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Teoria, analisi, composizione Rocco De Cia [6.1.2020] 1 Appunti di armonia 16.1 Modulazione ai toni vicini e dominanti secondarie Modulazione ai toni vicini Con la modulazione uno dei gradi secondari della tonalità d’impianto si sostituisce al I, diventando momentaneamente la nuova tonica di riferimento. Quando parliamo di “modulazione alla dominante”, intendiamo dire che l’accordo precedentemente interpretato come V deve ora essere inteso come I. Indizio principale della modulazione è la presenza di alterazioni estranee alla tonalità di impianto, e più nel dettaglio l’introduzione della sensibile della tonalità secondaria , che viene poi confermata da una cadenza: per parlare di vera e propria modulazione questi elementi sono indispensabili, ma non sufficienti. È necessario infatti che nella nuova tonalità si svolga almeno un breve episodio. 1 Modo maggiore Modo minore In Sol maggiore i toni vicini sono Re maggiore (V) e Do maggiore (IV), e i relativi Mi minore (VI), Si minore (III) e La minore (II). In Sol minore i toni vicini sono Re minore (V) e Do minore (IV), e i relativi Si maggiore (III), Fa maggiore (VII) e Mi maggiore (VI). Questi schemi sostanzialmente ricalcano una porzione del circolo delle quinte, evidenziando le alterazioni caratteristiche di ogni tonalità. Nel modo minore sono segnalate l’alterazione della sensibile (s) e, in piccolo, l’alterazione della sesta che si incontra nella scala minore melodica ascendente. In epoca barocca e classica diciamo fino a Beethoven e Schubert le modulazioni sono realizzate ai toni vicini. 2 Il modo più semplice per interpretare tali modulazioni è 1 Tutto questo ovviamente in termini generali: la modulazione in Bach ha caratteristiche differenti dalla modulazione in Beethoven, la modulazione in Wagner ha caratteristiche differenti dalla modulazione in Brahms. Questo non solo per quanto riguarda la connessione fra gli accordi, ma anche per il ruolo stesso dell’armonia nel dare forma alla musica. 2 Anche in questo caso è difficile stabilire delle norme assolute: vedi ad esempio il quinto episodio (bb. 125- 162) del Preludio della Suite inglese in Sol minore BWV 808 di J.S. Bach, dove tocchiamo le tonalità di La maggiore (due passi “a sinistra” nel circolo delle quinte) e addirittura di Mi minore (tre passi “a destra” nel circolo delle quinte), uscendo decisamente dall’ambito delle tonalità vicine. La struttura armonica dell’episodio parte da Re minore (b. 125), attraversa La minore (127-128), Mi minore (129), Re minore (130),

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Teoria, analisi, composizione Rocco De Cia [6.1.2020]

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Appunti di armonia

16.1

Modulazione ai toni vicini e dominanti secondarie

• Modulazione ai toni vicini

Con la modulazione uno dei gradi secondari della tonalità d’impianto si sostituisce al

I, diventando momentaneamente la nuova tonica di riferimento. Quando parliamo di

“modulazione alla dominante”, intendiamo dire che l’accordo precedentemente

interpretato come V deve ora essere inteso come I. Indizio principale della

modulazione è la presenza di alterazioni estranee alla tonalità di impianto, e più nel

dettaglio l’introduzione della sensibile della tonalità secondaria, che viene poi

confermata da una cadenza: per parlare di vera e propria modulazione questi elementi

sono indispensabili, ma non sufficienti. È necessario infatti che nella nuova tonalità si

svolga almeno un breve episodio.1

Modo maggiore Modo minore

In Sol maggiore i toni vicini sono Re

maggiore (V) e Do maggiore (IV), e i

relativi Mi minore (VI), Si minore (III) e

La minore (II).

In Sol minore i toni vicini sono Re

minore (V) e Do minore (IV), e i relativi

Si maggiore (III), Fa maggiore (VII) e

Mi maggiore (VI).

Questi schemi sostanzialmente ricalcano una porzione del circolo delle quinte,

evidenziando le alterazioni caratteristiche di ogni tonalità. Nel modo minore sono

segnalate l’alterazione della sensibile (s) e, in piccolo, l’alterazione della sesta che si

incontra nella scala minore melodica ascendente.

In epoca barocca e classica – diciamo fino a Beethoven e Schubert – le modulazioni

sono realizzate ai toni vicini.2 Il modo più semplice per interpretare tali modulazioni è

1 Tutto questo ovviamente in termini generali: la modulazione in Bach ha caratteristiche differenti dalla

modulazione in Beethoven, la modulazione in Wagner ha caratteristiche differenti dalla modulazione in

Brahms. Questo non solo per quanto riguarda la connessione fra gli accordi, ma anche per il ruolo stesso

dell’armonia nel dare forma alla musica. 2 Anche in questo caso è difficile stabilire delle norme assolute: vedi ad esempio il quinto episodio (bb. 125-

162) del Preludio della Suite inglese in Sol minore BWV 808 di J.S. Bach, dove tocchiamo le tonalità di La

maggiore (due passi “a sinistra” nel circolo delle quinte) e addirittura di Mi minore (tre passi “a destra” nel

circolo delle quinte), uscendo decisamente dall’ambito delle tonalità vicine. La struttura armonica

dell’episodio parte da Re minore (b. 125), attraversa La minore (127-128), Mi minore (129), Re minore (130),

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il riferimento all’accordo comune, un accordo che contemporaneamente può essere

riferito sia alla tonalità da cui veniamo, sia alla tonalità alla quale andiamo.

Tipicamente si identifica appena prima della comparsa della alterazione che segnala la

modulazione.

Nel corale Werde munter, mein Gemüte vediamo che l’accordo comune utilizzato da

Bach per modulare da La maggiore e Si minore è Mi maggiore (V di La maggiore e IV

di Si minore). Per modulare da Si minore a Re maggiore l’accordo di I di Si minore

viene inteso come VI di Re maggiore. Per tornare alla tonalità d’impianto il V di Re

maggiore diventa I di La maggiore.

Fa maggiore (131), Sol minore (132), a Re minore (133-134), Do minore (135-139), Sol minore (140),

dominante di Fa (141-142: non comparendo in queste due battute né La né La, esse possono essere intese sia

come dominante di Fa maggiore sia come dominante di Fa minore), Fa minore (143-144), dominante di Mi

(145-146), Mi maggiore (147-148), Si maggiore (149-150), dominante di La (151-152), La maggiore (153-

154), oscilla fra Mi maggiore e Do minore (155-158) e chiude in Mi maggiore (159-162). A proposito del

rapido attraversamento di numerose tonalità differenti, vedi più avanti il paragrafo “Attraverso” le tonalità.

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Fra le tonalità vicine non c’è un solo accordo comune: fra La maggiore e Si minore

abbiamo anche Re maggiore (IV di La maggiore e III di Si minore); fra Si minore e Re

maggiore abbiamo anche Mi minore (IV di Si minore e II di Re maggiore); e così via.

In epoca barocca e classica la modulazione al III del modo maggiore non è praticata.

Ne troviamo un elegante esempio nello Schiaccianoci (1892): l’accordo comune è il

VI di Sol maggiore, interpretato come IV di Si minore.3 Qui lo sviluppo dell’armonia

è già implicito nella melodia (forse è questo il motivo per il quale il passaggio suona

così “naturale”).

• Dominanti secondarie

Per parlare di vera e propria modulazione c’è bisogno almeno di un episodio, per

quanto breve, nella nuova tonalità. Quando il passaggio si limita a uno o due accordi,

è più sensato ricorrere al concetto di dominante secondaria: un qualsiasi grado della

scala può essere preceduto dalla propria dominante. Tipicamente, in modo maggiore

troviamo la dominante del V, detta dominante della dominante (DD secondo la teoria

delle funzioni armoniche), ma pure la dominante del II, del IV e del VI. In modo minore

troviamo pure la dominante della dominante, e anche la dominante del III, del IV, del

VI e del VII (non del +VII).

3 L’accordo alla fine di b. 13 (Sol-Si-Do-Mi) è una sesta eccedente, e più precisamente una sesta francese di

Si minore (vedi Appunti di armonia 18 – Accordi di sesta eccedente). Come spiego sotto, gli accordi di sesta

eccedente servono per introdurre la dominante.

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Nella cifratura indico la dominante secondaria con un V fra parentesi tonde. Significa:

«dominante del grado che compare immediatamente dopo la parentesi». Possiamo

quindi avere (V) – V ossia «dominante della dominante», (V7) – II ossia «settima di

dominante del secondo grado», (V6) – VI ossia «dominante in primo rivolto del sesto

grado», e così via.

L’accordo alla fine della prima battuta del corale Das walt’ Gott Vater und Gott Sohn

può essere interpretato come dominante secondaria del VI. Nel caso delle dominanti

secondarie non serve cercare un accordo comune: di frequente essa è introdotta con un

cromatismo (in questo caso Do-Do al basso).

Le progressioni col basso cromatico tipiche del periodo barocco sono basate su

dominanti secondarie. Qui un esempio con il basso ascendente:4

Pure il basso cromatico discendente può essere realizzato con dominanti secondarie:

4 La prima battuta potrebbe essere intesa come (V6) – IV, poiché Do-Mi-Sol è dominante di Fa-La-Do.

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All’inizio di b. 4 si trova una settima diminuita secondaria, e per la precisione la settima

diminuita della dominante. La settima diminuita, cifrata +VII7, si costruisce sulla

sensibile in modo minore: qui l’accordo Do-Mi-Sol-Si è la settima diminuita di Re-

Fa-La, V di Sol minore (non risolve direttamente su questo accordo, perché passa

prima per il I46).5

Beethoven utilizza il basso cromatico discendente come tema nelle Trentadue

variazioni in Do minore (l’accordo alla quinta battuta è una sesta eccedente).6

Nella quinta variazione il basso cromatico discendente viene sostituito da accordi in

stato fondamentale: si tratta sempre di dominanti secondarie.

A inizio di b. 6 troviamo un accordo segnato tra parentesi quadre. Le parentesi quadre

vengono utilizzate per segnalare l’accordo che “ci aspetteremmo”, visto l’accordo

immediatamente precedente. L’accordo di b. 5, sostituto della sesta eccedente del tema,

è infatti una dominante della dominante: Re-Fa-La-Do dovrebbe risolvere in Sol-Si-

Re, V di Do minore, con la successione (V7) – V. Al suo posto troviamo Mi-Sol-Si,

III di Do minore. Segniamo quindi [V] fra parentesi quadre, e sotto di esso l’armonia

che troviamo effettivamente, III. Notiamo che questo passaggio presenta la successione

tipica di una cadenza d’inganno: ragionando in Sol minore abbiamo V7 – VI.

5 Il I4

6 è generalmente inteso come D46--3

5, ovvero come «dominante con appoggiatura di quarta e sesta che

risolvono su terza e quinta». 6 Gli accordi di sesta eccedente precedono e introducono la dominante (vedi Appunti di armonia 18 – Accordi

di sesta eccedente). Qui troviamo il cosiddetto accordo di sesta tedesca La-Do-Mi-Fa, riferito alla tonalità

di Do minore: esso può essere interpretato come «settima diminuita della dominante in primo rivolto, con terza

alterata in senso discendente», oppure come «accordo di settima sul IV in primo rivolto, con fondamentale

alterata in senso ascendente». La spiegazione più semplice e assieme più coerente con la prassi dei compositori

di epoca barocca e classica mi sembra però quella riferita alla teoria del basso, dove la sesta tedesca è intesa

come «quinta e sesta sul VI, con sesta alterata in senso ascendente». L’accordo di sesta tedesca risolve sul I46

che, come spiegavo sopra, è di solito inteso come funzione di dominante; nel caso del tema di Beethoven, a

inizio b. 6, è però effettivamente interpretabile come tonica in secondo rivolto, poiché precede un IV.

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• “Attraverso” le tonalità

Una situazione ancora differente è costituita dall’armonia fluida e instabile tipica degli

sviluppi della forma sonata nel periodo classico.7 Potremmo interpretare questi casi

come modulazioni (ma non troviamo conferme costituite da cadenze articolate, né

interi episodi basati sulle differenti tonalità toccate: tanto meno sarebbe convincente

parlare di “modulazioni transitorie”) oppure come dominanti secondarie (ma spesso

non troviamo veri e propri accordi di dominante, né – ragione più forte – è plausibile

supporre di percepire una singola tonalità centrale ai cui gradi secondari si riferiscono

i vari accordi, perché il rapido cambio di tonalità ha proprio l’effetto di disorientare

l’ascolto rispetto alle armonie dalle quali proveniamo). In mancanza di una

terminologia univoca, mi limiterei a dire che in questi casi si “attraversano” differenti

tonalità. Una analisi armonica di massima si può realizzare segnando le varie tonalità

che troviamo momento per momento, senza necessariamente dover cifrare i gradi.

Questo tipo di armonia non è caratteristica esclusiva del periodo classico: ecco un

esempio barocco, tratto dal già citato Preludio della Suite inglese in Sol minore BWV

808 di J.S. Bach.8 Il secondo episodio (bb. 33-67) attraversa le tonalità di Sol minore

(33), Re minore (35), La minore (37), Sol minore (38), Si maggiore (39), Do minore

(40), Sol minore (41), Re minore (45), dominante di Do (47), Do minore (49),

dominante di Si maggiore (51), Si maggiore (53), Fa maggiore (55), dominante di

Mi maggiore (57), Mi maggiore (59), oscilla fra Si maggiore e Sol minore (61) e

chiude Si maggiore (65).

7 Vedi Strumenti per l’analisi musicale. La forma-sonata – L. van Beethoven, Trio op. 70 n. 1, I. Allegro vivace

e con brio e Strumenti per l’analisi musicale. La forma-sonata – W.A. Mozart, Allegro dalla Serenata Eine

kleine Nachtmusik KV 525. 8 La struttura del Preludio è costituita da sette episodi, ciascuno costituito da circa trenta battute (a eccezione

del sesto, di venti battute): primo episodio bb. 1-33, secondo episodio bb. 33-67, terzo episodio bb. 67-99

(trasposizione del primo episodio), quarto episodio bb. 99-125 (elaborazione), quinto episodio bb. 125-161

(trasposizione del secondo episodio con inserimento delle bb. 135-136, progressione delle bb. 133-134), sesto

episodio bb. 161-180 (elaborazione), settimo episodio bb. 180-213 (“da capo” del primo episodio: le bb. 184-

213 coincidono con le bb. 4-33). Ciascun episodio, a eccezione del sesto, è chiuso da una emiolia.

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Sol m Re m La m Sol m Si M

Do m Sol m Re m V di Do

Do m V di Si Si M Fa M

V di Mi M Mi M Si M – Sol m

Si M