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Dipartimento di Matematica Universit` a degli Studi di Genova U. Bruzzo — M. Pedroni Appunti del Corso di Istituzioni di Fisica Matematica (2 o modulo) Anno Accademico 1997–98

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Dipartimento di Matematica

Universita degli Studi di Genova

U. Bruzzo — M. Pedroni

Appunti del Corso di

Istituzioni di Fisica Matematica

(2o modulo)

Anno Accademico 1997–98

I.1

Capitolo I

GRUPPI DI LIE

Molto spesso si incontrano gruppi i cui elementi dipendono in maniera regolare da un certonumero di parametri (per esempio, gli elementi di una matrice di rotazione in tre dimensionisi possono esprimere in funzione degli angoli di Eulero che parametrizzano la rotazione). Lanozione di gruppo di Lie rende rigorosa questa constatazione euristica. Un gruppo di Lie esostanzialmente un gruppo che e allo stesso tempo una varieta differenziabile, in modo che ledue strutture siano compatibili.

1. Prime definizioni

Un gruppo di Lie G e una varieta differenziabile dotata di una struttura di gruppo in modotale che l’applicazione

(1) ψ : G×G→ G, ψ(g, h) = gh−1

sia differenziabile (in questo capitolo tutte le applicazioni differenziabili saranno di classeC∞). La differenziabilita dell’applicazione (1) fa sı che siano differenziabili anche

(i) l’applicazione che prende l’inverso, ι(g) = g−1, in quanto questa si puo scrivere ι(g) =ψ(e, g), essendo e l’elemento identita di G;

(ii) l’applicazione prodotto π(g, h) = gh, in quanto si puo scrivere π(g, h) = ψ(g, ι(h)).

Un omomorfismo φ : G→ H di gruppi di Lie e un’applicazione differenziabile che e anche unomomorfismo di gruppi, ovvero, φ(gh) = φ(g)φ(h) (ponendo h = eG, questa implica φ(eG) =eH). Un isomorfismo di gruppi di Lie e un diffeomorfismo che e anche un omomorfismo digruppi (l’applicazione inversa φ−1 : H → G e automaticamente un omomorfismo di gruppi).

Esempio 1.1. Uno spazio vettoriale V su R di dimensione finita, con la sua struttura diffe-renziabile canonica e la struttura gruppale data dalla somma, e un gruppo di Lie (abeliano).In particolare cio vale per Rn.

Esempio 1.2. Il toro n-dimensionale Tn = Rn/Zn ' S1×· · ·×S1 e un gruppo di Lie (abelianoe compatto).

Esempio 1.3. Sianogl(n,R) = matrici reali n× n ' Rn2

Gl(n,R) = matrici reali n× n invertibili

det : gl(n,R)→ R l’applicazione determinante.

I.2

Gl(n,R) = gl(n,R)\det−1(0) e un aperto di gl(n,R), e quindi e una varieta differenziabile. Sipuo mettere su Gl(n,R) un sistema di coordinate “tautologico” xij a valori in Rn2

, che adogni matrice M associa i suoi n2 coefficienti, M 7→ M i

j. Il prodotto di matrici e polinomiale,mentre l’inverso di una matrice e una funzione razionale degli elementi di matrice; entrambele operazioni sono C∞. Pertanto Gl(n,R) e un gruppo di Lie di dimensione n2.

Nello stesso modo si definisce il gruppo Gl(n,C), formato dalle matrici n × n invertibilia coefficienti complessi. Gl(n,C) e un gruppo di Lie di dimensione 2n2, ed e un aperto ingl(n,C), lo spazio vettoriale delle matrici n× n a coefficienti complessi.

Ogni elemento g ∈ G definisce un’operazione di trasporto sinistro

Lg : G→ G, Lg(h) = gh

e una di trasporto destroRg : G→ G, Rg(h) = hg.

Si hanno le ovvie relazioni

Lg1 Lg2 = Lg1g2 , Rg1 Rg2 = Rg2g1 , Le = Re = idG, Lg1 Rg2 = Rg2 Lg1 .

Per ogni g ∈ G le applicazioni Lg ed Rg sono diffeomorfismi, e vale

Lg−1 = (Lg)−1, Rg−1 = (Rg)−1.

I differenziali (Lg)∗ ed (Rg)∗ agiscono sui campi vettoriali su G.

Definizione 1.4. Un campo vettoriale X su G e detto invariante a sinistra se (Lg)∗X = X

per ogni g ∈ G; invariante a destra se (Rg)∗X = X (scrivendo esplicitamente la dipendenzadal posto, si ha rispettivamente (Lg)∗X(h) = X(gh) e (Rg)∗X(h) = X(hg)).

Esercizio 1.5. Consideriamo ancora su Gl(n,R) il sistema di coordinate “tautologico” xija valori in Rn2

, che ad ogni matrice M associa i suoi n2 coefficienti, M 7→ M ij. Dimostrare

che i campi vettoriali

Xij(M) = Mk

j

∂xkisono invarianti a sinistra.

Sottogruppi. Sia G un gruppo di Lie. Un sottogruppo H di G (in senso algebrico) e unsottogruppo di Lie di G se l’inclusione H → G realizza H come sottovarieta di G.1,2

Esempio 1.6. I seguenti sono sottogruppi di Lie di Gl(n,R):3

(i) O(n,R) = matrici reali n×n che sono ortogonali, ovvero verificano R R = In, essendo Rla matrice trasposta di R, e In la matrice identita n×n. O(n,R) e il sottogruppo di Gl(n,R)

1Siano V , W varieta differenziabili, e sia ι : V → W un’applicazione differenziabile iniettiva. Diciamo che

la coppia (V, ι) e una sottovarieta di W se l’applicazione lineare (ι∗)x : TxV → Tι(x)W e iniettiva. Per esempi

e controesempi si veda W. Boothby, An introduction to Riemannian Geometry.2Nel seguito, qualora cio non dia adito a confusione, diremo spesso “sottogruppo” intendendo “sottogruppo

di Lie”.3La dimostrazione che i seguenti esempi siano effettivamente dei sottogruppi di Lie di Gl(n,R) verra data

piu avanti.

I.3

che preserva il prodotto scalare canonico di Rn: si ha Ru ·Rv = u · v per ogni u, v ∈ Rn se esolo se R ∈ O(n,R).

(ii) SO(n,R) = matrici in O(n,R) aventi determinante uguale a 1;

(iii) Sl(n,R) = matrici in Gl(n,R) aventi determinante uguale a 1;

(iv) le matrici reali n× n triangolari superiori (inferiori) invertibili.

Dato un gruppo di Lie G, ed un sottogruppo algebrico H di G, si pone in generale laquestione se H possa essere realizzato come sottogruppo di Lie di G. In altri termini, cichiediamo se sia possibile mettere su H una struttura differenziabile in modo che H sia ungruppo di Lie, e l’immersione H → G sia differenziabile. La risposta e sempre affermativaquando H e un sottoinsieme chiuso di G. Cio e espresso dal seguente risultato, che enunciamosenza dimostrazione (cf. Warner, Foundations of differentiable manifolds and Lie groups).

Proposizione 1.7. Sia H un sottogruppo algebrico di un gruppo di Lie G. Se H e chiuso inG, esiste su H un’unica struttura differenziabile che rende H un sottogruppo di Lie di G.

2. Algebre di Lie

Un’algebra di Lie e un’algebra a su R, in generale non associativa, non necessariamente didimensione finita, tale che, denotando [α, β] il prodotto nell’algebra, questo verifica le seguenticondizioni:

(i) antisimmetria: [α, β] = −[β, α] per ogni α, β ∈ a;

(ii) identita di Jacobi:

[α, [β, γ]] + [γ, [α, β]] + [β, [γ, α]] = 0 per ogni α, β, γ ∈ a .

L’operazione bilineare [· , ·] e detta commutatore o parentesi di Lie.

Esempio 2.1. Ogni spazio vettoriale, dotato della parentesi di Lie banale [α, β] = 0, e un’al-gebra di Lie (detta abeliana).

Esempio 2.2. Lo spazio vettoriale X(V ) dei campi vettoriali su una varieta differenziabile V ,con la parentesi di Lie data dal commutatore dei campi vettoriali visti come derivazioni,

[X,Y ](f) = X(Y (f))− Y (X(f)) ,

e un’algebra di Lie infinito-dimensionale (f e una qualunque funzione differenziabile).

Esempio 2.3. Sia e1, e2, e3 la base canonica di R3. Stabiliamo un isomorfismo di spazivettoriali Λ2R3 → R3 ponendo

e1 ∧ e2 7→ e3, e2 ∧ e3 7→ e1, e3 ∧ e1 7→ e2.

Via quest’isomorfismo il prodotto wedge di elementi di R3 induce un prodotto bilineareR3 ⊗ R3 → R3, usualmente detto prodotto vettore, che denoteremo con lo stesso simbolodel prodotto wedge. Il prodotto vettore e evidentemente antisimmetrico, ed inoltre vale

(2) (u ∧ v) ∧ w + (w ∧ u) ∧ v + (v ∧ w) ∧ u = 0 ,

I.4

come e facile dimostrare prendendo come u, v, w gli elementi della base canonica. Con questoprodotto R3 diventa un’algebra di Lie (in particolare la proprieta (2) e l’identita di Jacobi),che denoteremo r.

Esempio 2.4. Denotiamo (x1, . . . , xn, y1, . . . , yn) le coordinate canoniche di R2n. Sullo spaziovettoriale F(R2n) delle funzioni C∞ su R2n definiamo le parentesi di Poisson

f, g =∂f

∂xi∂g

∂yi− ∂g

∂xi∂f

∂yi.

La proprieta di antisimmetria f, g = −g, h e evidente, mentre la verifica dell’identita diJacobi richiede un calcolo un poco laborioso. F(R2n) con le parentesi di Poisson e un’algebradi Lie infinito-dimensionale.

Esempio 2.5. Lo spazio gl(n,R) delle matrici n × n reali, con la parentesi di Lie data dalcommutatore

[A,B] = AB −BA,e un algebra di Lie. gl(n,R) ammette svariati sottospazi vettoriali che sono chiusi rispettoalla parentesi di Lie (ovvero, detto b un tale sottospazio, [b, b] ⊂ b. Questi sottospazi sonoallora delle sottoalgebre). Ad esempio:

(i) o(n,R) = matrici n× n antisimmetriche(ii) sl(n,R) = matrici n× n aventi traccia nulla(iii) le matrici n× n reali triangolari superiori (inferiori).

Definizione 2.6. Siano a, b algebre di Lie. Un omomorfismo φ : a → b e un’applicazionelineare tale che [φ(α), φ(β)] = φ([α, β]).

Se φ e bigettivo, viene detto isomorfismo di algebre di Lie.

Esercizio 2.7. Mostrare che l’applicazione

r→ o(3,R), a e1 + b e2 + c e3 7→12

0 c −b−c 0 a

b −a 0

stabilisce un isomorfismo di algebre di Lie.

Esercizio 2.8. Con riferimento agli Esempi 2.2 e 2.4, mostrare che l’applicazione lineare

F(R2n)→ X(R2n), f 7→ ∂f

∂xi∂

∂yi− ∂f

∂yi

∂xi

e un omomorfismo di algebre di Lie.

3. Algebra di Lie di un gruppo di Lie

Vogliamo vedere come ad ogni gruppo di Lie G si possa associare una algebra di Lie che inqualche modo rappresenta la struttura di G in maniera infinitesima. Facciamo una premessaintroducendo la nozione di campi vettoriali correlati. Data un’applicazione differenziabileφ : V →W , un campo vettoriale X su V e un campo vettoriale Y su W , diciamo che X e Ysono φ-correlati se φ∗X(p) = Yφ(p) per ogni p ∈ V . Sotto questa ipotesi si ha

I.5

Lemma 3.1. Se ψt e il flusso di X, e χt il flusso di Y , si ha φ ψt = χt φ.

Dimostrazione. Per ogni x ∈ V il campo vettoriale Y e tangente sia alla curva χt φ sia allacurva φ ψt, e per l’unicita del flusso locale dei campi vettoriali si ha la tesi.

Lemma 3.2. Se X1, Y1 sono φ-correlati, e X2, Y2 sono φ-correlati, allora [X1, X2] e [Y1, Y2]sono φ-correlati.

Dimostrazione. Faremo uso dell’identita

dω(X,Y ) = X(< Y, ω >)− Y (< X,ω >)− < [X,Y ], ω >

valida per ogni 1-forma differenziale ω ed ogni coppia di campi vettoriali X,Y . Data unafunzione f su W , si ha la catena di uguaglianze

φ∗([X1, X2])(f) =< [X1, X2], dφ∗(f) >

= X1(< X2, dφ∗(f) >)−X2(< X1, dφ

∗(f) >)

= X1(φ∗(< φ∗(X2), df >))−X2(φ∗(< φ∗(X1), df >))

= φ∗(X1)(< φ∗(X2), df >)− φ∗(X2)(< φ∗(X1), df >)

= [Y1, Y2](f) .

Dire che X e campo vettoriale invariante a sinistra su un gruppo di Lie equivale a dire cheX e Lg-correlato a se stesso per ogni g ∈ G. Dal Lemma 3.2 segue che il commutatore di duecampi vettoriali invarianti a sinistra e anch’esso invariante a sinistra. Lo spazio vettoriale deicampi vettoriali invarianti a sinistra pertanto e chiuso rispetto al commutatore, e con essocostituisce un’algebra di Lie g, detta l’algebra di Lie di G.

Esempio 3.3. Dalla definizione Tn = Rn/Zn segue che sull’aperto denso U del toro Tn,corrispondente alla cella fondamentale del reticolo Zn, sono definite coordinate x1, . . . , xnindotte dalle coordinate canoniche di Rn. In queste coordinate il prodotto gruppale e rappre-sentato dall’addizione delle coordinate. In campi vettoriali invarianti a sinistra sono i campivettoriali che in queste coordinate hanno componenti costanti (e sufficiente verificare questosu U perche quest’ultimo e denso). Tali campi commutano fra di loro, e pertanto l’algebra diLie di Tn e isomorfa a Rn con la parentesi di Lie banale.

Per uso futuro notiamo che se le componenti di un campo vettoriale invariante a sinistraX sono linearmente indipendenti su Z (ovvero se

∑imiX

i = 0 con mi ∈ Z implica Xi = 0)allora la curva integrale γX di X e densa in Tn. Se n = 2 e γX non e densa, allora e chiusa(per n = 2 il fatto che le componenti di X siano linearmente indipendenti su Z significa cheX1, X2 6= 0 e X1/X2 e irrazionale).

L’esistenza di campi vettoriali invarianti a sinistra su ogni gruppo di Lie G (cioe la nonbanalita della corrispondente algebra di Lie g) segue dal fatto che g si puo identificare, comespazio vettoriale, con lo spazio tangente TeG.

I.6

Proposizione 3.4. L’applicazione lineare

g→ TeG

X 7→ X(e)

e un isomorfismo.

Dimostrazione. L’applicazione sopra definita e lineare e surgettiva; infatti, se Y ∈ TeG, lacondizione X(g) = (Lg)∗Y definisce un campo vettoriale invariante a sinistra. Rimane dadimostrare che se X(e) = 0, allora X e il campo vettoriale nullo. Cio segue da X(g) =(Lg)∗X(e).

Come prima conseguenza abbiamo che dim g = dimG.4

Esempio 3.5. Da quanto detto segue che un campo vettoriale invariante a sinistra non nullonon si annulla in alcun punto. Dalla topologia differenziale sappiamo che un campo vettorialesulla sfera S2 si annulla almeno in due punti. Pertanto S2 non ammette alcuna struttura digruppo di Lie. Dal precedente teorema segue anche che su un gruppo di Lie G di dimensionen siano sempre definiti n campi vettoriali linearmente indipendenti in ogni punto, cosicche ilfibrato tangente TG e sempre banale. Cio implica per esempio che l’unica varieta differenzia-bile bidimensionale, orientabile, compatta e connessa che ammetta una struttura di gruppodi Lie e il toro T 2.

Applicazione esponenziale. L’algebra di Lie g di un gruppo di Lie G “approssima” il gruppoin un intorno dell’identita. Questa affermazione euristica si puo rendere precisa in terminidella cosiddetta applicazione esponenziale.

Lemma 3.6. Ogni campo vettoriale invariante a sinistra su G e completo.

(Ricordiamo che un campo vettoriale su una varieta differenziabile V e completo se le suecurve integrali sono definite per ogni valore del loro argomento. In tal caso la famiglia dellecurve integrali costituisce un gruppo ad un parametro di diffeomorfismi di V .)

Dimostrazione. Sia X un campo vettoriale invariante a sinistra. Se γ : (−ε, ε) → G e unacurva integrale di X per e, allora Lg γ e una curva integrale di X per g. E cosı sufficienteconsiderare il caso di curve per e. E inoltre sufficiente dimostrare che se γ e definita per duevalori s e t del parametro, e definita anche in s + t. Si ponga γ(t) = γ(s)γ(t) (dove γ(s) e

4Seguendo una convenzione ormai del tutto consolidata, abbiamo definito l’algebra di Lie di un gruppo di

Lie come l’algebra dei campi vettoriali invarianti a sinistra. Si potrebbe nello stesso modo considerare l’algebra

gr dei campi vettoriali invarianti a destra. Anche gr risulta isomorfa allo spazio tangente TeG, e pertanto si

ha un isomorfismo di spazi vettoriali φ : g ∼→ gr. Le due strutture di algebra sono pero diverse; detto [ , ]r il

commutatore in gr, si ha φ([α, β]) = −[φ(α), φ(β)]r (le due algebre di Lie sono anti-isomorfe).

I.7

γ(t) sono moltiplicate mediante il prodotto gruppale). Allora in coordinate locali si ha

d

dt

(xk γ(t)

)( ∂

∂xk

)γ(t)

=d

dt

(xk Lγ(s) (γ(t))

) ( ∂

∂xk

)γ(t)

= (Lγ(s))∗

[d

dt

(xk γ(t)

) ( ∂

∂xk

)γ(t)

]= (Lγ(s))∗X(γ(t))

= X(γ(s)γ(t)) = X(γ(t)) .

Pertanto γ soddisfa l’equazione delle curve integrali di X. Per il risultato di unicita, γ edefinita in s+ t, e vale γ(s+ t) = γ(t) = γ(s)γ(t).

Per ogni X ∈ g sia γX la curva integrale diX per e. L’applicazione esponenziale exp: g→ G

e definita dalla condizioneexpX = γX(1) .

Lemma 3.7. Per ogni campo vettoriale invariante a sinistra X vale γtX(s) = γX(ts).

Dimostrazione. In coordinate locali valed

dsxi γtX(s) = tXi(γtX(s))

d

dsxi γX(ts) = tXi(γX(ts))

per cui le curve γtX(s) e γ(s) = γX(ts) verificano la stessa equazione differenziale. Essendoinoltre γtX(0) = γ(0), per il teorema di unicita esse coincidono.

Cosı exp(tX) = γtX(1) = γX(t), e exp tXt∈R si puo identificare con il gruppo ad unparametro di diffeomorfismi generato da X. Piu precisamente,

Proposizione 3.8. Il gruppo ad un parametro di diffeomorfismi di G generato da X e datoda ψt(g) = g exp(tX) = Rexp(tX)(g).

Siano G, H gruppi di Lie e g, h le corrispondenti algebre di Lie, e sia φ : G → H unomomorfismo di gruppi di Lie. Ricordando che un campo vettoriale invariante a sinistra edeterminato dal sua valore nell’identita, ed essendo φ(eG) = eH , definiamo un’applicazionelineare φ∗ : g → h ponendo Y (eH) = φ∗(X(eG)). Da cio segue che X e Y sono φ-correlati.5

Pertanto vale[φ∗(X1), φ∗(X2)] = φ∗([X1, X2]),

e φ∗ : g→ h e un omomorfismo di algebre di Lie. In particolare, se G e H sono isomorfi, anchele loro algebre lo sono. Il risultato inverso non e vero: per esempio, Rn e Tn hanno la stessaalgebra di Lie (Rn con la parentesi di Lie banale), ma non sono evidentemente isomorfi.6

5Si ha infatti per definizione

φ∗X(g) = (Lφ(g))∗Y (eH) = Y (φ(g)) .

6In realta si dimostra che due gruppi di Lie connessi e semplicemente connessi le cui algebre di Lie sono

isomorfe sono essi stessi isomorfi (Warner, op. cit.).

I.8

Proposizione 3.9. Sia φ : G→ H un omomorfismo di gruppi di Lie. Il seguente diagrammae commutativo

Gφ−−−−→ H

exp

x xexp

gφ∗−−−−→ h

Dimostrazione. Sia X ∈ g, e siano ψt, χt i flussi di X e φ∗X. Dal Lemma 3.1 sappiamoche χt φ = φ ψt. Inoltre per la Proposizione 3.8 per ogni h ∈ H abbiamo

φ ψt(h) = φ(h exp tX) = φ(h)φ(exp tX)

χt φ(h) = φ(h) exp(tφ∗(X))

da cui la tesi.

Proposizione 3.10. Sia G un gruppo di Lie. Esiste un intorno aperto U di 0 in g tale cheexp stabilisce un diffeomorfismo di U con un intorno aperto di e ∈ G.

Dimostrazione. Essendo exp(0) = e, ed identificando7 lo spazio tangente T0g con g, in baseal teorema della funzione inversa8 e sufficiente mostrare che il differenziale (exp∗)0 : g→ TeG

e un isomorfismo. Dalla definizione di differenziale si ha

(exp∗)0(X) =[d

dtexp(tX)

]t=0

=[d

dtγX(t)

]t=0

= X(e) ;

pertanto, identificando g con TeG, l’applicazione (exp∗)0 e l’identita.

Corollario 3.11. Se G e un sottogruppo di un gruppo di Lie H, il differenziale dell’appli-cazione di inclusione ι : G → H induce un omomorfismo iniettivo di algebre di Lie ι∗ : g →h.

Dimostrazione. Sia U l’intorno aperto di 0 ∈ g di cui alla Proposizione 3.10. Per ogni X ∈ g

esiste un numero reale non nullo α tale che αX ∈ U . Se ι∗(X) = 0 allora ι∗(αX) = 0. LaProposizione 3.9 e il fatto che ι sia iniettivo implicano la tesi.

Esercizio 3.12. Siano X, Y campi vettoriali su una varieta differenziabile V , e siano ψt,χs i corrispondenti flussi. Dimostrare che [X,Y ] = 0 se e solo se χs ψt = ψt χs.

Esempio 3.13. Sia G un gruppo di Lie abeliano, ovvero, gh = hg per ogni g, h ∈ G. Alloral’algebra di Lie g e abeliana, [X,Y ] = 0 per ogni X,Y ∈ g. Infatti, essendo g exp(tX) exp(sY )= g exp(sY ) exp(tX), detti ψt e χs i flussi diX ed Y rispettivamente, si ha ψtχs = χsψt.Ma allora [X,Y ] = 0.

7Per ogni spazio vettoriale E vi e una identificazione canonica E ∼→ T0E data da u 7→ [tu].8cfr. Boothby, op. cit.

I.9

4. Il gruppo generale lineare

Abbiamo gia visto che Gl(n,R) e un gruppo di Lie. Identifichiamo adesso la sua algebra diLie. Ricordiamo che se A ∈ gl(n,R), allora

det(I + tA) = 1 + t trA+O(t2) .

Se B ∈ Gl(n,R), A ∈ gl(n,R) e t e un numero reale sufficientemente piccolo, allora B + tA ∈Gl(n,R); infatti

(3) det(B + t A) = detB det(I + tB−1A) = detB[1 + t tr(B−1A) +O(t2)

];

essendo detB 6= 0, se t e sufficientemente piccolo, allora det(B + tA) 6= 0. Pertanto lo spaziotangente TB Gl(n,R) si identifica con lo spazio vettoriale gl(n,R).

Fissiamo in particolare B = I. Se xij e il sistema di coordinate “tautologico” preceden-temente introdotto, l’identificazione gl(n,R) ∼→ TI Gl(n,R) e data da

A 7→ Aij

(∂

∂xij

)I

.

Se A ∈ gl(n,R), sia XA il campo vettoriale invariante a sinistra ad esso associato. EssendoLB(B′) = BB′ si ha (cf. Esercizio 1.5)

XA(B) = (LB)∗

[Aij

(∂

∂xij

)I

]= (BA)ij

(∂

∂xij

)B

.

Prendendo il commutatore di due campi vettoriali invarianti a sinistra in un punto B ∈

Gl(n,R) si ottiene (ricordando che(

∂∂xi j

)B

Bkh = δki δ

jh)

[XA, XA′ ]B =

[(BA)ij

∂(BA′)kh∂xij

− (BA′)ij∂(BA)kh∂xij

](∂

∂xkh

)B

=[Bk

mAmjA′jh −B

kmA

jhA′mj

]( ∂

∂xkh

)B

= Bkm[AmjA

′jh −A

′mjA

jh](

∂xkh

)B

= X[A,A′](B) .

Da cio si deduce che anche come algebra di Lie l’algebra di Lie di Gl(n,R) e isomorfa agl(n,R). Nello stesso modo l’algebra di Lie di Gl(n,C) si puo identificare con gl(n,C).

L’applicazione esponenziale di Gl(n,R). Nelle solite coordinate l’equazione differenzialesoddisfatta dalle curve integrali γXA di un campo vettoriale invariante a sinistra XA (doveA ∈ gl(n,R)) si scrive

d

dtB(t) = B(t)A .

I.10

Questa ha soluzione B(t) = eAt, essendo l’esponenziale di matrici definito da9

(4) eA =∞∑k=0

Ak

k!.

(Si noti che correttamente B(0) = I.) Per unicita del flusso locale, l’applicazione A 7→ eA

non e altro che la rappresentazione in coordinate dell’applicazione exp: gl(n,R)→ Gl(n,R).

Una manipolazione formale della (4) permette di dimostrare il seguente risultato.

Proposizione 4.1. Se A,B ∈ gl(n,R) commutano, vale eA eB = eA+B.

Proposizione 4.2. Se A ∈ gl(n,R), vale det eA = etrA.

Dimostrazione. E sufficiente mostrare il risultato nel caso dell’applicazione esponenziale exp:gl(n,C)→ Gl(n,C), che nelle ovvie coordinate ammette anch’essa la rappresentazione (4). Inquesto caso possiamo usare il fatto che l’insieme ∆n ⊂ gl(n,C) delle matrici diagonalizzabilie denso in gl(n,C). Basta allora dimostrare la formula per A ∈ ∆n. D’altra parte se Q ∈Gl(n,C) si ha QeAQ−1 = eQAQ

−1, e possiamo assumere che A sia diagonale. In questo caso

la formula e evidente.10

La precedente Proposizione mostra che exp: gl(n,R)→ Gl(n,R) prende valori in Gl+(n,R),il sottogruppo di Gl(n,R) formato dalle matrici aventi determinante positivo (vedremo in-fatti piu avanti che GL+(n,R) e la componente connessa di Gl(n,R) che contiene l’identita.Essendo exp continua, ed exp(0) = I, e ovvio che exp prenda valori in GL+(n,R)).

Sia S(n) lo spazio vettoriale delle matrici n× n reali simmetriche, e S+(n) il sottoinsiemedelle matrici simmetriche definite positive. S+(n) e aperto in S(n), e pertanto ha una strut-tura di varieta differenziabile. La matrice identita In sta in S+(n), e si ha un’identificazioneTInS

+(n) ' S(n).

Proposizione 4.3. La restrizione di exp: gl(n,R) → Gl(n,R) a S(n) stabilisce un diffeo-morfismo exp: S(n)→ S+(n).

Dimostrazione. Nuovamente con un argomento di diagonalizzazione ci si puo ridurre a dimo-strare i seguenti fatti: (i) Se exp(A) = exp(B) e una matrice diagonale, allora A = B; (ii)se B e una matrice diagonale definita positiva, allora esiste una matrice diagonale A tale cheB = exp(A). Entrame le affermazioni si provano applicando la funzione log.

Una parentesi: summersioni e sottovarieta regolarmente immerse. Data una sottovarietaV di una varieta differenziabile W , l’insieme V ha a priori due distinte topologie: una comevarieta differenziabile, ed una come sottoinsieme di W (la cosiddetta topologia relativa, icui aperti sono le intersezioni di V con gli aperti di W ). In generale le due topologie sono

9Nell’algebra gl(n,R) possiamo mettere la norma ‖A‖ =Pi,j=1,...,n |A

ij |. Si vede allora che la serie nel

membro di destra della seguente formula e assolutamente convergente, e definisce un’applicazione C∞ da

gl(n,R) in gl(n,R).10Si puo dimostrare lo stesso risultato mediante la Proposizione 3.9, prendendo G = Gl(n,R), H = R∗,

φ = det (e quindi φ∗ = tr).

I.11

diverse. Si consideri per esempio la realizzazione di R+ (numeri reali strettamente positivi)come sottovarieta di R2 data dalla curva ottenuta raccordando le prescrizioni

x(t) = t, y(t) = sin 1t se t ∈ (0, 1]

x(t) = 0, y(t) = 3− t se t ∈ [2,+∞)

con una qualunque prescrizione per t ∈ [1, 2] che produca una immersione C∞. Un intervallodella curva dato da t1 < 3 < t2 e aperto nell’usuale topologia di R+ mentre non e aperto nellatopologia relativa di R+ come sottoinsieme di R2, in quanto ogni suo intorno in R2 contieneanche un altro tratto di curva.

Definizione 4.4. Una sottovarieta regolarmente immersa e una sottovarieta tale che la suatopologia come varieta differenziabile e la topologia relativa coincidono.

Per esempio una sfera in Rn e una sottovarieta regolarmente immersa.

Un utile criterio per decidere se una sottovarieta e regolarmente immersa e dato dallanozione di summersione.

Definizione 4.5. Sia f : V → W un’applicazione differenziabile fra varieta differenziabili.Diciamo che f e una summersione se f e surgettiva e il differenziale f∗ : TxV → Tf(x)W esurgettivo per ogni x ∈ V .

In tale situazione, dato y ∈W , definiamo Sy = f−1(y). Vale il seguente risultato, che nonproviamo (per una dimostrazione si veda Warner, op. cit. o Boothby, op. cit.).

Proposizione 4.6. Sy e una sottovarieta regolarmente immersa di V . Inoltre, TxSy =ker(f∗)x per ogni x ∈ Sy.

(Si noti che f manda tutta la varieta Sy nel punto y, per cui ogni curva in Sy viene mandatain una curva costante in W , il che implica l’isomorfismo TxSy = ker(f∗)x).

Il gruppo speciale lineare. Ricordiamo che il gruppo speciale lineare di ordine n, denotatoSl(n,R), e il sottogruppo di Gl(n,R) formato da matrici avente determinante pari a uno.

Lemma 4.7. L’applicazione

F : Gl(n,R)→ R∗

A 7→ detA

e una summersione. Inoltre, (FB)∗(A) = (detB) tr(B−1A).

Dimostrazione. F e evidentemente C∞ e surgettiva. Calcoliamo il suo differenziale: usandol’equazione (3) si ha

(F∗)B(A) =[d

dtdet (B + t A)

]t=0

= detB[d

dtdet (I + tB−1A)

]t=0

= detB tr(B−1A) .

(F∗)B e surgettivo per ogni B, come segue dall’identita (F∗)B(

αn detB B

)= α valida per ogni

α ∈ R. Quindi F e una summersione.

I.12

Di conseguenza, Sl(n,R) = F−1(1) e una sottovarieta regolarmente immersa di Gl(n,R),ed e un gruppo di Lie di dimensione n2 − 1. Il suo spazio tangente nell’identita (e quindi lasua algebra di Lie sl(n,R)) si identifica con lo spazio delle matrici reali n× n a traccia nulla,

ker(F∗)I = A ∈ gl(n,R) | trA = 0.

Si noti che, coerentemente con la Proposizione 4.2, si ha exp tA ∈ Sl(n,R) per ogni t ∈ R see solo se trA = 0.

I gruppi ortogonali. Il gruppo ortogonale di ordine n, denotato O(n,R), e il sottogruppo diGl(n,R) le cui matrici R verificano la condizione RR = I, essendo R la matrice trasposta diR. Ricordiamo che S+(n) denota l’insieme delle matrici n× n simmetriche definite positive.

Lemma 4.8. L’applicazione

F : Gl(n,R)→ S+(n)

A 7→ AA

e una summersione.

Dimostrazione. Dimostriamo che F e surgettiva. Sia B ∈ S+(n). Essendo B simmetrica esisteuna matrice ortogonale Q tale che QBQ sia diagonale, QBQ = diag(λ1, . . . , λn). EssendoB definita positiva i λi sono positivi. Posto C = diag(

√λ1, . . . ,

√λn) e

√B = QCQ, si ha

F (√B) = B. Calcoliamo l’applicazione (FB)∗ : gl(n,R)→ S(n):

(FB)∗(A) =[d

dt(B + t A)(B + t A)

]t=0

= BA+AB .

(FB)∗ e surgettivo: se C ∈ S(n) allora (FB)∗(12CB

−1) = C.

Quindi O(n,R) = F−1(I) e una sottovarieta regolarmente immersa di Gl(n,R) di dimen-sione dim O(n,R) = dim Gl(n,R)−dimS(n) = n2− 1

2n(n+1) = 12n(n−1), ed e un gruppo di

Lie. Poiche (FI)∗(B) = 0 se e solo se B+ B = 0, l’algebra di Lie di O(n,R) e l’algebra o(n,R)delle matrici n× n reali antisimmetriche. Essendo det O(n,R) = ±1, O(n,R) e sconnesso.

Proposizione 4.9. O(n,R) e compatto.

Dimostrazione. Poiche ogni matrice ortogonale e invertibile, O(n,R) e anche l’immagineinversa di I rispetto all’applicazione

gl(n,R)→ S+(n), A 7→ AA;

pertanto O(n,R) e chiuso in gl(n,R) ' Rn2. La condizione RR = I implica∑

i,j=1,...,n

(Rij)2 = n .

Cosı O(n,R) e un sottoinsieme chiuso e limitato di Rn2, ed e compatto nella sua topolo-

gia relativa come sottoinsieme di gl(n,R). Essendo Gl(n,R) aperto in gl(n,R), O(n,R) euna sottovarieta regolarmente immersa di gl(n,R), ed e quindi compatto nella sua topologiaoriginaria.

I.13

Definiamo il gruppo speciale ortogonale di ordine n come

SO(n,R) = R ∈ O(n,R) | detR = 1.

Sia det : O(n,R)→ ±1 la restrizione dell’applicazione determinante a O(n,R). Gli insiemiSO(n,R) = det−1(1) e O(n,R)\SO(n,R) = det−1(−1) sono entrambi chiusi, quindi SO(n,R) eaperto e chiuso in O(n,R), ed e allora formato dall’unione di componenti connesse di O(n,R);in particolare, essendo un aperto, e un gruppo di Lie; essendo chiuso, e compatto. Sia P

la matrice P = diag(−1, 1, . . . , 1). La moltiplicazione per P definisce un omeomorfismoSO(n,R)→ O(n,R) \ SO(n,R).

Proposizione 4.10. SO(n,R) e connesso.

Dimostrazione. Una possibile dimostrazione consiste nel considerare l’immersione ι : SO(n,R)→ SO(n+ 1,R) data da

R 7→(

1 00 R

).

Questa permette di definire il quoziente SO(n+ 1,R)/SO(n,R) come l’insieme delle classi diequivalenza della relazione in SO(n+ 1,R)

S1 ∼ S2 se S1 = S2 ι(R) per un R ∈ SO(n,R) .

Nel prossimo Lemma viene mostrato che il quoziente, con la topologia quoziente, e omeomorfoalla sfera Sn,

(5) SO(n+ 1,R)/SO(n,R) ' Sn .

Cio permette di dimostrare la tesi per induzione: SO(1,R) = 1 e connesso, e dalla (5),essendo Sn connesso, segue che se SO(n,R) e connesso, anche SO(n+ 1,R) lo e.

In generale, dato un gruppo di Lie G ed un suo sottogruppo H, possiamo considerare inG la relazione di equivalenza g1 ∼ g2 se g1 = g2h con h ∈ H; denotiamo G/H il quoziente.Ogni elemento di G/H rappresenta un sottoinsieme di G, la sua classe di equivalenza. Talesottoinsieme e detto un laterale (sinistro). Il laterale sinistro che contiene g ∈ G e usualmentedenotato gH.

Lemma 4.11. SO(n+ 1,R)/ SO(n,R) ' Sn.

Dimostrazione. Scriviamo un elemento di SO(n+ 1,R) come

M =(a x

y R

)dove a e un numero reale, x, y sono vettori colonna con n elementi, e R e una matrice n× n.La condizione M M = I si scrive11

(6) a2 + yy = 1, ax+ Ry = 0, RR+ xx = I .

11Si noti che il prodotto di un vettore riga per un vettore colonna e un numero reale, mentre il prodotto di

un vettore colonna per un vettore riga e una matrice quadrata.

I.14

Inoltre M ι(S) si scrive

M ι(S) =(a x

y R

) (1 00 S

)=(a xS

y RS

).

Due elementi M1, M2 ∈ SO(n+ 1,R) sono in relazione se

(7) a1 = a2, y1 = y2, x1S = x2, R1S = R2 .

Il quoziente SO(n+ 1,R)/SO(n,R) e parametrizzato dalle quantita a, y, soggette al vincoloespresso dalla prima delle relazioni (6): infatti, due elementi M1, M2 ∈ SO(n + 1,R) taliche a1 6= a2 o y1 6= y2 corrispondono a diversi elementi del quoziente, mentre se a1 = a2

e y1 = y2 allora M1 ∼ M2 con S = R−11 R2 (si noti che la terza delle (7) segue dalle (6)).

Insiemisticamente il quoziente e isomorfo alla sfera Sn.

Fissiamo in Sn la sua topologia usuale. Essendo SO(n+1,R) una sottovarieta regolarmenteimmersa di gl(n + 1,R), la sua topologia ammette una base formata dalle intersezioni diSO(n+ 1,R) con gli aperti del tipo aij < Mij < bij , essendo Mij gli elementi di matrice di unelemento M ∈ SO(n+ 1,R), e aij , bij numeri reali. Tali aperti vengono proiettati su aperti diSn, e di conseguenza la proiezione SO(n+ 1,R)→ Sn e aperta. Per noti risultati di topologiagenerale12 cio implica che la topologia di Sn coincida con la topologia quoziente.

Corollario 4.12. O(n,R) e formato da due componenti connesse.

L’algebra di Lie di SO(n,R) e una sottoalgebra di o(n,R), ma ha la stessa dimensione,quindi coincide con o(n,R). Abbiamo un altro esempio di due gruppi di Lie non isomorfiaventi algebre di Lie isomorfe. Piu generalmente, quando G e un gruppo di Lie non connesso,con algebra di Lie g, la componente connessa G0 di G che contiene l’identita e un gruppodi Lie, la cui algebra di Lie e isomorfa a g. Ovviamente l’applicazione esponenziale prendevalori in G0.

Esercizio 4.13. Sia J la matrice reale 2n× 2n avente la struttura a blocchi n× n

J =(

0 I

−I 0

).

Dimostrare cheSp(2n,R) = B ∈ gl(2n,R) | BJB = J

e un sottogruppo di Lie di Gl(2n,R) di dimensione 2n2 + n. Esso e detto gruppo simpletticodi ordine n. La sua algebra di Lie e

sp(2n,R) = A ∈ gl(2n,R) | AJ + JA = 0 .

(Cenno: in questo caso si puo usare la mappa F : Gl(2n,R) → o(2n,R), B 7→ BJB. Inparticolare il differenziale (FB)∗(A) = AJB + BJA e surgettivo, essendo F∗(−1

2JB−1C) =

C.)

Ulteriori proprieta di connessione. Il gruppo Gl(n,R) ed il suo sottogruppo GL+(n,R)hanno le stesse proprieta di connessione di O(n,R) ed SO(n,R), ovvero, GL+(n,R) e connesso,mentre Gl(n,R) ha due componenti connesse. Queste proprieta si dimostrano mediante lacosiddetta decomposizione polare (o di Cauchy) delle matrici invertibili.

12Cfr. J. Kelley, General Topology, p. 95.

I.15

Proposizione 4.14. Ogni matrice B ∈ Gl(n,R) si scrive in maniera unica nella formaB = SR, dove R ∈ O(n,R), e S ∈ S+(n).

Dimostrazione. La matrice BB e simmetrica definita positiva; esiste allora Q ∈ O(n,R) taleche

QBBQ = diag(λ1, . . . , λn)

con tutti i λi positivi. Sia

Λ = diag(√λ1, . . . ,

√λn) .

La matrice S = QΛQ e simmetrica definita positiva. Posto R = S−1B si ha

RR = BS−2B = BQQB−1B−1QQB = I .

Cio mostra l’esistenza della decomposizione. Per dimostrare l’unicita, si supponga che siaanche B = S′R′. Cio implica S2 = S′2, ed essendo S, S′ simmetriche definite positive, si haS = S′, da cui anche R = R′.

Abbiamo pertanto l’isomorfismo Gl(n,R)/O(n,R) ' S+(n). SeB = SR conB ∈ GL+(n,R)allora detR = 1, per cui si ha un isomorfismo GL+(n,R)/ SO(n,R) ' S+(n). Quest’ul-timo mostra che GL+(n,R) e connesso. Nuovamente, la moltiplicazione per la matriceP = diag(−1, 1, . . . , 1) stabilisce un omeomorfismo fra GL+(n,R) e Gl(n,R) \ GL+(n,R),e quindi Gl(n,R) ha due componenti connesse.

Gruppi di matrici a coefficienti complessi. In aggiunta a Gl(n,C), il gruppo delle matricicomplesse n× n invertibili, possiamo considerare svariati altri gruppi di matrici complesse:

Sl(n,C), gruppo delle matrici complesse n×n di determinante uno, di dimensione 2(n2−1),con algebra sl(n,C) (matrici complesse n× n a traccia nulla);

O(n,C), gruppo delle matrici complesse n× n ortogonali; ha dimensione n(n− 1), e com-patto, e la sua algebra di Lie o(n,C) e formata dalle matrici n × n a coefficienti complessiantisimmetriche.

U(n) = U ∈ gl(n,C) |UU † = I, essendo † l’operazione di aggiunzione; ha dimensione n2,e compatto, e ha algebra di Lie u(n) (matrici n× n complesse A anti-hermitiane, ovvero taliche A+A† = 0);

SU(n) = U ∈ U(n) | detU = 1; ha dimensione n2 − 1, e compatto, e ha algebra di Liesu(n) (matrici n× n complesse anti-hermitiane a traccia nulla).

Esercizio 4.15. Mostrare che SO(2,R) ' U(1) ' S1.

Esempio 4.16. Vogliamo studiare in qualche dettaglio il gruppo SU(2). Poiche le matrici Uin SU(2) sono tutte e sole le matrici complesse 2× 2 tali che U−1 = U † e detU = 1, si ha larappresentazione

(8) SU(2) ≡ (a b

−b a

)| a, b ∈ C, |a|2 + |b|2 = 1.

Pertanto SU(2) e diffeomorfo alla sfera S3, ed e connesso, semplicemente connesso e compatto.Analogamente, essendo l’algebra di Lie su(2) formata dalla matrici anti-hermitiane a traccia

I.16

nulla, si ha la rappresentazione

(9) su(2) ≡ (

ix1 x2 + ix3

−x2 + ix3 −ix1

)|x1, x2, x3 ∈ R.

Quindi su(2) ha una base formata dalle tre matrici

σ1 =(

0 i

i 0

)σ2 =

(0 1−1 0

)σ3 =

(i 00 −i

).

Queste sono dette matrici di Pauli e svolgono un ruolo fondamentale nel formalismo dellameccanica quantistica.13

Il gruppo SU(2) agisce sullo spazio dei polinomi omogenei di grado due in due variabili acoefficienti complessi,

P2 = c0u2 + c1uv + c2v

2, c0, c1, c2 ∈ C .

L’azione e data da(u

v

)→ A

(u

v

). Un semplice calcolo mostra che quest’azione lascia

invariante il discriminante dei polinomi, c21 − 4c0c2. Se introduciamo nuove variabili

x = −c0 + c2, y = −i(c0 + c2), z = c1,

c0 = −12(x− iy), c1 = z, c2 = 1

2(x+ iy),

il discriminante si scrive x2+y2+z2. Quindi quest’azione di SU(2) preserva la forma quadraticax2 + y2 + z2; scrivendo esplicitamente la matrice che rappresenta l’azione di SU(2) sulla ternax, y, z, si vede che tutti gli elementi di matrice sono reali, ovvero, abbiamo costruito un’ap-plicazione φ : SU(2) → O(3,R). L’applicazione φ e continua (essendo data da polinomiquadratici negli elementi di matrice di A), ed essendo SU(2) connesso, φ deve avere valorinella componente connessa con l’identita, ovvero nel gruppo SO(3,R).

L’applicazione φ : SU(2)→ SO(3,R) e per costruzione un omomorfismo di gruppi. Mostria-mo che questo e surgettivo. Consideriamo le matrici di SU(2), dipendenti da un parametro,

B(β) =

cos β2 − sin β2

sin β2 cos β2

, C(γ) =(e−iγ/2 0

0 eiγ/2

).

Le corrispondenti rotazioni di R3 sono

(10) φ(B(β)) =

x′ = x cosβ + z sinβ

y′ = y

z′ = −x sinβ + z cosβ

(11) φ(C(γ)) =

x′ = x cos γ − y sin γ

y′ = x sin γ + y cos γ

z′ = z

13In realta, secondo le convenzioni abituali, si dicono matrici di Pauli le matrici iσk.

I.17

Queste sono rotazioni rispetto all’asse y e all’asse z di angoli β e γ, rispettivamente. Poicheogni rotazione si puo ottenere come composizione di tre rotazioni di tale tipo (teorema diEulero),14 φ e surgettivo.

Caratterizziamo il nucleo di φ (ovvero il sottogruppo normale φ−1(I) di SU(2)). Gli ele-menti A ∈ SU(2) che vi appartengono lasciano invariati i prodotti u2, uv e v2. Usando larappresentazione (8) si ottiene A = ±I, ovvero, kerφ ' Z2. Quindi due elementi di SU(2)che vengono mandati nella stessa matrice di SO(3,R) differiscono per il segno.15

Determiniamo l’applicazione indotta φ∗ : su(2)→ o(3,R) (che sappiamo essere a priori unomomorfismo di algebre di Lie). Ponendo β = γ = t nelle (10) e (11) e calcolando la derivatain t = 0 si ottiene che φ∗(su(2)) contiene le matrici

(13)

0 0 10 0 0−1 0 0

,

0 −1 01 0 00 0 0

.

Anche il commutatore

(14)

0 0 00 0 10 −1 0

di queste due matrici sta in φ∗(su(2)). Poiche ogni matrice antisimmetrica 3 × 3 si scrivecome combinazione lineare delle matrici in (13) e (14), φ∗ e surgettivo, ed e pertanto unisomorfismo. Quindi su(2) ' o(3,R); i gruppi SU(2), SO(3,R) e O(3,R) non sono isomorfi,ma hanno algebre di Lie isomorfe.

5. Azione di un gruppo di Lie su una varieta

Sia G un gruppo di Lie e V una varieta differenziabile. Un’azione (sinistra) di G su V eun’applicazione differenziabile ρ : G× V → V tale che

(i) ρ(e, x) = x per ogni x ∈ V ;

(ii) ρ(g, ρ(h, x)) = ρ(gh, x) per ogni g, h ∈ G e x ∈ V .

Posto ρ(g, x) = ρg(x), le due precedenti condizioni si scrivono ρe = idV , ρg ρh = ρgh.Per ogni g ∈ G, ρg e un diffeomorfismo di M , avente inverso ρg−1 ; la corrispondenza g 7→

14Questo risultato si usa in Meccanica Razionale per descrivere ogni rotazione in termini dei tre angoli di

Eulero.15In termini formali, abbiamo verificato che la sequenza

(12) 1→ Z2 → SU(2)φ→ SO(3,R)→ 1

e esatta. Notiamo inoltre che A = −B se i punti corrispondenti di S3 sono antipodali; essendo SO(3,R) 'SU(2)/I,−I, il gruppo SO(3,R) e diffeomorfo allo spazio proiettivo P3(R). Essendo SU(2) semplicemente

connesso, la (12) mostra anche che il gruppo fondamentale π1(SO(3,R)) di SO(3,R) e Z2, cosicche SO(3,R)

non e semplicemente connesso. Si noti che essendo

H1DR(SO(3,R)) ' π1(SO(3,R))⊗Z R ' Z2 ⊗Z R = 0

il gruppo SO(3,R) fornisce un esempio di varieta differenziabile non semplicemente connessa il cui primo

gruppo di coomologia di de Rham e nullo.

I.18

ρg stabilisce un omomorfismo di gruppi G → Diff(V ), essendo quest’ultimo il gruppo deidiffeomorfismi di V .

Analogamente si definisce la nozione di azione destra, chiedendo che ρg ρh = ρhg.

Esempi.

(i) Le traslazioni a sinistra (destra) definiscono un’azione sinistra (destra) di G su se stesso.

(ii) Se X e un campo vettoriale completo su V , il suo flusso definisce un’azione di R su V ,che e sia destra che sinistra perche R e abeliano. In particolare, dato un gruppo di Lie G, efissato X ∈ g, la corrispondenza t 7→ exp(tX) e un’azione di R su G.

(iii) Gl(n,R) ed ogni suo sottogruppo agiscono nel modo ovvio su Rn. Se si rappresentanoi vettori di Rn come vettori colonna (riga), si ha un’azione sinistra (destra).

Definizione 5.1. Un’azione ρ di G su V si dice

(i) transitiva se per ogni x, y ∈ V esiste g ∈ G tale che x = ρg(y);

(ii) effettiva se ρg = idV implica g = e (ovvero, g 7→ ρg e iniettiva);

(iii) libera se per ogni g 6= e, ρg non ha punti fissi (ovvero ρg(x) 6= x per ogni x ∈ V , oequivalentemente, g 7→ ρg(x) e iniettiva per ogni x ∈ V ).

Si noti che ogni azione libera e effettiva.

Esempi.

(i) Le traslazioni sinistre (o destre) su un gruppo di Lie sono azioni transitive e libere.

(ii) L’azione di R su S1 data da (t, eiθ) 7→ ei(t+θ) e transitiva ma non effettiva.

(iii) L’azione naturale di Gl(n,R) su Rn e effettiva, ma non libera ne transitiva.

(iv) L’azione naturale di Gl(n,R) su Rn − 0 e effettiva, libera e transitiva.

(v) L’azione naturale di O(n,R) su Rn − 0 e effettiva e libera ma non transitiva.

Definizione 5.2. Sia ρ un’azione sinistra di G su uno spazio vettoriale E. Se per ogni g ∈ Gρg : E → E e un’applicazione lineare, si dice che ρ e una rappresentazione di G su E. Quindi,una rappresentazione di G su E e un omomorfismo G→ Aut(E), essendo Aut(E) il gruppodegli automorfismi di E (applicazioni lineari E → E invertibili).

Esempi.

(i) G = Gl(n,R) (o un suo sottogruppo), E = R, ρM = detM .

(ii) Ogni omomorfismo di gruppi di Lie G→ Gl(n,R) e una rappresentazione di G su Rn.(L’esempio precedente e un caso particolare, con Gl(1,R) ' R∗).

(iii) In particolare, l’omomorfismo φ dell’Esempio 4.16 definisce una rappresentazione diSU(2) su R3.

Se ρ e un’azione di G su V , e fissiamo un punto x ∈ V , l’insieme Ox = ρg(x), g ∈ G edetto orbita di G per x. Si puo dimostrare che ogni orbita Ox e una sottovarieta di V .

Esercizio 5.3. In generale, Ox non e una sottovarieta regolarmente immersa di V : si discutaper esempio il caso G = R, V = T 2, e l’azione e data da un “flusso irrazionale” su T 2

(cfr. Esempio 3.3).

I.19

Lo spazio delle orbite e l’insieme quoziente di V rispetto alla relazione di equivalenza

x ∼ y se esiste g ∈ G tale che x = ρg(y) .

Se l’azione ρ e stata fissata, lo spazio delle orbite viene denotato V/G, e denominato quozientedi V per l’azione di G. In generale V/G non e una varieta (si consideri per esempio l’azionenaturale di SO(2,R) su R2). In certi casi d’altra parte cio avviene, come vediamo nellaseguente Proposizione, che riportiamo senza dimostrazione.

Definizione 5.4. Un’azione ρ di G su V si dice propria se, definita l’applicazione

ρ : G× V → V × V, (g, x) 7→ (ρg(x), x),

questa e propria in senso topologico, ovvero, ρ−1(K) e compatto per ogni compatto K ⊂V × V .

Si verifica facilmente che ogni azione di un gruppo compatto e propria.

Proposizione 5.5. Se il gruppo G agisce su V in maniera propria e libera, il quoziente V/Gammette una struttura di varieta differenziabile, in modo che

1. V/G e dotato della topologia quoziente;

2. la proiezione V → V/G e differenziabile.

Otteniamo in questo modo un gran numero di esempi di quozienti V/G che sono varietadifferenziabili: e sufficiente prendere per V un gruppo di Lie H, e G come un suo sottogruppocompatto.

Il gruppo di isotropia Gx di un punto x ∈ V e definito come Gx = g ∈ G |ρg(x) = x.L’insieme Gx e un sottogruppo di Lie di G ed e chiuso in G: infatti Gx = ψ−1

x (x), essendoψx : G → V l’applicazione ψx(g) = ρg(x). Il gruppo Gx e una sottovarieta regolarmenteimmersa di G. Non proveremo quest’ultima affermazione (in realta si puo provare che unsottogruppo H di un gruppo di Lie G e chiuso in G se e solo se e regolarmente immerso;cf. Warner, op. cit.).

Esercizio 5.6. Stabilire un isomorfismo di insiemi fra Ox e il quoziente G/Gx (quest’ultimoquoziente e fatto rispetto all’azione naturale di Gx su G come suo sottogruppo).

Generatori di un’azione. Sia G un gruppo di Lie che agisce su una varieta V . FissatoX ∈ g, per ogni x ∈ V consideriamo la curva

γX(t) = ρexp tX(x) = ρ(exp tX, x) .

Al variare di x in V il vettore tangente alla corrispondente famiglia di curve,

X∗(x) =[d

dtρ(exp tX, x)

]t=0

,

dipende differenziabilmente da x, e definisce un campo vettoriale su V , usualmente de-nominato campo fondamentale di X. Il vettore X∗(x) e tangente all’orbita Ox di G perx.

Esempi.

I.20

(i) Consideriamo l’azione sinistra di un gruppo su se stesso. Vale allora

(Rg)∗(X∗(h)) = (Rg)∗

[d

dtLexp tX(h)

]t=0

=[d

dtLexp tX(hg)

]t=0

= X∗(hg) ,

ovvero, i campi fondamentali dell’azione sinistra sono i campi vettoriali invarianti a destra (eviceversa).

(ii) I campi fondamentali dell’azione di Gl(n,R) su Rn sono

A∗(x) = Aik xk ∂

∂xi.

(iii) Se X e un campo vettoriale completo su V , i campi fondamentali associati all’azionedel flusso di X su V sono tutti multipli di X.

(iv) Sia ρ l’azione di R su Rn data da ρt(x) = et x. Dato T ∈ R (visto come algebra di Lie)si ha

T ∗(x) = Txi∂

∂xi.

Fissata una base Xi di g, i corrispondenti campi vettoriali fondamentali X∗i su V sonodetti generatori dell’azione.

Esercizio 5.7. Calcolare i generatori delle azioni dei precedenti esempi.

Esercizio 5.8. Il gruppo U(n + 1) agisce (transitivamente) sullo spazio proiettivo complessoPn.16 Calcolare i campi fondamentali e i generatori di questa azione.

6. Rappresentazione aggiunta

Ad ogni gruppo di Lie G si puo associare una sua rappresentazione sulla sua algebra g, dettarappresentazione aggiunta. In certe situazioni il corrispondente omomorfismo G → Aut(g) einiettivo, e cio permette di rappresentare il gruppo G — che a priori e un gruppo astratto —mediante un gruppo di matrici (ovviamente, fissata una base di g, si ha Aut(g) ' Gl(n,R),essendo n = dimG). Mediante la rappresentazione aggiunta si possono inoltre provare varirisultati circa la relazione fra un gruppo di Lie e la sua algebra.

Per costruire questa rappresentazione useremo il seguente risultato. Sia x un punto fissodi un’azione ρ di un gruppo di Lie G su una varieta V . Per ogni g ∈ G il differenziale(ρg)∗ : TxV → TxV e un automorfismo di TxV (infatti ammette inverso (ρg−1)∗). Si ha cosıun’applicazione ψx : G→ Aut(TxV ), data da ψx(g)(X) = (ρg)∗(X) per ogni X ∈ TxV .

Proposizione 6.1. L’applicazione ψx e una rappresentazione.

16Ricordiamo che lo spazio proiettivo complesso n-dimensionale Pn e lo spazio delle rette per l’origine di

Cn+1, ovvero, e il quoziente di Cn+1−0 rispetto alla relazione di equivalenza secondo la quale z1 ∼ z2 se z1 =

λz2 per un numero complesso λ. Lo spazio Pn si puo anche descrivere come il quoziente U(n+1)/U(1)×U(n).

I.21

Dimostrazione. ψx e evidentemente un omomorfismo di gruppi:

ψx(gh)(X) = (ρgh)∗(X) = (ρg)∗(ρh)∗(X) = ψx(g)ψx(h)(X) .

Rimane solo da mostrare che ψx e differenziabile. Cio equivale a mostrare che per ogniX ∈ TxV la quantita (ρg)∗(X) dipende differenziabilmente da g. Questo segue dalla relazione

(ρg)∗(X) =[d

dtρ(g, γ(t))

]t=0

essendo γ una curva per x ∈ V che e tangente a X.

Definita l’azione di G su se stesso

a : G×G→ G, a(g, h) = ghg−1,

l’identita e ∈ G e un punto fisso di questa azione. Identificando TeG con g si ha una rap-presentazione Ad: G→ Aut(g). Lo spazio Aut(g) e esso stesso un gruppo di Lie, isomorfo aGl(n,R) se n = dimG, e la sua algebra di Lie si puo identificare con End(g), lo spazio di tuttele applicazioni lineari g → g; quest’ultimo spazio e un’algebra di Lie con la parentesi datadal commutatore, [A,B] = AB −BA, ed e isomorfo come algebra di Lie a gl(n,R). Pertantodifferenziando la mappa Ad si ottiene un omomorfismo di algebre di Lie ad: g → End(g), esi ha un diagramma commutativo (cf. la Proposizione 3.9)

GAd−−−−→ Aut(g)

exp

x xexp

gad−−−−→ End(g)

(15)

Useremo una notazione abbreviata secondo la quale

Ad(g)(X) = AdgX, ad(X)(Y ) = adX Y .

Applicando la Proposizione 3.9 all’omomorfismo ag : G→ G, ag(h) = ghg−1 si ottiene ancheun diagramma

Gag−−−−→ G

exp

x xexp

gAdg−−−−→ g

(16)

Proposizione 6.2. Se G = Gl(n,R) si ha

AdB A = BAB−1, adAA′ = [A,A′] = AA′ −A′A.

Dimostrazione. Se A ∈ gl(n,R) allora A, come vettore tangente a Gl(n,R) in I, e rappresen-tato dalla curva I + tA. Si ha

AdB A =[d

dtB(I + tA)B−1

]t=0

= BAB−1 .

Quindi vale anche

adAA′ =[d

dt(I + tA)A′(I + tA)−1

]t=0

=[d

dt(I + tA)A′(I − tA)

]t=0

= AA′ −A′A

essendo (I + tA)−1 = I − tA+O(t2) per t abbastanza piccolo.

I.22

Il secondo di questi risultati vale per un qualunque gruppo di Lie G, nel senso che per ogniX,Y ∈ g vale adX Y = [X,Y ]. Dimostriamo questa formula. Si ha

adX Y (e) =[d

dtAdexp tX Y (e)

]t=0

=[d

dt(Rexp(−tX))∗(Lexp tX)∗(Y (e))

]t=0

=[d

dt(Rexp(−tX))∗(Y (exp tX))

]t=0

= (£XY )(e)

= [X,Y ](e) .

Essendo adX Y e [X,Y ] entrambi invarianti a sinistra, essi coincidono in ogni punto.17,18

Lemma 6.3. Sia G un gruppo di Lie connesso. Allora ogni intorno U di e genera G, nelsenso che

G =⋃n∈N

Un

dove Un e il sottoinsieme di G formato dai prodotti di n elementi di U .

(Cio significa che ogni g ∈ G si scrive nella forma g = u1 · · · · · uN , con gli ui in U .)

Dimostrazione. Sia V = U ∩ U−1 ⊂ U , dove U−1 e il sottoinsieme di G formato dagli inversidegli elementi di U . Allora V = V −1. Si ponga

H =⋃n∈N

V n ⊂⋃n∈N

Un.

H e aperto in G. Il laterale che contiene e ∈ G coincide con H. Ogni laterale e diffeomorfoad H ed e quindi aperto in G. Inoltre H e il complemento in G di tutti i laterali distinti daH (i laterali sono tutti disgiunti). Allora H e chiuso in G. Essendo G connesso cio significache H = G.

Ricordiamo che

(i) un sottogruppo H di un gruppo G e normale se ghg−1 ∈ H per ogni g ∈ G, h ∈ H.

(ii) un ideale di un’algebra e un sottospazio vettoriale che e chiuso rispetto alla moltipli-cazione per ogni elemento dell’algebra. Nel caso di un’algebra di Lie a, i e un ideale di a se[i, a] ⊂ i.

Proposizione 6.4. Sia H un sottogruppo connesso di un gruppo di Lie connesso G. AlloraH e normale se e solo se la sua algebra h e un ideale di g.

17Il simbolo £XY denota la derivata di Lie del campo vettoriale Y rispetto al campo vettoriale X.18L’uguaglianza adX Y =

ˆddt

Adexp tX Y˜t=0

mostra che, per ogni X ∈ g, il corrispondente campo vettoriale

fondamentale su g associato alla rappresentazione aggiunta di G su g si puo identificare con adX .

I.23

Dimostrazione. Assumiamo che h sia un ideale in g. Siano Y ∈ h, X ∈ g, g = expX. Allora19

g(expY )g−1 = exp Adg Y dal diagramma (16)= exp((exp adX)Y ) dal diagramma (15)= exp(Y + [X,Y ] + 1

2 [X, [X,Y ]] + . . . )

Essendo h un ideale in g, la serie nell’ultima riga della precedente equazione converge ad unelemento di h. Pertanto g(expY )g−1 ∈ H. Per il Lemma 6.3, H e G sono generati da elementidel tipo expY e expX rispettivamente, e H e normale in G.

Assumiamo ora che H sia normale in G, e siano s, t numeri reali. Siano inoltre Y ∈ h,X ∈ g, e g = exp tX. Si ha

g(exp sY )g−1 = exp Adg(sY ) = exp s [(exp adtX)(Y )] ∈ H .

Percio (exp adtX)(Y ) ∈ h per ogni t ∈ R. Inoltre

(exp adtX)(Y ) = (exp t adX)(Y ) = Y + t[X,Y ] + 12 t

2[X, [X,Y ]] + . . . .

Al variare di t questa e una curva in h, e, mediante l’identificazione canonica di TY h con h, ilsuo vettore tangente in Y e [X,Y ]; quindi h e un ideale.

Definizione 6.5. Il centro C(G) di un gruppo G e il sottogruppo di G dato da

C(G) = g ∈ G | gh = hg per ogni h ∈ G .

Il centro C(g) di un’algebra di Lie g e la sottoalgebra di Lie

C(g) = X ∈ g | [X,Y ] = 0 per ogni Y ∈ g .

Proposizione 6.6. Sia G un gruppo di Lie connesso. Il centro di G e il nucleo dellarappresentazione aggiunta.

Dimostrazione. Sia g ∈ C(G), e X ∈ g. Allora per ogni t ∈ R

(18) exp tX = g(exp tX)g−1 = exp(tAdgX) .

Se t e abbastanza piccolo, tX sta in un intorno di 0 ∈ g su cui exp e iniettivo, cosiccheX = AdgX, ovvero, g ∈ ker Ad.

Se g ∈ ker Ad, allora vale la (18) per ogni X ∈ g, e g commuta con ogni elemento di unintorno di e ∈ G. Poiche G e connesso, tale intorno genera G, e pertanto g commuta con ognielemento di G, ovvero, g ∈ C(G).

19Nella seguente equazione si usa la forma esplicita dell’esponenziale di un endomorfismo di uno spazio

vettoriale. Se E e uno spazio vettoriale, e φ ∈ End(E), allora expφ e definito dalla relazione

(17) (expφ)(u) =

∞Xk=0

1

k!φk(u) = u+ φ(u) + 1

2φ2(u) + . . .

per ogni u ∈ E. Scelta una base di E, la definizione (17) si riduce alla definizione dell’esponenziale di matrice;

la serie (17) converge, e definisce l’esponenziale End(E)→ Aut(E). Nel nostro caso, E = g, e φ = adX , e si ha

(exp adX)(Y ) =∞Xk=0

1

k!(adX)k(Y ) = Y + [X,Y ] + 1

2[X, [X,Y ]] + . . .

I.24

Corollario 6.7. Sia G un gruppo di Lie connesso. Allora il centro C(G) e un sottogruppo diLie chiuso di G, la cui algebra di Lie e il centro di g.

Dimostrazione. C(G) = Ad−1(idg) e chiuso in G, e per la Proposizione 1.7, e un sottogruppodi Lie di G. Identifichiamo la sua algebra, che denotiamo h. Siano X ∈ g, Y ∈ h, egt = exp tX, s, t ∈ R. Allora, operando come nella dimostrazione della Proposizione 6.4,

exp sY = gt(exp sY )g−1t = exp s(Y + t[X,Y ] + 1

2 t2[X, [X,Y ]] + . . . ) .

Se s e abbastanza piccolo exp e iniettivo, e

Y = Y + t[X,Y ] + 12 t

2[X, [X,Y ]] + . . .

da cui segue [X,Y ] = 0, ovvero, h ⊂ C(g).

Viceversa, se Y ∈ C(g) e X ∈ g, vale [X,Y ] = 0, ed allora, posto g = expX,

g(expY )g−1 = exp(Y + [X,Y ] + 12 [X, [X,Y ]] + . . . ) = expY.

Poiche ogni elemento di G si scrive come prodotto di elementi del tipo expX, expY sta inC(G), per cui C(g) ⊂ h. Pertanto, h = C(g).

Corollario 6.8. Un gruppo di Lie connesso e abeliano se e solo se la sua algebra di Lie eabeliana.

Dimostrazione. Gia sappiamo che l’algebra di Lie di un gruppo di Lie abeliano, connesso omeno, e abeliana. Dimostriamo l’implicazione opposta. Se g e abeliana, g = C(g). PoicheC(g) e l’algebra di Lie di C(G), i gruppi G e C(G) sono diffeomorfi in un intorno dell’identita.Essendo G connesso, esso e generato da un suo sottoinsieme i cui elementi commutano tuttifra di loro. Quindi G e abeliano.

I.25

Capitolo I

RIDUZIONI DI SISTEMI DINAMICI

Una classe importante di problemi della fisica matematica si riconduce alla risoluzione diun sistema di equazioni differenziali alle derivate ordinarie del primo ordine (per esempio,lo studio dell’evoluzione di un sistema meccanico). Possiamo scrivere un tale sistema nellaforma

(19) xi = Xi(x1, . . . , xn), i = 1, . . . , n

dove le x1(t), . . . , xn(t) sono le n funzioni incognite e xi = dxi

dt (abbiamo assunto che il sistemadi equazioni sotto esame sia autonomo, ovvero, che il membro di destra della (19) non contengat). In un contesto geometrico risolvere il sistema (19) significa, dato un campo vettoriale X,determinarne il flusso. Spesso la soluzione del problema risulta semplificata dal fatto di potertrovare delle quantita che si mantengono costanti “durante il moto”, ovvero, sono invariantisotto l’azione del flusso del campo vettoriale X. Un’altra situazione in cui la risoluzione delsistema viene semplificata si ha quando il campo vettoriale X sia invariante sotto un gruppodi trasformazioni.

In questo capitolo studieremo in un certo dettaglio la possibilita di semplificare (o, comesi dice usualmente, “ridurre”) il sistema (19) quando una o entrambe di queste situazionisiano verificate, in particolare nel caso di sistemi dinamici hamiltoniani. Cio culminera conl’enunciazione e la dimostrazione del cosiddetto teorema di Marsden-Weinstein.

7. Costanti del moto di un sistema dinamico

Un primo passo per la risoluzione del sistema (19) puo essere quello di metterlo (se possibile,e mediante un opportuno cambio di coordinate) nella forma “ridotta”

ya = Y a(y1, . . . , yr)(20)

zb = Zb(y1, . . . , yr; z1, . . . , zn−r)(21)

In questo caso si dice che si e effettuata una riduzione del sistema, poiche si e passati dallarisoluzione del sistema (19), a n incognite, alla risoluzione successiva del sistema (20), a r

incognite, seguita dalla risoluzione del sistema (21), detto sistema residuo. Tale procedurausualmente semplifica lo studio del problema.

Come precedentemente accennato, una possibilita in questa direzione si offre quando ilsistema ammetta delle costanti del moto. Cio giustifica la seguente definizione.

I.26

Definizione 7.1. Un sistema dinamico e una coppia (V,X), dove V e una varieta differen-ziabile e X e un campo vettoriale su V . Una costante del moto di X e una funzione f : U → R(dove U e un aperto di V ) che e costante lungo le curve integrali di X.

Quindi, se ψt e il flusso di X, f e una costante del moto se f = f ψt identicamente int, o equivalentemente, X(f) = 0. Se U e contenuto propriamente in V , diciamo che f e unacostante del moto locale; in generale non e possibile estendere una costante del moto localead una globale (si noti tra l’altro come, per il teorema di raddrizzamento dei campi vettoriali,ogni sistema dinamico ammetta sempre n− 1 costanti del moto locali se n = dimV ).20

Esempio 7.2. Sia V = R2 − 0, con coordinate canoniche x1, x2, e si consideri il campovettoriale

X(x1, x2) =1

(x1)2 + (x2)2

∂x1+

2x1

(x1)2 + (x2)2

∂x2.

La funzione f = x2 − (x1)2 e una costante del moto. Posto per semplicita y2 = x1, y1 = f =x2 − (x1)2 il problema dell’integrazione di X si scrivey1 = 0

y2 =1

y22 + (y1 + y2

2)2

ed e pertanto facilmente risolubile.

Esempio 7.3. (Il flusso di Kronecker su T 2). Prendiamo V = T 2, con coordinate x, y, eX = α ∂

∂x + β ∂∂y , con α, β costanti. La funzione f definita sull’aperto di T 2 corrispondente

all’interno della cella fondamentale dalla condizione f(x, y) = βx − αy e una costante delmoto locale, ma non puo essere estesa a tutto T 2 a meno che α = β = 0 (f non e periodica).

Consideriamo il caso in cui α/β /∈ Q; allora le curve integrali di X sono dense in T 2. Inquesto caso non esistono costanti del moto f globali non banali (infatti se f e costante su unsottoinsieme denso allora e costante su tutto T 2). Piu in generale, per lo stesso argomentoun sistema dinamico che possiede almeno una costante del moto globale non banale non puoavere traiettorie dense.

Esempio 7.4. (Reticolo di Toda) E un sistema composto da n particelle di massa unitariache si muovono su una retta, sottoposte ad una interazione “fra primi vicini” data da unpotenziale di tipo esponenziale; se xi e la posizione dell’i-esima particella,

xi = −∂V∂xi

, V =n−1∑i=1

exi−xi+1

.

La dinamica del sistema si puo scrivere in forma hamiltoniana; la funzione di Hamilton e

H(x1, . . . , xn, y1, . . . , yn) = 12

n∑i=1

y2i +

n−1∑i=1

exi−xi+1

.

20Ricordiamo che, dato un campo vettoriale X e un punto x ∈ V in modo che X(x) 6= 0, si possono scegliere

attorno a x coordinate locali x1, . . . , xn tali che X = ∂∂x1 . Le coordinate x2, . . . , xn sono pertanto costanti

(locali) del moto.

I.27

Ricordiamo che le equazioni di Hamilton sono

(22) yi = −∂H∂xi

, xi =∂H

∂yi.

Consideriamo la matrice simmetrica L avente la struttura

L(x, y) =

y1 e12

(x1−x2) 0e

12

(x1−x2) y2 e12

(x2−x3)

0 e12

(x2−x3) y3

. . . . . . . . .

yn−1 e12

(xn−1−xn)

e12

(xn−1−xn) yn

e la matrice antisimmetrica

A(x, y) =12

0 e12

(x1−x2) 0−e

12

(x1−x2) 0 e12

(x2−x3)

0 −e12

(x2−x3) 0

. . . . . . . . .

0 e12

(xn−1−xn)

−e12

(xn−1−xn) 0

Un calcolo esplicito mostra che le equazioni (22) si possono scrivere nella forma (detta di Lax )

L = [L,A] .

Da questa e facile dedurre che le funzioni

Fk =1k

trLk

sono costanti del moto: infatti

Fk = tr(LLk−1) = tr([L,A]Lk−1) = tr(Lk A−ALk) = 0 .

Si noti che F1 = trL e la quantita di moto, mentre F2 e l’energia (cioe, F2 ≡ H). Sipuo dimostrare che le funzioni Fk sono in involuzione (Fi, Fk = 0 per ogni i, k) e, perk = 1, . . . , n, sono linearmente indipendenti.

Vediamo come in generale si possa operare il processo di riduzione qualora siano presenticostanti globali del moto. Sia (V,X) un sistema dinamico, e siano f1, . . . , fr costanti del motoglobali. Fissata una r-pla µ = (µ1, . . . , µr) ∈ Rr, consideriamo la “superficie di livello”

Sµ = x ∈ V | fi(x) = µi, i = 1, . . . , r .

Consideriamo l’applicazione

ψ : V → Rr, x 7→ (f1(x), . . . , fr(x)) .

I.28

Se i differenziali dfi sono linearmente indipendenti per ogni x ∈ Sµ (ovvero, se µ e un valoreregolare di ψ), allora esiste un intorno U di µ ∈ Rr tale che la restrizione di ψ su ψ−1(U) siauna summersione. Pertanto, Sµ e una sottovarieta regolarmente immersa in V di dimensionem = dimV − r. Su ψ−1(U) possiamo prendere coordinate locali y1, . . . , ym, z1, . . . , zr,con zi = fi. Poiche X(zi) = 0 (X e tangente a Sµ), in queste coordinate il problemadell’integrazione di X si scrive

(23)

zi = 0, i = 1, . . . , r

yj = Xj(y, z), j = 1, . . . ,m .

L’Esempio 7.2 mostra una situazione di questo tipo. Questo processo di riduzione viene spessodetto riduzione per restrizione.

8. Simmetrie di un sistema dinamico

Una simmetria di un sistema dinamico (V,X) e un diffeomorfismo φ di V che trasformacurve integrali di X in curve integrali di X, ovvero,

(24) φ ψt = ψt φ

essendo ψt il flusso di X. Questa condizione equivale a φ∗(X) = X.

Un gruppo ad un parametro di simmetrie di (V,X) e un gruppo ad un parametro φs didiffeomorfismi di V ognuno dei quali e una simmetria di X, ovvero (equivalentemente)

(25) φs ψt = ψt φs o £YX = 0

essendo Y il generatore di φs.Un gruppo di simmetrie G di (V,X) e un gruppo di Lie con un’azione φ su V , tale che per

ogni g ∈ G il diffeomorfismo φg : V → V sia una simmetria di X. Sia g l’algebra di Lie di G.

Proposizione 8.1. Se (G,φ) e un gruppo di simmetrie di X, allora, dato Y ∈ g, vale[Y ∗, X] = 0, essendo Y ∗ il campo vettoriale fondamentale su V associato a Y . Viceversa, seG e un gruppo di Lie connesso con un’azione φ su V , e Y ∈ g e tale che [Y ∗, X] = 0, allora(G,φ) e un gruppo di simmetrie di (V,X).

Dimostrazione. La prima affermazione e di immediata verifica. Per dimostrare la seconda siusa il fatto che essendo G connesso esso e generato da un intorno della sua identita su cui expe surgettivo; inoltre, la condizione [Y ∗, X] = 0 implica φexp sY ψt = ψt φexp sY e pertantofornisce φg ψt = ψt φg.

Se (G,φ) e un gruppo di simmetrie di (V,X), la condizione φg ψt = ψt φg implica cheper ogni x in V valga ψt(Ox) ⊂ Oψt(x), ossia, il flusso di X manda orbite di G in orbite di G.Se il quoziente VG = V/G e una varieta differenziabile, cio significa che X induce un sistemadinamico “ridotto” su V/G (riduzione per proiezione); ovvero, esiste un campo vettoriale Xsu VG tale che X = π∗X, essendo π : V → VG la proiezione.21

21Questa relazione va intesa nel senso π∗(X(x)) = X(π(x)) per ogni x ∈ V .

I.29

In aggiunta all’assunzione che il quoziente VG = V/G sia una varieta differenziabile, suppo-niamo anche che l’azione di G sia libera. In questo caso le orbite di G sono sottovarietaregolarmente immerse di dimensione r = dimG;22 possiamo introdurre coordinate localiy1, . . . , ym, z1, . . . zr “adattate alla orbite”, dove le z1, . . . , zr sono coordinate sulle or-bite, e le y1, . . . , ym sono coordinate sul quoziente VG (si ha m = dimVG = dimV − r). Inqueste coordinate il problema dell’integrazione di X si scrive

yi = Xi(y1, . . . , ym)

zj = Xj(y1, . . . , ym, z1, . . . zr) .

Esempio 8.2. Si interpreti, alla luce della precedente discussione, il caso di un campo vettorialesu Rn che non dipenda da una coordinata. Qual e il gruppo di simmetria? Scrivere il sistemaridotto ed il sistema residuo.

Esempio 8.3. Si determinino le curve integrali del campo su V = R2 − 0

X(x1, x2) = − x1 + x2

(x1)2 + (x2)2

∂x1+

x1 − x2

(x1)2 + (x2)2

∂x2.

Si verifica facilmente che X ammette il gruppo di simmetria SO(2,R) con la sua azionenaturale su R2−0. La varieta quoziente e evidentemente la semiretta aperta (0,+∞), e laproiezione π e data da

(x1, x2) 7→ ρ =√

(x1)2 + (x2)2 .

Un sistema di coordinate adattato alle orbite e fornito dalle coordinate polari (ρ, θ), in cui ilproblema dell’integrazione di X si scrive

ρ = −1ρ

θ =1ρ2.

9. Simmetrie di un sistema hamiltoniano

Sia (V, ω) una varieta simplettica. Ricordiamo che un simplettomorfismo di (V, ω) e undiffeomorfismo φ di V tale che φ∗ω = ω. La forma simplettica induce un isomorfismo difibrati vettoriali

T ∗V → TV, α 7→ Xα con α(Y ) = ω(Xα, Y ) per ogni Y ∈ TV .

Se α e una 1-forma esatta, α = df , il campo Xdf si dice il campo vettoriale hamiltonianoassociato alla funzione f ; quest’ultima e la funzione hamiltoniana di Xdf . Se α e chiusa, Xα

e detto localmente hamiltoniano; infatti ogni punto di V ha un intorno U su cui α = df , eXα|U e hamiltoniano.

22Le orbite di G in V sono regolarmente immerse perche sono chiuse in V (cfr. S. Helgason, Differential

geometry and symmetric spaces, Academic Press). Essendo l’azione libera, tutti i gruppi di isotropia Gx sono

banali, e pertanto ogni orbita e diffeomorfa a G; in particolare, dimOx = dimG. Si noti che al variare di

ξ ∈ g = Lie(G) i campi vettoriali fondamentali ξ∗ formano una distribuzione involutiva in V , le cui varieta

integrali massimali sono le orbite di G.

I.30

Un gruppo ad un parametro di simplettomorfismi φt e un gruppo ad un parametro di dif-feomorfismi di V tale che per ogni t, φt sia un simplettomorfismo. I generatori dei gruppi ad unparametro di simplettomorfismi sono esattamente i campi vettoriali localmente hamiltoniani.

Proposizione 9.1. Sia X il campo vettoriale generatore di un gruppo φt ad un parametrodi diffeomorfismi di V . Le seguenti condizioni sono equivalenti.

(1) φt e un gruppo ad un parametro di simplettomorfismi.

(2) £Xω = 0.

(3) X e localmente hamiltoniano.

Dimostrazione. (1) ⇒ (2): segue da

£Xω =[d

dtφ∗tω

]t=0

= 0 .

L’implicazione opposta si ottiene dalla stessa formula, scritta per t generico: se £Xω = 0allora φ∗tω non dipende da t, ed essendo φ0 = idV , si ha φ∗tω = ω.

(3) ⇒ (2): se X = Xα e localmente hamiltoniano, vale

£Xω = iXdω + d(iXω) = −dα = 0;

la stessa formula mostra che se £Xω = 0 allora d(iXω) = 0, per cui localmente iXω = −df ,ovvero, X e localmente hamiltoniano.

Nota 9.2. Non e in realta necessario assumere la completezza del campo vettoriale localmentehamiltoniano; in altri termini, il flusso di un campo vettoriale X e formato da simplettomor-fismi se e solo se X e localmente hamiltoniano (e se e solo se £Xω = 0).

Esempio 9.3. Sia V = R× S1 con la forma simplettica ω = dz ∧ dθ. Posto X = ∂∂z , Y = ∂

∂θ ,si ha £Xω = £Y ω = 0. Y e hamiltoniano, mentre X lo e solo localmente (nonostante lascrittura, la forma dθ su S1 non e esatta).

Esempio 9.4. (Trasformazioni canoniche puntuali) Siano V = T ∗Q il fibrato cotangente di unavarieta differenziabile Q, con proiezione canonica π : T ∗Q → Q, e sia θ la forma di Liouvillesu T ∗Q. (Ricordiamo che questa e definita dalla condizione < X, θ >α = < π∗X,α > perogni α ∈ T ∗Q e ogni X ∈ TαT ∗Q. In coordinate locali fibrate x1, . . . , xn, y1, . . . , yn si haθα = pi(dqi)α se x = π(α) e α = pi(dqi)x). La 2-forma ω = dθ e una forma simplettica suT ∗Q.

Sia Y il generatore di un gruppo ad un parametro ψs di diffeomorfismi di Q. Possiamodefinire un “sollevamento” di ψs su T ∗Q; questo e il gruppo ad un parametro Ψs didiffeomorfismi

(26) Ψs(α) = ψ∗−sα .

Si ha un diagramma commutativo

T ∗QΨs−−−−→ TQ

π

y yπQ

ψs−−−−→ Q

I.31

Sia X il generatore di Ψs. Dimostriamo che £Xθ = 0 facendo il calcolo in coordinate localifibrate23 x1, . . . , xn, y1, . . . , yn di T ∗Q. Se Y = Y i ∂

∂xidalla definizione (26) si ottiene

X = Y i ∂

∂xi− ∂Y k

∂xiyk

∂yi

e pertanto

£Xθ = iXdθ + d(iXθ) = −Y i dyi −∂Y k

∂xiyk dx

i + d(Y i yi) = 0 .

Di conseguenza, £Xω = 0, il campo X e localmente hamiltoniano, e Ψs e un gruppo disimplettomorfismi di T ∗Q. In realta X e anche hamiltoniano. Infatti

iXω = £Xθ − d(iXθ)

per cui X = Xdf con f = −iXθ = −yi Y i.

Definizione 9.5. Un sistema dinamico hamiltoniano e una tripla (V, ω,X), dove V e unavarieta differenziabile, ω una forma simplettica su V , e X e un campo vettoriale hamiltonianosu V .

Proposizione 9.6. Sia (V, ω,X) un sistema dinamico hamiltoniano. (1) Una funzione f suV e una costante del moto per XdH se e solo se f, H = 0. (2) Ogni simplettomorfismo φ

di (V, ω) che lasci invariante H — ovvero, tale che H φ = H — e una simmetria di XdH .

Dimostrazione. (1) f, H = 0 equivale a XdH(f) = 0.

(2) Per ogni funzione g su V vale

(φ∗XdH)(g) = XdH(g φ) φ−1 = g φ, H φ−1 = g, H φ−1 = g, H = XdH(g) .

Proposizione 9.7. (Teorema di Noether) Sia (V, ω,XdH) un sistema dinamico hamiltoniano;sia f una funzione su V , e sia φs il flusso di Xdf .24 La famiglia φs lascia invariato H

(ovvero H φs = H per ogni s) se e solo se f, H = 0.

Dimostrazione. La condizione H φs = H equivale a[d

dsH φs(x)

]s=0

= 0 per ogni x ∈ V.

Essendo[ddsH φs

]s=0

= Xdf (H) = f, H si ha la tesi.

In conseguenza del teorema di Noether, ad ogni costante del moto f di XdH e associatoun “gruppo locale” di simmetria di XdH ; il gruppo e “globale” se Xdf e completo. Viceversa,sia φs un gruppo ad un parametro di simplettomorfismi che preservano H (il che per ilpunto (2) della Proposizione 9.6 implica che φs e un gruppo di simmetria di XdH). Allorail generatore X di φs e localmente hamiltoniano, ovvero, localmente vale X = Xdf , e dalteorema di Noether segue che f e una costante del moto locale; se X e hamiltoniano, f e unacostante del moto globale.

23Alternativamente si puo dimostrare direttamente che Ψ∗sθ = θ dalla definizione intrinseca di θ.24Gia sappiamo che i diffeomorfismi φs sono simplettomorfismi di (V, ω).

I.32

Esempio 9.8. Con riferimento all’esempio 9.4, la funzione f = −iXθ e una costante del motoper XdH se e solo se Ψs lascia invariata H, ovvero, H Ψ = H.

Esempio 9.9. (Coordinate cicliche) Supponiamo che Q ammetta una carta globale con coor-dinate q1, . . . , qn, e sia ψs : Q→ Q dato da

ψs(q1, . . . , qn) = (q1, . . . , qk + s, . . . , qn)

per un k fissato. Il sollevamento Ψs di ψs a T ∗Q e un gruppo di simplettomorfismi ilcui generatore e hamiltoniano, con funzione hamiltoniana f(q, p) = pk (stiamo denotando conq1, . . . , qn, p1, . . . , pn un sistema di coordinate fibrate su T ∗Q). Per il teorema di Noether,f e una costante del moto se e solo se H non dipende da qk. In particolare in quest’ambitosi formalizza l’invarianza per traslazioni e rotazioni di un sistema meccanico.

Esempio 9.10. Sia Q = R3, con coordinate canoniche (q1, q2, q3). Le rotazioni attorno all’asseq3 costituiscono un gruppo ad un parametro di diffeomorfismi di Q, descritto da

ψs :

q1

q2

q3

7→ cos s sin s 0− sin s cos s 0

0 0 1

q1

q2

q3

Posto in coordinate (q, p) = Ψ(q, p), si ha qk = ψk(q), pk = (J−1)ikpi, con J ik =

∂ψi

∂qk.

Essendo ψs lineare e J ortogonale, si hap1

p2

p3

7→ cos s sin s 0− sin s cos s 0

0 0 1

p1

p2

p3

.

Il generatore di Ψs e hamiltoniano con funzione hamiltoniana f(q, p) = p1q2− p2q

1 (coinci-dente con la proiezione del momento angolare lungo l’asse q3). Il teorema di Noether affermache f e una costante del moto per XdH se e solo se H e invariante per rotazioni attornoall’asse q3.

10. Dalle costanti del moto alle simmetrie

Sia (V,XdH) un sistema dinamico hamiltoniano che ammette costanti del moto f1, . . . , fr,e supponiamo che ogni campo hamiltoniano Xdfi sia completo. Per il teorema di Noethersi hanno r gruppi ad un parametro di simmetrie di XdH . Vogliamo da questi costruire ungruppo G di simmetrie di XdH . A questo scopo faremo un’ipotesi.

Se calcoliamo la parentesi di Poisson fi, fk di due costanti del moto otteniamo unaulteriore costante del moto, in conseguenza dell’identita di Jacobi:

fi, fk, H = −H, fi, fk − fk, H, fi = 0

(o, equivalentemente, perche il commutatore dei campi hamiltoniani Xdfi e Xdfk e anch’essohamiltoniano, con funzione hamiltoniana fi, fk). Aggiungiamo alle funzioni f1, . . . , fr tuttele funzioni fi, fk, i, k = 1, . . . , r, e iteriamo questo procedimento — ottenendo cosı un nuovo

I.33

insieme di costanti del moto, f1, . . . , fm, con m ≥ r — sino a che sia vero il seguente fatto:esistono costanti cijk e σij , i, j, k = 1 . . .m, tali che

fj , fk = cijk fi + σjk.

Stiamo evidentemente assumendo che cio avvenga dopo un numero finito di iterazioni.

Dati ξ = (ξ1, . . . , ξm), η = (η1, . . . , ηm) ∈ Rm poniamo

fξ =m∑i=1

ξi fi, [ξ, η]k = ckij ξi ηj , σ(ξ, η) = σij ξ

i ηj .

Si ha cosı fξ : V → R, [ξ, η] ∈ Rm, σ(ξ, η) ∈ R. La (10) si riscrive

fξ, fη = f[ξ,η] + σ(ξ, η) ,

e l’identita di Jacobi implica

(27) [[ξ, η], θ] + [[θ, ξ], η] + [[η, θ], ξ] = 0

(28) σ([ξ, η], θ) + σ([θ, ξ], η) + σ([η, θ], ξ) = 0 .

L’equazione (27) esprime il fatto che g = (Rm, [ , ]) e un’algebra di Lie; la (28) invece affermache σ e un 2-cociclo di tale algebra. I corrispondenti campi vettoriali hamiltoniani verificanola condizione

[Xdfξ , Xdfη ] = Xdfξ, fη = Xdf[ξ,η] ;

in altri termini, si ha un omomorfismo di algebre di Lie

(29) g→ X(V ).

Si dice che cio definisce un’azione dell’algebra g su V .

Sia G un gruppo di Lie connesso avente algebra di Lie g.25 In generale un’azione di g su Vnon “si esponenzia” ad un’azione di G. Supponiamo comunque che cio accada; piu precisa-mente, assumiamo che esista un’azione destra26 φ di G su V in modo che la corrispondenzaξ 7→ ξ∗, che ad ogni ξ ∈ g associa il corrispondente campo vettoriale fondamentale su V ,coincida con l’omomorfismo (29).

25Un tale gruppo esiste sempre. Se g non ha centro il gruppo G si puo costruire facilmente. Il nucleo

dell’applicazione ad: g→ End(g), ad(ξ)(η) = [ξ, η], e proprio il centro di g, per cui ad e iniettiva. Si definisce

allora G come l’immagine in Aut(g) della composizione

gad−→ End(g)

exp−→ Aut(g) .

Se invece il centro di g non e banale la costruzione di G e piu complicata.26La scelta dell’azione destra segue da questo fatto: se G e un gruppo di Lie che agisce da destra su una

varieta differenziabile V , allora l’applicazione lineare

g→ X(V ), ξ 7→ ξ∗

e un omomorfismo di algebre di Lie. Infatti, se ξ, η ∈ g, ed f e una funzione su V , vale

[ξ∗, η∗](f) =

»d

ds

d

dt(f(ρexp sη(ρexp tξ(x))− f(ρexp tξ(ρexp sη(x)))

–(s=t=0)

=

»d

ds

d

dt(f(ρexp tξ exp sη(x))− f(ρexp sη exp tξ(x)))

–(s=t=0)

.

Essendo

(30) exp sη exp tξ = exp(sη + tξ + 12st[ξ, η] +O(t, s)2)

I.34

Proposizione 10.1. Il gruppo G costruito sotto queste ipotesi, con l’azione φ, e un gruppodi simplettomorfismi di (V, ω) che lascia H invariata.

Dimostrazione. Fissato ξ ∈ g, il campo vettoriale ξ∗ = Xdfξ e hamiltoniano, e fξ e unacostante del moto di XdH (cio a causa delle ipotesi enunciate all’inizio del paragrafo). Per ilteorema di Noether, la famiglia φexp sξs∈R e un gruppo ad un parametro di simplettomorfismiche lascia H invariata. Essendo G connesso, lo stesso vale per ogni φg.

Esempio 10.2. Sia Q = R3, V = T ∗Q ' R6 con coordinate canoniche (q1, q2, q3, p1, p2, p3),dotato della forma simplettica canonica. Sia H(q, p) una qualunque funzione C∞ dellequantita

3∑i=1

(qi)2,3∑i=1

(pi)2,3∑i=1

qi pi .

Le funzioni f1 = −p2q3 + p3q

2, f2 = −p3q1 + p1q

3 sono costanti del moto. Anche f3 =f1, f2 = p1q

2 − p2q1 e una costante del moto. Non e possibile pero generare altre costanti

del moto, in quanto f1, f3 = −f2 e f2, f3 = f1. Queste costanti del moto soddisfanopertanto la condizione della precedente discussione, con σ = 0 e cijk = εijk (il simbolo diLevi-Civita a tre indici). L’algebra di Lie generata dalle costanti del moto fi coincide quindicon l’algebra o(3,R). Si una cosı un’azione di o(3,R) su R6, data da

ξ 7→ fξ =3∑i=1

ξi fi 7→ Xdfξ =∂fξ∂qi

∂pi−∂fξ∂pi

∂qi.

In particolare,

ξ = (0, 0, 1) 7→ f3 7→ Xdf3 = q2 ∂

∂q1− q1 ∂

∂q2+ p2

∂p1− p1

∂p2.

Questa azione si esponenzia ad un’azione di SO(3,R) su R6, ed allora coincide con il solle-vamento a R6 ≡ T ∗R3 dell’azione destra di SO(3,R) su R3 data da (R, q) 7→ Rq. Il gruppoSO(3,R) agisce mediante simplettomorfismi che preservano H.

11. Dalle simmetrie alle costanti del moto: l’applicazione momento

Un’azione φ di un gruppo di Lie su una varieta simplettica V con forma simplettica ω

e detta simplettica se ogni φg e un simplettomorfismo. Cio implica che per ogni ξ ∈ g lafamiglia φexp sξs∈R e un gruppo ad un parametro di simplettomorfismi, ed il campo vettorialefondamentale ξ∗ su V e localmente hamiltoniano. Supponiamo che esso sia hamiltoniano, con

si ottiene

[ξ∗, η∗](f) =

»d

ds

d

dtf(ρexp st[ξ,η](x))

–(s=t=0)

= [ξ, η]∗(f) .

L’equazione (30) e un troncamento della cosiddetta formula di Baker-Campbell-Hausdorff, cfr. V.S. Varada-

rajan, Lie groups, Lie algebras, and their representations, Springer-Verlag. Si puo facilmente provare la (30)

quando G non ha centro, cosicche mediante la rappresentazione aggiunta G stesso puo essere pensato come un

gruppo di matrici. Ci si puo quindi ridurre alla situazione G = Gl(n,R), nel qual caso la formula e elementare.

I.35

funzione hamiltoniana fξ.27 Per ogni ξ la funzione fξ e definita a meno di una costante seV e connesso (se V non e connesso si ha una costante additiva arbitraria diversa su ognicomponente connessa di V ). E pertanto necessario imporre delle condizioni per eliminarequesta ambiguita; per esempio, scelto un punto xi in ogni componente connessa Vi di V , sipuo imporre fξ(xi) = 0 per ogni ξ ∈ g.

Per ogni x ∈ V definiamo un’applicazione

Jx : g→ R, Jx(ξ) = fξ(x) .

Questa e lineare; infatti fcξ = cfξ. Una conveniente descrizione di questa applicazione si hascegliendo una base ξ1, . . . , ξm di g; allora

(31) Jx =m∑i=1

fξi(x) Ξi ,

essendo Ξ1, . . . ,Ξm la base duale di g∗.

Abbiamo in questo modo costruito un’applicazione differenziabile J : V → g∗, che percostruzione soddisfa la seguente condizione: se φ e un’azione simplettica di un gruppo diLie G su V , tale che i suoi campi vettoriali fondamentali siano hamiltoniani, la funzionefξ : V → R, fξ(x) =< ξ, J(x) >, e la hamiltoniana di ξ∗. Chiameremo applicazione momentoogni applicazione differenziabile J : V → g∗ soddisfacente questa condizione.

Se µ ∈ g∗ e un elemento fissato, e J e una applicazione momento, allora J ′ = J + µ

(ovvero, J ′(x)(ξ) = J(x)(ξ)+ < ξ, µ >) definisce un’altra applicazione momento (cio cam-bia la costante additiva arbitraria delle costanti del moto fξ). Viceversa, se J ′ e un’al-tra applicazione momento, allora esiste µ ∈ g∗ tale che J ′ = J + µ; infatti l’applicazioneξ → f ′ξ(x) − fξ(x) ∈ R non dipende da x ed e lineare, quindi determina un elemento µ ∈ g∗

tale che < ξ, µ > = f ′ξ(x)− fξ(x).

Se H e una funzione invariante per l’azione di G, ovvero, H = H φg per ogni g ∈ G, alloraJ e una costante del moto di XdH (a valori in g∗), in quanto ogni fξi e una costante del moto.

Esempio 11.1. Sia G un gruppo di Lie che agisce su una varieta differenziabile Q con un’a-zione φ. Per ogni elemento g ∈ G si ha un diffeomorfismo φg : Q → Q, il quale induce undiffeomorfismo

Φg : T ∗Q→ T ∗Q, Φg(α) = φ∗g−1α,

definendo cosı un “sollevamento” dell’azione di G su T ∗Q. Per ogni ξ ∈ g, sia Xξ il campovettoriale fondamentale dato da questa azione. Si ha una situazione come nell’Esempio 9.4; ilcampo Xξ e hamiltoniano, con funzione hamiltoniana fξ = −iXξ(θ). l’applicazione momentoe data da

< ξ, J(α) > = −< Xξ, θ >αcon α ∈ T ∗Q. Definita per ogni α ∈ T ∗Q l’applicazione

Φα : G→ T ∗Q, Φα(g) = Φg(α) ,

si ha Xξ(α) = (Φα)∗(ξ), e

< ξ, J(α) > = −< (Φα)∗(ξ), θ > = −< ξ, (Φα)∗(θ) >

27Cio accade automaticamente se il primo gruppo di coomologia di de Rham di V e nullo, in particolare se

V e semplicemente connessa.

I.36

da cui J(α) = −(Φα)∗(θ).

Avremmo anche potuto scrivere le costanti del moto fξ nella forma (equivalente alla prece-dente) fξ(α) = −< Yξ(x), α >, essendo Yξ il campo vettoriale fondamentale dato dall’azionedi G su Q, e x il punto di applicazione di α in Q. In questo caso avremmo ottenuto la scritturaJ(α) = −(φx)∗(α), essendo adesso φx : G→ Q dato da φx(g) = φ(g, x).

Piu concretamente, possiamo scrivere l’applicazione momento usando l’equazione (31); fis-sata una base ξ1, . . . , ξm di g, e detto Y(i) il generatore di φexp sξi, in coordinate localifibrate q1, . . . , qn, p1, . . . , pn si ha fξi = −pj Y j

(i), e pertanto

J(q, p) = −m∑i=1

pjYj

(i)(q) Ξi

essendo Ξ1, . . . ,Ξm la base duale di g∗.

Esempio 11.2. Consideriamo il gruppo delle traslazioni Rn che agisce su Q = Rn medianteq 7→ q − a. In questo caso φq : Rn → Q e dato da φq(a) = q − a, per cui (φq)∗ = id, eJ(q, p) = p; l’applicazione momento e la quantita di moto.

Esempio 11.3. Prendiamo Q = Rn, V = T ∗Q, G un sottogruppo di Gl(n,R), con l’azionedestra (M, q) 7→ Mq (denotiamo q = (q1, . . . , qn) gli elementi di Rn, visti come vettori colonna.Alternativamente, se i punti di Rn vengono visti come vettori riga, l’azione si scrive (M, q) 7→qM). Allora per ogni ξ ∈ g vale ξ∗(x) = ξx, e quindi < ξ, J(q, p) > = −< p, ξ∗(q) > = −p ξ q.Se n = 3 e G = SO(3,R), denotato ξ 7→ ωξ l’usuale isomorfismo o(3,R) ∼→ R3, si ha ξ q =ωξ ∧ q. Denotando inoltre “·” il prodotto scalare standard in R3, si ha

< ξ, J(q, p) > = p ξ q = p · ωξ ∧ q = ωξ · q ∧ p ,

da cui J(q, p) = q ∧ p: l’applicazione momento e il momento angolare.

Azioni poissoniane. Sia φ un’azione simplettica di un gruppo di Lie G su una varietasimplettica (V, ω), e sia J un’applicazione momento. Per ogni ξ ∈ g il campo vettorialefondamentale ξ∗ e hamiltoniano, con funzione hamiltoniana fξ(x) = < ξ, J(x) >.

Definizione 11.4. L’azione φ e poissoniana se e possibile scegliere J in modo che fξ, fη =f[ξ,η].

L’applicazione g→ F(V ), ξ 7→ fξ diventa cosı un omomorfismo di algebre di Lie.

Esempio 11.5. (Un’azione simplettica non poissoniana) V = R2, ω = dx1 ∧ dx2; G = R2

agisce su V per traslazioni. I campi vettoriali fondamentali sono

ξ∗ = ξ1 ∂

∂x1+ ξ2 ∂

∂x2.

Si ha iξ∗ω = ξ1 dx2 − ξ2 dx1 e quindi la funzione hamiltoniana di ξ∗ ha la forma fξ =ξ1 x2 − ξ2 x1 + c(ξ), dove c : g → R e una funzione differenziabile. L’azione di G e infattisimplettica, e le possibili applicazioni momento sono del tipo

J(x1, x2) = (x2 + µ1,−x1 + µ2), µ ∈ R2 .

I.37

Esiste un 2-cociclo non nullo, dato da

σ(ξ, η) = fξ, fη − f[ξ,η] = −ξ1η2 + ξ2η1 .

Proposizione 11.6. Il sollevamento a T ∗Q dell’azione di un gruppo di Lie G su Q e un’azionepoissoniana.

Dimostrazione. Per ogni ξ ∈ g denotiamo con ξ∗ il campo fondamentale associato all’azionedi G su Q e ξ∗ il suo sollevamento a T ∗Q. Quest’ultimo e hamiltoniano, ovvero, ξ∗ = Xdfξ

per una funzione fξ : T ∗Q→ R. Si ha fξ, fη = ω(Xdfξ , Xdfη) con fξ(α) = −< α, ξ∗(q) > seq = π(α) (ξ∗ e il campo fondamentale su Q). Inoltre dalla formula di Cartan

ω(X,Y ) = dθ(X,Y ) = X(< Y, θ >)− Y (< X, θ >)− < [X,Y ], θ >

= < Y,£Xθ >−< X,£Y θ >+< [X,Y ], θ >

essendo £Xdfξθ = £Xdfη

θ = 0 abbiamo

fξ, fη(α) = −< [Xdfξ , Xdfη ], α > = −< Xdf[ξ,η] , α > = f[ξ,η](α) .

Proposizione 11.7. Sia φ un’azione poissoniana di un gruppo di Lie connesso G su unavarieta simplettica (V, ω), e sia J un’applicazione momento che annulla il cociclo σ. AlloraJ e Ad∗-equivariante, nel senso che per ogni g ∈ G il seguente diagramma e commutativo:

Vφg−−−−→ V

J

y yJg∗

Ad∗g−−−−→ g∗

Viceversa, se J e un’applicazione momento Ad∗-equivariante, e fξ(x) = < ξ, J(x) >, allorafξ, fη = f[ξ,η]; ovvero, un’azione simplettica che ammette un’applicazione momento Ad∗-equivariante e poissoniana.

Dimostrazione. La condizione di Ad∗-equivarianza di J equivale a

< ξ, J φg(x) > = < ξ,Ad∗g J(x) > = < Adg ξ, J(x) >

e pertanto J e Ad∗-equivariante se e solo se fξ φg = fAdgξ per ogni ξ ∈ g, g ∈ G. Questaaffermazione e equivalente a fξ φexp sη = fAdexp(sη) ξ per ogni ξ, η ∈ g, s ∈ R, ovvero,[

d

dsfξ φexp sη

]s=0

=[d

dsfAdexp(sη) ξ

]s=0

;

ma il membro di sinistra di questa uguaglianza e Xdfη(fξ) = −fξ, fη, mentre il membro didestra e fadη ξ = −f[ξ,η].

Esempio 11.8. Verifichiamo l’Ad∗-equivarianza dell’applicazione momento nel caso del solle-vamento a T ∗Q dell’azione di un gruppo di Lie G su una varieta Q. Usiamo le stesse notazionidella Proposizione 11.6. Valgono per ogni ξ ∈ g e ogni α ∈ T ∗Q le implicazioni

J Φg(α) = Ad∗g J(α) ⇐⇒ < ξ, J Φg(α) > = < Adg ξ, J(α) >

I.38

⇐⇒ < Xdfξ , θ >Φg(α) = < XdfAdg ξ, θ >α

Ma (Φg)∗Xdfξ = XdfAdg−1 ξ

,28 e quindi il secondo membro dell’ultima equazione e

< (Φg)∗Xdfξ , θ >α = < Xdfξ ,Φ∗g−1θ >Φg(α) = < Xdfξ , θ >Φg(α) .

12. Riduzione di sistemi hamiltoniani

Iniziamo con alcuni esempi.

Esempio 12.1. (Variabili cicliche) Prendiamo Q = Rn, T ∗Q ' R2n con coordinate q1, . . . , qn,

p1, . . . , pn e forma simplettica ω = dpi ∧ dqi. Sia H una funzione che non dipende da r dellecoordinate q, per esempio q1, . . . , qr. Allora le funzioni p1, . . . , pr sono costanti del moto (ininvoluzione, ovvero pi, pk = 0 per i, k = 1, . . . , r). Il corrispondente gruppo di simmetria eil gruppo delle traslazioni G = Rr che agisce su Q secondo

φa(q1, . . . , qn) = (q1 − a1, . . . , qr − ar, qr+1, . . . , qn) se a = (a1, . . . , ar).

Vogliamo studiare la riduzione di questo sistema. Un primo passo e la restrizione delsistema alla sottovarieta

Sµ = (q, p) ∈ R2n | pi = µi, i = 1, . . . , r .

Il campo vettoriale XdH e tangente a Sµ, avendo la forma

XdH =n∑

α=r+1

∂H

∂qα∂

∂pα−

n∑i=1

∂H

∂pi

∂qi

e induce pertanto un campo vettoriale Xµ su Sµ. Il sistema ristretto a Sµ si scriveqi =

∂H

∂pi(qr+1, . . . , qn, µ1, . . . , µr, pr+1, . . . , pn) i = 1, . . . , n

pα = − ∂H∂qα

(qr+1, . . . , qn, µ1, . . . , µr, pr+1, . . . , pn) α = r + 1, . . . , n

mentre il sistema residuo si riduce a pj = 0, j = 1, . . . , r. Secondo passo: il gruppo delle

traslazioni G agisce su Sµ ed e un gruppo di simmetrie di Xµ. Lo spazio quoziente Vµ =Sµ/G e un iperpiano sul quale le funzioni qr+1, . . . , qn, pr+1, . . . , pn formano un sistema di

28Si ha infatti

(Φg)∗Xdfξ =

»d

dsΦg Φexp sξ(α)

–s=0

=

»d

dsΦ(exp sξ)g(α)

–s=0

.

Definita l’applicazione

Φα : G→ T ∗Q, Φα(g) = Φg(α)

vale ξ∗(α) = (Φα)∗(ξ), e pertanto

(Φg)∗Xdfξ (α) =

»d

dsΦα Rg(exp sξ)

–s=0

= (Φα)∗(Rg)∗ ξ

= (Φα)∗(Rg)∗(Lg−1)∗ ξ = (Φα)∗Adg−1 ξ = XdfAdg−1 ξ

(α) .

I.39

coordinate. Il campo vettoriale Xµ induce su Vµ un campo vettoriale hamiltoniano la cuifunzione hamiltoniana e

Hµ(qr+1, . . . , qn, pr+1, . . . , pn) = H(qr+1, . . . , qn, µ1, . . . , µr, pr+1, . . . , pn) ;

il sistema ridotto e ora

(32)

qα =

∂Hµ

∂pα

pα = −∂Hµ

∂qα, α = r + 1, . . . , n .

Il sistema residuo e ora dato da

qj =∂H

∂pj(qr+1, . . . , qn, µ1, . . . , µr, pr+1, . . . , pn) , pj = 0, j = 1, . . . , r .

Possiamo notare che

(i) La varieta Vµ e simplettica: su di essa si puo definire la forma simplettica

ωµ =n∑

α=r+1

dpα ∧ dqα .

Inoltre il sistema ridotto (32) e hamiltoniano.

(ii) L’esistenza di r costanti del moto (oppure l’esistenza di un gruppo di simmetria r-dimensionale) permette di ridurre l’ordine del sistema di 2r unita.

(iii) Una volta risolto il sistema ridotto, il sistema residuo si integra per quadrature, inquanto le funzioni ∂H

∂pjnon dipendono dalle qj (j = 1, . . . , r).

Esempio 12.2. Sia (V, ω,XdH) un sistema dinamico hamiltoniano, e f una sua constantedel moto. Assumiamo che Xdf sia completo. Se µ ∈ R e un punto regolare di f , l’insiemeSµ = f−1(µ) e una sottovarieta regolarmente immersa di V . Il campo XdH e tangente a Sµ(essendo f, H = 0), ed induce un campo Xµ su Sµ.

D’altra parte essendo Xdf completo il gruppo ad un parametro ψs da esso generato daluogo ad un’azione di R su V , che per il teorema di Noether e un gruppo di simmetrie diXdH . l’applicazione momento coincide con f (si noti che g∗ ' R, e l’azione di R e ovviamentepoissoniana). Ogni diffeomorfismo ψs lascia Sµ invariata (Xdf (f) = 0), e pertanto ψs induceun gruppo ad un parametro ψµs di diffeomorfismi di Sµ.

Se supponiamo che quest’azione sia libera e propria, il quoziente Vµ = Sµ/R e una varietadifferenziabile, ed il campo vettoriale Xµ si proietta sul quoziente.

La varieta Vµ e simplettica; possiamo infatti scegliere (localmente) in V coordinate simplet-tiche q1, . . . , qn, p1, . . . , pn tali che p1 = f . In queste coordinate ψs e descritto dall’equazione

ψs(q1, . . . , qn, p1, . . . , pn) = (q1 − s, q2 . . . , qn, p1, . . . , pn) .

Le funzioni q2, . . . , qn, p2, . . . , pn sono allora coordinate su Vµ, e la forma

ωµ =n∑i=2

dpi ∧ dqi

e simplettica.

I.40

Localmente siamo nella stessa situazione dell’esempio precedente, e valgono le stesse con-clusioni. Notiamo che, dette ιµ : Sµ → V l’inclusione e πµ : Sµ → Vµ la proiezione, la formasimplettica ωµ verifica la condizione π∗µωµ = ι∗µω.

Esempio 12.3. Prendiamo V = R4 con coordinate canoniche q1, q2, p1, p2, ω = dp1 ∧ dq1 +dp2∧dq2, H = 1

2(p21+p2

2)+V (q1−q2) (questa e la funzione hamiltoniana di due particelle che simuovono su una retta soggette ad una forza conservativa che dipende solo dalla loro posizionerelativa). La funzioneH e invariante per il gruppo di trasformazioni ψs : (q1, q2, p1, p2) 7→ (q1−s, q2 − s, p1, p2) il cui generatore X = − ∂

∂q1− ∂

∂q2e hamiltoniano, con funzione hamiltoniana

f = p1 + p2; questa e una costante del moto (fisicamente, la quantita di moto totale delsistema). Dal precedente esempio sappiamo che e possibile ridurre di due unita l’ordine delsistema; cio si ottiene introducendo la nuove coordinate simplettiche

q1 = q1, q2 = q2 − q1, p1 = p1 + p2, p2 = p2

che “raddrizzano” X, in quanto X = − ∂∂q1

. In queste variabili H non dipende da q1,

H = p22 − p1p2 + 1

2 p21 + V (−q2) .

Il sistema delle equazioni di Hamilton si spezza in

˙q2 = 2p2 − p1, ˙p2 =∂V

∂q2, (sistema ridotto)

˙q1 = p1 − p2, p1 = µ = costante (sistema residuo) .

Una volta risolto il sistema ridotto il sistema residuo si integra direttamente:

q1(t) = −∫p2(t) dt+ µ1 t .

Esercizio 12.4. E utile notare che il sistema del precedente Esempio si puo studiare anchesenza introdurre coordinate simplettiche. Rifare dunque i calcoli usando le coordinate

p = p1 + p2, q = q1, y = p1, r = q1 − q2 .

Esempio 12.5. Siano V = R4 con coordinate canoniche q1, q2, p1, p2, ω = dp1∧dq1+dp2∧dq2,H = f(p2, p1e

q2). La funzione H e invariante sotto l’azione di R2 data da

ψs,t(q1, q2, p1, p2) = (q1 − s, q2 + t, p1e−t, p2) .

Il campo fondamentale t∗ = ∂∂q2− p1

∂∂p1

, e la 1-forma corrispondente e −p1dq1− dp1, che non

e chiusa. t∗ non e localmente hamiltoniano, e l’azione non e simplettica. La funzione H eanche invariante sotto l’azione φ di R2 data da29

(33) φs,t(q1, q2, p1, p2) = (q1et + s, q2 + t, p1e−t, p2) .

In questo caso i campi fondamentali

s∗ =∂

∂q1e t∗ = q1 ∂

∂q1+

∂q2− p1

∂p1

29In realta non e il gruppo R2 che agisce, in quanto, come si puo verificare direttamente, e come vedremo

sotto, questa azione non e abeliana. Si tratta quindi dell’azione di un gruppo di Lie G diffeomorfo (ma non

isomorfo come gruppo) a R2.

I.41

sono hamiltoniani, e l’azione φ e simplettica. Le costanti del moto associate a questa simmetriasono f1 = −p1q

1 − p2, f2 = −p1; si ha f1, f2 = −f2, e quindi l’azione e poissoniana.

Introduciamo nuove coordinate

q1 = p1q1 + p2, q2 = q2 + log p1, p1 = log p1, p2 = p2 .

Il calcolo diretto mostra che

dp1 ∧ dq1 + dp2 ∧ dq2 = ω ,

ovvero, le nuove coordinate sono simplettiche. La funzione H dipende solo da q2 e p2: leequazioni di Hamilton si scrivono adesso

q1 = µ1 = costante, p1 = µ2 = costante, ˙q2 =∂H

∂p2, ˙p2 = −∂H

∂q2.

Sia Sµ, con µ = (µ1, µ2), la superficie di equazione q1 = µ1, p1 = µ2. I campi fondamentalis∗, t∗ non sono tangenti a Sµ, il che significa che l’azione (33) non preserva Sµ.

Esercizio 12.6. Con riferimento al precedente esempio, si consideri il quoziente di V sottol’azione (33). In questo caso conviene considerare coordinate u, v, p1, p2, con

u = p1eq2 , v = p1q

1 + p2 .

(Attenzione: queste coordinate non sono simplettiche!) Le funzioni (u, p2) sono coordinatesul quoziente W . Dimostrare che il campo vettoriale XdH si proietta su W , mentre i campis∗ e t∗ non proiettano.

Si caratterizzi inoltre il gruppo G la cui azione e data dalla formula (33).

Sulla base di questi esempi discuteremo ora un risultato riguardante la riduzione di sistemihamiltoniani in presenza di un’azione poissoniana. Sia (V, ω) una varieta simplettica e φ

un’azione poissoniana di un gruppo di Lie G su V . Per definizione φ ammette un’applicazionemomento J Ad∗-equivariante. Sia µ un fissato elemento di g∗ e sia Sµ = J−1(µ). Supponendoche µ sia un valore regolare di J , il sottoinsieme Sµ ⊂ V e una sottovarieta regolarmenteimmersa. Come abbiamo visto nel precedente esempio, non e detto che φ lasci Sµ invariata,in quanto in generale l’azione del gruppo cambia il valore di µ. Introduciamo allora il gruppodi isotropia di Sµ rispetto all’azione coaggiunta,

Gµ = g ∈ G | Ad∗g µ = µ .

Poiche Gµ = χ−1µ (µ), essendo χµ : G→ g∗ l’applicazione χµ(g) = Ad∗g µ, Gµ e un sottogruppo

chiuso di G, ed e pertanto un gruppo di Lie. Per la Ad∗-equivarianza di J si ha φg(Sµ) ⊂Sµ se g ∈ Gµ (infatti se x ∈ Sµ vale J(φg(x)) = Ad∗g J(x) = Ad∗g µ = µ); cio definisceun’applicazione differenziabile Gµ × Sµ → Sµ, che e un’azione φµ di Gµ su Sµ. Supponiamoinfine che quest’azione sia libera e propria, in modo che il quoziente Vµ = Sµ/Gµ sia unavarieta differenziabile. La dimensione di Vµ e

(34) dimVµ = dimSµ − dimGµ = dimV − dimG− dimGµ .

Siano ιµ : Sµ → V l’immersione della sottovarieta Sµ, e πµ : Sµ → Vµ la proiezione sullo spazioquoziente.

I.42

Proposizione 12.7. (Teorema di Marsden-Weinstein) Sotto le ipotesi enunciate nella pre-cedente discussione, e sotto l’ulteriore ipotesi che G sia compatto e connesso,

(1) esiste un’unica forma simplettica ωµ su Vµ tale che π∗µωµ = ι∗µω.

(2) Se H e una funzione differenziabile su V invariante sotto l’azione φ di G, allora il flussoψt di XdH lascia Sµ invariata e commuta con l’azione di Gµ su Sµ, inducendo un flussoψt su Vµ. Tale flusso e hamiltoniano, e la sua funzione hamiltoniana Hµ e la proiezione diH su Vµ, ovvero, verifica la condizione Hµ πµ = H ιµ.

Dimostrazione della parte (2). Incominciamo col dimostrare la parte (2), assumendo giadimostrata la parte (1). Il flusso ψt diXdH lascia Sµ invariata percheXdH(J) = H, J = 0.Poiche H e invariante sotto l’azione di G, il gruppo Gµ e un gruppo di simmetria per XdH |Sµ ,ovvero, Gµ commuta con i diffeomorfismi ψt|Sµ. Risulta pertanto indotto un flusso “ridotto”ψt su Vµ. Sia Xµ il generatore di questo flusso. Nuovamente per la sua G-invarianza, Hinduce una funzione Hµ su Vµ tale che Hµ πµ = H ιµ.

Rimane da mostrare che Xµ e hamiltoniano con funzione hamiltoniana Hµ. Sia y ∈ Vµ, esia x ∈ Sµ tale che πµ(x) = y. Dato Y ∈ TyVµ sia Y ∈ TxSµ tale che (πµ)∗Y = Y . Vale allora

ωµ(Xµ(y), Y ) = ωµ(πµ∗XdH(x), (πµ)∗Y ) = (π∗µωµ)(XdH(x), Y )

= (ι∗µω)(XdH(x), Y )

= ω(XdH(x), Y ) perche Y , XdH sono tangenti a Sµ

= < Y , dH(x) > = < Y , ι∗µdH(x) > = < Y , π∗µdHµ(y) >

= < Y, dHµ(y) > ,

ovvero, Xµ = XdHµ .

La rimanente parte del presente paragrafo sara dedicata alla dimostrazione della parte(1) del teorema di Marsden-Weinstein. Studiamo in primo luogo il caso “lineare”, ovvero,consideriamo uno spazio vettoriale E con una forma simplettica ω. Per ogni sottospaziovettoriale F ⊂ E definiamo il suo complemento simplettico come il sottospazio vettoriale diE

Fω = u ∈ E | ω(u, v) = 0 per ogni v ∈ F .

Definizione 12.8. Un sottospazio vettoriale F di E e detto

— isotropo se F ⊂ Fω

— coisotropo se Fω ⊂ F— simplettico se F ∩ Fω = 0— lagrangiano se F = Fω.

Esercizio 12.9. Dimostrare che (Fω)ω = F . Di conseguenza, il complemento simplettico diun sottospazio isotropo e coisotropo, e viceversa.

Ogni sottospazio coisotropo da luogo ad un nuovo spazio vettoriale simplettico.

Lemma 12.10. Se F e sottospazio coisotropo di E, ι : F → E l’inclusione, e π : F → F ′ laproiezione sul quoziente F ′ = F/Fω, quest’ultimo ammette un’unica forma simplettica ω′ taleche π∗ω′ = ι∗ω.

I.43

Dimostrazione. Se v ∈ Fω e w ∈ F vale ω(v, w) = 0. Allora, denotando con [w] la classe inF ′ di un elemento ω ∈ F , possiamo definire ω′([w1], [w2]) = ω(w1, w2). Se ω′([w1], [w2]) = 0per ogni [w2] ∈ F ′ allora ω(w1, w2) = 0 per ogni w2 ∈ F , per cui w1 ∈ Fω, e [w1] = 0. Laforma ω′ verifica la condizione π∗ω′ = ι∗ω per costruzione. L’unicita segue dal fatto che π∗ einiettiva.

Passiamo ora al caso delle varieta. Una sottovarieta Q di una varieta simplettica (V, ω) edetta isotropa (coisotropa) se per ogni x ∈ Q lo spazio tangente TxQ e isotropo (coisotropo)in TxV .

Consideriamo il caso di una sottovarieta coisotropa Q. Definiamo in Q la distribuzione (nelsenso del teorema di Frobenius) ∆Q data da ∆Q(x) = (TxQ)ω.

Lemma 12.11. La distribuzione ∆Q e integrabile.

Dimostrazione. Siano X, Y campi vettoriali su Q che stanno in ∆Q. Poiche ω e chiusaabbiamo, per ogni campo vettoriale Z su Q,

0 = dω(X,Y, Z) = X(ω(Y,Z)) + Z(ω(X,Y )) + Y (ω(Z,X))

+ ω([Y,Z], X) + ω([X,Y ], Z) + ω([Z,X], Y ) .

Essendo Q coisotropa si ha ω(Y,Z) = ω(X,Y ) = ω(Z,X) = 0. Anche i termini ω([Y,Z], X) eω([Z,X], Y ) si annullano perche [Y,Z] e [Z,X] sono campi vettoriali suQ. Quindi ω([X,Y ], Z)= 0, e [X,Y ] ∈ ∆Q.

Essendo ∆Q integrabile, ne possiamo considerare le varieta integrali massimali.30 In virtudel precedente Lemma e del teorema di Frobenius, la varieta Q ammette una foliazione lecui foglie sono sottovarieta isotrope di Q. Diciamo che Q e regolare se ognuna di questefoglie e una sottovarieta regolarmente immersa di Q, compatta e connessa. In questo caso, sedefiniamo una relazione di equivalenza in Q ponendo x1 ∼ x2 se x1 e x2 stanno sulla stessafoglia, il quoziente Q/ ∼ e una varieta differenziabile.

Lemma 12.12. Se Q e una sottovarieta coisotropa regolare di una varieta simplettica V , ilquoziente Q/ ∼ e una varieta simplettica.

Dimostrazione. Sia p : Q → V ′ = Q/ ∼ la proiezione sul quoziente. Se y = p(x) lo spaziotangente TyV ′ e isomorfo al quoziente TxQ/∆Q(x). Per il Lemma 12.10 in TyV ′ c’e un’unicaforma simplettica ω′(y) tale che p∗ω′(y) = ι∗ω(x), essendo ι : Q → V l’inclusione. Mettendoin Q coordinate locali “adattate” (come si puo effettivamente fare in virtu del teorema diFrobenius), si nota che al variare di y la forma ω′(y) e differenziabile. Inoltre la condizionep∗ω′(y) = ι∗ω(x), essendo p∗ iniettiva, implica che ω′ sia chiusa. Quindi ω′ e una formasimplettica su V ′.

30Una varieta integrale W di una distribuzione integrabile ∆ si dice massimale se ogni varieta integrale di

∆ passante per un punto x ∈ W e contenuta in W . Per costruzione, per ogni punto x ∈ V passa una sola

varieta integrale massimale. Una varieta integrale massimale e spesso detta “foglia”, e si dice che V ammette

una “foliazione”.

I.44

Dimostrazione della parte (1) del teorema di Marsden-Weinstein: il caso µ = 0. Cominciamocol dimostrare il teorema di Marsden-Weinstein quando µ = 0. Il gruppo di isotropia coincideallora con G, e la dimensione del quoziente V0 = S0/G e

(35) dimV0 = dimV − 2 dimG .

Sia x ∈ S0, e sia Ox l’orbita dell’azione di G su x; si ha Ox ⊂ S0. Lo spazio tangente TxOxe generato dai valori ξ∗(x) dei campi vettoriali fondamentali al variare di ξ in g. Vogliamomostrare che TxOx e il complemento simplettico di TxS0. Infatti essendo J(x) = 0 valefξ(x) = 0 per ogni ξ ∈ g e pertanto ω(Xdfξ , Y ) = dfξ(Y ) = 0 per ogni Y ∈ TxS0, il cheimplica TxOx ⊂ (TxS0)ω. Ma i due spazi vettoriali hanno la stessa dimensione, e quindicoincidono.

Essendo (TxS0)ω = TxOx ⊂ TxS0, la sottovarieta S0 e coisotropa. La foglie della foliazioneisotropa di S0 sono quindi le orbite di G; in base alle ipotesi fatte (G e compatto e connessoe la sua azione e libera), le orbite sono sottovarieta compatte regolarmente immerse, ovvero,S0 e una sottovarieta coisotropa regolare.

Il risultato cercato segue ora dal Lemma 12.12. L’unicita di ω0 segue nuovamente dall’i-niettivita di π∗0.

Una generalizzazione. La versione appena dimostrata del teorema di Marsden-Weinstein(ovvero il caso µ = 0) ammette una generalizzazione del seguente tipo. Sia O un’orbitadell’azione coaggiunta di G su g∗ tale che ogni punto di O sia un valore regolare di J . AlloraSO = J−1(O) e una sottovarieta regolarmente immersa di V , invariante sotto l’azione di G.Si assuma inoltre che G sia compatto e che la sua azione su SO sia libera.

Proposizione 12.13. Sotto le ipotesi sopra menzionate, il quoziente VO = SO/G e unavarieta simplettica di dimensione

(36) dimVO = dimV + dimO − 2 dimG .

Per dimostrare questo enunciato avremo bisogno di alcuni risultati circa le orbite coaggiuntein g∗. Consideriamo in particolare le orbite sotto l’azione destra di G su g∗

(37) $g(Γ) = Ad∗g Γ per ogni Γ ∈ g∗.

Essendo queste orbite chiuse, esse sono delle varieta regolarmente immerse di g∗. Su ogniorbita O si puo definire una forma simplettica. Lo spazio tangente a O in Γ ∈ O si puoidentificare come

TΓO = ad∗ξ Γ |ξ ∈ g ;

infatti i campi vettoriali fondamentali dell’azione coaggiunta sono proprio dati da

ξ∗(Γ) =[d

dsAd∗exp sξ Γ

]s=0

e vale, per ogni η ∈ g,

< η, ξ∗(Γ) > =[d

ds< Adexp sξ η,Γ >

]s=0

= < adξ η,Γ > = < η, ad∗ξ Γ >.

I.45

Lemma 12.14. La 2-forma differenziale Ω definita su O dalla condizione

ΩΓ(ξ∗, η∗) = ΩΓ(ad∗ξ Γ, ad∗η Γ) = −< [ξ, η],Γ >

e non degenere e chiusa.

Dimostrazione. Dimostriamo che Ω e non degenere. Fissato Γ ∈ g∗ sia ΩΓ(ξ∗, η∗) = 0 perogni η ∈ g. Allora

< η, ad∗ξ Γ > = −ΩΓ(ξ∗, η∗) = 0 per ogni η ∈ g ;

pertanto ξ∗(Γ) = ad∗ξ Γ = 0.

Dimostriamo ora che dΩ = 0. Per ogni λ, ξ, η ∈ g si ha

dΩ(λ∗, ξ∗, η∗) = λ∗(Ω(ξ∗, η∗)) + permutazioni cicliche

− (Ω(λ∗, [ξ∗, η∗]) + permutazioni cicliche).

Essendo

λ∗(Ω(ξ∗, η∗))Γ =[d

ds< [ξ, η],Ad∗exp sλ Γ >

]s=0

= < [λ, [ξ, η]],Γ >

Ω(λ∗, [ξ∗, η∗]) = < [λ, [ξ, η]],Γ >

si ha dΩ(λ∗, ξ∗, η∗) = 0.

Avremo piu avanti bisogno del seguente risultato.

Proposizione 12.15. La forma simplettica Ω definita su un’orbita coaggiunta soddisfa laseguente relazione di Ad∗-invarianza:

$∗g(Ω$g(Γ)) = ΩΓ .

In altri termini, la rappresentazione coaggiunta di G agisce su O per simplettomorfismirispetto alla forma simplettica Ω.

Dimostrazione. Cominciamo col notare che i campi vettoriali fondamentali verificano la pro-prieta di Ad∗-equivarianza

($g)∗ξ∗ = (Adg−1 ξ)∗ ,

o, piu precisamente,($g)∗ξ∗($g−1(Γ)) = (Adg−1 ξ)∗(Γ)

per ogni ξ ∈ g, Γ ∈ g∗, g ∈ G. Si ha infatti

(Adg−1 ξ)∗(Γ) =[d

ds$exp sAdg−1 ξ(Γ)

]s=0

=[d

ds$g−1(exp sξ)g(Γ)

]s=0

=[d

ds$g $exp sξ $g−1(Γ)

]s=0

= ($g)∗ξ∗($g−1(Γ)) .

Si calcola allora

($∗gΩ$g(Γ))(ξ∗(Γ), η∗(Γ)) = Ω$g(Γ)(($g)∗ξ∗(Γ), ($g)∗η∗(Γ))

= −< [Adg−1 ξ,Adg−1 η],Ad∗g Γ > = −< Adg−1 [ξ, η],Ad∗g Γ >

= ΩΓ(ξ∗(Γ), η∗(Γ)) .

I.46

I campi vettoriali fondamentali dell’azione (37) di G su O sono la restrizione dei campiξ∗, ξ ∈ g a O; questi sono hamiltoniani, con funzione hamiltoniana fξ(Γ) = < ξ,Γ >.Infatti per ogni η ∈ g si ha

dfξ(η∗)Γ = η∗(fξ)Γ =[d

dsfξ(Ad∗exp sη Γ)

]s=0

=[d

ds< ξ,Ad∗exp sη Γ >

]s=0

= −< [ξ, η],Γ > = ΩΓ(ξ∗, η∗)

e quindi Xdfξ = ξ∗. La corrispondente applicazione momento JO : O → g∗ e l’inclusionenaturale.

Dimostriamo infine che l’azione (37) e poissoniana. Si ha

fξ, fηΓ = −Ω(Xdfξ , Xdfη)Γ = −Ω(ξ∗, η∗)Γ

= < [ξ, η],Γ > = f[ξ,η](Γ).

D’altra parte l’applicazione momento e ovviamente Ad∗-invariante:

JO $g(Γ) = Ad∗g Γ = Ad∗g JO(Γ) .

Dimostrazione della Proposizione 12.13. Lo spazio VO e una varieta differenziabile comeconseguenza delle ipotesi riassunte prima dell’enunciato della Proposizione. Costruiamo orala forma simplettica ωO su VO. Per ogni ξ ∈ g denotiamo con Xξ il campo vettoriale fonda-mentale associato all’azione di G su V e con ξ∗ il campo vettoriale fondamentale associatoall’azione coaggiunta di G su O.

Si consideri la varieta V = V × O dotata della forma simplettica ω = ω ⊕ (−Ω), essendoω la forma simplettica di V , e Ω la forma simplettica di O precedentemente descritta. Ilgruppo G agisce su V per simplettomorfismi (cfr. in particolare la Proposizione 12.15), e lacorrispondente applicazione momento J : V → g∗ e data da J(x,Γ) = J(x)−JO(Γ) = J(x)−Γ.La restrizione a SO dell’applicazione

V → V × g∗, x 7→ (x, J(x))

stabilisce un diffeomorfismo SO → J−1(0), il cui inverso e la restrizione a J−1(0) della pro-iezione V ×O → V . Si ha pertanto un diffeomorfismo VO ' J−1(0)/G, e dalla formula (35)segue che la dimensione di VO e data dall’equazione (36).

Per il teorema di Marsden-Weinsten nel caso µ = 0, che gia abbiamo dimostrato, esiste suJ−1(0)/G un’unica forma simplettica ω0 tale che

(38) π∗ω0 = ι∗ω .

Identificando VO con J−1(0)/G otteniamo la forma simplettica richiesta.

Dimostrazione della Proposizione 12.7 (teorema di Marsden-Weinstein per un qualsiasi va-lore di µ ∈ g∗). Sia Oµ l’orbita di µ in g∗. Riconduciamo la Proposizione 12.7 alla 12.13,dimostrando in primo luogo che J−1(µ)/Gµ ' J−1(Oµ)/G, ovvero, Vµ ' VOµ . Notiamo cheJ−1(µ) ⊂ J−1(Oµ). Sia π′ : J−1(Oµ)→ J−1(Oµ)/G la proiezione sul quoziente, e sia y ∈ Vµ.

I.47

Se x ∈ J−1(µ) e tale che πµ(x) = y, l’elemento π′(x) ∈ J−1(Oµ)/G non dipende dalla sceltadi x in π−1

µ (y). Definiamo allora un’applicazione

α : J−1(µ)/Gµ → J−1(Oµ)/G, y 7→ π′(x).

Viceversa, se z ∈ J−1(Oµ)/G, sia x ∈ J−1(Oµ) tale che π′(x) = z, e sia Γ = J(x). Esisteg ∈ G tale che Ad∗g Γ = µ; allora φg(x) ∈ J−1(µ). Definiamo un’applicazione

β : J−1(Oµ)/G→ J−1(µ)/Gµ , z 7→ πµ(φg(x)) .

Le due applicazioni sono entrambe differenziabili, e sono l’una l’inverso dell’altra; di conse-guenza le varieta J−1(µ)/Gµ e J−1(Oµ)/G sono diffeomorfe.

Consideriamo adesso il diagramma commutativo

VOµπOµ←−−−− SOµ

ι−−−−→ V ×Oµα

x xj xVµ

πµ←−−−− Sµιµ−−−−→ V

dove le applicazioni j e sono rispettivamente l’inclusione naturale e l’applicazione (x) =(x, J(x)) (si noti che per ogni x ∈ Sµ vale ιµ(x) = (x, µ), e che pertanto ι∗µω = ι∗µ ∗ω).Inoltre πOµ e la naturale proiezione sul quoziente.

Definiamo ωµ = α∗ωO. Dalla (38) e dalla commutativita del precedente diagramma seguela condizione π∗µωµ = ι∗µω.

I.48

Capitolo I

SISTEMI COMPLETAMENTE INTEGRABILI

L’integrabilita di un sistema di 2n equazioni alle derivate ordinarie equivale alla conoscenzadi 2n integrali primi. Quando queste equazioni sono di tipo canonico (nel senso che si possonoscrivere sotto forma di equazioni di Hamilton), e a volte sufficiente conoscere a priori solo nintegrali primi. Cio accade nel caso dei cosiddetti sistemi completamente integrabili. Unesempio di tale situazione, che esamineremo nel primo paragrafo, si incontra nell’ambito dellateoria della riduzione che abbiamo studiato nel precedente capitolo. I seguenti paragrafiforniranno poi un’introduzione generale alla teoria dei sistemi completamente integrabili.

13. Il teorema di Jacobi-Liouville

Sia (V, ω) una varieta simplettica, di dimensione 2n, e siano f1, . . . , fr funzioni differenziabilisu V che sono in involuzione, ovvero, fi, fj = 0 per ogni i, j = 1, . . . , r. Supponiamo chei campo vettoriali hamiltoniani associati X(i) = Xdfi siano completi, e sia ψ(i)

s il flusso diX(i). Poiche 0 = Xdfi, fj = [X(i), X(j)], i campi X(i) commutano, e pertanto commutanoanche i loro flussi:

ψ(i)s ψ(j)

w = ψ(j)w ψ(i)

s per ogni i, j = 1, . . . , r, e ogni s, w ∈ R .

Possiamo definire un’azione φ di G = Rr su V , ponendo

φ(s1,...,sr)(x) = ψ(1)s1 · · · ψ

(r)sr (x) .

Essendo G abeliano, l’azione φ e poissoniana; l’applicazione momento e

J : V → Rr, J(x) = (f1(x), . . . , fr(x)).

Supponiamo che µ = (µ1, . . . , µr) ∈ Rr sia un valore regolare di J . Con riferimento allanotazione impiegata nel precedente capitolo a proposito del teorema di Marsden-Weinstein,la sottovarieta Sµ ⊂ V e regolarmente immersa; inoltre in questo caso Gµ = G, e i campivettoriali X(i) sono tangenti a Sµ e indipendenti in ogni punto. Di conseguenza l’azione di Gsu Sµ e localmente libera,31 e una varieta quoziente di dimensione 2(n − r)(che assumiamoessere liscia) esiste almeno localmente.

Sia H una funzione su V , in involuzione con tutte le funzioni fi (ovvero, H, fi = 0,i = 1, . . . , r); in altri termini, le funzioni fi sono costanti del moto per l’evoluzione del sistema

31L’azione ρ di un gruppo G su una varieta V e localmente libera se per ogni punto x ∈ V il gruppo di

isotropia Gx e discreto. Non e difficile dimostrare che se i generatori dell’azione di G su V sono linearmente

indipendenti in ogni punto allora l’azione e localmente libera.

I.49

dinamico dato dalla funzione H. Il teorema di Marsden-Weinstein permette di ridurre di 2rl’ordine del sistema associato al campo vettorialeXdH . Si puo mostrare che il sistema residuo eintegrabile per quadrature.32,33 Se r = n il sistema ridotto scompare, ed il sistema e integrabile

per quadrature.

14. Il teorema di Liouville-Arnold

Motivati dalla precedente discussione, definiamo la nozione di sistema completamente inte-grabile come segue. Sia V il fibrato cotangente di una varieta differenziabile n-dimensionaleQ, sia ω la forma simplettica canonica di V = T ∗Q, e si fissi una funzione hamiltoniana H.Fissati una n-pla di funzioni fi : V → R, i = 1, . . . , n e un punto µ = (µ1, . . . , µn) ∈ Rn,poniamo Sµ = f−1(µ), essendo

f : V → Rn, f(x) = (f1(x), . . . , fn(x)) .

Definizione 14.1. Diciamo che il sistema dinamico hamiltonianiano (V, ω,H) e completa-mente integrabile in un aperto U ⊂ V se esistono n costanti del moto f1, . . . , fn (si assumef1 ≡ H) soddisfacenti le seguenti condizioni:

(1) le funzioni fi sono in involuzione, fi, fj = 0 per ogni i, j = 1, . . . , n;

(2) per ogni x ∈ U i covettori dfi(x) ∈ T ∗x (V ) sono linearmente indipendenti.34

Proposizione 14.2. Dato un sistema completamente integrabile in U ⊂ V , sia µ = (µ1, . . . ,

µn) ∈ f(U) ⊂ Rn, e sia Sµ = f−1(µ). Allora

(1) Sµ e una sottovarieta regolarmente immersa di V , invariante sotto i flussi dei campivettoriali Xdfi.

Se si assume inoltre che la varieta Sµ sia compatta e connessa,

(2) Sµ e diffeomorfa al toro n-dimensionale;

(3) l’evoluzione temporale avviene su Sµ,35 e determina su Sµ un flusso condizionalmenteperiodico; ovvero, esistono coordinate (ψ1, . . . , ψn) su Sµ, e costanti ν1, . . . , νn, funzione deivalori µ1, . . . , µn, tali che l’evoluzione sia descritta su Sµ dalle relazioni

(39) ψi(t) = νi t+ ψi0

dove le quantita ψi0 sono costanti;36

(4) le equazioni del moto del sistema sono integrabili per quadrature.

32Si veda ad es. P.J. Olver, Applications of Lie groups to differential equations, Springer-Verlag.33Si dice che un sistema di equazioni differenziali e integrabile per quadrature se esso puo essere risolto

mediante una successione di operazioni di tipo algebrico, inversioni di funzioni e calcoli di integrali.34Quando questa condizione e soddisfatta si dice che le costanti del moto fi sono indipendenti in U .35Per questo motivo la sottovarieta Sµ e detta essere un toro invariante del sistema integrabile.36Le equazioni (39) esprimono il fatto che in coordinate angolari il moto appare essere condizionalmente

periodico (o quasi-periodico). Notiamo che in generale le costanti νi dipendono dai dati iniziali, e non solo

dalla struttura del sistema meccanico. E pertanto possibile che per opportuni dati iniziali le frequenze νi siano

tutte commensurabili, ovvero, che i quozienti νi/νj siano tutti razionali. In questo caso dopo un certo tempo il

sistema si ritrova nelle condizioni iniziali, ed esibisce un comportamento periodico; per questo motivo il moto

e detto “condizionalmente periodico”.

I.50

Dimostrazione del punto (1). Essendo i covettori dfi(x) linearmente indipendenti per x ∈ U ,l’applicazione f|U : U → Im f|U e una summersione, e Sµ e una sottovarieta regolarmenteimmersa di V . Poniamo X(i) = Xdfi . Essendo

< X(i), dfj > = X(i)(fj) = fi, fj = 0

i campi vettoriali X(i) sono tangenti a Sµ, il che equivale a dire che Sµ e preservata dai loroflussi.

Per ogni x ∈ Sµ, i vettori X(i)(x) sono linearmente indipendenti e quindi formano una basedello spazio tangente TxSµ. Detta ι : Sµ → V l’applicazione che realizza Sµ come sottovarietadi V , si ha

(ι∗ω)(X(i), X(j)) = fj , fi(x) = 0 ,

ovvero ι∗ω = 0; lo spazio TxSµ e un sottospazio isotropo di TxV . Essendo dimTxV =2 dimTxSµ lo spazio TxSµ e in realta un sottospazio lagrangiano, ovvero, Sµ e una sottovarieta

lagrangiana di V .

15. Dimostrazione del punto (2)

Cominciamo con l’introdurre alcune nozioni e risultati che saranno utili per dimostrare laparte (2) del teorema di Liouville-Arnold. Ricordiamo che un reticolo Λ di rango k in Rn eun sottogruppo di Rn generato su Z da k vettori linearmente e1, . . . , ek di Rn:

Λ =

k∑i=1

mi ei, m1, . . . ,mk ∈ Z

.

Il toro n-dimensionale Tn e definito come il quoziente Rn/Λ, essendo Λ un reticolo di rangon.37,38

Definizione 15.1. Un sottogruppo Γ di Rn e detto discreto se ogni compatto di Rn contienesolo un numero finito di elementi di Γ.

Evidentemente ogni reticolo di rango k e un sottogruppo discreto di Rn, con k ≤ n; anchel’implicazione opposta e vera.

Lemma 15.2. Ogni sottogruppo discreto Γ di Rn e un reticolo.

37Ricordiamo che Tn viene topologizzato mediante la topologia quoziente, mentre la struttura differenziabile

viene fissata dalla condizione che sia differenziabile l’applicazione

φ : π(Z)→ Rn, φ(x) = (x1, . . . , xn) se x = π(nXi=1

xiei)

essendo π : Rn → Tn la proiezione, e Z ⊂ Rn la “cella elementare aperta” del reticolo, ovvero

Z = kXi=1

xi ei, 0 < xi < 1 .

Diversi reticoli di rango n danno luogo a quozienti diffeomorfi.

Ricordiamo inoltre che i generatori ei di Λ divengono sul quoziente delle curve chiuse γi, dette cicli

fondamentali del toro. I cicli fondamentali generano il primo gruppo di omotopia e il primo gruppo di omologia

a coefficienti interi del toro, entrambi isomorfi alla somma diretta di n copie di Z.38Piu avanti considereremo per convenienza il toro n-dimensionale definito come il quoziente Rn/2πΛ.

I.51

Dimostrazione. Evidentemente il punto 0 ∈ Rn sta sempre in Γ. Se Γ non ha altri punti,abbiamo finito. Altrimenti, sia ~ε0 un altro punto39 di Γ. Se d1 e la distanza di ~ε0 dall’origine,la sfera di raggio d1 centrata in 0 contiene un numero finito di punti di Γ. Si scelga fra questiil punto ~ε1 sulla retta r = R~ε0 piu vicino a 0, escludendo 0 (se ve ne sono due, se ne prendauno a caso). I punti sulla retta r sono tutti del tipo m~ε1 con m ∈ Z; infatti se su r vi fosseun punto ~ε compreso fra m~ε1 e (m+ 1)~ε1 allora ~ε−m~ε1 sarebbe piu vicino a 0 di ~ε1.

Se Γ non ha punti fuori di r, abbiamo concluso. Altrimenti se ~ε ′ e un punto di Γ che nonsta in r, sia d2 la sua distanza da r, e si prenda il punto (o uno dei punti) ~ε2 della sfera diraggio d2 centrata nella proiezione di ~ε ′ su r piu vicino a r, ma non giacente su r. Dettoπ il piano passante per r e ~ε2, si dimostra come prima che ogni punto di π e della formam1~ε1 +m2~ε2, con m1 ed m2 interi.

Se Γ ha punti fuori da π si itera la procedura, che al piu finisce all’n-simo passo.

Vogliamo adesso dimostrare il seguente risultato.

Proposizione 15.3. Sia W una varieta differenziabile n-dimensionale, connessa e compatta,su cui sono definiti n campi vettoriali linearmente indipendenti, che commutano fra di loro.Allora W e diffeomorfa al toro n-dimensionale.

Detti X(i) i campi vettoriali (che essendo W compatta sono completi), e Ψ(i)ε i loro flussi,

possiamo definire un’azione di Rn su W fissando un punto x ∈W e ponendo

(40) ~ε(x) = Ψ(1)ε1 . . .Ψ(n)

εn (x), .

Scambiando il ruolo di ~ε e x otteniamo un’applicazione

gx : Rn →W, gx(~ε) = Ψ(1)ε1 . . .Ψ(n)

εn (x) .

Lemma 15.4. Per ogni x ∈W l’applicazione gx e

(1) iniettiva quando ristretta ad un opportuno intorno di 0 ∈ Rn

(2) surgettiva (ovvero, l’azione (40) di Rn su W e transitiva).

Dimostrazione. Notiamo che gx(0) = x. Scelte coordinate attorno a x, la matrice jacobiana digx in 0 e formata dalle componenti dei vettori X(i)(x) su queste coordinate. Essendo i vettorilinearmente indipendenti, la matrice ha identicamente caratteristica pari a n. Pertanto in unintorno di 0 l’applicazione gx e un diffeomorfismo, ed in particolare e iniettiva.

Di conseguenza, ogni x ∈ W ammette un intorno aperto N tale che per ogni y ∈ N esistaun ~ε ∈ Rn per cui vale y = gx(~ε). Per compattezza, W puo essere coperto da un numero finitodi tali intorni. Inoltre, fissato y ∈W , possiamo scegliere m+1 di questi aperti, che denotiamo(N0, . . . , Nm), in modo che y ∈ Nm, x ∈ N0, e Ni∩Ni+1 6= ∅, con i = 0, . . . ,m−1. Scegliamopunti yi ∈ Ni ∩Ni+1 e poniamo ym = y, y0 = x. Esistono ~ei ∈ Rn tali che gyi(~ei) = yi+1. Cioimplica gx(

∑m−1i=0 ~ei) = y.

39In questo capitolo denotiamo gli elementi di Rn sovrapponendo ad essi una freccia: cosı, ~ε = (ε1, . . . , εn).

I.52

Nota 15.5. La prima parte della precedente dimostrazione si modifica facilmente per dimo-strare che l’applicazione gx e un diffeomorfismo locale: ogni ~ε ∈ Rn ha un intorno N tale chegx ristretta a N e un diffeomorfismo.

Definizione 15.6. Il gruppo di isotropia (o stabilita) di W in un punto x ∈W e il sottogruppoΓx di Rn dato da

Γx = ~ε ∈ Rn t.c. gx(~ε) = x .

In realta il gruppo di isotropia Γx non dipende da x: se ~ε ∈ Γy vale ~ε(y) = y, ma y = ~η(x)per qualche ~η ∈ Rn, per cui

~ε(~η(x)) = ~η(x) ;

questa si puo anche scrivere

Ψ(1)η1 . . .Ψ

(n)ηn (x) = Ψ(1)

ε1 . . .Ψ(n)

εn Ψ(1)η1 . . .Ψ

(n)ηn (x) = Ψ(1)

η1 . . .Ψ(n)ηn Ψ(1)

ε1 . . .Ψ(n)

εn (x)

da cui si ricava ~ε(x) = x, ovvero, ~ε ∈ Γx e quindi Γy ⊂ Γx. Poiche vale anche Γx ⊂ Γy, si haΓy = Γx. Possiamo quindi parlare del gruppo di isotropia Γ di W .

Dimostriamo che Γ e discreto. Si ha ovviamente 0 ∈ Γ; essendo gx iniettiva in un intornodi 0, esiste un intorno di 0 che non contiene altri elementi di Γ. Questo intorno contiene unasfera piena aperta Bd(0) di raggio d, a patto che d sia sufficientemente piccolo. Se ~ε e unaltro elemento di Γ, la sfera Bd(~ε) di raggio d centrata in ~ε non contiene altri elementi di Γ(se ~η ∈ Bd(~ε) allora ~η −~ε ∈ Bd(0)). Quindi Γ e un sottogruppo discreto di Rn, ed e pertantoun reticolo.40

Dimostrazione della Proposizione 15.3. Sia π : Rn → Rn/Γ la proiezione. Fissiamo x ∈W , e,dato y ∈W , scegliamo un ~ε ∈ Rn tale che y = gx(~ε). Definiamo un’applicazione f : W → Rn/Γponendo y 7→ π(~ε). L’applicazione e ben definita perche se anche ~η verifica y = gx(~η) allora~η − ~ε ∈ Γ, e quindi π(~η) = π(~ε).

L’applicazione f e surgettiva: se p ∈ Rn/Γ, sia ~ε ∈ Rn tale che π(~ε) = p. Posto y = ~ε(x)vale f(y) = x.

L’applicazione f e iniettiva: se f(y1) = f(y2), sia y1 = gx(~ε1), y2 = gx(~ε2). Da cio segue~ε1 − ~ε2 ∈ Γ. D’altra parte si ha

y1 = Ψ(1)

ε11 . . .Ψ(n)

εn1(x), y2 = Ψ(1)

ε12 . . .Ψ(n)

εn2(x),

da cui y1 = gy2(~ε1 − ~ε2). Essendo ~ε1 − ~ε2 ∈ Γ si ha y1 = y2.

Quindi f e bigettiva. Inoltre f e differenziabile, ed essendo un diffeomorfismo locale (comesegue dalla Nota 15.5), il suo inverso e pure differenziabile. Quindi f e un diffeomorfismo.Essendo W compatta, Γ ha rango n, e Rn/Γ e un toro.41

Nota 15.7. Fissato come al solito x ∈ W , i parametri ε1, . . . , εn possono essere usati comecoordinate su un intorno aperto Z di x in W . Mediante l’identificazione W ' Rn/Γ, queste

40Si noti che Rn/Γ ' T k × Rn−k, essendo k il rango di Γ.41Cio in realta dimostra che se non assumiamo che W sia compatta, dimostriamo che W e diffeomorfa ad

un prodotto T k×Rn−k per un k compreso fra 0 ed n. In questo caso pero, venendo a mancare la compattezza,

dobbiamo assumere che i campi vettoriali X(i) siano completi. Anche la dimostrazione del punto (1) del Lemma

15.4 andrebbe modificata.

I.53

coordinate si identificano con le coordinate angolari sul toro Rn/Γ indotte dai generatori diΓ, e per Z si puo prendere la cella elementare del reticolo.

Notiamo inoltre che, avendo assunto che la costante del moto f1 coincida con l’hamiltonianaH, il parametro ε1 si puo identificare con il tempo t.

Possiamo adesso dimostrare il punto (2) della Proposizione 14.2. I campi vettoriali X(i)

commutano fra loro anche una volta ristretti a Sµ. Siamo allora nelle ipotesi della Proposizione15.3, e il punto (2) della Proposizione 14.2 rimane provato.

16. Variabili azione-angolo

Possiamo fissare in U (eventualmente restringendo quest’ultimo) 2n funzioni (φ1, . . . , φn, f1,

. . . , fn) che ristrette ad ogni Sµ (con µ ∈ f(U)) costituiscono un sistema di coordinate su Sµ,e che insieme alle funzioni (f1, . . . , fn) forniscono un sistema di coordinate in U . In generalequeste coordinate non sono simplettiche; se cosı fosse, in queste coordinate le equazioni delmoto di Hamilton assumerebbero la forma canonica

dφi

dt=∂H

∂fi= νi,

dfidt

= −∂H∂φi

= 0

dove le νi sono costanti durante dell’evoluzione. Ricordando che H = f1 si ha

νi =dφi

dt=∂H

∂fi= δi1 ,

ovvero, una sola delle “frequenze” νi e diversa da zero, il che in generale e falso.

E possibile pero sostituire le coordinate (φ1, . . . , φn) con nuove coordinate angolari (ψ1, . . . ,

ψn), e le funzioni f1, . . . , fn con nuove funzioni I1, . . . , In, da esse dipendenti, in modo che le2n funzioni (ψ1, . . . , ψn, I1, . . . , In) siano un sistema di coordinate simplettiche, dette variabiliazione-angolo . Come discuteremo piu avanti, mediante l’introduzione di tali coordinatedimostreremo anche il punto (4) del teorema di Liouville-Arnold.

Esempio 16.1. Cominciamo con l’introdurre queste coordinate in un semplice esempio uni-dimensionale, un oscillatore armonico con funzione hamiltoniana H = 1

2p2 + 1

2q2. Lo spazio

delle fasi V di questo sistema e diffeomorfo a R2; la funzione H e indipendente dove dH 6= 0,ovvero, fuori dall’origine. La condizione di involutivita e banalmente verificata. In questocaso i tori invarianti sono le circonferenze H = costante, e ogni toro invariante si identificacon il suo ciclo fondamentale γ1. Introduciamo in V coordinate polari ponendo

p = r cosφ, q = r sinφ;

evidentemente φ e una coordinata angolare sui tori invarianti. Se poniamo I = 12r

2 = H laforma simplettica si scrive

ω = dp ∧ dq = dI ∧ dφ,per cui le funzioni (φ, I) formano, sullo stesso aperto su cui sono definite le coordinate polari,un sistema di coordinate simplettiche, ovvero, sono coordinate azione-angolo (in questo casoqueste coordinate coincidono con le coordinate (φ, f1 = I) del precedente paragrafo).

I.54

Vediamo ora di trovare una trasformazione canonica42 che produca la trasformazione dicoordinate (q, p) 7→ (φ, I). Se assumiamo che questa trasformazione canonica sia descritta dauna funzione generatrice W (q, I) di seconda specie, devono valere le relazioni

(41) p =∂W

∂q, φ =

∂W

∂I.

L’hamiltoniana trasformata e I, per cui deve valere l’equazione di Hamilton-Jacobi

12

(dW

dq

)2

+ 12q

2 = I

dove vediamo la funzione incognita W come funzione di q con una “dipendenza parametrica”da I. Questa equazione e evidentemente risolta dalla funzione

W (q, I) =∫ √

2I − q2 dq ;

in particolare si ha∂W

∂I=∫

dq√2I − q2

= arc sinq

2√I

= φ .

La funzione W si puo scrivere W =∫p dq (come si vede anche direttamente dalle equazioni

(41) pensando di fissare il valore di I), ed essendo p dq la forma di Liouville (forma pre-simplettica), in un certo senso W e l’integrale della forma di Liouville. Si noti come l’integrale

∮p dq =

∫ 2π

0r2 cos2 φ dφ = π r2 = 2π I

fornisca 2π volte la variabile I, e allo stesso tempo coincida con l’area della regione di Vcontenuta nel toro invariante definito dal valore r della coordinata radiale. Il simbolo

∮rappresenta l’integrale lungo il ciclo fondamentale. Infine notiamo che la variabile I dipendesolo da H (in questo caso vale addirittura I = H).

Definizione 16.2. Sia dato un sistema completamente integrabile, con integrali primi ininvoluzione f1, . . . , fn. Un sistema di coordinate locali simplettiche ψ1, . . . , ψn, I1, . . . , In eun sistema di variabili azione-angolo se

1) le coordinate Ij, dette azioni,43 dipendono solo dai valori degli integrali primi fi;

2) le funzioni ψ1, . . . , ψn sono coordinate angolari sui tori invarianti, ovvero, dato un toroinvariante S, esiste un diffeomorfismo S → Rn/2πΛ che identifica le funzioni ψ1, . . . , ψncon le coordinate angolari naturali di Rn/2πΛ; Λ e il reticolo “standard” generato dalla basecanonica di Rn.

42Usiamo qui il fatto che ogni diffeomorfismo di una varieta differenziabile induce una trasformazione di

coordinate; in particolare, se f e un diffeomorfismo di Rn, la sua rappresentazione yi = yi(x1, . . . , xn) nelle

coordinate canoniche di Rn permette di vedere le yi come un nuovo sistema di coordinate su Rn; le “coordinate

y” di un punto p ∈ Rn sono le “coordinate x” di f(p). Le teoria delle funzioni generatrici delle trasformazioni

canoniche viene svolta in questo modo.43Il termine “azione” proviene dal fatto che le funzioni Ij hanno le dimensioni fisiche un’azione (energia per

tempo), come segue dalla scrittura locale θ = pi dqi.

I.55

Procediamo adesso alla costruzione delle variabili azione-angolo. Si fissino valori µ1, . . . , µndegli integrali primi in modo da determinare un toro invariante S, e si scelgano su S coor-dinate angolari φ1, . . . , φn con i corrispondenti cicli fondamentali γi, i = 1, . . . , n; il ciclofondamentale γi ha equazione

φi(ξ) = ξ, φj(ξ) = 0 per j 6= i .

Sia θ la forma di Liouville di V = T ∗Q, cosicche ω = dθ. Detta ι : S → V l’immersione locale,poniamo θS = ι∗θ. Si noti che dθS = ι∗ω = 0. Definiamo infine la j-esima variabile d’azionecome

(42) Ij(µ1, . . . , µn) =1

∫γj

θS .

Le variabili d’azione sono indipendenti dalla scelta delle coordinate angolari φ1, . . . , φn.Questo si puo vedere con un argomento omologico: i cicli fondamentali γ′i associati ad undiverso sistema di coordinate angolari si possono deformare con continuita nei γi, e pertantosono ad essi omologhi; i valori degli integrali (42) non cambiano. Esplicitamente, cio siginificache l’unione dei due cicli γi e γ′i (uno dei due preso con orientazione rovesciata) e la frontieradi una regione Σ di S. Si ha allora44∫

γ′j

θS −∫γj

θS =∫∂ΣθS =

∫ΣdθS = 0 .

Le variabili (I1, . . . , In) verranno completate ad un sistema di coordinate, ed e pertantonecessario assumere che esse dipendano in maniera bigettiva dalle coordinate (f1, . . . , fn).Faremo quindi la seguente assunzione:

per ogni µ = (µ1, . . . , µn) ∈ f(U) la matrice jacobiana ∂Ij∂µk

e non singolare.

Facendoci guidare dall’esempio 1, determiniamo adesso coordinate angolari (ψ1, . . . , ψn) inmodo che insieme alle azioni (I1, . . . , In) esse formino un sistema di coordinate simplettiche.Fissiamo un sistema di coordinate simplettiche (q1, . . . , qn, p1, . . . , pn) in V . Notiamo inoltreche, essendo la forma θS chiusa, localmente essa e esatta. In particolare, detto Z l’aperto diS corrispondente alla cella fondamentale, su di Z vale θS = dW per un’opportuna funzioneW . Fissato ad arbitrio un punto P0 ∈ Z abbiamo quindi

W (P ) =∫ P

P0

θS

dove P ∈ Z. Il cammino di integrazione da P0 a P puo essere scelto ad arbitrio essendo θSchiusa (ovviamente il cammino di integrazione deve essere completamente contenuto in Z,e, in particolare, non si deve “avvolgere” attorno al toro). Se adesso riguardiamo W come

44Usiamo qui il teorema di Stokes: se η e una (k−1)-forma differenziale su una varieta differenziabile orien-

tabile k-dimensionale V , e U e un aperto a chiusura compatta di V , la cui frontiera e una varieta differenziabile

orientabile di dimensione k − 1, vale Z∂U

η =

ZU

dη .

Il teorema di Stokes della geometria differenziale rappresenta una generalizzazione, ed una enunciazione

unificata, dei vari teoremi di Gauss, Stokes, Green etc. dell’analisi matematica.

I.56

la funzione generatrice di seconda specie di una trasformazione canonica, che trasforma lecoordinate (q, p) in nuove coordinate simplettiche (ψ1, . . . , ψn, I1, . . . , In), abbiamo le relazioni

(43) pi =∂W

∂qi, ψj =

∂W

∂Ij

dove vediamo W come funzione di (q1, . . . , qn, I1, . . . , In). Si noti che in generale le coordinatepi non sono delle buone variabili di azione perche non assumono valori costanti lungo i toriinvarianti. Il secondo gruppo di equazioni determina i “nuovi” angoli ψj .

Lemma 16.3. Le variabili ψj soddisfano la condizione∫γidψj = 2π δji .

Dimostrazione. Esprimendo le quantita ψj in funzione delle q e delle I, dalle equazioni (43)si ottiene ∫

γi

dψj =∫γi

[∂ψj

∂qkdqk +

∂ψj

∂IkdIk

]=∫γi

∂2W

∂qk∂Ijdqk

=∂

∂Ij

∫γi

pk dqk = 2π

∂Ii∂Ij

= 2π δji .

(Si e usato il fatto che dIk |S = 0.)

Le funzioni ψj sono coordinate su S, e, a causa del precedente Lemma, il loro valore vieneincrementato di 2π quando si faccia “un giro” attorno ad un ciclo del toro. Esse sono pertantocoordinate angolari; l’isomorfismo con il quoziente Rn/2πΛ (cfr. Definizione 16.2) e dato, inun certo senso tautologicamente, dalle coordinate ψj stesse.

Scrittura delle equazioni del moto. Essendo le variabili azione-angolo delle coordinatesimplettiche, le equazioni del moto assumono in esse la forma canonica

(44) Ij = − ∂H∂ψj

, ψj =∂H

∂Ij.

Dal primo gruppo di queste, essendo le variabili d’azione costanti durante il moto, vediamocome la funzione hamiltoniana sia ciclica in tutte le variabili d’angolo; ritroviamo in questocontesto il risultato secondo il quale se la funzione hamiltoniana e ciclica in una variabile, ilmomento cinetico coniugato e un integrale primo. Ritroviamo quindi il fatto che la funzionehamiltoniana e esprimibile solo in termini delle variabili d’azione, H = H(I1, . . . , In) (questoera gia chiaro in precedenza, poiche le funzioni (f1, . . . , fn) si esprimono solo in funzione delleazioni, e H = f1).

Dal secondo gruppo delle equazioni (44) segue che ψj = costante. Posto

νj(I1, . . . , In) =∂H

∂Ij

troviamo alloraψj(t) = νj t+ ψj0

dimostrando cosı il punto 3 della Proposizione 14.2. In particolare, vediamo come le frequenzedei moti condizionalmente periodici di un sistema completamente integrabile si possono de-terminare scrivendo la funzione hamiltoniana del sistema in termini delle variabili d’azione,e calcolandone poi le derivate rispetto a queste.

I.57

Dimostrazione del punto (4) della Proposizione 14.2. Tutte le operazioni che abbiamoeseguito sono di tipo algebrico, oppure sono consistite nell’invertire o integrare funzioni note.Inoltre, le variabili d’azione evolvono in modo banale, mantenendosi costanti durante l’evo-luzione temporale, mentre le variabili angolari ψj evolvono in maniera lineare, con frequenzericavabili nel modo appena descritto. In questo senso, il problema di integrare le equazionidel moto del sistema e stato ricondotto alle quadrature, dimostrando l’ultima affermazionedel teorema di Liouville-Arnold.

Esempio 16.4. Consideriamo nuovamente l’oscillatore armonico, questa volta tenendo contodi tutti i parametri da cui esso dipende. Scriviamo quindi una funzione hamiltoniana

H =p2

2m+ 1

2mν2q2

essendo ν la pulsazione dell’oscillatore. I tori invarianti sono ellissi nel piano (p, q), aventiequazione

p2

2mh+mν2q2

2h= 1

essendo h un valore fissato dell’energia. Queste sono ellissi di semiassi

a =√

2mh, b =

√2hmν2

.

La variabile d’azione e

I =1

∮p dq =

area dell’ellisse2π

=ab

2=h

ν.

La funzione hamiltoniana si scrive45 H = Iν, ed effettivamente ν = ∂H∂I .

Esempio 16.5. Lo spazio delle fasi di un pendolo piano e un cilindro V = S1 × R, concoordinate (q, p) e forma simplettica ω = dp ∧ dq. Mettendo a 1 tutte le costanti fisiche lafunzione hamiltoniana si scrive H = 1

2p2 − cos q. L’integrale primo H e indipendente quando

dH = p dp+ sin q dq 6= 0;

vanno quindi esclusi i punti di V dati da p = 0, q = 0, ±π. Il punto O, dato da q = p = 0,corrisponde all’origine nella figura 1, mentre i due rimanenti punti sono in realta lo stessopunto P sul cilindro. Il punto O corrisponde alla quiete nella posizione di equilibrio stabile,mentre il punto P corrisponde alla quiete nella posizione di equilibrio instabile.

I tori invarianti, disegnati in figura, hanno equazione H = 12p

2− cos q = c; i “tori degeneri”sono dati da c = −1 (l’origine) e c = 1 (in questo caso il toro non e liscio, esattamente neipunti dove H non e indipendente). Il toro H = 1 divide il cilindro in tre regioni, denotateA, B e C in figura. A e C sono diffeomorfe ad un cilindro, mentre B e diffeomorfa a R2. Inognuna di queste regioni si possono introdurre variabili di azione-angolo. I moti del pendoloche avvengono nella regione B sono detti oscillazioni, mentre quelli che avvengono nelle regioniA e C sono detti rotazioni (il pendolo, giunto alla sommita q = π, continua il moto nella stessadirezione di rotazione). Le regioni A e C corrispondono a rotazioni nei due versi opposti.

45Il lettore che abbia conoscenze di meccanica quantistica potra cogliere l’analogia con la relazione di de

Broglie E = hν, essendo h (costante di Planck) il quanto elementare di azione. In effetti il formalismo delle

variabili di azione-angolo e alla base delle cosiddette regole di quantizzazione di Bohr, che svolsero un ruolo

fondamentale nella formulazione della meccanica quantistica.

I.58

Esempio 16.6. (Completa integrabilita del sistema di Keplero) Consideriamo il sistema mecca-nico composto da un punto materiale che si muove in un campo conservativo di forze centrali.E noto che un tale punto materiale si muove in un piano (il piano passante per il centro diforza e normale al vettore momento angolare, che si conserva). Lo spazio delle configurazionie Q = R2−0 e lo spazio delle fasi (fibrato cotangente) V = T ∗Q e diffeomorfo a R4 privatodi un piano bidimensionale. Poste in Q coordinate polari ρ, ϑ, risultano definite su V coor-dinate simplettiche ρ, ϑ, pρ, pϑ (in realta queste coordinate sono definite su un sottoinsiemeaperto proprio ma denso di V ). La funzione hamiltoniana e

H =p2ρ

2m+

p2ϑ

2mρ2+ V (ρ) =

p2ρ

2m+ V (ρ)

essendo V l’energia potenziale della forza centrale, e avendo definito

V (ρ) = V (ρ) +p2ϑ

2mρ2.

Le funzioni H e pϑ sono costanti del moto; vale H, pϑ = 0 proprio in quanto pϑ e unacostante del moto (vale infatti pϑ = −H, pϑ; oppure si noti che ρ, pϑ = pϑ, pϑ =pρ, pϑ = 0). Le due costanti del moto sono indipendenti dove la matrice(

pρm

pϑmρ2

−V ′(ρ) 00 1 0 0

)ha caratteristica pari a 2. Cio accade nell’unione degli aperti pρ 6= 0 e V ′(ρ) 6= 0. Inquesta regione di V e definito un sistema completamente integrabile.

Assumiamo che V abbia la forma

V (ρ) = −αρ−β con α > 0, 0 < β < 2 .

La funzione V ha l’andamento mostrato in figura 2. Le costanti ρ∗, µ∗1 il cui significato emostrato in figura 2 hanno i valori

ρ∗ =(

µ22

mαβ

) 12−β

, µ∗1 =µ2

2

2m

(mαβ

µ22

)2(2−β)

− α(mαβ

µ22

)β(2−β)

dove µ2 e il valore costante di pϑ. Denotiamo con µ1 il valore costante di H durante un moto.Analizzando la figura 2 possiamo trarre delle conclusioni qualitative circa il moto:

1) non esistono moti con µ < µ∗1.

2) Se µ = µ∗1 il moto avviene su una traiettoria circolare di raggio ρ∗.

3) Se µ1 ≥ 0 il moto non e limitato; la varieta S e una superficie bidimensionale noncompatta.

4) Se µ∗1 < µ1 < 0 il moto avviene in una regione limitata. Ci possiamo aspettare che inquesto caso S sia una superficie bidimensionale compatta. Infatti dalla conservazione dellafunzione H troviamo che

pρ = ±√

2mµ1ρ2 + 2mαρ2−β − µ2 .

Il radicando di questa espressione ha due radici positive, che forniscono i valori ρ−, ρ+ (vedifigura 2); per ρ− < ρ < ρ+ il radicando e positivo, ed ha un solo massimo. Cio significa che

I.59

le condizioni H = µ1 = costante, pϑ = µ2 = costante determinano una superficie diffeomorfaad un toro, esplicitamente realizzata incollando lungo i bordi due copie della corona circolare

(ρ, ϑ) | ρ− ≤ ρ ≤ ρ+, 0 ≤ ϑ ≤ 2π

(cfr. figura 3).

Calcolo delle azioni. Fissiamo su S due cicli γ1, γ2, rispettivamente dati dalle condizioniϑ = costante, ρ = costante. Le azioni risultano essere

(45) I1(µ1, µ2) =1

∫γ1

pρ dρ =1π

∫ ρ+

ρ−

√2m(µ1 − Vµ2(ρ)

)dρ

I2(µ1, µ2) =1

∫γ2

pϑ dθ = µ2

avendo posto Vµ2(ρ) = µ22

2mρ2− V (ρ) per evidenziare la dipendenza dal valore di µ2.

Per β = 1 (caso kepleriano) anche l’azione I1 si puo scrivere esplicitamente, risolvendol’integrale (45):

I1(µ1, µ2) = α

√− m

2µ1− µ2 ;

la funzione hamiltoniana si scrive in termini delle azioni nella forma

H = − mα2

2(I1 + I2)2.

Le frequenze sono

ν1 =∂H

∂I1=∂H

∂I2= ν2 =

mα2

(I1 + I2)3=

(−2mµ1)3/2 .

Le due frequenze sono uguali, il che implica che la traiettoria (orbita) sia una curva chiusa;in questo senso, il moto e periodico.

Calcolo degli angoli. Per impostare il calcolo degli angoli scriviamo la funzione generatriceW . Scegliamo come punto di partenza per l’integrazione il punto (ρ = ρ−, ϑ = 0) di S. Si ha:

W (ρ, ϑ, I1, I2) =∫ (ρ,ϑ)

(ρ−,0)(pρ dρ+ pϑ ϑ) = µ2 ϑ+

∫ ρ

ρ−

√2m(µ1 − Vµ2(ξ)

)dξ

se pρ > 0 (ovvero sulla meta superiore del toro)

W (ρ, ϑ, I1, I2) =∫ (ρ,ϑ)

(ρ,0)(pρ dρ+ pϑ ϑ)

= µ2 ϑ+∫ ρ+

ρ−

√2m(µ1 − Vµ2(ξ)

)dξ −

∫ ρ

ρ+

√2m(µ1 − Vµ2(ξ)

)dξ

se pρ < 0 (ovvero sulla meta inferiore del toro)

I.60

dove i membri di destra dipendono da I1, I2 tramite i valori µ1, µ2. Limitandoci per semplicitaal caso pρ > 0 otteniamo

ψ1 =∂W

∂I1=∫ ρ

ρ−

m ∂µ1

∂I1√2m(µ1 − Vµ2(ξ)

) dξ= mν

∫ ρ

ρ−

dξ√2m(µ1 − Vµ2(ξ)

)

ψ2 =∂W

∂I2= ϑ+

∫ ρ

ρ−

2m ∂∂I2

(µ1 − Vµ2(ξ)

)√

2m(µ1 − Vµ2(ξ)

) dξ

Nel caso kepleriano (β = 1) e possibile risolvere esplicitamente i due integrali.

Figura 1

I.61

Figura 2

Figura 3