Antropologia - Lezione 17^ Momento sistematico 1 La creazione: la relazione uomo-creato continua…

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Antropologia - Lezione 17^Antropologia - Lezione 17^

Momento sistematico 1

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uomo-”creato”uomo-”creato”continua…continua…

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Quando pregavo nel profondo del cuore, tutto ciò che mi stava intorno mi appariva sotto un

aspetto stupendo: gli alberi, l’erba, gli uccelli, la terra, l’aria, la luce, tutto sembrava dirmi che

ogni cosa esiste per l’uomo, testimonia l’amo re di Dio per lui, e tutte le cose pregavano e

cantavano Dio e la sua gloria. Così compresi “la conoscenza del linguaggio di tutte le

creature” e colsi la possibilità che ha l’uomo di dialogare con le creature di Dio

(I racconti autentici di un pellegrino russo al suo padre spirituale)

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III. Gesù Cristo: il mediatore della creazione

A Cristo si deve non solo il rinnovamento escatologico della creazione (anticipato nel popolo dei battezzati in Lui), ma anche la mediazione della creazione originaria del mondo.

Cristo ha un significato cosmico nell’opera creatrice di Dio.

Antecedenti veterotestamentari della idea di mediazione nella creazione:

Il filosofo giudaico Filone di Alessandria (13 aC – 45/50 dC): la teologia del Logos

La teologia rabbinica della Torah

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Questione problematica: come è possibile che Dio, attraverso la creazio-

ne, instauri un rapporto col mondo, che è totalmente altro da lui, senza con ciò perdere:

• la sua unità indivisibile rispetto alla molteplicità delle cose create

• la sua eternità rispetto alla temporalità• la sua immutabilità rispetto alla loro caducità• la sua infinitudine rispetto alla loro finitudine?

Giudaismo e cristianesimo rispondono con la idea della mediazione nella creazione, idea che c’è anche nel medio-platonismo e nello stoicismo.

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Nella letteratura sapienziale giudaica:• Il ruolo della mediazione fra il Creatore e la

creazione fu attribuito alla sapienza, in greco sophia, in ebraico hokma (cfr. Pr 3,19; 8,22-31; Sir 1,4;24,9; Sap 7,12.21; 8,4; 9,9-11)

• Da una parte, la Sapienza è una qualità dello stesso Creatore, gli appartiene (es. dell’orologio)

• Dall’altra, è una prima opera della creazione, preziosa, creata prima di tutte le altre opere, dunque preesistente al mondo

In forma personificata, si vede la Sapienza al-l’opera nella creazione del mondo (“gioca” da-vanti al Creatore); essa personifica la filantropia del Creatore che dà a tutto un “ordine buono”.

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• Si può intendere la Sapienza anche come mo-dello originario della molteplicità della crea-zione, che esiste in Dio e presso Dio, a cui Dio guarda per poi creare, con la sua Parola crea-trice, il mondo già precedentemente ordinato nella sua sapienza e traendolo, in un certo senso, da se stesso.

Dunque: La Sapienza e la Parola di Dio (Logos) sono i modi in cui il Creatore instaura la sua relazione col mondo

• Esse operano una mediazione tra Dio e mondo in quanto Dio le comunica al mondo come suoi doni, rendendosi così presente in mezzo alla sua creazione senza perdere la trascendenza.

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Applicazione del ruolo mediatore a Cristo

Nel prologo di Gv 1,1-18

Gnilka dice che alla base di Gv 1 c’è un inno precristiano influenzato dalla dottrina di Filone, ripreso come inno cristiano successivamente sistemato e ampliato dall’evangelista Gv per inserirlo nel progetto unitario del suo vangelo.

Commistione di generi: l’idea biblica della crea-zione mediante la Parola (cfr. Gn 1) e l’idea teologico-filosofica della mediazione del Logos.

Chi è il Logos? Nella filosofia greca è la ragione divina che compenetra e ordina tutto l’universo, intelligibile e logico, esprimibile col linguaggio.

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Per Gv: il Logos è una realtà personale propria, paragonabile alla sapienza giudaica.

Il Logos intradivino vive “in principio” (en arché), prima del tempo della creazione, “rivolto presso” Dio, appartiene ed è identico a Dio; non è creatura.

Attraverso il Logos Dio pronuncia all’esterno la sua parola creatrice: “tutto è stato fatto per mezzo di lui” (Gv 1,3).

L’origine della creazione dal Logos, che è ciò attra-verso cui Dio si esprime, gli conferisce una impron-ta particolare: è il luogo della rivelazione di Dio.

Anche l’uomo, essendo intimamente “logico” cioè “conforme” al Logos, può comprendere il mondo come espressione e dono di Dio.

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Al v. 14 c’è l’affermazione culminante dell’inno del Logos, il passo definitivo nella storia del Logos, della auto-rivelazione di Dio: il Logos “si fece carne” e come uomo “mise la sua tenda” in mezzo a noi.

Il Logos viene identificato con Gesù Cristo; tutto ciò che qui è riferito al Logos nel proseguo del Vangelo lo si dirà di Gesù di Nazareth. In lui culmina l’opera della creazione e della rivelazione:

• Egli è “la vita” (Gv 14,6) e la dona “in pienezza” (Gv 10,10)

• Egli è la vera “luce del mondo”, “luce della vita” (Gv 8,12).

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Conclusione a partire dal prologo di Gv:

Spesso pensiamo la creazione come una realtà messa in atto da Dio

Per Gv la creazione è espressione nel tempo della eterna generazione del Figlio.

Gv vede la creazione attraverso il mistero del Logos per dire che, creandola, Dio ha stabilito con la creazione una relazione personale.

Se nel grembo della vita divina Dio pronuncia “Tu” (il Figlio), Dio continua questa comunica-zione di sé anche fuori di sé, nella creazione.

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All’origine del mondo c’è il mistero di Dio che risplende mediante il suo Logos (il suo partner dialogale: rivolto presso di lui) e che pone ogni essere in dialogo con Lui.

Se il Logos è dentro ogni creatura, ogni crea-tura è “una parola” che Dio ci rivolge.

La creazione è quindi segnata da una realtà personale, relazionale (cioè dialogale). “persona” nel senso assoluto trinitario di “relazione sussistente”.

Dio “dice” il mondo, parla all’uomo attraverso il mondo. Dio e l’uomo si parlano attraverso il mondo.

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Applicazione del ruolo mediatore a Cristo

Nell’inno della lettera ai Colossesi (1,15-20)

• Il materiale viene da un inno protocristiano precedente

• Due strofe inniche alla duplice funzione di Cristo:

- Mediatore della creazione: “primogenito di ogni creatura”

- Mediatore della riconciliazione escatologica: “primogenito dei morti”

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C’è una spiccata insistenza sul significato salvifi-co universale di Gesù: per otto volte si usa la parola pas o panta (tutto oppure universo).

Il centro del messaggio al v. 20: “per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose”.

Dio risuscitando Gesù dai morti ne ha fatto il mediatore della riconciliazione universale: Gesù rappacifica le cose del cielo e della terra.

Il titolo però gli appartiene fin dalla creazione del mondo e Cristo precede tutta la creazione: è “il primogenito di ogni creatura” e è designato ad esserne “il Signore” (v. 17).

Crasi: poiché tutta la creazione è creata in Lui, è in Lui che ha origine la creazione definitiva.

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Sulla base di Col vanno interpretate le formule di Apocalisse per dire la portata universale di Cristo:

“alfa e omega” (Al 22,13)

e “il primo e l’ultimo” (Ap 1,17)

La morte e la risurrezione di Gesù dentro la storia-creazione si estendono anche fino ad abbracciare l’inizio e la fine della vita di tutto ciò che esiste.

Le tre preposizioni: in, per mezzo, in vista di lui.

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Create in Cristo (en auto)Come per la Sapienza, Cristo è considerato come

un disegno della creazione preesistente in Dio

tutto è preformato secondo un modello origina-rio o prototipo, prima di essere pronunciato e creato da Dio nella sua parola esterna creatrice.

Per usare il linguaggio degli scolastici: Gesù è la causa esemplare della creazione, il suo modello e la sua forma ideale fondamentale, nella quale e in base alla quale Dio ha creato tutto.

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Il modello ha la “forma del Figlio”, vale a dire la forma di colui che “è amato” e che deve se stesso totalmente all’amore del Padre.

Dunque le forme originarie in cui sono fatte le creature libere (conformi al modello Cristo) rispondono allo stesso calco: le creature esistono perché sono amate dal Padre nel Figlio, esistono “presso Dio”

vivono nella forma della gratitudine di chi si sa ricevuto e nella disponibilità di chi si lascia “formare”, nello stesso senso di Gesù e di Maria che dice “accada di me ciò che tu vuoi” (Lc 1,38).

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Create per mezzo di Cristo (di’ autu)

In senso stretto si designa la mediazione crea-trice di Cristo:

egli è la Parola creatrice che Dio pronuncia in principio

per chiamare il mondo all’esistenza e farlo essere nella sua realtà propria.

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La parola creatrice che Dio proferisce ad extra ha il suo fondamento di possibilità nel Logos eterno cioè nella parola eterna che Dio da sempre pronuncia per amore nella sua essenza intradivina.

La parola creatrice esterna si fonda sul “Tu” del Logos-Figlio nel quale il Padre si esprime in maniera totale e che gli sta di fronte con gratitudine.

Tommaso d’Aquino dice che la creazione è un verbum verbi, come l’ampliamento esterno della Parola eterna.

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Create in vista di Cristo (eis auton)Gesù Cristo è definito come fine della creazione

che Dio vuole perseguire fin dall’inizio.

È il motivo della creazione: la sua causa finale (Scolastici).

Anche se Gesù come Logos incarnato compare solo molto tardi nella storia di Dio con la crea-zione, Egli è presente fin dal suo primo inizio come il Fine e il Senso perseguiti dal Creatore.

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La volontà salvifica di Dio non è mai efficace senza il riferimento concreto a Cristo

tuttavia è già efficace prima della presenza storica di Gesù e anche al di fuori del suo riconoscimento esplicito nella fede della Chiesa (ecclesia ab Abel: LG 2).

Concludendo: il fine della creazione: è la riconciliazione della creazione col Creatore

già anticipata nella persona di Cristo

e destinata ad espandersi universalmente (v. 19s).

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In contrapposizione all’inizio di Adamo, nell’oggi di Cristo l’intera creazione si relazione al Crea-tore riconoscendo con gratitudine la propria creaturalità, comprende la propria finitudine come valore, come dono di Dio (allo stesso modo in cui il Figlio si relazione al Padre) e trova in questo (dipendenza creaturale) l’unione più profonda con Dio possibile alla creazione.

La chiesa – come corpo totale di Cristo in crescita – ha dentro la creazione la vocazione di essere germe e inizio del regno, fermento di riconciliazione, perché il pleroma di Cristo si partecipato a tutte le creature.

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Sperare nel compimento della creazione

L’inno di Col non è isolato nel NT. Altri testi:

• Rm 8,19-22: la creazione oggi partecipa alle sofferenze dei figli di Dio, ma in futuro si manifesterà in essa la loro libertà e la loro gloria

La sventura che grava sulla creazione a causa del peccato originale, che Paolo chiama vanità, nullità, caducità (mataiotes) oppure anche schiavitù o perdizione della creazione, non è senza speranza.

Questa sofferenza prende la forma di un parto pieno di speranza (v.22).

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Questa visione di speranza sembra in contrasto coi passi apocalittici dei vangeli sinottici (Mc 13,24), della 2Pt 3,10 e dell’Ap 6,12-17:

La loro visione drastica (tipica del giudaismo antico) della fine del mondo (i cataclismi in cielo e in terra) sembra in contrasto con le promesse dell’alleanza con Noé in cui Dio si impegna a non distruggere più la terra in futuro

La ragione si trova nel genere apocalittico del giudaismo antico: di fronte al male dilagante c’è una revisione divina delle promesse di Dio, della sua volontà circa il mondo.

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• Però il giudizio non significa la fine della crea-zione: la fine del primo cielo e della prima terra divine la creazione di un nuovo cielo e una nuova terra in cui la giustizia abiterà, al cui centro ci sarà la Gerusalemme nuova, la dimora di Dio con gli uomini (Ap 1,1-5; 21,1)

• Il passaggio dalla prima alla seconda crea-zione non sarà per azzeramento della vec-chia, così che la nuova non abbia più niente in comune con la vecchia.

• In analogia alla logica della nuova creazione battesimale, anche la creazione nuova dell’uni-verso può essere vista come un rinnovamento e una trasformazione profonda.

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• Sarà superata in un triplice senso: il pecca-to, la sofferenza, la morte saranno cancellati. Tutto ciò che corrisponde nelle creature alla intenzione originaria di Dio (e quindi di Cristo la “forma originaria”) sarà conservato presso Dio.

• Tutto questo sarà elevato da Dio a un nuovo livello di esistenza: la vita umana e cosmica giungerà a una pienezza di maturazione:

“Non vi sarà più notte e non avranno più bisogno di luce di lampada, né di luce di sole, perché il

Signore Dio li illuminerà e regneranno nei secoli dei secoli”(Ap 22,5)

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Sviluppo storicostorico: Le voci significative

della TradizioneTradizione

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Epoca patristicaEpoca patristica

1)1)Una cosmologia Una cosmologia cristocentricacristocentrica

2)2)Precisazioni a confronto con Precisazioni a confronto con le dottrine eterodossele dottrine eterodosse

3)3)La creazione La creazione ex nihiloex nihilo

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1.1.

Una cosmologia Una cosmologia cristocentricacristocentrica

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Il metodometodo dei Padri:

dalla creazionecreazione nel Logosnel Logos alla redenzione mediante il redenzione mediante il LogosLogos

Conviene che prima parliamo della creazione dell’universo e di Dio suo

creatore, affinché si possa comprendere adeguatamente che il rinnovamento di esso è stato compiuto dal Verbo che lo creò all’inizio. Il Padre ha operato la

salvezza dell’universo in Colui per mezzo del quale l’ha creato

(Atanasio)

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La CREAZIONE nel LOGOS Non esiste alcuna creatura e nulla accade che non sia stato

fatto e che non abbia consistenza nel Verbo e per mezzo del Verbo. Come infatti il musicista, con la cetra

bene intonata, per mezzo di suoni gravi e acuti, abilmente combinati, crea un’armonia, così la Sapienza di Dio,

tenendo nelle sue mani il mondo intero come una cetra, unì le cose dell’etere con quelle della terra e le cose

celesti con quelle dell’etere, armonizzò le singole parti con il tutto, e creò con un cenno della sua volontà un solo mondo e un solo ordine del mondo, una vera meraviglia di

bellezza. Lo stesso Verbo di Dio, che rimane immobile presso il Padre, muove tutte le cose rispettando la loro

propria natura, e il beneplacito del Padre. A un solo cenno della volontà del Verbo di Dio, tutte le cose furono così

bene organizzate, che ciascuna opera ciò che le è proprio per natura e tutte insieme si muovono in un ordine perfetto

(Atanasio di Alessandria - PG 25,83-87)

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Il cosmo possiede al suo interno il Logos, che ha lasciato come delle tracce di sé nelle creature che i padri greci chiamano logoi.

Sono le ragioni interiori delle cose create

“In principio era il Logos”: la ragione creatrice, l’energia della intelligenza di Dio, che riempie di significato le cose

tutto ciò che esiste è pensiero divino divenuto realtà

tutto ciò che esiste è in origine razionale, perché procede dalla Ragione creatrice

le creature sono logiche, in quanto sono il ricettacolo che contiene i codici del Logos, appunto i i lógoi

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Due soggetti rivelano il senso del cosmo: • da una parte, il Logos divino• dall’altra l’uomo logikos, chiamato a esprimere

i logoi, le ragioni spirituali delle coseL’uomo è il centro spirituale dell’universo. In quanto microcosmo, lo riassume, ma in

quanto immagine di Dio lo trascende, lo contiene e lo qualifica.

Siccome l’uomo è potenzialmente un’ipostasi, una persona, proprio perché fatto a immagine di Dio (personale-trinitario), in quanto tale è chiamato a diventare l’ipostasi del cosmo, è chiamato a dire il senso di questo logos alogos (Origene), di questa “parola senza parola”.

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Il mondo è “parola muta”

L’uomo creato a immagine di Cristo deve decifrare il mondo, “dare il nome agli esseri viventi” (Gn 2,19)

in ebraico bestia è beheman che significa “muta”: soltanto l’uomo può parlare e, imponendo il nome alle bestie, non fa altro che inserire, tramite la sua opera, anche la creazione infraumana nella lode del Creatore

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l’uomo, in quanto “microcosmo”, è una sintesi della creazione

egli la conosce dall’interno (perché ne è parte tramite la “materia”) eppure la trascende (perché è di più della materia)

l’uomo è il limite tra il visibile e l’invisibile, il carnale e lo spirituale

in lui si attua la congiunzione di divino e terreno e da lui può effondersi la grazia su tutta la creazione.

Attraverso l’uomo, l’universo deve rivelarsi “immagine dell’immagine”

(Gregorio di Nissa, Hominis op. XII: PG 44, 164°).

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L’uomo logikos è il re-sacerdote che raccoglie i logoi delle cose per offrirli al Logos e per far risplendere in tal modo la gloria di Dio.

le cose contengono una dossologia ontologica e l’uomo è il sacerdote del “tempio cosmico”:

Bisogna raccogliere le “ragioni spirituali”, i lógoi degli esseri per presentarli a Dio come

offerte da parte della creazione

(S. Massimo il Confessore).

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Logos

Uomo-Sacerdote materia lógoi

Il soggetto, mentre comunica con gli oggetti materiali, comunica con il Logos,

di cui le creature sono “parola pregnante”,

cioè simbolo-reale.

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La CREAZIONE in rapporto alla INCARNAZIONE e alla REDENZIONE

• La creazione di Dio, buona e bella, si incrocia con la caduta che fa disgregare l’essere.

• Si allargano questi spazi del nulla da cui è stata tratta la creazione ed è avvolta nell’illusione

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Il peccato interpretato in senso ontologico

Tutti quelli che partecipano a Colui che èpartecipano a Colui che è (tou Ontos) — e i santi vi partecipano — sono

chiamati con ragione degli esistentiesistenti (ontes). Ma coloro che hanno rigettato la loro

partecipazione a Colui che è, per il fatto di esserne privati, sono divenuti dei

non-esistenti non-esistenti (ouk ontes)

OrigeneOrigene

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• Dio consente comunque ai logoi di far continuamente nascere la vita dalla morte.

• Il progetto divino – unirsi al creato attraverso l’uomo, deificarlo – è ripreso in un contesto ormai tragico

• L’attualizzazione dell’immagine di Dio attra-verso le rivelazioni e le tante sapienze degli uomini (quello che i Padri chiamavano le “visite” del Verbo) esige un’ascesi violenta che si attua nella logica pasquale.

Vedi la collocazione della Croce nella cosmologia:

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Il simbolo della croce è universale, si trova dappertutto, in quanto è il simbolo per eccel-lenza dell’amore di Dio:

Ireneo di Lione parla della croce cosmica che è segnata su tutte le creature e deve diventare la croce del Golgota.

Efrem il Siro dice che anche la rondine apre in volo le sue ali e confessa la croce del Signore e se si rifiuta di aprire le ali non vola e non vive.

Se le ali dell’uccello restano chiuse rifiutando il semplice segno della croce, l’aria, da parte sua, lo rifiuterà fino a che le sue ali non confessino la croce.

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Giustino ricorre a una ricchezza di esempi: l’albero maestro della nave, la struttura verticale e orizzontale dell’uomo, il volto con il naso, l’aratro…

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CROCE COPTA

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CROCE DEL LATERANO

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croce

SALUS

MUNDI

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CROCE

S. CLEMENTE

ROMA

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L’intero universo culmina nel mistero pasquale di Cristo, che restituisce agli uomini la possibilità di trasfigurare l’universo.

Nell’incarnazione e nella pasqua

• si svela il significato che la creazione ha inscritto in sé come un “divenire”

• si svela ciò che la creatura è chiamata ad essere

• si sana alla radice il male che la fallibilità dell’uomo vi ha introdotto.

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In Gesù, Dio-Uomo, l’uomo finalmente risponde al dialogo di cui la creazione è segnata.

In Cristo c’è il “Sì”, dice Paolo (2Cor 1,19).

In lui l’uomo vive la figliolanza verso Dio e lo fa in questa relazione ipostatizza il mondo.

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Massimo il Confessore sviluppa l’idea che la Pasqua dischiude la rivelazione del creato:

Il mistero dell’Incarnazione del Verbo contiene in sé il significato di tutti i simboli e gli

enigmi della Scrittura, come pure il senso nascosto di tutta la creazione sensibile

e intelligibile. Ma colui che conosce il mistero della croce e del sepolcro,

conosce anche le ragioni essenziali di ogni cosa. Infine, colui che penetra ancora piú lontano e si

trova ad essere iniziato al mistero della risurrezione, apprende il fine per cui Dio ha

creato tutte le cose al principio (Massimo il Confessore)

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Ippolito di Roma sviluppa l’idea che la forza della Pasqua restituisce l’immanenza del Logos (ora non solo eterno ma anche storico e glorificato) nella creazione:

Nella sua Ascensione, col divino Spirito, rese vita e forza a tutte le cose, come se questa divina estensione e questo supplizio della croce

avessero penetrato tutte le cose. O tu, che sei solo tra i soli, e che sei tutto in tutto! I cieli abbiano il tuo spirito, e il paradiso

la tua anima: ma il tuo sangue appartenga alla terra

(Ippolito di Roma)

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La vocazione della materia è di “farsi Volto”

La scienza moderna solleva il problema del rapporto tra la materia e l’energia, intesa come principio vitale.

Negli ultimi secoli, la creazione è stata sempre più considerata e resa una realtà morta, un oggetto da studiare e da usare.

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Nella visione patristica il principio vitale nel creato è il Lógos, per mezzo del quale il mondo è stato fatto.

Se si apre la materia si trova in essa il codice del Verbo, il logos del Lógos, che comporta un dinamismo.

Negli inni liturgici si trovano espressioni del tipo che la pietra era per il sepolcro di Cristo, l’albero per la croce, il chicco per l’eucaristia…

Si trova cioè scritto nella materia il suo orienta-mento, la direzione del movimento che ha preso il creato verso l’incarnazione, il Dio-Uomo.

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Cristo unisce nell’amore la realtà creata e increata – o meraviglia dell’amicizia e della

tenerezza divina per noi – e mostra che mediante la grazia le due realtà sono una

sola cosa. Il mondo intero entra totalmente nel Dio totale e divenendo tutto ciò che Dio è,

eccettuata l’identità di natura, riceve al posto di se stesso il Dio totale

(Massimo il Confessore)

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La creazione è una realtà personale (porta la traccia del Logos) e questo carattere personale inciso nella materia doveva essere accolto e portato alla pienezza nell’uomo, immagine di Dio, ipostasi creata, cosa che l’uomo ha fallito di compiere.

Ora con l’Incarnazione questa ipostatizzazione può finalmente realizzarsi.

Dopo l’incarnazione, dopo il “Sì” che in Gesù l’uomo dice, finalmente la materia ha accesso alla pienezza di questa vita promessa nella creazione grazie all’ipostasi dell’uomo ormai unita in Cristo alla vita divina. È qui che la materia ha la sua strada per farsi volto.

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Da sempre tutta la materia si muove verso l’uomo.

• Bulgakov diceva che la materia vorrebbe entrare nel corpo (cfr. La luce senza tramonto, 294), diventare corpo, perché il corpo dell’uomo è l’unica carne materiale che può essere portatrice dello Spirito, e che partecipa pertanto all’amore di Dio e alla possibilità di essere a servizio dell’amore, di essere assorbito dall’amore.

• Il corpo umano ha dunque la possibilità della risurrezione e della vita eterna, dato che l’amore dura in eterno (cfr. 1Cor 13,8).

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La materia chiede di far parte dell’amore tra le persone, vuole essere presa nel gesto d’amore, perché così le è aperta la via all’eternità, proprio come al corpo umano.

Il corpo infatti è portatore dello Spirito Santo.

Così, si potrebbe dire che la materia è la corporeità in divenire, qualcosa che aspira ad entrare nel corpo, a farsi corpo grazie all’uomo, e con ciò entrare a far parte dell’amore.

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La citazione testuale di Bulgakov: “La carne terrena porta il peso della materia o

del nulla, cioè dell’inerzia, della pesantezza, della pinguedine. Questo misterioso

superamento dell’idea sulla materia lo osserviamo ogni volta che la forma dei fiori,

degli alberi, delle erbe esce «dalla scura zolla», tendendo a costruirsi un corpo, a manifestare in esso la propria idea. Questa stessa cosa viene

realizzata anche dall’arte, che illumina la materia con l’idea. Infine, l’uomo produce

questa medesima cosa nel lavoro spirituale su di sé, costruendo il suo io superiore, e trasformando cosí anche il suo corpo.

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Corpo e materia non sono affatto identici, come di solito si ritiene. Il nesso della corporeità con la

materia è un enigma, di per sé non meno misterioso del legame dell’anima col corpo;

l’esistenza delle idee incorporee è dunque una finzione e un’astrazione: nulla idea sine

corpore. Tutta la terra è un corpo in potenza; dalla sua condizione «informe e vuota» (Gen 1,

2), essa si riveste continuamente della gloria dei sei giorni della creazione; tutto proviene

dalla terra e ritorna alla terra. In questo senso, la terra è il «campo di Dio», il cimitero che custodisce i corpi per la resurrezione e a

proposito di questa terra è detto: «Terra tu sei e nella terra tornerai» (cf Gen 3, 19)”

(S.N. Bulgakov, La luce senza tramonto, tr. it. Roma 2002, 294).

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Nei mosaici come nella pittura e nell’arte sacra emerge la vocazione della materia: tutto converge alla persona e tutto converge al Volto (di Cristo, della Vergine, dei Santi) è al servizio della rivelazione del Volto di Cristo e del volto di coloro che sono in Cristo (i “somi-glianti”).

Così la materia è assunta nello spazio dell’a-more tra le persone vive (Dio e l’uomo nello spazio del culto; le persone che si scambiano la carità attraverso la materia) ed è redenta dal principio del peccato che la faceva sottostare alla corruzione, in quanto attraverso la carità che non avrà mai fine anche la creazione entra nella vita eterna (cfr. Rm 8,19-23).

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M. Rupnik: La carità dura in eterno – Montericcio di Albinea

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La conoscenza degli esseriL’uomo rigenerato in Cristo ha la possibilità di

accedere alla “conoscenza degli esseri”, alla “contemplazione della natura” (physikè theorìa).

Dopo il peccato, infatti, l’uomo non conosce più la creazione e la rivelazione che essa rappresenta.

A questa rivelazione naturale Dio ha dovuto supplire con un’altra rivelazione che è quella biblica, dicono i Padri.

Dopo il peccato le due rivelazioni devono essere viste in stretto legame, dato che la natura è ormai muta e può di nuovo imparare a parlare solo tramite l’uomo istruito dalle Scritture.

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Sono due i libri “sacri”:

il Libro storicoLibro storico e il Libro cosmicoLibro cosmico “Il Verbo si nasconde misteriosamente nelle ragioni interiori delle cose create come

nelle sillabe della Scrittura” (S. Massimo il Confessore)

Colui che possiede l’intelligenza spirituale delle Scritture riceverà anche la

contemplazione del cosmo nella sua vera natura

(Origene, Commento al salmo 1, 3).

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Per questa contemplazione, Isacco di Ninive usa la metafora dei “due occhi”:

“Come abbiamo due occhi fisici, abbiamo due occhi spirituali [...] e ciascuno di loro ha la

propria visione. Con uno vediamo i segreti della gloria di Dio nascosti negli esseri [...]. Con

l’altro contempliamo la gloria della santa natura di Dio” (Trattati ascetici, XXX).

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È la liturgia cosmica di cui parla Massimo il Confessore:

“Eccolo, in non-differenziato nelle cose differenziate; il non-composto nelle cose

composte; il senza inizio nelle cose soggette ad un inizio; l’invisibile nelle cose visibili;

l’impalpabile nelle cose palpabili. Così ci riunisce in sé a partire da ogni cosa”

(Ambigua: PG 91, 1288).

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• Tutto diventa comunicazione di un’unica vita integrale, tutto diventa il suo “simbolo”.

• L’abbondanza di simboli corrisponde al modo apofatico di accostarsi a Dio tipico della patristica (e dell’oriente cristiano):

“Alla Causa di tutte le cose e che è superiore a tutte le cose non si addice nessun nome e si

addicono tutti i nomi delle cose che sono” (Dionigi Areopagita, I Nomi divini I, 7).

• Anche Meister Eckhart: Nomen innominabile, nomen omninominabile, Nome a cui non si addice nessun nome, Nome a cui si addicono tutti i nomi delle cose che sono.

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L’uomo coscientemente logikos, coscientemente “immagine di Dio”, scopre significati dappertutto.

Nella densità stessa delle cose, nella manifestazione della loro forma, intuisce la traccia divina che vi è iscritta.

Questa visione però non è frutto di un giorno.

L’uomo deve imparare così a mettere in atto una trasformazione di tutte le sue facoltà, ragione compresa.

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La conoscenza della gloria di Dio nascosta nelle cose si presenta allora non come un rapimento irrazionale, una conoscenza superiore gnostica ecc., ma come un processo lungo e paziente

i sensi e la mente si purificano e si liberano dalla possessione, si affinano, si fanno più rispettosi

fino a quando tutto diventa mediazione di un’unica vita integrale, perché i sensi non fermano più le cose a loro stessi e la ragione non possiede ma contempla.

Il contemplativo assume “l’occhio luminoso”, “l’occhio di fuoco” (fuoco = Spirito Santo)

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• Secondo l’ottica dell’antichità, per “vedere” l’occhio aveva bisogno di essere ricolmo di luce. Per questo i Padri affermano che gli occhi fisici dell’uomo possono vedere la luce solo se si aprono, si purificano, e diventano in grado di racchiudere una scintilla di quella luce. Solo chi possiede la Luce (Spirito) può vedere la luce.

• La capacità di discernere le cose come simboli culmina in quella di contemplare le cose nella loro complessa unità, la connes-sione, nel Logos, delle loro radici spirituali. Vedere nelle cose non solo la presenza del Logos, ma anche vedere la loro unità in lui.

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• Isacco il Siro:

“L’uomo che è stato illuminato vede con l’occhio dello spirito tutte le cose di Dio e l’economia

che dà loro coesione e la sollecitudine superiore piena di misericordia che senza sosta

visita la creazione [...] e la grazia di Dio gli manifesta i motivi delle azioni di cui si serve il Creatore come di un aiuto ammirevole per

ciascuna delle nature”.

• Non una cosmificazione della persona, ma una personificazione radicale del creato.

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Osservazioni sintetiche:

1) Il rapporto cosmologia e cristologia

La cosmologia è una gnosi non scientifica ma cristologica:

* la chiave per capire il mondo è Cristo nella realtà del suo corpo non solo

divino-umano ma anche divino-cosmico

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Il mondo empirico non ha in se stesso che un senso allusivo, in che non vuol dire che è un’ombra, che non ha consistenza vera, ma tuttavia riceve continuamente l’esistenza dal mondo spirituale, dai logoi dentro le cose.

Attraverso questi logoi, il Logos si esprime e si simboleggia nel mondo.

Se riteniamo che la natura basti a se stessa, che essa sia un insieme di processi immanenti, la natura stessa finisce per non significare più nulla.

Anche l’uomo diventa esclusivamente “natu-rale” e finisce per essere inevitabilmente condizionato.

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La natura non basta a se stessa, non è riducibile a un insieme di processi ciechi in un mondo immenso e insieme chiuso, condannato a una morte ciclica. Nella visione antica, “fisica e chimica non esauriscono l’universo dell’essere”

(J. Ratzinger, Il fondamento sacramentale del mondo, p. 22.)

Per l’approccio patristico il mondo è una “cristofania”

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La cosmologia patristica è geocentrica, per la semplice ragione che è cristocentrica

La terra e non altri pianeti, è così centrale (teologicamente e non fisicamente) e pan-cosmica, in quanto l’incarnazione del Verbo si è realizzata in Cristo sulla nostra terra

• Per Gregorio di Nazianzo l’incarnazione è la fine dell’astrologia: Cristo determina le orbite delle stelle e non viceversa (la lettura tipologica della stella cometa).

E ancora: le galassie più lontane sono polveri che gravitano intorno alla Croce (che è il princi-pio di ordine e di governo dell’universo intero).

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Qui si può trovare la ragione (teologica e non fisica) del geocentrismo per lungo tempo difeso dalla Chiesa.

L’eliocentrismo (già affermato da Aristarco di Samo nel sec. III a.C.) si impose in occidente con Copernico, Keplero e Galilei (XV-XVI sec.).

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Oggi torna una questione: siamo soli nell’uni-verso? Ci sono altri mondi e altri abitatori dell’universo? Questa possibilità non mette in questione la verità dogmatica:

“Per fede noi sappiamo che i mondi sono stati formati dalla parola di Dio” (Eb 11,3).

Si parla di “mondi” al plurale (i conosciuti e gli ignoti):

in quanto Creatore, Dio è in rapporto tramite il Verbo con tutto ciò che esiste (= i mondi)

benché, per via della venuta di Cristo sulla terra, si dice che è “particolare” il modo della relazione di Dio con questo pianeta e i suoi abitatori (= questo mondo umano-cristico)

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2) La cosmologia e l’antropologiaLa cosmologia patristica è subordinata alla

antropologia, alla storia della relazione tra Dio e uomo

Non è la storia dell’uomo che s’introduce nella evoluzione cosmicaevoluzione cosmica, ma è quest’ultima ad essere nella storia degli uomininella storia degli uomini. La storia dell’uomo non è il prodotto dell’evoluzione cosmica. È vero l’inverso.

NB: la differenza e superiorità differenza e superiorità qualitativaqualitativa: delle creature si dice che sono tracce – vesti-gia del Creatore; solo dell’uomo si dice che è imago di Dio (= Cristo).

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3) La cosmologia e l’ecclesiologia Specie nel mistero dell’Ascensione che ha una

portata cosmica, Cristo-capo è diventato tutto in tutte le cose (ta panta): “è Colui che si realizza interamente in tutte le cose” (Ef 1,23)

Col 1,23: il vangelo dev’essere predicato ad ogni ad ogni creaturacreatura (pase te ktisei) perché la chiesa è tutta la creazione (uomini e cose) che si unifica e si cristifica

La Chiesa - che per i padri coincide con il mistero eucaristico - dà la conoscenza di un universo creatouniverso creato per diventare eucaristicoeucaristico, cioè “corpo di Cristo” che è insieme corpo antropologico e corpo cosmico.

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Alcuni esempi:

• Per Ireneo, ciò che la chiesa offre, perché sia reso “eucarestia”, è tutta la natura (AH IV, 18,5)

• Cirillo di Gerusalemme ricorda come nell’a-nafora “si fa memoria del cielo, della terra, del mare, del sole, della luna e di tutta la creazione visibile e invisibile” (Catechesi mistagogiche V, 6).

• La liturgia armena proclama: “Il cielo e la terra sono pieni della tua gloria grazie all’epifania di nostro Signore, Dio e Salvatore Gesù Cristo [...] perché per la passione del tuo Figlio tutte le creature sono fatte nuove”. C’è nella liturgia una trasparenza del Cristo cosmico.

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La materia nel sacramento (il pane, l’olio, il vino, l’acqua) svela la ragione vera della sua creazio-ne, facendoci andare oltre la comprensione ristretta a cui la riduciamo nell’uso quotidiano. Per usare il linguaggio di Ivanov: si passa dalle realia alle realiora (dal “pane” al “vero Pane”).

• I testi percepiscono gli elementi naturali come destinati all’Eucaristia mentre ancora crescono nel campo; come suggerisce la poesia La Semina dell’armeno Daniel Varujan (1884-1915):“Semina, contadino - in nome dell’ostia del Signore germi di luce straripino dalle tue dita; in ciascuna delle spighe bianche di latte maturerà domani una parte del

corpo di Gesù” (Il canto del pane, pp. 50-51).

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2.2.

Sviluppo del Sviluppo del dogma dogma

della creazionedella creazione

Precisazioni a confronto con le Precisazioni a confronto con le dottrine eterodossedottrine eterodosse

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Il punto di partenza del simbolo della fede nella creazione è la formula di 1Cor 8,6:

Un solo Dio, il Padre, dal quale tutto proviene, un solo Signore, Gesù Cristo,

per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose

Due compiti per il cristianesimo antico: Distinguere la fede cristiana dalle diverse

interpretazioni non cristiane (gnosticismo, arianesimo, manicheismo)

Assimilazione del pensiero metafisico per esprimere la trascendenza del mistero cristiano nelle categorie culturali e filosofiche del tempo

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Nei primi simboli battesimalisimboli battesimali è già presente la dottrina della creazione:

Credo in Deus pater omnipotens

Dio è il Padre di Gesù Cristo (prima c’è la confessione di fede nel Figlio che ci rivela il Padre)

poi si aggiunge che è Pantôkrator: Dio dominatore e sovrano assoluto, con la sua potenza dal nulla ha fatto l’universo

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NB: equivoco circa la parola “Dio”:

Dio è il Padre di Gesù e non un Essere astratto, Demiurgo o Creatore

Si medita il dogma della creazione alla luce della paternità divina:

• la contemplatio naturalis (padri greci)

• e le cinque vie di S. Tommaso per arrivare a Dio

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Precisazioni aggiuntive:

sec. IV: riferimento a Cristo: per quem omnia facta sunt (DS 150)

sec. V-VI: universorum creatorem (DS 21)

sec. VII-VIII: creatorem coeli et terrae (DS 27)

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Dal II sec. il rapporto Dio-mondo si chiarisce nel confronto con alcune visioni erronee:

inaccettabili le rappresentazioni del cosmo derivato dall’Uno, per un processo di emanazione necessaria

o per organizzazione di una materia increata ad opera di un demiurgo (= “operaio – fabbri-cante”), come quello del Timeo di Platone, potente, ma non onnipotente, che, guar-dando al mondo paradigmatico delle Idee (alle quali è inferiore) plasma su tale modello una materia informe e caotica e produce il cosmo o mondo ordinato

Il demiurgo della gnosi non è buono

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Ireneo contro gli gnostici: Il demiurgodemiurgo dell’universo (titolo dato a Dio o a

Cristo da Giustino, Taziano, Origene) è il creatore della materiamateria stessa, che la organizza, è il suo “inventore”

non è un dio inferiore, ma lo stesso Dio Dio trinitariotrinitario

tutta la Trinità è creatrice: l’appropriazioneappropriazione al Padre è naturale perché Egli è l’origine

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Pseudo-Dionigi (più vicino all’emanatismo):

poiché ogni essere procede dal Bene, la materia pure, ed è buona

è per uno straripamento della sua stessa essenza che Dio produce tutte le essenze, ma egli rimane “trascendente” rispetto a tutti gli esseri che procedono da lui.

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3.3.

La creazione La creazione

ex nihiloex nihilo

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Il retroterra filosofico del Il retroterra filosofico del concetto della creazione ex concetto della creazione ex nihilo o de nihilonihilo o de nihilo

Platone e coloro che lo seguono dicono che Dio è ingenito e padre e Creatore di tutte le cose, ma poi ammettono due cose ingenite: Dio e la

materia; e affermano che la materia è coeterna a Dio. Ora, se la materia fosse ingenita,

sarebbe anche immutabile e uguale a Dio. Che cosa vi sarebbe di così grande, se Dio facesse il

mondo dalla materia? Anche un artefice umano, quando ha ricevuto la materia da un

altro, da essa fa qualunque cosa gli piaccia. La potenza di Dio, invece, appare perché dal nulla

fa tutto ciò che vuole (Teofilo di Antiochia)

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Quale sarebbe la materia increata e originaria del cosmo?

La chora = un sito virtuale indistinto… l’acqua (Talete) l’aria (Anassimene) Il fuoco (Eraclito) Innumerevoli materie (Anassagora) Democrito: atomi: unità piccolissime e indivisibili

che si combinano e fanno sorgere corpi e mondi nuovi “Alcuni pensano che il mondo è stato fatto di qualche

materia e non ex nihilo (Tertulliano) Giustino: “creazione a partire da una materia informe” Atanasio nella controversia ariana dirà che la

materia increata è un errore platonico contrario alla Sacra Scrittura (Oratio de Incarnatione Verbi, 2-3)

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Antecedenti nella Scrittura:

a) Creare-bara’ (Gn 1,1) - non afferma un “fare manuale”, che trasforma

una materia che già c’è- è fare qualcosa di interamente separato e

distinto da ogni antecedenza = nessun peso di anteriorità viene a gravare l’azione di Dio creatore

Soggetto di tale verbo è Dio esclusivamente LXX: non demiurghein, ma kitzein = verbo

che designa l’atto di volere fondamentale, precedente all’esecuzione e alla costruzione di qualcosa di materiale e concreto

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b) 2Mac 7,28: una madre di sette figli, di fronte al loro martirio, afferma: «ti scongiuro, figlio, contempla il cielo e la terra, osserva quanto vi è in essi e sappi che Dio li ha fatti non da cose preesistenti» (ouk ex onton)

Non è l’affermazione “tecnica” della creatio ex nihilo, ma semplicemente che prima della creazione il mondo non c’era.

Questo accenno, oltre al fatto che sarebbe eccessivo dal punto di vista ermeneutico indurre una dottrina a partire da un singolo versetto, per di più estrapolato dal contesto, è segno dell’influsso del vocabolario greco

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c) Gn 1,2: “La terra era informe e deserta” (tohu-wa-bohu) = è un dato neutro indeterminato; non si riferisce a qualcosa di concreto; è un mero simbolo richiesto per un minimo di rappresentazione per il nulla, per il non-ancora.

d) Gb 26,7: “Egli distende il settentrione sul vuoto e tiene sospesa la terra sul nulla”

e) Rm 4,17: “Dio…dà vita ai morti e chiama all’esistenza le cose che ancora non esistono” (ta ouk onta).

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Origine della formula ex nihilo (ex tou me ontos)

è di Erma: “Tu hai fatto passare tutte le cose dal nulla all’essere”

- dal II sec. è comune negli scritti dei padri contro i dualismi

- e nelle liturgie: “Tu hai tratto ogni cosa dal nulla all’esistenza, mediante il tuo unico Figlio” (Costituzioni apostoliche)

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Agostino:

1) Contro il manichesimomanichesimo, c’è un unico principio = la materia viene da Dio ed è buona:

“La fede retta è credere che Dio ha creato tutto dal nulla, perché se anche tutte le cose sono state formate dalla materia, questa stessa materia tuttavia è stata fatta dal nulla assoluto. Dio non è come i fabbri o qualsiasi altro artefice che non può fabbricare qualcosa se non ha da che cosa fabbricare”

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2) Contro l’emanatismol’emanatismo:

l’essere del mondo non deriva dall’essere di Dio, perché non si può introdurre in Dio il divenire:

“Tutto esiste, perché Egli esiste, ma nulla esiste se non per sua libera decisione”,

anche il tempo: “non c’era tempo prima che Dio avesse creato il tempo”,

e neppure lo spazio c’era.

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Lo sforzo è di pensare un tipo di originetipo di origine che non era stata mai pensata e che sfugge più di ogni altra alla rappresentazione.

Ecco i contenuti essenziali:

Dio non trae la creazione da una materia preesistente (sarebbe una forma di dualismo): tutta la creazione è buona

né dalla propria sostanza (una forma di panteismo)

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dunque crea dal nulla: non c’è nessun presupposto esterno

“nulla” non è la espressione mitica di un qualcosa (un “materiale preesistente”), il nome dato ad un sostrato informe del mondo, a partire da una errata interpretazione di Gn 1,2: “la terra era informe e vuota”.

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Creazione ex nihilo vuol direCreazione ex nihilo vuol dire:Il dono dell’essere è libera azione creatrice

di Dio è dovuta ad un eccesso (huperbolé) della

bontà divina (G. Damasceno) non da un bisogno presente in Lui o da un

condizionamento estraneo a Lui non è necessaria, dunque non è una

degradazione del divino: il mondo non è un “quaggiù decaduto da un disastro oscuro”

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ma un mondo prezioso perché voluto come dono grazioso di Dio

ne conseguono: l’universalità della sovranità di Dio e della mediazione di Cristo rispetto a tutto ciò che esiste

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Alla fine dell’Antichità ex nihilo è una forma tecnica per specificare la relazione di creazione:

esempio:

Lo Spirito Santo non è creato perché non è ex nihilo

(Professione di fede di

Meginardo di Fulda – sec. IX)

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Critiche alla formula: Creatio est productio rei ex nihilo sui

et subiecti

- Concetto troppo impersonale della creazione (productio rei)

- Si riferisce all’inizio della creazione e non alla sua realtà permanente (productio)

- Non evita il pericolo di concepire l’ex nihilo come una ipostasi (il “nulla” è qualcosa)

- Rischio di pensare che l’attività creativa di Dio si riferisca soltanto alla sostanza statica e non all’attività e alla perfezione delle cose create

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Specificazioni “dell’implicito” nella formula

- Ex nihilo relativo = nulla relativamente a “cosa”? Alla creazione non precede il caos o qualche altra realtà

nessun dato ante-posto = una materia precedente

- Ex nihilo sui = il mondo non è nato da se stesso

- Ex nihilo subiecti = si esclude una causa materiale precedente

L’unica realtà presupposta alla creazione è Dio (artefice trascendente)

non c’è qualcosa tra il mondo e Dio come causa trascendente del mondo

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La formula è una formula tecnica negativa

per esprimere che Dio, sotto tutti gli aspetti, è l’autore di tutta la realtà:

Non c’è niente con cui Dio abbia creato, niente che abbia esistenza fuori di Dio.

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Ma più importante è sottolineare non tanto che Dio crea a partire dal nulla ma che Dio crea a partire da Sé:

Il Padre Dio fondatore, il creatore, l’autore, fece tutte le cose da se stessoda se stesso, cioè mediante il

Verbo e la sua sapienza (Ireneo)

Il vero sfondo della teologia della creazione ex nihilo è il dato positivo che Dio non crea da nessuna altra realtà se non dal suo amoredal suo amore:

«Aperta la mano dalla chiave dell’amore, le creature vennero alla luce» (Tommaso d’Aquino, Liber Sententiarum,2,1,2,2,1)

Dal nulla non nasce nulla!

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Si evince qual è il compito “permanente” della cosmologia cristiana:

Il mondo creato è “legato e diverso” da Dio

1) Deve spiegare il mondo come creato (superando la sua particolarità), cioè legato e dipendente da Dio senza identificarsi con Lui:

tra Dio e il mondo non regna nessuna identità

che li renda uguali, che abbassi Dio al mondo (panteismo) o che elevi il mondo a Dio (pan-en-teismo, teopanismo)

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evitare:

• il pantesimopantesimo con il rischio di un’immersione fusionale del mondo nell’oceano della Divinità

• Il monismomonismo: Dio e il mondo sono la stessa realtà; al contrario c’è una assoluta superiorità di Dio sul mondo che conserva sempre la sua dimensione creaturale

• L’emanazionismoL’emanazionismo: bisogna affermare che tra Dio e il mondo non c’è nessuna continuità che consenta il derivare della terra da Dio (l’emanatistico farsi mondo da parte di Dio) o che Dio si formi elevandosi dalla terra (l’evoluzionistico divenire Dio del mondo)

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2) Deve distinguere, senza separare, il mondo da Dio

Bisogna evidenziare la presenza di Diopresenza di Dio in

tutte le cose che da lui ricevono il “loro essere pienamente se stesse”

evitare: • il cosmismocosmismo astratto, in cui l’essere del

mondo smarrisce il proprio legame con la Divinità

• il dualismodualismo: Dio e mondo sono due realtà a confronto, ma separate e non comunicanti

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Rilettura moderna della creazione de nihilo come “autoumiliazione di Dio”

J. Moltamann approfondisce l’idea della creazione dal nulla ricorrendo alla dottrina giudaico-cabalistica (qabbălâ = interpretazione) dell’autocontrazioneautocontrazione di Diodi Dio

AntecedenteAntecedente: la tesi si Isaak Luria dello ZimmumZimmum (= concentrazione e contrazione – ritirarsi in se stessi)

A partire dalla dottrina biblicadottrina biblica della shekinàh (= “gloria”): il Dio infinito può concentrare la propria presenza per abitare nel tempio

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Questa dottrina dell’autocontrazione di Dio è recepita nella teologia cristianateologia cristiana (N. Cusano, G. Hamann, E. Brunner, E. Stein) = la creazione ad opera di Dio è il primo atto di quell’autoumiliazione divina che ha conosciuto il punto vertice sulla croce di Cristo

Se Dio non vuole occupare da solo lo spazio dell’essere, deve creare spazio ad altri esseri. Ma facendolo, limita se stesso…la kenosis,

che conosce la sua acme sulla croce di Cristo, inizia già con la creazione del mondo

(E. Brunner)

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Dio si ritrae da se stesso in sé, per rendere possibile una creazione.

Quest’autoumiliazione divina antecedeantecede il suo agire creatore ad extraad extra. Dunque questo processo non inizia nell’atto creatorenon inizia nell’atto creatore col quale Dio si concede a questo mondo, ma ne rappresenta un presuppostopresupposto.

L’amore creatore di Dio è fondato sul L’amore creatore di Dio è fondato sul suo amore che si umilia, si abbassa, suo amore che si umilia, si abbassa, si rimpiccioliscesi rimpicciolisce

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Nella creazione è già in atto l’autoalienazione di Dio che Fil 2 dice “svuotò – spogliò se stesso” (nella manifestazione gloriosa dei suoi attributi divini)

Già per creare il cielo e la terra Dio si è estrin-secato dalla sua onnipotenza e ha assunto da Creatore, l’immagine del servo.Quale contributo alla visione cristiana della

creazione dal nulla?

“Dio crea quando fa-essere, quando am-mette e si ritrae” (J.

Moltmann)

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Anche nella prospettiva ortodossa (cfr. il testo di S. Bulgakov citato dopo), la kenosi di Dio nella creazione si può ravvisare nel fatto che quando crea Dio getta i semi dell’essere nel semi-essere del divenire, butta delle scintille di vita divina nello spazio e nel tempo della creazione, nel suo divenire.

Per questo la creazione è creativa, perché questa creatività dell’uomo si basa sulle forze divine poste in essa.

Dio “lascia andare” la propria creatura nella libertà della creatività del non-essere chiamato all’essere.

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Creato per mezzo del Logos, il mondo ha una realtà sua. Il Dio che non ha nulla fuori di sé, rende possibile l’apparizione di una realtà altra, in una specie di ritiro, di contrazione, di messa da parte sacrificale.

La kenosi del Creatore consiste anche nel fatto che, proprio perché il mondo ha una sua consi-stenza, ha la possibilità sia di essere opaco a queste scintille di luce che contiene, di ripie-garsi su se stesso abbandonandosi alla poten-za delle tenebre, sia di diventare trasparente, attraverso l’uomo, alle energie divine che ha in sé. Il carattere della vita ricevuta alla creazione è ambiguo, la sua pienezza resta ancora solo sperata.

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La vita che Dio vuole concedere all’uomo implica una finalità da raggiungere, uno sviluppo che corrisponda al progetto di Dio sull’uomo.

Se il creato rimane in vita, è grazie alla relazione con Dio che non finisce in un atto passato, ma che continua e costituisce il presente del suo essere. Questa vita vuol dire una finalità da raggiungere che implica un rapporto dialoga-le. Il progetto di Dio consiste nel fatto che il “non-Dio” entra “in Dio” attraverso la relazione.

Dunque anche l’uomo dovrà, in un atteggiamento kenotico, accettare il sacrificio di non porsi come centro autarchico del cosmo, ma di vivere la sua creatività secondo l’ispirazione divina.

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“Il Golgota non è stato solo eternamente prestabilito al momento della creazione del mondo

come evento temporale, ma costituisce anche la sostanza metafisica della creazione. Il «tutto è compiuto» divino, proclamato dalla croce, avvolge l’essere intero, entra in relazione con tutto il creato. Il sacrificio volontario dell’amore sacrificale,

il Golgota dell’Assoluto, è il fondamento della creazione. Infatti, «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito», e lo ha mandato «non a giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per

mezzo di lui» (Gv 3,16-17). Il mondo è stato creato dalla croce, eretta da Dio su di sé

per amore. La creazione è un atto non solo dell’onnipotenza e della prescienza di Dio, ma anche

di un amore che porta al sacrificio” (S.N. BulgakovS.N. Bulgakov, La luce senza tramonto, 208).