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Dipartimento di Matematica Universit` a degli Studi di Genova U. Bruzzo — M. Pedroni Appunti del Corso di Istituzioni di Fisica Matematica (2 o modulo) Anno Accademico 1997–98

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  • Dipartimento di Matematica

    Università degli Studi di Genova

    U. Bruzzo — M. Pedroni

    Appunti del Corso di

    Istituzioni di Fisica Matematica

    (2o modulo)

    Anno Accademico 1997–98

  • I.1

    Capitolo I

    GRUPPI DI LIE

    Molto spesso si incontrano gruppi i cui elementi dipendono in maniera regolare da un certonumero di parametri (per esempio, gli elementi di una matrice di rotazione in tre dimensionisi possono esprimere in funzione degli angoli di Eulero che parametrizzano la rotazione). Lanozione di gruppo di Lie rende rigorosa questa constatazione euristica. Un gruppo di Lie èsostanzialmente un gruppo che è allo stesso tempo una varietà differenziabile, in modo che ledue strutture siano compatibili.

    1. Prime definizioni

    Un gruppo di Lie G è una varietà differenziabile dotata di una struttura di gruppo in modotale che l’applicazione

    (1) ψ : G×G→ G, ψ(g, h) = gh−1

    sia differenziabile (in questo capitolo tutte le applicazioni differenziabili saranno di classeC∞). La differenziabilità dell’applicazione (1) fa s̀ı che siano differenziabili anche

    (i) l’applicazione che prende l’inverso, ι(g) = g−1, in quanto questa si può scrivere ι(g) =ψ(e, g), essendo e l’elemento identità di G;

    (ii) l’applicazione prodotto π(g, h) = gh, in quanto si può scrivere π(g, h) = ψ(g, ι(h)).

    Un omomorfismo φ : G→ H di gruppi di Lie è un’applicazione differenziabile che è anche unomomorfismo di gruppi, ovvero, φ(gh) = φ(g)φ(h) (ponendo h = eG, questa implica φ(eG) =eH). Un isomorfismo di gruppi di Lie è un diffeomorfismo che è anche un omomorfismo digruppi (l’applicazione inversa φ−1 : H → G è automaticamente un omomorfismo di gruppi).

    Esempio 1.1. Uno spazio vettoriale V su R di dimensione finita, con la sua struttura diffe-renziabile canonica e la struttura gruppale data dalla somma, è un gruppo di Lie (abeliano).In particolare ciò vale per Rn.

    Esempio 1.2. Il toro n-dimensionale Tn = Rn/Zn ' S1×· · ·×S1 è un gruppo di Lie (abelianoe compatto).

    Esempio 1.3. Sianogl(n,R) = {matrici reali n× n} ' Rn2

    Gl(n,R) = {matrici reali n× n invertibili}

    det : gl(n,R)→ R l’applicazione determinante.

  • I.2

    Gl(n,R) = gl(n,R)\det−1(0) è un aperto di gl(n,R), e quindi è una varietà differenziabile. Sipuò mettere su Gl(n,R) un sistema di coordinate “tautologico” {xij} a valori in Rn

    2, che ad

    ogni matrice M associa i suoi n2 coefficienti, M 7→ {M ij}. Il prodotto di matrici è polinomiale,mentre l’inverso di una matrice è una funzione razionale degli elementi di matrice; entrambele operazioni sono C∞. Pertanto Gl(n,R) è un gruppo di Lie di dimensione n2.

    Nello stesso modo si definisce il gruppo Gl(n,C), formato dalle matrici n × n invertibilia coefficienti complessi. Gl(n,C) è un gruppo di Lie di dimensione 2n2, ed è un aperto ingl(n,C), lo spazio vettoriale delle matrici n× n a coefficienti complessi.

    Ogni elemento g ∈ G definisce un’operazione di trasporto sinistro

    Lg : G→ G, Lg(h) = gh

    e una di trasporto destroRg : G→ G, Rg(h) = hg.

    Si hanno le ovvie relazioni

    Lg1 ◦ Lg2 = Lg1g2 , Rg1 ◦Rg2 = Rg2g1 , Le = Re = idG, Lg1 ◦Rg2 = Rg2 ◦ Lg1 .

    Per ogni g ∈ G le applicazioni Lg ed Rg sono diffeomorfismi, e vale

    Lg−1 = (Lg)−1, Rg−1 = (Rg)

    −1.

    I differenziali (Lg)∗ ed (Rg)∗ agiscono sui campi vettoriali su G.

    Definizione 1.4. Un campo vettoriale X su G è detto invariante a sinistra se (Lg)∗X = Xper ogni g ∈ G; invariante a destra se (Rg)∗X = X (scrivendo esplicitamente la dipendenzadal posto, si ha rispettivamente (Lg)∗X(h) = X(gh) e (Rg)∗X(h) = X(hg)).

    Esercizio 1.5. Consideriamo ancora su Gl(n,R) il sistema di coordinate “tautologico” {xij}a valori in Rn2 , che ad ogni matrice M associa i suoi n2 coefficienti, M 7→ {M ij}. Dimostrareche i campi vettoriali

    Xij(M) = Mkj

    ∂xkisono invarianti a sinistra.

    Sottogruppi. Sia G un gruppo di Lie. Un sottogruppo H di G (in senso algebrico) è unsottogruppo di Lie di G se l’inclusione H ↪→ G realizza H come sottovarietà di G.1,2

    Esempio 1.6. I seguenti sono sottogruppi di Lie di Gl(n,R):3

    (i) O(n,R) = matrici reali n×n che sono ortogonali, ovvero verificano R R̃ = In, essendo R̃la matrice trasposta di R, e In la matrice identità n×n. O(n,R) è il sottogruppo di Gl(n,R)

    1Siano V , W varietà differenziabili, e sia ι : V → W un’applicazione differenziabile iniettiva. Diciamo chela coppia (V, ι) è una sottovarietà di W se l’applicazione lineare (ι∗)x : TxV → Tι(x)W è iniettiva. Per esempie controesempi si veda W. Boothby, An introduction to Riemannian Geometry.

    2Nel seguito, qualora ciò non dia adito a confusione, diremo spesso “sottogruppo” intendendo “sottogruppo

    di Lie”.3La dimostrazione che i seguenti esempi siano effettivamente dei sottogruppi di Lie di Gl(n,R) verrà data

    più avanti.

  • I.3

    che preserva il prodotto scalare canonico di Rn: si ha Ru ·Rv = u · v per ogni u, v ∈ Rn se esolo se R ∈ O(n,R).

    (ii) SO(n,R) = matrici in O(n,R) aventi determinante uguale a 1;(iii) Sl(n,R) = matrici in Gl(n,R) aventi determinante uguale a 1;(iv) le matrici reali n× n triangolari superiori (inferiori) invertibili.

    Dato un gruppo di Lie G, ed un sottogruppo algebrico H di G, si pone in generale laquestione se H possa essere realizzato come sottogruppo di Lie di G. In altri termini, cichiediamo se sia possibile mettere su H una struttura differenziabile in modo che H sia ungruppo di Lie, e l’immersione H ↪→ G sia differenziabile. La risposta è sempre affermativaquando H è un sottoinsieme chiuso di G. Ciò è espresso dal seguente risultato, che enunciamosenza dimostrazione (cf. Warner, Foundations of differentiable manifolds and Lie groups).

    Proposizione 1.7. Sia H un sottogruppo algebrico di un gruppo di Lie G. Se H è chiuso inG, esiste su H un’unica struttura differenziabile che rende H un sottogruppo di Lie di G.

    2. Algebre di Lie

    Un’algebra di Lie è un’algebra a su R, in generale non associativa, non necessariamente didimensione finita, tale che, denotando [α, β] il prodotto nell’algebra, questo verifica le seguenticondizioni:

    (i) antisimmetria: [α, β] = −[β, α] per ogni α, β ∈ a;(ii) identità di Jacobi:

    [α, [β, γ]] + [γ, [α, β]] + [β, [γ, α]] = 0 per ogni α, β, γ ∈ a .

    L’operazione bilineare [· , ·] è detta commutatore o parentesi di Lie.

    Esempio 2.1. Ogni spazio vettoriale, dotato della parentesi di Lie banale [α, β] = 0, è un’al-gebra di Lie (detta abeliana).

    Esempio 2.2. Lo spazio vettoriale X(V ) dei campi vettoriali su una varietà differenziabile V ,con la parentesi di Lie data dal commutatore dei campi vettoriali visti come derivazioni,

    [X,Y ](f) = X(Y (f))− Y (X(f)) ,

    è un’algebra di Lie infinito-dimensionale (f è una qualunque funzione differenziabile).

    Esempio 2.3. Sia {e1, e2, e3} la base canonica di R3. Stabiliamo un isomorfismo di spazivettoriali Λ2R3 → R3 ponendo

    e1 ∧ e2 7→ e3, e2 ∧ e3 7→ e1, e3 ∧ e1 7→ e2.

    Via quest’isomorfismo il prodotto wedge di elementi di R3 induce un prodotto bilineareR3 ⊗ R3 → R3, usualmente detto prodotto vettore, che denoteremo con lo stesso simbolodel prodotto wedge. Il prodotto vettore è evidentemente antisimmetrico, ed inoltre vale

    (2) (u ∧ v) ∧ w + (w ∧ u) ∧ v + (v ∧ w) ∧ u = 0 ,

  • I.4

    come è facile dimostrare prendendo come u, v, w gli elementi della base canonica. Con questoprodotto R3 diventa un’algebra di Lie (in particolare la proprietà (2) è l’identità di Jacobi),che denoteremo r.

    Esempio 2.4. Denotiamo (x1, . . . , xn, y1, . . . , yn) le coordinate canoniche di R2n. Sullo spaziovettoriale F(R2n) delle funzioni C∞ su R2n definiamo le parentesi di Poisson

    {f, g} = ∂f∂xi

    ∂g

    ∂yi− ∂g∂xi

    ∂f

    ∂yi.

    La proprietà di antisimmetria {f, g} = −{g, h} è evidente, mentre la verifica dell’identità diJacobi richiede un calcolo un poco laborioso. F(R2n) con le parentesi di Poisson è un’algebradi Lie infinito-dimensionale.

    Esempio 2.5. Lo spazio gl(n,R) delle matrici n × n reali, con la parentesi di Lie data dalcommutatore

    [A,B] = AB −BA,è un algebra di Lie. gl(n,R) ammette svariati sottospazi vettoriali che sono chiusi rispettoalla parentesi di Lie (ovvero, detto b un tale sottospazio, [b, b] ⊂ b. Questi sottospazi sonoallora delle sottoalgebre). Ad esempio:

    (i) o(n,R) = {matrici n× n antisimmetriche}(ii) sl(n,R) = {matrici n× n aventi traccia nulla}(iii) le matrici n× n reali triangolari superiori (inferiori).

    Definizione 2.6. Siano a, b algebre di Lie. Un omomorfismo φ : a → b è un’applicazionelineare tale che [φ(α), φ(β)] = φ([α, β]).

    Se φ è bigettivo, viene detto isomorfismo di algebre di Lie.

    Esercizio 2.7. Mostrare che l’applicazione

    r→ o(3,R), a e1 + b e2 + c e3 7→12

    0 c −b−c 0 ab −a 0

    stabilisce un isomorfismo di algebre di Lie.

    Esercizio 2.8. Con riferimento agli Esempi 2.2 e 2.4, mostrare che l’applicazione lineare

    F(R2n)→ X(R2n), f 7→ ∂f∂xi

    ∂yi− ∂f∂yi

    ∂xi

    è un omomorfismo di algebre di Lie.

    3. Algebra di Lie di un gruppo di Lie

    Vogliamo vedere come ad ogni gruppo di Lie G si possa associare una algebra di Lie che inqualche modo rappresenta la struttura di G in maniera infinitesima. Facciamo una premessaintroducendo la nozione di campi vettoriali correlati. Data un’applicazione differenziabileφ : V →W , un campo vettoriale X su V e un campo vettoriale Y su W , diciamo che X e Ysono φ-correlati se φ∗X(p) = Yφ(p) per ogni p ∈ V . Sotto questa ipotesi si ha

  • I.5

    Lemma 3.1. Se {ψt} è il flusso di X, e χt il flusso di Y , si ha φ ◦ ψt = χt ◦ φ.

    Dimostrazione. Per ogni x ∈ V il campo vettoriale Y è tangente sia alla curva χt ◦ φ sia allacurva φ ◦ ψt, e per l’unicità del flusso locale dei campi vettoriali si ha la tesi.

    Lemma 3.2. Se X1, Y1 sono φ-correlati, e X2, Y2 sono φ-correlati, allora [X1, X2] e [Y1, Y2]sono φ-correlati.

    Dimostrazione. Faremo uso dell’identità

    dω(X,Y ) = X(< Y, ω >)− Y (< X,ω >)− < [X,Y ], ω >

    valida per ogni 1-forma differenziale ω ed ogni coppia di campi vettoriali X,Y . Data unafunzione f su W , si ha la catena di uguaglianze

    φ∗([X1, X2])(f) =< [X1, X2], dφ∗(f) >

    = X1(< X2, dφ∗(f) >)−X2(< X1, dφ∗(f) >)= X1(φ∗(< φ∗(X2), df >))−X2(φ∗(< φ∗(X1), df >))= φ∗(X1)(< φ∗(X2), df >)− φ∗(X2)(< φ∗(X1), df >)= [Y1, Y2](f) .

    Dire che X è campo vettoriale invariante a sinistra su un gruppo di Lie equivale a dire cheX è Lg-correlato a se stesso per ogni g ∈ G. Dal Lemma 3.2 segue che il commutatore di duecampi vettoriali invarianti a sinistra è anch’esso invariante a sinistra. Lo spazio vettoriale deicampi vettoriali invarianti a sinistra pertanto è chiuso rispetto al commutatore, e con essocostituisce un’algebra di Lie g, detta l’algebra di Lie di G.

    Esempio 3.3. Dalla definizione Tn = Rn/Zn segue che sull’aperto denso U del toro Tn,corrispondente alla cella fondamentale del reticolo Zn, sono definite coordinate {x1, . . . , xn}indotte dalle coordinate canoniche di Rn. In queste coordinate il prodotto gruppale è rappre-sentato dall’addizione delle coordinate. In campi vettoriali invarianti a sinistra sono i campivettoriali che in queste coordinate hanno componenti costanti (è sufficiente verificare questosu U perché quest’ultimo è denso). Tali campi commutano fra di loro, e pertanto l’algebra diLie di Tn è isomorfa a Rn con la parentesi di Lie banale.

    Per uso futuro notiamo che se le componenti di un campo vettoriale invariante a sinistraX sono linearmente indipendenti su Z (ovvero se

    ∑imiX

    i = 0 con mi ∈ Z implica Xi = 0)allora la curva integrale γX di X è densa in Tn. Se n = 2 e γX non è densa, allora è chiusa(per n = 2 il fatto che le componenti di X siano linearmente indipendenti su Z significa cheX1, X2 6= 0 e X1/X2 è irrazionale).

    L’esistenza di campi vettoriali invarianti a sinistra su ogni gruppo di Lie G (cioè la nonbanalità della corrispondente algebra di Lie g) segue dal fatto che g si può identificare, comespazio vettoriale, con lo spazio tangente TeG.

  • I.6

    Proposizione 3.4. L’applicazione lineare

    g→ TeGX 7→ X(e)

    è un isomorfismo.

    Dimostrazione. L’applicazione sopra definita è lineare e surgettiva; infatti, se Y ∈ TeG, lacondizione X(g) = (Lg)∗Y definisce un campo vettoriale invariante a sinistra. Rimane dadimostrare che se X(e) = 0, allora X è il campo vettoriale nullo. Ciò segue da X(g) =(Lg)∗X(e).

    Come prima conseguenza abbiamo che dim g = dimG.4

    Esempio 3.5. Da quanto detto segue che un campo vettoriale invariante a sinistra non nullonon si annulla in alcun punto. Dalla topologia differenziale sappiamo che un campo vettorialesulla sfera S2 si annulla almeno in due punti. Pertanto S2 non ammette alcuna struttura digruppo di Lie. Dal precedente teorema segue anche che su un gruppo di Lie G di dimensionen siano sempre definiti n campi vettoriali linearmente indipendenti in ogni punto, cosicché ilfibrato tangente TG è sempre banale. Ciò implica per esempio che l’unica varietà differenzia-bile bidimensionale, orientabile, compatta e connessa che ammetta una struttura di gruppodi Lie è il toro T 2.

    Applicazione esponenziale. L’algebra di Lie g di un gruppo di Lie G “approssima” il gruppoin un intorno dell’identità. Questa affermazione euristica si può rendere precisa in terminidella cosiddetta applicazione esponenziale.

    Lemma 3.6. Ogni campo vettoriale invariante a sinistra su G è completo.

    (Ricordiamo che un campo vettoriale su una varietà differenziabile V è completo se le suecurve integrali sono definite per ogni valore del loro argomento. In tal caso la famiglia dellecurve integrali costituisce un gruppo ad un parametro di diffeomorfismi di V .)

    Dimostrazione. Sia X un campo vettoriale invariante a sinistra. Se γ : (−�, �) → G è unacurva integrale di X per e, allora Lg ◦ γ è una curva integrale di X per g. È cos̀ı sufficienteconsiderare il caso di curve per e. È inoltre sufficiente dimostrare che se γ è definita per duevalori s e t del parametro, è definita anche in s + t. Si ponga γ̃(t) = γ(s)γ(t) (dove γ(s) e

    4Seguendo una convenzione ormai del tutto consolidata, abbiamo definito l’algebra di Lie di un gruppo di

    Lie come l’algebra dei campi vettoriali invarianti a sinistra. Si potrebbe nello stesso modo considerare l’algebra

    gr dei campi vettoriali invarianti a destra. Anche gr risulta isomorfa allo spazio tangente TeG, e pertanto si

    ha un isomorfismo di spazi vettoriali φ : g ∼→ gr. Le due strutture di algebra sono però diverse; detto [ , ]r ilcommutatore in gr, si ha φ([α, β]) = −[φ(α), φ(β)]r (le due algebre di Lie sono anti-isomorfe).

  • I.7

    γ(t) sono moltiplicate mediante il prodotto gruppale). Allora in coordinate locali si ha

    d

    dt

    (xk ◦ γ̃(t)

    )( ∂∂xk

    )γ̃(t)

    =d

    dt

    (xk ◦ Lγ(s) ◦ (γ(t))

    ) ( ∂∂xk

    )γ̃(t)

    = (Lγ(s))∗

    [d

    dt

    (xk ◦ γ(t)

    ) ( ∂∂xk

    )γ̃(t)

    ]= (Lγ(s))∗X(γ(t))

    = X(γ(s)γ(t)) = X(γ̃(t)) .

    Pertanto γ̃ soddisfa l’equazione delle curve integrali di X. Per il risultato di unicità, γ èdefinita in s+ t, e vale γ(s+ t) = γ̃(t) = γ(s)γ(t).

    Per ogni X ∈ g sia γX la curva integrale diX per e. L’applicazione esponenziale exp: g→ Gè definita dalla condizione

    expX = γX(1) .

    Lemma 3.7. Per ogni campo vettoriale invariante a sinistra X vale γtX(s) = γX(ts).

    Dimostrazione. In coordinate locali valed

    dsxi ◦ γtX(s) = tXi(γtX(s))

    d

    dsxi ◦ γX(ts) = tXi(γX(ts))

    per cui le curve γtX(s) e γ̄(s) = γX(ts) verificano la stessa equazione differenziale. Essendoinoltre γtX(0) = γ̄(0), per il teorema di unicità esse coincidono.

    Cos̀ı exp(tX) = γtX(1) = γX(t), e {exp tX}t∈R si può identificare con il gruppo ad unparametro di diffeomorfismi generato da X. Più precisamente,

    Proposizione 3.8. Il gruppo ad un parametro di diffeomorfismi di G generato da X è datoda ψt(g) = g exp(tX) = Rexp(tX)(g).

    Siano G, H gruppi di Lie e g, h le corrispondenti algebre di Lie, e sia φ : G → H unomomorfismo di gruppi di Lie. Ricordando che un campo vettoriale invariante a sinistra èdeterminato dal sua valore nell’identità, ed essendo φ(eG) = eH , definiamo un’applicazionelineare φ∗ : g → h ponendo Y (eH) = φ∗(X(eG)). Da ciò segue che X e Y sono φ-correlati.5Pertanto vale

    [φ∗(X1), φ∗(X2)] = φ∗([X1, X2]),

    e φ∗ : g→ h è un omomorfismo di algebre di Lie. In particolare, se G e H sono isomorfi, anchele loro algebre lo sono. Il risultato inverso non è vero: per esempio, Rn e Tn hanno la stessaalgebra di Lie (Rn con la parentesi di Lie banale), ma non sono evidentemente isomorfi.6

    5Si ha infatti per definizione

    φ∗X(g) = (Lφ(g))∗Y (eH) = Y (φ(g)) .

    6In realtà si dimostra che due gruppi di Lie connessi e semplicemente connessi le cui algebre di Lie sono

    isomorfe sono essi stessi isomorfi (Warner, op. cit.).

  • I.8

    Proposizione 3.9. Sia φ : G→ H un omomorfismo di gruppi di Lie. Il seguente diagrammaè commutativo

    Gφ−−−−→ H

    exp

    x xexpg

    φ∗−−−−→ h

    Dimostrazione. Sia X ∈ g, e siano {ψt}, {χt} i flussi di X e φ∗X. Dal Lemma 3.1 sappiamoche χt ◦ φ = φ ◦ ψt. Inoltre per la Proposizione 3.8 per ogni h ∈ H abbiamo

    φ ◦ ψt(h) = φ(h exp tX) = φ(h)φ(exp tX)

    χt ◦ φ(h) = φ(h) exp(tφ∗(X))

    da cui la tesi.

    Proposizione 3.10. Sia G un gruppo di Lie. Esiste un intorno aperto U di 0 in g tale cheexp stabilisce un diffeomorfismo di U con un intorno aperto di e ∈ G.

    Dimostrazione. Essendo exp(0) = e, ed identificando7 lo spazio tangente T0g con g, in baseal teorema della funzione inversa8 è sufficiente mostrare che il differenziale (exp∗)0 : g→ TeGè un isomorfismo. Dalla definizione di differenziale si ha

    (exp∗)0(X) =[d

    dtexp(tX)

    ]t=0

    =[d

    dtγX(t)

    ]t=0

    = X(e) ;

    pertanto, identificando g con TeG, l’applicazione (exp∗)0 è l’identità.

    Corollario 3.11. Se G è un sottogruppo di un gruppo di Lie H, il differenziale dell’appli-cazione di inclusione ι : G → H induce un omomorfismo iniettivo di algebre di Lie ι∗ : g →h.

    Dimostrazione. Sia U l’intorno aperto di 0 ∈ g di cui alla Proposizione 3.10. Per ogni X ∈ gesiste un numero reale non nullo α tale che αX ∈ U . Se ι∗(X) = 0 allora ι∗(αX) = 0. LaProposizione 3.9 e il fatto che ι sia iniettivo implicano la tesi.

    Esercizio 3.12. Siano X, Y campi vettoriali su una varietà differenziabile V , e siano {ψt},{χs} i corrispondenti flussi. Dimostrare che [X,Y ] = 0 se e solo se χs ◦ ψt = ψt ◦ χs.

    Esempio 3.13. Sia G un gruppo di Lie abeliano, ovvero, gh = hg per ogni g, h ∈ G. Alloral’algebra di Lie g è abeliana, [X,Y ] = 0 per ogni X,Y ∈ g. Infatti, essendo g exp(tX) exp(sY )= g exp(sY ) exp(tX), detti {ψt} e {χs} i flussi diX ed Y rispettivamente, si ha ψt◦χs = χs◦ψt.Ma allora [X,Y ] = 0.

    7Per ogni spazio vettoriale E vi è una identificazione canonica E ∼→ T0E data da u 7→ [tu].8cfr. Boothby, op. cit.

  • I.9

    4. Il gruppo generale lineare

    Abbiamo già visto che Gl(n,R) è un gruppo di Lie. Identifichiamo adesso la sua algebra diLie. Ricordiamo che se A ∈ gl(n,R), allora

    det(I + tA) = 1 + t trA+O(t2) .

    Se B ∈ Gl(n,R), A ∈ gl(n,R) e t è un numero reale sufficientemente piccolo, allora B + tA ∈Gl(n,R); infatti

    (3) det(B + t A) = detB det(I + tB−1A) = detB[1 + t tr(B−1A) +O(t2)

    ];

    essendo detB 6= 0, se t è sufficientemente piccolo, allora det(B + tA) 6= 0. Pertanto lo spaziotangente TB Gl(n,R) si identifica con lo spazio vettoriale gl(n,R).

    Fissiamo in particolare B = I. Se {xij} è il sistema di coordinate “tautologico” preceden-temente introdotto, l’identificazione gl(n,R) ∼→ TI Gl(n,R) è data da

    A 7→ Aij

    (∂

    ∂xij

    )I

    .

    Se A ∈ gl(n,R), sia XA il campo vettoriale invariante a sinistra ad esso associato. EssendoLB(B′) = BB′ si ha (cf. Esercizio 1.5)

    XA(B) = (LB)∗

    [Aij

    (∂

    ∂xij

    )I

    ]= (BA)ij

    (∂

    ∂xij

    )B

    .

    Prendendo il commutatore di due campi vettoriali invarianti a sinistra in un punto B ∈

    Gl(n,R) si ottiene (ricordando che(

    ∂∂xi j

    )B

    Bkh = δki δ

    jh)

    [XA, XA′ ]B =

    [(BA)ij

    ∂(BA′)kh∂xij

    − (BA′)ij∂(BA)kh∂xij

    ](∂

    ∂xkh

    )B

    =[BkmA

    mjA′jh −B

    kmA

    jhA′mj

    ]( ∂∂xkh

    )B

    = Bkm[AmjA′jh −A

    ′mjA

    jh](

    ∂xkh

    )B

    = X[A,A′](B) .

    Da ciò si deduce che anche come algebra di Lie l’algebra di Lie di Gl(n,R) è isomorfa agl(n,R). Nello stesso modo l’algebra di Lie di Gl(n,C) si può identificare con gl(n,C).

    L’applicazione esponenziale di Gl(n,R). Nelle solite coordinate l’equazione differenzialesoddisfatta dalle curve integrali γXA di un campo vettoriale invariante a sinistra XA (doveA ∈ gl(n,R)) si scrive

    d

    dtB(t) = B(t)A .

  • I.10

    Questa ha soluzione B(t) = eAt, essendo l’esponenziale di matrici definito da9

    (4) eA =∞∑k=0

    Ak

    k!.

    (Si noti che correttamente B(0) = I.) Per unicità del flusso locale, l’applicazione A 7→ eAnon è altro che la rappresentazione in coordinate dell’applicazione exp: gl(n,R)→ Gl(n,R).

    Una manipolazione formale della (4) permette di dimostrare il seguente risultato.

    Proposizione 4.1. Se A,B ∈ gl(n,R) commutano, vale eA eB = eA+B.

    Proposizione 4.2. Se A ∈ gl(n,R), vale det eA = etrA.

    Dimostrazione. È sufficiente mostrare il risultato nel caso dell’applicazione esponenziale exp:gl(n,C)→ Gl(n,C), che nelle ovvie coordinate ammette anch’essa la rappresentazione (4). Inquesto caso possiamo usare il fatto che l’insieme ∆n ⊂ gl(n,C) delle matrici diagonalizzabiliè denso in gl(n,C). Basta allora dimostrare la formula per A ∈ ∆n. D’altra parte se Q ∈Gl(n,C) si ha QeAQ−1 = eQAQ−1 , e possiamo assumere che A sia diagonale. In questo casola formula è evidente.10

    La precedente Proposizione mostra che exp: gl(n,R)→ Gl(n,R) prende valori in Gl+(n,R),il sottogruppo di Gl(n,R) formato dalle matrici aventi determinante positivo (vedremo in-fatti più avanti che GL+(n,R) è la componente connessa di Gl(n,R) che contiene l’identità.Essendo exp continua, ed exp(0) = I, è ovvio che exp prenda valori in GL+(n,R)).

    Sia S(n) lo spazio vettoriale delle matrici n× n reali simmetriche, e S+(n) il sottoinsiemedelle matrici simmetriche definite positive. S+(n) è aperto in S(n), e pertanto ha una strut-tura di varietà differenziabile. La matrice identità In sta in S+(n), e si ha un’identificazioneTInS

    +(n) ' S(n).

    Proposizione 4.3. La restrizione di exp: gl(n,R) → Gl(n,R) a S(n) stabilisce un diffeo-morfismo exp: S(n)→ S+(n).

    Dimostrazione. Nuovamente con un argomento di diagonalizzazione ci si può ridurre a dimo-strare i seguenti fatti: (i) Se exp(A) = exp(B) è una matrice diagonale, allora A = B; (ii)se B è una matrice diagonale definita positiva, allora esiste una matrice diagonale A tale cheB = exp(A). Entrame le affermazioni si provano applicando la funzione log.

    Una parentesi: summersioni e sottovarietà regolarmente immerse. Data una sottovarietàV di una varietà differenziabile W , l’insieme V ha a priori due distinte topologie: una comevarietà differenziabile, ed una come sottoinsieme di W (la cosiddetta topologia relativa, icui aperti sono le intersezioni di V con gli aperti di W ). In generale le due topologie sono

    9Nell’algebra gl(n,R) possiamo mettere la norma ‖A‖ =Pi,j=1,...,n |A

    ij |. Si vede allora che la serie nel

    membro di destra della seguente formula è assolutamente convergente, e definisce un’applicazione C∞ da

    gl(n,R) in gl(n,R).10Si può dimostrare lo stesso risultato mediante la Proposizione 3.9, prendendo G = Gl(n,R), H = R∗,

    φ = det (e quindi φ∗ = tr).

  • I.11

    diverse. Si consideri per esempio la realizzazione di R+ (numeri reali strettamente positivi)come sottovarietà di R2 data dalla curva ottenuta raccordando le prescrizioni{

    x(t) = t, y(t) = sin 1t se t ∈ (0, 1]x(t) = 0, y(t) = 3− t se t ∈ [2,+∞)

    con una qualunque prescrizione per t ∈ [1, 2] che produca una immersione C∞. Un intervallodella curva dato da t1 < 3 < t2 è aperto nell’usuale topologia di R+ mentre non è aperto nellatopologia relativa di R+ come sottoinsieme di R2, in quanto ogni suo intorno in R2 contieneanche un altro tratto di curva.

    Definizione 4.4. Una sottovarietà regolarmente immersa è una sottovarietà tale che la suatopologia come varietà differenziabile e la topologia relativa coincidono.

    Per esempio una sfera in Rn è una sottovarietà regolarmente immersa.Un utile criterio per decidere se una sottovarietà è regolarmente immersa è dato dalla

    nozione di summersione.

    Definizione 4.5. Sia f : V → W un’applicazione differenziabile fra varietà differenziabili.Diciamo che f è una summersione se f è surgettiva e il differenziale f∗ : TxV → Tf(x)W èsurgettivo per ogni x ∈ V .

    In tale situazione, dato y ∈W , definiamo Sy = f−1(y). Vale il seguente risultato, che nonproviamo (per una dimostrazione si veda Warner, op. cit. o Boothby, op. cit.).

    Proposizione 4.6. Sy è una sottovarietà regolarmente immersa di V . Inoltre, TxSy =ker(f∗)x per ogni x ∈ Sy.

    (Si noti che f manda tutta la varietà Sy nel punto y, per cui ogni curva in Sy viene mandatain una curva costante in W , il che implica l’isomorfismo TxSy = ker(f∗)x).

    Il gruppo speciale lineare. Ricordiamo che il gruppo speciale lineare di ordine n, denotatoSl(n,R), è il sottogruppo di Gl(n,R) formato da matrici avente determinante pari a uno.

    Lemma 4.7. L’applicazione

    F : Gl(n,R)→ R∗

    A 7→ detA

    è una summersione. Inoltre, (FB)∗(A) = (detB) tr(B−1A).

    Dimostrazione. F è evidentemente C∞ e surgettiva. Calcoliamo il suo differenziale: usandol’equazione (3) si ha

    (F∗)B(A) =[d

    dtdet (B + t A)

    ]t=0

    = detB[d

    dtdet (I + tB−1A)

    ]t=0

    = detB tr(B−1A) .

    (F∗)B è surgettivo per ogni B, come segue dall’identità (F∗)B(

    αn detB B

    )= α valida per ogni

    α ∈ R. Quindi F è una summersione.

  • I.12

    Di conseguenza, Sl(n,R) = F−1(1) è una sottovarietà regolarmente immersa di Gl(n,R),ed è un gruppo di Lie di dimensione n2 − 1. Il suo spazio tangente nell’identità (e quindi lasua algebra di Lie sl(n,R)) si identifica con lo spazio delle matrici reali n× n a traccia nulla,

    ker(F∗)I = {A ∈ gl(n,R) | trA = 0}.

    Si noti che, coerentemente con la Proposizione 4.2, si ha exp tA ∈ Sl(n,R) per ogni t ∈ R see solo se trA = 0.

    I gruppi ortogonali. Il gruppo ortogonale di ordine n, denotato O(n,R), è il sottogruppo diGl(n,R) le cui matrici R verificano la condizione RR̃ = I, essendo R̃ la matrice trasposta diR. Ricordiamo che S+(n) denota l’insieme delle matrici n× n simmetriche definite positive.

    Lemma 4.8. L’applicazione

    F : Gl(n,R)→ S+(n)

    A 7→ AÃ

    è una summersione.

    Dimostrazione. Dimostriamo che F è surgettiva. Sia B ∈ S+(n). Essendo B simmetrica esisteuna matrice ortogonale Q tale che QBQ̃ sia diagonale, QBQ̃ = diag(λ1, . . . , λn). EssendoB definita positiva i λi sono positivi. Posto C = diag(

    √λ1, . . . ,

    √λn) e

    √B = Q̃CQ, si ha

    F (√B) = B. Calcoliamo l’applicazione (FB)∗ : gl(n,R)→ S(n):

    (FB)∗(A) =[d

    dt(B + t A)(B̃ + t Ã)

    ]t=0

    = BÃ+AB̃ .

    (FB)∗ è surgettivo: se C ∈ S(n) allora (FB)∗(12CB̃−1) = C.

    Quindi O(n,R) = F−1(I) è una sottovarietà regolarmente immersa di Gl(n,R) di dimen-sione dim O(n,R) = dim Gl(n,R)−dimS(n) = n2− 12n(n+1) =

    12n(n−1), ed è un gruppo di

    Lie. Poiché (FI)∗(B) = 0 se e solo se B+ B̃ = 0, l’algebra di Lie di O(n,R) è l’algebra o(n,R)delle matrici n× n reali antisimmetriche. Essendo det O(n,R) = {±1}, O(n,R) è sconnesso.

    Proposizione 4.9. O(n,R) è compatto.

    Dimostrazione. Poiché ogni matrice ortogonale è invertibile, O(n,R) è anche l’immagineinversa di I rispetto all’applicazione

    gl(n,R)→ S+(n), A 7→ AÃ;

    pertanto O(n,R) è chiuso in gl(n,R) ' Rn2 . La condizione RR̃ = I implica∑i,j=1,...,n

    (Rij)2 = n .

    Cos̀ı O(n,R) è un sottoinsieme chiuso e limitato di Rn2 , ed è compatto nella sua topolo-gia relativa come sottoinsieme di gl(n,R). Essendo Gl(n,R) aperto in gl(n,R), O(n,R) èuna sottovarietà regolarmente immersa di gl(n,R), ed è quindi compatto nella sua topologiaoriginaria.

  • I.13

    Definiamo il gruppo speciale ortogonale di ordine n come

    SO(n,R) = {R ∈ O(n,R) | detR = 1}.

    Sia det : O(n,R)→ {±1} la restrizione dell’applicazione determinante a O(n,R). Gli insiemiSO(n,R) = det−1(1) e O(n,R)\SO(n,R) = det−1(−1) sono entrambi chiusi, quindi SO(n,R) èaperto e chiuso in O(n,R), ed è allora formato dall’unione di componenti connesse di O(n,R);in particolare, essendo un aperto, è un gruppo di Lie; essendo chiuso, è compatto. Sia Pla matrice P = diag(−1, 1, . . . , 1). La moltiplicazione per P definisce un omeomorfismoSO(n,R)→ O(n,R) \ SO(n,R).

    Proposizione 4.10. SO(n,R) è connesso.

    Dimostrazione. Una possibile dimostrazione consiste nel considerare l’immersione ι : SO(n,R)→ SO(n+ 1,R) data da

    R 7→(

    1 00 R

    ).

    Questa permette di definire il quoziente SO(n+ 1,R)/SO(n,R) come l’insieme delle classi diequivalenza della relazione in SO(n+ 1,R)

    S1 ∼ S2 se S1 = S2 ι(R) per un R ∈ SO(n,R) .

    Nel prossimo Lemma viene mostrato che il quoziente, con la topologia quoziente, è omeomorfoalla sfera Sn,

    (5) SO(n+ 1,R)/SO(n,R) ' Sn .

    Ciò permette di dimostrare la tesi per induzione: SO(1,R) = {1} è connesso, e dalla (5),essendo Sn connesso, segue che se SO(n,R) è connesso, anche SO(n+ 1,R) lo è.

    In generale, dato un gruppo di Lie G ed un suo sottogruppo H, possiamo considerare inG la relazione di equivalenza g1 ∼ g2 se g1 = g2h con h ∈ H; denotiamo G/H il quoziente.Ogni elemento di G/H rappresenta un sottoinsieme di G, la sua classe di equivalenza. Talesottoinsieme è detto un laterale (sinistro). Il laterale sinistro che contiene g ∈ G è usualmentedenotato gH.

    Lemma 4.11. SO(n+ 1,R)/ SO(n,R) ' Sn.

    Dimostrazione. Scriviamo un elemento di SO(n+ 1,R) come

    M =(a x̃

    y R

    )dove a è un numero reale, x, y sono vettori colonna con n elementi, e R è una matrice n× n.La condizione M̃ M = I si scrive11

    (6) a2 + ỹy = 1, ax+ R̃y = 0, R̃R+ xx̃ = I .

    11Si noti che il prodotto di un vettore riga per un vettore colonna è un numero reale, mentre il prodotto di

    un vettore colonna per un vettore riga è una matrice quadrata.

  • I.14

    Inoltre M ι(S) si scrive

    M ι(S) =(a x̃

    y R

    ) (1 00 S

    )=(a x̃S

    y RS

    ).

    Due elementi M1, M2 ∈ SO(n+ 1,R) sono in relazione se

    (7) a1 = a2, y1 = y2, x̃1S = x̃2, R1S = R2 .

    Il quoziente SO(n+ 1,R)/SO(n,R) è parametrizzato dalle quantità a, y, soggette al vincoloespresso dalla prima delle relazioni (6): infatti, due elementi M1, M2 ∈ SO(n + 1,R) taliche a1 6= a2 o y1 6= y2 corrispondono a diversi elementi del quoziente, mentre se a1 = a2e y1 = y2 allora M1 ∼ M2 con S = R−11 R2 (si noti che la terza delle (7) segue dalle (6)).Insiemisticamente il quoziente è isomorfo alla sfera Sn.

    Fissiamo in Sn la sua topologia usuale. Essendo SO(n+1,R) una sottovarietà regolarmenteimmersa di gl(n + 1,R), la sua topologia ammette una base formata dalle intersezioni diSO(n+ 1,R) con gli aperti del tipo aij < Mij < bij , essendo Mij gli elementi di matrice di unelemento M ∈ SO(n+ 1,R), e aij , bij numeri reali. Tali aperti vengono proiettati su aperti diSn, e di conseguenza la proiezione SO(n+ 1,R)→ Sn è aperta. Per noti risultati di topologiagenerale12 ciò implica che la topologia di Sn coincida con la topologia quoziente.

    Corollario 4.12. O(n,R) è formato da due componenti connesse.

    L’algebra di Lie di SO(n,R) è una sottoalgebra di o(n,R), ma ha la stessa dimensione,quindi coincide con o(n,R). Abbiamo un altro esempio di due gruppi di Lie non isomorfiaventi algebre di Lie isomorfe. Più generalmente, quando G è un gruppo di Lie non connesso,con algebra di Lie g, la componente connessa G0 di G che contiene l’identità è un gruppodi Lie, la cui algebra di Lie è isomorfa a g. Ovviamente l’applicazione esponenziale prendevalori in G0.

    Esercizio 4.13. Sia J la matrice reale 2n× 2n avente la struttura a blocchi n× n

    J =(

    0 I−I 0

    ).

    Dimostrare cheSp(2n,R) = {B ∈ gl(2n,R) | B̃JB = J}

    è un sottogruppo di Lie di Gl(2n,R) di dimensione 2n2 + n. Esso è detto gruppo simpletticodi ordine n. La sua algebra di Lie è

    sp(2n,R) = {A ∈ gl(2n,R) | ÃJ + JA = 0} .

    (Cenno: in questo caso si può usare la mappa F : Gl(2n,R) → o(2n,R), B 7→ B̃JB. Inparticolare il differenziale (FB)∗(A) = ÃJB + B̃JA è surgettivo, essendo F∗(−12JB̃

    −1C) =C.)

    Ulteriori proprietà di connessione. Il gruppo Gl(n,R) ed il suo sottogruppo GL+(n,R)hanno le stesse proprietà di connessione di O(n,R) ed SO(n,R), ovvero, GL+(n,R) è connesso,mentre Gl(n,R) ha due componenti connesse. Queste proprietà si dimostrano mediante lacosiddetta decomposizione polare (o di Cauchy) delle matrici invertibili.

    12Cfr. J. Kelley, General Topology, p. 95.

  • I.15

    Proposizione 4.14. Ogni matrice B ∈ Gl(n,R) si scrive in maniera unica nella formaB = SR, dove R ∈ O(n,R), e S ∈ S+(n).

    Dimostrazione. La matrice BB̃ è simmetrica definita positiva; esiste allora Q ∈ O(n,R) taleche

    QBB̃Q̃ = diag(λ1, . . . , λn)

    con tutti i λi positivi. Sia

    Λ = diag(√λ1, . . . ,

    √λn) .

    La matrice S = Q̃ΛQ è simmetrica definita positiva. Posto R = S−1B si ha

    R̃R = B̃S−2B = B̃Q̃QB̃−1B−1Q̃QB = I .

    Ciò mostra l’esistenza della decomposizione. Per dimostrare l’unicità, si supponga che siaanche B = S′R′. Ciò implica S2 = S′2, ed essendo S, S′ simmetriche definite positive, si haS = S′, da cui anche R = R′.

    Abbiamo pertanto l’isomorfismo Gl(n,R)/O(n,R) ' S+(n). SeB = SR conB ∈ GL+(n,R)allora detR = 1, per cui si ha un isomorfismo GL+(n,R)/ SO(n,R) ' S+(n). Quest’ul-timo mostra che GL+(n,R) è connesso. Nuovamente, la moltiplicazione per la matriceP = diag(−1, 1, . . . , 1) stabilisce un omeomorfismo fra GL+(n,R) e Gl(n,R) \ GL+(n,R),e quindi Gl(n,R) ha due componenti connesse.

    Gruppi di matrici a coefficienti complessi. In aggiunta a Gl(n,C), il gruppo delle matricicomplesse n× n invertibili, possiamo considerare svariati altri gruppi di matrici complesse:

    Sl(n,C), gruppo delle matrici complesse n×n di determinante uno, di dimensione 2(n2−1),con algebra sl(n,C) (matrici complesse n× n a traccia nulla);

    O(n,C), gruppo delle matrici complesse n× n ortogonali; ha dimensione n(n− 1), è com-patto, e la sua algebra di Lie o(n,C) è formata dalle matrici n × n a coefficienti complessiantisimmetriche.

    U(n) = {U ∈ gl(n,C) |UU † = I}, essendo † l’operazione di aggiunzione; ha dimensione n2,è compatto, e ha algebra di Lie u(n) (matrici n× n complesse A anti-hermitiane, ovvero taliche A+A† = 0);

    SU(n) = {U ∈ U(n) | detU = 1}; ha dimensione n2 − 1, è compatto, e ha algebra di Liesu(n) (matrici n× n complesse anti-hermitiane a traccia nulla).

    Esercizio 4.15. Mostrare che SO(2,R) ' U(1) ' S1.

    Esempio 4.16. Vogliamo studiare in qualche dettaglio il gruppo SU(2). Poiché le matrici Uin SU(2) sono tutte e sole le matrici complesse 2× 2 tali che U−1 = U † e detU = 1, si ha larappresentazione

    (8) SU(2) ≡ {(a b

    −b̄ ā

    )| a, b ∈ C, |a|2 + |b|2 = 1}.

    Pertanto SU(2) è diffeomorfo alla sfera S3, ed è connesso, semplicemente connesso e compatto.Analogamente, essendo l’algebra di Lie su(2) formata dalla matrici anti-hermitiane a traccia

  • I.16

    nulla, si ha la rappresentazione

    (9) su(2) ≡ {(

    ix1 x2 + ix3−x2 + ix3 −ix1

    )|x1, x2, x3 ∈ R}.

    Quindi su(2) ha una base formata dalle tre matrici

    σ1 =(

    0 ii 0

    )σ2 =

    (0 1−1 0

    )σ3 =

    (i 00 −i

    ).

    Queste sono dette matrici di Pauli e svolgono un ruolo fondamentale nel formalismo dellameccanica quantistica.13

    Il gruppo SU(2) agisce sullo spazio dei polinomi omogenei di grado due in due variabili acoefficienti complessi,

    P2 = {c0u2 + c1uv + c2v2, c0, c1, c2 ∈ C} .

    L’azione è data da(u

    v

    )→ A

    (u

    v

    ). Un semplice calcolo mostra che quest’azione lascia

    invariante il discriminante dei polinomi, c21 − 4c0c2. Se introduciamo nuove variabili

    x = −c0 + c2, y = −i(c0 + c2), z = c1,

    c0 = −12(x− iy), c1 = z, c2 =12(x+ iy),

    il discriminante si scrive x2+y2+z2. Quindi quest’azione di SU(2) preserva la forma quadraticax2 + y2 + z2; scrivendo esplicitamente la matrice che rappresenta l’azione di SU(2) sulla ternax, y, z, si vede che tutti gli elementi di matrice sono reali, ovvero, abbiamo costruito un’ap-plicazione φ : SU(2) → O(3,R). L’applicazione φ è continua (essendo data da polinomiquadratici negli elementi di matrice di A), ed essendo SU(2) connesso, φ deve avere valorinella componente connessa con l’identità, ovvero nel gruppo SO(3,R).

    L’applicazione φ : SU(2)→ SO(3,R) è per costruzione un omomorfismo di gruppi. Mostria-mo che questo è surgettivo. Consideriamo le matrici di SU(2), dipendenti da un parametro,

    B(β) =

    cos β2 − sin β2sin β2 cos

    β2

    , C(γ) = (e−iγ/2 00 eiγ/2).

    Le corrispondenti rotazioni di R3 sono

    (10) φ(B(β)) =

    x′ = x cosβ + z sinβ

    y′ = y

    z′ = −x sinβ + z cosβ

    (11) φ(C(γ)) =

    x′ = x cos γ − y sin γy′ = x sin γ + y cos γ

    z′ = z

    13In realtà, secondo le convenzioni abituali, si dicono matrici di Pauli le matrici iσk.

  • I.17

    Queste sono rotazioni rispetto all’asse y e all’asse z di angoli β e γ, rispettivamente. Poichéogni rotazione si può ottenere come composizione di tre rotazioni di tale tipo (teorema diEulero),14 φ è surgettivo.

    Caratterizziamo il nucleo di φ (ovvero il sottogruppo normale φ−1(I) di SU(2)). Gli ele-menti A ∈ SU(2) che vi appartengono lasciano invariati i prodotti u2, uv e v2. Usando larappresentazione (8) si ottiene A = ±I, ovvero, kerφ ' Z2. Quindi due elementi di SU(2)che vengono mandati nella stessa matrice di SO(3,R) differiscono per il segno.15

    Determiniamo l’applicazione indotta φ∗ : su(2)→ o(3,R) (che sappiamo essere a priori unomomorfismo di algebre di Lie). Ponendo β = γ = t nelle (10) e (11) e calcolando la derivatain t = 0 si ottiene che φ∗(su(2)) contiene le matrici

    (13)

    0 0 10 0 0−1 0 0

    ,0 −1 01 0 0

    0 0 0

    .Anche il commutatore

    (14)

    0 0 00 0 10 −1 0

    di queste due matrici sta in φ∗(su(2)). Poiché ogni matrice antisimmetrica 3 × 3 si scrivecome combinazione lineare delle matrici in (13) e (14), φ∗ è surgettivo, ed è pertanto unisomorfismo. Quindi su(2) ' o(3,R); i gruppi SU(2), SO(3,R) e O(3,R) non sono isomorfi,ma hanno algebre di Lie isomorfe.

    5. Azione di un gruppo di Lie su una varietà

    Sia G un gruppo di Lie e V una varietà differenziabile. Un’azione (sinistra) di G su V èun’applicazione differenziabile ρ : G× V → V tale che

    (i) ρ(e, x) = x per ogni x ∈ V ;(ii) ρ(g, ρ(h, x)) = ρ(gh, x) per ogni g, h ∈ G e x ∈ V .Posto ρ(g, x) = ρg(x), le due precedenti condizioni si scrivono ρe = idV , ρg ◦ ρh = ρgh.

    Per ogni g ∈ G, ρg è un diffeomorfismo di M , avente inverso ρg−1 ; la corrispondenza g 7→

    14Questo risultato si usa in Meccanica Razionale per descrivere ogni rotazione in termini dei tre angoli di

    Eulero.15In termini formali, abbiamo verificato che la sequenza

    (12) 1→ Z2 → SU(2)φ→ SO(3,R)→ 1

    è esatta. Notiamo inoltre che A = −B se i punti corrispondenti di S3 sono antipodali; essendo SO(3,R) 'SU(2)/{I,−I}, il gruppo SO(3,R) è diffeomorfo allo spazio proiettivo P3(R). Essendo SU(2) semplicementeconnesso, la (12) mostra anche che il gruppo fondamentale π1(SO(3,R)) di SO(3,R) è Z2, cosicché SO(3,R)non è semplicemente connesso. Si noti che essendo

    H1DR(SO(3,R)) ' π1(SO(3,R))⊗Z R ' Z2 ⊗Z R = 0

    il gruppo SO(3,R) fornisce un esempio di varietà differenziabile non semplicemente connessa il cui primogruppo di coomologia di de Rham è nullo.

  • I.18

    ρg stabilisce un omomorfismo di gruppi G → Diff(V ), essendo quest’ultimo il gruppo deidiffeomorfismi di V .

    Analogamente si definisce la nozione di azione destra, chiedendo che ρg ◦ ρh = ρhg.

    Esempi.

    (i) Le traslazioni a sinistra (destra) definiscono un’azione sinistra (destra) di G su se stesso.

    (ii) Se X è un campo vettoriale completo su V , il suo flusso definisce un’azione di R su V ,che è sia destra che sinistra perché R è abeliano. In particolare, dato un gruppo di Lie G, efissato X ∈ g, la corrispondenza t 7→ exp(tX) è un’azione di R su G.

    (iii) Gl(n,R) ed ogni suo sottogruppo agiscono nel modo ovvio su Rn. Se si rappresentanoi vettori di Rn come vettori colonna (riga), si ha un’azione sinistra (destra).

    Definizione 5.1. Un’azione ρ di G su V si dice

    (i) transitiva se per ogni x, y ∈ V esiste g ∈ G tale che x = ρg(y);(ii) effettiva se ρg = idV implica g = e (ovvero, g 7→ ρg è iniettiva);(iii) libera se per ogni g 6= e, ρg non ha punti fissi (ovvero ρg(x) 6= x per ogni x ∈ V , o

    equivalentemente, g 7→ ρg(x) è iniettiva per ogni x ∈ V ).

    Si noti che ogni azione libera è effettiva.

    Esempi.

    (i) Le traslazioni sinistre (o destre) su un gruppo di Lie sono azioni transitive e libere.

    (ii) L’azione di R su S1 data da (t, eiθ) 7→ ei(t+θ) è transitiva ma non effettiva.(iii) L’azione naturale di Gl(n,R) su Rn è effettiva, ma non libera né transitiva.(iv) L’azione naturale di Gl(n,R) su Rn − {0} è effettiva, libera e transitiva.(v) L’azione naturale di O(n,R) su Rn − {0} è effettiva e libera ma non transitiva.

    Definizione 5.2. Sia ρ un’azione sinistra di G su uno spazio vettoriale E. Se per ogni g ∈ Gρg : E → E è un’applicazione lineare, si dice che ρ è una rappresentazione di G su E. Quindi,una rappresentazione di G su E è un omomorfismo G→ Aut(E), essendo Aut(E) il gruppodegli automorfismi di E (applicazioni lineari E → E invertibili).

    Esempi.

    (i) G = Gl(n,R) (o un suo sottogruppo), E = R, ρM = detM .(ii) Ogni omomorfismo di gruppi di Lie G→ Gl(n,R) è una rappresentazione di G su Rn.

    (L’esempio precedente è un caso particolare, con Gl(1,R) ' R∗).(iii) In particolare, l’omomorfismo φ dell’Esempio 4.16 definisce una rappresentazione di

    SU(2) su R3.

    Se ρ è un’azione di G su V , e fissiamo un punto x ∈ V , l’insieme Ox = {ρg(x), g ∈ G} èdetto orbita di G per x. Si può dimostrare che ogni orbita Ox è una sottovarietà di V .

    Esercizio 5.3. In generale, Ox non è una sottovarietà regolarmente immersa di V : si discutaper esempio il caso G = R, V = T 2, e l’azione è data da un “flusso irrazionale” su T 2(cfr. Esempio 3.3).

  • I.19

    Lo spazio delle orbite è l’insieme quoziente di V rispetto alla relazione di equivalenza

    x ∼ y se esiste g ∈ G tale che x = ρg(y) .

    Se l’azione ρ è stata fissata, lo spazio delle orbite viene denotato V/G, e denominato quozientedi V per l’azione di G. In generale V/G non è una varietà (si consideri per esempio l’azionenaturale di SO(2,R) su R2). In certi casi d’altra parte ciò avviene, come vediamo nellaseguente Proposizione, che riportiamo senza dimostrazione.

    Definizione 5.4. Un’azione ρ di G su V si dice propria se, definita l’applicazione

    ρ̃ : G× V → V × V, (g, x) 7→ (ρg(x), x),

    questa è propria in senso topologico, ovvero, ρ̃−1(K) è compatto per ogni compatto K ⊂V × V .

    Si verifica facilmente che ogni azione di un gruppo compatto è propria.

    Proposizione 5.5. Se il gruppo G agisce su V in maniera propria e libera, il quoziente V/Gammette una struttura di varietà differenziabile, in modo che

    1. V/G è dotato della topologia quoziente;

    2. la proiezione V → V/G è differenziabile.

    Otteniamo in questo modo un gran numero di esempi di quozienti V/G che sono varietàdifferenziabili: è sufficiente prendere per V un gruppo di Lie H, e G come un suo sottogruppocompatto.

    Il gruppo di isotropia Gx di un punto x ∈ V è definito come Gx = {g ∈ G |ρg(x) = x}.L’insieme Gx è un sottogruppo di Lie di G ed è chiuso in G: infatti Gx = ψ−1x (x), essendoψx : G → V l’applicazione ψx(g) = ρg(x). Il gruppo Gx è una sottovarietà regolarmenteimmersa di G. Non proveremo quest’ultima affermazione (in realtà si può provare che unsottogruppo H di un gruppo di Lie G è chiuso in G se e solo se è regolarmente immerso;cf. Warner, op. cit.).

    Esercizio 5.6. Stabilire un isomorfismo di insiemi fra Ox e il quoziente G/Gx (quest’ultimoquoziente è fatto rispetto all’azione naturale di Gx su G come suo sottogruppo).

    Generatori di un’azione. Sia G un gruppo di Lie che agisce su una varietà V . FissatoX ∈ g, per ogni x ∈ V consideriamo la curva

    γX(t) = ρexp tX(x) = ρ(exp tX, x) .

    Al variare di x in V il vettore tangente alla corrispondente famiglia di curve,

    X∗(x) =[d

    dtρ(exp tX, x)

    ]t=0

    ,

    dipende differenziabilmente da x, e definisce un campo vettoriale su V , usualmente de-nominato campo fondamentale di X. Il vettore X∗(x) è tangente all’orbita Ox di G perx.

    Esempi.

  • I.20

    (i) Consideriamo l’azione sinistra di un gruppo su se stesso. Vale allora

    (Rg)∗(X∗(h)) = (Rg)∗

    [d

    dtLexp tX(h)

    ]t=0

    =[d

    dtLexp tX(hg)

    ]t=0

    = X∗(hg) ,

    ovvero, i campi fondamentali dell’azione sinistra sono i campi vettoriali invarianti a destra (eviceversa).

    (ii) I campi fondamentali dell’azione di Gl(n,R) su Rn sono

    A∗(x) = Aik xk ∂

    ∂xi.

    (iii) Se X è un campo vettoriale completo su V , i campi fondamentali associati all’azionedel flusso di X su V sono tutti multipli di X.

    (iv) Sia ρ l’azione di R su Rn data da ρt(x) = et x. Dato T ∈ R (visto come algebra di Lie)si ha

    T ∗(x) = Txi∂

    ∂xi.

    Fissata una base {Xi} di g, i corrispondenti campi vettoriali fondamentali X∗i su V sonodetti generatori dell’azione.

    Esercizio 5.7. Calcolare i generatori delle azioni dei precedenti esempi.

    Esercizio 5.8. Il gruppo U(n + 1) agisce (transitivamente) sullo spazio proiettivo complessoPn.16 Calcolare i campi fondamentali e i generatori di questa azione.

    6. Rappresentazione aggiunta

    Ad ogni gruppo di Lie G si può associare una sua rappresentazione sulla sua algebra g, dettarappresentazione aggiunta. In certe situazioni il corrispondente omomorfismo G → Aut(g) èiniettivo, e ciò permette di rappresentare il gruppo G — che a priori è un gruppo astratto —mediante un gruppo di matrici (ovviamente, fissata una base di g, si ha Aut(g) ' Gl(n,R),essendo n = dimG). Mediante la rappresentazione aggiunta si possono inoltre provare varirisultati circa la relazione fra un gruppo di Lie e la sua algebra.

    Per costruire questa rappresentazione useremo il seguente risultato. Sia x un punto fissodi un’azione ρ di un gruppo di Lie G su una varietà V . Per ogni g ∈ G il differenziale(ρg)∗ : TxV → TxV è un automorfismo di TxV (infatti ammette inverso (ρg−1)∗). Si ha cos̀ıun’applicazione ψx : G→ Aut(TxV ), data da ψx(g)(X) = (ρg)∗(X) per ogni X ∈ TxV .

    Proposizione 6.1. L’applicazione ψx è una rappresentazione.

    16Ricordiamo che lo spazio proiettivo complesso n-dimensionale Pn è lo spazio delle rette per l’origine diCn+1, ovvero, è il quoziente di Cn+1−{0} rispetto alla relazione di equivalenza secondo la quale z1 ∼ z2 se z1 =λz2 per un numero complesso λ. Lo spazio Pn si può anche descrivere come il quoziente U(n+1)/U(1)×U(n).

  • I.21

    Dimostrazione. ψx è evidentemente un omomorfismo di gruppi:

    ψx(gh)(X) = (ρgh)∗(X) = (ρg)∗(ρh)∗(X) = ψx(g)ψx(h)(X) .

    Rimane solo da mostrare che ψx è differenziabile. Ciò equivale a mostrare che per ogniX ∈ TxV la quantità (ρg)∗(X) dipende differenziabilmente da g. Questo segue dalla relazione

    (ρg)∗(X) =[d

    dtρ(g, γ(t))

    ]t=0

    essendo γ una curva per x ∈ V che è tangente a X.

    Definita l’azione di G su se stesso

    a : G×G→ G, a(g, h) = ghg−1,

    l’identità e ∈ G è un punto fisso di questa azione. Identificando TeG con g si ha una rap-presentazione Ad: G→ Aut(g). Lo spazio Aut(g) è esso stesso un gruppo di Lie, isomorfo aGl(n,R) se n = dimG, e la sua algebra di Lie si può identificare con End(g), lo spazio di tuttele applicazioni lineari g → g; quest’ultimo spazio è un’algebra di Lie con la parentesi datadal commutatore, [A,B] = AB −BA, ed è isomorfo come algebra di Lie a gl(n,R). Pertantodifferenziando la mappa Ad si ottiene un omomorfismo di algebre di Lie ad: g → End(g), esi ha un diagramma commutativo (cf. la Proposizione 3.9)

    GAd−−−−→ Aut(g)

    exp

    x xexpg

    ad−−−−→ End(g)

    (15)

    Useremo una notazione abbreviata secondo la quale

    Ad(g)(X) = AdgX, ad(X)(Y ) = adX Y .

    Applicando la Proposizione 3.9 all’omomorfismo ag : G→ G, ag(h) = ghg−1 si ottiene ancheun diagramma

    Gag−−−−→ G

    exp

    x xexpg

    Adg−−−−→ g

    (16)

    Proposizione 6.2. Se G = Gl(n,R) si ha

    AdB A = BAB−1, adAA′ = [A,A′] = AA′ −A′A.

    Dimostrazione. Se A ∈ gl(n,R) allora A, come vettore tangente a Gl(n,R) in I, è rappresen-tato dalla curva I + tA. Si ha

    AdB A =[d

    dtB(I + tA)B−1

    ]t=0

    = BAB−1 .

    Quindi vale anche

    adAA′ =[d

    dt(I + tA)A′(I + tA)−1

    ]t=0

    =[d

    dt(I + tA)A′(I − tA)

    ]t=0

    = AA′ −A′A

    essendo (I + tA)−1 = I − tA+O(t2) per t abbastanza piccolo.

  • I.22

    Il secondo di questi risultati vale per un qualunque gruppo di Lie G, nel senso che per ogniX,Y ∈ g vale adX Y = [X,Y ]. Dimostriamo questa formula. Si ha

    adX Y (e) =[d

    dtAdexp tX Y (e)

    ]t=0

    =[d

    dt(Rexp(−tX))∗(Lexp tX)∗(Y (e))

    ]t=0

    =[d

    dt(Rexp(−tX))∗(Y (exp tX))

    ]t=0

    = (£XY )(e)

    = [X,Y ](e) .

    Essendo adX Y e [X,Y ] entrambi invarianti a sinistra, essi coincidono in ogni punto.17,18

    Lemma 6.3. Sia G un gruppo di Lie connesso. Allora ogni intorno U di e genera G, nelsenso che

    G =⋃n∈N

    Un

    dove Un è il sottoinsieme di G formato dai prodotti di n elementi di U .

    (Ciò significa che ogni g ∈ G si scrive nella forma g = u1 · · · · · uN , con gli ui in U .)

    Dimostrazione. Sia V = U ∩ U−1 ⊂ U , dove U−1 è il sottoinsieme di G formato dagli inversidegli elementi di U . Allora V = V −1. Si ponga

    H =⋃n∈N

    V n ⊂⋃n∈N

    Un.

    H è aperto in G. Il laterale che contiene e ∈ G coincide con H. Ogni laterale è diffeomorfoad H ed è quindi aperto in G. Inoltre H è il complemento in G di tutti i laterali distinti daH (i laterali sono tutti disgiunti). Allora H è chiuso in G. Essendo G connesso ciò significache H = G.

    Ricordiamo che

    (i) un sottogruppo H di un gruppo G è normale se ghg−1 ∈ H per ogni g ∈ G, h ∈ H.(ii) un ideale di un’algebra è un sottospazio vettoriale che è chiuso rispetto alla moltipli-

    cazione per ogni elemento dell’algebra. Nel caso di un’algebra di Lie a, i è un ideale di a se[i, a] ⊂ i.

    Proposizione 6.4. Sia H un sottogruppo connesso di un gruppo di Lie connesso G. AlloraH è normale se e solo se la sua algebra h è un ideale di g.

    17Il simbolo £XY denota la derivata di Lie del campo vettoriale Y rispetto al campo vettoriale X.18L’uguaglianza adX Y =

    ˆddt

    Adexp tX Y˜t=0

    mostra che, per ogni X ∈ g, il corrispondente campo vettorialefondamentale su g associato alla rappresentazione aggiunta di G su g si può identificare con adX .

  • I.23

    Dimostrazione. Assumiamo che h sia un ideale in g. Siano Y ∈ h, X ∈ g, g = expX. Allora19

    g(expY )g−1 = exp Adg Y dal diagramma (16)= exp((exp adX)Y ) dal diagramma (15)= exp(Y + [X,Y ] + 12 [X, [X,Y ]] + . . . )

    Essendo h un ideale in g, la serie nell’ultima riga della precedente equazione converge ad unelemento di h. Pertanto g(expY )g−1 ∈ H. Per il Lemma 6.3, H e G sono generati da elementidel tipo expY e expX rispettivamente, e H è normale in G.

    Assumiamo ora che H sia normale in G, e siano s, t numeri reali. Siano inoltre Y ∈ h,X ∈ g, e g = exp tX. Si ha

    g(exp sY )g−1 = exp Adg(sY ) = exp s [(exp adtX)(Y )] ∈ H .

    Perciò (exp adtX)(Y ) ∈ h per ogni t ∈ R. Inoltre

    (exp adtX)(Y ) = (exp t adX)(Y ) = Y + t[X,Y ] + 12 t2[X, [X,Y ]] + . . . .

    Al variare di t questa è una curva in h, e, mediante l’identificazione canonica di TY h con h, ilsuo vettore tangente in Y è [X,Y ]; quindi h è un ideale.

    Definizione 6.5. Il centro C(G) di un gruppo G è il sottogruppo di G dato da

    C(G) = {g ∈ G | gh = hg per ogni h ∈ G} .

    Il centro C(g) di un’algebra di Lie g è la sottoalgebra di Lie

    C(g) = {X ∈ g | [X,Y ] = 0 per ogni Y ∈ g} .

    Proposizione 6.6. Sia G un gruppo di Lie connesso. Il centro di G è il nucleo dellarappresentazione aggiunta.

    Dimostrazione. Sia g ∈ C(G), e X ∈ g. Allora per ogni t ∈ R

    (18) exp tX = g(exp tX)g−1 = exp(tAdgX) .

    Se t è abbastanza piccolo, tX sta in un intorno di 0 ∈ g su cui exp è iniettivo, cosicchéX = AdgX, ovvero, g ∈ ker Ad.

    Se g ∈ ker Ad, allora vale la (18) per ogni X ∈ g, e g commuta con ogni elemento di unintorno di e ∈ G. Poiché G è connesso, tale intorno genera G, e pertanto g commuta con ognielemento di G, ovvero, g ∈ C(G).

    19Nella seguente equazione si usa la forma esplicita dell’esponenziale di un endomorfismo di uno spazio

    vettoriale. Se E è uno spazio vettoriale, e φ ∈ End(E), allora expφ è definito dalla relazione

    (17) (expφ)(u) =

    ∞Xk=0

    1

    k!φk(u) = u+ φ(u) + 1

    2φ2(u) + . . .

    per ogni u ∈ E. Scelta una base di E, la definizione (17) si riduce alla definizione dell’esponenziale di matrice;la serie (17) converge, e definisce l’esponenziale End(E)→ Aut(E). Nel nostro caso, E = g, e φ = adX , e si ha

    (exp adX)(Y ) =∞Xk=0

    1

    k!(adX)

    k(Y ) = Y + [X,Y ] + 12[X, [X,Y ]] + . . .

  • I.24

    Corollario 6.7. Sia G un gruppo di Lie connesso. Allora il centro C(G) è un sottogruppo diLie chiuso di G, la cui algebra di Lie è il centro di g.

    Dimostrazione. C(G) = Ad−1(idg) è chiuso in G, e per la Proposizione 1.7, è un sottogruppodi Lie di G. Identifichiamo la sua algebra, che denotiamo h. Siano X ∈ g, Y ∈ h, egt = exp tX, s, t ∈ R. Allora, operando come nella dimostrazione della Proposizione 6.4,

    exp sY = gt(exp sY )g−1t = exp s(Y + t[X,Y ] +12 t

    2[X, [X,Y ]] + . . . ) .

    Se s è abbastanza piccolo exp è iniettivo, e

    Y = Y + t[X,Y ] + 12 t2[X, [X,Y ]] + . . .

    da cui segue [X,Y ] = 0, ovvero, h ⊂ C(g).Viceversa, se Y ∈ C(g) e X ∈ g, vale [X,Y ] = 0, ed allora, posto g = expX,

    g(expY )g−1 = exp(Y + [X,Y ] + 12 [X, [X,Y ]] + . . . ) = expY.

    Poiché ogni elemento di G si scrive come prodotto di elementi del tipo expX, expY sta inC(G), per cui C(g) ⊂ h. Pertanto, h = C(g).

    Corollario 6.8. Un gruppo di Lie connesso è abeliano se e solo se la sua algebra di Lie èabeliana.

    Dimostrazione. Già sappiamo che l’algebra di Lie di un gruppo di Lie abeliano, connesso omeno, è abeliana. Dimostriamo l’implicazione opposta. Se g è abeliana, g = C(g). PoichéC(g) è l’algebra di Lie di C(G), i gruppi G e C(G) sono diffeomorfi in un intorno dell’identità.Essendo G connesso, esso è generato da un suo sottoinsieme i cui elementi commutano tuttifra di loro. Quindi G è abeliano.

  • I.25

    Capitolo I

    RIDUZIONI DI SISTEMI DINAMICI

    Una classe importante di problemi della fisica matematica si riconduce alla risoluzione diun sistema di equazioni differenziali alle derivate ordinarie del primo ordine (per esempio,lo studio dell’evoluzione di un sistema meccanico). Possiamo scrivere un tale sistema nellaforma

    (19) ẋi = Xi(x1, . . . , xn), i = 1, . . . , n

    dove le x1(t), . . . , xn(t) sono le n funzioni incognite e ẋi = dxi

    dt (abbiamo assunto che il sistemadi equazioni sotto esame sia autonomo, ovvero, che il membro di destra della (19) non contengat). In un contesto geometrico risolvere il sistema (19) significa, dato un campo vettoriale X,determinarne il flusso. Spesso la soluzione del problema risulta semplificata dal fatto di potertrovare delle quantità che si mantengono costanti “durante il moto”, ovvero, sono invariantisotto l’azione del flusso del campo vettoriale X. Un’altra situazione in cui la risoluzione delsistema viene semplificata si ha quando il campo vettoriale X sia invariante sotto un gruppodi trasformazioni.

    In questo capitolo studieremo in un certo dettaglio la possibilità di semplificare (o, comesi dice usualmente, “ridurre”) il sistema (19) quando una o entrambe di queste situazionisiano verificate, in particolare nel caso di sistemi dinamici hamiltoniani. Ciò culminerà conl’enunciazione e la dimostrazione del cosiddetto teorema di Marsden-Weinstein.

    7. Costanti del moto di un sistema dinamico

    Un primo passo per la risoluzione del sistema (19) può essere quello di metterlo (se possibile,e mediante un opportuno cambio di coordinate) nella forma “ridotta”

    ẏa = Y a(y1, . . . , yr)(20)

    żb = Zb(y1, . . . , yr; z1, . . . , zn−r)(21)

    In questo caso si dice che si è effettuata una riduzione del sistema, poiché si è passati dallarisoluzione del sistema (19), a n incognite, alla risoluzione successiva del sistema (20), a rincognite, seguita dalla risoluzione del sistema (21), detto sistema residuo. Tale procedurausualmente semplifica lo studio del problema.

    Come precedentemente accennato, una possibilità in questa direzione si offre quando ilsistema ammetta delle costanti del moto. Ciò giustifica la seguente definizione.

  • I.26

    Definizione 7.1. Un sistema dinamico è una coppia (V,X), dove V è una varietà differen-ziabile e X è un campo vettoriale su V . Una costante del moto di X è una funzione f : U → R(dove U è un aperto di V ) che è costante lungo le curve integrali di X.

    Quindi, se {ψt} è il flusso di X, f è una costante del moto se f = f ◦ ψt identicamente int, o equivalentemente, X(f) = 0. Se U è contenuto propriamente in V , diciamo che f è unacostante del moto locale; in generale non è possibile estendere una costante del moto localead una globale (si noti tra l’altro come, per il teorema di raddrizzamento dei campi vettoriali,ogni sistema dinamico ammetta sempre n− 1 costanti del moto locali se n = dimV ).20

    Esempio 7.2. Sia V = R2 − {0}, con coordinate canoniche x1, x2, e si consideri il campovettoriale

    X(x1, x2) =1

    (x1)2 + (x2)2∂

    ∂x1+

    2x1

    (x1)2 + (x2)2∂

    ∂x2.

    La funzione f = x2 − (x1)2 è una costante del moto. Posto per semplicità y2 = x1, y1 = f =x2 − (x1)2 il problema dell’integrazione di X si scriveẏ1 = 0ẏ2 = 1

    y22 + (y1 + y22)2

    ed è pertanto facilmente risolubile.

    Esempio 7.3. (Il flusso di Kronecker su T 2). Prendiamo V = T 2, con coordinate x, y, eX = α ∂∂x + β

    ∂∂y , con α, β costanti. La funzione f definita sull’aperto di T

    2 corrispondenteall’interno della cella fondamentale dalla condizione f(x, y) = βx − αy è una costante delmoto locale, ma non può essere estesa a tutto T 2 a meno che α = β = 0 (f non è periodica).

    Consideriamo il caso in cui α/β /∈ Q; allora le curve integrali di X sono dense in T 2. Inquesto caso non esistono costanti del moto f globali non banali (infatti se f è costante su unsottoinsieme denso allora è costante su tutto T 2). Più in generale, per lo stesso argomentoun sistema dinamico che possiede almeno una costante del moto globale non banale non puòavere traiettorie dense.

    Esempio 7.4. (Reticolo di Toda) È un sistema composto da n particelle di massa unitariache si muovono su una retta, sottoposte ad una interazione “fra primi vicini” data da unpotenziale di tipo esponenziale; se xi è la posizione dell’i-esima particella,

    ẍi = −∂V∂xi

    , V =n−1∑i=1

    exi−xi+1 .

    La dinamica del sistema si può scrivere in forma hamiltoniana; la funzione di Hamilton è

    H(x1, . . . , xn, y1, . . . , yn) = 12

    n∑i=1

    y2i +n−1∑i=1

    exi−xi+1 .

    20Ricordiamo che, dato un campo vettoriale X e un punto x ∈ V in modo che X(x) 6= 0, si possono scegliereattorno a x coordinate locali {x1, . . . , xn} tali che X = ∂

    ∂x1. Le coordinate x2, . . . , xn sono pertanto costanti

    (locali) del moto.

  • I.27

    Ricordiamo che le equazioni di Hamilton sono

    (22) ẏi = −∂H

    ∂xi, ẋi =

    ∂H

    ∂yi.

    Consideriamo la matrice simmetrica L avente la struttura

    L(x, y) =

    y1 e12

    (x1−x2) 0e

    12

    (x1−x2) y2 e12

    (x2−x3)

    0 e12

    (x2−x3) y3

    . . . . . . . . .

    yn−1 e12

    (xn−1−xn)

    e12

    (xn−1−xn) yn

    e la matrice antisimmetrica

    A(x, y) =12

    0 e12

    (x1−x2) 0−e

    12

    (x1−x2) 0 e12

    (x2−x3)

    0 −e12

    (x2−x3) 0

    . . . . . . . . .

    0 e12

    (xn−1−xn)

    −e12

    (xn−1−xn) 0

    Un calcolo esplicito mostra che le equazioni (22) si possono scrivere nella forma (detta di Lax )

    L̇ = [L,A] .

    Da questa è facile dedurre che le funzioni

    Fk =1k

    trLk

    sono costanti del moto: infatti

    Ḟk = tr(L̇Lk−1) = tr([L,A]Lk−1) = tr(Lk A−ALk) = 0 .

    Si noti che F1 = trL è la quantità di moto, mentre F2 è l’energia (cioè, F2 ≡ H). Sipuò dimostrare che le funzioni Fk sono in involuzione ({Fi, Fk} = 0 per ogni i, k) e, perk = 1, . . . , n, sono linearmente indipendenti.

    Vediamo come in generale si possa operare il processo di riduzione qualora siano presenticostanti globali del moto. Sia (V,X) un sistema dinamico, e siano f1, . . . , fr costanti del motoglobali. Fissata una r-pla µ = (µ1, . . . , µr) ∈ Rr, consideriamo la “superficie di livello”

    Sµ = {x ∈ V | fi(x) = µi, i = 1, . . . , r} .

    Consideriamo l’applicazione

    ψ : V → Rr, x 7→ (f1(x), . . . , fr(x)) .

  • I.28

    Se i differenziali dfi sono linearmente indipendenti per ogni x ∈ Sµ (ovvero, se µ è un valoreregolare di ψ), allora esiste un intorno U di µ ∈ Rr tale che la restrizione di ψ su ψ−1(U) siauna summersione. Pertanto, Sµ è una sottovarietà regolarmente immersa in V di dimensionem = dimV − r. Su ψ−1(U) possiamo prendere coordinate locali {y1, . . . , ym, z1, . . . , zr},con zi = fi. Poiché X(zi) = 0 (X è tangente a Sµ), in queste coordinate il problemadell’integrazione di X si scrive

    (23)

    {żi = 0, i = 1, . . . , r

    ẏj = Xj(y, z), j = 1, . . . ,m .

    L’Esempio 7.2 mostra una situazione di questo tipo. Questo processo di riduzione viene spessodetto riduzione per restrizione.

    8. Simmetrie di un sistema dinamico

    Una simmetria di un sistema dinamico (V,X) è un diffeomorfismo φ di V che trasformacurve integrali di X in curve integrali di X, ovvero,

    (24) φ ◦ ψt = ψt ◦ φ

    essendo {ψt} il flusso di X. Questa condizione equivale a φ∗(X) = X.Un gruppo ad un parametro di simmetrie di (V,X) è un gruppo ad un parametro {φs} di

    diffeomorfismi di V ognuno dei quali è una simmetria di X, ovvero (equivalentemente)

    (25) φs ◦ ψt = ψt ◦ φs o £YX = 0

    essendo Y il generatore di {φs}.Un gruppo di simmetrie G di (V,X) è un gruppo di Lie con un’azione φ su V , tale che per

    ogni g ∈ G il diffeomorfismo φg : V → V sia una simmetria di X. Sia g l’algebra di Lie di G.

    Proposizione 8.1. Se (G,φ) è un gruppo di simmetrie di X, allora, dato Y ∈ g, vale[Y ∗, X] = 0, essendo Y ∗ il campo vettoriale fondamentale su V associato a Y . Viceversa, seG è un gruppo di Lie connesso con un’azione φ su V , e Y ∈ g è tale che [Y ∗, X] = 0, allora(G,φ) è un gruppo di simmetrie di (V,X).

    Dimostrazione. La prima affermazione è di immediata verifica. Per dimostrare la seconda siusa il fatto che essendo G connesso esso è generato da un intorno della sua identità su cui expè surgettivo; inoltre, la condizione [Y ∗, X] = 0 implica φexp sY ◦ ψt = ψt ◦ φexp sY e pertantofornisce φg ◦ ψt = ψt ◦ φg.

    Se (G,φ) è un gruppo di simmetrie di (V,X), la condizione φg ◦ ψt = ψt ◦ φg implica cheper ogni x in V valga ψt(Ox) ⊂ Oψt(x), ossia, il flusso di X manda orbite di G in orbite di G.Se il quoziente VG = V/G è una varietà differenziabile, ciò significa che X induce un sistemadinamico “ridotto” su V/G (riduzione per proiezione); ovvero, esiste un campo vettoriale X̂su VG tale che X̂ = π∗X, essendo π : V → VG la proiezione.21

    21Questa relazione va intesa nel senso π∗(X(x)) = X̂(π(x)) per ogni x ∈ V .

  • I.29

    In aggiunta all’assunzione che il quoziente VG = V/G sia una varietà differenziabile, suppo-niamo anche che l’azione di G sia libera. In questo caso le orbite di G sono sottovarietàregolarmente immerse di dimensione r = dimG;22 possiamo introdurre coordinate locali{y1, . . . , ym, z1, . . . zr} “adattate alla orbite”, dove le {z1, . . . , zr} sono coordinate sulle or-bite, e le {y1, . . . , ym} sono coordinate sul quoziente VG (si ha m = dimVG = dimV − r). Inqueste coordinate il problema dell’integrazione di X si scrive{

    ẏi = X̂i(y1, . . . , ym)

    żj = Xj(y1, . . . , ym, z1, . . . zr) .

    Esempio 8.2. Si interpreti, alla luce della precedente discussione, il caso di un campo vettorialesu Rn che non dipenda da una coordinata. Qual è il gruppo di simmetria? Scrivere il sistemaridotto ed il sistema residuo.

    Esempio 8.3. Si determinino le curve integrali del campo su V = R2 − {0}

    X(x1, x2) = − x1 + x2

    (x1)2 + (x2)2∂

    ∂x1+

    x1 − x2

    (x1)2 + (x2)2∂

    ∂x2.

    Si verifica facilmente che X ammette il gruppo di simmetria SO(2,R) con la sua azionenaturale su R2−{0}. La varietà quoziente è evidentemente la semiretta aperta (0,+∞), e laproiezione π è data da

    (x1, x2) 7→ ρ =√

    (x1)2 + (x2)2 .

    Un sistema di coordinate adattato alle orbite è fornito dalle coordinate polari (ρ, θ), in cui ilproblema dell’integrazione di X si scrive

    ρ̇ = −1ρ

    θ̇ =1ρ2.

    9. Simmetrie di un sistema hamiltoniano

    Sia (V, ω) una varietà simplettica. Ricordiamo che un simplettomorfismo di (V, ω) è undiffeomorfismo φ di V tale che φ∗ω = ω. La forma simplettica induce un isomorfismo difibrati vettoriali

    T ∗V → TV, α 7→ Xα con α(Y ) = ω(Xα, Y ) per ogni Y ∈ TV .

    Se α è una 1-forma esatta, α = df , il campo Xdf si dice il campo vettoriale hamiltonianoassociato alla funzione f ; quest’ultima è la funzione hamiltoniana di Xdf . Se α è chiusa, Xαè detto localmente hamiltoniano; infatti ogni punto di V ha un intorno U su cui α = df , eXα|U è hamiltoniano.

    22Le orbite di G in V sono regolarmente immerse perché sono chiuse in V (cfr. S. Helgason, Differential

    geometry and symmetric spaces, Academic Press). Essendo l’azione libera, tutti i gruppi di isotropia Gx sono

    banali, e pertanto ogni orbita è diffeomorfa a G; in particolare, dimOx = dimG. Si noti che al variare diξ ∈ g = Lie(G) i campi vettoriali fondamentali ξ∗ formano una distribuzione involutiva in V , le cui varietàintegrali massimali sono le orbite di G.

  • I.30

    Un gruppo ad un parametro di simplettomorfismi {φt} è un gruppo ad un parametro di dif-feomorfismi di V tale che per ogni t, φt sia un simplettomorfismo. I generatori dei gruppi ad unparametro di simplettomorfismi sono esattamente i campi vettoriali localmente hamiltoniani.

    Proposizione 9.1. Sia X il campo vettoriale generatore di un gruppo {φt} ad un parametrodi diffeomorfismi di V . Le seguenti condizioni sono equivalenti.

    (1) {φt} è un gruppo ad un parametro di simplettomorfismi.(2) £Xω = 0.

    (3) X è localmente hamiltoniano.

    Dimostrazione. (1) ⇒ (2): segue da

    £Xω =[d

    dtφ∗tω

    ]t=0

    = 0 .

    L’implicazione opposta si ottiene dalla stessa formula, scritta per t generico: se £Xω = 0allora φ∗tω non dipende da t, ed essendo φ0 = idV , si ha φ

    ∗tω = ω.

    (3) ⇒ (2): se X = Xα è localmente hamiltoniano, vale

    £Xω = iXdω + d(iXω) = −dα = 0;

    la stessa formula mostra che se £Xω = 0 allora d(iXω) = 0, per cui localmente iXω = −df ,ovvero, X è localmente hamiltoniano.

    Nota 9.2. Non è in realtà necessario assumere la completezza del campo vettoriale localmentehamiltoniano; in altri termini, il flusso di un campo vettoriale X è formato da simplettomor-fismi se e solo se X è localmente hamiltoniano (e se e solo se £Xω = 0).

    Esempio 9.3. Sia V = R× S1 con la forma simplettica ω = dz ∧ dθ. Posto X = ∂∂z , Y =∂∂θ ,

    si ha £Xω = £Y ω = 0. Y è hamiltoniano, mentre X lo è solo localmente (nonostante lascrittura, la forma dθ su S1 non è esatta).

    Esempio 9.4. (Trasformazioni canoniche puntuali) Siano V = T ∗Q il fibrato cotangente di unavarietà differenziabile Q, con proiezione canonica π : T ∗Q → Q, e sia θ la forma di Liouvillesu T ∗Q. (Ricordiamo che questa è definita dalla condizione < X, θ >α = < π∗X,α > perogni α ∈ T ∗Q e ogni X ∈ TαT ∗Q. In coordinate locali fibrate {x1, . . . , xn, y1, . . . , yn} si haθα = pi(dqi)α se x = π(α) e α = pi(dqi)x). La 2-forma ω = dθ è una forma simplettica suT ∗Q.

    Sia Y il generatore di un gruppo ad un parametro {ψs} di diffeomorfismi di Q. Possiamodefinire un “sollevamento” di {ψs} su T ∗Q; questo è il gruppo ad un parametro {Ψs} didiffeomorfismi

    (26) Ψs(α) = ψ∗−sα .

    Si ha un diagramma commutativo

    T ∗QΨs−−−−→ TQ

    π

    y yπQ

    ψs−−−−→ Q

  • I.31

    Sia X il generatore di {Ψs}. Dimostriamo che £Xθ = 0 facendo il calcolo in coordinate localifibrate23 {x1, . . . , xn, y1, . . . , yn} di T ∗Q. Se Y = Y i ∂∂xi dalla definizione (26) si ottiene

    X = Y i∂

    ∂xi− ∂Y

    k

    ∂xiyk

    ∂yi

    e pertanto

    £Xθ = iXdθ + d(iXθ) = −Y i dyi −∂Y k

    ∂xiyk dx

    i + d(Y i yi) = 0 .

    Di conseguenza, £Xω = 0, il campo X è localmente hamiltoniano, e {Ψs} è un gruppo disimplettomorfismi di T ∗Q. In realtà X è anche hamiltoniano. Infatti

    iXω = £Xθ − d(iXθ)

    per cui X = Xdf con f = −iXθ = −yi Y i.

    Definizione 9.5. Un sistema dinamico hamiltoniano è una tripla (V, ω,X), dove V è unavarietà differenziabile, ω una forma simplettica su V , e X è un campo vettoriale hamiltonianosu V .

    Proposizione 9.6. Sia (V, ω,X) un sistema dinamico hamiltoniano. (1) Una funzione f suV è una costante del moto per XdH se e solo se {f, H} = 0. (2) Ogni simplettomorfismo φdi (V, ω) che lasci invariante H — ovvero, tale che H ◦ φ = H — è una simmetria di XdH .

    Dimostrazione. (1) {f, H} = 0 equivale a XdH(f) = 0.(2) Per ogni funzione g su V vale

    (φ∗XdH)(g) = XdH(g ◦ φ) ◦ φ−1 = {g ◦ φ, H} ◦ φ−1 = {g, H ◦ φ−1} = {g, H} = XdH(g) .

    Proposizione 9.7. (Teorema di Noether) Sia (V, ω,XdH) un sistema dinamico hamiltoniano;sia f una funzione su V , e sia {φs} il flusso di Xdf .24 La famiglia {φs} lascia invariato H(ovvero H ◦ φs = H per ogni s) se e solo se {f, H} = 0.

    Dimostrazione. La condizione H ◦ φs = H equivale a[d

    dsH ◦ φs(x)

    ]s=0

    = 0 per ogni x ∈ V.

    Essendo[ddsH ◦ φs

    ]s=0

    = Xdf (H) = {f, H} si ha la tesi.

    In conseguenza del teorema di Noether, ad ogni costante del moto f di XdH è associatoun “gruppo locale” di simmetria di XdH ; il gruppo è “globale” se Xdf è completo. Viceversa,sia {φs} un gruppo ad un parametro di simplettomorfismi che preservano H (il che per ilpunto (2) della Proposizione 9.6 implica che {φs} è un gruppo di simmetria di XdH). Allorail generatore X di {φs} è localmente hamiltoniano, ovvero, localmente vale X = Xdf , e dalteorema di Noether segue che f è una costante del moto locale; se X è hamiltoniano, f è unacostante del moto globale.

    23Alternativamente si può dimostrare direttamente che Ψ∗sθ = θ dalla definizione intrinseca di θ.24Già sappiamo che i diffeomorfismi {φs} sono simplettomorfismi di (V, ω).

  • I.32

    Esempio 9.8. Con riferimento all’esempio 9.4, la funzione f = −iXθ è una costante del motoper XdH se e solo se {Ψs} lascia invariata H, ovvero, H ◦Ψ = H.

    Esempio 9.9. (Coordinate cicliche) Supponiamo che Q ammetta una carta globale con coor-dinate {q1, . . . , qn}, e sia ψs : Q→ Q dato da

    ψs(q1, . . . , qn) = (q1, . . . , qk + s, . . . , qn)

    per un k fissato. Il sollevamento {Ψs} di {ψs} a T ∗Q è un gruppo di simplettomorfismi ilcui generatore è hamiltoniano, con funzione hamiltoniana f(q, p) = pk (stiamo denotando con{q1, . . . , qn, p1, . . . , pn} un sistema di coordinate fibrate su T ∗Q). Per il teorema di Noether,f è una costante del moto se e solo se H non dipende da qk. In particolare in quest’ambitosi formalizza l’invarianza per traslazioni e rotazioni di un sistema meccanico.

    Esempio 9.10. Sia Q = R3, con coordinate canoniche (q1, q2, q3). Le rotazioni attorno all’asseq3 costituiscono un gruppo ad un parametro di diffeomorfismi di Q, descritto da

    ψs :

    q1q2q3

    7→ cos s sin s 0− sin s cos s 0

    0 0 1

    q1q2q3

    Posto in coordinate (q̄, p̄) = Ψ(q, p), si ha q̄k = ψk(q), p̄k = (J−1)ikpi, con J

    ik =

    ∂ψi

    ∂qk.

    Essendo ψs lineare e J ortogonale, si hap̄1p̄2p̄3

    7→ cos s sin s 0− sin s cos s 0

    0 0 1

    p1p2p3

    .Il generatore di {Ψs} è hamiltoniano con funzione hamiltoniana f(q, p) = p1q2− p2q1 (coinci-dente con la proiezione del momento angolare lungo l’asse q3). Il teorema di Noether affermache f è una costante del moto per XdH se e solo se H è invariante per rotazioni attornoall’asse q3.

    10. Dalle costanti del moto alle simmetrie

    Sia (V,XdH) un sistema dinamico hamiltoniano che ammette costanti del moto f1, . . . , fr,e supponiamo che ogni campo hamiltoniano Xdfi sia completo. Per il teorema di Noethersi hanno r gruppi ad un parametro di simmetrie di XdH . Vogliamo da questi costruire ungruppo G di simmetrie di XdH . A questo scopo faremo un’ipotesi.

    Se calcoliamo la parentesi di Poisson {fi, fk} di due costanti del moto otteniamo unaulteriore costante del moto, in conseguenza dell’identità di Jacobi:

    {{fi, fk}, H} = −{{H, fi}, fk} − {{fk, H}, fi} = 0

    (o, equivalentemente, perché il commutatore dei campi hamiltoniani Xdfi e Xdfk è anch’essohamiltoniano, con funzione hamiltoniana {fi, fk}). Aggiungiamo alle funzioni f1, . . . , fr tuttele funzioni {fi, fk}, i, k = 1, . . . , r, e iteriamo questo procedimento — ottenendo cos̀ı un nuovo

  • I.33

    insieme di costanti del moto, {f1, . . . , fm}, con m ≥ r — sino a che sia vero il seguente fatto:esistono costanti cijk e σij , i, j, k = 1 . . .m, tali che

    {fj , fk} = cijk fi + σjk.

    Stiamo evidentemente assumendo che ciò avvenga dopo un numero finito di iterazioni.

    Dati ξ = (ξ1, . . . , ξm), η = (η1, . . . , ηm) ∈ Rm poniamo

    fξ =m∑i=1

    ξi fi, [ξ, η]k = ckij ξi ηj , σ(ξ, η) = σij ξi ηj .

    Si ha cos̀ı fξ : V → R, [ξ, η] ∈ Rm, σ(ξ, η) ∈ R. La (10) si riscrive

    {fξ, fη} = f[ξ,η] + σ(ξ, η) ,

    e l’identità di Jacobi implica

    (27) [[ξ, η], θ] + [[θ, ξ], η] + [[η, θ], ξ] = 0

    (28) σ([ξ, η], θ) + σ([θ, ξ], η) + σ([η, θ], ξ) = 0 .

    L’equazione (27) esprime il fatto che g = (Rm, [ , ]) è un’algebra di Lie; la (28) invece affermache σ è un 2-cociclo di tale algebra. I corrispondenti campi vettoriali hamiltoniani verificanola condizione

    [Xdfξ , Xdfη ] = Xd{fξ, fη} = Xdf[ξ,η] ;

    in altri termini, si ha un omomorfismo di algebre di Lie

    (29) g→ X(V ).

    Si dice che ciò definisce un’azione dell’algebra g su V .

    Sia G un gruppo di Lie connesso avente algebra di Lie g.25 In generale un’azione di g su Vnon “si esponenzia” ad un’azione di G. Supponiamo comunque che ciò accada; più precisa-mente, assumiamo che esista un’azione destra26 φ di G su V in modo che la corrispondenzaξ 7→ ξ∗, che ad ogni ξ ∈ g associa il corrispondente campo vettoriale fondamentale su V ,coincida con l’omomorfismo (29).

    25Un tale gruppo esiste sempre. Se g non ha centro il gruppo G si può costruire facilmente. Il nucleo

    dell’applicazione ad: g→ End(g), ad(ξ)(η) = [ξ, η], è proprio il centro di g, per cui ad è iniettiva. Si definisceallora G come l’immagine in Aut(g) della composizione

    gad−→ End(g) exp−→ Aut(g) .

    Se invece il centro di g non è banale la costruzione di G è più complicata.26La scelta dell’azione destra segue da questo fatto: se G è un gruppo di Lie che agisce da destra su una

    varietà differenziabile V , allora l’applicazione lineare

    g→ X(V ), ξ 7→ ξ∗

    è un omomorfismo di algebre di Lie. Infatti, se ξ, η ∈ g, ed f è una funzione su V , vale

    [ξ∗, η∗](f) =

    »d

    ds

    d

    dt(f(ρexp sη(ρexp tξ(x))− f(ρexp tξ(ρexp sη(x)))

    –(s=t=0)

    =

    »d

    ds

    d

    dt(f(ρexp tξ exp sη(x))− f(ρexp sη exp tξ(x)))

    –(s=t=0)

    .

    Essendo

    (30) exp sη exp tξ = exp(sη + tξ + 12st[ξ, η] +O(t, s)2)

  • I.34

    Proposizione 10.1. Il gruppo G costruito sotto queste ipotesi, con l’azione φ, è un gruppodi simplettomorfismi di (V, ω) che lascia H invariata.

    Dimostrazione. Fissato ξ ∈ g, il campo vettoriale ξ∗ = Xdfξ è hamiltoniano, e fξ è unacostante del moto di XdH (ciò a causa delle ipotesi enunciate all’inizio del paragrafo). Per ilteorema di Noether, la famiglia {φexp sξ}s∈R è un gruppo ad un parametro di simplettomorfismiche lascia H invariata. Essendo G connesso, lo stesso vale per ogni φg.

    Esempio 10.2. Sia Q = R3, V = T ∗Q ' R6 con coordinate canoniche (q1, q2, q3, p1, p2, p3),dotato della forma simplettica canonica. Sia H(q, p) una qualunque funzione C∞ dellequantità

    3∑i=1

    (qi)2,3∑i=1

    (pi)2,3∑i=1

    qi pi .

    Le funzioni f1 = −p2q3 + p3q2, f2 = −p3q1 + p1q3 sono costanti del moto. Anche f3 ={f1, f2} = p1q2 − p2q1 è una costante del moto. Non è possibile però generare altre costantidel moto, in quanto {f1, f3} = −f2 e {f2, f3} = f1. Queste costanti del moto soddisfanopertanto la condizione della precedente discussione, con σ = 0 e cijk = εijk (il simbolo diLevi-Civita a tre indici). L’algebra di Lie generata dalle costanti del moto fi coincide quindicon l’algebra o(3,R). Si una cos̀ı un’azione di o(3,R) su R6, data da

    ξ 7→ fξ =3∑i=1

    ξi fi 7→ Xdfξ =∂fξ∂qi

    ∂pi−∂fξ∂pi

    ∂qi.

    In particolare,

    ξ = (0, 0, 1) 7→ f3 7→ Xdf3 = q2∂

    ∂q1− q1 ∂

    ∂q2+ p2

    ∂p1− p1

    ∂p2.

    Questa azione si esponenzia ad un’azione di SO(3,R) su R6, ed allora coincide con il solle-vamento a R6 ≡ T ∗R3 dell’azione destra di SO(3,R) su R3 data da (R, q) 7→ R̃q. Il gruppoSO(3,R) agisce mediante simplettomorfismi che preservano H.

    11. Dalle simmetrie alle costanti del moto: l’applicazione momento

    Un’azione φ di un gruppo di Lie su una varietà simplettica V con forma simplettica ωè detta simplettica se ogni φg è un simplettomorfismo. Ciò implica che per ogni ξ ∈ g lafamiglia {φexp sξ}s∈R è un gruppo ad un parametro di simplettomorfismi, ed il campo vettorialefondamentale ξ∗ su V è localmente hamiltoniano. Supponiamo che esso sia hamiltoniano, con

    si ottiene

    [ξ∗, η∗](f) =

    »d

    ds

    d

    dtf(ρexp st[ξ,η](x))

    –(s=t=0)

    = [ξ, η]∗(f) .

    L’equazione (30) è un troncamento della cosiddetta formula di Baker-Campbell-Hausdorff, cfr. V.S. Varada-

    rajan, Lie groups, Lie algebras, and their representations, Springer-Verlag. Si può facilmente provare la (30)

    quando G non ha centro, cosicché mediante la rappresentazione aggiunta G stesso può essere pensato come un

    gruppo di matrici. Ci si può quindi ridurre alla situazione G = Gl(n,R), nel qual caso la formula è elementare.

  • I.35

    funzione hamiltoniana fξ.27 Per ogni ξ la funzione fξ è definita a meno di una costante seV è connesso (se V non è connesso si ha una costante additiva arbitraria diversa su ognicomponente connessa di V ). È pertanto necessario imporre delle condizioni per eliminarequesta ambiguità; per esempio, scelto un punto xi in ogni componente connessa Vi di V , sipuò imporre fξ(xi) = 0 per ogni ξ ∈ g.

    Per ogni x ∈ V definiamo un’applicazione

    Jx : g→ R, Jx(ξ) = fξ(x) .

    Questa è lineare; infatti fcξ = cfξ. Una conveniente descrizione di questa applicazione si hascegliendo una base {ξ1, . . . , ξm} di g; allora

    (31) Jx =m∑i=1

    fξi(x) Ξi ,

    essendo {Ξ1, . . . ,Ξm} la base duale di g∗.Abbiamo in questo modo costruito un’applicazione differenziabile J : V → g∗, che per

    costruzione soddisfa la seguente condizione: se φ è un’azione simplettica di un gruppo diLie G su V , tale che i suoi campi vettoriali fondamentali siano hamiltoniani, la funzionefξ : V → R, fξ(x) =< ξ, J(x) >, è la hamiltoniana di ξ∗. Chiameremo applicazione momentoogni applicazione differenziabile J : V → g∗ soddisfacente questa condizione.

    Se µ ∈ g∗ è un elemento fissato, e J è una applicazione momento, allora J ′ = J + µ(ovvero, J ′(x)(ξ) = J(x)(ξ)+ < ξ, µ >) definisce un’altra applicazione momento (ciò cam-bia la costante additiva arbitraria delle costanti del moto fξ). Viceversa, se J ′ è un’al-tra applicazione momento, allora esiste µ ∈ g∗ tale che J ′ = J + µ; infatti l’applicazioneξ → f ′ξ(x) − fξ(x) ∈ R non dipende da x ed è lineare, quindi determina un elemento µ ∈ g∗tale che < ξ, µ > = f ′ξ(x)− fξ(x).

    Se H è una funzione invariante per l’azione di G, ovvero, H = H ◦φg per ogni g ∈ G, alloraJ è una costante del moto di XdH (a valori in g∗), in quanto ogni fξi è una costante del moto.

    Esempio 11.1. Sia G un gruppo di Lie che agisce su una varietà differenziabile Q con un’a-zione φ. Per ogni elemento g ∈ G si ha un diffeomorfismo φg : Q → Q, il quale induce undiffeomorfismo

    Φg : T ∗Q→ T ∗Q, Φg(α) = φ∗g−1α,definendo cos̀ı un “sollevamento” dell’azione di G su T ∗Q. Per ogni ξ ∈ g, sia Xξ il campovettoriale fondamentale dato da questa azione. Si ha una situazione come nell’Esempio 9.4; ilcampo Xξ è hamiltoniano, con funzione hamiltoniana fξ = −iXξ(θ). l’applicazione momentoè data da

    < ξ, J(α) > = −< Xξ, θ >αcon α ∈ T ∗Q. Definita per ogni α ∈ T ∗Q l’applicazione

    Φα : G→ T ∗Q, Φα(g) = Φg(α) ,

    si ha Xξ(α) = (Φα)∗(ξ), e

    < ξ, J(α) > = −< (Φα)∗(ξ), θ > = −< ξ, (Φα)∗(θ) >27Ciò accade automaticamente se il primo gruppo di coomologia di de Rham di V è nullo, in particolare se

    V è semplicemente connessa.

  • I.36

    da cui J(α) = −(Φα)∗(θ).Avremmo anche potuto scrivere le costanti del moto fξ nella forma (equivalente alla prece-

    dente) fξ(α) = −< Yξ(x), α >, essendo Yξ il campo vettoriale fondamentale dato dall’azionedi G su Q, e x il punto di applicazione di α in Q. In questo caso avremmo ottenuto la scritturaJ(α) = −(φx)∗(α), essendo adesso φx : G→ Q dato da φx(g) = φ(g, x).

    Più concretamente, possiamo scrivere l’applicazione momento usando l’equazione (31); fis-sata una base {ξ1, . . . , ξm} di g, e detto Y(i) il generatore di {φexp sξi}, in coordinate localifibrate {q1, . . . , qn, p1, . . . , pn} si ha fξi = −pj Y

    j(i), e pertanto

    J(q, p) = −m∑i=1

    pjYj

    (i)(q) Ξi

    essendo {Ξ1, . . . ,Ξm} la base duale di g∗.

    Esempio 11.2. Consideriamo il gruppo delle traslazioni Rn che agisce su Q = Rn medianteq 7→ q − a. In questo caso φq : Rn → Q è dato da φq(a) = q − a, per cui (φq)∗ = id, eJ(q, p) = p; l’applicazione momento è la quantità di moto.

    Esempio 11.3. Prendiamo Q = Rn, V = T ∗Q, G un sottogruppo di Gl(n,R), con l’azionedestra (M, q) 7→ M̃q (denotiamo q = (q1, . . . , qn) gli elementi di Rn, visti come vettori colonna.Alternativamente, se i punti di Rn vengono visti come vettori riga, l’azione si scrive (M, q) 7→qM). Allora per ogni ξ ∈ g vale ξ∗(x) = ξ̃x, e quindi < ξ, J(q, p) > = −< p, ξ∗(q) > = −p̃ ξ̃ q.Se n = 3 e G = SO(3,R), denotato ξ 7→ ωξ l’usuale isomorfismo o(3,R) ∼→ R3, si ha ξ q =ωξ ∧ q. Denotando inoltre “·” il prodotto scalare standard in R3, si ha

    < ξ, J(q, p) > = p̃ ξ q = p · ωξ ∧ q = ωξ · q ∧ p ,

    da cui J(q, p) = q ∧ p: l’applicazione momento è il momento angolare.