sociale e delibera (col quorum deliberativo) con voto favorevole di almeno i due terzi del capitale rappresentato in assemblea. Nelle società non quotate l‟assemblea straordinaria è formata dal quorum costitutivo minimo equivalente almeno alla metà del capitale sociale (in prima convocazione) e più di un terzo (in seconda convocazione). I quorum deliberativi invece sono stabiliti (sia in prima che seconda convocazione) con voto favorevole di almeno i due terzi del capitale rappresentato in assemblea. In queste società aperte è previsto che le assemblee si tengano in un'unica convocazione, e non ne sono previste altre a meno che non sia previsto nello statuto. Riunione: l‟assemblea è presieduta dal soggetto indicato nello statuto o, in mancanza, eletto con la maggioranza dei presenti: nominato “presidente dell‟assemblea”; egli è appoggiato da un segretario (che ha il compito di redigere il verbale dell‟assemblea) designato allo stesso modo. Le funzioni del presidente sono quelle di dirigere lo svolgimento dell‟assemblea assicurandone l‟ordine e la regolarità; egli ha infatti poteri ordinatori e decisori: -dichiara aperta la riunione, -fa da moderatore agli interventi, -verifica la regolarità della costituzione dell‟assemblea, -accerta l‟identità dei presenti e chi ne ha diritto, -controlla i risultati delle votazioni. Una volta svolti tutti i controlli, si può dar via all‟assemblea e al deliberare i vari argomenti del giorno. Inoltre il presidente può anche impedire la partecipazione alla riunione di soggetti non legittimati ed escludere la votazione a chi non ne ha diritto, dove l‟assemblea non potrà opporvisi. Ogni votante ha il diritto di partecipare alla discussione di un argomento per cercare di orientare la decisione degli altri soci, ma se degenera in comportamenti ostruzionistici, il presidente può adottare provvedimenti. I soci possono chiedere, con la maggioranza di un terzo del capitale,il rinvio dell‟assemblea di non oltre 5 giorni, dichiarando di non essere sufficientemente informati sugli argomenti posti in discussione. All‟assemblea partecipano: i soci, che hanno diritto di voto in relazione a quella delibera, e i “non soci” con o senza diritto di voto. I “non soci con diritto di voto” sono quei soggetti che, muniti di delega, rappresentano il socio (usufruttuari, creditori pignoratizi..i quali non diventano soci ma possono votare in assemblea). I “non soci senza diritto di voto” sono gli amministratori (i quali propongono gli argomenti e convocano le assemblee), i sindaci (i quali decadono dal loro incarico se non giustificano l‟assenza in assemblea per 2 volte consecutive), e i rappresentanti comuni. La partecipazione all‟assemblea può essere “diretta” (cioè fisicamente la persona va alla riunione o usa mezzi di telecomunicazione) o “indiretta” (egli è rappresentato con una delega da un altro soggetto). I vari tipi di deleghe utilizzati sono: Delega occasionale: usata per specifiche assemblee o in situazioni estreme (a causa della distanza del luogo in cui si svolge l‟assemblea, malattia, incidente) Questo tipo di delega deve contenere il nome del delegato e deve essere revocabile e in forma scritta. Nelle società aperte deve essere data all‟assemblea. Ci sono comunque dei limiti legati alla delega occasionale: limiti qualitativi, ci sono soggetti a cui non si può affidare la delega (amministratori,sindaci, dipendenti della società stessa e di quella collegiale; per le società aperte anche il revisore dei conti); e limiti quantitativi: un soggetto può rappresentare al massimo 20 soci per le spa chiuse; 50 soci per le spa aperte con capitale < o uguale a 5 milioni di euro; 100 soci per

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le spa aperte con 5 milioni di euro < capitale < 200 milioni di euro; 200 soci per le spa aperte con capitale > 200 milioni di euro. Delega gestoria: necessaria per gli investimenti in banca, dove viene usata una delega dell‟assemblea. Non vi sono limitazioni quantitative ma sia la TUIF (testo uniforme degli intermediari finanziari) che per la CONSOB vi sono delle norme da seguire. Delega sollecitata: è solo per le società quotate, dove un soggetto che ha azioni pari all‟1% almeno del capitale può sollecitare il rilascio di deleghe in suo favore. Delega associativa: simile alla precedente. I due istituti che agevolano la raccolta delle deleghe sono la “sollecitazione”, richiesta di conferimento di deleghe di voto rivolta dai promotori a più di duecento azionisti su specifiche proposte di voto; e la “raccolta di deleghe”, richiesta di conferimento di deleghe di voto effettuata dalle associazioni di azionisti nei confronti dei propri associati. Gli azionisti possono quindi partecipare all‟assemblea sia personalmente sia per mezzo di un rappresentante. Nelle società non quotate la rappresentanza non può essere conferita ad una serie di soggetti: membri degli organi amministrativi e di controllo, membri dipendenti della società. Inoltre la rappresentanza può anche essere conferita alle banche. Le delibere assembleari devono costituire un verbale, sottoscritto dal presidente o dal segretario o dal notaio, che viene poi sottoscritto nel libro delle adunanze e delle deliberazioni dell‟assemblea. Questo verbale deve contenere: la data dell‟assemblea, l‟identità dei partecipanti, il capitale rappresentato da ciascuno, le modalità e il risultato delle votazioni e l‟identificazione dei soci astenuti, favorevoli o dissenzienti. Votazione: per avere il diritto di voto e partecipare all‟assemblea è necessaria l‟esibizione del titolo o il deposito del titolo presso una banca o la sede della società (nel giorno stesso dell‟assemblea), oppure, in mancanza materiale, di una certificazione azionaria emessa dall‟intermediario; la quale sarà da richiedere in caso di partecipazione all‟assemblea (prima che essa inizi). Questo sistema non è usato nelle società aperte, nelle quali, invece, non si richiede il deposito ma si da una comunicazione all‟intermediario entro 2 giorni massimo dall‟inizio dell‟assemblea. Il “diritto di voto” è l‟espressione della volontà del socio che contribuisce alla volontà della società. Per quanto riguarda il sistema di votazione, esso può avvenire liberamente ed è stabilito dallo statuto o dal presidente dell‟assemblea: per alzata di mano, per schede, per acclamazione, per mezzi di telecomunicazione o per corrispondenza. Non è ammissibile il voto segreto. Nelle società quotate vige il principio di trasparenza delle situazioni di conflitto di interessi del rappresentante per consentire il conferimento consapevole della delega da parte del socio. Versa in conflitto di interessi chi nell‟assemblea ha, per proprio conto o altrui, un interesse personale contrastante con l‟interesse della società. In presenza di tale situazione, non vi è più il divieto di votare al socio: il socio è libero di votare e astenersi, e così la delibera non è annullabile. Questo a due condizioni, le quali se non avvengono la delibera è allora impugnabile: -che il voto sia stato determinante per la decisione (prova di resistenza); -che la delibera possa danneggiare la società (danno potenziale). Sindacati di voto: sono accordi (patti parasociali) con cui i soci stabiliscono il modo in cui votare in assemblea. Essi possono essere occasionali o permanenti, a tempo determinato o indeterminato, possono riguardare tutte le delibere assembleari o solo quelle di un determinato tipo. Il modo di come votare è deciso all‟unanimità o a maggioranza dei soci sindacati e si può stabilire chi può votare (se solo i soci sindacati o anche i rappresentanti). Vantaggi dei sindacati: danno un indirizzo unitario all‟azione dei soci sindacati, se costituiscono il gruppo di comando, così il patto di sindacato darà stabilità di indirizzo alla condotta della società. Essi inoltre consentono una migliore difesa dei comuni interessi quando sono stipulati fra soci di minoranza. Pericoli dei sindacati: con i sindacati di voto formalmente non cambia nulla nel funzionamento dell‟assemblea; sostanzialmente invece il procedimento assembleare può essere alterato a seconda di come il sindacato è strutturato. Durata dei patti: se essi sono stipulati a tempo determinato, non durano più di 5 anni, ma sono rinnovabili a scadenza per altri 5 anni massimo (3 per le società quotate); se essi sono stipulati a tempo indeterminato, ogni contraente può recedere con preavviso di 180 giorni.

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Pubblicità dei patti: nelle società non quotate, i patti parasociali devono essere comunicati alla società, dichiarati al‟apertura di ogni assemblea, e la dichiarazione scritta va trascritta nel verbale dell‟assemblea depositato nell‟ufficio del registro delle imprese. L‟omessa dichiarazione è sanzionata con la sospensione del diritto di voto. Nelle società quotate i patti devono essere comunicati entro 5 giorni dalla stipulazione alla Consob e alla società quotata, pubblicati sulla stampa quotidiana e depositati presso il registro delle imprese. La violazione di tali obblighi porta alla nullità dei patti. Documentazione: l‟invalidità delle delibere assembleari può essere determinata dalla violazione delle norme (procedurali o formali) che regolano il procedimento assembleare o da vizi del consenso che riguardano il contenuto della delibera. Perciò anche per le deliberazioni assembleari vi è la distinzione tra nullità e annullabilità. - Deliberazioni nulle: i casi in cui le deliberazioni risultano nulle sono principalmente 3: o Se l‟oggetto della delibera è impossibile o illecito, cioè se è contrario a norme imperative, all‟ordine pubblico, o al buon costume. Ma anche quando l‟oggetto è lecito ma non il suo contenuto. o Per mancata convocazione dell‟assemblea: ciò non vale nel caso di irregolarità dell‟avviso della delibera, dove basta pubblicare data e luogo dell‟assemblea. Inoltre la nullità non è valida per chi ha dichiarato il consenso allo svolgimento dell‟assemblea. o Per mancanza del verbale: se però il verbale contiene data e oggetto, ed è sottoscritto dal presidente dell‟assemblea o del CdA o del consiglio di sorveglianza, non è nullo; la mancanza del verbale è sanabile con la verbalizzazione entro l‟assemblea successiva. La nullità delle delibere può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse entro 3 anni dalla sua iscrizione nel registro delle imprese (se va scritta); se non deve essere obbligatoriamente iscritta il termine decade da quando è scritta nel libro dei verbali. Inoltre la delibera che modifica l‟oggetto sociale rendendolo illecito può essere impugnata senza limiti di tempo (cioè sempre); mentre le delibere di aumento e diminuzione del capitale sono impugnabili entro 180 giorni Se poi la nullità discende dalla mancanza di convocazione la delibera può essere impugnata. - Deliberazioni annullabili: le delibere che non sono prese in conformità della legge o dello statuto sono annullabili; cioè sono annullabili se violano una norma dell‟atto o della legge. Le cause di annullabilità sono • La partecipazione all‟assemblea di persone non legittimate solo se tale partecipazione sia stata determinante per la costituzione dell‟assemblea; • Invalidità dei singoli voti o il loro errato conteggio, solo se determinanti per il raggiungimento della maggioranza; • Incompletezza o inesattezza del verbale, se impediscono l‟accertamento del contenuto. La delibera è impugnabile solo da: soci assenti, dissenzienti o astenuti, amministratori, consiglio di sorveglianza e sindacale, il rappresentante degli azionisti di risparmio, Consob (per le quotate), Banca d‟Italia (per le società bancarie). Coloro che invece approvano la delibera non possono impugnarla. Per poter impugnare la delibera i soci hanno altri 2 limiti: uno “qualitativo”, mantenere la qualifica di soci per tutta la durata dell‟impugnazione; l‟altro “quantitativo”, per evitare che il diritto di impugnazione sia abusato dai soci, essi devono possedere almeno il 5% del capitale percentuale (nelle società aperte è l‟1 per mille), L‟annullamento non è valido se la delibera è stata sostituita con un‟altra o se è stata revocata. L‟AMMINISTRAZIONE (sistemi di amministrazione e controllo) Come già detto in precedenza, ci sono tre tipi di sistemi di amministrazione e controllo: Sistema tradizionale: basato su due organi di nomina assembleare: organo amministrativo (amministratore unico o CdA) e collegio sindacale (o sindaco unico), aventi funzioni circoscritte al controllo sull‟amministrazione. Il controllo contabile è affidato per legge ad un organo di controllo esterno alla società: il revisore contabile o la società di revisione. Sistema dualistico: (ispirazione tedesca), è costituito da un consiglio di sorveglianza (di nomina assembleare), e un consiglio di gestione (nominato dal consiglio di sorveglianza). Il consiglio di sorveglianza ha le stesse competenze dell‟assemblea del sistema tradizionale. Sistema monistico: (ispirazione anglosassone), costituito dal consiglio di amministrazione (nomina assembleare) e da un comitato per il controllo sulla gestione. Per le società che attuano il sistema dualistico o monistico il controllo contabile è esterno anche qui. Inoltre questi due ultimi sistemi devono essere adottati, diversamente da quello tradizionale, in sede di costituzione della società o con successiva modifica statutaria.

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Struttura dell‟organo amministrativo: l‟organo amministrativo è l‟organo a cui compete la gestione della società e svolge quindi tutte le operazioni per il raggiungimento dell‟oggetto sociale. L‟amministrazione compete in via esclusiva all‟organo amministrativo e ciò si riflette anche nell‟esclusività della rappresentazione. La spa quotata deve invece avere un‟amministrazione pluripersonale La spa non quotata può avere amministratore unico o una pluralità di amministratori, che in tal caso vanno a costituire il Cda (consiglio di amministrazione, il cui numero dei componenti è definito dallo statuto liberamente). Quest‟ultimo è articolato al suo interno dal comitato esecutivo e dagli amministratori delegati. Gli amministratori sono soggetti cui è affidata la gestione dell‟impresa sociale e spetta a loro compiere tutte le operazioni per l‟attuazione dell‟oggetto sociale; le loro funzioni sono: - Gli amministratori deliberano su tutti gli argomenti riguardano alla gestione della società e che non appartengano all‟assemblea o alla legge. - Tutti o alcuni di essi hanno la “rappresentanza generale” della società, cioè hanno il potere di manifestare all‟esterno la volontà sociale. - Gli amministratori organizzano l‟assemblea: la convocano e fissano l‟ordine del giorno e danno attuazione alle delibere della stessa. - Gli amministratori devo detenere i libri delle scritture contabili della società e redigere annualmente il bilancio da sottoporre all‟approvazione dell‟assemblea. - Gli amministratori devono prevenire atti pregiudizievoli per la società. - Gli amministratori devono usare modelli organizzativi e di gestione idonei a prevenire l‟avvenimento di reati dai quali può conseguire la responsabilità amministrativa della società. Assemblea VS Amministratori: la gestione dell‟impresa spetta esclusivamente agli amministratori, i quali compiono le operazioni necessarie per l‟attualizzazione dell‟oggetto sociale. Se gli amministratori chiedono un parere all‟assemblea ciò non significa che l‟assemblea ne assumi la competenza,ma è autorizzare ad esprimersi su proposta degli amministratori: questa autorizzazione dell‟assemblea non esonera gli amministratori da responsabilità penale e civile verso creditori e società stessa. Per questo la competenza gestoria dell‟assemblea è delimitata e specifica: difatti svolge atti previsti dalla legge (nomina e revoca degli amministratori e dei sindaci, approvazione del bilancio, distribuzione dei dividendi, modifica dell‟oggetto sociale..). Invece la competenza gestoria degli amministratori è generale e sussiste su tutti gli atti d‟impresa (ad esclusione di quelli dell‟assemblea ovviamente).: essi hanno poteri propri e sono responsabili civilmente verso società, creditori sociali e dei danni arrecati al patrimonio sociale per violazione di norme. Il rapporto tra assemblea e amministratori non è paragonabile ad un mandato, poiché, se lo fosse allora l‟assemblea (mandante) avrebbe la possibilità di dare le direttiva agli amministratori (mandatari). Aspetti dell‟organo amministrativo: Nomina i primi amministratori sono nominati nell‟atto costitutivo e successivamente dall‟assemblea ordinaria. Si può riservare la nomina di uno o più amministratori a soggetti particolari come lo Stato, enti pubblici e particolari categorie di azionisti. Il numero degli amministratori è fissato nello statuto, il quale può anche indicare il numero minimo e massimo; in tal caso sarà l‟assemblea a nominare il numero degli amministratori. I soggetti che possono essere nominati “amministratori” sono i soci o non soci; ma non possono l‟interdetto, l‟inabilitato, il fallito o chi è stato condannato ad una pena che comporta l‟interdizione dai pubblici uffici o l‟incapacità ad esercitare uffici direttivi. Inoltre vi è anche il criterio di incompatibilità (che è diverso da ineleggibilità) della carica amministrativa: ciò vale per i dipendenti dello stato, i quali, devono scegliere se svolgere una determinata carica o diventare amministratori. Gli amministratori delle società quotate devono possedere determinati requisiti di onorabilità, indipendenza e professionalità; specifici requisiti sono anche richiesti da leggi speciali per gli amministratori di società che svolgono attività particolari (bancarie, assicurative..). La carica di amministratore dura 3 anni, ovvero fino all‟assemblea che approva il bilancio del terzo anno; essi sono rieleggibili se lo statuto non dispone diversamente. Cessazione le cause per cui può terminare la carica di amministratore sono le seguenti: Revoca da parte dell‟assemblea; gli amministratori nominati dallo Stato o da un ente pubblico possono essere revocati solo dall‟ente che li ha nominati.

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Decadenza dall‟ufficio (scadenza), per cause di ineleggibilità (non rieleggibilità), e per gli amministratori indipendenti delle società quotate anche in caso di perdita dei requisiti di indipendenza. Gli amministratori “scaduti” rimangono in carica fino all‟accettazione dei nuovi amministratori (prorogatio) Rinuncia (dimissioni) della carica da parte degli amministratori stessi. Colui che rinuncia all‟ufficio deve dare una comunicazione scritta al CdA e avrà effetto immediato se rimane in carica la maggioranza degli amministratori, sennò le dimissioni valgono dal momento in cui si è ricostituita la maggioranza. Per i casi di cessazione differiti o differibili (morte, decadenza, dimissioni della minoranza degli amministratori), verranno sostituiti i mancanti con nuovi amministratori in base a 3 casi: a) Se rimane in carica la maggioranza degli amministratori nominati dall‟assemblea, i rimanenti sostituiscono provvisoriamente i mancanti con una delibera approvata dal collegio sindacale. b) Se non c‟è la maggioranza degli amministratori (nominati dall‟assemblea) in carica, i superstiti devono convocare un‟assemblea che provvederà a nominare i nuovi amministratori; i mancanti rimangono in carica fino alla scadenza originaria dell‟organo. c) Se cessano tutti la carica di amministratore, il collegio sindacale deve convocare urgentemente un‟assemblea per la ricostituzione dell‟intero organo amministrativo. Nel mentre, per evitare la paralisi, il collegio può compiere atti di ordinaria amministrazione. La nomina e la cessazione della carica degli amministratori deve essere iscritta nel registro delle imprese. Compenso: gli amministratori hanno diritto a un compenso per la loro attività: esso è diverso dalla “remunerazione”, difatti oltre a comprendere una remunerazione fissa, il compenso è costituito da una quota variabile in rapporto al raggiungimento di determinati obbiettivi, oltre ad includere poi benefici in natura (come l‟uso personale di beni aziendali, assicurazione per responsabilità civile..). Inoltre può consistere nella partecipazione agli utili della società o nell‟attribuzione di un diritto di opzione. Il compenso è deciso nell‟atto di nomina dall‟assemblea mentre la remunerazione dal consiglio di amministrazione, dopo aver sentito il collegio sindacale. Se l‟atto di nomina non indica questo compenso, allora lo stabilisce il giudice. Con la riforma del 2003 si sono eliminati eventuali compensi sproporzionati: - è possibile che vi sia un compenso totale per l‟intero organo la cui ripartizione sia affidata al CdA; -nelle società quotate i compensi sono basati su azioni o altri strumenti finanziari e la cui attribuzione richiede il consenso dell‟assemblea ordinaria; -nelle società quotate il CdA convoca gli azionisti annualmente una “relazione sulla remunerazione”. La relazione si suddivide in: una prima parte, che illustra la politica della società per la remunerazione di titolari di cariche sociali e alti dirigenti, e che deve incentivare il perseguimento degli interessi a lungo termine della società; la seconda parte, comprende la remunerazione spettante a ogni individuo dell‟organo amministrativo e di controllo, ai direttori generali e dirigenti. L‟assemblea è chiamata a deliberare solo sulla prima sezione di relazione. Il consiglio di amministrazione (CdA): le “spa non quotate” possono avere sia un amministratore unico s ia una pluralità di amministratori; mentre le spa quotate devono avere obbligatoriamente più amministratori. L‟amministratore unico esercita individualmente tutte le funzioni proprie dell‟organo amministrativo. Più amministratori formano il consiglio di amministrazione, retto da un presidente scelto dallo stesso consiglio tra i membri. Nel CdA è esercitata collegialmente l‟attività deliberativa, relativa al compimento di atti di gestione e alle altre attribuzioni proprie degli amministratori (convocazione, redazione di bilancio..). La rappresentanza ha funzione individuale degli amministratori designati nell‟atto costitutivo o dall‟assemblea all‟atto di nomina: se ci sono più amministratori con rappresentanza, il relativo potere è disgiunto o congiunto ma non collegiale. L‟attività di vigilanza spetta al consiglio collegialmente e all‟amministratore individualmente. Ogni amministratore può: esaminare e controllare i documenti sociali, compiere atti di ispezione e, se vi sono amministratori con funzioni delegate, chiedere ad essi le informazioni della gestione della società; ma non può adottare provvedimenti su ciò. Il CdA è convocato dal presidente dello stesso, che ne fissa l‟ordine del giorno e organizza di modo che tutti gli amministratori ne siano informati. Per le deliberazioni, affinché siano valide, serve la presenza della maggioranza degli amministratori in carica. Inoltre esse sono approvate se riportano il voto favorevole della maggioranza assoluta dei presenti (voto per teste) e se lo statuto non prevede diversamente. Non sono previste delibere consiliari nulle ma bensì annullabili. Possono essere impugnate tutte le delibere del CdA che non vadano contro la legge o lo statuto e l‟impugnativa può essere proposta da amministratori assenti o dissenzienti dal collegio sindacale entro 90 giorni dalla deliberazione. Operazioni e interessi degli amministratori: l‟amministratore che in una determinata operazione ha un interesse non in conflitto con quello della società: - deve avvisare gli altri amministratori e il collegio sindacale precisandone natura, termini, portata;

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- se l‟amministratore è delegato, deve astenersi dal compiere l‟operazione concedendola all‟organo competente; - il CdA deve motivare ragioni e convenienza dell‟operazione per la società. La delibera del CdA o del comitato esecutivo, se reca danno alla società, è impugnabile quando l‟amministratore interessato ha votato e il suo voto è stato determinante, e quando sono stati violati obblighi di trasparenza e astensione. L‟impugnazione può essere proposta entro 90 giorni dalla delibera dal collegio sindacale, dagli amministratori assenti e dissenzienti e dagli amministratori che hanno votato a favore se l‟amministratore interessato non abbia adempiuto gli obblighi di informazione sopra indicati. Questi stessi obblighi e responsabilità ce l‟ha anche l‟amministratore unico: deve dar notizia degli interessi che ha in una determinata operazione al collegio sindacale e alla prima assemblea utile., inoltre deve adempiere l‟obbligo di motivazione delle proprie scelte riguardanti operazioni a cui è interessato. I contratti conclusi dall‟amministratore unico in conflitto di interessi sono annullabili dalla società. Se si violano tali obblighi l‟amministratore risponde delle perdite e dei danni derivati alla società dall‟uso a vantaggio proprio (o di terzi) di notizie e affari appresi nell‟esercizio del suo incarico. “Operazioni con parti correlate”: operazioni aventi come controparte soggetti vicini alla società e perciò maggiormente a rischio di essere decise in conflitto d‟interessi; questi soggetti sono stabiliti dalla Consob. In queste operazioni l‟organo di amministrazione deve adottare procedure che assicurino trasparenza e correttezza delle decisioni, pubblicati sul sito internet della società. Per compiere un‟operazione tra società e parte correlata, bisogna avere il parere motivato di un comitato composto da amministratori non esecutivi (privi di deleghe gestorie), non correlati (diversi dalla controparte) e in maggioranza indipendenti: questo perché la società deve informare il pubblico sulle operazioni approvate. Amministratori delegati (comitato esecutivo): se è previsto, il CdA può delegare le proprie attribuzioni ad un comitato esecutivo cioè a uno o più amministratori delegati. Il comitato esecutivo è un “organo collegiale”: prendono decisioni nelle riunioni a cui vi assistono i sindaci; le deliberazioni devono risultare dal libro delle adunanze e delle deliberazioni del comitato esecutivo. Gli amministratori delegati sono “organi uni personali” che operano disgiuntamente o congiuntamente a seconda di cosa prevede lo statuto o l‟atto di nomina; ad essi è affidata la rappresentanza della società. La creazione degli organi delegati è prevista dall‟assemblea ordinaria o dallo statuto. I membri del comitato esecutivo e degli amministratori delegati è fatta dal CdA. Non possono essere delegati: -la redazione di bilancio dell‟esercizio, -la facoltà di aumentare il capitale sociale e di emettere obbligazioni convertibili per delega, -gli adempimenti degli amministratori in caso di riduzione del capitale sociale per perdite, -la redazione del progetto di fusione o scissione. Gli organi delegati: -curano che l‟assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società sia adeguato alla natura e alle dimensioni dell‟impresa, -riferiscono periodicamente al CdA e al collegio sindacale sul generale andamento della gestione e sulla sua prevedibile evoluzione. Tutti gli amministratori devono agire informati e possono chiedere agli organi delegati informazioni sulla gestione della società. Inoltre il CdA ha il potere-dovere di: valutare l‟adeguatezza dell‟assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società, esaminare piani strategici,industriali e finanziari della società, valutare l‟andamento della gestione. La rappresentanza della società: tra le varie funzioni, alcuni amministratori possono essere anche rappresentanti della società, ovvero quelli indicati dallo statuto o dalla deliberazione di nomina. Inoltre la pubblicità legale della nomina deve stabilire se essi agiscono disgiuntamente o congiuntamente: di regola la rappresentanza della società appartiene al presidente del CdA e/o a uno o più amministratori delegati. I rappresentanti della società hanno rappresentanza generale e processuale (attiva o passiva) della società. Il “potere di rappresentanza” è diverso dal “potere di gestione”: il primo è l‟attività esterna ed è il potere di agire nei confronti dei terzi in nome della società, esso spetta a uno o più amministratori ed è esercitato disgiuntamente o congiuntamente; il secondo riguarda l‟attività interna, la fase decisoria delle operazioni sociali, e appartiene al CdA o al comitato esecutivo, esercitato collegialmente con delibere prese a maggioranza. Gli amministratori non possono essere privati del potere di rappresentanza e inoltre la società può avvalersi anche di altri soggetti in qualità di rappresentanti, nominati dall‟assemblea o dagli stessi amministratori: come direttori generali, procuratori esterni o soggetti inseriti nell‟organizzazione dell‟impresa sociale.

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La rappresentanza organica degli amministratori di spa è costituita da due principi che tutela l‟affidamento dei terzi: • E‟ in opponibile ai terzi di buona fede la mancanza di potere rappresentativo dovuta ad invalidità dell‟atto di nomina: le cause di nullità e annullabilità della nomina degli amministratori con rappresentanza non sono opponibili ai terzi. • La società inoltre resta vincolata verso i terzi anche se gli amministratori hanno violato eventuali limiti posti dalla società ai loro poteri. Per esempio è previsto che i poteri di rappresentanza degli amministratori sono limitati agli atti di ordinaria amministrazione; la società può contestare la validità dell‟atto solo se prova l‟esistenza di un accordo fraudolento fra amministratore e terzo diretto a danneggiarla. Non è sufficiente che si provi l‟effettiva conoscenza in mala fede da parte del terzo dell‟esistenza di limitazioni statutarie del potere di rappresentanza. Sono opponibili a terzi i “limiti legali” del potere di rappresentanza degli amministratori. <<Gli amministratori sono responsabili civilmente del loro operato verso la società, i creditori sociali e i singoli soci o terzi.>> Responsabilità degli amministratori verso la società: quando non adempiono ai doveri imposti dalla legge o dallo statuto (con la normale diligenza professionale) gli amministratori devono risarcire i danni alla società. Essi hanno un‟obbligazione di mezzo e non di risultato: infatti non sono responsabili dei risultati negativ i della gestione che non siano imputabili alla diligenza nella condotta degli affari sociali o nell‟adempimento di obblighi. Se ci sono più amministratori essi sono “solidamente” responsabili: ognuno potrebbe anche risarcire l‟intero danno subito. Anche se ci sono amministratori delegati, gli altri amministratori hanno comunque responsabilità solidale. Gli obblighi degli amministratori senza delega (i quali vigilano sulla gestione) sono: - valutare l‟andamento della gestione, sulla base della relazione degli organi delegati; - valutare su informazioni ricevute, l‟assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società; - esaminare piani strategici, industriali e finanziari della società. Importante è il fatto che gli amministratori devono operare informati adempiendo ai vari obblighi con la diligenza del buon professionista. Se il comportamento dannoso è direttamente imputabile solo ad alcuni amministratori, con essi risponderanno anche gli altri qualora non abbiano preveduto o impedito la loro attività dannosa, essendone magari perfettamente a conoscenza. La responsabilità degli amministratori non è oggettiva ma è per colpa; e l‟esercizio dell‟azione di responsabilità contro gli amministratori è deliberato dall‟assemblea ordinaria. La deliberazione dell‟azione di responsabilità implica la revoca automatica dall‟ufficio degli amministratori contro cui è proposta solo se la delibera è approvata col voto favorevole di almeno un quinto del capitale sociale: se non la si raggiunge è necessaria una distinta delibera di revoca. Responsabilità degli amministratori verso i creditori sociali: essi sono responsabili verso i creditori sociali solo per l‟inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell‟integrità del patrimonio sociale; l‟azione può essere proposta dai creditori solo quando il patrimonio sociale risulta insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti, perciò il problema non sussiste finquando il patrimonio sociale è capiente. Può accadere casi in cui l‟amministratore responsabile verso la società non lo sia verso i creditori sociali. Se la società fallisce o in caso di assoggettamento di essa a liquidazione coatta amministrativa a ad amministrazione ordinaria, l‟azione può essere proposta dal curatore, dal commissario liquidatore o da quello straordinario. Gli amministratori devono, se in dolo o colpa, risarcire i creditori, i quali hanno l‟onere probatorio, e possono agire in giudizio senza essere tenuti a provare il dolo o la colpa degli amministratori stessi. Vi sono delle interferenze tra l‟azione sociale di responsabilità e quella concessa ai creditori: il danno subìto da quest‟ultimi è un riflesso del danno che gli amministratori hanno arrecato al patrimonio sociale rendendolo insufficiente a soddisfare i creditori. Di conseguenza l‟azione risarcitoria è già emessa dalla società e il patrimonio è stato integrato, quindi i creditori non potranno più esercitare l‟azione spettante a loro poiché gli amministratori risarciscono una sola volta. La transazione intervenuta con la società paralizza l‟azione dei creditori sociali e può essere impugnata da essi solo se ne ricorrano gli estremi. La rinuncia all‟azione da parte della società non impedisce l‟esercizio dell‟azione da parte dei creditori sociali e il patrimonio sociale non viene ovviamente reintegrato. La prescrizione dell‟azione dei creditori avviene in 5 anni dal giorno non necessariamente coincidente con quello di decorrenza dell‟azione sociale.

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Responsabilità verso singoli soci o terzi: le azioni di responsabilità della società e dei creditori sociali non pregiudicano il diritto di risarcimento del danno spettante al singolo socio o terzo che sono stati danneggiati da atti dolosi o colposi degli amministratori. Il singolo socio o terzo può chiedere il risarcimento dei danni agli amministratori per: -il compimento da parte degli amministratori di un atto illecito nell‟esercizio o in occasione del loro ufficio; -danno al patrimonio del socio o del terzo. Il socio o il terzo devono comunque provare che esiste un nesso causale diretto fra il danno subito e l‟illecito degli amministratori (onere probatorio). I direttori generali: nella gestione dell‟impresa sociale gli amministratori si avvalgono della collaborazione di altri soggetti inseriti nell‟organizzazione imprenditoriale. I direttori generali sono nominati dall‟assemblea o dal CdA per disposizione dello statuto: a essi sono applicate le disposizioni che regolano la responsabilità degli amministratori, in relazione ai compiti affidati a loro. I direttori generali sono poi assimilati agli amministratori in norme penali e fallimentari; inoltre hanno ampi poteri decisionali nella gestione dell‟impresa e se hanno funzioni con i terzi, sono assimilati agli institori. I direttori generali sono parificati agli amministratori per quanto riguarda le responsabilità penali e civile. Gli amministratori di fatto: sono soggetti privi della veste formale di amministratore per la mancanza di nomina assembleare: essi impartiscono istruzioni agli amministratori ufficiali, ne condizionano le scelte operative, tratta direttamente con i terzi. Gli amministratori di fatto possono essere l‟azionista o gli azionisti di comando, detentori del reale potere decisionale. Essi sono equiparati agli amministratori per quanto riguarda la responsabilità penale mentre è un problema più delicato per la responsabilità civile. I SINDACI E LA CORTE REVISIONALE DEI CONTI Il collegio sindacale (o un sindaco unico): è l‟organo di controllo interno della società per azioni nel sistema tradizionale. Con funzioni di vigilanza sull‟amministrazione della società. La sua composizione si differenzia: - Nelle “società non quotate” i sindaci formano un organo pluripersonale o collegiale (=collegio sindacale) costituito da 3 o 5 membri, soci o non soci. Per le società con ricavi o patrimonio netto inferiori ad un milione di euro, l‟organo di controllo può essere composto da un unico sindaco. L‟organo di controllo delle società non quotate ha una struttura semirigida (1,3 o 5 membri)- - Nelle “società quotate” l‟organo di controllo deve essere pluripersonale con minimo 3 sindaci. Per quanto riguarda la nomina: i primi sindaci sono nominati nell‟atto e successivamente dall‟assemblea ordinaria e la legge può stabilire che ciò sia concesso anche allo stato o ad enti pubblici che abbiano partecipazioni nella società. Quindi i sindaci sono nominati dallo stesso organo che nomina gli amministratori: ciò fa notare la scarsa funzionalità del collegio sindacale. Ciò è mutato nelle società quotate: dove un membro effettivo del collegio sindacale deve essere nominato dai soci di minoranza, col sistema voto lista. -- Per quanto riguarda le norme che regolano la scelta dei membri del collegio sindacale, esiste una legge che consente una “composizione diversificata” del collegio, cioè una nomina di sindaci con qualità professionali diverse affinchè nell‟organo siano presenti le necessarie competenze tecniche. Nelle società non quotate, un sindaco effettivo e un supplente devono essere scelti fra gli iscritti nel registro dei revisori legali. In quest‟ultimo possono iscriversi; -persone fisiche in possesso di specifici requisiti di professionalità e onorabilità, che abbiano superato un apposito esame di ammissione; -le società di persone o capitali che rispondano a determinati requisiti riguardanti i soci, amministratori e soggetti responsabili dell‟attività di revisione. Gli altri sindaci, non iscritti nel registro, devono essere scelti tra professori universitari di ruolo in materie economiche o giuridiche, oppure fra gli iscritti negli albi professionali del ministero della giustizia. -- Per le società quotate i requisiti di professionalità dei sindaci sono fissati dal ministero della giustizia: solo un sindaco su tre, o due (se il numero è > di tre), e un sindaco supplente devono essere scelti tra gli iscritti nel registro dei revisori legali dei conti che abbiano esercitato l‟attività di controllo legale per un periodo > di 3 anni. Per i sindaci delle società quotate sono previsti requisiti di onorabilità a pena di decadenza. Ai sindaci si applicano anche le stesse cause di ineleggibilità degli amministratori; non possono essere nominati sindaci: a) coniuge, i parenti e affini entro il quarto grado degli amministratori; b) coloro che sono legati alla società o a società facenti parte dello stesso gruppo da un rapporto di lavoro o da un rapporto

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continuativo di consulenza o prestazione d‟opera retribuita (cioè altri rapporti patrimoniali che ne compromettano l‟indipendenza). Nelle spa lo statuto può prevedere “limiti al cumulo di incarichi” da parte dei sindaci: la Consob dichiara la decadenza del sindaco dagli incarichi assunti dopo il raggiungimento del numero massimo. Per quanto riguarda il compenso: la retribuzione annuale dei sindaci è predeterminata e invariabile ed è determinata dall‟assemblea all‟atto di nomina per l0intero periodo di carica. Durata: I sindaci restano in carica per tre esercizi e sono rieleggibili: i sindaci scaduti stanno in carica fino alla nomina di quelli nuovi. Revoca: l‟assemblea può revocare i sindaci per giusta causa e la delibera della revoca deve essere approvata dal tribunale. Mentre i sindaci nominati dallo stato o da enti pubblici possono essere revocati solo dall‟ente che li ha nominati. Decadenza: se sopraggiungono una delle cause di ineleggibilità o la sospensione o la cancellazione dal registro dei revisori, il sindaco decade. Sostituzione: avviene in caso di morte, rinuncia o decadenza di un sindaco. Il controllo sull‟amministrazione: la funzione primaria del collegio sindacale è quella di controllo. Difatti il collegio controlla l‟amministrazione della società compresa l‟attività che venga svolta nel rispetto della legge e dell‟atto costitutivo. Il collegio sindacale vigila sull‟adeguatezza dell‟assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società. Inoltre il collegio sindacale deve vigilare le disposizioni impartite alle società controllate affinchè queste forniscano notizie necessarie per adempiere gli obblighi di informazione nei confronti del pubblico previsti dalla legge. La vigilanza del collegio sindacale è esercitata nei confronti degli amministratori ma riguarda anche l‟attività dell‟assemblea: i sindaci hanno il potere-dovere di intervenire alle riunioni dell‟assemblea, del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo, e di impugnare le delibere. Inoltre essi devono convocare l‟assemblea ed eseguire le pubblicazioni prescritte per la legge in caso di omissione da parte degli amministratori; devono chiedere al tribunale la riduzione del capitale sociale obbligatoria per legge. Il collegio sindacale deve controllare anche il rispetto sostanziale da parte degli amministratori degli specifici obblighi di condotta loro imposti. Inoltre gli amministratori hanno l‟obbligo di informazione nei confronti del collegio sindacale: devono riferirgli tempestivamente informazioni sull‟attività svolta e sulle operazioni economiche compiute. I sindaci hanno il potere-dovere di procedere in ogni momento ad ispezioni e controlli e di chiedere informazioni agli amministratori sull‟andamento delle operazioni sociali o su determinati affari. Il collegio sindacale può inoltre convocare l‟assemblea per fatti censurabili di grande gravità; nelle società quotate questo può essere fato anche da due soli membri del collegio. La revisione legale dei conti: essa non è più svolta dal collegio sindacale ma bensì da una società di revisione o da un revisore legale. Il collegio sindacale vigila solo l‟adeguatezza del sistema amministrativo-contabile, fa proposte all‟assemblea in ordine al bilancio e alla sua approvazione. Tuttavia, se l‟intero collegio sindacale è costituito da revisori legali iscritti nell‟apposito registro, può svolgere la revisione legale dei conti. Ciò non è però consentita alle società: -tenute a redigere il bilancio consolidato, -qualificate come enti di interesse pubblico, -che controllano, o sono controllate con un ente di interesse pubblico. Nelle “società nominate come ente di interesse pubblico”, il collegio sindacale non esercita il controllo contabile direttamente, ma è un comitato per il controllo interno e la revisione contabile. Altre funzioni del collegio sindacale sono di consulenza e di amministrazione attiva.; inoltre esso deve esprimersi sulla determinazione da parte del CdA della remunerazione degli amministratori investiti di cariche particolati. Quando mancano gli amministratori, i sindaci svolgono funzioni di amministrazione attiva. Infine il collegio sindacale è una sorta di organismo di vigilanza per la responsabilità amministrativa degli enti per i reati dei propri amministratori e dipendenti. Il funzionamento del collegio sindacale: il presidente del collegio sindacale è nominato dall‟assemblea e nelle società quotate prescelto tra i sindaci eletti dalla minoranza. Nel caso della sostituzione del presidente per morte, rinunzia o decadenza, la presidenza è assunta dal sindaco più anziano fino alla successiva assemblea. L‟organo sindacale è “collegiale”,ma ci sono tuttavia poteri minori e individuali dei sindaci: essi possono in ogni momento svolgere atti di ispezione e controllo ma le decisioni successive devono essere prese dal collegio sindacale in sé; inoltre essi possono individualmente intervenire alle riunioni degli organi sociali. Per quanto riguarda le riunioni, esse avvengono ogni 90 giorni e si possono svolgere anche con mezzi telematici. Il collegio si riunisce con la presenza della maggioranza dei sindaci e delibera a maggioranza

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assoluta dei presenti: delle riunioni deve essere redatto il processo verbale trascritto poi nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del collegio. Collaboratori: i sindaci possono avvalersi, sotto la loro responsabilità e a proprie spese, di dipendenti per specifiche operazioni di ispezione e controllo: la società può comunque rifiutare questi ausiliari. L‟attività di controllo del collegio può essere sollecitata dai soci: ognuno può denunziare al collegio sindacale fatti ritenuti censurabili; ma il collegio può solo tenerne da conto nella relazione annuale all‟assemblea. Responsabilità dei sindaci: al pari degli amministratori, i sindaci devono adempiere ai doveri con le professionalità e diligenza richieste. I sindaci sono responsabili della verità delle loro attestazioni e devono conservare il segreto sui fatti e documenti di cui hanno conoscenza per ragione del loro ufficio. Essi hanno obbligo di risarcimento nel caso in cui il danno è imputabile al mancato o negligente adempimento dei loro obblighi. I sindaci sono responsabili in solido con gli amministratori per i fatti e le loro omissioni, qualora il danno non si sarebbe prodotto se i sindaci avessero vigilato in conformità dei loto obblighi. Infine la responsabilità dei sindaci sussiste nei confronti della società e dei creditori sociali e valgono le stesse norme della responsabilità contro gli amministratori. La revisione legale dei conti: gli “enti di interesse pubblico” sono le società emittenti di azioni o altri strumenti finanziari quotati o diffusi tra il pubblico in maniera rilevante. La loro revisione deve essere esercitata da un revisore legale esterno. La revisione legale è esercitata da un revisore legale o da una società di revisione iscritti nel registro dei revisori legali dei conti oppure dal collegio sindacale. Il ministero dell‟economia e delle finanze esercita la vigilanza sugli iscritti nel registro; esso inoltre può comminare sanzioni proporzionate alla gravità delle irregolarità o delle omissioni accertate: pecuniarie, revoca d‟ufficio di uno o più incarichi, divieto temporaneo di assumere nuovi incarichi, sospensione o cancellazione dal registro. Inoltre il ministero può sottoporre i revisori ad un controllo della qualità ogni sei anni. Il revisore esterno è nominato per la prima volta nell‟atto costitutivo e successivamente dall‟assemblea. Il revisore legale o la società di revisione devono essere soggetti indipendenti dalla società controllata: fra la società revisionata e il revisore non devono esserci relazioni finanziarie. Le stesse regole valgono per le società di revisione dove i soci e i componenti degli organi di controllo delle stesse n on devono intervenire nell‟attività del responsabile della revisione in modo da comprometterne l‟indipendenza. Per quanto riguarda il compenso, esso è determinato dall‟assemblea all‟atto della nomina per l‟intera durata dell‟incarico. Il corrispettivo deve essere adeguato ai criteri oggettivi prestabiliti dall‟assemblea ma non dipende dall‟esito della revisione o dalla prestazione di servizi aggiuntivi da parte del revisore o della rete. Il controllo o la revisione contabile dura tre esercizi, con scadenza alla data dell‟assemblea convocata per l‟approvazione del bilancio, ed è rinnovabile senza limiti. Revoca: l‟incarico può essere revocato dall‟assemblea solo per giusta causa, sentito il parere dell‟organo di controllo. Non è considerata giusta causa la divergenza di opinioni in merito ad un trattamento contabile o a procedure di revisione. Dopo la revoca, l‟assemblea deve conferire l‟incarico ad un nuovo revisore. Dimissioni: il revisore può dimettersi, e cioè il contratto può essere sciolto consensualmente o per giusta causa nei tempi e modi tali da consentire alla società di provvedere altrimenti. Perciò successivamente la società deve conferire l‟incarico ad un nuovo revisore, e il vecchio resta in carica fino a quando la deliberazione del conferimento dell‟incarico non è divenuta efficace (non oltre i 6 mesi comunque). La società deve informare di ciò l‟autorità di vigilanza e fornirgli le adeguate spiegazioni per la cessazione anticipata del revisore. La revisione legale degli enti di interesse pubblico: essa è soggetta a regole speciali, a tutela dell‟interesse generale alla correttezza delle informazioni finanziarie diffuse dagli stessi; essa non è più riservata alle società di revisione ma bensì a un soggetto iscritto nel registro dei revisori legali. La Consob ha comunque un potere di vigilanza sull‟organizzazione e attività dei soggetti incaricati della revisione di un ente di interesse pubblico. La Consob può: -richiedere notizie e documenti nei confronti di chiunque possa essere informato dei fatti, -imporre la comunicazione di dati e atti al revisore, -effettuare ispezioni, -irrogare sanzioni, -proporre al ministro dell‟economia di applicare le più gravi sanzioni della sospensione e cancellazione dal registro. Infine la Consob controlla periodicamente il controllo della qualità sui revisori e sulle società di revisione che svolgono la revisione legale di enti di interesse pubblico. Questo incarico di revisione degli enti di interesse pubblico dura 9 esercizi quando è conferito a società di revisione e 7 per i revisori legali di persona fisica. La Consob può stabilire con regolamento le situazioni che possono compromettere l‟indipendenza del revisore e le misure da adottare per rimuoverle.

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I servizi proibiti sono indicati dalla legge o determinati dalla Consob. La revisione legale non può essere esercitata da coloro che hanno rivestito cariche sociali, direttore generale, dirigente della redazione di documenti contabili, almeno che non siano trascorsi 2 anni dalla cessazione di essi. La violazione di tali divieti è punita con sanzione amministrativa pecuniaria e provvedimenti sanzionatori della Consob. Funzioni e responsabilità del revisore legale dei conti: l‟attività di controllo contabile è regolata secondo i principi comuni. La funzione principale del revisore è quella di controllare la contabilità ed esprime un giudizio sul bilancio di esercizio e su quello consolidato. Inoltre egli deve verificare nel corso dell‟intero esercizio la tenuta della contabilità e la corretta rilevazione delle scritture contabili e che il bilancio di esercizio e quello consolidato siano conformi alle norme e rappresentino in modo veritiero la situazione patrimoniale. L‟attività di revisione è volta a esprimere un giudizio sul bilancio graduato secondo 4 modelli: giudizio senza rilievi, se il bilancio è conforme alle norme che ne disciplinano la redazione, giudizio con rilievi, giudizio negativo, dichiarazione di impossibilità di esprimere il giudizio. Il giudizio espresso dal soggetto incaricato della revisione non influenzano il potere dell‟assemblea di approvare o meno il bilancio, che potrà essere approvato anche se il giudizio è negativo. Al revisore legale sono devolute funzioni di consulenza per particolari operazioni. Il soggetto che deve controllare il contabile ha il diritto di ottenere dagli amministratori documenti e notizie utili per la revisione. Nelle società quotate e in quelle con strumenti finanziari diffusi tra il pubblico, il revisore deve informare anche la Consob e l‟organo di controllo dei fatti che ritiene censurabili. Il soggetto incaricato della revisione legale dei conti adempie con diligenza e professionalità, è responsabile della verità delle sue attestazioni e conserva il segreto sui fatti e documenti della società. Il revisore risponde inoltre in solido con gli amministratori per danni derivanti dall‟inadempimento dei loro doveri. SISTEMI ALTERNATIVI DI AMMINISTRAZIONE E CONTROLLO Il sistema dualistico: prevede la presenza di un consiglio di gestione e uno di sorveglianza. La revisione legale dei conti è affidata ad un revisore o ad una società di revisione mentre il consiglio di gestione svolge le funzioni proprie del consiglio di amministrazione nel sistema tradizionale. Invece al consiglio di sorveglianza gli sono attribuiti questi compiti: -funzioni di controllo proprie del collegio sindacale, -funzioni di indirizzo della gestione che nel sistema tradizionale appartengono all‟assemblea dei soci (es. nomina e revoca dei componenti del consiglio di gestione). La presenza del consiglio di sorveglianza riduce le competenze dell‟assemblea ordinaria: questa nomina e revoca i componenti del consiglio di sorveglianza, ne determina il compenso, nomina il soggetto che effettua la revisione legale dei conti. Ma l‟assemblea ordinaria perde: la nomina e revoca degli amministratori, l‟approvazione del bilancio (compito del consiglio di sorveglianza). I componenti del consiglio di sorveglianza sono inizialmente nominato dall‟atto costitutivo e poi dall‟assemblea ordinaria; inoltre la legge o lo statuto prevedono che la nomina di uno o più consiglieri sia fatta dallo stato o da enti pubblici che abbiano partecipazioni in società. E come per i sindaci, nelle società quotate un componente deve essere almeno eletto dalla minoranza. La legge prevede requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza dei consiglieri di sorveglianza. Nelle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio: o Un componente effettivo del consiglio di sorveglianza è scelto tra gli iscritti nel registro dei revisori legali dei conti; o Non possono essere eletti: componenti del consiglio di gestione, coloro che sono legati alla società da un rapporto lavorativo o continuativo di consulenza o prestazione d‟opera retribuita che ne compromettano l‟indipendenza; o Trovano applicazione cause di ineleggibilità e decadenza Nelle società quotate e in quelle con strumenti finanziari diffusi tra il pubblico, i consiglieri di sorveglianza devono rispettare i limiti al cumulo di incarichi stabiliti dalla Consob; inoltre essi devono possedere requisiti di professionalità e onorabilità fissati per decreto dal ministro della giustizia. Il compenso dei sindaci deve essere predeterminato e invariabile nel corso della carica, è determinato dall‟assemblea. I componenti del consiglio di sorveglianza restano in carica 3 esercizi, sono rieleggibili, sono revocabili dall‟assemblea anche se non ricorre giusta causa. La delibera deve essere approvata con voto favorevole di almeno un quinto del capitale sociale. L‟assemblea deve anche provvedere a sostituire i vari componenti del consiglio. La nomina e la cessazione dall‟ufficio dei consiglieri di sorveglianza devono essere iscritte dagli amministratori nel registro delle imprese entro 30 giorni.

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Il consiglio di sorveglianza: esercita il controllo sull‟amministrazione che nel sistema tradizionale spetta al collegio sindacale.. Nelle società come enti di interesse pubblico, il consiglio di sorveglianza è il comitato per il controllo interno e la gestione. Poteri del consiglio di sorveglianza: assistere alle assemblee e alle adunanze del consiglio di gestione. Nelle società quotate deve essere presente almeno un consigliere di sorveglianza nella riunione del consiglio di gestione. Al pari del collegio sindacale, questo consiglio: convoca l‟assemblea, si sostituisce agli amministratori in caso di omissione o ingiustificato ritardo nella convocazione dell‟assemblea, è destinatario delle denunce dei soci, riferisce una volta all‟anno all‟assemblea sull‟attività di vigilanza svolta, le omissioni e i fatti censurabili; può presentare denunzia al tribunale. Nelle società quotate i poteri possono essere esercitati rispettivamente da uno solo o da due consiglieri di sorveglianza; ma i consiglieri di sorveglianza non hanno il potere di esercitare atti di ispezione e controllo (ciò spetta all‟intero consiglio nelle società quotate). Il consiglio di sorveglianza ha anche gran parte delle funzioni appartenenti all‟assemblea ordinaria: Nomina e revoca dei componenti del consiglio di gestione; Approva il bilancio di esercizio e quello consolidato, ma la distribuzione degli utili rimane all‟assemblea ordinaria. Promuove l‟esercizio dell‟azione di responsabilità nei confronti dei componenti del consiglio di gestione. Il presidente del consiglio di sorveglianza è eletto dall‟assemblea e i suoi poteri sono determinati dallo statuto; il consiglio si riunisce ogni 90 giorni anche con mezzi di comunicazione telematici. Nelle società quotate il consiglio si riunisce anche ogni volta che un componente lo richieda. Ovviamente è necessaria la presenza della maggioranza e le deliberazioni sono assunte a maggioranza assoluta dei presenti. I componenti di sorveglianza, adempiendo con diligenza richiesta, sono solidamente responsabili con i componenti del consiglio di gestione quando il danno non si sarebbe prodotto se avessero vigilato con conformità. Il consiglio di gestione: le sue funzioni sono uguali a quelle del CdA nel sistema tradizionale. Esso è costituito da un numero di componenti non inferiore a due; i primi componenti sono nominati nell‟atto costitutivo e dopo dal consiglio di sorveglianza che ne determina anche il loro compenso. Nelle società quotate, se i componenti sono più di tre, si applicano le regole sull‟equilibrio fra uomini e donne nella composizione degli organi sociali, come per il CdA nel sistema tradizionale; se i componenti son più di 4m uno deve almeno possedere requisiti degli amministratori indipendenti. I componenti del consiglio di gestione non possono essere nominati consiglieri di sorveglianza, sono revocabili dal consiglio e restano in carica per non più di 3 esercizi, e sono rieleggibili. Se durante l‟esercizio mancano uno o più componenti del consiglio di gestione, il consiglio di sorveglianza provvederà alla sostituzione. L‟azione sociale di responsabilità contro i consiglieri di gestione può essere promossa anche dal consiglio di sorveglianza. La deliberazione è assunta a maggioranza dei componenti e comporta la revoca di ufficio dei consiglieri di gestione se è approvata con la maggioranza dei due terzi dei consiglieri di sorveglianza: in questo caso il consiglio di sorveglianza provvede alla sostituzione. Il sistema monistico: è di ispirazione anglosassone e ha la caratteristica di non avere il collegio sindacale. Difatti amministrazione e controllo sono esercitato dal CdA e da un “comitato per il controllo sulla gestione”, che svolge proprio le funzioni del collegio sindacale ed è costituito all‟interno del CdA. La revisione legale dei conti è affidata a un revisore o a una società di revisione. Al CdA, eletto dall‟assemblea, si applicano le stesse disposizioni dettate per gli amministratori nel sistema tradizionale con una sola differenza: almeno un terzo dei componenti del CdA deve essere in possesso dei requisiti di indipendenza stabiliti per i sindaci. Nelle società quotate un amministratore indipendente deve essere nominato dalla minoranza col voto di lista. I componenti del comitato di controllo sulla gestione sono nominati dallo stesso CdA fra i consiglieri aventi i vari requisiti e almeno uno deve essere scelto tra gli iscritti nel registro dei revisori legali dei conti: non devono essere membri del comitato esecutivo e non devono svolgere funzioni gestorie. Nelle società quotate e in quelle con strumenti finanziari diffusi, i componenti del comitato di controllo sulla gestione devono rispettare,a pena di decadenza, i limiti al cumulo di incarichi prefissati della consob. Nelle società quotate poi essi devono possedere i requisiti di professionalità e onorabilità. Il CdA stabilisce il numero dei componenti del comitato per il controllo sulla gestione, e può revocare i componenti di quest‟ultimo anche senza giusta causa.

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In caso di morte, rinuncia, revoca o decadenza, il CdA provvede alla sostituzione del componente del comitato scegliendo tra gli amministratori in carica aventi i determinati requisiti. Funzioni del comitato di controllo sulla gestione: ha le stesse funzioni del collegio sindacale, ovvero: -vigila sulla struttura organizzativa della società, del sistema di controllo interno e del sistema amministrativo contabile, è anche “comitato per il controllo interno e la gestione” (che vigila sulla revisione legale e sull‟indipendenza del revisore degli enti di interesse pubblico), è destinatario delle denunzie dei soci di fatti censurabili. Inoltre i componenti del comitato assistono ad assemblee, adunanze del CdA e del comitato esecutivo, ma non è prevista la decadenza automatica in caso di assenze ripetute e ingiustificate. Il comitato elegge all‟interno il presidente, si riunisce ogni 90 giorni, è costituito dalla presenza della maggioranza dei componenti e delibera a maggioranza assoluta dei presenti. Il punto debole di questo sistema è che i controllori sono direttamente nominati dai controllati, siedono insieme e votano nel CdA. I CONTROLLI ESTERNI Oltre ai controlli interni del collegio sindacale e del revisore esterno, l‟ordinamento prevede anche controlli esterni sulle società per azioni necessari per il corretto funzionamento di tali società che tutelano i vari interessi dei soci e dei creditori sociali.: esso non è però identico in tutte le società. L‟unica cosa in comune è il controllo esterno sulla “gestione” esercitato dall‟autorità giudiziaria. Le società con azioni quotate in borsa e quelle che operano sul mercato mobiliare sono assoggettate al controllo della Consob, avente poteri finalizzati a tutelare gli investitori e alla trasparenza del mercato mobiliare e delle società che nello stesso operano. Inoltre vi sono “altri controlli” previsti per alcune società: per esempio la banca d‟Italia vigila sulle società bancarie, sulle società di gestione del risparmio ecc. Il controllo giudiziario sulla gestione: è una forma di intervento dell‟autorità giudiziaria nella vita delle società che è volta a ripristinare la legalità dell‟amministrazione delle stesse. Questo procedimento è attuato se vi sono sospetti fondati sugli amministratori (e non sui sindaci) circa la violazione dei loro doveri e sul compimento di gravi irregolarità nella gestione. Il compito del tribunale è accertare queste irregolarità denunziate e rimuoverne gli effetti con opportuni provvedimenti. Esempi di irregolarità sono: irregolare tenuta della contabilità, redazione di un bilancio falso. Le gravi irregolarità possono essere denunziate: Dai soci che rappresentano almeno un decimo del capitale sociale. Nelle società che fanno ricorso al mercato di capitale di rischio la percentuale è del 5% del capitale sociale. In tutte le società l‟iniziativa può essere assunta anche dal collegio sindacale o dal corrispondente organo di controllo nei sistemi alternativi (consiglio di sorveglianza, comitato per la gestione) Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio l‟iniziativa può essere assunta anche dal pubblico ministero; Nelle società quotate, anche la Consob può denunziare quando sospetta gravi irregolarità nell‟adempimento dei doveri dei sindaci, del consiglio di sorveglianza, o del comitato per il controllo della gestione; Infine anche dal “commissario giudiziale o straordinario” di una società in amministrazione straordinaria e dal “commissario liquidatore” di una società fiduciaria in liquidazione coatta amministrativa. Il tribunale non può procedere di ufficio: i soci denunziati non sono tenuti a provare l‟effettiva esistenza delle gravi irregolarità. Il procedimento attivato con la denunzia si costituisce in 2 fasi: la prima, di carattere istruttorio, accerta l‟esistenza delle irregolarità e individua i provvedimenti da adottare per rimuoverle: e per questo il tribunale deve sentire in camera di consiglio gli amministratori e i sindaci; la mancata audizione è causa di nullità del procedimento. Il tribunale può far “ispezionare” l‟amministrazione della società da un consulente designato dallo stesso tribunale, le cui spese sono a carico dei soci richiedenti. La seconda fase avviene SE questi accertamenti risultano insufficienti all‟eliminazione delle violazioni denunziate e accertate dal tribunale; essa consiste in due strade, a seconda del grado di gravità dell‟irregolarità: -il tribunale può disporre di provvedimenti provvisori per evitare il ripetersi di queste irregolarità e convocare nel contempo l‟assemblea della società per le deliberazioni conseguenti (che essa

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può poi adottare o meno); -in casi più gravi, il tribunale può far intervenire un elemento estraneo per riportare ordine nella gestione della società: in questo caso vi è la revoca degli amministratori (e eventualmente dei sindaci) e la nomina di un “amministratore giudiziario”, i cui poteri e durata sono stabiliti dal tribunale stesso. L‟amministratore giudiziario ha il potere di proporre l‟azione di responsabilità contro amministratori e sindaci, ha la qualifica di pubblico ufficiale e il suo compenso, a carico della società, è stabilito dal tribunale. Egli può essere revocato su richiesta dei soggetti legittimati a chiederne la nomina dal tribunale e al termine del suo ufficio deve rendere conto a quest‟ultimo il conto della propria gestione. L‟amministratore giudiziario ha la rappresentanza della società ma non può compiere atti eccedenti l‟ordinaria amministrazione senza l‟autorizzazione del tribunale. Prima della scadenza del suo incarico, egli deve convocare l‟assemblea per la nomina dei nuovi amministratori e sindaci; e può proporre all‟assemblea la messa in liquidazione della società o la sua sottoposizione ad una procedura concorsuale: l‟assemblea è libera di deliberare o meno ciò. La Consob (COmmissione Nazionale per le Società e la Borsa) è un organo pubblico di vigilanza sul mercato dei capitali; è una persona giuridica di diritto pubblica avente piena autonomia nei limiti stabiliti dalla legge. In Italia ha sede a Roma con sede secondaria a Milano. La Consob ha autonomi poteri normativi e regolamentari le cui deliberazioni sono adottate collegialmente. Essa collabora assieme alle altre autorità di vigilanza sul mercato finanziario (Banca d‟Italia, Isvap..), anche mediante scambi di informazioni per agevolare le rispettive funzioni e non possono opporsi al segreto d‟ufficio. Inoltre la Consob collabora anche con le autorità competenti del‟UE e di singoli Stati comunitari ed extracomunitari. Inizialmente la Consob era solo un organo di controllo della borsa e delle società che in borsa collocano titoli, poi progressivamente è divenuta anche organo di controllo dell‟intero mercato mobiliare, dei soggetti che vi operano e di ogni operazione del pubblico risparmio. La Consob vigila: • (insieme alla Banca d‟Italia) sugli intermediari mobiliari (sim, sicav..) per garantire la trasparenza e la correttezza dei comportamenti degli stessi; • Sui mercati regolamentati di strumenti finanziari al fine di assicurare la trasparenza, lo svolgimento delle negoziazioni e la tutela degli investitori; • Su tutti gli emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico avendo riguardo alla tutela degli investitori. Ammissione, sospensione ed esclusione delle azioni alle quotazioni di borsa: le lo ro condizioni sono determinate dal regolamento di mercato predisposto dalla società di gestione. La Consob autorizza l‟esercizio dei mercati regolamentati previo accertamento che il relativo regolamento è idoneo ad assicurare la trasparenza del mercato, lo svolgimento delle negoziazioni e la tutela degli investitori. L‟ammissione avviene su domanda della società interessata previa deliberazione dell‟organo competente, da individuarsi nell‟assemblea dei soci. La società di gestione della borsa delibera entro 2 mesi dalla presentazione della domanda e comunica all‟emittente l‟ammissione o il rigetto della domanda; né da comunicazione alla Consob e rende pubblica la decisione. Quest‟ultima, di regola, può essere eseguita solo dopo 5 giorni dalla ricezione della comunicazione presso la Consob. L‟inizio delle negoziazioni deve essere preceduto dalla pubblicazione di un “prospetto di quotazione” contenente informazioni necessarie affinché gli investitori possano prevenire a un fondato giudizio sull‟investimento proposto, sui diritti e rischi connessi. Dal momento della prima ammissione la società è sottoposta al controllo permanente della Consob. Anche per quanto riguarda sospensione ed esclusione la società di gestione deve darne comunicazione immediata alla Consob; la quale entro 5 giorni dalla ricezione vietarne l‟esecuzione. La sospensione può essere disposta se non è temporaneamente garantita la regolarità del mercato o se lo richiede la tutela degli investitori. L‟esclusione può essere richiesta dalla società con deliberazione dell‟assemblea ordinaria, questo se ottiene l‟ammissione in altro mercato regolamentato italiano o straniero, purché sia garantita tutela degli investitori. La Consob svolge un ruolo centrale per assicurare un‟adeguata informazione del mercato immobiliare delle varie società che fanno appello al pubblico risparmio. Gli obblighi informativi nei confronti del pubblico sono: Tutti gli emittenti strumenti finanziari quotati e i soggetti che li controllano Gli emittenti strumenti finanziari non quotati in mercati italiani ma diffusi fra il pubblico Gli emittenti strumenti finanziari negoziati, su richiesta o col consenso della società, in un sistema multilaterale di negoziazione.

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La trasparenza e il controllo della Consob sono estesi a tutte le società, quotate e non. Ci sono due principi cardine dell‟attuale disciplina sull‟informazione societaria: 1) I soggetti sopra indicati devono comunicare al pubblico le informazioni privilegiate che li riguardano o che riguardano controllate. I soggetti obbligati possono ritardare la comunicazione a condizioni stabilite dalla Consob; 2) Oltre all‟obbligo di informazione, la Consob ha il potere di richiedere che siano resi pubblici notizie e documenti necessari per l‟informazione del pubblico. Questo potere può essere esercitato anche da componenti degli organi di amministrazione e controllo, dei dirigenti, dei soggetti titolari di partecipazioni rilevanti e dei partecipanti a patti parasociali. In caso contrario sono previste sanzioni. La Consob ha prescritto specifici obblighi di informazione preventiva nei confronti del pubblico (“informazione straordinaria): acquisizione e cessione di pacchetti azionari; acquisto e vendita di azioni proprie; fusioni e scissioni; riduzione del capitale sociale per perdite; altre modifiche dell‟atto costitutivo. Inoltre essa ha prescritto che siano messi a disposizione del pubblico anche i documenti periodici contabili (informazione periodica): es bilancio di esercizio. Le società quotate devono redigere in ogni esercizio una “Relazione sul governo societario e gli aspetti proprietari” che può consistere in una speciale sezione della relazione sulla gestione allegata al bilancio. Le informazioni di cui è prescritta la pubblicazione (informazioni regolamentate) devono essere depositate presso la Consob e la società di gestione del mercato dove avviene la quotazione. La Consob stabilisce anche le modalità e termini per la diffusione fra il pubblico e lo stoccaggio delle stesse, e ha poteri di indagine e intervento per vigilare la correttezza dell‟informazione fornita al pubblico.. Nell‟accertamento dei reati di abuso di informazioni privilegiate e manipolazione del mercato, La Consob può, nei confronti di chiunque possa essere informato dei fatti: -richiedere notizie, dati, documenti; -procedere ad audizione personale; -avere informazioni a banche di dati di altre amministrazioni pubbliche; -acquisire intercettazioni telefoniche e procedere a ispezioni e perquisizioni e al sequestro di beni che possono essere oggetto di confisca. I LIBRI SOCIALI E IL BILANCIO I libri sociali obbligatori: oltre ai libri e scritture contabili, la società per azioni deve obbligatoriamente tenere anche i libri sociali per poter documentare i profili dell‟organizzazione e della vita della società: o Il libro dei soci: dove sono indicati il numero delle azioni emesse, il cognome e il nome dei titolari delle azioni nominative, i trasferimenti ed i vincoli ad esse relativi, i versamenti eseguiti e gli annullamenti dei titoli azionari. Esso non è molto efficace nell‟informare la reale composizione della compagine sociale poiché è aggiornato solo in occasione della partecipazione in assemblea e della percezione dei dividendi. o Il libro delle obbligazioni: dove devono essere indicati l‟ammontare delle obbligazioni emesse e di quelle estinte, il cognome e il nome dei titolari di obbligazioni nominative, i trasferimenti e vincoli relativi ad esse; o Il libro delle adunanze e delle deliberazioni delle assemblee: vanno trascritti anche verbali redatti per atto pubblico; o Il libro delle adunanze e delle deliberazioni del collegio sindacale, ovvero del consiglio di sorveglianza o del comitato per il controllo sulla gestione nelle società; o Il libro delle adunanze e delle deliberazioni; o Il libro delle adunanze e delle deliberazioni dell‟assemblea degli obbligazionisti; o Il libro degli strumenti finanziari di partecipazione ad uno specifico affare. Il bilancio di esercizio: la società per azioni deve redigerlo annualmente. Esso è il documento contabile che rappresenta la corretta e vera situazione patrimoniale e finanziaria della società alla fine di ciascun esercizio, non chè il risultato economico dell‟esercizio stesso (cioè gli utili conseguiti o le perdite subite durante l‟esercizio). La funzione essenziale del bilancio è di accertare periodicamente la situazione del patrimonio (aspetto statico) e la redditività (aspetto dinamico) della società. Il bilancio è il necessario termine di riferimento legislativo per la corretta applicazione del complesso di norme posto a salvaguardia dell‟integrità del capitale sociale e costituisce presupposto per l‟adozione di una serie di deliberazioni assembleari: per esempio la costituzione di riserve e distribuzione ai soci di utili, riduzione del capitale, emissione di obbligazioni ecc. Nelle spa il bilancio è anche strumento di informazione contabile dei soci e terzi nonché strumento legale sull‟andamento degli affari: esso è anche necessario per il fisco al fine di individuare la tassazione periodica del reddito della società. Dal 2005 si è stabilito che ci sono società obbligate, e altre facoltative, a redigere i propri bilanci in base ai principi contabili internazionali: quelli riconosciuti dall‟Unione Europea sono l‟”IASB”, l‟”IAS”, l‟”IFRS”.

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L‟impiego di tali principi è obbligatorio per la redazione dei bilanci di esercizio e consolidato delle società con azioni o altri strumenti finanziari quotati o diffusi tra il pubblico in misura rilevante; è obbligatorio anche per banche, società di assicurazione, di intermediazione finanziaria e mobiliare. L‟impiego di tali principi non è consentito alle società che possono redigere il bilancio in forma abbreviata. L‟impiego di tali principi è invece facoltativo per tutte le altre spa. I principi fondamentali della disciplina del bilancio: i principi cardine che dominano la redazione del bilancio sono “chiarezza” e “rappresentazione veritiera e corretta”: il bilancio deve essere redatto con chiarezza e rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società e il risultato economico dell‟esercizio. Si è stabilito che: • È obbligatorio fornire le informazioni ulteriori necessarie, se quelle richieste da specifiche disposizioni di legge o dei principi contabili internazionali non sono sufficienti alla rappresentazione veritiera e corretta; • Le disposizioni di legge o dei principi contabili internazionali non devono essere applicate se la loro applicazione è incompatibile con la rappresentazione veritiera e corretta; gli amministratori devono motivare le varie deroghe. Altri principi comuni sono i seguenti: o La valutazione delle voci di bilancio deve essere fatta secondo prudenza e nella continuazione dell‟attività per evitare che dal bilancio risultino utili non effettivamente realizzati alla chiusura dell‟esercizio. o Nella redazione del bilancio bisogna considerare proventi e oneri di competenza dell‟esercizio indipendentemente dalla data di incasso o del pagamento, dei rischi, delle perdite. Il bilancio di esercizio è un bilancio di competenza e non di cassa. o I criteri di valutazione non possono essere modificati da un esercizio all‟altro. Struttura del bilancio: si articola in tre parti: lo stato patrimoniale, il conto economico e la nota integrativa. Esso segue determinati criteri di redazione, ovvero: Le singole voci devono essere inserite nell‟sp e nel ce nell‟ordine previsto dalla legge. Le voci sono organizzate in categorie omogenee, che sono suddivise in sottocategorie, voci e a volte in sottovoci. Per ogni voce dell‟sp e del ce deve essere indicato l‟importo corrispondente dell‟esercizio precedente per consentire l‟agevole confronto con gli altri bilanci; E‟ vietato il compenso di partite: cioè la somma algebrica di attività e passività, costi e ricavi, che devono essere iscritti distintamente. Inoltre alle società che non superano determinate dimensioni è consentita la redazione di un bilancio in forma abbreviata, dove il numero delle voci di sp e ce è ridotto. stato patrimoniale: rappresenta sinteticamente la composizione quantitativa e qualitativa del patrimonio della società e la sua situazione finanziaria nel giorno di chiusura dell‟esercizio. Esso deve essere redatto nella forma a colonne contrapposte,e le 4 voci dell‟attivo sono: 1) Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti; 2) Immobilizzazioni: comprendono elementi patrimoniali destinati ad essere usati durevolmente dalla società. Esse sono suddivise in 3 sottocategorie: a) Immobilizzazioni immateriali: costi d‟impianto, diritto di brevetto industriale; b) Immobilizzazioni materiali: terreni, fabbricati, attrezzature; c) Immobilizzazioni finanziarie: partecipazioni azionarie e non, crediti. 3) Attivo circolante, che è distinto in: a) rimanenze: di m.p, materie di consumo, prodotti in corso di lavorazione; b) crediti; c) attività finanziarie: partecipazioni, azioni proprie; d) disponibilità liquide: depositi bancari, denaro in cassa. 4) Ratei e risconti (attivi): i rate attivi sono quote di proventi comuni a due o più esercizi, di competenza dell‟esercizio, ma esigibili in esercizi successivi. I risconti attivi sono quote di costi comuni a due o più esercizi, sostenuti nell‟esercizio, ma d competenza di esercizi successivi. Le relative voci del passivo sono 5 categorie, ovvero: 1. Patrimonio netto: composto dal capitale sociale nominale e dai diversi tipi di riserve, distinte a seconda della fonte. 2. Fondi per rischi ed oneri: accantonamenti destinati a coprire perdite o debiti certi o probabili, ma dei quali alla chiusura dell‟esercizio risulta ancora indeterminato l‟ammontare o la data di sopravvivenza. 3. Trattamento di Fine Rapporto (TFR): importo del relativo 4. Debiti

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5. Ratei e risconti (passivi): I ratei passivi sono quote di costi comuni a due o più esercizi di competenza dell‟esercizio ma che saranno sopportati negli esercizi successivi. I risconti passivi sono quote di proventi comuni a due o più esercizi, percepiti nell‟esercizio ma di competenza di esercizi successivi. In fine devono essere iscritti i “conti d‟ordine”: essi informano sull‟esistenza di rischi e impegni futuri, che non coincidono sulla coesistenza attuale sulla consistenza del patrimonio sociale. conto economico: espone il risultato economico dell‟esercizio (utile o perdita) rappresentando costi e ricavi sostenuti in quell‟esercizio e negli esercizi precedenti. Esso deve essere redatto in forma espositiva scalare, cioè in un'unica sequenza. Il CE è articolato in 5 sezioni scalari: - valore della produzione: dove vanno indicati e sommati ricavi di competenza dell‟esercizio dell‟attività produttiva e variazioni, positive o negative, delle rimanenze in magazzino. - costo di produzione: lo si sottrae dal valore della produzione; esso comprende ammortamenti, accantonamenti e svalutazioni. Ottenendo così il risultato lordo della gestione ordinaria della società. - Proventi e oneri finanziari, vengono sommati al costo della produzione ottenendo il relativo totale. - Rettifiche di valore di attività finanziarie. Sommate anch‟esse. - Proventi ed oneri straordinari, sommati anch‟essi. La somma dei diversi totali parziali costituisce il risultato globale del‟‟esercizio, prima al lordo e poi al netto se si considerano le imposte. nota integrativa: costituisce parte integrante del bilancio; il suo contenuto illustra le voci dello stato patrimoniale e del conto economico e fornisce informazioni integrative sulla situazione patrimoniale e finanziaria, sul risultato economico di esercizio, sul numero dei dipendenti, sui compensi di amministratori e sindaci,sui finanziamenti dei soci alla società ecc.. relazione sulla gestione: è un allegato esterno al bilancio, ed ha la funzione di essere un resoconto sulla gestione della società e sulle sue prospettive. Contiene un‟analisi fedele della situazione della società e dell‟andamento della gestione in sede di costi, ricavi, investimenti, rischi e incertezze a cui la società è esposta. Struttura del bilancio redatto secondo i principi contabili internazionali: ha una struttura diversa rispetto a quello previsto dal codice civile: oltre all‟ SP, al CE, alle note di bilancio, ci sono altri due documenti: “un prospetto delle variazioni del patrimonio netto” e “un rendiconto finanziario””. Questo bilancio ha una più ampia funzione: rappresentare non solo la situazione del patrimonio e la redditività della società, ma anche i flussi di cassa. Lo stato patrimoniale (= prospetto della situazione patrimoniale - finanziaria) deve contenere: immobili, impianti e macchinari; investimenti immobiliari; attività immateriali e finanziarie; partecipazioni contabilizzate col metodo del patrimonio netto; attività biologiche; rimanenze; crediti commerciali; liquidità; attività e complessi aziendali che la società vende o dismette nel breve periodo; debiti commerciali, accantonamenti, passività finanziarie, crediti e debiti per imposta, capitale nominale e riserve. Il conto economico deve contenere almeno: ricavi; oneri finanziari e tributari; utili e perdite; minusvalenze e plusvalenze, utile e perdita di esercizio; totale del CE complessivo. Il prospetto delle variazioni del patrimonio netto: riconciliazione contabile tra il valore iniziale e finale dell‟esercizio attraverso l‟indicazione delle vicende che ne hanno modificato l‟importo nel periodo di riferimento: utile o perdita dell‟esercizio; operazioni con i soci. Il rendiconto finanziario determina gli incassi e i pagamenti (flussi di cassa, cash flows) effettuati dalla società durante l‟esercizio. Secondo i principi contabili internazionali, i flussi di cassa devono essere presentati e suddivisi in tre classi: • Flussi di cassa relativi all‟esercizio dell‟attività produttiva principale dell‟impresa: es. incassi della vendita di beni e servizi; • Flussi di cassa relativi alla realizzazione o mobilizzazione di investimenti: es pagamenti per l‟acquisto di macchinari e impianti e partecipazioni.. • Flussi di cassa derivanti dall‟attività finanziaria: incassi derivanti dalle operazioni con cui la società si procura nuovo capitale e finanziamenti. Le note di bilancio hanno funzione integrativa prevista dalla disciplina nazionale: illustra e integra il contenuto degli altri documenti che compongono i bilancio. Criteri di valutazione nel codice civile: la redazione del bilancio di esercizio comporta delle stime da parte di amministratori per poter determinare il valore da iscrivere in bilancio. Il criterio base accolto dal codice civile è quello del costo storico di acquisto o di produzione del bene contabilizzato.

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Le immobilizzazioni di ogni tipo sono iscritte in bilancio al costo storico, dove vanno considerati anche i costi accessori: inoltre il valore delle immobilizzazioni materiali e immateriali, la cui utilizzazione è limitata nel tempo, deve essere ammortizzato in ogni esercizio in relazione alla residua possibilità di utilizzazione del bene, attraverso la diretta riduzione del valore iscritto nell‟attivo dell‟sp. Così viene ripartito fra gli esercizi di probabile durata del bene il costo inizialmente sopportato. Se il valore di un‟immobilizzazione risulta durevolmente minore del costo storico, dovrà essere iscritta in bilancio per tale minore valore. La svalutazione non può essere però mantenuta negli esercizi successivi qualora vengano meno i motivi della stessa. Se il costo storico è il criterio base di valutazione delle immobilizzazioni, vi sono delle regole particolari sono dettate per alcune di esse: - le immobilizzazioni finanziarie costituite da partecipazioni in imprese controllate e collegate, anziché al costo, possono essere valutate col metodo del patrimonio netto. Le eventuali plusvalenze rispetto al precedente esercizio devono essere iscritte in un‟apposita riserva non distribuibile. - I costi di impianto e di ampliamento, di ricerca, sviluppo e pubblicità possono essere iscritti nell‟attivo, solo se hanno un‟utilità pluriennale. Inoltre, devono essere ammortizzati per non più di 5 anni. - L‟avviamento può essere iscritto nell‟attivo solo se acquistato a titolo oneroso e nei limiti del costo per esso sostenuto: anche l‟avviamento deve essere ammortizzato in 5 anni. I crediti devono essere valutati col valore prudente realizzo: se sono dubbi non possono essere iscritti in bilancio. I cespiti dell‟attivo circolante diversi dai crediti devono essere iscritti al costo di acquisto o di produzione ovvero, al valore di realizzo desumibile dall‟andamento del mercato. I criteri di iscrizione in bilancio delle attività e passività in valuta i cui effetti non si sono ancora esauriti al termine dell‟esercizio. Sono dettati criteri diversi a seconda che si tratti di attività e passività non costituenti immobilizzazioni ovvero di attività che cstituiscono immobilizzazioni. Le prime vanno iscritte al tasso di cambio in vigore dalla data di chiusura dell‟esercizio; le immobilizzazioni in valuta devono essere iscritte al tasso di cambio nel momento del loro acquisto o a quello inferiore alla chiusura dell‟esercizio se la riduzione è giudicata durevole. La stessa legge stabilisce di derogare ai criteri di valutazione fissati, in presenza di casi eccezionali che rendono l‟applicazione degli stessi incompatibile con la rappresentazione veritiera e corretta. Così gli amministratori possono attribuire ai beni un valore superiore a quello risultante dall‟applicazione dei criteri sopra esposti, motivando le singole deroghe nella nota integrativa. Gli eventuali utili risultanti dalla deroga devono essere iscritti in una “riserva non distribuibile” fin quando il maggior valore iscritto non sia stato realizzato per effetto dell‟alienazione del bene o coperto da ammortamento. Altro problema è quello del margine di discrezionalità di cui gli amministratori godono dato che, sono previsti in certi casi alternativi di valutazione e in altri casi il valore da iscrivere coinvolge il loro apprezzamento. Non sono sempre illecite le sopravvalutazioni di cespiti patrimoniali non dovute a ragioni oggettive motivate. Criteri di valutazione dei principi contabili internazionali: essi divergono in più punti rispetto a quelli del codice civile: difatti qui viene sostituita la valutazione col “fair value” (= valore equo). Esso è il corrispettivo al quale un bene potrebbe essere scambiato, o un debito estinto, in una transazione tra parti consapevoli e indipendenti. E‟ dunque il valore di scambio o di mercato del cespite da valutare. Il fair value è criterio impiegato dai principi contabili internazionali per la valutazione di un bene nei bilanci successivi a quello della sua prima rivelazione contabile. Ciò in quanto il valore di mercato esprime le variazioni di valore meglio del metodo del “costo storico rettificato” (svalutazioni, rivalutazioni..). Gli utili derivanti dall‟applicazione del criterio del valore equo o del patrimonio netto devono essere infatti iscritti in una “riserva non distribuibile” fin quando il maggior valore iscritto non sia stato realizzato per effetto dell‟alienazione del bene o coperto da ammortamento. I principali criteri di valutazione sono: o Gli investimenti di immobili sono rilevati per la prima volta in bilancio al costo storico d‟acquisto. Successivamente gli amministratori conservano tale valore, rettificato tramite ammortamenti e svalutazioni, oppure possono optare per la contabilizzazione al fai value alla data di riferimento del bilancio. o Impianti, macchinari e immobili posseduti per uso proprio sono rilevati per la prima volta in bilancio al costo storico di acquisto o di produzione. In seguito gli amministratori devono rivalutare con cadenza periodica le relative poste di bilancio sulla base del fair value dei beni che le compongono. Le eventuali plusvalenze che si determinano rispetto al valore del costo storico devono essere iscritte in una “riserva non distribuibile” e non costituiscono un ricavo da imputare nel CE. o I beni immateriali devono essere iscritti in bilancio quando è probabile che generino futuri benefici economici ed è possibile determinarne attendibilmente il costo. Tali cespiti devono essere rilevati al valore di costo, da ammortizzare negli esercizi successivi per tutta la durata di vita del bene. Ciò vale sia per le

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immobilizzazioni immateriali, per i costi di sviluppo e non per i costi di ricerca, di impianto e ampliamento e pubblicità (sono spese di aleatoria utilità futura). o L‟avviamento può essere iscritto nell‟attivo solo se acquistato a titolo oneroso. Esso non deve essere ammortizzato, ma solo svalutato in caso di perdita durevole del valore. o Le attività finanziarie (crediti, partecipazioni, strumenti finanziari derivati) devono essere iscritte in bilancio al fair value alla data di riferimento del bilancio. N.B. “eccezioni” 1) le partecipazioni in società controllate o collegate possono essere valutate al costo o al fair value; 2) finanziamenti, crediti sono valutati al fair value solo al momento della prima iscrizione in bilancio e nei bilanci successivi si mantiene il valore della prima iscrizione. o Le rimanenze devono essere iscritte al costo di acquisto o di produzione ovvero, al valore di realizzo desumibile dall‟andamento del mercato. o I lavori in corso su ordinazione sono iscritti sulla base dei ricavi e dei costi che possono essere stimati in base allo stato di avanzamento dei lavori. o Attività e passività in valuta estera da contabilizzare al valore del costo storico vanno iscritte in bilancio al tasso di cambio del momento in cui furono acquistate o contratte, mentre quelle contabilizzate al fair value vanno iscritte al tasso di cambio in vigore alla data in cui è stato determinato il fair value. Procedimento di formazione del bilancio: il bilancio è redatto nel sistema tradizionale (e in quello monistico) da tutti e tre gli organi sociali: amministratori, collegio sindacale, assemblea e il soggetto incaricato alla revisione legale dei conti; nel sistema dualistico il bilancio è predisposto dal consiglio di gestione e approvato da quello di sorveglianza. Gli amministratori redigono il progetto di bilancio e tale funzione non è delegabile al comitato esecutivo o agli amministratori delegati. Nelle società quotate gli amministratori si avvalgono della cooperazione di “un dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari”: egli, nominato con le modalità dello statuto, ha due compiti importanti: 1) predisporre adeguate procedure amministrative e contabili per la formazione del bilancio; 2) attestare che gli atti e le comunicazioni della società diffusi al mercato e relativi all‟informativa contabile della società stessa sono conformi alle scritture contabili. Il dirigente è tenuto ad attestare congiuntamente agli amministratori delegati la correttezza formale e sostanziale dei bilanci. Il CdA vigila affinché siano attribuiti al dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili poteri e mezzi adeguati. Se vi è una società capogruppo, al bilancio devono essere allegati: copie integrali dell‟ultimo bilancio delle società controllate, un prospetto riepilogativo dei dati essenziali dell‟ultimo bilancio delle società collegate. Nelle società quotate va allegata anche una “redazione sul bilancio” dove si attesta che il bilancio è conforme alle scritture contabili e ai principi contabili internazionali e le procedure di bilancio sono adeguate; in pratica il bilancio ha una rappresentazione contabile veritiera e corretta. Il progetto di bilancio con la relazione degli amministratori deve essere comunicato al collegio sindacale, che deve riferire all‟assemblea sui risultati dell‟esercizio sociale e sull‟attività svolta nell‟adempimento dei propri doveri. Il progetto di bilancio con gli allegati deve essere depositato in copia nella sede della società durante i 15 giorni che precedono l‟assemblea e finché il bilancio è approvato (di cui i soci non possono prenderne visione). Nelle società quotate questi documenti sono messi sul sito internet della società per il pubblico. L‟assemblea può approvare o meno il bilancio e anche modificarne il progetto. Entro 30 giorni dall‟approvazione, copia del bilancio con verbale di approvazione dell‟assemblea e del consiglio di sorveglianza vanno depositate nell‟ufficio delle imprese. Nelle società con azioni quotate in borsa glia amministratori devono redigere anche una “relazione finanziaria semestrale” sull‟andamento della gestione. Invalidità della delibera di approvazione: il bilancio di esercizio può presentare dei vizi e irregolarità nel procedimento della sua formazione (in tal caso il bilancio è annullabile, ed è nullo in caso di mancanza di convocazione o del verbale) o per quanto riguarda il suo contenuto. La delibera di approvazione del bilancio è nulla se presenta vizi di chiarezza o precisione poiché ha oggetto illecito, in quanto adottata in contrasto con norme imperative inderogabili dettate a tutela di un interesse generale. Il legislatore ha anche introdotto limitazioni all‟impugnativa dei bilanci per tutte le spa. Le azioni di nullità e annullabilità non possono essere più esercitate dopo che è stato approvato il bilancio dell‟esercizio successivo. Se il soggetto che deve svolgere la revisione ha emesso un giudizio privo di rilievi, la legittimazione a impugnare la delibera di approvazione del bilancio per cause di nullità e annullabilità spetta a tanti soci che rappresentano almeno il 5% del capitale sociale. Nelle società quotate l‟impugnativa per mancata conformità del bilancio può essere proposta in ogni caso dalla Consob.

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Utili, riserve e dividendi: l‟assemblea che approva il bilancio delibera sulla distribuzione degli utili ai soci; nel sistema dualistico ciò avviene dopo l‟approvazione del bilancio dal consiglio di sorveglianza. Non tutti gli utili sono distribuibili tra i soci, ciò a causa di alcuni vincoli di destinazione imposti dalla legge: - se negli esercizi precedenti si è verificata una perdita, non si possono ripartire gli utili fino a che il capitale non sia reintegrato o ridotto. - riserva legale: dagli utili netti annuali, deve essere dedotta una somma pari al 5% degli stessi per costituire una riserva (legale); e ciò fin quando essa non abbia raggiunto almeno il 20% del capitale sociale. La riserva legale costituisce un accantonamento contabile di utili imposto per legge a salvaguardia dell‟integrità del capitale per evitare che eventuali perdite lo colpiscano direttamente. - riserva statutaria: la sua costituzione è stabilita dallo statuto, che stabilisce la quota parte di utili di esercizio da destinare alla stessa. Anche questi utili non possono essere distribuiti tra i soci ma ciò può essere rimosso con una delibera dell‟assemblea. - riserve facoltative: di esse l‟assemblea ordinaria può liberamente disporre per distribuire utili ai soci negli esercizi successivi, sempreché non ci siano perdite. Vincoli di destinazione degli utili di esercizio possono derivare dalle norme statutarie che prevedono una partecipazione agli utili a favore dei promotori, soci fondatori e amministratori: questa partecipazioni sono computate sugli utili netti di esercizio. Gli utili distribuibili ai soci sono costituiti: da utili distribuibili dell‟esercizio; da utili accertati e non distribuiti negli esercizi precedenti. Per questo è necessaria una distinta deliberazione dell‟assemblea di distribuzione degli utili non basta il diritto individuale degli azionisti all‟immediata assegnazione di essi. Nelle società quotate lo statuto può riconoscere ai soci di minoranza una maggiorazione sul dividendo percepito dagli azionisti che conservino le loro azioni per un determinato periodo di tempo, non inferiore ad un anno. La maggiorazione non può superare il 10% dei dividendi distribuiti alle altre azioni. La società non può pagare dividendi sulle azioni, se non per utili realmente conseguiti e risultanti dal bilancio approvato. Gli acconti dividendo. È possibile sapere se ci sono utili distribuibili ai soci sotto forma di dividendi con la chiusura dell‟esercizio sociale e con l‟approvazione del relativo bilancio. La distribuzione di acconti dividendo non è consentita a tutte le spa, ma solo a quelle il cui bilancio è soggetto a revisione legale dei conti secondo il regime previsto per gli enti di interesse pubblico. Tale distribuzione da parte di tali società è sottoposta ad una serie di condizioni per evitare che vengano distribuiti utili solo sperati e difficilmente recuperabili dagli azionisti dopo l‟approvazione del bilancio d i esercizio; le condizioni sono le seguenti: Deve essere prevista dallo statuto; Può essere deliberata dagli amministratori solo dopo il rilascio da parte del revisore o della società di revisione di un giudizio positivo sul bilancio dell‟esercizio precedente e l‟approvazione dello stesso; Non è consentita quando vi sono perdite ( dell‟esercizio o precedenti) dall‟ultimo bilancio approvato; La misura dell‟acconto non può superare la minor somma fra l‟importo degli utili conseguiti dalla chiusura dell‟esercizio precedente e quello delle riserve disponibili risultanti dall‟ultimo bilancio approvato. La distribuzione degli acconti dividendo è deliberata dagli amministratori (e non dall‟assemblea), sulla base di un prospetto contabile e di una relazione, dai quali risulti che la situazione patrimoniale, economica e finanziaria della società consente la distribuzione stessa. Gli acconti dividendo non sono ripetibili se i soci li hanno riscossi in buona fede; ciò comporta che gli azionisti non sono esposti a ripetizione quand‟anche nella rimanente parte dell‟esercizio si verifichino perdite che assorbono utili di periodo risultanti dal prospetto e riserve disponibili. L‟assemblea che approva il bilancio non può deliberare di non distribuire alcun dividendo, costringendo così gli amministratori a chiedere agli azionisti la restituzione degli acconti riscossi, in caso contrario son previste sanzioni: perciò la delibera del CdA ha carattere definitivo. Il bilancio consolidato di gruppo: è un bilancio redatto dalla capogruppo in aggiunta al proprio bilancio di esercizio. In esso è rappresentata la situazione patrimoniale, finanziaria ed economica del gruppo considerato nella sua unità. Questo bilancio consolidato costituisce perciò un utile strumento di informazione sulla situazione globale del gruppo; ma non incide sulla determinazione dell‟utile distribuibile, che resta quello risultante dai bilanci di esercizio delle singole società di gruppo. Esso deve essere redatto dalle società di capitali che controllano altre imprese e dalle società cooperative che controllano società di capitali.

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Coloro che sono esonerati dal‟obbligo di redigere il bilancio consolidato sono: i gruppi di minore dimensione e quelli in cui le imprese controllate sono irrilevanti ai fini della rappresentazione veritiera e corretta della situazione economica e finanziaria complessiva del gruppo; e anche le subholding (società controllate che a loro volta controllano altre società) che non abbiano emesso titoli quotati in borsa. Inoltre nei gruppi a catena il bilancio deve essere redatto solo dalla società che è al vertice del gruppo. Mentre nelle società esercenti attività bancaria, assicurativa, di intermediazione mobiliare, nelle società finanziarie e in quelle che emettono azioni (o altri strumenti finanziari quotati) sono tenute a redigere i propri bilanci consolidati in conformità ai principi contabili internazionali. Il bilancio consolidato è redatto dagli amministratori della capogruppo, assumendo come termine di riferimento la data di chiusura del bilancio di esercizio dell‟impresa controllante. Le controllate invece devono redigere un bilancio annuale intermedio riferito alla data del bilancio annuale consolidato. Il bilancio consolidato ha la stessa struttura del bilancio di esercizio: secondo la disciplina nazionale, si articola nello stato patrimoniale, conto economico e nella nota integrativa. Quelli redatti secondo i principi contabili internazionali devono includere anche il prospetto delle variazioni del patrimonio netto e il rendiconto finanziario. In ogni caso, il bilancio consolidato deve essere corredato da una relazione degli amministratori contenente un‟analisi fedele, equilibrata ed esauriente della situazione dell‟insieme delle imprese comprese nel consolidamento. Anche i “principi e i criteri di redazione del bilancio consolidato” coincidono con quelli dettati per il bilancio di esercizio. Nel bilancio consolidato sono ripresi gli elementi dell‟attivo e del passivo, nonché i proventi e oneri delle imprese incluse nel consolidamento, utilizzando però criteri di valutazione uniformi. Le voci non inserite nel bilancio sono le seguenti: o Le partecipazioni della controllante in imprese incluse nel consolidamento e la frazione del patrimonio netto (capitale e riserve) di queste. Tali valori sono sostituiti nel bilancio consolidato dalla diretta iscrizione delle attività e passività risultanti dal bilancio delle controllate. Ci possono essere differenze tra il valore unitario per cui la partecipazione era iscritta nel bilancio della capogruppo e la somma algebrica dei valori degli elementi patrimoniali della controllata: queste differenze sono dette “differenze di consolidamento”; o I crediti e i debiti tra le imprese incluse nel consolidamento; o I proventi e gli oneri relativi ad operazioni effettuate fra le stesse; o Gli utili e le perdite conseguenti. La formazione del bilancio consolidato segue lo stesso procedimento del bilancio di esercizio della società capogruppo che lo redige, ed è sottoposto agli stessi controlli e alle stesse forme di pubblicità. N-B Differenza significativa: il bilancio consolidato, a differenza di quello di esercizio, non è assoggettato ad approvazione da parte dell‟assemblea: nel sistema tradizionale e monistico esso costituisce atto degli amministratori, e nel dualistico è approvato dal consiglio di sorveglianza. Il bilancio consolidato presenta vizi di contenuto e non è applicabile la disciplina dell‟invalidità delle deliberazioni assembleari, bensì quella dell‟invalidità delle delibere del consiglio di amministrazione. Però, nelle società quotate i soci che rappresentano almeno il 5% del capitale sociale possono richiedere al tribunale di accertare la conformità del bilancio consolidato alle norme che ne disciplinano i criteri di redazione. L‟accertamento può essere richiesto anche dalla Consob. Le modificazioni dello statuto Costituisce modificazione dello statuto di una spa ogni mutamento del contenuto oggettivo del contratto sociale (atto costitutivo e statuto); il mutamento può consistere nell‟inserimento di nuove clausole che modificazione o eliminazione di clausole esistenti. Tutte le modificazioni sono valide ad eccezione della sostituzione dei cosi: il passaggio delle azioni da un soggetto all‟altro è rapido e ibero, per questo si ha un apposito libro dei soci nel quale vengono indicati tutti i trasferimenti. Procedimento: le modificazioni statutarie sono di competenza dell‟assemblea straordinaria ma ci sono delle eccezioni: lo statuto può ordinare all‟organo amministrativo (o al consiglio di sorveglianza) una serie di modifiche, a determinate condizioni che il verbale sia redatto da un notaio: -fusione o incorporazione con un‟altra della quale si possiede almeno il 90%; -istituzione e soppressione di sedi secondarie; -decisione sulla rappresentanza degli amministratori, -riduzione di capitale in caso di recesso di un socio, -adeguamento dello statuto a disposizioni normative, -trasferimento della sede sul territorio nazionale, -aumento di capitale a pagamento.

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Anche il tribunale può disporre d‟ufficio una modifica dello statuto: la riduzione di capitale sociale obbligatoria per perdite. Nello statuto, solo per società chiuse, la delibera di modificazione dello statuto può richiedere un quorum di maggioranza più alto come per la trasformazione della società, modifica dell‟oggetto sociale revoca dello stato di liquidazione.. Il verbale dell‟assemblea straordinaria deve essere redatto da un notaio: ciò aumenta il controllo sulle decisioni prese. Egli deve verificare che siano rispettate le condizioni di legge e, entro 30 giorni, ne richiede l‟iscrizione nel registro delle imprese. Poi l‟ufficio, verificata la regolarità, iscrive la delibera nel registro allegando le autorizzazioni richieste. N.B. Se in caso contrario qualcosa andasse storto il notaio deve comunicare agli amministratori le condizioni non perseguite; i quali quest‟ultimi dovranno convocare l‟assemblea per colmare la lacuna o regolarizzare l‟elemento non conforme alla legge. Se però ritengono che le condizioni di legge siano state rispettate, nonostante il parere del notaio, possono rivolgersi al tribunale che, verificate le condizioni di legge, ordina con un decreto l‟iscrizione nel registro delle imprese; in caso di inerzia degli amministratori la delibera non è efficace. Diritto di recesso: a garanzia dei soci, in relazione a particolari modifiche dell‟atto, è previsto un diritto di recesso dato che tali modificazioni sono prese a maggioranza. Decisioni anche importanti possono essere prese contro la volontà di qualche socio, questo perché la società funziona col principio maggioritario: oltre a prevedere maggioranze più elevate è riconosciuto il “diritto di recesso dalla società”: vale il principio di correttezza, buona fede, parità dei soci nelle delibere ma è stata voluta anche questa tutela più forte. ““ Prima della riforma erano solo tre i casi in cui era previsto il diritto di recesso: cambiamento dell‟oggetto sociale, trasformazione, trasferimento della sede sociale all‟estero. I soci erano disincentivati ad esercitarlo perché il calcolo di quando spettava al socio recedente era legato al patrimonio netto dell‟ultimo bilancio. In passato si pensava che se il socio desiderava abbandonare la società bastava vendere le azioni: questo va bene solo finchè si trovano acquirenti. Ma quando vengono fatte modifiche sostanziali si deve consentire al socio di uscire anche in assenza di acquirenti. Per il socio è legittimo non condividere le decisioni prese e desiderare di abbandonare la compagine sociale.”” Con la nuova normativa, il recesso è legittimato con delle cause legali che possono essere: o Cause inderogabili: sono stabilite dalla legge e non eliminabili dai soci. Esse riguardano modifiche sostanziali dell‟atto costitutivo e in questi casi il diritto di recesso non può essere sospeso dallo statuto ed è nullo ogni patto volto ad escluderlo o renderlo più gravoso. Il diritto di recesso è esercitato da soci che non hanno concorso (in quanto dissenzienti, assenti o astenuti) alle delibere riguardanti: - la modifica dell‟oggetto sociale purchè il cambiamento sia significativo dell‟attività della società; - la trasformazione della società e trasferimento della sede sociale all‟estero; - Revoca dello stato di liquidazione; - eliminazione di cause di recesso derogabili o previste nello statuto; - modifica dei criteri di valutazione delle azioni in caso di recesso; - le modificazioni dello statuto concernenti il diritto di voto o partecipazione; - solo per le società quotate, a tutti questi elementi va aggiunta l‟esclusione dalla quotazione. - nelle società chiuse, se costituite a tempo indeterminato, i soci hanno diritto di recesso se danno un preavviso di 180 giorni. o Cause derogabili: sono stabilite dalla legge ma possono essere eliminate dallo statuto. Riguardano i soci che non hanno partecipato alla decisioni di: - Di proroga della società; - Introduzione, eliminazione di vincoli riguardanti la circolazione delle azioni; N.B. Nelle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, lo statuto può prevedere ulteriori cause di recesso: le cause statutarie. Esse sono previste dallo statuto, il quale può prevedere ulteriori clausole solo per le società chiuse. L‟introduzione di queste clausole deve essere ponderata in modo attento: non bisogna esagerare inserendo tante clausole per il diritto di recesso, poiché si esercita il diritto di socio ha diritto ad una quota: se in molti lo esercitano la società potrebbe trovarsi in difficoltà e potrebbe essere costretta a ridurre il capitale o a scioglierla.

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1) Come si esercita il diritto di recesso: esso deve essere comunicato con lettera raccomandata alla società entro 15 giorni dall‟iscrizione nel registro delle imprese della delibera che lo legittima; termine portato a 30 giorni dalla conoscenza dalla parte del socio, se il fatto che legittima il recesso non è una delibera. La dichiarazione di recesso non comporta la perdita immediata della qualità di socio: essa avviene solo in seguito al rimborso delle azioni. Le azioni per le quali è esercitato il diritto di recesso non possono essere cedute e devono essere depositate presso la sede della società. Quest‟ultima può sottrarsi al rimborso delle azioni se entro 90 giorni successivi al recesso revoca la delibera che lo legittima o delibera lo scioglimento della società. L‟indennizzo: nelle “società quotate l‟indennizzo è calcolato facendo la media delle quotazioni di chiusura delle azioni negli ultimi 6 mesi che precedono la convocazione dell‟assemblea che ha deliberato il cambiamento (per evitare oscillazioni anomale: Nelle “società non quotate” il valore delle azioni da rimborsare è determinato dagli amministratori, sentito il collegio sindacale e il revisore, e considerando sia il patrimonio sociale, sia le prospettive reddituali e dell‟eventuale valore di mercato delle azioni riferendosi ad acquisti e cessioni nell‟ultimo periodo. Lo statuto può definire criteri più specifici tipo voci da rettificare e criteri da usare per far specchiare il valore delle società in modo fedele. I soci hanno diritto a conoscere il valore determinato nei 15 giorni che precedono l‟assemblea che contiene nell‟ordine del giorno decisioni che danno diritto di recesso ai soci assenti, dissenzienti o astenuti: il socio è cosi cosciente delle conseguenze del suo voto in assemblea. In caso di contestazione di questo valore, la valutazione viene fatta da un esperto nominato dal tribunale entro 90 giorni dall‟esercizio del diritto di recesso. Modalità con cui avviene il rimborso: • Si offrono le azioni del recedente a soci e obbligazionisti che possiedono obbligazioni convertibili, in proporzione alla loro partecipazione; • Se qualche socio non fa valere il diritto, nessuno le prende, si offrono le azioni a soci e obbligazionisti che possiedono obbligazioni convertibili che si sono dichiarati ad acquistare altre azioni, in proporzione alla loro partecipazione attuale nella società; • Se non vengono collocate tutte le azioni, esse vengono offerte sul mercato; • Se non vengono collocate tutte le azioni sul mercato, avviene l‟acquisto da parte della società, se le riserve disponibili sono sufficienti; • Se tale acquisto no è possibile si convoca l‟assemblea straordinaria per deliberare una riduzione del capitale sociale o eventualmente lo scioglimento della società. Di fronte a una riduzione del capitale sociale i creditori possono fare opposizione e se accolta non è possibile ridurre il capitale. Le modificazioni del capitale sociale: una delle modificazioni dello statuto relative al capitale sociale sono l‟aumento e la diminuzione. L‟aumento del capitale sociale: con esso la società si procura nuovi mezzi finanziari a titolo di capitale di rischio: nuovi conferimenti. L‟aumento reale dà perciò luogo all‟emissione di nuove azioni a pagamento, che vengono sottoscritte dai soci attuali, cui per legge è riconosciuto il diritto di opzione, ovvero da terzi che così diventano soci. Questa modifica di capitale è di competenza dell‟assemblea straordinaria dei soci, anche se non ha carattere inderogabile. Lo statuto può stabilire la facoltà di aumentare in una o più volte il capitale sociale agli amministratori se c‟è una specifica delega nell‟atto costitutivo con tanto di durata (non > dei 5 anni), se e in che misura è possibile limitare il diritto di opzione e con l‟ammontare massimo entro cui aumentare il capitale. Il verbale di questa delibera deve essere fatto da un notaio. I due tipi di capitale sociale sono: Aumento di capitale reale / a pagamento: si ha un aumento di capitale sociale con nuovi conferimenti: sono emesse nuove azioni a pagamento; ai soci è riconosciuto il diritto di opzione*. La società non può aumentare il capitale senza aver prima ridotto quello in misura corrispondente alla perdita o fino a che le azioni precedentemente emesse non siano interamente liberate. Procedimento: 1) l‟assemblea straordinaria o il CdA deliberano l‟aumento di capitale. L‟azione di nullità può essere fatta valere entro 180 giorni, anche in caso di illiceità dell‟oggetto, mentre il term ine è di 90 giorni dall‟approvazione del bilancio in cui è avvenuta l‟operazione per mancanza del verbale; 2) Si fissa un termine, minimo di 30 giorni, per effettuare la sottoscrizione. 3) Spirato questo termine si iscrive nel registro delle imprese l‟avvenuto aumento. Se non è stato sottoscritto tutto il capitale si deve verificare se nella delibera l‟aumento è considerato: scindibile (si può

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aumentare il capitale limitatamente alla parte sottoscritta), o inscindibile ( non si può procedere all‟aumento di capitale e i conferimenti vengono restituiti. Se si vuole comunque procedere occorre una nuova delibera). Per i conferimenti in sede di aumento di capitale vale la medesima disciplina a suo tempo esposta per i conferimenti al momento della costituzione della società: in particolare il 25% dei conferimenti in denaro deve essere effettuato direttamente alla società e non presso una banca << DIRITTO DI OPZIONE: è il diritto dei soci attuali di essere preferiti ai terzi nella sottoscrizione dell‟aumento del capitale sociale a pagamento. Esso consente di - mantenere inalterata la proporzione in cui ogni socio partecipa al capitale e al patrimonio sociale, e quindi mantiene inalterata la proporzione in cui ciascun socio partecipa, attraverso il voto, alla formazione della volontà sociale (funzione amministrativa) - mantiene inalterato il valore reale della partecipazione azionaria in presenza di riserve accumulate (funzione patrimoniale) Il diritto di opzione ha un proprio valore economico che l‟azionista può monetizzare cedendo a terzi qualora non voglia o non possa concorrere all‟aumento del capitale sociale. Tuttavia è un diritto intangibile dell‟azionista che ha per oggetto le azioni di nuova emissione di qualsiasi categoria e le obbligazioni convertibili. Questo diritto compete agli azionisti di ogni categoria e ai possessori di obbligazioni convertibili su tutte le azioni di nuova emissione. Il socio che non intenda beneficiare di questo diritto può monetizzarlo e cederlo a terzi. Se un soggetto rinuncia al diritto di opzione: nelle società non quotate coloro che hanno esercitato tale diritto hanno diritto di prelazione nella sottoscrizione delle azioni non optate; nelle società quotate i diritti di opzione vengono offerti sul mercato regolamentato dagli amministratori per almeno 5 riunioni e il ricavato va a beneficio del patrimonio sociale. Solo se i diritti offerti non vengono usati , le azioni possono essere liberamente collocate. Il diritto di opzione può essere escluso: per legge quando le azioni devono essere liberate con conferimenti in natura. La proposta di aumento di capitale deve essere illustrata dagli amministratori con apposita relazione, nella quale emergano le ragioni di tali conferimenti. Inoltre va redatta una relazione giurata di stima sul bene prima che l‟assemblea deliberi sull‟aumento di capitale sociale affinchè i soci ne possano prendere visione. Nell‟interesse della società: quando uno specifico interesse della società lo esiga; occorre una relazione degli amministratori in cui vengano illustrate le ragioni dell‟esclusione o limitazione del diritto di opzione. La relativa delibera deve essere approvata da oltre la metà del capitale sociale. Esclusione statutaria: nelle società quotate lo statuto può escludere il diritto di opzione nei limiti del 10% del capitale preesistente purchè il prezzo di emissione corrisponda al valore di mercato delle azioni e ciò sia confermato da apposita relazione della società di revisione contabile. Per l‟azionariato dei dipendenti: il diritto di opzione può essere escluso quando le azioni devono essere offerte in sottoscrizione ai dipendenti della società. La relativa delibera deve essere approvata da oltre la metà del capitale sociale, se il diritto di opzione è escluso per più di un quarto delle azioni di nuova emissione. Tuttavia nelle società quotate si applicano anche in tal caso le normali maggioranze dell‟assemblea straordinaria se l‟aumento n eccede l‟1% del capitale. Il valore di emissione è determinato in base al patrimonio netto; ciò deve essere comunicato al revisore e al collegio sindacale che daranno un parere su questa valutazione. Per le società quotate è il valore di mercato. Opzione indiretta: ai soci si interpone un intermediario finanziario che sottoscrive le azioni (banche, enti finanziari..). La delibera di aumento prevede che tutte le nuove azioni siano sottoscritte da un intermediario qualificato (sottoposto a vigilanza Consob) che si impegna a offrirle in opzione ai soci. Il capitale è tutto sottoscritto ma lo svantaggio è l‟onerosità dell‟operazione. L‟intermediario non ha diritto di voto finchè non può essere esercitato il diritto di voto. I Warrant: sono buoni di opzione che attribuiscono al titolare il diritto di sottoscrivere le azioni di nuova emissione a condizioni predeterminate: così è possibile diluire o differire l‟aumento di capitale. L‟Aumento nominale di capitale: non da luogo a nuovi conferimenti e non incrementa il patrimonio sociale. E‟ posto dall‟assemblea straordinaria imputando a capitale le riserve e altri fondi iscritti in bilancio

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in quanto disponibili.: riserve facoltative, statutarie, prive di specifica destinazione, la riserva da sovrapprezzo azioni, fondi speciali costituiti con utili, plusvalenze dell‟attivo patrimoniale. L‟aumento è realizzato usando valori già esistenti nel patrimonio della società e non deve alterare le preesistenti posizioni reciproche degli azionisti; ci sono due modalità operative: - Emettere nuove azioni e attribuirle gratuitamente ai soci in proporzione a quelle da essi già possedute. - Aumentare il valore nominale della zioni preesistenti. La riduzione del capitale sociale: anche la riduzione del capitale sociale può essere “reale” o “nominale”, a seconda che la riduzione dia luogo o meno ad un corrispondente rimborso ai soci del valore dei conferimenti; sia o meno accompagnata da una riduzione del patrimonio sociale. La riduzione reale è la riduzione del capitale sociale mentre quella nominale è la riduzione del capitale sociale per perdite. La riduzione del capitale può essere: obbligatoria (per perdite che generano una riduzione al di sotto di 1/3 dello stesso e magari che fanno sì che il capitale si riduca al di sotto del limite legalmente previsto) o facoltativa (esuberanza del capitale rispetto alle esigenze aziendali, recesso o morosità del socio, mancato rispetto delle norme sulle azioni prprie, operazioni straordinarie come la scissione) La diminuzione reale del capitale sociale: è di competenza dell‟assemblea straordinaria e da luogo al rimborso dei conferimenti ai soci. Il capitale sociale non può essere ridotto al di sotto del limite minimo di 120.000 euro e se la società ha emesso obbligazioni, la riduzione reale del capitale sociale non può aver luogo se non è rispettato il limite legale all‟emissione di queste ultime. Procedimento: L‟avviso di convocazione dell‟assemblea deve indicare ragioni e modalità della riduzione; la delibera può essere eseguita solo dopo 90 giorni dall‟iscrizione nel registro delle imprese, entro i quali o creditori possono fare opposizione alla delibera di riduzione. L‟opposizione sospende l‟esecuzione della delibera fino all‟esito del giudizio sulla stessa. Modalità di esecuzione: la riduzione reale può avvenire mediante liberazione dei soci dall‟obbligo dei versamenti ancora dovuti, o mediante rimborso agli stessi del capitale o ancora, all‟acquisto di azioni proprie e successivo annullamento. La riduzione deve assicurare la parità di trattamento tra gli azionisti. La diminuzione del capitale per perdite: il patrimonio netto della società può scendere al di sotto del capitale sociale nominale. La riduzione del capitale sociale per perdite consiste nell‟adeguare la cifra del capitale sociale nominale all‟attuale minor valore del capitale reale: è una riduzione nominale perché non comporta alcuna riduzione del patrimonio sociale. La legge distingue due tipi di perdite a seconda che siano o meno superiori ad un terzo: - Perdita < di 1/3 del capitale sociale nominale: la riduzione è facoltativa. La società può ridurre il capitale per poter distribuire gli utili successivamente conseguiti (finche‟ le perdite non sono state colmate non si possono distribuire utili). Con la riduzione si fanno ricadere sui soci attuali le perdite pregresse riducendo il valore nominale delle azioni in circolazione. - Perdita > a 1/3 del capitale sociale nominale: la riduzione è obbligatoria. E inoltre: Il capitale resta al di sopra del limite legale: gli amministratori devono convocare l‟assemblea e sottoporle un apposita relazione. Sulla situazione patrimoniale della società. L‟assemblea così convocata prende i vari provvedimenti decidendo o l‟immediata riduzione del capitale sociale o un semplice rinvio a nuovo delle perdite. Tuttavia se entro l‟esercizio successivo la perdita non è diminuita a meno di un terzo, l‟assemblea ordinaria deve ridurre il capitale in proporzione delle perdite accertate. Se le azoni emesse dalla società non hanno valore nominale, la riduzione è deliberata dal CdA. Il capitale è al di sotto del limite legale: l‟assemblea è convocata senza indugio per deliberare o la riduzione del capitale e il contemporaneo aumento per una cifra che lo riporti sopra il limite di 120.000 euro; o la riduzione del capitale e la trasformazione della società in un altro tipo societario. Se l‟assemblea non decide la società si scioglie ed entra in uno stato di liquidazione. Le obbligazioni: necessarie per raccogliere capitale di prestito, sono titoli di credito (nominativi o al portatore) che rappresentano frazioni di ugual valore nominale e con uguali diritti di un‟unitaria operazione di finanziamento a favore della società. Esse documentano un credito verso la società e sono diverse dalla “azioni”: quest‟ultime attribuiscono la qualità di socio e di compartecipazione ai risultati (positivi o negativi) dell‟attività d‟impresa; l‟obbligazione invece attribuisce la qualità di creditore della società e ha diritto ad una remunerazione periodica fissa (gli interessi), svincolata dai risultati della società finanziata. L‟obbligazionista ha anche diritto al rimborso del valore nominale del capitale prestato alla scadenza pattuita mentre l‟azionista può essere rimborsato in caso di liquidazione della società. Le obbligazioni sono titoli di massa che attribuiscono il diritto al rimborso di una somma di denaro.

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L‟emissione di obbligazioni è deliberata normalmente dagli amministratori: tale delibera deve risultare da verbale redatto da un notaio ed è soggetta a controllo di legalità da parte dello stesso e a iscrizione nel registro delle imprese. Essa può essere eseguita solo dopo l‟iscrizione e sarà collocata a prezzo pubblico sul mercato: il prezzo di emissione può anche essere < del valore nominale. Nel libro delle obbligazioni devono essere annotate l‟ammontare delle obbligazioni via via estinte, il cognome e nome dei titolari obbligazionisti, i trasferimenti e vari vincoli. Tipi speciali di obbligazioni: si distinguono Obbligazioni a premio: attribuiscono agli obbligazionisti utilità aleatorie (in denaro o natura); Obbligazioni partecipanti: i tempi e le entità degli interessi dipendono dall‟andamento della società, Obbligazioni indicizzate: adeguano il rendimento dei titoli all‟andamento del mercato finanziario e neutralizzano gli effetti della svalutazione monetaria. Obbligazioni in valuta estera: stesso scopo delle precedenti; Obbligazioni convertibili in azioni: si possono trasformare in una partecipazione azionaria Obbligazioni con warrant: attribuiscono all‟obbligazionista diritto di sottoscrivere o acquistare azioni della società; Obbligazioni subordinate: sono rimborsabili solo dopo il totale soddisfacimento degli altri creditori ma prima delle azioni. I limiti all‟emissione di obbligazioni: la spa può emettere obbligazioni, nominative o al portatore, per una somma complessivamente non superiore al doppio del capitale sociale sottoscritto, della riserva legale e quelle disponibili risultanti dall‟ultimo bilancio approvato. Quindi se per esempio il capitale sottoscritto è 100 (di cui versato 50), la riserva legale 20 e le altre riserve disponibili (statutarie e facoltative) 30, la società potrà emettere obbligazioni per ammontare non superiore a 300 (in passato sarebbe stato 50). La società, può tuttavia emettere obbligazioni per ammontare superiore al limite fissato in via generale quando: - Le obbligazioni in eccedenza sono destinate ad essere sottoscritte investitori istituzionali; - Le obbligazioni sono garantite ipoteca di primo grado su immobili di proprietà della società sino a 2/3 del valore di bilancio di questi; se le obbligazioni sono garantite da ipoteca non ci sono limiti quantitativi; - Ricorrono particolari ragioni che interessano l‟economia. Procedimento di emissione: l‟emissione di obbligazioni non sono di competenza dell‟assemblea straordinaria ma è deliberata dagli amministratori; essa deve risultare verbale redatto da notaio, e soggetta a controllo di legalità da parte dello stesso ed a iscrizione nel registro delle imprese. L‟emissione è eseguita dopo l‟iscrizione e inoltre, il collocamento sul mercato delle obbligazioni è soggetto alla disciplina dell‟offerta al pubblico di prodotti finanziari. Alla sottoscrizione segue il rilascio dei titoli che possono essere nominativi o al portatore e devono contenere le indicazioni stabilite. Il prezzo di emissione può essere anche inferiore al valore nominale e deve risultare in un apposito libro delle obbligazioni :in quest‟ultimo vengono annotati anche l‟ammontare delle obbligazioni via via estinte, nonché il cognome e nome dei titolari di obbligazioni nominative, i trasferimenti e i vincoli relativi a queste ultime. Le obbligazioni convertibili in azioni: concedono la facoltà di trasformare il proprio credito in una partecipazione azionaria. Esse attribuiscono il diritto di sottoscrivere azioni della stessa società, in base ad un prefissato rapporto di cambio, usando come conferimento somme versate al momento dell‟acquisto delle obbligazioni. Chi ha il diritto di conversione cessa perciò di essere obbligazionista e diventa azionista della società. Queste obbligazioni sono convertibili in azioni della stessa società di futura emissione. Le obbligazioni convertibili devono esser offerte in opzione agli azionisti e ai possessori di obbligazioni convertibili precedentemente emesse. La delibera di emissione delle obbligazioni convertibili non può essere adottata se il capitale sociale precedentemente sottoscritto non è stato integralmente versato; le obbligazioni convertibili non possono essere emesse per somma inferiore al oro valore nominale, trovando applicazione. Inoltre la delibera di emissione delle obbligazioni convertibili non può essere adottata se il capitale sociale sotto scritto non è stato integralmente versato e le obbligazioni convertibili non possono essere emesse al di sotto del loro valore nominale L‟assemblea che delibera l‟emissione delle obbligazioni deve determinare il “rapporto di cambio”, nonché il periodo e le modalità di conversione. Inoltre deve deliberare l‟aumento di capitale sociale per un

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ammontare corrispondente al valore nominale delle azioni da attribuire in conversione: le conversioni non avvengono tutte allo stesso momento; entro il 1‟ del mese successivo al termine fissato vengono emesse le azioni da consegnare agli ex obbligazionisti. Ci sono tre regole che possono alterare il valore di diritto di conversione: • In caso di aumenti del capitale sociale a pagamento e di nuove emissioni di obbligazioni convertibili, il diritto di opzione spetta anche ai possessori di obbligazioni convertibili; questo per mantenere inalterata la proporzione della loro futura partecipazione azionaria. • In caso di aumento gratuito del capitale o di riduzione per perdite, il rapporto di cambio è modificato in proporzione alla misura dell‟aumento o della riduzione del capitale. Nel primo caso, la società dovrà aumentare il numero delle azioni offerte in conversione, se l‟aumento gratuito è attuato mediante emissione di nuovi titoli. Nel secondo caso invece sarà ridotto il valore nominale o il numero di offerte in conversione. • La società non può deliberare la riduzione volontaria del capitale sociale, la fusione con altra società, la scissione o la modificazione delle disposizioni dell‟atto costitutivo concernenti la riparazione degli utili, fin quando non siano scaduti i termini fissati per la conversione. Il divieto può essere superato concedendo agli obbligazionisti la facoltà di conversione anticipata, iscrivendo la delibera nel registro delle imprese e dando 30 giorni di tempo. Oltre a questo procedimento diretto (= obbligazioni convertibili in azioni della stessa società), esiste anche quello indiretto, che offre la conversione in azioni di controllate, collegate o altre società. L‟organizzazione degli obbligazionisti: i prestiti obbligazionari emessi da una spa sono costituiti da una previsione di un‟organizzazione di gruppo degli obbligazionisti volta a tutelare gli interessi degli stessi verso la società articolata in due organi: il rappresentante comune e l‟assemblea degli obbligazionisti. Questo per il fine di assicurare tutela a interessi comuni degli obbligazionisti nei confronti della società e consente modifiche a maggioranza delle originarie condizioni del prestito. Assemblea degli obbligazionisti: delibera: -sulla nomina e revoca del rappresentante comune; -sulle modificazioni delle condizioni del prestito; -sulle proposte di amministrazione controllata e concordato preventivo e fallimentare; -sulla costituzione di un fondo per le spese necessarie alla tutela dei propri interessi e sul relativo rendiconto; -ogni volta che una delibera riguardi gli interessi degli obbligazionisti. L‟assemblea è convocata dagli amministratori della società o dal rappresentante comune degli obbligazionisti. La convocazione è obbligatoria quando ne è fatta richiesta da tanti obbligazionisti che rappresentano un 1/20 dei titoli emessi e non estinti. A queste assemblee partecipano amministratori e sindaci della società. Il funzionamento è analogo a quello dell‟assemblea straordinaria. Per le delibere di modificazione delle condizioni del prestito p necessario (anche in seconda convocazione) il voto favorevole degli obbligazionisti che rappresentano la metà delle obbligazioni emesse e non estinte. Le deliberazioni dell‟assemblea degli obbligazionisti sono iscritte nel registro a cura del notaio, e devono essere trascritte nel libro “delle adunanze e deliberazioni dell‟assemblea degli obbligazionisti”; i singoli obbligazionisti possono esaminarlo e ottenere estratti a proprie spese. Rappresentante comune: nominato come persona fisica o giuridica dall‟assemblea degli obbligazionisti e soggetto ad iscrizione nel registro; la sua carica è per un periodo non > di 3 esercizi, ed è rieleggibile: può essere revocato dall‟assemblea anche senza giusta causa salvo il diritto al risarcimento dei danni. Il rappresentante comune in particolare: -esegue le deliberazioni dell‟assemblea, -assiste alle operazioni per l‟estinzione a sorteggio delle obbligazioni (le operazioni sono nulle in sua assenza, a meno che non viene sostituito da un notaio); -ha la rappresentanza processuale degli obbligazionisti; -convoca l‟assemblea e tutela gli interessi dei soci. Egli ha diritto a un compenso fissato dall‟assemblea degli obbligazionisti Lo scioglimento delle società per azioni: (vale anche per SAPA ed SRL) Causa scioglimento liquidazione cancellazione dal registro delle imprese La spa si scioglie ed entra in stato di liquidazione col verificarsi di una di queste 10 cause: 1. Decorso del termine di durata fissato nell‟atto costitutivo: il termine può essere prorogato prima della sua scadenza con delibera a maggioranza dell‟assemblea straordinaria. Per le società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio è richiesta la “maggioranza rafforzata” di un terzo del capitale sociale anche in seconda convocazione.

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2. Il conseguimento dell‟oggetto sociale o la sopravvenuta impossibilità di conseguirlo: non è semplice definire quando è stato raggiunto, poiché spesso l‟oggetto sociale riguarda anche attività connesse. Questa causa è sanabile modificando l‟atto costitutivo. 3. L‟impossibilità di funzionamento o la continuata inattività dell‟assemblea: è sanabile modificando l‟atto costitutivo 4. La riduzione del capitale per perdite al di sotto del minimo legale: l‟assemblea può evitare lo scioglimento deliberando un aumento di capitale che riporti il capitale sociale sopra i 120.00, o trasformare la società. A settembre 2012 è stata introdotta un eccezione a questa causa: se è presentato un accordo di trasformazione dei debiti o un concordato preventivo questa causa di scioglimento è sospeso fino al momento dell‟omologa dell‟accordo o del concordato. 5. Delibera di scioglimento anticipato: per le società che non fanno ricorso al mercato di capitale di rischio è richiesta la maggioranza rafforzata di più di un 1/3 del capitale sociale anche in seconda convocazione. 6. Recesso di uno o più soci: è deliberata dall‟assemblea straordinaria; 7. Impossibilità di funzionamento dell‟assemblea: i soci non raggiungono i quorum necessari; 8. Prolungata inattività dell‟assemblea: non si riesce a costituire e convocare l‟assemblea causa assenza quorum; 9. Altre cause previsto nell‟atto o dallo statuto: lo statuto deve determinare la competenza a deciderle o accertarle e ad effettuare i prescritti adempimenti pubblicitari. 10. Solo nelle SAPA il venir meno della pluralità delle categorie di soci. Dal 2003 il fallimento non è più causa di scioglimento. Avvenuta una di queste cause di scioglimento, gli amministratori devono accertarla e iscrivere nel registro delle imprese la dichiarazione e la deliberazione assembleare che dispone lo scioglimento (oltre a provvedimento di scioglimento dell‟autorità governativa e la sentenza dichiarante la nullità). In caso di omissione degli amministratori, il tribunale si accerta della causa di scioglimento. In caso di ritardo o di omissione nell‟accertamento e nell‟iscrizione, gli amministratori sono responsabili per danni subiti dalla società, dai creditori sociali e dai terzi. Società in stato di liquidazione: la società non si estingue subito scoperta la causa di scioglimento poiché si deve prima provvedere, col procedimento di liquidazione, al pagamento dei creditori sociali e alla ripartizione fra i soci dell‟eventuale residuo attivo. Gli amministratori restano in carica fino alla nomina dei liquidatori e sono responsabili della conservazione dei beni sociali fin quando non li abbiano consegnati ai liquidatori. Inoltre essi vedono limitati i loro poteri: gli amministratori difatti conservano il potere di gestire la società ai soli fini della conservazione dell‟integrità e del valore del patrimonio sociale in attesa di farne consegna ai liquidatori. Gli amministratori sono responsabili dei danni arrecati alla società, soci, creditori sociali e terzi. Procedimento di liquidazione: si apre con la nomina di uno o più liquidatori da parte dell‟assemblea straordinaria con delibera che ne fissa pure il numero, le regole e i poteri. In caso di inerzia dell‟assemblea, sono convocati da tribunale su istanza dei sindaci. I liquidatori: -restano in carica per tutto il procedimento di liquidazione; -per loro valgono le cause di ineleggibilità e decadenza degli amministratori; -possono essere revocati dall‟assemblea con le maggioranze previste.; -la loro nomina e revoca è iscritta nel registro. Con l‟iscrizione della nomina dei liquidatori, gli amministratori perdono la carica e devono consegnare a loro i beni sociali. N.B. i liquidatori devono adempiere con stessa diligenza e professionalità degli amministratori, inoltre prendere in consegna i beni sociali redigendo l‟inventario del patrimonio sociale. Gli amministratori devono presentare ai liquidatori un bilancio alla data di effetto dello scioglimento e un rendiconto sulla gestione dopo l‟ultimo bilancio approvato. I liquidatori possono infine compiere tutti gli atti utili per la liquidazione della società. L‟attività dei liquidatori deve essere costituita dal pagamento dei creditori sociali, e quando son pagati tutti allora ripartiscono tra i soci i beni della società. Se i fondi disponibili sono insufficienti, i l iquidatori possono chiedere ai soci versamenti ancora dovuti sulle azioni non liberate interamente. Inoltre nel primo bilancio successivo alla loro nomina i liquidatori devono indicare e motivare, nella nota integrativa, le variazioni nei criteri di valutazione adottati rispetto all‟ultimo bilancio approvato, e anche le ragioni e le conseguenze. Se il bilancio non viene depositato entro 3 anni consecutivi vi è la cancellazione d‟ufficio della società dal registro delle imprese.

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Completata la liquidazione del patrimonio sociale, i liquidatori redigono il “bilancio finale di liquidazione”, indicando la parte spettante a ogni socio nella divisione dell‟attivo: questo bilancio è poi approvato dai soci e non dall‟assemblea; è depositato nell‟ufficio del registro delle imprese ed è approvato se non ci sono reclami e quando tutto l‟attivo è ripartito tra i soci. L‟approvazione del bilancio libera i liquidatori di fronte ai soci per l‟attività svolta. L‟estinzione della società: la liquidazione si chiude con la “cancellazione della società dal registro delle imprese”. Perciò, approvato il bilancio finale, i liquidatori chiedono la cancellazione assieme al curatore fallimentare (quando il fallimento si chiude per insufficienza o integrale ripartizione dell‟attivo. Prima della cancellazione, la società deve considerarsi esistente anche se l‟attivo è stato ripartito tutto ma ci sono dei creditori insoddisfatti. Quest‟ultimi possono far valere i loro diritti: nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio; nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi. N.B. La cancellazione della società dal registro c‟è anche se ci sono creditori insoddisfatti, i quali quest‟ultimi possono chiedere il fallimento della società entro un anno dalla cancellazione della stessa dal registro. La società in accomandita per azioni (SAPA): come l‟accomandita semplice è costituita da due categorie di soci: soci accomandatari ,rispondono solidamente e illimitatamente delle obbligazioni sociali e sono per legge gli amministratori della società; soci accomandanti, responsabilità limitata alla quota conferita. Come la spa, essa ha le quote di partecipazione rappresentate da azioni. Distinzione tra società in accomandita semplice e in accomandita per azioni: la prima è una società di persone in nome collettivo modificata dalla presenza di soci a responsabilità limitata; la seconda è una società di capitali modificata dalla presenza di soci responsabili illimitatamente che sono di diritto amministratori. Azionista accomandatario: risponde illimitatamente e solidamente delle obbligazioni sociali ed è amministratore della società; si distingue da quello della sas per certe caratteristiche. ** Nella SAS: gli accomandatari non devono necessariamente essere amministratori quindi si possono avere soci accomandatari che non sono amministratori; l‟accomandatario risponde delle obbligazioni anche se non è amministratore o cessa di esserlo; egli risponde anche di obbligazioni anteriore all‟acquisto della qualità di socio e successive all‟eventuale cessazione di carica di amministratore. In breve: nelle sas i soci accomandatari rispondono solidamente e illimitatamente in quanto tali e non in quanto amministratori. ** Nella SAPA non si può essere soci accomandatari se non si è amministratori e si cessa di essere accomandatari se si cessa di essere amministratori. Inoltre i soci indicati nell‟atto come accomandatari sono amministratori della società; il socio accomandatario non più amministratore, non risponde per le obbligazioni della società sorte dopo l‟iscrizione nel registro; il nuovo amministratore diviene socio accomandatario dall‟accettazione della nomina e risponde solo per le obbligazioni sociali posteriori alla nomina. In breve: nelle sapa accomandatari e amministratori coincidono e rispondono illimitatamente per le obbligazioni sorte nel periodo della carica di amministratore. << Per la costituzione della società, i conferimenti e le partecipazioni azionarie, sono uguali alle spa con due differenze>> L‟atto costitutivo deve indicare quali sono i soci accomandatari e la denominazione sociale deve essere costituita da almeno uno dei soci accomandatari. Organi sociali: come per le spa l‟organizzazione interna delle sapa è costituita da tre organi: assemblea, amministratori e collegio sindacale. Assemblea: a cui si applicano le regole delle spa, Gli accomandatari non hanno diritto di voto nelle deliberazioni di nomina e revoca dei sindaci; le modificazioni dell‟atto deliberate dall‟assemblea straordinaria con le maggioranze, devono essere approvate da tutti i soci accomandatari. L‟assemblea straordinaria ha anche la competenza della nomina e revoca degli amministratori. Amministratori: i soci accomandatari sono di diritto amministratori e possono essere revocati anche se non incorre giusta causa e con delibera a maggioranze prescritte. Gli amministratori-accomandatari

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possono rinunciare all‟ufficio e la loro nomina è deliberata dall‟assemblea straordinaria e approvata dagli amministratori rimasti in carica. Gli amministratori-accomandatari hanno gli stessi obblighi di quelli delle spa. Collegio sindacale: uguale a quello delle spa tranne che per il divieto per gli accomandatari di votare nelle deliberazioni riguardanti la nomina e revoca dei sindaci e del soggetto incaricato della revisione legale dei conti. Scioglimento della società: le cause di scioglimento sono uguali a quelle delle spa e in aggiunta c‟è “il venir meno di tutti gli accomandatari e la conseguente impossibilità di funzionamento dell‟organo amministrativo protratta per sei mesi”. La società si può sciogliere nel caso in cui vi sia la cessazione dalla carica di tutti gli amministratori, se nel termine dei 6 mesi non si è provveduto alla loro sostituzione ed i sostituti non hanno accettato la carica.