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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SASSARI SCUOLA DI DOTTORATO IN SCIENZE BIOMEDICHE INDIRIZZO IN FARMACOLOGIA DI GENERE (XXIV Ciclo) “AUTOFAGIA: UN PROCESSO GENERE SPECIFICO?” Direttore: Prof. EUSEBIO TOLU Tutore: Prof.ssa FLAVIA FRANCONI Tesi di dottorato del: Dott. ROBERTO CHESSA ANNO ACCADEMICO 2010-2011

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SASSARI

SCUOLA DI DOTTORATO IN SCIENZE BIOMEDICHE INDIRIZZO IN FARMACOLOGIA DI GENERE

(XXIV Ciclo)

“AUTOFAGIA:

UN PROCESSO GENERE SPECIFICO?”

Direttore: Prof. EUSEBIO TOLU Tutore: Prof.ssa FLAVIA FRANCONI

Tesi di dottorato del: Dott. ROBERTO CHESSA

ANNO ACCADEMICO 2010-2011

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Roberto Chessa Autofagia: un processo genere specifico? Tesi di Dottorato in Scienze Biomediche – Indirizzo in Farmacologia di Genere Università degli Studi di Sassari

1

SOMMARIO

INTRODUZIONE ............................................................ pag. 5

SCOPO.............................................................................. pag. 6

MATERIALI E METODI ............................................... » 12

Animali ................................................................... » 12

Western Blotting...................................................... » 13

Determinazione proteica......................................... » 13

Determinazione di Beclina..................................... » 13

Determinazione di LcIII......................................... » 13

Determinazione di mTOR....................................... » 13

Determinazione di LAMP....................................... » 13

Determinazione della Tubulina.............................. » 13

Determinazione di Actina....................................... » 13

Determinazione di GAPDH.................................... » 13

Analisi densitometrica e statistica.......................... » 13

Immunofluorescenza.............................................. » 14

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RISULTATI E DISCUSSIONE ...................................... » 16

CONCLUSIONI ............................................................... » 35

BIBLIOGRAFIA .............................................................. » 37

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Abstract

The purpose of this study was to clarify if autophagic processes that

play an important role in many diseases such as ischemia, cancer,

neurodegenerative diseases, are influenced by the determinant

gender. In particular, research has focused on the liver, heart and

kidney as well as analyzing some aspects of isolated cells. It'clear

that in some organs the liver see the process is greatly influenced by

gender and in the kidney does not seem to be influenced by this

factor at least in physiological conditions. Also see the cells in

culture VSMC exhibit significant differences in autophagic

processes and substances with antioxidant activity such as minor

polar compounds extracted olive oil extravergine change the

autophagic process in a specific gender. Suggesting that such drugs

can be achieved in this area involving specific diseases that are the

main causes of death. Autophagy is a lysosomal degradative

pathway involved in the intracellular turnover of proteins and cell

organelles and has an important role in regulating cell fate in

response to stress. We demonstrated a gender disparity in this

regard (Malorni et al., 2008; Straface et al., 2009). Under basal

conditions autophagic activity is low but can be activated by

physiological and pathological conditions in multiple organs.

Conversely, autophagy suppression is often associated with certain

diseases, including a subset of cancer, neurodegenerative disorders,

infectious diseases and inflammatory bowel disorders (Mizushima

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et al., 2010). In order to investigate if, in basal conditions, sexual

autophagic differences could occur in different organs from male

and female rats, specific studies have been undertaken. Paraffin-

embedded sections from liver, heart and kidney have been analyzed

by immunofluorescence microscopy. In particular, a double

labeling of LC3 (a marker of autophagosome) and Lamp-1 (a

marker of lysosomes) has been carried out to evaluate the formation

of autophagolysosomes (a hybrid organelle generated by the fusion

of an autophagosome and a lysosome). Analyses conducted by

immunofluorescence microscopy clearly indicated an increased

expression and colocalization of LC3 and Lamp-1 only in organs

from male rats. These results were corroborated by biochemical

western blot analyses.

Although the biological significance of this phenomenon remains to

be elucidated, we can not rule out the possibility that this

constitutive autophagic activity, mainly detectable in organs from

male rats, could become a relevant biomarker and a

pharmacological target in the long run.

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INTRODUZIONE

Il termine genere, che deriva dal latino genus, generis, affine a

gignere – generare, risponde alla necessità di dare valore a quanto

vi è nella cultura in cui viviamo che ci porta ad essere uomini e

donne al di là dell’essere maschio o femmina. Originariamente fu

introdotto nelle scienze sociali per descrivere come le diverse

società e culture interpretassero l’essere maschio e l’essere

femmina, pertanto, il genere include gli elementi che caratterizzano

essere donna o uomo in una determinata società (Greaves L., O.

Hankivsky et al. 1999; Grant K. and P. Ballem 2000; Franconi F.

and L. I. Ferro 2010). La “Questione femminile” fu nominata, per la

prima volta, in medicina nel 1991, quando Bernardine Healy,

direttrice dell’NIH statunitense, parlò di “ Yentl Syndrome” sulla

prestigiosa rivista New England Journal of Medicine a causa

dell’atteggiamento discriminatorio dei cardiologi nei confronti della

donna. “Yentel”era una giovane donna che nel racconto del premio

Nobel Isaac Singer si era vestita da ragazzo per studiare il Talmud

(Singer, B.I. 1983. Yentel the Yeshiva Boy Farrar, Straus, Giroux.)

D’altra parte fatti analoghi si ritrovano nella storia della medicina a

partire dall’antica Atene, doe l’arte medica era interdetta alle donne,

e Agnodice fu costretta a travestirsi da uomo per raggiungere il suo

obbiettivo sino ad arrivare a James Stuart Barry famoso chirurgo

militare che in realtà era “Miranda”.

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Questo stato di cose ha portato nella ricerca e nella cura a

differenze non giustificabili, che contraddicono le basi della

medicina e che non sono d’accordo con uno degli obiettivi del III

millennio, la cura personalizzata, che necessariamente deve anche

essere tenuta in conto prima di arrivare all’obiettivo delle categorie

dei pazienti. Molte differenze di genere sono state individuate in

questi ultimi anni, ed ormai è sempre più evidente che il cuore, i

vasi sanguigni, l’encefalo, il fegato, il polmone, il rene, necessitano

di essere declinati sia al femminile sia al maschile. Quindi, le

diversità devono essere integrate nei processi e nelle politiche di

cura e di tutela della salute, poiché la scarsa conoscenza e la scarsa

considerazione delle differenze biologiche e sociali hanno prodotto

il cosiddetto “paradosso donna”: le donne vivono più a lungo degli

uomini, ma si ammalano di più ed hanno un maggior numero di

anni di vita in cattiva salute.

Lo scopo di questo studio è stato quello di chiarire se i processi

autofagici che giocano un ruolo importante in numerose patologie

come l’ischemia, il cancro, le malattie neurodegenerative, sono

influenzati dal determinante genere. In particolare, la ricerca si è

concentrata sul fegato, sul cuore e sul rene analizzando anche alcuni

aspetti su cellule isolate. È evidente che in alcuni organi vedi fegato

il processo è influenzato grandemente dal genere mentre nel rene

questo sembra non essere influenzato da questo determinante,

almeno in condizioni fisiologiche. Anche le cellule in cultura vedi

VSMC presentano differenze significative nei processi autofagici e

sostanze con attività antiossidante come i composti polari minori

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estratti dall’olio estravergine d’oliva modificano il processo

autofagico in maniera genere specifica. Indicando con ciò che è

possibile realizzare farmaci genere specifici in questo ambito che

coinvolge patologie che rappresentano le principali cause di morte.

L’autofagia è un processo cellulare complesso, altamente

conservato e regolato, ATP-dipendente che avviene in tutte le

cellule eucariote. Esso coinvolge il riarrangiamento di membrane

subcellulari al fine di sequestrare porzioni del citoplasma e organuli

da esporre all’azione degradativa degli enzimi lisosomiali, nei quali

il materiale sequestrato è catabolizzato e riciclato.

Le vie autofagiche meglio caratterizzate sono la macroautofagia,

la microautofagia e l’autofagia chaperone-mediata. Esse si

differenziano per il modo con cui il materiale da degradare viene

trasportato all’interno delle vescicole lisosomiali, per il tipo di

materiale trasportato e per i meccanismi di regolazione. Molti tipi di

cellule possono degradare proteine citosoliche attraverso la forma di

autofagia chaperone-mediata (CMA), un processo con elevata

selettività per un particolare gruppo di proteine citoplasmatiche che

vengono traslocate attraverso la membrana lisosomiale senza

richiedere la formazione di vacuoli o la deformazione di membrana.

Tutti i substrati di CMA contengono una particolare sequenza

aminoacidica KFERQ (Lys-Phe-Glu-Arg-Gln) che viene

riconosciuta dalle chaperonine, tra cui la proteina heat shock di 70

kDa (hsc70). Il complesso chaperonina-proteina si lega alla

membrana lisosomiale mediante l’interazione con il recettore

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LAMP-2° e ciò favorisce il trasporto del materiale da degradare

all’interno dell’organulo.

Il carattere selettivo di CMA fa sì che questa forma d’autofagia

sia attivata quando la discriminazione tra le proteine da degradare è

importante. Durante condizioni di stress, come per esempio la

mancanza di nutrienti, l’attività di CMA aumenta dopo che la

macroautofagia, anch’essa attivata, comincia a calare. Questa

attivazione sequenziale di una via autofagica non-selettiva, seguita

da una selettiva, può essere finalizzata ad evitare la degradazione di

componenti cellulari essenziali in caso di un digiuno prolungato. La

microautofagia è coinvolta nell’inglobamento e nella degradazione

di regioni complete del citosol, inclusi proteine e organuli

citoplasmatici, direttamente da parte dei lisosomi, senza richiedere

la formazione di vacuoli autofagici intermedi. Il lisosoma, infatti,

per invaginazione o estroflessione, avvolge il citoplasma e in

seguito si chiude a formare una vescicola interna che contiene il

materiale da degradare. La microautofagia è stata tradizionalmente

considerata come una forma di autofagia attiva per garantire il

turnover delle proteine a lunga vita in condizioni basali, ma studi

recenti la ritengono anche responsabile, in parte, della degradazione

dei perossisomi. La macroautofagia o autofagia è un processo

dinamico responsabile della degradazione sia di proteine solubili a

lunga vita che di organuli in condizioni di stress. Essa comporta la

formazione di vacuoli a doppia membrana (autofagosomi) che

sequestrano porzioni di citoplasma e sono destinati a fondersi con i

lisosomi per generare autolisosomi che degradino il materiale

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mediante l’azione delle idrolasi lisosomiali per poi riciclarne i

prodotti di degradazione. Il processo autofagico è governato da un

gruppo di geni, denominati ATG (autophagy-related genes) e può

essere diviso nelle seguenti fasi:

• Iniziazione: il segnale deriva dal sensore per il nutrimento

mTOR che termina di inibire un complesso serina/treonina

chinasi contenente ULK 1/2, ATG13 e FIP200. Tale

complesso, una volta attivato, è responsabile della formazione

di una membrana di isolamento o fagoforo che circonda

parzialmente il materiale da degradare.

• Formazione dell’autofagosoma: la nucleazione di un

autofagosoma prematuro dipende dall’attività della chinasi

hVps34 (PIK3 class III) e dalla sua associazione con la

proteina Beclin 1 e p150/Vps35. A questa operazione segue la

chiusura dell’autofagosoma operata da due sistemi di

coniugazione simili all’ubiquitina (ATG5–ATG12 e LC3-II). Il

primo è attivato da ATG7 e porta alla formazione di un

complesso multimerico composto da ATG5–ATG12-ATG16,

la cui azione è fondamentale per dirigere l’inserimento di LC3

nella membrana dell’autofagosoma. LC3 è un marker

autofagico molto utilizzato e viene inizialmente sintetizzato

dalla cellula come precursore (proLC3) per essere poi

successivamente processato a LC3-I da ATG4. La sua

completa maturazione

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• (LC3-II) si ottiene mediante la coniugazione a

fosfatidiletanolamina (PE) sulla superficie dell’autofagosoma.

• Maturazione e degradazione: il meccanismo molecolare alla

base della maturazione richiede l’azione di proteine lisosomiali

come LAMP1 e LAMP2, la GTPasi Rab7, la proteina UVRAG

(ultraviolet-radiation-resistance-associated gene) e altre

molecole. UVRAG indirizza le proteine chiamate “tethering

proteins” alla membrana dell’autofagosoma e in questo modo

attiva Rab7 per facilitare la fusione con il lisosoma.

L’autolisosoma formato è una vescicola a pH acido contenente

molti enzimi, tra cui la catepsina, che tramite un processo

catabolico degradano peptidi e altri costituenti cellulari per

rifornire la cellula di materiali ed energia sufficienti alla

sopravvivenza.

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Rappresentazione schematica della via autofagica

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MATERIALI E METODI

Animali

Ratti Sprague-Dawley, maschi e femmine (7 settimane) sono stati

acquistati dalla Harlan Italia. I ratti sono stati alloggiati in 2-3

esemplari per gabbia, mantenendo un ciclo di 12-ore di luce /buio.

Inoltre sono stati alimentati con acqua e cibo a volontà. I

protocolli sperimentali sono state effettuati in conformità alla legge

italiana (DL 116 del 1992) e dei principi della NIH statunitense

riguardante la relativa cura degli animali da laboratorio (NIH 80-

33, riveduta nel 1996).

Gli animali sono stati sacrificati per decapitazione, la cavità

addominale è stata aperta per laparatomia al fine di esporre il

fegato, i reni ed il cuore. Gli organi rapidamente rimossi, pesati,

omogeneizzati in PBS freddo, conservati a -80 C e utilizzati entro

un mese. Parte del fegato, del cuore e dei reni è stato utilizzato per

la colorazione immunoistochimica, fissato in inclusi in paraffina. Il

totale contenuto proteico dei parenchimi estratti è stato misurato

con il metodo Lowry (Lowry et al. 1951)

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Western Blotting

Tramite analisi Western Blotting è stata determinata l’espressione

proteica di actina totale, β-tubulina, gliceraldeide-3-fosfato

deidrogenasi (GAPDH), beclin1, LC3, Mtor e LAMP-1. L’esame è

stato eseguito su omogeneizzati di fegato, cuore e rene prelevando

80 micro grammi di proteine per ogni campione. La reazione è stata

effettuata utilizzando anticorpi monoclonali (Cell Signalling

Technology, DBA Italia, Italy) relativi le proteine esaminate,

sviluppati su siero di coniglio (Sigma Aldrich, Italia). Le proteine

specifiche sono state rilevate da reazione di chemiluminescenza

(LumiGLO, Cell Signalling Technology, DBA Italia, Italy), seguita

da analisi densitometrica di immunoblot tramite software dedicato

(Labworks).

Analisi densitometrica e statistica

L’analisi densitometrica delle lastre fotografiche è stata effettuata

mediante il software LabWorks e l’analisi statistica mediante il

software SigmaStat 3,1. L'analisi statistica dei dati è stata effettuata

confrontando i dati relativi il parenchima epatico,il cuore ed i reni

dei ratti maschi e femmine. Per valutare la distribuzione di

campioni sono stati utilizzati i test di Kolmogorov-Smirnov e di

Shapiro i. Le variabili parametriche sono state analizzate

utilizzando il test t di Student. Variabili non parametriche sono

state confrontate tra i gruppi con il Mann-Whitney rank test. Per

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tutte le prove un valore di p ≤ 0,05 è stato considerato

statisticamente significativo.

Immunofluorescenza

Prima di procedere con l’immunomarcatura le sezioni devono

essere sparaffinate come segue:

1) Due bagni successivi in xylene per 10 minuti ognuno.

2) Due bagni in etanolo assoluto per 10 minuti ognuno.

3) Due bagni in etanolo al 95% per 10 minuti ognuno.

4) Due lavaggi in acqua distillata per 5-10 minuti.

5) 1h di incubazione con siero AB.

Per il blocco dei siti aspecifici le sezioni vanno incubate per 1 ora in

tampone fosfato (PBS, pH7,4) con siero AB al 10%

1) Coprire la sezione con una goccia di Triton 0.5% per 5

minuti

2) Lavare 2 volte con PBS

3) Aggiungere l’Ab primario per LC3 e LAMP-1

rispettivamente (30 minuti a temperatura ambiente)

4) Lavare tre volte in PBS

5) Aggiungere l’Ab secondario fluorescente (30 minuti a

temperatura ambiente)

6) Lavare tre volte in PBS

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Aggiungere sul vetrino una goccia di PBS /Glicerolo (1:2) e coprire

con un vetrino coprioggetto.

L’analisi della localizzazione dei 2 marker di autofagia è stata

effettuata attraverso un microscopio a fluorescenza.

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mTOR expression in rat liver

0

1000

2000

3000

4000

5000

1

OD

Male (n=7) Female (n=5)

RISULTATI E DISCUSSIONE

Gli esperimenti sono stati condotti prelevando fegati, rene, e cuore

da ratti maschi e femmine della stessa età (sette settimane)

privilegiando l’età rispetto al peso corporeo poichè i processi

autofagici variano in funzione dell’età. Ovviamente il peso

corporeo era più elevato nei maschi rispetto alle femmine. Infatti, i

maschi e le femmine pesavano 220±16 g e 190±11 g,

rispettivamente (P<0.001).

1. Fegato

A livello epatico è stato osservata una maggiore espressione di

mTOR e beclina nei maschi, benché tale differenza non sia

statisticamente significativa (Fig. 1).

Fig. 1: immagine rappresentativa dell’analisi Western blot (panel A) e analisi densitometrica dell’espressione di mTOR (panel B) nei fegati di ratti maschi e femmina. I dati per l’analisi densitometrica sono espressi come media±deviazione standard.

mTOR

M F

A B

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Fig. 2 Immagine rappresentativa dell’analisi Western blot (panel A) e analisi densitometrica dell’espressione di beclin-1 (panel B) nei fegati di ratti maschi e femmina. I dati per l’analisi densitometrica sono espressi come mediana.

LC3-I e LC3-II sono espresse in maniera simile nei due generi

(Fig. 3). Dall’analisi densitometrica del rapporto fra le due frazioni

di LC3, che indica un’attiva formazione dei vacuoli autofagici, non

si riscontrano differenze significative (Fig. 3), benché

l’immunofluorescenza indichi una maggiore presenza di LC3 nei

fegati degli animali di sesso maschile (Fig. 4).

Beclin-1 expression in rat liver

0

2000

4000

6000

8000

10000

1

OD

Male (n=9) Female (n=9)

Beclin-1

M F

A B

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Fig. 3: Immagine rappresentativa dell’analisi Western blot (panel A), analisi densitometrica dell’espressione di LC3-I e LC3-II (panel B) e rapporto LC3-I/LC3-II (panel C) nei fegati di ratti maschi e femmina. I dati per l’analisi densitometrica sono espressi come mediana per LC3-I e come media±deviazione standard per LC3-II.

LC3 expression in rat liver

0

2000

4000

6000

8000

10000

1

OD

M ale (n=12) Female (n=10) M ale (n=12) Female (n=10)

LC3I LC3II

LC3I/LC3II ratio in rat liver

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

1

OD

Male (n=12) Female (n=10)

M F

LC3-II

LC3-I A

B C

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Fig. 4: Immagini rappresentative dell’analisi per immunofluorescenza di LC3 totale e LAMP-1 nei fegati di ratti maschi e femmina. Gli spot arancio indicano la co-localizzazione dei 2 marker.

I maschi, inoltre, presentano una espressione significativamente

superiore di Lamp-1, e questo dato è stato confermato sia

dall’analisi densitometrica che dall’immunofluorescenza (figure 4,

5), indicando pertanto un maggior numero di lisosomi nel fegato

maschile.

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Fig. 5: Immagine rappresentativa dell’analisi Western blot (panel A) e analisi densitometrica dell’espressione di LAMP-1 (panel B) nei fegati di ratti maschi e femmina. I dati per l’analisi densitometrica sono espressi come mediana.

A livello epatico esiste una correlazione positiva tra LAMP e LCII

nei fegati ottenuti da animali di sesso maschile (y= 3,459X + 15,33;

r = 0,79512 P 0.017) ma non in quelli ottenuti da animali di sesso

femminile.

I dati riguardanti l’espressione delle proteine, ottenuti attraverso

l’analisi Western Blot, sono qui riportati senza una normalizzazione

con una proteina costitutiva. Gli stessi sono invece stati

normalizzati per le proteine totali poiché esse risultano essere

uguali nei fegati che originano da animali maschi ed animali

femmine (Fig. 3, 5). Abbiamo infatti osservato che i livelli di 3

importanti proteine costitutive (actina, β-tubulin e gliceraldeide-3-

fosfato-deidrogenasi), normalmente utilizzate per la

Lamp-1 expression in rat liver

0

1000

2000

3000

4000

5000

6000

1

Male (n=8) Female (n=7)

*

LAMP-1

M F

A B

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normalizzazione dei dati presentano differenze significative tra i

due generi.

Come riportato in figura 6 l’espressione di actina e GAPDH è

significativamente superiore nelle femmine rispetto ai maschi,

mentre l’espressione della β-tubulin è significativamente inferiore

nei fegati dei ratti maschio.

Fig. 6: analisi densitometrica (panel A) e immagine rappresentativa dell’analisi Western blot (panel B) dell’espressione di β-tubulina, actina and GAPDH nei fegati di ratti maschi e femmina. I dati per l’analisi densitometrica sono riportati come media±deviazione standard di 5 campioni indipendenti per gruppo.* P=0.006; † P=0.048; § P=0.017.

Questi risultati sono in linea con dati precedenti (Ferguson et al.

2005; Perrot-Sinal et al. 2001; Verma and Shapiro 2006). Poiché le

proteine costitutive sono utilizzate per normalizzare i dati, le

differenze di genere osservate nella loro espressione sollevano un

problema relativo alla corretta selezione di un’appropriata proteina

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costitutiva. Pertanto negli studi di genere gli standard interni

devono essere adeguatamente indagati in funzione del tipo cellulare

e del tessuto al fine di evitare errori metodologici che

compromettano la riproducibilità dei risultati.

2. Cuore

A livello cardiaco è stata osservata una maggiore espressione,

statisticamente significativa, sia di mTOR che di beclina nei maschi

rispetto alla femmine (fig. 7)

Fig. 7: immagine rappresentativa dell’analisi Western blot (panel A) e analisi densitometrica dell’espressione di mTOR (panel B) nei cuori di ratti maschi e femmina. I dati per l’analisi densitometrica sono espressi come media±deviazione standard. .* P=0.042.

mTOR expression in rat heart

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

1

OD

Male (n=10) Female (n=12)

F M

mTOR

A B

*

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Fig. 8: immagine rappresentativa dell’analisi Western blot (panel A) e analisi densitometrica dell’espressione di becli-1 (panel B) nei cuori di ratti maschi e femmina. I dati per l’analisi densitometrica sono espressi come media±deviazione standard. * P=0.038.

Anche in questo caso LC3-I e LC3-II sono espresse in maniera

simile nei due generi (Fig. 9). Tuttavia, il rapporto LC3-I/LC3-II

risulta essere significativamente maggiore nelle femmine, facendo

ipotizzare che i maschi possano trovarsi in uno stato autofagico più

avanzato. Tale dato è supportato dall’analisi

dell’immunofluorescenza, dalla quale è emerso che nei maschi è

presente una maggiore colocalizzazione di LC3 e Lamp-1 (Fig.

10).

Beclin-1 expression in rat heart

0

0.3

0.6

0.9

1

OD

Male (n=12) Female (n=12)

*

Beclin-1

F M

A B

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Fig. 9: Immagine rappresentativa dell’analisi Western blot (panel A), analisi densitometrica dell’espressione di LC3-I e LC3-II (panel B) e rapporto LC3-I/LC3-II (panel C) nei cuori di ratti maschi e femmina. I dati per l’analisi densitometrica sono espressi come media±deviazione standard. * P=0.006.

LC3I/LC3II ratio in rat heart

0

0.5

1

1.5

2

1

OD

Male (n=9) Female (n=9)

LC3 expression in rat heart

0

0.05

0.1

0.15

0.2

0.25

0.3

1

OD

Male (n=9) Female (n=9)Male (n=9)

A

B C

M F

LC3-II

LC3-I

*

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Fig. 10: Immagini rappresentative dell’analisi per immunofluorescenza di LC3 totale e LAMP-1 nei fegati di ratti maschi e femmina. Gli spot arancio indicano la co-localizzazione dei 2 marker.

Tra LAMP e LCII non esiste nessuna correlazione nei cuori ottenuti

sia da femmine che da maschi.

3. Rene

I dati ottenuti nei reni provenienti da ratti maschi e femmina non

mostrano nessuna differenza significativa nei livelli di espressione

di mTOR, LC3 e Lamp-1, nonostante la colorazione attraverso la

metodica di immunofluorescenza avesse messo in evidenza, anche

in questo caso, una maggiore co-localizzazione di LC3 e Lamp-1

nei maschi. Tale dato apparentemente contrastante potrebbe essere

dovuto alla numerosità campionaria utilizzata per le analisi Western

blot e pertanto andrà ulteriormente approfondito.

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Fig. 11: immagine rappresentativa dell’analisi Western blot (panel A) e analisi densitometrica dell’espressione di mTOR (panel B) nei reni di ratti maschi e femmina. I dati per l’analisi densitometrica sono espressi come media±deviazione standard.

mTOR expression in rat kidney

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

1.2

1

OD

Male (n=8) Female (n=8)

mTOR

M F

A B

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Fig. 12: Immagine rappresentativa dell’analisi Western blot (panel A), analisi densitometrica dell’espressione di LC3-I e LC3-II (panel B) e rapporto LC3-I/LC3-II (panel C) nei cuori di ratti maschi e femmina. I dati per l’analisi densitometrica sono espressi come media±deviazione standard. * P=0.006.

LC3 expression in rat kidney

0

0.5

1

1.5

1

OD

Male (n=8) Female (n=8)Male (n=8)

LC3I/LC3II ratio in rat kidney

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

1.2

1.4

1

OD

Male (n=8) Female (n=8)

A

B C

M F

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Fig. 13: Immagini rappresentative dell’analisi per immunofluorescenza di LC3 totale e LAMP-1 nei reni di ratti maschi e femmina. Gli spot arancio indicano la co-localizzazione dei 2 marker.

Fig. 14 Immagine rappresentativa dell’analisi Western blot (panel A) e analisi densitometrica dell’espressione di LAMP-1 (panel B) nei fegati di ratti maschi e femmina. I dati per l’analisi densitometrica sono espressi come media±deviazione standard.

Lamp-1 expression in rat kidney

0

0.05

0.1

0.15

0.2

1

OD

Male (n=4) Female (n=4)

LAMP-1

M F

A B

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Nei reni ottenuti (y= 3,409X 928,63; r = 0, 812 P=0.0128) da

animali maschi, come nel fegato, esiste una correlazione positiva tra

LAMP e LC3II che non è presente nei reni che originano da animali

di sesso femminile.

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30

Nelle cellule di mammifero, l’autofagia è un processo cellulare

complesso, universale, altamente conservato e regolato, ATP-

dipendente e coinvolge il riarrangiamento di membrane subcellulari al

fine di sequestrare citoplasma ed organuli da degradare nei lisosomi.

(Ravikumar B, Sarkar S, Davies JE, Futter M, Garcia-Arencibia M,

Green-Thompson ZW, Jimenez-Sanchez M, Korolchuk VI,

Lichtenberg M, Luo S, Massey DC, Menzies FM, Moreau K,

Narayanan U, Renna M, Siddiqi FH, Underwood BR, Winslow AR,

Rubinsztein DC. Regulation of mammalian Regulation of mammalian

autophagy in physiology and pathophysiology. Physiol Rev.

2010;90(4):1383-435, Rabinowitz JD, White E. Autophagy and

metabolism. Science. 2010 Dec 3;330(6009):1344-8). Il processo

autofagico è coinvolto nel rimodellamento durante lo sviluppo ed il

differenziamento cellulare, nella degradazione delle proteine

intracellulari con conseguente liberazione di aminoacidi in caso di

digiuno, nel controllo del meccanismo della morte cellulare

programmata di tipo II (non-apoptotica) e in tante altre funzioni

(Levine B, Kroemer G. Autophagy in the pathogenesis of disease.

Cell. 2008;Jan 11;132(1):27-42, Meijer AJ, Codogno P. Autophagy:

regulation and role in disease. Crit Rev Clin Lab Sci. 2009;46(4):210-

40.)Ravikumar et al, 2010).

Esistono vari tipi di autofagia: la macroautofagia, la microautofagia e

l’autofagia chaperone-mediata: in questo studio ci siamo occupati

della macroautofagia. Essa comporta la formazione di vacuoli a

doppia membrana (autofagosomi) che sequestrano il materiale che

deve essere eliminato e, formando i cosiddetti autofagosomi tardivi, lo

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portano ai lisosomi (Ravikumar et al, 2010) nei quali, dopo la fusione,

il materiale fagocitato viene degradato dagli enzimi lisosomiali. Una

volta degradate le sostanze molecolari semplici contenute nel vacuolo,

le stesse sono riassorbite o utilizzate dalle cellule o messe a

disposizione dell’organismo (Ravikumar et al, 2010).

La regolazione aminoacidica ed insulinica della autofagia sembra

convergere sull’enzima Mammalian Target of Rapamycin (mTOR),

una chinasi che attiva la sintesi proteica e nel contempo inibisce

l’autofagia. (Shaw RJ, Cantley LC. Ras, PI(3)K and mTOR signalling

controls tumour cell growth. Nature. 2006 May 25;441(7092):424-30,

Rabinowitz JD, White E, 2010) Proprio per il suo ruolo abbiamo

misurato la sua espressione nei diversi organi: in modo significativo, il

sesso degli animali influenza l’espressione di mTOR ed ancora più

rilevante, a nostro avviso, è il fatto che esso avvenga in maniera

organo specifico. In particolare, nel fegato e nel rene non esistono

differenze significative fra i due sessi, mentre nel cuore mTOR è

meno espressa nelle femmine che non nei maschi suggerendo

l’importanza del singolo tipo cellulare nello svilupparsi delle

differenze di genere.

Poiché nelle cellule di mammifero la classe III PI3K forma un

complesso con la proteina Beclin-1 (Rabinowitz JD, White E),

complesso che gioca un ruolo chiave nel reclutamento delle

membrane da varie strutture per l’allungamento della membrana

dell’autofagosoma in seguito a vari stimoli, abbiamo misurato anche

l’espressione di questa proteina. Dai nostri dati si evidenzia che la

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beclina non è modificata nel fegato, mentre è ridotta nelle femmine a

livello cardiaco indicando che nei cuori ottenuti dalle femmine vi è

una minore tendenza ad iniziare i processi autofagici rispetto ai

maschi. Anche in questo caso, si evidenzia che le differenze di sesso

sono organo specifiche e che le variazione di mTOR e beclina

avvengono in parallelo.

La Microtubule Asssociated Protein 1 Light Chain 3 LC3) è invece

coinvolta nella formazione dell’autofagosoma (Rabinowitz JD and

White E 2010) e per questo motivo LC3 può essere usato come

marker dall’autofagosoma nelle cellule di mammifero (Rabinowitz

JD, White E). Ancora una volta differenze significative sono viste solo

a livello cardiaco dove il rapporto tra le due forme di LC3 è più basso

nel maschio che nella femmina indicando che il cuore dei maschi è

meno soggetto all’autofagia basale.

Differenze di genere nei processi autofagici fino ad ora sono stati

descritti solo su modelli cellulari (Straface et al, 2009; DU L et al.

2009), ed esattamente nelle cellule muscolari lisce di aorta di ratto che

in condizioni basali presentano lo stesso livello di beclina, a differenza

della LC3II che è più alta nelle cellule maschili rispetto alle cellule

femminili. Dopo esposizione a stress ossidativo si osserva che le

isoforme di LC3 sono aumentate nelle cellule femminili mentre sono

diminuite in quelle maschili. Per quanto riguarda la beclina, invece,

solo nelle cellule femminili si assiste ad un aumento dell’espressione

di questa proteina che fra l’altro sembra non solo essere legata

all’autofagia, ma anche ad uno degli attori che guida lo shift

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dall’autofagia all’apoptosi. In relazione ai neuroni è stato osservato

che dopo starvation i neuroni di sesso maschile vanno più facilmente

incontro ad autofagia e conseguente morte cellulare, mentre quelli

femminili mobilizzano gli acidi grassi ed accumulano trigliceridi,

sopravvivendo più a lungo (Du, L., Hickey, R.W., Bayir, H., Watkins,

S.C., Tyurin, V.A., Guo, F., Kochanek, P.M., Jenkins, L.W., Ren, J.,

Gibson, G., Chu, C.T., Kagan, V.E. and Clark, R.S. (2009) Starving

neurons show sex difference in autophagy. J. Biol. Chem. 284, 2383–

2396.). Altre differenze genere specifiche sia nella autofagia basale

che indotta dal digiuno sono presenti anche nelle cellule endoteliali

ottenute da cordoni di feto maschio e feto femmine (Franconi F

comunicazione personale).

Dai dati emerge altresì che in generale i maschi contengono più Lamp

rispetto alle femmine, anche se biochimicamente il dato è

statisticamente significativo solo a livello epatico. Il maggior numero

dei lisosomi negli organi ottenuti da ratti maschi potrebbe aumentare

la probabilità di colocalizzazione tra i due marker come indicato negli

esperimenti di istochimica. Questa ipotesi è in parte confermata dalla

correlazione lineare presente tra LAMP e LC3-II maggiormente nei

maschi che non nelle femmine. In altre parole una più marcata

presenza di lisosomi fa si che l’autofagosoma abbia una maggiore

probabilità di fondersi con il liposoma e quindi di rendere più

“efficiente” tutto il fenomeno. Questo è più rilevante nel fegato. Il

fegato è l’organo maggiormente interessato dall’incremento

autofagico-proteolitico durante il digiuno (Mizushima et al., 2004).

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34

Fino ad oggi non sono state descritte differenze significative in

funzione del genere a livello lisosomiale a parte alcune sporadiche

segnalazioni come la maggior presenza di lisosomi giganti a livello

del rene di topo nel ceppo di DBA2 (Yabuki A, Suzuki S, Matsumoto

M, Nishinakagawa H. Sex- and strain-dependent histological features

of the proximal convoluted tubular epithelium of mouse kidney:

association with lysosomes containing apolipoprotein B. Histol

Histopathol. 2002 17(1):1-7). È stato visto inoltre che la secrezione

cardiaca degli enzimi lisosomiali era più alta nei maschi che non nelle

femmine e che queste differenze dipendevano dal ciclo ormonale e

dalla somministrazione di ormoni (Kan AM, Matiushin AI. [Effect of

sex steroids on the activity of cardiac lysosomal enzymes]. Probl

Endokrinol (Mosk). 1991;37(1):53-4; Koenig H, Goldstone A, Lu CY.

Testosterone-mediated sexual dimorphism of therodent heart.

Ventricular lysosomes, mitochondria, and cell growth are modulated

by androgens. Circ Res. 1982 Jun;50(6):782-7.).

In conclusione, i dati indicano che esistono differenze che sono sesso

dipendenti e che l’effetto del sesso deve essere indagato sul singolo

organo perchè gli effetti di questo determinante appaiono essere

organo specifico. A nostro avviso, un’altra importante variabile da

considerare è l’età e lo stato ormonale. Accanto a questo vogliamo

sottolineare che appare urgente e non più rimandabile indagare la

struttura e la funzione dei lisosomi in funzione del sesso-genere

avendo ben presente che prima di procedere è necessario andare ad

analizzare i parametri con cui s’intendono normalizzare i dati.

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In definitiva, visto il ruolo della autofagia nelle varie patologie dal

cancro, alla neurodegenerazione, al diabete ecc è urgente studiare

questo fenomeno in maniera genere specifico.

.

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CONCLUSIONI

L'analisi delle caratteristiche metaboliche e del microambiente della

cellula, considerata la principale unità minima che compone i diversi

tessuti, è stata oggetto di numerosi studi. Ciò, è dovuto al fatto che

eventuali modificazioni del micro ambiente extra ed intra-cellulare,

vengono considerati fattori chiave nel mantenimento dell'omeostasi

cellulare che, a sua volta, regola l'omeostasi dei tessuti.

Alterazioni di micronutrienti o del loro utilizzo da parte della cellula,

la mancanza di specifiche sostanze nutritive o l'eccesso di altre, causano

modificazioni del destino cellulare, ad esempio nei tassi di proliferazione

o nella morte. Ogni cambiamento nel destino cellulare si ripercuote

sull’intero sistema. La letteratura presente sottolinea che le patologie

spesso mostrano differenze significative tra i sessi. Molte se non tutte le

malattie cardiovascolari, respiratorie, neurodegenerative, riflettono o

sono dovute ad alterazioni nel metabolismo cellulare e/o ad alterazioni

dei bisogni nutrizionali. Essi sono infatti il risultato di un complesso

quadro di eventi che richiede un equilibrio continuo di segnali

intracellulari che decidono per la sopravvivenza o la morte delle cellule.

Col nostro studio è stato dimostrato che esistono differenze nel

destino cellulare che dipendono dal sesso e dal genere. Infatti

complessivamente i nostri dati confermano che l’autofagia, cosi come

tutti quei processi metabolici coinvolti nell’omeostasi cellulare, sono sia

sesso-genere dipendente che tessuto dipendente, e ciò potrebbe

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richiedere un riesame dei meccanismi molecolari coinvolti nei diversi

patway patologie, in una prospettiva di genere.

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Roberto Chessa Autofagia: un processo genere specifico? Tesi di Dottorato in Scienze Biomediche – Indirizzo in Farmacologia di Genere Università degli Studi di Sassari

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