Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria...

84
Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna Period o 1

Transcript of Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria...

Page 1: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

Approfondimenti di Macroeconomia

Dott. Anna Maria Variato

L’interpretazione della macroeconomia moderna

Periodo

1

Page 2: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo
Page 3: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

Introduzione e avvertenze di lettura Il testo che segue non è un manuale che debba essere inteso come un saggio completo. E’ semplicemente un ausilio di supporto agli studenti che contiene una sintesi degli argomenti principali trattati a lezione. L’esposizione dei concetti è pertanto tendenzialmente didascalica e volta a richiamare l’attenzione sugli aspetti che, a parere di chi scrive, non devono essere trascurati al fine di giungere ad una corretta comprensione della materia d’esame.

La predisposizione di questo scritto supplisce alla mancanza di un manuale che contenesse tutti gli argomenti ritenuti rilevanti da chi scrive, e si fonda sull’utilizzo e la rielaborazione di varie fonti di letteratura macroeconomica a cui il lettore è vivamente rinviato per approfondire e qualificare le proprie conoscenze1.

La lettura e la comprensione del testo non possono prescindere, come ovvio, dalla conoscenza dei fondamenti della macroeconomia di mainstream. Alcuni concetti vengono dati pertanto per assodati. Si produce un elenco degli stessi (invitando i lettori ad un opportuno ripasso prima di accingersi all’esame delle pagine che seguono) al fine di chiarire quale sia il bagaglio culturale dato per acquisito.

• La Legge di Say e la Mano Invisibile • Scopo e metodologia della macroeconomia • La definizione e la determinazione del Reddito nazionale • Le identità di Contabilità Nazionale • L’equilibrio sul mercato dei beni (ed il modello reddito-spesa) • Il moltiplicatore nel mercato dei beni • La domanda e l’offerta di moneta • L’equilibrio sui mercati della moneta e delle attività finanziarie • La teoria quantitativa della moneta • Lo schema IS-LM come strumento di analisi dell’equilibrio parziale e di breve periodo, e

come strumento di raffronto di posizioni teoriche alternative • L’importanza delle forme di mercato alternative: in particolare il ruolo della scelta della

concorrenza imperfetta rispetto alla concorrenza perfetta quale forma di mercato dominante nella costruzione dei modelli macroeconomici

• L’equilibrio del mercato del lavoro: il confronto fra la rappresentazione “classica” e la rappresentazione per mezzo delle funzioni di wage-setting e price-setting

• La definizione dell’equilibrio “naturale” • L’equilibrio generale di breve periodo: la determinazione della funzione di offerta

aggregata (AS) e della funzione di domanda aggregata (AD) • L’aggiustamento agli shock di domanda e di offerta nel medio e nel lungo periodo

1 Le fonti vengono citate sia alla fine di ciascun capitolo, che in relazione a ciascuno dei temi trattati.

Page 4: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

• La curva di Phillips: definizione e ruolo delle aspettative • Modalità di attuazione ed efficacia dei programmi di disinflazione • Economia aperta: regimi di cambio alternativi, grado di apertura del sistema e mobilità

dei capitali, valutazione degli obiettivi e degli strumenti di politica economica rispetto ad economia chiusa.

Al termine di un corso standard di fondamenti di macroeconomia (articolato su un periodo di circa 45 ore di lezione frontale) si suppone che, nel migliore dei casi, gli studenti acquisiscano una comprensione della visione ortodossa dominante, arricchita da alcuni elementi di analisi critica derivanti dall’esistenza di approcci alternativi all’interpretazione del funzionamento del sistema economico.

L’attuale contesto vede il prevalere dell’approccio neoclassico, che privilegia l’idea che il sistema economico possieda al proprio interno un efficace meccanismo di autoequilibrio, che nel lungo periodo porta all’efficiente utilizzo delle risorse. Il concetto di equilibrio naturale, nel quale le aspettative degli agenti economici si realizzano (implicando una coincidenza fra valori attesi e valori effettivi) almeno in media, prevale su concetti quali equilibrio di sotto-occupazione, equilibrio in presenza di disoccupazione involontaria, mancanza di coordinazione e disequilibrio… La capacità di alterare la produzione nel medio-lungo termine viene ascritta a fattori che appartengono al lato dell’offerta (mercato del lavoro, tecnologie, o più in generale risorse); al lato della domanda viene attribuita una efficacia a breve termine, destinata ad esaurirsi in un inevitabile aggiustamento dei prezzi, stante il dominio delle condizioni di offerta nel lungo periodo. Benché ampi passi verso un maggiore grado di realismo siano stati compiuti nel corso degli ultimi anni, la visione di mainstream (nelle sue impostazioni più elementari) tende a considerare la concorrenza perfetta la forma di mercato ideale anche all’interno della modellistica macroeconomica. Coerentemente a ciò, il meccanismo di determinazione del livello generale dei prezzi è garantito dall’operare di un mercato della moneta nel quale è valida la teoria quantitativa della moneta. Quindi, in questa visione si giunge a fornire una interpretazione prevalentemente monetaria del fenomeno dell’inflazione da domanda. Evidentemente l’inflazione da costi viene motivata da shock che intervengono sul lato dell’offerta (ma in questo caso, come si è osservato in precedenza, anche il livello dell’attività reale del sistema può subire variazioni). Sempre consequenziale all’accettazione della teoria quantitativa della moneta è la proposizione di neutralità della moneta (ossia l’affermazione secondo cui la variazione della quantità di moneta nominale comporta una variazione dei prezzi ad essa equiproporzionale, mantenendo inalterati i valori delle variabili reali del sistema). Nella forma più restrittiva la neutralità si accompagna anche a dicotomia fra economia reale ed economia monetaria; in altri termini, il mercato monetario ha l’unico scopo di determinare il livello dei prezzi, mentre i valori di equilibrio delle variabili macroeconomiche reali rilevanti viene determinata dall’equilibrio del mercato del lavoro e dei beni. I suggerimenti di politica economica, consequenziali a questo panorama teorico, sono tendenzialmente sfavorevoli ad interventi di stabilizzazione dell’economia, scettici rispetto all’efficacia di politiche sul lato della domanda, cui si attribuisce un ruolo nel controllo dell’inflazione, piuttosto che dei livelli dell’attività reale (obiettivi di reddito e occupazione). L’apertura dell’economia, introducendo l’ulteriore vincolo dato dalla necessità del pareggio della bilancia dei pagamenti, rafforza la sostanziale sfiducia nell’effetto delle politiche discrezionali attuate dall’autorità di politica economica; tuttavia, l’esistenza di un rapporto con altre economie, viene visto come un’opportunità che porta ad accrescere la prosperità delle parti coinvolte. In altri termini, la fiducia nell’automatica e benefica capacità del sistema di riportarsi all’equilibrio viene estesa anche al contesto più ampio dell’economia internazionale…

Page 5: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

Come già osservato, questo quadro può essere integrato da considerazioni critiche che illustrano l’esistenza di visioni macroeconomiche alternative, ma l’attuale struttura dei manuali più diffusi ed adottati tende a produrre l’idea che (al meglio) nel corso dell’evoluzione della materia si siano fronteggiate due scuole, quella classica e quella keynesiana, che hanno goduto di alterne fasi di popolarità. Spesso, la dialettica insita nell’evoluzione della materia viene rinviata a corsi successivi a quello di base. Il rischio maggiore connesso a questa scelta espositiva della materia è che chi si accosta ad essa per la prima (e forse unica) volta non ne colga la complessità e conseguentemente non ne apprezzi in modo adeguato l’importanza. Assai più spesso di quanto accada per la microeconomia, lo studente della macroeconomia si accosta alla materia per necessità, e successivamente continua a considerarla una disciplina astratta e lontana dalla realtà che sperimenta quotidianamente…

Lo scopo delle pagine che seguono è perciò, quello di stimolare gli studenti ad un approccio critico nei confronti della materia, nella speranza che ciò possa ravvivare l’interesse per temi che solo all’apparenza non incidono sulla sfera individuale.

Page 6: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

La storia della macroeconomia moderna La conoscenza economica è storicamente determinata […]Quello che sappiamo oggi in merito al sistema economico non è qualcosa che abbiamo scoperto questa mattina, ma la somma di tutte le nostre intuizioni, scoperte e false partenze del passato. Senza Pigou non sarebbe esistito Keynes; senza Keynes non sarebbe esistito Friedman; senza Friedman non sarebbe esistito Lucas; senza Lucas…

(Mark Blaug 1991)

er comprendere l’evoluzione della macroeconomia non è possibile prescindere da considerazioni di carattere metodologico. Particolarmente rilevanti ai fini della presente analisi sono tre ordini di quesiti. Innanzitutto: esiste una realtà

oggettiva? Esiste un vero assoluto? Ed infine, nello studio di una scienza sociale è possibile comprendere le varie teorie a prescindere dalla storia? In questa sede la scelta metodologica attuata implica una risposta affermativa ai primi due quesiti ed una risposta negativa al terzo2.

Il rapporto fra realtà, rappresentazione e verità La discussione del rapporto fra realtà, rappresentazione e verità evoca considerazioni di carattere filosofico e metodologico la cui complessità non può certo essere opportunamente affrontata in un corso di macroeconomia. Quanto segue non ha perciò alcuna pretesa di spessore filosofico. Semplicemente mira ad utilizzare alcuni concetti strumentali alle argomentazioni che si intendono suffragare.

Affermare l’esistenza di una realtà oggettiva equivale a prendere una posizione filosofica. Ma almeno su questo punto non si intende essere particolarmente pluralisti. Le considerazioni che seguono partono da una presa di posizione: il mondo

2 Non è possibile approfondire nel dettaglio tali quesiti in questa sede. Ma sarò ben lieta di fornire agli interessati riferimenti dettagliati sul tema.

Capitolo

1

P

Page 7: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

7

reale “esiste” nel senso che è “tangibile”, “concreto” e si modifica nel tempo, e non è semplicemente il frutto di soggettive proiezioni delle menti individuali. Ciascuno può confrontare la propria realtà con quella di altri individui e sperimentarne l’esistenza. Escludendo fenomeni di allucinazione o illusione collettiva, la realtà è facilmente individuabile nel mondo che ci circonda.

Tale realtà è suscettibile di rappresentazione. Con questo termine si deve intendere un percorso logico-intellettivo attraverso il quale il linguaggio ricostruisce la complessità del reale, in modo da renderla comprensibile a sé ed agli altri individui. Per esempio, utilizzando il linguaggio verbale, la realtà costituita da un orologio, sarebbe sostituita da una descrizione dell’oggetto convenzionalmente indicato come orologio; utilizzando il linguaggio fotografico, la rappresentazione di una casa sarebbe una fotografia della stessa… Per analogia, anche la rappresentazione del funzionamento di un sistema economico, deve scegliere un proprio linguaggio. Le teorie economiche, di fatto, scelgono di utilizzare il linguaggio verbale e quello matematico. Ciò significa che le complesse relazioni che intervengono a livello di individui e di mercati, vengono sintetizzate da espressioni che sostituiscono la realtà con simboli verbali o analitici della stessa.

Se una rappresentazione non contraddice la realtà è vera. Ma qual è il valore di verità di una rappresentazione? A prima vista si potrebbe pensare ad un quesito mal posto: la verità non è una questione di grado; non può esistere una “mezza-verità”… D’altro canto la dicotomia vero-falso che vale per ciò che è reale, non si estende senza ambiguità alle rappresentazioni del reale, e questo a prescindere da considerazioni che incorporino valutazioni sulle capacità di elaborazione individuali.

Per rendersene conto è sufficiente prestare attenzione alle due immagini che seguono.

Page 8: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

8

E’ possibile domandarsi che cosa rappresenti questa macchia. Poiché, volutamente, tale macchia è scaturita da un percorso casuale dell’inchiostro rovesciato sul foglio, essa non è rappresentazione di nulla; se lo fosse, lo sarebbe solo per caso. Chiunque la guardi può essere colpito da alcuni particolari della forma ed immaginare che simboleggi qualcosa di reale (per esempio: un’ancora, la radiografia di un bacino, un coniglio di peluche…). Il punto di fondo è che questa immagine non porta con sé una verità oggettiva, al più esprime verità soggettive…

Assai più complesso è definire che cosa trovi rappresentazione nella seconda figura. Si tratta di una giovane avvenente vista di spalle, oppure di una vecchia con un’espressione corrucciata? Chi ha prodotto questa immagine ha fuso i tratti della giovane con quelli della vecchia: la verità è che l’immagine rappresenta simultaneamente entrambe le donne. Potrebbe trattarsi di una allegoria del tempo che passa, cancellando la bellezza… Ma qui non si intende discutere dell’eventuale valore simbolico di questa immagine. Inoltre nella realtà esistono solo giovani o vecchie, non esseri “ibridi” dai due volti. Questa immagine però è utile alla nostra analisi. Essa infatti ci porta a riflettere sul fatto che la particolare percezione che istintivamente traiamo dall’osservazione dell’immagine, dipende dal modo in cui il nostro cervello ne elabora i vari particolari.. Il riccio all’estremità superiore delle figura è comunque una piuma; ma il tratto marcato orizzontale alla base del disegno è un girocollo per chi vede la giovane, e una bocca per chi vede la vecchia; i segni all’estremità destra sottostante ai capelli sono l’orecchio della giovane o l’occhio della vecchia; la linea

Page 9: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

9

curva che traccia il profilo sinistro della figura è il volto della giovane, oppure il naso della vecchia… Ciascun particolare, ricomposto nella visione d’insieme produce una delle due visioni… entrambe vere.

Credo si possa affermare che la rappresentazione dei fenomeni economici sia assai più simile alla seconda immagine che non alla prima. La complessità di questi fenomeni obbliga a scegliere rappresentazioni che riducono il numero degli elementi presi in considerazione; ed inevitabilmente in questo percorso si sceglie ciò che è destinato a divenire un particolare rilevante; probabilmente in questo stesso percorso si sceglie se un segno debba essere l’equivalente di una collana o una bocca… e da questo consegue che, a poco a poco, si costruisca un’immagine finale che richiama alla mente l’idea di una giovane, piuttosto che quella di una vecchia… Si potrebbe pensare che nella rappresentazione sia insito un processo di falsificazione della realtà3, ma si tratta di un percorso necessario al fine di elaborare teorie economiche con un qualche grado di utilità.

L’immagine della giovane-vecchia è dunque una sorta di provocazione volta a richiamare l’attenzione sul fatto che non necessariamente esiste una sola interpretazione dei “segni” (in economia si parlerebbe più opportunamente di “fatti stilizzati”) che la realtà ci propone, ma gli stessi si possono comporre in quadri coerenti e perfettamente plausibili, per quanto estremamente contradditori fra loro.

La storia della macroeconomia, è in un certo senso riconducibile all’allegoria della giovane-vecchia: all’interno della disciplina scuole di pensiero contrapposte hanno portato a difendere una visione in alternativa all’altra, senza mai giungere a cancellare la visione avversaria; forse, estendendo l’allegoria dell’immagine, al futuro auspicabile della disciplina, si dovrebbe concludere che nessuna scuola potrà pensare di eliminarne definitivamente un’altra finché in ciascuna di esse saranno contenuti elementi di incontestabile verità.

L’evoluzione della macroeconomia moderna4 La macroeconomia è la scienza che studia i fenomeni aggregati, o di sistema, quali la disoccupazione, l’inflazione e la crescita. Pertanto le variabili fondamentali di questo studio sono il mercato

del lavoro, livello generale dei prezzi, produzione, studiate sia rispetto ai possibili valori di equilibrio (analisi statica), sia rispetto alla loro evoluzione temporale (analisi dinamica), sia rispetto alle interrelazioni reciproche (analisi causale).

3 Il lettore interessato a questo tipo di problematica è rinviato agli studi di Popper.

4 Quanto segue, fino a fine capitolo è sostanzialmente basato sul capitolo introduttivo del testo di Snowdon, B. and Vane, H. R. Conversations with Leading Economists. Interpreting Modern Macroeconomics. Cheltenham: Edward Elgar, 1999., 1-90.

Definizione della materia

Page 10: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

10

Lo scopo della macroeconomia è la costruzione di modelli teorici consistenti (ossia dotati di espressioni logico-formali che non si contraddicano al proprio interno) che siano in grado di spiegare in modo soddisfacente le principali variabili macroeconomiche, senza

essere contraddetti dall’evidenza empirica. Tali modelli costituiscono il fondamento essenziale per giungere alla formulazione di suggerimenti di politica economica, miranti ad ottenere obiettivi quali: tassi di crescita accettabili, riduzione dell’instabilità economica, controllo della disoccupazione, controllo dell’inflazione…

Lo sviluppo delle teorie macroeconomiche, le alterne fasi di popolarità dei differenti approcci alla materia non potrebbero essere compresi se si prescindesse da quanto accaduto nel corso della storia. La natura evolutiva di questa materia diviene

particolarmente evidente non appena si concentri l’attenzione su tre eventi che hanno segnato la storia del XX° secolo, ossia la Grande Depressione degli anni ’30; la Grande Inflazione degli anni ’70; la diffusione della crescita a livello mondiale (per certi versi la globalizzazione) di fine secolo e dei giorni nostri. Per inciso si può notare come ciascuno di questi eventi, pur interessando il sistema economico nel suo complesso, pone l’accento su una diversa variabile macroeconomica chiave: nel primo caso la disoccupazione, nel secondo la dinamica dei prezzi e nel terzo la dinamica della produzione.

La Grande Depressione degli anni ’30 interessò la totalità delle economie capitalistiche portando all’insorgere di un fenomeno di disoccupazione di massa, di concomitante crollo dell’attività produttiva, e di forte erosione del valore delle attività associato alla deflazione che accompagnò la caduta dell’economia reale. Ancora

oggi le ragioni che determinarono questo fenomeno sono controverse. In particolare si dibatte sulla provenienza endogena piuttosto che esogena del processo depressivo e si discute sulla natura reale piuttosto che monetaria o finanziaria dello shock iniziale. Benché esista una visione eterogenea delle cause della Grande Depressione, è un fatto indiscusso che la stessa dimostrò come i sistemi economici capitalistici possano essere incapaci di regolarsi autonomamente, ed in breve tempo, ad un equilibrio di pieno ed efficiente utilizzo delle risorse. In altri termini la Grande Depressione espresse su scala mondiale il fallimento della legge di Say, ponendo in seria discussione l’adesione ad un principio di benignità della Mano Invisibile. L’evidenza empirica mostrò come l’operare autonomo dei mercati potesse precipitare l’economia in un circolo vizioso di distruzione di risorse scarse, implicando una significativa riduzione del benessere della collettività, per tempi tutt’altro che trascurabili5.

5 Si invita il lettore interessato ad esaminare l’andamento dei tassi di disoccupazione dei principali paesi industrializzati nel XX° secolo.

Finalità e metodologia della macroeconomia

La relazione fra macroeconomia e storia

Eventi che hanno segnato l’evoluzione della materia

Page 11: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

11

Tale evidenza non poteva essere conciliata con il paradigma teorico dominante all’epoca6; non stupisce quindi che la pubblicazione della Teoria Generale, con il suo atteggiamento fortemente critico nei confronti dell’approccio classico, abbia trovato ampio consenso. Aldilà del riconoscimento del contenuto più o meno “rivoluzionario” dell’opera di Keynes, è indubbio che successivamente agli anni ’30, sia sul fronte teorico, che sul fronte empirico, sia mutato l’atteggiamento degli economisti rispetto all’opportunità ed alle finalità degli interventi di politica economica. L’attenzione degli economisti e dei decisori di politica economica divenne primariamente il controllo della disoccupazione, con il conseguente corollario della necessità di stabilizzazione dell’economia. Il paradigma teorico keynesiano divenne il paradigma dominante, in sostituzione di quello neoclassico, nel periodo compreso fra gli anni ’40 e l’inizio degli anni ’70. Le politiche di stabilizzazione keynesiane riuscirono ad evitare il riproporsi di una nuova Grande Depressione nel periodo fra i due conflitti mondiali, e certamente il massiccio aumento della domanda aggregata determinato dalle necessità della ricostruzione post-bellica, confermò nei fatti il nesso causale fra domanda ed offerta implicato dalla Teoria Generale. Il modello keynesiano originario fu emendato rispetto agli elementi ritenuti critici: ampio spazio venne dato alle considerazioni relative alla teoria del consumo, ed agli aspetti dinamici. Particolarmente rilevante fu l’utilizzo della curva di Phillips come strumento di scelta di politica economica, stante il presupposto dell’esistenza di un trade-off fra inflazione e disoccupazione. La politica economica fu prevalentemente orientata all’utilizzo degli strumenti fiscali, rispetto a quelli monetari. Gli aspetti deteriori delle fluttuazioni economiche sembravano sconfitti, e forse non senza presunzione gli economisti keynesiani ritenevano di aver ridotto al silenzio gli antagonisti di sempre. Ma come spesso accade, tanto nel corso degli accadimenti umani, quanto nel percorso evolutivo delle idee, un nuovo evento stava per giungere, con il suo potere di repentino cambiamento.

L’inizio degli anni ’70 fu segnato dalla prima crisi petrolifera. Peculiare a questo periodo fu il diffondersi di un fenomeno inflattivo significativo per entità e durata, che si accompagnò ad una stagnazione dell’economia segnalata dall’innalzarsi dei livelli di disoccupazione. L’inizio degli anni ’70 rappresentò l’inizio della cosiddetta Grande Inflazione7.

Rispetto a quanto osservato in merito alla Grande Depressione, l’interpretazione delle cause della Grande Inflazione è assai meno controversa e viene ricondotta al 6 Si sottolinea in proposito che il paradigma neoclassico non costituiva l’unica spiegazione teorica del funzionamento del sistema economico. Esistevano posizioni differenti, a cui lo stesso Keynes più o meno esplicitamente fece riferimento, ma al momento della pubblicazione della Teoria Generale (avvenuta nel 1936) non erano così consolidate da costituire un unico corpus teorico alternativo.

7 Anche in questo caso si invita il lettore interessato ad esaminare i tassi di inflazione dei principali paesi industrializzati nel corso del XX° secolo.

Page 12: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

12

prolungato periodo di pace (in senso tradizionale) internazionale conseguente al secondo conflitto mondiale, nonché (all’opposto) alle guerre di Corea e del Vietnam ed alla guerra fredda che contrappose il blocco occidentale al blocco sovietico. Nella sostanza, la prosperità economica dei due decenni successivi al secondo conflitto mondiale, consentì il raggiungimento di livelli di occupazione prossimi al pieno impiego. Tale situazione produsse un primo elemento di pressione sulla struttura dei costi di produzione; ma senza dubbio l’effetto deflagrante è da attribuire all’improvviso innalzamento del prezzo delle materie prime. L’inflazione di questo periodo fu un’inflazione da costi (ossia determinata dal verificarsi di uno shock sul lato dell’offerta). Sarebbe poco corretto affermare che il pensiero keynesiano non contemplasse questo tipo di fenomeno. Tuttavia è evidente che all'interno della letteratura keynesiana l'attenzione prevalente era riservata a sistemi che sperimentavano una fase di stagnazione con un alti tassi di disoccupazione. La preoccupazione volta ad evitare il ripresentarsi di una profonda depressione portò e a sottovalutare le possibili patologie del sistema economico che potevano presentarsi in condizioni opposte e di elevata prosperità. L'incapacità di conciliare evidenza empirica e previsioni teoriche fu questo caso favorevole alla riaffermazione di principi sostanzialmente classici, ed in particolare al diffondersi del monetarismo. Mentre sul fronte delle politiche economiche risultò vincente l'approccio di Friedman, in ambito accademico un ruolo fondamentale fu giocato dall'elaborazione dell’ipotesi di aspettative razionali, cha ha avuto in Lucas uno dei suoi esponenti più rappresentativi.

Gli anni successivi alla Grande Inflazione fino ai giorni nostri hanno consolidato il predominio della impostazione classica rispetto a quella keynesiana. Benché gli aspetti più restrittivi del paradigma della Nuova Macroeconomia Classica (il cui cardine fondamentale è l’utilizzo di modelli che applicano l’ipotesi di aspettative razionali, in mercati tendenzialmente perfetti) siano stati criticati sia dal punto di vista teorico, che sul piano della rilevanza pratica, la visione attualmente dominante è ancora sostanzialmente riconducibile all’idea di fondo che i sistemi economici possiedono al proprio interno meccanismi di autoregolazione che portano all’efficiente utilizzo delle risorse.

Anche il terzo fenomeno empirico che ha caratterizzato la fine del XX secolo, ossia la diffusione del processo di crescita a livello mondiale, ha costituito un ulteriore elemento di marginalizzazione della teoria keynesiana. In effetti all'interno di questo approccio si riserva ampia attenzione ai fenomeni congiunturali, e minore rilevanza è attribuita all'analisi di lungo periodo. Il fenomeno della crescita non è più sporadico ed inconsistente, ma è diffuso a livello mondiale; tuttavia, l’accresciuto benessere potenziale a livello planetario non si è tradotto in un analogo miglioramento degli standard di vita relativi nei diversi Paesi; in altri termini, la diffusione della crescita ha implicato un aumento della disuguaglianza fra Paesi. La crescita pone una sfida intellettuale tanto ai keynesiani quanto ai classici; per i primi si tratta di elaborare una

Page 13: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

13

compiuta analisi del lungo periodo, mentre per i secondi si tratta di spiegare le ragioni di automatismi che implicano effetti perversi anziché virtuosi. Per entrambi comunque, l'obiettivo finale aggiudicarsi una vittoria sul piano intellettuale, bensì quello di proporre vari validi strumenti affinché la prosperità e il benessere possano divenire un bene diffuso ed equamente distribuito.

L’interpretazione della Grande Depressione Il periodo compreso fra le due guerre mondiali è un'epoca che affascina sia gli storici che gli economisti perché fu senza dubbio la

prima esperienza a livello mondiale di profonda deflazione accompagnata da estrema volatilità ciclica e stagnazione della crescita economica. Questo periodo ha dimostrato come possano essere disastrosi gli effetti di politiche economiche errate. Benché sia riconosciuto unanimemente che la Grande Depressione debba la sua intensità e durata all'attuazione di politiche economiche sbagliate, esistono differenti visioni in merito alla causa principale che ha determinato l'innesco di questo fenomeno. Uno dei punti controversi, per esempio, è l’importanza da attribuire allo scoppio della bolla speculativa avvenuta alla fine degli anni ‘20 nel mercato azionario statunitense: sostenitori della visione keynesiana si contrappongono a coloro che sostengono che l'evidenza empirica contraddice di ipotesi di una sostanziale sopravvalutazione dei titoli azionari nel periodo considerato. Certamente la fine degli anni ‘20 fu segnata da una politica monetaria restrittiva e da ripetuti richiami in merito al livello troppo alto dei corsi azionari. Altrettanto evidente in quel periodo fu il fallimento della visione di laissez-faire. Il motivo per il quale parliamo di Grande Depressione all’interno di questo corso di studi è dato dal fatto che quest’ultima è l’evento empirico che ha prodotto il consolidarsi della teoria macroeconomica moderna.

La spiegazione più plausibile dell'avvento della Grande Depressione è da ricondurre ad una caduta significativa nel livello della domanda aggregata. A livello teorico, la sfida posta da questo fenomeno consisteva nello spiegare perché il sistema non riuscisse ad uscire autonomamente dalla crisi. La durata e l’intensità della Grande Depressione erano inconciliabili con le idee prevalenti all’epoca (non necessariamente classiche) secondo cui la fase di contrazione dell’economia non era altro che un male necessario ad eliminare gli effetti perversi della speculazione e della sopravvalutazione delle attività reali. La Grande Depressione implicava una caduta non solo di quella parte di domanda aggregata ritenuta “eccessiva”, ma soprattutto una contrazione della domanda vitale per la sopravvivenza del sistema economico. Pertanto spiegare la Grande depressione significa individuare le cause del crollo della domanda aggregata. In proposito esistono quattro importanti spiegazioni alternative: (1) la spiegazione non monetaria e non finanziaria, ossia la spiegazione “reale”; (2) l’ipotesi monetaria; (3) l’ipotesi finanziaria; ed infine (4) la spiegazione internazionale.

Aspetti generali

Page 14: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

14

La prima spiegazione si concentra sull’effetto congiunto di fattori che hanno operato sul lato dell’economia reale. In altri termini si pone l’accento sul ruolo della caduta della domanda per consumi,

investimento e costruzioni; nonché su altri fattori specifici quali variabili demografiche e nel caso degli Stati Uniti sugli effetti negativi dello Smoot-Havley Tariff Act emanato nel 1930. Tale spiegazione è senza dubbio centrale nell’elaborazione del pensiero keynesiano, che in particolare sottolineò il ruolo giocato dall’instabilità dell’investimento aggregato nel determinare l’ampiezza e la durata delle fluttuazioni cicliche. Recentemente, tuttavia, economisti di ispirazione keynesiana (rif. Temin 1976) hanno ribadito anche l’importanza del crollo della spesa autonoma per consumi, conseguente alla contrazione endogena dell’offerta nominale di moneta8, ma soprattutto all’incremento dell’incertezza sistemica.

L’ipotesi monetaria trova la sua radice nell’opera di Milton Friedman e Anna Schwartz (1963) “A Monetary History of the United States 1867-1960”, nella quale si sostiene l’idea che la

Grande Depressione fu generata da una contrazione esogena9 dell’offerta nominale di moneta, ossia da una politica monetaria discrezionale restrittiva. Gli autori suffragano la loro ipotesi con ampia evidenza storica, avanzando l’idea che la Federal Riserve avrebbe potuto evitare gli effetti della Grande Depressione se non avesse contratto oltremodo l’offerta di moneta. Tale spiegazione è rilevante da un punto di vista teorico perché fornisce un punto di vista alternativo a quello keynesiano, affermando l’importanza della politica monetaria nell’influenzare il livello dell’attività reale.

Recentemente questa visione ha subito due importanti emendamenti. Il primo ridimensiona il potere discrezionale della Fed nel contenimento della Grande Depressione, ricordando che all’epoca dei fatti era in vigore il Gold Standard che, come qualsiasi altro regime di cambio a tassi fissi, rendeva di fatto inutilizzabile lo strumento della politica monetaria quale mezzo per il controllo di obiettivi di politica economica interna (riff. Eichengreen 1982 e Calomiris e Hanes 1995)10. Il secondo elemento di qualificazione sottolinea gli effetti redistributivi e destabilizzanti indotti dalla deflazione. Qualsiasi processo deflativo, anticipato o meno, dagli operatori economici produce infatti una redistribuzione della ricchezza dai debitori ai creditori, implicando un aggravio del peso reale dell’indebitamento. Poiché il debito rappresenta una fonte essenziale per il finanziamento dell’investimento, appare evidente un canale

8 In questo caso ci si concentra sul processo di fallimento delle banche e quindi sulla riduzione del moltiplicatore monetario.

9 In questo caso l’attenzione è riservata alla riduzione della base monetaria, a parità di moltiplicatore monetario.

10 Si ricorda che in un regime di tasso di cambio fissi la politica monetaria è principalmente condizionata dalla necessità del pareggio della bilancia dei pagamenti, ossia dalla necessità di mantenere la parità di cambio concordata a livello internazionale.

La spiegazione di natura reale

La spiegazione monetaria

Page 15: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

15

di ulteriore contrazione della domanda aggregata, ossia la caduta di IS via presenza di vincoli finanziari. Questi emendamenti hanno portato all’emergere di una visione di consenso nella quale gli elementi di spiegazione reale e quelli di natura monetaria hanno entrambi rilevanza, seppure in momenti differenti: mentre gli aspetti reali sono stati rilevanti nell’emergere della crisi, quelli monetari sarebbero stati essenziali nella fase finale e soprattutto nella ripresa successiva. In ogni caso, anche nella visione monetarista, come in quella keynesiana, prevale l’idea che un sistema economico in condizioni di profonda stagnazione possa autonomamente risollevarsi dalla crisi.

All’inizio degli anni ’80 economisti di estrazione keynesiana, aderendo all’idea originariamente espressa da Fisher (1933), hanno riaffermato il ruolo della deflazione nello scatenare la caduta della

domanda aggregata. Secondo Bernanke (1983) la Grande Depressione fu originata dal fatto che la deflazione degli anni ’29-’33 sia stato un fenomeno inatteso, a cui seguì la caduta degli investimenti (determinato a sua volta dall’accresciuto peso delle fonti di finanziamento esterne). Questa spiegazione si fonda sulla cosiddetta “credit view”, che integra l’idea della deflazione da debiti in un contesto di mercati dei capitali imperfetti dove prevale informazione asimmetrica fra datori e prenditori di fondi.

L’ultima spiegazione, ma non certo per ordine di importanza, parte dall’osservazione empirica che la Grande Depressione interessò sostanzialmente tutte le economie capitalistiche nello stesso

momento. Questo induce a ritenere che un elemento di spiegazione internazionale debba giocare un ruolo rilevante. Senza dubbio il fatto che negli anni ’30 fosse in vigore il Gold Standard (ossia un regime di tassi di cambio fissi) fu il canale attraverso il quale la crisi, soprattutto statunitense, si diffuse a livello mondiale. Il mantenimento di un regime di cambi fissi nel momento in cui emergeva la crisi impedì alle autorità di politica economica di utilizzare la politica monetaria quale strumento di stabilizzazione interna; la scelta della deflazione in luogo della svalutazione fu il più importante fattore di trasmissione della depressione.

Le cause della Grande Depressione furono, come si può ben vedere, composite. Le quattro visioni proposte, a tutta evidenza hanno ciascuna un importante contenuto di verità ed a parere di chi scrive debbono considerarsi complementari piuttosto che alternative. La specifica preferenza per un orientamento teorico può solo determinare una differente graduazione dell’importanza delle varie cause, ma non può indurre ad escludere nessuna di esse. D’altro canto la spiegazione della Grande Depressione non è rilevante semplicemente come chiarificazione di un fenomeno appartenente ad un lontano passato: la dinamica delle economie capitalistiche degli anni ’30 ha più aspetti in comune con il mondo odierno di quanto si possa a prima vista ritenere, e le prospettive interpretative fin qui discusse contengono validi moniti per il nostro futuro…

La spiegazione finanziaria

La spiegazione internazionale

Page 16: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

16

Il ruolo del pensiero keynesiano nell’interpretazione della Grande Depressione

Nel 1936 John Maynard Keynes pubblicò la “Teoria Generale dell’Occupazione, dell’interessse e della moneta”. All’esame del contenuto e della rilevanza di questo saggio sarà dedicata la trattazione del capitolo successivo. In questa sede ci limiteremo ad

osservare alcuni passaggi fondamentali utili alla comprensione del quadro evolutivo della macroeconomia.

Innanzitutto la Teoria Generale costituisce il riferimento teorico rispetto al quale qualunque macroeconomista si confronta, implicitamente o esplicitamente, nel bene o nel male. In secondo luogo, sebbene non esistano solo due scuole di pensiero contrapposte che raccolgano il consenso della totalità dei macroeconomisti, nella fattispecie quella classica e quella keynesiana, è comunque vero che le varie scuole si possono suddividere in base ad una dicotomia metodologica fondamentale. Il pomo della discordia è infatti la risposta al seguente quesito: può una economia di mercato portare al pieno utilizzo delle risorse e, quando soggetta a shock, ritornare all’equilibrio di pieno impiego in un ragionevole ed accettabile (a livello sociale) lasso di tempo, senza l’aiuto dell’intervento dell’autorità di politica economica? A tutta evidenza i classici rispondono affermativamente al primo quesito, mentre i keynesiani danno una risposta negativa, ma in ciascuno dei due campi opposti nessuna delle due scuole è sola. Per distinguere le ulteriori scuole di pensiero occorrerebbe esplicitare altri quesiti, ma questo darebbe luogo ad una possibilità di classificazione molto ampia. A titolo esemplificativo, si richiama un contributo di (Edmund S. Phelps, 1991), nel quale l’autore, identifica sette scuole di pensiero differenti nella macroeconomia, utilizzando come criteri discriminanti le ipotesi che ciascuna di tali scuole assume in merito alla relazione prezzi-salari ed al grado di rigidità-viscosità delle due grandezze, ed al tipo di aspettative degli agenti economici. Le sette scuole sono rispettivamente: 1) keynesiana pura, 2) monetarista tradizionale, 3) nuova macroeconomia classica, 4) supply-side economics, 5) real-business cycle, 6) neokeynesiana, 7) strutturalista. Per inciso, le scuole 1, 2, 6 e 7 sono sul fronte del no al primo quesito, mentre le restanti 3, 4 e 5 sono sul fronte opposto. Si rinvia il lettore interessato alle trattazioni di (B. C Greenwald and J. Stiglitz, 1988) e di (G. Mankiw, 1990) per ulteriori esemplificazioni di criteri di classificazione alternativi, e per una ulteriore conferma della esistenza di una pluralità di visioni nella macroeconomia, in luogo dell’esistenza di due blocchi monolitici e contrapposti in cerca di egemonia.

Fondamenti dell’economia keynesiana

Page 17: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

17

Uno dei quesiti a cui può essere interessante rispondere, non fosse che per curiosità storica, è perché le idee keynesiane si diffusero così rapidamente, tanto da divenire il fondamento del paradigma teorico dominante nell’arco di un decennio? Secondo Johnson (1971) e Colander e Landreth (1996), le ragioni del successo delle

idee keynesiane è da ricondurre a tre fattori: 1) la situazione sociale in cui fu pubblicata la Teoria Generale (dopo la Grande Depressione, un saggio che criticasse in modo radicale la legge di Say non poteva che essere ben accetto), 2) le caratteristiche scientifiche della nuova teoria (i concetti esposti da Keynes erano molto affascinanti per le generazioni di nuovi economisti e tali idee trovavano ampio spazio e consenso), 3) la relativa facilità della trasformazione delle idee keynesiane in modelli trattabili anche a livello estremamente elementare (la teoria keynesiana si può insegnare anche in un corso di macroeconomia di base). Il terzo elemento in realtà ha però costituito anche un aspetto problematico per il mantenimento dell’egemonia a lungo termine dell’approccio keynesiano.

A prescindere dal ruolo che il pensiero keynesiano esercitò nell’ambito del mondo accademico, si deve sottolineare che esso modificò radicalmente l’orientamento delle autorità di politica economica. Successivamente alla Grande Depressione, gli obiettivi di politica economica si orientarono al raggiungimento ed al

mantenimento del pieno impiego. Furono predilette le politiche di stabilizzazione e di controllo della domanda. La politica fiscale fu privilegiata rispetto alla politica monetaria di fatto fino all’inizio degli anni ’70. Come già osservato, gli eventi successivi al 1970 portarono ad una revisione di queste politiche, ed al diffondersi di un atteggiamento decisamente più scettico rispetto alle effettiva efficacia delle politiche di stabilizzazione e delle politiche fiscali.

A partire dalla fine degli anni ’30, ossia immediatamente dopo la pubblicazione della Teoria Generale, vi fu uno sforzo teorico molto intenso per qualificarne gli aspetti controversi ed irrisolti. I

sostenitori delle idee keynesiane approfondirono gli aspetti relativi alla teoria del consumo, della dinamica ciclica, delle forme di mercato, della teoria degli investimenti… e soprattutto tentarono una formalizzazione delle stesse. Fra queste la formalizzazione più conosciuta è senza dubbio lo schema IS-LM. Ma fin da subito questa riduzione analitica della teoria keynesiana non fu accettata unanimemente come una interpretazione autentica del “vero” significato della Teoria Generale. La scelta di considerare o meno lo schema IS-LM una adeguata rappresentazione analitica della teoria keynesiana fu alla base della divisione interna alla scuola keynesiana fra Neo Keynesiani e Post Keynesiani..

Motivi della velocità di diffusione delle idee keynesiane

Obiettivi di politica economica dopo la Grande Depressione

L’avvento del monetarismo

Page 18: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

18

Oltre a ciò la critica all’approccio keynesiano ebbe il suo inizio fin dagli anni ’40, e non necessariamente fu sostenuta da economisti di orientamento “classico”. Ad esempio, già nel 1944 Modigliani osservò che in presenza di salari reali flessibili (e salari nominali rigidi) il meccanismo di flessibilità dei prezzi consentiva il ritorno all’equilibrio di piena occupazione; ed eventualmente che tale percorso poteva essere agevolato dal politiche economiche di tipo monetario. Pertanto, anche fra coloro che sostenevano la necessità dell’intervento dello Stato per sanare le situazioni di crisi, cominciò a formarsi un fronte che affrontava la scelta di politica economica implicando la preferibilità dello strumento monetario a quello fiscale. In estrema sintesi il cuore del monetarismo risiede proprio nell’affermare questo principio.

Il dibattito sulla scelta della politica più appropriata si fece sempre più acceso nel corso degli anni, ma a livello teorico, ad introdurre gli elementi che avrebbero portato ad una fase di “decadenza” dell’approccio keynesiano, più del nascente monetarismo, poté la cosiddetta sintesi neoclassica, che ebbe fra i suoi proponenti Samuelson (1950). All’interno della sintesi neoclassica la contrapposizione fra approccio classico ed approccio keynesiano viene sostanzialmente sanata, arrivando ad una proposizione di complementarietà fra le due visioni, opposta alla prevalente idea di sostituibilità. La sintesi viene infatti ottenuta affermando che l’analisi keynesiana costituisce il fondamento teorico per la spiegazione dei fenomeni macroeconomici di breve periodo, mentre l’analisi classica fornisce gli strumenti per l’approfondimento degli aspetti microeconomici e di lungo periodo. Alternativamente, la teoria keynesiana è utile allo studio dei problemi della domanda, mentre quella classica spiega le problematiche che possono scaturire dal lato dell’offerta.

Benché questo tipo di sintesi abbia avuto il pregio di creare una integrazione fra aspetti teorici ritenuti fino a quel momento prevalentemente conflittuali, per il fatto di essere un compromesso fra visioni che nascono da presupposti metodologici radicalmente differenti, la sintesi neoclassica diffuse una concezione parziale e per certi versi distorta dell’originale concezione keynesiana del funzionamento delle economie capitalistiche.

Quali sono gli elementi costitutivi della sintesi neoclassica? E dunque quali sono i principi ritenuti keynesiani all’interno di tale approccio? A tutta evidenza la sintesi neoclassica assorbe per

intero l’analisi propria dello schema IS-LM e da ciò si possono dedurre le seguenti affermazioni:

1. L’insufficienza della domanda aggregata è alla base delle fluttuazioni cicliche. Quindi il divario fra reddito d’equilibrio e reddito di pieno impiego è primariamente determinato dal lato della domanda

2. Il funzionamento dell’economia capitalistica è sostanzialmente soggetto a due tipi di regimi che si possono rispettivamente definire: a) regime vincolato dalla domanda, e b) regime

La sintesi neoclassica

Page 19: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

19

vincolato dall’offerta. Quando l’economia opera nel primo regime (essendo tendenzialmente AD<AS) è la domanda aggregata a determinare l’offerta. In questo contesto i prezzi tendono ad essere stabili e dunque incrementi della domanda aggregata implicano incrementi del livello della produzione; incidentalmente, politiche economiche attuate allo scopo di incrementare la domanda sono efficaci ed utili al sistema. All’opposto, quando l’economia si trova nel secondo regime (con AS<AD), le risorse disponibili sono di fatto insufficienti a soddisfare la domanda, e dunque la pressione esercitata dalla stessa provoca tensioni inflazionistiche. In questo caso l’attuazione di politiche economiche sul lato della domanda non ha alcun effetto reale, provocando unicamente un incremento dell’inflazione.

3. La disoccupazione è un fenomeno la cui natura è essenzialmente involontaria (perché le ragioni che la determinano non sono interamente riconducibili all’operare del mercato del lavoro e quindi ad una qualsivoglia decisione degli imprenditori o dei lavoratori).

4. Il sistema economico presenta delle imperfezioni ed in particolare esistono rigidità nominali (nei salari o nei prezzi). All’esistenza di rigidità nominali viene ricondotta la possibilità che le politiche di sostegno della domanda abbiano effetti reali.

5. I cicli economici rappresentano una deviazione indesiderabile da un sentiero di espansione di equilibrio. Inoltre hanno un carattere asimmetrico (nel senso che tendono ad essere più accentuati in intensità e durata nelle fasi di contrazione, rispetto alle fasi di espansione). Tutto ciò porta a concludere che i cicli debbano essere “stabilizzati”.

6. Dalle considerazioni in merito ai possibili livelli dell’attività economica ed alle sue variazioni (ciclo) si determina un atteggiamento interventista rispetto alla politica economica: il sistema economico non può essere lasciato a se stesso. La struttura dei mercati suggerisce quale tipo di politica preferire, ma in generale si attua una combinazione di politica fiscale e monetaria.

7. La curva di Phillips esiste (almeno nel breve periodo), quindi l’autorità di politica economica può perseguire politiche di pieno impiego, accettando un adeguato tasso di inflazione; o viceversa può controllare l’inflazione, se disposta ad accettare un tasso di disoccupazione più elevato.

8. (punto non unanimemente accettato da sostenitori della sintesi neoclassica) Le politiche a sostegno diretto della domanda possono essere associate alle politiche dei redditi, che implicando una redistribuzione degli stessi, indirettamente stimolano il livello dell’attività economica.

9. L’analisi keynesiana è valida per l’interpretazione della dinamica di breve periodo, ma per l’analisi di lungo periodo occorrono considerazioni di tipo classico, che consentono di determinare il sentiero di crescita e sviluppo ottimale dell’economia.

Nel corso degli anni ‘50-’60, il diffondersi della sintesi neoclassica ha prodotto di fatto due effetti. Sul fronte “negativo”, si è verificata una progressiva marginalizzazione teorica dell’analisi keynesiana. L’implicazione della sintesi neoclassica, infatti, è che nel lungo periodo valgono l proposizioni classiche, e quindi è il caso classico (con l’aggiustamento automatico), a costituire il caso “generale”, e non il caso keynesiano. Se la teoria keynesiana vuole conservare il suo carattere di generalità, deve essere dimostrato perché nel lungo periodo non si innescano gli automatismi previsti dall’approccio classico. Il filone Neo Keynesiano non ha trovato convincenti risposte a questo quesito. Sul fronte “positivo”, il filone Post Keynesiano, soprattutto

Page 20: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

20

enfatizzando il tema del disequilibrio e gli aspetti di fallimento della coordinazione nelle economie capitalistiche11, ha trovato una risposta al quesito, ed ha reso evidente la necessità che anche all’interno dell’approccio keynesiano fosse riservata una attenzione particolare ai fondamenti microeconomici della macroeconomia.

Alla fine degli anni ’60, dunque, la teoria keynesiana si trovava sottoposta alla pressione di critiche sia sul fronte teorico, ma fu soprattutto la pressione degli eventi storici che implicavano l’instaurarsi di un contesto economico incoerente con la Grande Depressione, a determinare il riavvicinamento a posizioni di laissez-faire e di abbandono delle politiche di stabilizzazione.

La Grande Inflazione e il trionfo del monetarismo Si è detto che nel periodo compreso fra gli anni ’50 e ’70 sono stati contributi teorici quali quelli di Friedman (1963) e (1968) a ridurre la fiducia teorica nell’efficacia delle politiche discrezionali e di stabilizzazione. Tali idee riuscirono a conquistare il mondo

accademico ed anche quello politico solo all’inizio degli anni ’70, quando l’evidenza empirica ne dimostrò la fondatezza. Gli eventi significativi antecedenti al periodo della Grande Inflazione furono sostanzialmente: (a) l’espansione economica conseguente alla ricostruzione post-bellica, (b) il progressivo avvicinarsi dell’equilibrio delle economie alla piena occupazione, (c) l’ampliamento della spesa pubblica (ed in particolare della spesa per armamenti) a livello mondiale, ma soprattutto negli Stati Uniti, che svolgevano un ruolo trainante fra le economie capitalistiche sviluppate. L’insieme di questi fattori ovviamente produceva un quadro assai diverso da quello caratteristico nella Grande Depressione (che per la sintesi neoclassica si configurava come il regime vincolato dalla domanda), prefigurando il regime alternativo in cui è connaturata una pressione inflazionistica. A questi elementi si aggiunse il presentarsi della prima crisi petrolifera, che fornì un ulteriore elemento all’accentuarsi delle pressioni inflazionistiche, in questo caso provenienti dal lato dell’offerta, piuttosto che da quello della domanda. Nel complesso, perciò, all’inizio degli anni ’70 si sperimentò la contemporanea presenza di fenomeni di inflazione (accentuata e persistente) e di progressiva stagnazione dell’economia, un fenomeno noto come stagflazione (stagnazione + inflazione). Mentre la teoria keynesiana, pur integrata dalla curva di Phillips, era incapace di spiegare il fenomeno, implicando addirittura previsioni e prescrizioni di politica economica incoerenti con esso, le idee monetariste erano in grado di farlo.

11 Significativi al riguardo sono i contributi di economisti quali Clower e Leijonhufvud.

L’inizio degli anni ’70 e la curva di Phillips

Page 21: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

21

La critica di Friedman, sostanzialmente perseguì due fronti di analisi. Il primo, come si è visto, riguardava l’interpretazione del ruolo della moneta nell’equilibrio macroeconomico. In sostanziale adesione con i principi della teoria quantitativa della moneta,

secondo Friedman, l’inflazione era da ritenersi un fenomeno di natura eminentemente monetaria. La proposizione di neutralità della moneta è valida nel lungo periodo, d’altro canto, a differenza di quanto accade nell’approccio classico, la politica monetaria può influenzare il livello dell’attività economica, almeno nel breve periodo.

Il secondo fronte di analisi critica riguarda la validità della curva di Phillips. Nel suo contributo del (1968) Friedman sottolineò l’inesistenza di un trade-off tra disoccupazione ed inflazione nel lungo periodo. Il risultato fu ottenuto esplicitando il ruolo giocato dalle aspettative in tale relazione. Nella misura in cui si passi da aspettative di tipo statico (implicitamente assunte nella curva di Phillips originaria) ad aspettative di tipo adattivo, i lavoratori e le imprese adeguano le loro richieste in tema di salari e prezzi sulla base delle attese di inflazione, e questo implica una convergenza del sistema ad un livello di equilibrio definito “naturale”12. Se la curva di Phillips non esiste nel lungo periodo, l’obiettivo di mantenimento della disoccupazione ad un livello inferiore al tasso di disoccupazione naturale porta ad una accelerazione dell’inflazione.

I cardini del monetarismo possono essere ricondotti alle seguenti affermazioni:

• La curva di Phillips esiste solo nel breve periodo (se si adottano aspettative adattive)

• Se si intende mantenere l’occupazione al di sopra del livello naturale, l’inflazione accelera

• Per ottenere una riduzione del tasso di disoccupazione naturale non servono politiche che agiscono sul lato della domanda, bensì politiche sul lato dell’offerta

• L’inflazione è un fenomeno monetario (superneutralità della moneta).

I motivi del successo del monetarismo, come osservato, sono da ricondurre alla capacità esplicativa di questa teoria. Anzi, la sua forza fu nell’aver anticipato la possibilità del verificarsi di eventi, che all’epoca dell’elaborazione della teoria non erano ancora

12 Il concetto di equilibrio naturale non ha una sola definizione, ed è controverso in letteratura. In questa sede lo si intende come il livello di equilibrio di lungo periodo nel quale le aspettative degli agenti economici si realizzano. In sostanza, in questa definizione, non è certo che tale equilibrio debba coincidere con l’equilibrio di piena occupazione. E’ peraltro possibile esplicitare le condizioni che portano alla coincidenza dei due concetti.

Il dibattito sull’equilibrio naturale

La forza di una teoria che precede i fatti

Page 22: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

22

accaduti. Per questa ragione i principi trovarono ampia applicazione negli anni ’70 ed ’80, portando le autorità di politica economica a preferire l’obiettivo del controllo dell’inflazione a quello di contenimento della disoccupazione.

Sul fronte teorico, invece, il monetarismo fu oggetto di critiche per certi versi simili a quelle che riguardavano il paradigma keynesiano. Nella sostanza, infatti, anche al monetarismo manca una motivazione delle ragioni dell’esistenza di un aggiustamento automatico che operi già nel breve periodo e non solo nel lungo. In particolare, è noto che l’utilizzo di aspettative adattive porta alle conclusioni sopra esposte in merito alla curva di Phillips, ma ciò non accade, per esempio se si adottano aspettative razionali, che producono il risultato di inefficacia delle politiche economiche già nel breve periodo. Il punto debole empirico specifico al monetarismo si è invece rivelato nell’adozione della teoria quantitativa della moneta e nell’ipotesi di stabilità della velocità di circolazione della moneta: la crisi economica che colpì l’economia statunitense e quella inglese che all’epoca utilizzarono ampiamente politiche monetariste è infatti spiegabile (nella sua propagazione) ad una improvvisa caduta della velocità di circolazione della moneta.

Sul fronte teorico, l’adozione dell’ipotesi di aspettative razionali nei modelli macroeconomici portò all’avvento della cosiddetta Nuova Macroeconomia Classica. Questa elaborazione teorica, benché contraddetta dall’evidenza empirica ha avuto un ruolo determinante nel mondo accademico, rendendo ancor più

marginale l’influenza delle scuole keynesiane che invece avevano costituito il mainstraem fino all’inizio degli anni ’70. L’influenza accademica ha inoltre portato a modificare gli atteggiamenti di politica economica (anche se bisogna sottolineare che l’impatto, da questo punto di vista è stato fortunatamente più blando nelle applicazioni, ma non necessariamente negli effetti).

I cardini della NMC sono sostanzialmente i seguenti:

• La politica economica è inefficace anche nel breve periodo, se correttamente anticipata dagli operatori economici (purché si adottino modelli di mercati in cui si verifica il continuo ed istantaneo market-clearing, ossia in assenza di rigidità dei prezzi). Ciò significa che una autorità di politica economica può alterare il livello dell’attività del sistema, attuando politiche sul lato della domanda, solo “imbrogliando” gli agenti, ossia annunciando una politica ed in realtà attuandone un’altra.

• L’attuazione di politiche economiche discrezionali è non solo inefficace, ma anche inopportuna. La possibilità di “imbrogli” inattesi da parte delle autorità di politica economica, accresce l’incertezza e quindi deprime il livello complessivo dell’attività economica. Alle politiche discrezionali

La Nuova Macroeconomia Classica e le aspettative razionali

Page 23: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

23

devono essere preferite regole annunciate e credibili, cui l’autorità di politica economica deve attenersi13.

• A livello econometrico ed applicativo cambia il modello teorico di riferimento. Mentre nel periodo keynesiano si era fatto ampio utilizzo dei cosiddetti modelli di controllo ottimo, si passa a modello che implicano l’utilizzo della teoria dei giochi, ossia di elementi di interazione strategica. L’introduzione delle aspettative razionali mette infatti in evidenza il problema dell’inconsistenza temporale che nasce qualora si utilizzino modelli del primo tipo, in luogo dei secondi14.

• Si diffonde la cosiddetta “critica di Lucas” ai modelli econometrici. In questo caso l’attenzione si focalizza sull’endogenità della politica economica nei modelli. In effetti, le politiche economiche non sono indipendenti dalle aspettative degli agenti; quindi la mancata considerazione di questo legame (come avveniva nei modelli tradizionali) porta ad una stima distorta dei parametri e conseguentemente a prescrizioni di politica economica errate. Per esempio, stimare gli effetti di una politica monetaria espansiva basandosi solo sui dati economici passati, implica una sottovalutazione dell’effetto che tale politica ha sulle aspettative degli individui (aspettative inflazionistiche) e porta a concludere che la politica monetaria possa influenzare il livello dell’attività reale del sistema (ossia a sovrastimare l’impatto della politica monetaria), quando invece ciò non accade.

La NMC benché vittoriosa sul fronte teorico è stata ampiamente contraddetta dai fatti: (i) l’evidenza empirica mostra come le politiche economiche possano avere efficacia anche quando sono anticipate dagli agenti economici; (ii) i programmi di disinflazione annunciati hanno avuto effetti devastanti sulle economie nelle quali sono stati applicati, dimostrando che un processo di disinflazione senza costo è di fatto inattuabile… Comunque gli automatismi del mercato sembrano produrre costi sociali decisamente inaccettabili.

La Teoria macroeconomica dagli anni ‘80 La teoria dei cicli reali (Real Business Cycle o RBC) ha molti aspetti in comune con la Nuova Macroeconomia Classica, ma si differenzia

13 Sul tema emblematico il contributo di Kydland e Prescott (1977).

14 L’inconsistenza temporale si manifesta quando una decisione ritenuta ottimale ad un certo tempo t per il tempo t+n, si rivela sub-ottimale al tempo t+n e questo porta a modificare il comportamento in t+n. Per esempio: l’autorità di politica economica annuncia oggi che fra 5 anni ridurrà le tasse, giustificando con questa affermazione un aumento delle tasse oggi. Fra 5 anni, in relazione al mutato contesto, l’autorità di politica economica, anziché ridurre le tasse le mantiene inalterate. Poiché l’agente che ha la possibilità di decidere (l’autorità di politica economica) annuncia un comportamento ex-ante, ma ne segue uno differente ex-post, porta all’insorgere di un problema di inconsistenza temporale. Come effetto di questo comportamento (almeno a livello potenziale), si determina la non credibilità delle politiche economiche a carattere discrezionale.

La teoria dei cicli reali

Page 24: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

24

sostanzialmente da quest’ultima per l’interpretazione dello shock in grado di generare le fluttuazioni economiche: mentre nella NMC le fluttuazioni sono determinate da variazioni inattese dell’offerta di moneta, nella RBC esse derivano da alterazioni di natura reale o più specificamente tecnologica. Lo shock che genera il ciclo è dunque uno shock sul lato dell’offerta e questo costituisce una peculiarità distintiva della RBC rispetto alle altre teorie che spiegano il ciclo economico. Le altre due caratteristiche che definiscono questo approccio alla spiegazione delle fluttuazioni sono date (i) dal fatto che non viene fatta alcuna distinzione fra trend (o sentiero di crescita da lungo periodo) e ciclo, (ii) ed il ciclo stesso viene interpretato come una risposta d’equilibrio alle perturbazioni cui è soggetto il sistema economico. In questo contesto, pertanto, non hanno senso le politiche di stabilizzazione, perché qualsiasi tentativo di controllare le oscillazioni dell’attività economica da parte dell’autorità produrrebbe una riduzione del benessere sociale, impedendo l’autonomo ed ottimale aggiustamento da parte dei singoli agenti economici15.

Le critiche al realismo di questa impostazione teorica sono ovvie. Innanzitutto è difficile accettare l’idea che il ciclo economico sia un fenomeno d’equilibrio, e soprattutto l’idea che rappresenti una risposta “ottimale” degli agenti agli shock casuali che colpirebbero in continuazione il sistema economico. Altrettanto difficile è spiegare la ragione delle fasi di contrazione ciclica: esclusa la possibilità di un “regresso” tecnologico, anche ammesso che i costi di produzione possano aumentare per effetto del costo di fattori diversi dal lavoro e dal capitale (ossia le materie prime), rimane il fatto che shock negativi sulla funzione di produzione aggregata potrebbero essere giustificati unicamente ipotizzando un persistente, quanto maldestro intervento delle autorità di politica economica nelle scelte di accumulazione delle imprese…

Perché, allora, anche la RBC ha un senso? Ancora una volta il valore di una scuola è da giudicare rispetto al suo contributo pedagogico, piuttosto che alla sua validità empirica. In questo caso i meriti della RBC sono così sintetizzabili:

1) aver portato l’attenzione sul fatto che le fluttuazioni cicliche possono essere originate anche sul lato dell’offerta e non solo sul lato della domanda (come supposto tanto dai keynesiani quanto dai classici);

2) aver sottolineato la natura intertemporale e dinamica dei fenomeni macroeconomici, rendendo evidente la necessità di elaborare modelli con una struttura analitica assai più complessa di quella di norma adottata;

3) aver diffuso sul piano empirico ed econometrico le cosiddette tecniche di “calibration”, che implicano l’utilizzo di modelli di simulazione, i cui risultati teorici vengono confrontati con la dinamica effettiva delle variabili di interesse.

15 Per approfondimenti si rinvia a Spinelli, Franco and Tabellini, Guido eds. Letture Di Macroeconomia. Etaslibri, 1994., che contiene la traduzione di alcuni importanti saggi relativi agli sviluppi della macroeconomia moderna, fra cui Kydland e Prescott (1982) che costituisce uno dei contributi cardine della RBC.

Page 25: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

25

In effetti l’elemento di maggiore originalità dell’approccio della RBC è insito nell’aver suggerito una nuova metodologia empirica per la macroeconomia. Tale metodologia implica l’utilizzo di uno schema a passi che viene reiterato fino al raggiungimento dell’obiettivo:

Passo 1: individuare il quesito economico a cui rispondere (per esempio: come ottenere un tasso di disoccupazione obiettivo) Passo 2: individuare la teoria economica che risponde al quesito (per teoria si intende in questo caso l’insieme di definizioni, suggerimenti e prescrizioni relative all’obiettivo prescelto) Passo 3: trasformare la teoria in modello funzionale (ossia trasformare le proposizioni teoriche o verbali in un opportuno insieme di equazioni; tali equazioni devono consentire di ricostruire l’intero sistema economico, ossia una specie di economia di laboratorio in sostituzione dell’economia reale) Passo 4: calibrare il modello usando la conoscenza di dati microeconomici o di fatti stilizzati (poiché il modello che deriva dal passo 3 presuppone il calcolo di un numero molto ampio di parametri e ciò potrebbe compromettere la possibilità di risoluzione del sistema, si deve ridurne la dimensione; questo passo può essere fatto inserendo il valore numerico di alcune variabili note, evitandone così la stima; oppure può essere ottenuto attraverso simulazioni, ossia inserendo un valore iniziale plausibile e vedendo se il modello produce dinamiche simili a quelle reali) Passo 5: stimare il modello nella sua forma ridotta e vedere se la dinamica dell’economia di laboratorio produce dinamiche simili a quelle osservate nella realtà. Se risposta affermativa, vedere quale è suggerimento a proposito del quesito scelto al punto 1. Se risposta negativa ritornare al punto 2 e cambiare teoria.

A livello di curiosità storica si deve sottolineare che le metodologie empiriche alternative alla calibration, sono state negli anni passati, sostanzialmente due, ed hanno ancora oggi sostenitori di rilievo. La prima metodologia si fonda sul cosiddetto approccio narrativo, il quale presuppone la raccolta di dati documentali ed enunciazione di circostanze storiche. Questo approccio presenta una attenta discussione degli eventi e di norma non sostiene le proprie argomentazioni con verifiche quantitative o econometriche. Il problema insito in questo tipo di analisi è dato dal fatto che l’esposizione narrativa non consente la verifica del legame causale tra i fatti spiegati e dunque rischia di portare all’errore noto come post hoc ergo propter hoc.

La seconda metodologia è quella che ha trovato applicazione nei lavori econometrici che hanno supportato le decisioni delle autorità di politica economica a partire dagli anni ’50. Essa e nota come approccio della Commissione Cowles e consiste nella integrazione di teoria economica e sofisticate tecniche statistiche. In origine i modelli

Page 26: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

26

econometrici utilizzati facevano ampio uso delle tecniche di regressione lineare. Attualmente, si adottano tecniche di stima più moderne quali i metodi VAR e l’analisi di cointegrazione.

Si è visto come la Nuova Macroeconomia Classica (NMC) abbia prodotto la marginalizzazione della scuola keynesiana grazie all’introduzione dell’ipotesi di aspettative razionali. Nel corso degli

anni ’80 economisti di ispirazione keynesiana hanno posto una critica fondamentale alla NMC sottolineandone un limite rilevante. Si è detto che la NMC giunge ad una proposizione di inefficacia della politica economica anche nel breve periodo, se la stessa è attuata in presenza di aspettative razionali ed è anticipata dagli operatori economici. I modelli Nuovo Keynesiani dimostrano come, in realtà, la semplice ipotesi di aspettative razionali non sia sufficiente a generare questo risultato, essendo invece determinata dall’ulteriore ipotesi di continuo ed istantaneo equilibrio di market-clearing sui mercati. Di fatto, il continuo ed istantaneo market-clearing è assicurato dalla perfetta flessibilità delle variabili nominali (ossia prezzi e salari nominali).

Ma che cosa accade se tale flessibilità è solo parziale? I modelli di Fisher (1977) e Phelps e Taylor (1977) hanno risposto per primi al quesito, concludendo che la rigidità delle variabili nominali è in grado di ripristinare l’efficacia di breve periodo della politica economica, anche in presenza di aspettative razionali.

Sulla scia di questi modelli iniziali si è sviluppata un’ampia letteratura che ha esaminato varie forme di rigidità: (a) rigidità dei salari nominali, (b) rigidità dei prezzi dell’output, (c) rigidità reali, (d) fallimenti di coordinazione. Taluni di questi aspetti avevano ricevuto attenzione anche prima degli anni ’80, ed in effetti sia i monetaristi che i neo-Keynesiani adottavano l’idea di salari nominali rigidi nei propri modelli. Questo approccio però si è scontrato con una evidenza empirica contrastante: la rigidità del salario nominale, in presenza di prezzi flessibili, comporterebbe un andamento anticiclico del salario reale, e questo significherebbe che durante le fasi di recessione il salario reale fosse crescente (così che i lavoratori dovrebbero preferire le fasi di recessione a quelle di espansione!).

I Nuovo Keynesiani, pertanto, prediligono la rigidità del prezzo dell’output, giustificata dalla presenza di mercati imperfettamente concorrenziali. In questa forma di mercato le imprese sono price maker, ma non hanno incentivo a mutare i prezzi dell’output perché temono ritorsioni da parte della concorrenza, o comunque perché cambiare il prezzo di vendita dei prodotti comporta comunque dei costi (i cosiddetti costi di listino). Questo tipo di rigidità, associata alla flessibilità dei salari nominali, riconcilia almeno in parte l’evidenza empirica con la teoria, ma è comunque stata criticata per il fatto che si ritiene implausibile che le ampie fluttuazioni cicliche che si verificano nella realtà possano essere determinate da costi così “piccoli” quali quelli determinati dall’aggiustamento dei listini.

L’economia Nuovo Keynesiana

Page 27: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

27

Più convincenti appaiono le spiegazioni che si fondano su rigidità di tipo reale (che fanno ampio uso di ipotesi di informazione asimmetrica nei diversi mercati, ed in particolare quello del lavoro e quello del credito) o su fallimenti del processo di coordinazione. In ogni caso il merito del filone Nuovo Keynesiano è quello di richiamare l’attenzione degli economisti a studiare opportunamente il ruolo delle forme di mercato nel funzionamento dei sistemi economici. Nonché quello di recuperare la proposizione di efficacia delle politiche economiche e di stabilizzazione. Un altro importante merito è dato dall’avere sottolineato che nei sistemi economici reali la relazione fra breve e lungo periodo è biunivoca: quindi non solo il lungo periodo influenza il breve (come dato per incontrovertibile dall’approccio di mainstream), ma vale anche il viceversa; infatti, quando un sistema economico sperimenta un periodo di stagnazione sufficientemente lungo, nel quale il tasso effettivo di disoccupazione è superiore a quello naturale, si verifica un fenomeno di “isteresi” che porta il tasso di disoccupazione naturale a salire, con detrimento delle opportunità di crescita di lungo periodo del sistema.

Questo filone della letteratura lega le considerazioni di carattere macroeconomico alla politica, ed in particolare instaura un legame fra: (i) macroeconomia, (ii) teoria delle scelte sociali e (iii) teoria dei giochi. La radice di questo approccio si trova nei contributi di

Nordhaus (1975) e Hibbs (1977), ma ha subito forte impulso e revisione teorica negli anni più recenti ad opera di autori quali Alesina, Perotti e Rogoff. Il punto che ha subito sostanziale innovazione teorica è dato dall’introduzione nei modelli originariamente formulati dell’ipotesi di aspettative razionali. L’utilizzo di aspettative razionali anziché di aspettative di tipo adattivo (a cui è connessa la possibilità che gli agenti economici compiano errori sistematici di previsione) ha ridimensionato l’impatto quantitativo connesso ai modelli di questo tipo, ma non ne ha modificato le conclusioni qualitative.

La considerazione fondante di questo approccio è che l’autorità di politica economica, con il suo operare non possa essere considerata esogena al problema di politica economica che la stessa è chiamata a risolvere. In realtà è scorretto ipotizzare che l’autorità sia un esogeno soggetto benevolente il cui scopo è la massimizzazione del benessere sociale. E’ invece vero che l’autorità è influenzata dalla performance della politica che attua (o attuerà) per due ordini di ragioni: a) in primo luogo chi occupa un ruolo di governo è interessato a mantenere il proprio potere; pertanto le politiche economiche possono essere distorte a fini opportunistici (si pensi ad esempio a politiche fiscali espansive attuate in prossimità di scadenze elettorali); b) anche immaginando una totale limpidezza morale da parte di chi governa, con assenza di moventi opportunistici, resta comunque il fatto che le società tendono ad essere polarizzate, ossia a portare all’emergere di schieramenti politici contrapposti, che a

La “Nuova” macroeconomia politica

Page 28: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

28

loro volta sono portatori di ideologie alternative; ciò significa che le politiche economiche vengono, al meglio, condizionate dalla visione politica dominante…

Al fine di evitare l’utilizzo strumentale delle politiche economiche, questi studi suggeriscono che vi sia una netta indipendenza fra governo e Banca Centrale; in questo modo il pubblico avrebbe la garanzia che la politica monetaria non verrebbe utilizzata per controllare in modo opportunistico il tasso di interesse.

Questo filone di studi analizza inoltre temi quali la sostenibilità del debito, la dimensione ottima degli stati e temi della crescita. E’ interessante notare una delle prescrizioni di questo approccio in tema di rapporto fra apertura dell’economia e dimensione ottimale delle entità statali. Secondo questi studi, l’esigenza di stati nazionali di grandi dimensioni è giustificata dalla necessità di eliminare ostacoli alla libera circolazione di beni e persone. Se tali ostacoli non esistono perché le varie entità nazionali hanno elaborato accordi di reciprocità, la dimensione ottimale dello stato nazionale si riduce. Infatti, una delle principali ragioni d’essere dello stato nazionale è la funzione redistributiva del reddito; tuttavia i benefici nascenti da una più equa distribuzione del reddito all’interno di grandi aree geografiche, si scontra con le difficoltà di integrare culture differenti ed interessi conflittuali (soprattutto se le nazioni che si conglomerano non sono culturalmente omogenee)16.

Sviluppi più recenti e ripresa della teoria della crescita L’utilizzo dell’ipotesi di aspettative razionali a livello teorico ha portato, come si è detto, ad un rafforzamento della posizione “classica”, che ha influito anche sulla condotta delle politiche

economiche. La preferenza per le regole in luogo delle politiche discrezionali ha spostato l’obiettivo primario della politica economica dal controllo dei livelli occupazionali al controllo dell’inflazione. Il tema prediletto della politica economica degli ultimi due decenni è stato la stabilità dei prezzi. E’ bene sottolineare che la stabilità non viene di norma intesa nel senso restrittivo di “assenza di inflazione”, ma piuttosto nel senso più ampio di inflazione che si colloca entro un margine molto ridotto (per esempio non oltre il 2%). Questa visione più elastica del concetto di stabilità dei prezzi è in parte da ricondurre all’evidenza empirica, che ha mostrato, per esempio con il caso giapponese, i rischi di deflazione indotti dal tentativo di perseguire un tasso di inflazione nullo; dall’altro è giustificata anche dall’esistenza di errori di misurazione nel tasso di inflazione effettivo che renderebbero particolarmente costosa l’attuazione di politiche di disinflazione rigidamente ancorate all’obiettivo del tasso di inflazione nullo.

16 Tutto questo invita ad una riflessione sui possibili effetti dell’allargamento dell’Unione Europea, per esempio.

L’importanza della stabilità dei prezzi

Page 29: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

29

Qualunque sia il fronte teorico scelto, è indubbio che la presenza d’inflazione produca dei costi crescenti al crescere dell’inflazione stessa. Si possono riconoscere due sostanziali tipi di costo. Il

primo si presenta quando l’inflazione è un fenomeno anticipato. I questo caso i costi dell’inflazione (a) si risolvono in una sorta di “tassa” pagata dagli individui in relazione alla imperfetta indicizzazione dei contratti (purché si ipotizzi l’esistenza di un qualche problema di coordinazione); (b) comportano un costo per la revisione dei “listini” delle imprese; (c) implicano una riduzione dei saldi monetari reali spendibili. Se l’inflazione non è anticipata, i costi precedenti vengono aggravati da (d) effetti redistributivi determinati dal passaggio di risorse reali da chi è in posizione creditoria a chi è in posizione debitoria; (e) incremento dell’incertezza sistemica (che ha un impatto deprimente sul livello complessivo dell’attività produttiva); (f) effetti distorsivi sull’allocazione delle risorse, perché l’alterazione del livello generale dei prezzi implica una variazione dei prezzi dei singoli beni e quindi un’alterazione dei prezzi relativi che rende di fatto inefficiente il meccanismo allocativo.

L’evidenza empirica, inoltre, mostra l’esistenza di un legame negativo fra inflazione e crescita. Anche se i livelli di inflazione che sono in grado di comprimere la dinamica di lungo periodo sono abbastanza elevati (nell’ordine del 20% di tasso di inflazione annuo)17, resta comunque il fatto che l’inflazione è un fenomeno “subdolo” che merita di essere costantemente monitorato (il che però non implica necessariamente che debba essere l’unica o preminente preoccupazione di una qualsiasi autorità economica).

Ma come ottenere il controllo dell’inflazione? La risposta implicita alle considerazioni precedenti è attraverso l’utilizzo di politiche monetarie che si attengano a regole precise e pubblicamente annunciate. In sostanza la politica monetaria deve essere attuata da un’autorità che possa risultare credibile allorquando annuncia un

determinato obiettivo.

Questo insieme di considerazioni ha indotto economisti di varia estrazione (soprattutto classici, NMC, RBC, ma anche esponenti della nuova macroeconomia politica) a sostenere la tesi della necessità dell’indipendenza fra Banca Centrale (o autorità monetaria) e governo (a cui è demandata la politica fiscale). La motivazione più significativa a sostegno di questa visione è data dal problema di credibilità dell’annuncio della politica economica, quando le due funzioni monetaria e fiscale sono sotto il controllo di un solo agente. E’ infatti noto che un governo che indulgesse in politiche fiscali ampie (cui conseguirebbero aggravi del debito pubblico),

17 In proposito si rimanda a Barro (1995).

I costi dell’inflazione

L’importanza dell’indipendenza della Banca Centrale

Page 30: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

30

avrebbe un incentivo a non rispettare un eventuale patto di stabilità dei prezzi, giacché l’inflazione consentirebbe di diminuire l’onere reale connesso al rimborso del debito.

Benché sia chiara la motivazione dell’indipendenza, non è invece univoco il criterio attraverso il quale la stessa debba essere definita. Tale indipendenza può essere infatti intesa almeno in due

differenti dimensioni. Si parla di indipendenza per obiettivi (o politica) quando l’autorità che attua la politica monetaria sceglie l’ammontare della manovra economica (ossia sceglie quale deve essere, per esempio, il tasso di inflazione obiettivo, o la sua variazione). Si ha invece indipendenza per strumenti (o economica) quando l’autorità che attua la politica monetaria non sceglie l’ammontare della manovra (perché quest’ultima viene comunque stabilita dal governo), ma ha potere discrezionale in merito al modo col quale raggiungere l’obiettivo prefissato (per esempio, scegliere se modificare l’offerta di moneta, oppure se modificare il tasso di interesse). A tutta evidenza il primo tipo di indipendenza è molto più ampia rispetto al secondo.

A livello teorico i modelli a sostegno dell’indipendenza della Banca Centrale si riconducono a quattro categorie:

• Modello di Rogoff (1985): Governatore conservatore. Questo modello implica indipendenza per obiettivi. In esso si suppone che il Governatore della Banca Centrale abbia non solo l’obiettivo del controllo dell’inflazione, ma che il livello di inflazione da quest’ultimo preferito sia addirittura inferiore al tasso di inflazione tollerato dal pubblico in generale. In sostanza, il Governatore della Banca Centrale tende ad attuare politiche monetarie che sono più restrittive di quelle che sarebbero attuate da qualsiasi altro agente economico. Si potrebbe pensare che questo tipo di modello non abbia mai trovato un’applicazione concreta, ma in realtà la Banca Centrale tedesca nell’ultimo decennio ha seguito questo tipo di comportamento.

• Modello di Lohmann (1992): Governatore “vincolato”. Questo modello è molto simile al precedente, in quanto presuppone che in generale la Banca Centrale possegga una indipendenza politica (o per obiettivi). Tuttavia tale indipendenza può essere eccezionalmente essere sottoposta al vincolo dell’autorità di governo. Per esempio, i condizioni di elevata disoccupazione, qualora le tensioni sociali che potessero scaturire dalla recessione fossero ritenute politicamente inaccettabili, il governo potrebbe intervenire, suggerendo alla Banca Centrale il livello di inflazione più opportuno per la situazione in atto. Questo tipo di modello è quello che, almeno a livello teorico, è presente nel Regno Unito (di fatto non è mai stato messo in pratica il potere di intervento del governo).

Tipi di indipendenza

Page 31: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

31

• Modello di Walsh (1993) e Bernanke e Mishkin (1992): Modelli di “accountability”. In questo caso si ha solo indipendenza per strumenti. L’autorità di governo sceglie quali debbano essere gli obiettivi di politica economica e alla Banca Centrale spetta unicamente la scelta degli strumenti monetari più opportuni al raggiungimento di tali obiettivi. L’efficacia dell’attività della Banca Centrale viene valutata osservando la capacità di controllo dell’inflazione, o il raggiungimento degli obiettivi annunciati. In sostanza, all’interno di questi modelli anche la Banca Centrale deve costruirsi una reputazione ed una propria credibilità.

Inutile sottolineare che in ogni caso esiste chi esprime una visione critica rispetto all’idea che governo e Banca Centrale debbano essere indipendenti. Pur nel riconoscimento del problema della credibilità delle politiche economiche, tali critici sostengono che i costi potenzialmente introdotti dall’indipendenza siano superiori ai benefici potenziali. Infatti con l’indipendenza, soprattutto nelle sue forme più estreme, si accentua l’incentivo da parte del governo ad attuare politiche fiscali distorte a fini politici; si rischia di innescare più facilmente una stagnazione (per effetto combinato di una politica fiscale “troppo” espansiva, che si associa ad una politica monetaria “troppo” restrittiva); si dimentica che l’obiettivo del controllo dell’inflazione è di norma connesso ad una stima di un tasso di disoccupazione d’equilibrio di lungo periodo (il tasso di disoccupazione naturale della curva di Phillips), ma tale tasso di disoccupazione di per sé non è immutabile e pertanto, una sua riduzione potrebbe avere luogo anche senza il pericolo di inflazione.

Un ultimo punto da sottolineare, perché pertinente al dibattito sull’attuazione della politica monetaria, è la spiegazione della persistenza e della gravità del fenomeno della disoccupazione a livello europeo. Mentre i sostenitori della posizione dell’indipendenza tendono a rappresentare il problema come un effetto della scarsa flessibilità del mercato del lavoro europeo, percepito come eccessivamente protetto ed istituzionalizzato rispetto ad altre economie sviluppate; i critici di tale visione sottolineano come le ragioni dell’elevata disoccupazione europea non siano da ricercare all’interno del mercato del lavoro, bensì debbano essere ricondotte al perseguimento dell’obiettivo di controllo dell’inflazione che era indispensabile al fine di consentire la nascita dell’euro. Si rinvia per approfondimenti all’illuminante saggio di (Jean-Paul Fitoussi, 1996)

La chiusura del panorama evolutivo della macroeconomia moderna non può non essere dedicata ai temi della crescita. Come si è osservato ad inizio capitolo, la ripresa dell’interesse nei confronti di questo tema di ricerca in parte è consequenziale agli

sviluppi realizzati nel mondo accademico. E’ infatti ovvio che lo spostamento della ricerca di mainstream da temi keynesiani, verso temi di impostazione più classica ha rivitalizzato l’attenzione per le questioni di lungo periodo. Ma come si è sottolineato

La ripresa della teoria della crescita

Page 32: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

32

nel corso di questa trattazione, di per sé gli sviluppi accademici non sono sufficienti a modificare radicalmente l’orientamento dell’ortodossia dominante; per far ciò occorre che si verifichino eventi (o fatti empirici) che corroborino la teoria, dimostrando la palese inefficacia esplicativa del paradigma teorico antecedente.

Nel caso della teoria della crescita non si è verificato apparentemente alcun fatto nuovo in palese contrasto con l’ortodossia dominante; al contrario, sembrerebbe che uno dei problemi più cogenti delle economi moderne sia quello di rendere meno pesanti i divari negli standard di vita dei diversi Paesi del mondo. Quindi comprendere le ragioni che portano a differenti tassi di crescita diviene una delle chiavi con le quali possibilmente disinnescare i pericoli di una crescente disuguaglianza nella distribuzione delle risorse. E’ indubbio che anche la peggiore delle Grandi Depressioni debba apparire ben poca cosa se paragonata agli effetti del sottosviluppo e dell’arretratezza che attanaglia la maggior parte delle economie a livello mondiale. Questo significa che gli economisti dovrebbero abbandonare lo studio dei fenomeni di “breve periodo” per concentrarsi primariamente su quelli di “lungo periodo”? L’analisi fin qui condotta dovrebbe condurre ad una cautela nella risposta, non fosse altro perché a questo punto dovrebbe essere chiaro che gli errori delle varie scuole di pensiero sono stati sempre indotti dall’aver assunto posizioni teoriche estreme…

Rinviando l’approfondimento dell’argomento ad un secondo momento, in questa sede si ricorda che la teoria della crescita moderna si è sostanzialmente sviluppata in tre fasi principali. Nei primi anni ’50, all’interno dell’analisi keynesiana, si diffusero i cosiddetti modelli di moltiplicatore-acceleratore, legati agli studi di Harrod (1948) e Domar (1947), i quali sottolinearono la natura instabile del sentiero di crescita di lungo periodo delle economie capitalistiche; già alla fine del medesimo decennio Solow (1956) ricondusse la teoria della crescita a principi classici, e conseguentemente orientati all’idea dell’esistenza di un equilibrio stabile di lungo periodo. In questo tipo di modello per ipotesi la potenziale divergenza fra investimento e risparmio viene risolta ex-ante implicando la coincidenza fra le due grandezze ed il percorso di crescita dipende dal tasso di crescita della popolazione e dal tasso di progresso tecnologico, convergendo allo stato stazionario, in cui il tasso di crescita del reddito pro-capite dipende unicamente dal tasso di progresso tecnico. Come si può notare, in questo modello il sentiero della crescita dipende da elementi esogeni (fattori demografici e tecnologia), ed il progresso tecnologico non trova una spiegazione dinamica, essendo per ipotesi uno shock che perturba il sentiero di equilibrio. A fronte di questo limite ha trovato impulso il terzo filone della teoria della crescita, che soprattutto grazie a contributi quali quelli di Romer (1994), e Barro e Sala-i-Martin

Page 33: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

33

(1995) ha prodotto i cosiddetti modelli di crescita endogena, che appunto spiegano come il progresso tecnologico sia di per se stesso un effetto della crescita18.

Esiste un consenso nella teoria macroeconomica moderna? Nel corso di questa trattazione più volte è stato enfatizzato il rapporto conflittuale fra i differenti filoni di pensiero che hanno costituito la macroeconomia moderna. Questo potrebbe portare a concludere che esistano ben pochi elementi di consenso fra i macroeconomisti.. In realtà, nonostante la dialettica della materia per tradizione (iniziata dallo stesso Keynes) porti ad enfatizzare innanzitutto gli elementi contrapposizione, esiste un sostanziale accordo su alcuni punti fondamentali. Dato l’excursus fin qui seguito dovrebbe risultare evidente che questi possono essere schematizzati come segue:

• Il sentiero di crescita dell’economia è determinato principalmente da fattori che agiscono sul lato dell’offerta (tecnologia, ricerca e sviluppo, scolarità, demografia…)

• Le fluttuazioni dell’economia rispetto al sentiero di crescita sono principalmente determinate da cambiamenti che intervengono sul lato della domanda. Il motivo per cui variazioni della domanda aggregata possono avere effetti reali è legato alla presenza di rigidità nominali e/o reali. La natura degli shock che generano fluttuazioni della AD è controversa: mentre le spiegazioni di tipo keynesiano sottolineano l’importanza di cambiamenti nella spesa autonoma, i monetaristi enfatizzano il ruolo di cambiamenti nel tasso di crescita della moneta, ed i nuovi classici gli effetti di variazioni purchè inattese della politica monetaria.

• Il trade-off fra inflazione e disoccupazione (la curva di Phillips) tende a scomparire nel lungo periodo. Ciò porta l’implicazione che l’autorità di politica economica può influenzare stabilmente il tasso di disoccupazione di equilibrio solo attraverso politiche che agiscono sul lato dell’offerta.

• Nel lungo periodo il tasso di inflazione è fondamentalmente determinato dalla crescita della moneta

• La valutazione sull’opportunità delle politiche di stabilizzazione è fortemente ridimensionata; quindi non viene di norma suggerita l’attuazione politiche sul lato della domanda atte a produrre la convergenza ai livelli di equilibrio naturale. Sostanzialmente gran parte degli economisti

18 Per approfondimenti si rinvia nuovamente a Spinelli, Franco and Tabellini, Guido eds. Letture Di Macroeconomia. Etaslibri, 1994. dove si trova la traduzione del contributo di Romer (1989) che costituisce un’illuminante rassegna sulla teoria della crescita moderna.

Page 34: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

34

oggi ritiene che sia estremamente difficile valutare l’effettivo impatto delle politiche di stabilizzazione. In ogni caso, nel breve periodo, si propende per ritenere che la politica monetaria sia efficace (in contrasto sia con la visione keynesiana pura che con quella nuovo classica)

• E’ mutata la struttura teorico-analitica che costituisce il fondamento dei modelli di politica economica. Mentre negli anni ’50 e ’60 le politiche di stabilizzazione nascevano dall’uso di modelli di controllo ottimo (modelli di fatto deterministici), attualmente il problema dell’attuazione della politica economica viene concepito all’interno di modelli di interazione strategica che utilizzano sia nozioni di teoria dei giochi che analisi stocastica. Corollario a questo mutamento è anche l’uso delle aspettative razionali quale meccanismo sottostante all’azione degli agenti economici.

Page 35: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

35

Premi Nobel per l’economia

Vincitori Motivazione

1969 Ragnar Frish – Jan Tinbergen Modelli dinamici

1970 Paul Samuelson Analisi statica e dinamica

1971 Simon Kusnetz Teoria della crescita

1972 Sir John Hicks – Kenneth J. Arrow Equilibrio generale e teoria del benessere

1973 Wassily Leontief Analisi di input-output

1974 Gunnar Myrdal – F. August Von Hayek

Cicli economici e teoria della moneta

1975 Leonid Kantorovich – T. Koopmans Allocazione ottimale delle risorse

1976 Milton Friedman Consumo, teoria moneta, stabilizzazione

1977 Bertil Ohlin – James Meade Economia internazionale

1978 Herbert A. Simon Teoria delle decisioni

1979 Theodore Schultz – Sir Arthur Lewis Economia dello sviluppo

1980 Lawrence Klein Modelli econometrici per cicli e politica economica

1981 James Tobin Analisi dei mercati finanziari e influsso su economia reale

1982 George Stigler Struttura mercati ed effetti regolamentazione

1983 Gerard Debreu Sviluppo analitico modelli di equilibrio economico generale

1984 Sir Richard Stone Contabilità nazionale ed analisi economica empirica

1985 Franco Modiglioni Teoria del risparmio e dei mercati finanziari

1986 James Buchanan jr. Teoria delle decisioni con fondamento contrattuale ed istituzionale

1987 Robert Solow Teoria della crescita

Page 36: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

36

1988 Maurice Allais Teoria dei mercati efficienti

1989 Trygve Haavelmo Teoria delle probabilità e strutture economiche simultanee

1990 Harry Markovitz – Merton Miller – William Sharpe

Teoria scelte di portafoglio

1991 Ronald Coase Costi di transazione e diritti di proprietà

1992 Gary Becker Teoria del capitale umano

1993 Robert Fogel – Douglass North Teoria delle istituzioni con applicazioni quantitative

1994 John Harshanyi – John Nash – Reinhard Selten

Teoria dei giochi: equilibri non cooperativi

1995 Robert Lucas Aspettative razionali

1996 James Mirrlees – William Vickrey Teoria degli incentivi con informazione asimmetrica

1997 Robert Merton – Myron Scholes Calcolo del valore dei titoli derivati

1998 Amartya Sen Economia del benessere

1999 Robert Mundell Economia internazionale: regimi di cambio e aree valutarie

2000 James Heckmann – Daniel McFadden Modelli matematici: teoria della scelta campionaria e scelta discreta

2001 George Akerlof – Michael Spence – Joseph Stiglitz

Informazione asimmetrica

2002 Daniel Kahneman – Vernon Smith Economia comportamentale

2003 Robert Engle – Clive Granger Econometria applicata a finanza: modelli ARCH e cointegrazione

2004 Finn Kydland – Edward Prescott Cicli economici e modelli per applicazione regole di politica economica

Page 37: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

37

L’importanza della Teoria Generale19 Scusate la presunzione… Probabilmente sono keynesiana. Non credo all’esistenza di leggi economiche infallibili perché credo nell’esistenza di Dio. E benché abbia un’estrema fiducia nella medicina, mi sono ben chiari i rischi connessi all’esistenza di effetti collaterali…

(Anna Maria Variato)

analisi evolutiva della macroeconomia ha evidenziato lo stretto rapporto esistente fra sviluppi teorici e fatti empirici, ma anche sottolineato come le

varie scuole di pensiero abbiano in qualche modo tentato di relazionarsi al contributo keynesiano, tanto per approfondirlo quanto per criticarlo. L’analisi tematica della macroeconomia (ossia l’approfondimento dei vari aspetti costitutivi della teoria macroeconomica a prescindere dalla loro collocazione temporale) non può pertanto prescindere dallo studio dei principali caratteri della teoria keynesiana, ed in particolare del contenuto della Teoria Generale, che più di ogni altro scritto di Keynes si è focalizzato sull’interpretazione sistemica della dinamica macroeconomia.

Le pagine che seguono rappresentano un tentativo di sintesi dei tratti essenziali dell’economia keynesiana, che vengono dedotti dalla lettura autentica della Teoria Generale. Si parlerà delle finalità della Teoria Generale (sono ancora applicabili al contesto attuale?), del metodo keynesiano (è condivisibile?), della caratterizzazione del sistema economico e dell’integrazione fra le sue parti (il percorso keynesiano può dirsi chiaro e compiuto, oppure è oscuro e lacunoso?)… Lo scopo ultimo di questa trattazione non è quella di indagare sui contenuti della Teoria Generale con l’interesse tipico dello storico economico, bensì quello di comprendere se la teoria keynesiana

19 Il presente capitolo è un estratto del Capitolo 3 del libro “L’Economia Keynesiana” di Andrea Salanti e Anna Maria Variato.

Capitolo

2

L’

Page 38: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

38

possa fornire ancora oggi validi elementi per la comprensione dei fenomeni macroeconomici, ossia elementi utili alla costruzione di paradigmi teorici di supporto alle scelte di politica economica.

3.1. Innovatività della Teoria Generale

Che cosa rende originale ed innovativa, ossia generale la teoria economica di Keynes che volle essere teoria dell’occupazione, dell’interesse e della moneta? L’osservazione dell’esistenza di un mercato del lavoro al cui funzionamento è connaturata la rigidità dei salari monetari, a cui consegue la rigidità dei prezzi, e la potenziale impossibilità di assorbire la disoccupazione attraverso manovre di riduzione salariale? L’enfasi sul ruolo giocato dalla domanda effettiva, il venir meno della legge di Say, ossia la constatazione del possibile fallimento della funzione riconosciuta al tasso di interesse nell’equilibrare risparmio ed investimento aggregato? L’importanza attribuita alla preferenza per la liquidità, che porta, da un lato la moneta a non essere più mero strumento per facilitare le transazioni, ma a divenire riserva di valore, ossia ciò che oggi si definisce strumento finanziario, e quindi elemento di speculazione; e dall’altro ad essere parte di una decisione di allocazione intertemporale delle risorse, che fondamentalmente concorre alla determinazione del tasso di interesse? Dunque non più la moneta neutrale della teoria di Cambridge, cui si affida il compito della determinazione dei prezzi, ma la moneta “segno”, indice della liquidità e della dimensione finanziaria di un sistema capitalistico evoluto, termometro degli “umori” di una collettività animata da spirito imprenditoriale e da impulsi speculativi, che imperfettamente coordinati innescano cicli di espansione virtuosa o di rapida distruzione della ricchezza, la cui intensità e ricorrenza caratterizzano la dinamica delle economie capitalistiche…

A ben guardare ciascuno dei punti evidenziati riconduce ad uno specifico mercato: il mercato del lavoro, il mercato dei beni ed il mercato della moneta (e delle attività finanziarie). Insieme questi tre mercati consentono di valutare le condizioni di esistenza e stabilità dell’equilibrio macroeconomico. Si potrebbe essere allora indotti a pensare che l’innovatività di Keynes possa essere ricondotta all’aver evidenziato peculiarità dei mercati che fino alla pubblicazione della Teoria Generale non erano state sottolineate? Una simile sintesi sarebbe riduttiva ed iniqua tanto nei confronti di Keynes, quanto degli autori che lo precedettero o gli furono contemporanei.

In primo luogo, infatti, nonostante Keynes possa essere considerato il fondatore della macroeconomia moderna, sarebbe alquanto fuorviante ritenere che il panorama teorico antecedente alla pubblicazione della Teoria Generale fosse caratterizzato dal prevalere di una visione ortodossa e monolitica che acriticamente rappresentava la

Page 39: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

39

dinamica economica come l’adattamento ottimale del sistema economico all’operare di forze di mercato rispondenti a leggi meccanicistiche in grado di coordinare il libero agire individuale. Equilibrio generale walrasiano e laissez-faire non erano esenti da critiche già prima di Keynes20; e fra i suoi stessi sostenitori era ben chiaro che tale modello fosse teoricamente valido in assenza di incertezza e disturbi di carattere monetario21. Come sottolineato da (D. Laidler, 1999) pag. 277:

“non c’era un vuoto nell’economia monetaria quando fu pubblicata la Teoria Generale. Non esisteva una ortodossia monolitica o atrofizzata, distaccata dalla realtà economica e quindi pronta per essere soppiantata. […] Piuttosto, la Teoria Generale deve essere concepita come il contributo a un corpo della letteratura vitale, composito ed in evoluzione che oggi noi conosciamo con il nome di macroeconomia”22.

Indubbiamente Keynes mancò di sottolineare il proprio debito intellettuale ad economisti del suo tempo23: la necessità di persuadere24 gli economisti della necessità di una nuova teoria, formulando simultaneamente una teoria superiore e alternativa a quella classica ritenuta fallace, portò l’autore alla scelta di una dialettica forte e dai toni per certi versi dispregiativi. Questa scelta non fu certo priva di controindicazioni, perché indubbiamente contribuì ad accentuare il clima di conflittualità intellettuale, ma fu un risultato voluto25: grazie alla sua manifesta quanto controversa capacità di persuasione Keynes riuscì a porre le basi affinché la sua opera divenisse un punto focale rispetto al quale gli economisti del passato e le generazioni di economisti a venire avrebbero dovuto comunque confrontarsi. Incidentalmente lo stile retorico keynesiano è stato mantenuto anche dai macroeconomisti successivi, che hanno enfatizzato gli elementi di contrapposizione dei loro contributi originali rispetto alla letteratura precedente, in luogo degli elementi di coesione26.

20 Oltre ai teorici del sottoconsumo a cui Keynes fece talvolta anche riferimento esplicito (vedi Malthus (18XX), Lauderdale (xxxx), Sismondi (xxxx) e Hobson (1923)), non si può non ricordare i contributi di Wicksell (1898), Thorton (1802) e Jevons (1863); né d’altro canto si può omettere che all’inizio del 1900 economisti quali Von Hayeck (1931), Von Mises (1934) e Ohlin (1933), sebbene partendo da presupposti completamente differenti, espressero posizioni alternative e critiche nei confronti del paradigma neoclassico-marginalista. 21 A titolo esemplificativo si veda Knight (1937). 22 Traduzione dall’originale. 23 I richiami ad economisti del passato sono per lo più contenuti nel capitolo 23; viene riconosciuto credito a Marshall nei capitoli precedenti, ed a Kahn per lo sviluppo del concetto di moltiplicatore (capitolo 10); ma soprattutto, si ritrovano elementi di critica all’indirizzo di Pigou, von Mises, Hayeck, Robbins, Allen (in particolare nell’appendice al cap. 14) e Robertson (cap. 22). Quindi gli elementi di contrapposizione o almeno di distinzione dalla letteratura contemporanea superano di gran lunga quelli di coesione. 24 Non bisogna dimenticare che Keynes fu un personaggio eclettico e sempre in bilico nella scelta fra discipline diverse e per taluni aspetti conflittuali come la filosofia e la matematica, e che dedicò al tema della persuasione una serie di saggi apparsi nel 1931. 25 In questa linea interpretativa si veda anche Gotti, M. "La "General Theory" Come Opera Aperta," A. Marzola and F. Silva, John M. Keynes Linguaggio E Metodo. Bergamo: Pierluigi Lubrina Editore, 1990, 185-230. 26 Gli esempi al riguardo potrebbero seguire numerosi, ma emblematico al riguardo sono certamente i contributi di Lucas.

Page 40: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

40

La discussione della portata e dei limiti della rivoluzione keynesiana, soprattutto in relazione alla sua dimensione dialettica esula di gran lunga dagli obiettivi del presente lavoro27, e non verrà perseguita ulteriormente. L’analisi della portata rivoluzionaria in termini sostanziali è invece rinviata al capitolo 5. A prescindere tuttavia dalla mitizzazione del ruolo di Keynes nel percorso che ha portato al consolidarsi della moderna teoria macroeconomica, resta il fatto che l’aspetto originalmente rivoluzionario per l’epoca, fu l’enfasi sulla necessità di adottare un approccio sistemico per la comprensione della dinamica capitalistica.

E questo aspetto ci riporta al secondo dei motivi per cui l’innovatività di Keynes non può essere ricondotta alla semplice proposizione di delucidazioni sul funzionamento di singoli mercati.

3.2. Il significato moderno dell’approccio macroeconomico

3.2.1. Le origini

Che cosa significa possedere una visione sistemica? E più specificamente, era tale necessità del tutto sconosciuta agli economisti contemporanei o antecedenti a Keynes?

La risposta negativa che caratterizza il secondo quesito potrebbe indurre a ridimensionare notevolmente l’originalità del contributo Keynesiano, ma nel corso della trattazione risulterà evidente come il richiamo alla necessità di una speculazione di carattere sistemico non implicasse tanto considerazioni sull’oggetto di studio, quanto una riflessione sul metodo di studio. Ed in questo senso l’originalità di Keynes resta salva.

Per quanto riguarda l’oggetto di studio, infatti, già gli economisti classici possedevano senza dubbio una concezione sistemica della materia: studiavano le cause della ricchezza e della dinamica dell’accumulazione, nel tentativo di individuare le ragioni della prosperità o del declino delle nazioni. D’altro canto questa visione d’insieme era anche permeata da una forte componente etica o quanto meno filosofica: la ricerca delle fonti del “valore” era anche ricerca delle modalità di ripartizione del “surplus” fra le categorie che avevano concorso a produrlo. Esisteva cioè un’inscindibile relazione fra (i) analisi sistemica, (ii) etica e (iii) teoria della distribuzione del reddito. (eventualmente produrre citazioni al riguardo). Il generale pessimismo che pervade la letteratura classica in merito alle possibilità del sistema capitalistico di perdurare indefinitamente, giustificato principalmente da una inadeguata valutazione del ruolo del progresso tecnologico e degli annessi incrementi di produttività; nonché il prevalere di posizioni che portavano a ritenere che il conflitto distributivo fra le classi

27 Sul rapporto fra finalità della Teoria Generale e retorica dell’opera si rimanda all’interessante raccolta di saggi pubblicata a cura di Marzola, A. and Silva, F. eds. John M. Keynes. Linguaggio E Metodo. Bergamo: Pierluigi Lubrina Editore, 1990.

Page 41: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

41

sociali si sarebbe risolto con il rovesciamento violento delle istituzioni vigenti, creò le condizioni favorevoli al consolidamento dell’approccio neoclassico marginalista. Rispetto a quanto l’aveva preceduto, tale approccio “riduceva”28 il sistema economico ad essere la somma delle sue parti, ossia la somma di innumerevoli mercati, che singolarmente soggiacevano alle leggi della domanda e dell’offerta, le quali a loro volta erano somma (o aggregazione) di azioni individuali ottimizzanti. Inoltre, enfatizzando il ruolo dell’azione individuale e del meccanismo di mercato, tale approccio stabiliva una sequenza causale fra allocazione e distribuzione, subordinando la seconda alla prima, o meglio creando la finzione secondo la quale da un lato esiste l’economia positiva il cui scopo è lo studio dell’efficiente allocazione delle risorse, vale a dire l’economia “oggettiva” che elimina lo spreco (il male peggiore in un sistema in cui le risorse sono irrimediabilmente scarse in rapporto agli infiniti usi e bisogni alternativi), e dall’altro esiste l’economia normativa che si occupa della distribuzione, cioè l’economia “politica”, quella che stabilisce se il risultato raggiunto dal mercato sia anche accettabile a livello sociale, oppure debba essere alterato per ottenere un equilibrio più equo.

In estrema sintesi, la teoria neoclassico-marginalista relegò nell’ombra ciò che i classici non avrebbero invece mai messo in discussione: il principio per cui la comprensione della dinamica dei sistemi economici non può prescindere dal possedere una visione d’insieme, e che tale dinamica implica una simultaneità piuttosto che una consequenzialità fra temi allocativi e distributivi, ossia fra efficienza ed equità delle scelte.

Sostenere dunque che la macroeconomia sia nata alla fine degli anni ’30 del ventesimo secolo è forse una affermazione poco accurata, giacché quanto meno dal punto di vista sostanziale29, quanto ha preceduto l’avvento della teoria marginalista aveva più tratti in comune con la macroeconomia che con la microeconomia, così come le intendiamo oggi.

3.2.2 L’approccio macroeconomico moderno

Perché non vi è coincidenza fra equilibrio economico generale ed equilibrio macroeconomico? Che cosa rende differente l’equilibrio degli n mercati che compongono un sistema dall’equilibrio del sistema stesso?

Si è detto che si tratta di una questione metodologica più che di una questione relativa all’oggetto di studio. Ricorrendo al pensiero aristotelico si potrebbe semplicemente affermare che il tutto non equivale alla somma delle parti, ma possiede una propria ragione d’essere. Le esemplificazioni potrebbero poi seguire numerose. 28 Il termine in questo caso è usato in senso riduzionista e per nulla dispregiativo. 29 Il vocabolo “macroeconomia” effettivamente è comparso all’inizio del ventesimo secolo e viene di norma attribuito a Lindhal.

Page 42: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

42

In questa sede può essere utile un’esemplificazione attinente ad uno dei miei passatempi preferiti. Adoro comporre i puzzle. E’ un ottimo esercizio zen, che educa alla pazienza e allo spirito d’osservazione. Non potrei comporre nessun quadro se non osservassi attentamente le singole tessere, se non separassi la cornice dal centro, se non raggruppassi le diverse sfumature in gruppi omogenei. Eppure non arriverei alla fine se mi fermassi solamente a questo, se non sapessi che alla fine comporrò un’immagine dal significato complessivo e ulteriore rispetto alle singole componenti. Spesso la conoscenza della figura intera che si deve comporre aiuta a sistemare le tessere. Ma mi è capitato di ricomporre puzzle senza avere una figura di riferimento. Il rompicapo più complesso prevedeva persino una stampa ignota su entrambi i lati delle tessere…

Fra tutte le possibili esemplificazioni questa credo sintetizzi al meglio la necessità che l’economia sia costituita sia dalla macro che dalla microeconomia. Infondo, lo studio dei sistemi economici è come la composizione di un puzzle. Vi sono fasi storiche di grande cambiamento, nelle quali l’immagine di riferimento non esiste, e dunque non resta che affidarsi all’analisi dei particolari, che pezzo dopo pezzo porteranno ad una costruzione d’insieme; ma in assenza di rivoluzioni, dal passato vengono indicazioni che danno un’immagine di fondo, attendibile per quanto suscettibile di cambiamento, ed allora l’affidarsi alla visione d’insieme è condizione per unire assai più velocemente le singole tessere. Nessuna delle due strategie (affidarsi unicamente al micro o al macro) paga per se stessa, non fosse altro perché per perseguirla occorre assai più tempo. Personalmente ritengo che la sfida di un puzzle sia quella di ricomporre l’immagine intera, obbligando al tempo stesso ad una comprensione assoluta dei particolari. Forse la mia preferenza per la macroeconomia è data dal senso di assoluto che evoca: il tutto che trascende le parti, senza però prescindere dalle parti.

Questo esempio “pragmatico” credo faciliti la lettura del passaggio seguente, il cui contenuto è invece prettamente metodologico.

Che il richiamo di Keynes ad un approccio sistemico sia da intendersi soprattutto in senso metodologico diviene esplicito non appena si consideri che di per sé l’equilibrio economico generale cui giunge la scuola marginalista è equilibrio dell’intero sistema economico, essendo simultaneo equilibrio di tutti gli n mercati che compongono il sistema stesso.

La tesi della non equivalenza fra macroeconomia ed equilibrio economico generale è sintesi di filosofia classica e modernità. Da un lato è infatti il pensiero aristotelico che afferma che il tutto non equivale alla somma delle parti, ma possiede una propria ragione d’essere. Dall’altro è il tentativo di applicare questo pensiero al contesto proprio dell’economia, trovando un linguaggio utile a spiegare come e perché il tutto e le parti in economia tendenzialmente non coincidano.

Page 43: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

43

Classica è l’osservazione che la coincidenza fra tutto e somma delle parti si ottiene a condizione di ipotizzare totale indipendenza fra le parti. Moderna è la contestualizzazione alla teoria marginalista che deriva l’equilibrio economico da tacite ipotesi di indipendenza fra i mercati. Se all’interno dell’approccio di equilibrio economico generale esistesse la possibilità di considerare tutte le possibili interrelazioni spazio-temporali fra i mercati, il pensiero aristotelico rimarrebbe valido, ma verrebbe meno la contrapposizione fra approccio marginalista ed approccio keynesiano. Infatti la molteplicità di ragioni che a livello filosofico giustificano una differenza fra il tutto e la somma delle parti, nella teorizzazione economica si riconduce alla necessità di riconoscere una interdipendenza organica fra i mercati.

3.2. L’approccio macroeconomico nella Teoria Generale

La visione sistemica di Keynes viene sostenuta seguendo un percorso logico espositivo rigoroso che si snoda nella Teoria Generale. Anzitutto si parte dall’enunciare lo scopo dell’opera. Tale finalità viene perseguita attraverso un metodo molto preciso, che implica innanzitutto (1) una contrapposizione critica nei confronti della posizione intellettualmente dominante dell’epoca. Keynes sottolinea quelli che a suo dire sono gli errori della teoria classica, e si sofferma particolarmente sulla fallacia di composizione. (2) Quindi passa alla parte costruttiva del suo ragionamento che è fatta di argomenti di carattere generale e di caratterizzazione dei particolari relativi ai singoli mercati, che sostengono logicamente la tesi della Teoria Generale.

Passiamo ad esaminare nel dettaglio ciascuno di questi punti.

Come dimostrare fallacia della teoria classica? L’argomentazione procede per punti. E’ interessante notare che il libro si intitola Teoria Generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta, si spiegano nell’ordine occupazione, interesse e moneta, ma in realtà il nesso causale fra le variabili, a ben guardare, dopo avere studiato le variabili è esattamente invertito… La scelta espositiva è un percorso a ritroso. Come in un giallo vediamo la scena del delitto ma non sappiamo chi è il colpevole… In sostanza si parte dalla prima affermazione secondo cui il problema della disoccupazione non può essere risolto solo guardando al mercato del lavoro, e non può essere visto come fenomeno di natura volontaria o frizionale. E, poco a poco, attraverso la definizione della domanda e dell’offerta aggregata, con annesse determinanti, si arriva ad esaminare il ruolo di tasso di interesse ed a giustificare perché questo non serva ad equilibrare investimento e risparmio; per giungere infine al ruolo della moneta e al meccanismo di fissazione dei prezzi. Prescindiamo dai prezzi che compaiono per ultimi e, nella catena causale, effettivamente dovrebbero rimanere ultimi: le ragioni della disoccupazione sono da ricercare nella natura stessa del capitalismo monetario, nella necessità di accumulare moneta che nasce dal vivere in un mondo incerto, ma anche dall’avidità umana.

Page 44: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

44

La struttura logica della Teoria Generale si fonda su alcuni pilastri fondamentali che possono essere di seguito riassunti.

Punto 1. La Teoria Generale studia le peculiarità delle economie monetarie di produzione L’analisi della Teoria Generale si applica ad un sistema capitalistico evoluto, ossia studia le economie monetarie di produzione. I caratteri di questo tipo di sistema sono due: a) vale nesso causale denaro merce denaro (piuttosto che merce denaro

merce); b) si opera in un contesto di incertezza irriducibile o fondamentale. Bisogna capire se i due fattori sono ugualmente necessari e rilevanti. Anche in questo caso la risposta di Keynes e quella dei suoi successori potrebbe non essere strettamente coincidente. Pur considerando entrambi i fattori, per Keynes era comunque preminente il primo, mentre a tutta evidenza i Post-Keynesiani (soprattutto americani) fanno esattamente il contrario. A prescindere momentaneamente dalla rilevanza dei due, vediamone le implicazioni. Se la finalità della dinamica capitalistica è l’accumulazione di moneta è perché si tratta di un bene particolare con funzioni e peculiarità distintive. Di fatto Keynes sottolinea che non sono tanto le funzioni della moneta a distinguere una economia monetaria da una economia non monetaria; in questo caso infatti, se anche la moneta servisse da unità di conto, per agevolare le transazioni, se assolvesse ad una funzione di riserva di valore, ed in quanto tale rispondesse ad esigenze “speculative” che nascono dal dover fronteggiare l’ineliminabile incertezza in cui vengono intraprese le decisioni economiche, rimarrebbe comunque un “velo”, ossia uno strumento che agevola il funzionamento dei sistemi capitalistici evoluti, mantenendosi in posizione di neutralità rispetto alla determinazione del livello o della variazione dell’attività reale (intesa come reddito, accumulazione e occupazione). La moneta è un bene particolare perché ha le caratteristiche ricordate da Keynes nel cap. XX (più specificamente un costo pressoché nullo di detenzione, un costo nullo di trasformazione in attività liquida, un rendimento dalla detenzione molto basso perché associato ad un rischio intrinseco all’attività stessa altrettanto basso). Sono tali caratteristiche ad impedire che il rendimento della moneta scenda al di sotto di un certo limite e indirettamente sono queste a determinare il tasso di interesse prevalente sul mercato, il quale a sua volta sarà rigido verso il basso, portando ad un livello di investimento incongruo rispetto alla piena occupazione del lavoro. La moneta (o un bene con le sue caratteristiche) esisterebbe anche se non ci fosse incertezza? Ovvero l’incertezza da sola basterebbe a far saltare il meccanismo che porta al riequilibrio fra risparmi ed investimento? E’ possibile rispondere affermativamente ad entrambe le domande, tuttavia i sistemi ai quali darebbero vita non sono quelli che ci troviamo ad esaminare nella vita reale e quindi una ulteriore esplorazione dell’argomento sarebbe in un certo senso oziosa.

Punto 2. Le caratteristiche del sistema economico non si inducono per semplice estensione delle leggi microeconomiche.

Page 45: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

45

Per capire che cosa succede nel sistema occorre evitare un errore fondamentale, ossia credere che le caratteristiche di un mercato (o parte, o microeconomiche) si estendano senza variazioni al sistema nel suo complesso.

La visione sistemica è essenziale alla comprensione della TG. Keynes non parla di mercati distinti, ma al contrario evidenzia le strette relazioni che esistono fra un mercato e l’altro, inserendole in una dimensione intertemporale. L’idea è senza dubbio buona, la trattazione un po’ meno soddisfacente, perché in realtà le considerazioni dinamiche sono un po’ contorte ed i nessi causali specificati un po’ alla rinfusa…

Questo punto di fatto sottolinea due aspetti: 1) il problema della fallacia di composizione (pensare che proprietà micro siano anche proprietà macro); 2) problema della mancata considerazione dell’interdipendenza fra vari mercati. E’ importante sottolineare che possedere una visione macroeconomica non implica ragionare a prescindere dalla microeconomia. Per Keynes questo è chiarissimo

Punto 3. La dinamica economica è in continuo divenire, quindi tracciarne i nessi causali è per certi versi un’operazione arbitraria (come stabilire se è nato prima l’uovo o la gallina).

I nessi causali si stabiliscono nel momento in cui si traccia la distinzione fra: a) dati del problema, b) variabili indipendenti (o esogene), c) variabili dipendenti (o endogene). Il confine fra a) e b) si traccia sulla base di scelte di politica economica: in sostanza si collocano fra indipendenti le variabili che possono essere utilizzate come strumenti di politica economica.

Punto 4. Descrizione del meccanismo che porta all’equilibrio macroeconomico. La struttura causale richiamata nella Teoria Generale segue un percorso del tipo:

a) partenza da dati del problema macroeconomico standard (struttura dei mercati, preferenze, tecnologie, struttura istituzionale, demografia, variabili di politica economica rilevanti…)

b) valutazione delle aspettative di rendimento dei nuovi beni di investimento (da cui discende prezzo di domanda) e del prezzo di offerta dei beni di investimento: calcolo dell’efficienza marginale del capitale (MEK)

c) valutazione della preferenza per la liquidità (che determina la domanda di moneta Ld in parte, ma non la determina completamente perché per conoscerne entità occorrerebbe anche conoscere Y) e offerta di moneta. N.B. Semplificando Ld=L(i) invece sarebbe possibile determinare i

d) noti i e MEK si determina I e) valutazione della propensione al consumo (e altre variabili fiscali) f) noti I e propensione al consumo, via moltiplicatore, si ottiene Y g) noto Y si determina residualmente S (=I)

Page 46: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

46

h) noto Y si determina N i) date le condizioni di offerta e i salari nominali si determina p.

Dalla sequenza (a) – (i) non c’è nessuna ragione per ritenere che Y sia quello di pieno impiego, perché N è determinato, non determinante. E con questo si giunge alla dimostrazione che il risultato di sottoccupazione è il caso generale al quale la teoria economica deve riferirsi.

Data la struttura logica sopra esposta è possibile analizzare in maggior dettaglio il contenuto della Teoria Generale.

3.3. Lo scopo della Teoria Generale

Keynes scrive la Teoria Generale con una serie di finalità: (i) finalità descrittiva: studiare le forze che concorrono alla determinazione del prodotto e del livello di occupazione delle economie monetarie; (ii) finalità critica: dimostrare che la teoria classica si concentra su una situazione particolare e di fatto irrilevante per l’economista che si occupi di spiegare la dinamica delle economie monetarie; (iii) finalità politica: sostenere l’auspicabilità dell’azione pubblica nell’economia, indicando gli strumenti necessari a tale azione; (iv) finalità sociologica: persuadere sia economisti che politici della correttezza delle tesi (ii) e (iii).

Tali obiettivi sono espressamente e inequivocabilmente esplicitati in vari passaggi della TG:

This book, on the other hand, has evolved into what is primarily a study of the forces which determine changes in the scale of output and employment as a whole; and, whilst it is found that money enters into the economic scheme in an essential and peculiar manner, technical monetary detail falls into the background. A monetary economy, we shall find, is essentially one in which changing views about the future are capable of influencing the quantity of employment and not merely its direction (vii prefazione inglese) (enfasi aggiunta).

In questo passaggio risultano evidenti: (1) il richiamo ad un’analisi di tipo sistemico volta alla determinazione delle variabili macroeconomiche chiave (produzione ed occupazione), (2) il ruolo attribuito alla moneta, che deve essere considerata essenziale, benché non sia strettamente necessario delineare fin da subito, nei dettagli, gli aspetti tecnici che determinano la sua circolazione nel sistema economico, (3) la definizione di economia monetaria. Questi elementi costituiscono lo scenario che Keynes intende studiare e descrivere.

The postulates of the classical theory are applicable to a special case only and not to the general case, the situation which it assumes being a limiting point of the possible positions of equilibrium. Moreover, the characteristics of the special case assumed by the classical theory happen not to be those of the economic society in which we actually live (p. 3). (enfasi aggiunta)

Page 47: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

47

Fin dalle prime pagine Keynes esplicita che la teoria “classica” (intendendo l’approccio neoclassico marginalista e di equilibrio economico generale) si applica ad un caso limite in cui può trovarsi una economia reale, e non può dunque essere considerata come il punto di partenza per un’analisi di tipo generale.

Our final task might be to select those variables which can be deliberately controlled or managed by central authority in the kind of system in which we actually live (p. 247).

La TG non è destinata al solo pubblico accademico, ma ha una precisa finalità pragmatica: arrivare a costruire una teoria che serva a selezionare le variabili che l’autorità di politica economica può gestire al fine di raggiungere i propri obiettivi.

La fiducia nel potere persuasivo delle idee non potrebbe essere resa più esplicitamente (pertanto è ovvio che Keynes ritenesse che il suo contributo avrebbe prima o poi cambiato il modo di concepire l’economia teorica ed applicata):

But apart from this contemporary mood, the ideas of economists and political philosophers, both when they are right and when they are wrong, are more powerful than is commonly understood. […] I am sure that the power of vested interests is vastly exaggerated compared with the gradual encroachment of ideas. Not, indeed, immediately, but after a certain interval; for in the field of economic and political philosophy there are not many who are influenced by new theories after they are twenty-five or thirty years of age, so that the ideas which civil servants and politicians and even agitators apply to current events are not likely to be the newest. But, soon or late, it is ideas, not vested interests, which are dangerous for good or evil. (pp. 383-384).

3.4 Metodo della TG

Il metodo della TG è più in generale il metodo di Keynes. Ed in questo senso vengono richiamati alcuni importanti errori metodologici, che quasi in massima parte sono attribuibili all’approccio classico.

1. Generalità delle premesse For if orthodox economics is at fault, the error is to be found not in the superstructure, which has been erected with great care for logical consistency, but in a lack of clearness and of generality in the premisses. (v prefazione inglese). (enfasi aggiunta)

Il primo errore anticipa una questione che viene successivamente ampliata (nel corso del capitolo 2) in merito alla presenza di ipotesi implicite nell’approccio classico, le quali da sole garantiscono il risultato di piena occupazione, imponendo un risultato, anziché derivarlo dalla soluzione del problema macroeconomico. Il punto importante, per Keynes è che si tratta di ipotesi implicite (da cui discende l’obiezione relativa alla mancanza di chiarezza) che però garantiscono l’equivalenza fra equilibrio economico generale e macroeconomia, ossia la coincidenza fra tutto e la somma delle parti (da cui discende l’obiezione di generalità delle premesse: come si è osservato nei paragrafi precedenti questa coincidenza non è assicurata in generale, ma solo in caso di stretta indipendenza fra le parti che compongono il sistema). E’ importante sottolineare che in questo passo Keynes sottolinea la coerenza logica interna della teoria classica; quindi non è a tale coerenza che si indirizza la sua critica.

L’errore più rilevante commesso dai classici, secondo Keynes, si ricollega pertanto alla questione metodologica della fallacia di composizione. La mancata considerazione dell’interdipendenza organica fra le parti del sistema porta a

definire una macroeconomia che ha proprietà teoriche inesistenti nella realtà. Per Keynes, l’interdipendenza organica è esclusa dall’operare di tre ipotesi di indipendenza implicite. Queste sono rispettivamente: (i) ipotesi di indipendenza delle variabili reali da variazioni della moneta (ossia ipotesi

La fallacia di composizione

Page 48: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

48

di neutralità della moneta); (ii) ipotesi di indipendenza da variazioni del valore del prodotto fisico e dell’occupazione (ossia ipotesi di equilibrio di piena occupazione permanente); (iii) ipotesi di indipendenza da variazioni del livello del reddito (che implica che ciò che vale a livello microeconomico si estenda anche a livello macroeconomico). Nell’insieme, dunque, le ipotesi tacite della teoria classica implicano indipendenza logica da variazioni dei livelli o dei valori fra le varie variabili considerate30. Tale indipendenza non è verificata in generale nelle economie reali.

Per sostenere la correttezza delle proprie argomentazioni Keynes propone diverse situazioni nelle quali emerge il problema della fallacia di composizione (ossia del conflitto che esiste fra microeconomia e macroeconomia). Il primo esempio è costituito dal cosiddetto paradosso della parsimonia, attraverso il quale si dimostra come l’atto di risparmio che può essere ragionevole per l’individuo (dimensione microeconomica) possa determinare nell’aggregato un livello di risparmi tale da impedire il raggiungimento del pieno impiego:

The insufficiency of effective demand will inhibit the process of production in spite of the fact that the marginal product of labour still exceeds in value the marginal disutility of employment. Moreover the richer the community, the wider will tend to be the gap between its actual and its potential production; and therefore the more obvious and outrageous the defects of the economic system. For a poor community will be prone to consume by far the greater part of its output, so that a very modest measure of investment will be sufficient to provide full employment; whereas a wealthy community will have to discover much ampler opportunities for investment if the saving propensities of its wealthier members are to be compatible with the employment of its poorer members. If in a potentially wealthy community the inducement to invest is weak, then, in spite of its potential wealth, the working of the principle of effective demand will compel it to reduce its actual output, until, in spite of its potential wealth, it has become so poor that its surplus over its consumption is sufficiently diminished to correspond to the weakness of the inducement to invest. But worse still. Not only is the marginal propensity to consume weaker in a wealthy community, but, owing to its accumulation of capital being already larger, the opportunities for further investment are less attractive unless the rate of interest falls at a sufficiently rapid rate; which 'brings us to the theory of the rate of interest and to the reasons why it does not automatically fall to the appropriate level, which will occupy Book IV. (p. 31).

Nella seconda esemplificazione si evidenzia il rapporto biunivoco fra domanda aggregata e livello del reddito che esiste a livello macroeconomico, ma non vale a livello individuale (nel senso che una variazione del reddito influenza la domanda del singolo individuo, ma non vale in generale il viceversa):

Though an individual whose transactions are small in relation to the market can safely neglect the fact that demand is not a one-sided transaction, it makes nonsense to neglect it when we come to aggregate demand. This is the vital difference between the theory of the economic behaviour of the aggregate and the theory of the behaviour of the individual unit, in which we assume that changes in the individual's own demand do not affect his income. (p. 85).

Sempre nell’ambito della teoria del risparmio, si considera la relazione fra tasso di interesse e risparmio aggregato, che apre la possibilità di effetti più complessi di quelli implicati da considerazioni microeconomiche, ossia una sicura relazione positiva fra le due variabili:

30 Per approfondimenti sulla questione si rinvia a Carabelli in Marzola, A. and Silva, F. eds. John M. Keynes. Linguaggio E Metodo. Bergamo: Pierluigi Lubrina Editore, 1990.

Page 49: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

49

Thus, even if it is the case that a rise in the rate of interest would cause the community to save more out of a given income, we can be quite sure that a rise in the rate of interest (assuming no favourable change in the demand-schedule for investment) will decrease the actual aggregate of savings. (p. 111).

Un ulteriore e fondamentale considerazione in merito alla differenza fra micro e macroeconomia si ricava dalla descrizione del concetto di liquidità dell’investimento. Evidentemente il possesso di una qualsiasi attività, sia essa finanziaria o meno, si giustifica attraverso una scelta di portafoglio che porta l’individuo a gestire le proprie risorse sulla base di scelte combinate di rischio e rendimento. Il movente per detenere un’attività poco liquida (e di per sé anche solo per questo fatto più rischiosa) è dato dal maggiore rendimento che la stessa di norma assicura. Ogni individuo ha una personale propensione al rischio, ma a prescindere dalle preferenze individuali, se nel complesso esistono mercati per le attività rischiose è perché ciascun individuo a livello microeconomico spera di poter traslare il rischio del detenere tali attività (ovvero spera di poter vendere un titolo rischioso qualora le sue aspettative mutino, o quando ritenga di aver ottenuto un guadagno sufficiente, o per qualsiasi altro motivo…). Ma quello che vale per l’individuo non vale livello macroeconomico: se il mercato cambia idea in massa rispetto ad una determinata attività, il concetto di liquidità della stessa viene meno. In altri termini la traslazione del rischio nell’aggregato è impossibile:

It (classical theory) forgets that there is no such thing as liquidity of investment for the community as a whole. (p.155).

Oltre alla fallacia di composizione un ulteriore errore metodologico si lega alla natura del percorso che porta all’elaborazione delle teorie economiche ed ha natura puramente intellettuale:

2. Economisti e dipendenza dalle idee passate It is astonishing what foolish things one can temporarily believe if one thinks too long alone, particularly in economics (along with the other moral sciences), where it is often impossible to bring one's ideas to a conclusive test either formal or experimental. […] The difficulty lies, not in the new ideas, but in escaping from the old ones, which ramify, for those brought up as most of us have been, into every corner of our minds. (vii prefazione inglese).

Questo passaggio è solo implicitamente una critica all’approccio classico, ma più esplicitamente porta l’attenzione sulla necessità che lo sviluppo della teoria economica nasca dal confronto delle idee, senza essere il frutto di pensiero individuale isolato. Una delle difficoltà insite nella dialettica delle idee è però determinata dalla dipendenza mentale da schemi acquisiti, che rende difficile l’abbandono di vecchie modalità di ragionamento, anche quando si dimostrino fallaci e superate, a favore di nuove idee.

3. Il metodo della speculazione economica The object of our analysis is, not to provide a machine, or method of blind manipulation, which will furnish an infallible answer, but to provide ourselves with an organised and orderly method of thinking out particular problems; and, after we have reached a provisional conclusion by isolating the complicating factors one by one, we then have to go back on ourselves and allow, as well as we can, for the probable interactions of the factors amongst themselves. This is the nature of economic thinking. Any other way of applying our formal principles of thought (without which, however, we shall be lost in the wood) will lead us into error. (p. 297).

Per quanto riguarda lo scopo della teorizzazione economica Keynes sottolinea che non deve tendere a fornire risposte infallibili, ma a suggerire un metodo per l’analisi della realtà complessa che ci circonda. In altri termini l’economista non deve essere né un indovino né un mago. Con specifico riguardo al modo in cui la speculazione deve essere condotta sia ha una evidente integrazione fra deduzione ed induzione. Infatti, il punto di partenza è la visione di insieme o sistemica. Ma poiché quest’ultima è troppo complessa da discernere, può essere utile, in prima approssimazione, delineare le caratteristiche delle parti (passando ad una versione semplificata del problema originario). Quindi,

Page 50: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

50

dalle parti si tenta di risalire al sistema cercando di stabilire le possibili interazioni fra le parti: poiché si considera l’aspetto di interazione sì può parlare di induzione intesa in senso ampio. In altri termini, Keynes condivide coni classici la necessità di indipendenza logica fra le parti, ma a differenza dei classici tale indipendenza è temporanea ed inoltre è esplicita. Questa scelta metodologica implica che il metodo keynesiano sia generale a livello logico, ma non necessariamente destinato a produrre risultati univoci, essendo molteplici le linee argomentative che si possono seguire per ricostruire le connessioni fra le parti.

4. Attacco a eccessi di matematizzazione Too large a proportion of recent 'mathematical' economics are merely concoctions, as imprecise as the initial assumptions they rest on, which allow the author to lose sight of the complexities and interdependencies of the real world in a maze of pretentious and unhelpful symbols. (p. 298).

Evidente in questo passaggio è l’avversione di Keynes per la formalizzazione delle teorie economiche se quest’ultima si traduce in un puro esercizio estetico e non in un tentativo di catturare la complessità della realtà economica. Quindi, appare evidente che il metodo keynesiano è anzitutto basato sulla scelta di un linguaggio espositivo non formalizzato. Questo aspetto ha costituito uno dei punti più attaccati negli anni successivi alla pubblicazione della Teoria Generale.

5. Keynes Cassandra di se stesso As is often the case with imperfectly analysed intuitions, their significance only became apparent after I had reached my own conclusions in my own way. (p. 353)

Con questa frase Keynes commenta il contributo di un uomo d’affari appassionato d’economia monetaria (tale Silvio Gesell), sottolineando come quest’ultimo non fosse stato adeguatamente apprezzato nel mondo accademico, pur avendo espresso alcune intuizioni fondamentali in merito alla teoria del tasso di interesse e della moneta. Il motivo di questo scarso successo viene individuato da Keynes nello scarso rigore espositivo delle argomentazioni proposte da Gesell, le quali, in ultima analisi hanno lasciato un margine troppo ampio per la libera interpretazione da parte dei lettori. Lo stesso Keynes ammette di aver sottovalutato l’importanza dell’autore ad una prima lettura, e di averlo rivalutato solo dopo aver maturato una propria visione degli argomenti da questi proposta. Paradossalmente, nel commentare il destino di Gesell, Keynes forniva una motivazione per la spiegazione della conflittualità interpretativa seguita alla pubblicazione della Teoria Generale. Benché non si possa infatti affermare che la Teoria Generale contenga intuizioni “imperfettamente” analizzate, si può certo dire che molte di esse appaiono ad uno stadio embrionale.

3.5 Errori della teoria classica

Come si è detto, l’inizio della Teoria Generale, oltre a contenere suggerimenti di natura metodologica generale, si configura come un poderoso ed esplicito attacco all’approccio neoclassico walrasiano. Oltre agli errori di metodo rilevati nel precedente paragrafo Keynes sottolinea con immagini suggestive e con vigore letterario la fallacia dell’approccio classico. Le citazioni che seguono sono un’esemplificazione dell’uso della parola a fini persuasivi, più che un esempio di come dovrebbe essere condotto il confronto fra posizioni teoriche alternative. Benché questo stile espositivo non sia attualmente di norma accettato dagli editori di riviste scientifiche, ha comunque costituito un caso di “scuola” al quale gli economisti più autorevoli hanno fatto ricorso per affermare la supremazia della propria scuola di pensiero.

The classical theorists resemble Euclidean geometers in a non-Euclidean world who, discovering that in experience straight lines apparently parallel often meet, rebuke the

Page 51: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

51

lines for not keeping straight⎯as the only remedy for the unfortunate collisions which are occurring. (p. 16).

The idea that we can safely neglect the aggregate demand function is fundamental to the Ricardian economics, which underlie what we have been taught for more than a century. Malthus, indeed, had vehemently opposed Ricardo's doctrine that it was impossible for effective demand to be deficient; but vainly. For, since Malthus was unable to explain clearly (apart from an appeal to the facts of common observation) how and why effective demand could be deficient or excessive, he failed to furnish an alternative construction; and Ricardo conquered England as completely as the Holy Inquisition conquered Spain. Not only was his theory accepted by the city, by statesmen and by the academic world. But controversy ceased; the other point of view completely disappeared; it ceased to be discussed. The great puzzle of effective demand with which Malthus had wrestled vanished from economic literature. You will not find it mentioned even once in the whole works of Marshall, Edgeworth and Professor Pigou, from whose hands the classical theory has received its most mature embodiment. It could only live on furtively, below the surface, in the underworlds of Karl Marx, Silvio Gesell or Major Douglas. The completeness of the Ricardian victory is something of a curiosity and a mystery. It must have been due to a complex of suitabilities in the doctrine to the environment into which it was projected. That it reached conclusions quite different from what the ordinary uninstructed person would expect, added, I suppose, to its intellectual prestige. That its teaching, translated into practice, was austere and often unpalatable, lent it virtue. That it was adapted to carry a vast and consistent logical superstructure, gave it beauty. That it could explain much social injustice and apparent cruelty as an inevitable incident in the scheme of progress, and the attempt to change such things as likely on the whole to do more harm than good, commended it to authority. That it afforded a measure of justification to the free activities of the individual capitalist, attracted to it the support of the dominant social force behind authority. But although the doctrine itself has remained unquestioned by orthodox economists up to a late date, its signal failure for purposes of scientific prediction has greatly impaired, in the course of time, the prestige of its practitioners. For professional economists, after Malthus, were apparently unmoved by the lack of correspondence between the results of their theory and the facts of observation; a discrepancy which the ordinary man has not failed to observe, with the result of his growing unwillingness to accord to economists that measure of respect which he gives to other groups of scientists whose theoretical results are confirmed by observation when they are applied to the facts. The celebrated optimism of traditional economic theory, which has led to economists being looked upon as Candides, who, having left this world for the cultivation of their gardens, teach that all is for the best in the best of all possible worlds provided we will let well alone, is also to be traced, I think, to their having neglected to take account of the drag on prosperity which can be exercised by an insufficiency of effective demand. For there would obviously be a natural tendency towards the optimum employment of resources in a society which was functioning after the manner of the classical postulates. It may well be that the classical theory represents the way in which we should like our economy to behave. But to assume that it actually does so is to assume our difficulties away. (pp. 32-34).

Gli ulteriori errori richiamati da Keynes riguardano poi aspetti specifici dell’operare dei vari mercati e mettono in evidenza la molteplicità delle dimensioni che implicano una differenziazione fra approccio classico ed approccio keynesiano. Nel mercato dei beni, per esempio, viene sottolineato il legame fra risparmio ed investimento aggregato, che impedisce alle variazioni del tasso di interesse di essere il meccanismo di riequilibrio dei due aggregati, ed in ultima analisi di essere il meccanismo che assicura il raggiungimento dell’equilibrio di pieno impiego; si sottolinea come il risparmio abbia natura residuale rispetto al consumo, piuttosto che essere il frutto di una decisione di allocazione intertemporale delle risorse; mentre sul fronte dell’investimento viene introdotto il concetto di efficienza marginale del capitale che, pur mantenendo un legame fra investimento e tasso di interesse,

Page 52: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

52

determina una sua inscindibile relazione con elementi di aspettativa a lungo termine, rendendolo instabile anche a fronte di una stabilità del tasso di interesse. Nel mercato della moneta la domanda è determinata della funzione di preferenza per la liquidità che a sua volta connette la detenzione di moneta a moventi speculativi oltre che alla necessità di effettuare transazioni; il tasso di interesse è tale da equilibrare il mercato della moneta e delle attività finanziarie. Infine, nel mercato del lavoro, la funzione di offerta e di domanda non sono definite in termini “nozionali” ossia derivati dall’aggregazione di comportamenti microeconomici che sottintendono la massimizzazione dei profitti e dell’utilità: sul lato dell’offerta viene negata la rilevanza della decisione alternativa “lavoro-tempo libero”, mentre sul lato della domanda, pur non negando che le imprese perseguano la massimizzazione del profitto, non si trascurano elementi di carattere istituzionale e di contrattazione; ciò che è più rilevante, rispetto al mercato del lavoro è però l’emergere di un equilibrio di disoccupazione involontaria, in netta antitesi con la visione classica.

3.6 La parte costruttiva della TG

La parte costruttiva della TG è strutturata nell’intento di trovare una spiegazione alla presenza di un equilibrio aggregato non necessariamente compatibile con il pieno impiego. Come si è detto in apertura della trattazione, la giustificazione dell’equilibrio di sottoccupazione viene ricondotta al funzionamento del mercato monetario, ed al ruolo in esso esercitato dalla moneta e dal tasso di interesse, giustificazione che appare compiutamente solo nel capitolo 17 (un appassionato di numerologia potrebbe attribuire un significato simbolico alla “scoperta del colpevole” proprio in questo capitolo…):

Perché non si raggiunge il pieno impiego 1.: It is now apparent that our previous statement to the effect that it is the money-rate of interest which sets a limit to the rate of output, is not strictly correct. We should have said that it is that asset's rate of interest which declines most slowly as the stock of assets in general increases, which eventually knocks out the profitable production of each of the others,⎯except in the contingency, just mentioned, of a special relationship between the present and prospective costs of production. As output increases, own-rates of interest decline to levels at which one asset after another falls below the standard of profitable production;⎯until, finally, one or more own-rates of interest remain at a level which is above that of the marginal efficiency of any asset whatever. (p. 229).

Perché non si raggiunge il pieno impiego 2. Unemployment develops, that is to say, because people want the moon;⎯men cannot be employed when the object of desire (i.e. money) is something which cannot be produced and the demand for which cannot be readily choked off. There is no remedy but to persuade the public that green cheese is practically the same thing and to have a green cheese factory (i.e. a central bank) under public control. (p. 235).

Perché non si raggiunge il pieno impiego 3. Our conclusion can be stated in the most general form (taking the propensity to consume as given) as follows. No further increase in the rate of investment is possible when the greatest amongst the own-rates of own-interest of all available assets is equal to the greatest amongst the marginal efficiencies of all assets, measured in terms of the asset whose own-rate of own-interest is greatest. In a position of full employment this condition is necessarily satisfied. But it may also be satisfied before full employment is reached, if there exists some asset, having zero (or relatively small) elasticities of production and substitution, whose rate of interest declines more closely, as output increases, than the marginal efficiencies of capital-assets measured in terms of it (p. 236).

Page 53: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

53

3.7 Definizioni keynesiane: aspetti sistemici

Prima di giungere alla determinazione dell’equilibrio di sottoccupazione Keynes definisce la varie parti del sistema economico, coerentemente con il proprio

metodo d’indagine, analizzando dapprima questioni di carattere generale e procedendo via via nel dettaglio dei singoli mercati. Il capitolo 3 della TG viene dedicato alla spiegazione del principio della domanda effettiva, che scaturisce dalle preliminari definizioni delle funzioni di domanda e di offerta aggregata. Si può notare come Keynes definisca le funzioni in termini di livelli occupazionali piuttosto che di output aggregato, ma la natura sostanziale delle due funzioni è simile a quella di norma utilizzata nei manuali di macroeconomia standard. Per ciò che concerne la definizione della domanda aggregata, nel passaggio di seguito riportato appare evidente come Keynes intendesse la domanda effettiva (ossia il punto della domanda aggregata che determina l’equilibrio del sistema economico) pari alla somma delle remunerazioni dei fattori produttivi (si pensi alle identità di contabilità nazionale ed alla determinazione del PIL secondo il criterio della spesa e secondo il criterio del reddito, il primo somma di consumi, investimenti, spesa pubblica ed esportazioni nette, il secondo come somma della remunerazione dei fattori produttivi; nonché alla coincidenza fra il concetto di PIL e di valore aggiunto a livello aggregato):

Definizioni di AS e AD: Let Z be the aggregate supply price of the output from employing N men, the relationship between Z and N being written Z = f(N), which can be called the aggregate supply function. Similarly, let D be the proceeds which entrepreneurs expect to receive from the employment of N men, the relationship between D and N being written D = f(N), which can be called the aggregate demand function. Now if for a given value of N the expected proceeds are greater than the aggregate supply price, i.e. if D is greater than Z, there will be an incentive to entrepreneurs to increase employment beyond N and, if necessary, to raise costs by competing with one another for the factors of production, up to the value of N for which Z has become equal to D. Thus the volume of employment is given by the point of intersection between the aggregate demand function and the aggregate supply function; for it is at this point that the entrepreneurs' expectation of profits will be maximised. The value of D at the point of the aggregate demand function, where it is intersected by the aggregate supply function, will be called the effective demand. Since this is the substance of the General Theory of Employment, which it will be our object to expound, the succeeding chapters will be largely occupied with examining the various factors upon which these two functions depend. (p. 25). AD e domanda effettiva: The aggregate demand function relates various hypothetical quantities of employment to the proceeds which their outputs are expected to yield; and the effective demand is the point on the aggregate demand function which becomes effective because, taken in conjunction with the conditions of supply, it corresponds to the level of employment which maximises the entrepreneur's expectation of profit. (p.55).

Domanda effettiva: Furthermore, the effective demand is simply the aggregate income (or proceeds) which the entrepreneurs expect to receive, inclusive of the incomes which they will hand on to the other factors of production, from the amount of current employment which they decide to give. (p. 55).

Il secondo aspetto di carattere sistemico preso in considerazione nel capitolo 5 ed approfondito nel capitolo 12 riguarda le aspettative. Le aspettative sono il vero

motore dell’attività economica, ed in particolare dell’attività imprenditoriale. Secondo Keynes l’andamento effettivo delle variabili economiche non è il vero parametro di interesse per gli imprenditori: ciò che è rilevante è l’eventuale discrepanza fra aspettativa (si potrebbe dire valore atteso delle variabili ex-ante) e valore effettivo (si potrebbe dire realizzazione ex-post). Nella misura in

AD e AS

Aspettative

Page 54: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

54

cui esista una discrepanza, gli individui sono indotti a rivedere le proprie aspettative (e conseguentemente le proprie scelte), in modo più o meno radicale, viceversa si verificherà una stabilità delle scelte. Il sistema economico si aggiusta peraltro con ritardo ed asimmetricamente al mutamento delle aspettative. Ciò significa, rispetto all’asimmetria dell’adattamento, che la risposta ad errori di previsione “negativi” (per esempio si prevedeva un aumento della produzione del 2% ma si è ottenuto solo l’1%) ha maggiore impatto della risposta ad errori “positivi”. Tale asimmetria è del tutto plausibile in quanto il verificarsi di eventi non correttamente previsti implica conseguenze economiche tangibili, con la distinzione che l’evento negativo riduce le possibilità di sopravvivenza - espansione dell’impresa, mentre l’evento positivo ne amplia le opportunità. In ogni caso, sottolinea Keynes, la revisione delle aspettative non può implicare effetti immediati, a prescindere dalla natura dell’evento. Se, per esempio, la crescita della domanda è inferiore al previsto e si presume che ciò sia sintomatico dell’inizio di una fase recessiva, non è possibile ridurre la produzione ricorrendo al licenziamento in tronco, né smantellare istantaneamente il capitale eventualmente eccedente; viceversa, a fronte di un aumento inatteso della domanda, che segnali l’inizio di una fase espansiva stabile, non è possibile adeguare immediatamente la produzione (a meno che non si disponga di capacità produttiva in eccesso o si ricorra al lavoro straordinario).

Fatti salvi i processi di aggiustamento è la loro differente connotazione qualitativa appare evidente che nella visione keynesiana le aspettative rappresentano una variabile fondamentale per la comprensione della dinamica economica. Infatti:

[…] a mere change in expectation is capable of producing an oscillation of the same kind of shape as a cyclical movement, in the course of working itself out. […] But the actual course of events is more complicated still. For the state of expectation is liable to constant change, a new expectation being superimposed long before the previous change has fully worked itself out; so that the economic machine is occupied at any given time with a number of overlapping activities, the existence of which is due to various past states of expectation. (pp. 49-50).

Ma come si formano le aspettative, quale grado di stabilità posseggono ed in che modo influenzano l’attività del sistema economico? Keynes distingue fra aspettative a breve termine (conven-zionalmente tra 1 e 5 anni) ed aspettative a lungo termine. Ed in questa distinzione Keynes adotta, almeno implicitamente, la logica marshalliana che distingue fra breve e lungo periodo in relazione alla flessibilità dei fattori produttivi.. Entrambe sono rilevanti nella determinazione delle decisioni produttive e occupazionali correnti, benché in modo differente. Le aspettative a breve termine, infatti, determinano il livello produttivo corrente delle imprese e le scelte occupazionali correnti, in modo diretto. Quindi output e occupazione a livello aggregato dipendono direttamente dalle aspettative a breve termine. Le aspettative a lungo termine influenzano output ed occupazione indirettamente. Infatti, questo tipo di aspettative determina le decisioni di investimento delle imprese, ossia le scelte che portano all’accumulazione del capitale. Una volta determinato il livello di capitale ottimale, le imprese scelgono il livello di output che massimizza il profitto atteso e di conseguenza il livello occupazionale congruente con le due variabili.

La separazione fra aspettative a breve ed a lungo termine nel ragionamento keynesiano è essenziale alla definizione del meccanismo di formazione delle stesse, che in ultima analisi ne determina il relativo grado di stabilità nel tempo. L’aspettativa a breve termine si caratterizza infatti per una maggiore dipendenza dagli eventi recenti e si forma sostanzialmente sulla base di un percorso adattivo: i risultati del recente passato, in condizioni di stabilità economica, costituiscono una buona approssimazione delle aspettative a breve termine. Quindi l’aspettativa a breve termine si caratterizza per la possibilità di conferirne una connotazione quantitativa analiticamente determinabile. Volendo

Page 55: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

55

ricorrere al linguaggio statistico attuale (che però non era proprio al ragionamento di Keynes essendo fra l’altro successivo alla pubblicazione della TG) l’aspettativa a breve termine di una data variabile può essere rappresentata come il valore atteso di un processo stocastico autoregressivo di ordine n nel quale gli eventi più lontani hanno peso via via decrescente. E’ bene notare che la stabilità dell’aspettativa a breve termine dipende dalla stabilità delle condizioni economiche aggregate: non bisogna essere indotti nell’errore di ritenere che l’aspettativa a breve termine, per il meccanismo di formazione che la caratterizza, sia più stabile rispetto all’aspettativa a lungo termine, perché ciò è vero solo nella misura in cui il sistema non sia sottoposto a perturbazioni continue.

Più complessa è la definizione delle aspettative a lungo termine. Anche l’aspettativa a lungo termine si forma sulla base della medesima sequenza logica che porta alla formulazione dell’aspettativa a breve termine: (1) l’individuo opera in un ambiente incerto, nel quale il peso degli eventi passati è determinato dal grado di incertezza stesso (quanto maggiore è l’incertezza, tanto minore è l’affidamento che si può fare sull’evidenza passata, soprattutto se lontana); (2) in assenza di cambiamenti attesi di rilievo, è lecito attendersi che gli eventi più lontani abbiano minore rilevanza rispetto agli eventi più recenti; (3) la confidenza nelle aspettative formulate dipende dal successo di queste ultime (un individuo che commette sistematici errori di previsione avrà scarsa confidenza nelle proprie aspettative, e le stesse saranno instabili; mentre un individuo le cui previsioni si dimostrano tendenzialmente corrette, non ha motivi per rivedere spesso le proprie aspettative).

Il punto che distingue i due tipi di aspettative è il fondamento sul quale le stesse vengono costruite. Mentre nel caso dell’aspettativa a breve termine si dispone di una base “oggettiva” per l’approssimazione dei valori attesi (costituita come si è detto da una qualche trasformazione dei valori passati), nel caso dell’aspettativa a lungo termine non esiste nessun elemento oggettivo sul quale fondare il proprio calcolo. Su questo punto, i passaggi forse più noti della TG sono i seguenti:

The outstanding fact is the extreme precariousness of the basis of knowledge on which our estimates of prospective yield have to be made. Our knowledge of the factors which will govern the yield of an investment some years hence is usually very slight and often negligible. If we speak frankly, we have to admit that our basis of knowledge for estimating the yield ten years hence of a railway, a copper mine, a textile factory, the goodwill of a patent medicine, an Atlantic liner, a building in the City of London amounts to little and sometimes to nothing; or even five years hence. In fact, those who seriously attempt to make any such estimate are often so much in the minority that their behaviour does not govern the market (p. 149-150). (enfasi aggiunta)

In estimating the prospects of investment, we must have regard, therefore, to the nerves and hysteria and even the digestions and reactions to the weather of those upon whose spontaneous activity it largely depends. We should not conclude from this that everything depends on waves of irrational psychology. On the contrary, the state of long-term expectation is often steady, and, even when it is not, the other factors exert their compensating effects. We are merely reminding ourselves that human decisions affecting the future, whether personal or political or economic, cannot depend on strict mathematical expectation, since the basis for making such calculations does not exist; and that it is our innate urge to activity which makes the wheels go round, our rational selves choosing between the alternatives as best we are able, calculating where we can, but often falling back for our motive on whim or sentiment or chance. (pp. 162-163). (enfasi aggiunta)

E’ importante sottolineare che l’indisponibilità di una base oggettiva per il calcolo dei rendimenti netti attesi, da cui discende la decisione di investimento (o qualsiasi altra decisione economica a lungo termine) non implica l’impossibilità di decidere, ma semplicemente un modo non matematico di attuare la decisione stessa. L’approssimazione matematica possibile per la determinazione dei valori attesi a breve termine, viene sostituita da approssimazioni “convenzionali” nel lungo termine, il cui

Page 56: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

56

contenuto è puramente qualitativo. La conoscenza oggettiva viene pertanto sostituita dalle convenzioni (dalla cosiddetta conventional wisdom) accettate e condivise da una data collettività, a prescindere dal valore di verità intrinseco che le caratterizza. Un esempio del rapporto fra convenzione e verità è costituito dalla concezione tolemaica del sistema solare, unita all’idea della non sfericità del globo terrestre. Oggi sappiamo che tale convinzione era del tutto falsa, ma il suo riconoscimento come convenzione valida ha segnato il corso della storia ed il destino di molti individui per lungo tempo. Questa esemplificazione illustra due delle caratteristiche fondamentali della conoscenza convenzionale rilevanti ai fini della costruzione keynesiana: 1) la natura non oggettiva della convenzione che la rende strutturalmente più fragile di una conoscenza oggettiva; 2) la non necessaria instabilità della convenzione stessa: quest’ultima non è soggetta a revisione continua; tuttavia, le convenzioni sono più soggette a “rivoluzioni”, ossia a cambiamenti repentini e drastici che intervengono dopo periodi di prolungata stabilità. E’ chiaro, comunque, che il meccanismo di formazione delle aspettative a lungo termine evidenzia la presenza di una ineliminabile fonte di instabilità nel funzionamento del sistema economico.

Poiché le aspettative a lungo termine concorrono a determinare il livello dell’investimento aggregato si comprende il canale principale attraverso il quale hanno origine le fluttuazioni economiche nella spiegazione keynesiana.

Fortemente collegata alla questione delle aspettative è la riflessione sulla natura intertemporale delle decisioni. Keynes non nega in alcun modo che le scelte correnti siano connesse alle scelte future. La semplice considerazione del ruolo

attribuito alle aspettative ne è una prova evidente. Ciò che mette in discussione, come sempre, è la modalità seguita dalla teoria classica per illustrare il legame intertemporale fra le variabili economiche. Nella prima considerazione critica si afferma:

Il legame fra presente e futuro per classici: They are fallaciously supposing that there is a nexus which unites decisions to abstain from present consumption with decisions to provide for future consumption; whereas the motives which determine the latter are not linked in any simple way with the motives which determine the former. (p. 21).

Per i classici consumo e risparmio risultano dalla massimizzazione dell’utilità individuale e dalla medesima decisione di allocazione temporale delle risorse, mediata dal tasso di interesse che rappresenta il tasso di preferenza intertemporale, mentre l’investimento viene determinato dalla massimizzazione del profitto intertemporale che porta alla scelta del livello ottimale del capitale. Sostanzialmente investimento e risparmio sono funzioni determinate indipendentemente. Nella teoria keynesiana ciò non avviene, ed ancora una volta si sottolinea la differenza fra grandezze determinate a livello microeconomico e grandezze aggregate. Nel primo passaggio si sottolinea la complessità del legame fra consumo e investimento, mentre nel secondo si chiarisce come si determina il legame fra presente e futuro:

Il rapporto intertemporale fra C ed I (il conflitto fra breve e lungo periodo): Consumption is satisfied partly by objects produced currently and partly by objects produced previously, i.e. by disinvestment. To the extent that consumption is satisfied by the latter, there is a contraction of current demand, since to that extent a part of current expenditure fails to find its way back as a part of net income. Contrariwise whenever an object is produced within the period with a view to satisfying consumption subsequently, an expansion of current demand is set up. Now all capital-investment is destined to result, sooner or later, in capital-disinvestment. Thus the problem of providing that new capital-investment shall always outrun capital-disinvestment sufficiently to fill the gap between net income and consumption, presents a problem which is increasingly difficult as capital increases. New capital-investment can only take place in excess of current capital-

Considerazioni intertemporali

Page 57: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

57

disinvestment if future expenditure on consumption is expected to increase. Each time we secure to-day's equilibrium by increased investment we are aggravating the difficulty of securing equilibrium to-morrow. […] The obstacle to a clear understanding is […] an inadequate appreciation of the fact that capital is not a self-subsistent entity existing apart from consumption. On the contrary, every weakening in the propensity to consume regarded as a permanent habit must weaken the demand for capital as well as the demand for consumption. (pp. 105-106).

Il legame fra presente e futuro per Keynes: It is by reason of the existence of durable equipment that the economic future is linked to the present. It is, therefore, consonant with, and agreeable to, our broad principles of thought, that the expectation of the future should affect the present through the demand price for durable equipment. (p. 146).

Centrale nella critica di Keynes è l’interpretazione della natura del tasso di interesse. Quest’ultimo nell’interpretazione classica determina l’equilibrio del mercato dei beni, perché il mercato della moneta non prevede un ruolo per questa variabile (si ricorda che la teoria classica della moneta è la teoria quantitativa). Keynes non discute sul fatto che il tasso di interesse rifletta considerazioni di carattere intertemporale, ma obbietta che quest’ultimo viene determinato sul mercato della moneta e delle attività finanziarie. Ancora più rilevante è l’obiezione secondo cui, il tasso di interesse possa determinare l’equilibrio del mercato dei beni: ciò in realtà può accadere solo se il livello di equilibrio del reddito è dato; se, infatti il reddito può mutare (e quindi si opera in un contesto differente dalla piena occupazione) la sola conoscenza del tasso di interesse non determina un solo equilibrio, ma differenti possibili configurazioni, corrispondenti a differenti livelli di reddito. I passaggi salienti sono di seguito riportati:

Il ruolo del tasso di interesse nell’aggiustamento classico: If the rate of interest were so governed as to maintain continuous full employment, virtue would resume her sway; the rate of capital accumulation would depend on the weakness of the propensity to consume. Thus, once again, the tribute that classical economists pay to her is due to their concealed assumption that the rate of interest always is so governed. (p.112).

Il rapporto fra investimento e risparmio: Thus the traditional analysis is faulty because it has failed to isolate correctly the independent variables of the system. Saving and investment are the determinates of the system, not the determinants. […]The traditional analysis has been aware that saving depends on income but it has overlooked the fact that income depends on investment, in such fashion that, when investment changes, income must necessarily change in just that degree which is necessary to make the change in saving equal to the change in investment. (pp. 183-184).

La differenza fra interpretazione classica e keynesiana del meccanismo di aggiustamento del mercato dei beni in seguito a variazioni del tasso di interesse può essere illustrata graficamente. Per la comprensione della rappresentazione si svolga un esercizio di statica comparata, nel quale la posizione di partenza del sistema considerato presenti un eccesso di risparmio sull’investimento. Nell’aggiustamento classico che opera sempre in condizioni di piena occupazione, l’equilibrio viene ristabilito attraverso una riduzione del tasso di interesse che implica una caduta del risparmio ed un aumento degli investimenti. Il tasso di interesse continua a scendere fino a che non sia raggiunta l’uguaglianza fra investimento e risparmio aggregati. Graficamente il sistema passa dalla condizione identificata da i0 alla posizione identificata da in. L’aggiustamento keynesiano rende esplicito il fatto che la funzione di risparmio aggregato scaturisce dalla decisione di consumo, ed è definita per un dato livello di reddito. Se il reddito può mutare, anche la funzione di risparmio, a parità di altre condizioni, subisce traslazioni. Pertanto, nella situazione di partenza si ha un eccesso di risparmio. Il tasso di interesse diminuisce. Questo stimola gli investimenti, che a loro volta determinano un aumento del reddito via processo moltiplicativo. L’aumento del reddito provoca un aumento del risparmio e dunque la funzione del risparmio si trasla verso destra. Il processo di aggiustamento ha termine quando viene raggiunto il nuovo livello di equilibrio del reddito che consentendo di stabilire

Page 58: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

58

la posizione della funzione del risparmio, consente di comprendere quale sia il tasso di interesse compatibile con l’equilibrio del mercato dei beni. In questo meccanismo di aggiustamento, evidentemente, le funzioni di risparmio e di investimento non sono indipendenti. Infatti I via moltiplicatore Y via funzione di consumo C via relazione residuale S.

i

S,I

I

S(YEP)

i0

in

I0 In= Sn S0

Meccanismo di aggiustamento classico

i

S,I

I

S(Y0)

i0

I0 In= SnS0

Meccanismo di aggiustamento keynesiano

S(Yn)

in

3.8 Considerazioni specifiche

a. Mercato dei beni

In merito alla teoria del consumo (di cui ai capitoli 8, 9 e 10 della TG) non si procede a particolari approfondimenti, dando per scontata la conoscenza della teoria keynesiana che appare su tutti i manuali di macroeconomia di base (e perché la stessa

verrà ulteriormente ripresa nel capitolo successivo). Si ricorda in questa sede che essa è necessaria, nella sua specifica formulazione che prevede un legame con il solo reddito corrente, e con una componente di consumo autonoma, a derivare il moltiplicatore standard. Pertanto, pur non essendo approfondita, la teoria del consumo è comunque fondamentale per la costruzione della visione macroeconomica keynesiana e per la comprensione della dinamica ciclica: è infatti l’entità del moltiplicatore a determinare la sensitività del reddito a variazioni delle componenti autonome della domanda aggregata.

Più complesso è l’esame della teoria dell’investimento che appare decisamente più articolata di quella classica e non trova compiuta rappresentazione nei manuali di macroeconomia standard. In ogni caso si provvederà a fornirne una versione

decisamente schematica. Prima di discutere dei dettagli più tecnici è possibile sottolineare che la teoria keynesiana dell’investimento si caratterizza per il fatto di enfatizzare il ruolo giocato dalla mancanza di informazione. Il vincolo informativo considerato da Keynes assume esplicitamente due forme. La prima ha carattere sistemico e si connette al tema dell’incertezza. Come osservato in precedenza la decisione di investimento discende da una valutazione delle prospettive di rendimento a lungo termine, e tali aspettative non hanno un fondamento oggettivo. Benché ciascun individuo

Teoria del consumo

Teoria dell’ investimento

Page 59: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

59

possa avere una differente capacità previsionale ed una propria propensione al rischio, nessuno può in realtà prescindere dall’incertezza ed essere immune da errori. In questo senso l’incertezza ha una dimensione sistemica. Esiste però una ulteriore fonte di limiti informativi, e questa discende dal fatto che gli individui sono eterogenei. Dall’eterogeneità individuale che non sottintende semplicemente una differenza nelle preferenze e nelle opinioni personali, dato l’operare in un ambiente incerto ed estremamente complesso, nascono problemi di asimmetria informativa (Keynes non definiva il concetto con questi termini) che implicano ulteriori difficoltà nell’aggiustamento del sistema economico verso la posizione di pieno impiego ipotizzata dalla teoria classica. L’incertezza viene catturata dal concetto di efficienza marginale del capitale, mentre l’asimmetria informativa viene colta dai concetti di rischio del debitore e di rischio del creditore.

La determinazione del livello di investimento passa attraverso la conoscenza di due prezzi critici: il prezzo di domanda dei beni capitale ed il prezzo di offerta. Il primo è definito come il flusso scontato dei rendimenti attesi dall’investimento (che a sua volta implica una condizione di massimizzazione del profitto atteso); il secondo è il prezzo che induce i produttori di beni capitali ad attuarne la produzione (che in condizioni di concorrenza perfetta nella produzione di nuovi beni capitali implicherebbe coincidenza fra tale prezzo ed il costo di produzione). Per l’equilibrio del mercato dei beni di investimento deve verificarsi l’uguaglianza fra prezzo di domanda e prezzo di offerta. A questo punto, perciò si deriva l’efficienza marginale del capitale: essa non è altro che il tasso di attualizzazione del flusso dei rendimenti futuri attesi che consente di verificare l’uguaglianza fra prezzo di domanda e prezzo di offerta dei beni capitali. Immaginando che l’efficienza marginale del capitale (MEK) resti costante con riferimento ad un dato progetto di investimento, e che tale progetto dia luogo a un flusso di rendite future costanti, si può scrivere:

∑ +=

n

ii

eid

t rRp

)1(

st

dt pp =

∑ +=

n

ii

eis

t MEKRp

)1(

Dalla definizione dell’efficienza marginale del capitale risulta evidente che quest’ultima dipende dalla tipologia dei beni capitali (da cui discende sia la struttura dei costi per produrli e dunque il prezzo di offerta, ma anche il rendimento associato all’installazione di tali beni, che concorre alla determinazione del prezzo di domanda). Ogni progetto di investimento ha una propria efficienza marginale del capitale. Se il numero di progetti attivabili è sufficientemente ampio, dalla efficienza marginale individuale si passa all’efficienza marginale aggregata che evidenzia una relazione negativa fra efficienza marginale e livello dell’investimento.

pd, ps

MEK

I

pd

ps0 ps

1

MEK0

MEK1

I0 I1

Page 60: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

60

Poiché il tasso di interesse, secondo Keynes non viene determinato sul mercato dei beni, ma sul mercato della moneta, una volta noti la scheda di efficienza marginale del capitale a livello aggregato ed il tasso di interesse, si determina il livello dell’investimento aggregato. Keynes sottolinea che il concetto di efficienza marginale del capitale non coincide in generale con quello di produttività marginale del capitale, derivabile dall’analisi neoclassica. Queste ultime coincidono solo in condizioni di pieno impiego e di raggiungimento dello stato stazionario, nel quale viene meno la distinzione fra valori attesi e valori effettivi. La sostanziale differenza qualitativa fra le due grandezze è dunque data dalla natura non oggettiva e convenzionale della prima, che si contrappone alla natura perfettamente determinabile della seconda.

Come accennato in precedenza, il processo di investimento può essere influenzato negativamente dalla presenza di informazione asimmetrica, che porta a modificare il prezzo di domanda ed il prezzo di offerta (ed in ultima analisi MEK). Il prezzo di domanda viene diminuito dall’insorgere del rischio del debitore, mentre il prezzo di offerta viene accresciuto dall’apparire del rischio del creditore.

Dalla definizione keynesiana, il rischio del debitore rappresenta “dubbi nella mente di chi rischia il proprio capitale”, con questo evidenziando la natura soggettiva di tale tipo di rischio, che si collega alla minore diversificazione del portafoglio di chi svolge un’attività imprenditoriale, o alla riduzione dei margini di sicurezza indotta dall’intraprendere investimenti in attività caratterizzate da un basso grado di liquidità (o liquidabilità). Per il fatto che al crescere dell’investimento, aumenta il rischio, oltre una certa soglia, il prezzo di domanda, come si è detto, diminuisce. Esso è influenzato dalle aspettative dell’imprenditore.

Il rischio del creditore, che determina il prezzo di offerta, ha invece natura oggettiva, perché si evidenzia nei contratti di credito nella forma di oneri maggiori al crescere dell’investimento, ossia del finanziamento richiesto. Al crescere dell’indebitamento, l’onere che deve essere sostenuto dall’impresa cresce sia in termini di stock che di flusso, pertanto al crescere dell’investimento cresce anche il prezzo di offerta. Fondamentali per la determinazione di tale prezzo sono le aspettative di rendimento dei finanziatori.

Keynes sottolinea che la presenza di vincoli finanziari ha comunque effetti rilevanti sull’andamento ciclico degli investimenti, non diversamente da mutamenti che si collegano all’andamento delle aspettative a lungo termine. Vincoli finanziari ed instabilità delle aspettative a lungo termine (da cui deriva l’instabilità della MEK) hanno effetti asimmetrici, nel senso che sono molto più deleteri nelle fasi di contrazione di quanto non siano propulsivi nelle fasi di espansione. Ciò è esemplificato nel passaggio di seguito riportato:

A collapse in the price of equities, which has had disastrous reactions on the marginal efficiency of capital, may have been due to the weakening either of speculative confidence or of the state of credit. But whereas the weakening of either is enough to cause a collapse, recovery requires the revival of both. For whilst the weakening of credit is sufficient to bring about a collapse, its strengthening, though a necessary condition of recovery, is not a sufficient condition. (p. 158).

Il ruolo centrale attribuito alla dinamica della MEK è anche il cuore della spiegazione dell’andamento ciclico dell’investimento analizzato da Keynes. Infatti egli ribadisce che la stagnazione dell’economia può essere ricondotta ad un collasso delle aspettative e della MEK; il sistema economico non può essere avviato su un percorso di ripresa semplicemente modificando il tasso di interesse: la riduzione del tasso di interesse non è condizione sufficiente per produrre un aumento del livello dell’investimento aggregato perché a tal fine occorre anche la stabilità della MEK. Quando invece la MEK si modifica il livello degli investimenti muta, anche se il tasso di interesse non subisce alcuna

Page 61: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

61

variazione. Il concetto viene chiarito nell’esemplificazione grafica seguente, che illustra l’effetto di una variazione positiva delle aspettative a lungo termine, opposta al caso classico in cui si considera stabilità delle aspettative e riduzione del tasso di interesse.

i

I

MEK0 = MEK1

i0

i1

I0 I1

Meccanismo di aggiustamento classico

I

MEK0

i0= i1

I0 I1

Meccanismo di aggiustamento keynesiano

MEK

MEK1

iMEK

b. Mercato della moneta

La rappresentazione del mercato monetario è essenziale per comprendere la nozione keynesiana del tasso di interesse e di moneta (specialmente della domanda di moneta).

Il tasso di preferenza intertemporale implica che l’individuo effettui due tipi di scelta: la prima, sul come ripartire le proprie risorse fra consumo presente e consumo futuro; la seconda sulla forma nella quale detenere le risorse non consumate (in forma liquida o investite in altro tipo di attività). Per Keynes la prima scelta porta alla determinazione della propensione al consumo e la seconda alla determinazione della preferenza per la liquidità, ed il tasso di interesse, in quanto espressione del tasso di preferenza intertemporale dovrebbe essere sintesi di queste due scelte. La teoria classica porta alla coincidenza fra tasso di interesse e tasso di preferenza intertemporale inteso solo nella prima accezione (scelta di consumo presente o futuro); nella teoria keynesiana, pur partendo dal presupposto che il tasso di preferenza intertemporale è dato dall’interazione delle due scelte, il tasso di interesse deriva di fatto dalla sola seconda accezione. Infatti:

Che cos’è il tasso di interesse The rate of interest is not the 'price' which brings into equilibrium the demand for resources to invest with the readiness to abstain from present consumption. It is the 'price' which equilibrates the desire to hold wealth in the form of cash with the available quantity of cash. (p. 167).

Come si determina il tasso di interesse d’equilibrio If this explanation is correct, the quantity of money is the other factor, which, in conjunction with liquidity-preference, determines the actual rate of interest in given circumstances. Liquidity-preference is a potentiality or functional tendency, which fixes the quantity of money which the public will hold when the rate of interest is given; so that if r is the rate of interest, M the quantity of money and L the function of liquidity-preference, we have M = L(r). This is where, and how, the quantity of money enters into the economic scheme. (pp. 167-168).

Page 62: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

62

Come fatto relativamente alla questione della teoria del consumo non si procede ad ulteriori approfondimenti degli aspetti relativi alla determinazione della domanda di moneta e dell’equilibrio del mercato monetario, dando per scontata la conoscenza di tali elementi da parte dei lettori..

Di seguito si riporta un passo della TG che illustra anche in merito al mercato monetario la differenza fra impostazione classica ed impostazione keynesiana:

Critica alla dicotomia classica The right dichotomy is, I suggest, between the theory of the individual industry or firm and of the rewards and the distribution between different uses of a given quantity of resources on the one hand, and the theory of output and employment as a whole on the other hand. […] Or, perhaps, we might make our line of division between the theory of stationary equilibrium and the theory of shifting equilibrium (meaning by the latter the theory of a system in which changing views about the future are capable of influencing the present situation). For the importance of money essentially flows from its being a link between the present and the future. (p. 293).

c. Mercato del lavoro

La principale innovazione introdotta da Keynes in merito all’interpretazione del funzionamento del mercato del lavoro riguarda il concetto di disoccupazione involontaria. Come più volte sottolineato la disoccupazione (involontaria) è un

fenomeno che scaturisce dal operare sistemico dei vari mercati, e quindi non può essere ricondotto a caratteristiche appartenenti unicamente al mercato del lavoro stesso. In altri termini il mercato del lavoro non è un mercato indipendente dagli altri; dunque la disoccupazione che in esso si determina non si può risolvere semplicemente studiando la domanda e l’offerta di lavoro, ed in particolare pensando che la riduzione dei salari possa essere strumento adeguato a riassorbire il fenomeno. Infatti:

Che cos’è la disoccupazione involontaria Men are involuntarily unemployed If, in the event of a small rise in the price of wage-goods relatively to the money-wage, both the aggregate supply of labour willing to work for the current money-wage and the aggregate demand for it at that wage would be greater than the existing volume of employment. (p. 15).

W/P

Nd, Ns

Nd

Ns

W0/P0

W0/P1

N* Nd1 NEP Ns

1 Ns0

disoccupazione involontariadesumibile da lettura della TG

Disoccupazione involontaria

Page 63: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

63

3.9. La composizione delle parti: l’instabilità endogena delle economie monetarie

La parte finale della TG tenta di ricostruire il funzionamento del sistema economico stabilendo alcuni possibili nessi causali fra le variabili. Si parte dai dati del problema costituiti dalle caratteristiche del mercato del lavoro, dalle condizioni che ne determinano l’offerta, dalle caratteristiche del capitale, dalla tecnologia prevalente, dalla struttura dei mercati, preferenze ed abitudini dei consumatori, assetto istituzionale e distribuzione del reddito…

Le variabili indipendenti del problema keynesiano sono la propensione al consumo, l’efficienza marginale del capitale e il tasso di interesse; mentre le variabili dipendenti sono il livello dell’attività produttiva e l’occupazione misurati in unità di salario. Keynes sottolinea che la distinzione fra variabili dipendenti ed indipendenti costituisce una scelta arbitraria e valida in prima approssimazione, perché nessuna variabile di fatto è completamente esogena rispetto al funzionamento del sistema economico.

In ultima analisi le variabili indipendenti keynesiane si riconducono (1) alle tre leggi psicologiche fondamentali (propensione al consumo, propensione alla liquidità e aspettative di rendimento dei beni capitali), (2) alla unità di salario determinata dal processo di contrattazione, (3) offerta di moneta determinata dalla Banca Centrale.

Sostanzialmente la spiegazione della dinamica ciclica ruota attorno alla variabilità dell’investimento.

1. Infatti il processo di investimento è radicato nell’incertezza (che per Keynes non può essere in alcun modo trattata attraverso formulazioni matematiche oggettive).

2. A causa dell’incertezza l’investimento è il risultato della bravura e della propensione al rischio individuali (in assenza di tale propensione che implica che gli imprenditori siano tendenzialmente “ottimisti”, il processo di investimento sarebbe inattuabile).

3. Nei sistemi capitalistici moderni esiste una sofisticata organizzazione dei mercati finanziari, che consente il finanziamento delle attività di investimento attraverso una pluralità di strumenti, garantiti da un sistema giuridico che contempla differenti forme societarie. Il dato più rilevante di questa complessità organizzativa è rappresentato dalla separazione fra proprietà e controllo delle imprese da cui discende un processo di socializzazione o traslazione del rischio d’impresa. La possibilità di traslare il rischio dell’investimento (ossia di suddividerlo fra un numero più ampio di soggetti, o di passarlo pressoché interamente ad altri) rende la decisione di investimento reversibile, nel senso che un individuo sa di poter rivedere le proprie decisioni in un momento successivo. Questo meccanismo indubbiamente rappresenta una condizione che agevola lo sviluppo economico e lo rende più rapido, ma al tempo stesso è un fattore di destabilizzazione endogeno. Infatti, la limitazione della responsabilità individuale rispetto all’attuazione dell’investimento può indurre a comportamenti azzardati o persino fraudolenti (per riferirsi ad esempi recenti di tale fenomeno basta pensare ai casi Cirio e Parmalat, ma la storia del capitalismo moderno è disseminata di episodi simili che fortunatamente non sono una peculiarità italiana), i quali implicano una sottostima del rischio effettivo dell’investimento stesso.

4. Un ulteriore meccanismo in grado di aggravare l’instabilità determinata dalla socializzazione del rischio è rappresentato dalla presenza di speculazione. E’ importante sottolineare che in Keynes questo termine è utilizzato con un accezione differente rispetto a quella comunemente intesa, che assimila questa attività all’arbitraggio. Effettivamente, tanto arbitraggisti quanto speculatori giocano “contro” il mercato, ma lo fanno in modo assai diverso, provocando per questo, dinamiche dei prezzi delle attività che compravendono esattamente opposte. L’arbitraggista interviene sul mercato

Page 64: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

64

quando riscontra la presenza di disequilibri (per esempio uno stesso bene che, a parità di altri elementi quali costi di trasporto e tassazione, viene venduto su due mercati differenti a prezzi diversi). Tipicamente agisce in modo da realizzare in guadagno da tale discrepanza (nell’esempio comprerebbe il bene nel mercato in cui il prezzo è inferiore per rivenderlo su quello in cui il prezzo è più elevato). La sua azione, soprattutto se imitata da altri che individuano la medesima possibilità di guadagno, finisce col modificare la domanda e l’offerta di mercato, portando i prezzi nella “giusta direzione” ossia verso l’eliminazione dello squilibrio iniziale (nel primo mercato il prezzo tenderà a salire, per aumento della domanda, mentre nel secondo tenderà a diminuire per aumento dell’offerta, portando all’annullamento progressivo del margine di profitto dell’arbitraggista). L’attività dello speculatore è invece più complessa, per il fatto di fondarsi su elementi non oggettivi. In particolare lo speculatore cerca di trarre guadagno dalla discrepanza fra le aspettative di rendimento associate ad un’attività (non necessariamente finanziaria), a prescindere dal fatto che tali aspettative siano riconducibili a rendimenti oggettivi che potrebbero realizzarsi in futuro. Se lo speculatore fosse un individuo con una capacità previsiva superiore a quella del mercato, e fosse in grado di valutare correttamente una discrepanza fra rendimento atteso da un investimento e rendimento effettivo a posteriori, non esisterebbe nessuna differenza fra attività dello speculatore e quella dell’arbitraggista, anche se il secondo opererebbe su dati certi, ed il primo su variabili attese. Ma lo speculatore non si preoccupa dello squilibrio che può sussistere fra un’aspettativa ed un dato ignoto ma “vero”; sapendo di operare in un contesto nel quale gli equilibri si fondano su convenzioni (le quali non sono vere, ma sono semplicemente unanimemente condivise), cercherà di anticipare l’andamento del mercato sfruttando l’eventuale discrepanza fra aspettative connesse alla convenzione corrente ed aspettative connesse ad una convenzione futura. Tanto più la convenzione futura si allontana dalla realtà oggettiva, quanto maggiore sarà l’effetto destabilizzante dell’azione dello speculatore, che porta i prezzi a convergere nella direzione della convenzione piuttosto che in quella dell’equilibrio oggettivo. L’esempio può essere facilmente costruito pensando che sul mercato sia presente un titolo oggettivamente sopravvalutato (ossia che porta ad attribuire all’impresa un valore assai superiore alle future opportunità di profitto). Un arbitraggista ed uno speculatore hanno nel proprio portafoglio questo titolo. L’arbitraggista sceglie di venderlo semplicemente perché sa che prima o poi la sopravvalutazione verrà corretta dal mercato, e quindi decide di incamerare fin da subito la differenza positiva fra prezzo di mercato corrente e prezzo futuro. Il suo comportamento contribuisce a far cadere il prezzo del titolo sopravvalutato. Lo speculatore prima di vendere si pone un quesito: ma il mercato davvero ritiene che il titolo sia sopravvalutato? Se la risposta è negativa anziché la sua scelta è quella di acquistare, non quella di vendere. Ed il comportamento dello speculatore produce una tendenza al rialzo dei prezzi, che rafforza l’errore di sopravvalutazione, confermando una convenzione errata. Ovviamente la bolla speculativa non può mantenersi a tempo indefinito e prima o poi scoppia, con tutti i dannosi effetti redistributivi della ricchezza che sono tristemente noti ai risparmiatori. Ci si potrebbe domandare perché lo speculatore agisca in questo modo, pur sapendo le conseguenze cui porterà il proprio comportamento. La risposta è semplice, per quanto cinica: lo speculatore guadagna dalla propria attività anche se questa è dannosa per il sistema nel suo complesso; ciò che è rilevante, dal suo punto di vista, è semplicemente riuscire a “trovare la scialuppa di salvataggio prima che la nave affondi”…

Il male oscuro del capitalismo finanzario The social object of skilled investment should be to defeat the dark forces of time and ignorance which envelop our future. The actual, private object of the most skilled investment to-day is 'to beat the gun', as the Americans so well express it, to outwit the crowd, and to pass the bad, or depreciating, half-crown to the other fellow. (p. 155).

La distinzione fra speculazione e impresa If I may be allowed to appropriate the term speculation for the activity of forecasting the psychology of the market, and the term enterprise for the activity of forecasting the prospective yield of assets over their whole

Page 65: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

65

life, it is by no means always the case that speculation predominates over enterprise. (p. 158).

5. Si è visto come l’attività speculativa si confronti con le convenzioni. L’esistenza di convenzioni, per quanto possa apparire paradossale, sono una condizione che garantisce in generale la stabilità del sistema, per quanto fragile. Infatti, la presenza di incertezza intrattabile impedirebbe qualsiasi attività orientata al futuro, e quindi lo sviluppo dei sistemi economici, se la mancanza di conoscenza non fosse sostituita da una qualunque convenzione condivisa che crea l’aspettativa che uno scenario futuro sia destinato a prevalere rispetto ad altri. Benché le convenzioni non siano accettate da tutti, sono la condizione per la “tranquillità” di molti, che in ultima analisi condizionano la dinamica dei sistemi. Ovviamente le convenzioni possono essere rovesciate in modo repentino, ed in occasione di tale eventualità il sistema economico sperimenta quantomeno inversioni cicliche.

I punti precedentemente illustrati spiegano che l’instabilità è connaturata alla dinamica capitalistica e spiega perché l’investimento effettivo può essere insufficiente a garantire l’attivazione di un livello dell’attività produttiva compatibile con il pieno impiego delle risorse. L’instabilità secondo Keynes viene aggravata da elementi che si presentano man mano che il capitalismo passa dalla fase di avvio alla maturità: (a) si accentua la finanziarizzazione dell’economia che accentua la separazione fra proprietà e controllo; (b) si ricorre maggiormente al finanziamento degli investimenti tramite emissioni azionarie e ciò rende il processo di investimento più sensibile alle variazioni dei corsi azionari, che a loro volta sono regolati dall’attività speculativa; (c) si accentuano i cosiddetti effetti di “bootstrap” che implicano la conferma di aspettative errate, che poi portano ai fenomeni quali scoppi delle bolle speculative; (d) si accentuano i problemi di asimmetria informativa che rendono più stringenti i vincoli finanziari da parte dei finanziatori ed in particolare di quelli di tipo bancario…

Per tutti questi motivi Keynes, che a tutta evidenza fanno propendere per una ineliminabilità della instabilità della dinamica capitalistica, suggerisce l’opportunità dell’intervento pubblico il quale dovrebbe essere attuato allo scopo di contenere “gli eccessi” che il sistema produce autonomamente.

I passaggi che seguono sintetizzano le intuizioni appena esposte: La causa primaria delle fluttuazioni cicliche: a cycle, is mainly due to the way in which the marginal efficiency of capital fluctuates […]We do not, however, merely mean by a cyclical movement that upward and downward tendencies, once started, do not persist for ever in the same direction but are ultimately reversed. We mean also that there is some recognisable degree of regularity in the time-sequence and duration of the upward and downward movement. (pp. 313-314).

Il percorso che porta alla ripresa economica when disillusion falls upon an over-optimistic and over-bought market, it should fall with sudden and even catastrophic force. Moreover, the dismay and uncertainty as to the future which accompanies a collapse in the marginal efficiency of capital naturally precipitates a sharp increase in liquidity-preference and hence a rise in the rate of interest. […].If a reduction in the rate of interest was capable of proving an effective remedy by itself; it might be possible to achieve a recovery without the elapse of any considerable interval of time and by means more or less directly under the control of the monetary authority. But, in fact, this is not usually the case; and it is not so easy to revive the marginal efficiency of capital, determined, as it is, by the uncontrollable and disobedient psychology of the business world. […]This is the aspect of the slump which bankers and business men have been right in emphasising, and which the economists who have put their faith in a 'purely monetary' remedy have underestimated. (pp. 316-317).

L’impossibilità di annullare il ciclo The explanation of the time-element in the trade cycle, of the fact that an interval of time of a particular order of magnitude must usually elapse before recovery begins, is to be sought in the influences which govern the recovery of the marginal efficiency of capital. (p. 317).

Page 66: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

66

La necessità della stabilizzazione ciclica In conditions of laissez-faire the avoidance of wide fluctuations in employment may, therefore, prove impossible without a far-reaching change in the psychology of investment markets such as there is no reason to expect. I conclude that the duty of ordering the current volume of investment cannot safely be left in private hands. (p. 320).

Come controllare l’instabilità The right remedy for the trade cycle is not to be found in abolishing booms and thus keeping us permanently in a semi-slump; but in abolishing slumps and thus keeping us permanently in a quasi-boom. The boom which is destined to end in a slump is caused, therefore, by the combination of a rate of interest, which in a correct state of expectation would be too high for full employment, with a misguided state of expectation which, so long as it lasts, prevents this rate of interest from being in fact deterrent. A boom is a situation in which over-optimism triumphs over a rate of interest which, in a cooler light, would be seen to be excessive. (p. 322).

Come ridurre I eccessivo The remedy would lie in various measures designed to increase the propensity to consume by the redistribution of incomes or otherwise; so that a given level of employment would require a smaller volume of current investment to support it. (p. 324).

E’ interessante notare come la visione keynesiana contraddica uno dei principi classici più radicati (ed assai vivo ancora ai giorni nostri). Infatti, a fronte del verificarsi di situazioni di disoccupazione Keynes sottolinea l’assoluta inutilità del ricorso a meccanismi di flessibilità salariale, spiegandone le motivazioni principali:

Ruolo destabilizzante della flessibilità salariale 1. In other words, the expectation of a relative stickiness of wages in terms of money is a corollary of the excess of liquidity-premium over carrying-costs being greater for money than for any other asset.[…] That money-wages should be more stable than real wages is a condition of the system possessing inherent stability. Thus the attribution of relative stability to real wages is not merely a mistake in fact and experience. It is also a mistake in logic, if we are supposing that the system in view is stable, in the sense that small changes in the propensity to consume and the inducement to invest do not produce violent effects on prices. (pp. 238-239).

Ruolo destabilizzante della flessibilità salariale 2. It follows, therefore, that if labour were to respond to conditions of gradually diminishing employment by offering its services at a gradually diminishing money-wage, this would not, as a rule, have the effect of reducing real wages and might even have the effect of increasing them, through its adverse influence on the volume of output. The chief result of this policy would be to cause a great instability of prices, so violent perhaps as to make business calculations futile in an economic society functioning after the manner of that in which we live. To suppose that a flexible wage policy is a right and proper adjunct of a system which on the whole is one of laissez-faire, is the opposite of the truth. (p. 269).

Un’ultima, ma non meno importante riflessione, riguarda il rapporto fra dinamica ciclica ed apertura dell’economia. Benché le considerazioni sui rapporti con l’estero non siano uno degli argomenti principali della TG, Keynes non manca di sottolineare che la scelta degli obiettivi di politica economica, e l’effettiva possibilità di scelta degli strumenti più opportuni per perseguirli non può prescindere dalla considerazione del grado di apertura dell’economia. La scelta del regime di cambio introduce infatti un vincolo ulteriore nel problema dell’autorità di politica economica, ed inevitabilmente produce conflittualità ed instabilità che non esisterebbero se il sistema fosse autarchico.

Instabilità “importata” It is the policy of an autonomous rate of interest, unimpeded by international preoccupations, and of a national investment programme directed to an optimum level of domestic employment which is twice blessed in the sense that it helps ourselves and our neighbours at the same time. And it is the simultaneous pursuit of these policies by all countries together which is capable of restoring economic health and

Page 67: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

67

strength internationally, whether we measure it by the level of domestic employment or by the volume of international trade. (p. 349).

3.9 La Teoria Generale ha rivoluzionato la teoria economica?

Le pagine precedenti hanno illustrato i punti fondamentali della visione keynesiana. Da qualsiasi punto di vista si osservi il sistema economico, sia nella sua interezza, sia nell’operare delle singole parti, appare evidente che la TG ha rappresentato un tentativo di proporre una visione alternativa a quella fornita dalla spiegazione classica. Gli elementi di innovazione sono molteplici e complessi, e per questo intrinsecamente controversi.

Forse, l’osservazione fondamentale è che Keynes ebbe il coraggio dell’eresia, ma lo spinse solo fino ad un certo punto… Sottolineò il ruolo delle aspettative, ossia dell’incertezza fondamentale che è il motivo che trasforma la moneta da unità di conto in riserva di valore, ma poi ritornò sui suoi passi, perdendo alcuni pezzi fondamentali (per effetto di quella necessità di semplificare il contesto dell’analisi connaturato al metodo che egli stesso proponeva): il consumo come scelta intertemporale, la decisione di investimento che dipende dal prezzo dei beni di investimento piuttosto che dal tasso di interesse (con tutte le confusioni che ne conseguono perché il tasso di interesse poi deve assolvere ad una molteplicità di funzioni), la domanda di moneta troppo in trappola della liquidità e troppo poco come scelta di portafoglio, non un solo grafico che aiuti a capire quale mercato del lavoro avesse in mente (lavorava sulla domanda di lavoro nozionale oppure no?)...

Uno dei problemi fondamentali di Keynes, infondo, è quello di evidenziare la necessità di un approccio aggregato (o macroeconomico) e dinamico, ma di finire poi con l’utilizzare strumenti che appartengono all’armamentario dell’equilibrio parziale e della statica comparata (come se fosse caduto vittima dello stesso errore di dipendenza da idee passate da cui esortava a sfuggire nella prefazione della TG). Dal punto di vista della dinamica, la perdita più rilevante non è tanto costituita dal fatto che le eventuali equazioni implicite al ragionamento possano non contenere il fattore tempo in termini sostanziali, quanto semmai nell’accantonamento del ruolo essenziale svolto dal tempo in presenza di scelte irreversibili, che rendono del tutto rilevante la potenziale divergenza fra valori attesi ex-ante delle variabili economiche e realizzazioni ex-post (temi della scuola svedese cui Keynes non diede alcun credito).

Questo suo coraggio “a metà” ha lasciato ai suoi successori ad un bivio: demolire quanto fatto perché incompleto, oppure emendare le debolezze e completare il quadro. La macroeconomia che conosciamo oggi è la risultante di questi tentativi che hanno conosciuto popolarità alterne. Certamente l’applicazione di schemi keynesiani alle economie reali ha contribuito ad evitare che si ripresentassero le condizioni di una nuova Grande Depressione, e questo rappresenta il lato positivo della macroeconomia keynesiana; d’altro canto questo stesso modo di operare ha creato (nella sua intrinseca imperfezione) effetti “collaterali” per certi versi imprevisti, che hanno indirizzato gli economisti verso nuove spiegazioni, o “cure”…

Dopo la pubblicazione della Teoria Generale, dopo la comparsa dello schema IS-LM, dopo la sintesi neoclassica, la critica post-keynesiana, la nuova macroeconomia classica e la nuova economia keynesiana ha ancora senso cercare una Teoria Generale e soprattutto quali ne sono i caratteri? Esiste un approccio, oggi, che possa costituire una sintesi superiore a quanto lo ha preceduto? …

La risposta a questi quesiti è lasciata alla libera interpretazione del lettore, ma è evidente quale sia l’orientamento di chi scrive. Queste pagine sono il risultato del lavoro di chi guarda al passato

Page 68: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

68

sapendo che nessuna identità si costruisce senza memoria. La mia identità di economista di oggi si fonda su un passato lontano ormai più di mezzo secolo da Keynes: la teoria economica che conosco, ricorda passi di Hicks, Schumpeter, Kaldor e Robinson, si è formata sui testi di Samuelson e Fisher, si è confrontata con le ipotesi di Friedman, Lucas, Taylor e Woodford, ha subito il fascino di Tobin, Minsky ed Hayeck, ha tentato di legare Davidson a Stiglitz… Posso definirmi keynesiana e al tempo stesso, mi rendo conto che se oggi mi trovassi in una stanza con Keynes non parleremmo un linguaggio comune.

Per questo non ho la pretesa di ritenere che le pagine di questo capitolo siano una sintesi oggettiva di ciò che è l’economia keynesiana; esse sono soprattutto la sintesi di ciò che ancor oggi, di quell’originale messaggio, e dei suoi emendamenti, a mio parere debbono continuare a costituire una memoria pulsante, sulla quale edificare il progresso della scienza economica.

Gotti, M. "La "General Theory" Come Opera Aperta," A. Marzola and F. Silva, John M. Keynes Linguaggio E Metodo. Bergamo: Pierluigi Lubrina Editore, 1990, 185-230. Laidler, D. Fabricating the Keynesian Revolution. Cambridge University Press, 1999. Marzola, A. and Silva, F. eds. John M. Keynes. Linguaggio E Metodo. Bergamo: Pierluigi Lubrina Editore, 1990.

Page 69: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

69

La teoria del consumo

approfondimento dello studio della Teoria Generale, come si è visto nel capitolo precedente, ha evidenziato come quest’ultima abbia lasciato numerosi aspetti irrisolti, controversi o quanto meno da sviluppare in maggior dettaglio. La teoria del consumo aggregato è fra questi uno degli elementi che per primi sono stati

approfonditi dai macroeconomisti. La ragione di questo interesse è stata motivata dal fatto che notoriamente il consumo è la componente più rilevante della domanda aggregata; dunque la capacità di trovare una formulazione teorica che a sua volta fosse utilizzabile nei modelli econometrici da cui sarebbero derivati i suggerimenti per l’attuazione delle politiche economiche, appariva di primaria importanza.

Due sono le osservazioni che aiutano a comprendere le ragioni dell’evoluzione della teoria del consumo aggregato. La prima è di carattere teorico, la seconda è di carattere empirico. Sul primo fronte si deve rilevare che una delle prime critiche rivolte alla teoria keynesiana del consumo risiedeva nella mancata considerazione di aspetti intertemporali, che invece costituivano il cuore dell’interpretazione classica. Si è più volte sottolineato come proprio questa specificazione del consumo consentisse a Keynes di stabilire una sequenza fra decisione di consumo e decisione di risparmio (con il risparmio residuale rispetto al consumo), laddove nella teoria classica tali decisioni sono simultanee e mediate dal tasso di interesse che determina l’allocazione intertemporale delle risorse. La prima obiezione è dunque: può essere la teoria del consumo aggregato indipendente da considerazioni di carattere intertemporale? In altri termini, la teoria del consumo può prescindere da una esplicita relazione con il tasso di interesse? Sul fronte empirico, una volta accettati i presupposti teorici sottostanti alla teoria keynesiana, occorreva verificare se tali presupposti trovavano supporto nelle stime econometriche.

Da questa duplice tensione si è perciò sviluppata la teoria del consumo successiva alla Teoria Generale. I filoni di studio si possono riassumere in quattro direttrici fondamentali. Le prime sono di ispirazione keynesiana, le seconde più radicate in principi di tipo classico. La prima teoria articolata del consumo aggregato risponde alla cosiddetta ipotesi del reddito assoluto (absolute income hypothesis o AIH) ed è direttamente derivabile dalla lettura della Teoria Generale. La seconda teoria è nota come ipotesi del reddito relativo (relative income hypotesis o RIH) e sottolinea come il consumo aggregato in realtà dipenda dalla distribuzione dello stesso

Capitolo

3

L’

Page 70: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

70

fra classi di percettori omogenee per stili di vita. Gli ultimi due filoni di studio sono simili per il fatto di ricondurre il consumo aggregato ad una scelta microfondata che esplicita la natura intertemporale di tale decisione: si tratta delle ipotesi del ciclo vitale (life cycle hypothesis o LCH) e dell’ipotesi del reddito permanente (permanent incombe hypothesis o PIH). Nelle pagine che seguono si tracciano i caratteri essenziali di queste teorie31.

L’ Ipotesi del reddito assoluto Questa ipotesi implica una teoria del consumo strettamente collegata al lavoro di Keynes ed in particolare alla Teoria Generale pubblicata nel 1936. In effetti l’ipotesi del reddito assoluto può essere intesa come una

semplice rappresentazione degli aspetti più quantitativi delle visioni keynesiane concernenti la determinazione della spesa di consumo aggregata. Essa può essere rappresentata dalle seguenti quattro congetture:

1. il consumo reale C è una funzione stabile delle reddito disponibile Y;

2. la propensione marginale al consumo (MPC) ha un valore superiore a 0 ma inferiore all'unità;

3. al crescere del reddito, la propensione media al consumo (APC) diminuisce; con APC sempre superiore a MPC;

4. al crescere del reddito il valore di MPC diminuisce.

Rispetto all'ipotesi 1 Keynes riteneva che il reddito aggregato fosse, come regola, la principale variabile rispetto alla quale il consumo che entra a far parte della domanda aggregata, dipende (GT p. 96). E inoltre, verso la fine della sezione 2 del capitolo 8 della Teoria Generale, egli concluse che la propensione al consumo può essere considerata come una funzione abbastanza stabile (GT p. 95). Inoltre, nel discutere il primo dei principali fattori oggettivi che influenzano il consumo, l’affermazione iniziale di Keynes fu che il consumo è molto più legato al reddito reale che al reddito monetario (GT p. 91).

L’ipotesi 2 deriva dalla “legge psicologica fondamentale” di Keynes. Questa afferma che gli individui sono disposti, di regola o in media, ad incrementare il proprio consumo al crescere del proprio reddito, ma non in misura corrispondente all'incremento del reddito stesso (GT p. 96). In merito alla terza ipotesi, Keynes fornì due ragioni perché, di regola al crescere del reddito reale, una crescente proporzione del reddito è risparmiata. La prima spiegazione è legata al comportamento a breve termine, mentre la seconda ha una natura più generale. Keynes asserì che lo standard di vita abituale di un uomo di norma si poggia in prima battuta sul reddito (GT p. 97). Egli sostenne che la soddisfazione dei bisogni primari immediati di un individuo e della sua famiglia è di norma una motivazione più forte dei motivi che portano invece all'accumulazione, i quali acquisiscono una effettiva rilevanza quando si è raggiunto un certo status o agio economico (GT p. 97).

31 Le teorie di seguito riportate sono state riprese ed adattate da: Snowdon, B. and Vane, H. R. eds. An Encyclopedia of Macroeconomics. Cheltenham: Edward Elgar, 2002.

Le ipotesi fondamentali

Page 71: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

71

Relativamente all’ipotesi 4 era connaturata alla visione keynesiana l’idea che la MPC non fosse costante per tutti i livelli di occupazione o valori del reddito reale. Più specificamente egli sostenne la probabile tendenza della MPC a diminuire al crescere dell’occupazione (GT p. 120).

La più comune rappresentazione della AIH è la funzione di consumo lineare di seguito espressa:

bYaC += con a>0 e 0<b<1. L’equazione sopra esposta è coerente con le prime tre ipotesi, ma non con la 4. La presenza di una intercetta diversa da zero rende la relazione fra consumo e reddito non-proporzionale. Più specificamente, un’implicazione data dalla positività del parametro a, è che al crescere del reddito, il consumo cresce ma in proporzione minore.

Questa funzione di consumo lineare rappresenta la componente fondamentale del sistema keynesiano di domanda aggregata. Una conseguenza della forma funzionale lineare è che la MPC è costante per diversi valori del reddito disponibile. Il valore della MPC influenza il valore del moltiplicatore della spesa autonoma, e dunque l’efficacia della politica fiscale nel promuovere un cambiamento nel livello di equilibrio del reddito nazionale. Più precisamente, più alto è il valore di MPC, minore è l’incremento di spesa pubblica che il governo dovrà attuare al fine di ottenere una data variazione del reddito.

L’ipotesi del reddito assoluto è stata testata utilizzando sia dati cross-section che serie storiche. Le analisi cross-section hanno prodotto grande supporto per questo tipo di formulazione. Vari studi sui dati di bilancio

delle famiglie (per esempio Brady e Friedman 1947) hanno mostrato che, fra gruppi distinti per classi di reddito, il valore della APC diminuisce al crescere del reddito. Questi studi hanno anche mostrato che per i gruppi a reddito basso in realtà il parametro del consumo autonomo (a) è negativo (questi individui decumulano i risparmi). Inoltre è stata ottenuta evidenza di una relazione non lineare fra consumo e reddito. Nella fattispecie, in accordo con l’ipotesi 4, al crescere del reddito la MPC diminuisce.

L’ipotesi del reddito assoluto è stata supportata anche da verifiche empiriche effettuate su serie storiche a breve termine. I primi studi con serie storiche hanno portato alla stima dei parametri della funzione di consumo usando dati aggregati (prevalentemente degli anni ’30). Un tipico risultato è quello ottenuto a Davis (1952) usando i dati annuali reali procapite degli Stati Uniti, espressi in miliardi di dollari, per il periodo 1929-40:

YC 78,045,11 +=

Si può notare che la stima della MPC è una frazione positiva. Anche l’intercetta è positiva. Inoltre il coefficiente di determinazione della regressione è 0,986, che indica che il reddito spiega quasi interamente la variazione del consumo attorno alla sua media, entro un intervallo specificato.

Tuttavia la validità dell'ipotesi del reddito assoluto è stata messa in discussione in seguito alle previsioni pessimistiche rispetto al livello della domanda nei periodi immediatamente successivi alla seconda guerra

mondiale che non trovarono realizzazione. La tesi della stagnazione secolare che aveva preso corpo negli anni ‘30 non si verificò nei fatti. Per comprendere tale tesi si ipotizzi una economia

La specificazione empirica

I risultati della verifica empirica

Le critiche alla teoria

Page 72: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

72

che stia inizialmente operando a livello di pieno impiego. Se il valore del reddito dovesse successivamente aumentare, accettando la teoria del reddito assoluto, la quota di consumo sul reddito dovrebbe diminuire. Dal momento che non esiste alcuna ragione per ritenere che la quota dell'investimento sul reddito debba crescere quando il reddito cresce, per mantenere il pieno impiego, sarebbe necessario che la spesa pubblica crescesse ad un tasso più elevato di quello del reddito. In realtà, dopo la fine della seconda guerra mondiale, quando la spesa pubblica inevitabilmente cadde, gli Stati Uniti non sperimentarono una recessione. La spesa per consumi fu decisamente più elevata del previsto, e non solo il pieno impiego fu mantenuto, ma si ebbe anche una sostanziale infrazione.

Ulteriore evidenza che ha danneggiato l'ipotesi del reddito assoluto derivò dalle analisi condotte su serie storiche a lungo termine. Simon Kuznets (1942) effettuò due studi, ciascuno dei quali esaminava la natura della relazione a lungo termine tra la spesa per consumo a

prezzi costanti e il PIL reale degli Stati Uniti. Il primo studio di Kuznets comparava i valori medi del consumo e del reddito nel periodo 1879-1938. In esso si scoprì che ignorando le decadi di depressione, 1924-33 e 1929-38, la quota di consumo sul reddito rimaneva entro un intervallo molto ristretto, 0,83-0,90. Nello stesso periodo, inoltre, si verificò un considerevole incremento del reddito: da 17,9 miliardi di dollari a 72 miliardi. Lo studio successivo estese il periodo dell'analisi dal 1869 al 1938. Ancora una volta, dopo aver escluso le decadi di depressione, si rilevò che la quota del consumo sul reddito non era inferiore a 0,83 e non superava 0,90. Nello stesso periodo, inoltre, il reddito nazionale aumentò sostanzialmente: da 9,3 miliardi a 72 miliardi di dollari.

Perciò l'evidenza prodotta da Kuznets indicava che anche se il reddito era aumentato significativamente durante un lungo intervallo di tempo, la quota del consumo sul reddito restava approssimativamente costante. Il suggerimento era che la relazione al lungo termine tra consumo e reddito fosse proporzionale piuttosto non-proporzionale, come implicato dall'ipotesi del reddito assoluto. Un risultato simile venne ottenuto anche da Goldsmith (1955).

Analisi effettuate su dati trimestrali del periodo immediatamente successivo alla seconda guerra mondiale per gli Stati Uniti hanno ulteriormente contraddetto l'ipotesi del reddito assoluto. In accordo con l’ipotesi (2) la propensione marginale al consumo è superiore a 0 ed inferiore all'unità. Quindi la teoria sostiene che il consumo e il reddito dovrebbero sempre muoversi nella stessa direzione; ed i cambiamenti nel consumo dovrebbero essere gli inferiori ai cambiamenti del reddito. Tuttavia, quando Ackley (1961) esaminò dati trimestrali di 22 trimestri consecutivi ottenne una evidenza estremamente contraddittoria.

In conclusione, sebbene l'evidenza ottenuta dagli studi sui bilanci delle famiglie o dalle analisi a breve termine sopportarono l'ipotesi del reddito assoluto, l'evidenza dagli studi a lungo termine e dall'esame dei movimenti trimestrali del consumo rifiutano la teoria. Il fallimento empirico dell'ipotesi del reddito assoluto divenne evidente alla fine degli anni ’40 e per queste ragioni si manifestò una spinta verso la ricerca di teorie alternative.

Gli studi con serie storiche a lungo termine

Page 73: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

73

L’ Ipotesi del reddito relativo Questa ipotesi, che è stata avanzata e sviluppata principalmente da James Duesenberry (1949), rappresenta uno dei primi importanti contributi all’avanzamento della teoria del consumo.

L’analisi di Duesenberry si fonda su due ipotesi. Innanzitutto, in un dato istante, le funzioni di utilità sono socialmente determinate; in altri termini sono interdipendenti fra i vari individui. Ciò può essere evidenziato

studiando una cross-section di individui in un dato istante. All’interno di ogni gruppo di reddito sarà definito uno standard di vita considerato abituale. Famiglie con redditi inferiori a quello considerato “normale” cercheranno di conformare il proprio consumo a quest’ultimo, spendendo una frazione più alta del proprio reddito, così che la propensione media al consumo di queste famiglie sia superiore a quelle della norma, e viceversa: si tratta del cosiddetto “effetto dimostrativo”. La seconda ipotesi è che le funzioni di utilità siano interdipendenti per lo stesso individuo in differenti istanti. Per esempio, una famiglia che sperimenti un incremento nei suoi redditi, nel tempo imparerà ad aggiustare le proprie abitudini di consumo. Avendo imparato ad apprezzare un più elevato standard di vita, la famiglia non ritornerà sul suo sentiero di consumo originario, anche se il reddito dovesse ritornare al livello precedente. Si parla in questo caso di effetto “arpione”.

Duesenberry con la sua teoria tentò di riconciliare l’evidenza conflittuale derivante dai diversi studi empirici. I primi studi empirici (che erano sia studi su cross-section di bilanci delle famiglie, sia serie storiche a breve

termine su dati aggregati) sulla relazione fra consumo e reddito fornirono evidenza in linea con l’ipotesi keynesiana, rispetto alla quale la propensione marginale al consumo è inferiore alla propensione media al consumo, e che la propensione media declina al crescere del reddito. Tuttavia, l’analisi empirica che utilizzava serie storiche a lungo termine, attuata da Kuznets (1946) suggeriva che nel lungo periodo la propensione media al consumo non aveva subito significative variazioni e che la relazione reddito-consumo debba essere più efficacemente rappresentata da una retta che passa dall’origine con una inclinazione approssimativa di 0,9 (con MPC=APC).

Come si può sanare la conflittualità dell’evidenza empirica utilizzando l’ipotesi del reddito relativo? Come sottolineato in precedenza la propensione media al consumo delle famiglie è in parte determinata dal suo reddito relativo per una data distribuzione del

reddito. L’effetto dimostrativo spiega perché gli studi di tipo cross-section forniscano differenti misure della APC per famiglie che hanno redditi diversi. Nel tempo, per esempio, se tutti i redditi dovessero raddoppiare, l’APC di una data famiglia dovrebbe rimanere inalterata, comportando un raddoppio dei consumi. Dunque, se la distribuzione del reddito non viene alterata al crescere del reddito, l’APC rimane costante, nel lungo periodo. In altri termini, nel tempo le funzioni cross-section si muoverebbero verso l’alto, dando luogo ad una funzione di lungo periodo con una APC costante.

A questo punto si consideri come l’ipotesi del reddito relativo riesca a riconciliare l’evidenza empirica conflittuale che scaturisce dall’utilizzo di serie storiche a breve e a lungo termine. Come si è detto, il consumo delle famiglie è anche una funzione del reddito che

si percepisce nel corso del tempo, ed in particolare risente dei picchi positivi di

Le ipotesi fondamentali

Finalità della teoria

Rilevanza dell’effetto dimostrativo

Rilevanza dell’effetto “arpione”

Page 74: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

74

quest’ultimo. L’effetto “arpione” spiega perché la funzione di consumo di breve periodo (per la quale APC assume valori variabili) differisce dalla funzione di consumo di lungo periodo (per la quale APC è costante). Nel tempo, al crescere del reddito nazionale, le famiglie imparano ad apprezzare standard di consumo più elevati. Se il reddito crescesse lungo un sentiero stabile nel tempo, anche la APC sarebbe sempre costante. Tuttavia, si verificano fluttuazioni nel livello del reddito. Durante le recessioni, benché il reddito diminuisca, le famiglie tenderanno a mantenere il proprio standard di vita per quanto possibile, così il consumo diminuisce in misura meno che proporzionale rispetto alla caduta del reddito. Per questo, nel breve periodo la APC aumenta al calare del reddito (ossia diminuisce al crescere del reddito).

Benché la teoria di Duesenberry sia molto interessante, soprattutto per il fatto di evidenziare l’interdipendenza delle funzioni di consumo individuali, e di sottolineare l’importanza degli aspetti distributivi, essa è stata completamente sopravanzata dagli sviluppi successivi, ed in particolare dalle teorie del ciclo vitale e del reddito permanente.

L’importanza delle considerazioni intertemporali Si è visto come la teoria del reddito assoluto sia stata criticata per la sua incapacità di conciliarsi con l’evidenza empirica derivante dalle analisi di serie storiche a lungo termine. Questo tipo di critica ha portato gli economisti più vicini all’impostazione classica a sviluppare un approccio alla teoria del consumo aggregato che si fonda sostanzialmente su due elementi: il primo consiste nel derivare la funzione di consumo aggregato da aspetti microfondati, ossia nel prendere in esplicita considerazione il comportamento di consumo degli individui; il secondo riguarda il riconoscimento della natura intertemporale del consumo stesso: in altri termini l’idea che il consumo corrente non sia indipendente dal consumo passato e futuro, ed in quanto tale non indipendente dall’evoluzione temporale delle risorse spendibili da parte dell’individuo.

L’ipotesi del reddito permanente e del ciclo vitale si occupano pertanto di consumatori “lungimiranti”, ma è bene sottolineare fin da subito che tali consumatori obbediscono a comportamenti che non necessariamente si uniformano al comportamento “tipico” di un consumatore reale. Il consumatore lungimirante considerato in queste teorie è un agente rappresentativo (quindi non esistono tipologie differenti di consumatori) dunque utile come approssimazione microeconomica della teoria aggregata del consumo.

Può essere utile chiarire il comportamento del consumatore lungimirante tipicamente rappresentato nelle teorie del ciclo vitale e del reddito permanente con un’esemplificazione numerica.

Si immagini di essere un individuo di 21 anni, non ancora occupato. Si ipotizzi inoltre che debbano trascorrere ancora 3 anni prima di trovare un posto di lavoro stabile. Sia nulla la ricchezza corrente. Le risorse spendibili dell’individuo sono perciò costituite dal solo flusso attualizzato dei futuri redditi da lavoro. Per calcolare il proprio consumo l’individuo deve immaginare un possibile scenario relativo alla sua vita futura. A tal fine si ipotizzi che la tassazione rimanga stabile al 27%, che una volta conseguito il posto di lavoro esso consenta di guadagnare 30.000 euro all’anno (espressi in termini reali) e che il tasso di crescita del reddito

Page 75: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

75

da lavoro sia del 2% annuo. In questo quadro l’età della pensione viene raggiunta dalle donne a 65 anni e dagli uomini a 70. La speranza di vita è di 81 anni per le donne e 75 anni per gli uomini.

Si dispone a questo punto di tutti gli elementi necessari al calcolo del consumo, posto che gli anni dedicati al lavoro siano 40 per le donne e 45 per gli uomini, e che gli anni di vita attesa residua siano 54 per gli uomini e 60 per le donne.

La ricchezza accumulata nel corso della vita per uomini e donne rispettivamente si ottiene risolvendo le seguenti espressioni:

[ ]{ } 803.322.1000.30*40198,60*73,0000.30)02,1(...)02,1()02,1(1)27,01( 452 ==++++− [ ]{ } 450.574.1000.30*89271,71*73,0000.30)02,1(...)02,1()02,1(1)27,01( 402 ==++++−

da cui si ricava che, qualora l’individuo intenda mantenere un consumo costante nel tempo, la spesa annua e data da:

1.322.803/60 = 22.047

1.574.450/54 = 29.156

Ciò significa che il nostro individuo di 21 anni che oggi non dispone di alcuna risorsa, potrebbe andare presso un istituto di credito e chiedere un prestito di 22.047 o 29.156 euro per un anno, semplicemente sostenendo che in futuro otterrà un reddito adeguato a ripagare il debito.

Che cosa non funziona in questo esempio?

Le obiezioni a questo tipo di comportamento sono molteplici, ma le più rilevanti senza dubbio sono:

a) non necessariamente un individuo è interessato a mantenere un consumo costante nel tempo; anzi è probabile che modifichi le sue abitudini di consumo nel corso della vita (aumentando i consumi quando effettivamente crescono le possibilità di spesa, oppure perché costituisce una famiglia e deve provvedere al mantenimento dei figli…);

b) ipotizzare uno scenario plausibile per il futuro molto lontano implica considerazioni estremamente complesse; di fatto è impossibile prevedere se il reddito da lavoro sarà costante, oppure se subirà sensibili variazioni in positivo o in negativo. L’incertezza riguardo all’evoluzione del reddito futuro determina una maggiore dipendenza del consumo corrente dal reddito corrente (o percepibile in un orizzonte a breve termine);

c) l’incertezza in merito agli eventi futuri influenza anche l’atteggiamento rispetto ad eventi occasionali o fortuiti. Che cosa accadrebbe in caso di un evento negativo inatteso (una malattia, un incidente…)? Anche in questo caso il consumo potenziale verrebbe ridotto al fine di consentire un risparmio precauzionale;

d) infine, anche ammesso che nessuno dei problemi sopra esposti sia rilevante per un dato individuo, si immagini che quest’ultimo si rivolga ad un istituto di credito per ottenere un prestito volto a finanziare il consumo corrente. Anche se l’istituto di credito avesse aspettative simili a quelle del consumatore in merito agli eventi futuri, è molto improbabile che proceda al finanziamento di un prestito in assenza di garanzie, ossia senza che l’individuo percepisca un reddito stabile o disponga di una ricchezza. In altri

Page 76: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

76

termini, il consumo corrente potenziale può essere ridotto per effetto della presenza di vincoli finanziari.

L’Ipotesi del ciclo vitale L’ipotesi del ciclo vitale nel consumo è un corpo di teorie associato al lavoro di Franco Modigliani (1954) (1963) e dei suoi collaboratori Albert Ando e Richard Brumberg. In accordo con queste protesi, il

consumo corrente di un individuo dipende, ed è frazione (a sua volta relativa a gusti e preferenze), dal valore attuale delle sue risorse vitali, che sono composte dalla ricchezza personale e dai guadagni acquisiti nel corso della vita (sia dal reddito corrente che dal valore atteso futuro dei redditi da lavoro). Si assume che un individuo massimizzi la propria utilità mantenendo stabile o con poco variabile il sentiero di consumo del corso del sua intera vita.

In quanto segue si darà una semplice versione della ipotesi allo scopo di illustrare come reddito e risparmio variano nel corso del ciclo di vita di un individuo tipico.

La vita dell’individuo si divide in tre fasi. Nella prima e nella terza fase l’individuo non lavora per motivi esattamente opposti, ma chiaramente consuma ricchezza altrui o propria; nella seconda fase l’individuo, pur consumando, accumula ricchezza perché in età lavorativa. Nei primi anni della vita lavorativa, il reddito dell'individuo è relativamente basso e quindi l'individuo si connota tipicamente come consumatore netto o un debitore netto (per esempio, per finanziare l'acquisto della casa o di beni di consumo durevoli). Lungo il corso della sua vita lavorativa, al crescere del reddito, l'individuo tipicamente riesce ad accumulare attività utili a ripagare i debiti precedentemente contratti, ed a risparmiare al fine di finanziare il consumo per l’età della pensione.

L’ipotesi del ciclo vitale è in grado di spiegare l'evidenza emersa da studi sui bilanci di cross-section di popolazione secondo i quali: (1) la propensione marginale al consumo (MPC) è inferiore alla

propensione media al consumo (APC) ed inoltre (2) APC declina al crescere del reddito. Una tipica cross-section della popolazione (per la quale la ricchezza è costante) infatti tende ad includere nel gruppo con bassi livelli di reddito un numero esageratamente alto di individui che sono nei loro primi anni di lavoro, oppure in pensione. Questi individui hanno una elevata APC e sono tipicamente indotti a decumulare i risparmi. All'opposto, nei gruppi ad alto livello di reddito si colloca un numero sproporzionatamente elevato di individui nella fase centrale della loro vita, che tipicamente risparmiano una proporzione più alta del loro reddito corrente (bassa APC), al fine di pagare debito contratto in precedenza o risparmiare per la pensione quando il reddito è basso.

L’ipotesi del ciclo vitale può anche spiegare l'evidenza che viene da serie storiche aggregate di breve periodo (una MPC positiva inferiore all'unità ed inferiore alla APC) e da serie storiche a lungo termine (una costante APC=MPC). Se la distribuzione del reddito e la distribuzione dell'età (piramide demografica ed in particolare la proporzione fra lavoratori e pensionati) della popolazione rimane relativamente stabile nel tempo, le funzioni individuali del consumo possono essere aggregate per produrre una stabile funzione di

Le ipotesi fondamentali

Caratterizzazione del ciclo vitale

L’applicazione empirica

Page 77: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

77

consumo aggregata e spiegare perché l'evidenza indica una APC costante nel lungo periodo.

L’ipotesi del ciclo vitale può essere formalizzata attraverso una funzione in cui il consumo aggregato ( C ) dipende sia dalle reddito (Y) che dalla ricchezza (W):

YWC βα +=

dove α e β sono le MPC relative alla ricchezza e al reddito rispettivamente. La APC (C/Y) può essere calcolata dividendo l’espressione precedente per Y, così che:

βαβα +=+=YW

YY

YW

YC

Nel breve periodo, la ricchezza (che definisce l’intercetta della funzione di consumo di breve periodo) è approssimativamente costante così che APC diminuisce al crescere di Y. Nel lungo periodo, tuttavia, poiché la ricchezza e il reddito aumentano stabilmente, la funzione di consumo di breve periodo si sposterà verso l'alto e determinerà una costante crescita del consumo lasciando APC costante al crescere di Y.

C

YY1 Y2

αW1

CBP

Il Consumo nel breve periodo

APC1

APC2

La formalizzazione della teoria

Page 78: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

78

C

YY1 Y2

αW1

CBP1

Il Consumo nel lungo periodo

APC1 APC2=CBP2

αW2

L’ Ipotesi del reddito permanente Come si è detto, nei primi anni ‘50 vennero proposte due teorie del consumo simili eppure distinte: l'ipotesi del reddito permanente e l'ipotesi del ciclo vitale. Entrambe queste teorie possono essere viste come una risposta al fallimento dell’ipotesi del reddito assoluto nello spiegare l'evidenza empirica.

L’ipotesi del reddito permanente è attribuibile a Milton Friedman (1957) ed ai suoi collaboratori Rose Friedman, Dorothy Brady e Margaret Reid. Tale ipotesi è strettamente una teoria micro-

economica del comportamento individuale. L'analisi effettuata da Friedman si fonda sulla teoria del risparmio di Fisher (1907, 1930). Il consumatore pianifica il consumo, massimizzando la funzione di utilità lungo termine, soggetta al vincolo di ricchezza. Quando questo problema di ottimizzazione vincolata viene risolto, il consumo corrente dipende dalla ricchezza e dal tasso di interesse. Contrariamente all'ipotesi del reddito assoluto, nell'ipotesi del reddito permanente un cambiamento del reddito corrente influenza il consumo corrente solo se altera la ricchezza. Si noti che nel contesto dell'analisi di Friedman, la ricchezza comprende non solo la ricchezza non umana ma anche la ricchezza umana, dove la seconda può essere definita come il valore attuale della somma di reddito da lavoro corrente e futuro.

Friedman introduce il concetto di reddito permanente. Esso è defi-nito come “l'ammontare di consumo che l’individuo effettua (o pensa di poter effettuare) mantenendo la ricchezza intatta”.

Ipotizzando un individuo con vita infinita, il reddito permanente può essere interpretato come la rata costante della rendita derivante dalla ricchezza dell’individuo stesso. Matematicamente, il reddito permanente può essere espresso come:

Le ipotesi fondamentali

La formalizzazione della teoria

Page 79: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

79

tPt iWy =

In questa equazione yPt e Wt indicano il reddito permanente e la ricchezza rispettivamente. L'indice t significa che il valore delle variabili in questione è relativo al periodo corrente; i denota il tasso di interesse, il cui valore è ipotizzato fisso. Perciò il reddito permanente può essere guardato come il reddito da interesse che deriva all'individuo dal possesso di ricchezza umana e non umana.

Data la relazione sopra esposta fra il reddito permanente e la ricchezza, il risultato della soluzione della problema di massimizzazione dell'utilità intertemporale è la funzione di consumo:

),( ii

yfc PtPt =

dove cPt indica il valore dei servizi che l'individuo pianifica di consumare durante il periodo corrente, definito da Friedman consumo permanente. Nella equazione sopra esposta, il consumo permanente dipende da due variabili, ossia il reddito permanente e il tasso di interesse. Perciò è possibile rappresentare la funzione di consumo come:

),( iygc PtPt = .

Se si assume inoltre che la funzione di utilità dinamica sia omotetica, allora esiste un rapporto proporzionale fra cPt e yPt. In particolare:

PtPt kyc =

con 0<k<1. Fattori che influenzano k includono il tasso di interesse, le preferenze, l’età dell’individuo, e l’incertezza sul reddito. Inoltre esso dipende dal rapporto fra ricchezza non-umana e reddito permanente, considerato che quest’ultima costituisce un collaterale più sostanziale rispetto alla ricchezza da lavoro. E’ però importante sottolineare che k è indipendente dal reddito permanente. A parità di altri fattori, la propensione al consumo media sul reddito permanente è la stessa per individui ricchi e poveri. Dati i fattori che influenzano k, la relazione proporzionale fra cPt e yPt può essere rappresentata come:

PtPt yuzikc ),,(=

dove z è utilizzato per indicare la quota della ricchezza non-umana sul reddito permanente ed u è una sintesi degli elementi che influenzano la funzione di utilità.

L’equazione sopra esposta rappresenta il consumo per un singolo individuo. Affinché la stessa equazione possa rappresentare il consumo di un gruppo di individui occorre che sia possibile applicarla senza variazioni a tutti i membri del gruppo. Inoltre è necessario ipotizzare che la distribuzione dei consumatori per reddito permanente sia

indipendente dalla distribuzione per i, z ed u. Chiaramente lo stesso Friedman riconobbe che una simile ipotesi è falsa; tuttavia egli sostenne che la possibile interdipendenza fra i, z, u ed Pty non fosse rilevante per l’aggregazione.

Dal consumo individuale al consumo aggregato

Page 80: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

80

Il problema posto dall’ipotesi del reddito permanente rimane tuttavia quello di proporre grandezze puramente teoriche che non trovano riscontro negli aggregati empirici. Per poter verificare le previsioni dell’ipotesi del reddito permanente con dati empirici occorre collegare le

variabili teoriche alle variabili empiriche disponibili. Per questa ragione Friedman scompose il reddito assoluto disponibile in due parti, di cui una permanente ed una transitoria:

TtPtt yyy +=

La definizione empirica del reddito permanente è che quest’ultimo sia il reddito regolarmente percepito (o atteso) dal consumatore. All’opposto, il reddito transitorio è quello che scaturisce da eventi accidentali o fortuiti.

Similmente Friedman guarda al consumo effettivo come somma di consumo permanente e transitorio:

TtPtt ccc += .

Si noti che nel contesto dell’ipotesi del reddito permanente, il consumo è definito come il flusso di servizi che derivano da acquisti correnti e passati di beni di consumo. Il consumo permanente ed il consumo transitorio sono interpretati come consumi pianificati e non pianificati, rispettivamente.

Le due equazioni sopra scritte, benché definitorie, non consentono la verifica empirica dell’ipotesi del reddito permanente perché introducono due incognite (che sono le componenti transitorie del reddito e del consumo). Per arrivare ad una forma stimabile Friedman dovette ipotizzare una particolare relazione fra le componenti transitorie e le componenti permanenti del reddito e del consumo. In particolare era necessario che queste fossero statisticamente indipendenti tra loro (ossia mostrassero coefficienti di correlazione nulla). Formalmente:

0),( =TtPt yyρ 0),( =TtPt ccρ 0),( =TtPt ycρ .

L’equazione teorica sottoposta a stima assume dunque la seguente struttura:

TtPtt ckyc +=

L’equazione empirica è invece data da:

ttt byac ε++=

Se l’ipotesi del reddito permanente è corretta, la stima della equazione empirica deve portare ai seguenti valori stimati dei parametri: a=0, b=k, e ad un termine d’errore così definito ε=cT-kyT (se così non fosse l’equazione teorica e l’equazione stimata non sarebbero equivalenti).

Rispetto a questa specificazione empirica si possono fare due osservazioni. La prima è che in assenza di restrizioni sui parametri essa non differisce dall’equazione stimabile dell’ipotesi di reddito assoluto. La seconda osservazione, tuttavia, evidenzia che, nella misura in cui l’ipotesi del reddito permanente venga confermata, il termine d’errore ε è evidentemente correlato (o linearmente dipendente) alla variabile

indipendente yt (perché il reddito complessivo è la somma di reddito permanente e reddito

Problemi di specificazione empirica

Gli effetti dell’adozione dell’ipotesi del reddito permanente

Page 81: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

81

transitorio, ed il termine d’errore contiene il reddito transitorio). La correlazione fra regressori e termine d’errore, come noto produce distorsioni nella stima dei parametri. In particolare, qualora si sottoponesse a stima dei minimi quadrati ordinari l’equazione empirica, senza vincolare i parametri secondo l’ipotesi di Friedman, si otterrebbe una sovrastima del parametro a ed una sottostima del parametro b. Questa, in ultima analisi, secondo Friedman è la spiegazione dell’evidenza empirica conflittuale emersa dagli studi condotti su serie storiche: poiché l’ipotesi del reddito assoluto non vincola i valori dei parametri di regressione, ed il termine d’errore è correlato al reddito corrente, la funzione di consumo stimata attribuisce un valore “eccessivo” al termine rappresentativo del consumo autonomo (intercetta), quando questo dovrebbe essere invece nullo; ed inoltre determina una propensione media (e marginale) al consumo di breve periodo inferiore a quella di lungo periodo, quando quest’ultima dovrebbe essere costante.

Si deve sottolineare che per la stima del reddito permanente Friedman utilizzò, come detto, una definizione di reddito atteso (ossia di reddito medio). Per giungere all’espressione numerica di tale grandezza fece riferimento ad un meccanismo basato su aspettative adattive. Alla fine degli anni ’70, dopo l’avvento delle aspettative razionali, alcuni autori

tentarono di combinare l’ipotesi del reddito permanente e quella di aspettative razionali. In un contributo del 1978, Robert Hall dimostrò che tale combinazione porta il consumo a seguire un processo stocastico del tipo:

ttt cc εββ ++= −110

Se il consumo si comporta secondo aspettative razionali e reddito permanente, l’aggiunta di componenti di consumo con ritardi superiori ad uno dovrebbe portare a stime nulle di tali parametri. In altri termini, una equazione del tipo:

tntntttt ccccc εβββββ ++++++= −−−− ....3322110

porterebbe ad una stima di 0...32 ==== nβββ .

L’importante implicazione economica della teoria del consumo basata su aspettative razionali è evidentemente che il consumo è sensibile solo a variazioni inattese del reddito. Qualsiasi cambiamento del reddito che possa essere anticipato non ha effetti (perché già previsto nel percorso che ha portato alla massimizzazione intertemporale dell’utilità).

Vi è naturalmente anche una importante implicazione di politica economica. Affinché, per esempio, un programma di riduzione delle tasse possa influenzare il consumo devono verificarsi due condizioni. Innanzitutto il cambiamento di politica economica deve essere percepito dalle famiglie come un cambiamento permanente (ossia un cambiamento in grado di alterare il reddito permanente). La seconda condizione è che tale cambiamento sia inatteso. Se queste due condizioni vengono rispettate, la politica economica ha effetto nel momento stesso in cui viene annunciata (dal momento che nell’ipotesi di aspettative razionali l’adattamento degli individui ai cambiamenti è istantaneo).

Dalle aspettative adattive alle aspettative razionali

Page 82: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

82

In realtà, i risultati empirici ottenuti dalla stima dell’ipotesi del reddito permanente con aspettative razionali sono molto insoddisfacenti: i dati rifiutano l’ipotesi di aspettative razionali (ma non l’ipotesi del reddito permanente). La ragione di questo insuccesso (si veda per esempio Muellbauer (1994)) viene ricondotta all’eccessiva rigidità dell’ipotesi di aspettative razionali standard, che

implica perfetta informazione per tutti gli agenti economici, portando a escludere gli effetti dati da informazione asimmetrica e da presenza di incertezza “intrattabile”. Da questi elementi infatti discendono fenomeni empirici osservabili, e non certo di trascurabile importanza, quali vincoli finanziari e risparmio precauzionale.

Considerazioni di sintesi L’esame degli sviluppi della teoria del consumo moderna sembrano evidenziare unanimemente l’importanza di alcuni fattori che possono, a questo punto, essere considerati imprescindibili nell’elaborazione di approfondimenti futuri. Essi possono essere sinteticamente individuati come segue:

La teoria del consumo aggregato non può prescindere da:

1. considerazioni di carattere intertemporale. La dimensione intertemporale richiama prin-cipalmente l’attenzione sul ruolo dell’incertezza e sui meccanismi di formazione delle aspet-tative. Le differenti posizioni metodologiche sulla natura dell’incertezza (ossia sulla sua possibile trattabilità in termini di distribuzioni probabilistiche standard) portano chiaramente a specificazioni teoriche ed empiriche alternative; analoghe considerazioni valgono per i meccanismi di formazione delle aspettative che coerentemente con la caratterizzazione dell’incertezza si potranno configurare come valori attesi di processi stocastici regolari, o come costruzioni di natura qualitativa e convenzionale. Il vero punto in questione, sollevato dalla natura intertemporale della decisione di consumo non è dunque il rapporto fra consumo e tasso di interesse, ma il rapporto fra consumo e grado di incertezza a livello economico.

2. considerazioni di carattere individuale. La dimensione individuale implica la microfondazione della teoria del consumo, ossia un meccanismo in grado di aggregare le funzioni di consumo microeconomiche. Anche in questo caso valgono alcune precisazioni. Il meccanismo standard di aggregazione si basa sul principio dell’agente rappresentativo; si tratta di una finzione teorica che garantisce che le proprietà microeconomiche si possano estendere senza variazioni all’aggregato. D’altro canto non esiste una equivalenza fra microfondazione di una teoria e adesione al principio dell’agente rappresentativo. All’opposto, se esiste un senso alla microfondazione di una teoria esso è da ricercare nella possibilità di prendere in considerazione le eterogeneità individuali (non necessariamente a livello di singoli individui, ma almeno fra gruppi omogenei rispetto a talune caratteristiche considerate rilevanti). Quando si esplicita l’esistenza di eterogeneità individuali divengono rilevanti questioni attinenti alla distribuzione dell’informazione. In contesti in cui l’informazione è asimmetrica (ossia non tutti gli individui dispongono delle stesse informazioni per attuare le proprie scelte) anche il consumo può essere fortemente influenzato, per esempio per l’insorgere di vincoli finanziari.

3. considerazioni sulla distribuzione del reddito. Come si è visto nella teoria del reddito relativo, anche a distribuzione del reddito è rilevante. Tale distribuzione non si riferisce alle

Rilevanza empirica delle aspettative razionali applicate alla teoria del consumo

Page 83: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

83

“classi sociali” storicamente intese (ossia alla tradizionale distinzione fra categorie di percettori di reddito quali lavoratori, imprenditori, ecc…), bensì a gruppi individuabili sulla base di considerazioni sociologiche e di omogeneità degli standard di vita.

Tutte queste considerazioni, senza dubbio, portano al superamento dell’ipotesi del reddito assoluto, ma d’altro canto evidenziano come neppure gli sviluppi successivi (in particolare quelli appartenenti ai filoni del ciclo vitale e del reddito permanente) possano essere ritenuti immuni da limiti, e dalla necessità di ulteriori approfondimenti sulla strada di una maggiore rispondenza fra teoria e realtà.

Page 84: Approfondimenti di Macroeconomia - UniBG · Approfondimenti di Macroeconomia Dott. Anna Maria Variato L’interpretazione della macroeconomia moderna 1 Periodo

84

Bibliografia Fitoussi, Jean-Paul. Il Dibattito Proibito. Moneta, Europa, Povertà. Bologna: Il Mulino, 1996. Gotti, M. "La "General Theory" Come Opera Aperta," A. Marzola and F. Silva, John M. Keynes Linguaggio E Metodo. Bergamo: Pierluigi Lubrina Editore, 1990, 185-230. Greenwald, B. C and Stiglitz, J. "Examining Alternative Macroeconomic Theories." Brooking Papers on Economic Activity, 1988, pp. 207-70. Laidler, D. Fabricating the Keynesian Revolution. Cambridge University Press, 1999. Mankiw, G. "A Quick Refesher Course in Macroeconomics." Journal of Economic Literature, 1990, 28, pp. 1645-60. Marzola, A. and Silva, F. eds. John M. Keynes. Linguaggio E Metodo. Bergamo: Pierluigi Lubrina Editore, 1990. Phelps, Edmund S. Sette Scuole Di Pensiero. Un'interpretazione Della Teoria Macroeconomica. Bologna: Il Mulino, 1991. Snowdon, B. and Vane, H. R. Conversations with Leading Economists. Interpreting Modern Macroeconomics. Cheltenham: Edward Elgar, 1999. ____ eds. An Encyclopedia of Macroeconomics. Cheltenham: Edward Elgar, 2002. Spinelli, Franco and Tabellini, Guido eds. Letture Di Macroeconomia. Etaslibri, 1994.