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anno LXXXIV - numero numero 2 marzo 2010 Periodico della Parrocchia di San Giovanni Battista in Monza Poste Italiane Spa - Spedizione in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 2, DCB Milano il duomo

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anno LXXXIV - numeronumero 22 marzo 2010

Periodico della Parrocchia di San Giovanni Battista in MonzaPoste Italiane Spa - Spedizione in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 2, DCB Milano

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Siamo entrati nel cammino quaresimale dopo aver celebrato ed illuminato alcuni aspetti fondamentali dell’esistenzaumana: la famiglia, la vita, la salute e la malattia ed il lavoro quotidiano. Sono realtà che, al di là del momentocelebrativo, invitano tutti, con particolare urgenza, a prendersi cura di ogni loro aspetto e condizione. Esprimonosituazioni di vita capaci di far sorgere disponibilità d’impegno e vocazioni specifiche, perché normalmente richiama-no ricchezze e povertà, gioie e dolori, fatiche e speranze che animano e danno senso non solo alla sfera personale dellavita, ma caratterizzano in modo evidente il volto e l’agire di una comunità e città. Purtroppo, talvolta, invece d’essererichiamo esplicito ad unire forze, intelligenze, energie culturali ed operative, questi ambiti e momenti di vita, posso-no anche creare divisioni, lacerazioni, strumentalizzazioni e regressi in quel cammino di progettualità fiduciosa nellareale possibilità dell’uomo e della società di generare e creare una vita migliore e più gioiosamente condivisa.

Camminiamo verso la Pasqua di Gesù, che ha come meta la vita nuova dei risorti in Cristo, portando nel cuore esulle spalle, tutto il bagaglio e le attrezzature spirituali indispensabili perché anche la prossima Pasqua comunichi adogni persona la speranza di una pienezza di vita che la grazia di Dio desidera riversare in ogni persona, in ogni fami-glia e nell’anima di ogni città.Entriamo in questo cammino con lo stile e l’attenzione premurosa che talvolta vedo espressi nel gioioso e solo appa-rentemente caotico trambusto di una “famiglia numerosa” che si prepara per un viaggio. Quando devo prepararmi perun viaggio io sono abituato a concentrarmi solo su ciò che serve a me, e quindi dedico solo poco tempo a tale prepa-razione, con la quasi certezza di arrivare alla meta e scoprire che qualcosa manca. Rimango quindi sempre positiva-mente stupito, quando vedo questa famiglia che si prepara ad un viaggio; breve o lungo non mi pare cambi molto.Guardo con curiosità e simpatia papà e mamma, e qualche volta anche i figli “maggiori”, occuparsi del tutto e del par-ticolare, anche se non sempre si riesce ad accontentare tutti e ciascuno...

Come parroco sento il bisogno di assomigliare un po’ di più a questi genitori e vorrei tanto pensare e vivere il cammi-no quaresimale con la disponibilità e la cura che nasce dalla conoscenza di tutti e di ciascuno... Questo non è con-cretamente possibile, ma credo che l’attenzione e la premura debbano sempre più prendere l’esempio da questa con-cretezza di vita familiare, variegata e complessa nella sua composizione, ma normalmente amalgamata da quell’atten-zione reciproca che nasce dalla fatica e dalla gioia di una convivenza accolta, cercata e costruita ogni giorno, così dagenerare quelle buone abitudini alla preghiera in famiglia, ai segni concreti di digiuno e penitenza che possono edu-care la volontà di ciascuno, ai richiami semplici e costanti a non sciupare ciò che è scoperto e va custodito come donodi Dio, offerto a ciascuno perché tutti possano godere del necessario per vivere, per crescere e per volersi più bene.

Questo credo sia anche l’insegnamento di Gesù che ha, lui pure, accettato di assoggettarsi alla “prova-sfida” di saperrinunciare all’immediatezza delle urgenze umane del pane, dell’apparire e del potere per aiutarci a tendere alla pienez-za della vita con le virtù dell’ascolto, dell’adorare solo Dio per amore e non le cose, solo per meglio goderle, della spi-ritualità che cerca il rivelarsi di Dio in Gesù, che dona la vita nell’attenzione ai piccoli ed ai poveri e non nelle spetta-colari manifestazioni della potenza di Dio che sembrano garantire le nostre pretese ostentazioni di fede e di superficia-le e legalistica moralità esibita.

Benedica il Signore il nostro cammino quaresimale e ci aiuti a non smarrire il gusto per la pienezza di vita che dallasua grazia ogni persona può scoprire ed accogliere, in particolare anche in questo “momento favorevole.., giorno dellasalvezza”.

IN CAMMINO VERSO LA PASQUA...CERCANDO LA PIENEZZA DELLA VITA

il duomo lettera dell’Arcipreteil duomo

In cammino verso la Pasqua... Cercando la pienazza della vita [don Silvano Provasi]

Gennaio - Febbraio [Elena Picco]

“La Chiesa a servizio dell’amore per i sofferenti” Il dolore è innocente? [Fabrizio Annaro]

Il dono della vita [Francesca Casati]

Una chiacchierata in famiglia... sul lavoro di papà [Luca Sorteni]

La cura per le vocazioni [Gioia Dalla Chiesa]

Il beato Luigi Talamoni patrono della Provincia di Monza e Brianza

Donazione “Reliquia della Croce” [Sarah Valtolina]

Lembi del mantello [Giovanni Confalonieri]

Lettera dell’Arcivescovo dopo la visita pastorale

La terra dei patriarchi [don Raimondo Riva]

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Don Silvano Provasi, don Raimondo Riva, Fabio Cavaglià, Giovanni Confalonieri, Cine foto Mario

Farina, Nanda Menconi, Sonia Orsi, Federico Pirola, Marina Seregni, Gioia Sorteni, Sarah Valtolina.

Un grazie particolare a chi distribuisce “Il Duomo”: Carla Baccanti, Simona Becchio, Giorgio Brenna, Gloria

Bruletti, Enrica Calzoni, Roberto Canesi, Luisa De Capitani, Rita Fogar, Josetta Grosso, Laura Maggi,

Paola Mariani, Stefania Mingozzi, Luigi Motta, Teresina Motta, Iride Pelizzi, Andrea Picco, Marco

Pilotti, Carla Pini, Annina Putzu, Livio Stucchi, Silvia Stucchi, Chicca Tagliabue, Marisa Tagliabue,

Carla Galimberti, Mariuccia Villa, Bruna Vimercati, Lucia Vitagliani.

Hanno collaborato

In copertina: Duomo, parete sinistra del presbiterio

“dono della manna”, Ercole Procaccini il giovane 1663

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“Ti benedica il Signore e ti custodisca. IlSignore faccia splendere per te il suo voltoe ti faccia grazia”. La Parola di Dio proiet-ta la sua luce sul nuovo anno che si apredavanti a noi: non siamo soli nel nostrocammino! L’Epifania del Signore concludeil periodo natalizio e con l’annuncio dellaPasqua (4 aprile) e delle feste che ne scatu-riscono, fissa le tappe principali di quel per-corso di conversione che ci attende.La seconda settimana di gennaio è contras-segnata da una serie di incontri che coin-volgono preti, diaconi, Consiglio pastoraledecanale, alcuni rappresentanti delle par-rocchie e degli ordini religiosi per rifletteree fornire contributi alla stesura della Cartaper la Missione. Sono momenti moltocostruttivi, animati da uno spirito di aper-to confronto e di ascolto reciproco. Emergel’esigenza di una più viva collaborazione,anche a livello cittadino, fra parrocchie,ordini religiosi e movimenti. Nelle pagineseguenti è riportato il frutto di questo lavo-ro.Ed ora qualche momento significativo vis-suto dalla nostra parrocchia:

Mercoledì 13 gennaio

Esattamente 30 anni fa, don Dino face-va il suo ingresso in Duomo, comeArciprete di Monza. Nella messa delleore 18.00 la comunità parrocchiale etanti monzesi che, a diverso titolo,hanno avuto la possibilità di conoscer-lo e di collaborare con lui, gli si stringo-no attorno grati al Signore per i tantidoni ricevuti in tutti questi anni.

Gratitudine e stupore per le tracce dibene che un uomo può lasciare nellavita di tante persone e di una cittàseguendo giorno dopo giorno, confedeltà e obbedienza, le tracce delSignore.La festa continua con un’animata cenain oratorio che vede riunite diversegenerazioni di parrocchiani: tanti ibimbi, figli di quei ragazzini che, dive-nuti grandi sotto la guida di don Dino,sono ormai mamme e papà.

Domenica 17 gennaio:Messa delle genti

Giornata dei Migranti: il Duomo liaccoglie in una festosa e partecipatamessa delle 12.00. Con i loro canti ecostumi animano la liturgia e sannocomunicare con immediatezza, ainumerosi fedeli italiani, la sensibilitàreligiosa dei loro paesi d’origine in unclima di semplicità e di rispetto reci-proco.

Sabato 30 gennaio

Memoria del transito del beatoTalamoni (articolo a pag. 15-20).La sera, nell’ambito dei festeggiamentiper la famiglia, viene proposta in ora-torio una sfida a suon di canti e balli,una Corrida aperta a coraggiosi di tuttele età più o meno dotati di abilità arti-stiche. Come giuria lo stesso pubblicoche esprime il proprio giudizio con

Gennaio - FebbraioElena Picco

strumenti d’ogni tipo, basta sianorumorosi. Capacità di mettersi ingioco e di rischiare figuracce, fantasianelle diverse proposte: basta poco peruna serata allegra e piena di diverti-mento che surclassa alla grande lemode del sabato sera e che sa riunireuna comunità in un mare di risate.

Domenica 31 gennaio

Come ogni anno in occasione dellaGiornata della Famiglia, durante lamessa delle 10.30 si festeggiano cop-

pie di fidanzati e coppie di sposi chericordano anniversari particolari dimatrimonio.In un clima di gioia e gratitudine iprimi attingono speranza dalla fedel-tà di chi ha alle spalle anni di vitacondivisa, i secondi rinnovata fre-schezza dalle attese di chi si preparaal matrimonio. E in tutti si rafforza laconsapevolezza che la famiglia ècapace, se si affida al Signore, di esse-re luogo e scuola di umanità.

Sabato 6 febbraio

Festa di S. Agata: una breve ma inten-sa meditazione, accompagnata daicanti della Cappella di Teodolinda,precede e dà il tono giusto al tradizio-nale momento di festa in onore di S.Agata proposto alle donne della par-rocchia che raccoglie, in un clima dicordiale allegria, “ragazze” dai 27agli 82 anni.

Domenica 7 febbraio

Giornata per la Vita: sul sagrato delDuomo alcune volontarie del CentroAiuto alla Vita vendono primule asostegno delle mamme in difficoltà.Alle loro spalle una serie di cartelloniredatti dai ragazzi dell’oratorio attira-no l’attenzione dei passanti: sollecita-ti a esprimere che cosa suscita in lorola parola “VITA” riempiono i fogli difrasi suggestive, talvolta provocato-rie, che con la loro immediatezzaspiazzano noi adulti, abituati adiscorsi politicamente corretti, e cicostringono a riflettere.

Mercoledì 17, delle Ceneri

Con la messa delle ore 18.00, celebra-ta con sobria solennità, ha inizio laQuaresima. Adulti, giovani, anziani ebambini si dispongono in fila perricevere sul capo l’imposizione delleceneri in segno di umile penitenza.Sembra che davanti agli occhi sirenda concreta la Parola tratta dallibro di Gioele appena proclamatadall’ambone “Suonate il corno in Sion,proclamate un solenne digiuno, convoca-te una riunione sacra, radunate il popolo,indite un’assemblea solenne, chiamate ivecchi, riunite i fanciulli, i bambini lat-tanti…”

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il duomo cronaca il duomo cronaca

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t’anni con i bambini affetti da leucemia eda patologie rare che spesso conduconoalla morte. Sulle slides di Jankovich scor-revano le parole delle lettere di mammee di papà che hanno assistito il propriopiccino sino all’ultimo respiro. Poi poe-sie dei ragazzi malati che con i loro versitoccavano nel più profondo il cuore ditutti noi che ascoltavamo in un magneti-co silenzio. Jankovich non nasconde lasua emozione, ma prosegue dritto sinoalla meta: dare senso alla sofferenza,richiamando costantemente anche il suovalore sociale oltre che personale.Rilancia la cura palliativa quale mezzoindispensabile della fase finale dellamalattia.Una cura palliativa caratterizzata dallatriade “Accompagnare, Ascoltare,Rispettare”. Ascoltare è stare accantoall’altro anche senza parole, offrendo lasola presenza. Il rispetto, infine, per lafamiglia, da cui si può imparare grazie aisuggerimenti dei parenti, a migliorare ilservizio di cura e di approccio al bambi-no. Fra le tante citazioni di Jankovichriportiamo un dialogo fra mamma efiglia ammalata. Mamma: "Dio ti ricom-penserà di tutto quello che hai sofferto"Silvia: "L'ha già fatto" Mamma: "Macome, hai già subito tre interventi chirur-

gici e poi i cicli di chemioterapia, radio-terapia, … Silvia: "Mi ha creato coraggio-sa".La Brianza oltre ad essere terra laboriosasi mostra come terra della solidarietà. E’una volontaria dell’Associazione ABIO araccontare della vicinanza ai bimbi mala-ti. Oltre a lei ci sono più di 500 volontariche assistono i bambini leucemici. Quelladel volontariato è una realtà da numeriimpressionanti che offre speranza allasocietà.Dopo la pausa, mons. Angelo Bazzari,presidente della Fondazione donGnocchi, ricorda la figura del beatoCarlo. Aiutato dalla proiezione di unvideo sulla vita di don Gnocchi, Bazzarisottolinea l’attualità e la grandezza delpensiero di don Carlo. La vita dedicata aimutilatini ha suscitato nel beato tantiinterrogati sul dolore e la sofferenza, lecui risposte convergono nella Pedagogiadel dolore innocente.“Il dolore e la sofferenza degli innocentisono per don Gnocchi – ha affermatomons. Bazzari – gli strumenti che rivela-no le opere degli uomini e quelle di Dio:quelle degli uomini attraverso l’instanca-bile travaglio della scienza, quelle di Diotramite le opere multiformi dell’umanasolidarietà.”

“La Chiesa a servizio dell’amore per i sofferenti”Il dolore è innocente?

Fabrizio AnnaroE’ il titolo, ovviamente provocatorio, delconvegno che si è svolto in città, come daalcuni anni in prossimità della Giornatamondiale del Malato. E’ stato un conve-gno decisamente interessante, impegna-tivo, ricco di stimoli, a volte emozionan-te e ricco d’inviti alla riflessione. Un con-vegno che ha saputo “parlare al cuore ealla mente”, ma soprattutto, come haprecisato mons. Silvano Provasi, nelleconclusioni, “ha offerto una testimonian-za viva ed autentica di unità e variegatacollaborazione, perché ha saputo raccon-tare esperienze di vicinanza alla sofferen-za caratterizzate dall’incontro, dall’acco-glienza, dall’ascolto e dal “fare unità”,per orientarsi all’accompagnamentosilente e discreto che via via diventacomunione”.Fare unità accanto al malato è cosa possi-bile e non pratica di altri tempi. Ladomanda se il dolore sia o meno inno-cente è stata ripresa da tutti i relatori. Acominciare da mons. Armando Cattaneoche, dopo aver ricordato il ruolo deldolore nella tradizione ebraico-cristiana,ha voluto citare alcune righe di una let-tera di un musulmano Sufi, pubblicatedalla rivista Jesus, nelle quali il giovaneSufi, paradossalmente ringrazia Dio perla malattia che sta vivendo perché, inquesto modo, da malato, è riuscito aduscire da una aridità di vita e incammi-narsi in una profondità interiore che loavvicina misteriosamente a Dio.“Quando capita la malattia – ha prose-guito don Armando - non si può giudica-re e neppure indicare ricette di compor-tamento per l’ammalato e per chi gli stavicino. La sofferenza, colpevole o inno-cente che sia, nel misterioso contestodella vita, assomiglia “all’asso nellamanica” che la stessa vita ci offre e che ciinvita ad esser più veri, più autentici”.Anche il prof. Andrea Stella, Preside

della Facoltà di Medicina, ha ripreso laprovocatoria domanda che titola il con-vegno e ha detto: “la scienza, la medicinaappaiono impreparate perchè risultaancora misterioso per gli scienziati capi-re quali siano i meccanismi neurologi deldolore e della sofferenza. Certo, attraver-so l’anestesia è possibile inibire il dolore,ma non per questo combatterlo o addirit-tura annientarlo. L’uomo in ogni caso èchiamato a fare i conti con la propria sof-ferenza”.Anche il dottor Carlo Cacioppo, direttoredell’Hospice Santa Maria delle Grazie diMonza, ha ripreso il tema del ruolo delmedico nella malattia invitando le strut-ture formative a pensare ad un mediconon soltanto abile nella cura delle malat-tie, “ma capace di attivare le cure pallia-tive che accompagnano il paziente e lasua famiglia nell’ultimo tratto dellavita”. L’Hospice accoglie circa 2500pazienti all’anno, affetti da tumore con-clamato che li porta nella fase finale dellavita. “All’Hospice muoiono circa 20 per-sone al mese. In Hospice – ha aggiunto -combattiamo il dolore; la lotta alla soffe-renza è per noi una guerra senza quartie-re. Anzitutto lottiamo con il dolore fisico,per offrire al malato sollievo e serenità alsuo fisico e alla sua mente. Le armi dellanostra battaglia sono farmaci specifici, avolte a base di morfina. Le persone – haconcluso Cacioppo - hanno diritto aduna morte dignitosa e in Hospice si offreal paziente e alla famiglia l’accompagna-mento necessario per percorre gli ultimigiorni, mesi, il più serenamente possibi-le”.E’ stato particolarmente toccante l’inter-vento del dottor Momcilo Jankovich,medico del reparto ematologia infantiledel San Gerardo di Monza, che ha offer-to alcuni flash sulla sofferenza dei piùpiccoli. Jankovich lavora da oltre ven-

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Parlare del dono della vita è un compitotanto esaltante quanto difficile. E’ diffici-le accostarsi ad un argomento così gran-dioso senza correre il pericolo di esserebanali o scontati, ma cercherò di farlopartendo dalla mia esperienza di"mamma in attesa", nemmeno questa, adire il vero, molto originale in una par-rocchia, come lanostra, ricca dinascite e di figli,ma pur sempreunica e straordi-naria.La prima parolache mi viene inmente pensandoad una nuova vitaè “miracolo”; amio parere non viè altro modo perdescrivere questoimmenso dono. Il miracolo dà l'idea del-l'importanza, della grandezza e dellasacralità di questo evento, segno tangibi-le della benevolenza di Dio e manifesta-zione del suo inesauribile amore per noi.La gravidanza è per me un periodo digrazia.Fin dal primo momento in cui ho avutola consapevolezza di accogliere dentro dime una nuova vita ho provato un'im-mensa gioia e un profondo senso di gra-titudine verso Dio Padre, che sento ancorpiù vicino e con cui ho rinnovato il miorapporto di dialogo e di preghiera, inquanto avverto forte la necessità di rela-zionarmi con Lui e di ringraziarLo.E' meravigliosa la sensazione che siprova nel sentire una nuova presenza nelgrembo che prima dolcemente e poi inmodo sempre più deciso si forma, si faspazio, cresce e con forza vuole venire almondo.

La felicità e l'entusiasmo a volte lascianospazio ai timori che scaturiscono in meal pensiero di dover farmi carico di unanuova creatura e ogni tanto un senso diinadeguatezza, la paura di non essereall'altezza di un compito così alto e l'an-sia di non riuscire a dare il massimocome madre e come moglie mi pervado-

no. Proprio inquesti momentisento il bisognoindispensabile diaffidarmi e diaffidare tutta lamia famiglia alSignore e alla suaProvvidenza equesto mi donauna rinnovataforza e un rinno-vato coraggio nelrimettermi in

gioco, certa del Suo amore e fiduciosadell'amore e dell'energia delle personeche Egli mi ha posto accanto, con le qualiposso condividere questa magnificaavventura.Anche la preghiera dell'Ave Maria trovosia una bellissima richiesta di interces-sione alla Madonna per prepararsi adiventare nuovamente mamma.A questo proposito vorrei ringraziare lepersone che ogni mese si ritrovano a pre-gare proprio per le mamme in attesa. Unmomento semplice come la recita delrosario diventa carico di significato,ricordando anche tutte quelle madri chevivono l'attesa di un figlio con difficoltà,nell'angoscia o in solitudine, ma proprioda questa invocazione a Maria possonopercepire questo misterioso e reale aiutoche ti sostiene sempre nel difendere ecustodire il meraviglioso miracolo dellavita!

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Il dono della vitaFrancesca Casati

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Una chiacchierata in famiglia...sul lavoro di papàLuca Sorteni

Ma voi, che lavoro pensate io faccia?.“L’ingegnere” all’unisono tutti e cinque…e fin qui tutto bene; “ma voi che cosapensate che faccia un ingegnere?” Esubito Elena la più piccola, più veloce espontanea di tutti: “Disegna le case”;“controlla i PC di tutta l’azienda, segue itrasporti” e poi, con enfasi, “assume elicenzia le persone che non fanno il lorodovere” dicono Paolo ed Andrea cheavevano chiesto dettagli una mattina inauto verso la scuola; “Organizza e con-trolla i diversi settori aziendali” dicePietro che si era ‘beccato’ quindici giorniin ufficio con me a fine Agosto, per recu-perare un esame di greco, ed ha cosìpotuto orecchiare cosa si fa in azienda,ed Elisabetta: ”Non fa niente, beve uncafferino, firma due carte” e rincara “èmeglio andare in ufficio che studiare” …probabilmente la mezza giornata nellaquale mi ha aiutato a sistemare l’archi-vio lo scorso anno, d’estate, non le hadato un’immagine molto articolata delmio lavoro!E perché si lavora?“Per guadagnare i soldi”, dice Elena,“per la fama ed il potere” dice scherzan-do Paolo, “per contribuire al sostenta-mento della famiglia ed al progressodella società “dice Pietro, che, speriamo,inizia a formarsi una coscienza civica,”per vivere, per guadagnare soldi” dicecon pragmatismo tutto femminileElisabetta.E come bisogna lavorare?“Bene!” dice per prima la solita Elena,“Seriamente” dicono gli altri… dopouna mia occhiataccia Pietro fa un sorrisi-no imbarazzato, avendo capito che allu-devo al richiamo scritto della scuola chesi è recentemente ‘guadagnato’ durantele lezioni cogestite, ”con il cervello”chiosa Elisabetta e spero intenda con

impegno, attenzione, coerenza.Ed io cosa posso loro trasmettere al dilà delle specifiche mansioni che svolgoper l’attuale azienda e dopo quasi ven-t’anni di lavoro?Che cosa ho iniziato a razionalizzare inproposito?

Quest’articolo e’ uno straordinariomezzo per fare un piccolo bilancio perloro, e provare a rispondere alla lorocuriosità, più sui principi che nel meritodelle specifiche attività.Quale lavoro, innanzitutto?Deve piacere, deve essere “divertente”mi raccomandava sempre mio padre edoggi lo posso capire davvero, perché senon ci si “diverte”, ovvero se non siprova interesse per quello che si fa, nonsi possono affrontare con serenità legiornate, e poi i mesi e gli anni di lavo-ro: non si può, con serenità, far fronte aitanti piccoli e grandi problemi che siamochiamati ad affrontare, ‘reggere’ periodidi particolare intensità lavorativa, trova-re un rapporto di proficua collaborazio-ne con i propri colleghi, qualsiasi sia la

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propria occupazione. Certo questo nonsignifica diventare troppo selettivi e cri-tici nel decidere per quale azienda ed inquale ruolo essere assunti (di questitempi poi!), ma significa tener presenteche siamo senz’altro noi stessi ad essereparte attiva nel “divertimento”, perchési deve affrontare ogni lavoro con lacuriosità e l’intelligenza di trovarci inte-ressi, modi di migliorare, positività perle persone con le quali entriamo in con-tatto; in poche parole, far fruttare i pro-pri talenti!Ricordo di aver letto con molto interessela storia di un impiegato della societàautostrade, che poteva lavorare per orein un casello senza annoiarsi, semplice-mente immaginando dal modo col qualegli si rivolgevano gli automobilisti (e dalloro abbigliamento, dalla loro auto, dailoro passeggeri, dal modo di frenare edaccostare, e così via …) la loro storia ed iloro sentimenti.Quanto si deve lavorare?Qui mi sento di rispondere con unaricetta semplice, soprattutto per chi ini-zia: tanto! A volte, per quel che miriguarda, anche oltre il plausibile e, inparte, è una diretta conseguenza delpunto precedente. Perché lavorare tantofa anche imparare tanto; più si lavora,più si apprende, più si sbaglia e, piùrapidamente, si impara a rimediare aglierrori, facendone tesoro per il futuro,più si conoscono le persone, il loromodo di pensare, le loro motivazioni piùsincere.Come ci si relaziona con gli altri?Tenendo presente un concetto moltosemplice: che le aziende sono fatte dipersone! Sembra banale, ma, probabil-mente, il primato della scienza nellalogica comune, ci porta a pensare alleaziende come a delle macchine, che fun-

zionano secondo un principio di azionee reazione meccanicistico; oppure è ladimensione delle complesse aziendemoderne a trarre in inganno. Qualunquesia la ragione, trovo che sia il concettopiù difficile sul quale far riflettere i col-leghi, in particolare i più giovani: ciascu-no di noi ha i suoi ritmi ed attraversamomenti particolari, più o meno lunghi,della propria esistenza, che ne condizio-nano l’attività lavorativa. La “aziendaX” o, addirittura, “il paese Y”, che nonrisponde alle nostre richieste, sono enti-tà astratte, e, come interlocutori in quan-to tali, non esistono; dall’altra parte delfilo o della rete, ci sono tante personecome noi, con i loro alti e bassi e con iloro limiti.Lasciatemi aprire una parentesi sulle e-mail: chi può dire di aver letto, compre-so e dato seguito a tutte le proprie e-mail?Nessuno! Sono, ormai, diventate uma-namente troppe e pongono problemi dalpiù banale a quello cronico o irrisolvibi-le, a quello che, per essere risolto, richie-de di pianificare settimane di attività. Etutti scrivono, anche il tuo vicino di scri-vania a volte! Scripta manent, dice qual-cuno, che di qui a qualche mese ti dirà“ma io ti avevo scritto una e-mail il gior-no x all’ora y, alla quale non ho maiavuto risposta”!Quindi, come ci si deve comportare?Come si fa normalmente in famiglia onella vita di tutti i giorni: bisogna chie-dere più volte, se serve, con pazienza;capire chi è la persona giusta dell’altraorganizzazione per parlare di determi-nati temi; capire, nei limiti del possibile,se per quella persona la nostra richiestaè importante o solo una delle mille sec-cature; bisogna insomma far crescereuna sensibilità umana, un’attenzione

verso il proprio prossimo. E’ una formadi attenzione che spesso ci ripaga edarricchisce umanamente: più i rapporti

tra colleghi o con un fornitore o con uncliente sono frequenti, ad esempio, e piùè inevitabile che si incrocino le recipro-che storie di vita ed un comune sentire,che può arrivare a farti pregare per lasalute di un collega o per la sorte di unfornitore rimasto improvvisamentevedovo e con figli piccoli.Cosa deve guidare lo svolgimento delproprio lavoro?In estrema sintesi, direi il senso diresponsabilità, che si declina sotto diver-si aspetti: aver compreso il proprio ruoloe l’ambito di discrezionalità nel quale siopera; svolgere le proprie mansioni con

la massima diligenza e professionalitàche ci è data; prendere decisioni sullabase degli obiettivi comuni che ci si pre-

figge, senza doppi fini;essere consapevoli dellafinalità e delle ragionidelle nostre azioni, sapen-do di poter essere in qual-siasi momento chiamati arenderne conto ed adassumersene le conse-guenze; collaborare congli altri con umanità e peruna comune soddisfazio-ne personale.C’è altro?Certo, ma a questo puntolascio la parola ad un

santo: “Dovete invece comprendereadesso – con una luce tutta nuova – cheDio vi chiama per servirlo “nei” compitie “attraverso” i compiti civili, materiali,temporali della vita umana.In un laboratorio, nella sala operatoriadi un ospedale, in una caserma, nellacattedra di un’università, in fabbrica, inofficina, sui campi, nel focolare domesti-co e in tutto lo sconfinato panorama dellavoro, Dio ci aspetta ogni giorno.Sappiatelo bene: c’è “un qualcosa” disanto, di divino, nascosto nelle situazio-ni più comuni, qualcosa che tocca aognuno scoprire.”

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il duomo consiglio pastorale

Il nostro Arcivescovo, accogliendo l’invi-to del Papa a proclamare quest’annocome “anno sacerdotale”, ha certamenteinteso porre l’accento sull’importanzadella vocazione che ogni uomo, non solochi ha sentito più forte la chiamata adoccuparsi interamente delle cose di Dio,deve ricercare nella propria vita. Infattieducazione cristiana e ricerca della pro-pria vocazione sono strettamente legate.Il luogo privilegiato e primario all’inter-no del quale avviene la relazione educa-tiva, è la famiglia, perciò essa devechiedersi che cosa significa essere centrovocazionale e come concretamente possaaiutare tutti i suoi componenti a vivere lavita come realizzazione del progetto diDio. Nella realtà familiare risulta piùevidente come ognuno di noi rispondaad una chiamata che si deve realizzareattraverso relazioni diverse: siamo chia-mati come genitori, come figli, come fra-telli, come colleghi a testimoniare il sìche abbiamo detto e continuamentevogliamo dire.Non solo tra i giovani, ma anche tra mol-tissimi adulti si osserva come manchi-no proprio la determinazione nel segui-re una scelta e la serenità che nasconodalla certezza che l’esistenza è legata adun senso, che risponde ad un disegnopiù grande del mio e che, grazie a que-sto, non siamo soli a sopportare il pesodelle nostre fatiche o ad esultare per inostri successi.Penso che, in una famiglia, fondamenta-le sia innanzi tutto educarsi alla pre-ghiera attraverso la quale chiedere cheDio ci illumini, affinché sappiamo rico-noscere quale cammino si apre per noi eper nostri figli, vincendo la tentazione dipretendere che Dio realizzi i progetti che

noi abbiamo elaborato e deciso in modoautonomo e solitario. Di fronte al futurodei nostri figli è così difficile ripetere,come Gesù: “non sia fatta la mia, ma latua volontà”. Quante volte vorremmoche i nostri figli seguissero strade che anoi sembrano più facili, oppure più vin-centi agli occhi del mondo, quante volteabbiamo paura e ci dimentichiamo chepossiamo chiedere aiuto. Certo non pos-siamo scegliere al posto di nessuno, ma,se siamo sicuri che il Signore chiamatutti, ognuno per la propria via, abbiamoil compito di indicare ai nostri figli nonche cosa scegliere, ma con quali criteri.Se la vocazione è rispondere alla chiama-ta di Dio, solo testimoniando con lanostra vita, in qualunque situazione citroviamo, qualunque sia la nostra voca-zione, possiamo, con l’esempio, suscita-re negli altri il desiderio di ricercare checosa Dio voglia da ciascuno. La vocazio-ne alla vita sacerdotale o al matrimonionasce da un‘educazione alla fede eall’amore che richiede tempo e pazienza,nasce da un’abitudine a stili di vita chesiano testimonianza gioiosa dell’adesio-ne al Vangelo.Sono certa che oggi spesso i giovani scel-gono modelli di vita disordinati e facil-mente amano stordirsi, perché ricercanosu strade sbagliate quello che ognuno dinoi si augura per sé e i propri figli: starebene, sentirsi in pace. Per questo èimportante che i genitori ricerchinoun’alleanza educativa attraversomodelli luminosi ed efficaci, persone cheabbiamo scelto di vivere seguendol’esempio di Gesù, con passione e congioia, affinché i ragazzi ne restino conta-giati.

La cura per le vocazioniGioia Dalla Chiesa

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Il beato Luigi Talamoni patrono dellaProvincia Monza e Brianza

Conferma dalla Santa Sede

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Omelia del card. Tettamanzi il 3 Ottobre,presenti tutti i sindaci

Carissimi,a tutti e a ciascuno di voi rinnovo il miosaluto cordiale con l’augurio che la gra-zia e la pace del Signore Gesù riempianosempre il vostro cuore e la vostra vita. E’un saluto e un augurio che si collocanoin un particolare contesto di gioia spiri-tuale, quale ci è offerta dalla solennecelebrazione eucaristica nella memoriadel beato Luigi Talamoni, che ora laChiesa – su nostro desiderio e richiesta -si è benignamente degnata di nominarepatrono della nuova Provincia di Monzae Brianza.Naturale allora – e insieme quanto maigradita - in questa nostra numerosaassemblea liturgica la presenza dellevarie Autorità, dei sindaci e degli ammi-nistratori della Provincia, che muoveormai con decisione i suoi passi al servi-zio del bene comune di tutti gli abitantidi questa popolosa e vivace porzione diterra lombarda.In questo cammino, che tutti ci coinvolgepur nella diversità delle competenze, dei

ruoli, dei compiti e delle responsabilità,possiamo godere della luce, della guidae dell’energia che ci vengono dalla paro-la di Dio che abbiamo ascoltata e che oravogliamo brevemente meditare, soffer-mandoci in particolare su alcuni aspettidella nostra vita sociale.

Gli voglio fare un aiuto che gli siasimileDell’uomo e della sua essenziale dimen-sione sociale ci parla, in modo altamentesuggestivo e insieme profondo e stimo-lante, la prima lettura, tratta dal librodella Genesi (2,18-24).Al centro della scena sta un personaggioche in ebraico è chiamato ha’adam, lette-ralmente “l’uomo”. Protagonista non ètanto un certo Adamo né solo il primouomo, ma è l’uomo di tutti i tempi e ditutte le terre, l’umanità: dunque, ancheciascuno di noi. Ora l’uomo, creato daDio a sua immagine e somiglianza - epertanto, al dire di sant’Ambrogio,“come il culmine dell’universo e lasuprema bellezza di ogni essere creato” -, è qui presentato prigioniero di una soli-tudine che lo fa sentire sperduto, che nonlo fa vivere.Ma questo contraddice al disegno di Dio,che invece vuole l’uomo come esseresociale, come “io” aperto al “tu”, e dun-que in comunione con l’altro. “E ilSignore Dio disse: ‘Non è bene che l’uo-mo sia solo: voglio fargli un aiuto che glicorrisponda …”. Bellissimo il terminescelto: “aiuto”, “aiuto corrispondente” o,come dice l’originale ebraico, aiuto che“gli sta di fronte” – una persona in cuipoter fissare lo sguardo e da cui poteressere guardata in un dialogo dello spiri-to - o anche aiuto che “cammina a fiancoe accompagna” nella vita.

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Il 30 Gennaio si è tenuto il Memoriale del transito del beato Talamoni. Dopo la messavespertina le Suore Misericordine e numerosi fedeli si raccolgono davanti all’urna delbeato: vengono ripercorse le ore finali della sua vita e ricordate le sue ultime parole,testamento spirituale di un sacerdote a cui i monzesi riconoscevano già allora l’autori-tà di un santo.

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CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO

E LA DISCIPLINA DEI SACRAMENTI

Il clero e il popolo cristiano della Brianza e di Monza, suocapoluogo, nella regione Lombarda onorano con venerazione inces-sante la memoria del Beato presbitero Luigi Talamoni. Egli, fedelealla vocazione di educatore dei giovani, visse il ministero con sommadedizione e attiva condivisione delle travagliatevicende della sua epoca e fondò la Congregazione delle SuoreMisericordine di San Gerardo, offrendo un esempio mirabile disemplicità, di zelo, di fede.

Pertanto, l’Eminentissimo e Reverendissimo Signor Cardinale DionigiTettamanzi, Arcivescovo di Milano, accogliendo il desiderio comune delclero e dei fedeli, ha approvato la scelta del Beato Luigi Talamoni comePatrono celeste della Provincia di Monza e Brianza e, conlettera del 9 settembre 2009, ha posto istanza a questa Congregazioneaffinché tale scelta e approvazione venisse confermata secondo lavigente normativa sui Patroni.

Ora, in forza delle particolari facoltà attribuitele dal Sommo PonteficeBenedetto XVI, la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina deiSacramenti, accogliendo quanto sopra esposto e acconsentendo allerichieste, conferma il Beato Luigi Talamoni, presbitero, come Patronopresso Dio della Provincia di Monza e Brianza, secondo quantoprescritto ai numeri 3 e 4 nelle Normis de Patronis constituendis, coni relativi conseguenti diritti e privilegi liturgici, secondo le rubriche.

Nonostante qualunque disposizione contraria.

Dalla sede della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti,1 ottobre 2009, nella memoria di Santa Teresa di Gesù Bambino, vergine e dottore dellaChiesa

Antonio Card. CANIZARES LLOVERAPrefettoGiuseppe Agostino DI NOIA

Segretario

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co al nostro essere originario, né tantomeno qualcosa che a questo nostro esse-re viene imposto con forza da un’autori-tà: sono invece stampati nel nostro stessoDNA umano, dicono il nostro vero eautentico volto di persona, un volto chesiamo chiamati a contemplare nella suabellezza e a mantenere luminoso di fron-te agli altri, considerati come “aiuto checi sta di fronte e ci accompagna”. In defi-nitiva è in questione la nostra stessa“dignità personale”, che può essererispettata e promossa in verità soloquando e nella misura in cui noi siamopronti a rispettare e a promuovere ladignità personale di ogni altro essereumano, senza alcuna distinzione o di fasidi sviluppo o di condizioni di vita. Lapersona umana è sempre fine, maimezzo o strumento o cosa.Non dovremmo minimamente meravi-gliarci di questo discorso così bello eimpegnativo, dalle molteplici ed eviden-ti applicazioni nel contesto sociale, eco-nomico, politico e culturale d’oggi: èl’obiettiva grandezza della personaumana – un valore non solo di fede, maanche di razionalità e di laicità – a porreesigenze estremamente serie di coerenzae di fedeltà.Non a caso Benedetto XVI nella suarecente enciclica Caritas in veritate suidiversi problemi di giustizia nel mondoeconomico e finanziario globalizzato nonteme di proporre profeticamente unesplicito riferimento alla logica dellasolidarietà e della fraternità, del dono edella reciproca fiducia, della comunione,ecc. trovandone il fondamento nelladimensione sociale propria e originaledella persona umana.

L’uomo non divida quello che Dio hacongiuntoLa primordiale dimensione sociale dellapersona si realizza nella coppia, che asua volta è principio della famiglia.Come abbiamo poco fa ascoltato:“L’uomo… si unirà a sua moglie e i duesaranno un’unica carne”. E’ qui sottoli-neata in una maniera tutta speciale la

comunione, l’unità profonda della cop-pia: unità che si esprime e si attua nelsegno della totalità indivisa, a livelloinsieme di anima, di cuore e di corpo.Aquesta unità ci rimanda anche la paginaevangelica di Marco (10,2-12), che ci fariascoltare un vivacissimo dibattito tra ifarisei e Gesù. I primi gli pongono ladomanda “se è lecito a un marito ripudia-re la propria moglie”. Gesù sa bene checon questo quesito lo vogliono metterealla prova, ma si guarda bene dal lasciar-si invischiare nelle controversie del tempocirca l’interpretazione larga o stretta dellanorma mosaica e dei suoi “permessi”.Egli vola alto, va dritto al disegno di Dio,richiama immediatamente quanto Diostesso “al principio” ha stampato dentro ilcuore dell’uomo e della donna come valo-re ed esigenza dell’autentico amoreconiugale: è la comunione indivisibiledella coppia. Ecco la sua precisa parola:“Per la durezza del vostro cuore egli(Mosè) scrisse per voi questa norma. Madall’inizio della creazione (Dio) li fecemaschio e femmina; per questo l’uomolascerà suo padre e sua madre e i duesaranno una carne sola e i due divente-ranno una carne sola… Dunque l’uomonon divida quello che Dio ha congiunto”.E’ l’identica risposta che Gesù ridirà aisuoi “discepoli” rimasti meravigliati e inqualche modo interdetti.Il senso delle parole di Gesù è così pre-sentato da un commentatore di questobrano evangelico: “L’uomo non dividaquello che Dio ha congiunto. Non conta-minare il sogno di Dio, ecco l’imperativo.Ma questo non avviene a causa di unasanzione giuridica che ratifica la fine diun patto nuziale, ma accade a monte, percento eventi, per quei comportamentiche producono l’indurimento del cuore enon sanno mantenere vivo l’amore: l’in-fedeltà, la mancanza di rispetto, l’offesaalla dignità, l’essere l’uno per l’altro noncausa di vita, ma di morte quotidiana…Un matrimonio che non si divide non èuna norma difficile da osservare, è ‘van-gelo’, lieta notizia che l’amore è possibi-le, che può durare oltre, che il cuore tene-

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Dio non vuole la solitudine. Lui stesso èsì unico ma non è solo: è comunione tri-personale. E l’uomo come può usciredalla solitudine? L’autore sacro presentaDio stesso che, per così dire, si preoccu-pa, si dà da fare per liberare l’uomo, perabbattere il muro di questa solitudine.Dapprima fa passare in rassegna davantiad Adamo ogni sorta di animali selvaticie tutti gli uccelli del cielo, chiedendoglidi imporre loro il nome, come segnodella sua dignità e signoria di essererazionale e libero, che conosce decide eagisce. Ma la conclusione è sconsolante:“l’uomo non trovò un aiuto che gli corri-spondesse”.Ecco allora un altro intervento di Dio: daAdamo addormentato viene tolta unadelle costole con la quale il Creatore pla-sma una donna e la conduce all’uomo:gliene fa dono. E quale dono! Sbocciacosì nella storia il primo canto d’amore,con questo grido gioioso di Adamo:“Questa volta essa è osso delle mie ossa,carne della mia carne. La si chiameràdonna (‘issa) perché dall’uomo (‘is) èstata tolta”. E l’autore biblico sembracondividere la gioia delprimo uomo con le parole“Per questo l’uomo lasce-rà suo padre e sua madree si unirà a sua moglie e idue saranno un’unicacarne”.Penso quanto mai siaimportante per tutti noiraccogliere il messaggioche ci viene da questapagina biblica: la persona– ogni persona - cosìcome Dio dall’eternitàl’ha pensata, desiderata,voluta, amata, e neltempo l’ha creata, ha unavocazione e una missione sociale, diapertura agli altri, di incontro e di dialo-go con gli altri, di comunione con glialtri, anzi di donazione di sé agli altri. E’una vocazione e missione da riscoprire incontinuità e da onorare con responsabili-tà, soprattutto nel contesto di una cultu-

ra che tende a sostituire il concetto fon-damentale di “persona” con il concettodi “individuo”, come porta che facilmen-te apre all’individualismo e si chiudenell’egoismo. Ma del “tu”, dell’altro “io”ho bisogno per essere pienamente mestesso, sia per superare la mia povertàcon la ricchezza dell’altro sia per offrireall’altrui povertà la mia ricchezza.L’uomo è per sua intima natura dono-che-si-fa-dono. E la sua vita è sociale esocializzante perché è scambio di doni.Vale la pena di riascoltare un passo delConcilio Vaticano II: “Dio, che ha curapaterna di tutti, ha voluto che gli uominiformassero una sola famiglia e si trattas-sero tra loro con animo di fratelli…Perciò l’amore di Dio e del prossimo è ilprimo e più grande comandamento… IlSignore Gesù quando prega il Padre, per-ché ‘tutti siano uno, come anche noisiamo uno’ (Gv 17,21-22) mettendocidavanti orizzonti impervi alla ragioneumana, ci ha suggerito una certa simili-tudine tra l’unione delle persone divine el’unione dei figli di Dio nella verità enella carità. Questa similitudine manife-

sta che l’uomo il quale in terra è la solacreatura che Dio abbia voluto per se stes-sa, non possa ritrovarsi pienamente senon attraverso un dono sincero di sé”(Gaudium et spes, 24).Come si vede, la vocazione e la missionesociale non sono né qualcosa di estrinse-

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L’esempio e l’intercessione del beatoLuigi TalamoniVogliamo riservare il nostro sguardo con-clusivo alla figura del “patrono” dellaProvincia di Monza e Brianza, il beatoLuigi Talamoni, nel quale troviamo unesempio luminoso per la nostra vita cri-stiana anche per l’ambito sociale, politico eamministrativo e soprattutto un interces-sore presso Dio a favore della nostra attivi-tà e fatica quotidiana. Al riguardo ci bastirichiamare qualche dato della sua vita.

Don Luigi, insegnante liceale nelSeminario diocesano che allora si trovavaqui a Monza, si presentò alle elezioniamministrative del 1893 come capolistadella lista cattolica e ricevette 844 voti: «unesito veramente sbalorditivo», come scrissela Rivista di Monza il 12 luglio di quell’an-no: «Vuol dire che Monza ama, stima,venera il prete, ne conosce i benefici». Econcludeva: «Giorni nuovi si avvicinano».Mons. Talamoni, quando si candidò al con-siglio comunale, aveva quarantacinqueanni: era nel pieno della maturità e delleforze e dell’ingegno. Ormai il suo stessoinsegnamento lo spingeva ad allargarel’orizzonte della sua vita di prete, chiamatoad amare e a servire tutti. Quante voltepapa Leone XIII aveva ripetuto l’esortazio-ne che gli era usuale: «Occorre uscire dallesacrestie». Fu lui stesso a motivare la suadecisione «Vado in Comune – disse - acompiere il mio dovere di sacerdote e dicittadino e sono pronto a tutte le battaglieper la tutela e la difesa dei diritti di miamadre, la Chiesa».

Rileviamo, come particolarmente interes-sante, l’accostamento tra l’essere “prete” el’essere “cittadino”. A noi cristiani richia-ma la totalità e l’unità della nostra fede,che esige di essere “professata”, “celebra-ta” e “vissuta”, incarnata dunque nell’esi-stenza quotidiana con la testimoniata inogni ambiente sociale di vita, anche inquello politico e amministrativo. E’ questoil messaggio più forte dell’enciclica diBenedetto XVI Caritas in veritate, sin dalsuo incipit: “La carità nella verità, di cui

Gesù Cristo s’è fatto testimone con lasua vita terrena e, soprattutto, con lasua morte e risurrezione, è la principa-le forza propulsiva per il vero sviluppodi ogni persona e dell’umanità intera”.E ancora: “La carità è la via maestradella dottrina sociale della Chiesa”.Quelli del Talamoni erano tempi diffi-cili per la Chiesa e per l’Italia, a causadel contrasto tra il Governo legale, diispirazione liberale e massonica, e laChiesa, ripiegata nella difesa intransi-gente di antichi diritti ormai spariti persempre. Occorreva il coraggio di intra-

prendere vie nuove, dopo che la contrap-posizione si era rivelata sterile o astutemanovre avevano portato nuove divisionie sofferenze, a danno di tutta la popolazio-ne, soprattutto delle classi più disagiate.Ma proprio per questo motivo mons.Talamoni accettò di diventare consiglierecomunale. Anche quella era “cura d’ani-me”; anche in quel modo poteva essere –ed esserlo autenticamente – prete, cioèservo dei fratelli, difensore dei poveri, pro-feta di giustizia sociale.Non a caso don Giovanni Casati, direttorede il Cittadino, scrisse di lui: «Gli umili delpopolo lo conobbero come colui che ama ilpovero e si adoperò per lui: per questo eglipartecipò alla vita pubblica della suacittà».La sua fu una presenza costante e fedele,non incrinata dalla fatica dei suoi moltiimpegni di carità né dalle inevitabili soffe-renze che l’agone politico riserva a chi vi siimpegna con lealtà e sincerità, solo preoc-cupato del giusto e del vero e del bene.

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ro è capace di un sogno che non svanisceall’alba, e che è secondo il cuore di Dio,Lui il ‘molto-tenero’…” (Ermes Ronchi).Nel contesto dell’attuale celebrazione mipreme ricordare che la problematicadella coppia e della famiglia – non soloquella affrontata dalla pagina evangelica- non riguarda solo le singole personenella loro relazione coniugale e familiare,ma l’intera comunità, sia cristiana siacivile. Come a dire che la coppia e lafamiglia devono stare a cuore in unmodo tutto speciale sia alla Chiesa chealla società: “stare a cuore” non sempli-cemente – ma ciò è già importante, anzidecisivo – nel senso di “amarle” e di“custodirle”, ma nel senso di riconoscer-ne, rispettarne, difenderne e promuover-ne i nativi e sacrosanti diritti con i dove-ri connessi. E questo certamente per ilbene familiare, ma non meno per il benestesso della Chiesa e della società.Non è qui possibile soffermarci sul postoche la famiglia deve avere in un’autenti-ca politica sociale. Sappiamo che è unposto primario e irrinunciabile, dalmomento che “nel soggetto familiare èagevolmente riconoscibile il primo anel-lo di congiunzione tra la persona e lasocietà, la prima delle realtà basilari diogni tessuto sociale” (Famiglia comunicala tua fede, n. 41). Vorrei rimandare quan-ti lo desiderassero alle linee offerte loscorso anno pastorale alla nostra Diocesicon il testo Famiglia diventa anima delmondo. Mi limito ad una sola citazione:“Una rinnovata considerazione dellafamiglia, che il Concilio definisce ‘primae vitale cellula della società’ (Apostolicamactuositatem, n.11), potrebbe costituireuna grande forza rinnovatrice per tutto iltessuto sociale. Una più forte centraturasulla famiglia rifluirebbe beneficamentesulla società che, da un lato, potrebbefruire di legami forti, solidi e autentici, eche, dall’altro lato, riceverebbe un forteimpulso al superamento delle solitudini,dei particolarismi e delle emarginazioniche in molti modi affliggono la nostravita sociale” (n.10).

Lasciate che i bambini vengano a meUn ultimo pensiero ci è suggerito dallaparte finale del brano evangelico riserva-ta all’atteggiamento di Gesù nei riguardidei bambini (Marco 10,13-16). E’ unatteggiamento delicato e affettuoso che,se a noi torna tanto normale, deve dirsiinvece rivoluzionario e dunque scanda-loso per la società e la cultura ebraica deltempo del Signore. Nel contesto di allorai bambini – e analogamente anche ledonne – erano posti ai margini della vitasociale, non considerati e non pienamen-te rispettati nella loro dignità personale.Gesù invece li vuole vicini a sé: “Lasciateche i bambini vengano a me”. E così limette al centro, all’attenzione doverosadi tutti. Per questo Gesù dice ai bambiniil suo affetto, li difende con forza dairimproveri dei suoi stessi discepoli –“s’indignò”, scrive l’evangelista -, li pro-pone agli adulti come modelli per acco-gliere il regno di Dio ed entrare in esso,li prende tra le braccia, li accarezza,impone loro le mani, li benedice.Di nuovo possiamo trovare qui unrichiamo perché la nostra vita socialesappia riservare un posto privilegiatoper i “piccoli”, sia nel senso dell’età – ibambini, appunto – sia in quello dellecondizioni di vita, e dunque di una vitasegnata dalle più diverse e pesanti formedi fragilità: i malati, i sofferenti, gli anzia-ni, i disabili, i disagiati, i poveri, gliemarginati, i disperati…Non c’è dubbioche tutti costoro rappresentano un “pro-blema” spesso difficile da gestire e dasciogliere. Ma altrettanto si deve dire cherappresentano un richiamo, uno stimolo,una “risorsa” per realizzare una societàveramente e pienamente umana e uma-nizzante, una matura società “democra-tica” quanto all’attenzione a tutti acominciare dai cosiddetti “ultimi”. Unasimile società dipende dalla nostra capa-cità di coniugare intimamente le esigen-ze della giustizia e della carità, di darvita ad una convinta e forte alleanza trale diverse forze pubbliche e private,risorse istituzionali e di volontariato.

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Ha viaggiato di mano in mano perquattrocento anni prima di arrivarenella chiesa di San Pietro martire.Oggi la reliquia della Santa Croce èesposta al culto dei fedeli nell’altare

del tabernacolo, all’interno della chiesadi via Carlo Alberto, dono della fami-glia Minozzi, in ricordo del dottor pro-fessor cavaliere Alessandro Minozzi,primario all’ospedale di Carate dal1956 all’86 e presidente del Rotary.

«Mio marito ebbe in dono la reliquia dal-l’allora parroco di Sovico, don GiuseppeAlbizzati, come segno di riconoscenza peraverlo guarito - racconta la moglie delprofessore, Bruna Minozzi -.Il sacerdote la donò a nostra figlia MariaAssunta nel giorno della sua prima comu-nione. Da allora la reliquia è stata conser-vata dalla nostra famiglia con devozione».L’oggetto è montato in una teca di fili-grana d’argento, accompagnato da uncertificato che ne attesta l’autenticità,firmato da monsignor GiovanniBattista Ricci, vescovo di Ancona, edatato 1912. Don Giuseppe entrò inpossesso della reliquia nel 1946, e laconservò fino a quando non decise didonarla al dottor Minozzi. «Dopo lamorte di mio marito è stata Maria Assuntaa voler onorare il ricordo del papà donandoalla chiesa questa reliquia.Abbiamo quindi interpellato l’arciprete,monsignor Silvano Provasi, per chiedere alui consiglio».Un gesto d’amore quello della signoraBruna Minozzi e di sua figlia, dettatodall’affetto e dal desiderio di ricordarenel migliore dei modi la figura del lorocaro.

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A San Pietro Martire il legnodella santa CroceSarah Valolina - foto di Marco Mingozzi

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Solo la prepotenza del Fascismo ebberagione della sua fedeltà. Quando sisvolsero le elezioni del 21 gennaio 1923don Luigi aveva ormai settantadue annie da pochi si era compiuta la Marcia suRoma, realizzatasi più per la supinamediocrità timorosa di molti, compresaquella del re, che per la reale forza diMussolini. Un giorno di novembre diquell’anno, sciolto il consiglio comunalee insediato il commissario prefettizio,don Luigi si stava recando verso la chie-sa delle Sacramentine, quando in viaItalia sopraggiunse un camion di giovani

fascisti. Uno di quei ragazzi cominciò agridare sguaiato: «Addosso a quelprete!». Un compagno gli afferrò il brac-cio e gli intimò duramente: «Guai a noi!Non lo si tocca: quello è il santo diMonza».Era voce di popolo, nella quale talvoltaDio ama far risuonare la sua stessa voce.Cosa può insegnarci, dunque, questo“santo di Monza”? Il suo ideale fu quel-lo che ritrovò nel suo maestro, mons.Luigi Biraghi, anch’egli beato, anch’egliconsigliere comunale a Cernusco sulNaviglio, del quale mons. Talamonitenne l’elogio funebre, definendolo:

«Degno Sacerdote di Gesù Cristo e since-ro amico del popolo, furono sempre ipoveri, gli infermi, in una parola i piùbisognosi, le delizie e la sollecitudineprima del suo cuore».Credo non parlasse solo del beatoBiraghi, ma anche di sé.E, in effetti, la lettura dei verbali delleadunanze consiliari ci mostra don Luigiattento all’istruzione, sollecito dellacostruzione di asili e di scuole, soprattut-to in periferia, per i nuovi arrivati.Propose l’introduzione di maestri disostegno – già allora! – per i ragazzi condifficoltà di apprendimento.Difese i diritti di tutti, dei commercianti edegli operai, per i quali chiedeva abita-zioni dignitose, tariffe pubbliche che con-siderassero l’esiguità dei loro stipendi.Tutti desideriamo una società nuova. Afarla tale sono e devono essere gli uomi-ni nuovi, quelli che sanno assumere evivere uno stile nuovo: quello che vienedalla sorprendente, faticosa anche maesaltante “novità” del Vangelo: quelladell’amore, anima e forza della stessagiustizia. E’ esattamente lo stile cui si èispirato nel suo impegno sociale il beatoTalamoni e che ha così espresso:«All’odio contrapporre l'amore. Anzi,per amore di Gesù cessare noi stessi daogni odio o rancore o ruggine controchiunque».Ci siano di stimolo queste sue parole e ciaccompagnino queste altre che il beatorivolse ai fedeli di Monza in una suaomelia non datata e, dunque, sempreattuale: «Figli di Dio, siamo tutti fratelli.Però, degni di maggiore attenzione estima sono i più bisognosi: essi, nel con-cetto cristiano, sono i più simpatici, i piùdegni testimoni del Vangelo, perché sonoincarnazione stessa di Gesù Cristo. Perquesto dobbiamo amare, come Cristo haamato (poiché) Chi più ama, o serveGesù più da vicino, più ama l’umanitàintera!».

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Reliquie nel nostro DuomoAlla fondazione dell’Oracolum diTeodolinda, l’approvazione di PapaGregorio Magno fu associata alla donazio-ne da lui fatta di importanti reliquie, tracui le ampolline in vetro degli oli preleva-ti dalle lampade poste sulle tombe deimartiri nelle catacombe romane e l’ampol-la di San Giovanni (cui rimandano gliaffreschi degli Zavattari); anche la crocepettorale, dono dello stesso Gregorio, erauna reliquia (stauroteca) in quanto conte-neva, secondo la lettera del Papa che l’ac-compagnava, (tuttora esistente) un fram-mento della Vera Croce. La stessa regina siprocurò poi le ampolle degli oli delle lam-pade provenienti dalle chiese diTerrasanta (in primis dal S. Sepolcro) emolto altro che potesse accrescere il presti-gio sacro della sua Basilica (ad es. i corpo-rali e le borse di foglie di palma dallaPalestina, dette degli Apostoli, oggi espo-ste in Museo).Il patrimonio di reliquie del nostroDuomo divenne sempre più ricco nei seco-li con le donazioni di importanti prelati, reed imperatori (basti ricordare la CoronaFerrea ed il preziosissimo reliquiario delDente di S. Giovanni). Ma oltre queste reli-quie “rilevanti”, molte altre furono raccol-te e conservate per farne uso nella liturgia,anche quotidiana.L’importanza attribuita alle reliquie è testi-moniata, per il nostro Duomo, anche dalfatto che la sua rifondazione nel 1300 sicollega con il loro ritrovamento miracoloso(Teodolinda ed Elisabetta apparse in sognoad un vecchio sacerdote per rivelare dovefossero le reliquie della cui collocazione siera persa memoria). La solenne ostensionedelle reliquie, che fece seguito al ritrova-mento, fornì i mezzi, con le offerte dei pel-legrini accorsi, per rinnovare ed ampliarela Basilica che si avviò ad assumere lastruttura attuale.

Reliquari specialiVarie furono nel tempo le sistemazionirealizzate per conservare le reliquie nondirettamente inserite nel Tesoro. Quando

furono ritrovate nel 1300, erano dentro unsarcofago marmoreo (quello piccolo oranel chiostro) che si trovava dietro l’altareprincipale di allora; erano lì, secondo ilFrisi, dal 1047, mentre prima stavano inuna cassa di legno di collocazione nonprecisata.L’inventario più antico di cui disponiamosi trova nella Bibbia di Alcuino (IX secolo)su una pagina lasciata in bianco tral’Ecclesiaste ed i Paralipomeni; sono elen-cate senza un ordine definito.Per disposizione di San Carlo Borromeo,nel 1576 furono esposte sull’altare maggio-re del duomo dall’Arciprete GerolamoMaggiolini per il Giubileo indetto da PapaGregorio XIII.Per custodire le reliquie, tra il 1601 ed il1606 furono realizzati (da GiovanniTaurini) due grandi armadi in noce, (arma-di – tabernacolo), che vennero appesi allelesene dell’altare maggiore (nascondendo-ne e danneggiandone in parte gli antichiaffreschi). Le ante dei due reliquiari veni-vano aperte da un sacerdote in paramentisacri che vi saliva con una lunga scala; le

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Lembi del mantelloGiovanni Confalonieri

In occasione della memoria del transitodel Beato Luigi Talamoni, una semplice,ma intensa, cerimonia che ha fatto segui-to alla S. Messa prefestiva del 30 genna-io scorso, ai numerosi fedeli presenti èstata offerta da baciare una sua reliquia,a pochi passi dall’urna, perennementeaccessibile, che ne conserva le spogliemortali. Ho compiuto il gesto quasi mec-canicamente, non senza però chiedermiche senso avesse la venerazione dellereliquie per la Chiesa e quale sensoavesse per me.

Le reliquie per la ChiesaDa sempre la memoria dei testimonidella fede, i martiri, fu affidata alla vene-razione dei loro resti materiali (reliquie);

sulle loro tombe si celebrava l’Eucaristiadomenicale, (ad esempio nelle catacom-be, non tanto per nascondersi, ma peressere loro vicini ed ottenerne l’interces-sione).Persecuzioni permettendo, gli edificisacri sorsero in luoghi segnati dallevicende terrene di Gesù stesso, della

Vergine, di Apostoli, Martiri e Santi(basti menzionare la chiesa del S.Sepolcro e le numerose altre in TerraSanta, e la Basilica di S. Pietro a Roma,sorta proprio sopra la tomba di Pietro).Nella realizzazione di nuovi edifici litur-gici dislocati secondo necessità logisti-che, l’esigenza di prossimità a qualcosadi tangibilmente sacro portò a metterenella mensa stessa dell’altare, in unaapposita sede, delle reliquie (per chi neavesse la curiosità, nel portico nord delchiostro barocco, c’è una lastra di pietra,ritenuta la mensa di un altare dell’anticoDuomo, che mostra chiaramente l’incavoper le reliquie).

Le reliquie per i PotentiCi furono tempi in cui l’acquisizione direliquie assunse tale rilevanza che si eradisposti a grandi sacrifici, faticosi e peri-colosi viaggi e anche spese ingenti, perentrarne in possesso non solo per unvalore religioso, ma anche per il prestigiosul piano umano che ne derivava.Crociate a parte, notevole fu, ad esem-pio, l’acquisizione delle reliquie di S.Agostino ad opera di Liutprando, re deiLongobardi, che inviò (forse guidandolo)un esercito in Sardegna per acquistarledagli assediati Cagliaritani e sottrarlealla minaccia saracena. Fu così che leossa di S. Agostino, che dall’Africa eranostate portate in Sardegna per sfuggirealle incursioni Arabe (711), arrivarono aPavia (722-725), dove ancora si trovanoin un’arca marmorea nella chiesa di S.Pietro in Ciel d’oro.

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Carissimi,è ancora molto vivo in me il ricordo degliincontri che insieme abbiamo vissuto inoccasione della Visita pastorale al vostroDecanato di Monza.Porto nel cuore in particolare la solennecelebrazione eucaristica conclusiva, cheha visto la partecipazione di numerosifedeli. E’ stata una concreta e intensatestimonianza di fede e di unità tra tuttele componenti ecclesiali del Decanato.Questa visita ha costituito per me un’oc-casione unica e preziosa per conoscerepiù da vicino la grandezza e l’originalitàdella vostra storia, la forza di una tradi-zione di fede ancora molto presente eviva nel vostro territorio, i molti doni dicui le vostre comunità sono ricche, lenumerose attività pastorali per le qualisiete quotidianamente impegnati.I diversi momenti di incontro hanno fattoemergere come molte parrocchie siano incammino per promuovere tra loro signifi-cative esperienze di collaborazione. Sonopassi che esprimono con chiarezza lavolontà di intraprendere la strada diun’autentica pastorale di insieme. Viincoraggio molto a progredire con deci-sione lungo questo percorso. Nell’omeliadel Giovedì Santo del 2006 dicevo: “Lamissione che ci è affidata è una impresatroppo grande e una grazia troppo altaperché si possa immaginare che siameglio viverla da soli piuttosto che insie-me con il Vescovo e i confratelli” (Pretimissionari per una rinnovata pastoraled’insieme, pp. 12-13).E’ per favorire una sempre più profondapastorale di insieme che vorrei offrirvialcune indicazioni molto concrete.Il paziente lavoro, l’attenta lettura del ter-ritorio e la lungimiranza pastorale deipresbiteri hanno già permesso di elabora-re, insieme con il Vicario Episcopale di

Zona e il Decano, una mappa delDecanato così articolata, città per città:

Monza- Una prima Comunità pastorale è statada pochi mesi istituita e sta muovendo isuoi primi passi con la piena disponibili-tà dei sacerdoti e dei laici, espressa neiConsigli pastorali, a crescere nel segno diun’autentica corresponsabilità. E’ laComunità Pastorale dell’Ascensione delSignore, composta dalle parrocchie di S.Biagio, S. Pio X e S. Gemma in Monza,che allargano la cura della pastorale gio-vanile anche alla parrocchia S. Stefano diVedano al Lambro.- Una Unità pastorale – quella tra le dueparrocchie di Monza S. Carlo e S.Giuseppe – è stata attiva per tre anni.Ora, compiuto il cammino di preparazio-ne, si è evoluta in Comunità pastorale,comprendendo anche la parrocchia SacroCuore al quartiere Triante e prendendo ilnome di Santissima Trinità d’Amore. Laparrocchia S. Fruttuoso vi è aggregatalimitatamente alle attività di pastoralegiovanile: questa collaborazione rappre-senta una prima significativa tappa perun successivo e progressivo coinvolgi-mento nell’insieme della Comunitàpastorale.- Un’altra Comunità pastorale è già stataufficialmente annunciata e comprenderàla vasta area di Monza sud con le parroc-chie Regina Pacis e SS. Giacomo eDonato, già unite da 4 anni in Unitàpastorale, insieme con le parrocchie di S.Rocco e S. Alessandro, a loro volta uniteda anni in Unità pastorale. Questa nuovaComunità pastorale è in fase di avanzatapreparazione e inizierà il suo camminonell’autunno del 2010.- Anche le parrocchie Sacra Famiglia alquartiere Cederna, S. Ambrogio e Cristo

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Visita Pastorale Decanale

L’arcivescovo ci ha inviato la sua lettera pastorale.

vere e proprie reliquie dei Santi nonerano visibili perché, singolarmente oraggruppate, erano avvolte in una sortadi cuscino rosso (il colore del martirio edella gloria eterna) che riportava su car-tigli bianchi i nomi dei Santi titolari dellereliquie. L’Archivio Capitolare conservain un manoscritto l’elenco fatto nel 1602da Cristoforo Degano delle reliquie con-tenute negli armadi sospesi (detti inseguito anche “Depositi laterali”).Questi grandi reliquari furono tolti dallelesene dell’altare maggiore nel 1957 ecollocati nella Sacrestia, a destra di chientra. Si possono così osservare agevol-mente.Armadi e reliquie furono oggetto diriordino e pulitura in varie riprese.L’ultima riferita negli appunti delMaestro G. Chichi, fu nel giugno 1991 adopera di due giovani oratoriani (GiorgioSpada e Marco Vimercati), che pulironoreliquari e reliquie stilandone un accura-to elenco.

E per me?Fatta questa arruffata escursione tra lereliquie presenti nel nostro Duomo (e vi

sarebbe ancora molto da menzionare), siripresenta la domanda iniziale sul sensodel bacio di una reliquia.Venerazione, devozione, preghiera, rac-comandazione, umiliazione …… prote-zione, comunione, superstizione….;quante sfumature può avere il culto deiSanti. È ben noto che uno dei cardinidello scisma protestante fu proprio l’op-porsi a certe esagerazioni su reliquie edindulgenze, con manifestazioni trasbor-danti nel peccato di idolatria e simonia.Ma restando sui binari tracciati daRoma, la fede in Gesù, risorto, vivo epresente, non ha subito svuotamenti divalori a causa della venerazione dellaVergine e dei Santi, anzi!.....A dare una possibile risposta all’intimadomanda di senso per il bacio della reli-quia mi è venuta in soccorso la prima let-tura della messa di Domenica 7 febbraio,quella della chiamata di Isaia (Is. 6, 1-13);si parla di una visione in cui i lembi delmanto del Signore riempiono il Tempio

ed un fumo avvolge tutto. Non potreb-bero essere lembi del mantello di Dioanche le reliquie la cui rilevanza oggi unpo’ trascuriamo? Sono cose tangibili percollegarci ad un Dio nascosto e trascen-dente, ma che ci vuole vicini in formaconcreta e ci chiama, avvolti in una nubedi preghiera.

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cazioni del Vicariato per la Vita Sociale.Anche le vostre tre città devono sentirsiimpegnate ad offrire qualche utile indica-zione e magari ad avviare qualche formadi sperimentazione per contribuire ailavori del “cantiere aperto” della pastora-le giovanile. Curate in modo particolarela formazione di educatori motivati ecapaci di ascolto e dialogo con i giovanidi oggi, accogliendo le proposte delServizio di pastorale giovanile diocesano.Non manchi una puntuale attenzione allapastorale scolastica. Il vostro territorio èricco di scuole di ispirazione cristiana chepossono offrire un contributo notevoleper la formazione dei ragazzi e dei giova-ni.Le vostre comunità si impegnino adentrare in dialogo con esse. Fate in modoche laici preparati siano presenti anchenelle scuole pubbliche, che raccolgonomigliaia di studenti provenienti da tuttala Provincia.Vi chiedo di dare nuovo slancio allapastorale familiare, curando la formazio-ne di operatori pastorali in grado di stareaccanto alle famiglie che vivono situazio-ni di difficoltà e di accompagnare nellafede le giovani coppie e i genitori chedomandano il Battesimo per i loro figli.Una maggiore e più costante attenzionesia riservata agli immigrati.Sappiate essere accoglienti nei loro con-fronti, promuovendo anche percorsi chefavoriscano una loro effettiva e serenaintegrazione nella vita delle vostre città.Vi invito anche a tenere sempre aperto ildialogo ecumenico, in particolare con lecomunità ortodosse, molto numerose evive nel vostro territorio.Nel vostro Decanato ho incontrato diversireligiosi, religiose e persone consacrate.Mentre li ringrazio per la loro preziosa

testimonianza, desidero invitarli a rende-re ancora più incisiva la loro presenzanelle comunità, arricchendole della graziadel carisma specifico del proprio Istituto.Una particolare attenzione, infine, deside-ro riservare alla città di Monza, elevatarecentemente al rango di capoluogo diProvincia.Monza è la terza città di Lombardia e vivei problemi, le tensioni, i cambiamenti tipi-ci delle grandi città del nostro tempo.Le comunità cristiane sappiano mostrarsivive nel tessuto cittadino, contribuendo apromuovere la cultura del rispetto delladignità della persona umana, dellaresponsabilità di tutti per la costruzionedel bene comune, della solidarietà soprat-tutto nei confronti dei più deboli.E’ in primo luogo nei diversi ambientidella vita quotidiana che i cristiani sonochiamati ad offrire una testimonianzacoerente, che possa risvegliare le coscien-ze di molti. Sappiate fare vostra la pre-ziosa eredità spirituale del Beato LuigiTalamoni, sacerdote monzese che intempi ancora più difficili dei nostri si èspeso per il bene della sua città e perl’edificazione spirituale di moltissimepersone. Vi affido queste indicazioninella certezza che potranno contribuire aguidare e a sostenere il vostro camminoquotidiano per essere autentici testimonidel Vangelo e per rinnovare lo slanciomissionario. La comunione che saretecapaci di costruire tra voi diventerà unsegno prezioso e una grande, concretatestimonianza dell’amore di Dio in mezzoal suo popolo. Di vero cuore benedico cia-scuno di voi e le vostre comunità.

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Re hanno già condiviso, sia come pre-sbiteri sia a livello di Consigli pastorali,la prospettiva di costituire unaComunità pastorale e ad essa si stannopreparando con molta convinzione edisponibilità.- Le parrocchie centrali, S. GiovanniBattista al Duomo e S. Gerardo alCorpo, hanno iniziato ad incontrarsiper avviare forme di più intensa colla-borazione.

BrugherioLe tre parrocchie della città, S.Bartolomeo, S. Paolo e S. Carlo, hannocompiuto, insieme con la parrocchia diS. Albino di Monza – che conta il mag-gior numero di abitanti proprio nel ter-ritorio di Brugherio – un significativo econdiviso percorso di preparazione allacostituzione dell’unica grande Co-munità pastorale della Epifania delSignore, che ha visto la luce in questigiorni.

VillasantaQuesta città comprende tre parrocchie:S. Anastasia, S. Fiorano e S. Giorgio alparco (in territorio di Biassono). Chiedoa queste comunità di avviare un’intensae decisa collaborazione, tesa alla promo-zione di una concreta “pastorale diinsieme”, oggi sempre più necessaria,così da dare vita ad una futuraComunità pastorale.E’ significativo che alla definizione diquesto quadro abbiano contribuito ipreti e molti consacrati e laici, membridei vostri organismi di partecipazione,con grande apertura e disponibilità.Nella consapevolezza che ognuno deicambiamenti delineati domanderàpazienza, sacrificio e qualche fatica, vi

esorto ad andare avanti con determina-zione e coraggio, guardando al domanicon fiducia, perché è questa la stradache vi permetterà di affrontare con rin-novato slancio missionario le sfide chequesto nostro tempo ci presenta.Sono certo che saprete allargare losguardo anche oltre il già ampio raggiodelle nuove Comunità pastorali, tenen-do presente l’orizzonte dell’interavostra città, mi riferisco in particolare aMonza. Anzi sono sicuro che individue-rete con sapienza gli elementi comuniall’intero Decanato, condividendo inesso le scelte pastorali e trovandovi unluogo di sostegno e fraternità.Invito pertanto tutte le vostre comunità,attraverso un costante confronto inambito decanale, a definire in modoconcreto i passi da compiere insieme,collaborando tutti ad edificare leComunità pastorali progettate o appenaavviate.Vi chiedo, in particolare, di predisporreopportuni e qualificati itinerari per laformazione degli operatori pastorali edi avere molta cura nell’individuare enel sostenere vocazioni per le nuoveministerialità, in vista di un autenticoesercizio della corresponsabilità eccle-siale.Sappiate valorizzare il Consiglio pasto-rale decanale, organismo sempre piùsignificativo per confrontarvi su temi eproblemi comuni e per promuovere ini-ziative pastorali condivise.Raccomando la costituzione di alcunecommissioni decanali oggi mancanti:quella per la Pastorale Scolastica, quellaper la Cultura e il Dialogo, quella per laEvangelizzazione e la Missione; e diripensare la Commissione perl’Impegno sociopolitico secondo le indi-

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Iazer. Poi andarono in Gàlaad e nelpaese degli Hittiti a Kades; andaronoa Dan. Poi girarono intorno a Sidòne;andarono alla fortezza di Tiro e intutte le città degli Evei e dei Cananei efinirono nel Negheb di Giuda aBersabea” (2Sm 24,4-7).Le popolazioni sono diverse, indigenee anche semiti per le migrazioni diqueste genti iniziate nel terzo millen-nio a.C.. Nell’elenco i Cananei sonoun gruppo; nei documenti mesopota-mici dal secondo millennio gli abitan-ti di Canaan sono chiamati Cananei: ilnome del territorio è divenuto ancheil nome degli abitanti. Nei secoli 13-12a.C., in connessione con le migrazionidei “popoli del mare” - e negli stessitempi dell’uscita delle tribù israeliti-che dall’Egitto - giunsero i Filistei, chesi stanziarono nella pianura costiera,organizzati in confederazione di cin-que città, Ašdod, Aškelon, Gaza,Ekron e Gat. In un’iscrizione del reassiro Adad-nirari III (810-783 a.C.) silegge per la prima volta il nome delterritorio “Filistea”, da cui“Palestina”, usato per la prima voltain greco da Erodoto, V sec. a.C. e inlatino da Plinio, I sec. d.C.. Con l’im-peratore Adriano (117-138 d.C.)“Palestina” designa la terra diCanaan.I confini settentrionali sono, da est aovest, le falde del monte Hermon (m2814), le pendici meridionali delLibano lungo la linea che giunge aTiro sul mare. Quelli meridionali sonole zone aride e desertiche a sud diBersabea e del Mare Morto, fino alMare Rosso.È il territorio, da nord a sud, indicatonella Bibbia “Da Dan a Bersabea”(cf.

Gd. 20,1; 1Sam. 3,20). A est vi è ladepressione del fiume Giordano. Essoha le sorgenti ai piedi dell’Hermon aduna altitudine di c. 550 m.; dopo 10Km entra nel lago di Hule, che è a 70m sul livello del mare; sfocia, dopo 16Km, nel Lago di Tiberiade, dettoanche Mare di Galilea, che è già 212m sotto il livello del mare; con uncorso molto tortuoso, in una valle, el-Ghor, lunga c. 200 Km il fiume termi-na nel Mare Morto a 304 m sotto illivello del mare, con il fondo a c. 800m: è la configurazione geograficaunica sulla terra. A 14 Km nord delMare Morto vi è Gerico.La regione settentrionale è l’AltaGalilea montuosa, con vette ancheoltre i 1000 m; la Bassa Galilea è colli-nosa tra i 400 e i 580 m. Una di questecolline è Nazaret; una’altra è il Tabor,ritenuto il monte della trasfigurazionedi Gesù.La zona costiera è a nord molto stret-ta, si allarga fino a 10 Km verso losperone del Carmelo e la città portua-le di Giaffa.È la piana molto fertile di ha-Šaron,con agrumeti, oliveti e vigneti. A suddelle colline si distende la pianura diEsdrelon, irrigata dal biblico fiumeCison, (cf. Gd. 4,7.13) e dal Gialud.Nella pianura vi sono le due cittàbibliche di Meghiddo e di Bet-Še’an.Essa era ed è tuttora attraversata daimportanti vie tra la Mesopotamia, laSiria e L’Egitto.A sud della pianura si trova il massic-cio montuoso centrale della Samariacon le due vette del Garizim (881 m) illuogo sacro dei Samaritani, edell’Ebal (940 m) separati dalla valledove sorgeva la biblica Sichem, la

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“Il Signore disse ad Abram: "Vàttenedal tuo paese, dalla tua patria e dallacasa di tuo padre, verso il paese cheio ti indicherò…. Abram dunqueprese la moglie Sarai, e Lot, figlio disuo fratello, e tutti i beni che aveva-no acquistati in Carran e tutte le per-sone che lì si erano procurate e siincamminarono verso il paese diCanaan. Arrivarono al paese diCanaan” (Gn. 12,1.5).Canaan è il nome del territorio aovest del fiume Giordano fino allacosta del mare, confinante al nordcon la regione montuosa del Libano

e al sud con l’Egitto. Ilnome è attestato in docu-menti mesopotamici delsecondo millennio a.C..Nella Bibbia Canaan è ilnome della terra promessa:“In quel giorno il Signoreconcluse questa alleanzacon Abram: "Alla tuadiscendenza io dò questopaese dal fiume d'Egitto algrande fiume, il fiumeEufrate; il paese dove abita-no i Keniti, i Kenizziti, iKadmoniti, gli Hittiti, iPerizziti, i Refaim, gliAmorrei, i Cananei, iGergesei, gli Evei e iGebusei” (Gn. 15,18-21). Laterra qui promessa com-prende anche territori adest del Giordano. I confinidel territorio occupato dalletribù d’ Israele variarono.Quando le tribù, dopo laliberazione dalla schiavitùin Egitto e la peregrinazionenel deserto sotto la guida diMosè, intrapresero l’entrata

nella terra di Canaan sotto la dire-zione di Giosuè, due tribù e mezzo,Ruben, Gad e metà di Manasse, abi-tavano già nel nord dellaTransgiordania, (cf. Gs. 1,12-13).L’estensione maggiore fu al tempodi Davide e di Salomone, secondo leindicazioni per il censimento volutoda Davide. “Ioab e i capi dell' eserci-to si allontanarono dal re per fare ilcensimento del popolo d'Israele.Passarono il Giordano e cominciaro-no da Aroer e dalla città che è inmezzo al torrente di Gad e presso

La terra di Canaandon Raimondo Riva

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L’albero della vita

ACCOLTI NELLA NOSTRA COMUNITA’ACCOLTI NELLA NOSTRA COMUNITA’Arrigoni Marco LuigiArrigoni Marco LuigiBattegazzore AureliaBattegazzore AureliaDe Luca CarolinaDe Luca Carolina

RITORNATIRITORNATIALLA CASA DEL PADREALLA CASA DEL PADRERovelli SilvanaRovelli SilvanaColombo Giancarlo LorenzoColombo Giancarlo LorenzoMapelli TeresaMapelli TeresaLazzaroni PasqualeLazzaroni PasqualeGarruba MarioGarruba MarioEpis Giacoma FrancescaEpis Giacoma FrancescaCantalle AurelioCantalle AurelioBergomi GiuseppinaBergomi GiuseppinaViganò CarloViganò CarloBuratti LorenzoBuratti Lorenzo

città di Samaria, capitale del regnoisraelitico del nord, e vi è l’attualeNablus.A sud dell’altipiano di Lubban vi èla regione montuosa della Giudea.L’altitudine è da poco più di 700 mfino a 1020 nella zona di Hebron. Sulcrinale tra est ed ovest della partemediana vi è Gerusalemme a 780 m.Ad est, dal monte degli Ulivi è laripida discesa del Deserto dellaGiudea, verso la depressione delvalle del Giordano.Da Hebron il terreno degrada a for-mare il Neghev, limite desertico delsud. A ovest delle alture della dorsa-le centrale e a sud del promontoriodel Carmelo si incontrano le bassecolline della Šefelah, luogo dei fre-quenti scontri tra Israeliti e Filistei.Questi abitavano la pianura costierafino a Gaza, appunto la Filistea.La regione ad est del Giordano, laTrans-giordania, è montuosa, conpendii scoscesi verso la valle delGiordano e terminante a est con ildeserto.È divisa trasversalmente dai solchiprofondi e stretti dei fiumi sfociantinel el-Ghor.A nord del fiume Jarmuk la regionedel Golan, alto tra i 600 e gli 800 m;tra lo Jarmuk e lo Jabboq è ilGhilead, alto tra gli 800 e 900 m, conun picco fino a 1300 m, qui si trova-va la città ellenistico-romana diGeraš; la regione a sud fino al fiumeArnon è chiamata el-Belqa’a, conmonti tra gli 850 e i 1000 m, la cittàimportante è Amman.In questa regione, a nord-est delMare Morto, si accamparono gli

Israeliti usciti dall’Egitto, prima diattraversare il Giordano; qui, sulmonte Nebo, morì Mosé.L’ultima regione, la più alta, tra i1100 e i 1200 m, a sud dell’Arnon,che sfocia nel Mare Morto, è il Moab,la cui popolazione cercò di opporsi,senza successo, agli Israeliti in mar-cia verso la terra promessa.Nelle regioni settentrionali dellaTransgiordania, nel periodo elleni-stico-romano, sorsero città, da 12 a14, accomunate dalla cultura elleni-stica, e il territorio si chiamòDecapoli.Una di queste città fu Pella, dove sicostituì una comunità dei discepolidi Gesù e dei nuovi convertiti, scam-pati alle prime persecuzioni aGerusalemme.Terra di Canaan, terra promessa,Palestina: regione tra i grandi regnidi Mesopotamia e d’Egitto, regionedi scambi culturali e commerciali,contesa dalle potenze, soggetta adinvasioni e distruzioni; qui unafamiglia e un gruppo di tribù schia-ve in Egitto divenne un popolo, chenon fu mai una grande potenza sto-rica, ma la cui storia e le cui memo-rie sono la storia - l’incarnazione –dell’azione di Dio per la salvezzadell’uomo nella sua storia di male.Qui il Verbo del Padre, il Figlio diDio, pienezza di grazia e di verità,ha posto la sua abitazione, si è rive-lato fattosi carne: il Verbo incarnato,uomo nel tempo e sulla terra dell’uo-mo.

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Autorizzazione del Tribunale di Monza3 settembre 1948 - N. 1547 del Reg.

Direttore responsabile: MICHELE BRAMBILLAEdito da Parrocchia San Giovanni Battista - Monza

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IN CASO DI MANCATO RECAPITO RESTITUIREAL MITTENTE CHE SI IMPEGNA A PAGARE

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