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APPENDICELO SPIRITO CRITICO. 25 LETTERE DI NORBERTO BOBBIO [SELEZIONE]

Norberto Bobbio, Danilo Zolo

Le lettere qui riprodotte sono solo una parte del mio carteggio con Norberto Bobbio. Fra le oltre cinquanta missive autografe che da molti anni conservavo fra le mie carte, ho scelto e trascritto solo quelle che ho ritenuto più significative, perché documentano le opinioni di Bobbio sulle questioni teoriche e politiche che erano oggetto delle nostre discussioni. Gli approcci teorici e i temi cambiano con il tempo: la teoria marxista dello Stato e del diritto, il marxismo parigino, l'hegelomarxismo italiano, il rapporto fra filosofia politica e "scienza politica", la sociologia sistemica di Niklas Luhmann e il suo infelice approdo autopoietico, i grandi temi della democrazia, delle istituzioni internazionali, della guerra e della pace. Nonostante il passare degli anni, in Bobbio la passione civile, il rigore, lo spirito critico e la schiettezza, talora molto severa, non vengono mai meno.In particolare alcune lettere sono a mio parere di notevole rilievo storico e teorico. Fra queste segnalo la lettera del febbraio 1991, nella quale Bobbio rivede la sua iniziale approvazione etica e giuridica della guerra voluta dagli Stati Uniti contro l'Iraq di Saddam Hussein. Di notevole interesse storico è la lettera del 7 luglio 1992, nella quale Bobbio esprime il suo profondo disagio per la campagna scandalistica orchestrata contro di lui nel giugno 1992 da Panorama. Il settimanale aveva pubblicato una lettera da lui inviata a Mussolini l'8 luglio 1935, quando aveva 25 anni, per chiedere che venisse cancellata un'ammonizione che gli impediva di presentarsi a un concorso universitario. La lettera contiene una testimonianza di prima mano della condizione degli intellettuali e dei docenti universitari sotto il regime fascista. Bobbio stesso era già stato incarcerato a Torino perché sospettato di collusione con il gruppo antifascista Giustizia e libertà e lo sarebbe stato una seconda volta, a Padova, nel 1943, per attività clandestina. Importanti sul piano teorico sono inoltre le lettere del 1 aprile 1996 e del 19 marzo 1997 nelle quali Bobbio, discutendo le tesi da me sostenute in Cosmopolis, esprime il suo punto di vista sulla teoria delle relazioni internazionali, sulle ragioni antropologiche della violenza e sul tema della pace e della guerra. Complessivamente emerge da queste lettere un'immagine di Bobbio piuttosto inconsueta: è l'immagine di un grande intellettuale che all'inesorabile severità con cui giudica se stesso, anzitutto, e poi i suoi

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interlocutori, me stesso compreso, aggiunge una profonda sensibilità umana, bontà e modestia. È un'immagine che molti ignorano, conservando la memoria di un docente universitario compassato, rigido e austero.Nel selezionare e trascrivere le lettere, ho ovviamente omesso ogni accenno alla sua (e alla mia) vita privata e qualsiasi rinvio non necessario a terze persone. Le omissioni sono segnalate con l'indicazione omissis, fra parentesi quadre. Ho tuttavia doverosamente conservato i riferimenti, talora molto critici, nei confronti del pensiero politico e giuridico di alcuni autori italiani e stranieri, come, ad esempio, Louis Althusser, Biagio De Giovanni, Giovanni Sartori, Niklas Luhmann, Gunther Teubner, Domenico Losurdo.Quanto a Biagio De Giovanni, come si vedrà alla lettera del 30 settembre 1976, Bobbio aveva molto apprezzato un mio saggio -- "Marx e lo Stato in una prospettiva hegelo-marxista" -- nel quale avevo severamente criticato le tesi hegelomarxiste del noto studioso napoletano. Negli anni settanta l'hegelomarxismo era sostenuto con notevole successo in Italia da un gruppo di intellettuali e militanti comunisti, riuniti attorno alla casa editrice De Donato, di Bari. Fra di essi emergevano Giuseppe Vacca, Biagio de Giovanni e in una certa fase anche Umberto Cerroni, nonostante le sue origini dellavolpiane. De Giovanni, nel saggio "Marx e lo Stato", apparso nel 1973 in Democrazia e diritto, aveva sostenuto alcune tesi che io avevo dimostrato essere fondate su una lettura vistosamente errata di alcuni passi della marxiana Kritik des Hegelschen Staatsrechts. La replica alla mia critica da parte degli interessati e in generale da parte della cultura marxista italiana fu il più assoluto silenzio sul tema specifico, la mia emarginazione dai periodici del Partito comunista - in particolare da Rinascita, alla quale saltuariamente collaboravo - e l'immediata, tacita archiviazione delle tesi hegelomarxiste sino a quel momento sostenute dalla "scuola barese" e largamente divulgate dalla stampa del partito.A proposito di Giovanni Sartori - si veda la lettera del 1º marzo 1988 -- Bobbio trovava eccessivo il tono delle mie critiche alla sua concezione della "scienza politica" e alla sua definizione della democrazia come regime oligarchico "a finzione maggioritaria", oltre che alla sua tendenza a riproporre come nuove le tesi che egli aveva sostenuto nel 1957 in un libro fortunato, Democrazia e definizioni. Nella sua lettera Bobbio fa riferimento a un mio intervento critico, intitolato "Le vecchie novità di Sartori", apparso nel 1988 su Micromega e dedicato al volume The Theory of Democracy Revisited, pubblicato l'anno precedente. Nonostante le riserve formali, Bobbio condivideva in larga parte, da filosofo della politica quale era, le ragioni della mia polemica. Approvava in generale l'idea della grave insufficienza epistemologica e conoscitiva della "scienza politica" statunitense, che Sartori aveva preteso di importare in Italia. E non esitava, come si vedrà nella lettera del 21 ottobre 1986, a fare propria

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l'espressione "tragedia della scienza politica" che io avevo ripreso dal volume di David Maria Ricci, The Tragedy of Political Science. Anche Bobbio riteneva che la più recente produzione di Sartori fosse scarsamente originale e rifiutava soprattutto - e aveva censurato anche pubblicamente - il suo "anticomunismo viscerale". Bobbio mi aveva personalmente riferito che nel corso di un convegno, organizzato da Sartori alla Columbia University nel 1986, egli aveva trovato tanto "visceralmente indisponente" il suo anticomunismo che in chiusura del convegno, davanti al pubblico dell'Istituto italiano di cultura di New York, aveva espresso vivacemente il suo dissenso meritandosi il caloroso applauso dell'uditorio.Le lettere, salvo poche eccezioni, sono scritte a penna, con una calligrafia che, soprattutto negli ultimi anni, non è sempre nitidissima, e di questo Bobbio si scusa più volte. La trascrizione, da me curata con l'assistenza di Katia Poneti, è tuttavia frutto di una lettura molto attenta, che non trascura i dettagli e ricostruisce con diligenza, in brevi note esplicative, il contesto delle riflessioni di Bobbio e il senso dei suoi riferimenti a circostanze, situazioni o persone. In pochi casi ho trascritto in nota brevi stralci delle mie lettere di risposta.Sono grato alla famiglia Bobbio per avere espresso il suo consenso alla pubblicazione di queste lettere.

Università degli studi di TorinoFacoltà di scienze politicheTorino, 30 settembre 1976Caro Zolo,grazie del libro (1). Ma lo avevo già ricevuto dall'editore e letto durante le vacanze. Siccome escono i miei saggi su democrazia e socialismo da Einaudi, cui premetto un'introduzione, è probabile che nella introduzione tenga conto delle sue osservazioni (2) e cerchi di dare una risposta alle sue critiche, specie a quelle relative alla contraddizione, ecc. Come non essere d'accordo sulle critiche anche dure che lei muove ad Althusser (che dopo l'autobiografia o autocritica non ha più alcun diritto di essere preso sul serio), e agli hegelo-marxisti nostrani?Ho avuto un altro incontro con De Giovanni al Festival di Napoli. La sua risposta mi è parsa ancora una volta dottrinale, schematica, fatta di formule, e nonostante l'aria dimessa con cui è stata pronunciata, presuntuosa. La lezione anche di severità filologica che lei dà a questi nuovi seguaci di quelle "scuole braminiche" che hanno imperversato nella filosofia italiana, e contro cui tuonava Carlo Cattaneo, mi è parsa di ottima qualità e mi auguro possa essere salutare (3). La conclusione alle pagine 136-137 è anche divertente.Non sono d'accordo con lei, come può immaginare, nel tentativo di "rifondare" ancora una volta il marxismo come scienza. Un "ismo" non

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può mai essere una scienza. E se c'è qualche cosa di "scientifico" in Marx, questo è patrimonio di Marx e di tutti coloro che intendono procedere scientificamente nello studio dei fatti sociali. Nel momento stesso in cui lei pronuncia la parola "marxismo" ha fatto di Marx un filosofo e delle sue ricerche una filosofia, una concezione del mondo, ecc.A ogni modo, grazie del libro e del contributo che lei ha ancora una volta dato al dibattito in corso con rigore e senza le solite ipocrisie accademiche.Cordialmente,Norberto Bobbio

66, Via Sacchi - 10128 Torino16 giugno 1978Caro Zolo,anch'io ho letto con piacere e consenso il tuo saggio in risposta ad Althusser (4), e ho notato le concordanze, anche se il tuo stile polemico è più duro del mio. Ma nella sostanza sono totalmente d'accordo: il dibattito mi è parso nel complesso fiacco, sbiadito, ripetitivo, senza originalità e senza vie d'uscita. Sono curioso di sapere se Althusser risponderà. Quel che mi ha dato più fastidio in lui è l'enorme prosopopea. Quel volumetto di auto-critica pubblicato qualche anno fa da Feltrinelli era in realtà un capolavoro di auto-incensatura. Se risponderà, vedremo se sarà il caso di fare il punto sull'intero dibattito. Anche ai marxisti nostrani, di tanto in tanto, una lezione non fa male, anche se, come i birilli con cui giocano i bambini, sono sempre tornati, almeno sinora, al loro posto.Cordialmente,Norberto Bobbio

Università degli studi di TorinoFacoltà di Scienze politicheTorino, 24 novembre 1979Caro Zolo,ho ricevuto ieri l'attesissimo nuovo Luhmann (5). Mi ci butterò non appena avrò un po' di tempo. Adesso sto partendo per Acqui Terme, Roma e Firenze, dove magari ci vedremo prima che ti arrivi questa lettera. E poi altri impegni mi attendono sempre fuori Torino, sino al 15 dicembre. Chissà che non riesca a leggerlo in qualche viaggio. M'interessa tutto: il saggio di Luhmann, la tua introduzione, il glossarietto (che mi auguro serva a facilitare una lettura che è difficile, senza attenuanti, ripeto difficile) e non desidero altro che ravvedermi come del resto promisi qualche tempo fa ad Alberto Febbraio. La difficoltà dei libri di Luhmann sta nell'altissimo livello di astrazione dei suoi concetti, della terminologia

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(spesso nuova senza ragione) e nel fatto che, a differenza degli anglosassoni, non fa mai esempi concreti per far capire che cosa vuol dire. Mi ricordo di essermi rotto la testa per capire che cosa volesse dire con "dimensione temporale, sociale e materiale delle strutture di aspettative". Tanto che stavo lì lì per gettare il libro fuori dalla finestra. Sarebbe bastato qualche esempio. No, credi, Luhmann è una scrittore inutilmente astruso (come del resto Habermas). Prima di ripetere "inutilmente" riconosco che debbo però rileggerlo meglio. Nessuna migliore occasione che il nuovo libro.Scrivo sempre in fretta e furia... Cordiali saluti,Norberto Bobbio

Senato della RepubblicaTorino, 21 ottobre 1984Caro Zolo,mi sono riposato dalle fatiche di questi giorni leggendo il tuo bell'articolo sull'empirismo di N.B.A parte le solite domande che rivolgo a me stesso ogni volta che si parla di me: "Ma ne vale proprio la pena? Ma è davvero una cosa così importante? ecc. ecc.", mi è piaciuta la tua tesi della indistinzione di scienza politica e filosofia politica, da collocare, se mai, in un continuum di gradi sempre più ampi di temi. Però questa conclusione nulla toglie, mi pare, alla mia quadripartizione che era analitica e non prescrittiva: era puramente e semplicemente una constatazione che di fatto certi modi di trattare il problema della politica, e non altri, si sono chiamati e si chiamano "filosofia politica" (6).Meno convincente mi pare l'idea a te cara del primato delle scienze sociali. Mi pare infatti un brillante paradosso. Anche le grandi metafore con cui si è cercato di dare un'interpretazione della società, quella meccanicistica, quella organicistica, e ora quella sistemica, gli scienziati sociali le hanno derivate dai naturalisti. Come ho avuto occasione di dire più volte, le scienze sociali si muovono ancora nell'universo del press'a poco e del per lo più.Ma non insisto. Con i più cordiali saluti,Norberto BobbioP.S. Hai intenzione di pubblicare questo articolo? E dove? Ti pregherei di togliere frasi di encomio, come l'ultima aggiunta a penna, che vanno bene in un'occasione celebrativa, dove è consentita l'iperbole, meno bene in una rivista scientifica.

Senato della RepubblicaTorino, 4 aprile 1986Caro Zolo,

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non ti avevo mai ringraziato, se ben ricordo, del tuo paper sull'autopoiesis, parola di colore oscuro, di cui mi aveva riempito la testa Miriam Campanella, che ha dedicato a questa idea un intero libro (che in questo momento non ho sottocchio e non posso dirtene di più). Ora però, avendo ricevuto "Micromega" (7), la prima cosa che ho letto è il tuo bel saggio che, se non sbaglio, riproduce quello dattiloscritto di alcuni mesi fa. Ottimo saggio, davvero, per la chiarezza della ricostruzione e dell'esposizione di questa teoria, e per l'acutezza della critica.Mi interessano in modo particolare questi giuristi, che non conosco, tra i quali Gunther Teubner, di cui tu citi tante opere nella bibliografia. Mi interessano perché vedo che ti suggeriscono analogie o almeno riferimenti a Kelsen. Che cosa dovrei leggere per essere informato senza dover fare una vera e propria ricerca, per la quale non avrei neppure il tempo? Mi puoi dare qualche saggio consiglio? A tua conoscenza, in Italia c'è già qualcuno che se ne è occupato?Se puoi rispondermi, fallo pure con calma. Sto partendo per l'Argentina, dove dovrò fare alcune conferenze, sui temi più svariati, ma per fortuna non ancora sulla autopoiesis.[omissis]Cordialmente,Norberto Bobbio

Senato della RepubblicaTorino, 21 ottobre 1986Caro Zolo,non riesco assolutamente a capire perché "Micromega" abbia voluto rinunciare al carteggio (8). Le tue domande mi sembrano importanti per se stesse, e tanto più interessanti per il pubblico italiano in quanto sollecitano una risposta da un autore generalmente molto oscuro, dal quale ci si può aspettare che in una lettera si esprima finalmente un po' più chiaramente. Rinunciando a un dibattito su questi scatoloni vuoti, che usiamo ormai senza convinzione, come "consenso", "rappresentanza", "partecipazione" ecc., e che hanno costituito sinora l'abc della teoria democratica, gli amici di "Micromega" commettono secondo me un gravissimo errore. Indagherò, se mi è possibile. Devo mettermi in contatto con loro a giorni per rispondere a una loro richiesta che purtroppo però non posso accettare.Non vedo dove sia l'accenno "sgradevole". Là dove parli di "flebili risorse del moralismo"? (9) Quella invocazione dei massimi valori non sarebbe stata probabilmente fatta se non avessi tenuto il discorso alle Cortes spagnole, dalle quali ero stato invitato per accendere gli animi (mentre gran parte del mio discorso sembrava fatto apposta per spegnerli).

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Ti sono grato di avermi considerato un interlocutore privilegiato, tanto da dedicarmi il prossimo volume dei tuoi saggi, che esce fra l'altro presso la casa editrice con la quale ho pubblicato la maggior parte delle mie opere (10). Sono invece un po' preoccupato dall'imminente pubblicazione della traduzione inglese (11), come ho scritto ripetutamente all'editore, perché ritengo che i miei scritti, legati strettamente al dibattito italiano, non abbiano alcun interesse per il pubblico inglese. (Non ho mai osato dire all'editore che la mia diffidenza nasceva anche dal fatto che il mio primo libro tradotto in inglese, dallo stesso Blackwell, subito dopo la guerra, La filosofia del decadentismo (12), fu accolto dalla più tremenda stroncatura che abbia mai avuto, se pure scritta su una prestigiosa rivista filosofica inglese da un collega italiano, che mi aveva persuaso a tenermi alla larga da allora in poi da editori inglesi).Inutile dire che mi interessa moltissimo il libro di Ricci, che non conosco (13). Se puoi mandarmelo mi farai un grande piacere. Figurati che debbo andare a Barcellona verso la metà di novembre a inaugurare la locale facoltà di scienze politiche con un discorso sulla scienza politica (sulla cui "tragedia" naturalmente dovrò sorvolare, ma che non ignoro) (14).Tutto bene quello che potrete fare per la filosofia politica, salvo l'acclamazione del presidente, che avendo compiuto in questi giorni 77 anni (diconsi 77!), aspira alla pace (che se non è ancora quella perpetua, non è molto lontana).Con i più cordiali saluti,Norberto Bobbio

Senato della Repubblica - BibliotecaTorino, 1 marzo 1988Caro Zolo,accolgo alcuni suggerimenti dalla tua lettera per la composizione della mia relazione. Ma avrai capito che le mie perplessità dipendono anche dal fatto che mi ritengo impari al compito, specie poi quando tu gli attribuisci un'importanza decisiva per la riuscita del congresso (15). Vedremo, vedremo!So benissimo che hai fatto opera di mediazione fra Torino e Bologna (16). Le faide di scuola mi hanno sempre dato fastidio. Nell'immenso campo del sapere c'è posto per tutti. Anche per Sartori. Sul quale ho scritto in questi giorni una nota benevola per "Teoria politica" (17). A me pare che tu sia stato un po' ingiusto (18). Non si può negare, perché è un dato di fatto, che questa nuova edizione è di molto accresciuta e aggiornata. Basta confrontare gli indici dei nomi delle edizioni italiane e di quest'ultima. Ci sono capitoli nuovi e quasi tutti sono stati ampiamente modificati.

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Permettimi di dirti scherzosamente che può essere viscerale anche l'antisartorismo.Se hai qualche altra idea sulla mia relazione, fammelo sapere. Con i più cordiali saluti,Norberto Bobbio

Senato della RepubblicaTorino, 25 febbraio 1991Caro Zolo,non vedo perché devi scusarti. Sono io stesso il primo a riconoscere che è stato da parte mia un errore usare la parola "giusto", non rendendomi conto che poteva essere interpretata in modo diverso da come l'avevo intesa io, molto semplicemente come guerra "giustificata" in quanto risposta ad un'aggressione (19). Però, sin dalla prima intervista ho detto e ripetuto decine di volte che il problema rilevante non era quello della liceità bensì quello dell'efficacia o della conformità allo scopo. Tra l'altro non ho mai mostrato di credere, sin dalla intervista sul "Corriere della sera", che lo sarebbe stata. Mi ha un po' irritato il fatto che io sia diventato il bersaglio comodo di tutti i pacifisti da strapazzo. Però credo di avere il diritto di pretendere che anche coloro che hanno continuato a credere all'alternativa diplomatica mostrassero quella stessa perplessità che io ho più volte mostrato circa la via della guerra.Sulle tue considerazioni sull'ONU e sulle guerre dell'ONU sono perfettamente d'accordo con te. Del resto lo stesso Segretario generale ha detto che si era trattato di una guerra autorizzata dall'ONU e solo per questo legale. (Fra l'altro "legale" è sin da Aristotele uno dei due significati di "giusto"). Che poi l'ONU sia stata esautorata strada facendo, è verissimo. Per questo non sono affatto soddisfatto del modo con cui la guerra è stata condotta, specie poi per la spietatezza dei bombardamenti, che forse hanno raso al suolo, ma ne sappiamo così poco, una città come Bagdad.Ti accludo l'articolo apparso stamattina sulla "Stampa" (20) che ho scritto domenica per vincere l'angoscia provocata dalla decisione di Bush di iniziare la guerra terrestre, e avevo intitolato, più appropriatamente, Considerazioni inattuali.La terribile guerra sta finendo. Ma se la pace sarà instaurata con la stessa mancanza di saggezza con cui è stata condotta la guerra, anche questa guerra sarà stata, come tante altre, inutile.Coi più cordiali saluti,Norberto Bobbio

Senato della RepubblicaTorino, 1 aprile 1992Caro Zolo,

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ho apprezzato la tua parziale difesa nei riguardi dell'attacco di Domenico Losurdo, che da tempo mi va criticando, il che è perfettamente legittimo, sempre dicendo però che è d'accordo con me, il che è per lo meno fastidioso. La lettera, pubblicata su "Liberazione", me l'aveva preannunciata al telefono il giorno prima, dicendo che sarebbe uscito un suo scritto in cui riconosceva finalmente che avevo ragione nel difendere le regole del gioco: quasi una palinodia [omissis].Mi è dispiaciuto, invece, che tu abbia scambiato una constatazione, per quel che riguarda il bombardamento di Reagan sulla Libia, per una giustificazione. Quel brano era tratto da un articolo sulla "Stampa", La catena dei violenti (21), in cui osservavo che nel sistema internazionale, in cui manca un giudice imparziale super partes, vige la legge del più forte (ora vedilo nel volumetto L'utopia capovolta, p. 86) (22). Mi stupisce che un "realista come te", non l'abbia compreso [omissis].Sono infine rimasto stupefatto che tu abbia sentito il bisogno di dire che un libro "pessimo", come tu giudichi il libro sulla guerra di Walzer (23), era, ma si capisce!, di un ebreo! Mi sai dire che cosa c'era nella tua mente quando hai scritto quella parola? (24)A ogni modo, ti ringrazio della difesa, che contrasta singolarmente con quello che aveva scritto precedentemente il mio amico Costanzo Preve, per il quale quella lettera di Losurdo era, bontà sua, sommamente gentile e ragionevole.Con i più cordiali saluti,Norberto Bobbio

Senato della RepubblicaTorino, 7 luglio 1992Caro Zolo,a dire il vero, quella storia l'avevo già in parte raccontata, salvo la maledetta lettera (25), che avevo completamente rimossa, come vedrai dall'accluso estratto, ma, per quanto qualche motivo di scandalo ci fosse, nessuno l'aveva notato (anche perché "Nuova Antologia" non è "Panorama"). Non ho intenzione di tornare su quegli anni infelici. Chi mai si ricorda, dopo tutto l'anti-anti-fascismo di questi anni, che il fascismo era una dittatura, che fece fare otto anni di prigione a Vittorio Foa per aver distribuito dei manifestini? Troppo difficile spiegare ai giovani di oggi che in un regime di dittatura, non essendo fascisti (e io nel 1935, collaboratore della casa editrice Einaudi, redattore della "Rivista di filosofia" di Martinetti dallo stesso anno, non lo ero più), occorreva fare dei compromessi per sopravvivere, per non dover rinunciare al proprio lavoro, o andare a finire in prigione o al confino. Quanti compromessi abbiamo fatti in quegli anni!Dico "abbiamo", perché chiunque abbia svolto una qualsiasi professione, specie poi quella del professore, e quindi del pubblico impiegato, ha

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dovuto adattarsi. Io non credo di averne fatti più di tanti altri: ma i miei, per quello che è venuto dopo, appaiono naturalmente più gravi. Noi professori di ogni ordine e grado, della generazione che aveva fatto i concorsi quando il fascismo era consolidato, eravamo obbligatoriamente iscritti al partito. Ci vergognavamo di portare il distintivo, la "cimice" come la si chiamava. Ma nelle pubbliche occasioni guai a non portarla. E la camicia nera durante gli esami? E la divisa d'orbace nelle feste nazionali? Non si usciva di casa o ci si dava malati. Chi ha mai raccontato queste storie? Ma si possono ancora raccontare nel clima di oggi di revisione positiva del fascismo (De Felice, inconsapevolmente adiuvante) e negativa dell'antifascismo?Per ora non ho niente da aggiungere. Non voglio aver l'aria di mendicare giustificazioni. Ci sono pur stati coloro che non hanno fatto compromessi. C'è stato se mai, da parte di amici, che scrivono sui giornali, un eccesso di difesa. So solo io quante telefonate abbia fatto quel lunedì dell'uscita di "Panorama" per impedire o almeno frenare i miei difensori. Tanto che mi sono deciso all'ultimo momento a scrivere quel breve articolo su "La Stampa", in cui mi prendevo tutte le responsabilità (26). [omissis]Affettuosamente,Norberto Bobbio

Torino, 29 ottobre 1998Caro Danilo,ti prego di non complicare le cose. Il livello più alto di progresso tecnologico di cui riesco a servirmi è la dettatura delle mie lettere a Valeria, che usa il computer come una macchina da scrivere. Io non scrivo più a mano perché le mie dita cominciano a tremolare. Dell'email, che per te è uno strumento comodissimo, non so che cosa farmene perché ti confesso candidamente che non so che cosa sia. Sino al fax ci arrivo anch'io. Non è molto che mi hanno regalato un nuovo e più perfezionato apparecchio. Mi stupisco che tu non lo sappia. Il numero è lo stesso di quello del telefono.Ho frequentato spesso, ma in anni passati, il Centro teologico di padre Costa, con grande profitto e amichevole consenso (27). Ma da tempo non lo frequento più, perché non vado più da nessuna parte. Se quel giorno avrai un po' di tempo per venirmi a trovare, ti vedrò volentieri.Per quel che riguarda il nostro nuovo eventuale dialogo ne riparleremo a suo tempo (28). Poiché ogni giorno vado sempre più giù, è difficile prevedere che cosa sarà di me la prossima primavera.Con affetto,Norberto

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1. Bobbio si riferisce al mio Stato socialista e libertà borghesi. Una discussione sui fondamenti della teoria politica marxista, Roma-Bari, Laterza, 1976.2. Cfr. N. Bobbio, Quale socialismo?, Torino, Einaudi, 1976, pp. XIII-XVI.3. Bobbio fa riferimento al capitolo 5 del mio Stato socialista e libertà borghesi, cit., intitolato "Marx e lo Stato in una prospettiva hegelo-marxista" (pp. 123-45), nel quale avevo dimostrato come le tesi hegelomarxiste sostenute con notevole successo in quegli anni da Giuseppe Vacca e in particolare da Biagio de Giovanni nel volume Hegel e il tempo storico della società borghese, Bari, de Donato, 1970, e riprese nel saggio "Marx e lo Stato", apparso in Democrazia e diritto, 3 (1973), pp. 37-82, erano fondate su una lettura grossolanamente errata di alcuni passi della marxiana Kritik des Hegelschen Staatsrechts.4. Cfr. il mio "Epistemologia e teoria politica nelle interpretazioni del pensiero politico di Marx", in G. Carandini (a cura di), Stato e teorie marxiste, Milano, Mazzotta, 1977, pp. 36-60.5. Bobbio si riferisce a N. Luhmann, Potere e complessità sociale, saggio introduttivo e cura di D. Zolo, traduzione a cura di R. Schmitt e D. Zolo, Milano, Il Saggiatore, 1975 (traduzione di N. Luhmann, Macht, Stuttgart, Enke Verlag, 1975).6. Cfr. N. Bobbio, "Dei possibili rapporti fra filosofia politica e scienza politica", in Tradizione e novità della filosofia della politica, Quaderno n. l degli "Annali" della Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Bari, 1971, pp. 23-37.7. "Autopiesis. Un paradigma conservatore", Micromega, 1 (1986), 1.8. Si trattava di una serie di domande da me rivolte a Niklas Luhmann sul tema della democrazia, alle quali Luhmann si era dichiarato pronto a rispondere.9. Bobbio si riferisce ad una mia osservazione critica al paragrafo conclusivo del suo saggio "Il futuro della democrazia", pubblicato nel volume Il futuro della democrazia, Torino, Einaudi, 1984, pp. 27-8, e che riproduceva il discorso da lui tenuto il 28 novembre 1983 alle Cortes di Spagna. Il paragrafo era intitolato "Appello ai valori" e il valore al quale Bobbio si richiamava era la "fratellanza che unisce tutti gli uomini in un comune destino" (p. 28).10. Bobbio si riferisce alla mia raccolta di saggi, Complessità e democrazia, apparsa presso l'editore torinese Giappichelli nel 1987. Il mio volume era dedicato a Bobbio.11. N. Bobbio. The Future of Democracy, ed. by R. Bellamy, Cambridge, Polity Press-Basil Blackwell, 1987.12. Cfr. N. Bobbio, La filosofia del decadentismo, Torino, Chiantore, 1944, trad. ingl. The Philosophy of Decadentism: A Study in Existentialism, Oxford, Basil Blackwell, 1948.13. Si trattava del volume D.M. Ricci, The Tragedy of Political Science, New Haven, Yale University Press, 1984.

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14. Si tratta del discorso Democrazia e scienze sociali, tenuto alla Facultat de Ciènces Politíques i Sociologia della Universitat Autónoma di Barcelona, il 19 novembre 1986.15. Si trattava del Convegno su La filosofia politica oggi, organizzato alla Certosa di Pontignano dal Centro Mario Rossi per gli studi filosofici - di cui allora io ero il direttore -, nei giorni 12-14 maggio 1988. Bobbio aveva accettato di tenere la relazione di apertura dal titolo Per una mappa della filosofia politica.16. Il riferimento è al rapporto fra gli studiosi che si raccoglievano attorno alla rivista Filosofia politica, vicini a Nicola Matteucci, e quelli, riuniti attorno a Bobbio, che curavano la rivista Teoria politica.17. Cfr. N. Bobbio, "La democrazia realistica di Giovanni Sartori", Teoria politica, 4 (1988), 1, pp 149-58. Bobbio aveva recensito il volume di Sartori, The Theory of Democracy Revisited, New York, Chatam House, 1987.18. Bobbio si riferisce alla mia recensione del volume di Sartori apparsa inMicromega, 3 (1988), 2, con il titolo "Le vecchie novità di Sartori". Pur ritenendo le mie critiche troppo severe, Bobbio non negava la tendenza di Sartori a ripetere le tesi del suo primo libro (Democrazia e definizioni, 1976) anziché ad approfondirle. E non mi aveva mai nascosto la sua scarsa simpatia per "l'anticomunismo viscerale" di Sartori.19. Bobbio si riferisce alla sua intervista, concessa al Corriere della sera, del 17 gennaio 1991, nella quale aveva attribuito all'intervento militare contro l'Iraq da parte degli Stati Uniti e di numerosi altri paesi la qualifica di "guerra giusta". Alle critiche da me espresse su L'Unità del 22 gennaio con un articolo dal titolo "Guerra giusta?" Bobbio rispose, sullo stesso giornale e nel medesimo giorno, con un intervento intitolato "Ci sono ancora guerre giuste?". Sull'intera discussione si veda N. Bobbio, Una guerra giusta? Sul conflitto del Golfo, Venezia, Marsilio, 1991.20. L'articolo, scritto da Bobbio il 24 febbraio, era apparso su La Stampa il 26 febbraio, con il titolo "L'etica della guerra"; si veda N. Bobbio, Una guerra giusta?, cit., pp. 87-90.21. Del 19 aprile 1986.22. N. Bobbio, L'utopia capovolta, Torino, La Stampa, 1990.23. Cfr. M. Walzer, Just and Unjust Wars, New York, Basic Books, 1992, trad. it. della prima edizione (1977) Napoli, Liguori, 1990.24. Questa fu la mia risposta a Bobbio: "Che cosa c'era nella mia testa quando ho scritto 'moralista ebreo americano'? C'era la convinzione 'realistica' che un moralista ebreo statunitense avrebbe molto difficilmente resistito alla tentazione di giustificare moralmente e quasi religiosamente la politica militare dello Stato di Israele nel Medio Oriente e si sarebbe schierato a favore degli interessi di Israele e della sua politica espansionistica e coloniale (cosa che Walzer ha puntualmente fatto). Vorrei comunque assicurarle che mentre merito di essere incolpato di

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forti pregiudizi contro i moralisti che teorizzano la 'guerra giusta', non merito minimamente il sospetto di essere antisemita. Se non altro perché ho intensamente lavorato, per anni, assieme a Giorgio La Pira e accanto a Martin Buber, per la pace in Medio Oriente".25. Bobbio si riferisce alla pubblicazione scandalistica, il 21 giugno 1992, da parte del periodico Panorama, di una lettera da lui inviata a Mussolini l'8 luglio 1935, quando aveva 25 anni, per chiedere che gli venisse tolta un'ammonizione che comprometteva gravemente la sua carriera accademica (Bobbio era stato arrestato a Torino, il 15 maggio dello stesso anno, per sospetta appartenenza al gruppo antifascista Giustizia e libertà, e sarebbe stato nuovamente arrestato, a Padova, nel 1943, per attività clandestina). Qui Bobbio risponde ad una mia lettera nella quale gli avevo manifestato la mia solidarietà. Avevo scritto, fra l'altro: "È meritevole chi ha intrapreso un viaggio partendo da molto lontano e la tua lettera testimonia semplicemente questo: la lunghezza e la fatica del viaggio [...] tutti sanno che il processo di maturazione intellettuale e politica ti stava portando rapidamente all'opposizione attiva al regime fascista e per la seconda volta in carcere [...] mi auguro che tu senta attorno a sé l'affettuosa solidarietà di tutti coloro che hanno nei tuoi confronti debiti così imponenti e una riconoscenza così profonda che nessuna operazione scandalistica potrà minimamente scalfire".26. L'articolo apparve su La Stampa, il 16 giugno 1992, con il titolo "Quella lettera al Duce".27. Si tratta del Centro Teologico dei gesuiti in Torino, diretto da padre Eugenio Costa S.J., dove ero stato invitato a tenere una conversazione.28. Si tratta del dialogo sul tema I rischi della democrazia che, dopo alcune esitazioni, Bobbio aveva accettato di avere con me. Ma le condizioni di salute e alcuni infortuni gli impedirono, dopo un breve avvio nei primi mesi del 1999, di continuare nella fatica.

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