Anno XVI - n. 2 Dicembre 2019 - Copia gratuita · lunatici, discontinui. Come voi. Non siamo...

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I I l l G G a a z z z z e e t t t t i i n n o o d d i i S S . . C C a a t t e e r r i i n n a a d d a a S S i i e e n n a a Parrocchia S. Caterina da Siena Via Populonia, 44/48 - 00183 Roma Tel. 06 70490091 www.santacaterinaroma.it e-mail: [email protected] P@role Nuove A A n n n n o o X X V V I I - - n n . . 2 2 D D i i c c e e m m b b r r e e 2 2 0 0 1 1 9 9 - - C C o o p p i i a a g g r r a a t t u u i i t t a a

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Parrocchia S. Caterina da SienaVia Populonia, 44/48 - 00183 Roma

Tel. 06 70490091www.santacaterinaroma.it

e-mail: [email protected]

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Editoriale

Da Sant’Elena a Santa Caterinacon l’amore nel cuore

Quand'ero a Sant'Elena, ancora dieci anni dopo il mio insediamento passava gente in parrocchia e mi apostrofava"lei è il nuovo parroco?". Vorrei evitare che questo possa accadere anche qui, ed ecco perchè sono qui a raccontarmi sullepagine del nostro giornale.

Mi chiamo Stefano RULLI e sono nato a Roma 56 anni fa. La mia vita si è svolta all'ombra del Cupolone, in viadelle Fornaci, dove ho vissuto fino all'età di 24 anni quando sono entrato in Seminario. Tutta la miaformazione umana e spirituale, oltre che in famiglia, è avvenuta all'interno dello scoutismo dove homesso piede per la prima volta alla tenera età di 7 anni.

Ho ricevuto la Cresima a 22 anni, e da lì è iniziato il cammino di discernimento che mi ha con-dotto al sacerdozio. Sono stato ordinato il 2 maggio 1993 in San Pietro da san Giovanni Paolo II. Ilmio sacerdozio è vissuto in diverse parrocchie di Roma anzitutto come viceparroco: San Pio V a VillaCarpegna; Nostra Signora di Guadalupe a Monte Mario; san Domenico di Guzman a Cinquina. Nel2003 sono diventato parroco a Sant'Elena al Pigneto e, dopo 16 anni, comincio una nuova avven-tura qui. Natale è la prima festa importante che vivo con voi.

Vorrei condividere un brano del Vangelo di Matteo che è sempre stato per me fonte d'ispirazione,la cosiddetta "genealogia di Gesù": si trova al capitolo 1, versetti 1-17. Se potete andatelo a leggereprima di proseguire queste mie righe. Innanzitutto dobbiamo ammettere che è il brano più noioso delVangelo e uno dei più noiosi dell'intera Bibbia. Se entriamo un poco nel dettaglio di questo lungoelenco di persone scopriamo cose interessanti. Ad esempio notiamo che il Signore ha scelto Isacco enon Ismaele, suo fratello ma soprattutto primogenito. Poi notiamo che ha scelto Giacobbe invece diEsaù, che fu ingannato dal fratello e perse la primogenitura. Infine scelse Giuda al posto del fratelloGiuseppe, unico giusto tra tutti i suoi fratelli che non si fecero scrupoli nel venderlo e nel cercare di ucciderlo.

Se avessimo tempo e spazio per proseguire scopriremmo tante altre cose interessanti, ma il significato finale noncambierebbe: la genealogia scritta da Matteo vuole dirci che la storia di Gesù è popolata di peccatori e di santi in egualmisura, ed è scritta sulle righe storte di mentitori, traditori e immorali, e non soltanto su righe dritte. Alcune di questerighe sono le nostre esistenze e le nostre testimonianze. Matteo sconfessa chi si sente irrilevante e troppo insignificanteper contribuire alla prosecuzione della storia di Gesù Cristo nel mondo. È bello sapere che Gesù viene proprio per cia-scuno di noi, nonostante tutto, e che il suo primo ed unico desiderio è amarci. Viene ad abitare la grotta della nostravita non per farne un palazzo splendente ma per renderlo accogliente ai fratelli e sorelle di questo nostro tempo.

In un 'epoca in cui tanti alzano muri, noi apriamo le nostre porte e soprattutto i cuori: senza amore nulla di ciò chefacciamo ha valore. Ripensiamo a tutti i gesti del Natale ormai prossimo (il presepe, l'albero, i regali, il cenone...) e cer-chiamo di condirli con tutto l'amore di cui siamo capaci.

Se posso farvi un augurio, sia quello di avere sempre il cuore colmo d'amore.Buon Natale

Don Stefano

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SommarioDa Sant’Elena a Santa Caterina... 2Il ricordo dei “miei” sacerdoti 3La Locandiera e la Croce 4Amazzonia e non solo 5La catechesi del Buon Pastore 6-7Ti ho chiamato per nome 8Parole giovani 9La cena natalizia dei senza fissa dimora 10Sant’Elena a Roma 11In bacheca 12

In copertina: La messa di ingresso a Santa Caterina di don Stefano

P@role Nuove

Direttore responsabile:

don Stefano Rulli

Segretari di redazione:

Francesco Grant

Capi servizio:

Alessandro Panizzoli

Maurizio Lisanti

Computer grafica:

Luca Luciani

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P@role Nuove - 3

H o avuto la grazia, fin dallamia nascita, di conosceretanti sacerdoti, chiamati a

servire la comunità parrocchiale di SantaCaterina da Siena. Non è facile in pocherighe ricordarli tutti, essendo quasi 50anni di vita. Dietro ad ogni nome c’è un

volto, una sto-ria, una retedi amicizieper generazio-ni diverse diparrocchiani.Per ognunoc’è un grazie,per chi è statopoco tempo eper chi è statoa lungo.

Il ricordodi don PietroS i g u r a n i ,primo parro-

co dal 1971 al1975, è legato all’inizio della comunità, al“prefabbricato”, alla sua capacità di frater-nità e di animazione con tutti. A lui lacomunità di Santa Caterina – il suo“primo amore” – deve l’inizio della suabella storia. Lo ricordo con affetto, quan-do alla novena di Natale faceva cantare anoi bambini: “Caro Gesù bambino”. Loricordo nelle vacanze comunitarie in mon-tagna, a Dobbiaco nel 1973 e a Cogne nel1975, momenti indimenticabili di frater-nità e di bellezza. A lui un grande grazie,come a don Mario Piasentin, veneto “tra-piantato” a Roma in quegli anni, vicepar-roco; a don Giuseppe Attard (ordinato nel1972), maltese, a don Antonio Tedeschi(nel 1973) e a don Guido Peressini (nel1974), che iniziarono tutti il loro ministe-ro sacerdotalea Santa Caterina. Ricordovagamente la prima messa di Don Guido,giovane prete appassionato dei giovani,che ci aiutò nel delicato passaggio di par-roci, garantendo la continuità pastoralecon uno stile familiare, tra don Pietro edon Aldo.

Per don Aldo non basterebbe un libro(che spero prima o poi faremo) per descri-verne qualcosa. È stato un padre, presente.Sempre. Per ventisei anni parroco (1975-2001), dedito fino alla morte ai suoi figli,con un’attenzione a tutto e a tutti, con ilcuore del buon Pastore. Ricordo con emo-zione quando gli ho confidato la mia voca-

zione, stupendomi del fatto che lui già l’a-vesse intuita. Ricordo la sua emozionequando mi accompagnò dal rettore delSeminario e conservo con cura la letterache mi scrisse il giorno prima del mioingresso. Di don Aldo ho cercato di pren-dere qualcosa nel mio ministero di parro-co, le sue piccole attenzioni, la sua pater-nità spirituale, il suo semplice trattoumano, indispensabile per un sacerdoteche voglia toccare le corde più sensibilidella sua gente.

Don Aldo è stato padre per tanti sacer-doti, viceparroci e collaboratori, che sonostati presenti nella vita di Santa Caterina.Si affiancarono tanti collaboratori.

Vittorio Ricci è stato per noi bambinie ragazzi una presenza forte, simpatica, checi ha resi con semplicità amici di Gesù.Con lui, viceparroco per più di dieci anni,si affiancarono altri sacerdoti: il cugino didon Aldo, don Paolo Zega, per qualcheanno con noi, e poi don Ignazio Longo,umile e mite sacerdote siciliano, presenzaforte e discreta per almeno 6 anni (1977-1983), riferimento per giovani e famiglie.Ora ci precede in Paradiso, essendo mortogiovanissimo, a soli 55 anni.

Una presenza forte, sapiente e silenziosadi quegli anni è stata quella di donGioacchino Strambi, monaco camaldolesedi San Gregorio al Celio, che veniva ad aiu-tare in particolare per le confessioni e peralcune celebrazioni. Uomo di preghiera, èstato per tanti di noi una forte testimonian-za della presenza di Dio. Ho servito da dia-cono al suo funerale, al Celio, nel ‘93,gustando con commozione il momento incui Madre Teresa di Calcutta, presente alrito, si è chinata con affetto sulla sua bara.

Dopo don Ignazio arrivò il “periodocrotonese”, con la presenza breve e intensadi don Pino Caiazzo (ora arcivescovo diMatera), dal 1981 al 1983, e di donFortunato Morrone, fino al 1986. DonFortunato ha segnato il cammino del mioMR di quegli anni, donandosi senzarisparmiarsi, unendo alla formazione spiri-tuale quella culturale.

Nel frattempo, nel 1982 era arrivatodon Pino Cangiano, giovane prete roma-no, viceparroco fino al 1985. Nel 1985inizia una collaborazione stabile di donPiero Moneta (che durerà fino alla suamorte improvvisa, la domenica dellepalme 1998). Don Piero ha avuto unacura premurosa in particolare dei malati e

degli anziani, sempre sorridente, prontoalla relazione, con una faccia che ci ricor-dava don Camillo…

Dopo la partenza di don Fortunato, il1 gennaio 1987 arriva Donato Le Pera,seminarista del Seminario RomanoMaggiore, che diventerà prete e viceparro-co a novembre di quello stesso anno e saràcon noi fino al 1992. Don Donato è statoper tutti un fratello, un amico, un riferi-mento per i ragazzi e per i giovani. La suapresenza è stata un passaggio di gioia.

Nel 1992 diventa sacerdote donHumberto che sarà con noi fino al 2019…Non c’è bisogno di ricordarlo perché è pre-sente per ciascuno di noi, per tutto il tempoche ha dedicato a questa comunità, conamore e passione. Nel 1993 arriva anchedon Paolo Asolan, sacerdote studente, chestarà alcuni anni con noi, diventando puntodi riferimento per tanti giovani. E poi lastoria continua, con altri sacerdoti.

Ora che il Signore ha voluto, tramite lascelta del Cardinale Vicario, affidare a donStefano la nostra comunità, non posso chegioirne, essendo don Stefano mio compa-gno di seminario dagli inizi fino all’ordi-nazione sacerdotale; siamo stati poi vice-parroci insieme per quattro anni a NostraSignora di Guadalupe a Monte Mario, dal1998 al 2002.

Mi piace concludere, dando la parola adon Aldo, che così si espresse nell’omeliadella mia prima messa (2 maggio 1993):state vicini, fate sicurezza ai vostri preti!Accettate, amici, la nostra umanità. Accettacicosì come siamo: con tutto il bene che portia-mo, ma anche con i nostri limiti. Vogliatecibene anche quando siamo fragili, deboli,lunatici, discontinui. Come voi. Non siamodiversi! Per questo siamo più credibili: portia-mo il Signore nella nostra fragilità. Così vipredichiamo e proponiamo il Signore, non noistessi. Accettate il Signore in noi; vogliate beneal Signore, in noi. Poi dimenticateci, purchéamiate Dio. Ricordate le nostre parole, manon perché nostre, ma Sue! L’amore nostro è diDio!Quando saremo scomparsi dite soltanto:Dio è passato in mezzo a noi e ci ha fatti suoifigli e ci ha donato le speranze più vere. Allorail ministero del sacerdozio che oggi ci vede qui,commossi e festanti, sarà soltanto uno dei tanti"segni" che Dio pone sulla terra, il riflesso delsuo amore di Padre. Sarà la stupenda certez-za, il più bel viatico in questo cammino che ciporta verso la Patria.

don Paolo Ricciardi

Il ricordo dei “miei” preti

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LA LOCANDIERA E LA CROCEStoria della Parrocchia di Sant’Elena,

fino al sacrificio di padre Raffaele

Q ualche anno fa, nel 2013, laparrocchia di Sant’Elenafuori Porta Prenestina, da

dove proviene il nostro don Stefano, hacelebrato i cento anni della sua vita. È unedificio costruito sul modello delle chiesepaleocristiane, proprio all’inizio della viaCasilina, stretto tra la caotica carreggiata ela ferrovia.

Poco prima della Grande Guerra, PioX aveva deciso di edificarla in memoriadei 19° centenario dell’Editto di Milano,quello con cui l’imperatore Costantinoconcesse ai cristiani libertà di culto dopotre secoli di persecuzioni. E di dedicarla asant’Elena, la madre di Costantino, cheancora a Roma non aveva una chiesa cheportasse il suo nome. Ma perché propriolei?

Sant’Elena è legata indissolubilmentea quella zona di Roma. A pochi passi dallamoderna parrocchia, era stata lei a farcostruire, in una parte del PalazzoSessoriano, residenza dell’imperatore, laBasilica di santa Croce in Gerusalemme,per custodirvi il “tesoro”da lei riportato aRoma dopo un pellegrinaggio nei luoghisanti avvenuto nel 325. Sulle fondamentadi quella Basilica aveva fatto spargere unvelo di terra portato appositamente dallaTerrasanta.

All’epoca di sant’Elena, sul luogo dellaPassione di Cristo sorgevano due templipagani che l’imperatore Adriano avevafatto erigere per far cessare i pellegrinaggisempre più insistenti dei primi cristiani alGolgota e al sepolcro vuoto di Gesù. Persuo decreto, tutta la depressione che sepa-rava il monte Calvario dal sepolcro diGesù era stata riempita di terra e livellatacon materiale di riporto per permettere lacostruzione di quegli edifici.

Eusebio narra che Costantino, dopo laconversione, concepì il disegno di renderenuovamente accessibili ai cristiani quei luo-ghi e di erigervi la grande Basilica dellaResurrezione, l’Anastasis. Sua madre Elena

giunse a Gerusalemme durante i lavori didemolizione dei templi costruiti daAdriano, per pregare in quel luogo sacro.Era ormai quasi alla fine della sua vita.

Era nata nel 250 a Depurane, inBitinia, e solo in tarda età aveva abbrac-ciato la fede cristiana. Sant’Ambrogioparla delle sue umili origini. «Dicono»scrive Ambrogio «che dapprima ella fosseuna locandiera, conosciuta per la sua pro-fessione da Costanzo Cloro, divenuto poiimperatore»

Elena, giovane e bella, piacque a que-sto alto ufficiale dell’esercito romano chenel 273 la prese come sua concubina. Daquesta relazione nacque, nel 274,Costantino. Ma nel 292 Elena fu ripudia-ta da Costanzo Cloro, che nel frattempoera stato elevato alla dignità di Cesare enon poteva tenere accanto a sé una donnasenza nessuna nobiltà di nascita. La madredi Costantino rimase così nell’ombra finoa quando il figlio, divenuto imperatore, lachiamò di nuovo a corte onorandola coltitolo di Augusta.

Quando Elena partì per la Terrasantaaveva quasi ottant’anni. Sant’Ambrogio

ricorda il momento cruciale di quel viag-gio: «Si recò dunque sul Golgota, e i sol-dati videro quella vecchia donna, quellavecchia madre aggirarsi e inginocchiarsitra le macerie. “Ecco il luogo della batta-glia: dov’è la vittoria?” disse Elena: “Iosono sul trono e la croce del Signore nellapolvere? Io sono in mezzo all’oro e iltrionfo di Cristo tra le rovine?”».

E fece scavare fino a che non trovòquel tesoro. Si deve dunque a Elena ilmerito della “invenzione della VeraCroce”, cioè il ritrovamento del legno sucui Cristo fu crocifisso e degli strumentidella Passione.

«Una buona locandiera,» scrive ancoraAmbrogio «una buona locandiera davve-ro, perché preferì essere stimata spazzatu-ra per guadagnare Cristo. Perciò Cristo laelevò dal letame all’Impero, conforme aquello che sta scritto: “Solleva dalla terra ilbisognoso e dal letamaio rialza il povero”».

E da questo versetto del Salmo emergeanche la figura di uno dei parroci disant’Elena, padre Raffaele Melis, che cele-brò il trentennale della moderna parroc-chia durante la Seconda Guerra Mondiale,unendosi alle sofferenze di Cristo e offren-do tutto a Lui in una circostanza inaspet-tata e drammatica. Era il 13 agosto del1943, giorno del secondo bombardamen-to di Roma, dopo il devastante attacco cheaveva distrutto san Lorenzo poche setti-mane prima, quando un ordigno colpì inpieno, proprio di fronte alla parrocchia,un treno carico di soldati italiani rimpa-triati dall’Africa. In mezzo a quello scem-pio, Don Raffaele si gettò senza timore,con in mano l’olio santo, per portare ilconforto della fede e dei sacramenti aiferiti e ai moribondi. Ma una secondaondata di bombe lo lasciò pochi minutidopo a terra, così come fu ritrovato, con lamano destra nell’atto di benedire e la sini-stra che stringeva “gli strumenti della sal-vezza”.

Giovanni Ricciardi

La Chiesa di San’Elena bombardata nel 1943

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Papa Francesco ha voluto convocare unSinodo per l'Amazzonia che si è svoltonel mese di ottobre del corrente anno. Altermine è stato approvato un Documentodi 120 paragrafi, leggendo il quale ci sirende conto della portata “mondiale” del-l'evento.

L'Amazzonia. Il suo territorio siestende per 7,8 milioni di Kmq(circa 26 volte l'Italia) apparte-

nente a ben nove Stati sudamericani.Circa 5,3 milioni di kmq sono occupatidalle foreste tropicali, che costituiscono il40% della superficie globale delle forestenel mondo. «Secondoesperti internazionali,l’Amazzonia è la secondaarea più vulnerabile delpianeta, dopo l’Artico, inrelazione ai cambiamenticlimatici di origine antro-pica» . E questa è unaminaccia non solo per ilfuturo dell’Amazzonia. Laregione è fonte insostitui-bile di ossigeno e di acquadolce non congelata perl'intero pianeta, è unadelle maggiori riserve dibiodiversità . I suoi abi-tanti sono circa 34 milio-ni, oltre tre milioni indigeni (più di 390gruppi etnici). La loro vita, le culturesono tutte relazionate con l’acqua e con laforesta fluviale.

L'Amazzonia è un “segno dei tempi”.In quella regione si concentrano le grandisfide globali, dalla crisi socio-ambientaleal dramma delle migrazioni forzate, allaconvivenza tra culture e religioni differen-ti. Perciò, l’ascolto dell’Amazzonia «allaluce della Parola di Dio e della Tradizione,ci porta a una profonda conversione deinostri schemi e strutture, a Cristo e al suoVangelo». Una conversione integrale,attraverso cui «la Chiesa ha l’opportunitàstorica di prendere le distanze dalle nuovepotenze colonizzatrici [esercitando] inmodo trasparente la sua attività profetica»

Vengono indicati quattro cammini diconversione. 1) Conversione pastorale: laChiesa dev'essere missionaria e, dunque,con volto e cuore indigeno, contadino e

giovane. 2) Conversione culturale: è un’a-pertura sincera all’altro, visto non comemezzo di cui servirsi bensì come fratelloda cui si può imparare. In quest’ottica difraternità, si sviluppa l’alleanza tra indige-ni e Chiesa che si esprime in una sempremaggiore inculturazione della fede nellacarne dei popoli. Varie le proposte alriguardo: dalla creazione di una rete scola-stica bilingue amazzonica allo sviluppodell’educazione interculturale. 3)Conversione ecologica. In questi paragra-fi si parla, tra l'altro, di “peccato ambien-tale” . Il Documento denuncia con corag-

gio lo scempio prodotto dalle industrieestrattive. Ma più grave ancora è il dannorivolto alle persone, alla cultura, alla regio-ne come ambiente umano. Così la vita èminacciata dalla sistematica violazione deidiritti umani fondamentali dellapopolazione amazzonica: (diritto al terri-torio, alla delimitazione dei territori, all’autodeterminazione, alla consultazionee al consenso previo), a causa del predo-minio di interessi economici e politici .

Pertanto, nel tracciare nuovi camminidi sviluppo, «amichevoli» verso la casacomune, la Chiesa fa un’opzione chiaraper la «difesa della vita, della terra e delleculture originarie amazzoniche». Tra leproposte, spicca quella di un fondo mon-diale per coprire parte dei bilanci dellecomunità amazzoniche e la creazione diun osservatorio socio-ambientale-pastora-le che lavori in alleanza con i vari attoriecclesiali nel Continente a partire dal

Consiglio episcopale latinoamericano(Celam) e con i rappresentanti delle etnienative. 4) Conversione sinodale: l'accen-to viene posto sul diaconato e il sacerdo-zio; sulla partecipazione del laicato allavita e alla missione della Chiesa; sul supe-ramento delle difficoltà ad accedereall'Eucarestia e ai sacramenti da parte deifedeli che vedono il sacerdote una voltal'anno. L'orientamento è quello di creareun organismo ecclesiale regionale post-sinodale, al fine di attuare le propostevotate al Sinodo. Ad es., s'invoca l’istitu-zione di una Università Cattolica

Amazzonica basata sulla ricercainterdisciplinare, l’inculturazionee il dialogo interculturale nelrispetto dei costumi e delle tradi-zioni delle popolazioni indigene;elaborare un rito amazzonico chene “esprima il patrimonio liturgi-co, teologico, disciplinare e spiri-tuale ”.

La partecipazione del laicatova rafforzata e ampliata in parti-colare a partire dalla promozionee dal conferimento di “ministeri auomini e donne in modo equo”.“Il vescovo può affidare, con unmandato a tempo determinato, inassenza di sacerdoti, l'esercizio

della cura pastorale delle comunità ad unapersona non investita del carattere sacer-dotale, che sia membro della comunitàstessa”. In più, il Sinodo propone di stabi-lire criteri e disposizioni da parte dell’au-torità competente, per ordinare sacerdotiuomini idonei e riconosciuti della comu-nità, che abbiano un diaconato perma-nente fecondo e ricevano una formazioneadeguata per il presbiterato, potendo avereuna famiglia legittimamente costituita.Naturalmente questa prospettiva è statada molti indicata a livello della Chiesauniversale. Il Sinodo mette in luce comedalle numerose consultazioni inAmazzonia sia stato sollecitato “il diaco-nato permanente per le donne”. La pro-blematica del diaconato femminile è inte-ressante per tutta la Chiesa. Ne parleremonel prossimo numero.

Alessandro Panizzoli

AMAZZONIA E NON SOLO UN SINODO DI PORTATA MONDIALE

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Perchè la catechesi del Buon Pastore. Il catechismo si basa sulla trasmissio-

ne di contenuti di fede al bambino attra-verso l'insegnamento dell'adulto.

La catechesi del buon Pastore è espe-rienziale, non si spiega, si fa; non si"deve" fare, si fa con "gioia"; non si ascol-ta il catechista, piuttosto il bambino e ilcatechista ascoltano insieme la Parola. Èuna catechesi meditativa che sa contem-plare, che sa riconoscere il dono della vitache ci circonda, sa accoglierlo, essernericonoscente e lodare il Signore. Perchè ilbambino è un essere pro-fondamente metafisico.

È una catechesi cherispetta le fasi di sviluppodel bambino, ma soprat-tutto le sue esigenze vita-li, che sono le esigenze disentirsi amato, cercato,protetto (dai 3-6 anni); disentirsi guidato da unaPersona che ci perdonasempre (6-9 anni), e daprendere a modello (9-12anni) perchè ha dato lasua vita per me, per noi,ed è Risorto, dando cosìrisposta alla domandacentrale sulla vita e sullavita eterna.

È una catechesi edu-cativa, non perchè impartisca regole for-mali, ma perchè educa a un approcciodella realtà nella sua dimensione misterio-sa e onnicomprensiva. Suscita infatti lostupore, che è la capacità di leggere inprofondità attraverso la concentrazionesullo stesso oggetto: un seme di senapa, laperla preziosa… Ai bambini bisogna darel'essenziale, le cose importanti, non gliinfantilismi. La Parola con loro non puòessere banalizzata, o resa forzosamentedivertente! E la gioia profonda che espri-me il bambino a quest'annuncio lo rendeconsapevole della sua dignità di persona.

È una catechesi di libertà perchèintroduce ad un'etica non del "tu devi",

ma, "tu sei.., quindi puoi"; come sarebbebello un mondo così…

La novità reale di questa catechesiperò sta nel fatto che non è solo una cate-chesi per bambini, piuttosto aiuta l'adul-to ad assumere il punto di vista del bam-bino, non per un improvvisato psicologi-smo, ma perchè il bambino è la "misura"per entrare nel Regno dei cieli. Invita ascoprire "un altro" punto di vista, prima-rio, non sovrastrutturale, semplice manon semplificato, piuttosto essenziale.Riconosce una gerarchia delle verità e

quindi è catechesi ecumenica e interreli-giosa.

Per questo è una catechesi kerigmati-ca, annuncia cioè il centro della fede,capace di illuminare tutta la vita della per-sona e la storia del mondo nelle tredimensioni di passato, presente e futurocelebrate nell'Eucarestia.

Perchè proprio "del buon Pastore"?Perchè il buon Pastore chiama le suepecore per nome, le conosce una ad una,non si dà pace fin quando non ritrovaquella che si perde e fa festa con gli altriquando la ritrova e soprattutto è dispostoa dare tutto se stesso per le sue pecore,anche la sua vita affrontando il lupo e il

mercenario, perchè la vita delle pecore èpiù importante della sua!

Ecco allora che nella parabola delbuon Pastore ritroviamo tutti gli aspettipiù importanti della nostra fede: l'amoredi Dio, che ci chiama a costituire unpopolo, il suo, fondato su un atto diamore totale che ci prospetta il compi-mento nella vita eterna.

E una catechesi per i piccoli, ma cheparla profondamente anche ai grandi.

Simonetta Pasquali

L'esperienza di unamamma dell'Atrio

Da mamma didue bambini chefrequentano l’atrioormai da più di treanni posso dire chedue cose mi hannocolpito: il silenzio ela profondità di cui ibimbi piccoli sonocapaci (i miei figlihanno iniziato l’a-trio quando avevanorispettivamente 3 e5 anni). Quello checome mamma hoosservato nei miei

figli nel corso di questi anni mi ha fattocosì tanto innamorare della catechesi delbuon pastore da desiderare io stessa dimettermi al servizio in questo percorsocome catechista per altri bambini.

Per quanto riguarda il silenzio, ricor-do che noi genitori, le prime volte chetornando a prendere i nostri figli aspetta-vamo fuori dalla porta dell’atrio, eravamoa dir poco stupiti dal fatto che da dietroquella porta, dopo un’ora e mezza di cate-chesi, non si sentisse un fiato. Abituatialle urla gioiose, ai pianti capricciosi, aimovimenti rumorosi dei nostri figli, era-vamo letteralmente sconvolti dal fatto chetutto ciò ogni volta scompariva, o quasi,

LA CATECHESI DEL BUON PASTORR EE,UN'ESPERIENZA CHE COINVOLGE ADULTI E BAMBINI

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in quel posto che sembrava incantatodove loro trascorrevano un pomeriggio asettimana, per poi ricomparire puntual-mente appena mettevano piede fuori dalì. Quello che come mamma ho iniziato aintuire e che come catechista ora conmeraviglia osservo è che i bambini,soprattutto i più piccoli, hanno un inna-to e profondo bisogno di silenzio; è che ibambini sono bravissimi a capire l’impor-tanza del silenzio e che quindi, se vieneofferto e non imposto loro, vi aderisconospontaneamente e felicemente. Ai bambi-ni, prima di entrare nell’Atrio, viene solodetto che lì dentro, essendo quello unposto speciale e prezioso in cui si lavoraper conoscere Gesù e per prepararsi adincontrarlo, è importante parlare a bassavoce, e muoversi piano piano per non farrumore; il catechista è il primo a vivere inogni momento questo silenzio nell’atrio,anche quando qualche bambino fa rumo-re, e i bambini capiscono così molto pre-sto e istintivamente l’importanza di quel-la semplice regola e allo stesso tempo negodono pienamente: il silenzio è necessa-rio per imparare ad ascoltare l’Altro e glialtri, per pregare, per rispettare il lavororeciproco, per stare in pace e dunque peressere felici.

Il secondo aspetto che mi ha colpito,ascoltando quello che dicono i miei figlinei momenti più inaspettati, osservando iloro disegni od origliando il loro modo dipregare la sera prima di addormen-tarsi, èla profondità delle loro intuizioni e l’inti-mità della loro relazione con Dio, relazio-ne che evidentemente si è andata intes-sendo, sicuramente in famiglia, ma anchee soprattutto durante la catechesi delbuon pastore. La cura e l’attenzione per ilpiccolo, per il particolare, che contraddi-stinguono questa catechesi sorprendente-mente aiutano i bambini a farli accostare,con profondità e contemporaneamentecon semplicità, a misteri enormi e a cono-scere così il Grande, una conoscenza cheavviene lentamente nel tempo, con unmassimo rispetto dei tempi del bambino,

non attraverso concet-ti, ma attraverso il per-corso esperienziale chenell’atrio si compie.

Lucia Palazzo

Un po' di storiaLa catechesi del

buon Pastore nasce aRoma, nel 1954, peropera della prof.ssa Sofia Cavalletti e del-l'educatrice montessoriana GiannaGobbi, con un piccolissimo gruppo dibambini.

Insieme cominciano a svilupparequella “scoperta” del bambino religiosoche Maria Montessori aveva fatto nel1915 quando aveva introdotto nelle sue“Case dei bambini” alcuni temi della reli-gione cristiana per avvicinare i piccoli allarealtà della fede. Partendo, quindi, dalleintuizioni di Maria Montessori eampliandole grazie ad un prolungatolavoro di osservazione, Sofia e Giannadanno origine alla “catechesi del BuonPastore”; una catechesi che consente aibambini, a partire dai 2/3 anni, di acce-dere direttamente alle fonti della tradizio-ne ebraico-crisitana: la Bibbia e laLiturgia.

Per i primi venti anni l’esperienzarimane limitata a Roma presso l’abitazio-ne della stessa Sofia, in Via degli Orsini,dove vengono anche svolti i corsi di for-mazione per catechisti; viene avviata inalcune “storiche” parrocchie: NostraSignora di Lourdes, San RobertoBellarmino, San Frumenzio, Santa Lucia,la Trasfigurazione e in pochi altri centri inItalia (Modena, Reggio Emilia, Cuneo,Reggio Calabria, Arezzo, Parma, Foggia epiccoli comuni intorno a Rimini); a par-tire dal 1967, per cinque anni, i corsi diformazione per catechisti vengono svoltiin Vicariato. Ma il grande impulso alladiffusione in tutto il mondo arriva dopoil primo corso per catechisti svoltosi negliUSA nel 1975, al quale segue un altro

primo corso a Città del Messico. Da que-sto momento la diffusione diventa inarre-stabile, e ora la catechesi è presente neicinque continenti.

Non si tratta però solo di una diffu-sione geografica ma, essendo attiva pressoparrocchie, scuole e centri privati, dimo-stra anche grande vitalità ecumenica.

È presente infatti, oltre che inambienti cattolici soprattutto in numero-si centri episcopaliani, come pure luteranie metodisti e, dal 2007, anche in alcunechiese ortodosse degli Stati Uniti.

Inoltre, dal 2009 la Congregazionedelle suore Missionarie della carità (lesuore di Santa Teresa di Calcutta) adottail metodo sia nel lavoro con in bambinisia per la formazione delle proprie suore;questa decisione riempie talmente tantodi stupore e gioia Sofia che in una letterascrive così: “Le suore di Madre Teresasono circa 5000 nel mondo e attraversoloro si raggiungono quelli che – secondoquanto leggiamo nel capitolo 4 delVangelo di Luca – sono i destinatari pre-diletti del messaggio ebraico-crisitano,cioè i più ‘poveri’, i più ‘piccoli’”.

Il programma che la catechesi propo-ne è il risultato di un’attenta sperimenta-zione che prosegue ormai da più di ses-sant’anni e, seppure diffusa in ambientigeografici, sociali e culturali diversissimitra loro, ciò che si può certamente riscon-trare è la risposta costante da parte dibambini, adolescenti e adulti improntataa gioia profonda, stupita e meditativa.

Paola Lazzari

LA CATECHESI DEL BUON PASTORRRR EEEE,UN'ESPERIENZA CHE COINVOLGE ADULTI E BAMBINI

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8 - P@role Nuove

V olendo esprimere in pochis-sime parole la sensazioneprovata durante questi primi

incontri direi: metterci la faccia. Si, perché incontrarsi richiede il

coraggio di mettere la testa fuori dallapropria tenda,di rischiare rinunciandoalle proprie comodità, consapevoli chenell’incontro con l’altro occorre andareoltre il riconoscersi, ovvero spingersi nelladirezione per accogliere e condividere iracconti di vite che si intersecano.Riunirsi il martedì sera alle 19.45 signifi-ca proprio questo, uscire di casa, dal lavo-ro, o dall’università per dirigersi in viaPopulonia sapendo che ciò che attende èil dover andare oltre se stessi, e tutto ciòin un tempo di “incontri” mediati daartefatti tecnologici in cui l’io si smateria-lizza nella socialità del web; non resta checontemplare anche in questa esperienzala forza ed il desiderio dei giovani di“incontro”mediato dalla corporeità (met-tendoci la faccia), ma anche l’esigenza dicomunione che si attua nel «volto» del-l’altro quando si ritrovi alla portata ditutti i sensi:l’essere umano è pur semprefatto di carne e di parola.

Sin da subito lo «stile» assunto datutti è stato quello dello scuotere la polve-re dai propri calzari, l’intenzione cioè divoler rimuovere i propri pregiudizi permettersi pienamente in gioco. La sceltadel nome già dice molto k.o.s., ovvero“Kaleo onoma se”, in greco “ti ho chia-mato per nome”; volersi riconoscere nel-l’essere stati chiamati per nome esprime ilsentirsi unici ed uniti, richiama almomento dell’inizio della vita fisica (maanche nella Chiesa), esprime il sentireche ciascuno costituisce un «io» dinanziad un altro «tu» che è possibile chiamareper nome, ed ancora, nelle parole emersedurante la discussione mentre si cercaval’identità del gruppo, è emersa chiarissi-ma l’idea di sentirsi in qualche modochiamati a questa esperienza… forse inuna «sana inconsapevolezza», ma in vistadi quello che si potrà costruire insieme.

Sembra essere questo il nocciolo della ric-chezza del gruppo k.o.s, ciò che ne costi-tuisce il tesoro di partenza, gli elementifondanti per costruire qualcosa di bello edi importante al di là dei singoli, perpoter guardare lontano, anzi ancora piùlontano.

Guardare ed ascoltare l’altro, le suegioie, i suoi timori, i suoi sogni, ha poi insè il desiderio (necessità) di voler guarda-re negli occhi la propria vita, ed è quantoemerso sin dai primi incontri, ovvero ri-cercare il senso della propria esistenza;cosicché un altro intento condiviso all’u-nisono è che non interessano rispostegeneriche, volendo invece partire da cia-scuno evitando risposte stereotipate,senza inciampare in automatismi e nell’o-mologazione, consapevoli che per farequesto è necessario, oltre che metterci lafaccia, giocarsi integralmente con tutta lapropria persona nel rendersi utili perqualche situazione di disagio…di altriuomini.

L’idea con cui si sta partendo è chia-ra: se in un tempo di crisi la tentazione èdi pensare solo a se stessi dimenticando ilbene comune, poter condividere un’espe-rienza insieme aiuta a far emergere quel-lo che siamo, ed essere così maggiormen-te consapevoli del nostro tempo, spen-dendosi sino alla fine.

Camminare nella vita non è cosa faci-le ed è facile perdere l’equilibrio; è peròaltrettanto vero che per mettere un passoin avanti bisogna correre il rischio didover rinunciare alla condizione di stati-cità, e dunque per un attimo all’equili-brio. Stare insieme è anche opportunitàper imparare a vivere nella reciprocità, areggersi in piedi, ed è per questo che gliinterrogativi da cui si vuol partire nonsono quelli di cui già si conosce la rispo-sta o che piacciono, gli interrogativi sonoquelli scomodi, che costringono a guar-darsi dentro, che recano disagio, poichésolo lasciandosi scuotere autenticamenteè possibile destarsi e trovare così insiemela rotta per affrontare e superare le crisi

che inevitabilmente la vita pone indistin-tamente a tutti, nessuno escluso.

Tutto questo non è già il frutto di unaesperienza fatta, ma le sfide nel voleraffrontare la tensione del non ancora cheè dinanzi e verso cui vogliono cammina-re quest’anno Alessandro, Luca,Giovanni, Angelo, Jacopo, Valeria,Giovanni, Ilaria, Michael, Paolo, d.Massimiliano, Vito, con l’attenzione diessere sempre pronti ad accogliere nuovepersone che vorranno condividere questocammino, nella convinzione che ogninovità è ricchezza aggiunta, e poi soprat-tutto di voler vivere questo camminonello stile di non contare «quanto»tempo l’altro dedica, ma gioendo del«come» lo si impiega e condivide standoinsieme.

Credo che aver voluto tenere irrinun-ciabile il nome kos sia segno della perla piùpreziosa di questo gruppo: riconoscendosichiamati per nome già si rinuncia a consi-derarsi come somma «algebrica» di indivi-dui messi insieme, indica l’aver compreso,e non importa se consapevolmente oinconsapevolmente, che insieme si è unamicro realtà complessa fatta di relazioni incui ciascun membro è portatore di unici-tà; è infatti proprio l’unicità di ciascuno afar si che il gruppo kos sia a sua volta unicoed è poi proprio l’apporto di ciascuno afare la differenza ed il salto dall’uniformitàall’unità; unità che significa comunionesoprattutto quando l’incontro viene vissu-to nell’umiltà di considerare il tuo tu pre-zioso quanto il mio io.

Vorrei concludere alzando lo sguardoe considerare con gli occhi della fede chel’unità di una comunità non è capacitàdell’uomo ma risposta all’azione delloSpirito, ed allora dà forza poter contaresulla preghiera dell’intera comunità par-rocchiale affinché lo Spirito continui asostenere questa micro-realtà, ed in parti-colare il cuore di ciascun giovane perchéresti sempre aperto ed in ascolto al soffiointeriore dello Spirito.

Vito Paparella

Ti ho chiamato per nomeI giovani nel gruppo ‘Kos’: per metterci la faccia

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P@role Nuove - 9

PAROLE GIOVANI, NOI RAGAZZI ALL’ORATORIO

“Le parole sono importanti!!!......”urlava Nanni Moretti nella scena cultdel film Palombella Rossa. E la cosa èancora più vera se le parole vengonopronunciate e scritte dai giovani. I gio-vani infatti sono le antenne più sensibi-li della società: i giovani esprimono ildesiderio di essere ascoltati, riconosciu-ti, accompagnati, ma in vari contesti sideve constatare una scarsa attenzionealla loro voce che a volte grida doman-de inedite di senso di cui non si coglie il

loro significato profetico e la loro pro-vocante attualità.

Queste considerazioni sono valideanche in ambito ecclesiale: molti giova-ni sperimentano che la loro voce non èritenuta interessante e utile dalla comu-nità cristiana, anche perché spesso man-cano adulti e pastori disponibili e capa-ci di ascoltare. Dobbiamo ammettereche, sebbene cerchiamo di darci moltoda fare per organizzare iniziative il piùpossibile interessanti per i nostri ragaz-zi, spesso “la parrocchia fatica a essereun luogo rilevante per i giovani e ilfiume della vita giovanile scorre ai mar-gini della comunità, senza incontrarla”(Documento finale del Sinodo deiVescovi sui Giovani,la Fede ed ilDiscernimento Vocazionale – 27 otto-bre 2018).

Eppure i giovani chiedono di essereaccolti e rispettati nella loro originalità,desiderano essere protagonisti, metterea frutto i propri talenti, competenze,creatività e sono disponibili ad assumer-si responsabilità, ma lo vogliono fare amodo loro.

P@ROLE NUOVE intende darefiducia ai nostri giovani perché essi rap-presentano il presente ed il futuro dellaChiesa e della Società. La rubricaP@ROLE GIOV@NI sarà uno spazio aloro affidato per esprimersi secondo leloro sensibilità: in essa affronteranno itemi che stanno loro maggiormente acuore forse con approcci inediti che cisorprenderanno, ma che certamenteesprimono “il loro desiderio che nellaChiesa si adotti uno stile di dialogomeno paternalistico e più schietto. Una

Chiesa che brilli per autenticità, esem-plarità, competenza, corresponsabilità esolidità culturale.”

Sarà un pulpito da cui i nostri giova-ni proveranno a parlare al mondo degliadulti con un approccio alla realtà checaratterizza le giovani generazioni: avran-no la precedenza le immagini, le sensa-zioni e le emozioni, la priorità le coseconcrete e pratiche; in tal modo essipotranno comunicarci cosa vuol direessere giovani oggi regalandoci il loropunto di vista su molti aspetti della cul-tura odierna: l’impegno e la partecipa-zione sociale; le tematiche della pace del-l’inclusione e del dialogo tra culture ereligioni; i temi ecologici e della sosteni-bilità sociale e ambientale; le varie formedi espressione artistica ed in particolarela cultura ed il linguaggio musicale cherappresenta una risorsa pastorale ancoranon pienamente sfruttata per dialogareefficacemente con il mondo giovanile.

Sentiamo allora cosa hanno da dirci inostri ragazzi perché solo in un atteggia-mento di accoglienza e di ascolto dellegiovani generazioni la Chiesa ritroverà lapropria giovinezza e si riscoprirà come la“vera giovinezza del mondo” (Messaggioai giovani del Concilio Vaticano II – 7dicembre 1965).

I ragazzi dell’oratorio

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D a alcuni anni collaboroall’attività di un gruppo divolontari, creato e coordina-

to da Dino Impagliazzo, che si occupa dipreparare e distribuire la cena a chi man-gia per strada. La cena è preparata conquanto ci viene donato da supermercati,fornai, mercati rionali , negozi di frutta everdura, pasticcerie, eccedenze dellaComunità europea. Col tempo ci siamocostituiti in ONLUS, dal nome significa-tivo di “RomamoR”, anche per poter usu-fruire di aiuti da parte di istituzioni edenti pubblici.

Inizialmente preparavamo la cena tuttii sabati alla stazione Tuscolana, ma coltempo è andato crescendo il numero deivolontari e il campo di attività: attual-mente siamo presenti alla StazioneTuscolana il sabato e la domenica, allaStazione Ostiense il lunedì e martedì e aSan Pietro il sabato sera. Personalmente,sono presente il sabato. Diverse sono lerealtà che forniscono questo servizio, maalcune lo fanno solo in determinati perio-di, mentre noi siamo operativi tutto l’an-no, anche nel periodo estivo quando tantagente va in vacanza (ma non vanno invacanza i nostri amici…).

Il numero dei nostri amici “clienti” èvariabile. Alla Stazione Tuscolana possonoessere 120 o 80… noi lo sappiamo soloquando arriviamo col furgone e il tavoloper la distribuzione, per cui predisponia-mo sempre un numero sovrabbondante diporzioni. Tanto, accettano volentierianche un bis.

Il menu, in funzione della disponibi-lità, prevede pastasciutta o minestroni diverdure, panini con salumi o formaggi ofrittata con insalata o verdure, macedoniadi frutta, eventuale dolce. Panini, perchémangiando per strada è complicato tenereil piatto; differenziazione accurata trapanini col salume ed altro per rispettare ilprecetto di chi non mangia maiale; mace-donia, perché la frutta che viene donata èquasi sempre in condizioni precarie di fre-schezza e va scattivata….

Quattro anni fa, parlando con Irene,una volontaria, decidemmo di provare a

dare, almeno in occasione del Natale,qualcosa di diverso. Scrissi a parenti edamici, chiedendo un piccolo, volontariocontributo per poter confezionare un belpolpettone. La risposta fu superiore alleaspettative, con un contributo economicopiù che doppio di quanto richiesto, epotemmo offrire una abbondante porzio-ne di polpettone caldo. Logicamente,chiedemmo un giudizio, e ci fu uno deinostri amici che ci diede una risposta checi commosse: “si sente che c’è un ingre-diente unico: l’AMORE”.

Siamo andati avanti anche negli annisuccessivi, ampliando sempre più l’inizia-tiva anche perché altre persone hannovoluto contribuire. Siamo riusciti ad otte-nere dalle parrocchie a cui ci siamo rivoltianche la disponibilità di locali per poterlifar mangiare dignitosamente seduti ad untavolo imbandito e, grazie alle offerte rac-colte, l’anno passato e quest’anno siamoriusciti ad offrire antipasto, primo, secon-do con contorni, frutta, panettone e pan-doro, bibite assortite (purtroppo con dis-piacere ci siamo dovuti astenere dall’offri-re anche un bicchiere di vino perchè nonconsigliabile per tutti). Non solo, maabbiamo potuto dare a tutti un regalino,adatto alla loro condizione di vita: guanti,berretti, scalda gola…

Le foto si riferiscono alla cena dell’an-no scorso che abbiamo organizzato neilocali della parrocchia della Natività, e cheanche quest’anno si ripete la sera del 28dicembre. Tutto questo è stato reso possi-bile dalla generosa disponibilità di tanti,che hanno offerto danaro o partecipazionenel confezionamento e nella distribuzio-ne. La cena natalizia è, logicamente unevento che ci impegna una volta all’anno,mentre tutte le settimane i nostri amici ciaspettanto alle Stazioni Tuscolana eOstiense. Questa forma di volontariato èassolutamente libero, e non passa attraver-so associazioni o istituzioni. Se qualcunovolesse provare a fare l’esperienza, è beneaccetto; non c’è nessun impegno vinco-lante: basta avere solo voglia di fare qual-cosa per dei nostri fratelli sfortunati. Lapresenza è richiesta tra le 17 e le 20 per ilconfezionamento e tra le 20 e le 21.30 perla distribuzione. Il confezionamento èattualmente realizzato nella cucina che iPadri Rogazionisti ci hanno messo a dis-posizione a Via Tuscolana 167; la distri-buzione parte intorno alle 20.30 dallacucina per andare alla Stazione Tuscolanae alle 19.30 per andare a San Pietro. Sipuò comunicare alla segreteria della par-rocchia la propria adesione

Augusto Gori

La cena natalizia per i senza fissa dimora

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N ell’iconografia spesso Sant’Elena è raffigurata con ilfiglio l’imperatore Costan-

tino ai lati della croce. La scelta si spiega seriferita al grande merito di Elena, il ritrova-mento della croce di Cristo sul Golgota cuisi affianca quello non meno importante diCostantino di aver dato libertà di culto aicristiani. Per tratteggiare la figura di Elenasi incontrano non poche difficoltà: le fontisono scarse e spesso contrastanti tra loro.Flavia Iulia Helena nasce verso la metà delIII secolo, forse a Drepamin in Bitinia inuna famiglia di umili origini; S. Ambrogiomenziona il suo ufficio di stabularia: avreb-be lavorato in una locanda con stalle peranimali e qui avrebbe conosciuto l’ufficialeromano Costanzo Cloro che la sposa non-ostante il diverso grado sociale.

Nel 274 nasce il figlio Costantino chealleva con amore fino al 293 quando ilmarito Costanzo, distintosi per abilità mili-tare, viene nominato dall’imperatoreMassimiano suo Cesare, una sorta di vice-imperatore per la parte occidentaledell’Impero, aderendo alla scelta dell’impe-ratore Diocleziano che con la nomina diGalerio come suo Cesare per la parte orien-tale dell’Impero, aveva fatto sorgere unnuovo sistema politico, la tetrarchia, “ilgoverno dei quattro”. Costanzo elevatoall’alta carica politica deve consolidare lasua posizione: ripudia Elena e sposaTeodora, figliastra di Massimiano e si vedràassegnate Gallia e Britannia; nel 305, al riti-ro di Diocleziano e Massimiano, divieneegli stesso Augusto e alla sua morte, nel306, le truppe nominano al suo posto ilfiglio Costantino.

Elena, rimasta sola dopo il ripudio men-tre il figlio veniva allevato alla corte diDiocleziano in Oriente, nel 306 è richiama-

ta a corte da Costantino e risiede prima aTreviri e poi a Roma; l’imperatrice madre,col titolo di “Augusta”, è accolta con contutti gli onori; Costantino fa anche coniaremonete con il suo nome e la sua effigie.

Non sappiamo storicamente quandoElena si converte al cristianesimo né quantoquesta sua scelta possa aver influito nell’e-manazione dell’editto di Milano del 313 concui Costantino riconosce la libertà di cultoper tutti i cittadini dell’impero. Di certoElena vive la sua fede in modo esemplare;partecipa con assiduità alle funzioni religio-se, scegliendo di vestire abiti modesti peressere insieme alla folla dei fedeli; alcunefonti ricordano che spesso invitava i poveri apranzo nel suo palazzo servendoli lei stessa.

Nel 326 Elena terrà un atteggiamentoprudente nelle oscure vicende che portaro-no Costantino a far uccidere prima Crispo,figlio avuto dalla prima moglie, e poiFausta, sua consorte, sospettata di aver tra-mato contro l’imperatore; forse proprioquesta tragedia famigliare spinge Elena, giàavanti negli anni, ad intraprendere un pel-legrinaggio di penitenza nei luoghi santi inPalestina dove promuove, anche a nome diCostantino, la costruzione delle basilichedella Natività a Betlemme e dell’Ascensionesul Monte degli Ulivi.

La tradizione narra che Elena aGerusalemme sale sul Golgota per purifica-re il luogo sacro dagli edifici pagani che iromani vi avevano eretto nel I secolo d.C.Scavando sul colle, riporta alla luce il SantoSepolcro e a pochi passi di distanza rinvie-ne tanti pezzi di croci perchè la collina erastata luogo di esecuzioni capitali. Per capi-re se quei legni sono davvero la croce diCristo viene eseguita una prova: S.Ambrogio racconta che allora fecero tocca-re i pezzi di legno ai malati fino a quando alsolo contatto uno di loro guarisce; grazieall’intervento di Elena avviene dunque ilritrovamento della vera Croce di Cristo edegli strumenti della Passione.

I fatti miracolosi legati alle sacre reli-quie sono stati rappresentati più volte e damolti artisti: celebri sono i dipinti nell’absi-de della basilica di Santa Croce inGerusalemme a Roma e l’importante ciclodi affreschi di Piero della Francesca nel corodella basilica di S. Francesco ad Arezzo.

Le sante reliquie rinvenute a Geru-salemme e oggi conservate nella basilica

romana di S. Croce, fatta erigere dalla stessaS.Elena, sono parti della croce di Cristo, iltitulus crucis, cioè il cartiglio originario fis-sato sopra la croce, la croce di uno dei dueladroni, la spugna imbevuta di aceto, unchiodo della crocifissione e parte della coro-na di spine. La tradizione vuole, inoltre, cheil pavimento della cappella di S. Elena siastato posato sopra la terra proveniente dalGolgota, prelevata da Elena durante lacostruzione della basilica del Santo Sepolcroe condotta a Roma via nave: ecco il perchédel nome “in Gerusalemme” dato alla basili-ca romana. E questo renderà il luogo ancorapiù importante quando diventerà storica-mente molto difficile raggiungere la CittàSanta: la cappella che custodisce le reliquiesarà considerata luogo santissimo, ove entra-re solo in alcuni giorni dell’anno.

Elena muore intorno al 329 in unluogo non esattamente individuato:Costantino fa ricondurre a Roma il corpodella madre, sepolta in un grandioso sarco-fago di porfido posto in un mausoleo diforma circolare, con cupola, sulla viaLabicana ai due lauri, oggi Torpignattara,presso le catacombe dei Santi Marcellino ePietro. Elena fu da subito considerata santae venerata dai pellegrini che già in queisecoli giungevano numerosi a Roma pervisitare i luoghi santi; il sarcofago, forsefatto preparare per lo stesso imperatoreCostantino vista la decorazione con cavalie-ri e poi invece utilizzato per la madre, futrasportato nel secolo XI in Laterano edoggi è conservato ai Musei Vaticani.

Livia Scolari

SANT’ELENA A ROMA storia, tradizione, iconografia

ANTONIAZZO ROMANO, Leggenda della Vera Croce, XV secolo.

Roma, S. Croce in Gerusalemme

Sarcofago di Sant’Elena, IV sec., porfido. Musei Vaticani

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a cura di Maurizio Lisanti

Notizie

BANCO ALIMENTARE PENNY30 novembre 2019 Raccolta Banco alimentare presso ilSupermercato presso PENNY di Via Licia Hanno partecipato 30 adulti che si sono alternati dalle 8,00 alle20,00 insieme a numerosi ragazzi del 5° corso e dell’Oratorio chehanno coperto l’intera giornata..La presenza di questi giovani è stata determinante perché con illoro entusiasmo hanno dato testimonianza di Misericordia per ipiù bisognosi agli avventori del supermercato.Sono stati raccolti n.89 scatoloni pari Kg 1.004 di generi alimen-tari. Una parte degli alimenti donati verrà conferita alla nostraParrocchia per la distribuzione di pacchi viveri ai poveri ogni mar-tedì.Ringraziamo tutti coloro che sono venuti a fare la spesa per dona-re qualcosa.

RACCOLTA DEL SANGUENel corso della raccolta di sangue (1 novembre 2019) sono statiraccolti n. 29 flaconi oltre quelli raccolti direttamente nel centrotrasfusionale del Bambino Gesù (Piazza di Sant'Onofrio, 4,Roma) presso il quale alcuni volontari donano periodicamente ilsangue a nome della nostra Parrocchia.

APPUNTAMENTI

BANCO ALIMENTARE7 marzo 2020– Raccolta Banco alimentare. Tutti gli alimenti cheverranno raccolti verranno conferiti alla nostra Parrocchia per ladistribuzione di pacchi viveri ai poveri ogni martedì.

ADORAZIONE EUCARISTICA COMUNITARIAper vivere insieme un attimo di pace!Il giovedì ore 19.00 dopo la S. Messa feriale delle ore 18.30 (chipuò partecipi ad essa!) c’è l’Esposizione Eucaristica.Ci saranno momenti di silenzio, canti e la lettura della parola diDio. I sacerdoti saranno presenti per chi vorrà celebrare il sacra-mento della Riconciliazione. Conclude alle ore 19.45 ma per chipuò l’adorazione si protrarrà fino alle 20,30.

CORSO BIBLICO. Relatrice Pina ImperatoriGiovedi mattina: dalle ore 10,30 alle ore 12,00

CAMMINO IN PREPARAZIONE DEL MATRIMONIOPer informazioni rivolgersi al n. 338 7190310Un itinerario quindicinale per interrogarsi sulla solidità delle pro-prie scelte e per sperimentare l’importanza della comunità cristia-na che testimonia la presenza di Dio accanto a noi.Calendario incontri:Gli incontri si tengono il venerdì dalle 21.00 alle 22.30 due volteal meseProssimi incontri:10 gennaio 2020, 24 gennaio, 7 febbraio, 21 febbraio, 6 marzo,20 marzo, Domenica 29 marzo 2020: giornata di ritiro.

GRUPPO GIOVANIIl gruppo giovani è una proposta di consapevolezza dei propricarismi e di azione cristiana in una società sempre più marcata-mente lontana dall’idea dell’infinito.Incontri:La Santa Messa domenicale ore 10.Gli incontri si tengono il martedì dalle 19.00 alle 20.00 due volteal meseProssimi incontri;14 gennaio 2020, 4 febbraio, 18 febbraio, 3 marzo, 17 marzo, 31marzo, 28 aprile 12 maggio, 26 maggio

PREPARAZIONE E DISTRIBUZIONE PASTI CALDI PER IPOVERIIl sabato, la domenica, il lunedì ed il martedì alcuni parrocchiani(e non solo), coordinati da Dino Impagliazzo, preparano pasticaldi e panini che vengono distribuiti ai poveri che si raccolgonopresso: San Pietro (sabato); Stazione Tuscolana (sabato e domeni-ca); Stazione Ostiense. (lunedì e martedì).Dino ci ha comunicato la necessità di cucinare il primo piattodirettamente presso la Casa dei Rogazionisti in via Tuscolana 167,vista l’abbondanza di ortaggi che gli viene regalata e che bisognapulire e cucinare, oltre a dover preparare i panini. Per chi volessecontribuire, deve mettersi in contatto con i seguenti referenti:Edoardo Laganà cell. 347 3325028 (raccolta presso i Mercatirionali)Luca Ferro cell. 388 3412616 (preparazione e distribuzione pasti)Infine, chi volesse dare una mano lunedì o martedì, deve contat-tare direttamente Dino Impagliazzo ai seguenti numeri di telefo-no: 06 7092220 - 3494909707Ringraziamo in anticipo tutti coloro che, a vario titolo, vorrannocontribuire a questa forma di volontariato.LA COMETA

Associazione "La Cometa" onlus Via Latina 30, 00179 RomaTel. 06.70496688 Cell. 331.420452 - http://www.lacometaon-lus.eu/La Parrocchia collabora con l’Associazione delle Suore Ospedalieredella Misericordia SOM per le adozioni a distanza e Sostegno alleloro missioni .Come puoi aiutare?- Adottando un bambino- Partecipando agli eventi di beneficenza organizzati per il soste-gno dei progetti e delle missioni.Destina il tuo 5X1000 a "La Cometa" CF 07191011001

CENTRO D’ASCOLTOIl Centro d’ascolto della Caritas Parrocchiale, oltre a distribuirecibo e vestiti a famiglie in difficoltà, offre un servizio di richiestalavoro sia come domanda che come offerta (colf, badante, babysitter, donna di compagnia).Il centro è aperto il martedì dalle 9 alle 12 e il venerdì dalle ore10,30 alle ore 12,30 (cell. 3429100267).La distribuzione dei pacchi viveri viene effettuata solamente ilmartedì mattina (dalle ore 9,00 alle ore 12,00) presso l’oratorioparrocchiale di Piazza Galeria, 11. Se puoi, contribuisci portandoin chiesa la domenica un po' di spesa. Grazie!

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