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“Maraviglia sarebbe in te se, privo

d’impedimento, giu ti fossi assiso,

com’a terra quiete in foco vivo”.

Quinci rivolse inver’ lo cielo il viso.

(Par., I, 139-142 )

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Ai miei genitori

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Indice

Introduzione 3

1 Le pulsar 7

1.1 Premessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7

1.2 Proprieta osservative delle pulsar . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

1.2.1 Caratteristiche degli impulsi radio. . . . . . . . . . . . . . . . 9

1.2.2 La popolazione galattica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

1.2.3 Periodi di rotazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10

1.2.4 Campi Magnetici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11

1.3 Le pulsar gamma . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14

1.3.1 Dati osservativi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14

1.4 Modelli di emissione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20

1.4.1 Modello a rotatore obliquo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20

1.4.2 Modello a rotatore allineato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25

1.4.3 Modelli di emissione gamma: “polar cap models” ed “outer

gap models” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29

1.5 Predizioni per l’emissione ad alta energia . . . . . . . . . . . . . . . . 38

2 Il fondo gamma diffuso e le sorgenti gamma non identificate 41

2.1 Il fondo gamma diffuso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41

2.1.1 Il fondo galattico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42

2.1.2 Il fondo extragalattico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47

2.2 Le sorgenti gamma non identificate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50

3 Descrizione delle strumentazioni spaziali 52

3.1 I primi strumenti per la rivelazione dei raggi gamma: SAS2, COSB

ed EGRET . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52

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INDICE 2

3.2 I telescopi futuri: AGILE e GLAST . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55

3.2.1 Il satellite AGILE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57

3.2.2 Il telescopio spaziale GLAST . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 62

4 Emissione gamma galattica da pulsar radio 65

4.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65

4.2 Costruzione del codice numerico e riproduzione di un risultato noto

in letteratura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 66

4.2.1 Premessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 66

4.2.2 Riproduzione dei risultati della simulazione di Bailes e Kniffen

(1992) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67

4.2.3 Generazione delle sorgenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 73

4.2.4 Confronto con il risultato di Bailes e Kniffen . . . . . . . . . . 80

4.2.5 Tests di consistenza del codice numerico . . . . . . . . . . . . 82

4.3 Ampliamento del codice numerico e predizioni relative ai piu recenti

modelli di emissione gamma . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 89

4.4 Studio dell’influenza dei diversi parametri significativi per il calcolo

dei flussi gamma sui modelli di emissione. . . . . . . . . . . . . . . . 106

4.4.1 Lo spazio dei parametri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 107

4.5 Predizioni relative alle osservazioni future da parte degli esperimenti

AGILE e GLAST . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 118

5 Conclusioni e sviluppi futuri 121

Bibliografia 123

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Introduzione

Gli ultimi trent’anni, in concomitanza con la conquista dello spazio e con l’ac-

cresciuto interesse per tutta quella serie di fenomeni astrofisici che giocano un ruolo

chiave nell’evoluzione dell’Universo, hanno visto la nascita di una nuova ed affasci-

nante branca della scienza: l’Astrofisica Gamma.

In ambito astrofisico, i raggi gamma sono in genere prodotti da processi fisici in

grado di accelerare particelle cariche ad energie elevatissime, tra qualche MeV e

qualche GeV. Si comprende pertanto come l’Astrofisica Gamma si occupi in realta

degli stessi fenomeni fisici che hanno suscitato l’interesse dei fisici delle particelle

elementari nel corso dell’ultimo secolo. Non e un caso che gli strumenti di rivela-

zione usati nei due campi siano del tutto simili: un telescopio per i raggi gamma,

infatti, possiede degli elementi attivi in grado di evidenziare le traiettorie prodotte

dalle coppie elettrone-positrone che si originano dall’interazione dei fotoni altamente

energetici con la materia del rivelatore. La storia dell’esplorazione del cielo gamma

segue pertanto l’evoluzione delle tecniche di rivelazione usate negli esperimenti di

fisica nucleare e subnucleare e negli ultimi tre decenni si sono succeduti satelliti dalle

prestazioni sempre piu elevate che hanno via via incrementato le nostre conoscenze

in questo campo.

I raggi gamma astrofisici possono essere diffusi o prodotti da sorgenti discrete;

queste ultime, a loro volta, possono essere di origine galattica o extragalattica.

In questa tesi ci occuperemo dell’emissione gamma di una particolare classe di sor-

genti galattiche: le pulsar, che per questa ragione prendono il nome di pulsar gamma.

Dopo una breve sezione dedicata alle proprieta fisiche delle pulsar, nel capitolo 1 so-

no introdotte le conoscenze di base necessarie a descrivere quelle pulsar in grado di

produrre radiazione gamma. Tratteremo dapprima i principali modelli d’emissione,

inquadrandoli nel contesto storico all’interno del quale sono stati formulati; quindi

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INTRODUZIONE 4

passeremo in rassegna le piu importanti proprieta osservative delle pulsar gamma

conosciute, concludendo questa parte con una discussione circa i principali ambiti

di ricerca per le future missioni spaziali.

L’obiettivo centrale del nostro studio e stato il confronto tra le predizioni teoriche

da parte di alcuni tra i piu significativi modelli di emissione gamma dalle pulsar ed i

risultati di EGRET (“Energetic Gamma Ray Experiment Telescope”), lo strumento

che, a bordo del CGRO (“Compton Gamma Ray Observatory”), si e dedicato alla

rivelazione dei raggi gamma di piu alta energia.

Il satellite per raggi gamma CGRO e stato operativo nel periodo compreso tra il 5

aprile 1991 ed il 4 giugno 2000 ed ha ampliato notevolmente le nostre conoscenze

nel campo dell’astrofisica gamma. In particolare, EGRET ci ha fornito una mappa

dettagliata del cielo coprendo il range energetico tra 30 MeV e 30 GeV.

La sintesi di tali osservazioni, consistenti nella localizzazione di 271 sorgenti gamma

nel cielo e nella rivelazione di una parte di radiazione diffusa, costituisce l’argomento

del capitolo 2.

Attualmente sono in fase di progettazione numerose altre missioni spaziali nel

campo dell’astrofisica delle alte energie.

La piu importante sulla scena internazionale e senza dubbio GLAST (“Gamma Ray

Large Area Space Telescope”), frutto della collaborazione internazionale tra le Agen-

zie Spaziali Americana (NASA), Europea (ESA) e Giapponese (NASDA) e che sara

reso operativo nel 2006.

Complementarmente a questa e ad altre grosse imprese internazionali, dal dicembre

1998 AGILE (“Astrorivelatore Gamma a Immagini Leggero”) risulta al primo posto

nel programma di piccole missioni scientifiche promosso dall’Agenzia Spaziale Ita-

liana (ASI) nel 1997.

AGILE potrebbe essere definito come il ponte tra la generazione passata e quella

futura di missioni per raggi gamma, con le nuove missioni caratterizzate da un dise-

gno dello strumento estremamente innovativo e basato su tecnologie sviluppate negli

ultimi anni nei campi della fisica delle particelle elementari e dello stato solido.

Questo satellite, il cui motto potrebbe essere “faster, cheaper, better” (piu veloce,

meno costoso, migliore), risponde pienamente alle caratteristiche di una piccola mis-

sione: e leggero, limitato nei costi e rapido dal punto di vista della costruzione. E

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INTRODUZIONE 5

il frutto di una collaborazione completamente italiana, formata da istituti scienti-

fici quali il Centro Nazionale per le Ricerche (CNR), l’Istituto Nazionale di Fisica

Nucleare (INFN) ed industrie nazionali ed internazionali, e promette di ottenere

risultati di interesse mondiale per la comunita degli astrofisici gamma. Inoltre, esso

e progettato per lavorare nel periodo compreso tra il 2003 ed il 2006, quando non e

prevista nessun’altra missione per fotoni con questo spettro energetico.

Dedichiamo il capitolo 3 alla descrizione di questi due strumenti, mettendone in

evidenza le diverse e migliori prestazioni rispetto ai predecessori, i telescopi spaziali

SAS2, COSB ed EGRET.

Il confronto tra le predizioni teoriche ed i dati sperimentali riguardo l’emissione

gamma dalle pulsar sara invece l’argomento discusso nel capitolo 4, che costituisce

per l’appunto la parte centrale e piu rilevante di tutto il nostro studio.

In questo capitolo viene presentato un lavoro di simulazione numerica dell’emissione

gamma da una popolazione galattica di pulsar per mezzo di un codice che abbiamo

costruito appositamente per questo scopo.

I risultati di questa simulazione, consistenti nella riproduzione di un risultato noto

in letteratura e nella sua estensione nell’ambito dei modelli di emissione gamma piu

recenti, vengono quindi discussi e messi in relazione con le possibilita osservative dei

futuri esperimenti AGILE e GLAST.

Infine, nel capitolo 5 vengono presentate una sintesi del lavoro svolto ed alcune

proposte di sviluppi futuri.

NOTA

Nel seguito di questo lavoro adotteremo per le pulsar la nomenclatura proposta da

A. Turtle ed A. Vaughan. Le pulsar vengono indicate con la sigla PSR seguita da

due gruppi di cifre: uno di quattro cifre indicanti ore e minuti di ascensione retta,

ed uno di due cifre, precedute dal segno + o −, indicanti la declinazione arrotondata

al grado intero. Nel caso di oggetti cosı vicini nel cielo da risultare indicati con la

stessa sigla, la distinzione viene fatta con le lettere successive dell’alfabeto latino.

Per tutte le pulsar scoperte prima del 1992, le coordinate s’intendono riferite alle

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INTRODUZIONE 6

posizioni dell’equatore e del punto dell’Ariete quali erano all’inizio dell’anno Bes-

seliano 1950. Dal momento che tali riferimenti si spostano progressivamente per

effetto della precessione degli equinozi, dal 1992 le coordinate delle nuove pulsar che

vengono scoperte sono riferite all’inizio dell’anno Giuliano 2000; inoltre, vengono

indicati anche i minuti primi di declinazione. Per distinguere i due sistemi di ri-

ferimento, si premette una B (Bessel) oppure una J (Julianus). Ad esempio PSR

B1913+16 e PSR J0437−4715: la prima si trova a 19h 13m di ascensione retta e

+16 di declinazione con riferimento al 1950,0; la seconda a 4h 37m e −4715′ con

riferimento al 2000,0. Di solito, pero, la B viene omessa.

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Capitolo 1

Le pulsar

1.1 Premessa

Quello sulle pulsar e un lungo racconto iniziato nel luglio del 1967, quando Joce-

lin Bell, una giovane ricercatrice dell’Universita di Cambridge, scoprı un misterioso

segnale radio pulsato proveniente dal profondo del cielo. Questa sensazionale scoper-

ta segno l’inizio di uno dei piu affascinanti capitoli della storia della scienza. Data la

brevita dell’impulso - 16 millesimi di secondo - e la sua estrema regolarita, si com-

prese fin dal principio che tale radiazione doveva originarsi da una ristretta regione

di un corpo stellare straordinariamente compatto. L’esistenza di oggetti astrofisici

dotati di queste caratteristiche era gia stata proposta dai fisici teorici all’inizio de-

gli anni trenta. Nel 1934 gli astronomi Baade e Zwicky avevano suggerito che essi

potessero essere i residui stellari dell’esplosione di supernovae.

Tutte le stelle producono energia per mezzo di reazioni termonucleari.

Nella prima fase della loro vita, tali reazioni bruciano l’idrogeno contenuto nel noc-

ciolo convertendolo in elio. Quando quasi tutto il combustibile e stato consumato,

inizia una nuova fase in cui si innescano nuove reazioni termonucleari che trasforma-

no l’elio in carbonio; per le stelle di grande massa, superiore a circa 8 masse solari,

questa successione di stati di equilibrio prosegue ininterrottamente con la produzio-

ne di elementi chimici sempre piu pesanti, sino alla sintesi del ferro. Il nucleo di

ferro, trovandosi al picco della curva delle energie di legame, non puo piu trasmutarsi

in un nucleo di diversa specie liberando energia; puo farlo soltanto assorbendone.

A questo punto la stella risulta costituita da un piccolissimo nocciolo di ferro, con

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CAPITOLO 1. LE PULSAR 8

tutt’intorno una struttura a cipolla formata da elementi via via sempre piu leggeri.

Consumato tutto il silicio disponibile, il nocciolo di ferro, non potendo piu liberare

energia nucleare, collassa subitaneamente liberando un’enorme quantita di energia

gravitazionale che provoca un’apocalittica esplosione. Nel collasso, la temperatura

supera i 5 miliardi di gradi ed i nuclei di ferro si disintegrano in particelle α; quindi,

sotto l’enorme pressione, gli elettroni si assimilano con i protoni trasmutandoli in

neutroni con emissione di neutrini. La regione piu interna del nocciolo raggiunge

densita pari a 4 × 1014 g/cm3 e, se la materia neutronizzata e cosı compressa supe-

ra il limite di Chandrasekar di 2.6 masse solari, il collasso si arresta. La materia

esterna, che precipita con la velocita di 50 mila chilometri al secondo su tale noc-

ciolo rigidissimo, sospinta dalla pressione elastica, rimbalza e, sospingendo gli strati

superiori ancora in caduta, genera un’onda d’urto che in uno o due giorni raggiunge

la superficie della stella. Nel tempo intercorrente fra il collasso e l’apparizione in su-

perficie dell’onda d’urto la luminosita della stella aumenta di cento milioni di volte:

e il fenomeno delle supernovae. Della stella rimane un minuscolo corpo costituito

prevalentemente da neutroni, che racchiude una massa pari a circa quella del Sole

entro un raggio di una decina di chilometri: e nata una stella di neutroni, destinata

al lento raffreddamento su scala di tempo cosmologica. Tutt’attorno una nebulosa

in rapida espansione, che e il tipico residuo nebulare di una supernova e che svanisce

in capo a poche centinaia di migliaia di anni.

Le principali caratteristiche delle prime pulsar - questo fu il nome che si diede

alla nuova classe di radiosorgenti - erano l’estrema regolarita del periodo di rotazione

ed il suo lento e progressivo rallentamento. Sulla base di queste proprieta, la loro

identificazione con stelle di neutroni rotanti fu quasi immediata.

Allo stato attuale si conoscono circa 700 pulsar, un campione sufficientemente si-

gnificativo da consentirne, attraverso l’analisi statistica dei dati osservativi, la for-

mulazione di un modello evolutivo. Per la maggior parte di esse l’unica emissione

osservata e quella nella banda radio. Solo per un numero limitato di sorgenti ci

perviene anche radiazione di alta energia, sino al dominio dei raggi gamma.

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CAPITOLO 1. LE PULSAR 9

1.2 Proprieta osservative delle pulsar

1.2.1 Caratteristiche degli impulsi radio.

L’emissione radio delle pulsar avviene attraverso successioni ad intervalli regola-

ri di tempo di impulsi brevissimi, mentre la radiazione non pulsata e praticamente

nulla.

Il dominio radio utile per l’osservazione delle pulsar si estende tradizionalmente da

16 a 1600 MHz; il limite inferiore e posto dalla trasparenza atmosferica e quello su-

periore dalla natura stessa di tali sorgenti. Tuttavia recentemente, con attrezzature

particolarmente idonee e per particolari pulsar si e riusciti a fare osservazioni utili

su decine di GHz.

L’intensita degli impulsi aumenta con legge esponenziale via via che diminuisce la

frequenza ν di osservazione:

I = να, (1.1)

dove l’esponente α, detto indice spettrale, e per lo piu compreso fra −2 e −4.

Di solito, pero, ad una certa frequenza si ha un’inversione ed il flusso diminuisce;

il massimo cade comunemente fra 100 e 200 MHz. Per tale ragione le osservazioni

vengono fatte prevalentemente a basse frequenze, solitamente a 400 MHz.

La radiazione che ci perviene dalle pulsar e molto debole: gli impulsi si elevano di

pochissimo sopra il rumore di fondo del radio telescopio.

L’intensita si misura in jansky (1 Jy = 10−26 watt m−2 Hz−1).

1.2.2 La popolazione galattica

La distribuzione angolare delle pulsar riproduce quella dei resti giovani di su-

pernova e dei loro presunti progenitori, le stelle di tipo OB. La maggior parte delle

pulsar, infatti, si trova concentrata nel piano galattico entro uno spessore di circa 1

Kpc e ad una distanza radiale di circa 10 Kpc dal centro.

Questi dati sono consistenti con l’ipotesi che le pulsar si originino in seguito all’e-

splosione di supernovae, acquisendovi elevate velocita, dell’ordine di 200 Km/s.

Basandosi sulle stime relative alla popolazione delle stelle ritenute le progenitrici

delle stelle di neutroni, si ritiene che il numero di pulsar attive nella Galassia am-

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CAPITOLO 1. LE PULSAR 10

monti a 105 − 106.

La Fig. (1.1) riproduce la distribuzione galattica delle 558 pulsar conosciute fino al

1993.

Figura 1.1: Distribuzione galattica di 558 pulsar (da Taylor, Manchester & Lyne,1993).

1.2.3 Periodi di rotazione

Accanto alle luminosita e alle distanze, i periodi di rotazione ed i corrispondenti

tassi di variazione temporale occupano, tra le grandezze fisiche direttamente misu-

rabili dalle osservazioni, un ruolo di primo piano.

In Fig. (1.2) e indicata la distribuzione dei periodi di rotazione misurati per le 558

pulsar di Fig. (1.1).

Come si nota immediatamente, la maggior parte delle pulsar ruota con periodi

compresi tra 0.1 e 2 secondi; inoltre, accanto alla popolazione piu numerosa, ve ne

e un’altra di dimensioni piu ridotte, quella delle pulsar millisecondo.

Un’importante caratteristica messa in luce dalle osservazioni e che la rotazione delle

pulsar subisce un rallentamento progressivo, per lo piu su una scala di 106 − 108

anni.

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CAPITOLO 1. LE PULSAR 11

Figura 1.2: Distribuzione dei periodi di rotazione delle 558 pulsar di Fig. (1.1) (daTaylor, Manchester & Lyne, 1993).

Dall’analisi delle distribuzioni dei periodi di rotazione e delle loro variazioni tempora-

li, emerge un primo quadro evolutivo: le pulsar nascerebbero con periodi dell’ordine

di 100 millisecondi e frenerebbero progressivamente la propria rotazione come con-

seguenza dell’emissione di radiazione elettromagnetica, per spegnersi del tutto in

capo a qualche milione di anni. Questo comporterebbe una nascita ogni 50 anni,

consistentemente con l’ipotesi dell’origine delle stelle di neutroni dal collasso di su-

pernovae di tipo II.

1.2.4 Campi Magnetici

Le stelle neutroniche sono sede di intensissimi campi magnetici, quali possono

risultare appunto dal collasso di una stella normale con un campo magnetico di un

centinaio di Gauss alla superficie. Conservandosi nel collasso il flusso magnetico,

l’intensita alla superficie della stella deve raggiungere un valore dell’ordine di 1012

G.

Come avremo modo di puntualizare meglio nel paragrafo 1.4 di questo capitolo,

riguardo l’evoluzione temporale del campo magnetico le opinioni degli studiosi sono

controverse: vi sono teorie secondo le quali il campo magnetico sarebbe costante nel

tempo, e teorie che ne ipotizzano il decadimento.

Una rappresentazione utilissima per studiare l’evoluzione delle pulsar e il diagramma

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CAPITOLO 1. LE PULSAR 12

campo mgnetico-periodo di rotazione riportato nella Fig. (1.3).

Figura 1.3: Diagramma campo magnetico-periodo di rotazione per una popolazionegalattica di pulsar (da Tempesti, 1997).

Allungandosi il periodo, se il campo magnetico restasse costante, una pulsar nel

diagramma di Fig. (1.3) si sposterebbe verso destra lungo una linea orizzontale. Pero

il diagramma mostra che la traccia ad un certo punto s’incurva rapidamente verso

il basso avvicinandosi asintoticamente alla verticale. Cio puo essere interpretato

dicendo che il diagramma, benche il tempo non vi sia esplicitamente rappresentato,

mostra un fenomeno evolutivo.

Si nota che vi sono numerose pulsar di campo magnetico compreso fra 1011 e 1012 G

e periodo di rotazione tra 0.2 ed 1.3 s; pertanto, siccome col trascorrere del tempo

il periodo aumenta, se il campo magnetico restasse costante dovrebbero esistere

numerose pulsar con tali valori del campo magnetico e periodi di rotazione inferiori

a 0.2 s. Invece non ce n’e nemmeno una. La conclusione che si e portati a trarre e

che le pulsar nascano con campi magnetici dell’ordine di 1012 − 1013 G e poi, forse,

decadano a valori dieci volte inferiori.

Tuttavia, bisogna precisare che l’ordinata del diagramma di Fig. (1.3) non riporta

realmente il campo magnetico, la cui intensita non puo essere misurata direttamente

dalle osservazioni e viene pertanto ricavata in modo indiretto sulla base di un modello

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CAPITOLO 1. LE PULSAR 13

teorico che la pone in relazione con il periodo P ed il suo tasso di variazione temporale

P . Come vedremo meglio nel paragrafo 1.4 di questo capitolo, uno dei modelli teorici

piu accreditati suppone che il campo magnetico B della stella di neutroni abbia una

distribuzione angolare dipolare; la relazione che lega Bp, la sua componente polare

perpendicolare all’asse di rotazione alle quantita P e P e data da:

Bp2 =

( 3 I c3

8 π2R6 sin2 α

)

P P , (1.2)

dove I ed R sono rispettivamente il momento d’inerzia ed il raggio della pulsar,

ed α e l’angolo compreso tra l’asse magnetico del dipolo e quello di rotazione.

Siccome cio che realmente si misura e di cui si constata una diminuzione temporale e

la quantita P P , si potrebbe anche ammettere l’ipotesi che B sia costante nel tempo,

attribuendo l’assenza di pulsar nella parte sinistra del diagramma di Fig. (1.3) ad

una diminuzione dell’angolo α.

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CAPITOLO 1. LE PULSAR 14

1.3 Le pulsar gamma

Sebbene per la maggior parte delle pulsar l’intensita degli impulsi sia massima

mediamente nelle frequenze comprese fra 100 e 2000 MHz e si attenui rapidamente

per frequenze maggiori fino a scendere sotto la soglia di rivelazione, ve ne sono al-

cune che sono state identificate anche nei domini spettrali piu alti.

Un notevole apporto alle conoscenze in tale campo e venuto dai tre efficientissimi

satelliti - l’HUBBLE (il “Grande Telescopio Spaziale”), il ROSAT e il CGRO - che

hanno ricoperto completamente lo spettro delle alte frequenze.

I satelliti per le alte energie ROSAT (“Roentgen Satellite”, specializzato nei raggi X)

e il CGRO (“Compton Gamma Ray Observatory”) messi in orbita rispettivamente

nel giugno 1990 e nell’aprile 1991 hanno notevolmente ampliato le scarse conoscenze

sull’emissione delle pulsar nei domini X e gamma.

Per quanto concerne le caratteristiche strumentali dei principali satelliti per le alte

energie si rimanda al Capitolo 3.

1.3.1 Dati osservativi

Il telescopio spaziale EGRET a bordo del CGRO ha identificato sei pulsar gam-

ma al di sopra dei 100 MeV. Esse sono la Vela (PSR B0833−45), la Crab (PSR

B0531+21), Geminga (PSR J0633+1746), la PSR B1055−52, la PSR B1706−44, la

PSR B1951+32. Accanto ad esse, la PSR B1509−58 e stata identificata solamente

ad energie piu basse dagli altri tre strumenti presenti sul CGRO ma non da EGRET.

Le Fig. (1.4) e (1.5) riportano le curve di luce delle pulsar gamma attualmente

conosciute nei diversi domini energetici.

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CAPITOLO 1. LE PULSAR 15

Figura 1.4: Curve di luce nei vari domini spettrali delle sette pulsar piu energetiche,in ordine crescente di eta da sinistra a destra. In ascissa la fase, in ordinata il flussoricevuto (da Tempesti, 1997).

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CAPITOLO 1. LE PULSAR 16

Figura 1.5: Curve di luce nelle bande X e gamma delle sette pulsar piu energetiche,in ordine crescente di eta da sinistra a destra. Sono considerati i quattro dominienergetici: 0.5− 2 KeV, 2− 100 KeV, 100 KeV − 10 MeV e sopra i 100 MeV. Ogniicona mostra una rotazione completa della stella di neutroni (da Thompson, 2001).

Da queste curve di luce emergono alcune caratteristiche peculiari:

• Esse non esibiscono la medesima forma a tutte le lunghezze d’onda. Questo

lascia supporre che vi sia una qualche combinazione della geometria e del

meccanismo di emissione strettamente dipendente dall’energia.

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CAPITOLO 1. LE PULSAR 17

• Non tutte e sette le pulsar sono viste alle energie piu alte. Come gia anticipato,

la PSR B1509−58 e stata osservata al di sopra dei 10 MeV da COMPTEL, un

altro strumento a bordo del CGRO, ma non oltre i 100 MeV da EGRET.

• Le sei pulsar osservate da EGRET presentano la comune proprieta di possedere

tutte un doppio picco nelle relative curve di luce. Questa sembrerebbe essere

la naturale conseguenza dell’emissione di radiazione dalle calotte polari della

pulsar, il cui asse magnetico sia sufficientemente obliquo rispetto all’asse di

rotazione da far sı che entrambi i coni investano l’osservatore entro ciascun

periodo.

Oltre alle sei pulsar elencate, EGRET ne ha viste altre tre con un livello di

confidenza di circa 5 ordini di grandezza inferiore a quello della piu debole di esse.

Le curve di luce di queste sorgenti sono mostrate in Fig. (1.6).

Figura 1.6: Curve di luce delle tre candidate pulsar gamma PSR B1046−58, PSRB0656+14 e PSR J0218+4232. Ogni icona mostra una rotazione completa dellastella di neutroni (da Thompson, 2001).

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CAPITOLO 1. LE PULSAR 18

La Fig. (1.7) rappresenta le pulsar viste da EGRET in un diagramma P − P .

Come e possibile vedere dalla figura, le pulsar gamma, che sono indicate dai cer-

chietti piu grossi, tendono a concentrarsi in regioni ad elevato campo magnetico e

relativamente giovani eta. Inoltre tutte e dieci queste sorgenti presentano l’ulteriore

caratteristica comune di possedere un valore della differenza di potenziale di linea

di campo aperta alto rispetto alla maggior parte delle pulsar radio, fatto questo non

sorprendente data la natura del meccanismo di accelerazione.

Figura 1.7: Diagramma P − P relativo ad un campione significativo di pulsar. Icerchietti piccoli indicano le pulsar radio, quelli grossi le pulsar gamma. I cerchiettiscuri rappresentano le sette pulsar gamma con il livello di confidenza piu alto, quellichiari le altre tre meno probabili candidate (da Thompson, 2001).

In Fig. (1.8) sono indicate alcune proprieta osservative delle pulsar gamma co-

nosciute.

Sono indicati, in ordine, il periodo di rotazione P , il suo tasso di variazione temporale

P , l’eta caratteristica t definita per mezzo del rapporto P/2 P , il campo magneti-

co B, la distanza Dst e l’efficienza di emissione gamma η definita come frazione

dell’energia persa riemessa come fotoni gamma.

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CAPITOLO 1. LE PULSAR 19

Figura 1.8: Proprieta delle pulsar rivelate da EGRET: P e il periodo di rotazione, Pla sua variazione temporale, t e l’eta caratteristica P/2 P , B il campo magnetico, Dste la distanza ed η l’efficienza di produzione di raggi gamma definita come frazionedell’energia persa riemessa come fotoni gamma.

Un fatto estremamente rilevante nell’emissione alle piu alte energie e che essa e

dominata da uno solo dei due impulsi osservati nei domini energetici piu bassi, come

risulta evidente dalla Fig. (1.9).

Figura 1.9: Curve di luce delle quattro pulsar gamma con la statistica migliore neirange energetici sopra i 100 MeV e sopra i 5 GeV (da Thompson, 2001).

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CAPITOLO 1. LE PULSAR 20

Inoltre, in tutti gli spettri ad alta energia si osserva una brusca discesa al di

sopra dei 10 GeV. D’altra parte, la soglia di rivelazione di EGRET e 30 GeV per

cui i dati misurati in questa parte dello spettro sono insufficienti a predire che cosa

succede intorno ai 100 GeV.

In mancanza di dati osservativi, le uniche fonti d’informazione sono rappresentate

dai modelli teorici relativi all’emissione gamma delle pulsar.

1.4 Modelli di emissione

1.4.1 Modello a rotatore obliquo

La prima soddisfacente teoria del meccanismo di emissione di radiazione elettro-

magnetica dalle pulsar venne elaborata indipendentemente da Pacini nel 1968 e da

Gunn ed Ostriker nel 1969.

Questo modello fa parte della classe di modelli detta a dipolo magnetico in cui si

suppone che il campo magnetico della stella di neutroni abbia una distribuzione

angolare dipolare, prevede che quest’ultimo sia orientato ad un angolo non nullo

rispetto all’asse di rotazione della stella ed e per tale ragione denominato modello a

rotatore obliquo.

Le stelle di neutroni sono infatti corpi rotanti originati dal collasso di supernovae;

dovendosi in tale collasso conservare sia il flusso magnetico che il momento angolare,

si comprende come tali stelle siano dotate fin dalla loro nascita di intensissimi campi

magnetici, tipicamente 1012 G, ed elevatissime velocita di rotazione.

L’idea fondamentale alla base del modello in questione e che il rallentamen-

to osservato nella rotazione delle pulsar sia attribuibile alla perdita di energia per

emissione elettromagnetica dovuta all’azione frenante del campo di dipolo, unita-

mente al contributo relativo all’emissione di onde gravitazionali.

Pertanto l’emissione di radiazione da parte delle pulsar e ascrivibile ad un’emissione

elettromagnetica di dipolo.

Per ogni corpo stabile in equilibrio, ruotante uniformemente e rigidamente e che

perda la sua energia cinetica rotazionale su una scala temporale lunga rispetto al

periodo di rotazione, il tasso di perdita di momento angolare e:

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CAPITOLO 1. LE PULSAR 21

dJ

dt=

1

Ω

dE

dt(1.3)

mentre la perdita di energia cinetica rotazionale e:

d(12I Ω2)

dt= I Ω Ω. (1.4)

All’ordine piu basso nella velocita angolare Ω, le perdite di energia per emissione

di onde elettromagnetiche e gravitazionali sono rispettivamente (Landau & Lifshitz,

1951):dEdipolo magnetico

dt= −

2

3

m2⊥Ω4

c3(1.5)

e

dEquadrupolo gravitazionale

dt= −

1

45

GD2⊥ Ω6

c5, (1.6)

dove m⊥ ∼ R3Bp sinα/2, D⊥ ∼ 17 ǫ I e Bp sono rispettivamente le componenti dei

momenti di dipolo magnetico, di quadrupolo gravitazionale e del campo magnetico

polare perpendicolari all’asse di rotazione, α e l’angolo tra l’asse di dipolo magnetico

e l’asse di rotazione, R e il raggio ed ǫ e l’ellitticita nel piano equatoriale della stella

di neutroni idealizzata con un ellissoide omogeneo e leggermente deformato.

Sostituendo nelle Eq. (1.5) ed (1.6) le espressioni per m⊥ e D⊥, si ricavano le

relazioni esplicite per le perdite energetiche nei due casi:

dEdipolo magnetico

dt= −

Bp2R6 Ω4 sin2 α

6 c3, (1.7)

edEquadrupolo gravitazionale

dt= −

32

5

G

c5I2 ǫ2 Ω6. (1.8)

Uguagliando l’Eq. (1.4) alle Eq. (1.7) ed (1.8), si ottengono i contributi rispettivi

all’allungamento del periodo di rotazione.

Nel caso di emissione di onde elettromagnetiche si ha (Manchester & Taylor, 1977):

B2 = Bp2 sin2 α =

( 3 I c3

8 π2R6

)

P P , (1.9)

dalla cui integrazione si ricava:

P 2 = P 20 +

16 π2R6

3 I c3B2 t. (1.10)

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CAPITOLO 1. LE PULSAR 22

Segue:

P =B2

P

(8 π2R6

3 I c3

)

. (1.11)

Adottando per il raggio, la massa ed il momento d’inerzia della stella di neutroni i

valori seguenti:

• R = 1.2 × 106 cm;

• M = 1.4M⊙;

• I = 1.4 × 1045 g cm2,

noti i valori di Ω ed Ω di una pulsar e possibile calcolare i corrispondenti valori

dell’energia, della perdita di energia cinetica rotazionale e del campo magnetico in

corrispondenza del polo. Essi risultano tipicamente:

• E ∼ 1049 erg;

• E ∼ 1039 erg s−1;

• Bp ∼ 1012 G.

Inoltre, definiamo eta caratteristica T al tempo presente la quantita:

T ≡ −(Ω

Ω

)

0

=6 I c3

Bp2R6 sin2 αΩ0

2 , (1.12)

dove Ω0 e la velocita angolare all’istante attuale.

Dall’integrazione delle Eq. (1.6) ed (1.7) si ottiene:

Ω = Ωi

(

1 +2 Ωi

2

Ω02

t

T

)

− 12

, (1.13)

dove Ωi e la velocita angolare all’istante t = 0. Ponendo Ω = Ω0 nell’Eq. (1.13), si

trova che l’eta attuale della pulsar e:

t ≃T

2

(

1 −Ω0

2

Ωi2

)

≃T

2per Ω0 ≪ Ωi. (1.14)

Il valore di t predetto teoricamente nel caso della pulsar Crab puo essere confrontato

con l’eta reale deducibile a partire dalla data di esplosione della supernova, dando

un accordo soddisfacente.

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CAPITOLO 1. LE PULSAR 23

Un ragionamento del tutto analogo puo essere effettuato nel caso di emissione gra-

vitazionale. Si trova in questo secondo caso che il valore predetto per l’eta della

pulsar Crab e inconsistente con l’eta reale, pertanto questa non puo essere la sola

responsabile del frenamento, sebbene l’emissione di onde gravitazionali contribuisca

alla perdita totale di energia cinetica rotazionale; semmai, in un modello accurato,

bisognerebbe considerare un’opportuna combinazione dei due effetti.

L’eta caratteristica rappresenta un limite superiore all’eta vera e coincide con

essa se sono soddisfatte le seguenti condizioni:

• il campo magnetico e di puro dipolo;

• il campo magnetico e costante nel tempo;

• il periodo iniziale e molto piu piccolo di quello attuale.

Che il campo magnetico sia approssimativamente di dipolo e un’ipotesi oggi accet-

tata pressoche all’unanimita (Tempesti, 1997).

Per quanto riguarda il suo decadimento, fino ad alcuni anni fa esso era ritenuto abba-

stanza rapido. Gunn ed Ostriker, supponendolo dovuto ad un effetto di dissipazione

Ohmica hanno ricavato la legge esponenziale:

B = B0 e− t

τ , (1.15)

con τ = 4 Myr.

Le equazioni (1.9) ed (1.10) divengono in questo caso:

P =

P 20 +B2

0 τ(8 π2R6

3 I c3

)(

1 − e−2 tτ

)

; (1.16)

P =B0

2

P

(8 π2R6

3 I c3

)

e−2 tτ . (1.17)

Tuttavia, esistono oggi anche modelli alternativi a quello del decadimento legato a

dissipazione Ohmica. Tra questi, l’idea della costanza nel tempo del campo magne-

tico trova un considerevole numero di sostenitori.

In maniera analoga, l’ipotesi secondo la quale il periodo iniziale e trascurabile ri-

spetto a quello attuale e stata recentemente messa in discussione anche per alcune

pulsar antiche (Tempesti, 1997).

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CAPITOLO 1. LE PULSAR 24

Il modello di frenamento piu generale puo essere desctitto dll’equazione:

Ω = −K Ωn, (1.18)

con

n = −Ω Ω

Ω2. (1.19)

Il parametro n e detto indice di frenamento.

Al posto delle Eq. (1.12) ed (1.13) si hanno in questo caso le relazioni:

Ω(t) = Ω0

(

1 +t

τ

)− 1n−1

, (1.20)

dove τ e una costante d’integrazione e

T = −1

n− 1

Ω

)

0

. (1.21)

Essendo per le Eq. (1.3) ed (1.6) B2(t) ∝ Ω Ω−3, si ricava l’andamento temporale

del campo magnetico nel caso generale:

B(t) = B0

(

1 +t

τ

)− n−32 (n−1)

. (1.22)

Inoltre, dall’Eq. (1.18) si vede che si ritrova il caso di frenamento di puro dipolo

magnetico nel caso in cui n = 3, ma sono in generale possibili altri valori di n

corrispondenti alle seguenti condizioni fisiche:

• se n e compreso fra 3 e 2, la rotazione e molto frenata;

• se n = 2 il periodo di rotazione e costante e non si ha rallentamento;

• infine, per n minore di 2 si ha addirittura che P crescerebbe al crescere di

P , ovvero il frenamento crescerebbe col rallentare della rotazione, situazione

questa di difficile giustificazione teorica; ancora piu improbabile e ritenuta la

condizione in cui n assuma valori maggiori di 3.

Dall’Eq. (1.19) segue che e possibile effettuare una misurazione diretta di n qualora

si conosca la derivata seconda della velocita angolare di rotazione. Questo richie-

de una cronometria di altissima precisione condotta per tempi molto lunghi ed e

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CAPITOLO 1. LE PULSAR 25

pertanto possibile solo per le pulsar molto giovani le quali subiscono un forte rallen-

tamento.

A tutt’oggi l’indice di frenamento e stato determinato solo per quattro pulsar; i

valori corrispondenti sono indicati nella Tabella 1.1.

Tab.1.1.

PSR n

Crab 2.5151509 − 58 2.8370540 − 69 2.01

Vela 1.4

Dunque si ha indicazione, almeno per le pulsar molto giovani, che n e compreso

fra 2 e 3: questo comporta che il frenamento non e dovuto unicamente al momento

torcente da dipolo magnetico.

Per spiegare questo fatto sono stati proposti diversi altri modelli di emissione. Il piu

importante tra essi e il modello detto a rotatore allineato introdotto da Goldreich

e Julian nel 1969 e facente sempre parte della classe di modelli a dipolo magnetico.

C’e anche chi ha sostenuto l’ipotesi di un progressivo accrescimento del momen-

to magnetico dovuto ad un aumento dell’intensita del campo o del suo angolo di

inclinazione rispetto all’asse di rotazione. Si tratterebbe in ogni caso pero di un

fenomeno transitorio, della durata di poche migliaia di anni (Tempesti, 1997).

1.4.2 Modello a rotatore allineato

Il modello a rotatore obliquo esposto nel precedente paragrafo e basato su alcune

approssimazioni:

• si e ipotizzato che la regione circostante la stella di neutroni sia costituita da

vuoto e sia pertanto trasparente alla radiazione;

• non si e cercato di risolvere correttamente i campi elettromagnetici interni ed

esterni alla pulsar per valutarne esattamente il contributo alla superficie;

• si sono ignorati tutti gli effetti relativistici.

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CAPITOLO 1. LE PULSAR 26

Nel 1969 Goldreich e Julian hanno dimostrato che non e lecito considerare le stelle

di neutroni magnetizzate e rotanti come immerse nel vuoto. Esaminando il caso in

cui il momento magnetico di dipolo e allineato con l’asse di rotazione, essi hanno

introdotto un nuovo modello di emissione secondo il quale il frenamento nella rota-

zione della pulsar e dovuto alla perdita di energia tramite l’accelerazione di particelle

cariche.

Infatti, la rotazione genera nella regione intorno alla stella degli intensissimi campi

elettrici in grado di strappare le particelle cariche dalla sua superficie.

L’ordine di grandezza di tali campi elettrici e di 1010 Volt/cm.

Secondo un teorema generale della magnetoidrodinamica (teorema di Alfven), in un

plasma ionizzato e quindi a conducibilita infinita il campo magnetico viene traspor-

tato dal moto del plasma stesso. Cioe il plasma trascina con se il campo magnetico,

che, ancorato alla stella di neutroni, e costretto a corotare con essa.

Conseguentemente le pulsar devono possedere una densa magnetosfera.

Osserviamo che il campo magnetico di dipolo trova un limite la dove la sua

velocita di rotazione raggiunge la velocita della luce, dove cioe e soddisfatta la

condizione:

ΩRL = c, (1.23)

essendo Ω la velocita di rotazione della stella ed RL la distanza dal suo asse.

Il cilindro definito dall’Eq. (1.22) prende il nome di cilindro luce e le linee del campo

magnetico che lo intersecano proseguono verso l’infinito anziche rinchiudersi, divi-

dendo cosı la magnetosfera in due zone: l’una aperta, che include i poli magnetici, e

l’altra chiusa. Le due zone della stella attorno ai poli magnetici dalle quali emergono

le linee di forza aperte sono dette calotte polari magnetiche (in inglese, “polar caps”).

Data l’intensita dei campi magnetici, ogni componente di movimento delle par-

ticelle cariche non allineata con le linee di forza viene rapidamente smorzata dall’ir-

raggiamento di sincrotrone, sicche il moto e l’accelerazione delle particelle strappate

dalla superficie della stella di neutroni possono avvenire solo la dove l’orientazione

dei campi lo consente, cioe lungo le linee di forza del campo magnetico stesso.

Il moto complessivo di tali cariche varia a seconda che esse si muovano nella parte

aperta o chiusa della magnetosfera.

In generale, nel caso di un campo di dipolo B(r,θ,z) le linee di campo sono descritte

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CAPITOLO 1. LE PULSAR 27

dall’equazione:(sin2θ

r

)

= costante (1.24)

e sono rispettivamente aperte o chiuse a seconda che l’angolo θ con cui si dipartono

dai poli magnetici sia maggiore o minore dell’angolo θp che delimita l’estensione

della calotta polare.

La linea critica e quella che incomincia con r = R e θ = θp; in corrispondenza del

cilindro luce, essa e invece definita da r = RL e θ = π/2.

Dall’Eq. (1.24) segue:

sin θp =

R

RL

, (1.25)

da cui si ricava il raggio Rp della calotta polare:

Rp∼= R sin θp = R

R

RL. (1.26)

La differenza di potenziale tra il centro ed il limite esterno del “polar cap” risulta

essere:

∆φ =ΩBR2

2 c

R

RL. (1.27)

In Fig. (1.10) e indicato uno schema del modello di Goldreich e Julian per la

magnetosfera delle pulsar.

Goldreich & Julian hanno dimostrato che e la parte chiusa della magnetosfera

quella che possiede la proprieta di intrappolare le particelle cariche.

Nella parte aperta della magnetosfera invece, il plasma, sospinto dalla pressione

magnetica verso le zone dove il flusso di campo magnetico e minore, viene soffiato

verso l’esterno. Tale plasma porta con se energia e momento di quantita di moto e

la sua eiezione comporta un rallentamento della velocita di rotazione della stella a

cui corrisponde una perdita energetica data da:

dEdipolo magnetico

dt= −

K Bp2R6 Ω4 cosα

8 c3, (1.28)

dove K e un fattore numerico non molto diverso dall’unita.

Rispetto al comportamento del rotatore obliquo nel vuoto si vede come la principale

differenza stia nel fatto che mentre nel primo caso si ha il massimo di dissipazione

quando l’asse di rotazione e l’asse magnetico sono perpendicolari, in questo caso la

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CAPITOLO 1. LE PULSAR 28

perdita energetica e massima quando essi sono paralleli. Notiamo che l’ordine di

grandezza previsto per la dissipazione dai due modelli e lo stesso.

Figura 1.10: Schema del modello a rotatore allineato per la magnetosfera delle pul-sar (Goldreich & Julian, 1969). Le particelle ancorate alle linee di forza chiuse delcampo magnetico costituiscono un plasma corotante con la stella di neutroni, mentrequelle che si muovono lungo le linee aperte riescono a fuoriuscire dalla magnetosfe-ra. L’angolo θp delimita l’estensione della calotta polare, mentre la linea diagonalerappresenta il luogo geometrico dei punti dove la componente Bz dal campo magne-tico lungo l’asse z vale 0 e la carica spaziale cambia segno (da Goldreich & Julian(1969)).

Goldreich & Julian hanno inoltre stimato che nelle regioni in cui la componente

Bz del campo magnetico lungo l’asse z e positiva la carica elettrica del plasma e

negativa; viceversa, dove essa e negativa la carica elettrica e positiva.

Alle particelle cariche cosı prodotte si attribuisce la proprieta di emettere nella banda

radio un fascio collimato di radiazione che, quando l’asse magnetico della stella di

neutroni non e allineato con l’asse di rotazione, spazzola il cielo dando luogo, se

capita di intercettarlo, alla caratteristica radiazione pulsata. In alcune pulsar piu

giovani, quindi piu veloci e dotate di campi magnetici piu alti, tale emissione pulsata

si estende fino alle bande ottica, X e γ.

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CAPITOLO 1. LE PULSAR 29

1.4.3 Modelli di emissione gamma: “polar cap models” ed“outer gap models”

Dopo la formulazione del modello di Goldreich & Julian che dimostra l’esistenza

della magnetosfera e la scoperta delle prime pulsar gamma, il principale interesse

degli studiosi e stato rivolto alla localizzazione delle regioni di emissione dei fotoni

gamma ed alla comprensione dei meccanismi di accelerazione delle particelle cariche.

Attualmente esistono due classi di modelli di emissione gamma: i polar cap models,

secondo i quali l’emissione ha luogo alla superficie della stella di neutroni in prossi-

mita delle calotte polari magnetiche, e gli outer gap models, i quali assumono che le

particelle cariche vengano accelerate nella parte piu esterna della magnetosfera, nelle

regioni vuote che si vengono a creare lungo le superfici a carica nulla (Fig (1.11)).

Figura 1.11: “Polar gaps” ed “outer gaps” (da Harding, 2000).

In entrambi i casi tali particelle decadono emettendo fotoni, i quali a loro volta

interagiscono con altre particelle cariche od altri fotoni dando origine alla radiazione

gamma osservata.

Nell’ambito di queste due classi principali, esistono poi delle ulteriori suddivisioni a

seconda della natura delle interazioni da cui si originano i fotoni di alta energia.

Una prima sottoclassificazione riguarda l’origine delle cariche sottoposte ad accele-

razione da parte dell’intenso campo elettrico magnetosferico.

I “polar cap models” detti a flusso limitato di carica spaziale (Sturrock, 1971; Arons

& Scharlemann, 1979; Arons, 1983) suppongono, come del resto avevano fatto gli

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CAPITOLO 1. LE PULSAR 30

stessi Goldreich & Julian, che le particelle cariche primarie che subiscono l’accelera-

zione siano quelle direttamente strappate dalla superficie stellare.

Uno scenario del tutto nuovo si e venuto a crere con l’introduzione dei “polar cap

models” detti a breakdown del vuoto o polar cap gap models (Ruderman & Suther-

land, 1975; Zhang, Qiao, Lin & Han, 1997; Zhang, Qiao & Han, 1997).

Secondo questi modelli, il flusso uscente della carica spaziale dalle calotte polari

magnetiche e superiore a quello della carica entrante, sicche queste ultime si circon-

dano inevitabilmente di vuoto. Data l’intensita dei campi elettrici alla superficie

della stella di neutroni e considerando la condizione per la rottura elettrostatica del

vuoto:

E eh≫ 2me c2, (1.29)

inserendovi i valori corretti per E, e, me e c si vede che essa e soddisfatta su scale

di altezza h di pochi centimetri. Questo significa che una stella di neutroni magne-

tizzata e ruotante si circonda inevitabilmente di un plasma di elettroni positivi e

negativi.

In questo contesto, pertanto, le particelle cariche primarie derivano dalla rottura

elettrostatica del vuoto che viene a crearsi in corrispondenza delle calotte polari

della pulsar.

Il moto delle cariche lungo le linee di forza del campo magnetico, generalmente cur-

ve, induce delle accelerazioni che provocano un particolare processo di emissione

da parte delle particelle relativistiche denominato radiazione di curvatura, da cui si

generano fotoni di alta energia attraverso un rapido processo di moltiplicazione a

valanga (Fig. (1.12)).

La discriminazione tra questi due sottogruppi di modelli a “polar cap” e una

questione tutt’oggi controversa, a causa dell’incompleta comprensione circa la com-

posizione e la fisica della superficie delle stelle di neutroni.

Un altro importante fattore di disciminazione tra i “polar cap models” e co-

stituito dallo stesso meccanismo di accelerazione delle particelle cariche primarie.

Indipendentemente dalla loro origine, i fotoni prodotti dal loro decadimento sono

responsabili della creazione di coppie elettrone-positrone, che a loro volta decadono

emettendo raggi gamma.

Il processo fisico alla base della produzione di coppie e:

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CAPITOLO 1. LE PULSAR 31

Figura 1.12: Rottura elettrostatica del vuoto e produzione di sciami elettromagne-tici. Un fotone di energia > 2me c

2 genera in 1 una coppia e+ − e−. Il campoelettrico accelera il positrone e l’elettrone in direzioni opposte, sicche mentre il pri-mo viene sospinto al di fuori del “gap”, il secondo ricade verso la superficie stellaremuovendosi lungo una linea curva del campo magnetico e irradiando un fotone in 2.Quest’ultimo si muove verso le regioni a potenziale elettrico piu alto fino a quando haacquisito sufficiente energia da produrre un’altra coppia e+ − e− in 3 (da Ruderman& Sutherland, 1975).

γ + A −→ e+ + e−, (1.30)

dove A indica un elettrone o un nucleo.

Secondo alcuni modelli (Sturner & Dermer, 1994; Dermer & Sturner, 1994), la

produzione di coppie e controllata da fotoni prodotti per scattering Compton inver-

so (ICS) e l’accelerazione delle particelle cariche e tale da far raggiungere a queste

particelle fattori di Lorentz dell’ordine di 105 − 106.

Secondo altri autori (Harding, Tademaru & Esposito, 1978; Harding, 1981; Daugher-

ty & Harding, 1994, 1996; Harding & Muslimov, 1998), i fotoni di tipo (ICS) non

riescono a schermare il campo elettrico, sicche la produzione di coppie e prodotta

da fotoni emessi come radiazione di curvatura (CR) e le particelle cariche vengono

accelerate fino a raggiungere fattori di Lorentz dell’ordine di 107.

Infine, uno tra i modelli piu recenti (Zhang & Harding, 2000) chiama in causa en-

trambi i meccanismi: le coppie sarebbero cioe prodotte per decadimento di fotoni

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CAPITOLO 1. LE PULSAR 32

primari di tipo CR, e secondari di tipo ICS.

Ad ogni modo, come la pulsar invecchia ed il suo periodo di rotazione si allun-

ga, tali cascate generano sempre meno coppie ee il campo elettrico diminuisce di

intensita. Pertanto le particelle sono costrette a percorrere maggiori distanze per

produrre fotoni energetici e le zone di accelerazione divengono piu estese. Quando i

campi elettrici indotti non riescono piu a sostenere la produzione di coppie l’emissio-

ne si arresta e la pulsar smette di emettere radiazione elettromagnetica. Pertanto,

le pulsar giovani hanno “gaps” sottili, quelle piu anziane sono contraddistinte da

“gaps” piu spessi.

Il presupposto di base dei modelli ad “outer gap” (Cheng, Ho & Ruderman, 1986;

Romani & Yadigaroglu, 1995) e quello di tutti i modelli che prevedono l’esistenza di

“gaps”, cioe che in tali regioni il flusso di carica uscente lungo le linee di forza aperte

del campo magnetico sia tale da non venire compensato dal corrispondente flusso

di carica entrante, per cui in queste zone si viene a creare il vuoto. E plausibile che

il flusso di particelle emesse dai “polar caps” possa in qualche modo alimentare gli

stessi “outer gaps”, ma si tratta di un effetto che non e stato ancora ben compreso.

A differenza dei “polar cap models” dove le coppie sono create dall’interazione di

un fotone con un elettrone o un nucleo (cfr. Eq. (1.29)), in questo caso il processo

fisico alla base della produzione di coppie e:

γ + γ −→ e+ + e−. (1.31)

All’interno di questi modelli, le pulsar vengono distinte in due classi: quelle di

tipo Crab (dalla pulsar B0531+21) e quelle di tipo Vela (dalla pulsar 0833−45). Seb-

bene i meccanismi alla base dell’emissione di radiazione differiscano nei due casi, si

assume che la radiazione primaria non sia in ogni caso osservabile direttamente, ma

agisca solo da tramite nella produzione della radiazione secondaria ritenuta invece

responsabile degli spettri osservati. Quanto all’origine di quest’ultima, vari mec-

canismi sono stati proposti (radiazione di sincrotrone (pulsar del “tipo Vela”) o di

sincrotrone auto-Comptonizzante delle coppie secondarie (pulsar del “tipo Crab”),

o combinazione di radiazione di sincrotrone e di curvatura delle coppie primarie). A

seconda delle situazioni, si hanno differenti morfologie delle zone di emissione: thin

outer magnetospheric gaps (Cheng & Ding, 1994) e thick outer magnetospheric gaps

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CAPITOLO 1. LE PULSAR 33

(Cheng & Zhang, 1996; Zhang & Cheng, 1997, 1998).

Un’altra caratteristica peculiare degli “outer gap models” e che in questo caso la

produzione di coppie gioca un ruolo cruciale nella produzione della radiazione di alta

energia. La condizione per la sua occorrenza consiste in una relazione tra il campo

magnetico ed il periodo di rotazione espressa dalla cosiddetta linea di spegnimento

(Chen & Ruderman, 1993):

5 logBp − 12 logP = 72. (1.32)

Pertanto, nell’ambito di questa classe di modelli, l’emissione di radiazione di alta

energia puo avere luogo solo a condizione she sia soddisfatta la condizione:

5 logBp − 12 logP ≤ 72. (1.33)

Vediamo ora un po’ piu in dettaglio alcuni tra i modelli di emissione gamma

citati.

Modello a “polar cap” di Harding (1981).

Questo modello, che appartiene alla categoria dei “polar cap models”, ipotizza che

l’emissione gamma ad energie superiori a 100 MeV sia prodotta per emissione di

radiazione di curvatura da parte di particelle primarie nel campo magnetico in cor-

rispondenza delle calotte polari della stella di neutroni.

Si assume che un fascio monoenergetico di particelle primarie di energia γ0 sia iniet-

tato uniformemente al di sopra di ciascuna calotta polare ed inizi a muoversi lungo

le linee del campo magnetico di dipolo.

La perdita energetica dovuta all’emissione di radiazione e:

(dγ

dt

)

curv=

2

3

e2

me c3

( c

Rc

)2

γ4, (1.34)

dove Rc ≈43( r

θ) e il raggio di curvatura delle linea di campo magnetico conside-

rata.

Harding ha ottenuto il seguente spettro di energia irradiata dalle particelle primarie

entro un elemento di volume della magnetosfera:

ǫ(ω, r, θ) = 0.9 π− 12 N0me c

2(Rcc

)13(R0

r

)3

ω13 ×

(1

2

c

Rcω−1 −

1

3

1

γ3max

)

(1.35)

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CAPITOLO 1. LE PULSAR 34

erg s−1 Hz−1 cm−3,

dove:

• N0 e la densita di particelle primarie che emergono alla superficie stellare R0

dalla zona di accelerazione;

• si e supposto che N0 sia proporzionale alla densita di carica corotante ρc:

N0 = (n ρc/e);

• ω e la frequenza dei fotoni prodotti;

• γmax e l’energia massima per particella ottenuta integrando l’espressione per(

dγdt

)

curvlungo una linea di campo.

In Fig. (1.13) sono riportati gli spettri calcolati per vari valori di γ0, B e P .

Figura 1.13: Spettri calcolati al di sopra dei 100 MeV per diversi valori del periododi rotazione espresso in secondi e fissati B e γ0 (da Harding, 1981).

Integrando gli spettri calcolati sui valori di B e di P , si ottiene la seguente legge

che esprime la dipendenza della luminosita gamma ad energie superiori a 100 MeV

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CAPITOLO 1. LE PULSAR 35

dall’intensita del campo magnetico misurato in unita di 1012 G e dal periodo di

rotazione, normalizzata al corrispondente valore per la pulsar Crab:

Lγ(> 100 MeV) = 1.2 × 1035B0.9512 P−1.7 ph s−1. (1.36)

I valori per Lγ predetti da questa formula sono consistenti con lo spettro della

pulsar Vela.

La Fig. (1.14) elenca le pulsar con le piu alte luminosita gamma predette, assieme

ad altri parametri fisici misurati (Manchester & Taylor, 1980).

Figura 1.14: Predizioni relative alle pulsar piu energetiche (da Harding, 1981).

Definendo l’efficienza di emissione gamma come la frazione del tasso di perdita

dell’energia totale sotto forma di raggi gamma:

ηγ =Lγ (> 100 MeV)

dEdt

, (1.37)

con

dE

dt= −I Ω Ω = 4 π2 I

P

P 3erg s−1, (1.38)

l’efficienza al di sopra dei 100 MeV risulta:

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CAPITOLO 1. LE PULSAR 36

ηγ =2.0 × 1031

4 π2 IB0.95

12

P13

P. (1.39)

Usando l’Eq. (1.9) che lega la derivata del periodo di rotazione all’intensita del

campo magnetico (Manchester & Taylor, 1977) e ponendo:

• R = 106 cm

• I = 1045 g cm2,

si trova la dipendenza di nγ dall’eta caratteristica τ :

nγ = 4 × 10−14 P 1.3 τ 1.8, (1.40)

dove P e misurato in unita di 10−15 s s−1 e τ in anni (Fig. (1.15)).

Figura 1.15: Andamento dell’efficienza di emissione gamma moltiplicata per la

quantita ( PCrab

P)

13

in funzione dell’eta caratteristica (da Harding, 1981).

L’Eq. (1.40) predice che l’efficienza di emissione gamma cresce con l’eta, come

conseguenza del fatto che dE/dt decresce con l’eta.

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CAPITOLO 1. LE PULSAR 37

Poiche pero tale efficienza di emissione gamma non puo superare l’unita, deve esi-

stere in questo modello un qualche meccanismo in grado di spegnere l’emissione

gamma.

Harding interpreta fisicamente questo fatto osservando che l’energia prodotta dalle

particelle primarie, che si e assunta costante nella derivazione dell’Eq. (1.40), decre-

sce invece al crescere di P nel momento in cui i campi elettrici indotti non sono piu

in grado di sostenere la produzione di coppie.

Diamo qui nel seguito le formule per la luminosita gamma di altri quattro model-

li di emissione, precisamente due modelli a “polar cap” e due modelli ad “outer gap”.

Modello a “polar cap” di Zhang ed Harding (2000).

• produzione di coppie controllata da fotoni prodotti da scattering Compton

inverso.

Lγ(I) = 5.87 × 1035B126/7 P−1/7 ph s−1 ed (1.41)

Lγ(II) = 1.0 × 1035B12 P−9/4 ph s−1,

rispettivamente nei due regimi:

I: B121/7 P−11/28 > 6.0 e (1.42)

II: B121/7 P−11/28 < 6.0.

Modello a “polar cap” di Sturner e Dermer (1994).

• coppie prodotte per decadimento fotoni primari emessi come radiazione di

curvatura e secondari prodotti da scattering Compton inverso.

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CAPITOLO 1. LE PULSAR 38

Lγ = 6.25 × 1035B123/2 P−2 ph s−1. (1.43)

Le espressioni per le luminosita gamma predette nell’ambito degli “outer gap

models” non sono dedotte a partire dal calcolo del flusso di carica uscente lungo le

linee di campo aperte della magnetosfera, come invece avviene per i modelli a “polar

cap”, ma dipendono essenzialmente dalla frazione di tali linee che viene abbracciata

dalle zone in cui si crea il vuoto nella parte esterna della magnetosfera.

Facendo precise assunzioni sulla morfologia delle zone di emissione, sono stati pro-

posti differenti modelli appartenenti a questa classe.

Modello ad “outer gap” di Romani e Yadigaroglu (1995).

Lγ = 1.56 × 1036B120.48 P−2.48 ph s−1. (1.44)

Modello ad’ “outer gap” di Cheng e Zhang (1996).

Lγ = 3.93 × 1037B120.3 P−0.3 ph s−1. (1.45)

1.5 Predizioni per l’emissione ad alta energia

Data l’enorme varieta di modelli di emissione, sono stati introdotti tre ambiti

di osservazione per le future missioni spaziali in grado di operare una distinzione

significativa, almeno tra le due principali categorie dei “polar cap models” ed “outer

gap models”.

• Cut-offs ad alta energia.

Tutti gli spettri osservati esibiscono un taglio alle alte energie.

Si ritiene che le modalita con cui tale attenuazione ha luogo differiscano tra i

modelli a “polar cap” e quelli ad “outer gap”. Infatti si crede che il fenomeno

sia regolato essenzialmente dall’intensita del campo magnetico, che nella parte

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CAPITOLO 1. LE PULSAR 39

esterna della magnetosfera e molto piu debole di quanto non lo sia in prossi-

mita delle calotte polari della pulsar.

Pertanto i “polar cap models” prevedono andamenti molto piu rapidi (anda-

mento superesponenziale) degli “outer gap models” (andamento semplicemente

esponenziale), come si vede chiaramente nella Fig. (1.16) in cui sono rappre-

sentati gli spettri previsti per la pulsar Vela nell’ambito di tre distinti modelli

di emissione.

Figura 1.16: Confronto tra gli spettri di emissione gamma previsti per la pulsarVela nell’ambito di tre distinti modelli ed i dati sperimentali relativi alle principalicampagne osservative (da Harding, 2000).

Come si vede dalla figura, le misure sperimentali di EGRET sono affette da

errori troppo grandi per permettere una discriminazione tra le due curve. Sara

compito dei prossimi satelliti per raggi gamma, caratterizzati da una migliore

risoluzione angolare ed una maggiore sensibilita, dare finalmente una risposta

decisiva a questo proposito.

• Luminosita gamma.

Abbiamo gia discusso il ruolo significativo giocato dalla linea di spegnimento,

per cui una prova schiacciante a sostegno dei “polar cap models” potrebbe

essere la mancata identificazione di pulsar molto piu vecchie di Geminga.

Al tempo stesso, una notevole fonte d’informazione ci deriva dal confronto tra

le predizioni teoriche ed i dati sperimentali relativamente alle luminosita gam-

ma individuali, cosı come all’emissione galattica complessiva da parte delle

pulsar.

Nel Capitolo 2 discuteremo brevemente i risultati delle osservazioni di EGRET

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CAPITOLO 1. LE PULSAR 40

che hanno fornito una mappa dettagliata del cielo gamma coprendo il range

energetico tra 30 MeV e 30 GeV. Tali osservazioni hanno rivelato una parte

di radiazione diffusa, il cosiddetto fondo gamma diffuso, permettendo al con-

tempo di localizzare circa 300 sorgenti gamma nel cielo, la maggior parte delle

quali e pero attualmente non identificata.

Dal momento che ciascun modello di emissione gamma predice dipendenze di-

verse delle luminosita dagli altri parametri fisici quali il campo magnetico ed

il periodo di rotazione, un significativo test di attendibilita e costituito dalla

simulazione dell’emissione galattica da parte delle pulsar e dal confronto con

le misure sperimentali.

Come vedremo nel Capitolo 4, questo e stato proprio l’obiettivo centrale di

questa tesi.

• Statistica di popolazione.

L’ultimo grande spartiacque tra le due principali classi di modelli e costituito

dal diverso rapporto tra pulsar radio-loud e radio-quiet, come conseguenza

della diversa geometria delle regioni in cui vengono prodotti i raggi gamma e

della loro differente ubicazione rispetto alle zone di emissione radio.

In generale, ci si aspetta che i “polar cap models” diano una correlazione molto

piu alta tra i due tipi di emissione.

Anche in questo caso, la simulazione delle rispettive popolazioni di pulsar radio

e gamma entro ogni modello di emissione permette di fare una previsione circa

il numero di pulsar di ciascun tipo che potranno essere viste dai prossimi

telescopi spaziali.

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Capitolo 2

Il fondo gamma diffuso e lesorgenti gamma non identificate

2.1 Il fondo gamma diffuso

Le nostre attuali conoscenze riguardo al cielo gamma sono raccolte in gran parte

nei dati prodotti dal telescopio spaziale EGRET che, in quasi dieci anni di osserva-

zioni a bordo del satellite CGRO, ce ne ha fornito una mappa dettagliata coprendo

il range energetico compreso tra 30 MeV e 30 GeV.

Tali osservazioni hanno permesso di localizzare 271 sorgenti gamma nel cielo, tra

cui sono state identificate 7 pulsar e quasi 60 nuclei galattici attivi (AGN); tuttavia,

a causa delle prestazioni ancora limitate dello strumento, i dati raccolti sono insuf-

ficienti per stabilire la natura della maggior parte di tali sorgenti, che rimangono

pertanto non identificate.

Accanto a questa classe di oggetti puntiformi localizzati, EGRET ha rivelato una

parte di radiazione diffusa, nella quale e possibile distinguere due componenti: una

prima componente risulta concentrata nel piano della Galassia, mentre la seconda

appare distribuita uniformemente sulla volta celeste. Tale radiazione costituisce il

cosiddetto fondo gamma diffuso.

41

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IL FONDO GAMMA DIFFUSO 42

2.1.1 Il fondo galattico

EGRET ci ha fornito la seguente mappa del cielo gamma ad energie superiori a

100 MeV:

Figura 2.1: Mappa di EGRET del cielo gamma in coordinate galattiche per energiesuperiori a 100 MeV. La fascia piu luminosa al centro dell’immagine rappresental’emissione diffusa originata dalle interazioni dei raggi cosmici con la materia del gasinterstellare della Galassia. Le sorgenti puntiformi sono riconoscibili per i loro coloripiu brillanti: quelle vicine al piano galattico sono le pulsar gamma, mentre le altresono AGN o sorgenti non ancora identificate.

La componente galattica della radiazione gamma diffusa e prodotta dall’intera-

zione dei raggi cosmici con la materia e la radiazione presenti nella Galassia.

Quest’ultima e formata da tre strutture principali: il disco, avente un raggio di

60000 anni luce, il rigonfiamento centrale (in inglese bulge), con un raggio di 6000

anni luce, e l’alone, il cui diametro misura approssimativamente 65000 anni luce.

Il disco ed il “bulge” sono composti, oltre che da stelle di popolazione I e II, da gas

e polvere interstellare. Sono proprio questi componenti, non presenti nell’alone, ad

interagire con i raggi cosmici producendo raggi gamma.

I raggi cosmici sono composti essenzialmente da protoni (85%) e da nuclei di elio

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IL FONDO GAMMA DIFFUSO 43

(12%); la componente rimanente e divisa tra nuclei piu pesanti (1%) ed elettroni e

positroni (∼ 2%, nel rapporto di 5 ad 1).

Riassumiamoaora la distribuzione di materia nella Galassia.

• Idrogeno atomico (HI): nella parte piu interna della Galassia, tra 2 e 13 Kpc

dal centro, e distribuito come un disco piatto di profilo gaussiano e spessore

di 0.2 Kpc.

Oltre questa distanza, invece, tale spessore cresce perdendo la simmetria nei

due versi perpendicolari al piano galattico.

Infine, alla distanza di 25 Kpc la scala di altezza e circa 10 volte quella nella

parte interna della Galassia.

• Idrogeno molecolare (H2): la distribuzione di questo gas e concentrata per lo

piu nella parte interna della Galassia e risulta piu schiacciata della preceden-

te, raggiungendo un’altezza massima di 120 pc; inoltre, l’idrogeno molecolare

tende ad essere organizzato in nubi di varia dimensione e struttura.

• Idrogeno ionizzato (HII): e presente in proporzioni minori rispetto alle altre

due componenti, ma con una maggiore estensione verticale.

In Fig. (2.2) sono indicate le distribuzioni radiali per l’HI, l’HII e l’H2 adottate

dal modello di Strong e Moskalenko (1998).

Figura 2.2: Distribuzioni radiali per l’HI, l’HII e l’H2 (da Strong & Moskalenko(1998)).

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IL FONDO GAMMA DIFFUSO 44

Illustriamo ora brevemente i meccanismi fisici responsabili di tale produzione.

• Interazioni nucleari tra raggi cosmici e materia interstellare.

Si tratta di interazioni nucleari del tipo p → p che generano come uno dei

prodotti mesoni π0 che a loro volta decadono in circa 10−16 s in due fotoni

gamma da 68 MeV ciascuno nel sistema di riferimento del centro di massa. La

Fig. (2.3) riporta la sezione d’urto inclusiva per questo processo.

Figura 2.3: Sezione d’urto inclusiva per la reazione pp→ π0X.

• Bremsstrahlung da elettroni relativistici interagenti con il gas inter-

stellare.

Si tratta di radiazione emessa dalle particelle cariche quando vengono decele-

rate dal campo elettrico di un nucleo o di una qualsiasi altra particella carica.

La sezione d’urto inclusiva e, con buona approssimazione:

dEγ=

A

X0NAEγ

[4

3−

4

3

Ee+

(Eγ

Ee

)2]

, (2.1)

dove Eγ ed Ee sono rispettivamente l’energia del fotone e dell’elettrone, A e la

massa atomica dell’elemento interagente espressa in g/mole, X0 la lunghezza

di radiazione del processo ed NA il numero di Avogadro.

L’energia media del fotone generato e quindi proporzionale a quella dell’elet-

trone.

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IL FONDO GAMMA DIFFUSO 45

• Effetto Compton inverso da elettroni relativistici interagenti con i

fotoni di bassa energia emessi dalle stelle o appartenenti alla radia-

zione di fondo a 2.7K.

In tal caso si ha:

〈Eγ〉 ≃4

3

( Ee

me c2

)2

〈ǫi〉, (2.2)

dove ǫi e l’energia del fotone interagente ed me e la massa dell’elettrone.

Dal momento che i valori tipici per l’energia di un fotone emesso dalla luce

di una stella e dalla radiazione di fondo sono rispettivamente di qualche eV

e di 8 · 10−4 eV, dall’Eq. (2.2) segue che solamente gli elettroni con energia

maggiore di decine di GeV sono in grado di emettere fotoni gamma con energia

superiore a 100 MeV.

Si ritiene che questo potrebbe essere il processo fisico responsabile della debole

radiazione gamma ad alte latitudini di origine galattica osservata da EGRET.

Oltre a questi processi fisici primari, vi e l’ulteriore effetto dell’emissione di sin-

crotrone dagli elettroni nel campo magnetico interstellare da cui si origina

emissione gamma secondaria, il cui contributo e pero da considerarsi insignificante.

Inoltre, accanto a queste emissioni con spettro continuo, sono presenti righe di

emissione dovute al diseccitamento di nuclei dopo l’interazione con i raggi cosmici

e all’annichilazione di positroni. L’energia dei fotoni gamma prodotti in tal modo e

rispettivamente 0.1 MeV < Eγ < 7 MeV ed Eγ = 0.511 MeV.

Assegnate le distribuzioni spaziali delle componenti (Bertsch & al., 1993; Strong

& Moskalenko, 1998), l’intensita della radiazione gamma diffusa di energia Eγ alle

coordinate galattiche l e b viene espressa nella forma generale:

j(Eγ , l, b) =1

∫ ∞

0

[

ce(ρ, l, b)qlm(Eγ) + cn(ρ, l, b)qnm(Eγ)]

(2.3)

×[

nHI(ρ, l, b) + nHII(ρ, l, b) + nH2(ρ, l, b)]

+1

i

∫ ∞

0

ce(ρ, l, b)qpi(Eγ , ρ)upi(ρ, l, b)dρph

cm2 s sr GeV,

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IL FONDO GAMMA DIFFUSO 46

dove la variabile d’integrazione ρ denota la distanza dal Sistema Solare e si sono

utilizzate le grandezze seguenti:

• qem(Eγ), qnm(Eγ): funzioni di produzione di interazioni di Bremsstrahlung e

di interazioni nucleari per atomo di idrogeno bersaglio;

• ce(ρ, l, b), cn(ρ, l, b): rapporti tra le densita’ di elettroni e protoni nei raggi

cosmici rispetto alle loro densita’ locali;

si assume: ce(ρ, l, b) = cn(ρ, l, b) = c(ρ, l) , normalizzate ad uno per ρ = 0;

• nHI(ρ, l, b), nHII(ρ, l, b), nH2(ρ, l, b): distribuzioni tridimensionali delle densita

di idrogeno atomico, ionizzato e molecolare;

• qpi(Eγ , ρ): funzione di produzione di interazioni di scattering Compton inverso;

• upi(ρ, l, b): distribuzione della densita di energia dei fotoni.

Il primo integrale rappresenta la produzione di interazioni tra i raggi cosmici e la

materia interstellare, mentre il secondo termine descrive il contributo che proviene

dallo scattering Compton inverso tra gli elettroni ed i fotoni.

Le figure (2.4) e (2.5) mostrano il confronto tra i dati sperimentali di EGRET e

le previsioni dei due modelli teorici di Bertsch e al. (1993) e di Strong e Moskalenko

(1998) per il fondo gamma diffuso nella regione galattica piu interna.

Come si vede chiaramente, allo stato attuale i modelli non rendono totalmente

conto dell’emissione gamma ad energie maggiori di 1 GeV, prevedendo un’intensita

minore di circa il 40% rispetto a quella osservata. Spiegazioni plausibili sono una

non corretta conoscenza del processo di produzione dei π0 e una variazione dello

spettro dei raggi cosmici in punti diversi della Galassia.

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IL FONDO GAMMA DIFFUSO 47

Figura 2.4: Spettro dell’emissione gamma diffusa nella regione galattica compresaentro 300 < l < 60 e −10 < b < 10. Sono evidenziati i singoli contributi dell’in-terazione nucleo-nucleo (NN), dell’effetto Compton inverso (IC), del Bremsstrahlungdi elettroni (EB) e della componente isotropa extragalattica (ID) (vedi sezione 2.1.2)(da Bertsch & al. (1993)).

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Figura 2.5: Spettro dell’emissione gamma diffusa nella regione galattica compresaentro 300 < l < 30 e −5 < b < 5. Sono evidenziati i singoli contributi deldecadimento del π0 originato dall’interazione nucleo-nucleo (π0), dell’effetto Comp-ton inverso (IC), del Bremsstrahlung di elettroni (EB) e la sovrapposizione di tuttiquesti effetti (TOTAL) (da Strong & Moskalenko (1998)).

2.1.2 Il fondo extragalattico

Accanto alla componente di origine galattica, EGRET ha rivelato una parte di

radiazione gamma isotropa proveniente dall’esterno della Galassia ( vedi figure (2.6)

e (2.7)).

Riguardo alla possibile origine di questa radiazione, negli ultimi anni sono state

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IL FONDO GAMMA DIFFUSO 49

proposte molte teorie facenti ricorso agli scenari piu diversi, dall’evaporazione di

buchi neri primordiali, al collasso di buchi neri di milioni di masse solari, all’anni-

chilazione di particelle supersimmetriche.

Tuttavia, la scoperta da parte di EGRET di un gran numero di blazars che emet-

tono nello spettro gamma ad alte energie ha aperto a questo riguardo una nuova

possibilita, che cioe il fondo gamma diffuso extragalattico sia prodotto da oggetti

puntiformi non ancora identificati.

Figura 2.6: Spettro dell’emissione diffusa extragalattica per energie comprese tra 30MeV e 120 GeV (da Sreekumar & al. (1998)).

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Figura 2.7: Distribuzione del flusso gamma estragalattico per energie superiori a100 MeV in unita di 10−5 ph cm−2 s−1 sr−1. Sono escluse la regione contenenteil piano galattico e quella intorno al centro galattico compresa entro −30 e 30 acausa rispettivamente della dominanza dell’emissione galattica e della difficolta dimodellizzazione di quest’ultima. (da Sreekumar & al., (1998)).

2.2 Le sorgenti gamma non identificate

Oltre il 60% delle sorgenti localizzate da EGRET sono non identificate, in quanto

non sono state trovate controparti certe in altre frequenze di osservazione (vedi

Fig. (2.8)). Questo puo essere dovuto ad una risoluzione angolare insufficiente che

impedisce di circoscrivere una zona del cielo in cui siano presenti solamente una o

poche sorgenti, ma e aperta la possibilita di una classe nuova di oggetti che emettano

la maggior parte dell’energia sotto forma di raggi gamma.

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IL FONDO GAMMA DIFFUSO 51

Figura 2.8: Mappa in coordinate galattiche delle sorgenti gamma rivelate da EGRET(dati presi dal Terzo Catalogo EGRET di sorgenti gamma (Hartmann & al., 1999)).

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Capitolo 3

Descrizione delle strumentazionispaziali

3.1 I primi strumenti per la rivelazione dei raggi

gamma: SAS2, COSB ed EGRET

La caratteristica comune a tutti i primi rivelatori per raggi gamma e stata l’uti-

lizzo come rivelatore di una camera a scintille.

Questa tecnica prevede che l’elettrone ed il positrone attraversino una camera riem-

pita di gas, che al loro passaggio viene ionizzato. La sua ionizzazione viene rivelata

dalle scintille che scoccano perche una serie di griglie metalliche, con opportuna dif-

ferenza di potenziale, coprono la camera.

Mano a mano che il gas genera le scintille che mostrano la traccia delle particelle,

viene inquinato da altri ioni o molecole. Per questo motivo, per avere un’abbondan-

za di gas nobile efficiente per la ionizzazione, e necessario rifornire di nuovo gas la

camera.

Il tempo necessario alla camera a scintille per poter nuovamente tracciare il percorso

di una particella carica e di circa 100 millisecondi.

I tre piu importanti satelliti per raggi gamma di prima generazione sono stati

SAS2, COSB e CGRO.

Il satellite americano SAS2 (vedi Fig. (3.1)) e stato operativo nel periodo com-

preso tra il 1972 ed il 1973 ed ha realizzato con grande successo la prima esplorazione

del cielo gamma coprendo il range energetico tra 20 MeV ed 1 GeV.

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DESCRIZIONE DELLE STRUMENTAZIONI SPAZIALI 53

I suoi meriti sono l’aver determinato la presenza della componente gamma nella

radiazione diffusa dell’Universo, l’aver scoperto l’emissione gamma di due pulsar (la

Crab e la Vela) e la prima sorgente non identificata e l’aver individuato l’emissione

diffusa del disco galattico.

Figura 3.1: Schema del satellite SAS2.

La missione europea COSB (vedi Fig. (3.2)), concettualmente molto simile a

SAS2, ha avuto inizio nel 1975 e si e conclusa nel 1982.

Data la maggiore possibilita di carico, e stato possibile installare un calorimetro e

quindi espandere la zona di energia misurabile rispetto a SAS2 fino al limite inferiore

di 2 KeV.

Questo satellite ha realizzato una mappa dettagliata dell’emissione gamma della

Galassia ed ha individuato circa 20 sorgenti nel piano galattico tra cui la pulsar

Geminga.

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DESCRIZIONE DELLE STRUMENTAZIONI SPAZIALI 54

Figura 3.2: Schema del satellite COSB.

Il grande osservatorio spaziale internazionale CGRO (“Compton Gamma Ray

Observatory”) ha compiuto osservazioni del cielo nel range energetico compreso tra

30 KeV e 30 GeV tra l’aprile 1991 ed il giugno 2000; esso e stato il primo satellite

gamma capace di realizzare una carta di tutto il cielo, recando a bordo strumenti

dotati di una sensibilita pari a circa 10 volte quella dei rivelatori di raggi gamma

precedenti, nonche di una capacita di risoluzione angolare e di una precisione tem-

porale molto maggiori.

Il satellite conteneva quattro strumenti dalle funzioni sinergiche, che funzionavano

su bande di energia diverse ma parzialmente sovrapposte, ciascuno specializzato in

un tipo diverso di osservazioni. BATSE (“Burst and Transient Source Experiment”)

e stato progettato per studiare fenomeni di breve durata come gli impulsi di raggi

gamma ed i “flares” solari; OSSE (“Oriented Scintillation Spectrometer Experi-

ment”) si e dedicato alla misurazione dello spettro a bassa energia di varie sorgenti

celesti, mentre COMPTEL (“Imaging Compton Telescope”) ha prodotto immagini

e raccolto spettri di sorgenti che emettono raggi gamma di media energia. Infine

EGRET (“Energetic Gamma Ray Experiment Telescope”) (vedi Fig. (3.3) e (3.11))

ha rivelato i raggi gamma di energia piu alta.

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DESCRIZIONE DELLE STRUMENTAZIONI SPAZIALI 55

Figura 3.3: Schema del telescopio spaziale EGRET.

3.2 I telescopi futuri: AGILE e GLAST

Del tutto diverso e invece il metodo di rivelazione che sara utilizzato dai telescopi

di prossima generazione.

Esso si basa, infatti, sul fenomeno della produzione di coppie. In questo caso, un

fotone incidente viene convertito in coppie e+ − e− da appositi strati di materiale

ad alto numero atomico Z. La direzione del fotone incidente viene ricostruita dal-

l’analisi delle tracce delle coppie prodotte attraverso l’utilizzo di rivelatori al silicio

semiconduttore. Un calorimetro a CsI provvede quindi alla determinazione dell’e-

nergia del fotone incidente.

Il principale vantaggio di questo tipo di tecnologia e che i materiali semicondut-

tori non hanno problemi di usura nei tempi dell’esperimento. Il processo fisico in

questione, infatti, non altera la natura del materiale e, ogni volta che avviene uno

spostamento di carica, quest’ultimo si risistema da solo nella situazione di partenza.

Inoltre, il tempo di acquisizione e di circa 100 microsecondi, cioe mille volte piu

piccolo che per una camera a scintille.

Nella Fig. (3.4) e riportato uno schema del principio di rivelazione dei telescopi

gamma a produzione di coppie, mentre in Fig. (3.5) si da’ una visualizzazione delle

missioni presenti e future, disposte in base al periodo di attivita e all’intervallo di

energie a cui sono sensibili.

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DESCRIZIONE DELLE STRUMENTAZIONI SPAZIALI 56

Figura 3.4: Principio di rivelazione di un telescopio gamma a produzione di coppie.

Figura 3.5: Schema delle missioni presenti e future, disposte in base al periodo diattivita e all’intervallo di energie a cui sono sensibili.

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DESCRIZIONE DELLE STRUMENTAZIONI SPAZIALI 57

3.2.1 Il satellite AGILE

L’esperimento AGILE (“Astrorivelatore Gamma ad Immagini Leggero”) e un

piccolo telescopio tutto italiano che si inserisce nel ricco panorama di missioni pre-

viste per il prossimo decennio.

Il suo ruolo sara di estrema importanza non solo dal punto di vista scientifico, ma

anche da quello tecnologico.

AGILE infatti nasce dalla consolidata esperienza degli istituti del Consiglio Nazio-

nale delle Ricerche (CNR) nel campo dell’astrofisica gamma, dalla lunga tradizione

di utilizzo dei rivelatori a semiconduttore come tracciatori di particelle da parte

dei laboratori dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e dalla competenza

tecnologica nel settore delle industrie italiane.

Nato nel giugno 1997 ed approvato nel 1999, questo telescopio sara il primo satellite

all’interno del programma di “Piccole Missioni Scientifiche” che l’Agenzia Spaziale

Italiana (ASI) promuovera e comincera ad essere operativo nel 2003, riempiendo il

vuoto delle missioni dedicate all’astrofisica gamma fino al 2006.

Le caratteristiche peculiari dello strumento sono il suo costo contenuto, la sua

leggerezza (lo strumento pesera in tutto 280 Kg) e la sua efficienza nel rivelare

ed osservare sorgenti gamma tra 30 MeV e 50 GeV con un campo di vista di 1/4

dell’intero cielo.

In Fig. (3.6) sono mostrati rispettivamente un disegno dello strumento parzialmente

assemblato con tutte le sue sottoparti funzionali ed il suo principio di funzionamento.

AGILE e costituito da un tracciatore di silicio-tungsteno, un mini-calorimetro a

barre di ioduro di cesio attivate al tallio per un totale di 1.5 lunghezze di radiazione,

un sistema di anticoincidenza ed una parte, denominata SuperAGILE, dedicata al

rivelamento di raggi X, oltre a veloci elettroniche di lettura ed elaborazione dati.

I fotoni gamma vengono rivelati dai piani di silicio tramite le coppie di elettroni e po-

sitroni prodotti dalla loro conversione negli strati di tungsteno del tracciatore. Alla

fine del loro percorso, gli elettroni interagiscono con il mini-calorimetro, permetten-

do di ricavare qualche informazione sull’energia del fotone primario. Il sistema di

anticoincidenza opera una prima reiezione di eventi prodotti dalle particelle cariche

di fondo.

Nonostante peso, consumo e costo di questa missione siano ridotti, le prestazioni rag-

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DESCRIZIONE DELLE STRUMENTAZIONI SPAZIALI 58

Figura 3.6: Disegno del payload di AGILE parzialmente assemblato, in cui sonoindicati i principali sottosistemi che lo compongono e principio di funzionamentodello strumento.

giungibili permetteranno di dare un contributo fondamentale all’astrofisica gamma.

Questo sara reso possibile

• dalla superiore statistica e risoluzione con cui verra rappresentata ogni sorgente

e porzione di cielo (vedi le figure (3.7)− (3.11)),

• dalla caratteristica unica di poter monitorare contemporaneamente alla banda

gamma anche quella X dura,

• dalla verifica dei modelli teorici dei fenomeni a rapidissima evoluzione (dimi-

nuendo di tre ordini di grandezza il tempo morto che caratterizzava i dati fino

ad oggi raccolti) e

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DESCRIZIONE DELLE STRUMENTAZIONI SPAZIALI 59

• dall’estensione verso le alte energie dei fenomeni osservati, mettendo anche

in questo caso alla prova i modelli teorici esistenti, soprattutto quelli che

prevedono “cut-offs” sotto i 50 GeV.

Figura 3.7: Sensibilita per sorgenti puntiformi attesa per AGILE per un tempo diesposizione effettivo di 106 s. E considerato solo il fondo gamma diffuso extragalat-tico, per cui questa figura si riferisce alla sensibilita per sorgenti al di fuori del pianogalattico.

La sostanziale differenza tecnologica di AGILE rispetto ai suoi predecessori e

senza dubbio l’uso dei rivelatori al silicio a microstrip come parti sensibili. Altra

caratteristica determinante di AGILE e un tempo morto introdotto dal processo di

lettura di 100 µs, cioe 1000 volte inferiore a quello di EGRET.

Inoltre, la mancanza di elementi di consumo come il gas delle camere a fili di EGRET

permettera la costanza delle prestazioni durante tutta l’attivita del satellite.

La tabella di Fig. (3.8) riassume le prestazioni attese per AGILE confrontate con

quelle raggiunte da EGRET.

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Figura 3.8: Confronto delle prestazioni di EGRET ed AGILE.

Figura 3.9: Parte del cielo vista da AGILE comparata con quella vista da EGRETnel caso di puntamento sul centro della Galassia.

Figura 3.10: Risoluzione angolare per singolo fotone in funzione dell’energia; la curvarappresenta l’angolo contenente il 67% dei fotoni incidenti.

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Figura 3.11: Mappe d’intensita per E > 100 MeV della regione dell’anticentro galat-tico per un tempo di esposizione di 7 giorni. Il codice a colori e espresso in unita difotoni cm−2 s−1 sr−1. Il pannello superiore, in cui sono chiaramente riconoscibili lepulsar Crab e Geminga, si riferisce ai dati di EGRET, mentre quello inferiore ripro-duce i risultati di una simulazione per AGILE evidenziando la possibile rivelabilitadi altre sorgenti gamma.

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DESCRIZIONE DELLE STRUMENTAZIONI SPAZIALI 62

3.2.2 Il telescopio spaziale GLAST

Il satellite per raggi gamma GLAST (“Gamma Ray Large Area Space Telesco-

pe”) nasce dalla collaborazione internazionale delle agenzie spaziali NASA, ESA e

NASDA. ed e progettato per ricoprire il range energetico tra 10 KeV e 300 GeV

(vedi Fig. (3.12)).

Figura 3.12: Il telescopio spaziale GLAST.

GLAST si comporra di uno strumento principale, LAT (“Large area Telescope”),

pesante 3000 Kg e dotato di area efficace, risoluzione angolare, campo di vista e

tempo morto tali per cui la sua efficienza di rivelazione di fotoni gamma sara ben

30 volte superiore a quella del suo predecessore EGRET.

Inoltre, uno strumento piu piccolo, GBM (“GLAST Burst Monitor”) sara dedicato

allo studio dei gamma-ray bursts.

La data prevista per il lancio e il 2006.

Un confronto tra le prestazioni di EGRET e GLAST LAT e riportato in Fig. (3.13).

La Fig. (3.14) riporta uno schema di una delle 16 torri che compongono lo stru-

mento LAT, evidenziandone il principio di funzionamento a produzione di coppie.

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Figura 3.13: Confronto tra le prestazioni di EGRET e GLAST (LAT).

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DESCRIZIONE DELLE STRUMENTAZIONI SPAZIALI 64

Figura 3.14: Lo strumento LAT.

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Capitolo 4

Emissione gamma galattica dapulsar radio

4.1 Introduzione

Come gia anticipato nel Capitolo 1, le pulsar gamma attualmente conosciute

sono sette. D’altra parte, e opinione largamente condivisa che l’emissione gamma

sia una caratteristica comune alla maggior parte delle stelle di neutroni e che la

mancata identificazione di controparti ad alta energia per le quasi 700 sorgenti note

nella banda radio sia in realta attribuibile alle limitate prestazioni degli strumenti

che hanno operato sino a questo momento.

La ricerca nel campo delle pulsar gamma segue tre linee essenziali.

• Lo sfruttamento delle sempre migliori potenzialita strumentali per la ricerca

di nuove candidate pulsar gamma.

• L’interpretazione come pulsar gamma delle circa 170 sorgenti gamma non iden-

tificate.

La mancata identificazione di queste pulsar nella banda radio puo essere im-

putabile ad effetti di “beaming“ o alla ridotta sensibilita nel caso di periodi di

rotazione molto brevi, che si pensa essere tipici proprio delle pulsar nelle alte

energie.

• La stima del contributo delle pulsar al fondo gamma diffuso.

Sebbene, come abbiamo gia visto, esso sia costituito in gran parte da fotoni

65

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EMISIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 66

gamma prodotti dall’interazione dei raggi cosmici con il mezzo interstellare, si

ritiene che una sua parte significativa possa provenire da sorgenti puntiformi

non identificate.

La principale limitazione a questo tipo di studi consiste nell’incapacita di sepa-

rare le due componenti di emissione a causa della limitata risoluzione angolare

degli strumenti di osservazione.

Lo scopo del presente lavoro di tesi consiste nella stesura di un codice numerico

in grado di simulare l’emissione gamma dalle pulsar e nell’operare un confronto con

i dati sperimentali prodotti dal telescopio spaziale EGRET.

Al fine di controllare la consistenza del codice, abbiamo scelto di incominciare con

una simulazione che riproducesse i risultati esposti in un articolo tratto dalla lette-

ratura; una volta raggiunto questo obiettivo, abbiamo modificato il codice numerico

basandoci su modelli di emissione gamma galattica piu dettagliati e recenti da uti-

lizzarsi per gli scopi suddetti.

4.2 Costruzione del codice numerico e riprodu-

zione di un risultato noto in letteratura

4.2.1 Premessa

Prima di procedere alla generazione del campione di pulsar del quale si e simulata

l’emissione gamma, abbiamo effettuato tutta una serie di tests preliminari con cui

abbiamo controllato la consistenza di ogni operazione matematica o logica utilizzata

nel codice numerico.

Qualora il lettore fosse interessato ad approfondire a questo punto della lettura que-

sta parte, si rimanda al paragrafo 4.2.5 del presente capitolo.

Passiamo ora a descrivere la procedura seguita per riprodurre i risulatai della

simulazione di Bailes e Kniffen dell’emissione gamma da una popolazione galattica

di pulsar.

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EMISIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 67

4.2.2 Riproduzione dei risultati della simulazione di Bailese Kniffen (1992)

La valutazione del contributo delle pulsar al fondo gamma diffuso si basa sul

confronto tra le predizioni teoriche circa il flusso emesso da tali sorgenti e le osser-

vazioni sperimentali.

Per una sorgente irradiante isotropicamente ad una luminosita L da una distanza d

dall’osservatore, il flusso ricevuto in ogni istante e dato dalla relazione:

F =L

4 π d2. (4.1)

Pertanto, ogni modello che si proponga di descrivere l’emissione di radiazione da

una popolazione stellare deve tener conto di due fattori essenziali:

• la distribuzione galattica delle sorgenti

• le luminosita individuali.

L’articolo di cui abbiamo riprodotto i risultati e “Galactic Gamma-Ray Emis-

sion from Radio Pulsars” (Bailes & Kniffen, 1992). La ragione della scelta e che si

tratta di un lavoro pionieristico sull’argomento e pertanto, almeno concettualmente,

abbastanza semplice da rappresentare un buon punto di partenza.

In questo studio viene effettuata una simulazione numerica della popolazione ga-

lattica delle pulsar radio per mezzo dell’assegnazione di un set di parametri fisici

iniziali; il campione creato viene quindi fatto evolvere nell’ambito di due distinti mo-

delli galattici studiati rispettivamente da Emmering e Chevalier (1989) e da Lyne,

Manchester e Taylor (1984).

Nell’ipotesi comune a tutti i “polar cap models” che tutte le pulsar irradino su tut-

to lo spettro elettromagnetico, a ciascuna sorgente viene assegnata una luminosita

gamma seguendo il modello di emissione gamma formulato da Harding (1981) (cfr.

Cap.1, paragrafo 1.4.3).

Dopo aver calcolato il flusso emesso da ciascuna sorgente, viene ricavato il flusso

integrato sulle latitudini galattiche b entro il range −10 < b < 10 in funzione della

longitudine galattica l.

Infine, il risultato ottenuto nell’ambito di ciascuno dei due modelli viene rappresen-

tato in un grafico insieme ai dati osservativi raccolti dal satellite SAS2.

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EMISIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 68

Riassumiamo ora brevemente lo studio condotto a questo proposito da Bailes e

Kniffen. L’analisi di questi autori si basa sui dati osservativi relativi alle due sole

pulsar conosciute all’epoca della pubblicazione del loro lavoro: la Crab (0531+21) e

la Vela (0833−45). Tuttavia, fiduciosi nel fatto che la frazione di pulsar che emet-

tono alle alte energie fosse molto piu significativa, essi si sono chiesti quali proprieta

fisiche contraddistinguessero le candidate piu probabili .

E possibile mostrare che la luminosita gamma integrata lungo il corso della vita di

una singola pulsar e influenzata in modo molto significativo dalle proprieta fisiche

della stella all’atto della nascita.

In tutti i modelli di emissione gamma da radio pulsar, tale funzione di luminosita

dipende da parametri quali l’intensita del campo magnetico, il periodo di rotazione

ed il suo tasso di variazione temporale, i quali a loro volta non sono costanti nel

tempo, ma, come gia discusso nel Capitolo 1, seguono precisi modelli di evoluzione.

Costituendo questo lavoro di riproduzione di un risultato noto in letteratura so-

lamente un esercizio preliminare volto a testare la nostra capacita di costruire un

codice numerico consistente, ci siamo limitati a studiare il caso di uno solo dei due

modelli di distribuzione galattica considerati da Bailes e Kniffen nell’articolo citato:

il modello di Emmering e Chevalier (1989).

Modello di distribuzione galattica (Emmering & Chevalier, 1989). Il

primo lavoro relativo ad un modello fisico per la popolazione galattica delle pulsar e

quello di Gunn e Ostriker (1970). In questo studio e nei successivi (Lyne, Manche-

ster & Taylor, 1985; Proszynski & Przybycien, 1984; Chevalier & Emmering, 1986),

si fanno delle assunzioni circa le proprieta fisiche delle pulsar all’atto della nascita, la

loro distribuzione spaziale e la successiva evoluzione verso la configurazione attuale.

Per ottenere una stima accurata dei valori e degli andamenti delle varie grandezze

fisiche che intervengono nel modello, vengono utilizzati i dati sperimentali relativi

alle osservazioni nella banda radio.

Tra i parametri fisici rilevanti nell’influenzare la distribuzione galattica, un ruolo

decisivo e giocato dal periodo di rotazione iniziale P0 la cui determinazione non e

affatto semplice. Essa si basa sul confronto tra le osservazioni ed i valori predetti

teoricamente per la luminosita radio.

Studi accurati condotti sull’argomento (Proszynski & Przybycien, 1984) hanno ri-

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EMISIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 69

cavato la seguente relazione empirica che lega la luminosita radio Lr alle grandezze

P e P :

logLr(mJy kpc2) = α logP + β log P + γ, (4.2)

dove Lr = S400 d2 ed α, β e γ sono, assieme alle grandezze fisiche iniziali, para-

metri del modello. (Secondo la convenzione, la luminosita radio delle pulsar viene

espressa per mezzo del prodotto tra la densita del flusso ricevuto su 400 MHz ed il

quadrato della distanza, eliminando in tal modo l’effetto della dipendenza da que-

st’ultima).

Il problema centrale messo in evidenza da Emmering e Chevalier consiste nel fatto

che tale relazione non puo essere applicata alla popolazione “intrinseca” delle pul-

sar, ma solo a quella che risulta dalle osservazioni, che pero sono affette da errori

sistematici considerevoli. A parte tutti gli effetti di selezione, viene sottolineato che

bisogna considerare la dipendenza della sensibilita di osservazione e del fattore di

beaming radio fr, che indica la dimensione angolare del fascio di radiazione che inve-

ste l’osservatore, dalla posizione nel cielo, dalla misura di dispersione e dallo stesso

periodo di rotazione.

Per studiare la dipendenza da questi effetti e quindi trovare le interpolazioni lineari

che forniscono i migliori valori iniziali del periodo di rotazione e del campo ma-

gnetico, Emmering e Chevalier prendono in considerazione due classi di modelli, a

seconda che fr dipenda o meno da P , ottenendo in tutto cinque modelli a ciascuno

dei quali corrisponde una determinata classe di parametri fisici.

Le pulsar sono localizzate con un sistema di coordinate cilindriche (ρ, z, φ), con ori-

gine nel centro della Galassia ed asse z perpendicolare al piano galattico.

Si assume inoltre che i valori di P0, B0, di ρ, z e della velocita per una data pulsar

siano statisticamente indipendenti, e che la popolazione delle pulsar sia simmetrica

rispetto all’asse z ed in stato stazionario, in quanto ci si aspetta che la vita media

di una pulsar sia molto minore dell’eta della Galassia.

Quindi, ponendo:

u ≡ log P0 (4.3)

w ≡ log B0, (4.4)

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EMISIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 70

la probabilita per unita di tempo che una pulsar sia nata entro (ρ, z, φ) e (ρ +

d ρ, z + d z, φ+ d φ), con u e w compresi negli intervalli (u, u+ d u) e (w,w+ dw) e

con componenti della velocita entro (vx, vy, vz) e (vx + d vx, vy + d vy, vz + d vz) puo

essere scritta nella forma:

Π(u, w, ρ, z, φ,v) d ρ d z d φ d u dwd3 v = ψu(u)ψw(w)ψρ(ρ)ψz(z)ψv(v) (4.5)

ρ d ρ d z d φ d u dwd3 v,

dove le funzioni ψ sono le funzioni di distribuzione per le quantita in parentesi.

Seguendo l’analisi svolta da Gunn ed Ostriker (1970), si assumono per ψu e per ψw

delle distribuzioni Gaussiane:

ψu(u) =1

(2 π σ2u)

12

e[u−〈u〉]2/2 σ2u , (4.6)

ψw(w) =1

(2 π σ2w)

12

e−[w−〈w〉]2/2 σ2w . (4.7)

Per le distribuzioni spaziali:

ψρ(ρ) =1

(2 π σ2ρ)

12

e−[ρ−〈ρ〉]2/2 σ2ρ , (4.8)

ψz(z) =1

2He−|z|/H, (4.9)

ψφ(φ) =1

2 π. (4.10)

Infine, si assume una distribuzione separabile nelle velocita::

ψv(v) = F (vx)F (vy)F (vz), (4.11)

dove per ciascuna funzione viene scelta la forma funzionale dedotta dalla distri-

buzione isotropa delle velocita trasverse ricavate dalle osservazioni (Lyne, Anderson

& Salter, 1982).

Una volta preparato secondo le equazioni (4.6)− (4.11), il campione viene fatto

evolvere nello spazio e nel tempo.

Dal momento che tmax, l’eta massima alla quale una pulsar risulta rivelabile, e di

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EMISIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 71

molto inferiore al periodo di rotazione del Sole attorno al centro della Galassia, nel

determinare le posizioni finali si considerano soltanto le velocita impartite alle pulsar

all’atto della nascita; vengono cioe trascurati gli effetti del potenziale galattico.

Pertanto la legge di evoluzione temporale e:

x = x0 + v t, (4.12)

con x0 e x rispettivamente le posizioni iniziale e finale.

Nel calcolare le distribuzioni relative alle varie grandezze fisiche all’istante attuale,

si fanno evolvere i tempi soltanto entro il limite previsto da tmax, che viene posto

uguale a 5 Myr in accordo con Stollman (1987).

Detto br il tempo medio tra due nascite successive, le eta delle pulsar risultano essere

multipli interi di br, ed il loro numero totale N e pari a: tmax/br.

Posto br = 10 yrs, si ha che: N = 5 × 105.

Con queste distribuzioni e valori dei parametri viene prodotta una popolazione

sintetica di pulsar per mezzo di una simulazione con il metodo Montecarlo.

Dal confronto tra il flusso radio calcolato in questo modo e quello rivelato nell’ambi-

to delle principali campagne osservative, i parametri del modello vengono modificati

in modo da risultare in accordo soddisfacente con i dati sperimentali.

Si trova che i “fits” migliori con le distribuzioni osservate si ottengono se alle pulsar

sono attribuiti periodi iniziali dell’ordine di 0.5 s, in accordo con i risultati di Narayan

(1987). Tuttavia, modelli nei quali le pulsar nascono ruotando piu velocemente

possono risultare comunque consistenti con i dati osservativi, purche si assuma che

il fattore di “beaming” sia indipendente dal periodo di rotazione.

Riportiamo i valori per le distribuzioni di P0 e B0 relativi ad uno dei due modelli

che tengono conto del “beaming”:

• fr ∝ P−0.33 (Lyne & Manchester, 1988);

• 〈P0〉 = 0.50 s;

• u = −0.39;

• σu = 0.40;

• 〈B0〉 = 2.39 × 1012 G;

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EMISIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 72

• w = 12.38;

• σw = 0.33.

Facendo riferimento ai modelli descritti di Emmering e Chevalier e di Harding,

Bailes e Kniffen hanno ottenuto per il flusso integrato sulle latitudini galattiche b

entro il range -10 < b < 10 in funzione della longitudine galattica l il grafico

seguente:

Figura 4.1: Flusso integrato sulle latitudini galattiche b entro il range -10 < b <10 in funzione della longitudine galattica l (da Bailes & Kniffen, 1992).

Com’e possibile vedere dal confronto con i dati di SAS2, sembrerebbe che il con-

tributo delle pulsar al fondo gamma diffuso sia di qualche percento, che e proprio il

risultato atteso sottraendo al fondo misurato sperimentalmente l’emissione origina-

ta dall’interazione dei raggi cosmici con la materia interstellare calcolata a partire

dai modelli teorici circa le distribuzioni spaziali dei componenti (cfr. Capitolo 2,

Eq. (2.3)).

Bisogna pero notare che questo risultato dipende strettamente dalla scelta delle di-

stribuzioni delle grandezze fisiche all’istante iniziale (Eq. (4.6)− (4.11)). Infatti,

utilizzando l’altro modello di distribuzione galattica menzionato, gli stessi autori

pervengono ad un risultato radicalmente diverso.

Quello che si nota, comunque, e che l’emissione gamma osservata, cosı come quella

simulata, proviene solo in minima parte dalle pulsar note nella banda radio. Questo

induce Bailes e Kniffen alla conclusione che la frazione di fotoni gamma prodotti

dalle pulsar radio dev’essere molto significativa, superiore al 50%.

Tuttavia si deve notare che il modello galattico esposto in questo capitolo non riesce

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EMISIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 73

a predire nessuno dei picchi imputabili alla presenza di sorgenti puntiformi isolate

quali la Crab e la Vela. Questo, del resto, non deve sorprendere, dal momento che

tutte le distribuzioni spaziali che vi intervengono sono assegnate in modo statistico

e non vi e nessuna ragione per cui esse debbano coincidere con quelle delle pulsar

gamma conosciute, che, visto il loro numero limitatissimo, rappresentano probabil-

mente solo una minima frazione di quelle realmente esistenti e la cui localizazione e

legata unicamente a questioni di sensibilita strumentale.

4.2.3 Generazione delle sorgenti

Al fine di confrontare i risultati del nostro codice con quelli pubblicati da Bailes

e Kniffen, abbiamo riprodotto la sequenza di operazioni che conducono al calcolo del

flusso integrato mostrato nel paragrafo 2.2 del presente capitolo. Questa sequenza

ha come base di partenza il calcolo della popolazione sintetica di sorgenti.

In particolare, abbiamo creato N = 5 × 105 sorgenti con le seguenti distribuzioni

normalizzate ad N :

• distribuzione uniforme tra 0 e tmax = 25 Myr nelle eta:

ρ(t) d t =N

tmaxd t,

∫ tmax

0

ρ(t) d t = N. (4.13)

In un sistema di coordinate cilindriche, abbiamo assegnato le posizioni iniziali:

• R0 con una distribuzione Gaussiana, dove 〈R0〉 = 0.0 Kpc e σR0 = 5.66 Kpc;

ρ(R0) dR0 =2N

(2 π σ2R0)

12

e−|R0−〈R0〉|2/2 σ2R0 dR0,

∫ +∞

0

ρ(R0) dR0 = N.

(4.14)

• z0 con una distribuzione esponenziale con altezza di scala zexp = 0.1 Kpc

sopra e sotto il piano galattico, in accordo con la scala di altezza approssimata

per le stelle delle classi spettrali O e B ritenute le probabili progenitrici delle

pulsar;

ρ±(z0) d z0 = ±N

2 zexpe−|z0|/zexp d z0,

∫ +∞

−∞

[ρ+(z0) + ρ−(z0)] d z0 = N.

(4.15)

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EMISIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 74

• φ0 con una distribuzione uniforme tra 0 e 2 π;

ρ(φ0) d φ0 =N

2 πd φ0,

∫ 2 π

0

ρ(φ0) d φ0 = N. (4.16)

Dopo essere passati dalle coordinate cilindriche alle coordinate cartesiane seguen-

do la trasformazione di coordinate:

x0 = R0 cosφ0, (4.17)

y0 = R0 sinφ0, (4.18)

z0 = z0, (4.19)

abbiamo fatto evolvere la distribuzione spaziale in maniera uniforme assegnando

una velocita iniziale in ciascuna delle tre direzioni perpendicolari:

• distribuzione gaussiana con 〈v0〉 = 0.0 Km/s e σv0 = 70 km/s in vx0 , vy0 e vz0

rispettivamente:

ρ(v0) d v0 =N

(2 π σ2v0)

12

e−[v0−〈v0〉]2/2 σ2v0 d v0,

∫ +∞

−∞

ρ(v0) d v0 = N.

(4.20)

Nell’ipotesi di assenza di forze legate al potenziale gravitazionale galattico, il

moto delle sorgenti e rettilineo ed uniforme e le leggi di evoluzione temporale

sono:

x = x0 + vx0 t, (4.21)

y = y0 + vy0 t, (4.22)

z = z0 + vz0 t. (4.23)

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EMISIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 75

Siamo quindi ritornati alle coordinate cilindriche, per poi passare da queste alle

coordinate galattiche eliocentriche.

Queste le leggi di trasformazione:

φ = arctan(y

x

)

, (4.24)

R =√

x2 + y2, (4.25)

z = z; (4.26)

d =√

R2⊙ +R2 − 2R⊙R cosφ+ z2, (4.27)

l = arcsin( R sinφ

R2⊙ +R2 − 2R⊙R cosφ

)

, (4.28)

b = arctan( z

R2⊙ +R2 − 2R⊙R cos φ

)

, (4.29)

dove R⊙ = 8.5 Kpc e la distanza del Sole dal Centro Galattico e d, l e b indica-

no rispettivamente la distanza dal Sole, la longitudine e la latitudine galattica delle

pulsar.

A questo punto abbiamo assegnato le proprieta fisiche alle sorgenti. Esse sono il

campo magnetico, il periodo di rotazione ed il suo tasso di variazione temporale, la

luminosita gamma, il fattore di “beaming” gamma, il flusso gamma e l’efficienza di

emissione gamma.

Campo magnetico.

Abbiamo chiamato B0 il campo magnetico iniziale ed assegnato una distribuzione

Gaussiana in logB0 con valor medio 〈logB0〉 = 12.38 e deviazione standard σlog B0 =

0.33:

ρ(logB0) d logB0 =N

(2 π σ2log B0)

12

e−[log B0−〈log B0〉]2/2 σ2log B0 d logB0, (4.30)

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EMISIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 76

∫ +∞

−∞

ρ(logB0) d logB0 = N ;

Detto B il campo magnetico finale, la legge di evoluzione temporale e data

dall’Eq. (1.15):

B = B0 e−t/τ , (4.31)

con costante di decadimento τ = 5 Myr.

Periodo di rotazione.

Abbiamo chiamato P0 il periodo iniziale ed assegnato una distribuzione Gaussiana

in logP0 con valor medio 〈logP0〉 = −0.39 e deviazione standard σlog P0 = 0.40:

ρ(logP0) d logP0 =N

(2 π σ2log P0)

12

e−[log P0−〈log P0〉]2/2 σ2log P0 d logP0, (4.32)

∫ +∞

−∞

ρ(logP0) d logP0 = N ;

Detto P il periodo finale, la sua evoluzione temporale e espressa dalla relazione

(cfr. Eq. (1.16)):

P 2 = P 20 +B2

0 τ(8 π2R6

3 I c3

)

(1 − e−2 t/τ ), (4.33)

dove R = 106 cm ed I = 1045 g cm2.

Il tasso di variazione temporale del periodo di rotazione e (cfr. Eq. (1.17)):

P =B2

0

P

(8 π2R6

3 I c3

)

e−2 t/τ . (4.34)

In maniera analoga abbiamo assegnato la luminosita gamma al di sopra della

soglia dei 100 MeV, il fattore di “beaming” gamma, il flusso gamma e l’efficienza di

emissione gamma secondo le seguenti espressioni (cfr. Harding (1981)):

Lγ (> 100 MeV) = 1.2 × 1035B0.9512 P−1.7 ph s−1, (4.35)

Lγ = 1.2 × 1035BeB

12 PeP ph s−1,

fγ = 1, (4.36)

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EMISIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 77

Φγ = fγLγ

4 π d2, (4.37)

ηγ =20

4 π2B−1.05

12 P 2.3, (4.38)

ηγ = K BeB−212 P 4+eP ,

dove abbiamo espresso le formule per Lγ ed ηγ in forma parametrica con i valori

dei parametri: eB = 0.95, eP = −1.7, K = 0.50.

Osservazione.

Dal momento che questo modello ammette che siano possibili valori di ηγ maggiori

di 1, abbiamo imposto un trattamento diverso alle pulsar corrispondenti.

Si sono dapprima trattati i due casi estremi in cui, quando ηγ > 1, tali pulsar:

• non vanno considerate affatto;

• vanno considerate assumendo che posseggano un’efficienza pari ad 1.

Le condizioni matematiche corrispondenti sono:

• Φγ(ηγ > ηγmax) = 0, essendo ηγmax

= 1;

• Φγ(ηγ > ηγmax) = Φ∗

γ ,

dove nel secondo caso si sono considerate separatamente le due classi di pulsar, a

seconda che esibissero o meno il comportamento corretto per ηγ, e ridefinite le di-

stribuzioni dei periodi di rotazione per quelle del secondo gruppo in modo che fosse

rispettata la condizione ηγ = 1:

P ∗ = (K−1B2−eB12 )1/4+eP ; (4.39)

quindi, si sono ricalcolate le luminosita ed i flussi gamma: L∗γ = Lγ(P

∗) e Φ∗γ =

Φγ(L∗γ).

Poiche pero si puo dimostrare che il numero di fotoni gamma prodotti dipende in

modo poco significativo dall’efficienza di emissione gamma al momento dello spe-

gnimento della pulsar, sicche ηγ non costituisce di per se un parametro importante,

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EMISIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 78

abbiamo creduto di operare la scelta in modo arbitrario trattando come definitivo

il caso intermedio tra i due estremi.

Seguendo la procedura descritta abbiamo creato un vettore la cui dimensione

e pari al numero totale di sorgenti e ciascuna componente del quale rappresenta il

flusso emesso da una singola pulsar.

Nella Fig. (4.2) e rappresentata la mappa della distribuzione spaziale delle sor-

genti in coordinate galattiche stereografiche.

Figura 4.2: Mappa della distribuzione spaziale delle pulsar in coordinate galattichestereografiche.

Il passo successivo e stato suddividere il cielo in una griglia e calcolare il flusso

totale emesso da ciascun suo elemento. Si e trattato cioe di contare il numero totale

di sorgenti presenti in ognuno di tali elementi e calcolarne il flusso complessivo.

Su una sfera ideale in coordinate galattiche eliocentriche, di raggio abbastanza gran-

de da contenere l’intera Galassia, abbiamo costruito una griglia di dimensioni (180×

360) con un passo (step) variabile che puo essere fissato di volta in volta. L’idea

e stata quella di fare corrispondere la dimensione della grigliatura alla risoluzione

angolare del satellite con i cui dati sperimentali operare il confronto.

I punti della griglia sono stati definiti per mezzo di vettori lgrid ed bgrid.

Cosı facendo, abbiamo realizzato la suddivisione del cielo in regioni di lato pari a

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EMISIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 79

step1.

Abbiamo definito una matrice di flusso con tanti elementi quanti sono tali elementi

di superficie, assegnando a ciascuno di essi un valore pari alla somma dei flussi di

tutte le sorgenti (Q) che un contatore ha trovato al suo interno:

fij =

Q∑

k=1

(φγ k)ij , (4.40)

dove (φγ k)ij e il k−esimo flusso γ che cade nel punto griglia ij.

Abbiamo quindi creato un vettore le cui componenti per ogni valore di l fossero pari

ai flussi integrati lungo b entro il range -10 < b < 10 per unita di angolo l.

1In realta questi elementi di superficie giacciono su una superficie sferica e pertanto non so-no quadrati, ma posseggono le dimensioni angolari step· cos b e step lungo le direzioni l e b

rispettivamente.

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EMISIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 80

4.2.4 Confronto con il risultato di Bailes e Kniffen

Abbiamo riportato in un grafico i valori dei flussi integrati lungo la latitudine

galattica b in funzione della longitudine galattica l ed abbiamo confrontato il nostro

risultato con quello di Bailes e Kniffen gia mostrato in Fig. (4.1):

Figura 4.3: Grafico dei valori dei flussi integrati lungo la latitudine galattica b entroil range -10 < b < 10 in funzione della longitudine galattica l. La figura superioremostra il risultato ottenuto dalla nostra simulazione, quella inferiore quello di Bailese Kniffen.

Dal confronto tra i due grafici si vede che la consistenza e buona per quel che

riguarda la forma della distribuzione dei flussi integrati, che risulta fortemente pic-

cata attorno al Centro della Galassia. Le posizioni e le altezze dei picchi laterali

invece presentano delle differenze significative, ma questo non e un dato rilevante in

quanto dipende dal fatto che si sta impiegando un metodo stocastico.

In conclusione, la corretta riproduzione del risultato ottenuto nell’articolo lascia in-

tendere che il nostro codice numerico e consistente e puo pertanto venire utilizzato

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EMISIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 81

per simulare l’emissione gamma galattica delle pulsar a partire dai modelli piu ela-

borati che introdurremo nel seguito di questo capitolo.

Prima di passare a fare cio, pero, spendiamo ancora alcune parole per illustrare

brevemente la procedura di testaggio per mezzo della quale abbiamo controllato la

consistenza di ogni singola operazione matematica o logica utilizzata nel codice nu-

merico.

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EMISIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 82

4.2.5 Tests di consistenza del codice numerico

a. Come prima cosa abiamo prodotto gli istogrammi di tutte le distribuzioni

iniziali e controllato che riproducessero i comportamenti richiesti.

N = 5 × 105 sorgenti

Distribuzione iniziale delle eta:

ρ(t) d t = Ntmax

d t,∫ tmax

0ρ(t) d t = N .

Distribuzione spaziale iniziale in coordinate cilindriche:

ρ(φ0) d φ0 = N2 πd φ0,

∫ 2 π

0ρ(φ0) d φ0 = N ;

ρ(R0) dR0 = 2 N

(2 π σ2R0

)12e−|R0−〈R0〉|2/2 σ2

R0 dR0,∫ +∞

0ρ(R0) dR0 = N ;

ρ±(z0) d z0 = ± N2 zexp

e−|z0|/zexp d z0,∫ +∞

−∞[ρ+(z0) + ρ−(z0)] d z0 = N .

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EMISIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 83

Velocita di allontanamento dalla posizione iniziale vx0 , vy0 , vz0:

ρ(v0) d v0 = N

(2 π σ2v0 )

12e−[v0−〈v0〉]2/2 σ2

v0 d v0,∫ +∞

−∞ρ(v0) d v0 = N .

Campo magnetico iniziale:

ρ(logB0) d logB0 = N

(2 π σ2log B0

)12e−[log B0−〈log B0〉]2/2 σ2

log B0 d logB0,

∫ +∞

−∞ρ(logB0) d logB0 = N ;

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EMISIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 84

Periodo di rotazione iniziale:

ρ(logP0) d logP0 = N

(2 π σ2log P0

)12e−[log P0−〈log P0〉]2/2 σ2

log P0 d logP0,

∫ +∞

−∞ρ(logP0) d logP0 = N ;

b. Abbiamo seguito l’evoluzione di due pulsar, una appartenente alla categoria

con ηγ ≤ 1 e l’altra a quella con ηγ > 1.

Per ciascuna di esse abbiamo calcolato separatamente i valori di tutte le grandezze

fisiche e li abbiamo confrontati con quelli prodotti dal codice numerico, controllando

in tal modo la correttezza di tutto il procedimento che porta ad assegnare a ciascun

elemento del campione un valore del flusso gamma.

c. Una volta certi di avere creato una popolazione sintetica di pulsar fedele ai

propositi del modello di Bailes e Kniffen, abbiamo verificato la consistenza del me-

todo con cui si e effettuata l’integrazione sulle sorgenti ed ottenuto il risultato finale.

Abbiamo dapprima trattato il caso di distribuzione uniforme ed equispaziata in en-

trambe le direzioni; una volta testata la procedura in questo caso semplice, abbiamo

studiato separatamente il comportamento di ciascuno dei tre tipi di distribuzione

casuale utilizzati nel codice.

Distribuzione uniforme ed equispaziata nelle due direzioni.

Si e considerato il caso piu elementare in cui le sorgenti sono poste tutte alla mede-

sima distanza r dall’osservatore, ovvero su una calotta sferica, e posseggono tutte

la stessa luminosita L.

Abbiamo distribuito 8000 sorgenti su una griglia di 1000 elementi secondo lo schema

di Fig. (4.4) e calcolato i valori dei flussi gamma integrati lungo ciascuna direzione

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EMISIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 85

azimutale.

Figura 4.4: Distribuzione uniforme ed equispaziata nelle due direzioni angolari θ eφ. Le dimensioni della griglia in θ e φ sono rispettivamente 50 e 20.

Poiche in ogni elemento di griglia cadono 8 sorgenti ciascuna con il medesimo

flusso, il risultato atteso e una distribuzione dei flussi integrati costante lungo la di-

rezione radiale e pari ad 8 volte il flusso emesso da ciascuna sorgente per il numero

di elementi di griglia nella direzione d’integrazione.

Ponendo:

r = 1 Kpc ed L = 1035 ph/s,

il flusso emesso da ciascuna sorgente e:

F = 8.52 × 10−10 ph/s cm2.

Per il flusso integrato lungo θ ci si aspetta il valore:

Ftot = 1.36 × 10−7 ph/s cm2.

L’istogramma ottenuto riproduce esattamente quanto previsto:

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EMISIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 86

Distribuzione uniforme ed equispaziata lungo una direzione e casuale

lungo l’altra.

Come si vede dagli istogrammi seguenti, i profili delle distribuzioni dei flussi gamma

integrati lungo ciascuna direzione azimutale riproducono gli andamenti di ciascuna

distribuzione prodotta con il metodo Montecarlo.

• Distribuzione casuale uniforme

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EMISIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 87

• Distribuzione casuale esponenziale:

• Distribuzione casuale gaussiana:

Appurato che il codice funziona nel caso piu semplice separatamente per ciascu-

na delle distribuzioni prese in esame, questo deve continuare a valere in generale,

cioe indipendentemente dal sistema di coordinate usato per localizzare le sorgenti e

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EMISIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 88

per ogni possibile combinazione delle distribuzioni stesse.

Questa serie di tests superati con successo ci ha confermato la correttezza del

codice e resi confidenti dei risultati che avremmo ottenuto in seguito, quando popo-

lazioni sintetiche piu complicate e l’evoluzione temporale sarebbero state calcolate.

Terminato questo studio preliminare, la parte centrale del nostro lavoro e con-

sistita nell’ampliamento del codice numerico al fine di ottenere una stima del con-

tributo delle pulsar al fondo gamma diffuso nell’ambito dei piu recenti modelli di

emissione ad alta energia. Confrontando le nostre simulazioni con i dati di EGRET,

abbiamo trovato che alcuni modelli danno un accordo migliore con le osservazioni

rispetto ad altri.

A questo punto abbiamo studiato la dipendenza dai parametri entro ciascun mo-

dello, cercando di capire in che modo essi ne influenzino l’attendibilita. Abbiamo

trovato che alcuni parametri risultano essere molto significativi, tanto che una loro

variazione porta ad escludere modelli altrimenti ritenuti accettabili e a recuperarne

altri che per altre scelte dei parametri sarebbero da scartare.

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EMISSIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 89

4.3 Ampliamento del codice numerico e predizio-

ni relative ai piu recenti modelli di emissione

gamma

Il primo passo nell’ambito di un processo di ampliamento del codice numerico

e predizioni relative ai piu recenti modelli di emissione gamma e stato quello di

considerare un diverso modello di distribuzione galattica delle pulsar nell’ambito

dello stesso modello di emissione gamma gia discusso (Harding, 1981).

Per definire le posizioni iniziali, abbiamo riprodotto le distribuzioni di Paczynski

(1990) normalizzate ad N in un sistema di coordinate cilindriche:

ρ(R0) dR0 =N aR R0

R2exp

e−R0/Rexp dR0,

∫ +∞

0

ρ(R0) dR0 = N, (4.41)

ρ±(z0) d z0 = ±N

2 zexpe−|z0|/zexp d z0,

∫ +∞

−∞

[ρ+(z0) + ρ−(z0)] d z0 = N, (4.42)

ρ(φ0) d φ0 =N

2 πd φ0,

∫ 2 π

0

ρ(φ0) d φ0 = N, (4.43)

dove si sono introdotte le costanti:

aR =1

[

1 − e−Rmax/Rexp

(

1 + Rmax

Rexp

)] , (4.44)

Rexp = 4.5 Kpc, (4.45)

zexp = 0.075 Kpc, (4.46)

Rmax = 20 Kpc. (4.47)

Con tali distribuzioni, abbiamo definito la posizione iniziale di ciascuna stella di

neutroni assegnando un numero casuale X distribuito uniformemente tra 0 ed 1:

z0 = ∓ ln(X(N/2)) zexp (4.48)

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EMISSIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 90

rispettivamente sopra e sotto il piano galattico,

φ0 = X(N) 2 π. (4.49)

Per quanto riguarda la determinazione del raggio galattocentrico R0, il meto-

do usualmente impiegato nel calcolo numerico consistente nell’invertire l’integrale

della distribuzione corrispondente avrebbe richiesto la risoluzione di un’equazione

trascendente; abbiamo pertanto approssimato la funzione ρ(R0) dR0 con un isto-

gramma ottenendo una funzione invertibile in ciascun intervallo.

Osserviamo che questa distribuzione radiale contiene proprio la necessaria correzio-

ne, suggerita dagli stessi Bailes e Kniffen, a quella impiegata in precedenza per il

raggio galattocentrico.

Come si nota dalla Fig. (4.5), la principale differenza tra le due distribuzioni consiste

nel diverso andamento in corrispondenza del Centro Galattico.

Figura 4.5: Distribuzioni radiali delle pulsar secondo il modello di Narayan (lineatratteggiata) e secondo quello di Paczynski (linea continua).

Infatti, la prima distribuzione era stata derivata dal modello di Narayan (1987),

formulato sulla base dei dati relativi alle osservazioni nella banda radio. Tuttavia,

come puntualizzano gli stessi Bailes e Kniffen, la popolazione delle pulsar piu interna

alla Galassia non puo essere campionata bene a partire dalle osservazioni a bassa

frequenza che sono affette da grandi incertezze, per cui e preferibile dedurre la relati-

va distribuzione radiale direttamente da quelle dei resti di supernova giovani (Leahy

& Wu, 1989) e del monossido di carbonio (Robinson & al., 1984) (cfr.Fig. (4.6) e

(4.7) ).

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EMISSIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 91

Figura 4.6: Densita superficiali di resti giovani di supernova in funzione del raggiogalattocentrico (da Leahy & Wu, 1989).

Figura 4.7: Distribuzioni radiali dell’emissivita da CO nei due emisferi in corrispon-denza di b = 0 tra i raggi galattocentrici 0.2R⊙ ed R⊙ e combinazione delle duedistribuzioni precedenti per b = 0 ed l = 294 − 70 (da Robinson & al., 1984).

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EMISSIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 92

La velocita complessiva di ciascuna pulsar e determinata dalla somma vettoriale

della velocita angolare di rotazione della stella alla nascita e della velocita impartita

dall’esplosione della supernova.

L’esatta valutazione della velocita angolare richiederebbe il calcolo completo delle

orbite all’interno di un potenziale gravitazionale galattico. Essendo questo piuttosto

complicato da fare dal punto di vista del calcolo numerico, abbiamo semplificato il

problema trascurando questo effetto.

Un notevole apporto alle conoscenze riguardo alle velocita delle pulsar e venuto

dagli studi compiuti a partire dal 1993, dopo che cioe e stato reso disponibile un

nuovo modello di distribuzione galattica degli elettroni liberi che ha permesso una

piu accurata valutazione delle distanze, e soprattutto a seguito di piu recenti deter-

minazioni sui moti propri delle pulsar effettuate con nuovi e piu sofisticati impianti

interferometrici (VLA e MERLIN).

Queste ricerche hanno fornito valori per le velocita delle pulsar prossimi a 350 Km/s,

molto piu alti di quelli noti in precedenza.

Nel 1994 Lyne e Lorimer hanno messo in relazione tali risultati con l’associazione

delle pulsar con resti giovani di supernova, ipotizzando che le elevate velocita misu-

rate derivino da spinte (kicks) inferte da esplosioni asimmetriche. Infatti, i calcoli

teorici mostrano che e sufficiente che nel collasso della supernova vi sia, ad esempio,

una piccola asimmetria nell’emissione di neutrini per imprimere le velocita richieste.

La velocita impartita dall’esplosione della supernova in ciascuna delle tre direzioni

perpendicolari e stata assegnata per mezzo della distribuzione di Sturner e Dermer

(1994):

ρ(ζ) d ζ =4N

π

( ζ

1 + ζ4

)

d ζ, (4.50)

il cui integrale e normalizzato ad N :

∫ +∞

0

ρ(ζ) d ζ = N. (4.51)

Quindi si e posto:

v = ζ120 Km/ s, (4.52)

dove si e utilizato il valore di 120 Km/s e piuttosto che quello di 350 Km/s proposto

da Lyne e Lorimer, al fine di ottenere un migliore accordo con la distribuzione delle

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EMISSIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 93

pulsar lungo l’asse z (Gonthier & al., 2002).

La velocita ζ si ottiene invertendo la distribuzione (4.51):

ζ =

tan(π X(N)

2

)

. (4.53)

Avendo trascurato l’effetto del campo gravitazionale galattico, l’evoluzione tem-

porale delle pulsar e definita per mezzo delle semplici relazioni:

vx0 =

tan(πX(N)

2

)

V, (4.54)

vy0 =

tan(πX(N)

2

)

V, (4.55)

vz0 =

tan(πX(N)

2

)

V, (4.56)

con V = 120 Km/ s ed

x = x0 + vx0 t, (4.57)

y = y0 + vy0 t, (4.58)

z = z0 + vz0 t. (4.59)

Abbiamo supposto che il campo magnetico ed il periodo di rotazione iniziali B0 e

P0 fossero descritti rispettivamente da una distribuzione Gaussiana in logB0 con va-

lor medio 〈logB0〉 = 12.75 e deviazione standard σlog B0 = 0.40 ed una distribuzione

costante P0 = 0.03 s:

ρ(logB0) d logB0 =N

(2 π σ2log B0)

12

e−[log B0−〈log B0〉]2/2 σ2log B0 d logB0, (4.60)

∫ +∞

−∞

ρ(logB0) d logB0 = N ;

logB0 = Y (N)σlog B0 + 〈logB0〉. (4.61)

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EMISSIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 94

A questo punto abbiamo trattato separatamente i due casi di campo magneti-

co costante nel tempo e di decadimento esponenziale con costante di decadimento

τ = 5 Myr (Eq. (1.15)), mentre per l’evoluzione temporale del periodo di rotazione

abbiamo utilizzato le medesime leggi di trasformazione Eq. (1.10), (1.11), (1.16)

ed (1.17).

In Fig. (4.8) sono riportati gli istogrammi delle distribuzioni delle eta, delle

distanze, dei campi magnetici, dei periodi di rotazione e dei corrispondenti tassi di

variazione temporale.

Figura 4.8: Istogrammi delle distribuzioni delle eta, delle distanze, dei campi ma-gnetici, dei periodi di rotazione e dei corrispondenti tassi di variazione temporaleper la popolazione sintetica delle pulsar. Le linee tratteggiate si riferiscono al casodi campo magnetico costante, quelle continue al caso di decadimento esponenziale(Eq. (1.15)).

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EMISSIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 95

Le figure (4.9) e (4.10) illustrano il digramma logP − log P , rispettivamente

nei casi di costanza e di decadimento esponenziale del campo magnetico.

Figura 4.9: Diagramma logP − log P nel caso di campo magnetico costante.

Figura 4.10: Diagramma logP−log P nel caso di campo magnetico con decadimentoesponenziale.

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EMISSIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 96

Commento ai diagrammi di Fig. (4.9 ) e (4.10).

I due diagrammi precedenti esprimono la relazione tra i periodi di rotazione delle

pulsar ed i corrispondenti tassi di variazione temporale. Dal momento che le pulsar

evolvono entro un intervallo di tempo ben definito di estremi tmin e tmax, i punti di

ciascuno di tali diagrammi sono compresi entro la regione delimitata da logP (tmin),

logP (tmax), log P (tmin) e log P (tmax).

Inoltre, ciscuna distribuzione di punti all’interno della regione “permessa” riproduce

la corrispondente distribuzione Gaussiana del campo magnetico, il cui valore medio

tra gli istanti tmin e tmax si muove, nello spazio logP − log P , rispettivamente lungo

la retta (r) della Fig. (4.9) e lungo la curva (c) della Fig. (4.10).

Le equazioni che definiscono i luoghi geometrici r e c si ottengono imponendo alla

relazione (1.11), che esprime la dipendenza del periodo di rotazione delle pulsar dal

corrispondente tasso di variazione temporale, la condizione che la distribuzione dei

campi magnetici abbia varianza nulla.

Infine, nella Fig. (4.11) e rappresentata la mappa della distribuzione spaziale

delle sorgenti in coordinate galattiche stereografiche. Come si vede chiaramente,

questa distribuzione e molto meno piccata al centro di quella usata da Emmering e

Chevalier (cfr. Fig. (4.2)).

Figura 4.11: Mappa della distribuzione spaziale delle pulsar in coordinate galattichestereografiche.

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EMISSIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 97

Assegnata la nuova distribuzione galattica di pulsar, abbiamo ripetuto il proce-

dimento illustrato nella precedente sezione per il calcolo dei flussi integrati lungo la

latitudine galattica b entro il range −10 < b < 10 in funzione della longitudine

galattica l, confrontando quindi il profilo ottenuto con i dati di EGRET sul fondo

gamma diffuso, che abbiamo inserito direttamente nel nostro codice numerico (que-

sti dati ci sono stati gentilmente concessi dal Prof. Sandro Mereghetti dell’ ”Istituto

di Fisica Cosmica”, CNR, Milano).

Nelle figure (4.12) e (4.13) sono riportati rispettivamente la mappa del cielo gamma

ed il profilo dei flussi integrati lungo b entro il range −10 < b < 10 in funzione di

l prodotto con tali dati.

Figura 4.12: Mappa del cielo gamma visto da EGRET ottenuta inserendo nel codicenumerico i dati delle osservazioni.

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EMISSIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 98

Figura 4.13: Profilo dei flussi integrati lungo b entro il range −10 < b < 10 infunzione di l a partire dai dati di EGRET.

Infine, abbiamo contato il numero di sorgenti previste dal modello di Harding

(1981), che abbiamo denominato modello H, al di sopra della soglia di rivelazione di

EGRET, il cui valore sul piano galattico per energie superiori a 100 MeV e di 107

ph s−1 cm−2 (cfr. Fig. (3.13)), e l’abbiamo confrontato con il numero di sorgenti

realmente osservate, che, come sappiamo, sono 7.

Nelle figure Fig. (4.14) e (4.15) sono riportati rispettivamente il grafico ottenuto

con la precedente distribuzione galattica (Emmering & Chevalier (1989), Fig. (4.3))

ed i risultati delle nuove simulazioni, sia nel caso di campo magnetico costante che

in quello di decadimento esponenziale.

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EMISSIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 99

Figura 4.14: Grafico dei valori dei flussi integrati lungo la latitudine galattica b entroil range −10 < b < 10 in funzione della longitudine galattica l.

Figura 4.15: Confronto tra il fondo gamma diffuso visto da EGRET (in viola) e leprevisioni del “polar cap model” di Harding (1981) (in blu). Sono rappresentaterispettivamente le situazioni con e senza decadimento del campo magnetico. Einoltre indicato il numero di pulsar previste oltre la soglia di rivelazione di EGRETnell’ambito di questo modello. Le figure a destra sono dei semplici ingrandimentidei profili simulati.

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EMISSIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 100

Commento alla Fig. (4.15).

Come gia discusso nel Capitolo 2, il fondo gamma diffuso e costituito in gran parte

da fotoni gamma originati dall’interazione dei raggi cosmici con la materia interstel-

lare. Questo contributo principale viene valutato per mezzo dell’Eq. (2.3)), dove le

distribuzioni spaziali dei componenti coinvolti in ciascuna interazione sono note a

partire da modelli teorici (Bertsch & al., 1993; Strong & Moskalenko, 1998). Dal

confronto tra il risultato di questo calcolo ed i valori dell’intensita della radiazione

gamma diffusa misurata sperimentalmente, ci si aspetta che il contributo delle sor-

genti puntiformi al fondo gamma diffuso non superi il 10%.

Sulla base di questa considerazione, nel paragrafo 2.4.2 del Capitolo 2 avevamo sta-

bilito che la combinazione dei modelli di Emmering e Chevalier (1989) e di Harding

(1981), rispettivamente per la distribuzione galattica e le luminosita delle pulsar

gamma, permetteva di raggiungere un accordo soddisfacente tra il risultato della

simulazione numerica e quello delle osservazioni.

Come si nota immediatamente dalla Fig. (4.15), anche la nuova distribuzione galatti-

ca prevede un contributo percentuale delle pulsar al fondo gamma diffuso inferiore al

10 %; inoltre, il numero di sorgenti al di sopra della soglia di rivelazione di EGRET,

che, ripetiamo, e di 10−7 ph cm−2 s−1 sul piano galattico per valori dell’energia su-

periori a 100 MeV, non e molto diverso da quello realmente osservato.

Pertanto, concludiamo che il modello di Harding sull’emissione gamma dalle pulsar

riproduce, almeno qualitativamente, le osservazioni di EGRET, indipendentemente

dalle distribuzioni impiegate.

Vi e tuttavia una sostanziale differenza tra i due modelli galattici considerati: infat-

ti, la seconda distribuzione e meno piccata in corrispondenza del Centro Galattico,

come gia osservato a proposito della Fig. (4.11).

Dato l’esiguo numero di pulsar gamma identificate, non possiamo dire nulla circa

la loro reale reale distribuzione nella Galassia e pertanto non possiamo basarci sul-

le osservazioni sperimentali per stabilire quale dei due modelli galattici trattati sia

migliore. Tutto cio che possiamo dire a questo riguardo e che il secondo modello

poggia su argomentazioni teoriche piu profonde, in quanto tutte le distribuzioni so-

no dedotte a partire dall’associazione delle pulsar con i resti di supernova giovani,

mentre nel primo caso tale deduzione avveniva in maniera empirica a partire dai

dati osservativi sulle pulsar radio, che sono affetti da numerosi errori sistematici dif-

ficili da quantificare. Per tale ragione, nel seguito delle nostre simulazioni abbiamo

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EMISSIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 101

scelto di adoperare le funzioni di distribuzione relative al modello che fa uso delle

distribuzioni di Paczynski (1990), Sturner e Dermer (1994) e Gonthier e al. (2002).

Sara compito delle future missioni spaziali, grazie alla maggiore sensibilita dei te-

lescopi che vi verranno impiegati, compiere osservazioni a distanze molto maggiori

e quindi dire qualcosa di piu su quello che ci si aspetta accadere nelle regioni piu

vicine al Centro della Galassia.

Osserviamo infine che, nell’ambito del modello di emissione gamma che stiamo con-

siderando e per questi valori dei parametri, non vi e sostanziale differenza tra i casi

di campo magnetico costante e variabile nel tempo con decadimento esponenziale.

Abbiamo quindi considerato gli altri quattro modelli di emissione gamma elencati

nel paragrafo 1.4.3 del Capitolo 1, imponendo ai modelli ad “outer gap” la condizione

dettata dalla linea di spegnimento (Eq. (1.33)):

5 logB − 12 logP ≤ 72. (4.62)

Per ciascuno di questi modelli si sono utilizzate la corrette espressioni per la

luminosita gamma (cfr. Eq. (1.41)− (1.45)) e si e imposto che, qualora l’efficienza

di emissione gamma delle pulsar prevista entro un particolare modello superasse il

valore del 100%, i corrispondenti flussi gamma venissero ridefiniti secondo la mede-

sima prescrizione adottata per il modello di Harding (1981) (cfr. Eq. (4.39)).

Per ogni modello, abbiamo confrontato le predizioni teoriche riguardo l’emissione

gamma diffusa integrata sulle latitudini galattiche tra −10 e 10 in funzione della

longitudine galattica con le osservazioni di EGRET espresse per mezzo della curva

di Fig. (4.13), distinguendo i casi di campo magnetico costante e variabile nel tempo

con decadimento esponenziale.

Abbiamo inoltre calcolato in ciascun caso il numero di pulsar gamma al di sopra

della soglia di rivelazione di EGRET sul piano galattico e per valori dell’energia

superiori a 100 MeV.

Le figure corrispondenti sono rappresentate nelle pagine seguenti.

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EMISSIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 102

Modello a “polar cap” di Zhang e Harding, 2000 (modello ZH).

Lγ(I) = 5.87 × 1035B126/7 P−1/7 ph s−1 ed (4.63)

Lγ(II) = 1.0 × 1035B12 P−9/4 ph s−1,

rispettivamente nei due regimi:

I: B121/7 P−11/28 > 6.0 e (4.64)

II: B121/7 P−11/28 < 6.0.

Riportiamo in Fig. (4.16) il grafico corrispondente.

Figura 4.16: Confronto tra il fondo gamma diffuso visto da EGRET (in viola) e leprevisioni del “polar cap model” di Zhang e Harding (2000) (in blu). Sono rappre-sentate rispettivamente le situazioni con e senza decadimento del campo magnetico.E inoltre indicato il numero di pulsar previste oltre la soglia di rivelazione di EGRETnell’ambito di questo modello.

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EMISSIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 103

Modello a “polar cap” di Sturner e Dermer, 1994 (modello SD).

Lγ = 6.25 × 1035B123/2 P−2 ph s−1. (4.65)

Riportiamo in Fig. (4.17) il grafico corrispondente.

Figura 4.17: Confronto tra il fondo gamma diffuso visto da EGRET (in viola) e leprevisioni del “polar cap model” di Sturner e Dermer (1994) (in blu). Sono rappre-sentate rispettivamente le situazioni con e senza decadimento del campo magnetico.E inoltre indicato il numero di pulsar previste oltre la soglia di rivelazione di EGRETnell’ambito di questo modello.

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EMISSIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 104

Modello ad “outer gap” di Romani e Yadigaroglu, 1995 (modello RY).

Lγ = 1.56 × 1036B120.48 P−2.48 ph s−1. (4.66)

Riportiamo in Fig. (4.18) il grafico corrispondente.

Figura 4.18: Confronto tra il fondo gamma diffuso visto da EGRET (in viola)e le previsioni dell’ ”outer gap model” di Romani e Yadigaroglu (1995) (in blu).Sono rappresentate rispettivamente le situazioni con e senza decadimento del campomagnetico. E inoltre indicato il numero di pulsar previste oltre la soglia di rivelazionedi EGRET nell’ambito di questo modello.

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EMISSIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 105

Modello ad “outer gap” di Cheng e Zhang, 1996 (modello CH).

Lγ = 3.93 × 1037B120.3 P−0.3 ph s−1. (4.67)

Riportiamo in Fig. (4.19) il grafico corrispondente.

Figura 4.19: Confronto tra il fondo gamma diffuso visto da EGRET (in viola) e leprevisioni dell’ ”outer gap model” di Cheng e Zhang (1996) (in blu). Sono rappre-sentate rispettivamente le situazioni con e senza decadimento del campo magnetico.E inoltre indicato il numero di pulsar previste oltre la soglia di rivelazione di EGRETnell’ambito di questo modello.

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EMISSIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 106

Commento alle figure (4.15)− (4.19).

Dal confronto tra i profili delle nostre simulazioni e quello relativo alle osservazio-

ni di EGRET sul fondo gamma diffuso, nonche tra il numero di pulsar previste e

realmente osservate in ciascun caso, emerge che solamente per due dei modelli con-

siderati l’accordo e accettabile; tali modelli sono lo stesso modello di Harding gia

discusso in precedenza (modello H ) ed il modello di Zhang ed Harding (modello

ZH ); rileviamo inoltre che non vi e alcuna sostanziale differenza tra le situazioni di

campo magnetico costante e variabile nel tempo con decadimento esponenziale in

nessuno dei casi presi in esame.

Da questo confronto emerge una prima indicazione su quali siano i modelli da pre-

ferirsi, limitatamente pero all’ambito di una particolare scelta dei parametri fisici

che intervengono nel calcolo delle luminosita e quindi dei flussi gamma emessi dalle

pulsar.

In realta, ogni altra combinazione dei parametri che non contraddica i presupposti di

esistenza delle stelle di neutroni e della loro capacita di emettere radiazione gamma

e in generale possibile ed influisce sulle previsioni circa l’emissione gamma dalle pul-

sar. Pertanto, perche il confronto tra i diversi modelli sia significativo, esso non puo

limitarsi ad una perticolare prescrizione circa i diversi parametri, ma e necessario

estendere la nostra discussione ad uno spazio parametrico il piu generale possibile,

conferendo in tal modo carattere di generalita alle conclusioni inferte.

4.4 Studio dell’influenza dei diversi parametri si-

gnificativi per il calcolo dei flussi gamma sui

modelli di emissione.

Nel paragrafo precedente abbiamo operato un primo confronto tra i cinque mo-

delli di emissione gamma introdotti per una ben definita combinazione dei parametri

fisici che intervengono nel calcolo dei flussi gamma emessi dalle singole sorgenti.

Questa scelta era stata derivata dall’utilizzo di un particolare modello di distribu-

zione galattica formulato sulla base di conoscenze di tipo statistico relativamente

alla popolazione delle pulsar radio.

Quello che ci siamo proposti di fare a questo punto e stato definire uno spazio pa-

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EMISSIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 107

rametrico i cui valori estremi corrispondessero alle condizioni limite per le stelle di

neutroni capaci di emettere radiazione gamma pulsata e seguire l’evoluzione di un

punto rappresentativo all’interno di tale spazio.

4.4.1 Lo spazio dei parametri

I parametri fisici che influenzano maggiormente il calcolo dell’emissione gamma

galattica dalle pulsar sono il campo magnetico ed il periodo di rotazione iniziali,

nonche la velocita di allontanamento dal Centro Galattico, che determina la ditri-

buzione delle distanze all’istante attuale.

Abbiamo definito quindi uno spazio dei parametri tridimensionale (〈logP0〉, 〈logB0〉,

V ), delimitandone l’estensione per mezzo dell’assegnazione dei valori di queste gran-

dezze fisiche nei punti estremi.

Periodo di rotazione.

In generale il periodo di rotazione P0 di una stella di neutroni puo variare tra 0.01

secondi, valore in corrispondenza del quale l’intensita della forza centrifuga diviene

confrontabile con quella della forza gravitazionale che tiene insieme la stella, ed 1

secondo, dove per la scelta di tale limite superiore abbiamo fatto riferimento alle

osservazioni.

Campo magnetico.

In natura esistono differenti famiglie di pulsar, la cui origine e il risultato di processi

evolutivi molto diversi tra loro. Ciascuna di tali famiglie e caratterizzata da distri-

buzioni tipiche per ognuna delle grandezze fisiche che abbiamo visto essere rilevanti

in ogni modello di emissione di radiazione elettromagnetica, e gli stessi meccanismi

fisici responsabili di tale emissione differiscono radicalmente da una classe all’altra.

Pertanto, i modelli per le luminosita gamma delle pulsar sono formulati in maniera

indipendente per ciascuna delle principali famiglie che ne compongono la popolazione

galattica, che sono la famiglia delle pulsar isolate giovani, quella delle pulsar binarie,

la famiglia delle pulsar millisecondo e quella delle “magnetars”. In Fig. (4.20) sono

indicate le posizioni di ciacscuna di tali popolazioni in un diagramma che mette in

relazione il periodo di rotazione P al campo magnetico B.

Come si vede chiaramente dalla Fig. (4.20), vi e una graduale diminuzione nelle

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EMISSIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 108

Figura 4.20: Posizioni delle differenti famiglie di pulsar in un diagramma periodo dirotazione − campo magnetico. I puntini semplici indicano le pulsar isolate giovani,quelli circondati da cerchietti ed ellissi le pulsar appartenenti a sistemi binari. Lapopolazione delle pulsar millisecondo e visibile nella parte del diagramma a sinistrain basso (da Phinney & Kulkarni, 1994).

intensita dei campi magnetici passando dalle pulsar isolate giovani a quelle appar-

tenenti a sistemi binari ed alle millisecondo. I rispettivi intervalli che definiscono le

intensita dei campi magnetici sono:

• 1011 − 1013 G per le pulsar isolate giovani,

• 1010 − 1011 G per le pulsar binarie e

• 108 − 109 G per le pulsar millisecondo.

Le “magnetars” sono una particolare classe di stelle di neutroni isolate caratterizzate

da campi magnetici elevatissimi, dell’ordine di 1014 − 1016 G.

E noto dall’elettrodinamica quantistica che esiste un valore per il campo magnetico

di una stella di neutroni in corrispondenza del quale il meccanismo fisico dominante

alla base della produzione di fotoni gamma non e piu il decadimento delle coppie

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EMISSIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 109

elettrone-positrone (e+ e− → γ), ma lo splittig fotonico (γ → γ γ). Tale valore cri-

tico del campo magnetico vale Bcrit = 4.413 × 1013 G.

Pertanto, l’emissione gamma da parte di questi oggetti eccezionali e regolata da pro-

cessi quantomeccanici che esulano dall’ambito entro il quale i modelli che vogliamo

confrontare sono stati formulati; questi modelli, invece, interessano le pulsar giovani,

i cui campi magnetici hanno intensita dell’ordine di 1012 G.

Per tale ragione, abbiamo imposto che i valori estremi per il campo magnetico B0

nel nostro spazio dei parametri fossero 1011 e 4.413 × 1013 G rispettivamente.

Velocita di allontanamento dal centro galattico.

Con riferimento a quanto detto nel paragrafo 4.4.3, abbiamo utilizzato come valori

estremi per V quelli proposti rispettivamente da Gonthier e al. (2002) (120 Km/s)

e da Lyne e Lorimer (1994) (350 Km/s).

Abbiamo rappresentato dunque la porzione di spazio parametrico di interesse

per mezzo di un cubo i cui lati fossero definiti dai valori estremi dei parametri stessi

e studiato il comportamento di un punto rappresentativo vincolato a muoversi al

suo interno (cfr. Fig. (4.21)).

Per ciascuno di questi punti, abbiamo confrontato le previsioni di tutti e cinque i

modelli da noi presi in considerazione con le osservazioni di EGRET, sia relativa-

mente al contributo al fondo gamma diffuso che per quanto riguarda il numero di

sorgenti al di sopra della soglia di rivelazione dello strumento.

I grafici corrispondenti sono riportati nelle figure (4.22)− (4.29).

In ciascun grafico sono rappresentati unicamente i profili dei flussi integrati al di

sotto della soglia di rivelazione di EGRET.

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EMISSIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 110

Figura 4.21: Rappresentazione tridimensionale dello spazio parametrico (〈logP0〉,〈logB0〉, V ).

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EMISSIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 111

Figura 4.22: Confronto tra le osservazioni di EGRET e le previsioni relative aimodelli di emissione gamma studiati in corrispondenza del punto X1 dello spaziodei parametri.

Figura 4.23: Confronto tra le osservazioni di EGRET e le previsioni relative aimodelli di emissione gamma studiati in corrispondenza del punto X2 dello spaziodei parametri.

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EMISSIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 112

Figura 4.24: Confronto tra le osservazioni di EGRET e le previsioni relative aimodelli di emissione gamma studiati in corrispondenza del punto X3 dello spaziodei parametri.

Figura 4.25: Confronto tra le osservazioni di EGRET e le previsioni relative aimodelli di emissione gamma studiati in corrispondenza del punto X4 dello spaziodei parametri.

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EMISSIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 113

Figura 4.26: Confronto tra le osservazioni di EGRET e le previsioni relative aimodelli di emissione gamma studiati in corrispondenza del punto X5 dello spaziodei parametri.

Figura 4.27: Confronto tra le osservazioni di EGRET e le previsioni relative aimodelli di emissione gamma studiati in corrispondenza del punto X6 dello spaziodei parametri.

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EMISSIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 114

Figura 4.28: Confronto tra le osservazioni di EGRET e le previsioni relative aimodelli di emissione gamma studiati in corrispondenza del punto X7 dello spaziodei parametri.

Figura 4.29: Confronto tra le osservazioni di EGRET e le previsioni relative aimodelli di emissione gamma studiati in corrispondenza del punto X8 dello spaziodei parametri.

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EMISSIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 115

Commento alle figure (4.22)− (4.29).

Per poter quantificare il livello di attendibilita di ciascuno dei modelli di emissione

gamma presi in esame, abbiamo scelto, come dato su cui basarci per il confronto,

le relative predizioni circa il numero di pulsar gamma al di sopra della soglia di

rivelazione di EGRET.

A tale fine abbiamo valutato, per ogni punto dello spazio dei parametri nel quale

abbiamo confrontato i diversi modelli, l’eccesso percentuale tra il numero di pulsar

previste da ciascun modello e quello realmente osservato da EGRET.

Riportiamo i risultati ottenuti nelle tabelle 4.1−4.8.

Tab.4.1. Eccesso percentuale per i parametri del punto X1.

Modello |Eccesso percentuale| = |#Previste − #Osservate|/#OsservateH 13.42

ZH 120SD 80RY 17009CZ 462

Tabella 4.1: Eccesso percentuale tra il numero di pulsar previste da ciascun modelloe quello realmente osservato da EGRET per i parametri del punto X1.

Tab.4.2. Eccesso percentuale per i parametri del punto X2.

Modello |Eccesso percentuale| = |#Previste − #Osservate|/#OsservateH 1

ZH 1SD 1RY 0.57CZ 146

Tabella 4.2: Eccesso percentuale tra il numero di pulsar previste da ciascun modelloe quello realmente osservato da EGRET per i parametri del punto X2.

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EMISSIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 116

Tab.4.3. Eccesso percentuale per i parametri del punto X3.

Modello |Eccesso percentuale| = |#Previste − #Osservate|/#OsservateH 0.28

ZH 0.28SD 12RY 2.14CZ 486

Tabella 4.3: Eccesso percentuale tra il numero di pulsar previste da ciascun modelloe quello realmente osservato da EGRET per i parametri del punto X3.

Tab.4.4. Eccesso percentuale per i parametri del punto X4.

Modello |Eccesso percentuale| = |#Previste − #Osservate|/#)OsservateH 0.71

ZH 0.85SD 3RY 0.71CZ 479

Tabella 4.4: Eccesso percentuale tra il numero di pulsar previste da ciascun modelloe quello realmente osservato da EGRET per i parametri del punto X4.

Tab.4.5. Eccesso percentuale per i parametri del punto X5.

Modello |Eccesso percentuale| = |#Previste − #Osservate|/#OsservateH 9.71

ZH 96SD 64RY 13490CZ 210

Tabella 4.5: Eccesso percentuale tra il numero di pulsar previste da ciascun modelloe quello realmente osservato da EGRET per i parametri del punto X5.

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EMISSIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 117

Tab.4.6. Eccesso percentuale per i parametri del punto X6.

Modello |Eccesso percentuale| = |#Previste − #Osservate|/#OsservateH 1

ZH 1SD 1RY 0.85CZ 55

Tabella 4.6: Eccesso percentuale tra il numero di pulsar previste da ciascun modelloe quello realmente osservato da EGRET per i parametri del punto X6.

Tab.4.7. Eccesso percentuale per i parametri del punto X7.

Modello |Eccesso percentuale| = |#Previste − #Osservate|/#OsservateH 0.42

ZH 0.28SD 11.42RY 2.14CZ 219

Tabella 4.7: Eccesso percentuale tra il numero di pulsar previste da ciascun modelloe quello realmente osservato da EGRET per i parametri del punto X7.

Tab.4.8. Eccesso percentuale per i parametri del punto X8.

Modello |Eccesso percentuale| = |#Previste − #Osservate|/#OsservateH 0.85

ZH 0.85SD 2.85RY 0.85CZ 220

Tabella 4.8: Eccesso percentuale tra il numero di pulsar previste da ciascun modelloe quello realmente osservato da EGRET per i parametri del punto X8.

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EMISIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 118

Infine, per ciascuno dei cinque modelli abbiamo stimato l’eccesso percentuale

totale tra il numero di pulsar previste e quello realmente osservato da EGRET su

tutto lo spazio dei parametri e concluso che il modello piu attendibile e quello che

presenta l’eccesso percentuale totale minore.

Come si puo vedere dalla Tab.4.9, tale modello e risultato essere il modello H.

Tab.4.9. Eccesso percentuale totale di ciascun modello su tutto lo spazio dei parametri.

Modello |Eccesso percentuale totale| =∑

8

i=1|Eccesso percentuale(Xi)|

H 27ZH 220SD 174RY 30506CZ 2277

Tabella 4.9: Eccesso percentuale totale su tutto lo spazio dei parametri tra il numerodi pulsar previste da ciascun modello e quello realmente osservato da EGRET.

4.5 Predizioni relative alle osservazioni future da

parte degli esperimenti AGILE e GLAST

Nel paragrafo precedente abbiamo effettuato un confronto tra le previsioni dei

diversi modelli di emissione gamma ed i dati osservativi del telescopio spaziale

EGRET.

Da questo confronto e emerso che, tra i cinque modelli considerati, quello che si

accorda meglio con le osservazioni e il modello di Harding (1981).

Adottando pertanto questo modello, abbiamo stimato il numero di pulsar gamma

visibili dai futuri telescopi spaziali AGILE e GLAST.

Le soglie di rivelazione di questi strumenti sono rispettivamente 10−7 ph s−1 cm−2

e 6 × 10−9 ph s−1 cm−2 (cfr. Figg. (3.8) e (3.13)).

Siamo quindi passati alla definizione di un nuovo spazio parametrico, questa volta

molto piu ristretto di quanto non si fosse fatto in precedenza, in quanto l’attendibilita

del modello nel caso piu generale possibile era gia stata sondata.

Per quanto riguarda le velocita di allontanamento dal Centro Galattico, gia dal

confronto tra le figure (4.22)− (4.29) risulta evidente che questo parametro influisce

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EMISIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 119

poco sul risultato finale. Abbiamo pertanto fissato il valore di V una volta per tutte,

ponendolo uguale alla media tra le due quantita usate in precedenza: V = 235

Km/s.

Nel fissare gli estremi del periodo di rotazione e del campo magnetico, abbiamo

utilizzato la rappresentazione data dalla Fig. (4.30).

Figura 4.30: Porzione bidimensionale dello spazio parametrico della Fig. (4.21).

Abbiamo quindi contato il numero di sorgenti i cui flussi gamma superavano le

soglie di rivelazione di AGILE e di GLAST per ciascuno dei cinque punti evidenziati

della Fig. (4.30).

I risultati di questo calcolo sono riportati nella Tabella 4.10.

Osserviamo che i punti X1 ed X4 riproducono rispettivamente la combinazione dei

parametri propria del modello di distribuzione galattica di Emmering e Chevalier

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EMISIONE GAMMA GALATTICA DA PULSAR RADIO 120

(1989) e di quello di Gonthier e al. (2002) e che le previsioni circa il numero di nuove

pulsar gamma oltre la soglia di rivelazione strumentale sono, sia per AGILE che per

GLAST, notevolmente piu ottimistiche nel secondo caso.

Tab.4.10. Pulsar gamma previste dal modello di Harding (1981) per AGILE e GLAST.

.

Punto Xi Pulsar visibili da AGILE Pulsar visibili da GLASTX1 3 142X2 0 5X3 45 980X4 11 251X5 2 27

Tabella 4.10: Stima del numero di pulsar previste al di sopra della soglia di ri-velazione di AGILE e GLAST per il modello di emissione gamma di Harding(1981).

Dal momento che la sensibilita per la rivelazione di fotoni gamma di AGILE sara

la stessa che per EGRET, anche il numero di pulsar gamma previste oltre la soglia

strumentale e confrontabile per i due esperimenti; le previsioni sono, invece, molto

piu ottimistiche per GLAST, dal quale ci si aspetta che verra scoperto un numero

considerevole di nuove pulsar gamma, aprendo nuove e promettenti frontiere nella

comprensione di questi misteriosi ed affascinanti oggetti celesti.

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Capitolo 5

Conclusioni e sviluppi futuri

Come conclusione di questo lavoro di tesi, abbiamo stimato il numero di pulsar

gamma previste oltre la soglia di rivelazione strumentale dei futuri satelliti per l’A-

strofisica Gamma AGILE e GLAST, nell’ambito del modello di emissione formulato

da Harding nel 1981.

Abbiamo scelto di utilizzare questo particolare modello per il calcolo delle lumino-

sita gamma delle pulsar, in quanto abbiamo dimostrato che esso e, tra tutti quelli

presi in esame, il modello che meglio si accorda con le osservazioni sperimentali del

telescopio spaziale EGRET.

Le predizioni circa il numero di pulsar gamma visibili da AGILE e GLAST sono sta-

te effettuate per una serie di cinque combinazioni differenti dei due parametri fisici

che si ritiene influenzino maggiormente le previsioni dei modelli di emissione gamma

dalle pulsar, che sono il periodo di rotazione ed il campo magnetico delle stelle di

neutroni. Abbiamo ottenuto che tali previsioni differiscono sensibilmente da una

configurazione all’altra dello spazio dei parametri; pertanto, le future osservazioni

da parte di AGILE e GLAST potranno darci utili indicazioni circa l’ammontare di

tali parametri.

Abbiamo trovato che il numero di nuove pulsar gamma rivelabili da AGILE non dif-

ferisce sostanzialmente da quello delle pulsar scoperte da EGRET; questo e del resto

ovvio, dato che il termine di paragone utilizzato nel nostro studio per confrontare le

predizioni dei modelli con i risultati sperimentali e la sensibilita alla rivelazione dei

fotoni gamma, che e pressoche identica per i due strumenti.

Tuttavia, va sottolineato che la sensibilita di rivelazione non e la caratteristica stru-

mentale che fa di AGILE uno strumento competitivo rispetto ai suoi predecessori; la

121

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CAPITOLO 5. CONCLUSIONI E SVILUPPI FUTURI 122

sua prerogativa consiste, invece, nel possedere una risoluzione angolare circa doppia

rispetto ad EGRET, il che ci rende confidenti circa la sua possibilita di localizzare

nuove pulsar gamma.

Il contributo principale in questa direzione verra pero fornito da GLAST, che, con

una sensibilita di rivelazione pari a 60 volte quella di EGRET ed una risoluzione

angolare doppia per energie superiori a 100 MeV, potra effettivamente incrementare

in modo significativo il numero di pulsar gamma conosciute.

I risultati da noi ottenuti prevedono, in media, che il numero di pulsar gamma co-

nosciute dopo che GLAST sara stato reso operativo potra aumentare anche di 20

volte.

La piu importante informazione che si puo ricavare da studi del tipo di quello af-

frontato in questa tesi riguarda il modo in cui un modello di emissione e sensibile

alle diverse scelte per i parametri.

Sarebbe altresı molto interessante seguire il procedimento opposto, e cioe fissare i

valori dei parametri e cercare di operare una discriminazione tra i differenti modelli.

Si sa che esistono alcuni ambiti principali nei quali le previsioni da parte delle due

classi principali di modelli, i “polar cap models” e gli “outer gap models’, differisco-

no considerevolmente.

L’ambito che ci sembra maggiormente investigabile facendo uso di un codice numeri-

co come quello da noi elaborato riguarda la predizione circa il rapporto tra il numero

di pulsar “radio quiet” e quello di pulsar “radio loud”. Questa stima richiederebbe

l’introduzione nel nostro codice di una “routine” che simuli l’emissione radio delle

pulsar ed operi un confronto con i risultati delle principali campagne osservative

degli ultimi anni.

Inoltre, lo stesso codice numerico utilizzato per simulare l’emissione gamma puo es-

sere ottimizzato, introducendovi procedure che valutino effetti che si sono ignorati

a scopo semplificativo, quale ad esempio quello del moto delle pulsar entro un po-

tenziale gravitazionale galattico.

Infine, un’altra interessante applicazione potrebbe essere l’estensione dell’intero pro-

cedimento a popolazioni di pulsar diverse da quella delle pulsar isolate giovani esa-

minate in questa tesi, come le pulsar millesecondo o i casi piu “esotici” delle pulsar

anomale e delle “magnetars”.

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CAPITOLO 5. CONCLUSIONI E SVILUPPI FUTURI 128

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CAPITOLO 5. CONCLUSIONI E SVILUPPI FUTURI 129

Si sono consultati inoltre i seguenti siti Internet:

http://heasarc.gsfc.nasa.gov/docs/cgro/cgro.html

http://glast.gsfc.nasa.gov/

http://agile.ifctr.mi.cnr.it/Homepage/collaboration.shtml

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Ringraziamenti

Desidero ringraziare innanzitutto il Prof. Guido Barbiellini Amidei per avermi

indirizzata verso quell’affascinante branca della scienza che e l’Astrofisica Gamma,

ma soprattutto per la fiducia ed il sostegno dimostrati in questo difficile percorso

che mi ha condotta alla stesura di questa tesi.

Una riconoscenza particolare sento di doverla alle due persone che in quest’ultimo

anno e mezzo mi hanno seguita e guidata, imponendomi quel rigore necessario al

conseguimento di qualsiasi risultato scientifico, ma dimostrando allo stesso tempo la

piu grande disponibilita umana. Ringrazio pertanto il PhD. Luciano Rezzolla ed il

Prof. Sandro Mereghetti, che mi hanno accolta rispettivamente negli ambienti della

SISSA e del CNR di Milano.

Desidero ancora ringraziare lo staff, i ricercatori e gli studenti della SISSA e dell’U-

niversita di Trieste, Donatella Romano, Francesco Shankar, Shin’ichirou Yoshida,

Pasquale Panuzzo, Giancarlo Ghirlanda e Francesco Longo per l’aiuto che mi hanno

offerto e la grande disponibilita dimostrata.

Un grazie particolare sento di doverlo ai miei genitori, per avermi sostenuta

durante tutto il corso dei miei studi, condividendo con me le ansie e le aspettative

che caratterizzano ogni momento importante della vita.

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