Antropologia - Lezione 16^ Momento sistematico 1 La creazione: la relazione uomo-creato continua…

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Antropologia - Lezione 16^Antropologia - Lezione 16^

Momento sistematico 1

La creazione: la La creazione: la relazione relazione

uomo-”creato”uomo-”creato”continua…continua…

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I primi cristiani non erano portatori di alcun programma, di alcuna teoria, ma ovunque

si recassero il seme del Regno germogliava, la fede cominciava ad

ardere… perché tutto il loro essere era una torcia viva di lode per il Cristo risorto. Era lui e lui solo l’unica felicità della loro

vita e il fine della Chiesa era di comunicare al mondo e alla storia la gioia per il Cristo risorto nel quale tutte le cose

hanno il loro inizio e la loro fine

(A. Schmemann)

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La riflessione

biblicabiblica

sulla creazioneAT e NT

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Il settimo giorno (2,2-3):

FINE della creazione

2 Allora Dio, nel settimo giorno portò a termine il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro.

3 Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli creando aveva fatto.

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Il numero 7 è caratteristico di tutta la letteratura dell’AVO:

indica pienezza e sta alla base della strut-tura della settimana (forse legata alle fasi lunari): c’è una decosmologizzazione della settimana, inserendo la settimana della creazione come prima settimana del tempo

il senso del «settimo giorno» è nella connessione tra settimana della creazione e settimana dell’uomo: il parallelo tra comandamento del sabato e settimo giorno (cf Es 20,8-11) mostra che P ha introdotto nel settimo giorno della creazione un’allusione al comandamento del sabato

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Per questo il senso del settimo giorno (6+1) è quello di separare la ferialità lavorativa dall’appartenenza a Dio e indicare la mèta dei sei giorni nel settimo.

Il «settimo» giorno, in quanto giorno di Dio: è il fine dell’uomo ma anche il fine ultimo

della creazioneLa creazione è ritmata (dunque “ordinata”) dalla

distinzione tra lavoro e risposo, che è posta dalla relazione con Dio

il riposo non è solo interruzione dell’attività, ma fecondità connessa con il riposo di Dio, di cui l’anticipo è la benedizione concessa da Dio nella festa e nel culto

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l’uomo come immagine di Dio e rappresen-tante di Dio deve seguire Dio sia lavorando nella creazione sia godendo di essa: il senso della creatività del lavoro è godere della creazione

Il riposo non è assenza di lavoro, ma luogo della «presenza» di Dio (cf. il tema della “gloria di Dio” in Es 24 e 39-40)

è luogo del dialogo con Dio, da cui si riceve la fecondità per poter essere nel tempo

così, attraverso il culto, il nostro tempo sporge su Dio

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Il culto e la festa danno senso alla temporalità dell’uomo:

per lo scrittore sacerdotale c’è qui l’arche-tipo dello Shabbat

che non viene istituito dalla Torà ma appartiene già all’ordine della creazione

perciò il senso della temporalità (alternanza - ritmo) è la comunione dell’uomo con Dio

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Obiettivo duplice di Gn 1: la creazione è per l’uomo la creazione è per la relazione

dell’uomo con Dio

Nei giorni che si trovano tra i tre pilastri (1° - 4° - 7° giorno come inizio – centro – fine della creazione), Dio stabilisce la terra come spazio e dimora della vita.

2° e 3° giorno: crea la terra come suolo sepa-rato dal mare, asciutto e fertile; le piante sono parte della terra fertile (non esseri viventi separati): è imbandita “la tavola per la vita”

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5° e 6° giorno: creazione degli esseri viventi:

animali e uomini che popolano questo spazio vitale

si moltiplicheranno ma in modo tale che la terra offra spazio e cibo sufficiente per tutti gli esseri viventi

x 4 volte si parla di esseri viventiesseri viventi: esseri desi-derosi di vita e capaci di vita, però non autosuf-ficienti in quanto ricevono la vita dall’interno della creazione

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Ma il fine ultimo della creazione è: Dio che abita insieme agli uomini (è la loro relazione)

la creazione è lo spazio abitabile per l’uomo, ma il suo fine ultimo è che deve diventare an-che lo spazio abitabile per Dio: la dimora di Dio con le sue creature

il racconto (P) è intenzionalmente collegato con il ciclo narrativo del Sinai (Es 19,1-40,38)

è al Sinai, precisamente nella costruzione del santuario, che viene alla luce il vero senso della creazione

questo è il vero Sabato della creazione

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Gn 2,2: Dio si riposa dopo sei giorni di lavoroEs 24,16: sul Sinai, dopo che la sua gloria ha co-

perto la montagna per sei giorni, Dio chiama Mosé solo al settimo giornosolo al settimo giorno per incontrarlo nel fuoco.

Qui Mosé riceve l’incarico di costruire il santuariosantuario, la tenda del convegno (o della rivelazione) per l’incontro del popolo con Jahvé (Es 29,43-46)

“Nella visione di P., la costruzione comune del santuario continua l’opera della creazione portandola al suo fine: Dio crea la terra per

essere presente in essa – come il Dio liberatore di Israele, anzi della creazione intera”

(E. Zenger)

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Parallelismo di Esodo con Apocalisse:

• Nei due capitoli finali di Ap si riprende il significato della creazione e lo si supera in proiezione escatologica: il principio si collega alla fine

• I “nuovi cieli e la terra nuova” sono il momento in cui tutta la terrà diventerà la tenda di Dio con gli uomini e le mediazioni cultuali della presenza di Dio saranno superate perché le promesse saranno compiute.

• Ap 21,3: “Ecco la tenda di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro”

• Alla luce della promessa di una creazione che alla fine sarà pienamente rinnovata prende senso una creazione in principio.

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La benedizione e il comando (vv 26.28-29)

26 E Dio disse: «Facciamo l'uomo a nostra imma-gine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra».

28 Dio li benedisse e disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra».

29 Poi Dio disse: «Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero in cui è il frutto, che produce seme: saranno il vostro cibo.

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L’uomo immagine: vicerè, rappresentante, vicario, economo… di Dio. Custodisce gli altri esseri viventi e la terra affinché l’intenzione originaria di Dio sulla creazione venga perseguita e tutelata: la terra resti lo spazio vitale abitabile e abbondante per gli esseri viventi

la benedizione espressa nella forma di un imperativo (siate fecondi, moltiplicatevi), cui segue il comando sul dominio da esercitare sulla terra (e assoggettatela: verbo discusso)

si aggiunge la concessione del sostenta-mento, cioè il cibo per l’uomo, che è però limitato all’alimentazione vegetale (l’erba).

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Due gli aspetti qui indicati:

1) la benedizione è data sia agli uomini che agli animali

è intesa come la forza procreatrice, che si esprime non solo nella capacità di generare, ma in tutto il processo di vitalità che va dalla nascita alla crescita

la benedizione vincola l’uomo al suo conte-sto naturale, proprio in quanto essere creato

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l’uomo appare solidale con la realtà del suo mondo «naturale» (gli animali, i vegetali)

a questa solidarietà appartiene anche la cura di Dio nel procurare e fornire il sostentamento dell’uomo

NB: in Gn la forza della fecondità viene sdivinizzata, non è una conquista «magica» dell’uomo, ma è inserita nella benedizione genesiaca. Solo Jhwh appare il signore della vita e della fecondità.

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2) la creazione dell’uomo è una novità asso-luta nel rapporto che Dio fissa per l’uomo con il resto della realtà creata, presentato come un dominio: questa è la qualità dell’inter-vento dell’uomo sulla natura.

Confronto con i racconti mesopotamici = la finalità della creazione dell’uomo è diversa: là l’uomo era creato in vista del servizio degli dei o per sostituirli nella fatica del lavoro

nel Gen lo scopo della creazione dell’uomo è orientato verso il mondo: l’uomo è creato per l’attività civilizzatrice, nell’orizzonte della storia dell’umanità.

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Come si esercita questo «dominio»?

Contesto di riferimento è il «dominio» regale (cf 1 Re 5,4; Sal 110,2; Is 14,6; Num 24,19; Ez 34,4), derivato dal linguaggio di corte di Babilonia e d’Egitto:

il re non solo rappresenta tutto il popolo e la terra in quanto personalità corporativa, ma è anche il depositario e il mediatore del-la benedizione per il suo regno e per il popolo a lui affidato.

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l’uomo è «re» del creato per il compito regale di assicurare pace e benessere, di mediare la benedizione divina, di conservare la salute del mondo che gli è affidato

il dominio sulla terra è un aspetto della be-nedizione concessa da Dio alle creature, anzi è il modo con cui l’uomo diventa mediatore e mandatario di questa benedizione nello spazio del mondo

questo è il criterio del progredire della scienza e della tecnica che viene fornito dal testo genesiaco (es. le “tuniche di pelle” che Dio stesso fabbrica per i progenitori dopo il PO).

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Il comando di soggiogare la terra non lascia nel contesto di Gn 1 nessuno spazio per l’idea di uno sfruttamento dispotico della terra da parte dell’uomo.

Invece:

* È promessa incoraggiante: nella lotta della vita contro le potenze caotiche ostili (cataclismi naturali) l’uomo può superare le difficoltà

* Inoltre: l’uomo esercita un dominio ammini-strativo sulla terra solo in qualità di luogo-tenente di Dio, dal quale dipende e al quale rende conto del proprio operato.

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L’idea di un avvallo della cosificazione e strumentalizzazione della creazione da parte dell’uomo è una lettura frutto della cultura moderna europea, staccata dalle radici bibliche.

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Creazione e diluvio (Gen 6-9)Un’altra variante del racconto della creazione

Molti motivi simili a Gen 1-2:

• La benedizione dell’essere umano, data a Noé

• L’arca (in analogia con la “terra”) come dimora della vita protetta dal caos, il diluvio

• L’uomo come immagine di Dio, pastore e custode della creazione, qui rappresentato da Noé come modello esemplare

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• L’approfondimento rispetto a Gen 1-2: di fronte alla paura di una catastrofe cosmica come punizione inflitta dal Creatore per il peccato, già nel tempo mitico c’è un intervento di Dio (il diluvio) che promette che non distruggerà mai la sua creazione.

• Egli rafforza il suo impegno di un’alleanza eterna con tutta la creazione, che sigilla con il segno dell’arcobaleno nel cielo (Gn 9,8-17).

• Viene in piena luce il significato teologico di “creazione”: il Dio che crea ha una relazione di amore e di fedeltà con la terra, il suo radicale “sì” alla terra e all’uomo è irrevocabile.

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LIBRI SAPIENZIALI (ultimi 5 sec. prima di Cristo)• Esempi del dialogo interculturale di Israele con

la cultura dell’AVO e quella ellenistica• Il tema della sapienza: “l’opera più preziosa del

Creatore, inizio della sua attività, prima di ogni sua opera” (Pr 8,22-26)

• La sapienza è personificata: compagna e mediatrice del creatore, sua proprietà

• Per l’uomo è “albero di vita”, guida per giungere allo shalom (pace, benessere e felicità: Pr 3,18)

• Lo aiuta a vivere in modo conforme al senso che Dio ha dato alla creazione (l’ordine “buono” iscritto da Dio nelle cose)

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Interesse pratico-sociale della Sapienza:sul piano etico: il Creatore unico garantisce la

fondamentale uguaglianza di tutti gli uomini (Pr 22,2;29,13); al Creatore sta a cuore la buo-na sorte e la dignità del povero, chi lo opprime offende il Creatore (Pr 14,31)

sul piano esistenziale: la questione della teodicea

• cfr. Giobbe di fronte alla sofferenza ingiustifica-ta rivendica l’ordine giusto posto da Dio nel mondo che sembra oscurato

• Incomprensibilità della maestà di Dio e impo-tenza e limitatezza della creatura umana che non può disputare con Dio

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• Giobbe dubita della giustizia di Dio nella creazione: “siamo in balia del malfattore” (9,24)

• Risoluzione nella disputa (i “discorsi di Jahvé”: Gb 38-41) in cui Dio risponde alla protesta di Giobbe ponendogli 40 domande retoriche:“Quando ponevo le fondamenta della terra, tu

dov’eri?... Chi ha fissato le sue dimensioni”.Dio rivendica la sua sapienza onnipotente, si

presenta come “Signore degli animali” (del Le-viatan: il coccodrillo, che rappresenta le forze caotiche dell’acqua cfr. Sal 104,26 )

Giobbe revoca le sue accuse: ora non conosce Dio solo per sentito dire, ma per “aver visto” il Creatore (42,1-6) e può ancora respirare (v. 6).

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Nel libro della SAPIENZA (I sec. a.C.) Dio è presentato come l’Essere perfetto (così LXX: Es 3,14)

Lo si può conoscere a partire dalle cose crea-te, dalla sua bellezza e grandezza, che la ragione umana di tutti gli uomini può compren-dere (Sap 13,1-9)

è l’argomento per condannare gli adoratori de-gli elementi cosmici (fuoco, vento, astri) e gli idoli fabbricati dalle mani dell’uomo.

Rm 1,18-25 cita Sapienza.Storia degli effetti molto significativa nella teologia

filosofica della chiesa successiva, per avere aggancio universale della fede all’unico Dio.

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La fede nella creazione La fede nella creazione

nel Nuovo Testamentonel Nuovo Testamento

La novità decisiva = il rapporto della creazione con il mistero di Cristo:

1) Gesù rappresenta la pienezza dell’opera di Dio iniziata nella creazione

2) Gesù stesso è il mediatore sin dal principio dell’opera creatrice

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I. Concezione singolare della creazione: il potere creatore di Jahvé è riletto alla luce della risurrezione di Gesù

Cfr. Paolo:“Dio che dà vita ai morti e chiama all’esi-stenza le cose che non esistono” (Rm 4,17).

Alcuni aspetti:

1) Il Gesù storico rafforza la fede nel potere del creatore, già fortemente sottolineata in Isaia.

Esempi:

* Mt 6,19-34: non preoccuparsi come i pagani del cibo e del vestito; c’è una forma alternativa di tesori da accumulare; il primato del Regno si fonda sulla sollecitudine del Padre celeste verso le creature (uccelli, fiori).

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La tempesta sedata (Mt 8,23-27): nei disce-poli impauriti nasce l’intuizione che in Gesù sia attiva la stessa potenza creatrice di Dio che all’inizio ha delimitato il caos delle acque pri-mordiali con la sola forza della parola: “chi è mai costui, che perfino i venti e il mare gli obbediscono?” (v. 27)

i miracoli di guarigione con la cacciata dei demoni (“spiriti dannosi”) che obbediscono alla autorità della parola di Gesù (Mc 1,23-28)

Nelle parole/opere di Gesà la Signoria di Dio s’impone sulle potenze terrificanti e devastatrici della morte con una potenza che corrisponde alla originaria volontà creatrice di Dio.

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2) Gesù si appella all’ordine della creazione come criterio per la prassi della Signoria di Dio

Al tempo di Gesù la legge aveva sormontato l’Autore della Legge; Gesù richiama lo spirito originario nei suoi insegnamenti scandalosi.

Esempi:

* l’amore ai nemici, fondato sulla bontà univer-sale del Creatore che fa “sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti” (Mt 5,45); l’assioma generale “come tu a me, così io a te” è sostituito col riferimento a Dio: Come Dio (creatore buono) a me (peccatore), così io a te (Mt 5,48)

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Nelle dispute con scribi e farisei Gesù si riferisce al significato originario di una istituzione:

• Secondo la volontà e l’esempio del Creatore, il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato (Mc 2,27)

• Circa il matrimonio indissolubile (con uguale trattamento per la donna come per l’uomo nelle questioni circa separazione e divorzio), Gesù si appella “all’inizio della creazione” (Mt 10,8)

In merito alle abluzioni rituali, Gesù ribadisce il valore morale della creazione: le cose sono create buone e non contaminano l’uomo (Mc 7,14-23), anzi, la creazione è manifestazione della bontà di Dio (Mc 10,29; Mc 12,24-27).

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La stessa malattia psico-fisica che disturba la bontà del creato è vista da Gesù come un se-gno del male che non coincide con la volontà di Dio creatore (cfr. miracoli-esorcismimiracoli-esorcismi)

Questi interventi di Gesù evidenziano il legame intrinseco del mondo con la libertà dell’uomo:

non solo l’uomo si esercita in esso, ma lo determina col suo agire morale

può esercitarsi anche in contrapposizione all’azione primitiva di Dio (es. matrimonio).

Gesù, nella sua lotta col male, tende ad at-tuare l’intenzione originaria di Dio: Gesù è il sabato vero, ossia il compimento autentico dell’intenzione creatrice di Dio.

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II. Il rinnovamento della creazione in Cristo: la soteriologia di Paolo

Il tema della creazione è letto nella prospettiva soteriologica e escatologica della morte e risurrezione di Gesù

Una porta di ingresso: l’Exultet della Veglia Pasquale. L’annuncio della Pasqua è rivolto alla creazione.

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1) Paolo: Gesù è il compimento di Adamo

Adamo e Cristo sono presentati in un forte contrasto (Rm 5,12-21; 1Cor 15,21.45-47)

Entrambi giocano il ruolo di essere a capo di una determinata discendenza, di essere il modello originario di un tipo di uomo rilevante ai fini della storia della salvezza:

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• Adamo: il “primo uomo” (protos anthropos) e la sua discendenza hanno ricevuto il soffio di vita di Dio (cfr. Gn 2,7) ma solo per la vita terrena: restano uomini della terra e dalla terra, sotto-messi alla caducità.

• Cristo: il “secondo uomo” (déuteros anthropos), l’ultimo Adamo (éschatos Adam) quello giunto al suo compimento, è diventato, per la sua discendenza spirituale, spirito datore di vita, è l’uomo celeste che renderà partecipi della sua esistenza pneumatico-celeste nella escatolo-gica risurrezione dei morti.

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Quando giunge alla fine la nefasta storia del primo Adamo?

Quando il secondo Adamo accetta il suo essere-uomo-e-creatura fino al punto estremo della morte, mettendo nelle mani del Padre il suo destino personale e gli esiti del suo annuncio della venuta imminente del Regno di Dio.

Ciò va a beneficio della creazione intera: essa riceve nel Risorto lo Spirito creatore che la libe-ra definitivamente dal potere della morte:

Is 53,10: “nell’offerta del suo sacrificio riparatore si è acquistato una discendenza”.

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2) I battezzati: una nuova creazione e nuovi esseri umani

La discendenza spirituale di Gesù partecipa della creazione nuova non solo nel compimento finale ma già ora, in mezzo alla vita del vecchio eone votata alla morte, grazie alla fede battesimale.

Il battezzato in Cristo è “creazione nuova” (2Cor 5,17; Gal 6,5).

In Col il radicale rinnovamento è un “rivestire l’uo-mo nuovo” (Col 3,9); il battesimo viene interpre-tato con un accostamento a Gen 1,26: come creazione di un uomo nuovo da parte di Dio.

Altra immagine del NT per indicare la radicale novità del battesimo: nuova nascita – rinascita (Gc 1,18; Tit 3,4; 1Pt 1,3; Gv 3,3ss).

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La “nuova creazione” battesimale non si consu-ma solo nell’interiorità invisibile del battez-zato, ma culmina nel campo storico-visibile della vita comune di coloro che in Cristo sono diventati creazione nuova, cioè nella comunità credente.

Il battesimo ha un potere di trasformazione della realtà, potere analogo all’atto della creazione.

Ciò si vede nella profonda relativizzazione di tutte le differenze di rango e di dignità che sono note dalla vecchia creazione che si trova sotto la maledizione del peccato: né greco, né giudeo, né schiavo, né libero, né maschio, né femmina. L’essere-uno-in Cristo è il dato salvifico della nuova creazione.

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Questo è anche il criterio per distinguere la vec-chia creazione dalla nuova creazione all’in-terno della chiesa. Fino al traguardo escatolo-gico la chiesa sarà sempre afflitta dalla tenta-zione della creazione vecchia, il cui segno di riconoscimento sono le distinzione di rango e di dignità, le classificazioni secondo schemi sociologici che tolgono la novità di coloro che sono “figli della libera”, della Gerusalemme celeste (cfr. Gal 4,31). Ricordiamo alcuni passi:

“Fra di voi però non sia così” (Lc 22,26). “Dal momento che c’è tra voi invidia e discor-

dia, non siete forse carnali e non vi comportate in maniera tutta umana?” (1Cor 3,3).

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III. Gesù Cristo: il mediatore della creazione

A Cristo si deve non solo il rinnovamento escatologico della creazione (anticipato nel popolo dei battezzati in Lui), ma anche la mediazione della creazione originaria del mondo.

Cristo ha un significato cosmico nell’opera creatrice di Dio.

Antecedenti veterotestamentari della idea di mediazione nella creazione:

Il filosofo giudaico Filone di Alessandria (13 aC – 45/50 dC): la teologia del Logos

La teologia rabbinica della Torah

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Questione problematica: come è possibile che Dio, attraverso la creazio-

ne, instauri un rapporto col mondo, che è totalmente altro da lui, senza con ciò perdere:

• la sua unità indivisibile rispetto alla molteplicità delle cose create

• la sua eternità rispetto alla temporalità• la sua immutabilità rispetto alla loro caducità• la sua infinitudine rispetto alla loro finitudine?

Giudaismo e cristianesimo rispondono con la idea della mediazione nella creazione, idea che c’è anche nel medio-platonismo e nello stoicismo.

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Nella letteratura sapienziale giudaica:• Il ruolo della mediazione fra il Creatore e la

creazione fu attribuito alla sapienza, in greco sophia, in ebraico hokma (cfr. Pr 3,19; 8,22-31; Sir 1,4;24,9; Sap 7,12.21; 8,4; 9,9-11)

• Da una parte, la Sapienza è una qualità dello stesso Creatore, gli appartiene (es. dell’orologio)

• Dall’altra, è una prima opera della creazione, preziosa, creata prima di tutte le altre opere, dunque preesistente al mondo

In forma personificata, si vede la Sapienza al-l’opera nella creazione del mondo (“gioca” da-vanti al Creatore); essa personifica la filantropia del Creatore che dà a tutto un “ordine buono”.

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• Si può intendere la Sapienza anche come mo-dello originario della molteplicità della crea-zione, che esiste in Dio e presso Dio, a cui Dio guarda per poi creare, con la sua Parola crea-trice, il mondo già precedentemente ordinato nella sua sapienza e traendolo, in un certo senso, da se stesso.

Dunque: La Sapienza e la Parola di Dio (Logos) sono i modi in cui il Creatore instaura la sua relazione col mondo

• Esse operano una mediazione tra Dio e mondo in quanto Dio le comunica al mondo come suoi doni, rendendosi così presente in mezzo alla sua creazione senza perdere la trascendenza.

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Applicazione del ruolo mediatore a Cristo

Nel prologo di Gv 1,1-18

Gnilka dice che alla base di Gv 1 c’è un inno precristiano influenzato dalla dottrina di Filone, ripreso come inno cristiano successivamente sistemato e ampliato dall’evangelista Gv per inserirlo nel progetto unitario del suo vangelo.

Commistione di generi: l’idea biblica della crea-zione mediante la Parola (cfr. Gn 1) e l’idea teologico-filosofica della mediazione del Logos.

Chi è il Logos? Nella filosofia greca è la ragione divina che compenetra e ordina tutto l’universo, intelligibile e logico, esprimibile col linguaggio.

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Per Gv: il Logos è una realtà personale propria, paragonabile alla sapienza giudaica.

Il Logos intradivino vive “in principio” (en arché), prima del tempo della creazione, “rivolto presso” Dio, appartiene ed è identico a Dio; non è creatura.

Attraverso il Logos Dio pronuncia all’esterno la sua parola creatrice: “tutto è stato fatto per mezzo di lui” (Gv 1,3).

L’origine della creazione dal Logos, che è ciò attra-verso cui Dio si esprime, gli conferisce una impron-ta particolare: è il luogo della rivelazione di Dio.

Anche l’uomo, essendo intimamente “logico” cioè “conforme” al Logos, può comprendere il mondo come espressione e dono di Dio.

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Al v. 14 c’è l’affermazione culminante dell’inno del Logos, il passo definitivo nella storia del Logos, della auto-rivelazione di Dio: il Logos “si fece carne” e come uomo “mise la sua tenda” in mezzo a noi.

Il Logos viene identificato con Gesù Cristo; tutto ciò che qui è riferito al Logos nel proseguo del Vangelo lo si dirà di Gesù di Nazareth. In lui culmina l’opera della creazione e della rivelazione:

• Egli è “la vita” (Gv 14,6) e la dona “in pienezza” (Gv 10,10)

• Egli è la vera “luce del mondo”, “luce della vita” (Gv 8,12).

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Conclusione a partire dal prologo di Gv:

Spesso pensiamo la creazione come una realtà messa in atto da Dio

Per Gv la creazione è espressione nel tempo della eterna generazione del Figlio.

Gv vede la creazione attraverso il mistero del Logos per dire che, creandola, Dio ha stabilito con la creazione una relazione personale.

Se nel grembo della vita divina Dio pronuncia “Tu” (il Figlio), Dio continua questa comunica-zione di sé anche fuori di sé, nella creazione.

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All’origine del mondo c’è il mistero di Dio che risplende mediante il suo Logos (il suo partner dialogale: rivolto presso di lui) e che pone ogni essere in dialogo con Lui.

Se il Logos è dentro ogni creatura, ogni crea-tura è “una parola” che Dio ci rivolge.

La creazione è quindi segnata da una realtà personale, relazionale (cioè dialogale). “persona” nel senso assoluto trinitario di “relazione sussistente”.

Dio “dice” il mondo, parla all’uomo attraverso il mondo. Dio e l’uomo si parlano attraverso il mondo.

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Applicazione del ruolo mediatore a Cristo

Nell’inno della lettera ai Colossesi (1,15-20)

• Il materiale viene da un inno protocristiano precedente

• Due strofe inniche alla duplice funzione di Cristo:

- Mediatore della creazione: “primogenito di ogni creatura”

- Mediatore della riconciliazione escatologica: “primogenito dei morti”

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C’è una spiccata insistenza sul significato salvifi-co universale di Gesù: per otto volte si usa la parola pas o panta (tutto oppure universo).

Il centro del messaggio al v. 20: “per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose”.

Dio risuscitando Gesù dai morti ne ha fatto il mediatore della riconciliazione universale: Gesù rappacifica le cose del cielo e della terra.

Il titolo però gli appartiene fin dalla creazione del mondo e Cristo precede tutta la creazione: è “il primogenito di ogni creatura” e è designato ad esserne “il Signore” (v. 17).

Crasi: poiché tutta la creazione è creata in Lui, è in Lui che ha origine la creazione definitiva.

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Sulla base di Col vanno interpretate le formule di Apocalisse per dire la portata universale di Cristo:

“alfa e omega” (Al 22,13)

e “il primo e l’ultimo” (Ap 1,17)

La morte e la risurrezione di Gesù dentro la storia-creazione si estendono anche fino ad abbracciare l’inizio e la fine della vita di tutto ciò che esiste.

Le tre preposizioni: in, per mezzo, in vista di lui.

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Create in Cristo (en auto)Come per la Sapienza, Cristo è considerato come

un disegno della creazione preesistente in Dio

tutto è preformato secondo un modello origina-rio o prototipo, prima di essere pronunciato e creato da Dio nella sua parola esterna creatrice.

Per usare il linguaggio degli scolastici: Gesù è la causa esemplare della creazione, il suo modello e la sua forma ideale fondamentale, nella quale e in base alla quale Dio ha creato tutto.

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Il modello ha la “forma del Figlio”, vale a dire la forma di colui che “è amato” e che deve se stesso totalmente all’amore del Padre.

Dunque le forme originarie in cui sono fatte le creature libere (conformi al modello Cristo) rispondono allo stesso calco: le creature esistono perché sono amate dal Padre nel Figlio, esistono “presso Dio”

vivono nella forma della gratitudine di chi si sa ricevuto e nella disponibilità di chi si lascia “formare”, nello stesso senso di Gesù e di Maria che dice “accada di me ciò che tu vuoi” (Lc 1,38).

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Create per mezzo di Cristo (di’ autu)

In senso stretto si designa la mediazione crea-trice di Cristo:

egli è la Parola creatrice che Dio pronuncia in principio

per chiamare il mondo all’esistenza e farlo essere nella sua realtà propria.

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La parola creatrice che Dio proferisce ad extra ha il suo fondamento di possibilità nel Logos eterno cioè nella parola eterna che Dio da sempre pronuncia per amore nella sua essenza intradivina.

La parola creatrice esterna si fonda sul “Tu” del Logos-Figlio nel quale il Padre si esprime in maniera totale e che gli sta di fronte con gratitudine.

Tommaso d’Aquino dice che la creazione è un verbum verbi, come l’ampliamento esterno della Parola eterna.

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Create in vista di Cristo (eis auton)Gesù Cristo è definito come fine della creazione

che Dio vuole perseguire fin dall’inizio.

È il motivo della creazione: la sua causa finale (Scolastici).

Anche se Gesù come Logos incarnato compare solo molto tardi nella storia di Dio con la crea-zione, Egli è presente fin dal suo primo inizio come il Fine e il Senso perseguiti dal Creatore.

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La volontà salvifica di Dio non è mai efficace senza il riferimento concreto a Cristo

tuttavia è già efficace prima della presenza storica di Gesù e anche al di fuori del suo riconoscimento esplicito nella fede della Chiesa (ecclesia ab Abel: LG 2).

Concludendo: il fine della creazione: è la riconciliazione della creazione col Creatore

già anticipata nella persona di Cristo

e destinata ad espandersi universalmente (v. 19s).

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In contrapposizione all’inizio di Adamo, nell’oggi di Cristo l’intera creazione si relazione al Crea-tore riconoscendo con gratitudine la propria creaturalità, comprende la propria finitudine come valore, come dono di Dio (allo stesso modo in cui il Figlio si relazione al Padre) e trova in questo (dipendenza creaturale) l’unione più profonda con Dio possibile alla creazione.

La chiesa – come corpo totale di Cristo in crescita – ha dentro la creazione la vocazione di essere germe e inizio del regno, fermento di riconciliazione, perché il pleroma di Cristo si partecipato a tutte le creature.

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Sperare nel compimento della creazione

L’inno di Col non è isolato nel NT. Altri testi:

• Rm 8,19-22: la creazione oggi partecipa alle sofferenze dei figli di Dio, ma in futuro si manifesterà in essa la loro libertà e la loro gloria

La sventura che grava sulla creazione a causa del peccato originale, che Paolo chiama vanità, nullità, caducità (mataiotes) oppure anche schiavitù o perdizione della creazione, non è senza speranza.

Questa sofferenza prende la forma di un parto pieno di speranza (v.22).

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Questa visione di speranza sembra in contrasto coi passi apocalittici dei vangeli sinottici (Mc 13,24), della 2Pt 3,10 e dell’Ap 6,12-17:

La loro visione drastica (tipica del giudaismo antico) della fine del mondo (i cataclismi in cielo e in terra) sembra in contrasto con le promesse dell’alleanza con Noé in cui Dio si impegna a non distruggere più la terra in futuro

La ragione si trova nel genere apocalittico del giudaismo antico: di fronte al male dilagante c’è una revisione divina delle promesse di Dio, della sua volontà circa il mondo.

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• Però il giudizio non significa la fine della crea-zione: la fine del primo cielo e della prima terra divine la creazione di un nuovo cielo e una nuova terra in cui la giustizia abiterà, al cui centro ci sarà la Gerusalemme nuova, la dimora di Dio con gli uomini (Ap 1,1-5; 21,1)

• Il passaggio dalla prima alla seconda crea-zione non sarà per azzeramento della vec-chia, così che la nuova non abbia più niente in comune con la vecchia.

• In analogia alla logica della nuova creazione battesimale, anche la creazione nuova dell’uni-verso può essere vista come un rinnovamento e una trasformazione profonda.

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• Sarà superata in un triplice senso: il pecca-to, la sofferenza, la morte saranno cancellati. Tutto ciò che corrisponde nelle creature alla intenzione originaria di Dio (e quindi di Cristo la “forma originaria”) sarà conservato presso Dio.

• Tutto questo sarà elevato da Dio a un nuovo livello di esistenza: la vita umana e cosmica giungerà a una pienezza di maturazione:

“Non vi sarà più notte e non avranno più bisogno di luce di lampada, né di luce di sole, perché il

Signore Dio li illuminerà e regneranno nei secoli dei secoli”(Ap 22,5)

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Sviluppo storicostorico: Le voci significative

della TradizioneTradizione

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Epoca patristicaEpoca patristica

1)1)Precisazioni a confronto Precisazioni a confronto con le dottrine eterodossecon le dottrine eterodosse

2)2)La creazione La creazione ex nihiloex nihilo

3)3)Una cosmologia Una cosmologia cristocentricacristocentrica

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1.1.

Sviluppo del Sviluppo del dogma dogma

della creazionedella creazione

Precisazioni a confronto con le Precisazioni a confronto con le dottrine eterodossedottrine eterodosse

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Il punto di partenza del simbolo della fede nella creazione è la formula di 1Cor 8,6:

Un solo Dio, il Padre, dal quale tutto proviene, un solo Signore, Gesù Cristo,

per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose

Due compiti per il cristianesimo antico: Distinguere la fede cristiana dalle diverse

interpretazioni non cristiane (gnosticismo, arianesimo, manicheismo)

Assimilazione del pensiero metafisico per esprimere la trascendenza del mistero cristiano nelle categorie culturali e filosofiche del tempo

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Nei primi simboli battesimalisimboli battesimali è già presente la dottrina della creazione:

Credo in Deus pater omnipotens

Dio è il Padre di Gesù Cristo (prima c’è la confessione di fede nel Figlio che ci rivela il Padre)

poi si aggiunge che è Pantôkrator: Dio dominatore e sovrano assoluto, con la sua potenza dal nulla ha fatto l’universo

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NB: equivoco circa la parola “Dio”:

Dio è il Padre di Gesù e non un Essere astratto, Demiurgo o Creatore

Si medita il dogma della creazione alla luce della paternità divina:

• la contemplatio naturalis (padri greci)

• e le cinque vie di S. Tommaso per arrivare a Dio

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Precisazioni aggiuntive:

sec. IV: riferimento a Cristo: per quem omnia facta sunt (DS 150)

sec. V-VI: universorum creatorem (DS 21)

sec. VII-VIII: creatorem coeli et terrae (DS 27)

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Dal II sec. il rapporto Dio-mondo si chiarisce nel confronto con alcune visioni erronee:

inaccettabili le rappresentazioni del cosmo derivato dall’Uno, per un processo di emanazione necessaria

o per organizzazione di una materia increata ad opera di un demiurgo (= “operaio – fabbri-cante”), come quello del Timeo di Platone, potente, ma non onnipotente, che, guar-dando al mondo paradigmatico delle Idee (alle quali è inferiore) plasma su tale modello una materia informe e caotica e produce il cosmo o mondo ordinato

Il demiurgo della gnosi non è buono

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Ireneo contro gli gnostici: Il demiurgodemiurgo dell’universo (titolo dato a Dio o a

Cristo da Giustino, Taziano, Origene) è il creatore della materiamateria stessa, che la organizza, è il suo “inventore”

non è un dio inferiore, ma lo stesso Dio Dio trinitariotrinitario

tutta la Trinità è creatrice: l’appropriazioneappropriazione al Padre è naturale perché Egli è l’origine

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Pseudo-Dionigi (più vicino all’emanatismo):

poiché ogni essere procede dal Bene, la materia pure, ed è buona

è per uno straripamento della sua stessa essenza che Dio produce tutte le essenze, ma egli rimane “trascendente” rispetto a tutti gli esseri che procedono da lui.

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2.2.

La creazione La creazione

ex nihiloex nihilo

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Il retroterra filosofico del Il retroterra filosofico del concetto della creazione ex concetto della creazione ex nihilo o de nihilonihilo o de nihilo

Platone e coloro che lo seguono dicono che Dio è ingenito e padre e Creatore di tutte le cose, ma poi ammettono due cose ingenite: Dio e la

materia; e affermano che la materia è coeterna a Dio. Ora, se la materia fosse ingenita,

sarebbe anche immutabile e uguale a Dio. Che cosa vi sarebbe di così grande, se Dio facesse il

mondo dalla materia? Anche un artefice umano, quando ha ricevuto la materia da un

altro, da essa fa qualunque cosa gli piaccia. La potenza di Dio, invece, appare perché dal nulla

fa tutto ciò che vuole (Teofilo di Antiochia)

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Quale sarebbe la materia increata e originaria del cosmo?

La chora = un sito virtuale indistinto… l’acqua (Talete) l’aria (Anassimene) Il fuoco (Eraclito) Innumerevoli materie (Anassagora) Democrito: atomi: unità piccolissime e indivisibili

che si combinano e fanno sorgere corpi e mondi nuovi “Alcuni pensano che il mondo è stato fatto di qualche

materia e non ex nihilo (Tertulliano) Giustino: “creazione a partire da una materia informe” Atanasio nella controversia ariana dirà che la

materia increata è un errore platonico contrario alla Sacra Scrittura (Oratio de Incarnatione Verbi, 2-3)

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Antecedenti nella Scrittura:

a) Creare-bara’ (Gn 1,1) - non afferma un “fare manuale”, che trasforma

una materia che già c’è- è fare qualcosa di interamente separato e

distinto da ogni antecedenza = nessun peso di anteriorità viene a gravare l’azione di Dio creatore

Soggetto di tale verbo è Dio esclusivamente LXX: non demiurghein, ma kitzein = verbo

che designa l’atto di volere fondamentale, precedente all’esecuzione e alla costruzione di qualcosa di materiale e concreto

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b) 2Mac 7,28: una madre di sette figli, di fronte al loro martirio, afferma: «ti scongiuro, figlio, contempla il cielo e la terra, osserva quanto vi è in essi e sappi che Dio li ha fatti non da cose preesistenti» (ouk ex onton)

Non è l’affermazione “tecnica” della creatio ex nihilo, ma semplicemente che prima della creazione il mondo non c’era.

Questo accenno, oltre al fatto che sarebbe eccessivo dal punto di vista ermeneutico indurre una dottrina a partire da un singolo versetto, per di più estrapolato dal contesto, è segno dell’influsso del vocabolario greco

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c) Gn 1,2: “La terra era informe e deserta” (tohu-wa-bohu) = è un dato neutro indeterminato; non si riferisce a qualcosa di concreto; è un mero simbolo richiesto per un minimo di rappresentazione per il nulla, per il non-ancora.

d) Gb 26,7: “Egli distende il settentrione sul vuoto e tiene sospesa la terra sul nulla”

e) Rm 4,17: “Dio…dà vita ai morti e chiama all’esistenza le cose che ancora non esistono” (ta ouk onta).

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Origine della formula ex nihilo (ex tou me ontos)

è di Erma: “Tu hai fatto passare tutte le cose dal nulla all’essere”

- dal II sec. è comune negli scritti dei padri contro i dualismi

- e nelle liturgie: “Tu hai tratto ogni cosa dal nulla all’esistenza, mediante il tuo unico Figlio” (Costituzioni apostoliche)

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Agostino:

1) Contro il manichesimomanichesimo, c’è un unico principio = la materia viene da Dio ed è buona:

“La fede retta è credere che Dio ha creato tutto dal nulla, perché se anche tutte le cose sono state formate dalla materia, questa stessa materia tuttavia è stata fatta dal nulla assoluto. Dio non è come i fabbri o qualsiasi altro artefice che non può fabbricare qualcosa se non ha da che cosa fabbricare”

2) Contro l’emanatismol’emanatismo: l’essere del mondo non deriva dall’essere di Dio, perché non si può introdurre in Dio il divenire: “Tutto esiste, perché Egli esiste, ma nulla esiste se non per sua libera decisione”, anche il tempo: “non c’era tempo prima che Dio avesse creato il tempo”, e neppure lo spazio c’era.

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Lo sforzo è di pensare un tipo di originetipo di origine che non era stata mai pensata e che sfugge più di ogni altra alla rappresentazione. Ecco i contenuti essenziali:

Dio non trae la creazione da una materia preesistente (sarebbe una forma di dualismo): tutta la creazione è buona

né dalla propria sostanza (una forma di panteismo) dunque crea dal nulla: non c’è nessun presupposto

esterno “nulla” non è la espressione mitica di un qualcosa (un

“materiale preesistente”), il nome dato ad un sostrato informe del mondo, a partire da una errata interpretazione di Gn 1,2: “la terra era informe e vuota”.

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Creazione ex nihilo vuol direCreazione ex nihilo vuol dire:Il dono dell’essere è libera azione creatrice di Dio è dovuta ad un eccesso (huperbolé) della bontà

divina (G. Damasceno) non da un bisogno presente in Lui o da un

condizionamento estraneo a Lui non è necessaria, dunque non è una

degradazione del divino: il mondo non è un “quaggiù decaduto da un disastro oscuro”

ma un mondo prezioso perché voluto come dono grazioso di Dio

ne conseguono: l’universalità della sovranità di Dio e della mediazione di Cristo rispetto a tutto ciò che esiste

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Alla fine dell’Antichità ex nihilo è una forma tecnica per specificare la relazione di creazione:

esempio:

Lo Spirito Santo non è creato perché non è ex nihilo

(Professione di fede di

Meginardo di Fulda – sec. IX)

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Critiche alla formula: Creatio est productio rei ex nihilo sui

et subiecti

- Concetto troppo impersonale della creazione (productio rei)

- Si riferisce all’inizio della creazione e non alla sua realtà permanente (productio)

- Non evita il pericolo di concepire l’ex nihilo come una ipostasi (il “nulla” è qualcosa)

- Rischio di pensare che l’attività creativa di Dio si riferisca soltanto alla sostanza statica e non all’attività e alla perfezione delle cose create

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Specificazioni “dell’implicito” nella formula

- Ex nihilo relativo = nulla relativamente a “cosa”? Alla creazione non precede il caos o qualche altra realtà

nessun dato ante-posto = una materia precedente

- Ex nihilo sui = il mondo non è nato da se stesso- Ex nihilo subiecti = si esclude una causa

materiale precedente L’unica realtà presupposta alla creazione è Dio

(artefice trascendente) non c’è qualcosa tra il mondo e Dio come causa

trascendente del mondo La formula è una formula tecnica negativa per

esprimere che Dio, sotto tutti gli aspetti, è l’autore di tutta la realtà: Non c’è niente con cui Dio abbia creato, niente che abbia esistenza fuori di Dio.

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Ma più importante è sottolineare non tanto che Dio crea a partire dal nulla ma che Dio crea a partire da Sé:

Il Padre Dio fondatore, il creatore, l’autore, fece tutte le cose da se stessoda se stesso, cioè mediante il

Verbo e la sua sapienza (Ireneo)

Il vero sfondo della teologia della creazione ex nihilo è il dato positivo che Dio non crea da nessuna altra realtà se non dal suo amoredal suo amore:

«Aperta la mano dalla chiave dell’amore, le creature vennero alla luce» (Tommaso d’Aquino, Liber Sententiarum,2,1,2,2,1)

Dal nulla non nasce nulla!

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Si evince qual è il compito “permanente” della cosmologia cristiana:

Il mondo creato è “legato e diverso” da Dio

1) Deve spiegare il mondo come creato (superando la sua particolarità), cioè legato e dipendente da Dio senza identificarsi con Lui:

tra Dio e il mondo non regna nessuna identità

che li renda uguali, che abbassi Dio al mondo (panteismo) o che elevi il mondo a Dio (pan-en-teismo, teopanismo)

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evitare:

• il pantesimopantesimo con il rischio di un’immersione fusionale del mondo nell’oceano della Divinità

• Il monismomonismo: Dio e il mondo sono la stessa realtà; al contrario c’è una assoluta superiorità di Dio sul mondo che conserva sempre la sua dimensione creaturale

• L’emanazionismoL’emanazionismo: bisogna affermare che tra Dio e il mondo non c’è nessuna continuità che consenta il derivare della terra da Dio (l’emanatistico farsi mondo da parte di Dio) o che Dio si formi elevandosi dalla terra (l’evoluzionistico divenire Dio del mondo)

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2) Deve distinguere, senza separare, il mondo da Dio

Bisogna evidenziare la presenza di Diopresenza di Dio in

tutte le cose che da lui ricevono il “loro essere pienamente se stesse”

evitare: • il cosmismocosmismo astratto, in cui l’essere del

mondo smarrisce il proprio legame con la Divinità

• il dualismodualismo: Dio e mondo sono due realtà a confronto, ma separate e non comunicanti

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Rilettura moderna della creazione de nihilo come “autoumiliazione di Dio”

J. Moltamann approfondisce l’idea della creazione dal nulla ricorrendo alla dottrina giudaico-cabalistica (qabbălâ = interpretazione) dell’autocontrazioneautocontrazione di Diodi Dio

AntecedenteAntecedente: la tesi si Isaak Luria dello ZimmumZimmum (= concentrazione e contrazione – ritirarsi in se stessi)

A partire dalla dottrina biblicadottrina biblica della shekinàh (= “gloria”): il Dio infinito può concentrare la propria presenza per abitare nel tempio

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Questa dottrina dell’autocontrazione di Dio è recepita nella teologia cristianateologia cristiana (N. Cusano, G. Hamann, E. Brunner, E. Stein) = la creazione ad opera di Dio è il primo atto di quell’autoumiliazione divina che ha conosciuto il punto vertice sulla croce di Cristo

Se Dio non vuole occupare da solo lo spazio dell’essere, deve creare spazio ad altri esseri. Ma facendolo, limita se stesso…la kenosis,

che conosce la sua acme sulla croce di Cristo, inizia già con la creazione del mondo

(E. Brunner)

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Dio si ritrae da se stesso in sé, per rendere possibile una creazione.

Quest’autoumiliazione divina antecedeantecede il suo agire creatore ad extraad extra. Dunque questo processo non non inizia nell’atto creatoreinizia nell’atto creatore col quale Dio si concede a questo mondo, ma ne rappresenta un presuppostopresupposto. L’amore creatore di Dio è L’amore creatore di Dio è fondato sul suo amore che si umilia, si fondato sul suo amore che si umilia, si abbassa, si rimpicciolisceabbassa, si rimpicciolisce

Nella creazione è già in atto l’autoalienazione di Dio che Fil 2 dice “svuotò – spogliò se stesso” (nella manifestazione gloriosa dei suoi attributi divini)

Già per creare il cielo e la terra Dio si è estrinsecato dalla sua onnipotenza e ha assunto da Creatore, l’immagine del servo.

Quale contributo alla visione cristiana della creazione dal nulla? “Dio crea quando fa-essere, quando am-mette e si ritrae” (J.

Moltmann)