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Antibiotici in zootecnia: abuso e farmacoresistenza Quando si usano antibiotici per il trattamento dei malattie infettive, la maggior parte dei batteri viene uccisa, ma una piccola percentuale di microrganismi può sopravvivere essendo divenuta resistente all’antibiotico utilizzato. Si tratta di un fenomeno in crescente espansione, a seguito del quale farmaci considerati in passato di prima scelta per il trattamento di specifiche infezioni attualmente non sono più efficaci e la farmacoresistenza è diventato un problema di estrema importanza nella tutela della salute pubblica. Nonostante la principale causa sia l’utilizzo umano (o meglio l’abuso), la metà circa degli antibiotici oggi prodotti è destinata alla zootecnia, con importanti implicazioni di tipo sanitario e ambientale. La zootecnia fa un uso massiccio di antibiotici, con ripercussioni significative sulla salute e sull’ambiente di Carmen C. Piras 42 n.28 | Dicembre 2012

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Antibiotici in zootecnia:abuso e farmacoresistenza

Quando si usano antibiotici per il trattamento dei malattie infettive, la maggior parte dei batteri viene uccisa, ma una piccola percentuale di microrganismi può sopravvivere essendo divenuta resistente all’antibiotico utilizzato. Si tratta di un fenomeno in crescente espansione, a seguito del quale farmaci considerati in passato di prima scelta per il trattamento di specifiche infezioni attualmente non sono più efficaci e la farmacoresistenza è diventato un problema di estrema importanza nella tutela della salute pubblica. Nonostante la principale causa sia l’utilizzo umano (o meglio l’abuso), la metà circa degli antibiotici oggi prodotti è destinata alla zootecnia, con importanti implicazioni di tipo sanitario e ambientale.

La zootecnia fa un uso massiccio di antibiotici,con ripercussioni significative sulla salute e sull’ambiente

di Carmen C. Piras

42 n.28 | Dicembre 2012

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Un po’ di storiaL’impiego di antibiotici in agricoltura è cominciato a partire dagli anni Quaranta in via del tutto sperimentale. Infatti, stu-di condotti in Gran Bretagna e Stati Uniti mostrarono che basse dosi di penicillina e tetraciclina fossero in grado di facilitare la crescita di suini e polli e che, in generale, la somministrazione di questi farmaci agli animali permettesse di renderli più produt-tivi. Proprio per questo motivo, a partire dagli anni Cinquanta, fu consentito in Gran Bretagna l’utilizzo di questi farmaci come promotori di crescita. Da allora, grazie alla possibilità di controllare la diffusione di infezioni negli allevamenti e di stimolare la crescita e la produttività, l’utilizzo degli antibiotici in zootecnia si espanse rapida-mente, raggiungendo quantitativi elevatis-simi. Nel 1995, oltre il 90% dei siti degli

Stati Uniti destinati alla produzione di pol-lame aveva impiegato mangimi contenenti antibatterici. Nel 1999 il 70% degli alimen-ti della dieta dei suini da allevamento con-teneva antibiotici. Nel 2001, The Union of Concerned Scientists ha stimato che circa il 70% della quantità totale di farmaci an-tibatterici degli Usa fosse destinata al trat-tamento non terapeutico del bestiame, un utilizzo circa otto volte superiore rispetto a quello osservato nella medicina umana.

Usi zootecniciIn zootecnia gli antimicrobici trovano di-verse applicazioni. Il principale impiego è rappresentato dal trattamento terapeutico di patologie o infezioni, che richiede dosi alte di farmaci per periodi di tempo rela-tivamente brevi. Gli antibatterici, però, possono anche essere utilizzati a scopo preventivo per evitare la diffusione di ma-lattie tra gli animali; in questo caso vengo-no somministrati a basse dosi e per periodi di tempo prolungati. Infine, possono esse-re utilizzati come promotori di crescita e, in quest’ultimo caso, la somministrazione avviene a dosi bassissime e per periodi di tempo molto lunghi, che spesso durano per gran parte della vita dell’animale. L’impiego di tali farmaci in zootecnia pre-senta, di conseguenza, numerosi vantaggi per i produttori. Infatti, permette il man-tenimento degli animali in buona salute, grazie alla prevenzione della diffusione delle infezioni. In secondo luogo, garanti-sce qualità ed efficienza nella crescita degli animali e nella produzione, costi contenuti grazie alla riduzione delle spese sostenute per curare comuni malattie di natura batte-rica e la possibilità di offrire ai consumatori prodotti ad un prezzo vantaggioso e com-petitivo.Tuttavia, l’utilizzo non terapeutico di que-sti farmaci, spesso attuato con dosi inferio-ri rispetto a quelle che sarebbero necessa-rie in terapia, è correlato alla diffusione di ceppi batterici resistenti, non soltanto tra gli animali, ma anche tra gli umani, che possono venire direttamente in contatto con queste specie microbiche attraverso capi infetti (una categoria a rischio è quella degli allevatori stessi), l’ambiente (acqua, suolo contaminati dalle deiezioni degli ani-mali) o l’assunzione di cibo contaminato. Diversi studi hanno dimostrato che gli alle-vamenti intensivi potrebbero essere la cau-sa dominante della proliferazione di ceppi batterici resistenti alla terapia antibiotica. Infatti, le condizioni in cui vengono tenuti gli animali in questo tipo di allevamenti, durante tutto il corso della loro vita, condu-cono ad uno stato di salute precario e faci-litano la diffusione di malattie e infezioni, che richiedono un tale trattamento terapeu-tico. Negli allevamenti intensivi di polli e suini, ad esempio, gli animali vengono cresciuti in condizioni di sovraffollamento, di solito senza possibilità di muoversi libe-ramente allo scopo di ottenere il maggior rendimento possibile, per farli crescere rapidamente o produrre più carne, latte o uova. Chiaramente in queste condizioni, la loro salute e il sistema immunitario sono

Contaminazione da antibiotici.[Immagine: Ministero della Sa-lute]

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compromessi, questo favorisce lo svilup-po e la diffusione di malattie infettive e, di conseguenza, senza l’aiuto dei farmaci somministrati a scopo preventivo, non sa-rebbe possibile mantenere la produttività dell’allevamento.Il nostro Ministero della Salute riporta le seguenti raccomandazione in merito all’uso zootecnico corretto degli antibiotici (dal manuale “ Biosicurezza e uso corretto e razionale degli antibiotici in zootecnia”):

• l’antibiotico dovrebbe essere scelto in base alla sensibilità della specie batte-rica bersaglio e somministrato a dosi e per le vie indicate nel foglietto illustra-tivo, come da registrazione;

• la scelta dei farmaci e delle vie di som-ministrazione dovrebbero essere basa-te su diagnosi certa, antibiogramma e sulle indicazioni fornite nel foglietto illustrativo, nonché da eventuali ulte-riori informazioni disponibili aggior-nate in relazione a farmacocinetica e farmacodinamica;

• gli antibiotici dovrebbero essere usati in funzione dell’esito previsto come ad esempio l’eliminazione di un agen-te infettivo;

• monitorare periodicamente la sensi-bilità in vitro e la risposta terapeutica, specialmente per la terapia di routine;

• usare l’antibiotico a spettro più stretto e con la più alta efficacia in vitro nei confronti della specifica specie batte-rica;

• gli antibiotici dovrebbero essere usati nella posologia più appropriata e per il tempo necessario affinché il sistema immunitario possa eliminare il pato-geno;

• gli antibiotici che non vengono utiliz-zati in medicina umana dovrebbero es-sere quelli di prima scelta in medicina veterinaria, rispetto a molecole della stessa classe di quelle usate in medi-cina umana;

• utilizzare sempre prodotti registrati per il trattamento della malattia spe-cifica;

• la contemporanea somministrazione empirica di farmaci diversi e in parti-colare dei “cocktail di antibiotici” do-vrebbe essere evitata;

• l’uso locale dell’antibiotico deve es-sere generalmente preferito a quello sistemico ogni volta che ciò è terapeu-ticamente appropriato;

• il trattamento di casi cronici dovrebbe essere evitato, qualora si prevedano scarse possibilità di successo;

• evitare l’uso di antibiotici quando non

GLI ALLEVAMENTI INTENSIVI Gli allevamenti intensivi sono nati negli Stati Uniti dopo la seconda guerra mondiale allo scopo di garantire cibo alla popolazione nel periodo postbellico. Così, i produt-tori avevano la possibilità di allevare gli animali a costi contenuti e di vendere carne e derivati a prezzi bassi, in tempi brevi e in grosse quantità. Tutto questo a spese del-le povere bestie, che negli allevamenti di questo tipo vivevano, e vivono ancor’oggi, in condizioni di sovraffollamento (basti pensare alle galline ovaiole che dentro alle loro gabbie non possono neanche aprire le ali), respirano le esalazioni dei loro stessi escrementi, contenenti elevati residui di ammoniaca nel caso delle galline e metano nel caso dei bovini, possono compiere soltanto movimenti limitatissimi, con conse-guente indebolimento di ossa e muscoli, e sono esposti per periodi di tempo prolun-gati durante tutto l’arco della giornata alla luce artificiale. Questi animali, sottoposti a delle condizioni di vita completamente diverse da quelle che avrebbero in natura, sono fortemente predisposti all’insorgenza di patologie, spesso di origine batterica. L’utilizzo di antibiotici negli allevamenti, quindi è divenuto necessario per evitare la trasmissione di malattie e l’insorgenza di infezioni, che in condizioni naturali avrebbe-ro un’incidenza molto più bassa.

Il rapporto “Rischio sanitario degli allevamenti intensivi - Resistenza agli antibiotici e nuove malattie”, realizzato dalla LAV (Lega AntiVivisezione) nel 2010, ha messo in evidenza le condizioni degli animali in questo tipo di allevamenti. Dal rapporto è emerso che ogni gallina ovaiola vive in uno spazio medio di 550 cm2, dove gli è impos-sibile compiere qualunque tipo di movimento, con conseguente fragilità delle ossa, che possono facilmente rompersi. I polli da carne, invece, devono sopravvivere in uno spazio addirittura inferiore. Basti pensare che ogni metro quadrato è occupato da circa venti polli, che durante i mesi estivi rischiano di perdere la vita a causa del surri-scaldamento e dello stress provocato dal caldo.

I vitelli, dopo essere stati prematuramente allontanati dalle mamme per essere trasfe-riti in stalle dove possono compiere solo movimenti molto limitati, vengono alimen-tati con una dieta povera di ferro, per far sì che la carne resti bianca e tenera. Le con-dizioni igieniche sono molto precarie e, spesso, si ammalano a causa dell’ammoniaca che esala dagli escrementi accumulati sui pavimenti. Le bovine lattifere vengono co-strette a produrre quantità sproporzionate di latte rispetto a quelle che produrreb-bero in condizioni normali (fino a 40 litri di latte al giorno) e questo porta spesso alla comparsa di mastiti, che richiedono trattamenti terapeutici farmacologici. Costrette anch’esse a vivere in spazi ridottissimi, sviluppano fragilità muscolare e, sottoposte a forti condizioni di stress per tutta la vita, queste bestie, che in natura vivrebbero fino a 40 anni, sopravvivono solo per 7/8 anni, dopodiché vengono avviate al macello.

Queste condizioni di vita fortemente stressanti per gli animali portano necessaria-mente ad un cattivo stato di salute e fanno sì che per la sopravvivenza degli animali, farmaci come gli antibiotici, che in condizioni migliori di allevamento sarebbero inutili, divengano assolutamente indispensabili.

Un allevamento intensivo di polli in Florida, Usa.

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è necessario (es. malattie non infettive, infezioni virali, infezioni autolimitan-ti);

• i protocolli chirurgici dovrebbero en-fatizzare l’utilizzo di rigide procedure di asepsi in luogo della profilassi me-dica basata sull’impiego degli antibio-tici.

Residui nell’ambienteIl problema della gestione dei reflui zootec-nici contaminati da residui di farmaci è di fondamentale importanza nella conduzione di un allevamento ed esistono delle specifi-che normative in materia. In particolare, le disposizioni nazionali sono dettate nel D. Lgs. 152 del 1999 sulla tutela delle acque dall’inquinamento e dalle direttive comu-nitarie 91/271/CEE e 91/676/CEE. Di no-tevole importanza è anche il D. Lgs. 372 del 1999, che prevede l’adozione di misu-re aventi lo scopo di ridurre le emissioni nell’ambiente e nelle acque da parte di impianti adibiti ad allevamenti intensivi di suini e pollame. Questo decreto legislativo prescrive anche l’acquisizione di apposita autorizzazione da parte dell’organo com-petente per gli impianti destinati al tratta-mento dei reflui.Per un corretto smaltimento, è fondamen-tale per l’allevatore conoscere la quantità di letame prodotta dalla propria azienda; in questo modo può ottimizzare le proprie capacità di stoccaggio e trattamento ai sen-si della normativa vigente. È necessario quantificare la produzione dell’allevamen-to a seconda della sua tipologia e della sta-bulazione a cui sono sottoposti gli animali. In secondo luogo, è importante determina-re le caratteristiche chimiche dei liquami e del letame al fine di scegliere le tecnolo-gie più adatte. I fattori che influenzano la composizione dei reflui sono rappresentati principalmente da alimentazione, condi-zioni fisiologiche dell’animale e razza.

Esistono diverse tecniche di trattamento, tra cui:1. Stoccaggio. Questa tecnica richiede

un periodo di tempo di 180 giorni (il tempo di permanenza dei liquami nei contenitori deve essere almeno di 90 giorni) ed è molto utile per gli alleva-tori, tenendo conto dell’impossibilità di effettuare lo spandimento in certi periodi dell’anno per impraticabilità del terreno o presenza di colture. Se i tempi sono rispettati, lo stoccaggio comporta un abbassamento della cari-ca patogena dei liquami.

2. Vagliatura + Stoccaggio. Anche in questo caso è necessario un periodo di tempo di 180 giorni, ma il processo di stoccaggio è preceduto da una fase di vagliatura, che permette di separare le frazioni solide grossolane. Esistono tre tipi di vagli: i vagli rotativi, che per-mettono di avere una rimozione del 20-25% della frazione solida; i vibro-vagli, che hanno un’efficienza simile ai vagli rotativi; i vagli statici, che con-sumano una minor quantità di energia, ma sono più lenti e spesso soggetti ad occlusione delle fessure della griglia.

3. Vagliatura + Sedimentazione + Stoc-caggio. In questa tecnica di tratta-mento, in seguito alla vagliatura viene effettuato un processo di separazione delle particelle fini per sedimenta-zione, che permette di ottenere una frazione densa sotto forma di fango. Possono facilitare la sedimentazione prodotti chimici come calce, cloruro ferrico e di alluminio e polielettroliti organici.

4. Centrifugazione + Stoccaggio. In que-sto caso lo stoccaggio è preceduto da una separazione meccanica delle fra-zioni solide per centrifugazione, che presentano un tenore di sostanza secca del 20-28%, che contiene il 20-35% dell’azoto e il 60-70% del fosforo pre-senti nel liquame di partenza.

5. Centrifugazione + ossigenazione + stoccaggio. Questa tecnica prevede, invece, che sul residuo della centrifu-gazione venga effettuata un’ossigena-zione discontinua della durata di 4-8 ore al giorno per la deodorazione e la parziale stabilizzazione del liquame.

6. Vagliatura + Sedimentazione + Os-sigenazione + Stoccaggio. In questo caso è previsto un processo di sedi-mentazione dopo la vagliatura.

7. Centrifugazione + Depurazione + Stoccaggio. Sul liquame chiarificato viene effettuato un trattamento depu-rativo caratterizzato da una serie di reazioni di ossidazione, nitrificazione, denitrificazione e fosfatazione, per ri-durre il carico di carbonio, di azoto e fosforo. Segue un periodo di stoccag-gio di 180 giorni, seguito da fertirri-gazione.

8. Compostaggio dei solidi. Questa tec-nica permette il recupero produttivo dei residui di natura organica, che vengono trasformati in un prodotto stabilizzato. Questo avviene grazie alla decomposizione ossidativa della sostanza organica ad opera di micror-ganismi aerobi a carico di un substrato

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di partenza, ottenuto con l’aggiunta di residui cellulosici detti coformulanti, come paglia, segatura, trucioli, residui legnosi, che permettono di aumentare il contenuto di sostanza secca e di car-bonio. Questo processo è composto da due fasi. La prima è definita fase bios-sidativa o termofila ed è caratterizzata da un attacco da parte dei microbi alle molecole più facilmente degradabili. Questo causa un aumento della tempe-ratura interna della massa fino a 60-70 °C e permette così l’igienizzazione del prodotto. La seconda fase è definita, invece, di maturazione o stabilizzazio-ne e procede più lentamente.

La farmacoresistenzaTutto questo ha delle conseguenze sulla sa-lute umana. La diffusione della resistenza ai farmaci antibatterici, infatti, può portare, nel caso in cui, ad esempio, venga contrat-ta un’infezione, al fallimento della terapia antibiotica iniziale e ad una più limitata di-sponibilità di farmaci efficaci e, quindi, a infezioni che risultano più gravi e difficili da trattare. Inoltre, questo comporta una maggiore probabilità di contrarre malattie infettive, che vengono trattate con farmaci meno mirati, più costosi e con effetti colla-terali potenzialmente gravi per il paziente. Particolarmente a rischio sono i bambini e pazienti affetti da altre malattie, con un si-stema immunitario indebolito.Oltre ciò, l’utilizzo di farmaci antimicrobi-ci negli allevamenti facilita l’insorgenza di infezioni di origine alimentare resistenti al

trattamento con anti-batterici. Infatti, l’uso eccessivo di antibioti-ci favorisce la crescita di batteri antibiotico-resistenti, tra cui quel-li dei generi Campy-lobacter, Salmonella e alcuni Escherichia che possono provoca-re gravi intossicazioni alimentari (vedi anche Green n. 24, pagg. 34-41). Questo ha anche portato a nuovi ceppi

batterici resistenti a più farmaci, che in pas-sato non avevano legami con l’alimenta-zione. A titolo esemplificativo si può citare il caso dello Staphylococcus aureus Meti-cillino-Resistente (MRSA) che può essere trasmesso all’uomo attraverso il contatto con gli animali o l’ingestione di alimenti contaminati.

Da questo punto di vista, la situazione è più grave di quanto si pensi. La Commis-sione europea stima che ogni anno circa 25mila pazienti muoiano a causa di infe-zioni causate da microrganismi resistenti, con costi sanitari che ammontano a più di 1,5 miliardi di euro all’anno. Negli Stati Uniti sono, invece, circa 60mila i decessi annuali dovuti a queste infezioni che solita-mente sono più severe, durano più a lungo e hanno maggiori probabilità di portare al ricovero ospedaliero e, in alcuni casi, an-che alla morte. Il problema è particolarmente grave nei Paesi più poveri, dove le condizioni igie-niche sono precarie e non sono disponibili laboratori di microbiologia che possano effettuare analisi in maniera efficiente e in tempi brevi. Studi condotti in Brasile e Messico hanno dimostrato come bambini che non erano mai stati precedentemente trattati con antibiotici avessero acquisi-to infezioni di origine alimentare causate da batteri resistenti, molto probabilmente come risultato dei residui di antibiotici pre-senti nel pollame. Inoltre, ceppi batterici resistenti a farmaci antimicrobici utilizzati esclusivamente ne-gli animali, si sono rivelati in grado di resi-stere anche a trattamenti terapeutici con an-tibiotici usati nell’uomo (vedi Green n. 25, pagg. 18-31). Un esempio è rappresentato dai fluorichinoloni. Fa parte di questa fa-miglia l’enrofloxacin, che viene utilizzato per trattare le infezioni del tratto respirato-rio e digestivo nel pollame. La sua sommi-nistrazione nei polli a scopo preventivo è responsabile dell’aumento della resistenza batterica ad un altro composto della stessa famiglia, il ciprofloxacin, utilizzato invece nell’uomo per il trattamento di infezioni severe da Campylobacter spp. e Salmonel-la spp. Un esempio analogo è quello del ceftiofur, una cefalosporina di terza generazione im-piegata per combattere le infezioni batteri-che nei suini. L’utilizzo di questo farmaco negli animali da allevamento è correlato allo sviluppo di resistenza nei confronti di altri due farmaci appartenenti alle cefalo-sporine di terza generazione, il cefotaxi-me e il ceftriaxone, usati come farmaci di prima scelta per il trattamento di infezioni severe causate da Salmonella spp. nei bam-bini. Altri medicinali che possono essere presi in considerazione a titolo esemplificativo sono la spiramicina e la tilosina, che fanno parte della famiglia dei macrolidi. Questi due antibiotici venivano utilizzati in passa-to come promotori di crescita e attualmente la tilosina è ancora utilizzata nell’Unione

Stafilococchi MRSA visti al mi-croscopio elettronico a scansione in falsi colori.

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europea per la prevenzione, il controllo e il trattamento delle infezioni nei maia-li. La somministrazione di questi farmaci agli animali sembra sia stata responsabile dell’insorgenza di ceppi batterici resisten-ti all’eritromicina, farmaco che nell’uomo viene utilizzato per il trattamento di infe-zioni del tratto respiratorio o di intossica-zioni alimentari come quelle causate da Campylobacter spp.

Misure di contenimentoI rischi legati all’utilizzo di farmaci anti-batterici negli animali da allevamento sono emersi già a partire dagli anni Sessanta,

quando gli scienziati scoprirono che la resi-stenza agli antibiotici può essere trasferita da una specie all’altra e questo fu un primo campanello d’allarme. Con il passare del tempo, studi più approfonditi hanno con-dotto ad una preoccupazione sempre mag-giore e dal 1990, gli allevatori e le autorità di regolamentazione sono stati messi sem-pre più sotto pressione da parte di esperti e cittadini affinché l’uso di antibiotici negli animali da allevamento venisse monitorato e ridotto. La Direttiva CEE 524/70 autorizza l’im-piego degli antibiotici negli animali da allevamento, purché il livello di additivo presente non possa risultare dannoso o rischioso per la salute degli animali stes-si e/o dell’uomo. Tuttavia, a seguito delle crescenti preoccupazioni legate all’utiliz-zo improprio ed eccessivo di tali sostanze, nel 1998 con il regolamento CE 2821/98, la Comunità europea ha deciso di mettere al bando l’utilizzo di quattro antibiotici come promotori di crescita: virginiamici-na, spiramicina, fosfato di tilosina e zinco bacitracina. Successivamente, nel 2003, il Regolamento CE 1831/2003 ha sancito il divieto dell’uso di antibiotici a fini non terapeutici dei restanti antimicrobici usati come promotori di crescita (divieto appli-cato a partire dal 2006).

Gli organismi di tutelaAttualmente diversi Organismi internazio-nali intervengono nel controllo dell’uti-lizzo di antibatterici negli animali da alle-vamento; uno di questi è l’OIE, la World Organization for Animal Health, un’agen-zia intergovernativa responsabile della sa-nità animale nel mondo. Accanto a questo, svolge un ruolo importantissimo l’EMA, l’European Medicines Agency, che ha isti-tuito al suo interno il SAGAM, lo Scien-tific Advisory Group on Antimicrobials, il quale è formato da esperti di microbiologia clinica e biologia molecolare e fornisce all’Agenzia supporto scientifico per la va-lutazione di aspetti relativi alle procedure di autorizzazione riguardanti medicinali veterinari contenenti antibiotici come prin-cipi attivi.La Direttiva CE 2003/99, recepita con il D. Lgs. 191/2006, ha sancito inoltre l’obbligo di attivare dei sistemi di sorveglianza della resistenza agli antibatterici e della diffu-sione delle zoonosi. Per questo motivo, i dati relativi alle zoonosi vengono raccolti dall’EFSA, l’Autorità Europea per la Si-curezza Alimentare con sede a Parma, che redige un report annuale. I dati relativi al

L’ESEMPIO DELLA SVEZIA Il problema della resistenza ai farmaci antibatterici è fortemente sentito in Svezia, che già dal 1980 ha raccolto dati sul consumo di antibiotici in ambito veterinario e che nel 1986 è stata il primo Paese europeo a vietare l’utilizzo degli antibiotici come promo-tori di crescita. Il divieto è stato emanato in seguito alla pubblicazione di un report nel 1984 in cui si affermava che l’utilizzo di questi farmaci negli allevamenti ammontava a circa 30 tonnellate annue ed è stato espressamente richiesto dagli allevatori svedesi.

Questo divieto, dagli anni Ottanta al 2009 ha portato ad una tangibile riduzione dell’impiego di antimicrobici, che è sceso da 45 a 15 tonnellate. Uno dei fattori chiave del successo della Svezia in questo campo è sicuramente rappresentato dal fatto che vengano continuamente raccolti e aggiornati i dati relativi all’utilizzo degli antibatteri-ci in zootecnia; infatti, in questo modo, la situazione viene costantemente monitorata e questo permette di rendersi conto facilmente e in tempi brevi se è necessario pren-dere dei provvedimenti e quali.

L’Istituto Veterinario Nazionale svedese (The National Veterinary Institute, SVA) ha raccolto dati sull’utilizzo veterinario degli antibiotici a partire dagli anni Ottanta ed è attualmente anche responsabile dei controlli sull’antibiotico-resistenza e della pro-mozione dell’utilizzo razionale di tali farmaci. I dati raccolti dallo SVA vengono pubbli-cati dal 2000 su SVARM - Swedish Veterinary Antimicrobial Resistance Monitoring, un report annuale liberamente scaricabile dal sito internet dell’Istituto. Questi dati sono molto precisi e includono quasi il 100% degli antibiotici venduti, ma non comprendono i farmaci per uso umano che possono essere somministrati anche agli animali.

Anche in Svezia, così come in Italia, i farmaci antibiotici destinati agli animali possono essere venduti solo dietro prescrizione medica, tuttavia, in Svezia le prescrizioni ven-gono effettuate elettronicamente. Il veterinario (o il medico nel caso dei medicinali per uso umano) inserisce i dati della prescrizione su un sistema nazionale compute-rizzato e li rende così disponibili a tutte le farmacie nazionali. L’acquirente può quindi ritirare il medicinale prescritto in qualunque farmacia. Questo, oltre ad essere molto comodo per tutti i pazienti, permette anche alle farmacie di fornire allo SVA, giornal-mente e in maniera semplice e rapida, i dati relativi alle vendite di antibatterici, che vengono poi utilizzati per effettuare studi ed elaborare statistiche.

Le industrie responsabili della produzione di mangimi possono aggiungere antibiotici ai mangimi prodotti solo dopo essere stati autorizzati dal Consiglio Svedese dell’Agri-coltura (The Swedish Board of Agriculture, SBA), che controlla ogni anno le quantità di antimicrobici utilizzate. Lo SBA può rilasciare la stessa autorizzazione, dopo aver effettuato dei controlli, anche ad aziende agricole; il produttore munito di autorizza-zione (più la prescrizione veterinaria, nel caso di aziende) può normalmente acquista-re i medicinali in farmacia.

Oltre alla continua raccolta di dati sul consumo di antibiotici, allo scopo di ridurre la trasmissione di malattie infettive tra gli animali e la diffusione della resistenza agli an-tibatterici, sono state messe a disposizione di agricoltori e allevatori delle linee guida sulle condizioni di allevamento, l’alimentazione, la salute e l’igiene degli animali negli allevamenti.

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consumo umano di farmaci antibiotici e alla diffusione della resistenza sono, inve-ce, raccolti dall’ECDC, lo European Cen-tre for Disease Prevention and Control, di cui fa parte il sistema EARS-Net (Sistema Europeo di Sorveglianza dell’antibiotico-resistenza), che monitora la diffusione del problema nei diversi Paesi europei, mentre

l’EMEA, fornisce dei report annuali sul consumo di antibiotici in zootecnia.In Italia il compito di verificare l’applica-zione della legislazione europea per quanto riguarda la somministrazione di antibiotici agli animali da allevamento, spetta al Mi-nistero della Salute, che ha pubblicato un manuale contenente delle linee guida per il corretto utilizzo dei farmaci antibioti-ci in zootecnia (http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_1683_allegato.pdf) e che sta coordinando l’attività di rac-colta dei dati di vendita dei medicinali ve-terinari da parte dei titolari di autorizzazio-ne all’immissione in commercio (AIC). La valutazione della resistenza agli antibiotici viene, invece, effettuata dagli Istituti Zoo-profilattici Sperimentali, che offrono anche servizi diagnostici per quanto riguarda le malattie degli animali e le zoonosi.Attualmente in Italia sono disponibili, in diverse forme di somministrazione, nume-rose categorie di antibiotici per uso vete-rinario (tra cui amminoglicosidi, cefalo-sporine, chinoloni, macrolidi, penicilline, amfenicoli, pleuromutiline, polipeptidi, ionofori, sulfamidici e tetracicline), che possono essere somministrati agli animali sotto forma di boli, aggiunti all’acqua o al mangime, iniettati o applicati topicamente. A livello legislativo, ai sensi dell’art. 108

comma 9 del D. Lgs. 193/2006, vi è l’ob-bligo di impiegarli in maniera responsabile e solo dietro prescrizione medica veterina-ria; infatti l’uso improprio dei medicinali veterinari (inteso anche come abuso o uti-lizzo non corretto) è sanzionabile.

Consumo di antibiotici in zootecnia

Considerando la recente introduzione del divieto comunitario sull’utilizzo di farmaci antibatterici come promotori di crescita e le diverse politiche legislative statali ap-plicate precedentemente nei Paesi europei, c’è da chiedersi quale sia effettivamente l’attuale impiego di questi medicinali negli animali da allevamento. In realtà, non si hanno a disposizione dati precisi sulle tendenze del consumo com-plessivo di antibiotici in Europa. Tuttavia, nell’ottobre del 2011, la Commissione per l’Ambiente del Parlamento Europeo ha di-chiarato che, nonostante il divieto dell’uso degli antibiotici come promotori di cresci-ta, non sembrerebbe esserci stata una signi-ficativa riduzione dell’impiego di antibioti-ci in ambito veterinario, che continuano ad essere utilizzati a scopo di profilassi. Nel 2011 le stime pubblicate dall’EMEA per Repubblica Ceca, Danimarca, Finlandia, Francia, Paesi Bassi, Norvegia, Svezia, Regno Unito e Svizzera - che tengono de-gli appositi registri sull’utilizzo dei farmaci antimicrobici - hanno mostrato una ridu-zione media del consumo dal 2005 al 2009 solo dell’8,2%; riduzione molto bassa se si considera la gravità della situazione. Inoltre, si è contemporaneamente osserva-to uno scambio dei ruoli: un aumento degli impieghi “terapeutici” di alcuni farmaci solitamente utilizzati a scopo preventivo, mentre per quest’ultimo fine recentemen-te sono stati impiegati composti prece-dentemente classificati come promotori di crescita. Uno di questi è la tilosina, che è stato vietato dall’Unione europea, ma che altrove è ancora somministrato ai suini per prevenire e controllare l’enterite e ai polli per prevenire infezioni respiratorie. Altri antimicrobici, invece, come il lasalocid, monensin e salinomicina - definiti coc-cidiostatici (farmaci in grado di inibire la crescita dei protozoi) - vengono aggiunti agli alimenti degli animali per lunghi pe-riodi e possono ugualmente contribuire alla diffusione dell’antibiotico-resistenza, sen-za considerare il fatto che negli stabilimen-ti dove vengono prodotti questi medicinali possono contaminare anche altri mangimi

L’ECDC, l’European Center for Disease Control, ha sede a Stoc-colma, in Svezia.

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Antibiotici in zootecnia Abuso e farmacoresistenza

(contaminazione crociata).L’utilizzo dei promotori di crescita, in real-tà rimane un problema diffuso anche negli Stati Uniti, oltre che nei Paesi meno indu-strializzati.

Riflessioni conclusiveNonostante gli antibatterici possano venire somministrati impropriamente agli animali

da allevamento, in caso di necessità è giu-sto utilizzare questi farmaci, purché lo si faccia in maniera responsabile. L’uso degli antibiotici, infatti, dovrebbe avvenire dopo aver effettuato un antibiogramma dai bat-teri isolati o basandosi su informazioni epi-demiologiche relative alla sensibilità dei batteri patogeni. Sarebbe anche preferibile impiegare medicinali che non trovano ap-plicazioni nella medicina umana; da questo punto di vista bisognerebbe porre partico-lare attenzione quando si somministrano cefalosporine di terza o quarta generazione o fluorochinoloni e chinoloni. Oltre ciò, per ridurre la diffusione di ceppi batterici resistenti e preservare l’efficacia di alcu-ni medicinali sarebbe preferibile evitare l’utilizzo di streptogramine o glicopeptidi efficaci in maniera specifica nei confronti di MRSA. È anche fondamentale evita-re l’utilizzo di farmaci ad ampio spettro d’azione, ma preferire quelli più selettivi, per ridurre l’esposizione a queste sostanze di microrganismi che non sono il bersaglio principale, e rispettare sempre la posologia, i tempi e le modalità di somministrazio-ne indicati nel foglietto illustrativo. L’uso topico, qualora possibile, ad esempio, an-drebbe preferito alla somministrazione per

Prescrizioni per animali da reddito Prescrizioni per mangimi medicati

Prescrizioni per scortedi strutture di cura

veterinariePrescrizioni per scorte

per impianti d'allevamentoTotale

per regione

"Art. 11 D. Lgs.

193/2006 (uso in

deroga)"

"Artt. 4 e 5 D. Lgs.

158/2006"Altre Totale Uso in

deroga Altre Totale Farmaci per uso umano

Altre Totale Da reddito

Da compagnia

Ippodromi, maneggi, scuderie

Altro Totale

Emilia R. 125 47 67.826 67.998 4.429 11.017 15.446 212 16.314 16.526 10.505 668 210 3.380 14.763 114.733

Toscana 203 11 24.360 24.574 0 232 11.381 11.613 1.065 210 341 486 2.102 38.289

Liguria 1.468 1.468 11 4 15 661 2.200 2.861 63 36 2 55 156 4.500

Val d'Aosta 0 0 0 0 18.923

Lombardia

Piemonte 1.700 160 54.245 56.105 5.960 17.140 23.100 825 13.676 14.501 5.812 192 258 12.904 19.166 112.872

Veneto

Friuli V.G. 5.734 50 1.209 6.993 2.065 2.757 4.822 4 577 581 1.216 95 28 0 1.339 13.735

Trento

Bolzano 3 4.537 4.540 6 6 1.860 1.860 58 1 0 59 6.465

Lazio 8 19 17.580 17.607 651 651 754 10.424 11.178 934 124 764 0 1.822 31.258

Umbria 23 11.140 11.163 568 735 1.303 36 773 809 395 74 7 1.318 1.794 15.069

Marche 61 29 11.649 11.739 177 918 1.095 44 2.168 2.212 610 30 3 0 643 15.689

Abruzzo 3 3 9.357 9.363 359 588 947 70 1.232 1.302 421 105 1 0 527 12.139

Campania 591 300 5.098 5.989 245 1.025 1.270 102 1.049 1.151 1.756 1.112 61 145 3.074 11.484

Molise 16 6.122 6.138 6 113 119 0 243 243 112 110 1 0 223 6.723

Calabria

Puglia 392 5 12.341 12.738 99 461 560 393 3.996 4.389 1.091 83 69 15 1.258 18.945

Basilicata 625 29 7.683 8.337 0 469 469 0 378 378 191 17 30 0 238 9.422

Sicilia 12.925 12.925 588 588 849 849 45 45 14.407

Sardegna 42.585 42.585 496 496 2.156 2.156 199 24 0 0 223 45.460

Totale nazionale 9.445 692 290.125 300.262 13.919 36.968 50.887 3.333 69.276 72.609 13.923 2.213 1.565 18.348 47.432 490.113

Consumo di antibiotici ad uso ve-terinario. Numero delle prescri-zioni registrate in Italia nel 2010.[Fonte: Ministero della Salute]

Numero medio di prescrizioni di antibiotici per allevamento in Italia nel 2010.[Immagine: Ministero della Sa-lute]

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Antibiotici in zootecnia Abuso e farmacoresistenza

via sistemica. Infine è importante segnalare immediatamente alle autorità competenti la mancata risposta dell’animale ad un tratta-mento terapeutico.Inoltre, per ridurre la necessità di sommini-strare farmaci antibiotici in zootecnia è in-dispensabile migliorare le condizioni in cui gli animali vengono allevati. Infatti, in tanti casi, allevando il bestiame in buone con-dizioni e osservando le norme igieniche, si potrebbe evitare l’utilizzo di antibiotici a scopo preventivo. Sovraffollamento e stress abbassano le difese immunitarie e offrono una base perfetta per la diffusio-ne di infezioni batteriche, che potrebbero essere notevolmente ridotte, se si evitasse-ro gli allevamenti intensivi. Per ridurre la trasmissione delle infezioni, sarebbe anche utile evitare di allevare assieme animali

che abbiano provenienze diverse e cercare di far avvenire in maniera ottimale lo svez-zamento, che, se mal gestito, può causare ulteriore stress. Un altro fattore nocivo è rappresentato dai viaggi, spesso lunghi e responsabili di un aumento della suscetti-bilità alla contrazione delle malattie. Cercare quindi di allevare gli animali in condizioni di benessere e mirare a produ-zioni di alta qualità, oltreché ridurre o eli-minare del tutto l’utilizzo di antibiotici a scopi non terapeutici, potrebbe portare ad enormi miglioramenti per quanto riguarda la resistenza agli antibatterici e la trasmis-sione di malattie infettive, senza grosse ripercussioni economiche per i produttori.

Carmen C. Piras

Esemplari di mucche (Bos tau-rus, famiglia Bovidae) della raz-za Simmental, originaria della Svizzera, allevate all’aperto.[Immagine: Richard Bartz, Ma-kro Freak Munich, Wikipedia Commons, 2007]

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