“La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e...

69
LAPET PIEMONTE DELEGATO REGIONALE Lucrezia Tarantino Corso Siracusa 157 – 10137 TORINO Tel. 011/321087 – 011/354474 Fax 011/355758 e-mail [email protected] [email protected] GIORNATA DI STUDIO Alessandria 21 ottobre 2011 La verifica e l’accertamento tributario nel contesto internazionale” Relatore Dott. Marco Bargagli Guardia di Finanzia, Nucleo Polizia Tributaria di Torino, verifiche complesse

Transcript of “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e...

Page 1: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

LAPET PIEMONTE DELEGATO REGIONALE Lucrezia Tarantino Corso Siracusa 157 – 10137 TORINO Tel. 011/321087 – 011/354474 Fax 011/355758 e-mail [email protected][email protected]

GIORNATA DI STUDIO

Alessandria 21 ottobre 2011

““La verifica e l’accertamento tributario

nel contesto internazionale”

Relatore Dott. Marco Bargagli

Guardia di Finanzia, Nucleo Polizia Tributaria di Torino, verifiche complesse

Page 2: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

1. Considerazioni introduttive

1.1. Introduzione al tema.

Negli ultimi anni si sta intensificando, da parte dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza, la lotta all’evasione fiscale internazionale, fenomeno molto diffuso e di particolare pericolosità. L’evasione fiscale internazionale: � sottrae ingenti risorse al fisco: soprattutto in questa delicata fase di interventi finalizzati

al contenimento della spesa pubblica ed al monitoraggio delle entrate dello Stato, tutti i Governi nel mondo devono introdurre misure finalizzate a contrastare l’evasione e garantire il gettito fiscale;

� distorce la concorrenza nei mercati e modifica ingiustamente la pressione fiscale tra

contribuenti;

� danneggia soprattutto i paesi più poveri, sottraendo risorse da destinare agli aiuti allo sviluppo ricevuti.

In ambito internazionale i leader G8 e G20 si sono impegnati ad approfondire tutte le possibili azioni per favorire la cooperazione fiscale internazionale e la lotta all’evasione. Conseguentemente, è stato approvato un quadro di azione per lo scambio di informazioni fiscali e la trasparenza a livello mondiale, che: � incentivi, in ambito OCSE, l’attuazione delle norme internazionali da parte di tutte le

giurisdizioni;

� migliori lo scambio di informazioni, con l’aumento del numero, qualità e rilevanza degli accordi firmati tra paesi in base agli standard internazionali;

� aggiorni i criteri per definire le giurisdizioni che non hanno ancora applicato in modo

sostanziale gli standard internazionali;

� incoraggi l’ampliamento del numero di paesi partecipanti al Foro Globale OCSE, in particolare dei Paesi in via di sviluppo;

� incentivi l’approfondimento delle contromisure che i paesi potranno usare nei confronti

delle giurisdizioni inadempienti;

� esorti tutte le giurisdizioni ad aderire agli standard internazionali nei settori della vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo.

Anche il legislatore nazionale, sulla base delle raccomandazioni e degli accordi avvenuti a livello internazionale è intervenuto introducendo, con il D.L. 1 luglio 2009, n. 78 (la c.d. manovra d’estate), convertito dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, misure fiscali

Page 3: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

particolarmente incisive nella lotta ai paradisi fiscali (tax haven) ed agli arbitraggi internazionali, contemplate agli articoli 12 e 13 del predetto decreto, in vigore dal 1 luglio 2009.

Le nuove norme, sinteticamente, prevedono:

- per le persone fisiche, un aumento delle sanzioni previste in materia di monitoraggio fiscale, nonché l’introduzione di una presunzione di redditività in base alla quale: gli investimenti e le attività finanziarie detenute nei cosiddetti paradisi fiscali, in violazione delle norme sul monitoraggio fiscale, si considerano come redditi sottratti a imposizione in Italia, salvo prova contraria del contribuente (art. 12 del D.L. 78/2009);

- per le imprese, un inasprimento delle disposizioni in materia di imprese estere controllate già contenute nel nostro ordinamento giuridico negli artt. 167 e 168 del D.P.R. n. 917/1986, la c.d. CFC – “Controlled Foreign Companies taxation” (art. 13 del D.L. 78/2009).

1.2. L’esterovestizione societaria.

Una delle forme maggiormente insidiose di evasione internazionale è sicuramente costituita dal fenomeno dell’esterovestizione societaria. Come noto, un soggetto residente nel territorio dello Stato è assoggettato a tassazione per i redditi ovunque prodotti nel mondo, in quanto la legislazione tributaria nazionale, alla stregua della maggior parte degli altri ordinamenti fiscali, per i soggetti residenti sottopone a tassazione, ai fini dell’imposizione personale, tutti i redditi posseduti, in Italia ed all’estero, in virtù del noto principio della tassazione dell’utile mondiale o “world wide taxation”. Ne consegue la possibilità di riscontrare patologiche pratiche evasive consistenti nell’ubicare formalmente all’estero la residenza fiscale di un soggetto economico.

L’esterovestizione consiste, in estrema sintesi, nella fittizia localizzazione della residenza fiscale in Paesi o territori diversi dall’Italia (in ambito UE o extra UE), per sottrarsi agli adempimenti tributari previsti dall’ordinamento di reale appartenenza e beneficiare, nel contempo, del regime fiscale più favorevole vigente altrove.

Sostanzialmente, si realizza una “dissociazione” tra residenza reale e residenza fittizia/formale del soggetto passivo (persona fisica o società), che persegue lo scopo di assoggettare i propri redditi a tassazione in un paese o in un territorio a fiscalità privilegiata. Nel nostro ordinamento tributario, mentre le persone giuridiche residenti, in virtù del principio della tassazione del reddito mondiale, sono assoggettate ad imposizione in Italia per tutti i redditi ovunque prodotti, relativamente alle società e gli enti non residenti, al contrario, sono assoggettati ad imposizione in Italia soltanto i redditi prodotti sul territorio nazionale1.

1 L'art. 151, comma 1, del D.P.R. n. 917/1986, infatti, sancisce che "il reddito complessivo delle società e degli enti commerciali non residenti (..) è formato soltanto dai redditi prodotti nel territorio dello Stato, ad esclusione di quelli esenti dall'imposta e di quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva".

Page 4: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

Schema di sintesi: l’esterovestizione societaria. L’ordinamento tributario italiano, come vedremo dettagliatamente nei paragrafi che seguono, è dotato di specifiche norme che consentono di individuare la residenza ai fini fiscali dei soggetti passivi (persone fisiche o società), in funzione di concreti elementi, alternativi tra di loro, che individuano il legame della persona fisica o della società con il territorio dello Stato Italiano. In particolare:

- per le persone fisiche, l’articolo 2, comma 2, del D.P.R. n. 917/1986 (soggetti passivi), dispone che: “ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d'imposta2 sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del Codice civile”.

- per le persone diverse dalle persone fisiche (le società, gli enti, i trust), l’articolo

73, comma 3, del D.P.R. n. 917/1986 (soggetti passivi), dispone che: “ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno la sede legale o la sede dell'amministrazione o l'oggetto principale nel territorio dello Stato. Si considerano altresì residenti nel territorio dello Stato, salvo prova contraria, i trust e gli istituti aventi analogo contenuto istituiti in Stati o territori diversi da quelli di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze emanato ai sensi dell'articolo 168-bis, in cui almeno uno dei disponenti ed almeno uno dei beneficiari del trust siano fiscalmente residenti nel territorio dello Stato. Si considerano, inoltre, residenti nel territorio dello Stato i trust istituiti in uno Stato diverso da quelli di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze emanato ai sensi dell'articolo 168-bis, quando, successivamente alla loro costituzione, un soggetto residente nel territorio dello Stato effettui in favore del trust un'attribuzione che importi il trasferimento di proprietà di beni immobili o la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari, anche per quote, nonché vincoli di destinazione sugli stessi”.

2 183 giorni nell’arco dell’anno, 184 in caso di anno bisestile.

REALE RESIDENZA FISCALE (persona fisica o società)

FITTIZIA RESIDENZA FISCALE

(persona fisica o società)

ITALIA ESTERO RIDUZIONE

DELLA PRESSIONE

FISCALE

Page 5: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

1.3. Gli altri fenomeni affini di evasione fiscale internazionale.

Gli altri fenomeni di evasione fiscale internazionale si possono realizzare mediante: - il trasferimento o di materia imponibile all’estero o “travaso” di utili.

In tale ambito si colloca la c.d. normativa sul “transfer pricing” (articolo 110, comma 7, del D.P.R. n. 917/1986), che ha lo scopo di evitare l’artificiosa costruzione dei prezzi di cessione e/o di acquisto di beni e di servizi, praticati tra imprese appartenenti allo stesso gruppo (dall’Italia all’estero e/o viceversa), al fine di realizzare una articolata pianificazione fiscale internazionale. Le transazioni economiche e commerciali intercorse tra imprese legate tra di loro da rapporti di controllo e/o collegamento dovranno avvenire, nel rispetto del principio di libera concorrenza (arm’s length principle), al c.d. valore normale. Per valore normale si intende, in sintesi, il prezzo che le parti interessati dalla transazione economica avrebbero praticato nei confronti di un terzo cliente e/o fornitore indipendente, non appartenente al gruppo. In articolare, l'articolo 9, comma 3, del D.P.R. n. 917/1986 definisce come valore normale "il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi. Per la determinazione del valore normale si fa riferimento, per quanto possibile, ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle mercuriali e ai listini delle Camere di Commercio e alle tariffe professionali, tenendo conto degli sconti d'uso. Per i beni e i servizi soggetti a disciplina dei prezzi si fa riferimento ai provvedimenti in vigore".

In tale ambito le linee guida dell'OCSE sul transfer pricing per le imprese multinazionali e le amministrazioni tributarie (c.d. “OECD Transfer Pricing Guidelines for Multinational Enterprises and Tax Administrations”), costituiscono il punto di riferimento per l'applicazione del principio "arm's length" che consente di valutare la congruità, ai fini fiscali, delle transazioni economiche e commerciali intercorse tra imprese controllate e/o collegate.

Infatti, in una economia globale, nella quale le imprese multinazionali hanno un ruolo preminente, occorre accertare che non vengano attuati “patologici” fenomeni di tax planning”, che inevitabilmente erodono la base imponibile.

- l’abuso delle convenzioni contro le doppie imposizioni (il “treaty shopping”).

Tutti i principali modelli di convenzione internazionale contro le doppie imposizioni sui redditi, fanno riferimento alla locuzione “beneficiario effettivo” dei dividendi, degli interessi, dei canoni percepiti (il c.d. beneficial owner).

Page 6: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

In base a tale disposizione ed al fine di evitare eventuali interposizioni fittizie di soggetti nelle transazioni economiche e commerciali, al solo scopo di ottenere indebiti risparmi d’imposta, è indispensabile circoscrivere la nozione di beneficiario effettivo del reddito, che generalmente coincide con il titolare giuridico ed economico del diritto immateriale oggetto della transazione economica. I principi antiabuso contenuti nelle convenzioni internazionali sono finalizzati ad evitare il c.d. fenomeno del “treaty shopping”, ovvero quelle fattispecie d’interposizione di persona fisica o giuridica in virtù delle quali si realizza una traslazione impropria dei benefici previsti da una convenzione internazionale per evitare le doppie imposizioni sui redditi e sul patrimonio. Al fine di ostacolare pratiche di carattere elusivo, tutti gli accordi contengono una specifica clausola antiabuso (quella del “beneficiario effettivo del reddito”), contenuta negli artt. 10, 11, e 12 del Modello OCSE di convenzione, alla quale i principali modelli internazionali fanno riferimento3.

- La presenza di una stabile organizzazione (c.d. branch) non formalmente costituita.

L’identificazione della presenza di una stabile organizzazione in Italia, ai fini delle Imposte sui redditi, o di un centro di attività stabile ai fini I.V.A., costituisce un argomento di elevato interesse, in quanto, grazie alla presenza occulta di una stabile organizzazione, è possibile assoggettare a tassazione i redditi prodotti da parte di un soggetto non residente in Italia, per il tramite della stabile organizzazione.

Il potenziale intento evasivo/elusivo riconducibile alla “stabile organizzazione”, si configura quando:

a. un soggetto non residente possiede una sede fissa d’affari “occulta” in Italia;

b. un soggetto residente in Italia “occulta” l’esistenza di una stabile organizzazione estera, al fine di evitare che il reddito prodotto dalla stessa venga tassato in Italia in base al c.d. worldwide principle (tassazione su base mondiale)4.

3 Per approfondimenti sul tema sia consentito il rinvio a M. Bargagli, “Il regime fiscale delle royalties tra normativa interna e trattati internazionali sulle doppie imposizioni. Riflessioni sul Treaty Shopping, in “Fiscalità internazionale” n. 4/2008, pag. 299 e ss.

4 sul punto si richiama la circolare del Comando Generale della Guardia di finanza n. 1/2008, “Istruzioni sull’attività

di verifica”, Vol. III, Parte VI, Capitolo 7, par. 4, pag. 139, ove testualmente si legge: “Le forme evasive più pericolose che interessano l’istituto della stabile organizzazione sono individuabili, principalmente, nelle situazioni in cui: un’impresa estera operi in Italia attraverso una stabile organizzazione non formalmente costituita e, pertanto, sconosciuta come tale all’Amministrazione finanziaria; un’impresa residente fiscalmente in Italia disponga all’estero di stabili organizzazioni non dichiarate”.

Page 7: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

In merito, il compito del fisco italiano sarà quello di raccogliere tutti gli elementi probatori comprovanti il centro di imputazione fiscale del soggetto, in base alle disposizioni contenute nell’articolo 162 del D.P.R. n. 917/1986, che mutua l’articolo 5 del modello di convenzione contro le doppie imposizioni, predisposto dal Comitato affari fiscali dell’OCSE, al quale si uniformano le convenzioni internazionali stipulate dall’Italia con gli Stati esteri, che definisce la stabile organizzazione: “una sede fissa di affari in cui l’impresa esercita in tutto o in parte la sua attività”.

- La distribuzione dei dividendi, provenienti da paradisi fiscali, mediante l’interposizione di una o più società conduit.

La riforma fiscale del 2004 ha previsto la detassazione al 95% in capo al soggetto percettore degli utili da partecipazione. Il principio della parziale esclusione da imposizione dei dividendi corrisposti dalle società di capitali ha lo scopo di eliminare, o quantomeno significativamente ridurre, la doppia imposizione degli utili societari. Tale principio trova una deroga per i dividendi distribuiti da soggetti residenti in Stati o territori a fiscalità privilegiata, i quali concorrono integralmente alla formazione del reddito del percettore residente. Tuttavia, l’interposizione nella distribuzione dei dividendi di “conduit companies”, non realmente titolari del reddito da partecipazione, potrebbe consentire di aggirare la disposizione che prevede la piena tassazione dei dividendi “black list”. Per tale motivo il legislatore, con il D.L. n. 223/06, ha introdotto sia all’art. 47, comma 4, sia all’art. 89, comma 3, la locuzione “provenienti”, riconducendo, così, a tassazione piena anche gli utili indirettamente percepiti da un impresa italiana da parte di paesi residenti in paradisi fiscali. Le disposizioni hanno la finalità di contrastare le operazioni di “aggiramento” del regime di tassazione integrale degli utili provenienti da partecipate situate in Paesi a fiscalità privilegiata, interponendo nella catena societaria un altro soggetto estero residente in un Paese a regime fiscale non privilegiato.

Conseguentemente, l’attuale disciplina prevede che il regime di tassazione integrale sia applicabile non solo agli utili e ai proventi equiparati distribuiti direttamente dai soggetti residenti nel paradiso fiscale, ma anche a quelli (da essi generati) che giungano alla “madre” italiana tramite società intermedie mere conduit companies5.

5 Per approfondimenti sulla subiecta materia sia consentito il rinvio a M. Bargagli M. Thione, “Tassabilità dei

dividendi provenienti indirettamente da black list: problematiche applicative, in “il Fisco” n. 23/2011, pag. 1-3656.

Page 8: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

- I rapporti economici e commerciali con paradisi fiscali.

L’art. 110, commi 10 e ss., del D.P.R. n. 917/1986, contiene una particolare disciplina antielusiva relativa ai costi sostenuti per acquisti di beni e servizi da fornitori residenti in Paesi non appartenenti all’Unione europea, aventi un regime fiscale privilegiato6.

Tuttavia, tali disposizioni non si applicano quando le imprese residenti in Italia forniscano la prova che le imprese estere svolgono prevalentemente un'attività commerciale effettiva, ovvero che le operazioni poste in essere rispondono ad un effettivo interesse economico e che le stesse hanno avuto concreta esecuzione7.

- La normativa CFC. La disciplina in materia di società controllate estere di cui agli artt. 167 e 168 del D.P.R n. 917/1986, (c.d. Controlled Foreign Companies), che come detto è stata inasprita ad opera delle disposizioni recentemente introdotte dall’articolo 13 del D.L. 78/2009, è una norma “anti paradiso fiscale”. In particolare, al soggetto controllante italiano sono imputati i redditi conseguiti dai soggetti controllati residenti in paesi a fiscalità privilegiata, a meno che il contribuente non dimostri, tramite la presentazione di apposita istanza di interpello preventivo ai sensi dell’articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto del contribuente), l’operatività delle esimenti previste dall’art. 167, comma 5, del D.P.R. n. 917/1986, ovvero: a. la società o altro ente non residente svolga un'effettiva attività industriale o

commerciale, come sua principale attività, nel mercato dello stato o territorio di insediamento; per le attività bancarie, finanziarie e assicurative quest'ultima condizione si ritiene soddisfatta quando la maggior parte delle fonti, degli impieghi o dei ricavi originano nello Stato o territorio di insediamento8;

b. dalle partecipazioni non consegue l’effetto di localizzare i redditi in Stati o

territori diversi da quelli di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’articolo 168-bis.

6 Ai sensi dell’articolo 110, comma 10 del D.P.R. n. 917/1986, non sono ammessi in deduzione le spese e gli altri

componenti negativi derivanti da operazioni intercorse con imprese residenti ovvero localizzate in Stati o territori diversi da quelli individuati nella lista di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell'articolo 168-bis.

7 Per approfondimenti sulla rilevanza delle esimenti e sulle regole operative da seguire in caso di rapporti economici e

commerciali con paradisi fiscali cfr. M. Bargagli, “scambi con residenti in paradisi fiscali: deducibilità di costi e spese, in “Azienda e Fisco” n. 10/2009, pag. 16.

8 Ai sensi dell’articolo 5-bis del D.P.R. n. 917/1986, la previsione di cui alla lettera a) del comma 5 non si applica

qualora i proventi della società o altro ente non residente provengono per più del 50% dalla gestione, dalla detenzione o dall'investimento in titoli, partecipazioni, crediti o altre attività finanziarie, dalla cessione o dalla concessione in uso di diritti immateriali relativi alla proprietà industriale, letteraria o artistica, nonché dalla prestazione di servizi nei confronti di soggetti che direttamente o indirettamente controllano la società o l'ente non residente, ne sono controllati o sono controllati dalla stessa società che controlla la società o l'ente non residente, ivi compresi i servizi finanziari.

Page 9: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

La norma, in estrema sintesi, costituisce un valido strumento per contrastare comportamenti finalizzati ad evadere le imposte, localizzando ingenti redditi all’estero. Infatti, le imprese partecipate estere, specie se localizzate in paradisi fiscali, potrebbero non svolgere, in realtà, un’effettiva attività industriale o commerciale all’estero, ma essere state costituite esclusivamente per localizzare, oltre confine, i redditi facenti capo a soggetti residenti in Italia.

1.4. Schema di sintesi: le principali forme di evasione internazionale.

principali

forme di

evasione

fiscale

internazionale

Esterovestizione

Persone fisiche

Persone giuridiche

Stabili organizzazioni occulte

Transfer Price

Treaty Shopping

Interposizioni nei dividendi

Scambi economici con paradisi fiscali

Controlled Foreign Companies

Page 10: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

2. La residenza fiscale delle persone giuridiche.

2.1. Normativa nazionale (art. 73, comma 3, del D.P.R. n. 917/1986).

Il tema della residenza fiscale delle persone giuridiche, è strettamente collegato al fenomeno dell’ “esterovestizione societaria”9. Presupposto fondamentale per l’assoggettamento ad imposizione in Italia del reddito conseguito dalla società, è l’esatta individuazione della residenza fiscale del soggetto passivo. Il requisito della residenza fiscale per gli enti diversi dalle persone fisiche è disciplinato dagli artt. 5, comma 3, lett. d) e 73 del D.P.R. n. 917/198610. Le disposizioni di legge prevedono che la società di capitale è considerata fiscalmente residente in Italia, quando per la maggior parte del periodo d’imposta ha

9 Numerosi gli interventi della dottrina nella subiecta materia. Si richiamano, ex multis, dal più recente: A.Roma,

“Comm. trib. prov. Savona, n. 46 del 10 marzo 2011 - La prova dell’esterovestizione in assenza di presunzioni legali”, in “il fisco” n. 20 del 16 maggio 2011; M. Thione, M. Bargagli, “Presunzione di esterovestizione e reiterabilità del meccanismo presuntivo lungo la catena partecipativa”, in “il fisco” n. 18 del 2 maggio 2011; M. Grazioli, M. Thione, L’esterovestizione societaria, caratteristiche distintive del fenomeno e riflessi penali-tributari, in “il Fisco” n. 31 del 2010, pag. 1-4994; M. Thione, L’esterovestizione societaria: disciplina sostanziale e profili operativi, in “il Fisco” n. 4 del 2010, pag. 1-542; M. Bargagli, Residenza fiscale delle società e presunzione di esterovestizione, in “Azienda e Fisco” n. 11 del 2009, pag. 9 e ss.; I. Caraccioli-P. Valente, Residenza ed esterovestizione: profili penal-tributari della riqualificazione, in “il fisco” n. 25/2008, fascicolo n. 1, pag. 4488; P. Valente, Residenza ed esterovestizione. Profili probatori e schema multi-test, in “il fisco” n. 22/2008, fascicolo n. 1, pag. 3975; P. Valente, Residenza e società cosiddette “esterovestite”, in “il fisco” n. 18/2008, fascicolo n. 1, pag. 3229; M. Pisani, Profili sanzionatori della presunzione di residenza delle holding, in “il fisco” n. 44/2007, fascicolo n. 1, pag. 6391; G. Sozza, Spunti critici sull’esterovestizione delle società, in “il fisco” n. 41/2006, fascicolo n. 1, pag. 6343; P. Bertolaso-E. Bressan, Le “esterovestizioni” alla prova della presunzione di residenza. Alcune considerazioni con particolare riguardo alle holding “statiche”, in “il fisco” n. 36/2006, fascicolo n. 1, pag. 5617. In altre Riviste: I. La Candia, Esterovestizione: le regole sulla presunzione di residenza della società, in “Bollettino dell’internazionalizzazione”, novembre 2009, pag. 15 e seguenti; M. Antonini, Un’ulteriore presunzione in tema di residenza fiscale di società ed enti: l’Amministrazione Finanziaria ancora una volta sollevata (parzialmente) dall’onere probatorio, in “Riv. Dir. Trib.”, 2009, V, pagg. 49 e seguenti; M. Greggi, Recenti sviluppi e questioni di compatibilità comunitaria delle disposizioni di contrasto al fenomeno della cosiddetta “esterovestizione” societaria, in “Rassegna tributaria” n. 1/2009, pag. 105; A. Ballancin, Note in tema di esterovestizione societaria tra i criteri costitutivi della nozione di residenza fiscale e l’interposizione elusiva di persona, in “Riv. Dir. Trib.”, 2008, I, pagg. 975 e seguenti; E. M. Bagarotto, La residenza delle società nelle imposte dirette alla luce della presunzione di “esterovestizione”, in “Riv. Dir. Trib.”, 2008, I, pagg. 1155 e seguenti; E. Iascone, La residenza fiscale delle società: il caso delle holding di partecipazioni, in “Riv. Dir. Trib.”, 2008, V, pagg. 173 e seguenti; D. Stevanato, La presunzione di residenza delle società esterovestite: prime riflessioni critiche, in “Corriere Tributario”, n. 37/2006, pagg. 2952 e seguenti; R. Rizzardi-R. Lugano-E. M. Simonelli, La residenza fiscale delle società tra esterovestizioni e nuove presunzioni attrattive, in “Rivista dei Dott. Comm.”, 2006, pagg. 1107 e seguenti; G. Marino, R. Lupi, Quale valore sistematico per le nuove disposizioni sulla residenza in Italia delle “holding estere”?, in “Dialoghi Dir. Trib.”, 2006, pagg. 1013 e seguenti.

10 L’art. 5, comma 3, lett. d) del D.P.R. n. 917/1986 disciplina la residenza delle società di persone e le associazioni,

mentre l’art. 73 dello stesso decreto, precisa la nozione per le società di capitali e gli altri enti. Il contenuto dell’art. 5 è in linea con quello dell’art. 73.

Page 11: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

avuto la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato. La normativa di riferimento ha, pertanto, previsto tre criteri (uno di carattere formale; gli altri aventi carattere sostanziale), per collegare fiscalmente le persone giuridiche al territorio nazionale:

- la sede legale; - la sede dell’amministrazione; - l’oggetto principale.

I presupposti in esame sono fra loro alternativi11: è sufficiente che uno solo di essi ricorra perché la società (o l’ente) sia considerato fiscalmente residente in Italia e, conseguentemente, soggetto a tassazione per i redditi ovunque prodotti nel mondo. Vengono di seguito analizzati i singoli requisiti fissati dal legislatore per individuare la residenza ai fini fiscali del soggetto passivo.

2.1.1 La sede legale.

La sede legale è un requisito di carattere formale, di derivazione civilistica e si identifica con la sede sociale indicata nell’atto costitutivo o nello statuto. In merito, l’art. 2328 c.c. prevede che l’atto costitutivo della società deve indicare la sede della società e le eventuali sedi secondarie. Inoltre, anche nelle comunicazioni effettuate presso gli Uffici finanziari e nel Registro delle imprese deve essere necessariamente indicata la sede legale della società.

2.1.2. L’oggetto sociale.

L’oggetto esclusivo o principale della società o dell’ente residente é determinato in base alla legge, all’atto costitutivo o allo statuto, se esistenti in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata o registrata. In particolare, per oggetto principale si intende l’attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari indicati dalla legge, dall’atto costitutivo o dallo statuto (art. 73, comma 4, del D.P.R. n. 917/ 1986). In mancanza dell’atto costitutivo o dello statuto nelle predette forme, l’oggetto principale dell’ente residente é determinato in base all’attività effettivamente esercitata nel territorio dello Stato; tale disposizione si applica in ogni caso agli enti non residenti.

11 L’alternatività dei tre criteri è stata ribadita anche dalla giurisprudenza di legittimità. V. Cassazione, Sez. Trib., 26

febbraio 2007, n. 4303; Cassazione, Sez. Trib., 7 novembre 2001, n. 13803.

Page 12: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

Il requisito dell’oggetto principale, va individuato oltre che nell’attività prevista nell’atto costitutivo o nello statuto (requisito formale), nell’attività d’impresa effettivamente esercitata dalla società o dall’ente giuridico oggetto d’osservazione (requisito sostanziale). L’oggetto principale dell’impresa é l’attività concreta esercitata per raggiungere gli scopi sociali: se tale attività viene svolta in parte in Italia ed in parte all’estero, l’Amministrazione finanziaria dovrà accertare la prevalenza quantitativa dell’attività italiana rispetto a quella estera. In sostanza si dovrà indagare su quale territorio l’impresa localizza il proprio «core business», la principale attività commerciale, industriale etc.. Avuto riguardo alle holding, con riferimento al luogo in cui viene realizzato l’oggetto sociale, rileva non tanto quello in cui si trovano i beni principali posseduti dalla società , quanto la circostanza che occorra o meno una presenza in loco per la gestione dell’attività dell’ente. A tal proposito, nella circolare 31 ottobre 2007, n. 67, l’Assonime ha rilevato che: «la distinzione assume particolare rilevanza per le holding di gestione delle partecipazioni, per le quali non bisogna confondere, ai fini della localizzazione, l’oggetto principale dell’attività d’impresa propria del soggetto controllante con quello delle società partecipate, né tantomeno con la collocazione dei beni da queste posseduti». Conseguentemente, l’oggetto principale deve essere individuato nel luogo in cui le attività di direzione e coordinamento e le altre attività ausiliarie di gestione operativa vengono effettuate. La circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 28/E del 04.08.2006 chiarisce che “in sede internazionale, ed in particolare nelle osservazioni contenute nel commentario all’articolo 4 del modello OCSE, l’amministrazione finanziaria si è, da sempre, preoccupata di salvaguardare i principi di effettività, richiamati nell’ordinamento domestico, ritenendo che la sede della direzione effettiva di un Ente debba definirsi non soltanto come il luogo di svolgimento della sua prevalente attività direttiva e amministrativa, ma anche come il luogo ove è esercitata l’attività principale”. Nelle “Holding statiche”, in assenza di una rilevante attività operativa, si deve fare direttamente riferimento all’oggetto principale, id est alla partecipazione posseduta, nel senso che la sede della partecipata illumina quella della Holding. La sede dell’amministrazione nelle Holding è, per certi versi, un dato formale: mancando il “mercato” si va a verificare da dove affluiscono i dividendi. L’attività delle Holding statiche si esaurisce infatti nella detenzione delle partecipazioni e nell’incasso della distribuzione dei relativi utili e nella partecipazione alle relative assemblee12.

12 Cfr. Simone Covino La funzionalizzazione alla determinazione della ricchezza dei criteri di residenza fiscale in Dialoghi Tributari 2/2010 – IPSOA Editore, pagina n. 228.

Page 13: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

2.1.3. La sede dell’amministrazione. Molto interessante appare il criterio di collegamento riconducibile alla sede dell’amministrazione dell’impresa o dell’ente estero. In merito, prescindendo dagli aspetti formali, occorre prendere in esame la situazione sostanziale ed effettiva dell’impresa. Infatti, talvolta il soggetto non residente localizza la sede legale all’estero, ma in realtà gli impulsi decisionali, le strategie aziendali, la direzione ed il coordinamento avvengono sul territorio dello Stato Italiano, ove é situato il «quartier generale» dell’impresa estera. In tali circostanze, la sede dell’amministrazione della società si identifica nella «sede effettiva» che, di fatto, non sempre coincide con la sede legale dell’impresa. In particolare, la sede dell’amministrazione di una società può definirsi come il luogo dove si “prendono decisioni” la cui rilevanza investe l’impresa nel suo complesso, ovvero il luogo nel quale vengono definiti gli indirizzi strategici dell’azienda e dal quale, di conseguenza, vengono diramate le relative direttive. Coerentemente, la Corte di cassazione (cfr. sent. 16 giugno 1984, n. 3604), ha affermato che per «sede effettiva» delle persone giuridiche è da intendere il luogo ove hanno concreto svolgimento le attività amministrative e di direzione dell’ente e si convocano le assemblee, e cioè il luogo deputato, o stabilmente utilizzato, per l’accentramento, nei rapporti interni e con i terzi, degli organi e degli uffici societari in vista del compimento degli affari e della propulsione dell’attività dell’ente. Ancora la Corte di cassazione (cfr. sent. 9 giugno 1988, n. 3910), ha precisato che la sede effettiva non coincide con il luogo in cui si trova un recapito della persona giuridica, ma si identifica con il luogo dove si svolge la preminente attività direttiva ed amministrativa dell’impresa (in senso conforme cfr. sentenze della Cassazione n. 2515/1976 e n. 2472/1981). Infine, ancora con riferimento al concetto di sede effettiva dell’impresa, la suprema Corte (cfr. sent. 13 ottobre 1972, n. 3028), ha ribadito che la sede effettiva di una persona giuridica non è semplicemente il luogo ove si trovano i suoi beni, i suoi stabilimenti e dove si svolge l’attività produttiva, ma quello in cui abbiano effettivo svolgimento anche l’attività amministrativa e direzionale, ove cioè risieda il suo legale rappresentante, i suoi amministratori e dove sono convocate le assemblee societarie. Quindi, sotto il profilo fiscale, la sede dell’amministrazione (c.d. place of effective management), coincide con il luogo dove gli amministratori si riuniscono abitualmente per definire le strategie dell’impresa, da dove realmente provengono gli impulsi direttivi, ovvero il luogo ove le decisioni sono realmente assunte.

Page 14: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

A titolo esemplificativo, per individuare la sede dell’amministrazione dell’impresa estera e, pertanto, la residenza ai fini fiscali della società, assumono rilevanza i seguenti elementi sintomatici:

- l’atto costitutivo e le regole sul funzionamento della società estera;

- dove si riuniscono gli amministratori e l’assemblea dei soci (verbali delle assemblee dei soci, determinazioni dell’amministratore unico e delibere del consiglio di amministrazione);

- dove si svolgono con regolarità le attività dell’impresa;

- dove risiedono gli amministratori e se sono in maggioranza italiani o stranieri;

- la disponibilità sul territorio nazionale di conti correnti, da cui la società trae le provviste per svolgere le attività sociali;

- la disponibilità in Italia o all’estero di contratti ed utenze;

- dove viene svolta l’attività imprenditoriale della società in osservazione (stato italiano o Stato estero);

- dove risulta localizzata l’organizzazione imprenditoriale (gli uomini, i mezzi e le risorse finanziarie che permettono lo svolgimento dell’attività d’impresa);

- dove è situato il luogo di recapito delle lettere di convocazione del consiglio di amministrazione e dell’assemblea dei soci;

- la corrispondenza via fax o e-mail dalla quale emergano elementi idonei a dimostrare che la sede di direzione effettiva della società è localizzata sul territorio nazionale.

Per individuare compiutamente il luogo di ubicazione della sede dell’amministrazione di una società, è necessario compiere un’indagine specifica e molto articolata, riguardante l’esercizio dei poteri gestionali del soggetto economico, al fine di determinare quali siano i soggetti cui spetta la determinazione delle scelte strategiche dell’impresa. In merito il Commentario al modello di Convenzione Ocse prevede che, anche nel caso in cui una società abbia più luoghi in cui esplica un’attività di gestione, uno solo può essere quello in cui effettivamente e stabilmente esercita il potere di direzione strategica. La giurisprudenza di legittimità ha confermato la prevalenza di tale criterio “sostanziale”, rispetto ad elementi formali. In particolare, la giurisprudenza di legittimità ritiene che ai fini dell’individuazione della sede dell’amministrazione, debba prevalere la situazione sostanziale ed effettiva, assumendo un ruolo secondario il profilo formale13. Inoltre, la Cassazione ha stabilito che costituisce sede effettiva di una persona giuridica “il luogo ove hanno concreto svolgimento le attività amministrative e

13 Cassazione, 10 dicembre 1974, n. 4172.

Page 15: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

di direzione”, ossia “il luogo deputato, o stabilmente utilizzato, per l’accentramento (…) degli organi e degli uffici societari in vista del compimento degli affari e della propulsione dell’attività dell’ente”14. Ancora, la suprema corte ha precisato che la sede effettiva di una società “non coincide con il luogo in cui si trova un recapito della medesima, oppure una persona che genericamente ne cura gli interessi (…), ma si identifica con il luogo dove si svolge la preminente attività direttiva ed amministrativa dell’impresa”15.

La Commissione tributaria centrale ha ritenuto che deve essere ravvisata l’esistenza in Italia della sede amministrativa di un soggetto estero, qualora l’attività dei rappresentanti della società sul territorio italiano si sostanzi, di fatto, nello svolgimento dei compiti e nell’esercizio dei poteri tipici degli amministratori e non di quelli propri dei semplici rappresentanti. Il giudice tributario ha inoltre affermato che:“qualora una società abbia la sede legale all’estero, ma abbia in Italia una sede amministrativa avente i poteri di gestione indipendente con a capo una persona che, ai sensi del codice civile, rivesta la qualifica di institore, deve prevalere il requisito della sede amministrativa e quello del centro dell’attività sociale rispetto a quello della sede legale”16.

Analogamente, la giurisprudenza comunitaria è intervenuta sull’argomento17, definendo la sede dell’amministrazione come “il luogo in cui vengono adottate le decisioni essenziali concernenti la direzione generale di tale società ed in cui si sono svolte le funzione di amministrazione centrale di quest’ultima. Di conseguenza un insediamento fittizio, come quello caratterizzato da una società casella postale o schermo, non potrebbe essere definita sede di una attività economica (…)”. In relazione al consolidato orientamento giurisprudenziale, la “sede di direzione effettiva” deve essere pertanto definita come il luogo di assunzione delle decisioni chiave di natura gestionale e commerciale, mentre il luogo dove è convocata l’assemblea dei soci, anche se può fornire alcuni elementi di valutazione, riveste carattere di natura formale. Infatti, i luoghi in cui si sono svolte le delibere assembleari della società (consigli di amministrazione e assemblee) possono fornire alcuni elementi indicativi, ma non sono da soli sufficienti a garantire sostanzialità e certezza al criterio della sede di direzione effettiva della persona giuridica.

14 Cassazione, 16 giugno 1984, n. 3604. 15 Cassazione, 9 giugno 1988, n. 3910. 16 Commissione Tributaria Centrale, 10 ottobre 1996, n. 4992. 17 Sentenza Corte di Giustizia Europea, Proc. C-73/06 del 28 giugno 2007.

Page 16: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

Recentemente, il giudice tributario di primo grado 18 , con particolare riferimento agli elementi sostanziali che individuano la sede di direzione effettiva, è giunto alla conclusione che, anche se formalmente residente in Lussemburgo, la società estera aveva tenuto plurime condotte, che ne attestavano l’effettivo legame, del tutto preponderante, se non esclusivo con l’Italia, luogo dove venivano prese tutte le decisioni, conclusi tutti i contratti, nonché svolte le attività della società. In particolare, gli elementi che la società dichiarava essere indicativi della residenza all’estero (in Lussemburgo), erano i seguenti:

- sede formale;

- luogo di verbalizzazione di assemblee;

- luogo di tenuta della contabilità;

- presenza in Lussemburgo di conti bancari e utenze intestate alla società.

Il giudice tributario ha ritenuto assolutamente prevalenti alcuni degli elementi evidenziati dall’Ufficio nelle proprie difese, attestanti l’assunzione in Italia di tutte le decisioni effettive sulla vita della società, e in particolare:

- scritture e accordi interni alla società in cui si attribuivano poteri di gestione esclusivi a soggetti italiani (addirittura con obblighi di semplice ratifica da parte del CdA);

- obbligo di firma congiunta con l’amministratore italiano per gli amministratori non italiani della società, a fronte del potere di firma singola/disgiunta in capo all’amministratore italiano;

- possesso di partecipazioni soprattutto in società italiane;

- stipula e registrazione sempre in Italia di tutti i negozi giuridici e gli atti di trasferimento di quote in cui era parte la società (in assenza di prova di contratti stipulati all’estero);

- sottoscrizione di tutti gli atti e contratti della società sempre da parte degli amministratori italiani e mai da parte di quelli lussemburghesi;

- e-mail spedite dall’amministratore e da un socio ai propri referenti lussemburghesi, da cui emergeva che in Lussemburgo gli organi formali della società si limitavano a ratificare ciò che di volta in volta decidevano i soggetti operanti in Italia.

Inoltre, la Commissione tributaria provinciale di Savona, confermando l’accertamento dell’ufficio finanziario, ha affermato che: “La documentazione richiamata, infatti, prova che gli atti di gestione della società e delle controllate venivano adottati da soggetti italiani, che espressamente affermavano che le stesse avrebbero dovuto essere ratificate dal Consiglio di amministrazione, in capo al quale veniva esclusa, pertanto, la sussistenza di un

18 v. sentenza n. 46 del 10 marzo 2011, Commissione tributaria provinciale di Savona.

Page 17: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

potere decisionale: ovviamente, in considerazione della complessa struttura societaria e della pluralità di imprese controllate, è normale che, al fine di rispettare il requisito formale della sede sociale, all’estero venisse data esecuzione a decisioni adottate nel nostro Paese. Gli elementi indicati dalla parte ricorrente non risultano decisivi a provare che la società fosse effettivamente residente all’estero, assumendo gli stessi, anche in considerazione della diligente opera di pianificazione fiscale di tale complessa vicenda, un ruolo meramente esecutivo. L’Amministrazione ha pertanto fornito indizi gravi precisi e concordanti circa l’effettiva operatività della società. Sul territorio dello Stato, cui la società ricorrente non ha opposto una diversa spiegazione”.

2.1.4. Direzione e coordinamento della Holding capogruppo.

Alcuni interessanti problematiche applicative emergono con riferimento alle società appartenenti a gruppi societari. Ciò in quanto all’interno dei gruppi il potere decisionale di ciascuna società è sempre soggetto all’attività di “direzione e coordinamento” della capogruppo, benché con gradi di intensità diversi. La “casa madre”, infatti, stabilisce le linee strategiche, definisce l’assetto organizzativo e decide sulle operazioni di maggior rilevanza per l’intero gruppo, anche se le stesse sono successivamente poste in essere dalla società partecipata. In tale scenario appare evidente che la sede di direzione effettiva non può coincidere con il luogo in cui vengono assunte le decisioni strategiche del gruppo; ciò che rileva è, invece, il Paese in cui vengono assunte le decisioni relative all’amministrazione propria dell’ente partecipato, ossia il luogo in cui viene gestita e diretta quotidianamente la società “figlia”. Conseguentemente, occorre attentamente valutare:

- se il caso oggetto di analisi concretizzi una situazione di fatto che radica in Italia l’esecuzione di una concreta attività di amministrazione/gestione, presso gli uffici della società holding capogruppo Italiana, della società formalmente residente all’estero;

- ovvero, se l’attività svolta dalla casa madre sia riconducibile alla mera attività

di orientamento, direzione e coordinamento e, pertanto, la legal entity estera risulta completamente “svuotata” di ogni autonomia.

In merito, nell’analizzare l’autonomia giuridica di una società, occorre rilevare fatti e circostanze che comprovino l’assenza di autonomia giuridica, contrattuale, finanziaria e funzionale della società estera rispetto al soggetto italiano.

Page 18: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

In particolare, tra i requisiti di carattere formale riconducibili all’autonomia giuridica della società, rilevano ad esempio:

- l’atto costitutivo e le regole sul funzionamento della società estera; - le delibere relative alle decisioni dei soci e degli organi di amministrazione

(verbali delle assemblee dei soci, verbali del consiglio di amministrazione); - l’articolazione dei poteri degli amministratori e le deleghe interne; - la regolarità delle attività relative alla vita sociale.

Sotto il profilo sostanziale, per valutare l’effettiva residenza di una persona giuridica sul territorio nazionale si deve tenere anche conto dei seguenti elementi:

- esistenza effettiva dell’attività imprenditoriale (industriale o commerciale) svolta dalla società estera;

- esistenza effettiva di un’organizzazione di uomini e mezzi idonea allo

svolgimento della predetta attività d’impresa (es. personale dirigente, addetti commerciali/amministrativi, CFO, Country Manager estero);

- valutazione delle ragioni economiche che hanno indotto il soggetto

controllante italiano, a svolgere attività d’impresa all’estero costituendo la legal entity.

Ciò posto, si ritiene che l’attività di effettiva gestione manageriale vada esclusa in favore di quella di direzione e coordinamento, qualora gli impulsi direttivi impartiti consistano in meri atti di orientamento e direzione di carattere generale dell’attività di un gruppo societario, non essendo riconducibili, pertanto, in atti di concreta amministrazione della società controllata estera. Conseguentemente, ai fini dell’attività di effettiva gestione, assumeranno rilievo le attività “ordinarie” caratterizzate da una certa continuità effettuate dalla casa madre, quali, ad esempio, l’attività di organizzazione e di controllo dei processi e dei fattori produttivi, la gestione del personale, le attività di relazione con i terzi, la stipula di contratti inerenti alla gestione ordinaria, gli incassi e i pagamenti19. Inoltre, occorre valutare il grado di dipendenza delle filiale estera sotto il profilo finanziario. Su tale aspetto, rileva la circostanza che il CFO di gruppo disponga o meno dei poteri di firma e di controllo dei conti correnti delle società partecipate estere, ovvero si limiti a svolgere solo attività di

19 In merito, alcuni importanti spunti di riflessione sono rinvenibili nella sentenza n. 61/25/07 del 03/12/2007 della

commissione tributaria regionale della Toscana, la quale tratta specificatamente la tematica in commento.

Page 19: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

coordinamento finanziario della tesoreria svolta da tutte le società del gruppo20

.

Sul tema dell’esterovestizione societaria, si riporta un’altra sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Firenze21.

In particolare, il caso esaminato dai giudici fiorentini ha riguardato un gruppo d'imprese strutturato con una holding italiana al vertice e una sub-holding lussemburghese, che deteneva le partecipazioni nelle società operative italiane ed estere.

L'esame della documentazione acquisita agli atti del controllo fiscale ha messo in evidenza un’intensa e pressoché totale attività di gestione della società estera in Italia22.

In conclusione, la Commissione tributaria, nel richiamare le norme italiane che disciplinano la residenza fiscale, nonché l’articolo 4 del modello di convenzione internazionale contro le doppie imposizioni, ha evidenziato, ancora una volta, come sia la sostanza dei fatti (ovvero il luogo in cui sono prese le decisioni aziendali) a prevalere sul dato formale (la localizzazione della sede legale).

2.2. Normativa convenzionale (art. 4 del Modello di convenzione OCSE).

Nel paragrafo precedente è stato evidenziato che la normativa nazionale relativa alla residenza fiscale delle persone giuridiche prevede la compresenza di un criterio formale (la sede legale) e di due criteri sostanziali (la sede dell’amministrazione e l’oggetto principale). I tre criteri operano autonomamente e, conseguentemente, al realizzarsi di uno dei requisiti previsti dalla legge, il soggetto passivo sarà considerato residente in Italia.

Si pone adesso il problema di comprendere come gli elementi che individuano la residenza fiscale possano coesistere tra di loro, in quanto la contestuale presenza di

20 Cfr. P. Valente, Esterovestizione e residenza, Determinanti e metodologie di supporto, profili probatori e linee di

difesa, 2010, IPSOA Editore, pag. 415. 21 sentenza n. 108/16/07 del 18 aprile 2007.

22 L'amministrazione dell'azienda estera veniva posta in essere principalmente dal presidente della società italiana, che risultava anche essere l'azionista di riferimento della capogruppo. Gli amministratori esteri formalmente nominati erano invece, in realtà, meri esecutori di volontà altrui, mentre il luogo in cui venivano prese le decisioni strategiche era situato in Italia. Sotto il profilo probatorio, la Commissione Tributaria Provinciale, nella citata sentenza, afferma che le conclusioni cui giunge l'ufficio si basano su indizi gravi, precisi e concordanti, non ritenendo meritevoli di accoglimento le motivazioni addotte dal contribuente in sede di ricorso. In particolare, i giudici di merito si sono soffermati su alcuni punti determinanti nella costruzione dell'impianto motivazionale contenuto nel verbale, volti a dimostrare che tutte le direttive e gli impulsi volitivi riguardanti la gestione societaria provenivano dall'Italia e che l'amministratore nominato all'estero, un consulente sammarinese, era un mero esecutore di ordini in realtà impartiti dal presidente della società italiana.

Page 20: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

più criteri sostanziali, riconosciuti dai diversi ordinamenti giuridici (quello dello Stato italiano e quello dello Stato estero), potrebbe comportare la possibilità che un soggetto venga considerato residente in più Stati, in quanto ad esempio ha la sede dell’amministrazione in Italia, mentre esercita la propria attività, il proprio oggetto sociale all’estero.

In ambito internazionale, al fine di dirimere ipotesi di conflitto di residenza, il Modello Ocse di Convenzione sui redditi prevede specifiche disposizioni che consentono di definire la residenza del soggetto passivo, ai sensi della Convenzione internazionale. Infatti, gli accordi internazionali contro le doppie imposizioni sui redditi hanno l'obiettivo di ripartire la pretesa tributaria tra i due Stati coinvolti, individuando lo Stato della residenza del soggetto passivo ed in via residuale lo Stato della fonte che, generalmente, si impegna a ridurre ovvero a rinunciare al proprio potere impositivo. Le convenzioni internazionali ispirate al Modello Ocse (articolo 4, paragrafo 3), per individuare la residenza fiscale del soggetto passivo, fanno riferimento al c.d. criterio della sede di direzione effettiva, rappresentata dal c.d. “place of effective management”, la cui definizione è rinvenibile nel paragrafo 24 del commentario O.C.S.E., modificato dal documento “The 2008 update to the OECD Model Tax Convention” del 18 luglio 2008.

Ciò premesso, nel corso di un controllo fiscale, qualora l’Italia abbia stipulato una convenzione bilaterale con lo Stato estero dove formalmente risiede la società estera, l’amministrazione finanziaria dovrà tenere conto del criterio della sede di direzione effettiva previsto dalla norma convenzionale. Conseguentemente, la convenzione internazionale contro le doppie imposizioni sui redditi risolverà il conflitto di residenza dando prevalenza, tra i due criteri sostanziali (oggetto principale e sede dell’amministrazione), al criterio del “place of effective management”.

Quanto sopra evidenziato, viene di seguito schematizzato:

Normativa nazionale Normativa convenzionale Art. 73, comma 3, del D.P.R. n. 917/1986: “ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno la sede legale o la sede dell'amministrazione o l'oggetto principale nel territorio dello Stato.

Art. 4, paragrafo 3, del commentario OCSE: “Where by reason of the provisions of paragraph 1 a person other than an individual is a resident of both Contracting States, then it shall be deemed to be a resident only of the State in which its place of effective management”.

Tre criteri alternativi:

- Sede legale - Sede dell’amministrazione; - Oggetto principale

Unico criterio: “place of effective management”, sede di direzione effettiva. La sede di direzione effettiva è il luogo in cui sono prese in sostanza le decisioni importanti di gestione (key management), amministrative e commerciali necessarie per il funzionamento dell’impresa nel suo complesso.

2.3 Cenni storici ed origine del criterio del “place of effective management”.

Page 21: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

Il criterio del “place of effective management”, trova origine in Inghilterra tra la fine dell’ottocento e gli inizi del novecento e viene fatto risalire ad alcune sentenze della House of Lords inglese, che individuarono nel Regno Unito la residenza di alcune società svolgenti attività commerciale in Sud Africa, in India ed in Italia. Il caso più noto è quello della società De Beers23, esercente l’attività di estrazione e commercio di diamanti. Nel 1906, la House of Lords, dovette affrontare il problema di stabilire dove fosse residente una società: - registrata in Sud Africa; - che svolgeva l’attività di estrazione di diamanti in Sud Africa; - che teneva la contabilità in Sud Africa; - con ufficio principale (head office) in Sud Africa; - con assemblee generali dei soci in Sud Africa; - con i consigli di amministrazione che si riunivano sia in Sud Africa, sia nel Regno

Unito; - avente la maggioranza degli amministratori residenti in Regno Unito (nove su

sedici). Ebbene, la Corte inglese individuò la residenza fiscale della società nel Regno Unito, dando maggior peso evidentemente al criterio del luogo da cui la società riceveva gli impulsi decisionali più importanti, dove si trovava «la prevalente mente gestionale» della società. Anche in un’altra sentenza (Calcutta Jute Mills Company del 2 febbraio 1876), relativa ad una società operante in India, i giudici hanno dato prevalenza al criterio del luogo di gestione della società, ritenendo fiscalmente residente la società nel Regno Unito, in quanto registrata in Inghilterra ed in quanto ivi gli amministratori si riunivano, gestivano e controllavano le operazioni più importanti della società. Infine, la sentenza Cesena Sulphur Company Limited, anch’essa del 2 febbraio 1876, ha riguardato la residenza fiscale di una società esercente la propria attività in Italia. In merito, la Corte inglese individuò la residenza fiscale della società Italiana nel Regno Unito, anche se gli unici collegamenti con esso erano il luogo di registrazione della società e il luogo in cui di solito si tenevano le riunioni degli amministratori24.

23 De Beers Consolidated Mines, Limited v Howe.

24 Per approfondimenti in merito si rinvia a G. Moschetti, “Origine storica, significati e limiti di utilizzo del place of effective management, quale criterio risolutivo dei casi di doppia residenza delle persone giuridiche”, in “Diritto e pratica tributaria” n. 2/2010, pag. 245.

Page 22: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

2.4. Sede di direzione effettiva: le proposte di modifica al commentario all’articolo 4

del modello OCSE.

In data 21 aprile 2008, il Centre for Tax Policy and Administration dell’OCSE ha pubblicato il documento, denominato Draft Contents of the 2008 Update to the Model Tax Convention, che contiene le proposte di modifica alla versione 2005 del Modello di Convenzione dell’OCSE e relativo Commentario. In data 18 luglio 2008, è stato anche pubblicato il documento “The 2008 update to the OECD Model Tax Convention” che ha recepito i contenuti del “Draft Contents” e, conseguentemente, ha modificato la versione 2005 del modello di convenzione OCSE. 2.4.1. La versione 2005 del commentario all’articolo 4. Ai sensi dell’art. 4, paragrafo 3 del Modello OCSE, nei casi di “dual residence” di una persona giuridica, questa è “considerata residente soltanto dello Stato in cui si trova la sede della sua direzione effettiva”. In relazione a quanto previsto dal paragrafo 24 del Commentario all’art. 4, la “sede di direzione effettiva” è stata adottata quale criterio preferenziale per la determinazione della residenza fiscale dei soggetti diversi dalle persone fisiche” In base alla versione 2005 del commentario, la “sede di direzione effettiva” è il luogo dove sono sostanzialmente adottate le decisioni principali sul piano della gestione, nonché quelle necessarie per l’esercizio dell’attività dell’ente. La “sede di direzione effettiva” è, di regola, il luogo in cui la persona o il gruppo di persone che esercitano le funzioni di rango più elevato (a titolo esemplificativo, un consiglio di amministrazione) adottano ufficialmente le decisioni, il luogo in cui sono prese le deliberazioni dell’ente nel suo complesso. Inoltre, dal momento che non risulta possibile stabilire una regola precisa in merito, ai fini della determinazione della sede di direzione effettiva devono considerarsi tutti i fatti e le circostanze del caso concreto. 2.4.2. Le modifiche al commentario. Le modifiche al commentario all’articolo 4, prevedono l’eliminazione, dal paragrafo 24 del seguente periodo: “… La sede di direzione effettiva sarà ordinariamente il luogo in cui la persona o il gruppo di persone che esercitano le funzioni di rango più elevato prende ufficialmente le sue decisioni, il luogo in cui sono adottate le deliberazioni che devono essere assunte dall’ente nel suo insieme …”. Parallelamente è stata prevista l’introduzione del nuovo paragrafo 24.1 con la finalità di indicare nuovi elementi sintomatici che consentono di individuare la “sede di direzione effettiva” delle società.

Page 23: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

Il nuovo paragrafo 24.1 del Commentario all’art. 4, precisa che alcuni Stati considerano relativamente rari i casi di doppia residenza delle persone giuridiche; pertanto, essi dovrebbero essere esaminati e risolti singolarmente (c.d. approccio case–by-case). Inoltre, alcuni Stati ritengono che tale approccio case-by-case sia il metodo più opportuno per far fronte alle difficoltà che potrebbero insorgere – nella determinazione della sede dell’amministrazione effettiva delle persone giuridiche – dall’uso delle nuove tecnologie. Tali Stati hanno, altresì, la facoltà di attribuire alle autorità competenti il compito di risolvere la questione della residenza delle persone giuridiche, mediante una previsione alternativa del seguente tenore: “3. Laddove, ai sensi del paragrafo 1, una persona giuridica risieda in entrambi gli Stati contraenti, le autorità competenti di tali Stati potranno determinare di comune accordo in quale dei due Stati la persona giuridica dovrà ritenersi residente, ponendo attenzione alla sede della direzione effettiva, al luogo di costituzione ovvero ad ogni altro fattore rilevante. In assenza di accordo, la persona giuridica non ha diritto ad alcuna esenzione fiscale, se non nei limiti concordati tra le autorità competenti degli Stati contraenti”25. A seguito delle modifiche, con l’introduzione del paragrafo 24.1. del commentario all’art. 4 del modello di convenzione Ocse, per determinare la residenza le autorità competenti dovranno tener conto, a titolo esemplificativo e non esaustivo, dei seguenti fattori:

- il luogo ove si svolgono le riunioni del consiglio di amministrazione; - il luogo in cui il CEO e gli altri senior executives usualmente svolgono le loro

funzioni; - il luogo del day-to-day management della persona giuridica; - il luogo in cui si trova l’headquarter della persona giuridica; - la legislazione applicabile alla persona giuridica; - il luogo in cui è tenuta la contabilità26.

In altre parole, le modifiche al Commentario OCSE introdotte nel 2008 hanno eliminato dal paragrafo 24 il riferimento al place of effective management come al luogo in cui i vertici della società assumono le loro decisioni, pur mantenendo un riferimento generico al luogo in cui sono assunte le decisioni fondamentali per l’attività dell’impresa, lasciando, pertanto, alle Amministrazioni Finanziarie degli Stati contraenti la più ampia discrezionalità sul tema. Secondo quanto previsto dal par. 24 del Commentario, nella sua versione prima delle modifiche introdotte nel 2008, il criterio della sede di direzione effettiva era stato adottato quale criterio preferenziale per la determinazione della residenza fiscale dei soggetti diversi dalle persone fisiche.

25 V. P.Valente, “Modifiche agli artt. 1-5 del modello e al Commentario, in “il Fisco” n. 32/2008, pag. 5782 e ss. R.

Russo, The 2008 OECD Model: An Overview, European Taxation, 2008, p. 459; G. Melis, “La residenza fiscale delle soceità nell’IRES: giurisprudenza e normativa convenzionale”, in Corr. Trib. n. 45/2008, p. 3653.

26 Per un maggiore approfondimento si cita: Piergiorgio Valente, “Modifiche agli arttt. 1-5 del modello e al commentario” in “il Fisco” n. 32/2008 – pagina 5782.

Page 24: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

Questa sarebbe consistita nel luogo in cui vengono adottate le principali decisioni concernenti la vita dell’impresa sul piano della gestione, nonché le decisioni necessarie per l’esercizio dell’attività dell’entità. La sede di direzione effettiva sarebbe stata, in linea di principio, il luogo di adozione ufficiale delle decisioni da parte della persona o del gruppo di persone che rivestono all’interno della gerarchia interna della società funzioni di rango elevato, quali, ad esempio, quelle svolte dal consiglio di amministrazione, non potendosi, comunque, prescindere dalla considerazione di tutti i fattori e le circostanze rilevanti nel caso concreto per l’attribuzione della residenza fiscale. Tuttavia, anche dopo le modifiche, il precedente concetto di place of effective management (sede di direzione effettiva), rimane il criterio fondamentale per risolvere ogni eventuale controversia relative alla doppia residenza (dual residence)27. In merito l’Italia ha dichiarato, nel paragrafo 25 delle osservazioni all’articolo 4 del modello Ocse 2008, che nel determinare la residenza fiscale di una società, oltre al concetto di “sede della direzione effettiva”, dovrà essere attribuita rilevanza anche al luogo nel quale viene svolta l’attività principale dell’impresa: “25. As regards paragraphs 24 and 24.1, Italy holds the view that the place where the main and substantial activity of the entity is carried on is also to be taken into account when determining the place of effective management of a person other than an individual”.

2.5. Dual residence: le procedure arbitrali previste in caso di conflitto tra Stati.

Le problematiche connesse con i casi di doppia residenza di una persona giuridica (c.d. “dual residence”), derivano dal fatto che il soggetto passivo è considerato residente in due Stati diversi ai sensi delle rispettive normative nazionali e le disposizioni convenzionali contenute nell’articolo 4, paragrafo 3, del modello OCSE, non sono sufficienti ad individuare il luogo ove è ubicata la “sede di direzione effettiva” della società. In tale contesto, le procedure arbitrali ed amichevoli previste dalle norme convenzionali (c.d. MAP Mutual Agreement Procedure), costituiscono un valido strumento per trovare una soluzione alle due maggiori problematiche riguardanti casi di doppia imposizione in ambito internazionale (nelle ipotesi di Transfer Pricing e di esterovestizione societaria). L’obiettivo delle procedure amichevoli è proprio quello di eliminare i casi di doppia imposizione. Si pensi, ad esempio, ai casi di assoggettamento ad imposizione degli stessi redditi, prodotti dalla medesima società, in due diversi Stati (nel caso dell’esterovestizione societaria), ovvero ai casi di doppia imposizione che potrebbero derivare dalla

27 Cfr. V. Piacentini “la nozione di residenza nel diritto interno e convenzionale”, Manuale di fiscalità internazionale IV edizione 2010 IPSOA Editore, pag. 285.

Page 25: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

rideterminazione dei prezzi di trasferimento intercompany, (in applicazione della normativa “transfer pricing”). In merito, un primo modello utilizzato per risolvere problemi di doppia imposizione, è previsto dalla Convenzione Italia-Unione Europea 90/436/CEE, ratificata dall’Italia con la Legge n. 99/1993 (denominata “Convenzione arbitrale”), che viene utilizzata unicamente per risolvere “l’eliminazione della doppia imposizione in caso di rettifica degli utili delle imprese associate” (“id est” le problematiche connesse con il “transfer pricing”). L’articolo 25 del modello di convenzione OCSE ha invece una portata più ampia, in quanto si applica anche a tutti i casi in cui un residente di uno Stato contraente ritiene che le misure adottate da uno o ambedue gli Stati contraenti comportino per lui un’imposizione non conforme alla Convenzione. Conseguentemente, tale ultima disposizione riguarda, oltre alle problematiche connesse con il transfer pricing, anche tutte le altre questioni attinenti la localizzazione e la tassazione di un reddito nell’uno o nell’altro Stato contraente nei casi, ad esempio, dell’esterovestizione societaria.

I casi di dual residence di una persona giuridica derivano dal fatto che: - una società è considerata residente in due Stati diversi, ai sensi delle rispettive

legislazioni nazionali;

- l’applicazione della disposizione convenzionale contenuta nell’articolo 4, paragrafo 3, del modello di convenzione Ocse non consente, da sola, di stabilire la sede di direzione effettiva della società.

La speciale procedura amichevole prevista per risolvere i casi di doppia residenza del soggetto passivo, deve essere avanzata ai sensi del paragrafo 1 dell’art. 25 del modello di convenzione Ocse.

Tale richiesta deve avvenire entro tre anni dalla notifica dell’atto da cui scaturisce la presunta doppia imposizione per la persona giuridica. Infatti, nei casi di problemi applicativi delle norme convenzionali, il paragrafo 1 dell’art. 25 del modello di convenzione OCSE prevede che:“Quando una persona ritiene che le misure adottate da uno o da entrambi gli Stati contraenti comportano o comporteranno per essa un’imposizione non conforme alle disposizione della presente Convenzione, essa può, indipendentemente dai ricorsi previsti dalla legislazione nazionale di detti Stati, sottoporre il caso all’autorità competente dello Stato contraente di cui è residente oppure, se il caso ricade nell’ambito di applicazione del paragrafo 1 dell’articolo 24, a quello Stato contraente di cui possiede la nazionalità. Il caso deve essere sottoposto entro tre anni dalla prima notifica della misura che comporta la tassazione non conforme alle disposizioni della Convenzione”.

Article 25 - MUTUAL AGREEMENT PROCEDURE “1. Where a person considers that the actions of one or both of the Contracting States result or will result for him in taxation not in accordance with the provisions of this Convention, he may, irrespective of the remedies provided by the domestic law of those States, present his case to the competent authority of the Contracting

Page 26: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

State of which he is a resident or, if his case comes under paragraph 1 of Article 24, to that of the Contracting State of which he is a national. The case must be presented within three years from the first notification of the action resulting in taxation not in accordance with the provisions of the Convention”. L’art. 25 del Modello OCSE, istituisce una procedura amichevole per la risoluzione delle controversie che insorgono dall’applicazione della Convenzione. Ai paragrafi 1 e 2, viene previsto altresì che le autorità competenti debbano impegnarsi per regolare, in via di amichevole composizione, la posizione dei contribuenti soggetti ad imposizione non conforme alle disposizioni della Convenzione.

Inoltre, il paragrafo 3 invita e autorizza le autorità competenti degli Stati contraenti a risolvere, attraverso la procedura di composizione amichevole, le problematiche relative all’interpretazione o applicazione delle disposizioni convenzionali e, ancora, a consultarsi per eliminare la doppia imposizione nei casi non disciplinati dalle stesse. Con riguardo alle modalità pratiche di attuazione della procedura amichevole, il paragrafo 4, dell’art. 25, autorizza le autorità competenti a comunicare direttamente tra loro, non per via diplomatica e, quando opportuno, ad intraprendere uno scambio orale di opinioni attraverso una commissione congiunta appositamente nominata.

2.6. Le proposte di modifica all’articolo 25 del modello Ocse e relativo commentario.

Il Draft Contents of the 2008 del 21 aprile 2008, contiene proposte di modifica all’articolo 25 del Modello di Convenzione dell’OCSE e relativo Commentario. Il successivo documento “The 2008 update to the OECD Model Tax Convention” del 18 luglio 2008, recepisce le modifiche del Draft Contents alla versione del 2005 del modello Ocse e il nuovo articolo 25 e relativo commentario. In particolare, le novità prevedono l’integrazione mediante l’inserimento, all’articolo 25, del par. 5, che contempla la procedura arbitrale. 2.6.1 La procedura arbitrale. Nel caso in cui le autorità competenti non siano in grado di raggiungere un accordo ai sensi del par. 2 (la c.d. procedura di accordo reciproco), entro 2 anni dalla sottoposizione del caso all’autorità competente, la questione potrà essere risolta mediante ricorso alla procedura arbitrale. La procedura arbitrale, che come detto riguarda questioni irrisolte sollevate nel corso della procedura di accordo reciproco (ex. art. 25 del modello di convenzione Ocse), non funziona in modo automatico, ma è sempre subordinata all’iniziativa del contribuente. L’istanza di arbitrato deve:

Page 27: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

- essere inoltrata ad una delle autorità competenti; - contenere tutte le informazioni e la documentazione di dettaglio necessarie a

descrivere compiutamente i fatti e definire i termini della questione da risolvere.

Entro 10 giorni dalla ricezione dell’istanza presentata dal contribuente, l’autorità competente ricevente ne invia una copia all’altra autorità competente. Entro tre mesi dalla ricezione dell’istanza, le autorità competenti interessate devono definire le questioni da risolvere da parte del collegio arbitrale (i c.d. “termini di riferimento”). Successivamente, i termini di riferimento dovranno essere comunicati al contribuente che ha presentato l’istanza di arbitrato. Entro tre mesi dal ricevimento dei termini di riferimento, da parte del contribuente che ha inoltrato l’istanza, ciascuna autorità competente dovrà nominare un arbitro. I due arbitri nominati con le modalità sopra indicate, dovranno nominare un terzo arbitro che svolgerà le funzioni di Presidente del collegio. La procedura arbitrale è applicabile esclusivamente per eliminare una tassazione non conforme alle norme della Convenzione, ai sensi del paragrafo 1 dell’articolo 25. Il collegio arbitrale designato dovrà emettere una decisione vincolante per gli Stati contraenti entro sei mesi, a meno che questi non risolvano la questione in modo diverso in questo arco di tempo. Il Commentario all’articolo 25 del Modello Ocse nell’aggiornamento 2008 chiarisce che l’arbitrato rappresenta un’estensione della stessa MAP (Mutual Agreement Procedure) per rafforzarne l’effetto e non una procedura alternativa per la risoluzione delle controversie inerenti l’applicazione della Convenzione fiscale e che ne è possibile l’attivazione esclusivamente nei casi in cui le autorità competenti non riescano a concordare una soluzione conforme alle disposizioni della Convenzione. Ciò significa che, se le autorità competenti raggiungono un accordo che ritengono conforme alle disposizioni convenzionali, in entrambi gli Stati contraenti, la procedura arbitrale non potrà essere avviata a prescindere da qualsiasi giudizio di merito possa trarre il contribuente dall’accordo. Si riporta, di seguito la versione ufficiale in lingua inglese del nuovo paragrafo 5 dell’articolo 25:

“5. Where, a) under paragraph 1, a person has presented a case to the competent

authority of a Contracting State on the basis that the actions of one or both

Page 28: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

of the Contracting States have resulted for that person in taxation not in accordance with the provisions of this Convention, and

b) the competent authorities are unable to reach an agreement to resolve that

case pursuant to paragraph 2 within two years from the presentation of the case to the competent authority of the other Contracting State, any unresolved issues arising from the case shall be submitted to arbitration if the person so requests. These unresolved issues shall not, however, be submitted to arbitration if a decision on these issues has already been rendered by a court or administrative tribunal of either State. Unless a person directly affected by the case does not accept the mutual agreement that implements the arbitration decision, that decision shall be binding on both Contracting States and shall be implemented notwithstanding any time limits in the domestic laws of these States. The competent authorities of the Contracting States shall by mutual agreement settle the mode of application of this paragraph28”.

Traduzione, non ufficiale, in Italiano: “5. Laddove,

a) ai sensi del paragrafo 1, una persona abbia sottoposto un caso all'autorità competente di uno Stato Contraente, sulla base del fatto che le azioni di uno o di entrambi gli Stati Contraenti siano state poste in essere, per quella persona, non in conformità con le disposizioni della presente Convenzione e,

b) le autorità competenti non siano in grado di raggiungere un accordo

per risolvere il caso, ai sensi del paragrafo 2 entro due anni dalla presentazione del caso all'autorità competente dell’altro Stato contraente, ogni questione non risolta sarà sottoposta ad arbitrato se la persona lo richiede. Tuttavia, tali questioni irrisolte non saranno sottoposte ad arbitrato se una decisione sulle stesse è già stata pronunciata da un organo giudiziario o amministrativo di uno dei due Stati. A meno che una persona direttamente interessata dal caso non accetti l’accordo reciproco che attua la decisione arbitrale, tale decisione sarà vincolante per entrambi gli Stati Contraenti e sarà applicata a prescindere dai limiti temporali previsti dalle legislazioni nazionali di tali Stati. Le autorità competenti degli Stati contraenti regoleranno di comune accordo le modalità di applicazione del presente paragrafo”.

28 In some States, national law, policy or administrative considerations may not allow or justify the type of dispute

resolution envisaged under this paragraph. In addition, some States may only wish to include this paragraph in treaties with certain States. For these reasons, the paragraph should only be included in the Convention where each State concludes that it would be appropriate to do so based on the factors described in paragraph 47 of the Commentary on the paragraph. As mentioned in paragraph 54 of that Commentary, however, other States may be able to agree to remove from the paragraph the condition that issues may not be submitted to arbitration if a decision on these issues has already been rendered by one of their courts or administrative tribunals”.

Page 29: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

3. Applicazione della presunzione legale relativa in materia di esterovestizione29. 3.1. Il meccanismo presuntivo introdotto dal D.L. 223/2006.

Nel presente capitolo sarà approfondito il tema della presunzione legale relativa in materia di esterovestizione ai sensi dell’art. 73, comma 5-bis, del D.P.R. n. 917/1986, con specifico riferimento alla possibile reiterazione del meccanismo presuntivo lungo tutta la catena societaria, risalendo la sequenza dei rapporti di controllo tra le varie sub-holding estere. In particolare, qualora l’Amministrazione finanziaria applichi efficacemente il meccanismo presuntivo su una società estera, che direttamente controlla una società italiana, la presunzione potrà essere applicata anche per la società estera inserita nell’anello immediatamente superiore della catena societaria. La reiterabilità della presunzione, tuttavia, non rappresenta un automatismo applicativo, ma richiede il rispetto di precisi “step operativi”, analiticamente delineati dalla prassi e dalla dottrina.

3.2. Normativa di riferimento: elementi di sintesi.

Mentre il comma 3 dell’articolo 73 del D.P.R. n. 917/1986 prevede i criteri sostanziali di collegamento delle società formalmente costituite all’estero, con il territorio dello Stato Italiano, il comma 5-bis dello stesso articolo 73 è una norma che riveste carattere esclusivamente procedurale. Infatti, con l’obiettivo di contrastare “fenomeni patologici” riconducibili alla residenza fiscale delle società, il legislatore ha introdotto una presunzione legale relativa che prevede l’inversione, a carico del contribuente, dell’onere della prova, dotando l’ordinamento tributario di uno strumento che solleva l’Amministrazione finanziaria dalla necessità di provare l’effettiva sede dell’amministrazione di società o enti che presentano elementi di collegamento con il territorio dello Stato. In merito, l’articolo 73, comma 5-bis, del D.P.R. 917/1986 stabilisce che, salvo prova contraria, si considera esistente nel territorio dello Stato la sede dell’amministrazione di società ed enti, che detengono partecipazioni di controllo (cosiddetto “controllo attivo” diretto)30, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, del codice civile, nei soggetti di cui alle lettere a) e b) del comma 1, se, in alternativa:

� sono controllati, anche indirettamente, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, del codice civile, da soggetti residenti nel territorio dello Stato (“cosiddetto controllo passivo”);

� sono amministrati da un consiglio di amministrazione, o altro organo equivalente di gestione, composto in prevalenza di consiglieri residenti nel territorio dello Stato.

29 Il presente capitolo è tratto dall’articolo redatto da M. Thione e M. Bargagli: “Presunzione di esterovestizione e

reiterabilità del meccanismo presuntivo lungo la catena partecipativa” in “il Fisco” n. 18/2011, pag. 2841. 30 La disposizione contenuta nel comma 5-bis dell’articolo 73 del TUIR, si riferisce al solo controllo attivo diretto

operato dalla legal entity estera nei confronti di un soggetto residente in Italia. Il comma 5-ter dell’articolo 73 del TUIR, ai fini della verifica della sussistenza del controllo di cui al comma 5-bis, precisa che si deve tener conto della situazione esistente alla data di chiusura dell’esercizio o periodo di gestione del soggetto estero controllato.

Page 30: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

Controllo ex art. 2359, co. 1, c.c. (controllo attivo)

Soggetti di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell’articolo 73 del D.P.R. n. 917/1986 (es. le società, le cooperative, le società di mutua assicurazione, gli enti pubblici e privati diversi dalle società, i trust)

Controllo ex art. 2359, co. 1, c.c.

(controllo passivo)

(es. società, enti, ma anche persone fisiche)

Controllo ai sensi art. 2359, co. 1, c.c. (controllo attivo)

Soggetti di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell’articolo 73 del D.P.R. n. 917/1986 (es. le società, le cooperative, le società di mutua assicurazione, gli enti pubblici e privati diversi dalle società, i trust)

Il CDA della società estera, risulta composto in prevalenza da consiglieri residenti nel territorio dello Stato italiano. Stando al tenore letterale della norma, la presunzione opera anche qualora i consiglieri di amministrazione, nati all’estero, risultino residenti nel territorio dello Stato italiano. Di contro, qualora il consigliere Mario Rossi, nato in Italia, abbia successivamente trasferito la propria residenza all’estero, la presunzione non trova applicazione

Le fattispecie presuntive previste dalla disposizione normativa operano alternativamente e rappresentano casi in cui, a giudizio del nostro Legislatore, appare particolarmente evidente l’esistenza di un attendibile, nonché stabile, collegamento territoriale della società estera con il nostro Paese. I requisiti per l’applicabilità della presunzione legale relativa di esterovestizione sono sintetizzabili negli schemi che seguono.

Schema n. 1: prima fattispecie presuntiva (presenza di contestuale controllo attivo e controllo passivo).

Schema n. 2: seconda fattispecie presuntiva (controllo attivo e maggioranza dei consiglieri residenti).

LEGAL ENTITY ESTERA

SOGGETTI RESIDENTI IN ITALIA

SOGGETTI RESIDENTI IN ITALIA

LEGAL ENTITY ESTERA

SOGGETTI RESIDENTI IN ITALIA

Page 31: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

È stata, così, introdotta, al ricorrere di determinati presupposti, una presunzione legale relativa la quale, salvo prova contraria, riconduce in Italia la sede dell’amministrazione dell’impresa estera. Il legislatore ha, dunque, invertito l’onere di provare la residenza effettiva della società estera prescindendo, ovviamente, da dove sia ubicata la sede legale. La finalità delle presunzioni, che sono applicabili a decorrere dal periodo di imposta 2006, è quella da un lato di lato facilitare il compito dei verificatori nell’accertamento degli elementi di fatto per la determinazione della sede dell’amministrazione effettiva, dall’altro lato di valorizzare gli aspetti certi, concreti e sostanziali della fattispecie, in luogo di quelli formali31. Ne consegue che, nel caso di riqualificata residenza fiscale in Italia del soggetto “esterovestito”, la legal entity estera (rectius: solo formalmente estera, ma riqualificata come fiscalmente residente in Italia quale conseguenza dell’applicazione del meccanismo presuntivo) dovrà dichiarare in Italia i redditi ovunque prodotti, in virtù del world wide principle. La presunzione relativa in commento, ha acquisito efficacia a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto (4 luglio 2006), ovvero, per la generalità dei soggetti con anno “solare”, dal 1 gennaio 2006. Ove compatibili, le disposizioni in materia di esterovestizione delle società previste dall’articolo 73 del D.P.R. 917/1986, commi 5-bis e 5-ter, sono applicabili ai trust ed in particolare a quelli istituiti o comunque residenti in Paesi compresi nella white list, per i quali non trova applicazione la specifica presunzione di residenza di cui all’articolo 73, comma 3, del D.P.R. n. 917/1986, nella versione emendata dalla Finanziaria 200732.

3.3. Come opera la reiterabilità del meccanismo presuntivo.

La disposizione contenuta nel comma 5-bis dell’articolo 73 del TUIR si applica al solo controllo attivo diretto operato dalla legal entity estera nei confronti di un soggetto residente in Italia. In tale ottica, il meccanismo presuntivo può scattare esclusivamente nei confronti delle società estere: - che controllano direttamente soggetti residenti in Italia (controllo attivo

diretto);

- che sono controllate, anche indirettamente, da soggetti residenti in Italia ovvero, in subordine, sono amministrate prevalentemente da soggetti residenti in Italia (controllo passivo, anche indiretto).

31 L’Amministrazione Finanziaria ha evidenziato tali propositi nella C.M. n. 28/06, nella C.M. n. 11/07 e nella R.M. n.

312/07. 32 In senso conforme la C.M. 48/E del 6 agosto 2007, Agenzia delle Entrate, Direzione centrale normativa e contenzioso.

Page 32: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

Se è vero che, per espressa disposizione normativa, il controllo attivo può essere solo diretto, opportunamente la C.M. 28/E del 4 agosto 2006, paragrafo 8.1, ha evidenziato che la norma potrebbe divenire applicabile anche nelle ipotesi in cui tra i soggetti residenti controllanti e controllati si interpongano più sub-holding estere. Più precisamente, qualora l’Amministrazione finanziaria applichi efficacemente il meccanismo presuntivo su una società estera che direttamente controlla una società italiana, la presunzione potrà essere applicata anche per la società estera inserita nell’anello immediatamente superiore della catena societaria; quest’ultima si troverà, infatti, a controllare direttamente la sub-holding estera, considerata dall’Amministrazione finanziaria residente in Italia. In sintesi, ciò significa che la presunzione legale relativa può operare “verso l’alto”: il Fisco, dopo aver efficacemente applicato il meccanismo presuntivo nei confronti dell’ultimo anello della catena societaria (ossia la società estera che detiene direttamente partecipazioni di controllo in soggetti italiani ed è a sua volta controllata, anche indirettamente, da soggetti residenti nel territorio dello Stato) potrà “risalire” verificando l’applicazione della presunzione anche nei confronti della sub-holding controllante il soggetto “esterovestito”. In merito anche l’Assonime, con la circolare 67 del 31 ottobre 2007, ha espressamente precisato che tale “interpretazione muove dall’assunto che, una volta riqualificata in via presuntiva la residenza della sub-holding estera che direttamente controlla la società residente (…), lo stesso meccanismo presuntivo possa essere attivato anche nei confronti della holding estera inserita nell’anello immediatamente superiore della catena societaria, visto che questa si ritroverà, per effetto della presunzione, a controllare direttamente la sub-holding divenuta, in virtù della presunzione, residente in Italia. In pratica, il meccanismo presuntivo sarebbe reiterabile verso l’alto, risalendo la sequenza dei rapporti di controllo tra sub-holding estere”. Per fornire un esempio pratico, supponiamo che due società italiane (ITA 1 e ITA2) detengano il controllo, ai sensi dell’art. 2359, primo comma, c.c., di una holding residente in Olanda (FCo 1), la quale possiede il controllo di un’altra holding Olandese (FCo2) che, a sua volta, controlla una società che opera nel settore industriale, residente in Spagna (FCo3). La società spagnola detiene il controllo, ex articolo 2359, primo comma c.c., di una società residente in Italia (ITA3). Qualora FCo3 non fornisca la prova contraria e fosse, pertanto, riqualificata come “esterovestita”, la presunzione legale relativa opererà non solo nei confronti della menzionata società estera (FCo3), la quale detiene direttamente partecipazioni di controllo in soggetti italiani ed è a sua volta controllata da soggetti residenti nel territorio dello Stato, ma anche nei confronti della sub-holding estera “superiore”, attraverso un meccanismo reiterabile verso l’alto.

Page 33: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

40% 60%

100%

100%

100%

25%

75%

Quanto sinora esposto, è graficamente sintetizzabile nello schema n. 3.

Schema n. 3: “reiterabilità” della presunzione nel caso di contestuale presenza di controllo attivo e passivo.

ITA 1 ITA 2

Foreign Co. 1 (Olanda)

Foreign Co. 2 (Olanda)

Foreign Co. 3 (Spagna) ITA 3

L’inversione dell’onere della prova può operare per tutte le società estere (FCo 1, 2 e 3) alle seguenti condizioni: � qualora la società spagnola (FCo 3)

fornisca la prova contraria, la presunzione per FCo 1 e FCo2 non opera, in quanto le stesse non controllano direttamente una società residente in Italia;

� qualora la società spagnola (FCo 3)

non fornisca la prova contraria, la stessa società diviene fiscalmente residente in Italia, con la conseguenza che la prova contraria dovrà essere fornita da FCo2 (in quanto controlla direttamente una società che, in via presuntiva, è considerata residente sul territorio dello Stato italiano).

Page 34: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

10% 20%

30%

100%

100%

Considerazioni analoghe sul tema “reiterabilità” possono essere formulate nel caso della seconda fattispecie presuntiva, la quale si fonda sulla contestuale presenza del controllo attivo e della maggioranza dei consiglieri residenti. Si ipotizzi che due società Italiane (ITA 1 e ITA2), detengano il 30% di una società Olandese (FCo1), che detiene il 100% di un’altra società Olandese (FCo2) la quale, a sua volta, detiene il controllo di una società Italiana (ITA3). Nonostante le due società Italiane (ITA1 e ITA2) non abbiano il controllo ex art. 2359, primo comma, c.c. di FCo1 (mancherebbe, quindi, il requisito del controllo passivo), il consiglio di amministrazione delle due società residenti in Olanda (FCo 1 e FCo2), risulta composto da 5 consiglieri di cui tre residenti in Italia e due residenti in Olanda. Conseguentemente, sia realizza l’altro requisito alternativo al controllo passivo, in quanto la maggioranza dei consiglieri societari è residente in Italia. Anche in questo caso, la presunzione legale relativa opera, in prima battuta, nei confronti della società estera (FCo2) che detiene direttamente partecipazioni di controllo in soggetti italiani; tuttavia, qualora questa non fornisca la prova contraria, la presunzione può trovare applicazione, attraverso il meccanismo della “reiterabilità”, anche nei confronti di FCo1. Quanto sinora esposto, è graficamente sintetizzabile nello schema n. 4.

Schema n. 4: “reiterabilità” della presunzione nel caso di controllo attivo e consiglieri residenti

ITA 1 ITA 2

Foreign Co. 1 (maggioranza consiglieri

residenti in Italia)

ITA 3

L’inversione dell’onere della prova può operare anche per la società estera FCo 1, alle seguenti condizioni: � qualora FCo 2 fornisca la prova

contraria, la presunzione per FCo 1 non opera, in quanto la stessa non controlla direttamente una società residente in Italia;

� qualora FCo 2 non fornisca la

prova contraria, la stessa società diviene fiscalmente residente in Italia, con la conseguenza che la prova contraria dovrà essere fornita da FCo1 (in quanto controlla direttamente una società che, in via presuntiva, è stata considerata residente sul territorio dello Stato italiano).

Foreign Co. 2 (maggioranza consiglieri

residenti in Italia)

Page 35: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

3.4. Profili procedurali del meccanismo presuntivo.

La “reiterabilità del meccanismo presuntivo”, come visto, non rappresenta un automatismo applicativo, ma fa parte di un più ampio percorso “a tappe”; l’applicazione delle presunzione, richiede il rispetto di precisi step, analiticamente delineati dalla prassi e dalla dottrina33. Il controllo in materia di art. 73, comma 5-bis, del D.P.R. n. 917/1986, deve, dunque, essere articolato sulla base delle seguenti principali direttrici:

- acquisizione di idoneo patrimonio informativo al fine di stabilire la sussistenza dei presupposti applicativi della presunzione (verifica del controllo attivo diretto da parte della legal entity estera sui soggetti residenti in Italia; verifica del controllo passivo della società estera da parte di soggetti residenti nel territorio dello Stato ovvero, alternativamente, della composizione del consiglio di amministrazione della stessa, al fine di individuare la prevalenza di consiglieri residenti in Italia);

- effettuazione del cosiddetto “multi-test”, al fine di accertare l’operatività del

meccanismo presuntivo e l’idoneità della prova contraria fornita dal contribuente;

- verifica dell’eventuale reiterabilità verso l’alto della presunzione.

3.5. Acquisizione del patrimonio informativo.

La verifica dei presupposti di applicabilità della presunzione richiede da parte dell’Amministrazione, un’approfondita fase investigativa finalizzata a raccogliere elementi informativi sul gruppo. L’organo ispettivo deve porre in essere un’idonea attività info-investigativa 34 nell’ambito della fase preparatoria all’avvio della verifica fiscale. In tale contesto, i funzionari dell’Amministrazione finanziaria dovrebbero effettuare una preliminare attività finalizzata alla raccolta di dati ed informazioni relative al soggetto economico da sottoporre a controllo, soprattutto se lo stesso possiede partecipazioni in imprese estere controllate ovvero se, a sua volta, è controllato da una società estera.

33 Analoghe considerazioni in materia di “step” procedurali possono essere rinvenuti nella C.M. 28/E del 4 agosto 2006 e nelle autorevoli riflessioni di P. Valente, Modalità di esecuzione dell’attività ispettiva in ipotesi di esterovestizione, in “il fisco” n. 27 del 5 luglio 2010, pag. 1-4300. 34 Sull’importanza dell’attività info-investigativa preliminare, si veda anche P. Valente, Esterovestizione e residenza, Determinanti e metodologie di supporto, profili probatori e linee di difesa, 2010, IPSOA Editore, pagg. 370 e ss.. Il richiamato autore espressamente evidenzia sul punto: “In concreto, sin dalla preliminare attività info-investigativa posta in essere dai verificatori nella fase preparatoria della verifica fiscale, è possibile individuare comportamenti contrastanti con l’ordinamento tributario e finalizzati all’elusione o all’evasione fiscale mediante il trasferimento strumentale o fittizio della residenza fiscale”.

Page 36: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

Si rendono, pertanto, opportuni molteplici riscontri finalizzati ad acquisire il necessario patrimonio informativo relativo all’impresa da verificare. A titolo meramente esemplificativo, i dati e le notizie relativi al gruppo potrebbero essere acquisiti: - dalla consultazione delle c.d. “fonti aperte” (internet, comunicati stampa,

documenti informativi redatti ai sensi del vigente regolamento Consob, giornali e riviste economiche);

- dall’approfondito esame del bilancio di esercizio, con i relativi allegati (nota

integrativa, relazione sulla gestione, relazione della società di revisione), redatto dal soggetto economico oggetto di indagine.

Esercitando gli strumenti legislativi previsti dall’ordinamento tributario, nella fase di avvio della verifica fiscale, l’Amministrazione finanziaria può esercitare poteri di indagine e verifica presso la sede del contribuente. In merito, ai sensi e per gli effetti degli artt. 32 e 33 del D.P.R. n. 600/1973, 51, 52 e 63 del D.P.R. n. 633/72, 35 della Legge n. 4/1929, i funzionari del Fisco possono, nel corso dell’accesso, procedere all’acquisizione delle scritture contabili e degli altri documenti fiscali la cui istituzione è obbligatoria per legge; dei documenti extracontabili relativi al soggetto verificato (es. organigramma del gruppo, conti correnti, contrattualistica, fax, corrispondenza varia, e-mail, files su supporto informatico quali CD, DVD, hard disk, memorie esterne, documenti relativi alla convocazione delle assemblee etc.). La fase di acquisizione documentale, effettuata in sede di ricerca, riveste fondamentale importanza in quanto, spesso, proprio dai documenti extracontabili possono essere rinvenuti elementi info-investigativi indispensabili per individuare la sede dell’amministrazione delle imprese estere controllate e/o collegate con il soggetto sottoposto a verifica fiscale. In relazione alla presunzione di cui all’articolo 73, comma 5-bis, del D.P.R. 917/1986, un importante elemento, indispensabile per arricchire il patrimonio informativo del soggetto estero, è costituito dai bilanci delle imprese estere controllate appartenenti al gruppo. Solo in tal modo, i verificatori potranno sfruttare l’importante funzione informativa del bilancio d’esercizio, così ricostruendo la catena societaria e individuando le imprese estere: - che controllano direttamente soggetti residenti in Italia (controllo attivo);

- che sono controllate, anche indirettamente da soggetti residenti in Italia

(controllo passivo) ovvero, in subordine, che risultano amministrate prevalentemente da soggetti residenti in Italia (presupposto alternativo al controllo passivo).

Page 37: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

3.6. Effettuazione del Multi-test per vincere la presunzione legale relativa ed

individuazione dell’interlocutore da parte dell’organo ispettivo.

Una volta realizzati i presupposti giuridici per l’applicazione della presunzione legale e relativa, si rende necessario instaurare un articolato contraddittorio tra i funzionari dell’Amministrazione finanziaria ed il contribuente, il quale è tenuto a fornire adeguata prova contraria, dimostrando che la sede dell’amministrazione della legal entity estera non è situata in Italia. In ordine alla consistenza della prova contraria, il contribuente, per vincere la presunzione, dovrà dimostrare, con argomenti adeguati e convincenti, che la sede di direzione effettiva della società non sia in Italia, bensì all’estero. Tali argomenti e prove dovranno dimostrare che, nonostante i citati presupposti di applicabilità della norma, esistono elementi di fatto, situazioni od atti, idonei a dimostrare un concreto radicamento della direzione effettiva nello Stato estero35. In merito, al fine di ottenere da parte del contribuente la necessaria prova contraria, sarà applicato il c.d. schema multi-test 36, ovvero uno strumento che permette di delineare, sotto il profilo sostanziale, la struttura, l’organizzazione, il tipo di attività svolta dal soggetto non residente, nonché le reali motivazioni economiche/imprenditoriali che hanno indotto la casa madre italiana a costituire una società in un determinato Paese estero.

Il predetto multi-test, è articolato sulla base dei seguenti elementi sostanziali:

- esistenza/inesistenza all’estero di una concreta ed effettiva attività imprenditoriale (industriale, commerciale, di servizi) svolta dalla società estera partecipata dal soggetto italiano nello Stato o territorio estero (c.d. business activity test);

- esistenza/inesistenza di un’effettiva organizzazione di uomini e mezzi idonea allo svolgimento della predetta attività d’impresa (c.d. organization test);

- esame delle ragioni economiche che hanno spinto il soggetto controllante italiano a svolgere attività d’impresa all’estero costituendo specifiche società (c.d. motive test).

A questo punto si pone il problema di individuare il soggetto con il quale l’amministrazione finanziaria deve effettuare il contraddittorio finalizzato ad ottenere la prova contraria necessaria a vincere la presunzione. In merito, si potrebbe ipotizzare che l’interlocutore del fisco in grado di fornire idonei elementi informativi relativi alla società estera, possa essere individuato nella società italiana che controlla la società non residente (in genere la holding capogruppo).

35 Cfr. paragrafo 8.3, C.M. 26/E/2006. 36 Il multi-test è uno strumento probatorio, elaborato dalla dottrina, con particolare riferimento agli elementi da fornire al fisco, necessari per vincere la presunzione legale relativa. Per un maggiore approfondimento si veda P. Valente, Esterovestizione e residenza, Determinanti e metodologie di supporto, profili probatori e linee di difesa, op. cit., pagg. 413 e ss.

Page 38: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

A tal fine, gli organi ispettivi potranno porre in essere opportuni controlli di coerenza esterna nei confronti della capogruppo residente, qualora l’attività ispettiva in corso sia nei confronti di una società residente controllata. Tuttavia, la holding capogruppo residente potrebbe anche non disporre di tutte le notizie relative all’operatività, alla struttura, alle peculiarità della società estera. Appare, pertanto, ipotizzabile rivolgersi direttamente ai legali rappresentanti della società estera37, nei confronti della quale si realizza l’ipotesi presuntiva ex art. 73, comma 5-bis, del D.P.R. n. 917/1986, considerato che sarà necessario avviare uno specifico contraddittorio con il soggetto non residente. La notifica, in tal caso, dovrà essere eseguita all’estero, presso la sede legale formalmente dichiarata della società non residente, utilizzando la particolare procedura convenzionale o consolare prevista dall’art. 142 del c.p.c.38. In subordine, saranno attivate le modalità di notifica previste dall’articolo 60-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (assistenza per le richieste di notifica tra le autorità competenti degli Stati membri dell’Unione europea). Ciò posto, il contribuente per vincere la presunzione legale relativa dovrà dimostrare, con argomenti adeguati e convincenti, che la sede di direzione effettiva della società non è localizzata in Italia, bensì all’estero.

Tali argomenti e prove dovranno dimostrare che, nonostante presupposti giuridici di applicabilità della norma, esistono elementi di fatto, situazioni od atti, idonei a dimostrare un concreto radicamento della direzione effettiva nello Stato estero.

A titolo esemplificativo, la società estera dovrà:

- fornire compiuti elementi descrittivi dell’attività esercitata dall’impresa estera, quali il numero dei dipendenti (dirigenti, impiegati, operai), disponibilità di strutture materiali (impianti, macchinari, attrezzature impiegate nell’attività d’impresa), regolare istituzione e conservazione della documentazione contabile, dati di bilancio, ecc..;

- dimostrare la presenza all’estero di un country manager, nonché di un CFO (chief financial officer), che godano di un certo grado di autonomia contrattuale, organizzativa e finanziaria nella gestione dell’impresa controllata estera;

- evidenziare le apprezzabili ragioni economiche che hanno indotto il gruppo imprenditoriale italiano ad investire all’estero (motivazioni che non siano esclusivamente di natura fiscale).

37 In tale direzione anche la circolare dell’Assonime del 31/10/2007 n. 67, par. 9.4. Nel trattare la presunzione legale relativa di esterovestizione ex art. 73, comma 5-bis, Tuir, il citato documento avanza perplessità circa l’applicabilità della disciplina delle notifiche per i soggetti residenti, considerato che il soggetto estero, al momento della notifica dell’accertamento, è tale solo per presunzione. 38 Per un maggiore approfondimento si veda A. Righini, “Notifiche degli atti tributari all’estero senza ambiguita”, in “Fiscalità internazionale” n. 4/2010, pagg. 299 e ss.

Page 39: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

Infine, al fine di individuare la sede dell’amministrazione dell’impresa estera e, pertanto, la residenza ai fini fiscali della società, oltre che gli elementi desunti dall’effettuazione del multi-test, potranno anche essere presi in considerazione i seguenti elementi:

- l’atto costitutivo e le regole sul funzionamento della società estera; - dove si riuniscono gli amministratori e l’assemblea dei soci (luogo di redazione

dei verbali delle assemblee dei soci, delle determinazioni dell’amministratore unico e delle delibere del consiglio di amministrazione);

- dove si svolgono con regolarità le principali attività dell’impresa; - la disponibilità sul territorio nazionale di conti correnti, da cui la società trae le

risorse finanziarie per svolgere le attività sociali; - la disponibilità in Italia o all’estero di contratti ed utenze riconducibili alla

società non residente; - dove viene svolta l’attività imprenditoriale/oggetto sociale della società in

osservazione (stato Italiano o Stato estero); - dove è situato il luogo di recapito delle lettere di convocazione del consiglio di

amministrazione e dell’assemblea dei soci; - la corrispondenza via fax o email dalla quale emergano elementi idonei a

dimostrare che la sede di direzione effettiva della società è localizzata sul territorio nazionale.

3.7. Prova contraria e reiterabilità lungo tutta la catena societaria.

In relazione alla natura della prova contraria, l’Agenzia delle Entrate nella citata circolare 28/E/2006, ha affermato che gli elementi alternativi di collegamento con il territorio dello Stato italiano “devono essere valutati in base ad elementi di effettività sostanziale e richiedono – talora – complessi accertamenti di fatto del reale rapporto della società o dell’ente con un determinato territorio”. In ordine alla consistenza della prova contraria si ribadisce che il contribuente, per vincere la presunzione, dovrà dimostrare, con argomenti adeguati e convincenti, che la sede di direzione effettiva della società non sia in Italia, bensì all’estero. In merito, Assonime39 ha anche rilevato che “la presunzione deve essere applicata nel rispetto dei principi comunitari di proporzionalità e di libertà di stabilimento, consentendo al contribuente di fornire la prova contraria anche attraverso la solo dimostrazione dello svolgimento all’estero di una effettiva attività economica, ovvero facendo valere la scarsa significatività dei presupporti della presunzione in relazione alla specifica situazione operativa”. Solo dopo che il multi-test sia stato in grado di comprovare la fittizietà della residenza e, dunque, l’inadeguatezza della prova contraria fornita dal contribuente, sarà possibile far scattare la reiterabilità.

39 Circolare 67 del 31 ottobre 2007.

Page 40: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

Esame dati informativi acquisibili da eterogenee fonti: documentazione extracontabile, e-mail, supporti informatici, fonti aperte, ecc.

- business activity test; - organization test; - motive test.

Necessità di un nuovo multi-test nei confronti della sub-holding

La riqualificazione dell’ultimo soggetto della catena come soggetto esterovestito, infatti, comporta che la sub-holding “superiore” si trovi a controllare direttamente un soggetto residente, con conseguente possibile applicazione dell’art. 73, comma 5-bis. L’Amministrazione finanziaria, a questo punto, potrà procedere all’effettuazione di un nuovo multi - test nei confronti del soggetto estero che controlla il soggetto divenuto “estero vestito” per effetto dell’applicazione della presunzione legale relativa. Gli step operativi sopra illustrati possono essere riepilogati nello schema n. 5.

Schema n. 5: “reiterabilità” della presunzione e step operativi

Come rilevato da autorevole dottrina40, l’inversione dell’onere della prova comporterà per i soggetti interessati un particolare atteggiamento processuale in sede di contenzioso tributario. Infatti, nella fase di accertamento, l’Agenzia delle Entrate si avvarrà presumibilmente della sola presunzione semplice, senza corroborarla con altri mezzi di prova. In tal caso, l’Agenzia dovrà comprovare adeguatamente in sede di accertamento gli elementi di fatto costitutivi della fattispecie presuntiva (in particolare il requisito del controllo). Nell’ambito del procedimento contenzioso, il contribuente – ricorrendone i presupposti – potrà già contestare gli elementi posti a base dell’accertamento

40 V. Manuale di Governance Fiscale – I edizione – P. Valente, IPSOA Editore, Pag. 728.

Acquisizione patrimonio informativo sul gruppo e verifica presenza requisiti di applicabilità della presunzione legale relativa

Contraddittorio Fisco-contribuente: multi-test

multi-test negativo: la società non residente non è riqualificabile come società esterovestita e, pertanto, non scatta la reiterabilità

multi-test positivo: la società non residente è riqualificabile come società esterovestita e, pertanto, scatta la reiterabilità del meccanismo nei confronti della sub-holding controllante il soggetto “esterovestito”.

Page 41: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

presuntivo qualora, ad esempio, il requisito del controllo sia stato erroneamente individuato dall’amministrazione, sia per errori di fatto, che per errori di diritto. Pur nel caso in cui gli elementi indicati dall’Agenzia siano esatti, il contribuente potrà contrastare la presunzione con l’indicazione di altri elementi – sempre inerenti la localizzazione della sede dell’amministrazione – che ne comprovino la presenza all’estero.

3.8. Cenni sulla nuova presunzione di esterovestizione introdotta dal comma 22 dell’articolo 82 del D.L. 112/2008. Il D.L. 112/2008 (comma 22 dell’art. 82), ha modificato l’art. 73 del D.P.R. n. 917/1986 aggiungendo al predetto articolo un nuovo comma 5-quater. La disposizione prevede che: “salvo prova contraria, si considerano residenti nel territorio dello Stato le società o enti il cui patrimonio sia investito in misura prevalente in quote di fondi di investimento immobiliare chiusi di cui all'articolo 37 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e siano controllati direttamente o indirettamente, per il tramite di società fiduciarie o per interposta persona, da soggetti residenti in Italia. Il controllo è individuato ai sensi dell'articolo 2359, commi primo e secondo, del codice civile, anche per partecipazioni possedute da soggetti diversi dalle società”. Conseguentemente, viene presunta la residenza in Italia delle società con sede legale all’estero «il cui patrimonio sia investito in misura prevalente in quote di fondi di investimento immobiliare chiusi» se sono controllate «direttamente o indirettamente, per il tramite di società fiduciarie o per interposta persona, da soggetti residenti in Italia». Per quanto attiene alla nozione di controllo il nuovo comma 5-quater dell’articolo 73 del TUIR fa espresso richiamo della nozione di controllo prevista dal primo e secondo comma dell'articolo 2359 del codice civile anche per le partecipazioni possedute da soggetti diversi dalle società. Resta inteso che le società e gli enti non residenti, che sono considerati fiscalmente residenti in Italia, in forza della nuova presunzione, dovranno essere considerati tali agli effetti dell’applicazione anche delle disposizioni delle lettere a) e b) del comma 18 dell’articolo 82 del decreto che individuano i fondi soggetti alla nuova imposta patrimoniale dell’1 per cento41. Quindi, non appaiono rilevare le forme di controllo congiunto (non previste dall’art. 2359 c.c.), ancorché realizzate attraverso i familiari come previsto dall’art. 73, comma 5-ter, il cui campo di applicazione è riservato alla sola presunzione di esterovestizione disciplinata dall’art. 73, comma 5-bis42.

41 In tal senso v. circolare Ministeriale n. 61/E del 3 novembre 2008, Agenzia delle Entrate – Dir. Normativa e contenzioso 42 Per un maggiore approfondimento si veda G. Fransoni, “Esigenze sistematiche e finalità antielusive della disciplina sui fondi immobiliari chiusi”, in “Corriere Tributario” n. 48/2008, pag. 3858.

Page 42: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

4. Modalità di esecuzione di una verifica fiscale nei confronti della società esterovestita.

4.1. Premessa.

Analizziamo i principali “step” operativi e procedurali connessi all’individuazione da parte dell’Amministrazione di un fenomeno di esterovestizione societaria. In altre parole, si tratta di definire gli adempimenti che l’Amministrazione finanziaria è tenuta a porre in essere per avviare, eseguire e concludere una verifica fiscale nei confronti del soggetto esterovestito. Quest’ultimo, infatti, è un soggetto formalmente di diritto estero, la cui residenza fiscale viene “riportata” in Italia dai verificatori attraverso la raccolta di elementi sintomatici idonei a dimostrare la presenza del cosiddetto “poem” (place of effective management) sul territorio nazionale. Ne derivano diverse problematiche di carattere procedurale: come avviare l’attività istruttoria? Come identificare il soggetto dal punto di vista fiscale? Dove effettuare l’accesso? Come reperire le scritture contabili del soggetto al fine di ricostruirne il volume d’affari? Quali violazioni contestare? Come e a chi notificare la conclusione dell’attività ispettiva e il relativo atto impositivo? Nei paragrafi successivi saranno proposte possibili soluzioni ai quesiti formulati.

4.2. Individuazione di un soggetto esterovestito: il percorso ispettivo.

L’individuazione di un soggetto esterovestito richiede l’effettuazione di articolate attività di indagine. In particolare, l’amministrazione finanziaria, per contrastare patologici fenomeni di evasione fiscale internazionale, dovrà:

- individuare, già al momento della programmazione dell’attività di verifica, i soggetti residenti sul territorio dello Stato Italiano che abbiano costituito all’estero società che presentino potenzialmente le caratteristiche di soggetti “esterovestiti” (es. la costituzione all’estero di “holding passive”, in paesi a fiscalità privilegiata, presso professionisti esteri che rendono prestazioni di mera domiciliazione societaria);

- organizzare la fase di accesso e di ricerca al reperimento della documentazione extracontabile relativa ai rapporti economici intercorsi tra il soggetto verificato e le imprese estere controllate e/o collegate;

- esaminare, con attenzione, tutta la documentazione acquisita nel corso delle ricerche effettuate all’atto dell’avvio della verifica fiscale.

Infatti, l’individuazione di un soggetto esterovestito avviene normalmente nel corso della verifica fiscale eseguita nei confronti di un soggetto residente in

Page 43: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

Italia (quale, ad esempio, la holding capogruppo che controlla la società formalmente residente all’estero). Più nel dettaglio, per individuare potenziali soggetti esterovestiti è necessario che il Fisco, prima di avviare la verifica fiscale nei confronti della società italiana, ponga in essere un’articolata attività info-investigativa, così da delineare l’intera struttura societaria del gruppo in Italia ed all’estero. Tale fase preliminare è definita con il termine di “preparazione della verifica” ed è finalizzata ad ottenere la più ampia conoscenza del contribuente selezionato, delle specifiche caratteristiche e delle condizioni di esercizio dell’attività dallo stesso svolta. Sullo specifico punto la circolare 01/2008 del Comando Generale della Guardia di Finanza espressamente prevede che, in caso di soggetti costituiti in forma societaria, la preparazione deve essere finalizzata ad effettuare un’analisi “della compagine sociale, (…) delle risultanze delle banche dati relativamente ai soci, ai soggetti titolari di funzioni di rappresentanza esterna e ad ogni altro soggetto che rivesta cariche o funzioni ritenute importanti rispetto alle finalità dell’attività ispettiva”43. Le informazioni possono essere acquisite attraverso più strumenti, quali per esempio: - la consultazione delle c.d. “fonti aperte” (normali canali informativi della

stampa specializzata, internet, comunicati stampa, giornali e riviste economiche);

- l’approfondito esame del bilancio di esercizio, con i relativi allegati (nota integrativa, relazione sulla gestione, relazione della società di revisione).

Successivamente, avviata la verifica fiscale nei confronti della società del gruppo residente, l’Amministrazione finanziaria può analizzare la documentazione extracontabile rinvenuta in fase di accesso, esercitando i poteri di indagine e verifica presso la sede del contribuente (ai sensi e per gli effetti degli artt. 32 e 33 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, 51, 52 e 63 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 e 35 della L. 7 gennaio 1929, n. 4).

Infatti, i funzionari del Fisco possono, nel corso dell’accesso, procedere non solo all’acquisizione delle scritture contabili e degli altri documenti fiscali la cui istituzione è obbligatoria per legge, ma anche dei documenti extracontabili relativi al soggetto verificato (ad esempio, organigramma del gruppo, conti correnti, contrattualistica, fax, corrispondenza varia, email, file su supporto informatico quali CD, DVD, hard disk, memorie esterne, documenti relativi alla convocazione delle assemblee, ecc.).

43 Circolare 1/2008 del Comando Generale della Guardia di Finanza, volume I, parte III, capitolo 1, pagg. 107 e ss.

Page 44: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

La fase di acquisizione documentale effettuata in sede di ricerca riveste fondamentale importanza in quanto proprio dai documenti extracontabili possono essere rinvenuti elementi info-investigativi indispensabili per individuare la sede dell’amministrazione delle imprese estere facenti parti del gruppo del soggetto residente sottoposto a verifica fiscale. In merito, l’attività operativa dovrà essere finalizzata all’acquisizione di elementi probatori, idonei ad individuare l’effettiva residenza ai fini fiscali della società, ovvero il luogo in cui si trova la sua “sede dell’amministrazione” ovvero “l’oggetto principale della sua attività”.

In tale ambito si segnala che: - la suprema Corte di Cassazione44 ha precisato che per individuare la sede

effettiva di una società o di un ente, le risultanze degli atti ufficiali (statuto o atto costitutivo), hanno valore di presunzione semplice e, come tali, “superabili con ogni mezzo di prova” idoneo a dimostrare la diversità tra la residenza effettiva e la residenza formale della società;

- la Commissione Tributaria Centrale45 ha rilevato che: “la residenza, in quanto situazione di fatto, può essere provata con ogni mezzo e non deve risultare necessariamente dall’iscrizione nell’anagrafe del comune, alla quale può riconoscersi il valore di una semplice presunzione, suscettibile di essere vinta da prove contrarie ..e che deve aversi riguardo.. più che al dato meramente formale dell’iscrizione anagrafica, alla situazione di fatto effettivamente esistente”.

Quindi, analizzati gli elementi informativi raccolti, l’ipotesi di esterovestizione può derivare in virtù dell’applicazione:

- dell’articolo 73, comma 3, del D.P.R. n. 917/1986, secondo cui ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato46;

44 Sentenze n. 2070 del 24 marzo 1983, n. 791 del 5 febbraio 1985 e n. 8040 del 22 luglio 1995.

45 Sezione XXVI – Decisione n. 1649, del 15 aprile 1996.

46 Al fine di evitare la possibilità che un soggetto venga considerato residente in più Stati, intervengono le Convenzioni internazionali, le quali hanno proprio lo scopo di evitare tali sovrapposizioni. La residenza, pertanto, viene regolamentata anche dalle norme previste nelle convenzioni bilaterali, così da evitare i “conflitti di residenza” tra due diversi Stati. Nelle convenzioni stipulate conformemente al modello OCSE, al fine di determinare la residenza fiscale di una persona giuridica, viene stabilito il criterio unico del “place of effective management”, che, di fatto, coincide con la sede dell’amministrazione prevista dall’art. 73, comma 3, del Tuir. In particolare, l’art. 4, comma 3, modello di Convenzione Ocse stabilisce quanto segue: “Where by reason of the provisions of paragraph 1 a person other than an individual is a resident of both Contracting States, then it shall be deemed to be a resident only of the State in which its place of effective management is situated”. Pertanto, nel caso in cui l’Italia abbia stipulato una Convenzione con il Paese estero in cui è ubicata la presunta società “esterovestita”, l’unico criterio valorizzabile per stabilire la residenza del contribuente è quello previsto dalla norma pattizia, in quanto quest’ultima, per il principio di specialità, deve ritenersi prevalente rispetto alle norme dell’ordinamento interno.

Page 45: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

- dell’art. 73, comma 5-bis, del D.P.R. n. 917/1986, disciplinante la presunzione legale relativa di esterovestizione al verificarsi di specifici requisiti, con possibilità per il contribuente di fornire, sotto il profilo sostanziale, la prova contraria.

Il percorso ispettivo sopra descritto può essere sintetizzato graficamente nello schema n. 1. Schema n. 1: individuazione di un soggetto esterovestito ed emersione di problematiche procedurali

Come ricavabile dallo schema, una volta individuato il soggetto esterovestito attraverso gli elementi sintomatici/probatori/presuntivi di carattere sostanziale previsti dall’ordinamento tributario, emergono una serie di problematiche di carattere operativo/procedurale, in relazione a ciascuna fase della verifica fiscale, oggetto di specifico approfondimento nei paragrafi successivi.

INDIVIDUAZIONE DELL’IPOTESI DI ESTEROVESTIZIONE

È possibile che i dati e gli elementi informativi consentano di delineare un’ipotesi di esterovestizione nei confronti di una società estera del gruppo. In particolare, il Fisco potrebbe, alternativamente: � ricostruire un idoneo quadro probatorio

comprovante che il “poem” della società estera sia ubicato in Italia;

� individuare i presupposti di applicabilità della

presunzione legale relativa ex art. 73, comma 5-bis, del Tuir.

PREPARAZIONE VERIFICA L’amministrazione finanziaria prepara l’avvio di un’attività di verifica nei confronti di un soggetto residente facente parte di un gruppo con legal entity estere. L’attività di preparazione consente di acquisire informazioni sul soggetto da verificare e sull’intero gruppo.

AVVIO VERIFICA SOGGETTO RESIDENTE

L’avvio della verifica potrebbe consentire l’acquisizione in sede di accesso di ulteriori dati informativi sul gruppo e sulle legal entity estere attraverso l’esercizio del potere di ricerca.

AVVIO VERIFICA SOGGETTO PRESUNTO

ESTEROVESTITO

Emersione di problematiche procedurali

Risoluzione delle problematiche procedurali emerse

Page 46: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

4.3. Le problematiche connesse all’avvio della verifica fiscale.

Come si accennava in premessa, il soggetto esterovestito è, formalmente, un soggetto di diritto estero, la cui residenza fiscale viene “attratta” in Italia dai verificatori. Ne conseguono le seguenti problematiche procedurali, singolarmente sviluppate nei seguenti sottoparagrafi:

- individuazione, nel caso di applicazione della presunzione legale relativa prevista dall’articolo 73, comma 5-bis del D.P.R. n. 917/1986, dell’interlocutore con il quale effettuare un idoneo contraddittorio;

- necessità di identificare fiscalmente il contribuente, in quanto risulta sprovvisto sia di codice fiscale che di partita IVA;

- individuazione del soggetto (persona fisica) a cui notificare il provvedimento autorizzativo ex art. 52 del D.P.R. n. 633/1972 richiamato dall’art. 33 del D.P.R. n. 600/197347;

- redazione del processo verbale di verifica descrittivo delle operazioni giornaliere e consegna del medesimo al contribuente ispezionato;

- modalità di richiesta delle documentazione amministrativo contabile della società verificata;

- individuazione del luogo dove effettuare l’accesso e, conseguentemente, dove esercitare il potere di ricerca di ogni utile documentazione utile ai fini dell’attività ispettiva.

4.4. Applicazione della presunzione legale relativa: l’individuazione

dell’interlocutore.

Come già illustrato nel precedente paragrafo 3.6., delineata l’ipotesi presuntiva ex art. 73, comma 5-bis, del D.P.R. n. 917/1986, si renderà necessario contattare il soggetto non residente, per effettuare il contraddittorio con il contribuente, teso a rilevare l’eventuale sussistenza della prova contraria necessaria a vincere la presunzione legale relativa. L’Amministrazione finanziaria dovrà rendere edotto il soggetto non residente della necessità di avviare un controllo nei suoi confronti, finalizzato ad ottenere tutte le informazioni necessarie per individuare il luogo di ubicazione della sede dell’amministrazione (autonomia, struttura societaria, organizzazione imprenditoriale, disponibilità di uomini e mezzi, ecc.), mediante applicazione del multi-test. In tale ambito, come in precedenza rilevato nel paragrafo 3.6, occorre individuare il soggetto con il quale il Fisco deve porre in essere il contraddittorio finalizzato a verificare l’eventuale sussistenza della prova contraria prevista dalla norma.

47 Il foglio di servizio, nel caso in cui la verifica sia svolta dalla Guardia di Finanza, ovvero l’ordine di accesso, nel caso in cui la verifica sia effettuata da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Page 47: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

In merito, autorevole dottrina 48 , ritiene che nell’ambito del citato multi-test, il contribuente italiano (holding capogruppo) possa fornire, al fine di superare la presunzione legale relativa, i seguenti elementi informativi:

- informazioni dettagli circa il modello organizzativo del gruppo;

- descrizione delle funzioni aziendali necessarie alla conduzione autonoma, da parte della società estera, del proprio business;

- la presenza di un country manager, effettivamente operante nel Paese e responsabile del business locale nonché di un CFO responsabile delle attività e dei flussi di carattere finanziario, entrambi dotati di ampia autonomia di spesa;

- argomentazioni comprovanti che la società estera non è stata costituita all’estero per “puro artificio”.

In alternativa, occorre rivolgersi direttamente ai legali rappresentanti della società estera49, nei confronti della quale si realizza l’ipotesi presuntiva ex art. 73, comma 5-bis, del D.P.R. n. 917/1986, con i quali sarà effettuato il contraddittorio50. In merito, per contattare il contribuente estero, è possibile utilizzare: - l’articolo 60-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, rubricato “Assistenza

per le richieste di notifica tra le autorità competenti degli Stati membri dell’Unione europea”, il quale prevede che: “L’Amministrazione finanziaria può chiedere all'autorità competente di un altro Stato membro di notificare al destinatario, secondo le norme sulla notificazione dei corrispondenti atti vigenti nello Stato membro interpellato, tutti gli atti e le decisioni degli organi amministrativi dello Stato relativi all'applicazione della legislazione interna sulle imposte indicate nell'articolo 1 della direttiva 77/799/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1977, modificata dalle direttive 2003/93/CE del Consiglio, del 7 ottobre 2003, e 2004/56/CE del Consiglio, del 21 aprile 2004”.

- la particolare procedura convenzionale o consolare prevista dall’art. 142 del

c.p.c.51 .

4.5. Attribuzione del numero di partita IVA.

Una volta che si sono verificati i presupposti giuridici per attrarre la residenza del soggetto estero sul territorio dello Stato, prima di avviare la verifica fiscale occorrerà attribuire, al presunto soggetto esterovestito, il numero di partita IVA e il codice fiscale.

48 P. Valente, op. cit., pag. 424 49 In tale direzione anche la circolare dell’Assonime del 31/10/2007 n. 67, par. 9.4. Nel trattare la presunzione legale relativa di esterovestizione ex art. 73, comma 5-bis, Tuir, il citato documento avanza perplessità circa l’applicabilità della disciplina delle notifiche per i soggetti residenti, considerato che il soggetto estero, al momento della notifica dell’accertamento, è tale solo per presunzione. Per ulteriori dettagli si rinvia al successivo paragrafo 4.15 in materia di notifica degli atti impositivi nel diritto tributario. 50 Prima di avviare la verifica fiscale, al legale rappresentante della società estera potrebbe anche essere inviato un questionario, ai sensi dell’articolo 32, comma 1, n. 2), 3) e 4), del D.P.R. n. 600/1973, con il quale richiedere dati e notizie relativi all’attività esercitata dall’impresa. 51 Per un approfondimento si veda A. Righini, Notifiche degli atti tributari all’estero senza ambiguità, in “Fiscalità internazionale” n. 4/2010, pagg. 299 e ss. Inoltre, per maggiori dettagli circa le modalità di notifica degli atti ai soggetti esterovestiti si rinvia al successivo paragrafo 4.14.

Page 48: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

L’Amministrazione finanziaria, pertanto, provvederà “coattivamente” ad aprire una posizione fiscale ai fini IVA (partita IVA) e ai fini delle imposte sui redditi (codice fiscale) al soggetto (formalmente) non residente, divenuto soggetto passivo d’imposta per effetto delle disposizioni contenute nell’articolo 73 del Tuir.

Tale soggetto economico, conseguentemente, sarà censito e perfettamente individuabile dal fisco italiano, come qualunque altro soggetto passivo.

4.6. La notifica del provvedimento autorizzativo. Ai sensi dell’articolo 52 del D.P.R. n. 633/1972, richiamato dall’articolo 33 del D.P.R. n. 600/1973, “gli uffici dell’imposta sul valore aggiunto possono disporre l’accesso di impiegati dell’Amministrazione finanziaria nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali (…). Gli impiegati che eseguono l’accesso devono essere muniti di apposita autorizzazione che ne indica lo scopo, rilasciata dal capo dell’ufficio da cui dipendono (…)”. Conseguentemente, al momento dell’avvio della verifica fiscale, dovrà essere notificato al contribuente il c.d. “provvedimento autorizzativo”52. In merito, occorre valutare se gli elementi info-investigativi acquisiti nei confronti del soggetto non residente, nel corso della fase istruttoria, consentano: - di rilevare, con precisione, la sede dell’amministrazione, rectius la sede di

direzione effettiva (place of effective management) del soggetto esterovestito;

- di individuare il soggetto ovvero i vari soggetti che gestiscono, di fatto, la società verificata.

Sotto tale profilo, rivestono fondamentale importanza tutti i dati e notizie acquisiti sul conto del soggetto non residente, divenuto soggetto passivo per effetto delle disposizioni indicate nell’art. 73, comma 3, del D.P.R. n. 917/1986. A titolo meramente esemplificativo, si ipotizzi che l’ufficio finanziario abbia effettuato una verifica fiscale nei confronti di una holding capogruppo, residente in Italia, che controlla una società formalmente residente all’estero (esempio in Lussemburgo). Nel corso delle operazioni ispettive effettuate nei confronti della casa madre italiana, l’organo verificatore potrebbe avere acquisito dati e notizie, desunti dalla documentazione extracontabile acquisita alla verifica fiscale, anche su supporto informatico (file, email), che consentono di delineare con precisione:

52 Si legge testualmente nella circolare 01/2008 del Comando Generale della Guardia di Finanza, Vol. I, parte III, capitolo 1, par. 4, pag. 114: “All’atto dell’avvio dell’ispezione copia del foglio di servizio deve essere consegnata al contribuente, o a chi in quel momento lo sostituisce, notificando il contenuto del documento e dandone atto nel processo verbale di verifica; analogamente occorrerà procedere nei casi in cui, verifica durante, si rendesse necessario procedere all’estensione delle attività ad altri periodi di imposta ovvero ad altri settori impositivi, nonché nei casi in cui si procede alla proroga delle attività ispettive oltre il trentesimo giorno lavorativo, ai sensi ai sensi dell’art. 12, comma 5, della L. n. 212/2000”.

Page 49: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

- il luogo, localizzato sul territorio dello Stato Italiano, dove hanno concreto

svolgimento le attività amministrative e di direzione della legal entity lussemburghese;

- dove si svolgono, con regolarità, le delibere assembleari e societarie, nonché dove si riunisce il consiglio di amministrazione (board of directors);

- quali soggetti si occupano realmente della gestione, sotto il profilo manageriale, dell’impresa, formalmente residente all’estero.

In un tale contesto, i funzionari dell’Amministrazione finanziaria, al momento dell’avvio della verifica fiscale: - si recheranno presso il luogo dove ritengono sia ubicata la sede

dell’amministrazione della società esterovestita (che normalmente coincide con gli uffici della casa madre che controlla la società formalmente estera);

- notificheranno il provvedimento autorizzativo alla persona che, sulla base

dell’attività istruttoria effettuata, ritengono che gestisca la società sottoposta a controllo (ossia l’amministratore di fatto53 del soggetto estero).

Talvolta può anche accadere che il consiglio di amministrazione della società sia composto contestualmente da consiglieri esteri (di solito consulenti, avvocati o commercialisti, che offrono un servizio di mera domiciliazione societaria) e da consiglieri italiani. In tale circostanza, l’amministratore di fatto potrebbe essere uno o più degli amministratori italiani, che compongono il board of directors della società estera, ovvero anche altri soggetti, purché gli stessi risultino amministrare la presunta società esterovestita. Conseguentemente, il provvedimento autorizzativo sarà notificato alla persona che sostanzialmente gestisce, sotto il profilo manageriale, la legal entity estera54. Nel caso in cui non sia possibile individuare con esattezza la presunta sede dell’amministrazione del soggetto estero, ove effettuare l’accesso, il contribuente potrà essere invitato a presentarsi presso gli uffici dell’amministrazione finanziaria per avviare la verifica fiscale, ai sensi dell’articolo 32, comma 1, nn. 2) e 3) del D.P.R. 600/1973.

4.7. Redazione del processo verbale di verifica.

L’articolo 52, comma 6, del D.P.R. n. 633/1972, prevede che “di ogni accesso deve essere redatto processo verbale da cui risultino le ispezioni e le rilevazioni eseguite, le richieste fatte al contribuente o a chi lo rappresenta e le risposte ricevute. Il verbale deve essere sottoscritto dal contribuente o da chi lo rappresenta ovvero

53 Per approfondimenti circa la nozione di amministratore di fatto, anche alla luce delle recente elaborazione giurisprudenziale, si rinvia al successivo paragrafo 4.13. 54 Ovvero il soggetto che prende le decisioni, colui che assume gli indirizzi strategici dell’impresa formalmente estera, la persona che sostanzialmente emana le principali direttive.

Page 50: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

indicare il motivo della mancata sottoscrizione. Il contribuente ha diritto di averne copia”. In questa sede, risultano mutuabili le considerazioni già espresse circa la notifica del provvedimento autorizzativo nel precedente paragrafo 4.6. Il verbale, infatti, sarà rilasciato alla persona che, sulla base dell’attività istruttoria effettuata, si ritiene che gestisca la società sottoposta a controllo (qualificabile come l’amministratore di fatto del soggetto economico estero). In particolare, il processo verbale di verifica descriverà le motivazioni di fatto e di diritto che hanno innescato il controllo fiscale, illustrerà i diritti ed i doveri del contribuente (in base alle disposizioni di cui alla legge 27 luglio 2000, n. 212, c.d. Statuto dei diritti del contribuente), nonché le operazioni di verifica svolte ogni singolo giorno di attività ispettiva. La parte ha diritto a ricevere un esemplare del processo verbale di verifica anche in caso di rifiuto di sottoscrivere l’atto: se il contribuente dovesse rifiutare l’esemplare a lui destinato, questo sarà custodito agli atti da parte dell’Amministrazione finanziaria operante, facendo constatare il rifiuto alla ricezione. L’esemplare, comunque, potrà essere ritirato dal contribuente anche successivamente alla conclusione della verifica55.

4.8. Acquisizione della documentazione amministrativo contabile.

Al momento dell’avvio della verifica fiscale, sarà richiesta alla parte l’esibizione della documentazione amministrativo-contabile riconducibile al soggetto verificato. Si ricorda, a titolo esemplificativo, che un’impresa italiana deve istituire la contabilità ordinaria prevista per i soggetti IRES, di seguito indicata:

- i bilanci d’esercizio;

- le fatture attive e passive;

- i libri sociali;

- il libro giornale di contabilità generale;

- il registro dei cespiti ammortizzabili;

- i registri IVA degli acquisti e delle vendite;

- il libro degli inventari;

55 Circolare 1/2008 del Comando Generale della Guardia di Finanza, volume I, parte III, capitolo 3, pag. 140.

Page 51: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

- le dichiarazioni dei redditi (ai fini IRES, IVA, IRAP, nonché il modello 770 per

le ritenute operate).

Tuttavia, le citate scritture potrebbero non essere previste dall’ordinamento giuridico estero e, conseguentemente, sarà di volta in volta richiesta l’esibizione dei documenti istituiti dal soggetto verificato, sulla base della legislazione tributaria estera. In merito, per maggiori approfondimenti circa la validità delle scritture contabili istituite dal soggetto all’estero ed esibite nel corso del controllo fiscale, si rimanda alle considerazioni espresse nel successivo paragrafo 4.10, in materia di ricostruzione del reddito imponibile del soggetto esterovestito.

4.9. Effettuazione delle ricerche.

Nel corso delle operazioni ispettive, i funzionari dell’Amministrazione finanziaria, nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, agricole, artistiche o professionali, possono procedere ad ispezioni documentali, verificazioni e ricerche e ad ogni altra rilevazione ritenuta utile per l’accertamento dell’imposta e per la repressione dell’evasione e delle altre violazioni. Tale facoltà è espressamente prevista dall’articolo 52 del D.P.R. n. 633/1972 e consiste nella possibilità di effettuare ricerche documentali presso gli uffici amministrativi e negli altri luoghi a disposizione dell’impresa verificata. Il percorso ispettivo “tradizionale” attraverso cui è possibile individuare da parte dell’Amministrazione finanziaria un presunto soggetto esterovestito è stato oggetto di precedente analisi56. In particolare, è stato rilevato che, normalmente, il Fisco avvia dapprima un’attività ispettiva nei confronti di un società residente del gruppo. Le risultanze emerse in tale contesto poi, eventualmente, possono sfociare nell’individuazione di un’ipotesi di esterovestizione nei confronti di altra società (formalmente) non residente del gruppo. Pertanto, l’attività di ricerca è, in prima battuta, posta in essere presso i locali in cui è esercitata l’attività d’impresa del soggetto residente sottoposto a verifica (di solito la holding italiana capogruppo). In seconda battuta, appare possibile ipotizzare la possibilità per i funzionari dell’Amministrazione finanziaria di porre in essere una “nuova” attività di ricerca all’atto dell’avvio della verifica nei confronti del soggetto presunto esterovestito. Più precisamente, sarà possibile esercitare tale potere presso i locali ove si presume sia ubicata la sede di direzione effettiva, al fine di reperire eventuali e ulteriori elementi probatori.

56 Cfr. precedente paragrafo 4.2.

Page 52: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

4.10. Esecuzione dell’attività ispettiva: ricostruzione del reddito imponibile ai fini

II.DD. e del volume d’affari ai fini IVA.

Qualora l’Amministrazione finanziaria dovesse contestare, ai sensi dell’articolo 73 del D.P.R. n. 917/1986 l’esterovestizione ad una società formalmente residente all’estero, tutti i redditi ovunque prodotti, conseguiti dal soggetto esterovestito sarebbero assoggettati a tassazione in Italia, in base al c.d. worldwide principle.

L’indagine del Fisco sull’attività svolta dell’ente estero, è indirizzata a stabilire, in primo luogo, se l’imposta sui redditi delle società (IRES) troverà applicazione secondo le regole proprie:

- delle società di capitali, ex art. 73, comma 1, lettere a) e seguenti, del Tuir;

- degli enti commerciali, ex art. 73, comma 1, lettera b), commi 2 e seguenti, del Tuir;

- degli enti non commerciali, ex artt. 143 e seguenti del Tuir.

In secondo luogo, è necessario stabilire se le disposizioni ex art. 39, comma 2, lettera a), lettera c), lettera d), (disciplinanti l’accertamento induttivo extracontabile 57 ), nonché ex art. 41, commi 1 e 2, del D.P.R. n. 600/1973 (c.d. accertamento d’ufficio58) possano trovare concreta applicazione nel caso di accertamenti fiscali eseguiti nei confronti di società esterovestite. Del resto, la società esterovestita ha, comunque, istituito la contabilità nel Paese estero, presentando anche la relativa dichiarazione dei redditi.

In merito, anche il Comando Generale della Guardia di Finanza nella circolare 1/2008, con riferimento al metodo induttivo “puro”, ha affermato che “detto metodo rappresenta un sistema eccezionale, che si pone evidentemente all’estremo opposto di quello analitico contabile ed applicabile solo in presenza degli specifici presupposti indicati”59.

Chi scrive ritiene che nel caso di una società estera presunta esterovestita si possano applicare le disposizioni previste in materia di accertamento induttivo extracontabile solo se il soggetto passivo:

- non abbia istituito all’estero la documentazione amministrativo contabile;

- non abbia presentato alcuna dichiarazione dei redditi nello Stato dove è situata la sede legale.

57 Ai sensi della disposizione richiamata, l’ufficio determina il reddito d’impresa sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, con facoltà di prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e dalle scritture contabili in quanto esistenti e di avvalersi anche di presunzioni prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, quando: il reddito d’impresa non sia stato indicato nella dichiarazione; dal processo verbale di ispezione, redatto ai sensi dell’art. 33 del D.P.R n. 600/1973, risulta che le scritture contabili siano state omesse o le stesse non siano disponibili, perché sottratte dal contribuente ovvero per cause di forza maggiore; le omissioni e le false o inesatte indicazioni accertate, ovvero le irregolarità riscontrate nella contabilità, sono così gravi, numerose e ripetute da rendere inattendibili nel loro complesso le scritture stesse per mancanza delle garanzie proprie di una contabilità sistematica. 58 L’ufficio impositore può avvalersi di presunzioni, anche prive dei requisiti della gravità, della precisione e della concordanza, procedendo all’accertamento d’ufficio dei redditi, nei confronti dei contribuenti che abbiano omesso la presentazione della dichiarazione dei redditi. 59 Circolare 1/2008, volume II, parte IV metodologie di controllo, cap. 1, pagina n. 9.

Page 53: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

Le considerazioni sopra esposte assumono particolare evidenza nel caso in cui la società esterovestita abbia la propria sede legale all’interno dell’Unione europea.

Nella specie, dovrebbe ritenersi ingiustificato il mancato riconoscimento delle scritture contabili, non solo perché le stesse sarebbero esistenti, ma soprattutto perché le stesse sarebbero state redatte secondo la normativa “armonizzata” di altro Stato della Comunità. La sempre maggiore armonizzazione delle legislazioni nazionali degli Stati membri in materia di bilancio, iniziata con l’emanazione della IV direttiva del Consiglio 78/660/CEE del 25 luglio 1978, ha introdotto nei diversi Paesi dell’Unione principi e criteri contabili del tutto analoghi a quelli previsti in materia dal codice civile60.

Ulteriori elementi di approfondimento sono rinvenibili nella circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 28/E del 4 agosto 200661.

La circolare evidenzia che il soggetto estero riqualificato come residente in Italia “sarà soggetto a tutti gli obblighi strumentali e sostanziali che l’ordinamento prevede per le società e gli enti residenti”.

A titolo esemplificativo, gli effetti di più immediato impatto per le sub-holding esterovestite riguarderanno:

- i capital gain realizzati dalla cessione di partecipazioni da assoggettare al regime di imponibilità o di esenzione previsti dagli artt. 86 e 87 del Tuir;

- le ritenute da operare sui pagamenti di interessi, dividendi e royalty corrisposti a non residenti o sui pagamenti di interessi e royalty corrisposti a soggetti residenti fuori del regime di impresa;

- il concorso al reddito in misura pari al 100% del loro ammontare degli utili di partecipazione provenienti da società residenti in Stati o territori a fiscalità privilegiata.

Al contrario, i predetti soggetti non dovranno subire ritenute sui flussi di dividendi, interessi e royalty in uscita dall’Italia e potranno scomputare in sede di dichiarazione annuale le ritenute eventualmente subite nel periodo di imposta per il quale sono da considerare residenti, anche se operate a titolo di imposta.

In conclusione, tutta la documentazione acquisita nel corso delle operazioni ispettive (contabile ed extracontabile) sarà utilizzata dai verificatori per ricostruire, sotto il profilo economico, il reddito della società, nonché la reale consistenza patrimoniale della stessa, al fine di proporre, eventualmente, le prescritte misure cautelari a garanzia della pretesa erariale (ipoteca e sequestro conservativo ex art. 22 del D. Lgs. n. 472/1997)62.

60 Si veda in merito D. Avolio, B. Santacroce, Esterovestizione: è legittimo il disconoscimento dei costi e delle imposte estere?, in “il corriere tributario” n. 7 del 2011, ove espressamente si legge: “(…) laddove la società che si asserisce «esterovestita», abbia la propria sede legale in un altro Stato membro dell’Unione europea - ed abbia correttamente seguito le regole dettate in tale Stato nella tenuta della contabilità e nella predisposizione del proprio bilancio - non se ne potrebbe aprioristicamente disattendere il suo contenuto, ai fini della determinazione del reddito imponibile, stante la comune «matrice» che accomuna le legislazioni dei diversi Stati membri in materia di redazione del bilancio”. 61 Si rinvia, in particolare, al paragrafo 8.2 del citato documento di prassi. 62 L’opportunità di richiedere l’adozione di misure cautelari nei confronti di un soggetto esterovestito trova conferma anche nella Circolare 01/08 del Comando Generale della Guardia di Finanza, ove espressamente si legge: “(…) si potrà formulare specifica segnalazione allorquando lo suggeriscano peculiari situazioni di ordine soggettivo; in tal senso, ad

Page 54: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

Ciò posto, in questa delicata fase, l’Amministrazione finanziaria dovrà ricostruire:

- il reddito imponibile ai fini IRES, che dovrà essere determinato secondo le regole contenute nel D.P.R. n. 917/1986, sulla scorta dei dati risultanti dal conto economico civilistico redatto dalla società (sostanzialmente, scaturente dalla somma algebrica dei ricavi e dei costi di esercizio, comprese le scritture di assestamento di fine anno);

- la base imponibile IRAP, che dovrà essere determinata con le regole indicate nel D. Lgs. n. 446/97;

- il volume d’affari ai fini IVA, individuando tutte le eventuali operazioni rilevanti ai fini dell’applicazione del tributo, desumibili, in particolare, dall’esame delle fatture attive e passive della società.

4.11. Conclusione dell’attività ispettiva.

La fase conclusiva della verifica è costituita:

- dalla redazione del processo verbale di constatazione;

- dalla sottoscrizione del medesimo da parte dei verificatori e del contribuente;

- dal rilascio di copia del p.v.c. al contribuente stesso;

- dal successivo inoltro agli Uffici dell’Agenzia delle Entrate territorialmente competenti con riguardo al domicilio fiscale del contribuente verificato;

- dalla valutazione di eventuali profili penali-tributari, scaturenti dalle violazioni constatate.

L’attività di verifica potrebbe, infatti, anche concludersi con la constatazione di violazioni penali con la conseguente necessità di informare la Procura della Repubblica. Infine, alla fine del procedimento amministrativo, sarà emanato l’atto impositivo (avviso di accertamento) da parte dell’Agenzia, il quale deve essere notificato al soggetto esterovestito. Tali singole tematiche, sintetizzabili nello schema n. 2, sono oggetto di specifico approfondimento nei successivi sottoparagrafi.

Schema n. 2: conclusione attività ispettiva

esempio, possono rilevare la natura di evasore totale del contribuente verificato”, volume I, Parte III, capitolo 5, pag. 192. Il soggetto esterovestito è, infatti, un evasore totale, avendo omesso di presentare le dichiarazioni obbligatorie.

Conclusione attività ispettiva

Redazione e rilascio del processo verbale di constatazione Comunicazione di notizia di reato (eventuale) alla Procura della Repubblica

Emanazione avviso di accertamento e notifica dell’atto al contribuente

Page 55: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

4.12. Rilascio e contenuto del processo verbale di constatazione.

Al termine delle operazioni ispettive dovrà essere redatto il processo verbale di constatazione finale, all’interno del quale saranno evidenziate le violazioni amministrative rilevate dai verificatori, che dovrà essere rilasciato e consegnato in copia al contribuente. Sul punto, la circolare 1/2008 del Comando Generale della Guardia di Finanza63, fornisce precise indicazioni: “una volta sottoscritto, tanto dai verificatori, quanto dal contribuente, una copia del processo verbale di constatazione va consegnato al contribuente, dandone espressamente atto nel documento stesso; al riguardo, l’art. 12 della L. n. 212/2002 usa l’espressione “rilascio”. Ai fini di questo adempimento, è necessaria una puntuale e chiara attestazione a verbale che certifichi l’avvenuta consegna dell’atto, dando espressamente evidenza che la firma apposta da quest’ultimo nel processo verbale stesso vale anche quale conferma della ricezione del medesimo; non è richiesta l’osservanza delle formalità previste per la notifica degli avvisi di accertamento ex art. 60 del D.P.R. n. 600/73, che peraltro potranno essere adottate nei casi di irreperibilità del contribuente destinatario dell’atto”. Anche in tale circostanza, valgono le considerazioni già espresse per il processo verbale di verifica, nel paragrafo 4.7. In particolare, il processo verbale di constatazione redatto a conclusione dell’attività ispettiva deve essere rilasciato alla persona che, sulla base dell’attività istruttoria effettuata nel corso della verifica fiscale, prende le decisioni, assume gli indirizzi strategici dell’impresa formalmente estera, emana le principali direttive connesse alla gestione aziendale (ovvero l’amministratore di fatto64).

La circolare 1/2008 del Comando Generale della Guardia di Finanza, in materia di rilascio del p.v.c., evidenzia l’opportunità che tale atto sia sottoscritto dal titolare dell’impresa individuale o dell’attività di lavoro autonomo, ovvero nel rappresentante legale della società, soprattutto allo scopo di consentire al soggetto nei cui riguardi si producono, in via diretta ed immediata, le conseguenze dell’attività ispettiva, di conoscerne le relative risultanze, le successive fasi del procedimento di accertamento, l’eventuale irrogazione delle sanzioni, le sue possibilità di intervento nell’ambito del procedimento (comunque altrimenti conoscibili), nonché di formulare osservazioni o richieste di carattere conclusivo. Nei casi limite, in cui per circostanze contingenti occorra necessariamente procedere alla chiusura della verifica ed i soggetti dianzi indicati non fossero disponibili, il documento di prassi della Guardia di Finanza suggerisce di valutare la possibilità di far sottoscrivere il processo verbale di constatazione ad altro soggetto, sulla base di un’apposita procura rilasciata dal titolare dell’impresa/attività di lavoro autonomo o dal rappresentate legale della società e contenente la specifica attribuzione dell’incarico, in nome e per conto del titolare/rappresentante, di prendere cognizione del processo verbale di constatazione, sottoscriverlo e riceverne un esemplare e,

63 Circolare 1/2008 del Comando Generale della Guardia di Finanza, volume I, parte III, conclusione delle verifica fiscali e dei controlli, cap. 5, pagina n. 180. 64 Circa la recente evoluzione giurisprudenziale sulla figura dell’amministratore di fatto si rinvia al successivo paragrafo 4.13.

Page 56: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

infine, sottoscrivere l’eventuale documentazione allegata all’atto. In ogni caso, anche in detta eventualità, un altro esemplare originale del processo verbale di constatazione dovrà essere rilasciato appena possibile al titolare/rappresentante, mediante apposita e formale attestazione di avvenuta consegna, sottoscritta da questi e dai verbalizzanti. In relazione alla sottoscrizione del processo verbale di constatazione da parte di una persona non autorizzata, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6351 del 10 marzo 2008, ha affermato che la suddetta circostanza non può costituire causa di inutilizzabilità degli elementi e dei documenti acquisiti dai verbalizzanti65. Inoltre, la Suprema Corte ha ritenuto che la copia del processo verbale di constatazione possa essere sottoscritta anche da una delle persone identificate in base ai parametri risultanti dall'art. 139, comma 2, c.p.c., ovvero dalle persone di famiglia o dagli addetti alla casa, all'ufficio o all'azienda (che si trovino nei luoghi indicati dall'art. 139 e che accettino di ricevere la copia dell'atto), dovendosi presumere che le persone legate da vincoli familiari o da rapporti di lavoro, in forza della solidarietà e della fiducia connessa con tali vincoli, siano idonee a curarne la sollecita consegna al destinatario, in linea con quanto già sostenuto dalla stessa Cassazione, con la sentenza n. 5761 del 199766. Anche nel caso di società esterovestita, valgono le medesime considerazioni: i funzionari dell’Amministrazione finanziaria dovranno adottare ogni cautela per cercare di individuare il presunto amministratore di fatto della società che gestisce l’impresa, allo scopo di consentire al medesimo soggetto di conoscerne le risultanze dell’attività ispettiva, nonché di formulare richieste e/o osservazioni ai verificatori67. Nel processo verbale di constatazione finale saranno compendiate tutte le violazioni riconducibili ai fenomeni di esterovestizione societaria, con l’evidenziazione delle relative sanzioni, che vengono di seguito indicate.

- Omessa tenuta delle scritture contabili obbligatorie ai fini IVA/imposte sui

redditi. Qualora il soggetto non residente non abbia esibito le scritture contabili istituite all’estero, si rende applicabile la disposizione prevista dall’art. 9, comma 1, del

65 In particolare, la Suprema Corte ha osservato che, sebbene l’art. 52, comma 6, del D.P.R. n. 633/72 preveda che il processo verbale di constatazione da cui risultano le ispezioni e le rilevazioni eseguite in sede di accesso, le richieste fatte al contribuente o a chi lo rappresenta e le risposte ricevute “deve essere sottoscritto dal contribuente o da chi lo rappresenta”, ove l’atto stesso sia firmato da persona “non autorizzata” (nel caso in specie la figlia del titolare dell’azienda presso cui è stato effettuato l’accesso), non si determina alcuna invalidità, essendo evidente che il riferimento al “rappresentante” contenuto nella norma citata, non può avere alcun significato tecnico-giuridico, ma vale semplicemente a indicare una persona “addetta all’azienda o alla casa” per analogia a quanto previsto dall’art. 139 c.p.c. in tema di notifica dell’atto in genere. 66 Circolare 1/2008 del Comando Generale della Guardia di Finanza, volume I, parte III, capitolo 5, pagina n. 179 e 180. 67 Inoltre, il contribuente ha diritto di ricevere un esemplare del p.v.c. anche nell’ipotesi in cui si rifiuti di sottoscriverlo; ove rifiuti anche di ricevere il documento, questo sarà conservato dall’Amministrazione, nel fascicolo relativo al contribuente, previa espressa menzione di tale rifiuto nello stesso processo verbale di constatazione, nel quale si darà altresì atto che l’esemplare destinato al contribuente viene custodito presso l’ufficio, a disposizione della parte che potrà ritirarlo in qualsiasi momento. Sullo specifico punto cfr. Circolare 1/2008 del Comando Generale della Guardia di Finanza, volume I, parte III, conclusione della verifica fiscali e dei controlli, cap. 5, pagina n. 187.

Page 57: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

D. Lgs. 471/1997, che sanziona le violazioni degli obblighi relativi alla tenuta e conservazione delle scritture contabili. Di contro, se nel corso delle verifica fiscale, il soggetto verificato abbia esibito tutta la documentazione amministrativo contabile, anche se istituita all’estero, occorrerà valutare se l’apparato contabile possa essere considerato attendibile, per la ricostruzione del reddito e del volume d’affari della società, sulla base delle considerazioni già espresse nei precedenti paragrafi. Qualora la contabilità fosse considerata inattendibile, resta salva la possibilità per l’Ufficio finanziario di procedere all’accertamento induttivo, ai sensi dell’art. 39, secondo comma, del D.P.R. n. 600/1973 (redditi determinate in base alle scritture contabili), dell’art. 41 del D.P.R. n. 600/73 (accertamento d’ufficio in materia di imposte sui redditi), articolo 55 del D.P.R. n. 633/72 (accertamento induttivo in materia di I.V.A.)

- Omessa richiesta di attribuzione del numero di codice fiscale. La società verificata, al momento dell’inizio dell’attività, avrebbe dovuto presentare la domanda di attribuzione del numero di codice fiscale di cui all’art. 4 del D.P.R. n. 605/1973. Conseguentemente, considerato che il soggetto ispezionato non ha presentato alcuna domanda di attribuzione del numero di codice fiscale, si rendono applicabili le disposizioni previste dall’art. 13 del D.P.R. n. 605/1973, che sanziona l’omessa richiesta, entro i termini prescritti, del numero di codice fiscale.

- Omessa presentazione della dichiarazione di inizio attività e del luogo in cui erano tenuti e conservati i libri, registri, le scritture ed i documenti obbligatori. La società verificata non ha effettuato le comunicazioni previste dall’art. 35, comma 1, del D.P.R. n. 633/72, rendendosi responsabile della violazione prevista e punita dall’art. 5, comma 6, del D. Lgs n. 471/1997.

- Omessa presentazione della dichiarazione annuale dei redditi ai fini IRES.

L’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi, prevista dall’art. 1 e 4 del D.P.R. n. 600/73 e dagli artt. 1, 2 e 3 del D.P.R. n. 322/1998, comporta l’applicazione della sanzione prevista dall’articolo 1, comma 1, del D. Lgs. n. 471/1997.

- Omessa presentazione della dichiarazione annuale ai fini IVA. L’omessa presentazione della dichiarazione IVA, prevista dall’art. 28 del D.P.R. 633/1972, sostituito dagli artt. 3 e 8 del D.P.R. 322/1998, comporta l’applicazione della sanzione prevista dall’art. 5, comma 1, del D. Lgs. n. 471/1997.

Page 58: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

- Omessa presentazione della dichiarazione annuale ai fini IRAP.

L’omessa presentazione della dichiarazione annuale IRAP, il cui obbligo è previsto dall’art. 19, primo comma, del D. Lgs. n. 446/97, comporta l’applicazione delle sanzioni previste dall’articolo 32 dello stesso decreto.

Nello schema n. 3 sono riassunte le violazioni amministrative contestabili al soggetto esterovestito nel processo verbale di constatazione.

Schema n. 3: violazioni amministrative contestabili al soggetto esterovestito

Descrizione della violazione Sanzione prevista Omessa tenuta delle scritture contabili obbligatorie ai fini IVA/imposte sui redditi.

Art. 9, comma 1, del D. Lgs. 471/1997

Omessa richiesta di attribuzione del numero di codice fiscale.

Art. 13, comma 1, lett. a), del D.P.R. n. 605/1973

Omessa presentazione della dichiarazione di inizio attività e del luogo in cui erano tenuti e conservati i libri, registri, le scritture ed i documenti obbligatori.

Art. 5, comma 6, del D. Lgs n. 471/1997

Omessa presentazione della dichiarazione annuale dei redditi ai fini IRES.

Art. 1, comma 1, del D. Lgs. n. 471/1997

Omessa presentazione della dichiarazione annuale ai fini IVA.

Art. 5, comma 1, del D. Lgs. n. 471/1997

Omessa presentazione della dichiarazione annuale ai fini IRAP.

Art. 32 del D. Lgs. n. 446/1997

4.13. Profili penali tributari: redazione di atti di p.g.

La società “esterovestita” è obbligata ad ottemperare a tutti gli obblighi che l’ordinamento tributario prevede per le società e gli enti residenti. Pertanto, tutti i suoi redditi devono essere assoggettati a tassazione in Italia. Sotto il profilo penale, nel caso di fattispecie riconducibili all’“esterovestizione societaria”, occorrerà valutare l’effettiva offensività della condotta posta in essere.

Page 59: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

Attesa la dichiarata residenza estera e la conseguente omessa presentazione della dichiarazione nel Paese di effettiva residenza, la dottrina, pur non esistendo una fattispecie criminosa ad hoc esame ascrivibile all’esterovestizione societaria, ha unanimemente ritenuto ipotizzabile la fattispecie di reato di “omessa dichiarazione”, prevista e punita dall’art. 5 del D. Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, il quale prevede che: “1. È punito con la reclusione da uno a tre anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte, quando l'imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte a lire centocinquanta milioni (€ 77.468,53). 2. Ai fini della disposizione prevista dal comma 1 non si considera omessa la dichiarazione presentata entro novanta giorni dalla scadenza del termine o non sottoscritta o non redatta su uno stampato conforme al modello prescritto”68. Il D.L. 13 agosto 2011, n. 138, recante "Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo", con le modifiche apportate dalla legge di conversione 14 settembre 2011 n. 148, ha abbassato il limite di importo al di sopra del quale scattano le sanzioni penali per evasione fiscale. In particolare, è stata ridotta la soglia di imposta evasa che fa scattare la sanzione penale da 77.468,53 euro a 30.000 euro . Rinviando agli specifici approfondimenti dottrinali in materia 69 , in questa sede appare opportuno dedicare uno spazio al possibile responsabile del reato, non sempre facilmente individuabile. Il soggetto attivo è colui che realizza il fatto conforme alla fattispecie astratta di reato. Nonostante la norma appaia prima facie destinata a “qualunque soggetto” (chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, non presenta una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte), la dottrina ritiene che l’art. 5 costituisca un reato proprio con riferimento al soggetto che, investito di idonee qualifiche funzionali, è obbligato alla presentazione della dichiarazione. Tali soggetti coincidono con chi ha la rappresentanza legale della società ovvero con chi è investito di specifici poteri e responsabilità. Nel caso di “società esterovestita” l’eventuale responsabilità penale sarà da ricondurre ai soggetti che, di fatto, hanno assunto le decisioni relative alla gestione societaria esprimendo idonei impulsi volitivi.

68 In merito, è stata, altresì, ipotizzata (cfr. sul punto E. Mastrogiacomo, Profili penali del trasferimento fittizio della residenza all’estero, in “il fisco” n. 41 del 12 novembre 2001, pag. 13328) la potenziale configurabilità del reato di cui all’art. 11 del D. Lgs. n. 74/2000, “Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte”, nel caso di compimento, a seguito della riqualificata residenza fiscale, di atti simulati o fraudolenti su propri od altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva. Non appare, invece, configurabile, nel caso in esame, il reato di omesso versamento di I.V.A, ex art 10-ter del D. Lgs. n. 74 del 10 marzo 2000, considerata l’assenza dell’oggetto materiale del reato, ossia la dichiarazione presentata (contra cfr. D. Leone, Il nuovo regime presuntivo di localizzazione per le società esterovestite, in “il fisco” n. 38/2006 pag. 1-597). 69 Per approfondimenti cfr. M. Grazioli, M. Thione, L’esterovestizione societaria. Caratteristiche distintive del fenomeno e riflessi penali-tributari, op. cit..

Page 60: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

Si fa riferimento, quindi, agli amministratori di fatto della “società esterovestita”, non necessariamente coincidenti con gli amministratori della (formale) società estera, sovente non dotati di effettivi poteri, ma meri esecutori di direttive provenienti da soggetti residenti in Italia. Determinante, pertanto, nell’indagine ricostruttiva dell’origine degli impulsi decisionali è l’individuazione dei soggetti che effettivamente assumono le decisioni più importanti relative all’impresa. Più “defilati”, invece, appaiono quei soggetti che, seppur operanti nel territorio di riqualificata residenza, collaborano nella gestione societaria. Questi ultimi soggetti, spesso dirigenti, funzionari o consulenti di società appartenenti al medesimo Gruppo, potranno eventualmente rispondere a titolo di concorso ex art. 110 c.p. nel reato di omessa dichiarazione, soprattutto qualora siano dotati di specifiche competenze tecnico-professionali che inducano a ritenere integrato l’elemento soggettivo del reato70. Assume, pertanto, un ruolo chiave la figura dell’amministratore di fatto, sulla quale si è espressa di recente la Corte di Cassazione con la sentenza n. 23425 del 10 giugno 2011, ud. del 28 aprile 2011, Sez. III pen.. La pronuncia, benché non riguardante specificatamente un caso di esterovestizione, offre importanti spunti interpretativi. Secondo i giudici di legittimità, come espressamente si legge nella massima, “deve ritenersi ammissibile la configurabilità del concorso dell’amministratore di fatto nei reati commissivi, ma anche in quelli omissivi propri, nel senso che autore principale del reato è proprio l’amministratore di fatto salva la partecipazione di estranei all’amministrazione secondo le regole del concorso di persone nel reato”. In particolare, per quanto riguarda il reato di omessa dichiarazione, la Cassazione ritiene che il rappresentante legale della società (che deve sottoscrivere la dichiarazione) si considera assente non solo quando manchi la nomina, ma anche in presenza di un prestanome che non abbia alcun potere o ingerenza nella gestione della società. Quest’ultimo, pertanto, non è in condizione di presentare la dichiarazione perché non è in possesso della documentazione contabile tenuta dall’amministratore di fatto. L’amministratore di fatto, conseguentemente, è il vero autore del reato, mentre l’amministratore formale può essere eventualmente considerato corresponsabile sulla base del codice civile.

70 In altre parole, non sempre chi esegue le direttive operative è consapevole di operare in favore di una società esterovestita in quanto non la gestisce direttamente (essendo un mero esecutore) e non trae un diretto beneficio di imposta. D’altra parte, nel caso in cui il soggetto conosca la normativa tecnica, è regola di esperienza che possa rappresentarsi ciò che accade ed accettarlo.

Page 61: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

Tale principio è riscontrabile anche per le sanzioni amministrative tributarie ai sensi dell’articolo 11 del decreto legislativo n. 472 del 1997, che parifica il legale rappresentante all’amministratore di fatto. Specifica, infine la Corte, che “il principio dell’equiparazione dell’amministratore di fatto a quello di diritto è stato recentemente recepito dal legislatore in occasione della riforma del diritto societario. Dispone l’art. 2639 c.c. introdotto con il D. Lgs. n. 6 del 2003, che per i reati societari previsti dal titolo quindicesimo del libro quinto del codice civile al soggetto formalmente investito della qualifica o titolare della funzione prevista dalla legge è equiparato chi esercita in materia continuativa i poteri previsti dalle legge”.

4.14. La notifica dell’atto impositivo al soggetto esterovestito.

La disciplina della notificazione degli atti tributari è costituita da un complesso di norme di carattere procedimentale le quali rinviano alla disciplina delle notifiche del processo civile, contenuta nel libro primo, titolo sesto, sezione quarta del codice di rito. Anche a causa di tale rinvio ad altro ramo dell’ordinamento, non è agevole l’individuazione della disciplina di riferimento a cui deve essere ricondotto il singolo caso di specie. La citata complessità assume ulteriori profili di problematicità nel caso di persone giuridiche “esterovestite”71. Quest’ultime, infatti, benché formalmente abbiano la sede legale all’estero, vengono riqualificate dall’Amministrazione come soggetti fiscalmente residenti in Italia. Si pone, dunque, il problema su come procedere alla notifica dell’avviso di accertamento. La notifica dell’atto impositivo ai soggetti fittiziamente residenti all’estero costituisce un tema centrale, alla luce degli eventuali effetti che potrebbero derivare sul provvedimento conclusivo a causa di una procedura di notificazione non rituale. È opportuno rammentare, infatti, il disposto dell’art. 6 della L. 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente) secondo cui pesa in capo all’Amministrazione l’obbligo di assicurare l’effettiva conoscenza al contribuente degli atti a lui destinati72. Il citato art. 6 fa salve le ordinarie regole di notifica, prevedendo espressamente che “restano ferme le disposizioni in materia di notifica degli atti tributari”. Il rispetto di tali regole, dunque, è garanzia di attuazione del principio statutario di “effettiva conoscenza degli atti”.

71 Sintetiche considerazioni sull’argomento della notifica degli atti ai soggetti esterovestiti sono rinvenibili anche in M. Thione, L’esterovestizione societaria: disciplina sostanziale e profili operativi, op. cit.. 72 Ai sensi della citata disposizione, tali atti devono essere comunicati nel luogo di “effettivo domicilio del contribuente, quale desumibile dalle informazioni in possesso della stessa amministrazione o di altre amministrazioni pubbliche indicate dal contribuente, ovvero nel luogo in cui il contribuente ha eletto domicilio speciale ai fini dello specifico procedimento cui si riferiscono gli atti da comunicare”.

Page 62: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

Di seguito si procederà all’esame della disciplina della notificazione, sintetizzandone gli elementi principali, nel tentativo di applicare tali disposizioni al caso di una contestata esterovestizione da parte del Fisco.

4.15. La notificazione nel diritto tributario: quadro normativo di riferimento.

La “notificazione” è un’attività attraverso cui viene portato a conoscenza del destinatario un atto giuridico che lo riguarda, mediante la consegna di una copia dello stesso. L’art. 42 comma 1 del DPR 600/73 (rubricato “avviso di accertamento”) prevede che “gli accertamenti in rettifica e gli accertamenti d’ufficio sono portati a conoscenza dei contribuenti mediante la notificazione di avvisi sottoscritti dal capo dell’ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato”. Il rispetto della ritualità della notifica da parte dell’ente impositore rappresenta un profilo centrale del procedimento, in quanto alcune patologie della notificazione possono comportare la nullità dell’atto. Inoltre, la notifica acquista rilievo ai fini dell’eventuale proposizione del ricorso. Infatti, l’art. 21 del D. Lgs. 546/92 stabilisce che il ricorso deve essere proposto entro sessanta giorni dalla notifica dell’atto. L’art. 60 del D.P.R. 600/73 costituisce la norma di riferimento in tema di notifiche per l’accertamento delle imposte sui redditi73; tali disposizioni non si applicano solo agli avvisi di accertamento ma anche agli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente74. Lo stesso art. 60 opera un espresso richiamo agli artt. 137 e seguenti del codice processuale civile, ma con alcune importanti peculiarità75. Il quadro normativo che ne deriva è quindi eterogeneo, essendo strutturato sull’art. 60 del D.P.R. 600/73, sulle norme del codice processuale civile (fatte salve quelle espressamente inapplicabili ex art. 60, comma 1, lettera f), D.P.R. 600/73), sulla L. 20/11/1982, n. 890 in materia di notifica a mezzo posta. Dal citato quadro normativo derivano le varie modalità di notifica degli atti. In particolare, la notifica può avvenire, per il tramite di messi comunali e di messi autorizzati dall’ufficio imposte, attraverso le seguenti alternative: - nelle mani proprie del contribuente: l’art. 138 c.p.c. prevede che il soggetto

legittimato effettua la notifica “di regola mediante consegna nelle mani proprie

73 In altri settori dell’ordinamento tributario esistono norme specifiche. Ad esempio, in tema di cartelle di pagamento, occorre fare riferimento all’art. 26 del DPR 602/73. 74 A titolo esemplificativo, gli inviti e le richieste ex art. 32 del DPR 600/73 devono essere notificati ai sensi della norma in oggetto. 75 L’art. 60, comma 1, lettera f), sancisce, infatti, l’inapplicabilità dei seguenti disposizioni: art. 143 c.p.c. (notifiche a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti), art. 146 c.p.c. (notifiche a militari in servizio); art. 150 c.p.c. (notificazione per pubblici proclami), art. 151 c.p.c. (forme di notificazione ordinate dal giudice).

Page 63: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

- mani proprie del contribuente;

- domicilio fiscale del contribuente;

- domiciliatario se indicato;

del destinatario, presso la casa di abitazione oppure, se ciò non è possibile, ovunque lo trovi” nell’ambito della circoscrizione cui è addetto;

- presso il suo domicilio fiscale: ai sensi dell’art. 60 co. 1 lett. c) del DPR 600/73, “salvo il caso di consegna dell’atto o dell’avviso in mani proprie, la notificazione deve essere fatta nel domicilio fiscale del destinatario”.

- presso il domiciliatario eventualmente indicato76;

- per mezzo del servizio postale: ai sensi dell’art. 149 c.p.c., “se non ne è fatto espresso divieto dalla legge, la notificazione può eseguirsi anche a mezzo postale”.

L’art. 14 della L. 890/82 prevede espressamente che gli atti tributari possano essere notificati per mezzo del servizio postale. In tal caso, secondo il disposto della norma citata, l’agente notificatore “scrive la relazione di notificazione sull’originale e sulla copia dell’atto, facendovi menzione dell’ufficio postale per mezzo del quale spedisce la copia al destinatario in piego raccomandato con avviso di ricevimento. Quest’ultimo è allegato all’originale”.

La prova dell’avvenuta notifica deve essere fornita mediante l’esibizione della cosiddetta “relata di notifica”77 o dell’avviso di ricevimento nelle notifiche a mezzo posta78. Quanto finora esposto può essere riepilogato nello schema n. 4.

Schema n. 4: notificazione degli atti tributari 76 L’art. 141 c.p.c. prevede che la notifica a chi ha eletto domicilio presso una persona o un ufficio può avvenire mediante consegna di copia dell’atto alla persona o al capo dell’ufficio in qualità di domiciliatario, nonché nel luogo indicato nell’elezione. La norma prevede che la notifica nelle mani della persona o del capo dell’ufficio equivale a consegna nelle mani proprie del destinatario. Il rifiuto di ricevere l’atto da parte del domiciliatario non osta al perfezionamento della notifica (Corte di Cassazione, SS.UU., 26/6/2002, n. 9325). 77 La relata di notifica ha valore di atto pubblico e, pertanto, costituisce una prova legale (art. 2699 c.c.) facendo fede fino a querela di falso per le attestazioni che riguardano l’attività svolta dall’agente notificatore, per la constatazione dei fatti avvenuti in sua presenza e per il ricevimento delle dichiarazioni resegli limitatamente al loro contenuto estrinseco. 78 L’art. 4 co. 3 della L. 890/82 statuisce che “l’avviso di ricevimento costituisce prova dell’avvenuta notificazione”.

Modalità di notificazione:

- art. 60 del D.P.R. 600/73

- norme del codice di rito (applicabili ai sensi dell’art. 60 del D.P.R. 600/73);

- L. 20/11/1982, n. 890)

Soggetti abilitati: messi comunali o messi autorizzati dall’ufficio

Page 64: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

4.16. Il domicilio fiscale delle persone giuridiche “esterovestite”.

Come rilevato nel sottoparagrafo precedente, ai sensi dell’art. 60, comma 1, lett. c) del D.P.R. 600/73, “salvo il caso di consegna dell’atto o dell’avviso in mani proprie, la notificazione deve essere fatta nel domicilio fiscale del destinatario”. Anche per ciò che riguarda le persone giuridiche, pertanto, la notifica deve essere effettuata presso il loro domicilio fiscale. L’art. 58, comma 3, del D.P.R. 600/73 specifica che le persone giuridiche hanno il domicilio fiscale nel comune in cui si trova, in via graduata:

- la sede legale;

- la sede amministrativa;

- la sede secondaria o una stabile organizzazione;

- l’esercizio prevalente della loro attività.

L’art. 58 del D.P.R. 600/73 deve essere combinato con l’art. 145 c.p.c., secondo cui la notifica alle persone giuridiche deve avvenire: - nella sede dell’ente;

- mediante consegna di copia dell’atto al rappresentante o alla persona incaricata di ricevere le notifiche, ad altra persona addetta alla sede stessa, al portiere dello stabile in cui vi è la sede.

La notifica può anche avvenire, a norma degli articoli 138, 139 e 141 c.p.c., alla persona fisica che rappresenta l’ente qualora nell’atto ne sia indicata la qualità e dove risultino specificati residenza, domicilio e dimora abituale.

Alla luce di tale quadro normativo, pertanto, diviene determinante stabilire dove sia ubicato il domicilio fiscale del soggetto esterovestito.

Il domicilio fiscale delle persone giuridiche viene fissato, ai sensi dell’art. 58 comma 3 D.P.R. 600/73, “nel comune in cui si trova la loro sede legale o, in mancanza, la sede amministrativa; se anche questa manchi, essi hanno il domicilio fiscale nel comune ove è stabilita una sede secondaria o una stabile organizzazione all’estero e in mancanza nel comune in cui esercitano prevalentemente la loro attività”.

Ne consegue che, nel caso di asserita esterovestizione societaria, la fissazione del domicilio fiscale avviene per mezzo dei medesimi criteri sostanziali che vengono valorizzati per determinare la residenza dell’ente in Italia, e cioè la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale dell’attività (luogo in cui l’ente esercita prevalentemente la sua attività)79.

79 Un approccio interpretativo differente emerge nella circolare dell’Assonime del 31/10/2007 n. 67, par. 9.4. Il documento avanza dubbi circa l’applicabilità della disciplina delle notifiche per i soggetti residenti, considerato che il soggetto estero, al momento della notifica dell’accertamento, è tale solo per presunzione. L’Assonime, in particolare, rileva che una notifica presso il domicilio fiscale “presunto” violerebbe il diritto di difesa, in quanto il soggetto ben potrebbe risiedere all’estero, e non esser mai venuto a conoscenza dell’accertamento emanato nei suoi confronti. Secondo l’Associazione, occorrerebbe notificare l’atto presso il rappresentante legale della persona giuridica, così come stabilito dagli artt. 145 c.p.c. e 60 del D.P.R. 600/73, ovvero, se possibile, utilizzare la procedura di notifica prevista per i soggetti residenti in paesi comunitari.

Page 65: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

Appare opportuno evidenziare che, nel determinare il domicilio fiscale delle persone giuridiche, il Legislatore ha fatto riferimento al concetto di sede amministrativa, e non già della sede dell’amministrazione, come invece nella norma che determina i criteri per stabilire la residenza fiscale del soggetto.

Le due espressioni, del resto, hanno un significato differente: la “sede dell’amministrazione” si riferisce alla sede di effettiva gestione dell’ente (ossia il luogo in cui vengono assunte le decisioni necessarie ad amministrarlo), mentre con l’espressione “sede amministrativa” si intende ogni luogo in cui la società pone in essere una qualsiasi attività di amministrazione, ad esempio la tenuta della contabilità sociale od ogni altro servizio di back office.

Ne deriva che la sede dell’amministrazione è sicuramente anche una sede amministrativa, mentre non è necessariamente vero il contrario.

Tuttavia, si può ritenere che le due espressioni siano utilizzabili, nel caso di specie, come sinonimi80, in primo luogo “per l’utilizzo dell’articolo determinativo, che fa intendere l’esistenza di una sola sede amministrativa, cosa che la qualifica in modo diverso rispetto ad una qualsiasi sede secondaria in cui si svolgano servizi di tenuta della contabilità o in genere di book keeping”; in secondo luogo “se la sede amministrativa fosse diversa dalla sede dell’amministrazione, essa rappresenterebbe necessariamente una sede secondaria, e quindi non vi sarebbe stato bisogno della specificazione di tale concetto, in quanto già assorbito dal più ampio concetto di sede secondaria”. In un tale contesto, la questione del luogo in cui effettuare ritualmente la notifica dell’accertamento corrisponde al thema probandum oggetto dell’accertamento stesso. In altre parole, per comprendere se la notifica sia stata validamente effettuata nel domicilio fiscale della società asseritamente esterovestita, è necessario stabilire se detta società abbia la propria sede dell’amministrazione in Italia. L’esame della questione pregiudiziale (la notifica), pertanto, non può non essere compiuto se non esaminando prima una questione principale e di merito, la cui soluzione riverbera i suoi effetti sulla questione pregiudiziale: “paradossalmente, in casi come questo, la questione pregiudiziale (…) perde ogni autonomia, divenendo irrilevante, in quanto assorbita dalla questione di merito”81. In materia di notifica dell’atto impositivo alle persone giuridiche esterovestite, appare opportuno analizzare alcune pronunce di merito e le relative soluzioni adottate. Un caso pratico meritevole di approfondimento è costituito dalla sentenza della Commissione tributaria regionale Toscana, Sez. XXV, 18 gennaio 2008 (3 dicembre 2007), n. 61.

80 Analoga posizione interpretativa è rinvenibile nella Circolare UNGDC n. 7 del 20 maggio 2009, Unione nazionale giovani dottori commercialisti, La residenza fiscale delle società nell’Ires ed il fenomeno dell’esterovestizione societaria. Gli stralci riportati nel periodo sono tratti dal citato documento. 81 Il riferimento è a Circolare UNGDC n. 7 del 20 maggio 2009, op. cit..

Page 66: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

Gli avvisi di accertamento da cui è scaturita la controversia avevano contestato la localizzazione italiana della sede amministrativa di una società con sede legale all’estero (in Olanda, nella fattispecie). La società olandese, sub-holding del gruppo e su cui si è incentrata la contestazione di “esterovestizione”, deteneva i pacchetti di controllo di svariate società operative estere, gestendo le società partecipate e fornendo loro una serie di servizi di coordinamento, trasmissione di dati e informazioni, nonché assicurando alle stesse un flusso di finanziamenti e una gestione della liquidità e del marchio. Gli avvisi di accertamento erano stati notificati presso la direzione generale della società controllante italiana, cioè della capogruppo, mediante consegna a mani di uno degli amministratori della società estera. Secondo l’Ufficio finanziario la società destinataria dell’accertamento, pur avendo la sede legale all’estero, avrebbe avuto la sua effettiva sede di direzione in Italia e, dunque, la notifica stessa avrebbe potuto essere effettuata presso la controllante (evidentemente, sul presupposto che ivi insistesse la sede effettiva della sub-holding estera). La commissione tributaria provinciale aveva accolto i ricorsi per ragioni attinenti alla nullità della notifica degli atti di accertamento. Da qui l’instaurarsi del contenzioso in Commissione regionale. Quest’ultima dapprima affronta il profilo sostanziale, ritenendo che l’Ufficio non avesse raccolto sufficienti prove a sostegno della presenza in Italia del “place of effective management” del presunto soggetto esterovestito ed in particolare, che non avesse dimostrato, con argomenti convincenti, la sussistenza e la continuità di attività amministrative e di gestione localizzate in Italia. I giudici, dopo aver appurato il profilo sostanziale, escludendo che la società olandese avesse la sede di direzione in Italia, hanno comunque affrontato, con un certo grado di approfondimento, il tema della notifica, opportunamente rilevando una stretta connessione tra il profilo sostanziale e quello pregiudiziale: “la questione preliminare relativa alla notifica è strettamente collegata a quella sostanziale, perché le obbligazioni tributarie ritenute dall’Ufficio sussistono se ed in quanto la società abbia la sua sede operativa in Italia”82. La Commissione regionale si sofferma, dunque, sulle modalità e il luogo della notifica, evidenziando come, in assenza di una sede amministrativa in Italia e, dunque, di un “Comune” nel quale eseguirsi la notificazione, l’Ufficio avrebbe dovuto notificare gli atti di accertamento nella sede legale della società in Olanda. Del resto, secondo i giudici, tale sede “estera” era ben conosciuta all’Amministrazione finanziaria, la quale avrebbe potuto avvalersi della notifica a mezzo posta. Ciò anche in ossequio alla previsione dell’art. 6 dello Statuto del contribuente, secondo cui l’Amministrazione deve assicurare l’effettiva conoscenza da parte del contribuente degli atti a lui destinati, provvedendo a notificarli nel luogo del suo

82 Stralcio della sentenza in esame.

Page 67: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

effettivo domicilio, quale desumibile dalle informazioni in possesso della stessa Amministrazione. In particolare, secondo la C.T.R. l’art. 58, terzo comma, del D.P.R. n. 600/1973 stabilisce che i soggetti diversi dalle persone fisiche hanno il domicilio fiscale nel Comune in cui si trova la sede legale o, in mancanza, la sede amministrativa. Se anche questa manca, tali soggetti hanno il domicilio fiscale nel Comune dove è stabilita una sede secondaria o una stabile organizzazione e, in mancanza, nel Comune in cui esercitano prevalentemente la loro attività. Nel caso di specie i giudici tributari hanno escluso che la sede dell’amministrazione della società olandese fosse ubicata presso la sede della controllante italiana, concludendo nel senso che la notifica dovesse essere effettuata all’estero, presso la sede legale della società olandese. La dottrina, commentando la pronuncia in esame, ha opportunamente rilevato che “la questione del luogo di effettuazione delle notifiche, in casi del genere, innesca comunque un circolo vizioso: per sapere se l’atto di accertamento può essere notificato in Italia (ad esempio, come nel caso di specie, presso la controllante italiana) occorre infatti prima stabilire se la società estera ha una sede amministrativa in Italia, ma ciò è al tempo stesso proprio l’oggetto del contendere. Si tratta dunque di situazioni in cui l’esame di una questione pregiudiziale non può essere compiuto se non esaminando prima una questione principale e di merito, la cui soluzione riverbera i suoi effetti sulla questione pregiudiziale”83. Ne deriva che la questione pregiudiziale perde, sul piano concettuale, ogni carattere di autonomia; il tema della notifica viene, pertanto, assorbito dal profilo sostanziale, ossia dalla questione di merito. Qualora il giudice accerti che il “poem” della società è localizzato in Italia, la questione pregiudiziale del vizio della notifica non potrà che essere rigettata (per ragioni attinenti al merito). Nel caso in cui, invece, il giudice escluda l’esterovestizione del soggetto non residente, la decisione della causa dipenderà (anche in questo caso) da ragioni attinenti al merito, ancorché si tratti di ragioni che possano potenzialmente inficiare la notifica dell’atto impugnato. Nelle sentenze della Commissione tributaria provinciale di Belluno 14 gennaio 2008, nn. 173 e 17484 (nell’ambito delle quali viene confermata l’esterovestizione di una società con sede legale dichiarata in Germania) il giudice tributario ha avallato l’operato dell’Ufficio con riferimento alle modalità di esecuzione delle notifiche degli atti impositivi. In particolare, l’Amministrazione finanziaria, agendo “ad abundantiam”, aveva eseguito le notifiche per il tramite di raccomandate sia all’estero (presso la formale sede legale della società tedesca), sia in Italia (presso la presunta sede effettiva

83 D. Stevanato, Prova dell’esterovestizione e luogo di effettuazione delle notifiche: viene prima l’uovo o la gallina?, in “GT - Rivista di giurisprudenza tributaria” n. 5 del 2008, pag. 429. 84 Per un commento delle sentenze in esame cfr. D. Stevanato, Holding statiche e accertamento della residenza fiscale italiana dell’ente estero, in “Corriere Tributario”, n. 12/2008, pag. 965.

Page 68: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

individuata dai verificatori nella sede della controllante italiana), sia presso il rappresentante legale della società estera (più precisamente presso il suo domicilio fiscale italiano e il suo indirizzo estero). Nella sentenza, il giudice tributario ritiene che le modalità di notifica attuate dall’Ufficio siano conformi alle norme di legge in tema di notificazione degli atti così come risulta dal combinato disposto dell’art. 60 del D.P.R. n. 600/1973 e degli artt. 136 ss. c.p.c.. La commissione ha quindi considerato applicabile l’art. 145 c.p.c., che disciplina la notifica alle persone giuridiche e prevede anche la possibilità di notificare alle persone fisiche che rappresentano l’ente, non ritenendo, invece, necessaria la notifica all’estero.

5. Esterovestizione societaria: l’elenco della giurisprudenza e della prassi

ministeriale.

5.1. Giurisprudenza:

- di legittimità.

Corte di Cassazione, sentenza 13 ottobre 1972, n. 3028; Corte di Cassazione, sentenza 10 dicembre 1974, n. 4172; Corte di Cassazione, sentenza 25 febbraio 1978, n. 969; Corte di Cassazione, sentenza 28 giugno 1981, n. 650; Corte di Cassazione, sentenza 2 dicembre 1982, n. 6560; Corte di Cassazione, sentenza 2 marzo 1983, n. 1567; Corte di Cassazione, sentenza 24 marzo 1983, n. 2070; Corte di Cassazione, sentenza 16 giugno 1984, n. 3604; Corte di Cassazione, sentenza 5 febbraio 1985, n. 791; Corte di Cassazione, sentenza 13 giugno 1986, n. 3945; Corte di Cassazione, sentenza 27 giugno 1986, n. 4283; Corte di Cassazione, sentenza 9 giugno 1988, n. 3910; Corte di Cassazione, sentenza 26 febbraio 1990, n. 1439; Corte di Cassazione, sentenza 5 aprile 1990, n. 2831; Corte di Cassazione, sentenza 8 maggio 1991, n. 5123; Corte di Cassazione, sentenza 9 dicembre 1991, n. 13226; Corte di Cassazione, sentenza 22 luglio 1995, n. 8040; Corte di Cassazione, sentenza 11 marzo 1996, n. 2001; Corte di Cassazione, sentenza 7 novembre 2001, n. 13803; Corte di Cassazione, sentenza 21 ottobre 2005, n. 20398; Corte di Cassazione, sentenza 26 febbraio 2007, n. 4303;

- di merito.

Commissione Tributaria Centrale, sentenza 10 ottobre 1996, n. 4992; Commissione Tributaria Provinciale di Firenze, sentenza 18 aprile 2007, n. 108/16/07; Corte di Giustizia Europea, C-73/06 del 28 giugno 2007 Commissione Tributaria Provinciale di Belluno, sentenze 3 dicembre 2007 – 14 gennaio 2008, n. 173/01/2007 e 174/01/2007; Commissione Tributaria Regionale Toscana, sentenza 3 dicembre 2007 – 18 gennaio 2008, n. 61/25/2007;

Page 69: “La verifica e l’accertamento tributario nel contesto ......vigilanza prudenziale, fiscale e contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Anche il legislatore nazionale,

Commissione Tributaria Provinciale di Rimini, sentenza 25 febbraio 2008 – 12 marzo 2008, n. 26/2/2008; Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Emilia, sentenza 1 luglio 2009 – 11 agosto 2009, n. 197/4/2009; Commissione Tributaria Provinciale di Savona, sentenza 10 marzo 2011, n. 46.

5.2. Prassi ministeriale: Circolare Agenzia delle Entrate 13 febbraio 2003, n. 9/E; Circolare Agenzia delle Entrate 4 agosto 2006, n. 28/E; Circolare Agenzia delle Entrate 16 febbraio 2007, n. 11/E; Risoluzione Agenzia delle Entrate 5 novembre 2007, n. 312/E.