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L’ERA DEI RAEE 10 anni di Ecodom Marco Gisotti

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Marco Gisotti

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Finito di stampare nel mese di maggio 2018 presso Geca Industrie Grafiche - San Giuliano Milanese (MI). Progetto grafico, editing e impaginazione: Carla Cassiano e Luca Salici per Round Robin Editrice

La foto in copertina è di Mario Guerra

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Gli apparecchi elettrici ed elettroni-ci sono la cosa che con ogni proba-bilità caratterizza in maniera più evidente le nostre case rispetto a quelle dei nostri avi. Mio nonno, nato nel 1896, raccontava quasi come un miracolo l’arrivo della

luce elettrica nelle case. Generazioni lontane non tanto nel tempo quanto negli usi e nei costumi. Non c’era il frigorifero nelle case, né la lavastoviglie, la lavatrice o il phon, figuriamoci il televisore o il com-puter. Il ferro da stiro c’era, ma per “accenderlo” si riempiva col carbone bollente.Poi nel secondo dopoguerra le condizioni di vita cambiarono radicalmente. Pensiamo solo a cosa si-gnificò l’ingresso del frigorifero nelle case. Per anni, se non per millenni, si era combattuta e persa ogni guerra per la conservazione degli alimenti freschi. All’improvviso questi armadi del freddo diventavano complementi del mobilio domestico.Era la preistoria di una lenta e benevola invasio-

INTRODUZIONE

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ne. Gli apparecchi elettrici, non ancora elettronici, rendevano la qualità della vita quotidiana migliore, meno faticosa e spesso più appagante. Poi, un bel giorno, l’elettronica fece la sua comparsa. Come un grande salto evolutivo. Dapprima silenziosamen-te con oggetti oggi di culto e curiosi: calcolatrici e orologi al quarzo che segnavano il passare del tempo con quadranti al LED. Anzi, forse i primi LED li ve-demmo proprio così. Poi arrivarono i personal com-puter e tutto divenne via via più “smart”.Ciò che ignoravamo è che a tanto benessere corri-spondeva la creazione di una quantità di scarti che mai avevamo prodotto in maniera così copiosa. Pren-demmo coscienza che ogni bene era destinato a di-ventare un rifiuto. Compresi gli apparecchi elettrici ed elettronici.Questo libro racconta gli ultimi dieci anni di questa evoluzione, da quando cioè sono diventati operativi i consorzi che si occupano del trattamento di questo particolare tipo di scarto, i “RAEE”, i rifiuti da appa-recchi elettrici ed elettronici. E la prospettiva che si è deciso di assumere è quella di Ecodom, il consorzio non solo più grande per volumi trattati ma anche quello che in questi anni ha giocato un ruolo da pio-niere in fatto di qualità e cura dell’ambiente.Per raccontare questa storia sono ricorso alle voci di testimoni privilegiati che ho raccolto e spesso citato nel testo. Per il loro aiuto, consiglio o testimonianza il mio grazie va (in ordine strettamente alfabetico) a: Marco Avanzo, Maurizio Bernardi, Alberto Bor-roni, Mauro Cola, Marica Di Pierri, Silvano Falocco, Paola Ficco, Enrico Fontana, Walter Ganapini, An-tonio Gaudioso, Mario Grosso, Piero Moscatelli, Le-tizia Nepi, Nando Pagnoncelli, Edo Ronchi, Davide Rossi, Maurizio Tursini, Paolo Zocco Ramazzo.Le foto che illustrano questo libro, ad eccezione di quelle “storiche” con didascalie, sono tratte da una mostra del 2011 del fotografo Mario Guerra per Eco-dom dal titolo “Materia-Design andata e ritorno”.

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Il rifiuto è qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi. Così recita il decreto le-gislativo 22 del 1997, più noto come “legge Ronchi” dal cognome del ministro dell’am-biente che per primo mise ordine nel siste-ma dei rifiuti in Italia.

Il rifiuto è lo scarto. È ciò di cui non sappiamo più che farcene. La parte eccedente, inutile o pericolo-sa di un bene, di una materia o di un prodotto che abbiamo usato, di cui ci siamo nutriti, che abbiamo consumato e del quale, alla fine, ce ne disfiamo, affi-dandone alla natura, o ad altri servizi, la sua sorte.È dai siti degli scarti alimentari del passato che, per esempio, possiamo capire che tipo di società c’era un tempo in un dato luogo, cosa consumavano e qual era l’habitat da cui traevano sostentamento.Fino alla rivoluzione industriale gli scarti quotidia-ni che una famiglia poteva produrre erano le ceneri del focolare, pochi avanzi di cibo, per lo più ossa di piccoli animali come conigli e polli. Poi c’erano i resti

1. Una storia di origini

L’origine dei rifiuti fra Ottocento e Novecento; la nascita degli elettrodomestici; arrivano i RAEE.

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delle poche suppellettili allora disponibili: schegge e frammenti di legno, qualche coccio, stracci.Nelle realtà urbane per secoli, se non millenni, que-sti scarti sono stati gettati in strada. Finivano poi col mescolarsi con gli scarti delle attività artigianali tipi-che delle città, dai macellai alle concerie, dai mercati alle deiezioni degli animali. Le città erano percorse da fanghi neri e pestilenziali. In epoca medievale co-minciarono a fioccare ordinanze cittadine che chie-devano di tenere pulite le strade davanti alla propria casa. Servizi di pubblica pulizia erano rari e per lo più destinati a luoghi rilevanti, piazze o strade di rappre-sentanza e per lo più in occasioni speciali come la vi-sita di un regnante o qualche festa comandata.Chi si occupava di portar via questi rifiuti erano ope-rai ingaggiati dalle città stesse, spesso manodopera senza una grande professionalità che però faceva quel che doveva fare, ovvero caricare su dei carri questa massa di materia semiputrida e scaricarla fuori le mura. Qualche volta traendone anche qual-che guadagno.

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A Londra, intorno al Quattrocento, per esempio, c’erano i “rakers”, specializzati proprio nella pulizia delle strade, che una volta alla settimana svolgevano il loro servizio, ripulendo le strade dall’immondizia e vendendola fuori città come concime. Con nomi di-versi e qualità del servizio sempre altalenante queste attività non erano esclusiva della capitale inglese, ma si sono registrate per secoli un po’ dappertutto e soprattutto nelle grandi città.La rivoluzione industriale segna però il salto di qua-lità. E anche di quantità. Non solo le città diventano più popolose, ma anche la quantità delle merci a di-sposizione tende a crescere e con esse gli scarti.A Parigi, ai primi dell’Ottocento, ci sono circa cen-to piccoli carri addetti alla pulizia delle strade, detti tombereaux, cinquant’anni dopo erano trecentocin-quanta. Piccolissimi “padroncini” diremmo noi oggi autorizzati dal prefetto di polizia che rivendevano i rifiuti urbani come concime. Ma nel 1850 a Pari-gi arriva il macadam, un fondo stradale migliore ma più difficile da mantenere pulito ed efficiente. Quin-di ecco un sistema di appalti per ingaggiare ditte e manodopera per pulire le strade. Poi, nel 1884, Eugène Poubelle, prefetto della Senna, istituì dei bidoni metallici con coperchio per riporvi gli scarti dei cittadini della capitale francese. Botteghe, case, negozi di ogni tipo dovevano avere il proprio bidone che in ore precise doveva essere esposto in strada affinché un servizio ad hoc recuperasse in tutta la città i rifiuti così raccolti. Ancora oggi in Francia con la parola “poubelle” si indica il secchio dell’immondi-zia di casa.Cose simili accadevano in altre grandi città europee e non era che l’alba della nettezza urbana. Ma la rivo-

luzione industriale ciò che offriva con una mano tendeva a ripren-derselo con l’altra. E spesso con gli interessi.I rifiuti erano stati una merce se non preziosa certamente utile per

A Londra, intorno al ‘400 c’erano i “rakers”, specializzati nella pulizia delle strade

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essere trasformata e riadattata: fanghi per farne concime, stracci per carta di giornale, ossa per bot-toni, giocattoli, pezzi degli scacchi, sapone, mate-riali edili e persino per estrarne il “nero animale” un carbone per sbiancare la melassa delle barbabietole per l’industria europea dello zucchero. Senza con-tare i metalli, il vetro, il sughero, le scarpe vecchie, la stessa carta usata… All’improvviso però c’era di-sponibilità anche di materie prime vergini, appa-rentemente migliori, meno costose e più facilmente accessibili.Pensiamo alla celluloide (e più in là alla plastica). Un materiale di sintesi chimica si sostituiva in una infi-nità di usi a prodotti naturali come l’avorio o l’osso.Nell’arco di pochi decenni, al passaggio fra Ottocen-to e Novecento i rifiuti stavano diventando materiali inutili: sconvenienti da riutilizzare, pericolosi da te-nere vicino. Nascevano le discariche, si nutriva quel senso, anche psicologico, di rimozione del rifiuto dai nostri cicli industriali.Allo stesso tempo le nuove materie dell’industria, così come le nuove merci, non facevano la fine dei vecchi utensili che, composti di legno e metallo, seguivano il destino naturale di tutti gli alti scarti, quindi o si reintegravano nel ciclo naturale o veniva-no riciclati e riutilizzati in nuove forme all’interno della stessa economia cittadina.Pensiamo in particolare agli elettrodomestici. Lava-trici, forni, piani cottura, buoni al massimo per riuti-lizzare i motori, le lamiere e quello che più facilmente può essere estratto. E insieme a loro tostapane, condi-zionatori, televisori, computer, calcolatrici e cellulari.Ciò che la rivoluzione industriale aveva reso via via sempre più facile da avere e da consumare, si trasfor-

mava rapidamente in rifiuto e il rifiuto, salvo pochi casi, era desti-nato a non essere più rigenerato. A diventare, poco a poco, un proble-ma per la salute e per l’ambiente.

La prima lavatrice domestica era in legno e fu realizzata a mano nel 1874.

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LA RIVOLUZIONE DELL’ELETTRODOMESTICOA dimostrazione di come la rivoluzione industriale favorisse l’invenzione di sempre nuove tecnologie, basta pensare che l’invenzione della macchina a vapore si prestava ad un numero pressoché infini-to di applicazioni. Anche i primi elettrodomestici non erano affatto “elettro” ma azionati o a mano o a vapore.La prima lavatrice domestica era in legno. La fab-bricò William Blackstone per regalarla alla moglie. Era il 1874. L’idea però era talmente buona che Blackstone brevettò la cosa e la trasformò in un bu-siness redditizio. Ma il vero salto di qualità avvenne quando fu inserito un cesto per i panni da lavare in metallo e, soprattutto, quando nel 1906 da manua-le la lavatrice divenne elettrica.Lavatrici industriali invece esistevano da tempo. In Italia, si racconta, ne fu installata una nel 1851 a Napoli. Un mostro a vapore che poteva contenere in un colpo solo duemila lenzuola.Si racconta, poi, che il primo frigorifero risalga addi-rittura al 1750 ma tracce certe di una macchina per

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tenere al fresco i cibi con un compressore a vapore risalgono solo al 1834. E solo vent’anni dopo fu pro-dotta una macchina per fabbricare il ghiaccio. Ma il primo frigorifero elettrico fu fabbricato a Chicago nel 1913. Prototipo costoso ma davvero poco adatto a diventare di largo consumo. Solo tre anni dopo ar-rivò il “Frigidaire”, nome proprio di prodotto desti-nato a diventare parola di uso comune per indicare, appunto, il frigidaire…Ma la svolta arriva alla fine degli anni Trenta, quando un geniale inventore delle General Motors, Thomas Midgley, fu spostato di reparto e fu messo a escogi-tare un modo efficace e conveniente per refrigerare i frigoriferi. Midgley individua in una miscela gassosa particolarmente adatta. Si tratta di una sintesi del diclorodifluorometano, un particolare clorofluoro-carburo (CFC) che la DuPont poi commercializzerà col nome di “Freon”.Questo gas è un successo senza precedenti. Non solo per i frigoriferi, ma anche nell’industria degli spray, usato come gas propellente nelle bombolette di ver-nice come nella lacca per capelli.Ciò che Thomas Midgley ignorava è che il freon, come tutti i CFC, aveva effetti sull’ozono stratosfe-rico. Nel 1985 gli scienziati decretarono infatti che l’uso dei CFC aveva causato un deterioramento dello strato di ozono tale da aver creato dei veri e propri buchi, lasciando vaste zone del pianeta esposte all’ef-fetto diretto, e nocivo, dei raggi ultravioletti del sole. John McNeill, un noto docente di storia dell’ambien-te della Georgetown University, ha scritto di Thomas Midgley: «Ha avuto più impatto lui sull’atmosfera terrestre di qualunque altro organismo in tutta la storia della Terra».Oggi i frigoriferi non contengono più CFC né HCFC ma le sostanze che li hanno sostituiti comportano altri tipi di problemi ambientali. Gli HFC, che hanno sostituito il cloro con l’idrogeno, per esempio, non hanno effetto sull’ozono ma sono gas che comun-que incidono sull’effetto serra e benché le normative europee ne prevedano un progressivo contenimen-to smaltirli rimane un problema. A contenerli non sono soltanto i frigoriferi ma anche condizionatori e congelatori.

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Ecodom è il principale sistema collettivo italiano che oggi si occupa di un terzo di tutti rifiuti elettrici ed elettronici (in sigla “RAEE”) raccolti in Italia e si assicura che i centri di trattamento che fanno rife-rimento a lui si occupino di queste apparecchiature in modo da evitare qualunque dispersione di tali so-stanze, preoccupandosi, ovviamente, anche dell’ef-fettivo riciclo delle materie prime (acciaio, rame, alluminio e plastiche) di cui i RAEE sono costituiti.

UNA MONTAGNA DI RIFIUTI«Fino agli Novanta i rifiuti venivano gestiti sostan-zialmente con lo smaltimento in discarica per ol-tre l’80 per cento – racconta Edo Ronchi, ministro dell’ambiente dal 1996 al 2000 e autore della prima legge quadro sui rifiuti in Italia – . Il restante finiva nell’incenerimento. Il riciclo con la raccolta separa-ta o differenziata era effettivamente marginale e ri-guardava pochi punti percentuali».

«Il riciclo riguardava solo alcune tipologie, lasciate a chi magari fa-ceva la raccolta dei cartoni in giro, alle varie associazioni di volonta-riato che pure raccoglievano carta e cartone. Qualcuna si occupava an-

che del vetro. Pochi della plastica. Ma erano raccolte più simboliche che altro. Il rifiuto andava “smaltito”. Questa era la parola: ”smaltimento”. È con le prime Direttive sui rifiuti urbani pericolosi negli anni 90 e in particolare con la riforma apportata dal Decreto legislativo 22/ 97 [la legge “Ronchi”, appunto, ndr] che cambia l’impostazione e si dà priorità al riciclo».Il nuovo assetto introduce una gerarchia nella ge-stione dei rifiuti che vede al primo posto la preven-zione, cioè la riduzione a monte dei rifiuti stessi, poi il riciclo, il recupero energetico e solo come ultima ratio lo smaltimento in discarica.Il primo grande cambiamento riguarda la parte più consistente dei rifiuti urbani, cioè gli imballaggi e nasce il sistema dei consorzi. Ma non c’erano dei consorzi anche prima del decreto del 2002?

Fino agli anni Novanta i rifiuti venivano smaltiti so-stanzialmente in discarica.

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«Sì, è vero – risponde Ronchi. Per esempio quello de-gli oli lubrificanti usati c’era già. Alcuni rifiuti gode-vano di un’attenzione particolare perché erano “pe-ricolosi” e la preoccupazione sulla loro gestione non riguardava tanto il riciclo ma quanto il fatto che non fossero immessi nell’ambiente».Nel 1997 non esisteva di fatto nessun tipo di filie-ra del riciclo. I materiali, come quello dei frigoriferi, dei forni, dei cosiddetti grandi bianchi come anche le lavatrici e lavastoviglie, erano gestiti come rottame ferroso al pari delle carcasse delle auto.La responsabilità dei rifiuti non riguardava i produt-tori. Li toccava solo nelle emergenze perché l’opinio-ne pubblica si chiedeva chi aveva prodotto tutti quei rifiuti. Da dove si generavano? Quando, per esem-pio, si scoprivano discariche abusive di pneumatici, e di questi abbandoni per le diverse tipologie, ce ne erano, i produttori venivano tirati in ballo ma sem-pre marginalmente.Dire che esisteva una responsabilità dei produtto-ri fu il grande salto di qualità, non soltanto perché

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adesso dovevano pagare un contributo ambientale ma perché diventavano attori nella gestione del ri-fiuto laddove fino a quel punto erano stati solo spet-tatori. Era una riappropriazione morale ed economi-ca dell’intero LCA, il ciclo di vita, dei prodotti.Secondo l’annuario Ispra 2017, la percentuale di ri-fiuti raccolti in maniera differenziata raggiunge oggi il 52,5%, vale a dire il raggiungimento dell’obiettivo minimo fissato per legge previsto entro il 31 dicem-bre 2009. Entro il 2012 avremmo dovuto raggiunge-re e superare già il 65%. A segnalare che c’è ancora molto da fare.I rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroni-che, poi, rappresentano quasi un pianeta a sé e forse, data la tipologia di prodotti che include, sarebbe più opportuno parlare di sistema solare.Le tipologie di pianeti in cui questo sistema solare è stato suddiviso sono cinque raggruppamenti. Il cosiddetto R1 riguarda i frigoriferi, i congelatori, i condizionatori e tutti quei prodotti che in qualche modo servono a produrre il freddo. R2 sono i “grandi bianchi”, ovvero le lavastoviglie, le lavatrici, le cappe, i forni, gli scaldacqua, ecc. R3 sono televisori e moni-tor. R4 riguarda i piccoli elettrodomestici, l’elettro-nica di consumo, l’informatica e gli apparecchi per l’illuminazione. R5 le sorgenti luminose.La complessità dei RAEE rispetto ad altre tipologie di rifiuto è stata ben definita in uno studio per Eco-dom del 2012 condotto dall’istituto Ipsos, Politec-nico di Milano e United Nation University, “I RAEE domestici generati in Italia”.Sono prodotti molto eterogenei fra loro, spiega la ri-cerca: si va dal frigorifero al tablet, dall’autoradio alla

bilancia, dalla lavatrice al mouse, sono diversi anche in termini di dimensioni e peso, funzionalità, composizioni medie (che, anche a parità di prodotto, sono diverse rispetto al passato e saranno desti-nate a cambiare in futuro), con un

La percentuale di rifiutiraccolti in maniera differenziata oggi è del 52,5%.

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crescente aumento della componente “elettronica” dei prodotti.Sono in continua evoluzione con l’introduzione sul mercato di sempre nuovi prodotti e funzionalità, dai navigatori satellitari agli smartphone, con una pro-gressiva contrazione delle durate medie dei prodotti o con fenomeni di sostituzione massiva in occasione di salti tecnologici (per esempio quando dalle televi-sioni a tubo catodico si è passate a quelle con scher-mi piatti, oppure a tutta la nuova classe di elettrodo-mestici in classi energetiche più efficienti).Inoltre le apparecchiature elettriche ed elettroniche possono avere componenti, se non contenere pro-prio, materiali pericolosi, come appunto i gas man-gia-ozono o climalteranti, ma anche mercurio, palla-dio o altri metalli pesanti. E questo giustifica anche perché gli impianti di trattamento dovrebbero esse-re particolarmente efficienti e garantire standard di sicurezza e di salubrità elevati.C’è poi la scarsità di alcuni dei materiali che sono contenuti in queste apparecchiature, risorse come il rutenio, l’indio, metalli del gruppo del platino e le terre rare, per cui il recupero di questi materiali diventa prezioso quanto complesso nelle fase di ri-ciclaggio.Ovviamente questa complessità si riverbera nell’ele-vato numero di soggetti diversi coinvolti nella filiera di design e produzione di queste apparecchiature e del riutilizzo e recupero dei RAEE. E forse il parago-ne che azzardavamo poco sopra di un sistema solare è ancora troppo semplicistico.ASSORAEE è l’associazione, nata nel 2006, che riu-nisce le aziende che gestiscono gli impianti di trat-tamento dei RAEE. Sono loro ad essere in prima fila nel dover manipolare i nostri oggetti di vita quoti-diana alla fine del loro ciclo, anche e soprattutto in sicurezza.«Noi – spiega Maria Letizia Nepi, Segretario Fise Unicircolar, in cui opera Assoraee – interloquiamo con i sistemi collettivi come Ecodom attraverso un

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accordo per il trattamento nell’ambito del quale sono state fissate condizioni importanti innanzi-tutto per la conduzione e il trattamento stesso, che deve essere fatto in maniera idonea e qualificata attraverso impianti soggetti ad audit, vale a dire a controlli periodici».Gli impianti di trattamento sono nati essenzialmen-te per recuperare dai RAEE, anche prima che esistes-se una normativa che li classificasse come tali, tutta quella parte di materiali, come il rame per dirne uno, che avesse un valore sostanziale sul mercato.«Il loro primo scopo – ricorda ancora Maria Letizia Nepi – era quello di ricavare del profitto dal tratta-mento e dal recupero di questi materiali. Solo dopo, con l’evolversi della normativa e con la nascita dei consorzi basati sul principio della responsabilità del produttore, la prospettiva è cambiata, migliorando i propri processi, garantendo che non solo le per-centuali diciamo più di maggior valore di materiale possano essere recuperate ma tendenzialmente tutta

l’apparecchiatura, comprese tutte le frazioni che prima non venivano recuperate e che finivano in disca-rica o all’incenerimento».

L’ERA DEI RAEEUna delle degenerazioni dei rifiuti e delle tecnologie abbandonate a

sé stesse e che è all’origine della presa di coscienza globale sul problema dei rifiuti tecnologici la ricorda Walter Ganapini, oggi direttore generale di Arpa Um-bria, ma di certo uno dei maggiori esperti di rifiuti in Italia, chiamato nel corso degli anni a risolvere le numerose crisi del settore, da Milano negli anni No-vanta a Napoli negli anni Duemila.«Trent’anni fa i RAEE non esistevano proprio come classificazione – ricorda Ganapini . Erano rifiuti fer-rosi, metalli che venivano portati in discarica o dati ai rottamai ma poi il problema si è presentato quan-do scoppiò il caso delle “vergini cieche”. Una dele-

Gli impianti di tratta-mento sono nati essen-zialmente per recuperare le materie seconde dai RAEE.

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gazione OCSE aveva scoperto, nei villaggi fra Indo-nesia e Malesia, migliaia di “blind virgins”, bambine che erano state impiegate dall’industria elettronica locale per saldare le basi hardware in condizioni di così scarsa sicurezza che i gas di saldatura in pochi anni finivano col renderle cieche per sempre. La de-legazione stimò un numero impressionante, intorno ai sedicimila casi. Alla fine della loro breve carriera, a 17-18 anni, venivano rispedite nei loro villaggi sen-za alcuna forma di assistenza. Il tema all’epoca fece scalpore solo fra gli addetti ai lavori e i media non se ne occuparono più di tanto, però fu sufficiente per sollevare la questione sulla pericolosità di alcune so-stanze e processi utilizzati nel mondo dell’elettroni-ca. Così come quando verso la fine degli anni Novan-ta destarono grande interesse commerciale i vecchi apparecchi telefonici dismessi che arrivavano dai paesi dell’alleanza sovietica fino alla vicina Croazia. Questi apparecchi contenevano una certa concen-trazione di palladio il cui valore era abbastanza alto. Anche l’Italia si interessò di recuperare questi rifiuti tecnologici e per un po’ si sviluppò un certo merca-to, finché, il ritrovamento di un intero treno, sedici vagoni merci, carico di palladio fece crollare il mer-cato di questo materiale. Per cui un mercato latente e una preoccupazione per lo smaltimento di questi materiali esisteva ben prima che si creasse un vero mercato dei RAEE. Così come mi ricordo, sempre ne-gli anni Novanta, l’interessamento di una nota indu-stria del settore, la Whirlpool, proprio sul tema del recupero dei CFC dai frigoriferi a fine vita. E sempre in quegli anni portammo avanti con la Whirlpool un progetto per promuovere l’ecodesign nell’industria degli elettrodomestici».

Ma la cultura ambientale degli anni che ricorda Ganapini è anche quella rievocata da Ronchi, quel-la in cui l’unico destino, o quanto meno il più probabile, per i rifiuti, che fossero i solidi urbani, gli in-

Alla fine degli anni No-vanta destarono interes-se i vecchi telefoni che contenevano palladio.

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gombranti o persino i pericolosi, sembrava la disca-rica. Panacea che nascondeva ma non curava. Nel de-cennio che precede la fondazione di Ecodom in Italia e l’inizio dell’era dei RAEE, si contano ben 5 Regioni che furono commissariate per la gestione dei rifiuti.Prima della Legge Ronchi si andava avanti per decre-ti legge che dopo sessanta giorni scadevano e i Go-verni che si succedevano dovevano reiterarli. Il de-creto legge sui rifiuti fu reiterato 17 volte. Un record. Così tante, troppe volte che dovette intervenire la Corte costituzionale per dire che un decreto legge, trascorsi sessanta giorni, decadeva e che non poteva essere reiterato e che se i governi volevano che quel-la regola diventasse norma doveva essere, appunto, convertita in legge.Figuriamoci, quindi, all’ombra di tutto questo quale giungla inesplorata si aprisse il primo gennaio del 2008 quando fu inaugurata l’era dei Sistemi Collet-tivi per la raccolta dei RAEE, quando divenne opera-tivo Ecodom.Quell’anno Ecodom gestì 28 mila tonnellate di

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RAEE, evitò l’immissione in atmosfera di 146 mila tonnellate di CO2 equivalente e avviò al riciclo 24 mila tonnellate di rifiuti. Se confrontati coi nume-ri di dieci anni dopo possono sembrare ancora poca cosa (solo le tonnellate gestite oggi sono quadrupli-cate rispetto ad allora), ma in termini di know how, di qualità del trattamento, di conoscenza del mer-cato, degli impatti ambientali, delle ricadute sociali ed economiche, si può dire che da questo paese, così allergico alla gestione dei rifiuti, sia nata un’espe-rienza all’avanguardia europea.

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2. Nasce Ecodom

Dai RAEE alla nascita dei sistemi collettivi; perché serviva Ecodom.

Immaginate il nostro frigorifero vecchio come una miniera. Se lo scomponessimo otterremmo, in media, 28 kg di ferro, 6 kg di plastica e oltre 3 kg tra rame e alluminio. Le nostre case sono miniere a cielo aperto, dunque perché intraprendere operazioni di scavo faticosissime oltre che costosissime e

poi lunghi viaggi, catene di raffinazione e trasforma-zione quando tutto quello che ci serve per fare un nuovo frigorifero è già contenuto nel vecchio frigo-rifero? Lo stesso dicasi per lavatrici, piani cottura, frullatori o boiler che siano.All’inizio degli anni Duemila l’Europa intervenne nel complesso mondo dei rifiuti e segna un passaggio definitivo di status per quelli che per lungo tempo in Italia erano stati semplicemente “rifiuti ingombran-ti”, buoni al massimo per i rottamai per il metallo di cui erano fatti. I rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche uscivano dalla discarica per diventa-re una miniera.Con la Direttiva 2002/96 l’Unione Europea aveva de-

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finito un sistema di raccolta e riciclaggio che coinvol-geva in prima persona i produttori: a loro veniva ri-conosciuta la responsabilità della gestione dei rifiuti generati dalle apparecchiature elettriche ed elettroni-che, a valle di una prima fase di raccolta centralizzata la cui gestione era di competenza dei Comuni.Tre anni dopo, con il Decreto Legislativo 151 del 2005, l’Italia recepiva la norma europea.Fino ad allora la gestione dei rifiuti elettrici ed elet-tronici veniva fatta sulla base del decreto Ronchi dagli enti locali. Così come gli enti locali dovevano gestire e assicurare la raccolta differenziata dei vari rifiuti, dovevano occuparsi anche di questa tipologia di scarti, preoccupandosi non solo di recuperare il rifiuto dai cittadini ma anche di doverne gestire poi la destinazione. Il tutto ovviamente con una forte disomogeneità territoriale.Aggiungiamo a questo il fatto che la gestione dei ri-fiuti elettrici ed elettronici richiedeva un approccio tecnologicamente niente affatto banale e quindi, il RAEE doveva essere conferito a centri specializzati

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che in una situazione di assoluta deregolamentazio-ne a quel punto potevano esigere qualunque prezzo, spesso a tutto svantaggio degli enti pubblici. E senza garanzie di qualità.«Prima di noi c’era una situazione a macchia di coc-cinella dove qualche sindaco si comportava bene dal punto di vista della raccolta e qualche sindaco si comportava malissimo e in generale prevaleva una situazione di inefficienza economica totale. Non c’e-ra capacità di acquistare servizi a minor prezzo – rac-conta Giorgio Arienti, direttore generale di Ecodom. Questo è lo scenario in cui siamo arrivati noi. Quindi non è sbagliato dire che prima di noi c’era il diluvio».Il Decreto 151/2005 prevedeva diverse alternative: la rigenerazione completa del bene per allungarne la vita, posticipando la fase di trattamento (nel caso non fossero presenti CFC o HCFC); la rigenerazione di alcuni componenti e, infine, il riciclaggio dei ma-teriali, da destinarsi come materie prime secondarie ad altre attività. Tre anni erano stati necessari per recepire la norma in Italia e quasi altri tre prima che il primo consorzio del settore, Ecodom, divenisse davvero operativo nel 2008.Tutta questa perdita di tempo non aveva molto senso e le imprese non potevano rimanere a guardare, tant’è che Ecodom sul piano formale viene concepito già nei primi anni del Duemila e viene designato un direttore generale proprio per seguire più da vicino sia il recepi-mento della direttiva che i decreti attuativi. In altre parole, sul piano formale Ecodom «era sta-to costituito il 26 novembre 2004, per iniziativa dei più importanti Produttori di “grandi elettrodome-stici bianchi” (frigoriferi, lavatrici, forni, cappe, scal-

da-acqua) presenti sul mercato ita-liano, ma divenne operativo solo dal 1° gennaio 2008».Tra i propri soci fondatori Ecodom poteva annoverare i principali pro-duttori, nazionali e internazionali,

Ecodom, fondato nel 2004, divenne operativo sul piano formale dal I° gennaio 2008.

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di grandi elettrodomestici non professionali (fred-do, cottura, lavaggio, cappe e scalda-acqua) operanti nel mercato italiano: Antonio Merloni, BSH Elettro-domestici, Candy Elettrodomestici, Faber, Franke, Haier Europe Trading, Hoover, Indesit Company, MTS Group-Merloni Termosanitari, Miele Italia, Nardi Elettrodomestici, Smeg, Tecnogas e Whirlpo-ol Europe.Il fatto che Ecodom fosse, e sia, un consorzio esclu-sivamente di produttori è un elemento da sottoline-are. Gestito dai produttori attraverso l’assemblea dei consorziati e il Consiglio di Amministrazione.«Si tratta anche di vicinanza e condivisione dei va-lori. Parlo anche a nome dell’azienda che rappresen-to, - spiega Maurizio Bernardi, attuale presidente di Ecodom ed amministratore delegato di BSH Italia-, dove valori quali responsabilità e sostenibilità sono principi fondamentali che guidano ogni giorno la

nostra strategia d’impresa, dalla realizzazione dei prodotti alla re-lazione con i nostri clienti. È per questa ragione che avere Ecodom come partner nell’attività di smal-timento RAEE è per noi motivo di orgoglio e scelta di coerenza con i principi in cui crediamo».

«Da parte nostra – sottolinea Bernardi – c’è piena condivisione dell’approccio e delle strategie di Eco-dom. Siamo anche molto soddisfatti del modo in cui Ecodom si pone sul mercato, dove è riconosciuto come soggetto credibile ed affidabile da parte di tutti gli stakeholder».«E devo dire che in tutti questi anni c’è sempre stata una fortissima coesione – aggiunge Arienti – : non ricordo una volta in cui il Consiglio di Amministra-zione abbia votato a maggioranza, cioè senza esse-re convinto in maniera unanime delle decisioni da prendere».Ecodom, sin dall’inizio, data anche la natura impren-ditoriale dei suoi fondatori, fortissimi in termini di

Ecodom ha scelto di foca-lizzarsi prima sui frigo-riferi e i grandi bianchi e poi su tutti gli altri raggruppamenti RAEE.

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quote di mercato su R1, frigoriferi, e su R2, i grandi bianchi, ha fatto la scelta di focalizzare la propria at-tività soprattutto su questi.I componenti di Ecodom hanno quote di mercato quasi del 50 per cento sui frigoriferi e del 65 per cen-to sui grandi bianchi. «Poi però, visto che alcuni nostri produttori immet-tevano sul mercato anche piccoli elettrodomestici (frullatori, ferri da stiro, aspirapolveri, ecc.) e tele-visori, abbiamo deciso di gestire anche gli R4 e gli R3 . Poiché infine in molti elettrodomestici ci sono anche sorgenti luminose abbiamo allargato il nostro campo d’azione anche a R5. Oggi, quindi, siamo un consorzio che gestisce ogni tipologia di RAEE, an-che se ha quote molto forti nei primi due raggrup-pamenti».Allo stesso modo, da quando è entrato in vigore il decreto 188/2008 sulle pile, Ecodom ha deciso di diventare anche un consorzio di gestione delle pile e degli accumulatori. Anche in questo caso quando un produttore immette sul mercato, per esempio, un

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frullatore che contiene delle pile, lui viene comunque considerato produttore anche di queste.«Per evitare che i nostri produttori siano costretti a trovarsi un altro Consorzio solo per le pile o per gli accumulatori, oggi siamo un consorzio che gestisce tutti i raggruppamenti di RAEE e i rifiuti da pile e accumulatori».Ma perché c’è voluto cosi tanto tempo, quasi sei anni per passare dalla norma europea all’attuazione italiana? È sempre Arienti a dare un quadro di quei giorni: «L’ambiente, un po’ come oggi, non era in cima all’agenda politica e il recepimento è stato lun-ghissimo. Io sono stato chiamato ad occuparmene nel marzo del 2005 e l’iter era già in corso da un po’. Non c’erano stati ostacoli da parte delle associazioni dei produttori, che anzi collaborarono attivamente alla stesura del decreto, però le lungaggini furono lo stesso estenuanti. Per il Decreto di recepimento

ci sono voluti tre anni, dal 2002 al 2005, ma ancora di più dopo, per-ché servivano una serie di decreti attuativi senza alcuni dei quali – come quello relativo al Centro di Coordinamento RAEE o quello re-lativo ai raggruppamenti – era ma-terialmente impossibile operare. Nel tempo in cui sono stati scritti

e pubblicati i decreti attuativi, però, il sistema ha co-munque preso forma. È nato il Centro di Coordina-mento RAEE, sono arrivati gli altri Consorzi oltre a Ecodom, abbiamo definito le regole del sistema. In-somma, non sono stati anni buttati via».«Io allora venivo da una grande azienda leader di mercato in Italia, e sapevamo che stava arrivando questa direttiva europea quindi far finta che non ci fosse un problema sarebbe stato semplicemente sciocco: dunque ci siamo assunti il “carico” di capire come ci si poteva organizzare» racconta Piero Mo-scatelli, primo presidente di Ecodom e destinato a rimanere in carica dal 2004 al 2011.

Per l’emanazione dei de-creti attuativi, perché il Centro di Coordinamento RAEE entrasse in funzio-ne, ci sono voluti anni.

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«Devo dire come Indesit siamo stati noi i promotori – continua Moscatelli – e io in prima persona visto che mi occupavo della materia. Abbiamo contattato naturalmente gli altri produttori con i quali iniziam-mo a discutere su come ci si poteva organizzare.La cosa migliore era mettersi insieme perché im-maginare un sistema dove ognuno si occupasse del ritiro e dello smaltimento dei propri prodotti era una follia, visto che a casa di ogni cliente poteva-no esserci prodotti di due, tre o quattro marchi di-versi. Da qui venne lo stimolo a fare in modo che più soggetti si consorziassero e che il ritiro non ri-guardasse esclusivamente i prodotti con il proprio marchio, ma in generale una certa parte di RAEE. Anche perché, poi, rimaneva il problema di chi avrebbe dovuto farsi carico di quei marchi che, nel tempo, avevano cessato di esistere. E allora, anche nello spirito della normativa, è nata questa idea di mettersi insieme e creare il Consorzio Ecodom».La soluzione appare oggi come ovvia e addirittura scontata ma, come ricorda Moscatelli, era forse la prima volta o almeno una delle prime volte dove soggetti concorrenti di mercato fra loro doveva-no lavorare insieme e, in qualche modo, associarsi: «All’inizio i produttori nutrivano il massimo della diffidenza in questa cosa, perché chiaramente pen-sare di mettere insieme dei concorrenti che tutto il giorno lottano per vendere un pezzo in più a di-scapito dell’altro sembrava quasi senza senso. In un consorzio le decisioni devono essere unanimi, per-ché basta il voto contrario di uno per bloccarne l’o-peratività. Una cosa difficile mettere d’accordo tante anime così… E, invece, tutto è andato benissimo sin da subito. Negli anni i produttori sono arrivati ad

essere decine, fra soci fondatori e consorziati ordinari, e ad oggi sia-mo sempre riusciti a portare avan-ti tutte le decisioni all’unanimità».«La diffidenza vera e propria era quella che si respirava intorno a

Dalla diffidenza dei primi anni si è passati ad un clima di grande fiducia e rispetto.

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noi all’inizio – aggiunge Arienti. Io ricordo ancora i primi incontri pubblici ai quali partecipavamo. In particolare ricordo un convegno a Milano nel 2005, quando il sistema dei RAEE doveva ancora nascere ma se ne parlava già. Io ero seduto in platea, nessuno mi conosceva e ascoltavo i diversi interventi nei quali i produttori di AEE erano dipinti malissimo, come dei capitalisti inquinatori… Ad un certo punto mi sono alzato e mi sono presentato come Ecodom. Nessuno credeva che avremmo fatto la nostra parte e che l’a-vremmo voluta fare bene nel rispetto dell’ambiente e delle regole. Anzi avremmo proposto noi regole più stringenti per la qualità dei servizi. È stata durissi-ma vincere la diffidenza fin quando non ci hanno vi-sto concretamente al lavoro. Oggi, devo ammettere, il clima è totalmente cambiato. Oggi prevale l’idea che sia possibile fare qualcosa di positivo dal punto di vista ambientale, dal punto di vista del servizio al Paese, pur affidando all’industria privata qualcosa che abitualmente viene gestito dal pubblico, come appunto i RAEE».

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A supporto di come sia cambiata la predisposizione d’animo nei confronti di Ecodom nel corso di questi dieci anni, un’indagine effettuata dalla Fondazione Ecosistemi nel 2017 presso i diversi stakeholder del settore, ha messo in evidenza il contributo del Consorzio all’efficienza ambientale complessiva del sistema.«La sua azione [di Ecodom] – si legge nella sintesi delle risposte date dagli stakeholder – ha permesso di rendere il contesto in cui viviamo molto più sano e, al tempo stesso, ha “istruito” le diverse aziende su come operare in maniera ottimale sotto questo pun-to di vista, portando quindi un vantaggio doppio: le aziende consorziate attuano un riciclaggio ed uno smaltimento sempre più verde, acquisendo quindi anche agli occhi della collettività un’approvazione etica; dall’altro lato, i cittadini si sentono più sereni nel vivere in un contesto salutare.Il corretto smaltimento delle sostanze inquinanti contenute nei RAEE consente la riduzione di emis-sione di CO2 nell’atmosfera e, allo stesso tempo, il recupero di materie prime seconde (es. ferro, allumi-nio, rame..), ottenute dall’attività di riciclo dei RAEE, consente risultati notevoli in termini di risparmio energetico. Aspetti entrambi estremamente auspi-cabili e positivi anche nell’ottica di raggiungimento degli specifici obiettivi di sviluppo sostenibile previ-sti dall’Agenda 2030».«Ritengo ci sia una forte correlazione tra il lavoro svolto da Ecodom e la riduzione degli impatti am-bientali dei RAEE e lo giudico positivo e importante, più i consorzi sono efficienti ed efficaci come Ecodom per la loro dimensione nazionale e la loro attenzio-

ne alla legalità ed alla trasparenza della filiera di recupero e smalti-mento, maggiori saranno gli effetti benefici sia dal punto di vista occu-pazionale che ambientale».E anche per quanto riguarda la cre-dibilità di Ecodom gli stakeholder

Il WEEE Forum è l’asso-ciazione europea compo-sta da 36 Sistemi Collet-tivi di gestione dei RAEE nata nel 2002.

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interrogati da Ecosistemi hanno offerto risposte molto positive parlando esplicitamente di dati tra-sparenti, tracciabili e accurati, di dati validati e af-fidabili e facilmente interpretabili. Non solo, alcuni hanno anche dichiarato di utilizzare i dati di Ecodom per il loro lavoro come parametri di riferimento.Un obiettivo raggiunto attraverso una strada tutt’al-tro che scontata, almeno in quei primi anni, duranti i quali occorreva ancora organizzare tutto il contesto.Perché quando Ecodom comincia a muovere i primi passi occorre capire qual è il panorama europeo. Per questo, per esempio, aderisce quasi subito al WEEE Forum, un’associazione composta oggi da 36 siste-mi collettivi europei, nata nel 2002 sulla scorta della direttiva appena approvata e dove la sigla “WEEE” (“Waste Electrical and Electronic Equipment”) è l’equivalente inglese della sigla italiana RAEE. Lo scopo del WEEE Forum negli anni è stato quello di condividere e coordinare tutto il know-how in ma-teria di RAEE, fornendo spesso elementi di analisi e suggerimenti ai policy maker nazionali.Ecodom ha poi colloqui con tutti gli altri soggetti coinvolti o coinvolgibili nella filiera, dal mondo isti-tuzionale all’ANIE Confindustria e con gli altri siste-mi collettivi che stavano nascendo in quel periodo, come Remedia, Ecolight, Ecoped, tanto per citarne alcuni.Questo lavoro di raccordo ha consentito di far inse-rire nel famoso Decreto legislativo 151 del 2005 che recepiva la direttiva europea il concetto di Centro di Coordinamento RAEE.La direttiva europea prevedeva che la gestione dei

RAEE potesse essere appannaggio di più Consorzi operanti in un re-gime di competizione fra loro. In che modo? Con quali garanzie per lo svolgimento del servizio?In questo senso se si voleva avere competizione tra più soggetti e garantire allo stesso tempo che il

Il Centro di Coordinamento RAEE era stato immagina-to come un organo auto-gestito dagli stessi sistemi collettivi.

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Paese venisse servito in modo omogeneo era neces-sario un arbitro che disciplinasse la partita.Il Centro di Coordinamento RAEE non fu quindi un intuizione peregrina e anzi si rivelò lungimirante prevederne la costituzione già nell’articolato Decre-to 151. La disciplina del Centro sarà poi stabilita con uno dei decreti attuativi successivi (il 185 del 2007).Ma la gestazione del Centro di Coordinamento RAEE fu comunque complicata e non sempre lineare anche perché la norma in alcuni punti non era chia-ra o non dava affatto indicazioni, tanto che, per un brevissimo periodo, alcuni consorzi dettero vita ad un secondo centro di coordinamento, alternativo al primo. “Esperimento” che non durò a lungo.Il Centro di Coordinamento RAEE era stato immagi-nato – e poi realizzato – come un organo autogestito dagli stessi sistemi collettivi e aveva tra i suoi com-piti quello di sottoscrivere un accordo di program-ma con l’ANCI, l’associazione nazionale dei Comuni italiani, per regolamentare le condizioni di ritiro dei RAEE dalle isole ecologiche.Nell’accordo di programma con ANCI oltre alle con-dizioni di ritiro (entro quanti giorni, con che tipo di contenitori, ecc) fu poi stabilita quale compensazio-ne fosse dovuta dai consorzi alle isole ecologiche in modo da contribuire ai costi della raccolta pur senza coprirli interamente. Questa compensazione poi prenderà il nome di “pre-mio di efficienza” che negli anni ha acquisito sempre maggiore importanza e peso.Non solo. Un altro dei compiti di questo organismo è assegnare ad ogni consorzio la sua “quota” sulla base delle quote di mercato che ogni consorzio rap-presenta in termini di apparecchiature immesse sul mercato. E tali quote sono poi distribuite in maniera omogenea sul territorio nazionale in modo che nes-sun sistema collettivo abbia un vantaggio a danno di un altro e, allo stesso tempo, garantisca il servizio a tutte le oltre quattromila isole ecologiche.L’altro aspetto importante sul quale il Centro di Co-

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ordinamento RAEE interviene sono i livelli di servi-zio. Per esempio stabilisce entro quante ore o giorni i consorzi debbano andare a ritirare i RAEE presso le isole ecologiche. Questo perché tutti si uniformino ad uno standard e nessuno possa trarre vantaggio (o svantaggio) dall’organizzazione delle proprie attivi-tà a detrimento degli altri. Ed anche questa attività è una di quelle che fa parte dell’accordo di programma del Centro con ANCI.«Il Centro di Coordinamento RAEE – spiega Arien-ti – è un soggetto forte perché l’abbiamo voluto noi così. I sistemi collettivi che non rispettano le regole vengono sanzionati: le penali sono poi utilizzate per iniziative di comunicazione».Infine, il Centro di Coordinamento RAEE stabilisce i livelli minimi di qualità per il trattamento dei rifiuti e tutti i sistemi collettivi sono chiamati a fare uso solo di impianti che rispettino questi requisiti.

Dunque Ecodom ha avuto un ruo-lo fondamentale nella nascita del sistema RAEE. Arienti stesso sarà la figura designata per avviare il Centro di Coordinamento RAEE in qualità di presidente. Il 2008, che corrisponde all’effetti-

va entrata in attività di Ecodom, segna quindi uno spartiacque per tutto il settore.Ed Ecodom scatta subito la fotografia sullo stato dei RAEE in Italia. Un po’ per mostrare le possibilità di evoluzione e sviluppo del settore e un po’ anche per prendere in mano le redini di un tema che, rispetto ai policy maker o al grande pubblico, era stato fino ad allora appannaggio del mondo della denuncia e quasi mai della proposta.Il 21 febbraio del 2008 era stata infatti Greenpece In-ternational a presentare in Italia un rapporto di de-nuncia sul mondo dei rifiuti da apparecchiature elet-triche ed elettroniche: «Le stime dell’ONU – si leggeva – sono di 20-50 milioni di tonnellate (Mt/a) di rifiuti tecnologici prodotti ogni anno, che comprendono più

Nel 2008 viene presenta-to il primo vero rapporto nazionale sui RAEE in Italia.

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del 5 per cento di tutti i rifiuti solidi urbani generati nel mondo. Il destino di questa enorme quantità di rifiuti è sconosciuto: si tratta di un flusso nascosto che non viene intercettato dai sistemi di recupero at-tualmente operanti».Nel novembre dello stesso anno, Ecodom risponde con il Rapporto “RAEE, il contributo del riciclo agli obiettivi di Kyoto. Bilancio energetico-ambientale del recupero di alcune tipologie di rifiuti elettrici ed elettronici”, commissionato ad Ambiente Italia.Si tratta di un lavoro particolarmente approfondito sullo stato dei RAEE in Italia, che non si limita a mi-surare le dimensioni del fenomeno, ma individua le possibili soluzioni e misura le opportunità offerte da una corretta gestione dei RAEE. Il primo di questa qualità mai realizzato.«Ogni anno ciascun italiano produce circa 17 kg di rifiuti elettrici ed elettronici. Di questi, 15 kg finisco-no attualmente in discarica, abbandonati ai lati del-le strade o intercettati da soggetti non autorizzati che potrebbero trattarli in maniera ambientalmente

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non corretta», scrive Piero Moscatelli nell’introdu-zione allo studio di Ambiente Italia per Ecodom.E poco più avanti: «Si tratta di una tipologia di rifiu-ti molto importante, sia sotto il profilo ambientale che economico. Sotto il profilo ambientale perché contengono sostanze potenzialmente tossiche e con rilevanti effetti per la distruzione della fascia di ozo-no e per la crescita dell’effetto serra; sotto il profilo economico in quanto rappresentano una miniera di materie prime seconde di grande valore (acciaio, alluminio, rame, metalli preziosi…) e consentono un riciclo efficiente. All’interno di questo flusso di rifiuti, la voce principale è costituita dai grandi e pic-coli elettrodomestici “bianchi” (lavatrici, frigoriferi, condizionatori, lavastoviglie, microonde, ecc…), che corrispondono ai raggruppamenti R1 e R2 dei RAEE (così come classificati dal decreto 151/2005) e costi-tuiscono i rifiuti oggetto delle attività del consorzio Ecodom. Secondo una stima del Politecnico di Mi-lano gli elettrodomestici “bianchi” potenzialmente recuperabili (calcolando il possibile tasso di ritor-no ad impianti di recupero) sono circa 6 milioni di pezzi, pari a 258.000 tonnellate complessive, di cui 89.500 tonnellate di frigoriferi e congelatori e 7.400 tonnellate di condizionatori (prodotti contenenti CFC, HCFC e altri refrigeranti). Il sistema di recupe-ro dei RAEE è appena agli inizi». Il primo Rapporto annuale ufficiale del Centro di Coordinamento RAEE uscirà invece l’anno successivo, nel luglio del 2009.

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3. La rivoluzione della qualità

Sostenibilità, responsabilità e qualità del sistema Ecodom; la prospettiva europea; il valore della statistica.

«La nostra mission: coniu-gare l’eccellenza ambien-tale con l’efficienza nei processi di trattamento e gestione dei RAEE». Quando si parla di qualità nel merito della gestione

dei rifiuti elettrici ed elettronici per cominciare forse non c’è di meglio che questa brevissima frase con-tenuta nella relazione di apertura dell’allora presi-dente di Ecodom Piero Moscatelli al primo Rapporto di Sostenibilità del Consorzio, pubblicato nel 2009 analizzando i dati del primo anno di attività. Eccellenza ambientale ed efficienza che nella storia di Ecodom si configurano nella affermazione di al-meno tre direttrici, quella della responsabilità estesa del produttore, della sostenibilità e della qualità.«Il tema della qualità – ricorda Moscatelli, presiden-te Ecodom dalla nascita del Consorzio nel 2004 fino al 2011 – lo abbiamo indicato sin dal primo gior-no come obiettivo assolutamente indispensabile,

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anche perché quando abbiamo cominciato non era affatto chiaro quello che facevano i cosiddetti “rici-clatori”. Ma neanche sul piano legislativo o politi-co era chiaro chi dovesse fare i controlli. E c’era poi un problema di immagine per le imprese del setto-re perché se uno di questi “riciclatori” che lavorava per noi non avesse fatto il suo dovere e poi si fos-sero trovati dei frigoriferi abbandonati in mezzo a un campo o comunque li avesse riciclati male, per l’opinione pubblica la responsabilità sarebbe stata nostra. La stampa avrebbe potuto chiedere alle im-prese del settore “voi che state facendo per evitare tutto ciò?”. Lo racconto perché per esempio in In-ghilterra successe davvero e ad un certo punto tro-varono un deposito con non so quante migliaia di frigoriferi abbandonati che invece avrebbero dovu-to essere riciclati… Così, insomma, ci siamo attrez-zati da subito per non correre rischi. Abbiamo, per esempio, messo degli ispettori che giravano l’Italia, facendo anche controlli a sorpresa per vedere se i riciclatori che lavoravano con noi erano in regola. Pena: la sospensione del contratto con Ecodom».«Oggi Ecodom ha raggiunto dimensioni di tutto ri-levo all’interno del suo settore di riferimento, mal-grado ciò rimane un soggetto in continua evoluzio-ne – spiega Maurizio Bernardi parlando del futuro del consorzio –. L’impegno che come presidente sto portando avanti con Ecodom, insieme a tutti i collaboratori del consorzio ed alle altre aziende con-sorziate, è quello di puntare ad una ulteriore cresci-ta dimensionale che possa tradursi in una sempre maggiore efficienza operativa. Perché crescere nel nostro caso significa non solo

migliorare l’efficienza nei costi per effetto di economie di scale, ma anche e soprattutto generare crescenti esternalità positive per l’ambiente. Questo è reso possi-bile dal fatto che Ecodom opera con elevati standard qualitativi,

Il primo esempio di regolamentazione della qualità è contenuto nell’antichissimo Codice di Hammurabi.

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perseguendo il miglioramento continuo. Inoltre, il consorzio si propone anche come promotore di tra-sparenza e dialogo aperto con gli altri operatori: ciò all’interno di un settore, quale quello dello smalti-mento e riciclo dei RAEE, che risulta invece essere troppo spesso grigio e nebuloso.» Ma la qualità del servizio, la qualità dei prodotti o la qualità ambientale sono più facili a dirsi che non a perseguirsi.Lo stesso concetto di responsabilità estesa del pro-duttore in fin dei conti si rifà a parametri qualitativi sul cui rispetto si misura il merito o il demerito e che nei sistemi più avanzati di economia o di politica si traduce in incentivi e disincentivi e quindi in premi o sanzioni.

UNA BREVE STORIA DELLA QUALITÀ In molti casi e per molto tempo nella storia delle so-cietà umane la qualità del prodotto e la responsabi-lità del produttore erano regole del tutto empiriche, sottointese nella natura del servizio o del bene. Se

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una sedia fosse risultata scomoda (con una gamba più corta, con la seduta debole o si fosse rotta nel giro di poco tempo), sarebbe stato facile riportarla all’artigiano e chiederne la sostituzione.In epoca remota, il più antico esempio di regolazio-ne di questo tipo di rapporto è proprio il più antico sistema di leggi che sia arrivato a noi, il cosiddetto Codice di Hammurabi.Hammurabi fu un re babilonese vissuto intorno al XVIII secolo avanti Cristo, mille anni prima della fondazione di Roma. Di quell’epoca remotissima non rimangono molte tracce, ma la più importante è, appunto, il Codice di Hammurabi. Si tratta di una raccolta di leggi, duecentottantadue norme in tutto, divise in “capitoli”, ognuno dei quali riguardanti o una categoria sociale o dei reati in particolare con un certo grado di dettaglio per regolare la vita pubblica e quella privata, l’economia e il commercio, la fami-

glia e il rapporto con lo Stato. Fra le duecentottantadue disposi-zioni di legge previste, ce ne è una in particolare, la numero 229 che recita testualmente: «Qualora un costruttore costruisca una casa per qualcuno e non la costruisca debi-tamente e la casa che ha costruito

cada ed uccida il proprietario, allora quel costruttore sarà messo a morte».Qualche norma più sotto, alla 233, si legge ancora: «Qualora un costruttore costruisca una casa per qualcuno, anche se non l’abbia ancora completata, se i muri apparissero pericolanti, il costruttore dovrà rendere solidi i muri di tasca propria».Per molti storici si tratta della prima volta nella qua-le nella storia dell’umanità venga sancito in maniera ufficiale un principio di responsabilità a carico del produttore di un bene.Qualità vuol dire quindi anche rifarsi a degli standard stabiliti. In questo senso la prima testimonianza è scolpita nei bassorilievi ritrovati su una tomba a Tebe

Fu Margaret Thatcher la prima a sostenere la qualità come elemento essenziale per il successo dell’industria.

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e risalenti a quasi quattromila anni fa: qui è scolpita l’immagine di un uomo che sta compiendo delle misu-re di perpendicolarità degli spigoli di un masso.Sappiamo quindi che da migliaia di anni responsa-bilità e qualità non sono criteri arbitrari ma, anzi, necessari per garantire che un lavoro sia ben svolto.Certo la storia ci insegna che prima dell’epoca dei Comuni e delle Corporazioni delle arti e dei mestieri tutto questo non avrà una vera e propria definizio-ne. Ogni corporazione dettava le regole sugli stan-dard di produzione, stabilendo i processi più idonei, la tipologia delle materie prime, le tecnologie e gli strumenti necessari e vigilando sulla qualità dei pro-dotti finali, facendo sì, cioè, che falsi e prodotti sca-denti fossero estromessi dal mercato. Ma, forse, per approcciarsi ad una produzione estensiva occorrerà aspettare la rivoluzione industriale, il fordismo e po-stfordismo.Ora i tempi di produzione erano diventati velocissi-mi e la quantità di merci disponibili sul mercato agli inizi del Novecento era centuplicata. La qualità non poteva più essere garantita da un singolo professio-nista quanto dal controllo dell’intero processo, dalle materie prime alla messa in opera.È intorno agli anni Venti che con il sorgere delle pri-me grandi industrie con modelli organizzativi più complessi che il termine “qualità” comincia ad assu-mere una connotazione più moderna e conforme ai nostri tempi.Si sente la necessità di sottoporre le diverse fasi di processo a controlli formali per evitare che quantità sempre maggiori di prodotti a costi spesso inferiori non offrano, come conseguenza, performance più scadenti.Nel secondo dopoguerra la concezione di qualità as-sume una definizione ancora più netta. In Europa è il primo ministro inglese, la lady di ferro Margaret Tha-tcher, negli anni Ottanta, a pronunciare un famoso discorso per sostenere la qualità come elemento es-senziale per il successo dell’industria britannica. E la qualità assume concretezza con sistemi di regole, standard, norme giuridiche e certificazioni vere e

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proprie, basti pensare, per esempio all’International Organization for Standardization, fondata nel 1947, e che emetterà le prime regole di riferimento in ma-teria di qualità, quelle che poi sarebbero diventate le norme della serie ISO 9001 (proprio sulla qualità) o ISO 14001 (sull’ambiente).Ma se la qualità può essere codificata per l’assem-blaggio di prodotti, perché non dovrebbe esserlo per il disassemblaggio degli stessi? In altri termini, perché le regole delle qualità dovrebbero essere ap-plicabili ad una sola frazione del ciclo di vita di un prodotto?Se poi lo pensiamo in termini di economia circola-re, ci appare oggi ancora più chiaro come la qualità riguardi quelli che noi definiamo rifiuti o materiali post-consumo.Alcuni rifiuti più di altri, poi, hanno bisogno di pro-cessi di trasformazione più delicati.Un vecchio frigorifero, per esempio, contiene gas nocivi per l’ambiente come i CFC. I vecchi telefoni contenevano palladio, pericoloso ma anche remune-rativo se opportunamente recuperato.

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LA VIA ECODOML’obiettivo di Ecodom di praticare una raccolta e un trattamento dei RAEE secondo standard di qualità era tutt’altro che peregrino ma sicuramente in con-trotendenza rispetto al Paese, visto che il quadro normativo in cui venivano a nascere i sistemi col-lettivi era piuttosto vago e, per certi aspetti, pigro. Anni per recepire la direttiva europea che voleva ne-gli Stati dell’Unione una raccolta dei RAEE e anni, poi, per fare i decreti attuativi. Al punto che ancora oggi, dieci anni dopo la nascita di Ecodom e del si-stema RAEE, ad ogni aggiornamento delle direttive europee l’Italia impiega anni per adattarsi.«La prima cosa per noi di Ecodom fu di imparare dall’estero – racconta Arienti – in particolare per quanto riguarda la qualità e il trattamento».«La seconda – continua – fu individuare meccani-smi di selezione dei fornitori dal punto di vista eco-nomico trasparenti e oggettivi, in modo da evitare qualunque forma di contestazione. E la terza, di con-seguenza, fu introdurre (e non lo fa ancora nessun altro) nei nostri contratti con gli impianti di tratta-mento un sistema di indicizzazione che collegasse l’importo che noi pagavamo al valore delle materie prime seconde. La quarta, ma che ci riporta alla pri-ma, era proprio la qualità del trattamento».«Noi abbiamo definito tutta una modalità di verifica, un processo molto serio e rigoroso ripreso dall’este-ro e il tutto è diventato da subito un’expertise reale, al punto che sei persone del nostro team sono poi di-ventate veri auditor capaci di fare questo lavoro. An-davano presso gli impianti, ci stavano una settima-na verificando la capacità di tirar fuori le sostanze inquinanti dai RAEE, di riciclare materiali. In altre parole misuravano tutto quello che era necessario

per essere certi che il lavoro corri-spondesse a ciò per cui pagavamo».La qualità come pietra angolare delle fondamenta di Ecodom, qua-si un asset che poteva essere decli-

La qualità diventa la pietra angolare delle fondamenta di Ecodom.

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nato in ogni aspetto e utilizzato per fortificare iden-tità e adesione al Consorzio.I produttori che partecipano al Consorzio possono cambiare cavallo per le ragioni più diverse e non è insolito che qualche altro sistema collettivo concor-rente cerchi di irretirli, ma Ecodom riesce a motivare i suoi consorziati coinvolgendoli in ogni aspetto del-la gestione.«Era un team dove si è sempre operato in un clima di fattivo confronto e di dialogo positivo» ricorda Paolo Zocco Ramazzo, che è stato presidente di Ecodom dal 2011 al 2013, ma che prima, dal 2008, aveva avuto il ruolo di vicepresidente ed è quindi fra quelli che hanno vissuto gli anni di start-up del Consorzio. «Ed era interessante – continua Zocco Ramazzo – perché c’erano Whirlpool, Bosch, Candy e altri competitor anche piccoli e si lavorava su un fronte comune quando normalmente i tavoli di con-fronto con le altre società erano rari».

«Abbiamo organizzato tantissimi team building fra i dipendenti di Ecodom e anche con il CdA proprio per rafforzare lo spirito di squadra. Lo ricordo bene perché di solito nelle aziende il CdA è sempre vis-suto come qualcosa di esterno che arriva alle riunioni, guarda i nume-

ri, dà qualche indicazione e poi sparisce. Qui invece si cercava proprio di creare un legame con il team».Qualità e coesione significano, però, anche traspa-renza e affidabilità. Per questo, fin dal primo anno finanziario, Ecodom decide di produrre un “Rappor-to di Sostenibilità”.Rendicontare tutto quello che viene fatto in modo trasparente, con oggettività, documentando l’origine di ogni informazione e cercando di raccontare tutto di sé. Una scelta che poi negli anni si è rivelata sod-disfacente, soprattutto per gli addetti del settore che hanno potuto trovare, di anno in anno, nei “rapporti” l’evoluzione del sistema RAEE e del sistema Ecodom,

Gli standard qualitativi WEEELabex sono servi-ti alla definizione degli standard di riferimento per in RAEE in Europa.

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con tutte le opportunità e le criticità che nel tempo si sono affacciate.«Noi abbiamo un sistema di business intelligence in-terno – spiega Arienti – che ci permette di monitora-re in tempo reale tutto quello che succede dal punto di vista quantitativo, dal punto di vista economico, area per area, fornitore per fornitore, ecc. Questo si-stema di business intelligence è a disposizione dei Consiglieri  di Amministrazione. Ogni giorno pos-sono entrare e vedere cosa sta succedendo da tutti questi punti vista e lo apprezzano».Ad accompagnare questa “operazione” di trasparen-za, Ecodom ha da sempre avuto l’idea di dire “visto che ci occupiamo di un settore che pochi conoscono, perché non creare delle occasioni di riflessione, di promozione, di studio?”.Anche per questo, per esempio, sono nate le prime ricerche, nel 2008 con Ambiente Italia e nel 2011 con Ipsos. Lo studio e la comunicazione, come vedre-mo nei capitoli successivi, come ulteriore momen-to di definizione del dato statistico, di conoscenza

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dell’ambiente socio-economico in cui si opera e dei processi che si stanno innovando.Come la partecipazione attiva al WEEE Forum o alla costituzione di WEEELabex, un’organizzazione con base a Praga che ha come mission la formazione di auditor in grado di verificare la conformità dei pro-cessi di trattamento agli standard di qualità definiti in sede comunitaria. Per dare un’idea del lavoro di questa organizzazione, basti pensare che gli stan-dard WEEELabex sono comunque serviti alla defini-zione degli standard Cenelec (il Comitato europeo di normazione elettrotecnica) che oggi costituiscono il riferimento per il trattamento dei RAEE in Europa.

E vale la pena di ricordare che alla base degli stessi standard WEEE-Labex ci sono le metodologie di ve-rifica degli impianti di trattamento dei RAEE che Ecodom in maniera pionieristica ma estremamente competente ha iniziato ad utiliz-zare in Italia dal 2008, attraverso propri auditor.

Controllo della qualità del trattamento che oggi, in Italia, è ancora volontario e che Ecodom sta facendo evolvere da una forma di controllo interna ad una forma terza, per cui chi verifica il servizio non sia un dipendente del controllante stesso.«Per garantire trasparenza e qualità Ecodom fa un passo indietro – spiega Arienti –. Nel senso che non facciamo più gli audit in prima persona ma li faccia-mo fare da auditor indipendenti addestrati in modo serio. Ci riserviamo nei contratti la facoltà di andare a guardare, quindi comunque possiamo presenziare agli audit. Adesso che gli standard diventano pubbli-ci, speriamo anche obbligatori, esistono metodolo-gie indipendenti di verifica».Un passo importante per l’adozione degli standard in forma obbligatoria è anche quanto Ecodom in-sieme al WEEE Forum sta oggi facendo a livello europeo per chiedere alla Comunità uno strumen-

Ecodom ha adottato le linee guida Global Reporting Initiative come sistema di rendicon-tazione già a partire dal 2010.

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to che si chiama “implementing act”, una modalità attraverso la quale si potranno rendere obbligatori gli standard in tutti gli Stati membri senza bisogno di un recepimento formale nei sistemi normativi nazionali. Si tratta di un passaggio tanto delicato quanto im-portante per evitare di avere un’Europa dei RAEE a più velocità, dove paesi come Olanda, Irlanda o Francia abbiano la capacità di applicare standard qualitativi in tempi brevi e altri paesi, come l’Italia, che impiegheranno anni a recepirli, accumulando ri-tardi industriali ed economici che renderanno il set-tore sterile in queste nazioni.

UN’ASSUNZIONE DI RESPONSABILITÀCome sottolinea il Rapporto di Sostenibilità del 2016, negli ultimi anni si è data un’accelerazione nel migliorare l’aspetto documentale e statistico di Ecodom: «per valorizzare le esperienze reali e signi-ficative di economia circolare è necessaria una ren-dicontazione extra-finanziaria documentata, seria, non auto-referenziale».Per questo, nella reportistica, si affiancano la Fon-dazione Ecosistemi e PriceWaterhouseCoopers, che hanno offerto il supporto metodologico e scientifico necessario per il rispetto degli standard internazio-nali di riferimento, in particolare le linee guida del Global Reporting Initiative – GRI. Il rigore scientifico del Rapporto di Sostenibilità di Ecodom nella descrizione di tutti gli impatti am-bientali, sociali ed economici, si legge nello stesso documento, consente una rendicontazione di soste-nibilità aderente ai criteri di misurabilità adottati a livello internazionale e confrontabile con le realtà più virtuose del settore. «Il nuovo corso della statistica ufficiale – spiega Maurizio Tursini, presidente del Consorzio fra il 2015 e il 2016 – richiede a un’estesa rete di soggetti pubblici e privati, tra i quali potrebbe rientrare Eco-dom, di fornire statistiche di qualità. Secondo il Co-dice italiano delle statistiche ufficiali, queste ultime “devono fondarsi su una solida metodologia” utiliz-

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zando “strumenti, procedure e competenze adegua-te”, con procedure di qualità applicate in tutte le fasi del processo di produzione. Attraverso il Rapporto di Sostenibilità Ecodom vuole essere all’altezza di questa sfida, con tutto l’impegno e la determinazio-ne possibile per una vera promozione dell’economia circolare».In effetti Ecodom ha fatto anche più di quello che avrebbe dovuto perché ha adottato le linee guida GRI come sistema di rendicontazione del Rapporto di Sostenibilità già a partire dal 2010, ovvero quat-tro anni prima che la direttiva europea 2014/95 in-vitasse le imprese di grandi dimensioni all’adempi-mento degli obblighi di informativa non finanziaria attraverso standard internazionali riconosciuti, tra cui la Global Reporting Initiative (GRI). «Con questo livello di reportistica e con la qualità dei suoi studi Ecodom si candida ad essere un produt-tore di dati ambientali certificati, capace di parteci-pare al Sistema statistico nazionale, il Sistan, la rete di soggetti pubblici e privati che fornisce al Paese e agli organismi internazionali l’informazione stati-stica ufficiale» spiega Silvano Falocco, economista ambientale e direttore della Fondazione Ecosistemi.«Per altro – continua Falocco – in questo momento, in ambito europeo, viene chiesto alle imprese me-dio-grandi di fornire informazioni extraeconomiche anche di tipo ambientale e di tipo sociale, trasfor-mando tutti questi soggetti in fornitori di dati. Non sono più solo fonti pubbliche a fornire i numeri e le analisi, ma anche le fonti private, a patto che rispet-tino determinati standard. Si tratta di un processo che trasforma un produttore “di parte” in un pro-duttore certificato di informazioni. E non c’è dubbio che i dati che periodicamente Ecodom offre abbiano raggiunto questa qualità».Come sosteneva Piero Moscatelli nella prima edizio-ne: «La scelta di pubblicare il Rapporto di Sosteni-bilità è un’altra assunzione di responsabilità. Nasce dalla volontà di rendere conto in modo sistematico, chiaro e trasparente a tutti gli stakeholder, delle scelte compiute, delle iniziative concluse e dei pro-getti in corso».

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I Temp(l)i cambiano, la scultura di Michelangelo Pistoletto realizzata con i RAEE

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I Temp(l)i cambiano, la scultura di Michelangelo Pistoletto realizzata con i RAEE

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Garage story, fotografie sui “tipi umani” che conservano i RAEE nelle proprie case

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RAEEporter, la campagna di sensibilizzazione dei cittadini in Italia

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RAEEporter, in alto la discarica di Agbogbloshie in Ghana, in basso il logo della campagna

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Da rifiuto a risorsa: il ciclo della materia dai RAEE alla nuova vita

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Da rifiuto a risorsa: il ciclo della materia dai RAEE alla nuova vita

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Da rifiuto a risorsa: il ciclo della materia dai RAEE alla nuova vita

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Da rifiuto a risorsa: il ciclo della materia dai RAEE alla nuova vita

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Da rifiuto a risorsa: il ciclo della materia dai RAEE alla nuova vita

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Da rifiuto a risorsa: il ciclo della materia dai RAEE alla nuova vita

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4. Evolvere e migliorare

La società si sensibilizza al tema dei rifiuti; la “scoperta” dei RAEE; la creazione di un modello; un mercato di transizione; crisi e soluzioni.

«I numeri di questo Rapporto – spiegava Piero Moscatelli da presidente di Ecodom nel pre-sentare l’edizione 2010 che con-teneva i risultati ottenuti du-rante il secondo anno di attività – raccontano di una forte cresci-

ta delle quantità di RAEE trattati; del potenziamen-to del sistema di verifica degli standard di qualità del trattamento; dell’impegno nel dialogo con i dipen-denti; del presidio del nostro bilancio economico ma anche dell’attenzione alle possibili ripercussioni che la volatilità dei mercati delle materie prime può ave-re sul lavoro dei Fornitori. E dove non arrivano le cifre c’è comunque il resoconto delle attività svolte, che testimonia la sistematica ricerca di nuove solu-zioni, la sensibilizzazione dei cittadini, il dialogo con le Istituzioni, nella consapevolezza che siamo parte di un sistema complesso di relazioni, tutte da segui-re con attenzione».Era per molti aspetti un mondo nuovo: «solo nel

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2010 in Italia – aggiungeva Moscatelli – è stato rag-giunto il primo obiettivo di raccolta fissato dalla normativa europea, 4kg per abitante, quando i Paesi più virtuosi hanno ormai raggiunto quota 16 kg!».Nel 2011 Ecodom commissiona una prima ricerca dal titolo molto esplicito: “L’atteggiamento degli italiani nei confronti del recupero e riciclaggio de-gli elettrodomestici”. È il primo quadro, dall’inizio dell’era dei sistemi collettivi, che viene dipinto in maniera scientifica. Gli italiani non sembrano così digiuni sul tema rifiuti: in maggioranza sanno cos’è un’isola ecologica (79%), sanno dov’è quella a loro più vicina (73%) e se ne sono serviti (76%). Ma igno-rano i RAEE: il 71% non sa proprio cosa siano e solo un 14% sa darne una definizione corretta.E quanti conoscono il cosiddetto decreto “uno con-tro uno” che obbliga i venditori di prodotti elettri-ci/elettronici al ritiro gratuito dell’apparecchiatura elettrica/elettronica dismessa a fronte dell’acquisto di un nuovo prodotto equivalente? Solo il 17% sa di che si parla. Il 30 ne ha una conoscenza generica, ma

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la maggioranza, il 53%, non aveva idea nemmeno che esistesse. E solo il 12% dichiara di esserne stato informato dal rivenditore quando ha comprato un prodotto nuovo.E alla domanda “Per quale motivo il negozio non le ha ritirato il vecchio elettrodomestico?” La risposta più gettonata è sempre “non me lo hanno proposto” (62%).Un anno dopo, nel 2012, una nuova indagine, con-dotta ancora una volta da Ipsos, ma questa volta affiancato dal Politecnico di Milano e dalla United Nation University, l’accademia delle Nazioni unite, entrava ancora più nel dettaglio con lo scopo dichia-rato di «fornire, per la prima volta in Italia, evidenze e dati a supporto della futura definizione dei target di raccolta nazionali, grazie a un’analisi approfondi-ta e completa».

I PREGI DI UN MODELLO: UN SOFTWARE PER SCEGLIERERispetto al far west che regnava prima dei sistemi collettivi, dove i RAEE venivano spartiti su base locale senza però un vero sistema di mercato, che finiva col far lievitare i prezzi, l’arrivo del modello Ecodom significò rimescolare le carte ed entrare in un meccanismo vero di mercato.«Per gestire le gare, in particolare per quanto riguar-da i frigoriferi, dove esistono impianti specializzati e dove probabilmente non c’è sufficiente lavoro per tutti – racconta Arienti –, negli anni abbiamo svilup-pato un sistema software attraverso il quale analiz-ziamo le offerte attraverso un vero e proprio simu-latore che prova ad allocare i RAEE che arrivano da ogni provincia italiana a un impianto piuttosto che a un altro. In questo modo possiamo verificare i costi

complessivi: logistica più tratta-mento vero e proprio. Il simulatore fa tutte le combinazioni possibili: se i RAEE di Monza vanno a Berga-mo invece di Verona, o se costa di

Nel 2011 il 71% degli italiani non sapevano cosa fossero i RAEE.

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più portarli e trattarli a Bologna. È ovvio che all’au-mentare della distanza aumentino i costi di traspor-to, ma il simulatore è in grado di calcolare le econo-mie di scala. Più aumenti la quantità che dai ad un singolo impianto più scendono i prezzi. Dall’incrocio di questi dati, che poi sono quelli che ci forniscono gli stessi impianti, il simulatore è in grado di dirci se conviene “prendere” la provincia di Firenze e portar-la a Bologna perché se la lasci a Livorno costa di più. In altre parole il simulatore tira fuori combinazioni abbastanza sorprendenti, che però rappresentano la soluzione ottimale, che noi utilizziamo senza chie-dere ai potenziali fornitori rilanci di offerta».E il meccanismo è stato accolto con favore? «Al pri-mo giro non hanno capito, al secondo giro ci hanno portato davanti all’antitrust (che ci ha dato ragio-ne) e dal terzo in poi hanno capito che il momento della gara è un momento serio, gestito da Ecodom in modo trasparente e oggettivo. Il momento in cui Ecodom aggiudica flussi importanti di RAEE».Gare che Ecodom svolge ogni due anni per ciascun raggruppamento. Ovvero una gara per gli R1, i fri-goriferi, una gara per gli R2, gli altri grandi bianchi, e così via.

FAIR COMPENSATIONMa ottenere prezzi vantaggiosi non basta se non si creano ulteriori meccanismi che poi mantengano il rapporto fra consorzio e impianti in equilibrio nel tempo. Cosa succederebbe, infatti, se il prezzo delle materie prime seconde crollasse all’improvviso?Ecodom, primo ed ancora unico consorzio a pratica-re questa politica, ha quindi introdotto nei sui con-tratti con gli impianti di trattamento un sistema di

indicizzazione che collega l’impor-to che viene pagato al valore delle materie prime.I centri di trattamento hanno come ricavo la somma di quello che Eco-dom paga loro per il servizio e di

Il meccanismo di indi-cizzazione ha l’effetto di mantenere stabile l’economia del settore.

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quanto riescono a ricavare dalle materie prime se-conde che vendono poi sul mercato. Il meccanismo di indicizzazione messo a punto da Ecodom tende ad equilibrare gli eccessi. Se le materie prime avesse-ro all’improvviso un’impennata di valore, i centri di trattamento si ritroverebbero di colpo ricchissimi, al contrario, se il mercato crollasse, rischierebbero la cri-si e se non la chiusura, anche perché nel rapporto con Ecodom non potrebbero far venire meno il servizio di trattamento, in termini sia quantitativi che qualita-tivi.Il meccanismo di indicizzazione ha l’effetto di man-tenere costante il ricavo totale degli impianti di trat-tamento: se il mercato delle materie prime seconde va bene, il Consorzio paga meno; se il mercato ral-lenta Ecodom interviene con maggiore generosità.«Questo meccanismo di indicizzazione è una for-ma di “fair compensation” estremamente efficace – spiega Arienti – perché se noi chiediamo qualità del trattamento, ma poi nei momenti più difficili lascia-mo il sistema in braghe di tela, non sarebbe affatto

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bello. Così come è chiara la contropartita, nel senso che se sale il valore delle materie prime seconde i no-stri partner non possono pretendere di arricchirsi a nostre spese. E quando è crollato il mercato delle materie prime seconde hanno capito l’importanza di questo sistema».Per verificare se un modello funziona non c’è modo migliore di metterlo alla prova, anche se in alcuni casi le prove sono dettate dalle contingenze dell’eco-nomia e sarebbe preferibile per tutti evitarle.La prima volta che è stato necessario mettere in pratica questa fair compensation è stato fra il 2010 e il 2011: «a causa del perdurare della crisi economi-ca – spiegava il presidente di Ecodom Paolo Zocco Ramazzo nella presentazione del Rapporto di soste-nibilità 2011 – si è determinata, infatti, non solo una flessione nelle vendite di nuove Apparecchiatu-re Elettriche ed Elettroniche ma anche, per la pri-ma volta, una diminuzione delle quantità di RAEE raccolte e trattate dal canale “formale”, costituito dai Sistemi Collettivi (a cui Ecodom appartiene) operanti sotto l’egida del Centro di Coordinamento RAEE».E poi nel 2015-2016: «il valore delle materie prime seconde (in particolare del ferro) – spiegava l’allora presidente di Ecodom Maurizio Tursini – ha subito un repentino e vertiginoso crollo, che ha messo a dura prova l’intero settore del riciclo: se effettuato in modo ambientalmente corretto, il recupero del ferro dai RAEE è diventato più costoso della sua produzione dal minerale vergine; senza “scorciatoie” dal punto di vista ambientale, estrarre plastica dai RAEE è diventato meno conveniente che ricavarla dal petrolio».E ancora: «In questo contesto, Ecodom è riuscito ad assicurare anche nel 2015 gli obiettivi di eccellenza ambientale ed efficienza economica definiti dalla propria mission. Abbiamo cercato di sostenere eco-nomicamente gli impianti che effettuano per noi il trattamento dei RAEE, ridefinendo e ampliando il

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meccanismo di indicizzazione (collegato al valore di mercato delle materie prime seconde) che da sempre Ecodom ha nei propri contratti e che purtroppo non è utilizzato da nessun altro Sistema Collettivo».Grazie a questo meccanismo, insomma, i fornitori di trattamento possono contare su un ricavo totale costante.

IL MERCATO PARALLELOIl tema del cosiddetto mercato parallelo, a volte an-che ai confini con l’illegalità, è un tema che col pas-sare degli anni si è imposto sempre di più all’atten-zione del sistema RAEE e di chi, come Ecodom, ha caratterizzato tutta la sua attività su processi verifi-cabili di qualità. Nel 2011, infatti, la crisi economica aveva rilancia-to il fenomeno di sottrazione dei RAEE a maggior contenuto di materie prime da parte di soggetti non autorizzati, con lo scopo di «massimizzare l’aspetto economico senza preoccuparsi per nulla delle con-seguenze ambientali derivanti di un trattamento non corretto», come sosteneva l’allora presidente Zocco Ramazzo. Un trend che si confermava anche nel 2012 durante il quale il fenomeno continuava a crescere, cosa che veniva evidenziata persino nello studio che Ecodom aveva fatto realizzare da Ipsos, Politecnico di Milano e United Nation University.«Lo studio – spiega Paolo Zocco Ramazzo – seguiva

un’analoga ricerca realizzata l’anno precedente dal Consorzio olandese WeCycle, ed evidenziava come gli obiettivi di raccolta fissati dall’Unio-ne Europea sarebbero rimasti irrag-giungibili se i singoli Stati membri non si fossero assunti la responsabi-lità e il compito d’individuare e trac-

ciare tutti i RAEE che si disperdevano in flussi spesso illegali, rappresentando una seria minaccia ambientale oltre che una significativa perdita economica».

Nel 2012 la quantità di RAEE intercettata dal “Sistema formale” era pari ad appena un quarto del totale.

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«Le modalità di autorizzazione e controllo degli im-pianti di trattamento non sono in grado di assicu-rare un adeguato standard qualitativo nelle opera-zioni di riciclo dei RAEE – spiega Alberto Borroni, presidente Ecodom nel 2013 – : il risultato è che nel nostro Paese, accanto ad eccellenti operatori, pur-troppo convivono soggetti interessati a ricavare da questi rifiuti le materie prime seconde nel modo più economico possibile, senza curarsi del corretto smal-timento delle sostanze inquinanti».Ciò che emergeva era che la quantità di RAEE inter-cettata dal Sistema “formale” era pari ad appena un quarto del totale generato ogni anno in Italia, molto lontano dall’obiettivo del 65% al 2019 stabilito dalla direttiva europea del 2012.E in termini ambientali quanto pesava – e pesa – questo mercato parallelo?A partire dal Rapporto di sostenibilità del 2012 Eco-dom comincia a fare i conti in tasca a questo “buco nero”: «se i RAEE che ogni anno sfuggono al Sistema “formale” fossero stati gestiti con gli stessi standard

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di qualità di trattamento adottati dai fornitori di Ecodom, le emissioni di CO2 in atmosfera si sarebbe-ro ridotte di 1,8 milioni di tonnellate».In effetti il problema è strutturale perché la norma-tiva italiana consente a chi fa la raccolta dei RAEE, i Comuni e i negozianti, di venderli al miglior offeren-te, purché chi li compra sia in possesso di un’autoriz-zazione al trattamento, senza che quasi mai qualcu-no si prenda la briga di verificare in che modo questo trattamento verrà svolto. I RAEE trattati dai sistemi collettivi che fanno capo al Centro di Coordinamento RAEE sono circa un ter-zo di tutti quelli che ogni anno vengono prodotti. Ci sono circa 600 mila tonnellate di rifiuti che sfuggono a qualunque controllo. In linea teorica, tutti gli ope-ratori che acquisiscono i RAEE dovrebbero comuni-care per legge le quantità al Centro di Coordinamen-to RAEE ma non lo fanno. Semplicemente. Visto che nessuno sanziona perché farlo? Così gli unici RAEE di cui sappiamo vita, morte e miracoli sono quelli che vengono gestiti dai sistemi collettivi come Ecodom.Oltre al problema ambientale (pensiamo ai CFC dei vecchi frigoriferi che si disperde bellamente in atmosfera in barba al buco nell’ozono), questo mer-cato parallelo induce delle storture di mercato. Chi opera al di fuori della regolarità ha minori oneri e quindi può permettersi di offrirsi sul mercato a prez-zi stracciati, sottraendo RAEE al mercato virtuoso. E non è detto che, in tempi di crisi, anche l’impianto di trattamento più irreprensibile non senta il canto delle cattive sirene e decida di uscire dal seminato e passare al lato oscuro del mercato parallelo.Come fare? Servirebbe fare come in Francia: istituire l’obbligo di consegna dei RAEE ai Sistemi collettivi. «Probabilmente l’ elemento che va ancora sviluppato ulteriormente è proprio una consapevolezza diffusa dell’ importanza di una corretta gestione dei RAEE - spiega Mauro Cola, presidente di Ecodom dal 2014 al 2015 - . Uno dei temi più importanti che abbiamo trattato nel periodo in cui sono stato coinvolto in Eco-

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dom e una delle maggiori preoccupazioni per noi era la possibilità che la normativa avesse lasciato aperti dei canali paralleli, dove operatori poco sensibili dal punto di vista ambientale e magari con pochi scrupoli potessero adottare delle logiche di “cherry picking”. Cioè recuperassero solo la quota di materiale riciclabi-le più facile da estrarre dal prodotto e poi lasciassero tutto il resto come rifiuto indistinto, con un impatto ambientale sicuramente molto alto». «Come in Fran-cia – risponde Arienti –. Lì i RAEE non possono essere dati a nessun altro se non ai sistemi collettivi e gli im-pianti di trattamento non possono lavorare i RAEE se non hanno un contratto col sistema collettivo. Baste-

rebbe una legge. Un decreto».«L’incertezza normativa – rinca-ra Tursini, presidente Ecodom fra il 2015 e il 2016 – permette (anzi favorisce) l’esistenza di un “merca-to parallelo” che sfrutta a proprio vantaggio questa incertezza».Sembra l’uovo di Colombo, ma si sa che anche Colombo per scoprire l’America dovette andare dalla re-gina di Spagna.

Per non dimenticare, infine, i “free rider”. Loro sono all’esatto opposto della filiera. Loro non raccolgono lo scarto a fine vita, no: loro sono produttori, spes-so al di fuori dell’Unione europea ma con solidi di-stributori locali. Loro producono apparecchiature elettriche ed elettroniche e le danno sia alla grande distribuzione che ai dettaglianti per venderle. Ma loro sono una specie di pirati del mercato, perché i “free rider” non si registrano negli appositi Registri AEE nazionali, non dichiarano l’immesso sul merca-to, non aderiscono ad alcun sistema di gestione dei RAEE. A loro della responsabilità estesa del produt-tore non importa niente. O, al contrario, ne sono così preoccupati da eluderla in toto e non farsi cari-co, in barba alla legge, di qualunque onere da pagare per il corretto smaltimento dei RAEE.

I “free rider” sono i pirati del mercato, non aderiscono a nessun consorzio e non contribu-iscono agli oneri di gestione dei RAEE, di cui si fa carico il resto del sistema

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Ma la giustizia e le leggi in che modo possono aiu-tare una corretta gestione dei RAEE? La normativa attuale sembra spingere verso la costruzione di un sistema efficace piuttosto che verso strumenti di repressione specifici. «Diciamo che si tratta dei due aspetti della stessa medaglia – spiega Paola Ficco, avvocato e giurista ambientale – da un lato la disci-plina sostanziale è riferita a una massimizzazione e un’ottimizzazione della gestione dei RAEE attraver-so una serie non banale di regole che riguardano an-che il cittadino, al quale però con i decreti che hanno istituito la raccolta dell’uno contro uno e poi dell’u-no contro zero la gestione è stata resa più semplice. Ma ci sono anche tutte le regole gestionali che com-petono a chi raccoglie, a chi recupera. Poi c’è il ver-sante sanzionatorio che è costituito da un apparato piuttosto importante e declinato variamente per-ché, per esempio, abbiamo nel Codice ambientale le contravvenzioni, che non sono altro che reati puniti in modo meno severo. E poi abbiamo tutta la decli-nazione dei delitti ambientali che sono stati inseriti tre anni fa nel Codice penale e, trattandosi appunto di “delitti”, si tratta di reati puniti più gravemente».Con quali effetti sul sistema? «Quelli che si occupa-no di questo settore – risponde ancora Paola Ficco – hanno dovuto fare i conti con una “costituzionaliz-zazione” del proprio mestiere e della propria attivi-tà tanto da porli in grado di non incorrere poi nella sanzione penale o comunque amministrativa afflit-tiva che comunque è anche grandemente punitiva. Quindi i due versanti, penale e ammnistrativo, han-no sicuramente svolto una funzione di grandissima moralizzazione del settore».Prevenire è sempre la migliore cura. Ce ne dà con-ferma anche la testimonianza del Colonello Marco Avanzo dei Carabinieri forestali che a lungo si è occu-pato di RAEE anche in ambito internazionale: «Mol-ti problemi nel passato sono dipesi da una carenza di quelli che erano i sistemi di raccolta e gestione. Per il futuro vedo soprattutto la necessità di azioni di ca-

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rattere organizzativo. Da una parte bisogna ridurre il volume “nero” delle diverse tipologie di rifiuto ma anche poi sviluppare tutte le tecnologie di recupe-ro possibili. Le tecnologie di costruzione dei beni, per esempio, devono tenere in mente il processo di dismissione del bene stesso, in modo tale che il suo ciclo di vita non si esaurisca con l’introduzione sul mercato, ma sia progettato pensando al suo sman-tellamento finale e al suo mercato a fine vita. Un sistema che renda economicamente sempre più van-taggioso il recupero dei materiali estratti dai RAEE. Perché maggiore sarà questo vantaggio per le impre-se, maggiore sarà l’interesse a rivolgersi a contesti di qualità anziché andare in tutt’altra destinazione, in siti non idonei, in discariche o persino condotti all’esportazione verso paesi terzi».

GLI ITALIANI DIECI ANNI DOPO…Nel corso degli anni Ecodom ha continuato a stu-diare il comportamento degli italiani rispetto agli

apparecchi elettrici ed elettronici soprattutto quando la nostra la-vatrice, frigorifero o scaldabagno arrivano al termine del loro ciclo di vita.Un’indagine Ipsos per Ecodom

aveva verificato che almeno 200 milioni di RAEE diversi giacevano inutilizzati, o irrimediabilmen-te rotti, nelle case degli italiani. Negli sgabuzzini, soffitte, garage o cantine si conservava di tutto: dai grandi elettrodomestici (32% condizionatori porta-tili, 21% asciugatrici, 16% boiler elettrici) a quelli più piccoli (48% pianole, 43% videoregistratori, 38% monitor a tubo catodico), al mondo della cu-cina (32% friggitrici, 31% macinacaffè, 20% tosta-pane). Così nel 2013 un’indagine Doxa per Ecodom, con un pizzico d’ironia ma con l’intento molto serio di capire perché gli italiani rimanessero così affezio-nati a degli oggetti di cui avrebbero dovuto disfarsi, individuava 10 categorie umane diverse all’interno

Nel 2017 entra in vigore la normativa dell’uno contro zero.

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delle famiglie e ne tracciava l’identikit: disinteres-sati, pigri, oculati, accumulatori, nostalgici, ecc. Per altro i dati raccolti sono diventati anche un’efficace campagna di comunicazione, Garage Story, che ha vinto il Premio Assorel/Grand Prix International Events & Relational Strategies 2014 come migliore campagna di Comunicazione Ambientale dell’anno.E nel 2017, dopo l’entrata in vigore della normativa dell’uno contro zero (il Decreto Ministeriale 121 del 31 maggio 2016), che consente ai cittadini di confe-rire gratuitamente in negozio i piccoli RAEE senza alcun obbligo di acquisto (possibilità che si è aggiun-ta alla già vigente regola dell’uno contro uno) Eco-dom e Cittadinanza attiva commissionano a Ipsos una nuova indagine per capire a quasi dieci anni dal-la nascita di Ecodom come sono cambiati gli italiani rispetto al tema dei RAEE.Ecodom stessa, in dieci anni ha fatto passi da gigan-te, dalle 28.128 tonnellate che gestiva nel 2008, nel 2017 è arrivata a gestirne 105.066 tonnellate, più di un terzo del totale nazionale dei RAEE raccolti (296.110). Primo fra tutti i sistemi collettivi italiani. Con un impatto in termini di CO2 evitata che è pas-sato dalle 146.927 tonnellate del 2008 alle 842.184 del 2017.Dall’indagine, che in qualche modo aggiorna quella del 2008, emerge che solo 18 italiani su 100 san-no che è possibile conferire gratuitamente i piccoli apparecchi elettrici ed elettronici dismessi presso i punti vendita. Meno di un intervistato su 4 (18%), una quota ancora marginale di popolazione, ricono-sce correttamente i RAEE. Due su cinque (40%) ne hanno solo un’idea approssimativa mentre la mag-gioranza relativa (42%) non li conosce affatto.In merito alle modalità di dismissione, fortunata-mente prevalgono i comportamenti virtuosi, nel 60% dei casi tramite il ricorso alle società di igiene urbana e nel 9% dei casi tramite i negozianti, ma le cattive abitudini di conferimento pesano ancora il 17%. Queste ultime scendono al 10% tra coloro che

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sono informati sui RAEE, mentre tra chi non conosce i RAEE l’incidenza di modalità di conferimento non corrette è ancora più elevata (22%). Nello specifico, sono MP3 (45%), spazzolini elettrici (29%), calcola-trici e cuffie (27%) ad essere dismesse in modo non corretto (principalmente insieme ai rifiuti generici).I cittadini riconoscono di avere le principali respon-sabilità degli scarsi risultati di raccolta dei RAEE (35%). Nell’attribuzione di responsabilità seguono le amministrazioni pubbliche (30%). Chiamato in causa anche il canale distributivo (13%), seguito dai produttori di apparecchiature elettriche ed elettro-niche (11%).«La ricerca evidenzia certamente un gap informativo da colmare nel settore della raccolta dei RAEE – spie-ga Nando Pagnoncelli, Presidente Ipsos Italia – . Lo attesta la maggiore diffusione di comportamenti di conferimento virtuosi tra coloro che conoscono que-sta tipologia di rifiuti e i decreti che ne regolano la gestione, a differenza di coloro che non li conoscono, che rappresentano i principali responsabili delle cat-

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tive abitudini ancora diffuse. Gli italiani riconosco-no grandi potenzialità al decreto “uno contro zero” a cui, se sostenuto da campagne di comunicazione e da una maggiore convinzione dei rivenditori, viene attribuita la capacità di contribuire alla crescita della raccolta dei piccoli RAEE ».«Finalmente una ricerca che ci consente di parlare del tema sulla base di dati concreti e non di affer-mazioni apodittiche – commenta Davide Rossi, Di-rettore Generale Aires-Confcommercio – Mi sembra che gli Italiani siano stati molto sinceri nelle rispo-ste indicando nello scarso senso civico dei nostri connazionali e nella inefficiente azione delle am-ministrazioni pubbliche le principali responsabili-tà di una raccolta non soddisfacente. Quello che si dovrebbe fare è evidente: campagne educative na-zionali promosse a livello ministeriale e intensa at-tività sul territorio da parte dei Comuni. Per quanto riguarda i commercianti italiani di elettronica stia-mo già facendo più di quello che sarebbe ragionevo-le pretendere da noi».In effetti il ruolo dei commercianti non solo è impor-tante: «Io mi ricordo quando nel 2010 Greenpeace fece un blitz in tutti i negozi con delle telecamere na-scoste per verificare quanta informazione si facesse nei negozi e come. E fu una bella azione di stimolo per tutti noi. Ogni giorno noi abbiamo almeno tre milioni di momenti di contatto con i consumatori, sia attraverso i negozi veri e propri sia tramite le applicazioni web e i social network – precisa ancora Rossi –. Vuol dire che noi, in un anno, abbiamo un miliardo di relazioni. Siamo una macchina di comu-nicazione importante. Ovviamente il grosso di que-sta attività è legata al tentativo di vendere qualcosa e non di dare messaggi educativi o informativi, però tutti i nostri siti, virtuali o fisici, hanno uno spazio dedicato ai RAEE. Non solo, recentemente abbiamo anche realizzato un video che gira nei nostri negozi dove due ragazzi spiegano bene cos’è l’1 contro 0 e a questo sarà legata anche una campagna di comu-

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nicazione più articolata col patrocinio del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare». «Promuovere una maggiore responsabilità sul tema è un compito che secondo me spetta a tutti gli attori – spiega Mauro Cola, presidente Ecodom negli anni 2014-2015 – ed Ecodom l’ha fatto e lo sta facendo. Di campagne dedicate, ce ne sono state diverse. Ini-ziative che magari mostravano cosa volesse dire ave-re un comportamento non corretto verso i RAEE. Ri-cordo in particolare la campagna “Garage story” che spiegava perché molti dei nostri elettrodomestici rimanessero abbandonati nelle nostre cantine o nei nostri garage. Credo comunque che il ruolo princi-pale debba essere svolto dalle istituzioni attraverso normative che devono essere molto chiare rispetto alla gestione e  severe nel valutare  e  nell’indicare i comportamenti non corretti in modo che questi ulti-mi possano risultare fortemente penalizzanti».

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5. Racconti di RAEE

Rassegna delle storie e delle campagne di successo Ecodom.

Nel corso di questi dieci anni, Ecodom ha spesso indagato for-me originali di comunicazione: incontri con artisti, campagne sociali e di mobilitazione coi cit-tadini stessi.«Abbiamo sempre cercato di

dare spunti di riflessione – spiega Arienti –, da quelli più scientifici come la Ricerca “I RAEE do-mestici generati in Italia” a quella di Ambiente Italia fino a quelle apparentemente più disinvol-te dove si coinvolgeva l’arte, come quella a cui ha contribuito Michelangelo Pistoletto realizzando una contaminazione trasversale. Non solo lui ha realizzato un’opera per noi, ma lo  abbiamo porta-to  a discutere di riciclo insieme ai parlamentari!»

I Temp(l) i cambianoL’operazione “Pistoletto” la spiega bene Piero Mo-scatelli: «Nel 2009 abbiamo anche voluto sperimen-tare forme alternative per comunicare le opportu-

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nità offerte da una corretta gestione dei RAEE, non solo agli addetti ai lavori ma alla collettività intera. Abbiamo interpellato il mondo dell’arte, l’arte di svolta di Michelangelo Pistoletto, per la sua capaci-tà di coniugare istanze etiche e sociali. L’arte non si esaurisce in un atto estetico, può innanzitutto offri-re un nuovo punto di vista e contribuire così al bene comune. Questo ci dice l’opera – I Temp(l)i cambia-no – realizzata per noi da Pistoletto utilizzando i RAEE: con i RAEE si può costruire addirittura un tempio, un tempio al riciclo; un’opera d’arte che ci insegna che progresso e sostenibilità sono un bino-mio inscindibile. Perché oggi progresso non è sino-nimo di consumo ma di risparmio, riciclo, conser-vazione delle risorse naturali, tutela dell’ambiente».Michelangelo Pistoletto è un’artista molto noto, un’esponente della cosiddetta “arte povera”, una corrente artistica che rifiuta la tradizione e si serve di materie prime e materiali “poveri”, quindi non il mar-mo ma la plastica, il legno, il ferro, persino gli stracci.

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«I tempi cambiano, e con loro i miti – spiega lo stesso Pistoletto. Oggi il nuovo mito è il riciclo. Siamo in un momento di passaggio tra il mito del progresso e il mito del riciclo. Tempio - casa - riciclo - tempo - equi-librio - cambiamento».E, infatti, la sua opera per Ecodom raccoglie i rifiuti elettrici ed elettronici e innalza un tempio le cui co-lonne, per esempio, sono costituite da cestelli d’ac-ciaio di lavatrici. E questo tempio si alza su una base dondolante, come un’altalena, a simulare il passaggio di stato fra una società tradizionale e una in divenire, dall’età del progresso all’età del riciclo.L’opera, negli anni, viene esposta un po’ dappertutto cominciando il suo “viaggio” dal Tempio di Adriano a Roma, nell’ambito di Ethical Fashion di AltaRo-mAltaModa fino a Milano in occasione della terza edizione del Festival Internazionale dell’Ambiente; a Catanzaro nel Parco Archeologico di Scolacium nell’ambito del progetto “Il Dna del terzo paradiso” per poi tornare a Roma al museo Maxxi, fino Wo-odstock in Oxfordshire, al Blenheim Palace, per una mostra personale del maestro Pistoletto. E solo per citare alcune delle tappe di un’iniziativa che in dieci anni ha continuato a stupire il pubblico e a racconta-re i RAEE in una forma originale e affascinante nel senso pieno del termine.

RIFIUTOPOLIArte e RAEE si riproporrà per Ecodom anche qual-che anno dopo l’esperienza, questa volta si tratta di una performance teatrale di Cinemovel, sul ciclo il-legale dei rifiuti, le ecomafie, e su come i piccoli gesti quotidiani siano in grado di determinare un cambia-mento concreto. Realizzata con il patrocinio di Le-

gambiente e il sostegno di Fonda-zione Unipolis, “Rifiutopoli. Veleni e antidoti” è teatro ma anche una conferenza-spettacolo con Enrico Fontana e Vito Baroncini alla lava-gna luminosa.

L’arte povera si serve di materie prime e materiali “poveri”, come anche i rifiuti.

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«Con Rifiutopoli, grazie alla sensibilità artistica di Vito Baroncini - spiega Enrico Fontana, attuale diret-tore di La nuova ecologia e per anni fra i principali autori del Rapporto sulle ecomafie di Legambiente – cerchiamo di raccontare, nella maniera più semplice e diretta possibile, questo “mondo di sotto”, fatto dagli scarti quotidiani dei nostri consumi e di chi approfit-ta della nostra “distrazione” per trasformarli in affari criminali che avvelenano l’ambiente in cui viviamo e la nostra salute. Ma anche le storie di chi ha pagato con la vita la scelta, coraggiosa, di fare il proprio do-vere e la possibilità, concreta, di trasformare l’incubo di Rifiutopoli in un sogno, molto meno immaginario

di quanto siamo portati a credere: quello di un mondo senza rifiuti».Rifiutopoli è anche il racconto di un’esperienza personale come lo racconta Fontana: «Ho cominciato a raccontare il mondo di Rifiutopoli nel 1984 scoprendo che i rifiuti ve-

nivano abbandonati anche nei luoghi più belli, dove ti aspetti di vedere solo le farfalle. E invece ci trova-vo di tutto: frigoriferi, lavatrici, macerie, pneumatici fuori uso che bruciano e avvelenano l’aria. Facessi-mo come le farfalle, che i rifiuti organici li trasfor-mano in “nettare”, il cambiamento sarebbe concreto e visibile. E sarebbero centinaia le buone storie che si potrebbero raccontare, perché l’Italia è storicamente una delle patrie della raccolta, del recupero, del riuso e del riciclo. È l’altra faccia di Rifiutopoli, che esiste grazie alle nostre scelte, alle nostre responsabilità, al contributo dei nostri gesti quotidiani».

CLEAN UP Clean Up è stato uno spettacolo didattico ideato dal giornalista Luca Pagliari per conoscere e spiegare i RAEE, attraverso video e storie, che ha girato l’Italia fra il 2009 e il 2011 e che dopo l’esordio a Fabriano ha avuto, fra le varie, una location d’eccellenza all’in-terno delle suggestive grotte di Frasassi.

L’altra faccia di Rifiutopoli, esiste grazie al contributo dei nostri gesti quotidiani.

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Dedicato ai ragazzi in modo di formare le nuove ge-nerazioni ma anche perché gli studenti sono spes-so testimoni attivi all’interno del nucleo familiare. Parlano, raccontano le loro esperienze e spesso sono loro a spiegare la modernità del mondo ai genitori, come in fatto d’ambiente. Luca Pagliari sul suo sito ha raccolto alcune delle voci di questi ragazzi: «non sapevo che da un elettrodomestico si potesse ricavare tanto. Ho la soffitta piena di elettrodome-stici che non utilizziamo più. Vedrò di informare i miei genitori su ciò che ho appreso oggi».E una ragazza: «il primo pensiero che mi viene in mente in questo momento è che siamo degli igno-ranti, me compresa! perché non sappiamo, non ca-piamo che mondo meraviglioso stiamo distruggen-do con le nostre mani… ‘pensare pulito per vivere meglio’ e da oggi sarà così…».

RAEEPORTER«Anche alcune iniziative che sembravano “consu-mer” – torna a raccontarci Arienti –, fatte apparen-

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temente per parlare al pubblico, in realtà erano sem-pre per sollecitare un po’ di attenzione anche nei decisori istituzionali, quei soggetti che in qualche modo possono contribuire al miglioramento della filiera. Cito la più consumer di tutte che si chiamava ma RAEEporter durante la quale invitavamo i citta-dini italiani a fotografare i RAEE abbandonati. Fo-tografarli e segnalarceli, poi noi giravamo le segna-lazioni agli enti competenti, pubblicavamo le foto su un sito dedicato e il premio per il miglior scatto è stato un viaggio in Ghana a vedere una discarica di RAEE, un inferno sulla Terra che restituiva l’ur-genza e l’importanza di non lasciare abbandonati questi oggetti».In effetti il progetto RAEEporter, lanciato nel 2011, dal punto di vista della comunicazione si esprimeva su più livelli e coinvolgeva per ognuno di questi un target diverso. Perché c’era un momento di campa-

gna per trasformare i cittadini in “RAEEporter”, un altro in cui si de-nunciava e si mettevano in mostra le storture generate da una non ge-stione dei rifiuti o da una gestione criminale e, infine, si tornava sul campo promuovendo il vincitore a

diventare di nuovo “RAEEporter” per documentare e vivere l’esperienza di una discarica africana. Una app, sviluppata per iOS e Android, consentiva inol-tre di inviare informazioni circa la zona e l’oggetto in questione in modo da creare una sorta di mappa informativa da consultare per la raccolta.Anche il coinvolgimento di partner come Legam-biente e di ben tre emittenti come Radio 105, Ra-dio Montecarlo e Virgin Radio, note per parlare ad un pubblico giovane e molto giovane rende l’idea dell’ampiezza mediatica raggiunta.

GARAGE STORYOccorre dire che nella civiltà dell’immagine una fotografia può dire più di cento parole e parlare ri-

Il coinvolgimento di tre emittenti radio serviva a parlare ad un pubblico giovane.

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manendo silenziosa. «Nel corso del 2013 – racconta l’allora presidente del consorzio Alberto Borroni – Ecodom si è fatto promotore di momenti di incontro con gli stakeholder istituzionali, offrendo spunti di riflessione approfonditi e originali: tra questi, vale la pena di ricordare l’indagine “Garage Story”, con la quale abbiamo cercato di capire per quali ragioni moltissimi RAEE restino inutilizzati nelle nostre case invece di essere dismessi e quindi riciclati».Anche in questo caso la spinta era di carattere divul-gativo e conoscitivo: come far parlare i grandi media del riciclo degli elettrodomestici? A sostegno della campagna uno studio della Doxa che interpretava le tipologie sociali e antropologi-che, anche con un pizzico di ironia, perché venivano descritti come disinteressati, pigri, oculati, accumu-latori, nostalgici, ecc.Persone, e personaggi, attraverso i quali era possibile raccontare la storia di un tesoro nascosto nelle can-tine degli italiani. Un tesoretto di elettrodomestici non più funzionanti o abbandonati perché sostituiti da modelli più nuovi, che attraverso la campagna po-teva essere riscoperto e reinserito nel ciclo produt-tivo. In altre parole affidato al circolo virtuoso del sistema dei RAEE.La campagna Garage Story, che ha vinto nel 2014 il Premio Assorel/Grand Prix International Events & Relational Strategies come migliore campagna di Comunicazione Ambientale dell’anno, era per così dire “documentata” dai ritratti fotografici del foto-grafo Mario Guerra.In questa galleria di tipi umani al primo posto c’era il filone dei “disinteressati” (circa il 31% del campione), a cui appartengono anche i “pigri” e i “disinformati”, ovvero quelli del “come faccio a liberarmene?”, “non saprei a chi rivolgermi”, “la prossima volta me ne libe-ro”. Si tratta prevalentemente delle famiglie over 50, con un livello di istruzione basso e che vivono soprat-tutto nel sud e nelle isole.Al secondo posto c’erano “i razionali”, ovvero gli “ac-

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cumulatori”, gli “oculati” e gli “appassionati del fai-da-te” (circa il 29%): conservare il vecchio elettro-domestico si tratta di una scelta “ragionata”. Sono quelli del “non si sa mai, potrebbero sempre servi-re”, “meglio uno di scorta, anche se non funziona”, “magari un giorno potrei ripararlo”. Un profilo che va bene per tutte le fasce di età.Il terzo filone è costituito dagli “emotivi” (circa il 20% del campione) che non si liberano del vecchio elettrodomestico per “amore”. Nostalgici o idea-listi, sono quelli del “magari un giorno diventa un pezzo di design”, “ci sono affezionato”, “gli apparec-chi di una volta non esistono più”. Quasi tutti sono over 50.Infine c’erano i “polemici” (circa l’11%), quelli del “per me è faticoso portarli all’isola ecologica, po-trebbero venire a prenderseli”, e i “diffidenti” (circa il 9%), quelli che dicono “non sono convinto, chissà dove vanno a finire”. Più giovani i polemici, soprat-tutto under 35, più grandi i diffidenti, over 50.

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MATERIA-DESIGN ANDATA E RITORNOLa collaborazione fra Ecodom e il fotografo Mario Guerra non si esaurisce solo con Garage Story, ma Guerra realizza per il consorzio un bellissimo servi-zio fotografico, che diventerà sia una mostra che un libro [e alcune delle immagini sono utilizzate anche in questo volume].«L’esplorazione possibile con la fotografia è per me la vera magia: il modo in cui si può decidere di guardare come si vuole qualsiasi cosa» spiega Ma-rio Guerra nel presentare questa opera dedicata ai RAEE. «Questo lavoro fotografico – continua – è una scoperta della materia. Privata di ogni sua funzione

e regola, la materia diventa se stessa, prendendo vita in modo quasi romantico proprio perché si libera di esistere in un altro modo per un’altra ragione. Il dettaglio astratto di un metallo o di un design vuole anche essere una provocazio-

ne e spingere la riflessione sul valore delle cose. È un vero viaggio nel piccolo e nell’intimo, alla ricerca di un’estetica dell’intrinseco. Quell’estetica che sareb-be bello se diventasse un viaggio personale di ogni spettatore, in un rapporto intimo con se stesso, dove un’emotività ritrovata diventa l’esaltazione dell’ar-chetipo, del bello puro che, scuotendo la sensibilità genera un luogo emotivo dove questa materia vive».La mostra, come la spiegava il presidente Zocco Ramazzo nel presentarla nel 2011, era di fatto un viaggio nella realtà della filiera che metteva in evi-denza momenti e luoghi diversi. Lo faceva con il suo linguaggio artistico, per cui all’immagine totale del lavoro si sostituiva quella spinta del dettaglio, che aveva l’ulteriore pregio di mettere in evidenza la ma-teria di origine, o di arrivo, degli stessi RAEE.

CRM RECOVERYCRM RECOVERY è un progetto europeo finalizza-to a recuperare materie prime preziose dai RAEE.

La mostra fotografica di Mario Guerra era un viaggio nella realtà della filiera.

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Ecodom è partner del progetto che contribuisce alla ricerca europea sulla possibilità di recuperare oro, argento, cobalto, grafite e platino senza dover-li estrarre dalle miniere. Con l’aiuto dei cittadini e l’utilizzo di un apposito container è stato possibile sollecitare i milanesi a venire la domenica mattina a consegnare quei RAEE che avevano dimenticato troppo a lungo nei cassetti di casa o in cantina.Un modo non solo di contribuire ad aumentare la quantità di RAEE raccolti ed eliminarli dalle case, ma anche di spiegare a tutti cosa sono, perché è impor-tante consegnarli in centri di raccolta autorizzati e riciclarli per bene.

LE SCELTE DEL CONSUMATORECon questa campagna Ecodom è entrata in contatto e ha collaborato attivamente con il mondo dei con-sumatori attraverso l’Unione Nazionale Consumato-ri e il suo notiziario on-line. Una forma di divulga-zione mirata ad un pubblico spesso già sensibile sui processi del consumo e che cerca, attraverso l’UNC, conforto, spiegazione e spesso anche forme di pro-tezione. Aprire uno spazio sul complesso tema dei RAEE appare perciò come un momento nel quale si attribuisce alle merci che entrano nelle nostre case tutti i giorni un valore nuovo e diverso, che era già intrinseco ma del quale a volte non si ha la percezio-ne. Come d’altronde altre campagne, a cominciare da Garage Story, hanno insegnato.Tradizionalmente chi si rivolge alle associazioni dei consumatori è attento, se non preoccupato, al mo-mento dell’acquisto e alla sua tutela come cliente. Il tema dei RAEE estende la sua coscienza come cit-

tadino e lo informa sul significato completo del ciclo di vita dei pro-dotti, che possono continuare a vivere e a trasformarsi anche dopo aver cessato la loro utilità, a patto che si sappia come smaltirli e a chi consegnarli.

Ecodom e Cittadinanzat-tiva è un binomioefficace in termini strategici e di visione per parlare ai cittadini.

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RIFIUTI ELETTRICI ED ELETTRONICI: COME FARE“Rifiuti elettrici ed elettronici: come fare” è una gui-da che Ecodom ha realizzato e distribuito insieme a Cittadinanzattiva nel 2017. Un vademecum nel senso letterale del termine, stampato in migliaia di copie ma anche scaricabile dal web.“Cosa me ne faccio del mio smartphone?”, “E la mia lavatrice? Adesso che ne compro una nuova che me ne faccio?”. Domande che per chi è arrivato a questo punto del libro che ha in mano sembrano scontate, ma che poi non lo sono, come dimostrano gli studi e le ricerche fatte in questi anni. E anche fra quelli che pensano di sapere tutto il rischio è che accada, per dirla con Oscar Wilde, che questo sia tutto quello che sanno.Ecodom e Cittadinanzattiva, inoltre, è un binomio efficace in termini strategici e di visione.Non a caso il vademecum, che per le sue modalità di diffusione ha avuto anche vita propria, è stato con-

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cepito in una più ampia idea di collaborazione fra i due soggetti.

GLI ITALIANI E I RAEE: DALL’UNO CONTRO UNO ALL’UNO CONTRO ZEROIl vademecum di Ecodom e Cittadinanzattiva po-trebbe, infatti, essere inteso anche come l’avatar che consente di diffondere ancora di più i contenuti di questo road-show informativo che i due hanno realizzato nel corso del 2017. Un viaggio che ha attraversato l’Italia per incontrare cittadini, sta-keholder, pubbliche amministrazioni e imprese per

presentare i risultati dell’indagine Ipsos sugli Italiani e i RAEE, par-tita dalla presa di coscienza che solo 18 italiani su 100 sapevano che fosse possibile conferire gra-tis i piccoli RAEE dismessi presso i punti vendita.«L’attività della nostra associazio-

ne – spiega Antonio Gaudioso, Segretario Genera-le di Cittadinanzattiva – ha l’obiettivo di favorire un nuovo approccio dei cittadini nella fruizione dei servizi pubblici locali, che preveda un pieno e consapevole coinvolgimento per la tutela dei loro diritti e la cura dei beni comuni. A far la differen-za, sono anche la capacità degli amministratori di implementare nei territori politiche nazionali e obiettivi europei, gli investimenti in infrastrutture dedicate, a partire da una più capillare presenza di specifici centri di raccolta, ma anche la capacità di fare rete tra i vari soggetti della filiera direttamen-te interessati con le amministrazioni pubbliche e le organizzazioni civiche».

RAEE IN CARCEREQuesta iniziativa ha un percorso tutto suo. Dal 2009 Ecodom collabora al progetto “RAEE in carcere”, con l’obiettivo di promuovere l’inclusione socio-lavora-tiva dei detenuti delle carceri di Bologna e Ferrara,

Dal 2009 Ecodom lavora anche con l’obiettivo di promuovere l’inclusione socio-lavora-tiva dei detenuti.

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includendoli in un processo di professionalizzazione e favorendo il loro reinserimento nella vita sociale e nella legalità.«È un progetto che ricordo con affetto – spiega Pao-lo Zocco Ramazzo, presidente Ecodom fra il 2011 e il 2013 – perché in qualche modo ha coinvolto tutti noi. Discutevamo di cose molto pratiche per permet-tere a queste persone un domani di potersi reinseri-re».In base alle opportunità intercettate nel settore dei RAEE, si legge nella descrizione dell’iniziativa, si è progettato di realizzare una parte del processo di trattamento-smontaggio dei rifiuti provenienti dalle isole ecologiche e successivamente inviati agli impianti di trattamento rifiuti. Il 25 ottobre 2007 (quando ancora i Consorzi non erano operativi) è sta-to sottoscritto a Bologna un “Accordo Quadro Terri-toriale per lo sviluppo di attività di pretrattamento dei RAEE all’interno (e all’esterno) delle Case Circon-dariali”. Dal 2009 sono attivi i 3 laboratori produttivi a Bologna, Forlì, Ferrara. Con questa iniziativa non si sono solo create le condizioni logistiche per l’attività dei laboratori, ma si sono consolidati gli accordi con il principale partner strategico e operativo, HERA Spa, la multiutility dei Servizi pubblici regionali che si oc-cupa di ambiente energia e smaltimento rifiuti. STORIE DI ECONOMIA CIRCOLARE“Storie di economia circolare” è l’iniziativa più re-cente della storia di Ecodom, almeno fino al compi-mento del decimo anno.È un progetto molto ricco e molto interessante, che fotografa la cronaca positiva di oggi proiettandola nel futuro (e infatti ne parleremo anche nel prossi-mo capitolo).Il sistema mediatico vive, da sempre, della rappre-sentazione del conflitto. La cronaca nera, il crimine, il malaffare, la corruzione e l’inquinamento occupa-no quasi completamente tutto lo spazio dei palin-sesti della televisione come in quelli del web o della carta stampata main stream. Invece molto di buono

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accade. Persone che hanno idee che fanno bene a sé e all’ambiente. Imprese che costruiscono business lad-dove prima c’era stato sfruttamento e inquinamen-to sociale e ambientale. Creazione di nuovi posti di lavoro e di nuove professionalità. Ma se è vero che i media non ne parlano, è anche vero che queste storie sono difficili da scovare proprio perché meno sotto la luce dei riflettori.L’idea che è alla base di “Storie di economia circolare” in fondo è tutta qua e, come si dice, è “tanta roba”: un Atlante web che censisce e racconta le esperienze di Economia Circolare in Italia; un concorso a premi an-nuale per videomaker, fotografi, giornalisti e scrittori.Realizzata da Ecodom con il Centro di Documen-tazione sui Conflitti Ambientali, Poliedra, A Sud, Fondazione Ecosistemi, Banca Etica e ZONA, con il patrocinio del Ministero dell’ambiente, offre una piattaforma georeferenziata con un ricco panora-ma di imprese che hanno fatto della sostenibilità, e dell’economia circolare, la propria mission. E il concorso serve a favorire il dibattito, a fare sì che i professionisti e gli appassionati della comunicazione (giornalisti, fotografi, scrittori, ecc.) siano stimolati a rappresentare questa parte reattiva e, perché no?, rivoluzionaria della società. Quelli che stanno co-struendo una nuova economia basata su un nuovo patto fra uomo e natura.Ai tempi di Charles Darwin non esisteva ancora la parola ecologia, per definire questo rapporto fra le creature viventi e l’ambiente lo scienziato inglese usava l’espressione di “economia della natura”. Dove i rifiuti non esistono, perché nella circolarità delle risorse, tutto ciò che non serve a qualcuno, diventa utile per qualcun altro.Come i RAEE che, se gestiti adeguatamente, posso-no diventare nuova risorsa per il futuro.

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6. Economie del futuro prossimo

Green, share o circular? Modelli e prospettive per il futuro.

Un tempo andavano di moda i fu-turologi. Più che scienziati erano opinionisti arguti che spiegavano come sarebbe stato il futuro. Oggi all’Università di Trento esiste un Master di secondo livello in pre-visione sociale ma non forma “fu-

turologi”, quanto studiosi capaci di tracciare scenari. È molto diverso.Anche la questione ambientale a livello globale deve confrontarsi con gli scenari. Sappiamo, per esempio, che lo scenario definito “business as usual”, “affari come al solito” ovvero tiriamo a campare come ab-biamo sempre fatto, con gli stessi trend di consumo, le stesse abitudini dissipative, gli stessi sili di vita, ecco, in questo modo, biologi, economisti, climato-logi e ogni altra categoria professionale della ricerca ha scritto e detto che il futuro non sarà roseo e che la fine della nostra società è dietro l’angolo.Gli scenari servono a dare un senso ai trend che ar-rivano dal passato, a capire come certi percorsi po-

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tranno impattare sul futuro. L’uso indiscriminato delle fonti fossili, prevalentemente petrolio e carbo-ne, ma anche il gas naturale, continuerà a produrre una quantità tale di CO2 da compromettere l’equili-brio climatico per sempre.Nel 2005 l’Unep, il Programma per l’ambiente del-le nazioni unite, presentò il Millennium Ecosystem Assessment Report. Il MEA era un progetto di ricer-ca internazionale sviluppato con l’obiettivo di indi-viduare lo stato degli ecosistemi globali, valutare le conseguenze dei cambiamenti in essi sul benessere umano e fornire una valida base scientifica per la formulazione di azioni necessarie alla conservazione e all’uso sostenibile degli stessi. 1.360 esperti aveva-no dato il loro contributo tracciando non solo, ap-punto, lo stato di salute del Pianeta, ma individuan-do diversi scenari possibili per il futuro al 2050. Dei quattro individuati l’unico capace di portare concreti benefici era quello del “mosaico adattativo” (“adap-tive mosaic”). In altre parole, per sopravvivere ai danni provocati da uno stile di vita insostenibile, nel

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prossimo futuro non ci potrà essere una soluzione, unica e valida ad ogni latitudine. No. Ogni regione del pianeta, ogni singola nazione, dovrà declinare lo sforzo verso la sostenibilità seguendo l’attitudine del proprio territorio, sia in termini di risorse natu-rali, di biodiversità, ma anche di cultura e di capacità economica.Consentire ai paesi in via di sviluppo di inquinare un po’ di più rispetto alle nazioni industrializzate, che invece dovranno contenere i proprio consumi, è non solo inevitabile ma necessario. Anche se para-dossalmente è proprio un paese in grande espansio-ne come la Cina a porsi più di altri il problema della sostenibilità delle sue città e delle sue industrie che, non senza contraddizioni al suo interno, continuano a crescere demograficamente ed economicamente. Si diceva un tempo “ma cosa succederà quando do-vremmo dar un’auto a tutto il terzo mondo?”. Ecco il “quando” è arrivato e la risposta, l’unica possibile, è migliorare tutti quanti la nostra efficienza e inven-tare nuove tecnologie. E anche in questo caso non è una fatalità il fatto che sempre la Cina sia il maggio-re mercato in espansione dell’auto elettrica.Nessuno ha voglia di rinunciare alle conquiste por-tateci da tre, quasi quattro secoli di rivoluzione in-dustriale, ma allo stesso tempo è sempre più urgente un cambiamento di marcia.La crisi economica in Italia e in altri Paesi ha fatto segnare un calo delle emissioni dei gas serra ma, giustamente fanno notare gli scienziati, non si trat-ta tanto dello sforzo di contenere la produzione di inquinanti, quanto alla riduzione dei consumi com-portata dalla crisi stessa. Eppure sarebbe ingeneroso non dare a Cesare quel che è di Cesare, ovvero rico-

noscere che almeno in parte stru-menti come il Protocollo di Kyoto sul clima non hanno portato affat-to benefici. Forse meno di quanti sarebbero stati necessari. Ma altri strumenti, come il protocollo di

L’invecchiamento di alcune tecnologie è sicuramente un elemento legato alla crisi ambientale.

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Montreal sul buco nell’ozono hanno invece piena-mente centrato l’obiettivo. La messa al bando dei CFC contenuti nei vecchi frigoriferi è un successo di Montreal.L’invecchiamento di alcune tecnologie è sicuramente un elemento legato alla crisi ambientale. La neces-sità di avere elettrodomestici con un maggiore ren-dimento energetico, ovvero che consumino meno, è una conseguenza più o meno diretta del Protocollo di Kyoto. Così come le lampadine al led, ecc. Consu-mare meno energia significa produrre meno CO2 ma anche, in tempo di crisi, incidere sulle bollette delle famiglie.Persino i televisori e monitor a led, che hanno man-dato in soffitta, anzi ai centri di trattamento RAEE, milioni di vecchi strumenti a tubo catodico, non solo sono più belli di quelli vecchi e ingombranti, ma con-sumano meno.I dispositivi di climatizzazione, le lavatrici… non c’è tecnologia dentro le nostre case che non abbia cam-biato i suoi consumi, rendendo obsoleto tutto quello che avevamo nel giro di meno di un decennio. L’eti-chetta energetica ha insegnato cosa è una “Classe A” e ha reso più desiderabili gli elettrodomestici meno energivori.«Ed è del tutto normale che fra cinque o dieci anni ci saranno dei prodotti che sono estremamente più convenienti al consumatore in termini di risparmio energetico – spiega Davide Rossi, Direttore Generale Aires-Confcommercio – . Per i consumatori è norma-le di conseguenza pensare che presto arriverà qual-cosa di più performante, di così più bello e più sod-disfacente che non è più nemmeno importante che il vecchio elettrodomestico sia ancora funzionante o meno». Non si aspetta che il vecchio muoia, ma si sceglie il nuovo perché è migliore e rende obsoleti i modelli precedenti nello spazio di pochi anni. E obsoleto non significa fuori moda come un paio di scarpe vecchie, ma obsoleto nel senso di prestazioni inferiori.

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Questo è un tema più facile da verificare nell’elet-tronica di consumo, dove dai cellulari ai computer la tecnologia e le sue prestazioni invecchiano da un anno all’altro.« Nella telefonia, per esempio – continua Rossi – il consumatore sa benissimo che si stuferà del telefono che ha dopo un po’ di anni perché ne arriverà uno talmente superiore come utilizzabilità e funzioni che non ci sarà bisogno che si guasti il vecchio. Lo vorrà cambiare semplicemente perché vuole presta-zioni superiori. In altre parole, il consumatore acqui-sta un prodotto Top di gamma sapendo che fra un po’ di anni ci sarà un Top di gamma così superiore che non gli interessa neanche più se il vecchio fun-zionerà o meno».Come dire che anche il dibattito sull’obsolescenza programmata degli oggetti, che sarebbero proget-tati per durare poco, in qualche modo viene messo da parte da uno sviluppo tecnologico che consen-te al consumatore di acquistare un prodotto nuovo prima ancora che il vecchio giunga a fine vita per il

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semplice fatto che il nuovo è migliore per definizio-ne e di fatto.E il servizio dell’uno contro uno, ovvero la possibilità di consegnare al negozio il vecchio RAEE quando se ne acquista uno nuovo diventa una strategia vincen-te per evitare l’accumulo in casa o lo smaltimento ir-regolare di vecchi televisori, cucine o anche cellulari.E se invece di comprarli i nuovi elettrodomestici o altre apparecchiature elettriche ed elettroniche, le prendessimo a noleggio? Così quando ci stufiamo o esce il modello nuovo basta farseli cambiare? Per altro in questo modo il rapporto col produttore, e di conseguenza coi consorzi di cui esso stesso è parte,

non verrebbe mai meno. La filiera, diciamo, sarebbe perfettamente circolare.«Oggi la questione ambientale è diventata estremamente importante – sottolinea Maurizio Bernardi, attuale presidente di Ecodom – anche se devo dire che in Italia, a differenza di altri Paesi dove

pure ho vissuto, non vedo ancora una sensibilità ed un interesse adeguati all’urgenza del tema. Sicuramente un cambiamento culturale è già in corso soprattutto tra le nuove generazioni, tuttavia richiede del tempo per manifestarsi a pieno. Sotto questo punto di vista soggetti come Ecodom possono svolgere il ruolo di facilitatori del cambiamento, favorendo una maggiore sensibilità ambientale attraverso il proprio operato ed il proprio esempio. Sperando ovviamente che questo esempio virtuoso possa poi innescare un processo di imitazione».«Sul tema dell’economia circolare, ad esempio, Ecodom sta diventando sempre più un punto di riferimento a livello nazionale. Su questa tematica di importanza fondamentale per il nostro sistema Paese, il consorzio sta infatti portando avanti iniziative concrete che vanno dallo stimolare il dibattito al supportare progetti sperimentali» aggiunge Bernardi

“Storie di economia circolare” è uno strumen-to utile per essere nel centro di una tematica che diventerà fondamen-tale per l’Europa.

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riferendosi alla campagna “Storie di economia circolare”, attraverso la quale è stata data voce alle eccellenze italiane. L’esempio di “Storie di economia circolare”, di cui si è accennato nel precedente capitolo. Realizzato da Ecodom insieme al Centro di documentazione sui conflitti ambientali, il CDCA, il progetto ha messo a disposizione, tramite il web, un vero e proprio At-lante delle imprese più innovative dell’economia cir-colare.«Tutto questo serve a fare un lavoro, per noi indispensabile, di tipo culturale – spiega Marica Di Pierri, presidente del CDCA. Necessario, riprenden-do la categoria della desiderabilità sociale, per ren-dere evidente alle persone e quindi ai “consumatori” che è possibile praticare economia in maniera sana, quindi rispettando l’ambiente valorizzando i territo-ri, tutelando i diritti di chi lavora. L’Atlante è pensato per questo, per essere uno strumento user friendly attraverso il quale puoi scoprire se ci sono ad esem-pio attorno a te delle realtà che fanno economia in questa maniera. È strutturato in 13 categorie, dall’a-groalimentare all’arredamento, dal tessile ai servizi, ecc. Il nostro è un contributo utile per costruire degli strumenti di educazione al consumo ma utile anche alle imprese per massimizzare la compatibilità della loro filiera perché potrebbero trovare sull’Atlante dei fornitori, ad esempio di materia prima seconda, che possono aiutarli ad espandere il loro ciclo produttivo verso una circolarità sempre maggiore».La strategia per un’economia circolare è ormai poli-tica anche per l’Unione europea che con una serie di atti la sta recependo nel proprio ordinamento e in quello dei Paesi membri.Ma la circolarità può fondersi anche con il concetto di share economy. La cosa a cui oggi siamo più abi-tuati forse sono le auto che possiamo “noleggiare” per pochi minuti nelle città a costi davvero concor-renziali con altre forme di trasporto pubblico come i taxi e senza gli oneri (assicurazione, bollo, pagamen-

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to del parcheggio…) dell’auto privata. Il carsharing che solo pochi anni fa non si sapeva neppure pro-nunciare è oggi una delle forme di mobilità pubbli-co/privata più di successo. Così come il bikesharing con le biciclette.Allora, forse, parlare anche di elettrodomestici a no-leggio potrebbe diventare meno eretico di quanto pensavamo. Anzi.«C’è un progetto – racconta Bernardi – a cui ha par-tecipato anche il Gruppo Bosch insieme ad Ecodom sul tema, appunto, dell’economia circolare,  in cui il prodotto non viene più venduto al consumatore, ma viene dato in noleggio con tutta una serie di servi-zi, secondo un modello di business diverso dal tra-dizionale; questo per far sì che alla fine del periodo stabilito contrattualmente il prodotto possa essere recuperato dal produttore, riportato in fabbrica e preparato per essere riutilizzato».«La share economy applicata ai RAEE dovrebbe cambiare un po’ il modello organizzativo dei Con-sorzi anche in relazione ai prodotti di vecchio tipo

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come gli elettrodomestici – spiega Silvano Falocco, economista ambientale –. L’attuale modalità oggi prevede un conferimento del vecchio, per esempio, frigorifero direttamente al negozio dove acquistia-mo il nuovo. Ecodom gestisce tutta la parte che fa sì che poi il prodotto arrivi fino ai centri di tratta-mento. Ma se aumentasse il numero delle persone che praticano la share economy anche per questi prodotti, o aggregati urbani che vivono in un re-gime di co-housing o di elettrodomestici condivi-si, il quadro potrebbe cambiare. Negozi e centri di trattamento potrebbero avere ruoli completamente diversi, ma sono prospettive ancora molto lontane su cui però bisogna cominciare a porsi domande e prevedere scenari».Che l’industria cambi e sia destinata a cambiare è nell’ordine delle cose. Nell’immaginario collettivo ri-siede l’idea che il futuro sarà diverso ma che l’attuale è solo un’estensione del passato di cui percepiamo poco o niente la trasformazione avvenuta. Salvo, certo, lamentarci in ogni epoca e latitudine che ai tempi dei nostri padri “era tutta un’altra cosa”.In realtà le cose non solo stanno cambiando molto velocemente ma sono già cambiate.Economia circolare e share economy partecipano ad un’evoluzione sostenibile dell’economia, dei processi produttivi e della società verso la sostenibilità già da parecchi anni.È almeno dalla seconda metà del primo decennio del nuovo millennio che abbiamo imparato a familiariz-zare con l’espressione “green economy”, che già con-teneva i principi di circolarità e di condivisione. Cer-to, non esiste un unico modello di economia verde,

rispettosa della sostenibilità. Ce ne sono versioni spintamene più libe-riste e altre più volte al sociale, an-che se la barra del timone richiama sempre il principio espresso per la prima volta nel Rapporto Brunt-land nel 1987 secondo il quale “non può esserci giustizia ambien-

La share economy applicata ai RAEE dovrebbe cambiare il modello organizzativo dei Consorzi.

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tale senza giustizia sociale”.Oggi, in Italia, secondo i dati di Unioncamere, le imprese green sono più di un quarto del totale del-le PMI. Nel 2017 le aziende italiane dell’industria e dei servizi che dal 2011 hanno investito o stavano facendolo in tecnologie green per ridurre l’impatto ambientale, risparmiare energia e contenere le emis-sioni di CO2 erano 355mila, 27,1% del totale. Una quota che sale al 33,8% nell’industria manifatturie-ra, dove l’orientamento green si conferma un volano strategico per il made in Italy in termini di maggiore competitività, crescita delle esportazioni, fatturati e occupazione.Sono numeri che, a dispetto della crisi generale, rac-contano un paese reattivo e che confermano le tan-tissime testimonianze che sono raccolte nell’Atlante dell’economia circolare.Ma anche se Ecodom è leader del settore, essendo il sistema collettivo che gestisce circa un terzo di tutto il volume dei RAEE raccolti in Italia, una parte an-cora più grande sfugge totalmente. Nei primi mesi del 2018, nei pressi di Roma, è stata rinvenuta una discarica, una specie di cimitero monumentale di

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frigoriferi. Ancora oggi, nelle grandi città, nei parchi naturali, negli angoli più impensabili non è impossi-bile imbattersi in un elettrodomestico, in un vecchio computer, lampade abbandonati lì da qualcuno.Da un lato quindi esiste una filiera che funziona, con anche il Centro di coordinamento RAEE che fa da ar-bitro, dall’altro, a dieci anni dal calcio d’inizio della partita, il fenomeno del cosiddetto mercato paralle-lo, della discarica abusiva, del furbo di troppo e del falso tonto continuano a non gestire, o gestire male, centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti elettrici ed elettronici, mettendo a rischio l’ambiente e facen-do perdere in termini economici tutto il valore delle materie prime seconde che quegli stessi “rifiuti” po-trebbero offrire alla catena del valore. E un ritardo costante e perpetuato negli anni nell’applicazione delle normative.Immaginiamo cosa sarebbe se l’efficienza Ecodom fosse estesa a tutto il settore.Solo nel corso del 2017 il consorzio può vantare di aver gestito 105.066 tonnellate di RAEE: una cifra importante pari al peso di 231 Freccia Rossa 1000 da 8 carrozze, oppure di 291 Airbus A380. La gran parte dei materiali (61,7%) erano lavatrici, asciu-gatrici, lavastoviglie, forni, cappe, stufe elettriche, boiler, microonde (raggrupamento R2) e il restante (37,5%) frigoriferi, congelatori, grandi elettrodome-stici per la refrigerazione, la conservazione e il depo-sito di alimenti (raggruppamento R1).Che in dieci anni significa una massa totale, in peso, di 765.256 tonnellate.E se da un frigorifero in media si estraggono 28 kg di ferro, 6 kg di plastica e oltre 3 kg tra rame e alluminio, dalle oltre centomila tonnellate di RAEE del 2017,

Ecodom ha ricavato 63.802.000 kg di ferro, pari a 182 tettoie del-la Galleria Vittorio Emanuele di Milano, 2.007.000 kg di allumi-nio, pari a 2 milioni di caffettiere, 2.064.000 kg di rame pari a 2.321

Solo nel corso del 2017 Ecodom può vantare di aver gestito oltre 105 mila tonnellate di RAEE.

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km di cavo di rame delle ferrovie e 10.718.000 kg di plastica, pari a 29 milioni di cestini da ufficio.

Un lavoro immenso se si pensa a tutta l’attività che serve per renderlo ambientalmente sostenibile, eco-nomicamente remunerativo e affinché siano rispet-tati tutti i parametri di qualità e sicurezza, anche in maniera più estesa di quanto non prevedano le nor-me specifiche.La qualità, se ne è già parlato altrove in questo libro, è un elemento distintivo della storia di Ecodom, ma la qualità è anche il leitmotiv delle economie soste-nibili, perché è l’unico strumento a disposizione per far sì che dallo slogan si passi alla pratica della soste-nibilità. «Noi abbiamo un’immagine e un brand da proteg-gere – spiega Bernardi – anche a nome degli altri consorziati». Già, perché l’etica della qualità si lega a

quella della responsabilità.I cittadini hanno sempre maggiori strumenti di conoscenza e di ve-rifica. In una indagine di qualche tempo fa promossa da Unionca-mere si rilevava come gli italiani ritenessero le imprese non solo re-sponsabili ma capaci di guidare la trasformazione della società verso

una maggiore sostenibilità più delle istituzioni. Una frase che usò la stampa al tempo era che gli italiani votavano attraverso il carrello della spesa. La preoccupazione di Ecodom nel creare lungo que-sti dieci anni una filiera di qualità ben rappresenta la giusta risposta delle imprese a questo tipo di sen-sibilità, ma anche di richiesta da parte del pubblico.Nell’indagine che Ecodom attraverso Fondazione Ecosistemi ha condotto presso i suoi stakeholder emerge una ulteriore conferma a tutto ciò: «Anche per quanto riguarda la credibilità di Ecodom gli sta-keholder hanno risposto in maniera molto positiva parlando di dati trasparenti, tracciabili e accurati, di dati validati e affidabili e facilmente interpretabili. Interessante il fatto che qualcuno ha detto di utiliz-

La divulgazione di dati trasparenti, tracciabili e facilmente interpretabili è segno distintivo di un lavoro di qualità.

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10 anni di Ecodom - 99

zare i dati di Ecodom per il suo lavoro, quindi come parametri di riferimento»..E ancora: «La divulgazione di dati trasparenti, trac-ciabili e facilmente interpretabili è sicuramente se-gno distintivo di un lavoro di qualità teso al raggiun-gimento di elevati standard ambientali».E gli stakeholder a cui è stato chiesto di esprimer-si in merito al ruolo del Consorzio nel processo di transizione all’economia circolare non hanno potu-to che confermarlo: «Ecodom da sicuramente il suo contributo all’economia circolare per il compito che svolge».«La comunicazione e la promozione dello “storytel-ling”, la raccolta e la diffusione delle buone pratiche sono un contributo utile allo sviluppo dell’economia circolare in Italia».

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100 - L’era dei RAEE

7. L’era dei RAEE in numeri

Quantità raccolte per Regione nei 10 anni (valori sistema RAEE CdC)

RAEE gestiti dall’interosistema (ton)AbruzzoBasilicataCalabriaCampaniaEmilia RomagnaFriuli Venezia GiuliaLazioLiguriaLombardiaMarcheMolisePiemontePugliaSardegnaSiciliaToscanaTrentino Alto AdigeUmbriaValle d'AostaVeneto

TOTALE

2008

682210715

2.0734.3332.9873.107919

16.6292.426128

7.7451.1082.552629

4.7912.9202.200185

9.374

65.713

2009

2.160755

3.78311.22123.0486.410

12.6524.211

37.8645.180494

21.0274.6319.0184.113

13.3916.5535.240442

20.841

193.034

2010

2.6931.1505.059

15.15526.7228.149

16.5406.978

47.1026.147650

23.7466.6549.636

11.08317.1697.1136.452571

26.582

245.351

2011

2.9351.1824.732

15.70728.5248.116

14.2429.365

50.4067.002684

22.9627.7839.518

15.10620.1647.2344.670952

28.806

260.090

2012

3.7741.2984.550

14.74523.1956.975

14.3998.732

45.8147.823759

18.4038.9798.260

13.65020.5827.0154.6001.050

23.362

237.965

2013

3.8302.2743.406

13.76221.7866.712

13.6648.123

46.4997.393792

17.7487.8098.590

10.95419.8496.9793.8851.048

20.828

225.931

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10 anni di Ecodom - 101

2014

3.9701.5303.397

14.77621.9187.234

15.3667.955

49.0167.147752

18.3457.9868.9569.050

20.2787.1513.9501.003

21.937

231.717

2015

4.4791.5335.435

14.60423.7077.327

17.1848.406

51.9717.239983

20.0738.4099.703

11.27821.2677.1834.1991.058

23.216

249.254

2016

4.9621.9616.891

17.70128.6217.949

21.0268.988

55.6417.9282.479

21.6739.772

11.10813.70623.9557.3254.7571.164

25.468

283.075

2017

5.3922.0107.682

16.67032.2528.147

23.1349.255

57.6507.7962.044

22.77210.98211.62613.99624.9567.6954.8451.261

26.109

296.274

Dieci anni di attività possono es-sere raccontati in molti modi. Nelle pagine precedenti ne ab-biamo tracciato un percorso

attraverso la voce di alcuni dei protago-nisti, abbiamo letto e sintetizzato i tanti documenti prodotti nel corso del tempo. Persino le immagini ci hanno reso possi-bile entrare in un centro di trattamento o vedere le opere di artisti come Pistoletto o Guerra che hanno prestato il loro talento per raccontare la storia dei RAEE attraver-so l’interpretazione artistica.I grafici e i numeri di queste ultime pagi-ne sono invece il resoconto essenziale dei risultati raggiunti da Ecodom in 10 anni: più di 7 milioni di emissioni di CO2 equi-valente evitate, 880 milioni di kWh rispar-miati, 765 milioni di chilogrammi di RAEE gestiti.Il confronto fra quanto gestito da Ecodom e quanto da tutto il resto dei sistemi col-lettivi restituisce, inoltre, il grande lavoro fatto in questi anni. Nelle pagine prece-denti ne abbiamo raccontato gli aspetti "qualitativi", qui quelli quantitativi.

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102 - L’era dei RAEE

RAEE gestiti da Ecodom (ton)AbruzzoBasilicataCalabriaCampaniaEmilia RomagnaFriuli Venezia GiuliaLazioLiguriaLombardiaMarcheMolisePiemontePugliaSardegnaSiciliaToscanaTrentino Alto AdigeUmbriaValle d'AostaVeneto

TOTALE

2008

415149556

1.0091.4801.3551.187463

5.83596184

4.090587

1.300335

2.1021.2361.230

03.754

28.128

2009

1.061270

2.2654.3598.8201.6723.1321.618

11.8741.772201

9.1841.9022.9402.2925.7851.9482.516

06.708

70.320

2010

1.151360

2.8514.5649.3461.6353.6652.603

12.0511.914208

8.6782.4713.3086.2437.5002.1892.889

358.285

81.946

2011

1.355257

2.8524.6149.227978

3.1583.587

13.4771.955106

8.2182.9233.2989.9847.7721.9631.845200

8.980

86.749

2012

1.286286

2.4003.7076.8401.0563.9952.982

12.3041.612

635.3692.6282.9546.9546.6141.8451.337328

7.393

71.953

2013

1.222270

1.7733.1187.1611.5613.6633.287

13.9601.753151

5.5462.0063.1054.8687.1932.0331.154383

6.748

70.955

Quantità raccolte per Regione nei 10 anni (valori Ecodom)

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10 anni di Ecodom - 103

2014

1.054279

1.4724.5027.4011.8304.1203.175

15.8271.901138

5.8891.9293.4474.0677.7752.1281.108379

7.564

75.985

2015

1.283297

1.8563.5827.6451.7404.9083.381

16.6531.896168

6.8302.2913.4323.5637.2312.0761.250420

7.763

78.265

2016

1.494555

2.4964.053

10.0752.2846.5443.458

19.5172.4031.2087.9052.8274.2025.4588.9022.2111.618506

8.173

95.889

2017

1.320504

2.3194.899

13.2812.5568.7323.339

20.1462.3481.0658.1412.7954.4686.5419.7762.2211.580536

8.499

105.066

Nel corso dei 10 anni le quan-tità di RAEE raccolte sono andate progressivamente crescendo. La “crisi” vissuta

fra il 2012 e il 2013 è stata attraver-sata e superata anche grazie ai diver-si meccanismi di compensazione, di “fair trade”, che Ecodom ha messo in atto per calmierare il mercato e far so-pravvivere gli operatori del settore ga-rantendo loro entrate certe anche nei periodi, come questo, di magra.Lo sforzo di raccolta poi ha ripreso a crescere e, nel 2017, ha superato le centomila tonnellate gestite da Eco-dom.I dati in queste pagine sono tutti ela-borati da Ecodom 2018 e tengono conto di dieci anni di Rapporti di so-stenibilità, incluso quello relativo al 2017.

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104 - L’era dei RAEE

il Consorzio

1

ECODOMRapporto di

Sostenibilità 201619

1.5 COME LAVORA ECODOM: RIGORE ED EFFICENZAI RAEE possono contenere sostanze inqui-nanti e dannose per l’ambiente: è quindi fon-damentale che la loro gestione sia affidata a soggetti responsabili e monitorabili.

Ecodom presta la massima attenzione alla selezione dei fornitori che realizzano per suo conto il servizio di trasporto e di trattamento dei RAEE, in base alle specificità di ciascun Raggruppamento.

In particolare Ecodom assicura che i propri fornitori trattino i RAEE in modo tale da evi-tare la dispersione di sostanze nocive, quali ad esempio i clorofluorocarburi (CFC) e gli idroclorofluorocarburi (HCFC) presenti nei fri-goriferi, nei condizionatori e nei congelatori di vecchia generazione, e da conseguire un effettivo riciclo delle materie prime (acciaio, rame, alluminio e plastiche) di cui i RAEE sono costituiti.

La filiera è composta sia da soggetti che ope-rano direttamente per conto di Ecodom, ov-vero i fornitori di logistica e di trattamento, sia da soggetti esterni al perimetro del Consorzio quali: i soggetti che effettuano l’immissione sul mercato di AEE (Produttori, importatori, distributori); coloro che provvedono al confe-rimento e alla raccolta delle apparecchiature divenute rifiuto in appositi centri (cittadini, di-stributori, enti locali); i soggetti a valle del peri-metro di Ecodom, che effettuano le eventuali lavorazioni successive delle frazioni ottenute dai RAEE da parte dei fornitori di trattamento di Ecodom, per destinarle agli operatori che le re-inseriscono nei processi produttivi.

La fase successiva al conferimento dei RAEE da parte dei cittadini è un momento particolar-mente delicato. È in questa parte della catena, infatti, che può verificarsi l’intercettazione dei RAEE da parte di soggetti spinti esclusiva-mente dall’obiettivo di un facile profitto eco-nomico a scapito della tutela ambientale.

Il rischio che questo possa avvenire aumenta proporzionalmente con il crescere del valore delle materie prime seconde (soprattutto del ferro) sui mercati.

Il processo di gestione dei RAEE coinvolge diversi attori: i cittadini, gli enti lo-cali, i negozianti e i Sistemi Collettivi, con i loro fornitori (società di trasporto e impianti di trattamento). Come in ogni “catena”, anche in quella dei RAEE è necessario che ogni “anello” svolga in modo adeguato il proprio compito.

LA CATENA DEI RAEE

ISOLE ECOLOGICHEPunti di Prelievo (enti locali)

TRASPORTOdelle frazioni in uscita

consegna alle isole ecologiche

"uno contro uno"

"uno contro zero"

DISTRIBUTORI(market)

RICICLO di materiale

REINSERIMENTO delle materie prime seconde nel ciclo produttivo

VALORIZZAZIONEenergetica

SMALTIMENTO TERMICO E DISCARICA

TRASPORTO

TRATTAMENTO

LUOGHI DI RAGGRUPPAMENTO

CITTADINI

ECODOM E I SUOI FORNITORI

Ecodom si avvale di aziende specializ-zate nel trattamento dei Rifiuti da Ap-parecchiature Elettriche ed Elettroni-che, individuate attraverso un rigoroso processo di selezione e sottoposte a un monitoraggio continuo delle perfor-mances ambientali. In questi impianti, dai RAEE vengono rimosse in modo si-curo le sostanze inquinanti e recuperate le materie prime-seconde.

41impianti di trattamento

Il ciclo dei RAEE

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10 anni di Ecodom - 105

il Consorzio

1

ECODOMRapporto di

Sostenibilità 201724

1.7 LA RETE DEGLI STAKEHOLDER

Tutti questi soggetti sono stati mappati e organizzati secondo lo schema proposto dalle linee guida AA1000SES, in base alla loro capacità di influenzare il raggiungimento dei risultati perseguiti da Ecodom e in base alla loro esposizione agli impatti generati (G4-25).

Ecodom, come ogni azienda, deve la sua esistenza a una molteplicità di interessi, il cui corretto soddisfacimento influisce in modo significativo sul perseguimento della propria mission, e opera all'interno di una fitta rete di rapporti con soggetti molto diversi tra loro. Conoscenza, ascolto e valutazione degli stakeholder rappresentano fasi fondamentali nella costruzione di un "valore condiviso". La rete degli stakeholder coinvolge molti attori dell'economia circolare: in primo luogo, le imprese - i Produttori di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche, i fornitori di logistica, gli impianti di trattamento e i distributori attivi nella raccolta dei RAEE; poi le istituzioni nazionali (quali il Parlamento e il Governo), quelle locali (rappresentate dall'ANCI), le aziende che gestiscono la raccolta dei RAEE per conto degli Enti Locali, nonché i soggetti che a livello nazionale e internazionale aggregano e coordinano i Sistemi Collettivi (come il Centro di Coordinamento RAEE e il WEEE Forum), progetti sociali, associazioni imprenditoriali, concorrenti e media. Ecodom ha inoltre costruito, anche per realizzare il suo Atlante dell'Economia Circolare, importanti rapporti di collaborazione e di scambio culturale con enti di ricerca, ONG, esperti in materia ambientale e nel settore dei RAEE (G4-24).

Le macrocategorie sono (G4-24):

PRODUTTORI DI APPARECCHIATURE ELETTRICHE ED ELETTRONICHE (associazioni di riferimento e Comitato Tecnico del Consorzio)

ORGANISMI DI CONTROLLOENTI LOCALI LEGISLATORI NAZIONALI ALTRI SISTEMI COLLETTIVIFORNITORI DI LOGISTICA E TRATTAMENTODISTRIBUTORI MONDO ACCADEMICO E CONSULENTI CENTRI DI RICERCA ASSOCIAZIONI AMBIENTALISTE E DEI CONSUMATORI PROGETTI SOCIALIORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALICITTADINICENTRO DI COORDINAMENTO RAEE

MAPPA DEGLI STAKEHOLDERFigura 1

Relazioni contrattuali Relazioni istituzionali Relazioni volontarie

PRODUTTORIDI AEE

ENTI LOCALI

DISTRIBUTORI

CITTADINI

PROGETTI SOCIALI

ALTRI SISTEMI COLLETTIVI

ASSOCIAZIONI AMBIENTALISTE E DEI

CONSUMATORI

MONDO ACCADEMICO E

CONSULENTI

CENTRI DI RICERCA

ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI

ORGANISMI DI CONTROLLO

FORNITORI DI LOGISTICA E

TRATTAMENTO

LEGISLATORINAZIONALI

CENTRO DI COORDINAMENTO

RAEE

ECODOM

La mappa degli Stakeholder

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106 - L’era dei RAEE

Andamento quantità raccolte sistema RAEE CdC nei 10 anni (migliaia di tonnellate)

2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016

Ripartizione RAEE gestiti in Italia nei 10 anni - sistema RAEE CdC e Ecodom(migliaia di tonnellate)

Ecodom Altri Sistemi Collettivi

2008 20172009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016

0

50

100

150

200

250

300

2017

0

50

100

150

200

250

300

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10 anni di Ecodom - 107

Quantità di RAEE R1 gestite dal sistema RAEE formale in Italia nei 10 anni - sistema RAEE CdC e Ecodom (migliaia di tonnellate)

Quantità di RAEE R2 gestite dal sistema RAEE formale in Italia nei 10 anni - sistema RAEE CdC e Ecodom (migliaia di tonnellate)

0

20

40

60

80

100

2008 2017

2008 2017

Ecodom Altri SC

Ecodom Altri SC

0

20

40

60

80

100

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108 - L’era dei RAEE

0

20

40

60

80

100

120

Quantità di RAEE per ripartizione geografica in Italia nei 10 anni- sistema RAEE CdC e Ecodom

RAEE gestiti dall'intero sistema RAEE CdC (migliaia di tonnellate)

RAEE gestiti da Ecodom (migliaia di tonnellate)

SUD

CENTRO

NORD

0

50

100

150

200

250

300

SUD

CENTRO

NORD

2008 2017

20172008

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10 anni di Ecodom - 109

Quantità di RAEE per ripartizione geografica in Italia nei 10 anni (R1 e R2) - sistema RAEE CdC e EcodomR1 gestiti dall'intero sistema RAEE CdC (ton)

ANNO

2008200920102011201220132014201520162017

NORD

15.231 32.465 34.333 34.211 31.978 31.777 33.176 35.838 37.083 39.058

CENTRO 5.098

11.447 12.980 12.471 12.426 12.251 12.825 13.670 15.091 15.908

SUD

3.710 13.050 18.869 21.750 19.499 18.131 18.023 20.907 23.985 25.482

TOTALE

24.039 56.962 66.182 68.432 63.903 62.159 64.024 70.415 76.159 80.448

R1 gestiti da Ecodom (ton)

ANNO

2008200920102011201220132014201520162017

NORD

11.358 22.145 21.387 20.902 17.823 18.356 18.514 18.746 19.066 18.836

CENTRO 3.801

7.637 8.101 6.891 6.231 6.511 6.672 6.266 7.211 8.155

SUD 2.767

8.268 11.550 14.265 11.877 10.066 9.965 9.673 11.329 12.358

TOTALE

17.926 38.050 41.037 42.058 35.931 34.933 35.151 34.685 37.606 39.349

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110 - L’era dei RAEE

R2 gestiti dall'intero sistema RAEE CdC (ton)

ANNO

2008200920102011201220132014201520162017

NORD

9.084 28.02534.34638.98533.79734.61436.09142.06353.29858.745

CENTRO 2.208 7.897

11.09511.281 11.634 11.446 11.912 14.35718.90220.805

SUD 2.245

10.676 14.490 15.866 12.278 10.096 9.946

12.348 17.948 17.223

TOTALE

13.53646.598 59.931 66.132 57.709 56.156 57.949 68.768 90.148 96.773

R2 gestiti da Ecodom (ton)

ANNO

2008200920102011201220132014201520162017

NORD 6.749

19.354 23.130 25.536 20.046 21.959 25.282 27.319 34.491 39.341

CENTRO 1.640 5.420 7.725 7.764 7.281 7.176 8.126 8.897

12.062 14.106

SUD 1.668 6.952 9.557

11.098 8.363 6.399 6.855 6.724

10.830 11.367

TOTALE

10.057 31.726 40.412 44.398 35.690 35.534 40.263 42.940 57.383 64.814

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10 anni di Ecodom - 111

Quantità di RAEE pro-capite gestita da Ecodom nei 10 anni (R1 e R2)

ANNO

2008200920102011201220132014201520162017

R1

0,301,201,301,301,201,101,101,241,321,59

R2 0,201,001,201,401,101,001,101,301,691,83

quantità pro capite gestita da Ecodom

(kg/abitante)

Punti di prelievo gestiti da Ecodom per area geografica nei 10 anni

Punti di Prelievo gestiti da Ecodom (numero)

ANNO

2008200920102011201220132014201520162017

NORD

2.913       2.973       2.984       2.570       2.453       2.800       2.712     2.512   2.807

2.589

CENTRO

484 505 530 491 507 648 631 581 698 647

SUD

      435          547          684          599          673          829          880        824    1.053

    1.062

TOTALE

3.832 4.025 4.198 3.660 3.633 4.277 4.223 3.917 4.558 4.298

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112 - L’era dei RAEE

62%

15%

23%

R1

59%

15%

26%

R2

Ripartizione geografica Punti di Prelievo

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10 anni di Ecodom - 113

ANNO

2008200920102011201220132014201520162017

TOTALE

Quantità riciclate R1

14.825

31.772 34.348 34.656 29.607

28.959 29.070 28.893 31.175

32.798  296.103

Quantità riciclate R2

9.454 28.426 36.573 39.425 32.157

32.869 37.324 39.247 52.219

59.519  367.212

Quantità riciclate R3

- - - - -

- 60 76 47

 43

225

Quantità riciclate R4

133

498 455 268 304

453 419 501 766

780

4.575

Quantità riciclate R5

---------2

2

Quantità avviate al riciclo nei 10 anni (ton)

Quantità avviate a recuperonei 10 anni (ton)

ANNO

2008200920102011201220132014201520162017

TOTALE

Quantitàriciclate

24.411 60.696 71.376 74.349 62.068 62.282 66.872 68.716 84.206 93.142

668.118

Quantità avvia-te a recupero

24.721 61.489 72.518 76.177 64.223 65.776 70.604 72.600 88.550 97.587

694.245

ANNO

2008200920102011201220132014201520162017

TOTALE

Quantità riciclate per raggruppamento (ton)

Attività di recupero e riciclaggio

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114 - L’era dei RAEE

Beneficio derivante dalla cor-retta gestione dei RAEE da parte di Ecodom nei 10 anni - CO₂ non immesse in atmosfe-ra. Beneficio derivante dalla cor-retta gestione dei RAEE da parte di Ecodom nei 10 anni - kWh di energia elettrica ri-sparmiati.

ANNO

2008200920102011201220132014201520162017

TOTALE

Beneficio di emissioni

(t CO2 eq)

146.927 595.541 828.635

897.111 766.178

745.037 750.199 810.469 805.869 842.184

7.188.150

Beneficio energetico

(kWh)

37.751.765 87.557.272 98.210.924

101.983.651 85.899.011

84.523.784 88.088.134 89.305.556 96.735.833 112.252.442

882.308.372

Beneficio ambientale complessivo

Potenziale risparmio energetico (kWh) 3.047.783.028

Potenziale risparmio di emissioni (t CO2 eq)

15.492.332

Potenziale risparmio di emissioni ed energetico se il modello Ecodom fosse applicato a tutti i RAEE generati in Italia

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10 anni di Ecodom - 115

Principali impatti economici indiretti nei 10 anni (valori in euro)

ANNO

2008200920102011201220132014201520162017

Diminuizioneoneri

19.047.70020.559.60420.653.08913.495.88310.959.8108.690.3317.795.8527.950.4209.340.3987.690.295

Ammodernamento Centri di Raccolta

480.113

1.396.8782.128.7212.190.7891.688.6002.279.7532.566.9743.296.4043.881.1344.274.385

Premi di efficienza ai Luoghi

di Raggruppamento  

 --

133.250210.000285.900559.794715.390

1.190.8732.024.6642.635.413

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116 - L’era dei RAEE

INDICATORE

Imprese consorziate

Fornitori

Quantità di RAEE gestite

Quota di mercato R1

Quota di mercato R2

Quantità di materie prime seconde riciclate

Emissioni di CO2 evitate

Energia risparmiata

Livello di servizio (puntualità trasporti)

Ore di formazione

Dipendenti

2008

41

28

28.128

73,03%

72,22%

24.411

146.927

37.751.765

95,50%

1.056

12

Unitàdi misura

n.

n.

ton.

%

%

ton

tCO2eq

kWh

%

h

n.

2009

35

28

70.320

63,43%

67,27%

60.696

595.541

87.557.272

98,40%

142

13

2010

35

28

81.946

61,27%

67,26%

71.376

828.635

98.210.924

99,70%

116

15

2011

34

56

86.749

59,80%

65,88%

74.349

897.111

101.983.651

99,90%

898

14

Il poeta argentino Jorge Luis Borges in un celebre scritto sosteneva l'impossibilità di creare una mappa geografica abbastanza fedele da corrispondere alla realtà. Una carta del genere avrebbe dovuto essere grande quanto il territorio che rappresenta-va, in scala 1:1. Quindi inutilizzabile. Compito di una mappa è quella di offrirci una

serie di simboli che ci aiutino a orientarci. Anche nel nostro caso non serve conoscere la destinazione di ogni singola materia riciclata ottenuta a partire dai nostri RAEE, ma per concludere il nostro racconto è importante sapere le tappe fondamentali. I numeri e i principali risultati raggiunti come quelli illustrati da questa tabella.

10 anni di risultati Ecodom in cifre

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10 anni di Ecodom - 117

2012

34

45

71.953

56,91%

63,67%

62.068

766.178

85.899.011

99,90%

907

14

2013

34

48

70.955

58,73%

66,47%

62.282

745.037

84.523.784

99,98%

707

16

2014

34

56

75.985

52,35%

66,45%

66.872

750.199

88.088.134

99,96%

628

16

2015

29

48

78.265

49,93%

64,07%

68.716

810.469

89.305.556

99,87%

671

16

2016

27

46

95.889

50,34%

65,43%

84.206

805.869

96.735.833

99,91%

326

18

2017

30

42

105.066

44,04%

63,86%

93.142

842.184

112.252.442

99,86%

694

21

TOTALE

 - -

765.256  -

-

668.118

7.188.150

882.308.372 

-

6.145 -

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IL LIBRORAEE significa “Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroni-che”. La loro gestione da parte dei Sistemi Collettivi è iniziata per legge solo nel gennaio del 2008. Ecodom è stato il protagonista più importante di questi dieci anni, non solo per la quantità di RAEE trattati ma anche per le numerose iniziative di sensibilizzazione de-gli stakeholder e per il continuo miglioramento della qualità opera-tiva. Questo libro è un viaggio-inchiesta fra i protagonisti di questi dieci anni, che hanno rappresentato un punto di svolta nella gestio-ne del mondo dei rifiuti e che per questo abbiamo voluto chiamare “L’era dei RAEE”.

L’AUTOREMarco Gisotti, giornalista e divulgatore, ha scritto con Tessa Gelisio “Guida ai green jobs”, il primo manuale sui lavori verdi in Italia, ed è fra gli autori del rapporto annuale “GreenItaly” di Unioncamere e fondazione Symbola. È autore e conduttore presso “Wikiradio” su Radio3 Rai, dove si occupa di scienza e ambiente. È docente, come cultore della materia, all’Università di Tor Vergata nel corso Teorie e linguaggi della comunicazione scientifica. Ha fon-dato ed è direttore scientifico dell’agenzia di studi e comunicazione ambientale Green Factor.

ECODOMEcodom - Consorzio Italiano Recupero e Riciclaggio Elettrodomesti-ci - è il Sistema Collettivo nazionale che gestisce, senza fini di lucro, il trasporto e il trattamento dei RAEE. Costituito base volontaria dai principali produttori di grandi elettrodomestici, cappe e scalda-acqua operanti nel mercato italiano, Ecodom ha l’obiettivo fondamentale di evitare la dispersione di sostanze inquinanti nell’ambiente e mas-simizzare il recupero dei materiali da reinserire nel ciclo produttivo. www.ecodom.it