ANNO LXXXVII - 2016/7 SETTEMBRE - GENNAIO. AMICO 3... · Come progettare oggi una “Casa di...

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ANNO LXXXVII - 2016/7 SETTEMBRE - GENNAIO 3 “Poste Italiane Spa - spedizione in abbonamento postale - D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004) art.1 comma 2, DCB Milano”

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ANNO LXXXVII - 2016/7SETTEMBRE - GENNAIO

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ARTEL’AMICO

CRISTIANAANNO LXXXVII - 2016/7

dell’

RIVISTA TRIMESTRALE DELLA “SCUOLA BEATO ANGELICO”PER LA CULTURA E LA FORMAZIONE ESTETICA DELL’ANIMA

“Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003(conv.in L. 27/02/2004) art.1 comma 2 DCB Milano”. Direzione Ammin. Scuola BeatoAngelico Viale S.Gimignano, 19 - 20146 Milano tel. 02/48302854 - fax 02/48301954email [email protected] - www.scuolabeatoangelico.it - Autorizzazione del Tribunaledi Milano n.484 del 14/09/1948. Con approvazione ecclesiastica.Direttore Dr. Arch. Valerio Vigorelli. c/c postale N. 15690209. “ISDN. 0003-1747”.

Per allargare la cerchia degli amici senza aumentare le spese L’Amico dell’arte cristiana, torna al for-mato più economico e nello stesso tempo si rinnova nella sua veste grafica grazie alla collaborazio-ne congli Amici dell’associazione ALBA. Siamo sempre grati a quanti sostengono con le loro offertequesto periodico inviato gratuitamente a quanti conosciamo o ce lo richiedono.

Don Vincenzo GattiPrimo anniversario della morte

27 dicembre 2016 Celebrazione eucaristica alla Basilica S. Pietro al Monte Sopra Civate (L.B.)

Dall’omelia di don Erminio Burbello

Lettera di partecipazione del Rettore Istituto S. Anselmo (Roma)

Lettera di partecipazione dalla diocesi di Ngozi (Burundi)

14 gennaio 2017 Celebrazione eucaristica nella Cappella della TrasfigurazioneScuola Beato Angelico - Milano (L.B.)

Dall’omelia di Sua Ecc.Za Mons. Erminio De Scalzi

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Come progettare oggi una “Casa di preghiera” (V.V.)

Inaugurazione del nuovo mosaico per il lucernario Chiesa Gesù pane vivo (L.B.)

Tema mariano per una casula ricamata: Immacolata Concezione (L.B.)

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Arte vitrea per la chiesa - Percorso storico

“La preghiera rappresentata”Una proposta vocazionale (V.V.)

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Nella quarta copertina – invito mostra omaggiale: Don Marco Melzi Uomo,artista, operaio di Dio Museo diocesano, Milano

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Nozze

Luca di Francesco Una pala d’Altare

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cronaca

carisma

ex alunni

notiziario

invito

inserto

Un prete un parroco un pastore - Mons. Camillo Locati nel 70° anniversario sacerdotale (V.V.)

Padre Romano Scalfi è tornato al Padre (C.D.) - 25 dicembre 2016

Nella terza copertina Suor Fulvia contempla da vicino la bellezza

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Il carisma di Mons. GiuseppePolvara, Fondatore della FamigliaBeato Angelico

Premessa1. E’ davvero inspiegabile la situazionedella nostra Chiesa: da una parte lagioventù sembra non avere un proget-to di vita e si lascia vivere seguendol’onda e la massa; dall’altra parte c’èuna esuberanza di proposte di vita e diimpegno sociale non solo religiosa, edogni istituzione si preoccupa di farsiconoscere quasi in una “gara di voca-zioni”. Se fosse possibile riunire inrete tutte le singole proposte tra lorocoordinate, probabilmente ciò giove-rebbe a tutti, sia i possibili utenti che iproponenti. Da parte nostra comincia-mo a tale scopo a sintetizzare quella dicui siamo portatori.

2. E’ noto che per Carisma si intendenon una scelta libera ma un dono divi-no fatto ad un fedele o ad un gruppolimitato perché lo trasmettano a bene-ficio di tutta la Santa Chiesa.

UNA PROPOSTA VOCAZIONALE

“LA PREGHIERARAPPRESENTATA”

di Valerio Vigorelli

1. TRASFIGURAZIONE DEL SIGNORE, BOZZETTO DI ERNESTOBERGAGNA, SCUOLA BEATO ANGELICO.

CARISMAL’ispirazione di Mons. Polvara, affi-data alla sua Famiglia Beato Angelicoè che: i linguaggi sensibili, e special-mente quello visivo, sono anzitutto,nella liturgia, esercizio di cultoecclesiale (Preghiera rappresentata)

E perciò è estraneo ad essa ogniintervento individuale; il popolo di Dioagisce “ex opere operantis Ecclesiae”,quale mistico corpo di Cristo.

Come nei sacramenti, l’efficacia del-la liturgia non dipende dalla santitàpersonale del ministro officiante, madalla validità di “materia e forma”. Nonper questo si è esonerati dall’impegnodi una partecipazione attiva e totale, inpiena adesione al mistero che si cele-bra, puntando alla qualità e autenticitàtrasformante del vissuto celebrato.

(V.V.)

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Una giornata insolitamente primave-rile, con sole, vento e la voglia mattad'incontrarsi. In una cornice suggesti-va, tra monti e laghi, nella basilicabenedettina del X sec. di San Pietro alMonte, il corteo di amici e pellegrini, siè stretto attorno a don Vincenzo.

A distanza di un anno dalla sua mor-te, fare memoria ed esternare i senti-menti di riconoscenza proprio nel luo-go dove don Vincenzo ha speso le suemigliori energie prodigandosi come ilnostro Fondatore, Mons. GiuseppePolvara, a custodire e valorizzare quelpatrimonio cristallizzato nell'architettu-ra e in quel prezioso apparato icono-grafico che la riveste, è quanto sponta-neamente ciascuno dei convenuti hainteso fare: un omaggio all'amico, allaguida, al pastore... al compagno dicammino.

cronaca

2. VEDUTA LATERALE DELLA BASILICA S. PIETRO AL MONTE CONPERSONE RACCOLTE IN PREGHIERA AL LUOGO DI SEPOLTURA, PRES-SO L'ORATORIO DI S. BENEDETTO.

3. PORTA DI INGRESSO ALL'ABBAZIA. UNA SCRITTA VI È INCISASOPRA CON IL MOTTO BENEDETTINO “ORA ET LABORA”.

Basilica S. Pietro al Monte di Civate

Celebrazione eucaristicaricordando

don Vincenzo Gatti 27 dicembre 2016 ore 10,30

È toccato questa volta a don ErminioBurbello presiedere la celebrazioneeucaristica e lo ha fatto trasmettendo la

Ricordando don Vincenzo, ad unanno della sua dipartita, condividiamocon voi i messaggi che continuano adarrivarci e gli eventi che ci hanno visticoinvolti nella preghiera di suffragio,nella memoria viva e affettuosa checonsolida la nostra amicizia e rafforzala valorizzazione del patrimonio colti-vato con amore e appassionata dedi-zione.

di Sr. Laura

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lungo il cammino del tuo dolore, finoall'offerta finale della tua vita che orariposa in Dio. Nell'umile casa del tempo ituoi genitori ti hanno accolto con gioia;poi con fede tu hai riposto la tua vita e latua sofferenza in Dio; e queste sono sta-te per noi un segno d'amore. Siamo par-titi per consolarti, e siamo stati consolati;per sostenerti, e ci siamo trovati soste-nuti, per darti forza, e abbiamo trovato inte forza e speranza. Nella tua stretta dimano e nel tuo sguardo lucente, immer-so nel dolore, abbiamo capito che nonsiamo soli, ma c'è un Dio che ci ama,che ci consola, e che ci aiuta a innalzarefino all'ultimo pendio la croce da cui sca-turisce in tutta la sua luce il compimentooblativo della Salvezza. Grazie, Signoredella Vita, che ci hai guidato e illuminato;grazie per quest'umile e misteriosamen-te grande vita, che, prima di accoglierlanel tuo abbraccio eterno, Tu ci hai intera-mente donato".

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stima e l'amicizia che lo legava a donVincenzo. Don Erminio si è trovato asostituire Don Giovanni De Micheli(atterrato dall'influenza) che, con pas-sione e generosità ha preso su di sèl'impegno di don Vincenzo, di celebrareogni prima domenica di ogni mese la S.Messa nella basilica. Far vivere questomonumento storico riempiendolo nonsolo di turisti occasionali ma di cristianipartecipativi e attenti a "fare memoria",nel duplice senso del contenuto, memo-ria di CHI ci identifica e ci forma ememoria di CIÓ che ci contraddistinguee ci informa, è stato il programma e,insieme, la passione di don Vincenzo.Cosí, prima di congedarci e riprendereciascuno il proprio cammino abbiamoespresso il nostro rendimento di graziecon le parole del testo che ci è stato con-segnato:

"Porgiamo ora il nostro grazie a Dioche ci ha accompagnato accanto a te

4-6. MOMENTI DELLA CELEBRAZIONE. AL CENTRO IL MAGNIFICO CIBORIO IN STUCCO.

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Commemoriamo oggi don Vincenzonel luogo in cui, raccogliendo il testi-mone da Mons. Polvara, ci ha conse-gnato questa Basilica come dono divalore unico, mediante il suo lavoro, lesue fatiche, la sua passione e il suoamore per il Signore e per la bellezzadella Sua Dimora. Lo ha fatto insiemealla sua Comunità, ai suoi collaborato-ri, alla Associazione “Amici”.

Lasciandoci in eredità la cura perqueste “pietre”, don Vincenzo continuaa vivere tra noi, a tenere vivo il circolodi persone e di amicizie che lega que-sta bella Basilica alla parrocchia diCivate e alla sua Famiglia religiosa.

Don Vincenzo ha dedicato a questoluogo tutta la sua vita, il suo sacerdo-zio, di cui qui ha maturato la vocazionee, a prezzo di fatiche e anche di soffe-renze, ha restaurato quest’opera d’ar-te e di fede certamente straordinaria,che è tanto più preziosa oggi, quantola situazione cristiana nella quale noiviviamo il mistero della nostra fede, siè un po’ banalizzata. Pensate solo acome celebriamo, a come festeggiamoil Natale...

Oggi la Chiesa italiana si è accortache il problema della nostra fede devepassare attraverso un rinnovamentodella cultura. Ma quale cultura? Quellache dà l’anima alla nostra esistenza.Quella che dà lievito e scopo allanostra esperienza umana. Quella checi prepara a risorgere.

Noi che siamo cristiani, crediamonella risurrezione: è il messaggio difede che traspare da tutta l’iconografia

del luogo in cui ci troviamo. DonVincenzo, sepolto qui, all’ingresso del-lo spazio basilicale, quando suonerà latromba che ci chiamerà a risorgere, lasentirà prima, qui in alto. Ma il veroproblema non è di sentire prima, ilvero problema è di avere la capacità diriconoscerla, la sensibilità di compren-dere che quell’appello ci chiama arisorgere. Abbiamo un’idea un po’infantile della risurrezione, dell’ultimomomento. Come terminerà la vicendadi questo mondo? La catastrofe fina-le? Dopo la quale suonerà la tromba?Non dobbiamo cercare di immaginare.Occorre piuttosto prepararsi. Perché latromba sta già suonando. Si tratta diavere la capacità di ascoltarla. Il fatto

7-8. PROCESSIONE E PREGHIERA PRESSO IL LUOGO DOVE RIPO-SANO LE SPOGLIE DI DON VINCENZO.

Dall’omelia di donErminio Burbello

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che don Vincenzo lo sentirà prima,non dipende dal fatto che è quassùnell’alto, ma dal fatto che è pronto.

Quello che ha vissuto qui lo ha resocapace di cogliere la bellezza delmistero di Dio e di avere, finalmente, lapienezza della vita. E ha affidato la con-tinuazione di questo compito anche aisuoi Amici che accompagnano i visita-tori a scoprire la sapienza di fede e di

vita che in questa Basilica ci è stataconsegnata.

Ogni tanto andavo a trovarlo giù,nell’ex casa del Cieco: soprattutto neiprimi tempi lo trovavo nel portico supe-riore, da dove si vedevano le costru-zioni di S. Pietro, e stava lì a guardare.Non era solo nostalgia, era una perso-na che, guardando questa Basilica,rinnovava la sua passione per la vita eper il mistero di Dio.

È per questo che ci è data la vita. Peracquisire il gusto del Suo mistero, distin-guendo la realtà dell’Incarnazione, delDio con noi, dalle cose degli angioletti...Il Figlio di Dio si è fatto uomo ed è venu-to a cercarci. E laddove la nostra umani-tà diventa quella vera, quella giusta,quella sensibile, quella che ha il gustodella vita, lì noi incontriamo Dio.

Rendiamoci anche noi allora testi-moni semplici - ma simpatici - delleopere umane in cui è tramandata neisecoli quella sapienza che manifestala bellezza dell’amore di Dio.

Come ci ha insegnato don Vincenzo.

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9. LASTRA COMMEMORATIVA.

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10. SUA ECC. MONS. ERMINIO DE SCALZI.

14 gennaio, 2017

Commemorazione diDon Vincenzo Gatti

Milano - Scuola Beato Angelico

Sabato, 14 gennaio alle ore 11,00 lanostra Cappella della Trasfigurazionesi è aperta ai parenti, amici, membridelle Associazione ALBA e AMICI DISAN PIETRO, che insieme allaFamiglia religiosa hanno voluto cele-brare la divina liturgia ricordando DonVincenzo, ad un anno dal suo transitoverso la liturgia celeste e perenne.Due Vescovi ci hanno onorato con laloro presenza, insieme al diacono FraGiuseppe Gravina -T.O.R. della nostraParrocchia SS Patroni d’Italia, e aisacerdoti amici: don Umberto Bordoni,don Erminio Burbello e don PaoloRota. Una liturgia commossa e parte-cipata, dove ciascuno dei presenti,sicuramente, conservava nella memo-ria una parola, un ricordo, un insegna-mento ricevuto da don Vincenzo. Farememoria, nel Memoriale solenne dellaLiturgia eucaristica, è sempre unaccorato rendimento di grazie che cidilata nella dimensione umana e cirende uniti in quella ecclesiale: “unsolo corpo, un solo spirito, una solafede...”.

Omelia di Mons. Erminio De Scalzi

In questa Eucarestia, vogliamoricordare con profondo affetto, stima erimpianto, don Vincenzo Gatti, passa-to dalla ricerca della divina bellezzaalla contemplazione eterna, così erascritto nella sua immagine ricordo il 27Dicembre 2015. Il nostro ricordo oggidice la gratitudine che l’intera famigliaBeato Angelico, gli amici di S. Pietro alMonte e quanti lo hanno conosciuto eamato, devono a questo sacerdote. Mipiace pensarlo accanto ai suoi cariche già sono nel Signore, accantoall’indimenticato don Marco Melzi e atutte sorelle suore che hanno amato lafamiglia Beato Angelico... su su fino aMons. Polvara.

cronaca

Celebrazione eucaristicapresieduta da Mons. Erminio DeScalzi con la presenza di Mons.

Paolo Martinelli

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11-14. MOMENTI DELLA CELEBRAZIONE.

Di don Vincenzo voglio fare 3 ricordisemplici che possono diventare pernoi tre insegnamenti di vita:

Ricordo don Vincenzo come unuomo di grande umanità. Una quali-tà questa oggi molto importante eapprezzata perché il prete è chiamatoad esercitare un ministero nel quale lerelazioni interpersonali, l’essere inmezzo alla comunità, il comunicareveramente con la gente, il capire e ilportare i problemi degli altri è unacaratteristica assolutamente qualifi-cante la sua vita. L’umanità, in donVincenzo, era una dote di natura che,trasfigurata dalla grazia, era vissuta dalui come un dono prezioso per tutta lacomunità della Famiglia BeatoAngelico. Di questo hanno potutogodere tutte le persone che lo hannoincontrato, che hanno vissuto con lui,

qui in famiglia, i suoi allievi nella scuo-la e quanti lui ha voluto chiamare“Amici di S. Pietro”, e tutti coloro chehanno lavorato anche materialmenteper ridare splendore e riportare allasua primitiva bellezza quel tesoro d’ar-te e di storia che è la Basilica di S.Pietro al Monte sopra Civate. La provadella malattia che ha segnato l’ultimotratto della vita di don Vincenzo, lo hareso ancora più umano, capace di tra-smettere, anche nella fatica dellacomunicazione verbale, la sua bontàd’animo.

Ricordo don Vincenzo come unpresbitero formato dalla liturgia.Molto appropriata la frase scritta sul-l’immagine ricordo mi ha consumatolo zelo per la Tua casa d’orazione,Signore. La liturgia per don Vincenzoè stata la fonte e la norma della sua

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preghiera e del suo ministero: un preteevangelizza come prega! La preghieraliturgica ci aiuta non solo a parlare conDio come persone singole, ma adentrare nel “noi” della chiesa che pre-ga. Al presbitero non è chiesto solo diessere uomo di preghiera: ciò è chie-sto ad ogni cristiano, al presbitero sidomanda anche di essere servo dellachiesa orans. Se un presbitero ama lapreghiera liturgica la liturgia stessa loformerà e lo renderà capace di presie-dere, cioè di essere servo della pre-ghiera della chiesa, cioè di unire l’as-semblea alla preghiera di Cristo alPadre. Di questa intelligenza spiritualedella liturgia don Vincenzo è statomaestro e servitore.

La riforma liturgica - a 50 ani dalConcilio - dopo i primi cordiali cambia-menti, pare stia sperimentando unalunga fase di stanchezza e quasi dirassegnazione. La fragilità della pasto-rale liturgica ha determinato una man-cata sensibilità all’arte liturgica. DonVincenzo e insieme con lui la BeatoAngelico, ha lavorato perché il dialogotra liturgia ed arte, tra chiesa e arte delnostro tempo ritornassero a parlarsi,per ritrovare una nuova sensibilità di

arte liturgica e una pastorale dell’artenel post concilio. L’arte, quando é tale,ha un suo respiro spirituale. La dimen-sione sacra dell’arte sta proprio nelrendere visibile la fede, quale dimen-sione profonda dell’uomo: é così chel’arte racconta la fede e la fede spiegal’arte.

Ricordo don Vincenzo come ope-ratore di bellezza, una persona cioèche ha amato la bellezza, che ha avu-to sempre a cuore la ricerca della bel-lezza. La chiesa ha bisogno della bel-lezza dell’arte perché essa rende per-cepibile e, per quanto le è possibile,affascinante il mondo dello spirito del-l’invisibile Dio. L’intuizione artistica vaoltre ciò che percepiscono i sensi e,penetrando la realtà, si sforza di inter-pretare il mistero nascosto. La sua - didon Vincenzo - è stata una ricercaumile e semplice della bellezza, per-ché consapevole del divario incolmabi-le che esiste tra l’opera delle nostremani, per quanto riuscita ed apprezza-bile, e la profondità dell’insondabilemistero di Dio. La bellezza deve ritor-nare nelle nostre città, sui nostri volti,nelle nostre chiese.

Se ci pensiamo, forse, l’aggettivo

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meno usato nelle nostre propostepastorali è bello. Spesso noi diciamoè giusto, è vero, è doveroso, è legitti-mo... Poche volte diciamo: - è Bello!.La mentalità mercantile, che oggidomina la nostra società ha come uni-ca aspirazione ciò che è utile, che haun tornaconto, ciò che rende. Non ciòche è bello! La bellezza è la sintesi ditutti questi aggettivi; la stessa veritàsenza bellezza è gelida, non riscalda ilcuore. L’operatore di bellezza è coluiche ha la funzione di portare gli uominisulla soglia del Mistero di Dio, di farnesentire il fascino, di farne gustare leparole, i gesti da lui spesso offertici econ i quali vuole raggiungerci, farciscoprire il suo volto, la sua identità. Èun pò come portare ogni uomo a faresua l’esperienza della Trasfigurazionea cui è dedicata questa cappella!!!,fino a fare proprie le parole di Pietro: “-Signore è bello per noi stare qui!”. Sì,la via pulcritudinis - la strada dellabellezza, è un percorso che presto o

tardi, come per S. Agostino, approdaal Creatore. In questo don Vincenzo,con le sue parole, i suoi insegnamenti,il suo operare, è stato operatore dibellezza.

***

Cosa intende Gesù con questaespressione?

Dal contesto si comprende inten-desse uno spazio sacro in contrastocol “tempio”, ma il termine casa si rife-risce piuttosto ad una residenza: ioabito in uno spazio di preghiera.

Il lessico cristiano in latino usainfatti “domus Dei” - casa di Dio, da cuiil “Duomo” che però si riferisce solo adun particolare e più raro tipo di luogodi preghiera.

Neppure la Chiesa in venti secoliha coniato un termine sostitutivo dellaparola tempio; infatti quello di “chiesa”ha tutt’altra origine indicando chi nelluogo sacro si riunisce e manifesta lasua identità di popolo.

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Come fare oggi allora a predisporrein modo univoco lo spazio in cui cele-brare il culto cristiano: la santa liturgia?

Ai suoi inizi la comunità cristiananon si è curata di inventare una nuovastruttura, reimpiegando (come ha fattoanche in parte col calendario) quantogià esisteva nella cultura del suo tem-po: la basilica forense.

Ma dopo venti secoli di storia sem-bra che valga la pena di individuare unaspecie di “denominatore comune” deiluoghi di preghiera fin qui realizzati,quasi alla scoperta degli archetipimurari che nella pur varia molteplicitàdelle forme, rendono riconoscibili icaratteri identificatori di ogni chiesa cri-stiana cattolica: non presenti in tutte,ma almeno in una maggioranza anchesolo relativa. A noi è parso identificaretali caratteri nella struttura a croce:intersecazione di due aule longitudinalitra loro perpendicolari e con una luceche dal loro incontro illumini il centrospaziale oggi identificato con l’altarequale “polo” dell’assemblea liturgica.

Ma un’altra via potrebbe scaturiredal modo alternato tra due cori con cuila comunità prega nella liturgia stessa:così per esempio nel canto dei salmi,

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16. PIANTA PER UNA PROPOSTA-PROGETTO DI UNA CHIESA UNI-VERSALE, DI VALERIO VIGORELLI.

15. BASILICA SAN PIETRO. SCHEMA PROGETTO DIMICHELANGELO BUONAROTTI.

carisma

COME PROGETTAREOGGI UNA

“CASA DI PREGHIERA”

di Valerio Vigorelli

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Quando la Scuola Beato Angelico ini-ziò ad operare nel campo delle vetrateistoriate1 aveva di fonte ciò che la con-temporaneità forniva prodotti che cerca-vano di imitare i modelli affrescati o, piùcomunemente, le pitture da cavalletto,semplicemente resi trasparenti con sfu-mature ottenute con la bistratura o, addi-rittura, con la sovrapposizione di coloritrasparenti.

La Scuola rifiutò subito tali espe-dienti, cercando una tecnica ed unostile che valorizzasse le proprietà delmateriale vetroso, sfruttando al meglioil repertorio di vetri nazionali con dosa-to impiego di quelli più pregiati e costo-si di importazione.

L’uso obbligatorio dei giunti di piombo,al massimo raddoppiati di spessore, giàimponevano una stilizzazione del dise-gno ed uno stile più sobrio. Fu un caso

VETRATE fortuito che nello spostare i componentigià eseguiti si scoprì la ricchezza di colo-ri che derivava dalla sovrapposizione didue vetrate. La combinazione non facile,di due spessori di vetro sfalsati, aumen-tava la varietà dei colori ed imponevauna trama di giunture parzialmente indi-pendente da quella originale.

Ma un’altra esigenza emergeva dal-l’esperienza e cioè, quella della diversadistribuzione e calibratura delle zoneopache la cui maggiore estensione esal-tava la luminosità del vetro specie nellatecnica a vetro cemento con l’impiego dimattonelle di grosso spessore, bocciar-date secondo l’occorrenza. La vetratadivenne così autoportante e si potéestendere a intere pareti.

Lo stesso fatto caratterizzava la produ-zione di mosaici che con raffinatezza tec-nica si configuravano come pitture dismalto o vetri con totale noncuranza delleproprietà intrinseche di tali materiali.

1. Lo stesso fatto caratterizzava la produzione di mosaici che con raffinatezza tecnica si configuravano come pittu-re di smalto o vetri con totale noncuranza delle proprietà intrinseche di tali materiali

degli inni, dei responsorii, che necostituiscono la parte preponderante.Scaturisce da tale prassi la strutturache ospita due porzioni distinte dellacomunità o semplicemente divise daun corridoio non rivolte verso l’altare

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17. CORO MONASTICO DEL MONASTERO DI BOSE. LITURGIA DEL-LE ORE.

18. CUPOLA DELLA CHIESA SAN FRANCESCO DELLA SCARPA,CHIETI, 1239.

19. PLASTICO DEL PROGETTO PER UNA CHIESA UNIVERSALE, V.VIGORELLI.

ma affacciate tra loro come i padri delConcilio od i cori monastici, con qual-che ulteriore difficoltà.

Sembra di una certa urgenzacomunque tentare queste analisi per-ché la cultura dominante sta ucciden-do la memoria e le nuove “case di pre-ghiera” sono volutamente in contrastocon il passato, praticamente liturgica-mente insignificanti e irriconoscibili senon per la loro incomprensibilità.

Possiamo però cogliere la parola diGesù anche al di là della polemica coifarisei, visto che il testo evangeliconon è stato scritto per loro, testimonioculari cui non occorreva, ma per chi,come noi, non ha colto dal labbro diGesù le sue parole. Allora individuia-mo l’invito di Gesù a fare dei luoghi dipreghiera una manifestazione (“pre-ghiera rappresentata”) della liturgiaquale culto ecclesiale in cui, nei ventisecoli della nostra breve storia, siamola più piccola porzione nei confrontidell’assemblea celeste sempre parte-cipe alla liturgia terrestre.

Nasce di qui anche il significatoescatologico e apocalittico, pure più omeno apertamente espresso nei ventisecoli dell’architettura ecclesiale, gra-zie anche all’apporto della pitturamonumentale che esprime la fede e lasperanza della Chiesa. Un’opera dispoliazione dei luoghi di preghieradagli “ingredienti” più o meno classiciricavati dagli edifici monumentalipagani: archi, colonne, trabeazioni,capitelli, ecc. sembra aiutarci d’altraparte ad individuare ben altri elementi,come quelli cui abbiamo accennatoper realizzare anche oggi adeguatispazi di preghiera del popolo cristiano.

(V.V.)

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26 agosto 2016Ringrazio don Angelo per questo

invito. É per me una gioia trovarmi qui eringraziare Dio per la sua bene-volenza,per questo cammino di collaborazionetra la Scuola Beato Angelico e la comu-nità di Petosino che perdura da più divent'anni. Siamo qui oggi perché sentia-mo l'urgenza di una riflessione comune,di una lettura capace di fare sintesi, ditrovare in questo lungo percorso quellacostante capace di motivare quanto èstato fatto e proiettarci verso quell'oltreche rimane ancora da fare.

Vorrei fare qui una premessa. Perme, parlare oggi di questo tempiosignifica parlare della realizzazione diun sogno, di un desiderio, che non èsolamente umano ma anche divino;nel senso che è l'incontro di un'intui-zione umana con una ispirazione divi-na. Mi riferisco al fatto che questo edi-ficio sacro è stato fortemente voluto dadon Angelo, per la sua comunità.Essendo egli sacerdote, colui chemedia tra le cose sacre e quelle profa-ne, possiamo credere che, proprioattraverso lui, questo spazio sia statofortemente desiderato da Dio. Questa

impresa, cioè pretendere che Dio entrinella nostra dimensione spazio tempo-rale, è più un'azione divina che uma-na. E noi sappiamo per esperienzache: - ciò che vale molto ha sempre unprezzo alto ... E non mi riferisco di cer-to ai soldi!. Per far fiorire il desertooccorre l'acqua, per dare la vita occor-re la vita. E, visto che conosco donAngelo da più di 20 anni, posso affer-mare, senza essere contraddetta, chela sua fedeltà a questo sogno ha com-portato per lui il costo di ingenti sacrifi-ci che ha pagato di persona. Questacomunità, guidata dal suo pastore,consapevolmente o no, si è data neltempo una precisa identità, derivatadalla fede delle generazioni che l'han-no preceduta.

Segnata profondamente dalla devo-zione mariana, nel tempo voluto da Dio,questa realtà di chiesa ha assunto unvolto preciso. Obbedendo ad un divinoprogetto, le è stato imposto un nome,un programma di vita: Gesù Pane Vivo.Questo nome (mi piace pensarlo) è la"terza essenza di Dio", è un po' comeentrare nelle profondità del cuore diDio, nell'abisso della Sua Misericordia.

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carisma

Laboratorio di pittura e mosaici

Chiesa Gesù Pane vivo in Petosino diSorisole BG

Inaugurazione delnuovo mosaico

20. VISIONE DEL INTERNO CON IL NUOVO MOSAICO.di Laura Bono

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GESU' PANE VIVO. Gesù, nome pro-prio di persona, significa "Dio salva",ma che c'entra il pane e poi: perché"vivo"? C'è un pane morto, forse?Certo. Lo ha detto lo stesso Gesù: "Ivostri padri hanno mangiato la mannanel deserto e sono morti ... Io sono ilpane vivo, disceso dal cielo. Se unomangia di questo pane vivrà in eterno eil pane che io darò è la mia carne per lavita del mondo" (Gv. 6,49-51).

Dio, per autodefinizione ci rivela cheè per noi "pane vivo", ma anche"acqua viva", l'acqua promessa alla

nostro vissuto può essere compreso.Di memoria perché: noi siamo chia-

mati a divenire ciò che abbiamo com-preso d'essere. Anche il Papa aCracovia ha esortato i giovani a farememoria: - "Un giovane smemorato -ha detto - non è speranza per il futuro".Quando la comunità "Gesù Pane Vivo"si raduna come popolo di Dio si deveinterrogare su questo: - Ci lasciamo noispezzare e mangiare dai nostri fratelli?Siamo quel nutrimento che rispondealla fame di valori, di relazioni autenti-che, di prossimità? Non abbiamo scel-ta: o ci lasciamo mangiare oppure coltempo, con le abitudini sbagliate, dive-niamo dei predatori che mietono vitti-me, che fagocitano delle realtà mortedilatando la bocca del vuoto esistenzia-le che costantemente attenta la nostra

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22. RIVESTIMENTO MUSIVO DELLA CAPPELLA DEDICATA ALLAMADONNA DEL BUON CONSIGLIO.

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21. RIVESTIMENTO MUSIVO ATTORNO AL TABERNACOLO.

Samaritana: "Se tu conoscessi il donodi Dio e chi è colui che ti dice: "Dammida bere!", tu stessa gliene avresti chie-sto ed egli ti avrebbe dato acqua viva... Chi beve dell'acqua che io gli darò,non avrà mai più sete, anzi, diventeràin lui sorgente di acqua che zampillaper la vita eterna" (Gv. 4,10-14). - Ilnostro Dio è un dio che si mangia e sibeve. Come è possibile capire e cre-dere tutto questo? Occorre un cammi-no, fatto di ricerca, di esperienza, dimemoria. Di ricerca perché: solo ciòche è frutto di conquista vale. Di espe-rienza perché: solo ciò che entra nel

vita e quella del nostro prossimo. Comescrive l'apostolo Pietro nella sua lettera:"Vigilate. Il vostro nemico, il diavolo,come leone ruggente va in giro, cercan-do chi divorare. Resistetegli saldi nellafede" (1Pt. 5,8).

Il programma iconografico di questachiesa si sviluppa partendo da questariflessione. La grande vetrata ci illustra

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"la storia dei tre alberi" che attraversadiagonalmente il progetto di salvezzaoperato da Dio, e dall'ingresso fino alpresbiterio ripercorre gli eventi piùsalienti della rivelazione. Il Libro dellaGenesi, ci parla dell'albero della cono-scenza del bene e del male, il cui frut-to proibito mangiato dai nostri progeni-tori ha causato l'ingresso del peccato,l'effetto della caduta e il conseguentecastigo e la cacciata dal Paradiso ter-restre. Adamo ed Eva vengono inter-detti da Dio e allontanati dall'Eden perimpedire loro di accedere a quell'altroalbero, l'albero della Vita, il cui fruttodona l'immortalità: "Ecco l'uomo èdiventato come uno di noi, per la cono-scenza del bene e del male. Ora, eglinon stenda più la mano e non prendaanche dell'albero della vita, ne mangie viva sempre!" (Gen.3,22).

Il conseguente cammino di riabilita-zione, di riscatto, di redenzione è ope-rato nella croce di Cristo, che è l'alberodi mezzo, l'albero della Via. Tra l'alberodella verità (conoscenza del bene edel male) e l'albero della vita, abbiamol'albero della via, cioè la Croce diCristo. Così fa cantare un antico innoambrosiano nella Settimana Santa:

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23. VISIONE INTERNA CON PARTICOLARI DELLA GRANDE VETRA-TA SUL LATO DESTRO.

Albero santo e nobile, croce diCristo.

Tronco su tutti amabile, dolce è iltuo frutto.

Piega i tuoi rami, mitiga la ruvidez-za.

Il tuo legno sia morbido sul Re chemuore.

Nell'Antico testamento, la croceera stata prefigurata dall'asta con ilserpente di bronzo che Mosè avevaforgiato per gli Israeliti, infedeli e mor-moratori, i quali guardandola venivanoguariti dal morso dei serpenti velenosi,ma anche dal bastone con il qualeMosè percuotendo la roccia aveva fat-to scaturire acqua in pieno deserto. Daquell'albero della croce che è al centrodella rivelazione, il cui frutto è la vitanuova in Cristo Gesù (Cfr. Ef. 1,12-14),noi abbiamo ricevuto le primizie delloSpirito, caparra della vita eterna, cheriapre l'accesso all'albero della vitache sta nella Gerusalemme celeste:"Chi ha orecchi, ascolti ciò che loSpirito dice alle Chiese: Al vincitoredarò da mangiare dell'albero della vita,che sta nel paradiso di Dio" (Ap. 2,7).

Se corrispondiamo alla grazia sia-mo predestinati ad unirci alla gloria diColui che è stato immolato sulla crocee poi innalzato all'altezza della maestàdi Dio. Ad una condizione: se con Luimoriremo con Lui risorgeremo. E lagloria che ci attende la vedremodispiegarsi nel Cristo trasfigurato cheverrà ad occupare la parete di fondo.In corrispondenza dell'altare la voltaceleste si apre, rende visibile una real-tà che èsempre sottesa nella celebra-zione eucaristica: la presenza dellaSS. Trinità. Appare la mano del Padre

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provvisorio, il paradiso scende sullaterra, il pane non è più pane ma è lacarne del nostro Dio, il vino è il suosangue. E noi che siamo fatti esatta-mente di carne e di sangue, mentremangiamo facciamo eucaristia, cioèrendimento di grazie per la vita divinache ci viene infusa: "E noi tutti, a visoscoperto riflettendo come in uno spec-chio la gloria del Signore, veniamo tra-sformati in quella medesima immagi-ne, di gloria in gloria, secondo l'azionedello Spirito del Signore" (2 Cor. 3,18).

Nella celebrazione eucaristica diquesta Domenica vogliamo invocaresulla comunità riunita con il suo pa-store una rinnovata effusione delloSpirito santo che fa "nuove tutte lecose" (Ap. 21,5). Nell'incontro e nellasintesi tra le realtà celesti e quelle ter-restri che l'Incarnazione di Cristo hareso possibile, chiediamo ORA che cisia data la gioia pasquale della con-versione, della comprensione profon-da della nostra identità di cristiani.

(L.B.)24-25. PARTICOLARI DEL MOSAICO PER IL LUCERNARIO DURAN-TE IL LAVORO ESEGUITO DA FRANCO PACI.

che indica il Figlio, ma il Figlio è figlioin quanto ci dona lo Spirito, cioè la vitadel Padre che è in Lui. Lo Spirito santoè qui rappresentato in forma di colom-ba. Mentre si allude al primo capitolodella Genesi dove si parla della crea-zione: "Le tenebre ricoprivano l'abissoe lo spirito di Dio aleggiava sulleacque" si richiama anche quella rina-scita dopo la distruzione operata dalleacque di morte del diluvio universale,la colomba che ritorna nell'arca con unramoscello d'olivo nel becco era ilsegno di una vita rinnovata nella pro-messa di Dio che si pente per averinflitto il grave castigo sulla terra: "Nonmaledirò più il suolo a causa dell'uo-mo"; "... Il mio arco pongo sulle nubi edesso sarà il segno dell'alleanza tra mee la terra" (Gen. 8,11-9,13). Se la pre-senza della colomba, indica sempreuna nuova creazione, un nuovo inizio,l'arcobaleno simboleggia il patto eter-no che, come la luce nel suo corso,attraversa e congiunge spazi e tempiinfiniti. Questa nuova creazione cheogni celebrazione eucaristica rendepossibile e reale è la sincronia, la sin-tesi, la simultaneità, la coincidenza didue opposti, morte e vita si toccano, ildivino entra nell'umano, l'eterno nel

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La SS. Vergine appare come ladescrive il libro dell'Apocalisse, la lunae la terra sotto i suoi piedi, coronata didodici stelle nell'atto di schiacciare latesta dell'antico serpente: "Nel cieloapparve poi un segno grandioso: unadonna vestita di sole, con la luna sottoi suoi piedi e sul suo capo una coronadi dodici stelle" (Ap.12,1).

Si ricollega ai primi capitoli del librodella Genesi, al protovangelo cheannuncia la salvezza dopo il castigodei progenitori: "Io porrò inimicizia trate e la donna, tra la tua stirpe e la suastirpe: questa ti schiaccerà la testa etu le insidierai il calcagno" (Gen. 3,15).Il peccato originale e la caduta dei pro-genitori, la maledizione, il castigo e lacacciata dal paradiso terrestre impon-gono una direzione al cammino versoil riscatto definitivo che sarà operatodal figlio di Dio e figlio di Maria, Gesù ilSalvatore.

La terra che ha bevuto il sangue diAbele "... ora sii maledetto lungi daquel suolo che per opera della tuamano ha bevuto il sangue di tuo fratel-lo" (Gen. 4,11) "produrrà cardi e spi-ne", imponendo all'uomo il duro riscat-to attraverso la fatica e il lavoro (Gen.3,18). Le tre spighe che fioriscono dalcardo alludono al pane di Vita, al cibo

eucaristico che, solo, può nutrire l'uo-mo creato da Dio e per Dio. Le spinesimboleggiano le contrarietà e gliaffanni della vita che soffocano laricerca di Dio: "... il seme caduto inmezzo alle spine sono coloro che,dopo aver ascoltato, strada facendo silasciano sopraffare dalle preoccupa-zioni, dalla ricchezza e dai piaceri del-la vita e non giungono a maturazione"

carisma

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Laboratorio di Ricamoe confezione

Casula ricamata a mano temamariano:

IMMACOLATA CONCEZIONE

26. CASULA IN PURA SETA RICAMATA A MANO, PARTE AVANTI.

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27-29. PARFICOLARI DEL RICAMO.

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29(Luca 8, 14). I gigli sono un richiamoalla purezza che l'Adamo possedevain origine, richiamo alla sobrietà, allapovertà: "Guardate i gigli, come cre-scono: non filano, non tessono: eppureio vi dico che neanche Salomone, contutta la sua gloria, vestiva come uno diloro" (Luca 12,27; Matteo 6,28).

Passando dalla fiamma purificatri-ce, Renée Laurentin sintetizza il mes-saggio della Vergine di Lourdes nelle"tre P", penitenza - povertà - preghie-ra. La vita del credente diventa un'in-cessante lode a Dio (preghiera) chesale come il profumo dell'incenso(Salmo 140,2; Sir. 24,15)) e si consu-ma nelle opere di carità e misericordia,cui i santi ci danno testimonianza.

(L.B.)

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Siamo lieti di comunicare agli Amiciche, il 23 luglio 2016, Francesco Mauri(ex alunno) si è unito in matrimonio conChiara Donghi, nella chiesa parroc-chiale di Beata Vergine Immacolata, diBinzago. Auguriamo loro un camminocompiuto in fedeltà e bellezza.

Luca di Francesco invece, ci invia gliauguri natalizi accompagnati da un sugge-stivo particolare di una pala d'Altare, unaltorilievo in resina marmorea, realizzatoper l’Oratorio della Residenza UniversitariaMilano Accademia, Fondazione RUI.

Ringraziamo il Signore per tutti idoni personali e acquisiti con la fatica

e lo studio, messi al servizio dellaChiesa e della società.

ex alunni

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30. I NOVELLI SPOSI CHIARA E FRANCESCO.

31. LUCA DI FRANCESCO AL LAVORO. 31. SCORCIO DELL'ALTO RILIEVO.

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33. NATIVITÀ. PARTICOLARE.

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34. PIETÀ. PARTICOLARE.

35. IL LAVORO INSERITO NELL'AULA CELEBRATIVA. ORATORIO DELLA RESIDENZA UNIVERSITARIA, MILANO ACCADEMIA, FONDAZIONE RUI.

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Nel 70°mo anniversario di ordinazio-ne sacerdotale e 50° di permanenza aCarugate, gli amici e fedeli, i collabora-tori, hanno compilato questa densa rac-colta di notizie biografiche e ministeropastorale di questo grande amico, Don

Camillo, cui la nostra Famiglia esprimeinvero ammirazione per lo zelo dellaCasa di Dio, Casa di preghiera, amici-zia, in particolare con don Valerio, concui ha condiviso gli anni di teologia aVenegono e riconoscenza per la fiduciae l’interesse con cui si è rivolto a noi peri prolungati lavori di architettura pasto-rale che hanno aggiornato e rinnovatotutta la proprietà dell’area urbanisticadell’arcipretura: ampliamenti e riordinodella chiesa, rinnovamento generale etotale della canonica e di tutti gliambienti della vita parrocchiale, com-presi orto e giardini.

Ha dato così occasione all’Istituzionedi Mons. Polvara di offrire un modello distruttura pastorale anche oltre i confinilocali, non tanto da vedere ed ammirareesteticamente, ma di cui servirsi almeglio per i tempi presenti e futuri.

Don Valerio

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UN PRETE,UN PARROCCO,

UN PASTORE

36. FOTO COPERTINA DEL TESTO OMAGGIALE PER IL 70°ANNIVERSARIO DI SACERDOZIO DI MONS. CAMILLO LOCATI, PAR-ROCCO CARUGATE.

37. MONS. VIGORELLI, SALUTA L'AMICO, DON CAMILLO.

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di Valerio Vigorelli

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Padre ROMANO SCALFI,è tornato al Padre (12 ott.1923 - 25 dic. 2016)

Gli Amici dell’”Arte Cristiana” parteci-pano con le preghiere di suffragio allamorte di Padre Romano Scalfi, fonda-tore di “Russia Cristiana”, rinnovandonel’ammirazione e il vivo apprezzamentoper l’opera da lui compiuta.

Nel giorno in cui celebrava il suo diesnatalis, giorno della Natività del NostroSignore, la Chiesa d' Oriente cantavanella sua Divina Liturgia: “Esultiamo nelSignore nostro Dio, perché il muro diseparazione è stato distrutto per sem-pre e io prendo parte al banchetto pre-parato nel Paradiso”. La passione perl'unità, lo ha caratterizzato particolar-mente e ora che contempla faccia afaccia il suo Signore, in Lui vede anchela perfetta unità della Chiesa e dei cre-denti in Cristo per la quale ha spesofino all'ultimo tutte le sue energie. Chi loha assistito e accompagnato nei suoiultimi giorni, testimonia la sua serenaattesa dell'incontro con Cristo, così dadiventare egli stesso preghiera: "La suatestimonianza è un tesoro prezioso,che sostiene e conforta chiunque desi-dera e vive perché i fedeli in Cristo sia-no “una cosa sola”.

Chiunque abbia conosciuto PadreRomano, conserva di lui un'immagineluminosa, come quella scelta per la suaimmagine ricordo, immagine che, a benragione, ce lo consegna come “personatrasparente alla Grazia”. Lo sguardo lim-pido e profondo - racconta una vita che

ha imparato giorno per giorno a guarda-re la realtà con gli occhi trasfigurati dauna fede che nasce dall’amore. Perché“la realtà è Cristo” (cfr Col 2, 17) e di Luiogni cosa porta traccia”, tutto porta l’im-pronta del Suo Amore. Così ripeteva nel-le sue meditazioni mattutine, tenute agliapprendisti - del circolo iconografico diSeriate - ossia di quanti, mediante l'intro-duzione alla scrittura e alla cultura dell’i-cona, erano invitati ad inoltrarsi in un’al-tra sua visione della vita e del mondo. Loscopo dell'esercitazioni infatti, non era -secondo lui, quello di imparare a scrive-re icone (“chi vi fosse venuto per quello èmeglio che torni a casa” - diceva) ma divivere un’esperienza di cui l’icona è ilfrutto, il risultato consequenziale di un

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38. PADRE ROMANO SCALFI, FONDATORE DI "RUSSIACRISTIANA", ASSOCIAZIONE PUBBLICA DI FEDELI.

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modus vivendi, intriso di lode, di fede, diamicizia, di comunione, di partecipazio-ne a quella fratellanza in Cristo, intornoa Lui, a somiglianza della Sua immaginedivino-umana, come somigliantissimi losono tutti i Suoi santi. L'icona, infatti, perPadre Romano era, soprattutto, un vei-colo di conoscenza, di incontro, di valen-za ecumenica. Questo spirito unito allaqualità di sguardo e, quindi, del cuore,testimonia un processo di trasfigurazio-ne di cui anche l'arte si fa tramite e mini-stero. Chi scrive, attesta con gratitudinedi aver ritrovato e compreso ancora dipiù, pur nella diversità di linguaggio, lospirito che anima l’opera di Mons.Polvara e la sua opera a servizio dellapreghiera e, propriamente, della pre-ghiera liturgica. Ogni volta nella DivinaLiturgia, si prega esplicitamente perquanti amano il decoro della SuaCasa… Lo spirito liturgico accomunainoltre, quanti vi si dedicano a scoprirenel mistero di Cristo, specie in quellodella Sua Trasfigurazione, la missioneprofetica dell'arte, il suo compito di colla-borare all'edificazione del regno di Dio,di additare la possibilità di un mondo chericupera la sua bellezza originaria, purifi-cata e redenta mediante il Dono dellaPassione - il Sangue dell'Agnello, e deiSuoi numerosi testimoni. Testimonianzequeste, ampiamente diffuse mediante lastampa della Fondazione: “La Casa del-la Matriona”. I martiri sono, invero, unaltro nucleo incandescente prediletto daPadre Romano Scalfi. Della multiformeesperienza del martirio ha saputo fartesoro e comunicarla agli altri, consape-vole del dono prezioso che esso costitui-sce per tutta la Chiesa. Affermava, infat-ti, citando il grande pensatore e “diaco-no” ortodosso, Vladimir Solovëv: “… Ilsangue dei Martiri, non è stato sparso

invano, ma perché sia fonte di salvezzadobbiamo farne memoria”. Russia cri-stiana, “è sempre stata attenta a questovalore del sangue dei martiri, desideran-do veramente farne memoria perché siafecondo come il sangue di Cristo che èsparso per la salvezza di tutti”.

Padre Romano, ora è associato perl'eternità al Sacrificio e alla Resurrezionedi Cristo e ammesso pienamente allavisione della gloria di Dio. Considerandoil suo tenore di vita teniamo viva lamemoria, con la nostra preghiera ricono-scente, facendo tesoro della sua testi-monianza e del patrimonio consegnato.

Torna alla memoria una sua convin-zione espressa in una data circostanza:“L'arte trasfigura tutto”... così sia davve-ro.Un arte che include la vita vissuta nel-la bellezza della quotidianità, parteci-pando a quella santità che la nostraumanità è chiamata ad assumere, nelsuo destino di gloria rivelato nel Misterodella Trasfigurazione; e tutto questo -come ancora P. Romano amava ribadire- in virtù della Misericordia unita allanostra libera e fiduciosa adesione. Ed èbello vedere come la misericordia di Diosia quasi la sigla di Padre Romano, concui sigilla anche la sua vita terrena: nona caso viene scelta per la sua immaginericordo un’altra immagine, patistica, ric-ca di fiducia e di speranza, quasi il mes-saggio centrale e definitivo che vorrebbeconsegnarci: “Come un pugno di sabbia,è il nostro peccato. Ebbene, gettalo sen-za timore nell'oceano della misericordiadi Dio e confida in Lui”. Quanto Isacco diNinive ci consegna in questa breve cita-zione, racchiude perfettamente l'essen-za della testimonianza di Padre Scalfi inuna esistenza compiutamente donata.

C.D.

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Mentre stavamo provvedendo alla stampa di questo numero, è venuta a mancare la nostra consorella,

suor FULVIA COLOMBO,di cui rimandiamo la commemorazione al prossimo numero.

Il Dio della Bellezza, a cui Suor Fulvia ha consacrato la sua vita e la sua arte,

l’accolga nella Sua gloria,alla contemplazione aperta del Suo volto

trasfigurato dall’Amore.

Suor Fulvia al lavoro nel suo studio di architettura

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