ANNO X - N. 1 - MAGGIO 2008 Editoriale L’ERA DEL...

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LICEO SCIENTIFICO “P. S. MANCINI” - VIA DE CONCILII - AVELLINO ANNO X - N. 1 - MAGGIO 2008 COPIA OMAGGIO Editoriale Giuseppe Gesa puer parvulus discit risu cognoscere matrem invito alla riflessione È l’era del consumismo e dello spreco! Obbediamo come ipnotizzati a pubblicità che, in realtà, non si limitano a vendere prodotti, bensì propagandano sogni, modelli di vita da perseguire e imitare, pena un doloroso sentimento di inadeguatezza. Veniamo continuamente plagiati da super topmodel dalle taglie impossibili o da scenari familiari tanto sereni quanto irreali. Così veder mangiare una brioche o uno snack in cui le calorie sono miracolosamente ridotte ci fa credere di poter diventare simili a quelle immagini così perfette solo acquistando quel prodotto. Oggi si compra troppo e senza pensarci due volte o valutare bene le offerte; si compra la marca perché la si è vista pubblicizzata da qualche modella o perché, altrimenti, non ci si sente appagati. Il fenomeno consumismo è diventato una delle malattie della società e dell’uomo contemporaneo. Si compra più di quanto serva, si acquistano oggetti non tanto per la loro reale necessità o per il piacere di adoperarli, quanto per quello che rappresentano, perchè sono degli status symbol. Essi placano le insicurezze dell’uomo moderno, affermano la sua importanza e il suo valore. Ci stanchiamo, però, subito di ciò che acquistiamo; ciò che ci attanaglia è, in realtà, l’ansia di possedere quell’oggetto, ma esso, una volta ottenuto, va ad ammassarsi nella scatola degli acquisti inutili e dopo poco tempo viene dimenticato, come fa un bambino con un vecchio giocattolo. Gli oggetti invadono talmente la nostra vita da sostituirsi progressivamente agli affetti e alle relazioni umane. Però, senza che ce ne accorgiamo, il nostro livello di consumi in continua crescita erode le riserve naturali della Terra e contribuisce in larga parte a compromettere la vita sul pianeta, non solo per noi stessi, ma soprattutto per le generazioni future. Cerchiamo di diffondere, invece, una nuova sensibilità; indirizziamo l’edilizia verso materiali biocompatibili, diamo largo spazio al tema del recupero e del riciclaggio dei rifiuti, promuoviamo le fonti di energia alternativa. Ma soprattutto diamo il nostro piccolo contributo a casa, spegnendo gli elettrodomestici se non in uso, regolando al minimo il condizionatore. Infine, in un secolo frenetico, dove chi si ferma è perduto, rallentiamo il ritmo per concederci un po’ di sani valori che rendano speciali eventi come il Natale o la Pasqua. Ma essi, senza Mr. Panettone, o Miss Cioccolata, de- sterebbero il nostro interesse? Nicol Lo Vuolo IV B L’ERA DEL CONSUMISMO I l “progresso” ha indubbiamente prodotto, in ogni campo, un “passo in avanti”, ma non sempre ha realizzato situazioni positive e risolutive dei problemi. Nel campo della comunicazione interpersonale tra gli uomini, per esempio, per la trasmissione di pensieri e sentimenti, si registra una mortificante “disumanizzazione”. L’uomo ha vinto lo spazio, ma ha perso il contatto diretto e personale; ha vinto i tempi, ma ha perso il tempo convissuto; la parola ha perso il suono, il valore intrinseco, il senso complesso… spesso essa è nuda, non parla, è muta… non coinvolge, non emoziona e, quando è pronunziata, talora è semplice “flatus vocis”, soffio senza senso. Oggi, attraverso fili o senza fili, si messaggia, si “chatta” con persone non conosciute, non viste, non sentite; la persona è indefinita, è immagine senza corpo, è vuota, non è concreta; la comunicazione data/ricevuta è parola scarna, senza sentimento, spesso fraintesa o non intesa. Il messaggino spesso crea confusione e malintesi. La stessa parola, scritta, può essere detta/letta in maniera diversa e comunicare pace/ guerra, amore/avversione, gioia/tristezza, simpatia/antipatia, dolcezza/cattiveria: dipende dal tono della voce, dai gesti, dallo sguardo… Nella comunicazione interpersonale l’uomo adulto, col progresso, ha smarrito l’uso corretto e completo della “parola” piena e vera. Eppure, nel regno vegetale, gli alberi, le piante, i fiori hanno saputo conservare la loro “parola” e… continuano a comunicare ed a trasmettere la loro bellezza e la vita accogliendo, attraverso l’alito del vento, il soffio vitale che perpetua la specie. Gli animali, i cani, le farfalle, le colombe, le tigri, i leoni, i serpenti, i pesci, gli insetti non hanno mutato linguaggio per “capirsi”, per intuire, per fiutare il pericolo e/o per giocare, per graffiare o carezzare, per saper vivere o evitare di morire. L’uomo, invece, ragazzo o adulto, sta dimenticando il suo linguaggio naturale; può, però, recuperare le caratteristiche “umane” del suo linguaggio con l’uso di tutti i suoi “sensi”… con lo sguardo, con il suono, con il calore “umano”, con il tatto ed il contatto, con il gusto ed il profumo dei pensieri e dei sentimenti espressi con la parola giusta. Eppure l’uomo, da bambino, sa “parlare”. Il bimbo (infante è detto il piccolo che ancora non sa pronunziare parole), “puer parvulus”, non parla, ma sa comunicare, usa i gesti, gorgheggia, squittisce, si muove, si agita, sgambetta… discit risu cognoscere matrem “riconosce e sorride alla mamma ricevendone cura e sorriso”. L’uomo del progresso attuale, da grande, parla, usa le parole, ma non sempre sa comunicare. La comunicazione... disumana... “Sottodiciotto film festival Cinema Scuola Ragazzi” alle pagine 4 e 5 “Alla scoperta di Avella” a pag. 18

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LICEO SCIENTIFICO “P. S. MANCINI” - VIA DE CONCILII - AVELLINOANNO X - N. 1 - MAGGIO 2008 COPIA OMAGGIO

Editoriale Giuseppe Gesa

puer parvulus discit risu cognoscere matrem invito alla riflessione

È l’era del consumismo e dello spreco!Obbediamo come ipnotizzati a pubblicità che, in realtà,non si limitano a vendere prodotti, bensì propagandanosogni, modelli di vita da perseguire e imitare, pena undoloroso sentimento di inadeguatezza.Veniamo continuamente plagiati da super topmodel dalletaglie impossibili o da scenari familiari tanto sereniquanto irreali. Così veder mangiare una brioche o unosnack in cui le calorie sono miracolosamente ridotte cifa credere di poter diventare simili a quelle immaginicosì perfette solo acquistando quel prodotto.Oggi si compra troppo e senza pensarci due volte ovalutare bene le offerte; si compra la marca perché lasi è vista pubblicizzata da qualche modella o perché,altrimenti, non ci si sente appagati.Il fenomeno consumismo è diventato una delle malattiedella società e dell’uomo contemporaneo. Si comprapiù di quanto serva, si acquistano oggetti non tanto perla loro reale necessità o per il piacere di adoperarli,quanto per quello che rappresentano, perchè sono deglistatus symbol. Essi placano le insicurezze dell’uomomoderno, affermano la sua importanza e il suo valore.Ci stanchiamo, però, subito di ciò che acquistiamo; ciòche ci attanaglia è, in realtà, l’ansia di possederequell’oggetto, ma esso, una volta ottenuto, va adammassarsi nella scatola degli acquisti inutili e dopopoco tempo viene dimenticato, come fa un bambino conun vecchio giocattolo. Gli oggetti invadono talmente lanostra vita da sostituirsi progressivamente agli affetti ealle relazioni umane. Però, senza che ce ne accorgiamo,il nostro livello di consumi in continua crescita erode leriserve naturali della Terra e contribuisce in larga partea compromettere la vita sul pianeta, non solo per noistessi, ma soprattutto per le generazioni future.Cerchiamo di diffondere, invece, una nuova sensibilità;indirizziamo l’edilizia verso materiali biocompatibili,diamo largo spazio al tema del recupero e del riciclaggiodei rifiuti, promuoviamo le fonti di energia alternativa.Ma soprattutto diamo il nostro piccolo contributo a casa,spegnendo gli elettrodomestici se non in uso, regolandoal minimo il condizionatore.Infine, in un secolo frenetico, dove chi si ferma è perduto,rallentiamo il ritmo per concederci un po’ di sani valoriche rendano speciali eventi come il Natale o la Pasqua.Ma essi, senza Mr. Panettone, o Miss Cioccolata, de-sterebbero il nostro interesse?

Nicol Lo Vuolo IV B

L’ERA DEL CONSUMISMO

Il “progresso” ha indubbiamente prodotto, in ogni campo,un “passo in avanti”, ma non sempre ha realizzato situazionipositive e risolutive dei problemi.

Nel campo della comunicazione interpersonale tra gli uomini,per esempio, per la trasmissione di pensieri e sentimenti, siregistra una mortificante “disumanizzazione”.L’uomo ha vinto lo spazio, ma ha perso il contatto diretto epersonale; ha vinto i tempi, ma ha perso il tempo convissuto;la parola ha perso il suono, il valore intrinseco, il sensocomplesso… spesso essa è nuda, non parla, è muta… noncoinvolge, non emoziona e, quando è pronunziata, talora èsemplice “flatus vocis”, soffio senza senso.Oggi, attraverso fili o senza fili, si messaggia, si “chatta” conpersone non conosciute, non viste, non sentite; la persona èindefinita, è immagine senza corpo, è vuota, non è concreta;la comunicazione data/ricevuta è parola scarna, senzasentimento, spesso fraintesa o non intesa. Il messaggino spessocrea confusione e malintesi. La stessa parola, scritta, puòessere detta/letta in maniera diversa e comunicare pace/guerra, amore/avversione, gioia/tristezza, simpatia/antipatia,dolcezza/cattiveria: dipende dal tono della voce, dai gesti, dallosguardo…Nella comunicazione interpersonale l’uomo adulto, colprogresso, ha smarrito l’uso corretto e completo della “parola”piena e vera.Eppure, nel regno vegetale, gli alberi, le piante, i fiori hannosaputo conservare la loro “parola” e… continuano acomunicare ed a trasmettere la loro bellezza e la vitaaccogliendo, attraverso l’alito del vento, il soffio vitale cheperpetua la specie. Gli animali, i cani, le farfalle, le colombe,le tigri, i leoni, i serpenti, i pesci, gli insetti non hanno mutatolinguaggio per “capirsi”, per intuire, per fiutare il pericolo e/oper giocare, per graffiare o carezzare, per saper vivere oevitare di morire.L’uomo, invece, ragazzo o adulto, sta dimenticando il suolinguaggio naturale; può, però, recuperare le caratteristiche“umane” del suo linguaggio con l’uso di tutti i suoi “sensi”…con lo sguardo, con il suono, con il calore “umano”, con iltatto ed il contatto, con il gusto ed il profumo dei pensieri e deisentimenti espressi con la parola giusta.

Eppure l’uomo, da bambino, sa “parlare”.Il bimbo (infante è detto il piccolo che ancora non sapronunziare parole), “puer parvulus”, non parla, ma sacomunicare, usa i gesti, gorgheggia, squittisce, si muove, siagita, sgambetta… discit risu cognoscere matrem“riconosce e sorride alla mamma ricevendone cura e sorriso”.L’uomo del progresso attuale, da grande, parla, usa le parole,ma non sempre sa comunicare.

La comunicazione... disumana...

“Sottodiciotto film festival Cinema Scuola Ragazzi”alle pagine 4 e 5

“Alla scoperta di Avella” a pag. 18

22Scuola di follia. Il male oscuro

dei docenti: lo stress

Il prof “scoppiato” ricorre allo psicologo

Tiri ... Mancini Scuola e dintorni

Clotilde Pontecorvo, docen-te di psicologia dellacomunicazione all’Univer-

sità “La Sapienza” di Roma, aproposito del docente scoppiato,afferma: “oggi, più che mai, nellascuola dei video e dei bulli, è piùdifficile intercettare i ragazzi emotivarli allo studio... il professoredeve continuamente riposizionarsi,cercare nuove motivazioni e questogenera stress... Nella scuola del-l’autonomia, il ruolo dell’insegnan-te è più complesso, una volta ilministero dava indicazioni precisesulle scelte educative, oggi invece ilcollegio dei docenti decide tutto conmaggiore coinvolgimento emotivo...bisogna interrogarsi sul senso dellavoro e aggiustare il tiro a secondadei risultati ottenuti…tutto questogenera stress, molto stress”.Giorgio Blandino, docente dipsicologia a Torino, autore distudi sull’universorelazionale della

di esservi liberati dei vostri proff,ma così non è. I docenti dichiaratiinidonei fanno resistenze all’allon-tanamento dalla cattedra per ver-gogna, i sindacati li appoggiano,mentre un articolo di legge li con-danna al trasferimento o al licen-ziamento entro il 2008. I risultati?Nel 2006/2007 sono andati in pen-sione 28.000 insegnanti, ma sicalcola che nei prossimi 6 anni, ben207 mila lasceranno la scuola.Vittorio Lodolo d’Oria, membro delcollegio medico dell’ASL di Milano,che giudica i casi più gravi di panicoda cattedra, dichiara che il 50%degli insegnanti presenta “un ce-dimento” dopo vent’anni di servi-zio, la percentuale scende al 37%negli impiegati e al 16% negli ope-rai, ma l’allarme non riguarda solonoi se in Francia uno psichiatra delcentro di salute mentale della Mutuasegue già 300 professori gravemen-te depressi. La situazione è cosìpreoccupante che in Italia, in unaregione del nord, a luglio sarannoorganizzati dei corsi di formazioneper tutti i presidi della regione e peralmeno un terzo degli insegnantifinanziati dal ministero e dagli entilocali. Il corso ha l’obiettivo dispiegare e prevenire il burn-out cioèla frustrazione su cui si innesta ildisagio mentale vero e proprio degliinsegnanti.

Emilio Romano V Q

Alunni, docenti, genitori, tuttiinsieme allegramente a scuola di follia!

Gennaio 20007: un insegnantetenta di interrogare una studentessa.La ragazza, indignata, per nonessere stata prima avvisata, urla,sbraita e telefona immediatamenteal padre che piomba in classe edinsulta ed aggredisce il professore.Febbraio 2007: una giovanesupplente milanese taglia la linguaad un bambino delle elementari.Viene immediatamente denunciatae sospesa dal servizio.Marzo 2007: una professoressapunisce il bullo della classe chemortifica la dignità di un compagnodisabile. I genitori inferociti ladenunziano. La docente vienesospesa e rinviata in giudizio.Aprile 2008: Una studentessa,sorpresa a fumare, ha insultato eschiaffeggiato la proff.ssa chel’aveva rimproverata. In seguito èritornata con la madre la quale hapreso per il collo l’insegnante.La notizia del genitore che piombain classe per “salvare” la figliadall’interrogazione, ci ha fatto in unprimo momento ridere, ma poi cisiamo chiesti, allo stesso mododell’editorialista Angelo Panebian-co, che ha commentato l’episodio:“Ma perché il padre non è statoimmediatamente denunciato alleautorità giudiziarie? Perché lastudentessa non è stata, sedutastante, espulsa dalla scuola?” Lanotizia, poi, dell’insegnante pro-cessata per aver punito un bullo, ciha veramente sconvolti. “Ma nondoveva essere sospeso e denuncia-to il bullo? Perché la professoressaè stata rinviata a giudizio per averfatto il suo dovere?”Infine l’episodio straordinario dellalingua tagliata ad un bambino di unascuola elementare di Milano, da una

giovane maestra supplente, ci haseriamente preoccupato. Ci vieneda pensare che la scuola siadiventata ormai un luogo di folliacollettiva, dove perfino i docentistiano perdendo la testa!. Ed èquesto il fatto più preoccupante,perché se tutto va a rotoli e gliinsegnanti mantengono la rotta,qualche possibilità di salvezza c’èancora, ma quando anche questicrollano allora è la fine. E, sorpresadelle sorprese, abbiamo scopertoqual è il male oscuro, che len-tamente, brucia il corpo e la men-te dei nostri insegnanti... LaRepubblica del 27 Marzo 2007rendeva noto che dei 738.440docenti italiani ben 4.617 insegnan-ti sono “Burn-out”, scottati, brucia-ti, inceneriti in cattedra e per questoesonerati dal lavoro. Il male oscuro,taciuto ma diffuso, va dal puro esemplice stress all’esaurimento, fi-no alla depressione e non è un pro-blema di oggi! Sapete che già nellontano 1979, gli operatori della Cisldi Pavia cercando notizie sullemalattie professionali degliinsegnanti, rimasero allibiti quandol’inchiesta rivelò che il 29% deidocenti faceva uso di psicofarmaci?Eppure in quegli anni era quasiimpossibile farseli prescrivere. Ilmale oscuro dei docenti è il troppostress. Incredibile! Gli insegnantimessi in ginocchio dal troppo stress!Non lo avremmo mai pensato! Ainostri occhi quella dell’insegnante èuna vita facile, con pomeriggi liberi,tre mesi di ferie, “una pacchia”insomma, ed invece…La scuola non miete vittime solo tragli studenti che devono fare i conticon ansie, paure, tachicardia,anoressia, ma distrugge anche gliinsegnanti. Nella scuola dell’au-tonomia sapevamo che il sovrac-carico di responsabilità dei docentiè fortissimo e che le famiglie e leistituzioni delegano agli insegnantiqualsiasi forma di educazione,compresa quella alimentare ostradale, ma per saperne di più cisiamo rivolti alla nostra psicologa laquale, appena interrogata sulle cau-se dello stress dei docenti, è partitacome un fiume piena. Ella sostiene:“I docenti sono vessati da pressioniesterne in continuazione, è difficiletenere il ritmo delle continue riforme,ogni governo fa la “sua” azzerandoquelle precedenti e non c’è neppureil tempo di aggiornarsi che già sideve cominciare da capo; a questosi aggiunge la “giostra” dei direttorie dei dirigenti scolastici, la novità deltempo pieno o prolungato, gli alunnisempre più stanchi, l’inserimento deiportatori di handicap con insegnantidi sostegno o d’appoggio solo perpoche ore, in classi normali semprepiù numerose e troppo rumorose,l’inserimento di alunni extra-comunitari che entrano in classe a

metà dell’anno scolastico senzaconoscere l’italiano, studenti conproblemi di apprendimento ab-bandonati a se stessi, genitoriaggressivi, più bulli dei figli bulli oche non perdonano la bocciatura delfiglio”. Ma noi osserviamo che lo-gora anche la quotidianità dellascuola e gli stipendi bassi. E cosìaccade che molti insegnanti, conuna stanchezza insormontabile econ addosso lo sguardo di trentapaia d’occhi che aspettano ilminimo errore, non reggono più,non dormono più e si convinconodi non essere più all’altezza dellasituazione. I primi segni di disagio,secondo studi scientifici, sonol’aggressività spesso sfogata suglialunni più deboli, senso di perse-cuzione, irascibilità, tic, malesserifisici inspiegabili.Noi alunni, una volta tanto, siamoveramente dalla parte dei nostriprofessori. Perchè? Perchè vedia-

mo, ogni giorno, i professori depres-si che non sorridono mai, che cam-minano solitari nei corridoi, con losguardo assente, con le teste bian-che, le tossi secche e siamo al-larmati per la loro e la nostra salute!Mirko, che è sempre esagerato,dice che il suo prof. di italiano è co-me un treno a cui hanno tolto lamotrice, il prof. di scienze è la per-

sonificazione dell’apatia, e la prof.di filosofia, tra un Archè e l’altro siaddormenta o piange o si dopa colVoltaren. Mirko è un figlio di… scu-sate ci eravamo distratti... Mirko èfiglio dell’intuito ma ama i suoi profe noi facciamo una sola richiesta aipolitici: “Lasciate che i nostri pro-fessori lavorino in pace”!

F. Lepore, A. Simeone - IVQ

Le cause del disagio55% scarso riconoscimento sociale50% classi numerose42% basso stipendio32% conflitti con i colleghi25% conflitti con i genitori26% rapporti con gli studentiFonte: Vittorio Lodolo D’Oria -Scuola di follia (Armando Editore)

scuola afferma: “Lo stress deidocenti più che l’effetto è la basedel mestiere…l’istituzione èdisarmata, eppure il 67% deidirigenti scolastici, secondoun’indagine IARD, affrontaalmeno una volta nella sua carrie-ra il disagio mentale di una docen-te o il problema di un docente“scoppiato” senza sapere comecomportarsi e pertanto si finisce perconsigliare “un po’ di riposo” orimedi estremi come il “trasfe-rimento in biblioteca”. Lo scorsodicembre, quattro presidi di Rivolisono stati multati dall’ASL, per mi-gliaia di Euro, per non aver predi-sposto nella loro scuola misure diprevenzione del disagio docenti. Idati sono sconcertanti: il 53% deidocenti risulta inidoneo per sempreall’insegnamento, il 10% inabile aqualunque lavoro e il 25% inidoneosolo temporaneamente. Forse voi

alunni state tirando un sospi-ro di sollievo nell’illusione

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Criticati da genitori e studen-ti, screditati da foto shock,frustrati da basse retribuzio-

ni e scarsi incentivi, ecco comeappare la categoria dei professoriitaliani.Li accusano di essere fannulloni,impreparati. Il colpo di grazia lohanno avuto per i disastrosi risultatidei test Ocse-Pisa, con gli studentiitaliani piazzati al 36° posto. Secondoi genitori, una figuraccia per i ragaz-zi e per chi li ha o non li ha istruiti.Per l’opinione pubblica, inoltre, so-no troppi (835 mila), fanno vacanzelunghissime, sono stagionati, (l’etàmedia è di 50 anni).Eppure, nonostante i tempi difficili,le nuove generazioni desiderano fa-re questo lavoro che consideranoimportante, addirittura il più bellodel mondo, anche se avaro di sod-disfazioni economiche. I dati sonochiari. Gli iscritti effettivi alle gra-duatorie per l’insegnamento sono237 mila. Li attende un percorso adostacoli e tempi lunghissimi. Ma iprecari non si scoraggiano e, a forzadi aspettare, diventano vecchi comei colleghi che li hanno preceduti.

Tiri ... ManciniScuola e dintorni

La grande protagonista degliultimi mesi è stata la scuolaed i suoi problemi, tra cui, il

più preoccupante, la grande igno-ranza degli studenti italiani.All’insanabile piaga dell’ediliziascolastica, a cui ormai ci siamo datempo rassegnati, si aggiunge oraanche quella dell’insufficientepreparazione degli alunni.Io, a dir la verità, preferirei dellescuole malandate che, però,funzionino, ad altre, di gradevolefacciata, ma incapaci di prepararcial nostro futuro. Ma non mifraintendete, cari lettori, non voglioaccusare la scuola, o meglio, solo lascuola, di questa incresciosa situa-zione. Anzi la scuola sta cercandodi cambiare rotta: dalle promozionifacili ad una maggiore severità!Fioroni, però, con il nuovo appara-to degli esami di stato prima e lareintroduzione degli esami diriparazione dopo, non si è certa-mente collocato negli standard digradimento degli studenti!Ma è stato proprio lui a puntare ildito contro noi alunni e contro ilnostro modo superficiale di studiare.I giornali, poi, hanno concesso am-pia rilevanza al problema.

Ognuno ha cercato ragioni esoluzioni. Io concordo con chi diceche viviamo in un’epoca davveromolto particolare; ormai “l’affezio-ne da tecnologia” sta diventando ilmale del nuovo secolo. Tv, telefo-nini, consolle con grafica vicinissi-ma al reale, internet e computersono oggetti dei quali non riusciamopiù a fare a meno. Mi rendo contodi quanto sia arduo scegliere tra lalettura di un quotidiano, di un libroo un’ora al computer, soprattuttodopo un intero pomeriggio di studio.La tecnologia sta uccidendo il gustodella lettura e della conoscenza. E imass media, poi, cosa propongono

Scuola, Tecnologia, Società e Famiglia

ai ragazzi? Successo sicuro, gua-dagno certo e zero sacrifici! Infattitutti vogliono diventare veline, at-trici, presentatori o calciatori. Chipensa più a studiare, ad impegnarsi,a tentare di ottenere non dico ilpremio Nobel, ma dottorati di ricer-ca e riconoscimenti in ambito scien-tifico o letterario?E la famiglia? Qual è il suo rapportocon la scuola? Spesso mio padre omio nonno mi hanno raccontato cosasignificasse ai loro tempi studiare edandare a scuola: era una grandespesa per la famiglia mantenere unfiglio agli studi, eppure si affrontavail sacrificio pur di donargli laprospettiva di un’esistenza migliore.Era considerata una vergogna, unaffronto essere convocati da unprofessore perché il loro ragazzoaveva uno scarso rendimentoscolastico o un comportamentoscorretto! E a ciò seguivano gravie certe punizioni. Oggi la situazioneè diametralmente opposta. Sfido unqualunque professore a sanzionareun comportamento scorretto o adare un impreparato per un rifiutoad un’interrogazione, senza che ilgiorno seguente o addirittura dopopochi minuti non piombi il genitore

o la genitrice indignati a chiedere larevoca della sanzione! E’ vero, lascuola italiana col tempo si è tra-sformata e non di poco. Si è passatida un’eccessiva severità ad un’ec-cessiva tolleranza. Non ho frequen-tato la scuola del pane duro ma nonposso dire che andare a scuola,soprattutto alla mia scuola, oggi siauna passeggiata. Però posso con-statare quanto sia superficiale l’ap-proccio all’istituzione scolastica dimolti ragazzi, di qualunque età, chesi vantano delle ragazzate com-messe e mai punite. Banchi che vo-lano, cattedre distrutte, registriscomparsi, muri affrescati da osce-

I “giovani prof” di domani!

nità varie, senza che nessuno neabbia mai pagato le conse-guenze. I casi recenti dei videogirati nelle classi sono stati ilcolpo di grazia: la scuola non ha,ormai, più nessun controllo suipropri studenti. Ecco, se domaniFioroni o il nuovo ministro michiedesse che cosa vorrei cam-biare della scuola rispondereiche vorrei che le fosse re-stituito un ruolo di prestigio peril bene ed il futuro delle nuovegenerazioni.A mio avviso si dovrebbe in-culcare negli studenti lo spiritodell’ “imprenditore di se stesso”.Sì, la scuola è un vero e proprioinvestimento da cui deriva undoppio profitto. Il primo è lapossibilità di “intascare” quelleconoscenze, più o meno spe-cifiche, che costituiscono un ba-gaglio inalienabile. Il secondoinvece è che, al primo guada-gno, alla fine del proprio corsodi studi, seguirà la possibilità diguardare a queste conoscenzecome all’unica valuta in corso nelmercato del lavoro.

Davide Rotella - V L

L’età media è di 37 anni. Abbiamoeffettuato una piccola ricerca sullastrada da percorrere per diventaredocente. Ecco i risultati. Un giovanecon laurea che vuole diventare prof.deve entrare nelle Ssis, le scuole dispecializzazione biennali, istituitenel 1999. Sono una trentina edhanno sede presso un’università.L’ingresso è a numero chiuso, maogni Ssis fa i test che vuole, più omeno severi, e sceglie i criteri divalutazione che preferisce, in nomedell’autonomia. Per due anni i futu-ri docenti studieranno didattica efaranno tirocinio. E poi? Chissà, po-trebbe arrivare una sanatoria, inItalia funziona così!Esiste, poi, un canaleufficioso, più breve,per ottenere l’abili-tazione all’insegna-mento. Si tratta deicorsi riservati aiprecari storici, conpiù di 365 giorni diservizio, istituiti pres-so le stesse Ssis.L’accesso è libero edi corsi durano la metà.

Ma ad ogni cambio di ministrocambiano le regole e per i prossimi“sissini” il precariato rischia didiventare permanente. Il ministroFioroni, nel marzo del 2007, hachiuso le graduatorie, facendolediventare ad esaurimento. Semancheranno gli insegnantiverranno riaperti i concorsi. E nelfrattempo i poveri precari conti-nuano a studiare, a fare tirocinio,a tappare buchi se ottengono unasupplenza, ad invecchiare, in-somma, nell’attesa di una cat-tedra!

Maria Amodeo,Nikolaos Dedes II B

Un’alchimia dall’incerto equilibrio che rischia di mettere in pericolo il nostro futuro!

237 mila

è l’età media dei professori precari inItalia. L’85% sono donne, la metà viveal Sud.

è il numero degli iscritti effettivi allegraduatorie per l’insegnamento.

37 anni

Rossella Gennarelli

Scuola e dintorniTiri ... Mancini44

Grazie al finanziamento del-la Scuola e alla disponibili-tà del prof. Antonio Spa-

gnuolo, amico, padre e professore,ho vissuto con serenità, entusiasmoed incoscienza il mio primo volo.Mercoledì 12 dicembre 2007:Pomeriggio. Intorno alle 17.00 sidiffonde alla velocità della luce unanotizia fantastica: il corto girato daglialunni del liceo scientifico “P. S.Mancini”, Il senso della vita,riceverà un premio dalla giuria delconcorso torinese “Sottodiciottofilm festival”, durante la serata digala di venerdì 14 dicembre.Giovedì 13 dicembre: Mattino.Arriviamo a scuola, attendiamo conansia l’arrivo del prof. AntonioSpagnuolo, il docente organizzatoredel progetto “Scuole Aperte”, perchiedere se vi è la possibilità diandare a ritirare il premio di per-sona. Il professore inizialmente esi-ta, ha problemi ad accompagnarcima, poi, spinto dal nostro irre-frenabile desiderio di intervenire al-la premiazione, decide di recarsi dalPreside e dal segretario per chiederese la scuola può finanziare lapartecipazione alla manifestazionetorinese, che si prospetta per noicome un’avventura unica ed irri-petibile. Verso mezzogiorno venia-mo convocati dal docente il quale,pur non avendo ottenuto il pienoconsenso dal preside, invita coloroche sono disposti a partire per Tori-no a portare, il giorno dopo, l’autoriz-zazione firmata dai genitori.Venerdì 14 dicembre: Il grandegiorno. Mai come questo mattinotutti gli alunni che hanno partecipatoalla produzione del corto sono ansio-si di entrare a scuola!!!Ore 10.00: bussano alla porta; è ilprof. Spagnuolo felice e sorridente:la scuola ha accolto la nostraproposta, ma vi è la disponibilitàsolamente per tre ragazzi. Allora sidecide che partiranno i due pro-tagonisti: io, Luigi Celotti e lo scrit-tore della sceneggiatura, nonchéregista del corto, Andrea Furio.Increduli ci guardiamo e strafeliciusciamo dalla classe, ringraziamo ilprofessore ed esclamiamo: “Am-mazza che fortuna !!! ... Torino stia-mo arrivando!!!”.Ore 11.30: sono già dai miei genitori,i quali increduli mi chiedono se hopaura del volo, dal momento chenon ho mai viaggiato in aereo, ma iosono troppo entusiasta per pensareminimamente alla paura.So solo che devo fare presto, man-cano poche ore per preparare lavaligia, mangiare qualcosa e, final-mente, partire. Sono troppo felice,ci abbiamo creduto in questo corto,lo abbiamo realizzato con impegnoe cura ed il tempo impegnato pergirare le scene ha creato tra noi

Progetto “Scuole Aperte”: corto “Il senso della vita” premiatoal concorso torinese “Sottodiciottofilmfestival”.

“Il senso della vita” tratta la storia di Alessandro, ragazzo“Il senso della vita” tratta la storia di Alessandro, ragazzo“Il senso della vita” tratta la storia di Alessandro, ragazzo“Il senso della vita” tratta la storia di Alessandro, ragazzo“Il senso della vita” tratta la storia di Alessandro, ragazzodifficile che, rimasto orfano della madre fin dalla nascita,difficile che, rimasto orfano della madre fin dalla nascita,difficile che, rimasto orfano della madre fin dalla nascita,difficile che, rimasto orfano della madre fin dalla nascita,difficile che, rimasto orfano della madre fin dalla nascita,cresce assieme al padre alcolizzato. La difficile situazionecresce assieme al padre alcolizzato. La difficile situazionecresce assieme al padre alcolizzato. La difficile situazionecresce assieme al padre alcolizzato. La difficile situazionecresce assieme al padre alcolizzato. La difficile situazionefamiliare lo porta a sfogarsi nel bullismo, assieme ad unfamiliare lo porta a sfogarsi nel bullismo, assieme ad unfamiliare lo porta a sfogarsi nel bullismo, assieme ad unfamiliare lo porta a sfogarsi nel bullismo, assieme ad unfamiliare lo porta a sfogarsi nel bullismo, assieme ad ungruppo di ragazzi della sua età, e in particolare a Roberto,gruppo di ragazzi della sua età, e in particolare a Roberto,gruppo di ragazzi della sua età, e in particolare a Roberto,gruppo di ragazzi della sua età, e in particolare a Roberto,gruppo di ragazzi della sua età, e in particolare a Roberto,“capo della gang”. Stuzzicato dalle parole di un professore,“capo della gang”. Stuzzicato dalle parole di un professore,“capo della gang”. Stuzzicato dalle parole di un professore,“capo della gang”. Stuzzicato dalle parole di un professore,“capo della gang”. Stuzzicato dalle parole di un professore,inorridito dalla violenza di Roberto nell’assassinare uninorridito dalla violenza di Roberto nell’assassinare uninorridito dalla violenza di Roberto nell’assassinare uninorridito dalla violenza di Roberto nell’assassinare uninorridito dalla violenza di Roberto nell’assassinare unragazzo per pochi euro, cacciato di casa dal padre,ragazzo per pochi euro, cacciato di casa dal padre,ragazzo per pochi euro, cacciato di casa dal padre,ragazzo per pochi euro, cacciato di casa dal padre,ragazzo per pochi euro, cacciato di casa dal padre,Alessandro si sente smarrito e comincia a riflettere sullaAlessandro si sente smarrito e comincia a riflettere sullaAlessandro si sente smarrito e comincia a riflettere sullaAlessandro si sente smarrito e comincia a riflettere sullaAlessandro si sente smarrito e comincia a riflettere sullasua esistenza. Fondamentale nella sua conversione,sua esistenza. Fondamentale nella sua conversione,sua esistenza. Fondamentale nella sua conversione,sua esistenza. Fondamentale nella sua conversione,sua esistenza. Fondamentale nella sua conversione,l’incontro con una dolce e semplice ragazza, Laura, che lol’incontro con una dolce e semplice ragazza, Laura, che lol’incontro con una dolce e semplice ragazza, Laura, che lol’incontro con una dolce e semplice ragazza, Laura, che lol’incontro con una dolce e semplice ragazza, Laura, che loriporterà quasi del tutto sulla retta via, anche se sarà,riporterà quasi del tutto sulla retta via, anche se sarà,riporterà quasi del tutto sulla retta via, anche se sarà,riporterà quasi del tutto sulla retta via, anche se sarà,riporterà quasi del tutto sulla retta via, anche se sarà,nel finale, causa della sua morte.nel finale, causa della sua morte.nel finale, causa della sua morte.nel finale, causa della sua morte.nel finale, causa della sua morte.

compagni, il produttore ed il pro-fessore un’atmosfera di confidenzaed armoniosa allegria.Dopo aver pranzato ed averpreparato la valigia mi reco a Piaz-za D’Armi, ove ci attende il padredi Luigi, che ci accompagna al-l’aeroporto... In macchina felicità,entusiasmo e voglia di arrivarespingono l’auto più della benzina.Ore 16.00: siamo a Capodichino.Spaesato sono sempre vicino alprofessore che suggerisce dicominciare ad accodarci per fare ilcheck-in.... Il check-in?? Checos’è?? Queste sono le domandeche subito mi frullano per la testa,poi osservando non mi è difficilecapire che si tratta del controllopersonale e dei bagagli. Alle 16.30,come previsto, lo speaker annunciail volo. Saliamo sulla navetta eraggiungiamo l’aereo. Nel brevetratto per salire sul veicolo i mieicompagni mi dicono che l’emozione

più intensa si prova durante la fasedi decollo. Senza la minima preoc-cupazione salgo sull’aereo e, poichémi è stato assegnato un postocentrale, mi rammarico di nonessere capitato in una fila esterna,ma il professore, leggendomi nelpensiero, mi offre il suo postoaccanto all’oblò. Dopo aver ascol-tato le hostess che spiegano comebisogna comportarsi in caso diemergenza, il pilota dirige l’aereosulla pista di decollo e comincia adaccelerare in modo incredibile finoa staccarsi dal suolo. Avverto unvuoto allo stomaco ed increduloosservo come la terra man mano si

allontani, ma non ho alcun timore.Una volta raggiunta la quota di rottail viaggio procede tranquillo,consumiamo un break e scherzo-samente ci prendiamo in giro“gasati” da quanto stiamo vivendo.A quaranta minuti dal decollo l’as-sistente pilota annuncia che viag-giamo alla velocità di 800 km/h conuna temperatura esterna di -20°C eche da lì a dieci minuti atterreremoall’ “aeroporto internazionale diCaselle” (Torino). E’ allora chepenso che in meno di un’ ora ho per-corso quasi mille chilometri e co-mincio ad apprezzare questo me-raviglioso mezzo di trasporto.Ad un tratto, dall’inclinazionedell’aereo capisco che è iniziata lafase di atterraggio ed a un certopunto si intravedono le luci chedelimitano la pista aeroportuale.Quando l’aereo tocca terra siavverte un forte scossone e, dopouna violenta frenata, l’aereo si ar-

resta. Allora sia i miei compagni cheil professore dicono che l’atterrag-gio non è stato dei migliori, ma io,che non ho esperienza in merito, horitenuto che sia stato tutto normale,quindi nemmeno in quel momentoho avuto la minima paura.Cosa posso volere di più dallavita??... Si è conclusa la mia primaesperienza di volo, che per tantecircostanze ha tutti gli ingredienti diuna favola: il viaggio, Torino, il pre-mio, i compagni e un professore cheall’occasione è un amico e anche unpadre premuroso.

Roberto d’Argenio IV B

Torino!!! Questa è la primaparola che pronunciamoappena sbarcati nella grande

città. Un urlo liberatorio, che satanto di lavoro ed impegno, maanche di gioia infinita per quelpremio che ci aspetta e di cui nientesapevamo nemmeno dodici oreprima. Tre ragazzi rassegnati adover trascorrere un noioso sabatodi interrogazioni e preparati all’ideadella consueta uscita serale, siritrovano in un’avventura, breve, mapur sempre emozionante! A bordodel primo taxi disponibile ci dirigiamosubito in centro per sistemarcifrettolosamente in albergo. Duranteil percorso abbiamo modo di dareun’occhiata a Torino, che avevamovisto soltanto in qualche ripresatelevisiva. Luci e addobbi sonopresenti in gran numero in ogniangolo della città, creandoun’atmosfera molto suggestiva: ilNatale, molto sentito, è ormai alleporte. Tuttavia, per noi la verasorpresa arriva appena giungiamonel nostro albergo alle spalle di ViaPo. Con grande stupore ci vieneassegnata una stanza totalmenteisolata dalle altre, in particolare daquella del nostro accompagnatore,

Tra palco e realtà . . .

Il Liceo Scientifico “P.S. Mancini” di Avellino ha vinto un Gran Premiodella Giuria al Sottodiciotto film festival di Torino, la piùimportante manifestazione italiana nel settore della videoproduzionescolastica. Il Liceo Mancini ha partecipato con “Il senso della vita”,prodotto lo scorso anno dal Laboratorio Cinematografico nell’am-bito delle attività del Progetto Scuole Aperte. Il film tratta il tema delbullismo in modo molto crudo e realistico. Sono state partico-larmente apprezzate dai giurati sia la sceneggiatura sia la recita-zione degli alunni e la messa in scena del lavoro. Alla cerimonia dipremiazione - svoltasi a Torino presso il Cinema Massimo il 14dicembre scorso - hanno partecipato 3 studenti autori e protagoni-sti del cortometraggio (Luigi Mattia Celotti, Andrea Furio e Robertod’Argenio), accompagnati dal prof. Antonio Spagnuolo, coordinatoredel Progetto, che hanno evidenziato agli intervenuti (tra gli altri unassessore della Regione Piemonte e uno del Comune di Torino,sponsor della manifestazione) l’importante ruolo giocato dallaRegione Campania nell’offrire agli studenti e ai giovani della regione,con l’iniziativa Scuole Aperte, la possibilità di dare spazio alla pro-pria creatività come nel caso del nostro Laboratorio. La cerimoniaè stata condotta da Federico Taddia, autore e presentatore dellatrasmissione “Screensaver” di Rai 3. A completare la soddisfazioneper il riconoscimento è arrivata la comunicazione della Rai di Torinoche il cortometraggio sarà prossimamente messo in onda su Rai3proprio nell’ambito della trasmissione “Screensaver”. Il video, infine,è stato proiettato il giorno successivo al Cinema Massimo, insiemea tutti i video vincitori, completo dei loghi della Regione Campania edel Progetto “Scuole Aperte, Aperte a tutti aperte a tutto”.

Il senso della vita

LA PRIMA VOLTA FRA LE NUVOLE… QUANDOL’ENTUSIASMO CANCELLA LA PAURA!

il prof. Antonio Spagnuolo. Cosìpercorriamo un lungo corridoio, infondo al quale si apre un’unica porta,quella della nostra camera.Entriamo e, ancora sbigottiti perquello che ci sta accadendo, a faticariusciamo a trovare l’interruttoredella luce. Davanti ai nostri occhiappare qualcosa di straordinario! Inpochi secondi riusciamo a razio-nalizzare che abbiamo a disposizioneuna stanza di dimensioni notevoli,sviluppata su due piani con 5 postiletto, due bagni, due tv e tanti altricomfort. La nostra avventura,diventa sempre più interessante ericca di colpi di scena. Giusto il tem-po di scattare qualche foto e siamodi nuovo pronti per la parte piùimportante del nostro viaggio. Alcinema Massimo, nei pressi delnostro albergo, di lì a poco si terràla premiazione. Entriamo inuna grande sala, ci sediamo easpettiamo con ansia che arrivi ilmomento della nostra “standingovation”. L’attesa si fa sempre piùlunga e snervante tanto che quasinon ci speriamo più. E invecefinalmente, con nostra grandesoddisfazione, veniamo chiamati sul

segue

Tiri ... ManciniScuola e dintorni 55

Cuore dell’esperienzapiemontese è stata lapremiazione. La sera

stessa del 14 dicembre, accom-pagnati sempre dall’infaticabi-le e pazientissimo prof. A. Spa-gnuolo, ci rechiamo al cinemaMassimo, per partecipare allaserata più importante dell’interofestival. Già la piazza antistantele sale ci lascia senza fiato per ilgrandissimo numero di personepresenti (è anche un po’ meritonostro!), ma la grande emo-zione arriva una volta entratinella sala 1, dove ci troviamoimmersi tra tante luci e tele-camere, ma soprattutto ci sen-tiamo spaesati da una stranadisposizione delle poltrone che,invece di essere disposte indiscesa verso lo schermo, sonodisposte in salita… questisettentrionali!Ospite d’eccezione e presen-tatore della serata è FedericoTaddia, conduttore di Screen-saver, il famoso programma diRai3 che si occupa di corto-metraggi svolti dai ragazzi. Dopoi saluti del sindaco e dopo lerelazioni di diversi ed importantipersonaggi quali organizzatori esostenitori del festival, Federicoè finalmente pronto per le pre-miazioni. La tensione aumentaman mano che i premi vengono

palco a serata ormai inoltrata. Ilnostro momento di gloria è ormaitrascorso e alle ore 23, affamati eprovati da momenti molto intensi,andiamo alla ricerca di un localedove poter cenare. Anche stavoltal’impresa è ardua; molti ristorantisono già chiusi, ed è solo alle 23:30che riusciamo a trovarne uno ancoraaperto. Finalmente sazi, possiamofare ritorno in albergo e, dopo averdato la buonanotte al prof. Spa-gnuolo, invece di riposare e recu-perare un po’ di energie, decidiamoche è il caso di fare un’altra piccolaperlustrazione della città (andare aTorino non è cosa di tutti i giorni!).Passeggiando lungo Via Po diamoun’occhiata alla Torino notturna checi appare ancora viva e illuminata.Restiamo molto colpiti in particolaredalla visione della chiesa “GranMadre di Dio” situata proprio oltreil ponte sotto cui scorre il più grandefiume d’Italia. Dopo questa piccolauscita fuori programma ritorniamopresto in albergo e, parlando eripensando a tutto quello che ci èaccaduto, riusciamo a dormire soloper poche ore. Ci attende un altrogiorno che prosegue sulle orme delprimo. Per tutta la mattinatavisitiamo il centro di Torino, le suegrandi piazze e i suoi monumenti tracui Piazza San Carlo, PalazzoMadama e la famosa MoleAntonelliana. Tuttavia la nostra

“Scuole aperte” è un progettofinanziato dalla Regione Cam-

pania, Assessorato all’Istruzione eLavoro, con lo scopo di aprire alterritorio il maggior numero possi-bile di istituti della Regione Campa-nia, con una serie di attività che coin-volgono, oltre agli studenti, tutte lefasce della popolazione. Scopo delprogetto è di rendere le scuole uncentro di divulgazione del concettodi legalità, un luogo in cui il cittadi-no possa acquisire consapevolezzadel proprio ruolo e gli alunni indifficoltà possano trovare nuovistimoli per rimanere nel flussoformativo.Figure principali sono il Preside, G.Gesa, direttore del progetto, e A.Spagnuolo, coordinatore di esso.Il progetto si suddivide in diversimoduli, ognuno dei quali vieneindirizzato in particolare ad unafascia della popolazione, ma l’interoprogetto resta comunque aperto, inogni sua parte, a tutti. I moduli sonodivisi in tre parti principali. Una èdedicata alla cinematografia, a suavolta suddivisa in tre corsi. Il primodi essi è l’ “Analisi del LinguaggioCinematografico”, si svolge ilmartedì pomeriggio, all’interno diesso ai ragazzi è offerta anche lapossibilità di seguire un cineforum.Il corso è curato da A. Amendola,docente alla facoltà di Scienze del-la Comunicazione, esperto dellaboratorio dell’analisi audiovisiva.

attenzione si concentra preva-lentemente su negozi e boutiqueesclusivi, fino a che non ci troviamodavanti ad una famosa cioccolateriatorinese, dove facciamo spese folliper poter assaggiare cioccolatini diogni tipo e portare ad Avellino unpiccolo ma prezioso ricordo.Nella tarda mattinata concludiamoil nostro giro di compere e cirechiamo nuovamente al cinemaMassimo, dove vengono proiettatitutti i cortometraggi premiati dalconcorso.Ci riempiono di orgoglio le critichepositive degli spettatori che,sicuramente, rappresentano lanostra maggiore soddisfazione. Aora di pranzo ci rechiamo in aero-porto dove decidiamo di mangiarequalcosa prima di partire.Abbiamo modo di incontrare ancheil famoso ex-calciatore Ciro Ferrarae scattare una fotografia al volo. Ilnostro viaggio termina così nelmigliore dei modi e resteràsicuramente un ricordo indelebileche porteremo per sempre con noi.Per questo motivo vogliamoringraziare in particolar modo laregione Campania che ha fi-nanziato il progetto “Scuole Aper-te”, e il prof. Spagnuolo, coor-dinatore del progetto che ci ha per-messo di vivere questa mera-vigliosa esperienza. Grazie!

Andrea Furio IV B

distribuiti, in ordine, a partire dal-le scuole di infanzia, seguitedalle secondarie di primo gradoe da qualche premio extradistribuito qua e là, fino adarrivare alle secondarie disecondo grado. Tocca a noi!Avanziamo fieri nel corridoiocentrale della sala, consapevolidi aver fatto colpo, unici fore-stieri fra tantissimi avversaripiemontesi, con il nostro corto “Il

senso della vita”. Dopo pochiminuti e dopo qualche battutasimpatica scambiata al micro-fono con Federico Taddia, laparola viene ceduta alla giuria.Questa, meravigliata nell’averriconosciuto in noi tre, semplicistudenti di liceo, gli attori dellavoro che stanno per premiare(credevano che avessimo as-soldato attori professionisti!), ci

consegna immediatamentediverse buste cariche di libriassieme all’attestato “PremioFiera internazionale del libro”.Ascoltiamo emozionati lamotivazione pronunciata ad altavoce, con la quale vienepremiato il nostro corto: “Per laforza del soggetto, per lacomplessità e la coerenza dellasceneggiatura e per l’abilità deigiovani attori di creare empatiaa partire dai loro stessipersonaggi”. Un’esaltazione,quindi di ogni minimo elementodel nostro corto, superato solodalla maestria artistica svilup-pata in “Acido Acida”, secondoclassificato, e dalla messa inscena “realistica e simbolica” di“K545", vincitore del concorso.Terminata la premiazionegiunge, infine, il momento dell’“arrivederci” a Federico Taddia,che non ci liquida con un salutodefinitivo, ma ci conferma di averselezionato “Il senso della vita”quale corto da mandare in ondasu Screensaver. Lasciato il cine-ma Massimo, arriva il momentodi goderci una bella cena e unabella notte, all’insegna del-l’allegria, sulle rive del Po!

Luigi Celotti IV B

Gli altri due corsi sono curati daLicio Esposito, il giovedì pomerig-gio, e consistono nell’Acquisizionedi competenze per la produzione dicortometraggi e la produzioneeffettiva degli stessi.La seconda parte del progetto èdedicata in particolare agli anziani.Assistiti dalla Libera UniversitàPopolare Goffredo Raimo, i corsisono svolti già da diversi anni nelLiceo P. S. Mancini e si dividono intre rami, uno dedicato a studi sullaGastronomia, uno allo Yoga e unoalla Fotografia. I primi due hannoriscosso quest’anno un grandissimosuccesso, in quanto il primo è statoprolungato fino a fine anno, ilsecondo conta ben 83 iscritti, conutenze da 7 fino a 81 anni! E’ inizia-to anche il corso di Fotografia,curato dal prof. A. Santoro.Gli ultimi due corsi affrontano, unolezioni sulla Redazione Giornalisti-ca, l’altro Seminari e Conferenzesulla legalità. Il primo, curatodall’esperta giornalista StefaniaMarotti, è rivolto agli alunni internidel liceo e, in particolare, agliimmigrati, desiderosi di appren-dere tutte le tecniche della scritturagiornalistica e narrativa, perraccontare, anche nei dettagli, leesperienze personali della loro vitain città. Infine l’ultimo corso prevedeincontri degli studenti con varie per-sonalità del mondo istituzionale odella società civile, all’interno dei

quali vengono affrontate letematiche della legalità, dei dirittiumani e civili e della questioneambientale. Il Liceo ha ospitato giàdiversi incontri, in cui sonointervenuti il regista M. Severgnini,assieme al docente di sociologiaall’Università Suor Orsola Benin-casa di Napoli, A. Petrillo; alcunifunzionari della questura che hannotrattato le tematiche del bullismo, T.Palese, referente regionale di“Libera”. Importantissimo appun-tamento, poi, è stata la celebrazionedella Giornata della Legalità, con lapresenza dell’on. F. Forgione,presidente della CommissioneParlamentare Antimafia, E. Fier-ro, giornalista dell’Unità e MarcoCillo, rappresentante provinciale diLibera.Le attività sono svolte all’internodel Liceo P. S. Mancini, che lavorain rete con la Scuola Media Soli-mena, l’ITC Luigi Amabile, l’ITISG. Dorso e diverse associazionidella realtà regionale: Universitàdegli Studi di Salerno, LiberaUniversità Popolare G. Raimo, leACLI provinciali, l’AssociazioneLibera, Legambiente, la Pro Locodi Avellino, il Circolo di cultura ci-nematografica ImmaginAzione, ilFestival di Pietradefusi, la VI Cir-coscrizione, il CHIRS (CentroHandicappati Irpini per la Ricrea-zione e lo Sport) e l’UNICEF.

Luigi Celotti - IV B

Premiazione

PROGETTO “SCUOLE APERTE”Aperte a tutti, aperte a tutto

www.scuoleaperte.com

AssessoratoIstruzioneFormazionee Lavoro

REGIONE CAMPANIA

TANTI CORSI PER TUTTE LE ETÀ A SCUOLE APERTE

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Quanta fatica per l’aspirantegiornalista: le vie pergiungere alla meta, cioè gli

studi e gli iter da seguire, sono pocodocumentati, così spesso ci si trovaa voler fare il giornalista senzasapere come si fa a diventarlo. Lascuola è la base. Tutti gli studentiche hanno conseguito il diploma dimedia superiore dovrebbero esserein grado di scrivere quanto meno unarticolo descrittivo o di commento eun saggio breve, dimostrazione di ciòla possibilità di scegliere comeprima prova d’esame d’italiano latipologia “testo articolo di giornale osaggio breve”; quanti sono poi, inrealtà, gli insegnanti che impieganouna o due lezioni per fornire aglialunni le conoscenze necessarie edar loro modo di esercitarsi adaffrontare questa eventualità? Perscoprirlo basta chiederlo aglistudenti. C’è chi dice: “Giornalisti sinasce, non si diventa”. Ma vistocome stanno le cose non sarebbemeglio dire: “Non tutti i giornalistiche nascono lo diventano”?

DIFFICOLTA’ – Il giornalismomoderno cura poco la gavetta, nonne ha il tempo: l’informazione èsempre più globalizzata e i tempi dilavorazione sempre meno in gradodi consentire ai più anziani ditrasmettere sul campo i segreti delbravo cronista ai più giovani. Colrisultato che arrivare a esseregiornalisti diventa, per i giovani,sempre più difficile come vincereal superenalotto.Le lezioni apprese sul camporestano, logicamente, quellefondamentali, quelle che siimprimono indelebilmente nel vis-suto professionale di ogni nuovogiornalista più o meno dotato per laprofessione. L’Ordine prima e leuniversità poi, quindi, stanno aiutan-do la professione giornalistica conscuole e corsi specifici, consenten-do di formare, all’interno di unmondo editoriale in costanteevoluzione tecnologica e sempre piùmultimediale, giornalisti dal solido

Beniamino Pescatore, 25 anni, è un ex alunno del Liceo Scientifico“P.S.Mancini” (sezione E). Pubblicista dal 2001, è giornalistaprofessionista dal 2005, tra i più giovani in Italia.I suoi primi articoli sul nostro “Tiri…Mancini” all’età di 16 anni.Laureato in Scienze della Comunicazione, è iscritto al corso di laureaspecialistica in giornalismo e cultura editoriale dell’Università diParma. Ha iniziato l’attività giornalistica con il Corriere dello Sport,collaborando anche presso giornali locali.Oggi è il più giovane giornalista del quotidiano sportivo romano:cura soprattutto i servizi di calcio di serie A, serie B, basket di serieA - talvolta altri sport - sull’intero territorio nazionale, in particolare ilNord. Collabora, inoltre, con importanti testate nazionali, tra cui LaRepubblica, Guerin Sportivo e Leggo.

Sulla bacheca degli annunci si affaccia timido, lo fissi con curiosità: «Offroaiuto domestico a persona anziana in cambio di stanza singola. Universitario,21 anni, serio, ordinato, puntuale e pulito». Magari anche bella presenza,perché l’occhio vuole la sua parte. Nonostante l’età. Importante requisito:che sia persona di fiducia, altrimenti meglio “smammare”.CARA NONNA - Giochiamo d’immaginazione, senza allontanarci troppodalla realtà. Di giorno segui i corsi e prima di rientrare a casa ricorda laspesa: oggi a cucinare ci pensa la “nonnina”. Il pomeriggio conviene studia-re; radio a basso o alto volume fa poca differenza perchè di là c’è lasignora in poltrona che prova a vincere il milione con Gerry Scotti (salvoprendere sonno..) e attende l’ora dei titoli tiggì, coincidono con la pillola,poi la cena, che sia non oltre le otto. Dopo i “pacchi” buonanotte. Il Caro-sello dei nonni d’oggi. Domenica niente ozio, vai con le pulizie di casa, inparticolare bagno, lavatrici, cucina, frigo. E passeggiata, su richiesta. Comeun hotel: niente stelle, confort giusti, per i servizi prego arrangiarsi. Però, aconti fatti conviene. Tu le regali la compagnia, lei ti dona la camera; tu ledai una mano, lei ti assicura la cena, e se è brodo pazienza: domani aifornelli è il tuo giro, non è detto che possa andare meglio.E’ un esempio immaginato di vita da fuori sede, un nuovo modo, semprereale, di barcamenarsi per trovare alloggio. Olio di gomito per vivere gratise qualche sacrificio in più: la desiderata camera però è lì, tua, senza tirarfuori un soldo. C’è chi alle 19 va a lavorare nei bar e rientra alle 3 perguadagnare 300 euro al mese e assicurarsi a stento l’alloggio.Sta diventando un business quello della “casa con la nonna”, si sviluppasotto traccia, tra la diffidenza e la pigrizia di chi non conosce il sacrificio epreferisce donare 300 euro al mese al benestante di turno per un loculocon vista scala interna. D’accordo: questo tipo di sistemazione non puòpiacere a tutti. Come scegliere? La foto della casa: carina. Manca quelladell’anziano. Prendere o lasciare, oggi nessuno apre la porta a un estraneo,figurarsi una persona sola, d’età avanzata. Per ricevere in cambio tantoaiuto, però, saprà lasciarti le chiavi e donarti “nù piezz è core”.Oltre a una comoda sistemazione.CARISSIMA CASA - Innumerevoli telefonate, giri da una parte all’al-tra della città con in mano il fedelissimo giornale degli annunci, visiteinterminabili a case improponibili, tugurii che arrivano a costare anche 600euro al mese. Eccoci, studenti. Tra agenzie, bacheche universitarie, sitiinternet, amici, voci, passaparola, volantini, giornali e addirittura in autobus.Gli annunci sono ovunque, staccate il numerino, chiamate e buona fortuna.Inizia così il viaggio nel calvario dei fuori sede. Tutto ciò che vedi sembrapiccolo, stretto, angusto, freddo, buio. Così non va, questo no, questoneanche. Non è casa tua. E’ tenuta giusto per te, studente senza troppepretese! Per 300 euro cosa vuoi? Basta documentarsi attraverso interneto giornali per capire come funziona. E’ ciò che ho fatto: un’inchiesta fai-da-me nelle città universitarie, veloce, chiara, tenendo conto anche diesperienze personali e di amici. Una considerazione: per gli studentiuniversitari fuori sede, trovare una sistemazione non è cosa facile: conl’arrivo della bella stagione, affittuari e agenzie immobiliari si sbizzarrisco-no alzando i prezzi agli inquilini. Solo la metà dei contratti di affitto risulta inregola. L’altra si divide tra coloro che hanno un impegno senza valorelegale e quelli totalmente in nero. Una veloce panoramica. A Bologna, suoltre 100 contatti, uno su tre ha una stanza tutta per sé, con prezzi al disopra dei 300 euro in media. Più sono in camera, meno costa. Si parteanche da 150-170 euro per stanze con 2-3 persone. Roma caput mundiignora di essere capitale europea dell’università. Una stanza singola sfiorai 500 euro al mese, una doppia non si trova sotto i 350. Tante le difficoltàper reperire un posto tra collegi e residenze universitarie: allo studentato diTor Vergata i posti letto a disposizione sono 120. Richieste? 30.000.A Roma Tre 2500 richieste l’anno per 70 posti. C’è sempre San Lorenzo,a ridosso della Città Universitaria: costi bassi ma quante scomodità, è una“zona-dormitorio”. Il breve giro continua. Una stanza a Siena costa in media350 euro, a Pavia 300, Parma 255. Meno cara Bari, 230 per singola. Iltutto, calcolando, ovunque, un aumento del 50-70% negli ultimi sette anni.A Urbino, da non crederci, gli affitti calano: molti alloggi restano vuoti, icontratti diventano più brevi e, di conseguenza, la richiesta mensile diminui-sce anche di 50 euro in meno di due anni.Per il resto, meglio lasciare da parte i dati e cercare commenti su internet.Milano, Napoli: «Costano troppo, raggiungo l’università in tappe intermina-bili di autobus e tram», «prezzi e condizioni dell’appartamento spesso allimite della decenza». Ancora: «Assenza di riscaldamento, aumento degliaffitti improvvisi e condizioni fatiscenti delle abitazioni». Minimo 200 euro.Aumenti improvvisi? Non ci sono contratti da rispettare? Come detto, pochiregolarizzati. I controlli nel nostro Paese sono pressoché nulli. Pensate poiuna denuncia da parte dello studente, cosa rarissima considerati i costi, intempo e soldi, di battaglie legali. Qui la domanda: non è meglio vivere conuna persona anziana? In pochi sarebbero realmente felici, inutile girarciattorno. Il portafogli, però, si alleggerirebbe. Chi trova una nonna, trova untesoro.

bagaglio professionale.STRADE - A mano a mano che siavanza all’interno del mondodell’informazione ci si accorge chela professione giornalistica la si puòimparare seguendo precisi e rigorosipercorsi di formazione all’interno discuole riconosciute dall’Ordine o inambito universitario.Si può diventare giornalisti pubbli-cisti collaborando (regolarmenteretribuiti) con una testata per 24mesi. La pratica si è moltosemplificata con l’introduzione del-l’autocertificazione, ma chiedecomunque gli estremi dei pagamen-ti e la prova con le fotocopie o lepagine dei giornali riportanti gliarticoli degli aspiranti giornalisti.Più ardua la strada per diventaregiornalisti professionisti. Si può ac-cedere direttamente al praticantatodi 18 mesi presso una redazione,svolgere il praticantato presso unaScuola di formazione al giornalismoriconosciuta dall’Ordine dei gior-nalisti. Due sessioni di esame peranno, prove selettive, rigorose.SCUOLE - Giriamo l’Italia. ATorino: master biennale inGiornalismo del Corep con 20partecipanti a biennio. A Milano:l’Associazione “Walter Tobagi” perla formazione al giornalismo, con 40posti a biennio; il master univer-sitario biennale di primo livello digiornalismo dello Iulm con 15 iscrit-ti e il master in giornalismo a stam-pa e radiotelevisivo all’Universitàcattolica del Sacro Cuore per 20praticanti.Master in giornalismo pressol’università di Padova, stessodiscorso all’Università di Potenza.Bologna ospita la Scuola superioredi giornalismo, 30 posti. Prestigiosol’Istituto per la formazione algiornalismo di Urbino che cura laformazione di 32 giornalisti a bien-

nio. A Roma attive la scuola dellaLuiss con 40 posti; il corso dellaLumsa con 20 posti all’anno, e ilmaster dell’Università di TorVergata con 30. A Napoli masterbiennale in Università per 30praticanti.Esistono poi corsi di laureaspecialistica da affiancare allatriennale, in parte a numero chiuso,pronti, però, a soddisfare quasisempre tutte le richieste. Si tratta dicorsi di laurea in editoria, giornali-smo, cultura editoriale, comuni-cazione multimediale, nuovi media,attivi a Parma, Pavia, Messina,Teramo, Bergamo, Trieste, Modena,Sassari. Per avere un’idea più chiarasarà utile visitare i siti internet degliatenei. Una cosa è certa: lo studio èimportante. I trucchi del mestiere,però, si imparano sul campo. Unminimo di esperienza è fonda-mentale. L’ideale? Studiare e, altempo stesso, attivare una colla-borazione, per tenersi allenati, pron-ti al mestiere che verrà. Se verrà.

Scuola e dintorniTiri ... Mancini

a Piacenza, al lavoro

Giornalisti si nasce, o si diventa?

pagina e cura di:Beniamino Pescatore

ex alunno corso E

AFFITTASI In nero

77Scuola e dintorni Tiri ... Mancini

Una notte, verso la fine d’agosto,proprio nel colmo della peste,tornava don Danno a casa sua,accompagnato dal fedel Grumo,l’uno de’ tre o quattro che, dellasua combriccola, eran salvi dallapestilenza. Beninteso, non che se lifosse portati via la Mietitrice, chenon era quella una peste da farvittime.“Yersinia pestis stultorum” lachiamavano i dottori, quelli cheavevano isolato il diabolico germe,ma per i più era la “Peste degliStupidi”. Ed era uno di quei misterisenza soluzioni su cui tutticonfabulano tranne quelli chedovrebbero farlo, e cioè gli uominidi scienza e d’esperienza.

La Peste degli Stupidi era un malan-no ben sopportabile sul piano fisico:qualche arrossamento repentino inviso, prurito passeggero, ma era lasua fama a farla temere più delDemonio.Era infatti risaputo che il malannocolpiva solo i meschini di cervella,le persone che ragionano comeciuchi.

Non era chiaro come un bacillopotesse discernere tra i savi e glistupidi, e perché preferisse i secondi,ma fatto stava che quelli che di solitoerano additati come tali, li si vedevaora barcollare, paonazzi sulle gote,a molestarsi senza pace la zona sulcollo o sulla nuca dove il rossore sifaceva più intenso.

Su don Danno tutto era stato detto:ch’era un poco di buono, unimmodesto, un vanaglorioso, ma maisi sentì anche solo sussurrare chefosse stupido. Come poteva anchesolo nascere tale dubbio, vedendoche egli era membro, e talvoltafondatore, dei più eminenti ed elitaricircoli intellettuali? Come si potevachiamare stupida una persona di così

Una notte, verso la fine d’agosto...

Gaio “Oi Tito, che stai a fa’?”Tito “Ei Gaio. No niente, stavo a pensa` Te n’ te capita de lo fa’?”Gaio “No, de sti tempi n’ me va. La mi’ donna me fa sbrocca’…”Tito “La tu’ donna? Chi è la tu’ donna?”Gaio “C’hai presente la fia de Cornelio?”Tito “Ma chi? Lu Silla?”Gaio “E sì…”Tito “A li mortacci ao… Ma m’avevano detto che s’era mollata co luMemmio, l’amico mio che glie sto a scrive...”Gaio “E, ‘nfatti…”Tito “Embè?” Gaio “Embè, che?”Tito “Ma sei proprio n’ ciulo E si te sgama lu Memmio?”Gaio “E si… Tanto Cesare me vo’ bene…”Tito “Ma che n’fame!!!”Gaio “Ao! Calmo ke parole ke i sampietrini li so tira’ pur’io…”Tito “Ma poi Cesare n’ te po tira’ fori de galera…”Gaio “Ssssse… Tanto posso da a colpa a Catilina e a l’amici sua…”Tito “Ma così dai ‘a colpa pure a l’amico tuo”Gaio “Ma che stai a di? Cesare sta fore da tutta ‘sta storia…”Tito “Se se, come Marte t’aiuta ‘n guerra…”Gaio “Ma a te che te frega?”Tito “Niente, non me ne po frega’ de meno… Li guai so’ li vostri”Gaio “`rrco zio come sei… Me fai ‘ngrippa quanno t’encupi!!!”Tito “Ma come se fa a non s’entresti’?, Qua a Roma è tutto ‘no sfacelo…”Gaio “E c’hai ragione pure te… A me me more ‘l core quanno guardotutta ‘st’infamità… Non c’è più religione...”Tito “Magari ‘n ce fosse… Pe’ me ce ne sta pure troppa…”Gaio “Ecco ‘o lla… Mo ripiglia “Tito “E certo, a te nte da fastidio k’a gente more pekke se pensa che cestanno li dei che te stanno a guarda’, che si s’encazzano te fanno passa’li peggio guai si non sacrifichi ‘r’ bue o pure la figlia tua?”Gaio “Mamma mia come sei ao… Ma fatte meno problemi, vivi ̀ a vita,fatte ̀ na tresca, viaggia ‘n po’, come me...”Tito “Ma te l’usi er coccio pe’ pensa’ o te serve pe’ scrive’ e barzel-lette toe…?”Gaio “Ao, qua’ barzellette? Io so’ storiografo, te riporto ‘a realtà…”Tito “Ma se quanno leggo l’opere tua me pare de legger’ manifesto deCesare, a lecchinoooo!!!”Gaio “Almeno io n’ me metto a copià l’opere altrui…”Tito “Mo n’ se po’ pensa’ uguale a ‘n artro? E poi non è che predico benee razzolo male…”Gaio “Ma perché n’ te suicidi?”Tito “Ce stavo a pensa’…”Gaio “Pe’ me sei pazzo…”Tito “Io pure te vojo bene…”Gaio “Vabbè, io m’ ̀ a filo… M’aspetta ‘na notte n’FAUSTA…”Tito “Che ciulo…”

Fernando Petrulio IV D

Nei pleniluni sereni

fine linguaggio che, anche quandomandava bestemmie, sembravastesse filosofeggiando?

Eppure, camminando, don Dannosentiva un mal essere, unaprurigine diffusa; focolai di rossoregli si accendevano sul volto, roventicome tizzoni. Non aprì bocca, pertutta la strada; e la prima parola,arrivati a casa, fu d’ordinare alGrumo che gli facesse lume perandare in camera. Quando cifurono, il Grumo osservò il visodel padrone, stravolto, acceso,con gli occhi in fuori, e lustrilustri; e gli stava alla lontana,perché in quelle circostanze ognimascalzone aveva dovutoacquistar, come si dice, l’occhiomedico.

- Sto bene, ve’- disse don Danno,che lesse nel fare del Grumo ilpensiero che gli passava per lamente.- Scherzi della stagione - disse ilGrumo, tenendosi sempre allalarga. - Ma vada a letto subito,ché il dormire le farà bene- Hai ragione: se possodormire… Del resto, sto bene.

Il Grumo si congedò eppure, tra ilsonno e la veglia, a don Dannosembrò di sentire un rumore comedi cornetta che si solleva, ed unpigiar di tasti, e quindi un chiac-chiericcio divertito e silenzioso.

Quando ebbe a svegliarsi allamattina e si guardò allo specchiointento alle abluzioni, per poco nonfu colto da malore. Il suo bel viso,curato e delicato, era funestato dachiazze purpuree, il naso era gonfioe dolente e ovunque il prurito gliinfestava la carne. Con un filo divoce, chiamò il Grumo, che in pochiminuti fu al suo capezzale.- Grumo! - disse don Danno,

- Sì, signore- T’ho insegnato tante cose…- Per sua bontà.- Di te mi posso fidare…!- Diavolo!- Tu… tu sai che io non sono stupido,Grumo.- Mi ci giocherei la vita…- Se tu potessi tacere su questomalanno di poco conto…

Non aveva neppure finito di parlare,che un vocio crescente si udì allespalle dello scagnozzo… Erano lì, imembri dei circoli intellettuali, gliamati discepoli e i migliori amici.Quelli che prima lo rimiravanoadoranti, ora lo osservavano divertitie compiaciuti, sghignazzando senzaritegno.

Con risate e schiamazzi di scherno,a frotte festanti, si riversarono nellastanza.

- Ma pensa un po’, il buon donDanno…- Proprio lui…- Eppure, eppure lo si capiva cheera…- Questi non ti serviranno più, caroil mio allocco! – diceva unoriempiendosi le braccia con i libriprelevati dagli scaffali di legno…- Ah traditore infame! - urlava donDanno, cercando con lo sguardoappannato il Grumo- Via, Canaglia! Biondino!Carlotto! Aiuto! Son assassinato!

Ma i suoi lamenti si spensero benpresto. Solo, tormentato dal pruritoe dall’ira, don Danno si asciugò conla manica della camicia da notte ilnaso gocciolante, sentendosi, d’untratto, molto stupido. E non perchéla Peste ora gli palesava il suodifetto, ma piuttosto perché come,se non da stupido, era stata la sceltadei suoi amici.

Fabio Ardolino - IV D

Da Manzoni a Buzzati

La Peste degli Stupidi

Roma. Su un isolotto lungo il Tevere, Tito Lucrezio,seduto presso la riva, osserva le quadriglie sfrecciare

sull’altra sponda. Gaio Sallustio lo raggiunge.

... ma isuoi lamentisi spenseroben presto ...

SCRITTURA ... CHE PASSIONE!

A me me more

guardo tutta ‘st’infamità…‘l core quanno

Qua aRoma

è tutto ‘no sfacelo…

88 Tiri ... Mancini Scuola e dintorni88

Il 10 dicembre 2007 il Liceoscientifico “Mancini” è statopremiato a Salerno dal figlio del

giudice Paolo Borsellino per ilConcorso Nazionale indetto dalC.E.P.I.S: “Palatucci e il suo

periodo storico”. In questa oc-casione, durante una interessantecerimonia, sono state commemoratedue illustri personalità, Palatucci eBorsellino, che hanno creduto neivalori della giustizia e dellasolidarietà.In seguito, a febbraio, la conferenzavoluta dal Dirigente scolastico G.Gesa al centro sociale di Avellinocon la partecipazione dei professoriCarmelo Testa, Miriana Tramontina,Rosa Morelli sul tema: “Palatucci :bontà senza confine, dall’esodoalle foibe”, ha offerto a noi alunnilo spunto per creare DVDsull’argomento. Essi evidenziano ladeportazione e la morte, avvenuta il10 febbraio 1945, nel Lager nazistadi Dachau, dello Schindler irpino,Giovanni Palatucci, originario diMontella (Av), questore di Fiume,che salvò 5000 ebrei dallo sterminio.I DVD, da noi realizzati, mettono inrisalto la tragedia sia dell’esodo di

fiumani, istriani, dalmati, sia ildramma delle foibe, iniziato nel 1943e conclusosi il 10 febbraio 1947.Così la data del 10 febbraio haaccomunato due tragici eventi, duepagine di storia di un’Europasegnata da barbarie, nazionalismiaggressivi, espressi nella guerranazi-fascista e nell’ondata di ter-rore comunista jugoslavo.La Giornata del Ricordo (10febbraio), istituita a livello nazio-nale dalla legge dell’aprile 2004,commemora le vittime delle foibe equelle dell’esodo delle popolazioni

Ricordare ...giuliano-dalmate dopo il trattato diParigi del 1947 che assegnò ilconfine orientale alla Jugoslavia, aicomunisti di Tito.Solo ora, dopo un silenzio durato 60anni, ricordato come la “congiura del

silenzio”, l’istituzione di tale giornataci invita a non tacere, ad assumercila responsabilità di aver negato oignorato la verità per pregiudiziideologici e cecità politica e di averlarimossa per calcoli diplomatici econvenienze internazionali.L’etimologia del Ricordare: Ri-excorde significa riportare al cuore,ricordare l’imperdonabile orrorecontro l’umanità costituito dallefoibe, l’odissea di 250-350 milapersone, profughi del Friuli VeneziaGiulia, regione mutilata nel confineorientale. Ricordare significa nonspegnere in noi la sete della veritàcon un impegno alla ricerca onestae rigorosa; ma significa ancheassumersi un compito difficileperché si potrebbero riaprire feritenon ancora rimarginate.Nell’autunno del ’43, subito dopol’armistizio, nei territori dell’Istria,abbandonati dai soldati italiani che lipresidiavano e non ancora sotto il

controllo dei tedeschi, i partigianidelle formazioni slave, ma anchegente comune, per lo più dellecampagne, fucilarono o gettarononelle foibe centinaia di cittadiniitaliani, bollati come “nemici delpopolo”.Le foibe, però, ebbero la loromassima intensità nei quarantagiorni dell’occupazione jugoslava diTrieste, Gorizia e dell’Istria,dall’Aprile fino a metà Giugno ’45,quando gli alleati rientrarono aTrieste occupata dalle milizie di Tito.Tra Marzo e Aprile, alleati e

Jugoslavi si impegnarono nella corsaper arrivare primi a Trieste. Vinsela IV armata di Tito che entrò nellacittà il 1° Maggio alle 9.30. Nellestesse ore i Titini occupavano ancheGorizia. Dei partigiani garibaldini nonc’era traccia. Erano stati dirottativerso Lubiana e fu loro permessodi rientrare nella Venezia Giuliasoltanto venti giorni dopo, a cosefatte. Come scrive Gianni Oliva, gliordini di Tito e del suo ministro degliesteri Kardelj non si prestavano adequivoci: “Epurare subito”, “punirecon severità tutti i fomentatori dellosciovinismo e dell’ odio nazionale”.Era il preludio della carneficina, chenon risparmiò nemmeno gliantifascisti di chiara fede italiana,nemmeno membri del Comitato diLiberazione Nazionale. Ci fu unavera e propria caccia all’italiano,con esecuzioni sommarie, depor-tazioni, infoibamenti.I soldati di Tito irrompevano di nottenelle case degli Italiani, li legavanogli uni agli altri con corde, fili di ferroper impedire la fuga; deponevanosull’orlo del precipizio (foiba) iprigionieri: alcuni venivano fucilatitrascinando con sè nel baratro an-che tutti gli altri ancora vivi co-stringendoli ad una lunga agoniacircondati da cadaveri in pu-trefazione.La foiba, dal latino FOVEA: fossa,cavità del Carso, antro usato perindicare una fenditura del terreno,profonda anche alcune decine dimetri, si apre sul fondo di una dolinache l’erosione millenaria dell’acquaha scavato nelle rocce carsiche informe gigantesche e accidentate.

Foiba, inghiottitoio segreto, dasempre usata per far sparire animali,rifiuti, cadaveri pericolosi, corpi disoldati, artiglieria militare. Basovizzafu al centro dell’orrore: siaccumularono 500 metri cubi dicadaveri che furono poi ricoperti dimunizioni e detriti. Trovarono lamorte non meno di 2500 persone insoli 45 giorni: dal 1 Maggio al 15Giugno 1945.Secondo alcune fonti gli italianiuccisi furono da 4 a 6 mila, peraltre addirittura 10 e 20 mila.Il trattato di Parigi del 1947 stabilìl’esodo delle popolazioni istriane,dalmate, dalle province di Pola, Zara,Fiume, Gorizia.In quel periodo solo a Trieste furonodeportate circa ottomila persone:solo una parte di esse potrà poi fareritorno a casa. I crimini riguardarononon solo militari e civili italiani, maanche civili sloveni e croati, vittimedi arresti, processi farsa, depor-tazioni, torture, fucilazioni. Lamattanza si protrasse per alcune

settimane, sebbene a Trieste eGorizia fra il 2 e 3 maggio fossearrivata anche la seconda divisioneneozelandese del generale BernardFreyberg, inquadrata nell’ottavaarmata britannica. Finì il 9 giugnoquando Tito e il generale Alexandertracciarono la linea di demarcazioneMorgan, che prevedeva due zone dioccupazione A e B dei territoriGoriziano e triestino, confermate dalMemorandum di Londra del 1954.La linea che definisce oggi il confineorientale dell’ Italia è stata stabilitadal trattato di Osimo del 1975.La giornata del 10 febbraio varicordata in tutti gli Istituti attraverso

convegni, documentaristorici, rappresentazioniteatrali; si pensi all’au-torevole rappresentazio-ne della compagnia“Theatron” al Partenio il15 febbraio 2008:“L’ i n g h i o t t i t o i o ” ,spettacolo in prosa, messoin scena dalla compagnia

Melisma con la regia di FrancescoPetti. Melisma ha portato in scenaquesta tragedia del secolo scorso,cercando di guardare con occhioimparziale e, soprattutto, di far sì chequesto dramma, che colpì in mododiretto il popolo italiano, vengaricordato.

Le terribili vicende che hannoriguardato le foibe e l’esodo degliitaliani hanno lasciato feriteprofonde, oggi rimarginate dal lungotempo trascorso. Dopo l’entratadella Slovenia e della Croazia, exterritori Jugoslavi, il 25 dicembrenella Comunità Europea, cornice diciviltà e di pace, il dialogo deveprevalere sul pregiudizio, perproiettare questo triste ricordo versoil domani senza dimenticare letradizioni culturali che ci legano.Si vuol dar vita così ad una culturaaperta, alla speranza di un domanida vivere nella giustizia e nella pace

“Il ricordo è libertà anche

I DVD realizzati dai ragazzi suPalatucci e la giornata delRicordo, sullo spettacolo teatrale:“L’inghiottitoio” della compagniaMelisma sono disponibili in salaprofessori di via de Conciliis e viaScandone.

dall’ossessione dei luttuosi eventiricordati: ‘Getta dietro di te il tuodolore e sarai libero’, dice Rebec-ca nel Rosmersholm di Ibsen.La memoria guarda avanti; siporta con sé il passato, ma persalvarlo, come si raccolgono iferiti e i caduti rimasti indietro,per portarlo in quella patria, inquella casa natale che ognuno,dice Bloch, crede nella suanostalgia di vedere nell’infanziae che si trova invece nel futuro,alla fine del viaggio”.

Classe III NF. Matarazzo, G. Nardone,F. Biscardi - Classe IV N

U. Freda, E. Romano,V. Ricciardelli , P. NutileClasse V Q - F. Ferrari

99Tiri ... ManciniBrowsing around

The climate of the Earth is alwayschanging. So far it has altered as aresult of natural causes. Nowadays,however, the term climate changeis generally used when referring tochanges in our climate, identifiedsince the early part of the 1900’s.The changes we have seen overrecent years and those which arepredicted over the next 80 years arethought to be mainly as a result ofhuman behaviour rather than due tonatural changes in the atmosphere.The greenhouse effect is veryimportant when we talk aboutclimate change as it relates to thegases which keep the Earth warm.It is the extra greenhouse gaseswhich humans have released, andstill do, which are thought to be thestrongest threat. Scientists acrossthe World are looking at the evidenceof climate change and are also usingcomputer models to come up withpredictions for our futureenvironment and weather. They’realso looking at the knock-on effectsof potential changes.The effects of man-made emissionsof carbon dioxide (CO2) are beingfelt on every inhabited continent inthe world with very different partsof the climate now visibly respondingto human activity. In addition to

rising surface temperatures aroundthe earth, scientists have now linkedman-made emissions of greenhousegases to significant increase in oceantemperatures, rise in sea levels andthe dramatic melting of Arctic seaice over the past 35 years.The fourth report of theIntergovernmental Panel on ClimateChange (IPCC) says that globaltemperature rises this century ofbetween 2°C and 4,5°C are almostinevitable. However, it also says thatmuch higher increases of 6°C ormore cannot be ruled out. A warmerworld is increasing evaporation fromthe oceans causing atmosphericconcentrations of water vapour, apowerful greenhouse agent, to haveincreased by 4 per cent over the seasince 1970. Water vapour in theatmosphere exacerbates thegreenhouse effect.All the climate models used by theIPCC also found that rising globaltemperatures will erode the planet’snatural ability to absorb man-madeCO2. This could lead to CO2

What is Climate Change?concentrations in the atmosphererising by a further 44 per cent,causing global average tem-peratures to increase by anadditional 1, 2° C by 2100.The ‘anthropogenic signal’ - thevisible signs of human influence onthe climate - has now emerged notjust in global average surfacetemperatures, but also in globalocean temperatures. “Anthro-pogenic warming of the climatesystem is widespread and can bedetected in temperature obser-vations taken at the surface, in thefree atmosphere and in the oceans,”the report says. “It is highly likely[greater than 95 per cent probability]that the warming observed duringthe past half century cannot beexplained without external forcing[human activity].”The IPCC says that over the comingcentury we are likely to see big

changes to the Earth’s climatesystem. These include:* Heat waves, such as the one thataffected southern Europe insummer 2003, are expected to bemore intense, longer-lasting andmore frequent.* Tropical storms and hurricanesare likely to be stronger, withincreased rainfall and higher stormsurges flooding coastlines.* The Arctic is likely to become icefree in the summer.* Sea levels will rise significantlyeven if levels of CO2 are stabilised.By 2100 sea levels could be 0.43metres higher on average thanpresent, and by 2300 they could beup to 0.8 metres higher.The list of things we need to thinkabout which will be affected byclimate change is endless. Now fewexamples of how we will need tochange the way we live in order to

cope with changes to our climate.* The regular use renewableenergy. Have a look at the possi-bilities for alternative energysources, including solar energy,wind energy, geothermal energy,water energy and even nuclearenergy.* Turn off televisions, videos, stereosand computers when they are not in

use. They can use between 10 and60 per cent of the power they usewhen on.* Use economy programmes ondishwashers or washing machinesand turn down the thermostat foryour heating by 1 degree. I couldcut your heating bill by 10 per centand save the Earth.

A. Iannillo V L

On the eighteenth of January, 2008,we had the pleasure of meetingLouise Robertson, a girl fromScotland. She gave us theopportunity to compare our cultureand traditions with those in Scotland(for example the education system,the habits of young people and theevents of the 60’s, 70’s, 80’s and90’s).We have now had thepleasure to interview our Scottishfriend.S: What are your impressions ofour town and people here?L: I really like Avellino, everybodysays it’s too small but as 1’m froma small village, it’s very big for me!I enjoy the way of life here, it’s veryrelaxed. All the people I’ve methave been really friendly andhospitable and I feel very at homehere.S: Has it been difficult for you toadapt to our habits?L: In general it has been quite easy,but there are a couple of things that1 have found difficult. When I firstarrived here I found it very strangethat all the shops and bars closeduring the day and open again inthe evening. Also, in the UK it’s notstrange to order a cappuccino in theafternoon, but when I do it herepeople look at me like I’m crazy!S: Did you receive a warmwelcome from our school? Werethe teachers and students availableto help you?L: Everybody from your schoolwelcomed me very well, all the staffand pupils have been very friendlyand open. When I started workinghere in October I had lots ofquestions, and there was alwayssomeone there to answer them. I’mvery grateful for everyone’s help!

Our teacher Anna Rita Silvestro, Louise and our Class IV GOur teacher Anna Rita Silvestro, Louise and our Class IV GOur teacher Anna Rita Silvestro, Louise and our Class IV GOur teacher Anna Rita Silvestro, Louise and our Class IV GOur teacher Anna Rita Silvestro, Louise and our Class IV GS: What do you think about theclasses you work with?L: I really enjoy working with thestudents here, although every classis different! I’m very impressedwith the level of English I’ve heardhere, it’s obvious that many of youstudy a lot. I like the fact that thereare so many students who areinterested in learning about mylanguage and culture, I like it whenI am asked lots of questions!S: Are you interested in the topicswe study?

L: Yes I am. Because I’m not thatmuch older than you all, I feel that Ican relate to your thoughts andopinions on the topics we study inclass. In some classes we havedone some debating, which I reallyenjoy. You also study someinteresting literature, although thereare a few books you study that Ihave never read. In general myfavourite activity is conversation, Ilike getting to know new peoplefrom different backgrounds andcultures.S: Are there any Italian group orsingers that you particulary like?L: I have listened to some Italianmusic, but I still don’t remember thenames of singer and the song! I likewhat I’ve heard so far, and I wouldlike to listen to more. I really like

Paolo Nutini, but despite his namehe’s Scottish, not Italian!S: Are there other people inAvellino who are having the sameexperience as you?L: There are a few other foreignstudents here in Avellino, but notmany. I often meet up with them,which I enjoy because we are allgoing through the same thing. Wehave similar problems andopinions, so it’s nice to havesomeone to talk about them with.There are many people from allover Europe doing the same jobas me here in Italy, so it’s also niceto meet up with them and compareour teaching experiences.S: Have you visited other cities inltaly?L: Yes, I love travelling! I spendmost of my spare time (andmoney!) visiting other cities. So farI’ve been to Naples, Rome, Turin,Bologna, Parma, Sorrento,Salerno, Amalfi ... and many more!There are still a lot of places l’dlike to go to, however, such asMilan, Sicily and Sardinia. One of

the reasons I love Italy so much isthat there are so many beautifulcities, and they are all totallydifferent.S: Would you like to live in Italy infuture?L: Definitely! I’ve enjoyed myexperience here so much, 1’d loveto do it again. I really love the cultureand the way of life here, I’ll definitelycome back.S: Has this experience enrichedyou? How?L: I feel that this experience hasenriched me in a lot of ways. I feelthat I’ve because a lot moreindependent, and I’m happy thatI’ve been able to adjust to life in anew society and culture. I’ve alsolearned more Italian that I ever didin the two years I studied it back inScotland! Overall I’ve reallyenjoyed my experience here, andI’m glad that it’s not over just yet.Thanks you to you all, the staff andstudents, for making my time hereso enjoyable! This interview hasbeen realized by the

Students of IV G

1010 Tiri ... Mancini Note e Parole

Abbiamo deciso di scrivere questoarticolo dopo aver letto Venerdì 12, un fumettone di 320 pagine, scritto

matitato e inchiostrato da Leo Ortolani.Leonardo Ortolani nasce a Pisa nel 1967, mada giovane si trasferisce a Parma, dove vivee lavora ancora oggi. Il 1° luglio 1997 l’editorePanini pubblica il primo numero di RatMan,goffa parodia di Batman con cui si fa notaredalla critica e dal pubblico. Vi parliamo danuovi lettori e vi assicuriamo che non abbiamomai riso tanto STOOOOP!! ma chiudiamoquesta breve e inutile parentesi e cominciamoa parlare di Venerdì 12 (come già avevalasciato intendere il titolo dell’articolo…).Venerdì 12 è la storia di un amore perduto, diun incantesimo spezzato e di un altro daspezzare: perché a volte un legame diventacosì forte che la sua mancanza ci stravolgeradicalmente.

È quello che succede ad Aldo, sfortunatoprotagonista che, abbandonato dalla suaamata Bedelia e a causa di un antico sortilegio,si trasforma in mostro desolato e afflitto. Ecosì trova una spalla su cui piangere in Giuda,servitore fedelissimo ( d’altronde si capiscebenissimo dal nome! ) che lo accompagna neldisperato tentativo di ritornare umano ericonquistare Bedelia. Il tutto è condito da unaserie irresistibile di gag in stile Camera Caffèche quasi mai scendono di qualità, lasciandocitranquillamente a ridere sulle disgrazie di Aldoe Giuda.Da leggere dovunque, in autobus, a casa primadi andare a letto, ma non a scuola. A meno

VENERDÌ 12: COME ESSERE SCARICATIDA UNA RAGAZZA E RIDERE A CREPAPELLE

che non vogliate farvi cacciare fuori a forzadi risate … come purtroppo abbiamo rischiatospesso noi…Da leggere per tutti. Ma come recita lacopertina, soprattutto per:Quelli che “mi ama ancora ma non lo sa”

Quelli che “tanto senza di me non ci sa stare”Quelli che “vedrai che poi torna”Quelli che “l’amore vero esiste”Insomma, quelli che non se ne fanno unaragione e si autoconvincono che c’è ancorasperanza. Ecco, essi potranno trovareconforto non soltanto sommergendosi di risate,ma anche nel significato più profondo cheVenerdì 12 racchiude: spesso e volentieri cirintaniamo in una realtà fittizia, costruita dallanostra immaginazione su misura per noi. Unarealtà che ci fa soffrire ma in un certo sensoè più comoda, perché ci manca il coraggio dirisalire e andare avanti per la nostra strada.Ma se guardiamo meglio, un altro amore ocomunque un’altra soluzione esiste eccome!

Gli ultimi anni ’80 e i primi anni ’90rappresentarono un punto di svoltaper i fumetti: infatti essi erano

considerati uno spasso per bambini, infarcitidi scene violente, pugni e calci. Insomma, robaper divertirsi. Grazie al lavoro di alcuni autoricome Frank Miller (il creatore di Sin City edi 300, giusto per rendere l’idea), i fumettirivelarono la loro potenzialità di ritrarre lasocietà moderna con sconcertante realismo,rivolgendosi ad un pubblico più adulto ematuro. E si trasformarono in una formad’arte. È proprio di Frank Miller che voglioparlare. Più precisamente di una sua operameno conosciuta, ma vi assicuro molto bella:Il ritorno del Cavaliere oscuro.Il ritorno del Cavaliere oscuro è una storiaabbastanza complessa da meritarsil’attenzione della critica. Pubblicata nel 1986,composta da 4 episodi per un totale di 191pagine, per chi non lo avesse capito è unastoria di Batman. Essa ci presenta un uomoormai stancato dagli anni, un Bruce Wayneche ha dismesso i panni di Batman. Ma il suoistinto di giustiziere si risveglia quando scoppiaun’ondata di violenza inaudita tra i giovanidella città di Gotham City; reindossato ilcostume dopo tanti anni di sofferta astinenza,non avrà come suoi nemici soltanto i pazzipsicotici mascherati, ma soprattutto cercheràdi guidare una generazione di giovani,apparentemente persa, verso un futuromigliore, costringendoli (ironia della sorte,proprio lui!) a togliere la maschera del-l’ignoranza e dell’apparenza.De Il ritorno del Cavaliere Oscuro si è dettoe ridetto. Certamente l’interpretazione cheFrank Miller dà di Batman è magistrale: ilritratto di un uomo amareggiato dalla vita,che non riesce a concedersi un attimo disana felicità, poiché sa che da qualcheparte un uomo soffre. Ci sono sempreuomini che soffrono da qualche parte. Lasua sola felicità sta nell’alleviare le lorosofferenze. Un uomo perennemente triste cheha un solo modo per esternare la sua tristezza:vestire una maschera. E si sente l’unico in

IL RITORNO DEL CAVALIERE OSCUROdiritto di portarne una: perché grazie alla sua,distrugge le maschere ipocrite degli altri.Ma non bisogna pensare a Il ritorno delCavaliere oscuro come a una letturariservata agli appassionati del genere. Letematiche che quest’opera tratta interessanoun po’ tutti ormai. In che misura i giovani silasciano pericolosamente influenzare daimessaggi diseducativi dei media? Molto, èchiaro. Il problema ci riguarda da vicino,nonostante a volte facciamo finta di nonvederlo. I ragazzi di Gotham sembranoimpazzire all’improvviso, portando la bandieradella violenza. Ma non è mai così. Mai succedequalcosa all’improvviso. Ogni reazione èconseguenza di messaggi, di rancori, dipensieri accumulati nel tempo, giorno dopogiorno: quando non c’è più spazio per tenerlia freno, essi si lasciano andare. Io credo cheoggi, nel 2008, stiamo vivendo la faseintermedia che porterà ad una rivoluzioneviolenta. Come si combatte la violenza?Ecco il punto cruciale dei quattro episodi.Batman combatte i malviventi con le lorostesse armi, uccidendoli se proprio ènecessario, o altrimenti spezzando loro legambe in segno di avvertimento. Ma unacosa è certa, non li lascia mai incolumi.Le autorità amministrative di Gotham City sioppongono e lo considerano un criminale. Maqueste stesse autorità fanno qualcosa di utileper salvare la società? La lettura ci lasciaintendere che la violenza buona, lavendetta personale, arriva dove la leggenon sempre può. Mi sembra un problemache abbiamo anche in Italia. Giustizia lenta,crimini in aumento, mancanza di fiducia deicittadini verso le forze dell’ordine, ricorso amezzi propri spesso inevitabili, e la con-seguente perdita di buonsenso.È difficile rispondere a simili interrogativi. Maè pur vero che se non ci fossero le ingiustizie,non staremmo qui a porci certe domande. Cosìil finale della storia è tutto un appello ai giovani,affinché comprendano gli errori dei loro padrie regalino al futuro una società migliore. Piùsana.

Frank Miller si rende noto al pubblico negli anni 70, scrivendo per la Marvel un acclamatociclo di storie per Daredevil. Passato alla DC Comics crea il personaggio di Ronin. Nellostesso periodo scrive Il ritorno del cavaliere oscuro e Batman: Anno Uno , due capisaldidel fumetto supereroistico. Ma è più tardi che i suoi lavori assumono una dimensione mondiale:nel 1991 realizza il suo primo progetto completamente autonomo: Sin City. La risposta delpubblico è immediata e le vendite salgono alle stelle. Nel 1998 ripropone la battaglia delleTermopili in 300.Recentemente da Sin City e da 300 sono stati tratti due successi cinematografici.Indubbiamente il linguaggio cinematografico si adatta meglio al dinamismo dei giovani moderni,ma potrebbe benissimo essere un punto di partenza per gustarsi i capolavori di Miller nellaloro veste originale: il fumetto.

Pagina a cura di:Costantino Pacilio e Alessandro

Limone IV F

FRANK MILLER

1111Tiri ... Mancini

A cosa serve laStoria? Chi siamo? Inche mondo viviamo?Come questo mondosi è prodotto? Perchéragioniamo così?Come mai siamoregolati da determi-nate leggi? Cosa cidistingue da altreculture e civiltà?Perché parliamo unadeterminata lingua enon un’altra?... Ad alcune domande tenta, da secoli, di rispondere la Filosofiae la sua parente prossima, la Teologia. Ad altre riesce solo a rispondere laStoria. Solo la Storia, infatti, ci fornisce alcune coordinate di base su cuitentare di disegnare la nostra identità come uomini che vivono in undeterminato periodo e in una porzione precisa del mondo. Senza laconoscenza della Storia, senza l’esercizio virtuoso della memoria,perderemmo noi stessi, ci annulleremmo in una nebbia indistinta di realtàincomprensibili. Quindi la Storia serve, ma quale Storia? Se la Storia ci dàalcuni mattoni per costruire le fondamenta della nostra identità sociale oculturale, chi fornisce l’argilla? Chi ci racconta la Storia? Possiamo darfiducia al fornitore? E se questo fornitore ci racconta che i forni crematoridei campi di sterminio tedeschi non sono mai esistiti, oppure che Maomettonon è mai vissuto, cosa dobbiamo fare? Come possiamo verificare ciò checi viene detto e quindi testare la bontà delle nostre fondamenta? Historycast,che ha una cadenza mensile, tenta di dare ai suoi ascoltatori non tantorisposte, quanto strumenti per poter decidere autonomamente e in pienaconsapevolezza se la Storia che ci viene raccontata è così certa, valida,veritiera, obiettiva e semplice come alcuni vorrebbero farci credere. Lo faraccontando piccoli o grandi episodi del passato, curiosità o considerazioniche non daranno certezze, ma faranno (lo spera, la prof Salvatori ndr) -fiorire tanti dubbi e desideri di approfondimento.

Pagina a cura di:

Erika Bianco, BenedettaCanonico, Isabella CanonicoSara Corrado, Anna MontuoriFlavia Pirone, Vittoria RozzaVincenzo RicciardelliIlaria Verosimile

IV P - IV R

Vittoria (IV R): Per quale motivoha deciso di scegliere il podcastper comunicare contenuti storici?ES: Inizialmente usavo i podcast perle lezioni all’università così che, sequalche mio studente non erapresente alla lezione avrebbe potutocomunque ascoltarla. Da qui poi ènata l’idea di destinarli ad unpubblico più ampio. Perché ilpodcast? Perché secondo me è unostrumento in parte vecchio e in partenuovo. E’ un po’ come la radio masi scarica da internet e si puòmettere su un lettore MP3. In piùprodurre un podcast non ècomplicato ed è anche un modo perdiffondere in maniera piùdemocratica la conoscenza.Ilaria (IV P): Di cosa trattava ilsuo primo podcast? Cosa l’haspinta a scegliere questoargomento?ES: Il primo podcast che ho prodottoè sui Protocolli dei Savi di Sion,documenti falsificati di proposito percreare una discriminazione neiconfronti degli ebrei. Sebbene sianostati dimostrati falsi fin da subito,essi sono spesso considerati veriancora oggi, come risulta su alcunisiti di matrice anti ebraica. Noiguardiamo sempre al passatoattraverso la nostra percezione delpresente: a me interessa sottolineareche noi dovremmo avere una visioneampia delle problematiche che lastoria ci pone, non la certezza chela storia sia andata in un determinatomodo.Anna (IV R): Che cos’è per leioggi la storia?ES: La storia per me è una cosa

E’ facile da realizzare, chiunque può creare un proprio palinsesto, la musicasi scarica legalmente, è un vero boom. Nasce sul Web, viaggia nell’iPod: èil Podcasting. Secondo qualcuno sta per ripetersi un fenomeno simile aquello delle radio libere degli anni Settanta, quando un gruppo di giovanotticon un microfono e un mixer rivoluzionarono il mondo ingessato dell’etere.Secondo altri finirà tutto in un fuoco di paglia. Di certo c’è che dopo “mp3”e “blog” c’è un altro termine col quale tutti, anche quelli che non hannoalcuna dimestichezza con i computer e internet, devono cominciare a farei conti. La parola magica è “podcasting”. Memorizzatela bene, perché nesentirete parlare molto. Proprio gli mp3 e i blog sono un ottimo punto dipartenza per capire di cosa si parla quando si dice podcasting. Registratela vostra voce in un mp3, pubblicatela sul vostro blog e trovate il modo difarla entrare nell’iPod (o in qualunque altro lettore audio portatile) dei vostrivisitatori. Avrete realizzato un podcast. Volete saperne di più? Vi basteràdigitare la parola podcasting in un qualunque motore di ricerca e sareteletteralmente sommersi di informazioni…

Quella che di seguitoproponiamo è una sintesidell’incontro tra gli allievi

delle classi IV P e IV R dellasezione di Mugnano del Cardinaleed Enrica Salvatori, ProfessoreAssociato di Storia Medievalepresso l’Università di Pisa. Unincontro decisamente particolareperchè realizzato via web, ilpomeriggio del 12 marzo, quando lenostre due classi, accompagnatedalla professoressa Gilda Guerrie-ro, insegnante di storia e filosofia,sono state ospiti del Centro ICTdell’Ateneo dell’Università degliStudi di Salerno. Tramite Internetabbiamo potuto dialogare in audio evideo con un docente distante da noicentinaia di chilometri. Ma come ènata la nostra avventura? Nessunodi noi potrà mai dimenticare il gior-no in cui la nostra insegnante ci

Historycast: la storia si impara in podcasting

Tratto dalla presentazione di Enrica Salvatorial sito di Historycast (www.historycast.org)

domandò: “Cos’è la Storia?”.Panico! “A cosa serve la storia?”.Mah... in realtà - pensammo -potremmo anche farne a meno…Probabilmente è stato in quelmomento che la prof. Guerriero,dopo qualche momento di sconforto,ha deciso di lanciare la sfida e diprovare a “infettarci con il virus del-la storia”. Quello che tutti ben ri-cordiamo è che alla lezione suc-cessiva eccola presentarsi con:“Sapete cos’è un podcast?”. Noicon sguardi smarriti e con voceinnocente le rispondemmo di no.Allora estrasse dalla sua borsa unqualcosa di simile ad un UFO (... inrealtà erano solo le casse del suoiPod) e ci fece ascoltare un podcastsulla storia prodotto dalla prof.Enrica Salvatori. Così è nata lanostra avventura, che ci ha vistiapprodare nelle aule dell’Università

e che ha costretto la prof. Salvatoria sopportarci per un pomeriggio e arispondere in videoconferenza allenostre domande.L’intervista rilasciata dallaProfessoressa Salvatori è stataestremamente interessante. Leesigenze di spazio ci hanno costrettoa ridurne notevolmente i contenuti.Raccomandiamo a tutti di ascoltarela versione integrale, pubblicatacome podcast all’indirizzohttp://www.centroict.unisa.itnella sezione podcasting.

affascinante e spero possaaffascinare anche voi perché è unmodo di scoprire il presenteguardando al passato. Certo si puòguardare anche al futuro, a me piaceguardare al futuro, non a caso sonouna fan di Star Trek. Tuttavia, nonsi può guardare al futuro né al nostropresente se non si capisce prima dadove siamo venuti e perché lapensiamo così. Ci sono dei modi dipensare che derivano dalla nostrastoria, su cui incide la famiglia, lacomunità in cui siamo nati. Peresempio, noi siamo abituati apensare alla storia come la storiadell’Italia. Ma l’Italia non è il centrodel mondo. Pensate, ad esempio, adun indiano che legge i nostri libri distoria e non vi trova nulla della storiadell’India. Che fare allora? Seproviamo a conoscere la storia inmaniera problematica saremomaggiormente capaci di conoscerenoi stessi e di comprendere la realtàdel presente e le altre storie, le storiedegli altri.Erika (IV R): Ogni suo podcastinizia sempre con una fontestorica e si conclude sempre conun riferimento alle tematicheattuali?ES: E’ uno schema fisso che mi èsembrato utile. Parto da una fontee sviluppo le diverse letture, lediverse interpretazioni possibili chesi possono avere della medesimasituazione. In chi ascolta si ingenerauna sorta di pessimismo relativista,cioè non ci sono certezze non si saquale sia la verità. E’ vero, la veritàassoluta ci sfugge, ma ci sono dellerealtà oggettive che sono le fonti

ENRICA SALVATORIGli studenti l’hanno ribattezzata profcast.Nomignolo affettuoso che non nasconde alcunacattiveria goliardica. Perché la professoressaEnrica Salvatori, 45 anni, docente di Storiamedievale all’università di Pisa, si è inventatauno dei primi (se non l’unico) podcast (http://web.arte.unipi.it/salvatori) italiano dedicato alle

lezioni di storia, le stesse che tiene all’università.Insieme al podcast universitario, Enrica Salvatori ha realizzatoun altro servizio, sempre dedicato alla storia. Si chiama Historycaste affronta con valenza scientifica la storia, ma la presenta come inuno spettacolo radiofonico. Ci sono musiche e una sceneggiaturache porta l’ascoltatore quando alla scoperta dei segreti dei Vangeli,quando a caccia dei misteri di Re Artù, passando per i retroscenadel caso Sacco e Vanzetti e della vita del pugile più grande delmondo: Muhammad Alì, al secolo Cassius Clay.

primarie, il materiale usato da noistorici. La parte di attualità non èuna relazione tra passato e presente,ma un insistere sulla tensione chedovremmo avere tutti verso l’usopubblico della storia, cioè quando lastoria viene utilizzata per orientarele opinioni delle persone come adesempio le vicende religiose.Mariantonia (IV P): Nei manualidi storia vediamo la storia conl’Europa al centro. Secondo lei sidovrebbe guardare alla storia inmaniera più generale, piùglobale?ES: Certamente non bisognadimenticarsi che la storia è unastoria globale. Tuttavia, se pensassidi dover trasformare un corso distudi come “storia del mondo”, nonmi basterebbero dieci anni. E’ logicoche dovete conoscere la storiadell’Europa, non pensando però chesia l’unica storia possibile eimmaginabile ma conoscendo un po’anche le altre storie. Quello cheimporta è acquisire una visioneproblematica critica, che ci permettadi approfondire e conoscere anchetematiche diverse.Sara (IV P): Spesso la storia èvista da noi ragazzi come unamateria noiosa. Secondo leiperché e cosa si potrebbe fare perrenderla più interessante?Approfitto per ribadire un tema inquesti anni a me piuttosto caro, cheè Harry Potter. In un libro della sagadi Harry Potter (“Harry Potter e lacamera dei segreti”), il docente distoria è un docente fantasma,noiosissimo, talmente abituato araccontare date, fatti ed eventi chenon si è reso conto nemmeno diessere morto. Alla fine della saga,invece, la conoscenza della storia sirivelerà di fondamentale importanza.E’ facile annoiare con la storia, bastaprendere anche l’episodio piùentusiasmante e raccontarlo comeuna concatenazione di eventi. La

Intervista alla professoressa Enrica Salvatori

PODCASTPODCASTPODCASTPODCASTPODCAST

(continua a pag. 23)

Note e Parole

Note e parole1212Scienza e

I SEMI DEL MONDO AL SICURO TRAI GHIACCIAI

Nella terra dove non cresce niente, si conserva tutto; nella landadella sterilità sopravvive la fertilità del pianeta.E’ stata inaugurata nell’arcipelago delle Svalbard, in Norvegia,la più grande banca della biodiversità del mondo, destinata araccogliere e proteggere tutta la varietà di semi di colturealimentari. Definita “l’arca di Noè verde”, essa salverà miliardidi specie per non farle scomparire nell’indifferenza. Il progetto,frutto della collaborazione tra il governo norvegese ed il GlobalDiversity Fund, ha previsto la costruzione di un caveau in cementoarmato, una delle poche opere dell’uomo in grado di resistere adisastri ambientali, guerre nucleari, epidemie, attacchi terroristici.Esso è scavato nella montagna a 120 metri di profondità, separatodal mondo da un tunnel di 140 metri e da una serie di porteblindate, circondato da uno strato di permafrost che garantisceun naturale sistema di refrigerazione ed una temperaturasufficiente ad impedire la germinazione dei circa 4 milioni di semiche hanno trovato posto nell’immensa banca genetica. Il GlobalSeed Vault, un’impresa straordinaria al servizio dell’umanità,aiuterà la Terra a difendersi dalla catastrofe quotidiana che quasiogni giorno, per motivi vari, vede il nostro pianeta privarsi di specievegetali.Questa gelida dispensa di semi così diversi, nel cuore dellamontagna artica, è un’assicurazione contro i guasti del mondo,una garanzia per affrontare le sfide future e salvare agricoltura,cibo, salute, ambiente.

Antonio De Lisio III PGUSSING: IL MONDO PERFETTO

UNA PIANTA STRAORDINARIA:L’AMARANTO

Lunga è la tradizione che considera l’amaranto una pianta sacra.Il nome deriva dal greco Amarantos, “che non appassisce”. Daqui il significato attribuito dai Greci di pianta dell’amicizia, dellastima reciproca e, più in generale, espressione di tutti i sentimentiveri che non dovrebbero mai cambiare con il trascorrere deltempo, perchè eterni e unici. Proveniente dall’ America centrale,è coltivato oggi anche in altre parti del mondo. Detto impro-priamente “grano sacro”, l’amaranto appartiene alla famiglia del-le Amarantacee, che comprende più di 500 specie. Dagli Aztechiveniva considerato un alimento fondamentale, la base della loroalimentazione e di quella degli Incas già tremila anni fa. Le suecaratteristiche sono particolarmente interessanti. Le proteinerisultano di altissima qualità, paragonabili addirittura a quelle dellatte e con alto grado di assimilazione. Contiene, rispetto ai cereali,il doppio di lisina, amminoacido essenziale di cui sono carentiquasi tutti i cereali. Ha un elevato contenuto di calcio, di fosforo,di magnesio e di ferro. Inoltre l’amaranto non contiene glutine,quindi è adatto anche al consumo di chi è affetto da celiachia e,per il suo gusto gradevole, ai bambini durante il periodo dellosvezzamento. Da noi è visto come una pianta infestante, ma hadoti straordinarie che in altri continenti sono state sfruttate. E’ ilcaso degli agricoltori indiani che, avendo a disposizione la specieAmaranthus gangeticus, hanno imparato a selezionarlo per farlodiventare un ortaggio a foglia, da consumarsi come uno spinacio.Da studi recenti è stato scoperto che queste varietà di amarantopossiedono 18 volte più vitamina A, 13 volte più vitamina C, 20volte più calcio e 7 volte più ferro della lattuga. Un bel risultatoche dimostra, ancora una volta, come la biodiversità non habisogno di biotecnologie per raggiungere valori nutrizionali di altolivello. È un alimento perfetto, del quale si usa tutto: si mangianoi germogli, le foglie, i semi, il fusto. Insomma l’amaranto, assiemead altri cereali come il Teff e la lacrima di Giobbe, resistenti allasiccità, capaci di crescere in terreni poveri, ricchi di nutrienti e dibuon sapore, è la risposta efficace della natura ai futuricambiamenti climatici già in atto e alla fame di larghi strati dipopolazione, una risposta che non viene da biotecnologie alienema dalla fatica dei contadini semplici che popolano il mondotropicale.

Gaia Malagoli III P

Dal 3 al 14 dicembre 2007 si è svolta a Bali la tredicesimaconferenza mondiale delle Nazioni Unite sui cambiamenticlimatici del nostro pianeta.A partecipare all’evento sono stati circa diecimila delegatiprovenienti da 190 Paesi di tutto il mondo. Lo scopo dellaconferenza è stato quello di ricercare strategie mondiali controil “global warming”, il surriscaldamento globale.L’ altro obiettivo è stato quello di definire gli impegni da assumerenel post 2012, alla scadenza del protocollo di Kyoto, trattato firmatonel 1997 ed entrato in vigore nel 2005, sulla riduzione delleemissioni di gas serra in atmosfera. L’accordo fu ratificato da36 paesi industrializzati, con il rifiuto di partecipazione da partedegli Stati Uniti, l’ “inquinatore numero uno”, e della Cina el’India, Paesi allora in via di sviluppo, ma che ora, e soprattuttoalla scadenza del protocollo, aumenteranno notevolmente le loroemissioni inquinanti.I climatologi avvertono preoccupati che si assisterà sempre piùa fenomeni atmosferici estremi come siccità, inondazioni,tempeste e innalzamento del livello del mare , mentre circa lametà delle specie è in serio pericolo di estinzione.Il cambiamento climatico che avanza aggraverà la situazionedei Paesi del Sud del mondo, creando ancor più iniquità .Guardiamo, perciò, al summit di Bali come a un incontro di civiltà,come l’impegno delle nazioni a trovare una via alla giustizia ealla pace per il futuro.

Giuseppe Della Fera, Simone Mele III P

A BALI LE SPERANZE PER IL PIANETA IL VALORE DELL

Dalla Conferenza sui cambiamenti climatici svoltasi a Bali èemerso che l’Italia è tra i dieci paesi più inquinanti del mondo,alla pari di un gigante energivoro come la Cina. A causa di unapolitica ambientalista insufficiente e inadeguata non sono statirispettati gli impegni assunti con il protocollo di Kyoto. Per vincerela sfida contro i cambiamenti climatici e salvare il pianeta bisognaagire subito e ad ognuno spetta la sua parte: i cittadini devonoorientare e riconvertire comportamenti e stili di vita; lo Statodeve intervenire sui servizi, sulle imprese, migliorare il trasportopubblico e la mobilità sostenibile; deve responsabilizzare le aziendesanzionando quelle che superano un livello-soglia di emissioni.Ma per attuare una svolta decisiva e lungimirante l’Italia deveinvestire sulla ricerca, sull’innovazione tecnologica, sulle fontienergetiche alternative.Mancano ancora cinque anni alla scadenza del protocollo diKyoto, ce la possiamo fare?

Carmine Magliaro III P

AMBIENTE: L’ITALIA BOCCIATA

LA TUTELA DEL PIANETA TERRA

Si parla tanto di Al Gore, dell’emergenza ambientale, di comerisparmiare energia. Ormai è sempre più scontro tra ambientalisti“integrali” e “negazionisti” radicali. Gli uni pronti a dire che ilmondo va verso la rovina, gli altri impegnati a negare tutto. Epensare che per risolvere il problema, come si faceva durante icompiti in classe, basterebbe copiare. Non occorre inventarsinulla; l’ha già fatto Reinhard Koch, 46 anni, un ingegnere altodue metri e quattro che giocava a basket nella nazionale austriaca,trasformando la sua città di origine, Gussing.La città dell’utopia è arrampicata sulle colline del Burgerland,nell’Austria più profonda, ai confini con l’Ungheria, tra campidi mais e foreste di pini. In questa cittadina di quattromilaabitanti Reinhard Koch è il profeta, sì, perché ha realizzato ilsogno di trasformare il paese dove è nato in un’isola pulitache produce da sé, con quello che la natura le mette adisposizione, tutta l’energia di cui ha bisogno. Anzi, a dire laverità, ne esporta pure.Dice Koch: “Certo che è un sistema perfetto, ed è per questoche le grandi lobby non lo vogliono. Parliamo di molti soldi, emolti soldi vogliono dire molto potere. Se ogni comunità facessecome noi quel potere verrebbe meno”. In dodici anni sono stateridotte del 93% le emissioni di biossido di carbonio, tagliandol’inquinamento atmosferico del 25% e creando 1.200 posti dilavoro (che su una popolazione di 4.000 anime non è niente ma-le). Non solo, grazie al surplus energetico della zona, oggi deltutto autosufficiente, ogni anno la città guadagna 500.000 euroche reinveste in nuovi progetti.La ricetta? Sole, legno, mais, grassi vegetali e rifiuti che aGussing si trasformano in riscaldamento, elettricità, gas,carburante per le auto.Se scendessimo dalle grandi discussioni teoriche per andaresul pratico, qualcuno avrebbe qualcosa da ridire sul modelloGussing? Non credo. Inquinare meno non è certo un disvaloreper nessuno, così come non pagare miliardi di euro agliintegralisti islamici per il petrolio dovrebbe essere un valoreaggiunto da non sottovalutare.Gussing dovrebbe essere presa a modello, perché è una cittadinaa cui non importa nulla del prezzo del gas e di quello del petrolio,perché ha imparato a farne a meno.

Gaia Malagoli III P

Tiri ... Mancini 1313e società

SALVIAMO LE BALENE, I GIGANTI BUONI

Sono giganti buoni, mammiferi come noi. Non sono né aggres-sivi né pericolosi, anzi sono animali socievoli. Eppure l’uomocontinua a ucciderli.A Novembre è partita una flotta di baleniere giapponesi, nel piùtotale anonimato, spegnendo i segnali radio, per raggiungere l’areaantartica e festeggiare il Natale massacrando balene. Sono statiotto gli spietati arpioni nipponici che si sono spostati verso Sudcon l’obiettivo di uccidere mille esemplari in nome della “scienza”.Così è stata chiamata l’operazione: una “missione di studio”...Questa caccia “scientifica” giapponese è iniziata fin dal 1987 enel 2007 l’IWC (Commissione Internazionale Baleniere), haintimato al Giappone di sospenderla visto che non ha dato nessunodei risultati scientifici dietro cui è mascherata.Già nel 1963 la Commissione aveva deciso la moratoria per lacaccia alle megattere e nel 1987 aveva esteso l’alt a tutte lespecie. Eppure nel mirino della flotta ci sono più di mille balene:935 balenottere minori, 50 balenottere comuni e 50 megattere,una specie rara.In tutto il mondo rimane appena un milione di esemplari ma, dietroqueste stime del tutto approssimative, potrebbero nascondersi

OGM si - OGM no...OGM forse

Nel 1998 Craig Venter fonda la Celera Genomics, per mapparedi lì a tre anni il DNA del genoma umano; nel 2001 annuncia diaver mappato tutto il genoma umano: struttura, posizione, fun-zione dei circa 30mila geni.Oggi, Craig Venter ha annunciato la realizzazione di uncromosoma di sintesi, primo passo verso la creazione di una vitaartificiale. La prima forma di vita prodotta da Venter era statoun batterio, il primo essere vivente ad aver ricevuto un DNAcon una componente artificiale di due soli geni. Ora invece ilnuovo batterio ha un intero cromosoma con 381 geni sintetici.

REALIZZATO IL PRIMOCROMOSOMA ARTIFICIALE

Battezzato dai suoi creatori “mycoplasma laboratorium”, nellatappa finale del processo sarà inserito in una cellula viventedi cui dovrà assumere il controllo, diventando così una nuovaforma di vita.I batteri artificiali fanno solo le cose che dice loro di fare il DNAartificiale; questo significa, ad esempio, che possiamo costringerlia produrre determinate sostanze da utilizzare come farmaci, asintetizzare ormoni e proteine da utilizzare a scopo terapeutico,ma questa ricerca, nelle mani di uno scienziato senza scrupoli,potrebbe portare alla creazione di bombe biologiche.La ricerca ha animato, infatti, il dibattito sulle implicazioni eticheche attengono alla creazione di nuove specie ma Venter,personaggio controverso, accusato dai più di egocentrismo emegalomania, apprezzato dai seguaci quale studioso geniale edinventivo, sostiene la sua scelta affermando che lo scopo è quellodi creare organismi in grado di interagire con i processi energeticie produrre biocarburanti, nuove forme di energia per combattereil riscaldamento globale.Il futuro sta nelle bioenergie alternative che sono al tempo stessoeconomicamente sostenibili e pulite. La loro realizzazione è die-tro l’angolo, per l’utilizzo su scala industriale ci vorrà più tempo!

Federica Franzese III P

E’ stato creato un topo che, incredibilmente, non ha paura dei gatti, anzi si avvicinatranquillamente ad essi e giocherella persino con i loro collari. L’ultima creazione della scienzamoderna si chiama Delta-D ed è il frutto dello studio di due ricercatori dell’Università diTokyo. Essi hanno operato una modificazione genetica inattivando alcuni recettori del cervellodel topo che riconoscono l’odore del gatto e suscitano la paura dell’animale. Questoesperimento potrà essere utile per chiarire alcuni meccanismi ancora sconosciuti del cervello,come quelli che generano determinate emozioni e un’altra idea dei due ricercatori sarebbequella di rimuovere paure innate e ricordi traumatici,aiutando tante persone che a causa diessi non riescono a vivere una vita normale. Non si parla di fantascientifiche cancellazionidella memoria, o peggio di rimuovere emozioni, ma di modificare il ricordo di determinatieventi per aiutare un paziente a star meglio con se stesso. La creazione del supertoposusciterà sicuramente un ampio dibattito in nome dell’etica, con la quale la scienza deve edovrà sempre confrontarsi e dialogare.

Felice Iandoli III P

L’ULTIMO SUPERTOPO NON HA PAURA DEI GATTI

Per OGM si intendono tutti quegli organismi con un DNAmodificato, nel quale sono stati inseriti artificialmente geni cheveicolano e trasferiscono determinate proprietà . Un’operazionedi ingegneria genetica permette di variare le caratteristichedell’organismo secondo le proprie esigenze. La biotecnologia non

è un invenzione degli ultimi decenni: la semplice fermentazionedel vino, che si ottiene sfruttando alcuni lieviti, è un processobiotecnologico conosciuto sin dall’antichità. I vantaggi delle nuo-ve tecniche sono evidenti a tutti, soprattutto nel campo del-l’agricoltura: si possono ottenere piante resistenti ai pesticidi o ingrado di produrre sostanze che respingono i parassiti, piante checompiono il loro ciclo vitale in un tempo minore rispetto a quellonecessario in natura e in grado di adattarsi a condizioni ambientaliinospitali, con grande risparmio di denaro, tempo e un aumentodel rendimento. Questo potrebbe significare la soluzione delproblema della fame nei paesi sottosviluppati e la riduzionedell’inquinamento da fitofarmaci e da fertilizzanti. I detrattoridegli OGM sottolineano invece come ogni variazione dell’ordinenaturale potrebbe condurre a risultati catastrofici. Alcunisostengono che la loro maggiore competitività potrebbesoppiantare le altre specie, diminuendo drasticamente la biodiver-sità. Altri ancora affermano che gli alimenti transgenici, in quantoeffetto di mutazioni genetiche, potrebbero arrecare malattieall’organismo delicato dichi se ne ciba. Questegravi conseguenzenon sono ancora stateprovate e nel frattempoil problema della famenel Sud del mondo incombee necessita di soluzioni urgen-ti. L’uomo, sin dall’inizio della suaavventura di rapporto con l’ambiente,ha selezionato le piante di cui cibarsi.All’inizio del neolitico scelse i semi dei cereali più grossi da pian-tare e da riprodurre, scartando quelli più piccoli. Vale la penaquindi di continuare su questa strada, certamente con attenzioneai possibili rischi, ma con la consapevolezza dei benefici che puòtrarre l’umanità da un utilizzo accorto di questi organismi.

Simone Morante III P

LA BIODIVERSITA’

L’ETICA DELLA RICERCA SCIENTIFICA

dati reali ancor più allarmanti. Ai due secoli di cacciaindiscriminata si sono aggiunte altre minacce: l’indebolimentodello scudo dell’ozono e l’aumento dell’effetto serra hannomodificato il ciclo vitale nell’area antartica, favorendo le medusee facendo diminuire il plancton di cui si nutrono le balene, mentreil cambiamento climatico sta mettendo in crisi ovunque l’equilibriodel mare e la sopravvivenza dei grandi cetacei, una ragione inpiù per moltiplicare le misure di protezione. Inoltre l’inquinamentoda petrolio e metalli pesanti ha prodotto risultati paradossali:pochi mesi fa il corpo di una balena finita su una spiaggia tedescaè stato smaltito come rifiuto speciale perché conteneva unapercentuale consistente di inquinanti. Poi ci sono le collisioni conle navi e le catture accidentali nelle spadare.Insomma, l’esistenza delle balene è sottoposta a continueminacce, tutte esercitate dall’uomo.Ma se molte di queste sono involontarie non lo è lo scopo diquesta spedizione...Questa tradizione è molto radicata e il Giappone la pratica ancoraper il semplice motivo che non ha nulla da insegnare sul pianodell’ecologia, considerando che i giapponesi fuori di casa sonosterminatori: non accettano di usare le bacchette di plastica eper procurarsi quelle di legno hanno raso al suolo intere foreste.Ancora non capiscono che non c’è futuro sul mercato della carnedi balena; carne che il 95% dei giapponesi non ha mai mangiatoprima e il 20% dei tranci messi in commercio resta sugli scaffaliper poi finire nelle scatolette di cibi per animali.Sterminare le creature degli oceani è un pericolo che può ritorcersicontro l’uomo.Se non ci prendiamo cura del nostro pianeta e degli “abitanti”che lo popolano, presto la meravigliosa Moby Dick potrà viveresoltanto del romanzo di Melville!

Federica Franzese III P

Un mare ...di lacrime!

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Non è facile, e non vogliamofarlo, descrivere lasituazione dei Comuni

Campani che soffocano nell’im-mondizia; l’emergenza si èmanifestata in tutta la sua gravità,l’informazione locale e nazionaleha già detto abbastanza, anziesageratamente troppo, tanto dascreditare la Campania e l’Italiatutta, presso i Paesi esteri i quali di“Munnezza-altra”, ne hanno, forsepiù di noi o tanta quanto la nostra,ma sanno essere composti, menochiassosi, affrontano le emergenzecon più riservatezza e sono piùrispettabili.Noi siamo indignati per le tonnellatedi Munnezza che occupano le zonea est e a ovest di Napoli (in parti-colare Barra, Quarto, Volla, Cercola,Boscoreale, Afragola, San Giorgioa Cremano, Pianura, etc), per lealtrettante tonnellate di rifiuti chesommergono Caserta e Avellino.Condanniamo gli irresponsabili chebruciano cassonetti di immondizia,non approviamo le barricate, fruttodi esasperazione ma… siamosinceramente sconcertati dallastrumentalizzazione da parte diquesto o quel partito, di destra o disinistra, che sfrutta anche il fattacciomunnezza per accaparrarsi qualchesimpatia, qualche voto, come se chi“punta il dito” non ci fosse mai statoal governo e non sapesse cheesisteva anche un sud e unaCampania.Noi siamo scandalizzati dall’ostru-zionismo politico che, anzichéconfrontarsi su questa vergognacomune, boccia ogni tentativo dimettere in campo grandi strategienazionali e locali, moderne eresponsabili, di soluzione alproblema del ciclo dei rifiuti come

avviene nel resto dell’Europa.Questa è la vera vergogna cheaccomuna tutti: sindaci, prefetti,commissari straordinari, parla-mentari e non la munnezzacampana.Certo siamo indignati anche difronte a 14 anni di incompetenze,di ritardi, di inadempienze, cheriguardano la pianificazione,lamancata individuazione didiscariche, dai ritardi nellaorganizzazione della raccoltadifferenziata, dalla mancatacostruzione di inceneritori e diimpianti di compostaggio.Qualche “luminare” afferma che gliinceneritori e gli impianti dicompostaggio non sono staticostruiti per difenderci dalle polverinocive e dai fumi tossici cheproducono; qualche altro dice chel’immondizia napoletana e campananon può essere trattata, ripulita,riciclata, trasformata in combustibilee bruciata. Noi sappiamo che que-ste sono solo bugie che nientegiustificano.A Venezia lo stesso tipo dimonnezza viene smaltita dal piùgrande impianto europeo di CDR(Combustibile Derivato dai Rifiuti)che manda in discarica solo il 6%che arriva con i camion e le chiatte.Ferro, plastica e carta vengonovenduti sul mercato, la metà delCDR prodotto è ceduto all’Enel chelo brucia al posto del carbone perfarne energia e quel che resta, poi,viene bruciato vicino a Venezia.E sapete quel “camino” chesmaltisce ciò che resta dei rifiuti dei300 mila abitanti quanto inquina?Ogni ora sprigiona nell’aria circa60mila milligrammi di polveri, parialle emissioni di 15 automobili Euro2 (quelle che inquinano di più!). Ma,

afferma Angelo Nicastro, poniamo,per assurdo, il caso che ogni“Camino”, come quello di Mar-ghera, inquini come 50 automobiliEuro 2, in Campania quante autoEuro 2 ci sono?I dati dicono ben oltre 2 milioni. Paria 44mila inceneritori come quello diMarghera! E sapete dov’è l’ince-neritore, la macchina del terrore chefa tanto inorridire noi Campaniall’idea di ospitarne qualcuno?Acinque chilometri da Mestre, a ottodal Campanile di S. Marco.Il complesso di Marghera è costato95 milioni di Euro (un dodicesimo deisoldi spesi in Campania) ed è statocostruito in 12mesi! Secondo lasconcertante dichiarazione del Capodella Procura di Napoli dal febbraio1994 ad oggi, quando il dramma si ètrasformato in emergenza, inCampania, si sono spesi 2milamilioni per l’affitto di 4 sedi diCommissariato e per erogarestipendi di 1.100-1.200 euro a 2361dipendenti addetti ad una raccoltadifferenziata mai fatta. Quantaamarezza!…2 mila milioni! Si potevanocostruire 15 inceneritori e invece…NIENTE!E le nostre ecoballe? Attendono acasa, in attesa di essere bruciate daltermovalorizzatore di Acerra,eternamente in costruzione.E le tonnellate di rifiuti indif-ferenziati? Per adesso colorano lenostre strade con la certezza che civorranno circa quarant’anni persmaltirli contro i cinquanta cheservono a Cernobyl per abbassareil livello di radioattività. Di fronte aquesto stato di cose la verità non puòessere che una: ad Avellino, a Napoli,a Caserta, come ai vertici dellepolitiche locali, regionali e nazionalimancano menti brillanti e mancaanche il buonsenso, perchè cirifiutiamo di credere che la camorrasia più forte delle Istituzioni e che inostri politici siano impediti ancheall’individuazione di siti distoccaggio.

Ad Avellino trovare un sito distoccaggio è difficile quanto trovarel’isola del tesoro eppure sipotrebbero utilizzare siti di naturacalcarea, le cave abbandonate che,secondo uno studio dell’AssessoratoRegionale ai Lavori Pubblici, sono23di cui 2 denominate “Gavetelle”presso il fiume Calore a Montella...ma queste sono solo supposizioni distudenti, forse, anche fastidiosi!E intanto? Piange l’Italia, piange laCampania e ride la Germania checon la mondezza “made in Italy”,- in entrata - raccoglie miliardi dieuro prima e la sfrutta poi in duemodi: produce energia e/o la riciclaper recuperare materie prima, tra cuienergia vendibile.

PRENDIAMO ESEMPIO...C’era una volta Avellino, cittàgiardino, con una piazza abbellita dauna fontana con candidi cigni...C’era una volta il viale dei platani,giganti maestosi e floridi.C’è Avellino adesso: un’enormediscarica a cielo aperto, unricettacolo di immondizia in ognidove... con topi grossi come gatti chetranquillamente attraversano lastrada.E così secondo un recente studioISTAT, Avellino viene bocciata sulpiano dei rifiuti, relegata in 80°posizione con solo 15 province allespalle. Nel 2007 la percentuale diraccolta differenziata dei rifiutiurbano è stata pari al 6,6% rispettoal 23,7% medio in Italia, datoquest’ultimo ancora molto lontanodall’obiettivo del 35%, fissato comesoglia minima da un decretolegislativo del 1997.Eppure i buoni esempi non mancano.Prendiamo esempio dai tedeschi chesulla spazzatura hanno costruito unafortuna, mettendo a pieno regime 71impianti di smaltimento e ince-nerimento. Un esempio di come sipuò trasformare una spinosaquestione di munnezza in un grandeaffare è l’inceneritore austriaco diSpittelau, costruito alla periferia di

Vienna, sulle rive del Danubio chedecorato e ristrutturato dal famosoartista austriaco Fritz Hun-dertwasser, ecologista e teoricodella bioarchitettura, si è trasfor-mato in un’opera d’arte, in un’attra-zione turistica per migliaia di visita-tori, mentre continua a produrreogni anno energia elettricasufficiente alla necessità giornalie-ra di 60.000 viennesi. Ma senzaandare troppo lontano, di buoniesempi da seguire ne abbiamo anchein Italia, a cominciare proprio dallaCampania. Salerno è il fioreall’occhiello della Campania e delSud. La città è pulita, nelle stradenon c’è ombra di un solo sacchetto,grazie allo smaltimento di rifiutiaffidato ad un sistema integrato trastoccaggio e riciclo. Un caso?Assolutamente no.Vincenzo De Luca sindaco diSalerno, si è guadagnato la Palmad’oro del Sindaco d’Italia più ap-prezzato dai suoi cittadini, secondola “governance poll” del 2007,speciale classifica stilata dal Sole24ore.V. De Luca già nel 2000, preve-dendo il disastro che avrebbe ri-chiesto l’intervento della protezionecivile e dell’esercito, pensò di rea-lizzare quattro siti di stoccaggio,un’isola di compostaggio e unaraccolta differenziata efficiente.Da un anno e mezzo, inoltre, il primocittadino propone la costruzione diun termovalorizzatore, ritardata so-lo da un ambientalismo ottuso difronte al rischio di accumulare instrada, per ogni giorno perso, 7500tonnellate di rifiuti.A Piccioli, vicino Pisa, un ince-neritore non frutta milioni di euroall’anno? A Sogliano, al Rubiconde,in provincia di Cesena, dove laprogrammazione della discaricacompete esclusivamente al consi-glio comunale, la lavorazione di178.000 tonnellate di rifiuti non èforse trasformata in gas metano? Il

A’ Munnezza: l’indignazione dei CampaniNote e ParoleTiri ... Mancini

segue

1515percolato, trattato industrialmente,non dà il biogas, che convogliato inturbine viene trasformato in energiaelettrica, rivenduta poi all’ENEL?E sapete il tutto quanto fruttaall’Amministrazione Comunale?Undici milioni di euro prontamen-te riconvertiti in benefit per la po-polazione: trasporti pubblici, mensee libri scolastici sono completamen-te gratuiti, le tasse sulle abitazioniabolite, le tasse universitarie rim-borsate fino a 1.500 euro, un bonusdi 2. 500 euro su ogni nuova nascitae… tutto questo grazie alla risorsarifiuti!

Guiyu: la discarica digitalecineseSapete che la silicosi e il cancrominacciano la salute degli uomini,donne e bambini cinesi, non perl’inquinamento prodotto dagli stes-si cinesi, ma per quello che vieneimportato dall’Occidente e inparticolare dagli Stati Uniti? No.Eppure la minaccia viene dallaspazzatura importata e legata alciclo dell’hardware.Ogni anno, nel mondo, vengonoprodotte tra le 20 e le 50 milatonnellate di questa immondizia e,per i paesi che producono esoprattutto utilizzano il maggiornumero di PC, di fax o di stampanti,la soluzione per il loro smaltimentoè stata presto trovata: esportarequesti materiali dove le norme sullosmaltimento dei rifiuti sonopressoché inesistenti: India, Nigeria,Pakistan,Cina. In Cina i prezzi dasostenere sono praticamente minimise si pensa che per una cifra che siaggira tra i 2 e i 4 dollari al giorno icinesi sono disposti, senza alcunaprotezione, a cercare di ricavaredelle preziose sostanze metalliche(oro, rame e alluminio) da ciò cheresta di schermi, circuiti equant’altro. Un giro di affari che siaggirerà entro il 2009 intorno agli11 miliardi di dollari.Il problema, però, è che quando icinesi, in questa sorta di riciclo “faida te” manipolano o, ancora peggio,bruciano a cielo aperto materieplastiche, schermi catodici o circuiti,vengono disperse nell’aria sostanzetossiche come piombo, mercurio ecadmio. Il che comporta il rischio,per uomini, donne e bambini chelavorano in queste discariche digi-tali, di contrarre malattie come lasilicosi e il cancro. E le conseguenzenell’ambiente circostante? Sonogravissime. Il fiume Liangjiang,prima fonte d’acqua per la comunitàGuiyo, è stato tanto contaminato chela popolazione è stata costretta amettere in atto un sistema ditrasporto di autobotti, che con-tengono acqua non inquinata.L’allarme, lanciato grazie al lavorodi monitoraggio e di denuncia diGreenPeace, ha spinto le autoritàcinesi a cercare di mettere al bandoqueste attività anche se è difficileperché il problema occupa circa 100mila persone per cui anche se il

guadagno è di pochi dollari al giorno,il riciclo e lo smaltimento dell’im-mondizia digitale costituisce, ormai,uno dei pilastri fondamentali delleeconomie locali.

In Campania comea GuiyoA Guiyo si muore per silicosi ecancro provocati dai rifiuti digitali,in Campania, ma soprattutto inIrpinia e nel Napoletano, si muoreper i rifiuti tossici. Circa trent’annifa, l’epatologo del “Careggi” diFirenze, Marcello Gentilizi, denun-ciò che tra i suoi pazienti c’eraun’alta percentuale di irpini; accer-tamenti successivi denunciaronoscientificamente che molti decessiper tumore ai polmoni erano legatiall’inquinamento dei rifiuti tossici,ma quei rifiuti continuano ad esserebruciati, interrati, continuamentenascosti sotto quelli industriali.Secondo la Camera di Commerciodi Napoli i rifiuti tossici sotto quelliindustriali sono valutati in almeno200mila tonnellate l’anno. Eppureniente chiasso, niente sollevazionipopolari per queste tonnellate dirifiuti tossici, proprio come non cifurono barricate per l’incendiodell’IRM di Manocalzati, per l’exMontefiori, nella vicina Acerra,colosso chimico a cui sonocontestati 83 decessi, a causadell’amianto, nessuna barricatacontro l’ex Isochimica, chiusa nel1989, che ha visto iniziare i lavori dibonifica 17 anni dopo e solo per lequerele ambientali internazionali edun capitolo a difesa dell’ambiente,prodotto dall’Unione Europea.Il problema? E’ l’ignoranza di molti,gli interessi di pochi e l’inefficienzastrutturale del nostro Paese.Secondo quanto emerso dalleindagini condotte dai Carabinieri diCaserta, una banda, nella campagnedi una provincia di Napoli, Caivano,dalla combustione di rifiuti, ricava-va rame da vendere sul mercato.Certo lo facevano per interessi esoprattutto per ignoranza; seavessero avuto coscienza delpericolo, non dico per la salute deglialtri, ma almeno per la propria, pen-so che non l’avrebbero fatto.A Giugliano, in via San Felice,bruciano secchi di colla e suole discarpe quasi tutte le notti, i cittadiniscorgono i resti di questi roghi neicampi, tra la vegetazione.I materiali usati dai calzaturificisono, come ci è noto, sostanzechimiche molto pericolose per lasalute. Perchè lo fanno? Perignoranza.Dal 2001 una discarica a Maddaloniè conosciuta da tutti, ma è ancora lì,chi denuncia scrive che liberadiossina, non fornisce peròindicazione precise sul luogo e chidi dovere non indaga.Recenti segnalazioni insistono sullazona di Bacoli, dove proprio accantoal Parco Archeologico e biologico deiCampi Flegrei e di Baia, a pochimetri dal mare una vecchia cava di

Tiri ... ManciniNote e Parole

In Campania, sui bordi dellestrade, i cittadini esasperati,bruciano tonnellate di spazzatura

e di plastica. Un gesto incivile,pericolosissimo per la diossina chesi respira ed anche contropro-ducente per tutti i soldi che vannoin fumo. Infatti ad Aversa, vicinoCaserta, esiste un’azienda che perogni tonnellata di plastica da riciclopaga ben 250 €; con questi rifiuti siproducono scaglie di PET utilizzateper creare vaschette, contenitori,tappeti... Ma l’assurdo sta nel fattoche la Campania, la regione che dirifiuti ne ha da “vendere”, invia solo4 mila tonnellate di plastica dariciclare per cui l’azienda di Aversa,la Erreplast, che potrebbe trattare19 mila tonnellate di rifiuti di plasticaall’anno, è costretta ad acquistarlidalla Puglia, dalla Toscana e

IMMONDIZIA A PESO D’ORO: IN CAMPANIA LA BRUCIANO!

pozzolana è stata convertita indiscarica di scarti industriali,probabilmente tossici... le indagini?Zero.Perché tante sceneggiate dei politicie soprattutto ambientalisti aproposito della munnezza nellestrade e tanto silenzio sui rifiutitossici?Semplice: la munnezza civile èmunnezza povera, la munnezzatossica è di qualità, è ricca, gode

dell’immunità... E il Nord lo sa be-ne che di rifiuti tossici, in Campania,ne ha sversato un’eredità.È incredibile anche il compor-tamento della gente che sui rifiutiprotesta, ma non aiuta il lavoro delleforze dell’ordine e della magi-stratura. “In questo territorio -sottolinea De Chiara - sebbene sisia consapevoli che si può morireper i rifiuti, non collabora nessuno.Però, poi, molti sono pronti a

dall’Emilia Romagna. Ma oltre aldanno anche la beffa! Infatti laCampania paga le altre regioni persmaltire la propria spazzaturamentre centinaia e centinaia dilavoratori stipendiati stanno aguardare le montagne di rifiuti che,giorno dopo giorno, raggiungono ipiani alti dei palazzi circostanti. Ibidoni traboccano per le strade e laspazzatura non viene venduta adaziende come la Erreplast che, sefosse avviata una buona raccoltadifferenziata, potrebbe ingrandirsidando ai nostri giovani disoccupatiun posto di lavoro. Eppure l’aziendaaversana chiede solo dei bidoni perla raccolta della plastica,nient’altro, provvederebbe, infatti,anche a selezionare i rifiuti raccolti,con il vantaggio per i comuni di un

guadagno sicuro e di una città pulita.Ma neanche a parlarne, in questomodo si taglierebbero i profitti dellacamorra che da anni gestisce lediscariche e l’occultamento dei rifiutitossici!Fra tanto scempio e dissenatezza, inquesto mare di immondizia, si ergesplendente come un faro il progetto“Una speranza in un tappo” checoniuga cultura ambientale esolidarietà sociale. E’ stato avviatodal Comune di Santo Stefano del So-le (Av), in collaborazione conl’Associazione New Jerusalem e laErreplast. Il Comune si distingue perun’altissima percentuale, vicino al70%, nella raccolta differenziata,grazie all’impegno dei cittadini e degliaddetti alla raccolta. Gli abitanti diSanto Stefano del Sole,raccoglieranno quanti più tappi diplastica possibile che saranno venduti

appunto alla società di ricicloErreplast. Il ricavato

sarà utilizzato dal-l’Associazione disolidarietà “NewJerusalem” per lacostruzione di unascuola per bambinidel Sud Africa.Dieci e lode alsindaco dott. Car-mine Ragano e aicittadini di SantoStefano del Sole!

NunzioD’Agostino

II B

scendere in strada perché non sivuole una discarica o un sito distoccaggio legali nel proprioterritorio”.L’Italia? Il paese dei PARADOSSI!E ai politici come rispondiamo? Conun’apostrofe di TOTO’: “Onorevolelei? Mi faccia il piacere!”.

R. Masucci, F. Catarinella,M. Alvino, A. Iannuzzi,

D. Russo, R. Gennarelli - V N

1616 Note e ParoleTiri ... Mancini

“Ne parlavamo tanto tanti annifa, di quanto è paranoica

questa città…della sua gente,delle sue manie, due discoteche ecentosei farmacie... E ci troviamoancora al punto che si gira inmacchina il mattino alle tre allaricerca di qualcosa che poi cos’ènon lo sappiamo nemmeno noi.”Penso che Max Pezzali abbia trattoispirazione per la sua canzone,fotografando proprio i giovani dellanostra città e questo nostro mondodi cui spesso ci lamentiamo…Infatti è proprio questa la nostrarealtà… una tragedia tutta avel-linese!!! Quando avevo dieci annio, forse, qualcuno in più, sognavo diaverne diciotto, così avrei raggiuntoquella libertà, quell’indipendenzache solo una patente può regalare…Oggi quella sognata patente èfinalmente nelle mie tasche, eppureho un segreto desiderio di tornaread averne dieci per riuscire adaccontentarmi di una passeggiatanella villa comunale alle sei delpomeriggio e di un gelato al bar,sempre lo stesso. Ma in fondo dicosa mi lamento? Una nuovaAvellino sta nascendo tra il cemen-to dei palazzi...E poco importa in fin dei conti, sequi non ho la possibilità di fre-quentare l’università o non so come

trascorrere il sabato sera! Avellinosi è distinta proprio per questa vitamonotona e sempre uguale.Ma, tutto sommato, Avellino è la cit-tà che vorrei!E’ in questo piccolo mondo, infatti,che gli studenti “emigrati”si rifu-giano il fine settimana e non credosolo per la spinta degli affettifamiliari. Ci attrae con una magia dicui non si può fare a meno… è bellosentirsi a casa, al sicuro…Avellino è la città che vorrei perchéqui non ho e non avrei mai pauradi uscire da sola la sera e di cam-minare tranquilla…E’ l’intima complice delle seratetrascorse a desiderare qualcosa dipiù... parlando di un futuro incertoper ore che volano e continuerannoa volare tra semplici risate… anchese la noia, velata di malinconia, non

Quanti cambiamenti stannointeressando la nostra città!Avellino, dalla scorsa estate

è un unico grande cantiere. È rarovedere delle zone non transennatee non soggette all’opera di scava-trici, ruspe, trivelle…Corso Vittorio Emanuele, da mesi,è stato chiuso per la rimozione deicubetti di porfido e la suariqualificazione urbana; stessodestino per piazza Kennedy, a causadei lavori dell’Alto Calore edell’impresa impegnata nella rea-lizzazione di rotatorie e per piazzaGaribaldi, dove è in corso la costru-zione di un tunnel sotterraneo checollegherà la zona di S. Tommasoalla Variante.Tanti i disagi. Tra il traffico nel caos,i cantieri che si allungano, la carenzadi aree di sosta e gli incidenti

tarda a farsi sentire, inaspettata.Avellino è la mia città ed è tutta darivalutare! Che fare per renderla piùattraente…?Basterebbe creare luoghi di ritrovoper noi giovani e, dato che nonmancano le “teste calde”, avernemaggiore cura?Per me Avellino è come una donnabella con un ricco passato e unpresente che aspetta di venire fuori.Osserva, dall’alto della sua saggez-za le famiglie passeggiare, le per-sone anziane discutere e i ragazzinibisticciare e rincorrersi, aspettandoche arrivino a popolare le sue larghestrade giovani in grado di rigene-rarla con idee forti e di donarle nuo-va vita, ma capaci, poi, di preser-varla e di amarla profondamente.

Ilenia Gavitone V F

stradali, la città è finita in ginocchio.I più preoccupati sono i com-mercianti che stanno avendo graviripercussioni sulle vendite.Tra la confusione e i malumori,però, c’è la prima buona notizia:la città si riappropria di piazzettaPerugini, tornata vivibile dopo annidi abbandono. Sarà un’area diverde per i cittadini. Presto anchele altre zone ci saranno restituite piùbelle e godibili, perché chiuse altraffico e, cosi, potremo passeggiareliberamente, serenamente, senzaessere infastiditi dai gas di scaricoe dai clacson delle automobiliOsservando il tratto di Corso VittorioEmanuele su cui sono stati ultimati ilavori possiamo renderci conto diquanto sia aumentata la suaampiezza, è possibile percorrerlosenza incontrare barriere

architettoniche. Subito, però,recepiamo la monocromia dei mate-riali edilizi utilizzati, il prevalere delcolore grigio, che lo rende un po’triste e malinconico.Io, personalmente, arrivando adesempio da Viale Italia, vorrei potervedere il Corso vivo, animato, piùallegro, che attiri e inviti i passantiad attraversarlo.Immagino di tanto in tanto dellefioriere ricche di piante variopintee delle panchine in legno doveriposarsi, tavolini messi a dispo-sizione dai vari bar, soprattuttod’estate, dove tutti possano con-sumare qualcosa e intanto in-contrare amici.Ma, soprattutto, immagino deigazebo in legno e ferro battuto,chiusi da vetrate per la stagioneinvernale con all’interno dei con-fortevoli salottini dove giovani eadulti possano incontrarsi econversare.Immagino altri spazi organizzati pergiochi di società o intrattenimento,soprattutto per anziani, ed anche unapiccola area per i bambini che, af-fidati ad animatori, possano diver-tirsi mentre i genitori si allontananospensierati per le loro commissioni.Fare shopping lungo il Corso VittorioEmanuele diventerà piacevole, saràun’occasione di svago, di incontro,regalerà a tutti una pausa dalla vitafrenetica quotidiana.

Ilaria Aurigemma - IV sez. F

La città che vorrei… di sicuroè un gran bel titolo, ma il tema èdifficile da trattare, soprattuttoper chi vive in una città comeAvellino. Potremmo iniziareun’analisi della situazioneconsiderando l’esodo dei giovaniverso sedi universitarie moltolontane dalla nostra città. Ognianno, infatti, fuggono da Avellinoe provincia all’incirca 2500studenti. Questo desiderio diandare lontano, di tagliare tutti iponti con questa città lo avvertoanch’io. Basti pensare al sabatosera, che dovrebbe essere ilmomento di incontro pereccellenza e che, invece, siriduce a una passeggiatasvogliata per il corso o ad unasfilata per via De Concilii...Pochi, anzi, pochissimi hannodavvero voglia di pensare a unaserata diversa; molti sono vittimedi una forma di quiescenza,come se tutto fosse unacondizione temporanea, solo unperiodo di attesa prima dellafuga. Alla fine, però, questainerzia ci entra nel profondo, ciriempie di superficialità e cirende incapaci di concepirenull’altro al di fuori dello stile divita assunto. Allora si iniziano aclassificare i vari gruppi diragazzi: quelli che se la fanno avia De Concilii sono i “bellilli”, albar Toni ci sono i “comunisti”, daFiore i “punkabestia” ecc.; e sidefiniscono “patetici” quegli uni-versitari che studiano fuori etornano tutti i fine settimana, irri-mediabilmente attratti dal “mi-sterioso fascino” di Avellino. Main fondo, forse, tutto questo mi-stero non c’è: tornano perché sirendono conto che anche le altrecittà non offrono, alla fine, emo-zioni ed occasioni eccezionali,se non si è in grado di saperlecogliere. Allora cosa rende igiovani avellinesi così poco in-teressati alla loro città? Le cau-se, penso, vadano ricercate es-senzialmente nella scarsa parte-

... Lavori in Corso

cipazione dei ragazzi alla vitaattiva. Eh! ok, ma perché? Vo-lendo dare una prima risposta,direi che è un problema diffusonell’universo giovanile, dovuto adisinformazione. Ma il problemaad Avellino penso sia un po’ piùcomplesso: nella nostra cittàmanca un qualsiasi luogo perincontrarsi e confrontarsi. Lepoche attività culturali non ven-gono adeguatamente pubbliciz-zate. Ci troviamo di fronte a unasocietà sorda alle nostre esi-genze, che non ci offre alcunospazio di crescita e di matura-zione. Speriamo che con il tem-po la situazione migliori, e chele Istituzioni si rendano contodella gravità del problema e nonsolo dal punto di vista culturale,ma anche economico e sociale.La città che vorrei...Vorrei che si smettesse di pen-sare ad Avellino come ad unaCittà nuova semplicemente conun corso ristrutturato, accessiveloci, tunnel e metropolitana ocon un attivo centro direzionale.Si dovrebbe investire realmentenei giovani, creando luoghi diaggregazione, favorendo inizia-tive culturali, dando spazi reali,e magari autogestiti, alle asso-ciazioni giovanili. Sogno ancheche le scuole possano aprire leproprie porte alla città, mettendoa disposizione locali e attrez-zature, diventando davvero cen-tri di cultura e non di sterile ap-prendimento. Solo così c’è lasperanza di risvegliare la crea-tività dei giovani che, spesso,aspettano solo di essere oppor-tunamente stimolati. Il resto, poi,sono sicuro verrà da sè.Temo che se Avellino non siavvicinerà neanche un po’ almodello dei miei sogni, rimarràsempre un paesotto, non troppodissimile dagli altri centri irpini,con l’unica differenza che loro lametropolitana leggera non cel’hanno.

Pasquale Di Domenico IV F

Foto a cura di D. Pastena IV F

... Opinioni a confronto

La città che vorrei...Avellino, anni ‘70

1717Tiri ... ManciniNote e parole

Il 31 gennaio 2008 le classi IV E,V E, V F, V D e V A al grancompleto hanno incontrato in

Aula Magna il prof. Franco Festa,autore di due avvincenti romanzi“gialli”: “Delitto al Corso” (con ilquale ha vinto il premio nazionaleDelitto d’Autore 2004) e “LaQuinta Notte”.Il Preside prof. Gesa ha introdottol’incontro con un breve discorso incui ha espresso tutto il suocompiacimento nel trovarsi accantoad un ex professore della scuola chesta acquistando fama e gloriasempre maggiore nella nostra cittàe fuori di essa; ha anche volutosottolineare che, in un panoramaletterario che ci dà opere senzacaratteri ben definiti, i romanzi delprof. Festa si distinguono per quellache egli ha scherzosamente definito“scrittura maschia”, ovvero unascrittura netta, decisa.La professoressa Maria Pesiri,organizzatrice dell’incontro, hapassato poi la parola a due ragazzidella classe IV E, Luigi Dattoli e

Alessandra Pescatore, che hannopresentato i romanzi dell’autoresottolineando come l’intrecciopoliziesco è solo lo spunto perimmergersi nel mondo che ruotaattorno ai due delitti, un “piccolo”universo di “piccole” persone,ciascuna con le sue illusioni e le suedelusioni, con l’ansia di cambiarela propria vita o la società e con-temporaneamente l’impotenzadell’agire.È il mondo di una cittadina diprovincia, la nostra Avellino,l’Avellino appena uscita dallaguerra, un periodo in cui, purtrop-po, i nostri concittadini impararo-no a convivere con “rapine, furti,case sventrate, sfondate primadalle bombe poi dai ladri, senzache nessuno ponesse rimedio almedioevo senza fine che era scesosulla città”.L’analisi dei due ragazzi ha portatonell’animo dell’autore una grandecommozione. “Io non mi sono maiemozionato così tanto” ha, infatti,affermato il professore al terminedella presentazione: “mi sembravaquasi di essere uno spettatore di mestesso”. I ragazzi hanno poi saputocogliere la vera essenza dei due

InConTro Con L’AUTore

“Bussavano. Una botta seccaal portone”. Comincia così,

senza preamboli, il romanzo diFranco Festa “Delitto al Corso”edito da Mephite. La vicenda ciavvince, c’è un misterioso delitto,una torbida storia di corruzione,speculazione edilizia ed usura.C’è un giovane commissario,amante della precisione, “nonalto”, con “una lieve tendenza allapinguedine”, “le labbra grandi e icapelli lucidi di brillantina pettina-ti all’indietro”. Ma c’è soprattuttouna cittadina di provincia chericonosciamo come la nostraAvellino. Ma l’autore non si è fer-mato all’opera prima. Nel suo se-condo romanzo “La quinta notte”l’orologio del tempo va indietro, daun nevoso febbraio degli anni ’50fino ad un emblematico 14 set-tembre 1946. Sono passati infattiesattamente tre anni dalla piùgrande tragedia della nostra città,colpevolmente rimossa dallamemoria collettiva, soprattutto adopera delle istituzioni che mo-strarono in quel momento tragico,tutta la loro pochezza e viltà. Dinuovo colpi sordi nella notte, dinuovo un misterioso delitto. Ades-so però la trama si arricchisce dinuovi misteri: un suicidio, il ritro-vamento di un bottino razziato dopoil bombardamento, misteriosi fattiche riportano sempre a quell’altro14 settembre, quello del ’43.Al centro di questo nuovo giallo dinuovo Melillo, qui ancora vice-commissario, appena uscito dallascuola di polizia, in costante con-trasto con il vecchio commissarioche, all’indagine analitica, fatta diosservazione, collegamento di par-ticolari, anche all’apparenza insi-gnificanti, preferisce i metodi sbri-gativi della polizia del Regime. Inquesto romanzo al giallo si in-treccia, però, anche una delicatastoria d’amore, o meglio un in-contro di diverse solitudini.E anche in questo caso la soluzionedel giallo è a sorpresa. Colpevole

romanzi e per questo il professoreFranco Festa ha confermato che:“non sono romanzi di nostalgia mastorie di persone” e infatti le sue so-no storie che riguardano le passio-ni, gli amori, le illusioni e tutto ciòche muove l’uomo.Per questo scrivere la storia non ècostata molta fatica in quanto ipersonaggi stessi si imponevanosulla scena, a mano a mano cheandava avanti, chiedendo di essererappresentati. Egli è stato dunque“lo strumento dei personaggi chebussavano dentro per entrare”.In risposta alle domande che sonopoi seguite da parte di altri attentilettori dei due romanzi, l’autore haosservato tra l’altro che è riuscito aconciliare la passione per i teoremimatematici con quella per la scrit-tura, in quanto la chiave dellamatematica è la ricerca del senso,del rigore e della simmetria che so-no i tre canoni fondamentali dellascrittura.Alcuni personaggi, non tutti, sirichiamano poi a personaggi

realmente esistiti, come l’avvocatodella “Quinta notte” che chiara-mente ricorda, anche nella suasolitudine intellettuale, GuidoD’Orso.Quindi il professore Franco Festa èpassato alla presentazione del suonuovo libro che uscirà a breve,leggendo il primo capitolo delromanzo e chiedendo, al terminedella lettura l’opinione degli alunnisul titolo da dargli. La scelta è statatra “La doppia porta” se si vuole farrisaltare di più il mistero e il giallo,oppure “L’ultimo sguardo” se inve-ce si vogliono sottolineare aspettipiù psicologici. I ragazzi hannopreferito il primo dei due titoli.Nei ringraziamenti finali alle per-sone presenti l’autore ha infinesottolineato come “colui che scriveè quasi sempre fragile”, è unapersona per la quale una parola euno sguardo di un altro è essenzia-le, per questo è stato importante perlui condividere con tanti ragazziemozioni che lo hanno confortatoad andare avanti e a continuare ascrivere.Aspettiamo quindi con ansia... ilterzo delitto.

Luca Coppola - IV E

Il Liceo Scientifico incontra il “Camilleri” nostranoDUE DELITTI AD AVELLINODUE DELITTI AD AVELLINODUE DELITTI AD AVELLINODUE DELITTI AD AVELLINODUE DELITTI AD AVELLINO

è … Eh no! Proprio questo non sipuò dire. Leggetelo, gustandoviquesti due brevi romanzi gialli,cercando di indovinare voi ilcolpevole e, come il commissarioMelillo, fate bene attenzione aiparticolari.Si può invece sottolineare come latrama poliziesca è solo l’occasioneper presentare i ritratti dei varipersonaggi, principali o di con-torno, delineati con poche e rapidenotazioni, più focalizzate sullapsicologia che sulle caratteristichefisiche. Ne emerge un universo disolitudini e di disillusioni, che siincontrano e si scontrano in questacittadina di provincia, senza maiveramente “parlarsi”. Ogni per-sonaggio ha sempre un rimpianto,qualcosa di incompiuto, un tra-dimento di valori che si portacome un fardello nell’esistenza ditutti i giorni.I delitti coagulano questo univer-so attorno alle indagini del nostroineffabile commissario, anche luicarico del suo fardello di solitu-dine e disillusioni.L’ambientazione, come detto, ci èfamiliare, la nostra città, il Corso,Via Mancini; ma allo stesso tempo,ahimè ci è estranea. La città di que-sti due romanzi è la Avellino appenauscita dalla guerra, ancora distesalungo l’asse Corso - Stretto - Via

Umberto, una Avellino circondatadal verde, che si insinuava fino alleville del Viale dei Platani o alle“cupe” di via Circumvallazione,una Avellino fatta di palazzisignorili, molti dei quali purtrop-po vivi solo nella memoria, dinegozietti e botteghe artigiane,quasi tutti scomparsi o rimpiazza-ti dalle vetrine scintillanti dellamoderna civiltà dei consumi.Non a caso nel primo romanzo unelemento centrale della vicendariguarda l’edificazione della vastacampagna che dalla vecchia piazzad’Armi, risaliva su ai Pennini,scelleratamente ricoperta dicemento negli anni ’60, per cui ungiovane d’oggi non può neancheimmaginare che all’inizio di viaTagliamento c’era un fiume e unponte che lo valicava.Il ricordo nostalgico della Avellinoche fu però non si rifugia nel mito“del buon tempo antico”. Il se-condo romanzo, come già detto,ricorda gli orrori del bombarda-mento e entrambi i libri prendonodi mira una classe dirigente che,fuggita di fronte al pericolo, ab-bandonando la città, si era di nuo-vo ricomposta, più arrogante diprima, affannata a cancellare unoscomodo passato o a sfruttare leopportunità speculative del futuro.Il tutto viene raccontato con unostile rapido e asciutto, come ognibuon giallo richiede, ma allo stessotempo elegante e a volte ricercato.Per questo attendiamo impazientiil terzo romanzo, per sapere doveci porterà la penna di FrancoFesta, se, come ci auguriamo, cicondurrà ancora nella Avellino delpassato, se ci trascinerà di nuovoin un delitto misterioso brillan-temente risolto dal Montalbanonostrano, così attento ai partico-lari e sempre pronto all’ascoltodegli altri.

1717

(dalla presentazione dei dueromanzi del prof. Festa)

Classe IV E

1818 Tiri ... Mancini

Di notevole interesseculturale è stata la visitaguidata ad Avella, alla

quale noi alunni della II N abbiamopartecipato con la classe I M,sabato 1° marzo. Visitando l’Anfi-teatro romano, l’Antiquarium, ed iMonumenti funerari, siamo tuttirimasti colpiti dalla bellezzanaturalistica e storico-artistica diquesti luoghi, a soli dieci minuti diauto dal capoluogo della nostraIrpinia. Guidati alla scoperta delterritorio dai docenti G. Galasso, F.Masi e dallo studioso locale N.Montanile, abbiamo potutoconoscere anche la storia di questocentro, di tutti i popoli che l’hannoabitato e le tracce archeologiche,artistico - monumentali che ci han-no lasciato.Tra i monumenti di età moderna dirilievo abbiamo potuto ammirare laChiesa della SS. Annunziata e ilPalazzo Ducale. La prima,costruita nel 1580, si trova lungo ilcorso Vittorio Emanuele e conservaal suo interno pregevoli dipinti, alcunidei quali opera di GiuseppeCastellano, un crocifisso in legnoproveniente dal castello ed un coroligneo del 1625 attribuito aGianfrancesco del Tito. Bellissimoè il chiostro dell’annesso Conventodei Frati Minori, impreziosito dapitture parietali di Ardelio

Nella valle baianese,attraversata dalla bor-bonica strada delle Puglie,

Avella custodisce gelosamente unnotevole patrimonio archeologico.Fra l’anfiteatro romano e il castellonormanno e gli altri vari edifici diinteresse storico-artistico, presenti inquesto piccolo paese con profonderadici storiche, troviamo iMonumenti funerari che furonocostruiti tra l’età tardo-repubblicanae il II secolo d.C., attualmente infase di restauro.I monumenti appartenevanoanticamente a famiglie dell’ari-stocrazia locale o ai ceti dirigenticittadini e al cosiddetto “ordo”.Quelli meglio conservati sono inlocalità Casale, all’uscita della cittàantica di Abella, dove passava lastrada che conduceva ad Ovest

AVELLA: I MONUMENTI FUNERARI

L’anfiteatro Romano dell’antica Abella (odierna Avella) è situatonei pressi del fiume Clanio e fu edificato forse nel I secolo d.C.,dopo la distruzione della città da parte del generale Silla, e per

questo è da annoverare tra i più antichi della Campania.L’anfiteatro fu da subito un importante sito di aggregazione per tutta lapopolazione del territorio e veniva ritenuto come un luogo sacro e magicoa tal punto che venne adibito anche per la deposizione di combattentimorti in battaglia.Per la sua vicinanza al fiume si è supposto che al suo interno venisseroeffettuate anche naumachie, ovvero simulazioni di battaglie navali.La costruzione è realizzata in opera cementizia con paramenti in “opusreticulatum” di tufo. Sorge in località San Paolino, nell’immediata periferiadel paese, all’estremità orientale di Corso Vittorio Emanuele e si appoggiada un lato alle mura urbiche della città antica e dall’altro ad un pendionaturale ed in parte poggia su solide e maestose strutture a volta.Oggi dei tre ordini della cavea sono visibili i primi due con alcuni sedili intufo interrotti all’altezza dell’asse minore da tribunalia, ossia da podii opalchetti. Riconoscibili i cosiddetti “vomitoria” dove si riversava il pub-blico degli spettatori.L’arena era posta al di sotto del piano di calpestio e vi si accedevaattraverso due porte principali, la “Porta Triumphalis” e la “PortaLibitinensis”, definita anche porta della morte (si apre verso l’esternodella cinta muraria cittadina), poiché da quest’ultima venivano portati viai gladiatori caduti in combattimento. Una terza porta secondaria serviva,probabilmente, per l’accesso dei giudici di gara.Molto interessante è un vicino ambiente laterale con tracce di un’edicolariservata ad una divinità cui probabilmente i gladiatori chiedevano la vit-toria prima dei duelli. Altri ambienti ben conservati sono adiacenti ai vo-mitori principali. Sebbene l’esistenza dell’anfiteatro fosse nota già dalsecolo scorso, ne è stato iniziato lo scavo soltanto a partire dal 1976.Una immagine schematica, ma viva dell’edificio, abbiamo avuto occa-sione di ammirarla sul fianco di un cippo di calcare con iscrizioneonoraria datata al 170 d.C. collocato davanti all’ingresso del PalazzoDucale di Avella.Nel tardo impero fu iniziata la costruzione di stalle per il ricovero dibestiame nel podio, poi rimasta interrotta dagli eventi che precipitaro-no con la dissoluzione dell’impero romano d’Occidente: da alloral’anfiteatro perse definitivamente il suo ruolo.Attualmente l’accesso all’anfiteatro è gratuito anche se sempre suprenotazione obbligatoria (info. 081 8251044).

E.Greco, R. Tedesco, R.Orsi - Classe I M

L’ANFITEATRO ROMANO DI AVELLAL’ANFITEATRO ROMANO DI AVELLAL’ANFITEATRO ROMANO DI AVELLAL’ANFITEATRO ROMANO DI AVELLAL’ANFITEATRO ROMANO DI AVELLA

ALLA SCOPERTA DI AVELLABuongiovanni con scene riguardantila vita di San Francesco. Il PalazzoDucale “Alvarez de Toledo” fueretto invece dalla nobile famigliaColonna nel XVI secolo: in seguitoadibito a casa privata fino al 1960, èstato da allora abbandonato fino aglianni Ottanta, quando è statoacquisito dal Comune. Interessanteè stato il ritrovamento di romanzifrancesi conservati nella suabiblioteca, uno dei quali scritto senzal’uso della lettera “r”. Ma di certo acatturare la nostra attenzione è statoil suo giardino “all’italiana”, checonserva curate aiuole, due grandipeschiere ed alberi secolari, uno deiquali risalente al XVIII secolo èstato, purtroppo, in parte abbattutonel secolo scorso. Conclusa la

suggestiva visita al giardino, protettoper il suo valore dal Ministero per iBeni Culturali, ci siamo recatiall’interno del palazzo, ancoradiscretamente conservato e doveoggi si riunisce il consiglio comunale.Nonostante la continua minaccia diun acquazzone, la giornata ètrascorsa nel migliore dei modi e cisiamo resi conto che intorno a noi cisono tantissime bellezze artistiche,troppo spesso sottovalutate, e chein realtà la nostra verde Irpinia con-serva ancora un glorioso passato delquale dobbiamo essere orgogliosi eche proprio noi giovani dobbiamocontribuire a valorizzare.

A. Penna, I. Esposito,C. De Maio - II N

verso Nola e la pianura campana.Il complesso archeologico è apertoal pubblico su prenotazione (tel.0818251044) e l’ingresso è gratuito.Comprende quattro mausoleifunerari delimitati da recinti ecostruiti in opera incerta e reticolata,con inserti di laterizi. I mausolei sonoinseribili nell’ambito di tipologiearchitettoniche ampiamente note inaltri centri coevi della Campaniaantica. Questo gruppo di mausoleida noi visitati sabato 1° marzo 2008ci indica presumibilmente l’esisten-za di un’antica viabilità che allac-ciava il territorio avellano con gli altricentri campani. A pianta inferiorequadrangolare e parte superiorecircolare o poligonale, terminante incuspide o sormontati da un’edicola,hanno una tipologia molto simile aquella dei monumenti pompeiani e

flegrei: sulla facciata opposta a quel-la prospiciente, rivolta verso l’anticaarteria stradale si presentano dellepiccole cavità voltate a botte uti-lizzate per riporvi i vasi nel cuiinterno erano deposte le ceneri deicorpi dei defunti. Accanto ai treprincipali monumenti funeraritroviamo delle strutture circolari inpietrame di età tarda che venivanoadibite alla lavorazione e allariutilizzazione dei materiali dicostruzione. Circa le tecnicheedilizie dei paramenti esterni dellestrutture era, dunque, prevalentel’opus incertum che, originaria-mente, era a sua volta rivestito dauno strato di intonaco dipinto, el’opus reticulatum con cubilia diforma tronco-piramidale di tufogiallo. Come la nostra efficienteguida, prof. Nicola Montanile,direttore della locale bibliotecacomunale e memoria storicaavellana, ha tenuto a specificare, imonumenti funerari rimangano unpatrimonio invidiabile e fonda-mentale per questo paese, dimo-strando che possediamo risorsearcheologiche di grande rilevanzaanche all’interno della nostraCampania. Ci facciamo dunquepromotori di tali ricchezzeconsigliando vivamente a tutti divisitare Avella ed i suoi tesoriarcheologici!

E.Greco, R. Tedesco, R. OrsiClasse I M

Note e Parole

Palazzo Ducale

Anfiteatro romanoMonumenti funerari

1919Tiri ... ManciniNote e Parole

Quanta fatica per arrivareall’epoca della modernità,della tecnologia, del

cosmopolitismo, della globa-lizzazione dei mercati, nell’illusio-ne di formare un uomo nuovo,aperto al confronto, al dialogo, alrispetto delle opinioni altrui, pron-to a mettersi in discussione ed in-vece... l’uomo nuovo non c’è. Lenuove generazioni sono più senilidei loro padri, si sono nutrite deglistessi pregiudizi, dello stesso odio,degli stessi rancori, e non soloverso il diverso ma anche contro icompagni “che un muro e unafossa serra” direbbe Dante.Perché? Perché ci si è preoccupatidi far crescere questo mondo quasied esclusivamente in sensoeconomico, perché non ci si è maipreoccupati di curare aspetti delquotidiano che si staccassero dalconcetto di consumo. Quantispargimenti di sangue in nome del-le divinità, quante guerre combat-tute in nome dei fondamentalismiideologici. E continua lo stillicidio,ormai da quaranta anni, della crisiIsraelo Palestinese. Errori storici, in-teressi ma soprattutto chiusura neiconfronti di culture diverse, man-canza di confronto, paura di metter-si in discussione, di aprirsi all’altro,incapacità di “sentir” e “meditar”,in una parola, mancanza nel mondoe in noi, dello spirito di Tolleranza.La tolleranza è il pilastro dellasocietà civile di ogni tempo, l’in-tolleranza genera profondi contra-sti, conseguenti disordini ed inutilispargimenti di sangue. E noi Italia-ni siamo tolleranti? Tanto... Bastipensare al polverone sollevatosi alseguito dell’annuncio dell’invito diRenato Guarini, rettore dell’Uni-versità La Sapienza di Roma, alPapa Benedetto XVI in occasionedell’inaugurazione dell’annoaccademico. Disordini, occupazio-ni, petizioni, disobbedienze varie dialcuni professori e di qualche spa-ruto gruppo di studenti, tutto spon-sorizzato dalla laicità, a modo loro,dell’Università. Domanda: secondovoi questa è tolleranza? Credete che

AZNARELLOT oppure TOLLERANZA“La grande assente del nostro mondo”

sia una disposizione al dialogoquesta? Credete sia un fattore dicrescita comune? Credo che larisposta sia più che scontata. No. Se,come diciamo, viviamo in uno statodemocratico, in cui per logica lamaggioranza è quella che vince, sipotrebbero mai subire i soprusi, leumiliazioni, le imposizioni, le deci-sioni di una piccola fetta dellasocietà passivamente? E può que-sta minoranza faziosa negare il di-ritto all’espressione di qualsivogliaindividuo? Credo che 1a Costitu-zione Italiana sia molto esaurientea riguardo:Articolo 21, Comma 1:“Tutti hanno diritto di manifestareliberamente il proprio pensierocon la parola, lo scritto e ognialtro mezzo di diffusione”.Insomma vietare la parola alPontefice non è stata solo un’offesaalla vera laicità dell’Università edello Stato Italiano ma anche unoltraggio ad un articolo costi-tuzionale. Certo questo evento haavuto ampi risvolti mediatici, hadiviso il nostro paese, ha rimesso indiscussione un po’ tutto, forse è sta-ta anche una sana situazione dicritica ma principalmente la si puòconsiderare come la prova tangibiledi come parlare di tolleranza non siapoi così facile nella nostra società.

Ma spingiamoci oltre perché pie-namente coinvolti, almeno a questilivelli, non lo siamo, quindi mettia-mo in discussione aspetti più vicinialla nostra quotidianità. Sicuramen-te ciò che viviamo con maggiorepartecipazione, oggi, è l’integrazio-ne di soggetti diversi nel nostroterritorio. Secondo voi, come popoloitaliano, siamo davvero tolleranti?Siamo pronti a metterci in discus-sione, ad aprirci al confronto conaltre culture?Molto spesso se ne parla soprattuttoin Tv, nei cosiddetti Talk Show e ciòche si sente maggiormente è chesiamo molto spesso un popolo chiu-so, scettico nei confronti degli altrie, in un certo senso, questo è vero.Ma, secondo voi, chi viene nel no-

stro paese e pretende di mantenerei propri usi e costumi ben sigillatiall’interno di una comunità è tol-lerante? Chi pretende di non piegar-si alle leggi del nostro stato perchéin contraddizione con la propriacultura è tollerante? Chi ha paura dilasciarsi conoscere e di mettersi ingioco, di confrontarsi è tollerante?Le conclusioni le lascio a voi. Inquesto caso chi deve fare il primopasso?Il dialogo, il confronto non è possibi-le con comunità che proliferanochiudendo le porte all’altro, quindidi conseguenza come possiamo noitollerare questi comportamenti?Lasciatemi porre un altro quesito:Siamo più tolleranti se accettiamo,comunque, tendendo conto delladignità dell’uomo, che qualcuno sianostro ospite dandogli un alloggio in“cantina” oppure saremmo piùtolleranti se cercassimo di creare lecondizioni affinché chi disperatolascia la sua casa possa avere unavita dignitosa nella propria terra?Spesso dietro il velo della tolleranza“a tutti i costi e per chiunque” sifinisce per essere ipocriti e ciechi,consapevolmente ottusi versoproblemi complessi che avrebberobisogno di meno “proclami” e più“azione” provvedendo concreta-mente ad affrontare le questionisocio-economiche. Quindi gliaspetti sociologici rivestono un’im-portanza imprescindibile affinchéla “tolleranza” non sia una ricercaper giustificare taluni comporta-menti, talvolta tra loro contrad-dittori, bensì costituisca un intimoconvincimento della reciprocaaccettazione delle diversità che,valorizzate e opportunamentesfruttate, possano essere un motivodi crescita culturale, sociale ed edeconomica sia all’interno dei propriconfini sia dell’intera umanità. E perconfini non si devono intendere soloconfini territoriali ma anche cultura-li ed etici. Tolleranza significa so-prattutto cultura. Non credo servaricordarlo, quando l’uomo nel suomondo si é trovato a vivere situazio-ni difficili, spesso incontrollabili,un’unica forza lo ha sempre sor-retto: la sua cultura. La capacità diconoscere, spiegarsi, incuriosirsi,interrogarsi ha sempre portato airisultati sperati. Oggi più che mai siavverte il bisogno di una crescitaculturale a livello globale sia pergestirci al meglio come umanità siaper spingere il livello della nostraqualità della vita un po’ più in là,consapevoli che non maturare e na-scondere sotto il tappeto i problemidi oggi significa solo ritardare einasprire il disagio del nostro domani.

D. Rotella - V L

Lentamente muoreLentamente muoreLentamente muoreLentamente muoreLentamente muore

Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine, ripetendoogni giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marca, chi nonrischia e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce.

Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero subianco e i puntini sulle “i” piuttosto che un insieme di emozioni,proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di unosbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davantiall’errore e ai sentimenti.

Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sullavoro, chi non rischia la certezza per l’incertezza, per inseguire unsogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggireai consigli sensati. Lentamente muore chi non viaggia, chi nonlegge, chi non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso.

Muore lentamente chi distrugge l’amor proprio,chi non si lascia aiutare; chi passa i giorni a lamentarsidella propria sfortuna o della pioggia incessante.

Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,chi non fa domande sugli argomenti che non conosce,chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.

Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempreche essere vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggioredel semplice fatto di respirare.Soltanto l’ardente pazienza porterà al raggiungimento di unasplendida felicità.

Sin dall’inizio della sua storia,la Romania ha dovuto lottarecontro invasioni e lotte inter-

ne. Un’identità e una fede continua-mente messe in pericolo, quotidia-namente minacciate.Al di là della bellezza paesaggisticae delle caratteristiche tradizioni (daricordare le danze popolari e le mu-siche zingare), la Romania apparecome una nazione affascinante macon molti problemi.La lingua ufficiale è il rumeno,tuttavia, le continue influenze ( daquella latina in poi), hanno portatoalla formazione di nuovi dialetti e dinuovi costumi.Il regime comunista all’indomanidella Seconda guerra mondiale (cona capo il dittatore Nicola Ceau-sescu) e le invasioni secolari, hannoportato in epoca odierna ad unanazione economicamente fragile epoliticamente instabile.Una grande svolta storica è segnatadall’ingresso della nazione nel-l’Unione Europea. Pur avendosostituito l’Euro al Leu, pur facendoparte dell’ Europa, per la Romaniala xenofobia e la discriminazione

Popolo romeno: tra storia e integrazionerazziale sono ancora troppo rilevan-ti. Il puntare un dito contro qualcunosemplicemente diverso, non peg-giore o colpevole, risulta facile, co-modo, utile…Non di tutta l’erba, però, si può farun fascio…Non tutti gli immigrati romeni, dun-que, sono da definirsi pericolosi omalviventi...Bisogna abbandonare i pregiudizi,giudicare l’evidenza, essere apertia nuovi orizzonti, abbattere quellefrontiere che, prima di essere ma-teriali, sono soprattutto morali…Cercare di tralasciare apparenza efutilità, per accogliere una persona,un essere umano come noi, la cuiunica pecca è esser nato in unanazione meno fortunata della no-stra, la cui massima aspirazione èavere un posto dove dormire… Lacui condanna è esser guardato comeuna bestia o, nelle più rosee previ-sioni, come un criminale…Davvero è questo ciò che vogliamo?Pensiamoci bene prima di puntareun dito ed emettere una sentenza…

Classe II I

(P. Neruda)

CinemaTiri ... Mancini2020IL CACCIATORE DI AQUILONI

Per cinquantatrè anni, settemesi, undici giorni, notticomprese, Florentino Ariza,

poeta e proprietario della compagniafluviale dei Carabi, ha preservato ilsuo amore per Fermina Daza senzamai oscillare davanti a niente,tenendo testa alle minacce del padre,alla lontananza impostagli; rimanesempre in contatto con la donna dellasua vita, scrivendole lettere d’amore.L’ispirazione della donna lo portaanche a scrivere lettere su com-missione. Il suo amore viene messoa dura prova: ma quando alla donnail padre dà la libertà di sposare chivuole, lei decide di spezzare com-pletamente i contatti con Florentino;ma il giovane non si arrende e resisteal matrimonio della sua “deaincoronata” con il dottore Urbino. Ilsuo è un esempio, di amoreromantico, infinito, paziente,suggestivo e sorprendente. Unsentimento portato nel cuore del

Sicuramente tra i piùemozionanti e avvincentifilm dell’ ultimo periodo,

“American gangster” di RidleyScott racconta la storia di FrankLucas, un “boss dai sani principi”.Harlem, zona afro-americana diManhattan, fino al ’68 vienecustodita da Bumpy Johnson un“padrino” che ama il proprioquartiere e la gente che vi abita.La morte di Bumpy ha l’effetto diun incantesimo che si rompeimprovvisamente poichéaccende lo scontro tra tutticoloro che vogliano occupareil posto lasciato vuoto daJohnson. Così Frank Lucascontatta un amico impiegatoin Vietnam come soldato econ il suo aiuto riesce aprocurarsi oppio purocomprandolo direttamentealle coltivazioni dell’estremooriente e rivendendolo intutta Manhattan sotto ilmarchio di “Blue Magic”.Spazzata via ogni forma diconcorrenza, poiché la suamerce è di qualità e prezzomigliori, diventa il nuovoboss nero di New York. Con ilcapitale guadagnato costruisceuna grande tenuta dove invita avivere la madre, i suoi fratelli, chediventeranno i suoi unici soci dilavoro, e la donna bellissima chein seguito sposerà. La vita infamiglia si svolge in manieratranquilla e gioiosa. L’incarico difermare questo traffico criminaleè affidato a Richie Roberts,agente modello e rispettoso delleleggi, ma anche marito scorrettoe padre inaffidabile. Richie prestosi renderà conto che la polizia èmolto più corrotta e legata alla

American gangstermafia di quanto possa pensare,così crea un corpo specialeradunando uomini fidati non nellecaserme ma nei night. Il potere diFrank cresce quanto la sfiducia diRichie fino a quando l’agente nellesue ricerche intravede Lucasseduto nei posti migliori con lasua donna per assistere al matchdel secolo: Alì-Frazier. Da quelmomento in poi Richie nonperderà mai di vista il suo

obiettivo e ne scoprirà ben prestoi traffici. L’agente per poter farvalere le sue ragioni dovràsmascherare prima i colleghicorrotti. Al momento del processosaranno fatali per Frank letestimonianze degli esponentidella mafia siciliana, perciòdeciderà di collaborare con Richieper incastrare tutti i malavitosi diHarlem e dintorni.Ridley Scott ha saputo creare uneffetto straniante trasformando ilcattivo nel buono e viceversa.Frank, interpretato da DenzelWashington, è molto amato dalpubblico quando si prende curaamorevolmente della madre, masubito dopo torna ad essere ilcattivo uccidendo un uomo asangue freddo senza crearsiproblemi. Lo stesso vale perRichie, rappresentato da RusselCrowe, che è il poliziotto modelloche restituisce un milione didollari alla polizia e che poitrascura il figlio e la ex-moglie.Le vite dei due protagonisti sonoantitetiche in ogni situazione, dalmestiere al modo di curare sestessi e i propri cari. Un altro temapresentato dal regista è quellodell’ agghiacciante efficienza diun nero proveniente da Harlemche, senza eccessive basieconomiche, è capace di mettersiin competizione e di superare icolossi bianchi del commercio.Alla fine non importa di chegenere di traffici si tratti, la cosache conta è che l’intelligenza el’intuizione possono scaturireanche da un cervello nero.

Fausto Tucci IV BFausto Tucci IV BFausto Tucci IV BFausto Tucci IV BFausto Tucci IV B

protagonista che è convinto dicoronare il suo sogno amoroso. Ciriesce solo dopo la morte, aspettatacon ansia, del marito di Fermina. Ilfinale ormai previsto dallo spettatorearriva quasi al termine dei cento-trentanove minuti dello spettacolo...Il romanzo è pieno di passione, èuna storia d’amore e di speranzaambientata nel Sud America di fineOttocento. Un tema nel qualeMarquez si cimenta per la primavolta, abbandonando i temi politiciper creare poi una travolgente eirrefrenabile epopea romantica.Nalla trasposizione cinematograficala storia perde il suo valore, essa nonrisulta essere né coinvolgente néconvincente.Chi si è accostato, come me, al filmcon la speranza che esso possasuscitare le stesse emozioni ericreare la magia provocata dallerighe del libro rimane deluso.Sicuramente va riconosciuto a Mike

Newell il coraggio di aver trasportatoqueste pagine in pellicola, mariportare i sentimenti è impossibile:questi sullo schermo scompaiono. Ilrisultato finale è un lavoro bello ametà, senza picchi ma nemmenoinsufficienze. Il libro è un romanzoche coinvolge, per le notevolidescrizioni dei luoghi, dei personaggi(anche secondari), delle sensazioni,delle emozioni che attirano il lettoree non lo spingono a spezzare lalettura. Al contrario il film non annoiama è destinato a essere prestodimenticato dallo spettatore. A mio

avviso la pecca maggiore èl’interpretazione del protagonista:Javier Bardem, il quale veste i pannidi un uomo ridicolizzato dall’amore,monotono e vile, un uomocompletamente diverso dal disegnoche la mia mente aveva concepitoleggendo il libro: un uomo di poteree autoritario. Il cast è statoimpegnato circa un anno per leriprese del film ma prima il registaScott Steindorff ha dovuto aspettareben tre anni per avere i dirittid’autore da Marquez…

C. Santaniello IV B

L’amore ai tempi del colera

“Un uomo che non sa difendere se stessoè un uomo che non sa difendere niente”……

……”esiste un modo per tornare a essere buoni”

Dal romanzo che ha con-quistato il mondo, il filmpiù atteso dell’anno…

Con queste parole ci viene presen-tato il “ Cacciatore di aquiloni”, di-retto dal regista Marc Forster cheha tentato una trasposizione cinema-tografica del capolavoro dello scrit-tore Khlaed Hosseini. Il film susci-ta forti emozioni, nonostante qual-che critico abbia affermato che essonon riesca a toccare le corde del-l’animo come il libro. Amicizia, di-sagi, miseria e, soprattutto, la storiadi un intero paese, dilaniato da scon-tri razziali e dalla povertà, sono itemi de “Il cacciatore di aquiloni”.La storia è ambientata a Kabul nel1978 ed è incentrata su due amici didiversa etnia, Amir e Assan, legatidalla passione per gli aquiloni, losport nazionale afgano. Amir, figliodi un uomo facoltoso di etniaPashtun e il suo miglior amicoHassan, figlio del servitore di casae appartenente all’etnia Hazara,partecipano ad una gara con gli aqui-loni. I due amici vincono la garatranciando il filo dell’ultimo aquilo-

ne rimasto in volo. Hassan, subitodopo la vittoria, corre verso l’aqui-lone caduto per poter consegnareall’amico il loro trofeo. Ma durante“la caccia all’aquilone” Hassans’imbatte in un gruppo di teppistiche, non tollerando l’amicizia di unragazzo Pashtun con uno Hazara,decidono di punirlo. Amir, senza es-sere visto, assiste allo stupro delcompagno, ma non trovando la for-za ed il coraggio di intervenire, scap-pa via. Da questo momento l’amici-zia tra i due si incrina fino al puntoche Hassan e suo padre sono co-stretti ad abbandonare la casa diAmir, il quale insieme al padre fug-ge verso la libertà. Stabilitosi inAmerica, Amir conduce una vitanormale, si diploma e sposa una ra-gazza afgana, ma un giorno una te-lefonata gli fa capire che è giunto ilmomento di tornare in patria e diespiare la viltà di un tempo. InAfganistan apprende che Hassan,verso il quale aveva sempre prova-to da bambino una inspiegabile ge-losia, era suo fratello. Ora egli èmorto ed il suo dovere è quello di

salvare suo nipote dalle grinfie di unpotente talebano, lo stesso che anniprima violentò Hassan. Rischiandola vita, riuscirà a portare suo nipotein America trovando così il modo…“per tornare ad essere buoni”. Lascena dello stupro è la chiave di tut-to il romanzo e nel film è trattatadal regista con grande delicatezza.La macchina da presa non indugia:più che vedere si immagina. L’au-tore del romanzo la considera unapotente metafora “Hassan, lostuprato, rappresenta l’Afga-nistan, Amir che guarda e noninterviene, rappresenta la comu-nità internazionale, che è semprerimasta alla finestra, mentre ilmio paese veniva brutalizzato daun paese dopo l’altro”. Anche gliaquiloni rappresentano una metafo-ra: librandosi nel cielo e seguendo ilflusso del vento, simboleggiano lalibertà ed il sogno. Non per niente iTalebani, una volta al potere nehanno proibito le gare. Nell’ultimascena del film Amir insegna al nipo-te a far volare un aquilone; forse ri-prenderà a sorridere e a giocarecome tutti i bambini del mondo.

M. Amodeo, N. Dedes,N. D’Agostino II B

Tiri ... Mancini 2121Note e Parole

“ Do patroni servir l’è un bel-l’impegno, e pur, per gloriamia, l’ho superà; e in mezzo allemazor dificoltà, m’ho cavà condestrezza e con inzegno”.Chi ha detto che non è possibileservire due padroni?Un esempio che dimostra come ciòsia possibile, con tanta passione etanti sacrifici, si trova proprio nellanostra scuola, nella IV E . ÈPasquale Paolisso, il baby dell’AirScandone. Nonostante gli impegnisportivi riesce, infatti, a conciliare nelmigliore dei modi scuola e basket.Gioca a basket, si diverte e va anchebene a scuola.È per questo che noi, i suoi compagnidi classe, abbiamo deciso di fargliqualche domanda…Senza dubbio la prima è un po’scontata.Da quanto tempo giochi a baskete come è nata questa passione?Fin da piccolo sono stato sempre più

alto dei miei compagni, all’asilo, alleelementari e alle medie…Devoconfessare, però, che all’inizio mipiaceva più la pallavolo che il basket,forse perché anche altri mieicompagni di classe giocavano apallavolo. Poi, però, trascinatosoprattutto dalla grande passione peril basket di mio padre, che miportava fin da piccolo ognidomenica al Palazzetto, ho deciso diprovare questo nuovo sport. Fin dasubito mi sono trovato molto benecon i miei nuovi compagni di squadracon cui ancora oggi ho una bel-lissima amicizia e condivido la miapassione. Così con il passare deltempo questo sport, iniziato forseanche un po’ per far piacere a miopadre, è diventato parte delle miavita.A 17 anni già fai parte di unasquadra di serie A, sei statoconvocato molte volte con lanazionale under 18, con-quistandoti quest’anno anche unposto da titolare, pensi che ilbasket possa essere il tuofuturo?Beh…questo a dir la verità ancoranon lo so…è proprio per questo chealmeno per il momento e fino aquando sarà possibile cercherò,

LO SPORT: IMPEGNO AL DI LÀDEL DIVERTIMENTO

come l’Arlecchino di Goldoni, diservire con passione, impegno edumiltà due padroni...Vorrei, infatti, potermi riservarequesta scelta alla fine del liceo ecercare di tenere entrambe le porteaperte per il mio futuro. Tutti i mieiparenti, però, vorrebbero checontinuassi a studiare per avere unfuturo più “sicuro”.Come ti dividi tra gli impegnicon la scuola di mattina e gliallenamenti di pomeriggio?Tipesa tenere questi ritmi?All’inizio forse era tutto un po’pesante. È stato difficile abituarmia questi ritmi, però, adesso riescoabbastanza bene a dividermi tra ledue cose, ad allenarmi e studiare conattenzione e con passione.Questo perché io amo quello chefaccio e lo faccio con grandeimpegno ed umiltà.Devo però anche fare unringraziamento speciale ai professori

e ai miei compagni di classe per illoro sostegno e la loro pazienzasoprattutto quando sono in trasfertacon la Scandone o in ritiro con lanazionale e mi assento da scuola.Come si articola la tua giornata?A dir la verità certe volte vorrei tantoche di pomeriggio il tempo sifermasse o che la giornata siallungasse a 26 ore, però riescocomunque ogni giorno ad abbinarelo studio e lo sport.Mi alleno, infatti, ogni pomeriggiocirca 2 ore e mezza e appena possostudio, finendo spesso anche la seratardi. Anche quando sono fuori ilweek-end con la squadra porto conme i libri nonostante gli altri giocatorispesso mi “prendano in giro” perchérimango in camera a studiare.Quindi il tuo tempo è tuttooccupato dal basket e dallostudio; sei costretto a rinunciarea qualcosa, a non poter semprefare ciò che ti piacerebbe fare eche fanno gli altri ragazzi dellatua età?Senza dubbio gli impegni sono moltie confesso che certe volte mipiacerebbe chiudere gli occhi ediventare per un giorno un ragazzocome gli altri. Poter far tardi la sera,svegliarmi tardi la domenica mattina

o quando non si va a scuola, poteruscire di più, poter studiare unpomeriggio con i miei amici, poterpassare ore in giro per i negozi o soloun po’ di tempo la sera davanti allatv. Comunque in questi anni hoimparato a sacrificarmi e adapprezzare anche il lato positivo diciò che il sacrificio comporta. C’ècomunque soddisfazione nell’esserericonosciuto per strada da personeche neanche conosco, così comeconoscere e diventare amico digiocatori che da piccolo potevovedere solo da lontano o in tv conmio padre.Quest’anno l’AIR sta ottenendorisultati storici e insperati, tra iquali la vittoria della CoppaItalia. Quali emozioni haiprovato durante la finale e dopola partita?Beh…quest’anno si è realizzato unsogno: quello di vincere la Coppa

Aumenta il numero dellepersone che praticano un’attività sportiva, gra-

zie al progressivo miglioramen-to delle condizioni di vita eall’evoluzione della cultura e deicostumi dei popoli.La storia dell’attività fisicacomincia praticamente conquella delle prime civiltà. Nel 776a.C. i Greci istituivano le primeOlimpiadi, manifestazione legatainizialmente alla religione, inseguito affermatasi comemomento nel quale venivanoesaltati i valori morali della lealtàe della fratellanza sportiva.Oggi lo sport è praticatospecialmente per migliorarel’aspetto fisico, ma anche lacondizione psicologica, in quantopuò servire per scaricare letensioni che si accumulanodurante la giornata rendendo

così chi lo pratica più sereno.La parola sport non è solosinonimo di svago e didivertimento, come pensa chinon sa vedere oltre l’atleta; alcontrario chi pratica sport“agonistico” sa bene l’impegnoche si cela dietro ogni gara, ognivittoria. Infatti solo grandiaspirazioni, volontà di ferro esudore permettono agli atleti diraggiungere grandi risultati. Perquesto la pratica di un’attivitàsportiva è estremamenteformativa per i giovani: favoriscela socializzazione con i propricoetanei, educa ai sacrifici e allacostanza degli allenamenti,unico modo per raggiungere gliobiettivi nello sport e quindi nellavita.Un campione non è solo unnome, un volto, ma è fatica e

LO SPORT PALESTRA DI VITA

Italia. È stata di sicuro un’emozionefortissima. Sono sicuro di nondimenticare mai e di portare semprecon me ogni più piccolo dettaglio diquei giorni: dall’ansia della mattinaprima della finale, dall’atmosferatesa e dagli sguardi seri di tutti igiocatori, consapevoli della grande

possibilità che avevano, alla gioiaesplosa in campo appena un attimodopo il fischio finale dell’arbitro,impreziosita dal fatto che non solopotevo festeggiare con gli altrigiocatori, ma anche e soprattutto coni miei migliori amici, venuti fino aBologna per sostenerci.

duro lavoro, condotti con umiltà,determinazione e costanza esoprattutto senza l’utilizzo disostanze dopanti per migliorarele prestazioni.. Il loro impiegoevidenzia il fatto che alcuniconsiderano l’attività sportivasolo come un modo perprimeggiare su gli altri, annul-lando quella che è la vera naturadello sport. Molti sono i motiviche possono spingere un atletaad assumere sostanze proibitee, talora, potenzialmente moltonocive: l’insoddisfacente rendi-mento atletico, la dipendenzapsicologica, la necessità diplacare ansia e stress, la diffusaconvinzione che tutti i rivali fannocomunque uso di sostanzeillecite, la pressione da parte diallenatori, colleghi, amici emedia, l’ignoranza degli effetticollaterali. I mezzi di comuni-cazione, come i telegiornali o igiornali sportivi, hanno aiutato ladiffusione dello sport fino arenderlo un evento mondiale,creando nella popolazione unsentimento di “patriottismosportivo”, operazione volta arinsaldare i legami nazionaliattorno agli atleti della proprianazionalità. Le manifestazionisportive sono inoltre ancheorganizzate per unire tutte lenazioni, anche quelle in guerratra loro; è questo il caso delleultime Olimpiadi di Atene, che

sono state anche l’occasione peruna tregua tra Israele e laPalestina. Molte persone, poi,anche se non praticano unosport, hanno comunque unapassione sportiva, che può avereanch’essa un’influenza positivasulla vita di un individuo, quasiquanto la sua pratica. A volte,però, può capitare che portareall’estremo la propria passionesportiva possa indurre adatteggiamenti poco rispettosi, avolta anche violenti, nei confrontidei tifosi avversari. È quantoavviene ad esempio nel calcio,quando i sostenitori di unasquadra, veri fanatici più chetifosi, si comportano in modoscorretto e razzista nei confrontidei tifosi avversari o degli stessigiocatori. Per loro lo sportdiventa solo un mezzo percreare disordine e per sfogarenel modo peggiore le proprieemozioni, mentre, come giàdetto, per l’atleta, professionistao dilettante, o per il tifoso deveservire alla formazione non solofisica, ma anche e soprattuttomentale. Infatti, la fatica che sifa durante gli sforzi fisici quandosi cerca di “non mollare” e di“dare tutto” forma il carattere eservirà anche ad affrontare esuperare i problemi della vita ditutti i giorni.

Pasquale Paolisso IV E

Intervista della IV E a Pasquale Paolisso

2222 Note e paroleTiri ... Mancini

A che età è iniziata la tua esperienza lavorativa?La mia prima esperienza lavorativa in miniera iniziò all’età di sedici anni,lavorando otto ore al giorno, con un salario di trenta lire.In cosa consisteva il tuo lavoro?Il mio lavoro consisteva nella riparazione dei danni causati dalla guerra.Nel 1948 fui licenziato perché l’azienda decise di assumere un lavoratoreper famiglia, per cui nella miniera a lavorare rimase mio padre che facevail “molinaro” cioè l’addetto alla manutenzione dei mulini. Dopo illicenziamento per altri dieci anni ho continuato a lavorare saltuariamentenelle miniere. Come iscritto al sindacato fui uno dei promotori dei primiscioperi. Il mio lavoro consisteva nel riempire i carrelli con lo zolfo, ma unavolta acquisita esperienza, il mio ruolo era quello di organizzare il lavoro,sempre in prima linea con un pericolo costante. Il lavoro era rischioso emolti sono stati gli incidenti, soprattutto dovuti alla distrazione e alle condizionidi lavoro. In particolare il doppio turno era causa di incidenti, perchél’attenzione dopo un turno di lavoro diventava sempre più labile. Il principalepericolo per la salute sul lungo periodo era la polvere che provocava silicosi,causa indiretta della morte di molti dei miei compagni. Il mio ultimo lavoroè stato quello di murare le gallerie, poi sono andato in pensione.Ricordi qualche aneddoto?Il 2 ottobre 1960, era di domenica, il persistere delle piogge provocò lostraripamento del fiume Sabato che, scorrendo a sinistra della Miniera, finìcon l’inondare la galleria dove transitavano i carrelli. Per fortuna non cifurono morti, ma per ripristinare la galleria e riprendere la produzione furononecessari due lunghi mesi, doppi e tripli turni per rimuovere il fango e idetriti, per riparare i punti in cui parti della volta della galleria erano crollate.Durante i tuoi anni lavorativi si sono verificati degli incidenti?Nel 1978, non ricordo con precisione la data, un mio compagno di lavorofu urtato da un carrello carico di zolfo e colpito all’addome. Trasportatodal medico locale, questi non comprese la gravità di quanto era accaduto,non ravvisò gli estremi per il ricovero in ospedale. Purtroppo il miocompagno aveva subito lesioni interne che manifestarono i loro effetti circa48 ore dopo l’incidente. A quel punto il trasporto in ospedale si rivelòcompletamente inutile e il poveretto morì.

Intervista a mio nonno,Intervista a mio nonno,Intervista a mio nonno,Intervista a mio nonno,Intervista a mio nonno,operaio nelle miniere di zolfo

Si narra che nel territorio delcomune di Tufo nel 1866alcuni pastori, accen-

dendo il fuoco, si accorsero cheesso emanava un odore acre eirrespirabile e sprigionavaanidride solforosa. Il racconto deipastori fece il giro del paese.Il Sig. Francesco Di Marzo, nobiledel paese, venuto a conoscenzadell’accaduto capì che quel-l’odore dipendeva dalla presen-za di zolfo e per questo attiròl’attenzione di tecnici specializza-ti. Dal luogo dove si era verificatol’episodio iniziarono gli scaviprima superficialmente e poiseguendo il giacimento di zolfo.Si iniziarono a scavare due gal-lerie parallele anche con l’aiutodi minatori più esperti venuti dallaToscana. Negli anni 1866 1869,ebbe inizio un’importante attivitàmineraria in una provinciaparticolarmente depressa delMeridione e furono favoriti laformazione e lo sviluppo di unamoderna industria estrattiva inuna zona con un’economia pre-valentemente agricola. Il pae-saggio sulla riva destra del fiumeSabato fu completamente tra-sformato da una zona con splen-didi vigneti in una zona mineraria.All’inizio dell’attività, le tecniche diestrazione del minerale eranomolto primitive, la manodoperaimpiegata non aveva alcunaqualificazione professionale. Inprincipio il minerale estrattoveniva portato in superficie ingrandi ceste sulle spalle deigiovani ragazzi di Tufo. Una voltaarrivato in superficie c’erabisogno di ridurlo in polvere perl’utilizzo agricolo. Così furonocostruiti i primi mulini a pietraspinti dalla forza dell’acqua. Unavolta trasformato in polvere, lozolfo veniva messo in sacchetti distoffa dalle ragazze del paese. Gliinsufficienti sistemi di sicurezzarendevano frequenti gli incidenti.Uno dei primi avvenne nel 1880,in esso morirono diciotto minatoriper la fuoriuscita improvvisa diacqua sulfurea che si rivelòmortale per i lavoratori presentiin quel momento nella galleria.Quel giacimento di zolfo fuabbandonato e fu iniziata l’attivitàestrattiva in un’altra zona. Con ilpassare degli anni le tecniche diestrazione del minerale mi-gliorarono. La costruzione dellaferrovia fu il primo passo avanti

Le miniere di Tufoper la vendita del prodotto fuoridalla provincia. Furono scavatevarie gallerie parallele, una perpermettere l’accesso al posto dilavoro agli operai (via operaia) eun’altra nella quale transitavanoi carrelli per il trasporto del mi-nerale in superficie. Il lavoro deiminatori consisteva nel tracciaree scavare le gallerie, armarle eabbattere lo zolfo che venivatrasportato all’esterno su carrelli.Lo zolfo veniva depositato nelpiazzale della miniera dove donnee ragazzi, dopo aver fatto unaprima selezione delle pietre, lotrasportavano a dorso di mulo aimulini, distanti pochi chilometridalle gallerie. Gli operai venivanodivisi in due categorie: minatoriinterni e braccianti. La minieraera come un paese, le gallerie siestendevano per più di 30 km nelsottosuolo. Lo zolfo arrivava insuperficie attraverso “la galleriadella riscossa”. I minatorilavoravano in squadre da dueuomini formate da un minatore eun aiutante. II lavoro più faticosoe rischioso era quello delminatore che, armato di lume epiccone, trascorreva la suagiornata lavorativa in un ambienteoscuro e caldo umido dove, avolte, l’aria scarseggiava. La pri-ma fatica da compiere eraarrivare alla miniera che distavacirca 3 km dal paese. Quando ini-ziava l’attività, c’era una campa-nella che indicava l’inizio del tur-no, ma questa successivamentevenne sostituita da una sirena.Varcato il cancello d’accesso, ilminatore doveva compiere il pri-mo atto della giornata: si infilavain un passaggio obbligatorio dovec’era un cartello che segnalavale assenze e le presenze. Il tempoper raggiungere il sottosuolo eradi circa mezz’ora. In miniera silavorava scalzi e a dorso nudoperché faceva molto caldo acausa della mancanza di aria.Durante il periodo delle due Guer-re Mondiali, l’industria minerarianon subì rallentamenti se non nelbreve passaggio dei Tedeschi aTufo che danneggiarono alcunimulini, i quali furono in seguitoripristinati. Dopo il Quarantottoiniziarono le prime mobilitazionidegli operai. Essi avevano dirittoa una sola settimana di ferieall’anno, i primi tre giorni diconcedo per malattia non eranoretribuiti e se questo periodo

superava i tre mesi all’anno siveniva automaticamente licen-ziati; inoltre la paga era dimez-zata durante i periodi di assenza.La conquista più importante fu lalegge che stabiliva per i minatoriil diritto di andare in pensione a55 anni per il particolare tipo dilavoro usurante. Molti operaimorivano prima dei cinquant’anniper effetto di alcune malattie,come la silicosi e l’asbestosi. IIprimo sciopero importante elunghissimo fu quello di marzo delSessanta: quaranta giorni di fila,più numerose azioni di protestanel corso dell’anno successivo.L’obiettivo principale era lariduzione dell’orario di lavoro a 40ore settimanali, la richiesta diaumenti salariali e il migliora-mento delle condizioni di lavoro.Con il passare degli anni, l’in-troduzione di nuove tecnologieportò alla riduzione della mano-dopera, non ci furono più nuove

Tra le ricchezze della nostraterra, tra le cose che piùhanno contato nel nostro

passato, sotto il profilo dell’eco-nomia, sicuramente ci sono leminiere di zolfo di Tufo. Oggi tutto ilcomplesso, da tempo non più uti-lizzato in quanto l’attività di scavo èstata definitivamente abbandonata,ci si presenta come una maestosatestimonianza di archeologia indu-striale. Il silenzio e l’inerte senso del-l’abbandono dominano sovrani làdove fino a pochi anni fa pulsava lavita operosa per strappare alleviscere della terra un bene di largoconsumo. Oggi si è pensato, at-traverso una serie di progetti direcupero, di ridare vita alle miniere,ma non per estrarre lo zolfo che,ormai, non si trova in quantità talida giustificare interventi per la suaestrazione. I progetti, presentati allaRegione Campania, mirano ad unriutilizzo dell’intera struttura comemuseo, testimonianza di un passatoche non possiamo permetterci diignorare o dimenticare, ma so-prattutto come porta aperta sulfuturo per la crescita della nostraregione. In questa prospettiva leminiere di zolfo di Tufo ed Altavilladevono fare da attrattore culturaleper la promozione e la crescitaeconomico sociale di un territorioche vanta una tradizione eno-gastronomica di tutto rispetto. Se sipensa che il Greco di Tufo era il vi-no dei reali di Spagna ed oggi è ilprodotto DOCG più noto a livellomondiale, si capisce quanto siaimportante valorizzare le risorseturistiche di cui il territorio dispone.Il recupero delle miniere, inserito nelpiù generale progetto di valorizza-zione della comunità montana delPartenio, rappresenta un impegnoper il futuro in quanto con unaoperazione di questo tipo aumenteràil flusso turistico, sarà incrementa-ta la conoscenza del territorio e laconseguente valorizzazione dei

assunzioni e l’attività estrattivacontinuò fino a quando gli ultimioperai andarono in pensione.Ormai le nuove tecnologie ave-vano superato il prodotto cheveniva estratto. L’estrazione,dunque, era diventata antieco-nomica e per questo motivo si

prodotti locali. In un momento in cuil’economia mondiale fa registraredelle crisi economiche a voltedrammatiche, valorizzare il territorioper far crescere il turismo significaipotecare il futuro in una prospettivadi benessere che darà tanti nuoviposti di lavoro, che farà crescerel’intera area sotto il profilo dellerisorse. Bisogna muoversi in questadirezione se non vogliamo perdereuna parte importante del nostropassato sulla quale costruire il nostro

futuro e sarà ne sono certo unfuturo fatto di scambi, di crescitaculturale, di miglioramento dellasituazione economica.E soprattutto per noi giovani questaè una occasione da non perderepoiché solo in questo modo avremosempre maggiori opportunità dilavoro e di gratifiche. E Tufo potràtornerà ad essere il territorio al qualeguardare con fiducia, con ammi-razione, con interesse semprecrescenti.

TUFO: Il futuro delle miniere

decise di chiudere le miniere. Nel1983 il minerale era ancorapresente in grande quantità nelsottosuolo. Noi ci auguriamo cheun giorno qualcuno possariprendere l’attività utilizzandoattrezzature più moderne esofisticate.

Panoramica della miniera

pagina a cura di Berardino Zoina I BOperai al lavoro

2323Tiri ... ManciniNote e parole

Era il 1990 ed era il mese di Gennaio quando il postino mi buttò giù dal letto gridando:“Giovà ... hai avuto il posto!!! Corri”. Un’ora dopo, emozionato ma felice come il primogiorno di scuola mi trovavo in mezzo a centinaia di ragazzi che mi guardavanocuriosi...”, finalmente un bel bidello!” disse qualcuno.Qua e là i professori discutevano tra loro, con aria di superiorità, fra me pensai“questa è gente che si deve rispettare” ma ero felicissimo. Quello era il mio momento.La mia rivincita sulla vita. Ancora oggi, dopo tanti anni, io, gli alunni e i professorisiamo una cosa sola. Giorno dopo giorno provo le stesse emozioni. Guardo i ragazzicon fierezza e mi brillano gli occhi quando al mattino mi sfilano davanti come Alpinicon i loro zaini pieni di problemi, sogni, speranze e sempre rispettosi col sorriso sullelabbra e gli occhi vispi. Si raccolgono a gruppi davanti alle loro classi, incerti sucome andrà la giornata, io chiacchiero un po’ con tutti, li rassicuro con qualche novità,a volte vera a volte inventata. L’assenza di un professore scatena sempre un tripudiodi gioia. Poi … con comportamento solenne piano piano arrivano i docenti, i focolai digioia si spengono. I ragazzi si arrendono e a capo chino rientrano in classe. Inizianocosì le lezioni che serberanno loro qualche compito o qualche interrogazione. Ognicompito, ogni interrogazione li rende silenziosi, spaventati, disorientati, anche un po’scontrosi, vedendoli così abbasso anch’io lo sguardo e sospirando mi avvio apreparare il caffé sperando che il suo aroma metta di buon umore i professori, entrola fine dell’ora il caffé deve essere pronto. Nel frattempo non resto mai solo e convero piacere vedo arrivare i ritardatari, vere facce toste, inventano bugie pergiustificarsi: c’è chi ha perso il pullman anche se abita a tre passi, come Ilia, che sirifugia nel bagno, vera oasi di felicità e di ispirazione, chi sbuca per magia da qualcheangolo, per sfuggire a qualche mezz’ora di lezione… ma poi, il senso del dovere è piùforte e finalmente si dirigono verso le loro aule per essere ammessi alle lezioni.Trascorrono così le giornate tra entusiasmo e lamentele al trillo della campanellache suona liberatrice raccolgono le loro cose, un po’ stanchi, ma felici di aver imparatoqualcosa in più di ieri e pensando già a domani, mi sfilano dinanzi salutandomi eurtandosi, spingendosi, accalcandosi, frettolosi o a passo lento, si dirigono versol’uscita, verso la libertà. Io resto ancora un po’ a riflettere. Si spegne il vocio, scendeil silenzio ma niente paura domani sarà nuovamente come… il primo giorno di scuola.

Giovanni Onofrio

Il 2 giugno 1946 il popolo scelse laRepubblica. Una scelta sofferta, amaggioranza del solo 54%. Ma quel voto

per la prima volta esercitato a suffragiouniversale, dopo la “guerra di liberazione” -consentì all’Italia di intraprendere il propriofuturo nella libertà e nella democrazia. Nonmancarono, anche allora, tensioni e protestedi chi contestava il risultato elettorale.Eppure fu la scelta più giusta, che haaccompagnato l’evolversi della nostra nazionein questi anni intensi di storia, così ricchi dicrescita e successi, passioni ed impegno,anche di contrasti e sofferenze ma semprenel segno della ricerca di una progressivaliberazione dai bisogni e dai ritardi piùopprimenti. Una scelta tanto giusta chenessuno oggi, tranne particolari minoranze,può dubitare che la forma repubblicana sia lapiù adatta all’evoluzione democratica delPaese. La Repubblica non è un assetto statico,definito una volta per tutte, ma un impegnoche dinamicamente si rinnova nel fluire dellesituazioni, dei problemi che affrontiamo, dellesoluzioni che sappiamo insieme trovare, deglistessi contrasti di visione che a voltemanifestiamo, proprio per la natura propulsivache le condizioni di Libertà e Democraziaconferiscono all’agire dell’impegno politico.La Festa del 2 giugno, la Festa dellaRepubblica e delle Forze Armate proprio perquesto dinamismo delle libertà è davvero lafesta unificante di tutti gli Italiani. Una festadei diritti conquistati ma anche un solennerichiamo ai doveri da assolvere. È la festa ditutti gli italiani, perché come tale è sentita.Contestualmente con i 60 anni dalla nascitadella Repubblica, si celebra l’elezionedell’Assemblea Costituente, che raccolse inParlamento le migliori energie per scrivere laCostituzione, promulgata l’anno 1947 edentrata in vigore il 1° gennaio del 1948. Glistorici parlano di “miracolo della Costituente”,perché chi venne eletto a preparare quel testo,proveniva da ogni parte di Italia, da unadittatura e da una guerra disastrose e da storiee culture tanto diverse da rendere veramentedegno di ammirazione il modo in cui si riuscì atrovare concordia, unità di intenti e diprospettive.Le contrapposizioni ideologiche di allora eranomolto più forti e più radicate delle divisioni di

oggi. Eppure i Costituenti seppero conciliare imigliori aspetti delle diverse ideologie, che siconfrontavano e che allora si scontravanoduramente, nella positività dei valori assunti.E seppero vedere tutti i problemi che siponevano alla nascente Repubblica, anchequelli che sarebbero insorti tempo dopo.L’attuale Presidente della Repubblica GiorgioNapolitano ci ha recentemente ricordato chei Costituenti non solo seppero definire unaCarta di principi e di valori unificanti, maindicarono un progetto “per l’Italia cheavremmo voluto”. Rispetto a quellaprospettiva d’Italia, come avrebbe dovutoessere, molto è stato realizzato.Molto resta ancora da fare. L’entusiasmo del’46 rispetto ad un futuro che era tutto dacostruire deve sapersi di nuovo manifestarenella esperienza e convinzione che sulle regolecomuni non possiamo più procedere divisi o acolpi di maggioranze risicate.Dobbiamo saperci ritrovare uniti sui valori,specie quelli che derivano dalle autonomiericonosciute, anche se permangono differen-ze sui modi e sui contenuti della loro inter-pretazione. C’è una nuova e diversa Repubblica oggi infesta. Non è una seconda Repubblica: essarimane una ed indivisibile, ma ha saputofinalmente riconoscere e promuovere leautonomie locali, dove gli organi del Governolocale, i Comuni e la Provincia, hanno piùcapacità propositiva e decisionale per garan-tire ai cittadini una più diretta e concretapartecipazione.La Festa della Repubblica non è più solo lafesta degli apparati dello Stato. Comuni,Province e Regioni, nella pari dignità e nelledifferenziate responsabilità nel Governo delterritorio, celebrano le nuove dimensioni dellaRepubblica di cui sono una riconosciuta esostanziale articolazione.La Festa delle Repubblica è finalmente anchela vera festa di tutti i Comuni, della Provincia,della Regione, delle associazioni chepartecipano alle scelte del Governo locale che,tutte assieme, rinnovano il loro patto dicollaborazione per lo sviluppo del nostroterritorio al servizio delle Comunità che loanimano.

F. Lombardi, D. Peluso,A. Carullo, R.Davino II M

60 volte Repubblica60 volte Repubblica60 volte Repubblica60 volte Repubblica60 volte Repubblica

COMITATO DOCENTI

Presidente onorario Giuseppe Gesa

Docente referente Lia Silvestri

TITOLARI DI RUBRICA

Scrittura creativa Maria Grazia BorrelliPagina di Inglese A. Silvestro, C. LiuzziPagina di Scienze Fausta De Rosa

COLLABORATORI: E. Criscitiello, G. Della Bella, G. Galasso, C. Genovese,G. Guerriero, G. Iasevoli, R. Morelli, M. Pesiri.

REDAZIONE:

N. Lo Vuolo, F. Lepore, A. Simeone, E. Romano, D. Rotella, M. Amodeo, N. Dedes, R.d’Argenio, L. Celotti, A. Furio, D. Mascheri, B. Pescatore, F. Petrulio, F. Ardolino, F.Matarazzo, G. Nardone, F. Biscardi, U. Freda, V. Ricciarelli, P. Nutile, F. Ferrari, Studentsof IV G, C. Pacilio, A. Limone, E. Bianco, B. Canonico, I. Canonico, S. Corrado, A.Montuosi, F. Pirone, V. Rozza, V. Ricciarelli, I. Verosimile, G. Della Fera, S. Mele, C.Magliaro, G. Malagoli, A. De Lisio, F. Franzese, S. Morante, F. Iandoli, R. Masucci, F.Catarinella, M. Alvino, A. Iannuzzi, D. Russo, R. Gennarelli, I. Gavitone, P. Di Domenico,I. Aurigemma, P. Paolisso, A. Penna, I. Esposito, C. De Maio, E. Greco, R. Tedesco, R.Orsi, E. Greco, R. Orsi, Classe II I, F. Tucci, C. Santaniello, L. Coppola, Classe IV E, B.Zoina, F. Lombardi, D Peluso, A. Carullo, R D’Avino, G. Onofrio, A. Iannillo.Vignette a cura di: R. Rositani, M. Alvino, V. Iannella, Ferd IV D, Leo II B, Alessandrae Fede, G. Della Fera, Rino, A. De Gisi, R. Gennarelli.

storia diventa passione quando diventaindagine, quando smontiamo la nostra identità,e dopo la paura iniziale, cerchiamo di capirecome quei mattoni vanno insieme, ed è unvirus che quando ti prende non ti molla più.Isabella (IV R): la rivoluzione industrialedel XVIII secolo rappresenta il punto dipartenza di vari cambiamenti che hannoavuto, giustamente, ripercussioni sul nostroquotidiano. Attualmente si può parlare di“continua Rivoluzione?”ES: Ai miei studenti pongo sempre questadomanda, che li getta nel panico: “Quand’èche fai iniziare il tuo presente, la storiacontemporanea?” Quasi tutti mi rispondono:“Quando sono nato”, che è una rispostafasulla, perché nessuno di noi ricorda ilmomento in cui è nato. Ecco, dopo questaprima risposta, capiscono che il senso delladomanda è “in quale momento del presente odel passato recente si è costruito il mondo cheti caratterizza nel presente?”. Quasi mai il

pensiero va alla rivoluzione industriale. Quandorispondono, normalmente, pensano ai nuovimedia, alla televisione e, ultimamente, quasitutti indicano Internet come qualcosa che hamodificato il proprio mondo e da qui fannoiniziare il presente. In realtà è difficile dareuna risposta. A seconda dell’oggetto che siprende in considerazione, l’interpretazione diquando fare iniziare un periodo cambia. Adesempio, dal punto di vista femminile, il cam-biamento c’è stato quando hanno cominciatoa lavarsi le mani per far partorire le donne,quando hanno inventato la penicillina e sonodrasticamente diminuite le morti per parto, l’in-venzione della pillola anticoncezionale e laliberazione sessuale seguita negli anni. Ma èla mia visione su un taglio particolare.Pensando alla comunicazione, non possonegare che Internet ha modificato radi-calmente il nostro modo di comunicare e dicomportarci; ne è dimostrazione il fatto chestiamo parlando io e voi ora.

Riflessioni di un bidello innamorato della Scuola

continua da pag. 11

Intervista alla professoressa Enrica Salvatori

Tiri ... Mancini News... News... News...2424LE NOSTRE VITTORIE

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Concorso “Migliore Giornale Scolastico” - Regione CampaniaAncora una vittoria per “Tiri...Mancini”! Il nostro giornale d’Istituto ha vinto il 1° Premio del Concorso “Migliore GiornaleScolastico”, indetto dalla Regione Campania. Complimenti a tutti i componenti della Redazione e auguri per sempre nuovitraguardi!

Concorso Nazionale “Palatucci e il suo periodo storico”Il 10 dicembre scorso, il figlio del giudice Paolo Borsellino, nel corso di una interessante ed articolata cerimonia, hapremiato a Salerno il Liceo Mancini per il Concorso Nazionale indetto dal C.E.P.I.S. “Palatucci ed il suo tempo”. Il nostroIstituto ha ricevuto il premio “per aver saputo unire i momenti storici ai sentimenti dell’ultimo Questore di Fiume italiana,Giovanni Palatucci, collegando l’alto valore del martire del lager di Dachau alla conferenza realizzata presso l’Istituto diappartenenza, dimostrando come avvenimenti cruenti e persone, dopo decenni, vengono giudicate nella giusta prospettivache porta alla pace”. Hanno partecipato alla manifestazione le classi III, IV N e V Q, accompagnate dalla prof. R. Morelli.

Premio CaianielloNell’ambito della XVIII settimana della cultura scientifica si è svolta, presso la facoltà di Scienze Matematiche e Fisichedell’Università di Salerno, la XIV edizione del Concorso “E.R. Caianiello” 2008. Si è classificato al 3° posto l’alunnoAngelo De Falco della III A. Hanno ottenuto menzioni per le ottime prove effettuate Marianna Musto V A, Sara SeverinoV A, Davide Rotella V L, Francesco Vecchione V L, Michela Coccia IV G, Albino Penna V G, Angela Vietri IV G. Laprova consisteva nella risoluzione di problemi di matematica e fisica. Le attività sono state coordinate dal prof. D. Tucci.

Sottodiciotto film festivalUna bella vittoria per il nostro Liceo al “Sottodiciotto film festival Cinema Scuola Ragazzi” di Torino! Il 14 dicembrescorso tre studenti della IV B, L: Celotti, R. d’Argenio, A. Furio, accompagnati dal prof A. Spagnuolo, hanno ritirato unpremio della giuria per il cortometraggio “Il senso della vita”, prodotto lo scorso anno nell’ambito del progetto “Scuoleaperte”. Il racconto della bella esperienza vissuta a pag. 4 e 5.

Olimpiadi della matematicaL’alunna Immacolata Esposito della II N si è classificata al primo posto alla gara provinciale delle Olimpiadi della Matematicae parteciperà alla gara nazionale di Cesenatico. Inoltre è risultato primo classificato per la gara del triennio del nostroLiceo, l’alunno Antonio Ken Iannillo V L. Le Olimpiadi sono state organizzate dall’Unione Matematica Italiana incollaborazione della Scuola Normale Superiore di Pisa. Le attività sono state coordinate dai proff. D. Tucci e G. Iannaccone.

Master di MatematicaSi è concluso il Master di Matematica ed. 2007/08 , in collaborazione con l’Università di Salerno. Le lezioni sono statetenute dai proff. Antonio Tropeano, Domenico Tucci, Marina Famoso e Maria Berardino. Hanno superato le prove scrittedel master 31 studenti che riceveranno un attestato di merito.

Olimpiadi di FilosofiaGianluigi Ambrosone e Gennaro Caruso della V F hanno partecipato alle selezioni regionali delle Olimpiadi di Filosofia lecui fasi finali si svolgeranno a Torino, rappresentando degnamente gli studenti avellinesi.

Celebrazioni per Pasquale Stanislao ManciniNell’ambito delle celebrazioni per i 120 anni dalla morte di Pasquale Stanislao Mancini saranno effettuate attività scolasticheper ricordare la figura del politico e dello storico, con convegni, relazioni, incontri, visite guidate alla pinacoteca provinciale.Il nostro Liceo “P. S. Mancini” dedicherà allo statista un busto di bronzo.

Progetto “Scuole Aperte”Con il progetto “Scuole Aperte”, finanziato dalla RegioneCampania, Assessorato all’Istruzione e Lavoro, il Liceo siè aperto alla città organizzando diversi corsi rivolti a tutti icittadini: studenti, giovani, adulti, anziani, diversamente abili,immigrati. Tra le figure principali, il Preside, prof. G. Gesa,direttore del progetto, e il prof. A. Spagnuolo, coordinatoredi esso. Tra i tanti corsi attivati, tutti molto gettonati,ricordiamo il laboratorio di Cinema, i corsi di enogastronomia,di omeopatia, di pittura, di fotografia, di ginnastica dolce edi Yoga. Quest’ultimo ha riscosso uno straordinariosuccesso e conta ben 83 iscritti, con utenze da 7 fino a 81anni! Da evidenziare anche il laboratorio giornalistico perimmigrati, in diverse lingue. Sono stati organizzati ancheseminari su legalità, diritti umani, ambiente.

La storia con il PodcastUn incontro decisamente particolare, perché realizzato viaweb, si è avuto il pomeriggio del 12 marzo nel Centro ICTdell’Ateneo dell’Università degli studi di Salerno. Le classiIV P e IV L, accompagnate dalla prof.ssa Gilda Guerriero,tramite Internet, hanno potuto dialogare in audio e video,con Enrica Salvatori, docente di storia medioevaleall’Università di Pisa, distante centinaia di chilometri. Laprof., che ha realizzato uno dei primi podcast italiano dedicatoalle lezioni di storia, le stesse che tiene all’Università, hadialogato per un intero pomeriggio con gli alunni delle dueclassi ed ha risposto in videoconferenza alle loro domande.A pag. 11 un resoconto dell’entusiasmante esperienza.

Osservare il cieloIl giorno 14 aprile, presso la succursale di Via Scandone,ha avuto inizio il progetto “Osservare il cielo” che prevedevari incontri ai quali parteciperanno gli alunni delle classiquinte ed alcune classi prime dell’indirizzo sperimentale discienze. L’emozione provata dai ragazzi lo scorso annoscolastico ha convinto la prof. M. Barone, referente delprogetto, e tutti i proff. di scienze a proporre, anche perquest’anno e per altri anni a venire, l’esplorazione dei corpicelesti, guidata dagli astrofili V. Fiore e F. Maria.

Attività di orientamentoIl progetto “Conoscere e Conoscersi per orientarsi” dalmese di febbraio ha fornito agli studenti informazioni sulmondo universitario con visite agli atenei, dibattiti,conferenze, incontri con docenti universitari o con espertidel mondo del lavoro. Tra gli appuntamenti più importantiricordiamo il seminario dal titolo “Onde elettromagnetiche”,svolto dal prof. Verdolino dell’Università Federico II diNapoli e la conferenza, il 18/02/08, sugli “Organismitransgenici del nuovo millennio” con il prof. Colabròdell’Università di Napoli. Il 27/3/08, l’Università del Sannioha presentato le sue facoltà; il 23 /4/08 il Liceo hapartecipato con tre classi di Via Scandone alla mani-festazione Exporienta. Le attività di orientamento sono statecurate in centrale dalla prof.ssa G. De Robertis e per lasede di Via Scandone dal prof. G. Iannaccone.

Gemellaggio LetterarioNell’anno europeo del dialogo interculturale il MPI(Direzione Generale per gli Affari Internazionali),l’Ambasciata della Rep. Fed. di Germania, il “GoetheInstitut” ed il Servizio Centrale Tedesco per le Scuoleall’Estero (ZfA) hanno promosso un “Gemellaggioletterario”. Sette scuole italiane ed altrettante scuoletedesche sono state individuate quali attori del Progetto: ilnostro Liceo è stato ufficialmente invitatato a partecipareall’iniziativa. La III A, classe direttamente coinvolta nel-l’attività, sarà gemellata con il prestigioso liceo “Königin -Katharine - Stift” di Stoccarda.

Tedesco ed Italiano: Confronto sintatticoIl 17 e 18 marzo 2008, il nostro Liceo ha ospitato il dott.Fabio Mollica della Freie Universität di Berlino (Cattedradi Linguistica Romanza). Tema delle due intense giornatedi Seminario è stato: “Tedesco e Italiano: Confrontosintattico”.

Alla scoperta di AvellaA soli 10 minuti di auto da Avellino è possibile ammirare tesori archeologici di grande rilevanza! Sabato 1° marzo, due classidel Liceo, la II N e la I M, guidate dai docenti G. Galasso, F. Masi e dallo studioso locale N. Montanile, hanno trascorso unasplendida giornata ad Avella tra le bellezze naturali e storico-artistiche della valle baianese.