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Anno 11 N. 4 ottobre-novembre-dicembre 2001 Reg. Trib. Roma n. 00667/90 del 14/11/90 Finito di stampare nel mese di dicembre 2001 dalla Tipografia Grafica Cdp Via di Portonaccio, 23/b 00159 Roma - Tel. 06 43530226 Hanno collaborato a questo numero: S. Banchetti, C. Bortolin, M. Buultjens, G. Casale, T. Daniele, G. Dell’Osbel, A. Fiocco, A. Grazzini, C. Martinoli, C. Martire, A. Piccioni, E. Storani, E. Tegoni, E. Tioli, F. Veglia, I. Yule. Abbonamenti L. 20.000 E 10,33 c.c.p. n. 279018 Direttore Responsabile: Enzo Tioli Comitato di Redazione: Tommaso Daniele, Silvestro Banchetti, Dario Galati, Luciano Paschetta, Enzo Tioli. Direzione, Amministrazione, Redazione 00187 Roma, via Borgognona, 38 Tel. 06 699881 Gli articoli firmati esprimono l’opinione del loro autore, che non coincide necessariamente con la linea della redazione. TIFLOLOGIA PER L’INTEGRAZIONE trimestrale edito a cura dell’Unione Italiana dei Ciechi della Federazione Nazionale delle Istituzioni pro Ciechi e della Biblioteca Italiana per i Ciechi “Regina Margherita”

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Anno 11N. 4 ottobre-novembre-dicembre 2001Reg. Trib. Roma n. 00667/90 del 14/11/90

Finito di stampare nel mese di dicembre 2001dalla Tipografia Grafica CdpVia di Portonaccio, 23/b00159 Roma - Tel. 06 43530226

Hanno collaborato a questo numero:S. Banchetti, C. Bortolin, M. Buultjens, G. Casale, T. Daniele, G. Dell’Osbel, A. Fiocco, A. Grazzini, C. Martinoli, C. Martire, A. Piccioni, E. Storani, E. Tegoni, E. Tioli, F. Veglia, I. Yule.Abbonamenti L. 20.000 E 10,33c.c.p. n. 279018Direttore Responsabile:Enzo TioliComitato di Redazione:Tommaso Daniele, Silvestro Banchetti, Dario Galati, Luciano Paschetta, Enzo Tioli.Direzione, Amministrazione, Redazione00187 Roma, via Borgognona, 38Tel. 06 699881

Gli articoli firmati esprimono l’opinione del loro autore, che non coincide necessariamente con la linea della redazione.

TIFLOLOGIA PER L’INTEGRAZIONEtrimestrale edito a cura dell’Unione Italiana dei Ciechi della Federazione Nazionale delle Istituzioni pro Ciechi e della Biblioteca Italiana per i Ciechi “Regina Margherita”

SOMMARIOL’importanza del Braille quale strumento per la lettura e la scrittura nel nuovo millenniodi I. Yule (traduzione di A. Fiocco) ................................. 2La mobilità dei non vedenti: dagli ausili tradizionali alle nuove tecnologie. Interrogativi e realtàdi C. Bortolin ...................................................... 7Autonomia personale: ausili e prospettivedi E. Storani ........................................................ 12L’ottantesimo anniversario di fondazione

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della Federazione Nazionale delle Istituzioni pro Ciechidi S. Banchetti ...................................................... 16Cartella informatizzata per la riabilitazione degli ipovedenti in età evolutivadi C. Martinoli...................................................... 25Servizi per disabili presso l’Università di Genovadi G. Casale ........................................................ 28

STUDI E RICERCHEHandicap e attaccamentodi G. Dell’Osbel, F. Veglia .......................................... 32

DIDATTICAProgettando il futurodi M. Buultjens (traduzione di A. Piccioni) .......................... 39

DOCUMENTI A CURA DI ENZO TIOLILa regione Sicilia per l’Unione Italiana dei Ciechi (L. 30 aprile 2001, n. 4) . 44Accessibilità siti web a persone disabili ............................... 48

MEMORIE TIFLOLOGICHECenni biografici di ciechi illustri ...................................... 55

TESTIMONIANZEI ciechi e il golf di C. Martire .......................................... 57Un sentiero dei cinque sensi di A. Grazzini ............................ 58

CON I GENITORIMateriale didattico gratuito dalla Federazione ....................... 60Borse di studio 2001 di E. Tioli ........................................ 60Sui libri personalizzati per gli ipovedenti di E. Tegoni ................ 62

DALL’ITALIA E DALL’ESTERO ............................................ 63

RECENSIONICrescere insieme. Guida per i genitori di T. Daniele .................. 69

LIBRI RICEVUTIHandicap - Servizi. Qualità della vita ................................ 72La carta dei servizi del Gruppo Ferrovie dello Stato ................. 72

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L’IMPORTANZA DEL BRAILLE QUALE STRUMENTO PER LA LETTURA E LA SCRITTURA NEL NUOVO MILLENNIO

Questo articolo pone in evidenza come le finalità della lettura e della scrittura Braille siano una responsabilità sociale collettiva. Esse possono essere raggiunte solo attraverso una stretta collaborazione fra stato (governo e amministrazioni locali),

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educatori, aziende, comunità e famiglia. Forse la forza più vitale è costituita dai genitori e dagli operatori sociali.Nella maggior parte dei paesi, lo Stato sta assumendo gradualmente responsabilità in merito all’istruzione, perciò i curricoli scolastici sono stati resi via via più obbligati e regolati. Vi è consenso a che l’insegnamento e l’apprendimento del Braille divengano delle priorità educative, ma non vi è pieno accordo circa i metodi e le risorse per raggiungere tali aspirazioni.Che cosa si intende con finalità del saper leggere e scrivere?Genitori e insegnanti concordano sul fatto che il saper leggere e scrivere comprende: la lettura quale fonte di piacere e di informazione; l’uso del Braille per capire e dare senso al mondo attorno a noi, l’impiego competente del linguaggio in tutte le sue ricche e svariate forme.L’idea è che gli studenti necessitano di opportunità di conoscere molto bene sia gli strumenti di comunicazione tradizionali, sia le nuove tecnologie dell’informazione, quali la posta elettronica, i testi elettronici, internet, i Cd-Rom e le altre forme della multimedialità interattiva.Gli strumenti del mestiere

Il mezzo tradizionale attraverso cui gli studenti minorati della vista impossibilitati a leggere la stampa possono acquisire l’alfabetizzazione nel vero senso del termine, è imparare il Braille. Questo sistema puntiforme di lettura e scrittura elaborato da Louis Braille nel 1829 rimane il più versatile ed efficace strumento per l’acquisizione di abilità di lettura e scrittura.La macchina dattilobraille, così come la tavoletta e il punteruolo, hanno uguale valore del display e delle stampanti Braille più sofisticati nel permettere agli studenti ciechi di diventare abili nel leggere e scrivere in Braille.

L’insegnamento del Braille

L’abilità dello studente e la disponibilità dell’insegnante sono importanti tanto quanto i metodi seguiti nell’insegnare il Braille. Ogni bambino ha il diritto che gli vengano insegnate le abilità di base della lettura e della scrittura, e l’insegnante deve comprendere pazientemente i problemi che ciò comporta.Egli (o essa) dovrebbe conoscere a fondo i procedimenti necessari all’insegnamento della lettura e della scrittura che comprendono la conoscenza della linguistica, della psicologia dell’apprendimento, la valutazione delle differenze tra i singoli allievi, nonché la dimestichezza con i metodi di controllo e di valutazione.L’insegnante dovrebbe avere soprattutto amore e padronanza del codice Braille e della sua logica interna.I corsi di formazione e di specializzazione, vengano essi frequentati in servizio o all’università, debbono dare il massimo risalto all’insegnamento della lettura, della scrittura e della segnografia matematica, e non semplicemente attribuire riconoscimenti formali circa la conoscenza del codice Braille.Per coloro che insegnano ad alunni minorati della vista dovrebbero essere obbligatori corsi sulla produzione di diagrammi in rilievo e di rappresentazioni grafiche.Agli studenti con gravi problemi visivi è richiesto di percepire adeguatamente le rappresentazioni grafiche, perciò essi necessitano di training formali quali parte del curricolo.È disponibile del software per creare grafica tattile che è stato specificamente adattato cosicché per una persona cieca risulta agevole creare i propri grafici.

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Facilità di lettura

Quando insegna il Braille a qualsiasi fascia d’età, il docente dovrebbe assicurarsi che i suoi allievi siano pronti per la lettura.Per esempio, il bambino cieco che sta acquisendo le abilità di lettura e scrittura attraverso il tatto, deve essere pronto per leggere sotto il profilo dello sviluppo fisico, motorio e intellettivo.Aree di particolare importanza sono:abilità cognitiva, sicurezza emotiva, esperienze di base circa le capacità di ascolto e linguistiche come pure consapevolezza fonica.Gli studenti devono anche essere fisicamente in grado di seguire una riga Braille ed è quindi necessario l’allenamento volto ad assicurare lo sviluppo della motricità grossa e fine.Gli allievi debbono raggiungere un alto grado di discriminazione tattile per saper distinguere i diversi segni e caratteri Braille.L’insegnamento dei prerequisiti per l’uso del Braille a tutti i principianti deve tendere a incoraggiare movimenti ritmici e il tocco leggero con i polpastrelli delle dita nel seguire una riga Braille.Andrebbe incoraggiata fin dall’inizio la lettura con le due mani e, se possibile, con due o più dita di ciascuna mano.

Braille contratto e Braille non contrattoIn alcuni paesi europei si usa insegnare ai bambini il Braille non contratto (integrale). La convinzione che sta alla base di questo metodo è che il discente può giungere più facilmente alla comprensione globale del senso del contesto piuttosto che dover decifrare i segni delle parole e delle frasi.Negli Stati Uniti e nel Regno Unito, in passato si preferiva insegnare fin dall’inizio il Braille di grado 2 (la stenografia), ma oggi gli allievi ricevono sempre più frequentemente le basi del grado 1 prima di procedere all’apprendimento del sistema completamente contratto.Le dita possono scorrere le parole stenografate con maggiore velocità e un maggior numero di significati possono essere compresi in una minor quantità di simboli, conducendo ad una lettura più rapida e scorrevole.

Ordine di Introduzione di Contrazioni, Lettere e Simboli

Non esiste finora un ordine di presentazione che venga teoricamente o generalmente accettato come ottimale.L’ordine in cui i segni vengono di solito introdotti è determinato dalla frequenza del loro uso, dalla facilità del loro apprendimento, e dalla loro utilità nello scrivere naturalmente una prosa scorrevole.I segni costituiti dalle inversioni l’uno dell’altro vengono insegnati meglio separatamente.Il contenuto delle letture dovrebbe essere appropriato all’età, vivace e interessante, e dovrebbe contemplare varietà di stili.

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Per i lettori molto piccoli, i materiali dovrebbero essere stimolanti e presentati in modo attraente. Le illustrazioni andrebbero realizzate con varietà di testure e addirittura impregnate di profumi per aiutare a motivarli.Il testo a stampa Braille, accompagnato da quello in nero sulla stessa pagina o su pagine contigue, incoraggia genitori e fratelli a leggere assieme ai lettori non vedenti.Lettura e scrittura andrebbero insegnate contemporaneamente.Allorché uno studente deve passare dalla stampa in nero al Braille quale mezzo di lettura e scrittura, frequenti esso o meno una classe speciale, gli si dovrebbe accordare il tempo di apprendere il Braille.La tentazione di forzare la mano e di sollecitarlo a procedere il più velocemente possibile è ovviamente irresistibile allorché questo studente necessiti urgentemente di ricorrere al Braille per un corso di studio che dev’essere completato in un tempo relativamente breve.Un corso intensivo di Braille è spesso suggerito, ma purtroppo esso può rivelarsi controproducente, a causa della notevole fatica cui viene sottoposto il giovane allievo. A mio avviso, è preferibile effettuare l’addestramento all’uso del Braille prima che lo studente inizi il suo corso di studi.Non vi sono scorciatoie per acquisire correttamente l’uso del Braille, e forzare il passo, per lodevole che ne sia la ragione, può produrre tensione, frustrazione e confusione, ed è di assai poca utilità al discente.Se il Braille dev’essere appreso perfettamente e divenire uno strumento utile, il ritmo dell’addestramento dovrebbe adeguarsi, per quanto possibile, al ritmo di apprendimento del singolo studente.Le autorità preposte all’istruzione e gli organismi scolastici dovrebbero impegnarsi a reclutare docenti qualificati ad insegnare ai minorati della vista queste abilità peculiari di comunicazione.Esiste il grande pericolo che nel clima di valutare i costi dell’efficacia e dell’efficienza quali parole d’ordine, i servizi specializzati vengano posti sullo stesso piano dei servizi generici, in quanto i bisogni della maggioranza prevalgono.

I Discenti adulti

Vi sono molti fattori da tenere in considerazione nell’insegnare il Braille agli adulti.Qualora la cecità sia sopravvenuta a seguito di incidente o di malattia, occorre valutare attentamente le condizioni emotive della persona.Un brusco abbandono della stampa in nero e l’immersione delle dita nel Braille possono essere psicologicamente dannosi per il discente e rischiano perciò di portarlo ad assumere atteggiamenti di rifiuto nei confronti del proprio handicap anziché produrre l’effetto desiderato, ossia incoraggiarlo a combattere le barriere della comunicazione scritta tramite l’apprendimento del Braille.I corsi dovrebbero prevedere dei training di pre-Braille e andrebbero concepiti in maniera da essere adatti alle diverse abilità intellettive e alle varie fasce d’età.Molti adulti possono aver bisogno del Braille per scopi comunicativi o referenziali.Il Braille è uno strumento per abilità funzionali, quali etichettare articoli casalinghi o di uso comune, redigere liste della spesa e rubriche telefoniche. Un sistema completamente contratto non si addice a tutti i discenti.

La Tecnologia

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L’abilità di effettuare il trattamento di testi in Braille, di editarli correttamente e di convertirli in copia cartacea, rappresenta per le persone cieche uno dei più grandi progressi nel campo della comunicazione.La tecnologia moderna, grazie al sintetizzatore vocale o al display Braille, permette l’accesso all’informazione archiviata in formato digitale. I dati possono essere caricati nel disco fisso di un computer o in altri supporti magnetici, per essere poi letti con la riga Braille o su pagine in rilievo. Anche i grafici e i disegni possono essere riconosciuti e digitalizzati attraverso uno scanner e trasformati in rappresentazioni Braille.Al momento, esiste un progetto chiamato Consorzio Daisy, il quale sta elaborando a livello internazionale la standardizzazione dell’archiviazione dell’informazione digitale per i libri parlati, così che essi possano essere tradotti anche in Braille. Il linguaggio umano può già essere digitalizzato in modo da apparire per iscritto sullo schermo, e sebbene ciò sia ancora nella fase iniziale, in futuro sarà possibile produrre del testo Braille tramite input vocale, da utilizzare come libri parlati o come libri Braille.Lo studente minorato della vista, per mezzo di un modem e di un computer, può ora accedere a una grande abbondanza di informazioni attraverso internet nel vasto mondo del web.Questi sviluppi non conducono al declino del Braille. Ciò che di questi progressi è meraviglioso è che le informazioni salvate possono essere tradotte in Braille in qualsiasi momento per mezzo di molti programmi di conversione disponibili.Questo accesso all’informazione, a mio parere, ha reso più importante il Braille quale fonte di acquisizione di informazioni. Esso è divenuto assolutamente indispensabile.Quando insegnavo il Braille, usavo una lavagna Thiel Braille e avevo modo di riscontrare ripetutamente che l’informazione scritta non viene dimenticata velocemente, e che ciò che i ciechi sentono con le loro dita diviene concetto permanente.Uno dei compiti educativi più importanti del docente che lavora con i bambini ciechi è l’insegnamento della lettura e della scrittura Braille.Comunque, mi preoccupa che nelle classi odierne, la dipendenza crescente dai computer portatili con output vocale possa minare l’acquisizione delle abilità di lettura e scrittura.Il sistema di scrittura di Louis Braille ha un’importanza globale ed è utilizzato a livello universale. Le sue estensioni lo rendono in grado di rappresentare formule matematiche e tecniche complesse, come pure la notazione musicale, i codici informatici e una miriade di altri differenti linguaggi.Il Braille è uno strumento integrale e indispensabile per i programmi di insegnamento sia in ambiente integrato che in ambiente speciale.Non tutti i minorati della vista avranno accesso alle apparecchiature ad alta tecnologia e dunque il loro unico strumento di comunicazione, sia per ricevere che per trasmettere informazioni, sarà il metodo Braille.I libri e le riviste in Braille vengono riciclate e inviate ai lettori in tutto il mondo.Molte organizzazioni, agenzie e privati cittadini dovranno mobilitarsi per assicurare nel nuovo millennio un livello migliore di conoscenza del Braille.È necessario che i governi, sia a livello locale che nazionale, prendano l’iniziativa nel coordinare e nel sostenere quella che deve divenire una campagna globale per migliorare gli standard di conoscenza della lettura e della scrittura da parte dei minorati visivi.I. Yule*

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* Docente presso il “Royal National Institute for the Blind” - Regno Unito(Traduzione di A. Fiocco)

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LA MOBILITÀ DEI NON VEDENTI: DAGLI AUSILI TRADIZIONALI ALLE NUOVE TECNOLOGIE. INTERROGATIVI E REALTÀ (1)

Al volgere del millennio (più che nel tempo addietro) il tema della mobilità, e più in generale dell’autonomia, ha assunto una posizione di riguardo nel dibattito pedagogico, sociale, lavorativo, politico (come progettualità e direzione della partecipazione alla vita pubblica) e a controprova inoppugnabile di un rinnovato interesse per questa tematica è stato - ed è - il costituirsi di gruppi di ricerca per l’ideazione, la produzione e la commercializzazione di strumenti capaci di dare risposte innovative e tecnologicamente avanzate alla sempre crescente domanda di autonomia.L’impegno finanziario ci dice che oggi, più di ieri, esiste un universo di clienti sufficientemente numeroso da sollecitare l’attenzione di gruppi economici più o meno grandi; il potenziale di investimento nella ricerca applicata ci conferma l’esistenza di un mercato non solo possibile, ma reale.Il rinnovato interesse non può essere giustificato solamente dall’attuale disponibilità della tecnologia - più o meno - avanzata, perché molte delle proposte innovative non dipendono da un particolare livello di tecnologia solo oggi disponibile, è piuttosto la progettualità sottostante - il livello di attenzione ideativa - ad essere aumentata.Ciò che è molto cambiato in questi ultimi anni è il clima culturale e le esigenze della base; più che in altri ambiti, la domanda ha condizionato e condiziona l’offerta molto di più di quanto l’offerta non condizioni la domanda. Penso che in questa sede sia doveroso ringraziare tutti coloro che in questi anni hanno operato, a diversi livelli, per promuovere ed incrementare il grado di autonomia delle persone con disabilità visiva fino a far diventare questo (della mobilità e dell’autonomia) un aspetto degno di interesse da parte della ricerca applicata e, più in generale, del mondo economico.È importante considerare come siano cambiate le cose nell’ultimo decennio.A segnare il passo di un continuo processo di emancipazione è la trasformazione del disabile da paziente, a utente, a cliente (come interlocutore attivo, come destinatario e fruitore di servizi, ma capace di orientarsi nel mercato delle offerte, come consumatore allenato ed accorto).Nel mondo del mercato della differenziazione delle proposte, e quindi in un universo non protezionistico e non monopolistico, i clienti hanno molto più potere degli utenti e dei pazienti.Nello specifico, il tema della mobilità si è diffuso in senso orizzontale oltre che verticale, allargando notevolmente la sua base d’appoggio, coinvolgendo nel dibattito non solo i diretti interessati (clienti, ex utenti ora impazienti), ma anche la famiglia, le agenzie educative, le associazioni “di categoria” locali e nazionali, gli enti locali, le istituzioni, le imprese, i commercianti.Ne risulta un sistema composito non più verticistico (né piramidale, né monopolistico) con un vertice definito, ma un sistema trapezoidale con una base allargata comune (i clienti), molto allargata, ed una - chiamiamola - catena montuosa costituita da massicci, picchi, vallate, (istituzioni, associazioni, singoli cittadini, gruppi più o meno

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organizzati, enti, ricercatori, produttori, commercianti). La ricchezza della differenziazione si gioca con la coerenza e l’ottimizzazione non tanto, e non solo, delle risorse, quanto piuttosto delle risposte che trovano definitiva installazione nelle diverse realtà locali, dove l’effetto “macchia di leopardo” si ripercuote sull’effettiva fruibilità delle soluzioni adottate per una mobilità autonoma.Parallelamente a questa emergenza di molteplici iniziative, la dimensione della mobilità e dell’autonomia è stata al centro di molti dibattiti che ne hanno permesso un’analisi nei suoi aspetti più diversi: prassico-motori, psicomotori, cognitivi, psicologici, emotivi, proiettivi, socio relazionali, architettonici ed urbanistici. E così il nostro bagaglio culturale si è accresciuto, si è arricchito, contribuendo a frantumare approcci eccessivamente monolitici, riconoscendo la necessità di partire dalle esigenze individuali e radicalmente differenziate per incrementare strategie personali di approccio alla provocazione ambientale e di elaborazione del vissuto relazionale.L’esperienza dell’ultimo scorcio del millennio ha decretato il fallimento di interventi approssimativi ed occasionali e, soprattutto, l’inefficacia degli approcci meccanico-meccanicisti finalizzati all’addestramento e non all’appropriazione di strategie per la mobilità.Da intervento locale di “emergenza” e/o di necessità, le attività di mobilità si sono trasformate in una progettualità educativa, rieducativa e riabilitativa coerentemente inserita nel progetto di vita e condivisa nel sistema delle relazioni familiari e sociali.Da intervento per grandi, cioè per adulti, si è allargato ad intervento precoce: precoce non solo rispetto all’età, ma soprattutto rispetto alla domanda. Una domanda di una maggior autonomia; e questa è indipendente dal fattore temporale, ma inerisce il sistema del sé attribuzionale, cioè dell’attribuire a se stessi competenze, capacità di autonomia. L’esperienza quotidiana dei tecnici dell’educazione e della riabilitazione in Orientamento Mobilità ha evidenziato come la mobilità non si esaurisca nell’apprendimento delle tecniche d’uso degli strumenti, ma si costruisca e consolidi come dimensione della persona. Cosicché l’operatore della mobilità deve farsi strumento esso stesso della mobilità come colui che crea le condizioni per il formarsi di un nucleo centrale di esperienza di autonomia che inerisce il sé autonomo, cioè il configurarsi di un’esperienza di se stessi come capaci non solo di controllare - quando non di modificare l’ambiente -, ma soprattutto di esporsi.La mobilità - nel quadro coerente dell’autonomia - non è una questione privata. La mobilità si gioca tutta nella sua dimensione pubblica, nella sfera della socialità.Le realtà ed esperienze più vincenti in cui ciò avviene (cioè sempre nuove persone cominciano a gestire in prima persona la propria mobilità) sono quelle in cui per diversi motivi si è costituito un gruppo che quotidianamente gioca se stesso pubblicamente nella mobilità e permette quindi la condivisione ed il confronto di esperienze simili e dirette.Un unico dato è assolutamente certo, sempre più persone chiedono di imparare ad uscire autonomamente.Al volgere del secondo millennio sono cambiate molte cose: è cambiata la domanda sia in termini di qualità che di quantità tant’è che attualmente è gravemente preoccupante l’irrisorio numero di operatori qualificati (23 attualmente attivi a fronte di circa 88 abilitati negli ultimi 12 anni) rispetto ad una domanda sempre crescente. E colgo l’occasione per rivolgere un appello ai rappresentanti istituzionali affinché - facendo tesoro dell’esperienza trascorsa - si accingano ad organizzare tempestivamente progetti di formazione professionale per fornire ai loro clienti personale qualificato.

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E così possiamo ora entrare nel merito della questione non per trovare una risposta univocamente determinata quanto piuttosto per individuare - coerentemente con la differenziazione dei pensieri e delle azioni - domande guida nella valutazione delle molteplici proposte.Gli strumenti tradizionali della mobilità sono l’accompagnatore, il bastone bianco lungo ed il cane guida. In diversa misura, e con un diverso grado di libertà, questi tre strumenti consentono la mobilità della persona minorata della vista.Essi sono degli strumenti, che possono diventare degli ausili.Secondo la definizione di Alexander Koirè l’ausilio (aiuto) è un prolungamento del cervello, è una manifestazione della plasticità ideativa dell’homo faber.L’efficacia dello strumento è condizionata (esaltata o inibita) dalla capacità ed intelligenza d’uso e ciò differenzia radicalmente l’ausilio dallo strumento come mero oggetto (arnese) come mezzo di cui ci si può attivamente e abitualmente servire per il conseguimento di uno scopo.Così accompagnatore, bastone e cane possono, di volta in volta, essere utilizzati intelligentemente come risorse intrinseche per la mobilità o come meri oggetti che consentono il solo trasferimento di una persona da un posto ad un altro.Questi oggetti sono strumenti nella misura in cui servono unicamente a rilevare elementi strutturali e variabili entro lo spazio di deambulazione e, quindi, a supplire all’intrinseca impossibilità o ridotta capacità nel rilevare questi elementi a distanza e conseguentemente aiutano la persona a mettere in atto adeguati comportamenti conseguenti (esitamento-incontro).A questo livello primario (ma non primitivo) la mobilità può essere esercitata in modo funzionale, anche senza grandi elaborazioni sovrastrutturali.Il salto qualitativo avviene quando la persona trasforma questi strumenti (arnesi) per la mobilità in ausili per la mobilità. Ciò avviene nella misura in cui queste risorse vengono integrate dalla persona entro un quadro esperienziale e cognitivo di più ampia portata, consentendo la decodificazione di messaggi ambientali e la loro riorganizzazione entro un quadro di riferimento che permette di definire la propria ed altrui posizione e/o spostamento in riferimento ad elementi rilevanti dello spazio circostante. Il tutto integrato nel quadro progettuale, dei sistemi di controllo e delle operazioni decisionali e delle scelte di responsabilità.Questo gruppo definito primario è rimasto sostanzialmente identico a se stesso, sebbene il mercato offra ai clienti servizi di accompagnamento più efficaci, diversi e migliori modelli di bastone lungo bianco, nuove razze di cani guida.L’innovazione tecnologica non ha prodotto (ancora) nuovi strumenti per la mobilità.Ciò che invece è assolutamente innovativo è la presenza sul mercato di prodotti capaci di fornire informazioni ambientali aggiuntive.La prima osservazione è che le nuove tecnologie non sostituiscono (ancora) i vecchi strumenti della mobilità, ma li integrano, li potenziano e li completano sotto l’aspetto informazionale; cioè sono capaci di fornire informazioni pregnanti per la pianificazione, realizzazione ed il controllo di progetti di mobilità.Proprio per questa loro intrinseca natura essi primariamente sono sistemi di informazione, comunicazione. Non possono dirsi nemmeno sistemi per l’orientamento, perché comunicare ad un cliente la posizione locale non significa implicitamente che egli sappia collocare ed integrare questa informazione entro un quadro di riferimento in cui determinare la traiettoria desiderata (operazione che propriamente dicesi orientarsi).L’orientamento non è uno stato, ma un processo molto più complesso del qui ed ora; è una elaborazione cognitiva, è una modalità o strategia del pensiero operativo.

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L’orientamento è un processo cognitivo con il quale il soggetto determina la propria ed altrui posizione e, simmetricamente, il proprio o altrui spostamento rispetto ad un quadro di riferimento dinamico.Qui si vuole semplicemente evidenziare che i criteri per valutare gli strumenti di deambulazione e quelli di informazione (nel senso specificato sono ausili per la mobilità) sono intrinsecamente asimmetrici.Se il primo gruppo può configurarsi primariamente come ausili per una deambulazione sicura, il secondo viene a configurarsi come ausili per la trasmissione di informazioni utili anche alla mobilità.Il presupposto è che l’utilizzatore sia intelligente, diversamente nessuno strumento potrà divenire ausilio, e nessun incremento della quantità delle informazioni intrinseche potrà comunque modificare lo stato di “ignoranza” del cliente.Nel dover valutare le caratteristiche di strumenti/ausili già oggi ampiamente disponibili, ma radicalmente diversi tra loro possiamo e/o dobbiamo tener presenti alcuni parametri di valutazione:

Caratteristiche dello strumento - Affidabilità- Con un buon livello di autonomia (alimentazione...)- Facilità d’uso- Leggerezza- Maneggevolezza- Grado di appariscenza- Grado di ingombro- Resistenza- Riparabilità - Sicurezza- Ergonomicità

Uso dello strumento- Quanto interferisce con altri canali sensoriali- È necessario un training d’uso- È autoreferente- Quali abilità sono richieste (manualità, deambulazione...)- Quali abilità cognitive sono richieste- Vincolato all’installazione di postazioni fisse e/o mobili- Vincolato all’uso di un “lettore” - strumento omologo

Versatilità dello strumento- Può essere installato in contesti diversi (all’aperto e al chiuso, in edilizia pubblica e privata)- È un sistema continuo (filo di arianna)- Discreto o cruciale (nei loci importanti)- Può essere usato da più persone contemporaneamente- Può essere usato solo da non vedenti- Può essere potenziato nel tempo- Può essere utilizzato assieme con altri strumentiAccessibilità all’uso dello strumento- Immediatamente disponibile- Ovunque disponibile

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- Richiede l’uso di altra strumentazione- Richiede l’acquisto di altri strumenti

Grado di diffusione- In quanti posti è presente dentro e fuori la città- Si può utilizzare solo su percorsi predefiniti

Costi di - Acquisto- Installazione- Manutenzione- Riparazione

Vincoli- Autorizzazioni- Licenze

Grado di “democrazia”- Disponibile a tutti- Disponibile per i soli possessori di chiavi (strumenti) d’accesso

Clientela - Con deficit sensoriale specifico- Con un grado di istruzione definito- Abitudinari- Occasionali

Su questo punto vorrei richiamare l’attenzione di quanti sono interessati alla mobilità osservando che la ripetizione di un percorso quotidiano rende ridondanti alcune informazioni. Così come è restrittivo pensare alla canalizzazione della clientela entro esclusivi percorsi obbligatori al di fuori dei quali l’ausilio non è più utilizzabile.

Rispetto alle informazioni dobbiamo chiedere- Semplicità- Essenzialità- Pregnanza- Coerenza- È possibile scegliere tra diversi livelli informazionali - Le informazioni sono sempre ed immediatamente disponibili- È possibile selezionare le informazioni.

La ricaduta sul mercato dei risultati della ricerca applicata sarà presumibilmente quella di un paesaggio altamente differenziato in cui interagiscono molteplici sistemi - non incompatibili tecnicamente e tecnologicamente tra loro - capaci di integrare reciprocamente il proprio nucleo informativo.Solo il tempo e soprattutto la maturità - e maturazione - del cliente ci diranno quali sono i dispositivi efficaci e presumibilmente questi saranno quelli che hanno un’interfaccia multipla, aperta e resistente all’usura di una tecnica e di una tecnologia che è tanto veloce nel produrre quanto nel rottamare.

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C. Bortolin** Istruttore di orientamento e mobilità“2000 Come autonomia”Chianciano Terme 23-24-25 Marzo 2001

(1) Relazione svolta al convegno: “2000 come autonomia” - Chianciano Terme, 23-25 Marzo 2001

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AUTONOMIA PERSONALE: AUSILI E PROSPETTIVE (1)

La capacità di affrontare problemi pratici e concreti è di fondamentale importanza per l’essere umano, perché determina la sua possibilità di essere indipendente e autonomo, cioè libero di agire, scegliere, autodeterminarsi in ogni occasione. Queste capacità non sono però insite nell’essere umano, sono capacità che si sviluppano attraverso un bagaglio di esperienze dovute al proprio vissuto. Quando questo vissuto è particolarmente ricco, le conoscenze acquisite permettono alla persona di valutare situazioni diverse, confrontarle e quindi di adeguarsi ad una realtà sempre più ricca di stimoli e in continua evoluzione. Il non essere autonomi può quindi coinvolgere la vita sociale, culturale, professionale e cognitiva di una persona e influenzare lo sviluppo della personalità.Le occasioni che invogliano ad essere indipendenti sono molte e iniziano già da bambini, per poi moltiplicarsi con la crescita: la scuola, le gite, le vacanze con gli amici, sono occasioni che quando si presenteranno potranno essere irte di ostacoli insormontabili o piacevoli opportunità di divertimento a seconda del grado di indipendenza raggiunto fino a quel momento e delle esperienze fatte nell’arco della vita, in particolare nei primi anni di vita. Mentre l’apprendimento per il bambino vedente è basato, in prevalenza, sulla sua capacità di imitazione, nel bambino non vedente deve basarsi su una metodologia più specifica e adeguata che curi l’educazione e la valorizzazione della percezione sensoriale. Il bambino non vedente deve essere sollecitato a compiere tutti i movimenti che compie il bambino vedente, comprese le normali prassi della vita quotidiana in casa; solo così impara a riconoscere il posto in cui si trovano i diversi oggetti e a utilizzare questi nelle diverse attività, come versare l’acqua in una tazza, apparecchiare la tavola, prendere i propri giochi e così via. Le sue mani impareranno tre funzioni molto importanti, funzioni che svolge simultaneamente: quella di agire, quella di conoscere e quella di controllare operazioni in corso.Quando il bambino andrà a fare la spesa con i genitori o gli educatori conoscerà i diversi negozi con le persone che vi lavorano, esplorerà le strade, il posto in cui vive e riconoscerà le persone per lui più significative.I processi cognitivi hanno il loro presupposto nei processi, socio-relazioni-affettivi ed il loro attuarsi nell’azione, nell’esperienza personale.Se in primo luogo si forniscono al minorato della vista indicazioni alternative a quelle generalmente fornite dal canale visivo, lo si può rendere capace di crearsi un bagaglio di esperienze pari a quello della persona vedente e in secondo luogo lo si mette in condizione di elaborare autonomamente una serie di strategie tali da permettergli la reale gestione della propria vita micro e macrosociale. In pratica, ciò significa fornire alla persona non vedente quegli elementi che le sono necessari per essere libera di

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organizzare la propria esperienza e la vita quotidiana senza il continuo intervento della persona vedente.A favore di ogni cittadino la Repubblica Italiana si è impegnata nel difficile compito di prevenire e di rimuovere le condizioni invalidanti che impediscono lo sviluppo della persona umana, il raggiungimento della massima autonomia possibile e la partecipazione alla vita della collettività, nonché la realizzazione dei diritti civili politici e patrimoniali (Legge quadro 9 Gennaio 1992, art. 1).Un gruppo di esperti, ormai qualche anno fa, ha individuato cinque aree fondamentali di intervento riabilitativo per la minorazione visiva:1. Riabilitazione Visiva 2. Riabilitazione Neuropsicosensoriale3. Riabilitazione dell’Autonomia personale4. Riabilitazione di Orientamento e Mobilità5. Addestramento per l’uso degli ausili tecniciEssendo un intervento tecnico destinato a modificare la funzionalità, questa riabilitazione si configura sotto tutti gli aspetti come un atto “terapeutico e non assistenziale” (Documento sulla riabilitazione dei minorati della vista, Unione Italiana dei Ciechi, Roma, 1996, pag. 3)

Riabilitazione dell’Autonomia Personale

Il corso di Autonomia Personale è un intervento riabilitativo principalmente individuale che viene programmato in base alle esigenze e alle richieste della persona minorata della vista, organizzato e condotto da un docente qualificato.Il corso prevede una serie di unità didattiche che si possono suddividere in:* Orientamento nella propria abitazione;* Pulizie domestiche;* Uso e cura degli indumenti;* Uso degli elettrodomestici;* Comportamento a tavola;* Uso del denaro;* Cucina;* Cucito;* Scrittura in nero;* Scrittura in Braille;* Cura personale.La programmazione iniziale viene generalmente stabilita insieme al corsista, o in caso di bambini piccoli, insieme ai genitori.Lo svolgimento del corso segue un principio di gradualità, tenendo sempre conto delle presenti abilità del corsista e di quelle che in futuro potrebbe potenziare e affinare. Nella fase iniziale del corso di Autonomia Personale l’istruttore/docente effettua un’attenta valutazione dei prerequisiti di base posseduti dal corsista e solo in seguito stilerà una programmazione adeguata al caso.Un corso completo varia dalle 60 alle 80 ore circa. Si possono richiedere anche corsi parziali che prevedono l’approfondimento di alcune unità didattiche e in tal caso la durata dipende dal tipo di attività richiesta dal corsista.Sia il corso completo che quello parziale può svolgersi in vari modi.

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Corso individuale: si svolge gradualmente nell’abitazione del corsista. Per esigenze particolari può svolgersi anche in una sede adeguatamente attrezzata. Nell’ultimo caso la verifica avviene sempre a casa del corsista.Corso di gruppo: si svolge in piccoli gruppi, possibilmente omogenei nelle attività. Si effettua in una sede adeguatamente attrezzata.Corso misto: si svolge generalmente in una sede adeguatamente attrezzata.Una parte delle ore programmate è effettuata con l’intero gruppo di corsisti, un’altra è dedicata al singolo corsista per consolidare i risultati raggiunti o per colmare eventuali lacune.Corso vacanza-studio: si svolge presso un centro vacanza-studio ed è generalmente strutturato come un corso misto.Personalmente ho effettuato numerosi interventi educativi-riabilitativi in autonomia personale rivolti sia a bambini, sia ad adulti. L’esperienza che ho maturato ha evidenziato che per il primo gruppo, ossia i bambini, la programmazione deve prevedere obiettivi che sviluppino e incrementino prima di ogni altra cosa, la manualità, la motricità, la capacità di problem-solving e, non ultimo, una maggiore consapevolezza delle situazioni.I bambini devono imparare “il saper fare con le mani” e gradualmente familiarizzare con gli utensili d’uso comune. Essi devono sperimentare l’operatività delle varie situazioni senza fermarsi alla semplice verbalizzazione delle situazioni, anche se sappiamo benissimo che nel processo educativo-riabilitativo entrambi le fasi devono essere presenti.Quando il training di autonomia personale coinvolge l’adulto, soprattutto se non vedente acquisito, per eseguire i vari lavori è di fondamentale importanza riabilitare la persona ad usare tutti i canali sensoriali residui e vicari, soprattutto il tatto, favorendo così il trasferimento di tutte le esperienze pregresse nella situazione attuale. Spesso la persona, pur attuando delle strategie per mantenere l’autonomia, non riesce ad abbandonare quegli schemi che facevano parte della sua vita da vedente.

Quali sono le difficoltà, gli ostacoli che si presentano al non vedente lungo il suo cammino verso l’autonomia?

La persona non vedente o ipovedente può incontrare difficoltà dovute a:* Mancanza o incompletezza dei prerequisiti necessari.* Non conoscenza di accorgimenti, tecniche e ausili adatti alle situazioni specifiche.* Un mondo a misura di vedente da cui spesso consegue un’inadeguatezza dell’ambiente.I problemi legati al primo punto possono essere superati attraverso l’esperienza personale e/o con l’aiuto di familiari, riabilitatori e quanti partecipano al progetto educativo-riabilitativo, intervenendo precocemente al momento della comparsa della minorazione.I problemi derivati dall’inadeguatezza dell’abitazione e dell’arredo possono essere superati attraverso alcune modifiche, talvolta di piccola entità, ma che risulteranno essenziali per una vita in casa sicura e comoda.L’ambiente secondo la struttura architettonica e d’arredo, può favorire e promuovere la crescita, l’inserimento sociale e l’autonomia dell’uomo. È importante sottolineare che quando si progetta una ristrutturazione ambientale è necessario garantire:* Soluzioni che eliminino totalmente la possibilità di infortuni ed incidenti.* Proposte di arredo ergonomiche e funzionali sia in termini di utilizzo pratico che di pulizia e gestione.

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Mentre per quanto riguarda il mondo a misura di vedente, prendiamo in considerazione l’ambiente domestico e gli aiuti/ostacoli forniti dalla tecnologia ed entriamo in modo più specifico nell’argomento che mi è stato assegnato.La tecnologia, sempre più avanzata, oggi è ovunque nelle nostre case.L’apricancello, il computer, i sistemi audio video, gli elettrodomestici intelligenti sono tutti strumenti quotidiani. Con il progresso dell’elettronica si sono rese disponibili molte opportunità e come sovente i mass media e la pubblicità ci ricordano “questi nostri amici” ci permettono di svolgere molte attività con maggior sicurezza, tranquillità, miglior efficienza, che si traduce in maggior tempo libero e quindi migliore Qualità della Vita.Esistono sistemi di software per la gestione di servizi domestici: allarme per le fughe di gas, sistemi antifurto, telesoccorso, telemedicina, apertura di porte e finestre, uso di elettrodomestici, ecc. Questi accorgimenti sono stati adottati in “Domus Aurea o casa intelligente” un progetto sperimentato e realizzato dalla Telecom in collaborazione con il comune di Ferrara.A dire il vero l’industria ha dato molto spazio alla disabilità motoria. Girando nei vari negozi mi sono accorta che alcuni oggetti presentano un designer particolarmente curato sia dal punto di vista estetico che funzionale e in alcuni casi con l’aggiunta di semplici accortezze, offrono soluzioni che rispondono anche alle esigenze del disabile visivo. Possiamo parlare di “Universal design?”Esistono:* Lavatrici con comandi facili da leggere: caratteri ingranditi ed in Braille.* Telefoni dotati di tasti grandi, ben evidenti, con scritte in nero e Braille.* Telefono a selezione vocale: permettono di attivare alcuni numeri telefonici pronunciando il nome della persona a cui corrispondono.* Pesapersone con sintesi vocale.* Bilance pesa alimenti, termometri, orologi, sveglie parlanti.* Misurini graduati con numeri in rilievo.* Dosatori di varie grandezze.* Pentole colorate che facilitano il crearsi di contrasto di colore con i fornelli.* Televisori dotati di particolari lenti ingrandenti da anteporre allo schermo, o particolari dispositivi ingrandenti, speciali zoom.* Ecc.Purtroppo però viviamo nell’era del digitale, che, se da un lato ha agevolato molte operazioni di vita quotidiana, dall’altro ha creato numerose barriere, che possiamo chiamare barrire tecnologiche:* Display luminosi: forniscono informazioni sui programmi selezionabili ma per il non vedente risultano inaccessibili (lavatrici, forni a microonde, lettori a codici a barre nei supermercati, bancomat, anche se alcuni sono provvisti di sintesi vocale attivabili con un tasto, come quelli presenti in alcuni bancomat postali).* Tasti digitali non percepibili: come quelli di distributori automatici, bilance nei supermercati, ecc. Si potrebbe ovviare mettendo delle informazioni a rilievo, le cosiddette marcature come noi tecnici amiamo chiamare.* Spie luminose: non percepibili dal non vedente, servono a dare informazioni di avvertimento, come ad esempio quando è finita l’acqua in una caldaia, quando l’apparecchiatura è pronta per l’uso, quando il sacchetto dell’aspirapolvere è pieno, ferri da stiro. Si potrebbe ovviare con brevi segnalazioni acustiche.* Elettrodomestici con manopole libere: richiedono l’intervento della vista per individuare le varie posizioni. Si potrebbe risolvere con manopole o pulsanti a scatto con punti di riferimento tattili.

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* Istruzioni non leggibili: scritte in nero a caratteri piccoli inaccessibili sia ai non vedenti che agli ipovedenti o anziani.Si potrebbe ovviare con trascrizioni in Braille, registrazioni su audio cassetta, stamparle a caratteri ingranditi.* Apparecchiature dotate di non univoche modalità di utilizzo: rubinetti con aperture varie, fotocellule, manopole, pulsanti a terra, ecc.Come tutelarci da tutto ciò?

Credo che il segreto stia nel non dimenticarci che la tecnologia deve stare e restare al servizio dell’uomo e non il contrario. Nella selezione dello strumento da utilizzare bisogna sempre considerare le funzionalità richieste ed il tipo di invalidità cui bisogna ovviare attraverso il sistema, nel pieno rispetto dell’individualità e soggettività della persona.Altra riflessione fondamentale sulla tecnologia e sulla sua funzione di supporto/aiuto della persona è suggerita dalla continuità di servizio che è condizione indispensabile per il funzionamento delle strumentazioni. Gli ausili possono rompersi, fermarsi e ciò ci dimostra la necessità che la persona, prima di utilizzare qualsiasi ausilio, abbia comunque conquistato una propria autonomia, una capacità di risolvere i problemi a prescindere dall’aiuto fornitogli dagli ausili tecnologici.Il compito del tecnico non è quello di consigliare strumenti particolari, a meno che non si renda assolutamente necessario: si cercherà di consigliare alcune strategie per utilizzare al meglio, salvaguardando la propria e l’altrui incolumità, gli strumenti comunemente usati dai vedenti.

Quali prospettive?

Credo che uno dei nostri compiti sia quello di incentivare la ricerca, di stimolare le aziende a realizzare strumenti e soluzioni tecniche che siano veramente rivolte ad un’utenza ampliata. Altro elemento importante è quello di garantire la qualità dei servizi di riabilitazione in autonomia personale, promuovendo la formazione di istruttori qualificati. Gli enti, le associazioni, gli istituti di formazione, di riabilitazione quant’altri lavorano in questo ambito, devono assumersi questo compito e questa responsabilità, perché per la persona minorata della vista, l’autonomia non è solo un dovere, ma è anche un diritto.E. Storani** Istruttrice di O. e M.Presso la “Lega del filo d’Oro”.

1 Relazione svolta al convegno “2000 come autonomia” Chianciano Terme 23-25 marzo 2001

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L’OTTANTESIMO ANNIVERSARIO DI FONDAZIONE DELLA FEDERAZIONE NAZIONALE DELLE ISTITUZIONI PRO CIECHI

La Federazione Nazionale delle Istituzioni pro Ciechi fu pensata in quel sesto congresso tiflologico che si svolse a Bologna nel 1910, in una stagione che sembrava

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molto promettente per i non vedenti, in quanto la massima attenzione veniva posta alla loro problematica educativa nella diffusa temperie di filantropismo che aveva caratterizzato gli inizi del secolo XX. La relazione del professor Alessandro Graziani che, con Augusto Romagnoli, di quel congresso fu la mente più illuminata, auspicava che gli istituti si confederassero per acquistare maggior forza presso le autorità pubbliche e, con somma lungimiranza, chiedeva altresì la creazione di una “tipografia” che, fornendo ai ciechi qualche libro, contribuisse ad alleviarne la sofferenza e a migliorarne la cultura. Alessandro Graziani era da cinque anni direttore dell’Istituto “Cavazza” di Bologna e conserverà l’incarico fino al 1927, portando quella istituzione ad alti fastigi. Gli istituti però non si mostrarono prontamente sensibili all’intuizione di Graziani. Era ancora prevalente, quando non del tutto esclusiva, la finalità assistenziale verso i ragazzi ciechi, ispirata al Codice Civile del 1865, alla legge crispina n. 6972 del 1890, ma anche a gran parte del pensiero tiflologico che, dopo gli entusiasmi tra illuministici e romantici dei pionieri al tramonto del secolo XVIII e agli albori del XIX, per il malaugurato intrecciarsi in pedagogia dello Herbartismo e di certe prospettive positivistiche celebratrici della passività della persona umana, giudicavano fallita ogni forma d’integrazione scolastica. È del 1867 l’opera di Mathias Pablasek, che era succeduto a Vienna al grande Wilhelm Klein nel 1848, dal significativo titolo “L’Assistenza ai ciechi dalla culla fino alla tomba”.Anche in Italia gli istituti, che si erano modellati su quelli europei fin dal 1818, non avevano mai manifestato una sia pure embrionale capacità di progettare iniziative valide sotto il profilo dell’educazione ed erano rimasti nella forma puramente assistenziale, ispirandosi a quel sentimento che potremmo dire di “pietà impietosa”, come efficacemente la definisce Carlo Monti nella ricostruzione storica dell’humus in cui nascerà l’Unione Italiana dei Ciechi. La ragione convenzionale e istituzionalizzata creava questa sorta di “gabbie d’oro”, che per noi spesso erano di fango, per favorire l’emarginazione dei ciechi dal contesto sociale. Quei fanciulli, dal volto inespressivo e senza speranza, vivevano nello spirito di rassegnazione. Come le orfanelle de “Il boccone del povero”, di cui dice Luigi Pirandello ne “I vecchi e i giovani”, uscivano oranti dall’istituto, solo in occasione del funerale di qualche benefattore, poiché era comune convinzione che la loro preghiera avrebbe trovato più sicuro ascolto in cielo, essendo, come recita il linguaggio popolare toscano, “segnati da Dio”.Una nuova sensibilità si era manifestata nei congressi tiflologici e nella fioritura dei patronati, come quello intitolato alla Regina Margherita che, fondato nel 1884, era stato per lunghi anni presieduto da quella grande personalità di cieco e di tiflologo che fu Dante Adriani Barbi. Non è quindi accidentale che l’esperienza di una nuova educazione dei ciechi venisse avviata nel 1912 da Augusto Romagnoli, nel fervore delle Scuole Nuove e nell’insorgente spirito filantropico della Regina Margherita di Savoia che, con questa felice iniziativa, intendeva porsi a fianco dei più illuminati protagonisti europei in tanto delicato terreno.La guerra, le vicende del dopoguerra ed il clima di disordine che ne seguì, però, impedirono l’attecchimento dell’intuizione di Graziani. Purtroppo, la storia, in cui siamo tutti destinati a vivere, costituisce sempre un inevitabile condizionamento. E la nostra storia si misura sempre con i parametri della guerra, dell’anteguerra, del dopoguerra, del tempo che intercorre fra due guerre e non si valuta quasi mai nel segno delle grandi conquiste di civiltà.Nel 1920, il 26 ottobre, nasceva a Genova l’Unione Italiana dei Ciechi, la gloriosa Associazione che ha costituito non solo la falange degli uomini che dovevano portare i ciechi al faticoso autoriscatto, ma anche la guida per tutte le altre consociazioni di

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minorati. Soltanto quattro mesi dopo, il 24 febbraio del 1921, nasceva a Firenze la Federazione Nazionale delle Istituzioni pro Ciechi, per volontà degli stessi protagonisti del Congresso genovese. La sede verrà trasferita a Roma nel dicembre del 1945.Ne fu primo presidente Alessandro Graziani, che la resse fino al 1931 e ne favorì l’erezione in Ente Morale, avvenuta con R.D. n. 119 del 23 gennaio 1930. A lui succedette il professor Oreste Poggiolini, il fondatore di “Gennariello”, che ne era stato segretario e che la guidò fino all’anno della sua scomparsa nel 1938. Seguì la presidenza del dottor Aurelio Nicolodi, che significativamente ne assommò la guida a quella dell’Unione Italiana dei Ciechi, quasi a testimoniare ulteriormente l’unità di intenti e di finalità. Nel 1943 Aurelio Nicolodi delegò i suoi poteri di presidente della Federazione al professor Paolo Bentivoglio che, dal 1947 al 1950, ne fu Commissario governativo. I dibattiti nelle assemblee dell’ente e la relazione che, nel 1948, il professor Leone Cimatti, che ne era segretario, lesse in occasione del giubileo della Federazione, che era stato rinviato di due anni per le condizioni postbelliche del Paese, ci informano della molteplicità e della multiforme attività della nuova istituzione, che si trova sempre a fianco dell’Unione Italiana dei Ciechi nelle prime essenziali e significative conquiste dall’angolo visuale dell’istruzione.Le prime conquiste, che l’Unione Italiana dei Ciechi e la Federazione ottennero nel comune impegno, costituiscono il presupposto per la crescita personale, sociale e morale di tutti i ciechi. Si può affermare che il R.D. n. 2841, del 30 dicembre 1923, il R.D. n. 3126 del 31 dicembre 1923 e l’O.M. 27 giugno 1924 assumano il senso di una rivoluzione copernicana per la crescita dei ciechi e si configurino come la prima e fondamentale riforma della Federazione e delle istituzioni, nata come conseguenza legislativa della grande Riforma Gentile che aveva rivoluzionato in senso positivo la scuola nel 1923.Il R.D. n. 2841 riforma in modo significativo la legge n. 6972 del 1890. In un comma aggiuntivo al testo della legge è scritto: “Possono esser dichiarati istituti scolastici posti alla dipendenza del Ministero dell’Istruzione quegli istituti a favore dei ciechi, nei quali gli scopi dell’educazione e dell’istruzione, in base alle tavole di fondazione e agli statuti, siano esclusivi o abbiano una prevalenza notevole sui fini di assistenza...”. E all’art. 4 della legge è aggiunto il seguente comma: “Delle amministrazioni degli istituti, che abbiano per fine l’assistenza, l’educazione e l’istruzione dei ciechi... deve far parte possibilmente un rappresentante dei ciechi stessi..., nominato dal Ministero dell’Interno di concerto con quello dell’Istruzione”.Il passaggio dal concetto di istituto come ricovero assistenziale a quello di ente di istruzione è avviato. La presenza di un rappresentante dell’Unione Italiana dei Ciechi nel Consiglio degli istituti costituisce una garanzia per il conseguimento delle finalità educative, essendo stato, nel congresso fiorentino del 1921, quello dell’educazione e dell’istruzione il punto primo fra quelli che Aurelio Nicolodi aveva indicato come finalità della neonata Associazione.Il R.D. n. 3126 costituisce una pietra miliare nella crescita educativa dei ciechi e segna un traguardo di civiltà nella vita del Paese, in quanto fa obbligo allo Stato di istruire i ragazzi ciechi, consentendo all’Italia di affiancarsi alle nazioni più progredite. All’art. 6 si legge: “Con Decreti Reali di concerto tra il Ministero della Pubblica Istruzione e il Ministero dell’Interno sarà determinato quali degli attuali istituti che provvedono all’educazione dei ciechi debbano accogliere gli scolari. Agli istituti, di cui al precedente comma, potranno essere annessi speciali Giardini d’infanzia”. Qui si deve sottolineare, innanzi tutto, l’aspetto prioritario dell’educazione, per cui non tutti gli istituti tradizionali vengono giudicati capaci di

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assolvere compiti scolastici. Vorrei altresì mettere in particolare evidenza come se avesse singolare riguardo, per la prima volta, alla necessità di un’educazione prescolastica, sulla scorta della dottrina pedagogica e dell’esperienza di Rosa Agazzi e di Maria Montessori. E all’art. 8 è scritto: “Nessuno può essere nominato all’ufficio di direttore, di insegnante e di assistente nelle scuole previste dall’art. 6, ove non sia provveduto dello speciale titolo di abilitazione rilasciato da scuole all’uopo istituite”. Si prevede qui quella che, con espressione montessoriana, verrà detta “Scuola di Metodo”, che verrà istituita con R.D. n. 2483 il 15 novembre del 1925. L’educazione e la rieducazione dei ciechi, perciò, dovunque avvengano, non sono abbandonate miseramente all’estemporaneità e all’improvvisazione, ma sono attentamente vigilate.Molto significativo a me pare l’art. 1 dell’O.M. del 27 giugno del 1924, dove si legge: “L’obbligo si assolve nelle scuole private o paterne, negli istituti dei ciechi all’uopo designati e presso le pubbliche scuole elementari dove gli alunni ciechi debbono essere ammessi dalla quarta elementare”. Qui si ritrova, a mio sommesso giudizio, il primo e fondamentale incunabolo dell’integrazione scolastica dei ragazzi ciechi nella scuola di tutti.Incorrerebbe tuttavia in un grave errore e in facile ingenuità chi ritenesse che questa radicale riforma venisse accolta con buona disposizione d’animo da parte delle istituzioni. Lo stesso istituto Cavazza, alla cui direzione era stato chiamato il professor Domenico Marabini, si mostrò tanto ostile a quella che il direttore, con un certo sarcasmo, chiamava “la signora riforma”, che, nel 1930, il competente Ministero dovette sciogliere il Consiglio e affidare al Conte Francesco Cavazza la funzione di Commissario, con la raccomandazione di ispirarsi alla legislazione vigente. Questo si legge nel bel volume con cui Giampaolo Venturi ricostruisce i primi cinquant’anni di vita della gloriosa istituzione bolognese. A chi serenamente consideri il nuovo spirito che aleggiava in quegli anni di tanto fervore non sfuggirà il senso della radicale “metànoia”, della “metamorfosi” che si richiedeva agli istituti per diventare enti di educazione. Si rilegga la presentazione che Augusto Romagnoli scrisse all’opera “Ragazzi ciechi nelle scuole elementari comuni”, edito dalla Federazione nel 1926 e che raccoglie le relazioni dei primi maestri che ebbero alunni ciechi in quarta e quinta elementare. Si rifletta altresì che la stessa opera “Ragazzi ciechi” di Augusto Romagnoli, che costituisce ancor oggi il più autorevole testo per l’educazione di chi non vede, è del 1924. Scriveva Augusto Romagnoli presentando la bella silloge di osservazioni scritte da quelle semplici, ma nobili figure di maestri e di maestre: “Oggi, che tali istituti, per l’azione concorde della Federazione Nazionale, dell’Unione Italiana dei Ciechi e dello Stato, si vanno alacremente riformando, è utile, oltre che bello, divulgare la notizia di ciò che, con mezzi e con preparazione tanto minore, riuscirono a fare insegnanti pieni di zelo e di bontà”. L’azione congiunta della Federazione e dell’Unione, quindi, aveva già dato i suoi buoni effetti. Tuttavia, queste embrionali esperienze di integrazione erano destinate a tramontare ben presto e la legislazione, che le autorizzava, venne negletta di buon’ora. L’obnubilarsi rapido della pedagogia gentiliana, da cui l’una e le altre erano germinate, la riluttanza degli istituti a trasformarsi da ospizi a centri di sostegno per l’integrazione, la struttura economica e quella politica del Paese, favorirono la scuola interna alle istituzioni che, con la legge n. 1463 del 26 ottobre 1952, diventerà scuola speciale e ne sarà dichiarata obbligatoria la frequenza come unica forma di istruzione per i ragazzi ciechi. Lo stesso Augusto Romagnoli, con facile preveggenza, aveva scritto nella medesima prefazione: “So bene ch’è assai più comodo avere le scuole interne e i propri alunni segregati dai contatti non facilmente controllabili dalla scuola pubblica; ma, poiché il fine dell’educazione non è la scuola, ma la vita, vana è l’opera degli educatori, anzi

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dannosa, se vogliono sottrarre i giovinetti alla prova o ritardarla più del necessario... l’inviarli a compiere la loro educazione nelle scuole pubbliche, facendo loro trovare negli istituti speciali gli aiuti, le ripetizioni, i consigli opportuni è l’unico mezzo di farne dei giovani allenati alla vita”.La crescita e l’affermarsi della Federazione come ente autonomo furono piuttosto lenti; si può dire che, ai suoi esordi e per lungo tempo, la nuova realtà sia vissuta all’ombra dell’Unione Italiana dei Ciechi. Soltanto il 28 luglio del 1939, infatti, la Federazione ebbe il proprio statuto. Fino al 1991, esso è stato l’unica Carta che abbia disciplinato la vita dell’ente. Sono passate una tremenda guerra, la Resistenza, l’Assemblea Costituente; si sono succeduti oltre una cinquantina di governi nelle formule più bizzarre, ma lo statuto della Federazione è rimasto a reggere le sorti di un ente che intanto cresceva ed affermava, con testimonianze ineccepibili, la propria presenza. Di là dalle facili ironie, si possono fare almeno due considerazioni: quello statuto, che ha retto a un mezzo secolo di travagli storici, pedagogici educativi, era stato redatto e soprattutto pensato da persone che, come Aurelio Nicolodi, avevano ben chiaro il fine dell’educazione della rieducazione e del recupero dei ciechi e, nel contempo, avevano grande fiducia nelle istituzioni. Non tutti gli istituti, infatti, venivano accolti nella Federazione; lo statuto parla di “meritevoli”, lasciando intendere che la partecipazione alla Federazione doveva costituire, per gli istituti, un traguardo ambito. L’educazione, quindi, era il criterio di valutazione e non tale era il patrimonio o qualsiasi altro parametro. In secondo luogo, quello statuto, letto fuori di certe reminiscenze legate alla politica del tempo, può costituire ancora oggi un punto di riferimento, giacchè involge tutta la dimensione relativa alla vita dei ciechi. E indubbiamente, soprattutto in virtù di quello statuto, la Federazione ha svolto un ruolo enorme e indiscutibile nella vicenda educativa di chi non vede. La sua presenza sia nell’istituzione degli Avviamenti professionali per Ciechi, che si iniziarono il 16 ottobre del 1940, sia nell’organizzazione delle scuole professionali di Firenze e di Napoli, attraverso il R.D. n. 1449 del 29 agosto 1941, testimonia l’ampio orizzonte in cui si dispiegò in quegli anni difficili la sua attività.Tre, per quel che a me pare, sono i momenti della storia pedagogica della Federazione: vi fu quello della “didattica differenziata”, che fu prevalente nell’era delle scuole per ciechi e risultò dominante tra il 1924 e il 1952. Il maggior fulgore, però, doveva aversi nel secondo momento, che fu quello della “didattica speciale”, legata a quella forma di scuola interna agli istituti.Tra il 1950 e il 1982, l’ente fu presieduto dalla dottoressa Elena Coletta Romagnoli, consorte del grande educatore. Si trattò della più lunga e storicamente più controversa presidenza della Federazione; l’aspetto più pericoloso di questo momento fu il contrasto con l’Unione Italiana dei Ciechi, che portò all’isolamento della Federazione e, di riflesso, anche degli istituti. Di là da questo grave aspetto, si deve pur riconoscere che, durante questa lunga presidenza, il fervore non diminuì d’intensità. Durante il periodo della didattica speciale, s’intensificarono convegni e seminari degli educatori per ciechi e degli educatori ciechi. La Federazione si potenziò, s’irrobustì, fondò nel 1964 un centro per la produzione di sussidi didattici e una propria stamperia, fornendo un materiale e un patrimonio librario che dovevano aver diffusione non solo in Italia, ma anche all’estero e che ancora oggi conservano una propria grande validità educativa. Nacquero allora le tavole per la geografia, per le scienze naturali, per la storia dell’arte, che sarebbe ingiusto travolgere nel giudizio acriticamente negativo sull’era delle scuole speciali, giacché, ove si sappiano utilizzare con intelligenza pedagogica e con sensibilità didattica, conserverebbero valore anche nel nostro tempo, come di fatto conservano, in quanto costituiscono

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tutt’oggi l’ossatura su cui cresce il nostro laboratorio. La cecità, infatti, resta e non si cancella con un tratto di penna e con un dispositivo di legge. E con essa restano le sue tipiche peculiarità, della cui valutazione gli esperti del nostro ente furono e restano ineguagliati maestri.Un momento, che sarebbe davvero ingiusto dimenticare, qualificò in questo tempo l’attività encomiabile della Federazione. Venne istituita una scuola di alfabetizzazione per ciechi che avessero perduto la vista in età postscolastica. L’iniziativa fu certamente antesignana di tante consimili scuole che saranno avviate successivamente dagli organi dello Stato e dagli enti locali. La Federazione manifestò sensibilità per le difficili condizioni di quei “ciechi tardivi” che d’improvviso piombavano nelle tenebre. Fu commovente vedere uomini dalla mano incallita per la durezza del lavoro agricolo o di quello operaio accostarsi alla lettura del Braille e trarne motivo di rinascita spirituale.Venne quindi il terzo momento, che potrebbe dirsi, con un’espressione di Enrico Ceppi, della “didattica situazionale”, legata cioè alla fase dell’integrazione scolastica. Qui incomincia il declino della Federazione. Quello statuto, allora, diventò una sorta di “letto di Procuste”, una specie di “camicia di Nesso” e, da strumento positivo quale s’era potuto rivelare nell’era delle scuole per ciechi e in quella delle scuole speciali, ora rischiava di diventare un impedimento alla trasformazione e un ostacolo per l’adeguazione ai nuovi tempi.La contestazione sessantottesca aveva travolto, con il concetto di collegio quale noi avevamo ereditato dall’Umanesimo e dai Gesuiti, la realtà e la struttura dei nostri istituti. Il presupposto per l’integrazione dei ragazzi in difficoltà nella scuola di tutti è certamente quella che Orkheimer dice “L’eclissi della ragione”, intendendo quella convenzionale e quella istituzionalizzata. Si affacciò quindi l’esigenza di una ragione critica e problematica che, anziché esser subordinata al sistema, ne costituisse uno stimolo al rinnovamento. Da questa esigenza discende un nuovo concetto di perfezione che non sia più, come la “kalokagathìa” dei Greci e la bellezza dell’Umanesimo, escludente, ma si configuri come includente, tale cioè da insegnare a veder l’uomo anche là dove è la sofferenza. Di qui discende quel senso della solidarietà, che è la traduzione in termini laici e terreni della virtù evangelica della carità. La scuola, per tal via, diventa scuola di tutti. Senza cessare, in quanto “skholè”, cioè ricerca disinteressata, di essere organo di cultura, si fa ad un tempo servizio sociale. Accoglie infatti non solo la fanciullezza squillante di letizia, ma anche quella dolorante, cupa, vanità. Anche in questa modulazione, la Federazione è presente per affiancare e sostenere i ragazzi ciechi, affinché ognuno di essi, “iuxta propria principia”, cioè secondo le proprie intime disposizioni, raggiunga non il minimo, ma il massimo di istruzione di cui è capace.L’Unione e la Federazione divergevano per quanto attiene alla problematica degli istituti. Gli uomini dell’Associazione (“e fra questi cotai son io medesimo”) avvertivano la realtà incombente della nuova prospettiva scolastica e sollecitavano la Federazione a stimolare il ristrutturarsi degli istituti, affinché, anche nell’era che si andava apparecchiando, si rendessero capaci di assolvere le loro funzioni di strumenti atti al recupero dei ciechi. La questione investiva la natura medesima dell’ente ed i rapporti fra questo e le istituzioni. Quale capacità di orientamento aveva la Federazione nei confronti di istituti che, gelosi della loro autonomia, stentavano ad aderire alla Federazione?Nel marasma di quei tormentatissimi anni, ogni istituto tentava di sopravvivere come poteva, trovando ora un modo, ora un altro per giustificare la sua presenza. Nessuna istituzione pareva disposta ad ascoltare le raccomandazioni della Federazione, anche

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se questa, vincendo un certo spirito di conservatorismo, avesse avuto, come di fatto non aveva, la forza di dare qualche suggerimento. La diaspora delle istituzioni, in tal modo, fu inesorabile. Uno spirito opposto a quello che, nel 1921, aveva ispirato l’opera dei fondatori, andò prevalendo. Ogni istituzione ritenne di poter fare da sola e, di conseguenza, la Federazione restò sempre di più in un “flatus vocis” e una “vox clamans in deserto”, un puro nome circonfuso di gloria per quel che era stata, ma incapace di ritrovare il proprio “ubi consistam”.In queste condizioni assunse la presidenza dell’ente, nel 1982, Enrico Ceppi che, come a suo tempo la dottoressa Romagnoli, era altresì preside della Scuola Statale Augusto Romagnoli. Di Ceppi, di là dai meriti indubbi del tiflologo, si debbono segnalare due tratti: innanzi tutto, il tentativo di riavviare i rapporti con l’Unione Italiana dei Ciechi e, in secondo luogo, l’intensificazione degli aspetti collaborativi tra la Federazione e la Scuola Romagnoli che, per dettato della legge n. 1734 del 1960, restava il luogo per la ricerca metodologica, per la sperimentazione didattica e per l’indagine scientifica nel settore della tiflologia. Nel primo ambito si può dire che i rapporti del preside Ceppi con l’Associazione erano notevolmente migliorati. Ceppi comprese sempre che, nelle battaglie tiflologiche, non si può prescindere dall’Unione. Enrico Ceppi tentò altresì la rinascita della Federazione attraverso l’art. 52 della legge n. 270 del 22 maggio 1982, per il quale il personale della Federazione veniva trasferito alle dipendenze dello Stato e posto nel ruolo provinciale del Provveditorato agli Studi di Roma. L’articolo, però, mentre sanava la situazione dei dipendenti, non si preoccupava della pur necessaria vitalità e del potenziamento della Federazione. Non prevedeva infatti il rinnovarsi ed il sostituirsi del personale, a mano a mano che questo si rendesse indisponibile. È accaduto in tal modo che l’Ente, fino al 1998, non abbia disposto di personale capace di svolgere le funzioni proprie, nel momento che, in virtù del nuovo statuto, queste si erano moltiplicate.Il 7 agosto 1988 si spegneva, improvvisamente ed immaturamente, il professor Enrico Ceppi. La scomparsa di questo grande protagonista dei cimenti tiflologici e della pedagogia dei ciechi ha segnato un momento gravissimo, destinato ad accentuare la crisi dell’ente. Il 5 luglio del 1989 assumevo io la presidenza della Federazione, ereditando una situazione davvero drammatica.La Federazione doveva verificare se esistessero ancora le premesse per una sua ripresa e per poter testimoniare il senso della sua necessità anche nei nuovi tempi. Sotto il profilo pedagogico e tiflologico, la sua possibilità di esistere ancora e le prospettive di un suo rinverdimento e di un suo rinvigorimento, per quel che a me parve, sussistevano per almeno due ordini di riflessioni: in primo luogo, perché dalla didattica differenziata e da quella speciale non si può prescindere neppure quando l’educazione dei ragazzi ciechi si svolga nella scuola ordinaria. Un imperdonabile errore, che si commette nel nostro tempo, consiste nel contrapporre l’integrazione all’educazione specializzata che, invece, si integrano, non si elidono l’una con l’altra.In secondo luogo perché gli istituti, rinnovandosi radicalmente, avrebbero dovuto costituirsi come centri per l’erogazione di quei servizi che, implicati dalla presenza della minorazione visiva, gli enti locali, le Regioni, ma spesso anche lo Stato, non sono in grado di fornire per mancanza di preparazione specifica. Nel convegno di Taormina, svoltosi nel febbraio del 1991, emerse l’esigenza dell’istituto come struttura agile, dinamica, che esce dalle sue mura e va alla ricerca del bambino, del fanciullo, del giovane e anche dell’anziano privi della vista, per contribuire a soddisfarne le necessità nel proprio ambiente, senza gli sradicamenti, che in passato, avevano fatto dei ciechi tanti apolidi.

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Io compresi che, ove gli istituti fossero riusciti a configurarsi in queste rinnovate dimensioni, sarebbero potuti tornare ad avere un senso tiflopedagogico e, di conseguenza, la Federazione sarebbe potuta tornare a coordinare realtà educative concrete, conservando un senso educativo. Ove questo spirito fosse mancato, la stessa Federazione avrebbe dovuto mettere in forse il senso di una sua ulteriore presenza. Mi resi conto che era inutile abbandonarsi ai rimpianti, alle nostalgie e continuare a vivacchiare e a “cantar su di sé funereo canto”, perché la storia procede, tutto travolgendo di ciò che risulta “caput mortuum”, inutile e sorpassato. Mi resi conto che l’impegno non poteva che dispiegarsi verso la comprensione del “segno dei tempi” e della loro interpretazione per il soddisfacimento dei nuovi bisogni che insorgono nella civiltà in cui abbiamo in sorte di vivere. Fui profondamente consapevole che era sì il tempo di superare quella che Giovanni Giraldi aveva detto la “tiflologia archeologica”, ma che ci si doveva altresì predisporre a difendersi dall’improvvisazione e dal caleidoscopio delle sperimentazioni senza esperienza. La situazione generale era però scoraggiante. Tuttavia recita il verso di Percy Shelley: “Se l’inverno viene la primavera non può essere lontana”.La rinascita, grazie all’impegno dell’Unione Italiana dei Ciechi, è arrivata il 28 agosto del 1997 quando, con la legge n. 284, lo Stato dispone il finanziamento dell’ente. Siamo dinanzi alla seconda grande riforma della Federazione che le renderà possibile attuare le finalità statutarie.Con la legge n. 284, prende avvio la palingenesi della Federazione. Per far fronte ai nuovi compiti, il nostro ente ha intrapreso una molteplicità di iniziative, tutte ispirate ad un profondo significato tiflopedagogico. In primo luogo, poiché la Federazione si configura come l’ente che coordina l’attività delle istituzioni, si è reso possibile un nuovo rapporto tra queste e quella, che ha il proposito di rinvigorire l’immagine dell’una e delle altre, resa appannata talvolta dalle vicissitudini degli ultimi decenni. Per vivificare la Federazione e le istituzioni, trasformandole in centri di alacrità tiflopedagogica, il Consiglio ha affidato a sei tra i più attivi istituti lo sviluppo di altrettanti e qualificati progetti educativi e rieducativi, muovendo dalla storia e dalla competenza degli istituti affidatari. Gli istituti, cioè, per quel che concerne i rispettivi progetti, agiscono quali articolazioni della Federazione, arricchendola e ad un tempo arricchendosi di prestigio, in quanto l’una e gli altri ne traggono beneficio d’immagine in ambito locale e nazionale, insieme con l’occasione di approfondimento pedagogico.L’affidamento dei progetti si è ispirato a due fondamentali criteri assiologici: in primo luogo, il Consiglio si è proposto di venire incontro alle esigenze di quei gruppi sociali che, all’interno della grande famiglia dei minorati della vista, che già di per sé contiene una notevole forza emarginante, rischiano di soffrire di ulteriori esclusioni. Vi sono i ciechi con minorazioni aggiuntive, dei cui progetti di recupero, in ambiti diversi, si occupano l’istituto “Rittmeyer” di Trieste e il “Martuscelli” di Napoli. Vi sono gli ipovedenti, della cui riabilitazione si occupa l’istituto “Chiossone” di Genova. Vi sono gli adolescenti e i giovani, dei cui percorsi scolastici successivi alla scuola media di primo grado si occupa il “Centro Regionale S. Alessio Margherita di Savoia” di Roma. Vi sono gli anziani, del cui miglioramento esistenziale si occupa l’istituto “Florio Salamone” di Palermo. In secondo luogo, il Consiglio ha tenuto presente un tema di squisita e scottante attualità, relativo all’informatica. L’istituto “Cavazza” di Bologna, in prospettiva internazionale, si occupa dell’applicazione dei nuovi mezzi tecnologici alla didattica. È in via di affidamento all’istituto di Milano un progetto che concerne la creazione di altri sussidi didattici.

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La seconda iniziativa concerne l’altra dimensione in cui si è modulata, negli ultimi 40 anni, l’attività della Federazione che riguarda la creazione dei sussidi didattici. Mi riferisco alla mostra itinerante, che il nostro ente ha avviato e che ha già percorso otto regioni, riscotendo dovunque grande attenzione e notevole interesse. La mostra, cioè, non è una mera e puramente folkloristica esposizione, ma si propone nei termini di una dimostrazione didattica nel mondo tiflopedagico e si realizza per la preziosa collaborazione fra la Federazione, l’Unione Italiana dei Ciechi e la Biblioteca per Ciechi di Monza, concretando uno spirito di ritrovata unità di intenti e di azione, che fu il grande ideale dei nostri Maggiori alle origini.Proprio i sussidi didattici, intesi montessorianamente quale strumento imprescindibile per l’atto rieducativo del ragazzo cieco, costituiscono il tema a cui si riconduce la terza iniziativa della Federazione, anch’essa in via di ulteriore perfezionamento dall’angolo visuale delle modalità attuative: mi riferisco alla concessione gratuita, fino al valore di lire 250.000, del materiale didattico a tutti i ragazzi ciechi che, attraverso la scuola, ne facciano richiesta. Con questo provvedimento, il Consiglio si riconduce allo spirito che da sempre ha animato le Carte statutarie dell’ente e che lo qualifica come ente di educazione sotto la vigilanza del Ministero della Pubblica Istruzione che, fin dagli esordi, ha fornito un contributo in ragione dei sussidi offerti ai ragazzi ciechi. Il provvedimento vuol sottolineare il rispetto che si deve anche al bambino cieco innanzi tutto in quanto bambino, poi perché cieco. Vorrei sottolineare il significato pedagogico che si annette al momento della rieducazione come quello che, superando l’ingenuità della compensazione sensoriale, prepara il potenziamento compensativo che si consegue attraverso l’azione studiata e intelligente sui sensi residui come sensi vicarianti. Il valore educativo dei sussidi didattici venne affermato dal realismo pedagogico di tutti i tempi, da Erasmo da Rotterdam al Comenio, dal Rousseau, al Pestalozzi, al Gabelli e alla Montessori. I ciechi, purtroppo, come è nella loro triste storia, sono arrivati in ritardo di quasi 5 secoli. La Federazione è impegnata a colmare questo svantaggio.La quarta iniziativa scaturisce dal nuovo spirito di collaborazione che s’è instaurato tra la Federazione e la Biblioteca. Mi riferisco alla creazione di tre Centri di Consulenza tiflodidattica, sorti a Padova, ad Assisi e a Foggia, che integrano i 13 voluti dalla Biblioteca. A questi Centri la Federazione, nel marasma dell’ora che volge, assegna un ruolo fondamentale per la sensibilizzazione e per l’affinamento degli insegnanti di sostegno, la cui preparazione lascia sempre più non solo perplessi, ma addirittura sgomenti. I Centri dovranno fornire, come s’intitola significativamente la loro denominazione, consulenza alle famiglie, agli operatori della scuola e delle Asl, ma dovranno altresì favorire incontri con il bambino cieco, sovente abbandonato a se stesso e, per mancanza d’interventi precoci con personale preparato e con sussidi adeguati, esposto al pericolo dell’insorgenza di tutte le svariate forme di cechismo. Per l’importanza che la Federazione annette alla figura del Consulente tiflologico, l’ente ha aderito senza indugio alla richiesta d’inserire nel circuito nazionale dei Centri tiflodidattici quello da tempo operante presso l’Istituto di Palermo e quelli che stanno germinando presso il Martuscelli di Napoli e presso l’Istituto Messeni Localzo di Rutigliano. Movendo dallo stesso spirito, la Federazione sta avviando l’apertura di due altri Centri di Consulenza, uno ad Ancona e uno a Torino.La quinta iniziativa si riferisce alla decisione consiliare di assegnare gratuitamente una certa quantità di materiale didattico ai Centri di trascrizione dei testi in Braille, poiché il Consiglio muove dalla consapevolezza pedagogica che anche il bambino cieco ha diritto non solo di disporre del proprio libro che, educativamente dicendo, costituisce il primo e imprescindibile sussidio didattico, ma anche che questo sia

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corredato, per quel che è tecnicamente possibile, di tutte le rappresentazioni tattili che lo accostino alla completezza di quello dei suoi coetanei integri di sensi. E, finalmente, la Federazione ha potuto cominciare a dotarsi di personale proprio, al fine di attuare i suoi scopi statutari e tiflopedagogici, superando la vita aleatoria e rapsodica che ne aveva caratterizzato l’esistenza fino al 1998. In questo spirito di servizio, la Federazione si prefigge di rendere più facile, più rasserenata e meno traumatica la vita di quelle generazioni di ciechi che, dantescamente dicendo, “questo tempo chiameranno antico”.Se è vero che, come recita il verso, “ogni erba si conosce per lo seme”, è altrettanto certo che la vitalità di ogni seme si riconosce per la rigogliosa infiorescenza e per la saporosa infruttescenza a cui le linfe e gli umori sanno dar vita. Il chicco, gettato in un fecondo terreno nel 1921, e rinverdito nel 1997, ha creato la Federazione che, insieme con le più autorevoli consorelle, reca un suo apprezzato contributo alla rieducazione dei minorati della vista.In questo contributo consiste l’originalità del nostro Ente. Questa, a chi ben consideri, significa fecondità. La Federazione, infatti, nell’atto in cui si ravviva, si adopra altresì a stimolare rinnovata vitalità anche nelle istituzioni, sollecitandole a rispondere alle nuove esigenze dell’integrazione nella scuola di tutti e a quelle dell’autonomia degli istituti scolastici.La celebrazione dell’ottantesimo anniversario dell’Ente, perciò, costituisce, innanzi tutto, un “terminus ad quem”, cioè il punto di arrivo per una pacata riflessione sulla via irta di triboli e di spini che abbiamo percorso. Questa via va conosciuta, perché la memoria storica è ad un tempo un dovere morale e un’opportuna necessità. George Santayana ha scritto: “I popoli che si rifiutano di conoscere la loro storia sono destinati a ripeterla”. E, per noi ciechi, sarebbe un ben triste Calvario se dovessimo ripercorrere gli aspri sentieri che ci hanno condotto fin qui. L’anniversario però è anche un “terminus a quo”, cioè un punto di partenza per avviarci coraggiosamente, senza falsi protagonismi e senza stolti velleitarismi alla conquista di sempre più luminosi traguardi.La Federazione continuerà a sostenere i ciechi nella lotta per il raggiungimento di quell’identità che, nel rispetto della loro diversità da cui non dovranno più essere costretti a faticose mimetizzazioni e nel ritrovato valore positivo dell’alterità, li ponga nella condizione di affrontare il cimento della vita non contro gli altri, né sugli altri, ma serenamente insieme con gli altri.S. Banchetti** Presidente della Federazione Nazionale delle Istituzioni pro Ciechi

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CARTELLA INFORMATIZZATA PER LA RIABILITAZIONE DEGLI IPOVEDENTI IN ETÀ EVOLUTIVA

Il Centro di Riabilitazione delle Disabilità Visive dell’Istituto “D. Chiossone”, attraverso le vive esperienze di questi ultimi anni, ha sempre più perfezionato un processo riabilitativo al servizio del soggetto ipovedente che ha come meta il rafforzamento delle capacità individuali nel rispetto della sua globalità.L’intervento riabilitativo delineato e sostenuto dal nostro Centro è indirizzato verso un’azione umana di aiuto alla persona in età 0 - 18 anni che, adattata alle esigenze del

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singolo, è in grado di promuovere la crescita di ogni persona e favorire l’integrazione sociale.Con l’intervento riabilitativo non si intende vedere nel soggetto in difficoltà solo il deficit visivo, ma anche ciò che il suo stato di salute gli consente di essere. Pertanto, oltre a constatare la disarmonia di sviluppo aggravato dalla disabilità si ricercano le risorse interiori, di emozioni e disabilità intellettuali perché la persona possa imparare, risolvere, decidere e creare fino a raggiungere un rapporto significativo con se stessa e con gli altri. La metodologia riabilitativa del nostro Centro, che prevede l’impegno dialettico e di costante verifica di contenuto e di metodo, consiste in un lavoro collegiale tra le discipline mediche, pedagogiche, psicologiche e sociologiche.La scelta di operare, attraverso l’intervento globale, in una fascia di età 0-18 nasce dalla necessità di applicazione della metodologia ad interpretare i dati funzionali, a studiare le strategie e le modalità operative e gli strumenti adatti, nell’obiettivo di favorire un’attività educativa in rapporto alle potenzialità del soggetto. È di fondamentale interesse per una persona con disabilità la possibilità di essere osservata e valutata non solo in situazioni ambulatoriali, ma anche in ambiente familiare, scolastico, sociale, dove si possono cogliere problemi specifici del suo sviluppo e della sua crescita che andranno ad integrare i dati già registrati.Dalla relazione seguente si semplificano le conoscenze relative alla informatizzazione della cartella clinica dell’ipovedente in età evolutiva che è stata realizzata nell’anno 2000 con relativa stesura dei protocolli di valutazione, di riabilitazione e di verifica in versione analitica atta a costituire la parte essenziale di un database.L’indagine pedagogico-clinica e l’analisi dei dati ha consentito di definire i protocolli di valutazione e verifica necessari per rispondere alle esigenze dei soggetti nell’area apprenditiva 0-18 anni (con ciò sottolineano l’importanza del contributo della scuola), e sono i seguenti:

- Anamnesi (protocollo 1)- Visita oculistica (protocollo 2 e 2 bis)- Valutazione e prescrizione ausili (protocollo 3)- Valutazione e verifica oculomotricità (protocollo 4)- Visita neuropsichiatrica (protocollo 5)- Valutazione e verifica area relazionale (protocollo 6)- Valutazione e verifica cognitiva (protocollo 7)- Valutazione e verifica logopedica (protocollo 8)- Valutazione e verifica di abilità di vita quotidiana (protocollo 9)

La suddetta indagine ha poi fatto emergere la necessità, per la definizione di alcuni specifici protocolli, di suddividere l’età evolutiva 0-18 in due sotto fasce (fascia relativa alla I e II infanzia).0-5 anni - fascia relativa alla III infanzia (6-12 anni), in quanto trattasi di valutazioni e verifiche rispondenti a bisogni differenti.La prima fascia che comprende anche i soggetti pluridisabili prevede la somministrazione specifica dei seguenti protocolli:

- Valutazione e verifica funzionalità visiva (protocollo 10)- Valutazione e verifica grafo-motoria (protocollo 11)- Valutazione e verifica psicomotoria (protocollo 12)- Valutazione e verifica sviluppo globale (protocollo 13)

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La seconda fascia, che coincide con la scolarizzazione prevede la somministrazione specifica dei seguenti protocolli:

- Verifica scrittura (protocollo 14)- Verifica lettura (protocollo 15)- Valutazione e verifica orientamento e mobilità (protocollo 16)

Per i soggetti ipovedenti gravi e non vedenti, di qualsiasi fascia, sono previsti anche i seguenti protocolli:

- valutazione e verifica tattile (protocollo 17)- valutazione e verifica prerequisiti braille (protocollo 18)

Il progetto relativo alla informatizzazione della cartella clinica dell’ipovedente in età evolutiva è stato realizzato nell’anno 2000 con la stesura dei protocolli di valutazione, di riabilitazione e di verifica in versione analitica atta a costituire la parte essenziale di un database.È stato creato un software per la registrazione dei programmi di riabilitazione derivanti dalla fase valutativa: gli interventi riabilitativi sono divisi in 6 aree (Psicopedagogica, Neuropsicosensoriale, Autonomia, Neuropsicomotoria, Tecnologica, Consulenza scolastica) e sono previsti trattamenti indiretti (discussione caso, supervisione, etc...) È possibile, inoltre, specificare le modalità di trattamento (ambulatoriale individuale, extramurale individuale, domiciliare, semiresidenziale). Infine, sono registrate le visite mediche specialistiche.In particolare i trattamenti compresi in ciascuna area sono i seguenti:

- Area Psicopedagogica: counseling individuale e familiare

apprendimenti formalisviluppo capacità relazionalicolloqui psicologici individuali e familiariinfant massage

- Area NeuropsicosensorialeRiabilitazione sensorialeRiabilitazione cognitivaRiabilitazione comunicazione espressivaLogopediaStimolazioni basaliTattilitàManipolazioneMusicoterapia

- Area AutonomiaRiabilitazione abilità di vita quotidianaInterventi di socializzazioneSviluppo abilità integranti

- Area neuro-psico-motoriaRiabilitazione psicomotoria

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Orientamento e mobilitàAcquaticitàIppoterapiaEspressione corporea

- Area tecnologicaAddestramento per l’uso di ausili tecniciInformaticaCCTV ed ausili ottici

- Area Consulenza ScolasticaOsservazione del bambino nel contestoVerifica riabilitazione neuropsicovisivaVerifica apprendimenti formaliAddestramento ausili tecnologiciConsulenza personale docenteInterventi area autonomia

- VisiteOculistaNeuropsichiatra

- Interventi indirettiProgrammazione - verificaSupervisioneDiscussione casoVideoregistrazioneConsulenza operatori del territorio

Per gli aspetti sociali è stata predisposta una scheda per l’analisi relativa ai bisogni sociali.Tutti i files comprendenti i dati sopra riportati sono disponibili sul sito: www.chiossone.it.La cartella clinica ed i trattamenti riabilitativi relativi alle diverse aree di intervento sono stati presentati al convegno “l’Occhio della Mente 2000”, realizzato nei giorni 4 e 5 dicembre al Palazzo Ducale di Genova.C. Martinoli** Responsabile del Progetto e Direttrice Sanitaria dell’Ist. “D. Chiossone” Genova

PAGINA 28

SERVIZI PER DISABILI PRESSO L’UNIVERSITÀ DI GENOVA

Premessa

Con l’emanazione della Legge 28 gennaio 1999, n. 17 (di integrazione e modifica della Legge-quadro 5 febbraio 1992, n. 104) anche l’Ateneo genovese ha intensificato il suo impegno nei confronti degli studenti disabili, sia nella direzione

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dell’abbattimento delle barriere fisiche, sia del riconoscimento di particolari agevolazioni contributive, sia nella direzione di un diretto sostegno alla persona attraverso un insieme di azioni concrete, già in atto, destinate progressivamente ad arricchirsi e ad affinarsi. Sulla base dell’esperienza acquisita sul campo si va enucleando un organico progetto disabili di ateneo in corso di approvazione da parte degli Organi accademici.Il principio di fondo cui ci si ispira l’Ateneo genovese in questo campo è che l’integrazione dei disabili in ambito universitario si pone innanzitutto come un problema di diritto e di civiltà. Tutti devono essere messi in grado di realizzare se stessi secondo le proprie potenzialità. In questa logica si parte dal presupposto che gli studenti disabili devono essere integrati a pieno titolo in tutti i momenti della vita universitaria, non solo in quelli didattico-formativi, ma anche in quelli relativi agli aspetti sociali e alla convivenza nella comunità degli studi. La riuscita della carriera universitaria è anche frutto di un sereno e positivo inserimento nell’ambiente in cui si vive e si studia. Anche per il disabile la convivenza con gli altri studenti e la partecipazione attiva alle manifestazioni collettive sono esperienze irripetibili che faranno poi parte del patrimonio culturale ed emotivo dell’individuo. Non è chi non veda come a questi fini sia necessario creare nell’Università una nuova cultura della disabilità, anche attraverso azioni decise di informazione e sensibilizzazione sui problemi dei disabili nei confronti dell’intera comunità universitaria: compagni di studio, corpo docente e personale amministrativo.

Importanza primaria del sostegno didattico

Al di là di ogni intento volto a garantire le condizioni più idonee per una piena integrazione socio-ambientale del soggetto disabile in ambito universitario, il vero obiettivo di fondo resta quello di mettere in grado lo studente di frequentare le lezioni, assimilare i programmi e superare gli esami, e conseguire un titolo cui effettivamente corrispondano le competenze culturali e professionali che quel titolo presuppone. Questo in effetti è lo scopo primario di chi si iscrive all’Università ed è il vero oggetto delle aspettative di ogni studente e della sua famiglia, e ciò è tanto più vero nel caso di un ragazzo disabile.Da qui l’importanza primaria che, a livello universitario, al di là di tutte le altre forme di tutorato, pur sempre importanti, assume il sostegno didattico-formativo, in aula o dopo la lezione, ed eventualmente nel corso dell’esame. Questo tutorato va affidato a persone altamente qualificate, con competenze specialistiche nella materia interessata, e attitudini a rapportarsi alle specifiche esigenze del ragazzo seguito.In pratica, occorre adoperarsi affinché l’Università possa offrire strumenti e servizi che eliminino tutte le barriere, e non solo quelle architettoniche, che si frappongono alla piena integrazione nella vita universitaria di chi è portatore di invalidità gravi. Il problema, è quello di garantire pari opportunità a tutte le categorie di studenti, senza ovviamente facilitare corsi ed esami, perché ai disabili non interessa né serve laurearsi in una Università che non li qualifichi. Ciò è tanto più vero alla luce dei nuovi indirizzi legislativi in materia di collocamento al lavoro delle persone disabili (si allude in particolare alla Legge 12 marzo 1999, n. 68, sul collocamento obbligatorio), indirizzi ispirati, come è noto, a principi di funzionalità e competenza, con accresciuta responsabilità per tutte le istituzioni preposte alla formazione culturale e professionale, Università compresa.

Modalità di intervento a supporto della persona

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Tra gli obiettivi pratici del Progetto Disabili dell’Ateneo genovese vi è in primo luogo quello di predisporre alcuni servizi di fondo utili in ogni caso ai disabili (quali, ad esempio, quelli relativi all’informazione e alla mobilità), ma soprattutto quello di stabilire e mantenere un contatto diretto con i singoli interessati in modo che per ognuno, caso per caso, si possa intervenire in relazione alle esigenze personali. Normalmente si tratta di esigenze diverse a seconda del tipo di disabilità, e all’interno dello stesso tipo di disabilità, a seconda della gravità della stessa, e delle finalità per le quali si richiede l’intervento. Esigenze diverse possono, inoltre, manifestarsi a seconda della disciplina da frequentare del tipo di esame da sostenere, del particolare servizio di cui avvalersi (biblioteca, mensa, segreterie, laboratori scientifici, laboratori informatici, ecc.).In altre parole, il Progetto Disabili dell’Ateneo Genovese non vuole rappresentare una semplice elencazione in astratto di tutti i possibili interventi realizzabili, bensì la definizione di pochi mirati interventi messi a punto sulla base della conoscenza diretta dei singoli casi sui quali concretamente intervenire.È a questi fini che nell’autunno scorso, prima dell’inizio dell’anno accademico 2000-2001, si è provveduto a scrivere una lettera personale a tutti gli studenti disabili invitandoli a prendere contatto con il Delegato del Rettore o con il proprio Referente di Facoltà per far presente le loro esigenze. In seconda battuta si è provveduto ad inviare a tutti coloro che non avevano ancora preso contatto a seguito della precedente lettera un questionario (riprodotto anche nella pagina http://www.studenti.unige.it/disabili/Questionario.htm per chi volesse ancora avvalersene), nel quale rappresentare le proprie necessità e richiedere eventuali servizi. La stessa procedura di contatto sarà attivata anche per l’anno accademico prossimo.Sulla base delle richieste pervenute, sono oggi attivati, attraverso le Cooperative Sociali, servizi di accompagnamento alla persona, e, attraverso tutors, appositamente selezionati dai Referenti di Facoltà d’intesa con gli studenti assistiti, servizi di sostegno alla didattica. Sono, inoltre, state date in uso agli studenti che ne hanno fatto richiesta e ne possono trarre beneficio, apparecchiature informatiche con relativo software, compreso quello relativo a sintetizzatori vocali e a barre braille.

A chi rivolgersi

In attuazione della citata L. 17/’99, il Rettore ha designato un proprio Delegato per l’integrazione degli studenti disabili. I Presidi, a loro volta, hanno designato un Referente di Facoltà. Gli interessati possono direttamente rivolgersi tanto al Delegato quanto al proprio Referente di Facoltà, così come, ovviamente, allo Sportello dello Studente della propria Facoltà, per fare presente le loro esigenze.Nel frattempo si è costituito un apposito Comitato per i Disabili di Ateneo, con compiti di studio e proposta, coordinato dal Delegato del Rettore e composto dai Referenti di Facoltà, da un rappresentante della Commissione Paritetica di Ateneo, nella persona di uno studente, da un Rappresentante del personale amministrativo, designato dalle Rappresentanze Sindacali, e da un Rappresentante del Comitato Pari-opportunità di Ateneo.Nell’intento di facilitare la diffusione della conoscenza dei servizi offerti dall’Università di Genova e creare le condizioni più favorevoli ad un contatto più diretto con tutti i soggetti interessati, all’interno e all’esterno dell’Ateneo, si è già proceduto ad attivare, nell’ambito del sito WEB dell’Università di Genova

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(www.unige.it), un’apposita pagina (www.studenti.unige.it/disabili/) riservata alle problematiche dei disabili.Il testo di questa pagina web sarà presto disponibile anche in lingua inglese al fine di contribuire a sviluppare maggiormente i rapporti dell’Ateneo genovese con Università di altri Paesi anche a vantaggio degli studenti disabili di esperienze e di persone, con particolare riguardo alla mobilità studentesca, in uscita e in entrata, nell’ambito dei programmi “Socrates-Erasmus”.

Benefici erogati dall’Ateneo genovese

Gli interventi dell’Ateneo genovese a sostegno degli studenti disabili riguardano sia l’abbattimento delle barriere architettoniche sia benefici di natura economica e di supporto alla persona. Questi ultimi, in particolare, riguardano:* Esonero totale dal pagamento delle tasse per studenti disabili con invalidità superiore al 66%.* Esonero dal pagamento della II rata per gli studenti disabili con invalidità dal 50% al 66%.* Servizi personalizzati alla mobilità e di supporto didattico nell’ambito del Progetto Disabili.

Servizi erogati dall’E.R.S.U.

Si tratta di servizi destinati a studenti disabili le cui condizioni di invalidità determinano impedimenti obiettivi agli studi. Al momento gli interventi realizzati dall’E.R.S.U. hanno come destinatari gli studenti con invalidità riconosciuta superiore al 66%.Gli interventi previsti sono sia di natura economica sia di supporto alla vita universitaria. Tra questi prevalgono gli appositi concorsi a “borse di studio” e “alloggio” adeguati alla specifica condizione di disagio, concorsi ai quali si accede su domanda degli interessati.

Servizio Alloggi

L’accesso agli alloggi è regolamentato da un bando.Ogni anno viene definita una riserva di posti in camere idonee a favore di studenti disabili con invalidità superiore al 66%. I criteri di assegnazione fanno riferimento al tipo di necessità oggettive del richiedente ed eventualmente alle singole situazioni di merito. Il relativo bando di ammissione indica le modalità di partecipazione.

Progetto Disabili Università di Genova

- Servizi di sostegno alla personaA partire dall’anno accademico in corso sono attivati i seguenti servizi:

1. Dotazione di attrezzature tecniche e di sussidi didattici specificiAssegnazione personale di apparecchiature informatiche, quali PC portatili, stampanti, barre braille, programmi di sintetizzatori vocali, e altri softwares con collegamenti internet, posta elettronica, ecc.Obiettivo: facilitare la stesura di appunti in classe durante le lezioni e le esercitazioni sia per soggetti aventi difficoltà manuali (attraverso particolari strumenti di

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digitazione e di sintetizzatori vocali) e per soggetti aventi difficoltà neuro-sensoriali (con programmi di sintetizzatori vocali o barre braille). Permettere inserimento in internet e l’uso della posta elettronica; stampa diretta e a domicilio di documenti acquisiti in aula o via internet, ecc.Risultati attesi: intensificare la frequenza alle lezioni, l’uso dei servizi di laboratorio e di biblioteca; aver ridotto le necessità di mobilità; mettere in grado i soggetti disabili di sostenere gli esami nei tempi previsti dai piani di studio e di curare e mantenere più facilmente contatti con i docenti e i compagni di corso.

2. Servizi di tutorato didattico specializzatoAssegnazione di Tutors individuali specializzati nelle diverse discipline, in grado di:a) prestare assistenza specialistica nello svolgimento del programma, in stretto raccordo con il docente di classe;b) organizzare al meglio il percorso didattico in relazione alle specificità del soggetto e delle materie; di interagire con i docenti e gli uffici per risolvere i problemi didattici e di organizzazione degli studi.Obiettivo: rafforzare la didattica di classe, con consolidamento degli argomenti trattati a lezione e nelle ore di esercitazione, supporto diretto alle prove di laboratorio e di esame.Risultati attesi: mettere in grado i soggetti disabili di raggiungere una migliore preparazione ai fini degli esami così da sostenerli nei tempi previsti dai piani di studio e con maggior profitto.

3. Supporto individuale alla mobilitàAccompagnamento individuale all’interno degli spazi dell’Università, effettuato da personale specializzato dipendente da Cooperative Sociali, appositamente convenzionate, per accesso alle aule, ai laboratori, alle mense, ai servizi, agli uffici, ecc.Obiettivo: agevolare la mobilità del soggetto disabile ai fini del suo migliore inserimento nella vita universitaria intesa nella sua globalità di formazione scientifica e di socializzazione.Risultati attesi: aumentare la frequenza alle lezioni e la presenza degli studenti disabili all’interno dell’Università in tutti i momenti che ne caratterizzano la vita.

4. Svolgimento di esami universitari con l’uso di ausili tecnici ed eventuale intermediazione alla comunicazioneQuesta forma di sostegno può essere applicata, nelle stesse forme e nello stesso spirito, anche con riferimento agli esami di ammissione ai Corsi di studio a numero programmato.Questo supporto è fornito su richiesta documentata dei singoli interessati previa valutazione del referente di facoltà d’intesa con il Preside e il Docente titolare del Corso, nel rispetto delle condizioni richieste per il pieno accertamento delle conoscenze e delle professionalità proprie della materia.5. Facilitazione dell’accesso alle informazioniCreazione e aggiornamento apposite pagine web (www.studenti.unige.it/disabili/) all’interno del sito dell’Università di Genova; partecipazione a Convegni e incontri sul tema delle disabilità e sull’integrazione dei disabili nella vita universitaria; intrattenimento dei rapporti con altri Ateni e con il Ministero; informazioni attraverso i mezzi di stampa.

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Obiettivo: garantire e facilitare la diffusione dell’informazione sui servizi a favore degli studenti disabili anche all’esterno dell’AteneoRisultati attesi: agevolare la partecipazione attiva alla vita universitaria in tutti i suoi momenti formativi, amministrativi e sociali, e incentivare l’iscrizione di studenti disabili delle scuole medie superiori all’Università affinché un sempre maggior numero di individui possa raggiungere livelli di formazione universitaria.

Pagina di informazione per gli studenti disabili

Contiene informazioni utili sui servizi e le opportunità offerte agli Studenti Disabili già iscritti o che intendono iscriversi all’Università di Genova, per una migliore loro integrazione nelle attività didattico-formative e sociali dell’Ateneo.La pagina si articola nelle seguenti voci* Prime linee di un Progetto Disabili di Ateneo* Referenti di Facoltà e Comitato per i Disabili di Ateneo* Questionario conoscitivo per richiesta di sostegno alla mobilità e alla formazione* Servizi offerti nell’Ateneo genovese* Agevolazioni fiscali per i disabili - dal sito del Ministero delle Finanze* Links utili* Appendice legislativaG. Casale** Delegato di Ateneo per l’integrazione dei disabili

PAGINA 32STUDI E RICERCHE

Handicap e attaccamento

Crescere un bambino ciecoUn’indagine con la “Adult Attachment Interview”Implicazioni psicologiche dell’atteggiamento iperprotettivo delle madri, riflessioni e suggerimenti per i genitori naturali e adottivi

IntroduzioneDisabilità, reciprocità e sviluppo

La nascita di un bambino disabile rompe violentemente gli equilibri preesistenti; impone problemi complessi, per lo più sconosciuti ai suoi genitori; li costringe ad una intensa medicalizzazione del loro tempo e delle loro aspettative. Le madri con fanciulli portatori di handicap incontrano, inoltre, seri ed oggettivi ostacoli alla normale spontaneità ed immediatezza dell’interazione con il loro bimbo: si pensi, per esempio, alla progressiva diminuzione di reciprocità mimica, nell’interazione fra una madre e il suo figlioletto cieco, dovuta alla graduale perdita della competenza espressiva innata e alle difficoltà di interiorizzare una adeguata prossemica da parte di chi nasce con grave disabilità visiva (Galati D., Dell’Osbel G., Ricci Bitti P.E. 1995) o all’assenza o inadeguatezza delle risposte verbali e paraverbali emesse dai bambini

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affetti da sordità, o alla ancor più pesante inibizione espressiva di chi è affetto da plurihandicap.In tutte le situazioni caratterizzate da un significativo deficit funzionale dell’apparato sensoriale e percettivo e/o da distorsioni nel processo di elaborazione dello stimolo prossimale a causa di danni al sistema nervoso centrale, sono infatti seriamente compromesse le stesse capacità prerequisite per sviluppare un coerente dialogo emozionale con la figura di accudimento. Gli stimoli percepiti sono infatti frammentari, instabili, incoerenti, scarsamente integrati a livello intermodale; l’attribuzione di significato agli stimoli provenienti dall’ambiente, troppo discontinui, fragili e precari. Risulta quindi molto più difficile, più lenta e comunque meno ricca. L’intervento prioritario in presenza di grave deficit sensoriale è quindi quello di ottimizzare la capacità di scambiare informazioni con il mondo, ma l’incremento delle competenze percettive e di integrazione degli stimoli somatosensoriali, richiede in parallelo un approccio rassicurante e caloroso che permetta al bambino di evolvere secondo i suoi ritmi (Frolich A. 1987). In queste situazioni i comportamenti genitoriali possono a volte assumere caratteristiche iperinterventiste con aspettative che vanno oltre la competenza dei bimbi con handicap o, al contrario, abbandoniche e di privazione con implicazioni ancora più preoccupanti sul piano dello sviluppo generale del bambino disabile.Nell’area degli interventi precoci, alcuni studi hanno valutato in che modo la presenza di handicap nel neonato possa influenzare l’interazione della diade madre-bambino. In alcuni casi sono state studiate e confrontate le modalità interattive delle diadi madre-bambino caratterizzate dalla presenza di un bambino con handicap, con le modalità interattive di coppie con bambini che non presentavano disabilità. (Dunst 1985, Marfo 1984; Marfo 1992; Rogers 1988). Da questi studi è emerso che, in generale, i bambini che presentano disabilità hanno minori capacità espressive, sono in genere meno attivi e meno responsivi rispetto ai bambini che non presentano disabilità e che le loro madri sono più direttive, più intrusive. Alcuni dei citati studi suggeriscono inoltre che tali modalità interattive materne possano avere un impatto negativo sullo sviluppo del bambino in quanto tenderebbero a limitare o a sopprimere le necessità esplorative dei minori. Altri autori sostengono invece che il comportamento direttivo delle madri potrebbe essere una risposta appropriata che si adatta al livello di sviluppo del bambino disabile (Marfo 1982; Marfo & Kysela 1988).Da quanto detto pare dunque che alla nascita di un bimbo disabile i problemi derivanti dalla scarsa o nulla informazione sul “come affrontare la situazione”, e dalle difficoltà di comunicazione, sembrano essere frequentemente associati anche a modalità relazionali disadattative; modalità che sono potenzialmente responsabili di un ulteriore aggravamento della qualità della vita futura del bimbo con handicap.

Implicazioni evolutive della cecità congenita

Sotto il profilo evolutivo la vista è la primaria modalità sensoriale per la conoscenza del mondo e per l’interazione con gli altri. Il contatto visivo con la madre rappresenta una delle prime modalità di scambio affettivo con lei e costituisce la base per lo sviluppo di altre importanti interazioni (Fraiberg 1977). Lo studio di alcuni casi porterebbe alla conclusione che le madri di bambini non vedenti hanno difficoltà ad interpretare i segnali non verbali dei loro bambini con implicazioni negative sulla continuazione dell’interazione. (Fraiberg 1977). Altri studi (Kekelis e Andersen 1984) hanno concluso che il comportamento maggiormente direttivo delle madri dei bambini ciechi poteva essere considerato utile ed adattativo, tenuto conto dei bisogni

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specifici dei bambini ciechi; frequentemente il loro comportamento era di incoraggiamento alla locomozione o un tentativo di interpretare il comportamento autostimolatorio del loro bambino. I risultati delle osservazioni di Inamura (1965) confermerebbero l’idea che le madri dei bambini disabili visivi avviano una quantità maggiore di interazioni e mostrano una maggior dominanza sulle attività dei loro bambini rispetto alle madri con bambini normovedenti. Una recente ricerca (Behl, Akers, Boyce, Taylor 1996) ha messo in evidenza come le madri dei bambini con minorazione visiva sono fisicamente più coinvolte con i loro piccoli, impiegano una maggior quantità di strategie di controllo ed interagiscono verbalmente in maniera maggiore rispetto alle madri con bambini normovedenti. Questo risultato conferma quanto già trovato da Kekelis e Andersen (1984) secondo i quali l’interazione della madre potrebbe essere strutturata per incoraggiare i bambini con problemi di vista ad assumere ruoli più attivi, incoraggiandoli nel muoversi o interrompendone i comportamenti autostimolatori. Le conclusioni tuttavia non sono unanimi e ulteriori ricerche sono necessarie al fine di poter acquisire una maggior conoscenza delle conseguenze dell’impatto della minorazione visiva sul comportamento interattivo con la madre. Ciò potrà essere utile per lo sviluppo di eventuali programmi precoci di intervento e per offrire opportuni strumenti pedagogici ai genitori naturali e a coloro che intendono adottare bambini disabili, nonché agli educatori che hanno in carico bimbi non vedenti.

Riflessioni in margine ad una ricerca presentata al IX congresso S.I.T.C.C. di Torino

Occorre dunque poter discriminare tra le due ipotesi suggerite dalla letteratura specialistica che ha rilevato un’alta frequenza di comportamenti direttivi ed intrusivi agiti dalle figure di attaccamento nei confronti dei propri bimbi ciechi. Come accennato, alcuni autori sostengono che questa modalità interattiva della madre può avere effetti negativi sullo sviluppo del bambino (la ipotesi), mentre altri affermano che questa modalità può essere considerata adattativa e funzionale (2a ipotesi). Inoltre le ricerche sull’attaccamento nelle diadi normovedenti, hanno da tempo messo in evidenza che i comportamenti materni altamente intrusivi e controllanti, contribuiscono col tempo a connotare la relazione d’attaccamento come “evitante”: in altre parole, in presenza cioè di una figura di attaccamento fortemente intrusiva e direttiva, il bambino tende a evitare di emettere segnali di richiamo, tende a smorzare la propria emotività, al fine di ridurre la frequenza delle intrusioni che limitano la sua possibilità di esplorare e conoscere l’ambiente.Ipotesi della ricerca

La presenza in alcuni casi di incertezze circa le modalità interattive in diadi madre-bambino disabile e di ipotesi opposte circa le implicazioni evolutive dei comportamenti intrusivi delle madri nei confronti dei bimbi ciechi richiede quindi, ai fini di una corretta informazione pedagogica, un ulteriore approfondimento al fine di:a) esplorare il grado di coinvolgimento dei genitori (madre e padre) nella relazione con il bambino con disabilità visiva;b) verificare l’eventuale maggior coinvolgimento (iperprotezione) delle madri dei bambini ciechi rispetto alle madri dei bimbi normovedenti;c) verificare se l’atteggiamento intrusivo comporti necessariamente un’evoluzione psicologica futura del bambino stesso verso strutture di personalità più fragili, dipendenti ed esposte.

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Metodologia

Al fine di ottenere informazioni riferite agli obiettivi individuati è stato utilizzato uno strumento d’indagine noto come “Adult Attachment Interview” (A.A.I.). Lo strumento trova le sue radici nella teoria dell’attaccamento (Bowlby 1958, 1989, 1989) ed è stato elaborato da ricercatori che ad essa fanno riferimento (M. Main, et alias 1985). Come è noto la teoria dell’attaccamento è una teoria relativamente nuova sviluppata dallo psicoanalista inglese J. Bowlby, nel corso di osservazioni mirate a conoscere la natura delle condizioni psicologiche e dei comportamenti disturbati dei bambini separati dalla famiglia, dei bambini che avevano subito perdite traumatiche. Essa riceve il contributo di altre scienze quali l’etologia, la teoria evoluzionistica, la teoria dei sistemi di controllo e la psicologia cognitiva e sostiene che la sopravvivenza dell’essere umano è strettamente connessa alla possibilità di mantenere la prossimità, la disponibilità della figura di attaccamento, alla quale potersi rivolgere per chiedere protezione e sostegno in situazioni vissute come pericolose.L’ “Adult Attachment Interview” è una intervista semistrutturata della durata di circa un’ora, mirata ad ottenere informazioni sulla qualità delle relazioni di attaccamento infantili dell’adulto intervistato e sul punto di vista dell’adulto su quelle esperienze stesse. Sono quindi domande volte a ricostruire le esperienze di attaccamento avute nell’infanzia (il grado di sensibilità, la qualità del supporto, se vi sono stati maltrattamenti, lutti, e così via). L’intervista viene trascritta integralmente annotando pause, incertezze, emozioni. Dal contenuto e dallo stile narrativo si ricavano informazioni sullo “stato mentale” dell’intervistato rispetto al tema dell’attaccamento. Per esempio i soggetti che descrivono i propri genitori come figure protettive e di conforto o che, pur avendo corso pericoli sono state in grado di arrivare ad una chiarezza mentale ed emozionale riguardo a tali esperienze, vengono classificati come equilibrati, liberi, autonomi (in sigla “F”-free); la caratteristica mentale primaria dei soggetti equilibrati è la capacità di integrare affettività e cognitività.Quando il racconto descrive figure di attaccamento che non hanno fornito protezione o conforto ai bambini o che sono state pesantemente intrusive e non vi è stata elaborazione di tali esperienze, lo stato mentale dell’intervistato viene classificato come “distanziante” (“Ds” da dismissing of attachment). Le caratteristiche principali dei soggetti distanzianti sono il distanziamento del Sé dagli stati affettivi negativi e l’accantonamento delle conclusioni negative sulle figure di attaccamento. Tendono a minimizzare o a svalutare esplicitamente il ruolo che le figure di attaccamento hanno avuto per loro; quando le figure di attaccamento vengono rievocate come irregolarmente disponibili lo stato mentale dell’adulto intervistato viene classificato come preoccupato, invischiato “E” (“E” preoccupied/entangled); i processi mentali fondamentali dei soggetti sono l’uso dell’affettività distorta come guida per il comportamento, il coinvolgimento di altre persone nella regolazione dei loro stati affettivi; i soggetti preoccupati mantengono nell’attualità una concentrazione invischiante sul passato. Infine quando i ricordi e la forma del racconto evidenziano una relazione di attaccamento caratterizzata da traumi irrisolti (gravi trascuratezze, violenze, abusi) lo stato mentale rispetto all’attaccamento viene definito come irrisolto “U” (“U” da unresolved): si tratta di individui preoccupati in modo spaventato da eventi traumatici nell’infanzia, che non hanno risolto un trauma (perdita, abuso fisico o sessuale). Questo stato viene identificato nell’intervista attraverso segnali di disorganizzazione e disorientamento cognitivi (Lambruschi, in Veglia a cura di, 1999).

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Occorre qui ricordare che diversi studi sostengono l’ipotesi sulla continuità intergenerazionale della qualità dell’attaccamento in mancanza di significative esperienze correttive.

La ricerca

La ricerca è stata effettuata nel corso del 1998 ed i risultati provvisori sono stati presentati a Torino al IX congresso nazionale della SITCC (Izard, Dell’Osbel, Adenzato, Veglia, 1999); i medesimi autori hanno continuato la ricerca ed i risultati verranno presentati in una prossima pubblicazione. L’obiettivo è stato perseguito somministrando a 15 soggetti adulti ciechi congeniti (sei maschi e nove femmine) con genitori normovedenti, l’Adult Attachment interview.

Fig. 1: L’iperprotezione della madre E’ funzionale solo se si accompagna all’affetto.

Iperprotezione(involving scale)

Amore(loving scale)sogg. PadreMadre

Stato mentale relativo all’attaccamento

Madre

Padre1 (M)-+F - (libero-sicuro)++2 (M)-+F - (libero-sicuro)++3 (F)-+Ds (distanziante)--4 (F)-

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+U/E (trauma iris.)-+5 (F)--Ds - (distanziante)--6 (M)-+F - (libero-sicuro)++7 (M)--F - (libero-sicuro)+-8 (M)-+F - (libero-sicuro)+-9 (F)-+Ds - (distanziante)--10 (F)--Ds - (distanziante)--11 (M)-+F - (libero-sicuro)+-12 (F)--F - (libero-sicuro)

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++13 (F)++F - (libero-sicuro)++14 (F)-+Ds - (distanziante)--15 (F)-+U/E (trauma irris.)+-

Il ruolo della dimensione affettiva in relazione a quella iperprotettiva

A titolo esemplificativo si riportano alcune dichiarazioni di due soggetti ciechi intervistati; il primo inquadrato come Ds ed il secondo come FREE.

Soggetto 3 (Ds)“ (mia mamma)... era assente fisicamente, cioè quando c’era non lo era comunque più di tanto, insomma giusto per le cose magari pratiche, proprio materiali da mamma, ma più di tanto non me lo ricordo... poi era apprensiva nel senso che se facevo delle cose, magari si preoccupava, l’ho sempre vista molto preoccupata anche le volte che mi è capitato di star male allora lei però era apprensiva, non sapeva più tanto cosa fare...”

Soggetto 11 (F)“. (lei)... era protettiva perché in ogni caso cercava di tenerti in guardia da eventuali pericoli, anche se poi era contenta che uscissi con gli altri e facessi più o meno i giochi comuni che potevano fare gli altri, chiaro, non tutti, però la maggior parte...”

I risultati ottenuti riassunti sinteticamente nella tabella (fig. 1) ci consentono un orientamento rispetto ai tre quesiti proposti:a) esplorare il grado di coinvolgimento dei genitori nella relazione con il bambino non vedente.I dati testimoniano un maggior grado di coinvolgimento della madre rispetto al padre, che anzi appare scarsamente presente nei racconti degli intervistati.b) verificare l’eventuale maggior coinvolgimento (iperprotezione) delle madri dei bambini ciechi rispetto alle madri dei bimbi normovedenti.A tal proposito sembrerebbero confermati i dati in letteratura circa un generale atteggiamento di intrusività da parte delle madri dei bambini con disabilità visiva. I risultati alla “involving scale” evidenziano che il 73% delle madri del campione esaminato esprime atteggiamenti definibili come iperprotettivi.

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c) verificare se l’atteggiamento intrusivo comporti necessariamente un’evoluzione psicologica futura del bambino stesso verso strutture di personalità più fragili, dipendenti ed esposte.

I risultati relativi alla classificazione dello stato mentale espresso dai ciechi rispetto al tema dell’attaccamento sono stati confrontati con quelli della letteratura su soggetti vedenti. Nonostante la percentuale di comportamenti iperprotettivi da parte delle madri sia elevato (73%), la percentuale di soggetti con stato mentale libero-autonomo (53%) è simile a quello della popolazione vedente. La stragrande maggioranza dei soggetti ciechi del campione esaminato, risulta essere FREE (libera, equilibrata, autonoma) rispetto al tema dell’attaccamento. Questo dato sembra essere strettamente dipendente dalla contemporanea presenza di esperienze di amabilità e di iperprotezione; al contrario la presenza di sole esperienze iperprotettive disgiunte da una buona affettività sembra implicare l’emergere di uno stato mentale distanziante.Quindi, riassumendo, queste interviste hanno confermato i dati presenti in letteratura evidenziando alla involving scale un elevato grado di intrusività delle madri vedenti dei soggetti ciechi, ma hanno altresì evidenizato uno stato mentale equilibrato e autonomo (FREE) delle persone adulte non vedenti intervistate, disconfermando, almeno come tendenza, l’ipotesi che l’atteggiamento direttivo ed iperprotettivo determini necessariamente la costruzione di personalità disturbate. La condizione necessaria perché ciò comunque non rischi di verificarsi, che sembra essere fortemente associata, è la presenza di una esplicita e positiva affettività materna (degli 8 soggetti FREE ben 6, il 75%, vedono la compresenza di intrusività e amore).Commento ed implicazioni educative

Il passo successivo della ricerca richiederà, per la validazione statistica dell’orientamento che è emerso, un ampliamento del campione; ma questa prima fase sembra già poter falsificare l’impostazione prevalente in letteratura secondo la quale il comportamento iperprotettivo delle madri dei bambini ciechi debba necessariamente avere una valenza disturbante per lo sviluppo dei loro figli. Il dato risulta interessante perché sembrerebbe indicare che il comportamento intrusivo e direttivo delle madri dei soggetti ciechi viene esperito da questi ultimi come incoraggiante e funzionale quando associato ad un punteggio elevato nella loving scale (scala dell’amabilità) e quindi accompagnato da un atteggiamento affettuoso, amorevole e supportivo.Anche se occorrono certamente ulteriori dati per ritenere statisticamente significativo il risultato, quanto emerge dal pur ristretto campione mette infatti in dubbio l’assunto secondo il quale la presenza di comportamenti materni iperprotettivi siano sempre ed inequivocabilmente responsabili di future personalità fragili. Sembrerebbe, al contrario, che in caso di gravissimo handicap visivo congenito una madre fisicamente molto presente e fortemente orientante l’esplorazione del bambino sia, se associata ad atteggiamento amorevole, una variabile significativa per la graduale costruzione di personalità tendenzialmente sicure ed equilibrate (FREE).Una possibile spiegazione dei risultati riscontrati può essere riconducibile alle seguenti considerazioni relative alle implicazioni psicologiche della cecità congenita. È ragionevole pensare che l’assenza della capacità visiva, modalità elettiva per la costruzione dello spazio, (Hatwell 1967) inibisca pesantemente il comportamento esplorativo del bambino non vedente, determinando talvolta, in presenza di ripetute esperienze spiacevoli, il blocco stesso dell’esplorazione. In simili situazioni una madre sensibile (sensibile ai bisogni del bimbo) si fa carico sia dei suoi bisogni di esplorare il mondo sia dei suoi bisogni di proteggersi da un mondo di cui non ha il

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controllo. La presenza della madre consente quindi al bambino cieco di effettuare esperienze guidate e protette del mondo e della sua complessità, esperienze che difficilmente chi non vede potrebbe autonomamente effettuare senza mettere a repentaglio la propria sopravvivenza. Paradossalmente quello che per un bambino vedente potrebbe essere una limitazione della libertà esplorativa (la pressante presenza orientante della madre) può essere considerata, nel caso dei bambini con grave disabilità visiva congenita, come una utile e forse essenziale opportunità di conoscenza che consente via via l’interiorizzazione rappresentativa dello spazio, del mondo della sua struttura, (la formazione di schemi percettivi e cognitivi). Questa interiorizzazione a sua volta consentirà, col passare del tempo, di avere un maggior controllo di quel mondo stesso, una maggior autonomia di movimento, un miglior senso di autoefficacia ed una migliore autostima. In conclusione: la luce porta il mondo nella mente del bambino vedente, chi non vede deve essere invece guidato direttamente (fisicamente e a volte coercitivamente) in questo stesso modo. Questa guida dovrà a volte dirigere, scoraggiare o incoraggiare l’esplorazione favorendo i comportamenti adattativi e impedendo comportamenti pericolosi con modalità che in quanto ad intensità e qualità, se paragonate con quelle utilizzate con i bambini normovedenti, potrebbero essere anche considerate “intrusive”; l’atteggiamento affettuoso ed amorevole contribuirà a stemperare l’eventuale vissuto di rabbia e depressione ed a consolidare la relazione di fiducia.G. Dell’Osbel** (psicoterapeuta, responsabile dell’Unità di Psicologia dell’Handicap del Centro Clinico Crocetta di Torino)F. Veglia**** (psicoterapeuta, Direttore del Centro Clinico Crocetta di Torino, docente di “Psicologia e Psicopatologia del Comportamento Sessuale” presso la Facoltà di Psicologia dell’Università di Torino)

Bibliografia

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PAGINA 39DIDATTICA

PROGETTANDO IL FUTURO

Il processo di integrazione scolastica dei bambini con disabilità ha seguito, in Scozia, vie differenti rispetto all’Italia. Per l’assenza di scuole speciali, in alcune comunità rurali e nelle isole, tutti i bambini si sono trovati a frequentare le stesse classi. Soltanto dal 1981 si è iniziato ad evidenziare un numero significativo di bambini della scuola dell’obbligo che presentavano necessità educative particolari. Dallo scorso anno 2000 la legislazione scozzese indica nella scuola dell’obbligo l’ambiente privilegiato per iniziare il processo educativo di ogni bambino, considerando che l’entrata nella scuola dell’obbligo è prevista all’età di cinque anni.Le scuole speciali sono diminuite di numero, ma il governo ha deciso che esse dovrebbero rimanere fintanto che esiste una domanda di scuola speciale da parte dei genitori. I politici hanno riconosciuto qualche vantaggio in quello che essi chiamano “la flessibilità”. La realtà scozzese vede la presenza di molti alunni con deficit visivo e disabilità intellettiva per i quali si richiedono interventi complessi. Le esperienze di integrazione di alunni disabili nella scuola italiana potrebbero essere prezioso materiale di discussione e di scambio per l’organizzazione scozzese.Quale docente di Educazione Speciale all’Università di Edimburgo, la Prof. Marianna Buultjens delinea in questo articolo quali siano le competenze degli insegnanti per offrire supporto educativo al bambino con disabilità sensoriale visiva, collaborazione

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professionale fra i vari docenti ed operatori della scuola, integrazione armonica delle esperienze e delle esigenze dei compagni di classe.

Indagine condotta dall’Istituto Reale Nazionale per i Non Vedenti nell’anno 2000

Un recente studio condotto su 1000 giovani con deficit visivo di età compresa tra i 5 e 25 anni, al quale è stato dato il titolo “Progettando il futuro”, ha indagato tutti gli aspetti della vita di questi ragazzi inclusa l’educazione, la vita sociale e il tempo libero. Sono stati intervistati direttamente i ragazzi oppure i loro genitori, nel caso di bambini troppo piccoli per essere capaci di comunicare. I genitori di bambini con deficit visivo e difficoltà complesse dal punto di vista intellettivo, che frequentavano sia la scuola dell’obbligo che le scuole speciali, avevano la sensazione che il lavoro dei loro bambini fosse limitato dalla incomprensione, da parte degli insegnanti, delle necessità specifiche da un punto di vista sensoriale presentate da questi bambini.Qualcuno ha detto nell’intervista che poiché il loro bambino sembrava normale, lo staff, il gruppo degli insegnanti non credeva che questi bambini potessero avere delle difficoltà a vedere. Altri genitori o ragazzi erano irritati per il fatto che venissero lasciati fuori da certe attività, come l’educazione fisica, lo sport, le attività artistiche e anche le attività extrascolastiche. Le ragioni fornite a giustificazione erano la disabilità del ragazzo o le condizioni da un punto di vista medico. Dal settembre 2002 questo tipo di discriminazione diventerà illegale in Scozia, ma è estremamente triste dover ascoltare che sta ancora accadendo qualcosa di simile. I genitori hanno detto, durante la ricerca, che pensavano che le reali ragioni per questo tipo di discriminazioni fossero l’esistenza di risorse inadeguate, la mancanza di un gruppo di insegnanti adatto e preparato in questo senso, e anche la mancanza di accessibilità fisica ai luoghi di riunione.Che cosa dobbiamo fare per essere sicuri che almeno il gruppo degli insegnanti non fallisca nei confronti dei ragazzi a causa della mancata consapevolezza del problema? Io penso che possiamo fare moltissimo come insegnanti specializzati per i bambini con deficit visivo. In questi ultimi 20 anni siamo sempre stati più aiutati da nuovi metodi estremamente amichevoli per il bambino per poterne valutare la visione funzionale, cioè la visione che il bambino è capace di usare nella vita di tutti i giorni e non soltanto in un ospedale o in un ambulatorio oculistico. Specialisti come la Dott.ssa Lea Hyvarinen, la cui fama è largamente diffusa a livello internazionale, ci hanno consentito di avere dei metodi di valutazione che sono facili da apprendere nel loro uso, e ci hanno anche spiegato quello che un bambino riesce a vedere e in che modo riesce ad usare la visione. Con queste conoscenze, allora, noi possiamo aiutare le famiglie e gli insegnanti a capire qual è il modo migliore, nel caso del bambino con deficit visivo, per apprendere tutto quello che i suoi compagni di classe apprendono.

La visione per la comunicazione

Desidero portare ad esempio la storia molto triste di una bambina di 11 anni che chiameremo “Maria”. Maria è portatrice di una sindrome che comporta difficoltà intellettiva e retinite pigmentosa, condizione che produce una perdita progressiva del campo visivo e in alcuni casi la cecità. Maria presenta un aumento dei suoi problemi emotivi e di apprendimento nella scuola dell’obbligo che frequenta e una insegnante specialista nel campo dei deficit visivi è stata richiesta per poter valutare in quale modo la ragazza potesse continuare a frequentare questa scuola, se fosse stato meglio decidere per trasferire Maria in una scuola speciale, oppure farla passare nella

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seconda fase della scuola dell’obbligo insieme a tutti gli altri suoi compagni di classe. L’insegnante competente per il deficit visivo l’ha voluta osservare durante tutte le ore di lezione. Nelle ore di matematica la classe era abituata a lavorare in gruppi di abilità. E questa insegnante ha scoperto che Maria non conosceva assolutamente i nomi dei bambini che erano nel suo gruppo, nonostante fosse stata nella stessa classe con i suoi compagni per sei anni! Ovviamente ci sono tante buone ragioni per questa difficoltà a rapportarsi con gli altri, ma come possiamo essere sicuri che una condizione di questo genere non accadrà ancora? Un interrogativo fondamentale per l’insegnante dovrebbe essere: “Il bambino è in grado di vedere la mia faccia?”.Dobbiamo rapidamente comprendere se un bambino piccolo, anche neonato, che presenta deficit visivo è in grado di vedere le facce e i volti familiari. Se un neonato non sembra interessato alla faccia della mamma o delle persone che si prendono cura di lui, noi ci dobbiamo chiedere: “Il bambino è in grado di accomodare per vedere chiaramente le facce?”. Lenti positive messe su occhiale possono essere date ai bambini, anche di pochi mesi, in modo tale da aiutarli nel mettere a fuoco le facce delle persone che si occupano di loro. Questo produce un’immediata differenza sia per il bambino che per la famiglia, sia dal punto di vista emotivo che dello sviluppo generale.Alcuni bambini non possono vedere ed esplorare i dettagli dei volti delle persone che sono loro intorno, perché hanno una debole sensibilità al contrasto. Alcuni di loro riescono a percepire i dettagli soltanto ad una distanza estremamente ravvicinata, ma non ad ogni distanza di osservazione. Alcuni bambini sono incapaci di identificare le diverse emozioni sui volti delle persone che hanno intorno. Grazie al test della Dott.ssa Hyvarinen chiamato “Hiding Heidi” e le carte per le espressioni facciali, possiamo testare quale sia la risposta dei bambini alla sensibilità al contrasto e alle espressioni dei volti.Purtroppo ci sono alcuni bambini nei quali il disturbo visivo è di origine cerebrale in un’area della corteccia che non consentirà mai loro di riconoscere i volti, anche quelli dei propri familiari. Di conseguenza, è estremamente importante poter diagnosticare precocemente questo disturbo in modo tale che il bambino e la famiglia possano lavorare sulle strategie più idonee a superare questo problema. Valutare tutti gli aspetti della funzione visiva significa offrire una grande differenza qualitativa nelle informazioni che forniremo agli insegnanti.Possiamo anche aiutare bambini come Maria a sviluppare strategie per convivere con le loro difficoltà e aiutare i compagni di classe a capirli e ad aiutarli. L’insegnante di classe sarà allora consapevole se il bambino sia in grado o no di vedere la sua faccia quando sta lavorando vicino al bambino o quando è a una distanza di conversazione o se si trova dall’altra parte della classe. L’insegnante capirà come usare il nome del bambino se gli sta parlando ad una certa distanza. Sarà anche in grado di aiutare il bambino attraverso le parole che usa per poter far capire se è contenta o se non lo è, in modo tale che il bambino, che ha difficoltà a captare le emozioni attraverso le espressioni facciali, lo possa comprendere attraverso le variazioni della voce. Se il bambino non riesce a riconoscere le persone attraverso i loro volti, allora dovrà essere aiutato usando altri indizi, come ad esempio le voci, lo stile della pettinatura o i colori degli abiti. Gli altri bambini che frequentano la classe possono aiutare i loro compagni con deficit visivo dichiarando sempre i loro nomi e non annoiandosi se il loro compagno di classe non è capace di riconoscerli.Un aspetto molto importante per lo sviluppo di una comunicazione efficace è essere sicuri che il bambino abbia capito che cosa gli è stato richiesto di fare. L’insegnante deve parlare chiaramente e per alcuni bambini è richiesto che parli lentamente, in

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modo tale che essi possano analizzare il significato di che cosa è stato detto. Talvolta l’insegnante dovrà dimostrare concretamente a ciascun bambino che cosa vuole che il bambino faccia.

La visione per i compiti da vicino

Nello svolgimento dei compiti da vicino è indispensabile osservare l’acquisizione o meno di alcune nozioni di fondo quali l’abilità presente nel bambino di confrontare i colori fra di loro, riconoscerli e dar loro un nome. Il puzzle tridimensionale, studiato dalla Dott.ssa Hyvarinen e prodotto dalla Precision Vision, aiuta a identificare eventuali limitazioni. Il puzzle può essere completato dal lato colorato e dal lato bianco e nero. Girando i pezzi del puzzle da quest’ultima parte possiamo anche capire se il bambino è in grado di riconoscere e di confrontare fra di loro le forme senza essere aiutato dai colori. Quali sono le indicazioni utili che noi possiamo passare all’insegnante della classe dopo aver eseguito questi test? Dopo l’osservazione del bambino con il test possiamo sapere se i colori possono essere un mezzo utile per aiutare il bambino ad apprendere. Se abbiamo scoperto che un bambino ha una difficoltà visiva a riconoscere forme, sagome, il colore può essere estremamente utile per tale riconoscimento. Anche l’uso del tatto deve essere molto incoraggiato. Bisogna permettere al bambino di sentire gli oggetti, oppure se stiamo parlando di rappresentazioni bidimensionali, allora potremo ricorrere alla creatività per rendere tattili questi oggetti.In alcuni bambini è presente una specifica “agnosia” per dare nomi ai colori. Agnosia vuol dire incapacità di verbalizzare il nome del colore.Se ci troviamo di fronte ad un caso del genere allora dare a voce l’associazione colore-parola può aiutare molto. Facciamo un esempio: il cielo blu, oppure l’erba verde.La grandezza e il contrasto sono importanti per gli oggetti reali e non appena il bambino inizia ad andare a scuola diventano estremamente importanti per le figure e per i testi da leggere. Se il bambino è in grado di riconoscere le forme e gli oggetti, allora è possibile valutare l’acuità visiva per vicino e per lontano usando una varietà di mezzi che permettono la misurazione come se fosse un gioco. Molti sono i test creati dalla Dott.ssa Hyvarinen per misurare l’acuità per vicino e per lontano in diverse condizioni patologiche.Se un bambino non è in grado di riconoscere le forme sarà impossibile misurare la sua acuità visiva attraverso simboli e dovremo adottare le carte della visione preferenziale che possono condurci soltanto a una stima approssimativa dell’acuità visiva, perché diverso è il criterio di registrazione del risultato.Un’ultima domanda che possiamo porci circa il bambino, con deficit visivo è la seguente: il bambino è in grado di localizzare un oggetto in mezzo a molti altri oppure è in grado di definire e descrivere i dettagli in un’immagine? Se questi sono aspetti difficili, sono abilità complicate per il bambino allora è importante che l’insegnante di classe conosca questi aspetti in modo tale da poter usare materiali appropriati e attività specifiche finalizzate al riconoscimento dei particolari o degli oggetti.

Attività scolastiche che richiedono la visione per lontano

Le attività scolastiche di gruppo, come ad esempio guardare una videocassetta, possono essere estremamente difficili per un bambino con deficit visivo, perché il bambino fa fatica a vedere o potrebbe non sapere che cosa sta succedendo in

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successione sullo schermo. Molti bambini con deficit visivo adorano guardare la televisione o i filmati video, ma devono sedersi molto vicino allo schermo. La migliore soluzione potrebbe esser quella di sistemare un monitor più vicino possibile al luogo dove è seduto il bambino con deficit visivo in modo tale che egli possa essere libero di guardare tanto più vicino quanto più gli è necessario. Come seconda possibilità, e a volte come unica soluzione, abbiamo quella di avere un adulto che spiega al bambino che cosa sta succedendo.Nelle scuole scozzesi è d’uso avere dei momenti di riunione di bambini e insegnanti seduti come se fossero intorno ad una tavola rotonda e sia l’insegnante che i bambini parlano di una immagine, di un oggetto o di qualche cosa che è accaduto a scuola. Talvolta l’insegnante mostra una grande figura che sia visibile anche al bambino con deficit visivo. È estremamente importante che l’insegnante possa lasciar guardare questa immagine al bambino prima della discussione o che sia consapevole che c’è una possibilità reale per il bambino di vedere questa figura in modo ravvicinato durante il momento della riunione.Perdita del campo visivo

Oggigiorno è relativamente comune e frequente diagnosticare perdite del campo visivo fra i bambini con deficit visivo a causa dell’aumentata percentuale di bambini che presentano un disturbo visivo di origine cerebrale piuttosto che un disturbo visivo di origine oculare. Bambini con paralisi cerebrale infantile possono avere una perdita di campo visivo o una diminuzione dell’attenzione visiva dallo stesso lato nel quale sono più affetti da un punto di vista motorio. Per esempio, se essi presentano una emiplegia sinistra possono anche presentare una perdita di campo visivo oppure una perdita di attenzione visiva a sinistra, la cosiddetta emianopsia sinistra. La perdita del campo visivo nelle aree inferiori è un dato piuttosto frequente e comune fra i bambini che presentano una condizione cosiddetta “leucomalacia periventricolare”, frequentemente diagnosticata in bambini prematuri.

Attività della vita quotidiana

La perdita del campo visivo può influenzare negativamente molte attività come la lettura e le attività della vita quotidiana, prime fra tutte il mangiare e il bere. Vi ricordate Maria? Dal momento che la sua malattia progredisce ha cominciato ad imparare il Braille in previsione che la sua visione possa divenire così debole da non consentirle più di leggere. È diventato sempre più difficile per lei leggere fluentemente con sicurezza dal momento che non era in grado di vedere se non meno di una linea del testo alla volta. Le attività di ogni giorno, come ad esempio pranzare, diventano difficili. È estremamente facile rovesciare un bicchiere di acqua, e diventa molto complicato capire e trovare che cosa ci sia nel piatto!Nel caso di Maria essere capace di vedere in bassa intensità di illuminazione diventa praticamente impossibile. I bambini più piccoli con la retinopatia pigmentosa, non essendo in grado di poter vedere bene alle basse intensità di illuminazione, diventano molto paurosi e insicuri, soprattutto quando devono muoversi in ambienti con poca illuminazione o debbono uscire alla sera. Il test ideato dalla Dott.ssa Hyvarinen per poter valutare l’adattamento al buio, estremamente piacevole da usare perché sembra di proporre un gioco, è in grado di identificare queste alterazioni dell’adattamento a basse intensità di illuminazione anche in bambini di 3 anni di età.

Movimento

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(orientamento e mobilità)

Tutte le informazioni sopra riportate sono estremamente importanti per le insegnanti di classe e per la scuola in modo tale da sapere con quale modalità il bambino possa essere allontanato dai rischi, ma anche possa apprendere come muoversi indipendentemente e senza pericoli negli ambienti.Quanto alla ricerca condotta in Inghilterra e menzionata all’inizio dell’articolo, una coppia di genitori su tre aveva detto che non era stato mai possibile entrare in contatto con un istruttore di orientamento e mobilità! Nel Regno Unito soltanto un istruttore diplomato e con esperienza nella mobilità può essere autorizzato ad allenare persone con deficit visivo nell’orientamento e dare loro lezioni di mobilità. Nonostante questo, gli insegnanti specializzati per il deficit visivo devono essere in grado di poter dare suggerimenti sulle strategie di sicurezza e sulle modalità di base che devono essere seguite perché il bambino possa apprendere tale livello di indipendenza.Come può essere possibile un apprendimento indipendente senza una possibilità di movimento indipendente? Questo spiega perché è così fondamentalmente importante per bambini con deficit visivo, soprattutto se presentano anche disabilità aggiuntive fisiche o intellettive, di fare esperienza negli ambienti che li circondano e, se possibile, di muoversi liberamente indipendentemente all’interno di questi ambienti.

Conclusioni

Come si conclude la storia triste di Maria? Non ho mai incontrato Maria e non conosco le sue insegnanti. Forse loro hanno avuto tutte le informazioni delle quali ho sottolineato l’importanza fin qui. Da qualche punto di vista non credo che sia avvenuto questo. Se a loro sono state date tutte le informazioni prese in considerazione fino adesso, è possibile che Maria non sia stata in grado, dopo sei anni di scuola, di conoscere i nomi dei suoi compagni di classe?Probabilmente quando Maria cominciò la scuola l’insegnante avrebbe dovuto essere più certa del livello del residuo visivo della bambina e in grado di capire a quale distanza avrebbe potuto riconoscere i suoi compagni. I compagni di classe avrebbero imparato a dire i loro nomi incontrando Maria fuori dalla scuola, o gridare a lei i loro nomi o un saluto mentre erano lontani dalla parte opposta della classe. Maria avrebbe dovuto imparare a identificare i suoi compagni di classe attraverso le loro voci, o attraverso altre caratteristiche fisiche o attraverso i loro abiti se avesse avuto difficoltà nel riconoscere le loro facce.Se Maria avesse ricevuto un adeguato allenamento all’orientamento e alla mobilità, sicuramente sarebbe diventata molto più sicura camminando nella classe o camminando negli ambienti della scuola. Avrebbe sicuramente appreso come trovare la strada per girare nei vari ambienti e anche per poter incontrare da sola gli altri bambini.Probabilmente si sarebbe deciso lo stesso di favorire l’apprendimento di Maria lasciandola in una piccola classe di una scuola speciale, dove si hanno gruppi di solo 9 bambini piuttosto che gruppi di 33, ma almeno Maria avrebbe avuto l’occasione di essere più felice e meno sola durante gli anni della sua scuola elementare.Noi abbiamo l’opportunità di aiutare tutte le Marie che possiamo incontrare nella nostra carriera, perché possano diventare bambini e bambine più felici e con maggiori potenzialità nella loro esistenza.M. Buultjens** Docente di Educazione Speciale all’Università di Edimburgo - Regno Unito

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(Traduzione a cura della dott.ssa Anna Piccioni)

PAGINA 44DOCUMENTI

a cura di Enzo Tioli

LA REGIONE SICILIA PER L’UNIONE ITALIANA DEI CIECHI

Con l’approvazione della Legge n. 4 del 30 aprile 2001, la Regione Sicilia ha ulteriormente ampliato i propri interventi a favore dell’Unione Italiana dei Ciechi e delle strutture dalla stessa gestite o controllate.La lettura del testo, che concede rilevanti finanziamenti all’Unione Italiana dei Ciechi, sembra lasciar intendere che la grande fiducia, di cui l’Unione stessa gode presso la regione Sicilia, ha consentito di ottenere con molta facilità un risultato tanto significativo.La realtà è molto diversa. Per molti giorni, i dirigenti siciliani si sono mobilitati, nel tentativo di superare le resistenze provenienti sia dal Parlamento della Regione, sia da altre parti che intendevano svolgere un’azione concorrenziale nei confronti dell’Unione. Sono state anche necessarie manifestazioni che hanno visto il coinvolgimento di numerosi soci delle nove sezioni siciliane.Soltanto la validità degli argomenti prospettati e la tenacia con cui gli stessi sono stati sostenuti dai dirigenti siciliani dell’U.I.C. hanno potuto finalmente aver ragione di tutte le preclusioni e di tutti i dinieghi.Il risultato conseguito riveste un significato di particolare valore, non soltanto per i ciechi siciliani, ma per tutti i ciechi italiani. Ripetutamente, per il passato, i successi del Consiglio siciliano U.I.C. hanno avuto conseguenze positive anche in ambito nazionale.Mentre ci complimentiamo vivissimamente con gli amici siciliani, formuliamo gli auguri che anche iniziative previste dalla nuova legge raggiungano pienamente tutti gli obiettivi previsti.

Legge 30 aprile 2001, n. 3.Norme a sostegno dell’attività del Consiglio regionale dell’Unione Italiana dei Ciechi. Istituzione del centro “Helen Keller” di Messina. Incremento della produzione della stamperia regionale Braille di Catania.

Regione Siciliana

L’assemblea Regionale ha approvatoIl presidente regionale promulga

La seguente legge:

Art. 1.1. È istituito, con sede a Messina, il Centro regionale “Helen Keller” dell’Unione Italiana dei Ciechi al servizio dei non vedenti e degli ipovedenti.2. Sono attribuite al Centro le seguenti funzioni:

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a) scuola per cani guida, allevamento, selezione ed addestramento dei cani guida, assegnazione del cane al non vedente ed educazione del non vedente all’utilizzo del cane guida;b) recupero socio-lavorativo dei ciechi e degli ipovedenti di qualsiasi età mediante l’acquisizione delle tecniche, delle metodologie, degli ausilii e di qualsiasi altro strumento necessario ad elevare il livello di autosufficienza, orientamento e mobilità in ambiente domestico, lavorativo interno ed esterno, anche attraverso l’uso del bastone bianco.

Art. 2.1. L’Assessore regionale per gli enti locali è autorizzato a concedere al consiglio di amministrazione del Centro regionale “Helen Keller” dell’Unione Italiana dei Ciechi operante in Sicilia, il contributo per le spese di primo impianto ed il contributo annuo di gestione di cui all’articolo 8, comma 1, vincolato alle funzioni di cui all’articolo 1.2. L’erogazione del contributo di cui al comma 1 avviene sulla base del preventivo di spesa presentato all’Assessorato regionale degli enti locali dal consiglio di amministrazione del Centro regionale “Helen Keller”. Dell’impiego della somma erogata il consiglio di amministrazione del Centro è tenuto a presentare apposito rendiconto annuale all’Assessorato regionale degli enti locali.3. La corresponsione del contributo di gestione di cui al comma 1, a decorrerere dall’esercizio finanziario 2002, è subordinato alla verifica, di competenza dell’Assessorato regionale degli enti locali, dell’avvenuta assegnazione gratuita nell’anno precedente di almeno 30 cani guida per ciechi.4. La gestione del Centro regionale “Helen Keller” è affidata ad un consiglio di amministrazione composto da cinque membri di cui quattro designati dal Consiglio regionale dell’Unione Italiana dei Ciechi ed uno designato dall’Assessorato regionale degli enti locali. I componenti del consiglio d’amministrazione del Centro regionale “Helen Keller” durano in carica tre anni e possono essere riconfermati una sola volta.5. Le funzioni di controllo della gestione e della contabilità del Centro regionale “Helen Keller” sono esercitate da un collegio di tre revisori dei conti iscritti all’Albo dei revisori dei conti nominati rispettivamente dall’Assessore regionale per il bilancio e le finanze, con funzioni di presidente, dall’Assessore regionale per gli enti locali e dall’Assessore regionale per la sanità. I componenti del collegio dei revisori dei conti durano in carica quattro anni e possono essere riconfermati una sola volta. I compensi da corrispondere ai componenti del collegio dei revisori dei conti, secondo le relative tariffe professionali, sono a carico dell’Unione Italiana dei Ciechi.

Art. 3.1. È interamente abrogata la legge regionale 4 dicembre 1978, n. 52.2. Dal piano triennale di interventi in favore dei soggetti portatori di handicap di cui alla legge regionale 28 marzo 1986, n. 16 sono soppresse le seguenti parole:“L’Assessore regionale per gli enti locali è autorizzato a concedere all’Istituto” per i ciechi, opere riunite, “Florio e Salamone” di Palermo, e all’Istituto per i ciechi “Ardizzone Gioeni di Catania, un contributo annuale a destinazione vincolata per l’impianto e la gestione di una scuola per cani guida da assegnare gratuitamente ai non vedenti. Tale finanziamento è quantificato, complessivamente per entrambi, in lire 300 milioni per le spese di impianto ed in lire 300 milioni annui per le spese di gestione”.

Art. 4.

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1. L’Unione Italiana dei Ciechi, ente morale di diritto privato, attraverso le nove sezioni provinciali operanti in Sicilia, oltre ai compiti già previsti dal suo statuto e dalle vigenti leggi, svolge le seguenti altre attività a servizio dei non vedenti:a) educazione all’apprendimento ed all’utilizzo della scrittura Braille e dei suoi sussidi tifloinformatici, elettronici e multimediali, necessari alla crescita culturale dei non vedenti e degli ipovedenti;b) educazione all’uso corretto della manualità come fonte primaria informativa e cognitiva per minorati della vista;c) organizzazione di manifestazioni culturali e di attività integrative e ricreativo-sportive per un formativo e corretto uso del tempo libero dei non vedenti;d) promozione e svolgimento di corsi per l’apprendimento del sistema di scrittura e lettura Braille e di alfabetizzazione informatica per insegnanti curriculari, insegnanti di sostegno e genitori di alunni non vedenti;e) collaborazione con la stamperia Braille per la distribuzione di libri in Braille ed a caratteri ingranditi per ipovedenti e di quant’altro la stamperia regionale Braille produce in esecuzione alle leggi regionali 16 novembre 1984, n. 93 e 1 marzo 1995, n. 16;f) organizzazione di servizi specialistici volti al sostegno ed all’integrazione socio-scolastica degli alunni non vedenti ed ipovedenti;g) promozione ed organizzazione di servizi specialistici residenziali e/o territoriali volti all’assistenza ed al recupero sociale dei ciechi pluriminorati e anziani;h) attività permanente di informazione, preparazione ed aggiornamento destinata alle famiglie ed agli insegnanti sulle delicate problematiche inerenti la cecità e l’ipovisione;i) assegnazione del materiale tiflotecnico di cui alla legge 28 marzo 1986, n. 16;l) promozione di corsi musicali per non vedenti;m) promozione di iniziative culturali e sociali per favorire l’integrazione dei non vedenti siciliani nell’ambito internazionale ed in particolare in quello dell’Unione europea e dei Paesi del Mediterraneo.

2. Le funzioni di controllo della gestione e della contabilità del consiglio regionale dell’Unione Italiana dei Ciechi sono esercitate da un collegio di tre revisori dei conti iscritti all’Albo dei revisori dei conti nominati rispettivamente dall’Assessore regionale per il bilancio e le finanze, con funzioni di presidente, dall’Assessore regionale per gli enti locali e dall’Assessore regionale per la sanità. I componenti del collegio dei revisori dei conti durano in carica quattro anni e possono essere riconfermati una sola volta. I compensi da corrispondere ai componenti del collegio dei revisori dei conti, secondo le relative tariffe professionali, sono a carico dell’Unione Italiana dei Ciechi.

Art. 51. Il personale di cui al comma 1 dell’articolo 4 della legge regionale 4 dicembre 1978, n. 52 in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge presso i tre soppressi Centri di servizio culturale per non vedenti di Palermo, Catania e Messina è impiegato dal Consiglio regionale dell’Unione Italiana dei Ciechi per le finalità previste dalla presente legge.

Art. 61. La stamperia regionale Braille, oltre a volumi in caratteri Braille, può produrre materiale tiflotecnico, tiflodidattico e libri con caratteri ingranditi per ipovedenti e

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ogni altro materiale didattico, anche informatico, che può servire per l’inserimento scolastico e l’integrazione sociale dei minorati della vista.2. La gestione della stamperia regionale Braille è affidata ad un consiglio di amministrazione composto da cinque membri di cui quattro designati dall’Unione Italiana dei Ciechi ed uno designato dall’Assessorato regionale dei beni culturali ed ambientali e della pubblica istruzione. I componenti del consiglio d’amministrazione della stamperia regionale Braille durano in carica tre anni e possono essere riconfermati una sola volta.3. Le funzioni di controllo della gestione e della contabilità della stamperia regionale Braille sono esercitate da un collegio di tre revisori dei conti iscritti all’Albo dei revisori dei conti nominati rispettivamente uno dall’Assessore regionale per il bilancio e le finanze, con funzioni di presidente e due dall’Assessore regionale per i beni culturali ed ambientali e per la pubblica istruzione. I componenti del collegio dei revisori dei conti durano in carica quattro anni e possono essere riconfermati una sola volta. I compensi da corrispondere ai componenti del collegio dei revisori dei conti, secondo le relative tariffe professionali, sono a carico dell’Unione Italiana dei Ciechi.

Art. 7.1. Il contributo annuo in favore della stamperia regionale Braille di cui alla legge regionale 30 dicembre 1980, n. 152 a decorrere dall’esercizio finanziario 2001, è assegnato al consiglio di amministrazione della stamperia regionale Braille dell’Unione Italiana dei Ciechi.2. L’erogazione del contributo di cui al comma 1 avviene sulla base del preventivo di spesa presentato annualmente all’Assessorato regionale dei beni culturali ed ambientali e della pubblica istruzione dal consiglio di amministrazione della stamperia regionale Braille. Dell’impiego della somma erogata il consiglio di amministrazione della stamperia è tenuto a presentare apposito rendiconto all’Assessorato regionale dei beni culturali ed ambientali e della pubblica istruzione.

Art. 8.1. Per le finalità di cui all’articolo 2, comma 1. È autorizzata in favore del consiglio di amministrazione del Centro regionale “Helen Keller” della Unione Italiana dei Ciechi, per l’esercizio finanziario 2001, la spesa di lire 500 milioni per gli oneri di primo impianto di lire 200 milioni a titolo di contributo per le spese di gesitone. Per gli esercizi successivi la spesa per il contributo di gestione è autorizzata in lire 1.200 milioni per ciascun anno.2. Per le finalità di cui all’articolo 4, il contributo annuo autorizzato dall’articolo 1 della legge regionale 7 agosto 1990, n. 28 in favore del consiglio regionale dell’Unione Italiana dei Ciechi, per l’esercizio finanziario 2001, è elevato a lire 4.000 milioni. Il rendiconto relativo all’impiego delle somme assegnate è inviato annualmente dal Consiglio regionale dell’Unione Italiana dei Ciechi all’Assessorato regionale degli enti locali.3. Per le finalità di cui all’articolo 6, comma 1, il contributo annuo autorizzato dall’articolo 2 della legge regionale 30 dicembre 1980, n. 152 in favore del consiglio di amministrazione della stamperia Braille dell’Unione Italiana dei Ciechi, è elevato, per l’esercizio finanziario 2001, a lire 4.000 milioni. Per gli esercizi successivi l’onere è valutato in lire 800 milioni per ciascun anno.4. All’onere di lire 4.500 milioni autorizzato dalla presente legge per l’esercizio finanziario 2001 si provvede con parte delle disponibilità del cap. 215704 - codice accantonamento 1001 - del bilancio della Regione per l’esercizio medesimo. Gli oneri

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ricadenti negli esercizi finanziari 2002 2003, valutati in lire 3.000 milioni per ciascun anno trovano riscontro nel bilancio pluriennale della Regione - codice 1001.5. Le attrezzature e la stamperia di cui all’articolo 8 della legge regionale 4 dicembre 1978, n. 52 rimangono acquisite al patrimonio della Regione.

Art. 9.1. La presente legge sarà pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana.2. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione.Palermo, 30 aprile 2001.Leanza Granata Assessore regionale per i beni culturali ed eambientali e per la pubblica istruzioneTuranoAssessore regionale per gli enti localiProvenzanoAssessore regionale per la sanitàNoteAvvertenzaIl testo delle note di seguito pubblicate è stato redatto ai sensi dell’art. 10, commi 2 e 3, del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge modificate o alle quali è operato il rinvio.Restano invariati il valore e l’efficacia degli atti legislativi trascritti, secondo le relative fonti. Le modifiche sono evidenziate in corsivo.

Nota all’art. 3, comma 2:La legge regionale 28 marzo 1986, n. 16 reca: “Piano di interventi in favore dei soggetti portatori di handicap ai sensi della legge regionale 18 aprile 1981, n. 68”.

Note all’art. 4, comma 1, lett. e):- La legge regionale 16 novembre 1984, n. 93 reca: “Interventi per la stamperia Braille dell’Unione Italiana dei Ciechi, operante in Sicilia”.- La legge regionale 1 marzo 1995, n. 16, reca: “Interventi a sostegno della stamperia Braille e modifiche all’articolo 4 della legge regionale 23 maggio 1991, n. 33, relativamente al Consiglio di amministrazione dell’Istituto dei ciechi “Opere riunite I. Florio - F. ed A. Salamone” di Palermo.

Nota all’art. 5:Il comma 1 dell’art. 4 della legge regionale 4 dicembre 1978, n. 52 (Istituzione dei centri di servizio culturale per i non vedenti) abrogata dall’art. 3 della legge che si annota, così dispone:

“Art. 4Al funzionamento dei servizi di ciascun centro provvede l’Unione Italiana dei Ciechi, la quale dovrà all’uopo destinare appositi locali ed il personale necessario”.

Nota all’art. 7, comma 1:

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La legge regionale 30 dicembre 1980, n. 152 reca: “Provvidenze per gli istituti per ciechi “T. Ardizzone Gioeni” di Catania e “Florio e Salamone” di Palermo e per la stamperia Braille di Caltanissetta”.

Nota all’art. 8, comma 2:L’art. 1 della legge regionale 7 agosto 1990, n. 28 (Aumento del contributo in favore dell’Unione Italiana dei Ciechi operante in Sicilia di cui alla legge regionale 31 dicembre 1964, n. 34) così dispone:

“Art. 11. Il contributo erogato in favore dell’Unione Italiana dei Ciechi operante in Sicilia, di cui alla legge regionale 31 dicembre 1964, n. 34, allo scopo di adempiere alle finalità previste dallo statuto ed alle funzioni ad essa demandate dall’articolo 2 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 26 settembre 1947, n. 1047, confermate dal decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, viene elevato a 3.000 milioni”.

Nota all’art. 8, comma 3:L’art. 2 della legge regionale 30 dicembre 1980, n. 152 (Provvidenze per gli istituti per ciechi “T. Ardizzone Gioeni” di Catania e “Florio e Salamone” di Palermo e per la stamperia Braille di Caltanissetta) così dispone:

“Art. 2L’Assessore regionale per i beni culturali ed ambientali e per la pubblica istruzione è autorizzato a concedere all’Unione Italiana dei Ciechi, a decorrere dall’esercizio finanziario 1981, un contributo annuo di lire 200 milioni per il funzionamento della stamperia Braille di cui agli articoli 7 e 8 della legge regionale 4 dicembre 1978, n. 52”.

Nota all’art. 8, comma 5:L’art. 8 della legge regionale 4 dicembre 1978, n. 52 (Istituzione di centri di servizio culturale per i non vedenti) abrogata dall’art. 3 della legge che si annota, così dispone:

“Art. 8Le attrezzature e la stamperia, di cui al precedente articolo, sono acquisite al patrimonio della Regione”.Lavori preparatoriD.D.L. n. 756“Riordino dei servizi sociali e culturali e di autonomia per i ciechi e ipovedenti della Regione siciliana”.Iniziativa parlamentare: presentato dagli onorevoli Nicolosi, D’Andrea, Aulicino, Ricevuto, Papania, Sanzarello, Barone, Leanza, Basile Giuseppe, Granata, Battaglia, Silvestro, Fleres, Scammacca della Bruca, La Grua, Barbagallo Salvino, Capodicasa, Basile Filadelfio, Alfano, Cintola, Costa.Trasmesso alla Commissione legislativa permanente “Servizi sociali e sanitari” (VI), il 3 settembre 1998.Esaminato nelle sedute nn. 116. 117 del 10 e 17 maggio 2000 e 124 del 22 novembre 2000. Trasmesso per il parere alla Commissione “Bilancio” (II) il 22 novembre 2000.Parere reso dalla Commissione “Bilancio” (II) nella seduta n. 257 del 20 aprile 2001.

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Esitato per l’Aula nella seduta n. 136 del 20 aprile 2001.Relatore: Scammacca della Bruca.Discusso ed approvato dall’Assemblea nella seduta n. 381 del 20 aprile 2001.(2001.17.862).

AccessibilitA’ siti web a persone disabili

Circolare AIPA 6 settembre 2001, n. 32: Criteri e strumenti per migliorare l’accessibilità dei siti web e delle applicazioni informatiche a persone disabili (G.U. 14.9.2001, n. 214).A seguito delle linee guida dettate nella materia del Dipartimento della funzione pubblica, con circolare n. 3/2001 del 13 marzo 2001 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 65 del 19.3.2001) vengono indicati criteri e strumenti per favorire l’accesso ai siti web delle pubbliche amministrazioni e l’uso delle applicazioni informatiche da parte delle persone disabili.In particolare, vengono specificati i criteri da rispettare nella progettazione e manutenzione dei sistemi informatici pubblici, per favorire l’accessibilità ai siti web che mettono a disposizione di cittadini e imprese informazioni e servizi interattivi mediante tecnologie e protocolli Internet e alle applicazioni informatiche utilizzate dal personale della pubblica amministrazione e da cittadini e imprese e per i servizi resi così fruibili.Le amministrazioni che intendessero aderire integralmente agli orientamenti espressi dal WAI “Web content accessibility guidelines 1.0” del consorzio W3C, potranno raggiungere un miglior livello di accessibilità dei propri siti.Per quanto riguarda la progettazione o la riconversione di sistemi applicativi rivolti ad un insieme limitato di utilizzatori, le amministrazioni sono invitate in via preliminare a valutare il livello di effettiva e possibile utilizzazione delle applicazioni da parte di soggetti disabili.

1. Disabilità e tecnologie assistive: principi generali di intervento per favorire l’accessibilitàPer disabilità si intende qualsiasi restrizione o impedimento nel normale svolgimento di un’attività derivante da una menomazione.In questo contesto vengono considerati soltanto gli aspetti di interazione con i sistemi informatici; il termine “accessibilità” va inteso quindi come la proprietà dei sistemi informatici di essere fruibili senza discriminazioni derivanti da disabilità.Le disabilità possono essere:a) fisiche: che comprendono le disabilità motorie, relative al controllo dei movimenti degli arti, e sensoriali, che riguardano limitazioni della vista e dell’udito;b) cognitive: che possono eventualmente associarsi a menomazioni motorie o sensoriali. Le limitazioni delle funzioni intellettive possono assumere caratteristiche diverse (disturbi della parola, del linguaggio, della coordinazione del pensiero, ecc.), tali da ridurre i livelli di comunicazione, attenzione e risposta agli stimoli esterni.Le soluzioni tecniche, hardware e software, che permettono di superare o ridurre le condizioni di svantaggio dovute ad una specifica disabilità, vengono di seguito denominate “tecnologie assistive” o “ausili”.Il grado più elevato di accessibilità si consegue attuando il principio della “progettazione universale”, secondo il quale ogni attività di progettazione deve tenere conto della varietà di esigenze di tutti i potenziali utilizzatori. Questo principio,

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applicato ai sistemi informatici, si traduce nella progettazione di sistemi, prodotti e servizi fruibili da ogni utente, direttamente o in combinazione con tecnologie assistive.L’applicazione del principio di progettazione universale può presentare dei limiti e, in alcuni casi, porre vincoli alla creatività. Nel caso dei siti web, i vincoli riguardano le modalità di attuazione delle varie soluzioni tecniche, piuttosto che il contenuto e l’estetica dei documenti, per cui non si traducono in limitazioni della possibilità espressiva. Nel caso di sistemi informatici dedicati a specifiche finalità applicative, vi sono situazioni nelle quali non è possibile una completa e generale applicazione del principio, in quanto le soluzioni tecniche disponibili, allo stato, non permettono di rendere tutte le possibili funzioni accessibili a qualunque utente, indipendentemente dalle sue capacità fisiche e sensoriali. Le possibilità attuali coprono, tuttavia, una casistica molto vasta e suscettibile di ulteriore continuo ampliamento grazie all’evoluzione tecnologica.La rispondenza ai requisiti di accessibilità deve essere interpretata in maniera non limitativa: gli autori non devono essere scoraggiati ad usare elementi multimediali, ma, al contrario, inviati a sfruttarli per assicurare l’accesso alle informazioni a una sempre più vasta platea di utenti. Per quanto concerne i siti web e, più in generale, i programmi di accesso a sorgenti separate di informazione, il requisito di accessibilità sarà tanto più facilmente soddisfatto quanto più la progettazione si sia basata sulla separazione dei contenuti dalle modalità di presentazione. La separazione è resa oggi più agevole dal diffondersi di linguaggi di marcatura e dall’utilizzo di stylesheet.In generale, l’elemento architetturale di un sistema informatico che viene maggiormente interessato dal problema dell’accessibilità è l’interfaccia utente; pertanto, nella progettazione o nell’adattamento di interfacce esistenti, è fondamentale un’adeguata conoscenza delle opportunità offerte dalle tecnologie assistive per sfruttarle nel modo migliore, tenendo conto delle finalità applicative.Per favorire il rispetto dei principi illustrati, vengono fornite nel seguito definizioni di accessibilità riferite a specifiche configurazioni di postazione di lavoro e tecnologie assistive, sulle quali effettuare i test appropriati.

2. Linee guida e criteri per l’accessibilità dei siti web.Un “sito web accessibile” è un sito Internet il cui contenuto informativo multimediale e le cui procedure di interazione e navigazione siano fruibili da utenti dotati di browser con diverse configurazioni, che consentano di disabilitare le funzioni di caricamento di immagini, animazione, suono, colore, temporizzazione e omettere l’uso di visualizzatori addizionali.Per rendere accessibile un sito web ci si deve attenere alle seguenti indicazioni:

a) struttura del sito:- nel progettare il sito occorre prevedere una struttura comprensibile, applicando quei criteri di usuabilità che prescrivono di evitare l’affollamento di link e strutture di pagina e di navigazione complesse;- il sito deve essere dotato di una mappa di navigazione interattiva per migliorare la comprensione della struttura e di un motore di ricerca con controllo ortografico incorporato;- è consigliabile mantenere una struttura omogenea delle pagine;

b) accessibilità:

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- è sconsigliabile il ricorso a versioni parallele (grafica, solo testo, grandi caratteri, ecc.), per le conseguenti maggiori difficoltà di aggiornamento, a meno che non sia questo l’unico modo per garantire un miglioramento effettivo del grado di accessibilità.In questo caso, deve essere assicurato l’allineamento del contenuto delle pagine del sito accessibile e con quelle del sito principale.Nel caso di intervento di recupero di accessibilità su un sito esistente, si raccomanda di utilizzare la soluzione di restauro delle pagine, rispettando le regole di accessibilità;- nella realizzazione dei documenti, si devono ricercare soluzioni che permettano la compresenza di componenti orientate a diverse necessità degli utenti. Ad esempio, per i browser che non trattano queste componenti occorre utilizzare le opzioni noframes e noscripts, che forniscono procedure alternative; un’altra soluzione consiste negli “equilivalenti testuali” che consentono di fornire le stesse informazioni a coloro che non possono fruire di una o più componenti multimediali. Gli equivalenti testuali vanno applicati a componenti quali: immagini, rappresentazioni grafiche del testo (inclusi i simboli), bottoni grafici, regioni delle mappe immagine, applets e altri oggetti di programmazione, ASCII art, piccole immagini usate come identificatori delle voci di una lista, spaziatori, disegni, grafici, filmati o altre immagini in movimento, come GIF animate. Gli equivalenti testuali potranno essere semplici etichette associate all’elemento o vere e proprie descrizioni dettagliate inserite in una pagina separata e collegata all’elemento grafico mediante un link, in funzione del contenuto informativo dell’elemento grafico stesso: per una immagine, una vera descrizione è necessaria soltanto se significativa per la comprensione del documento nel quale è inserita; negli altri casi è sufficiente un’etichetta testuale che ne indichi la funzione;- si sconsiglia l’uso di figure di sfondo ad una pagina e di testi realizzati in forma di immagine: una figura di sfondo disturba la percezione del testo sovrapposto da parte dei disabili cognitivi e degli ipovedenti e un’immagine di testo non possiede flessibilità sufficiente per adattarsi alle esigenze degli utenti ipovedenti;

c) formati e fruibilità delle informazioni:- è utile predisporre una versione compressa dei documenti di grandi dimensioni da scaricare, la quale comprenda i file collegati indispensabili alla navigazione fuori linea, usando link di tipo relativo. I nomi dei file e delle directory devono essere compatibili con tutti i programmi di navigazione. I formati dovrebbero essere accessibili e non proprietari: HTML, RTF, testo. Se fossero necessari altri formati, come PDF, GIF, JPG, sarebbe necessario accompagnarli con una versione accessibile;- si raccomanda l’uso di fogli di stile, in applicazione del principio di separazione fra contenuto e visualizzazione delle pagine. La flessibilità e intercambialità dei fogli di stile consentono di personalizzare la presentazione dei documenti secondo le esigenze dell’utente, attraverso la scelta dei font, le loro dimensioni e il più adatto contrasto cromatico. In generale, è consigliabile che la rappresentazione grafica, per i testi e per le immagini, sia semplice: vanno evitati caratteri troppo piccoli, righe compresse, font bizzarri, colori sfumati o con tenui contrasti con lo sfondo;- si sconsiglia l’uso di tabelle ai fini dell’organizzazione della struttura delle pagine, almeno quando il contenuto perda senso se la tabella venga linearizzata. Riguardo all’uso delle tabelle per la presentazione e la tabulazione dei dati, occorre comporre i documenti con i marcatori necessari per l’individuazione della cella all’interno della griglia. In particolare, è utile inserire le intestazioni di riga e di colonna, affinché i dispositivi alternativi di visualizzazione possano procedere ad una corretta

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individuazione della cella. Risulta anche utile una descrizione dell’organizzazione dei dati, fornita ad esempio come didascalia della tabella. Quando si debbano creare tabelle complesse (ad esempio con struttura nidificata), è consigliabile fornire una pagina alternativa con una versione linearizzata delle tabelle stesse.La procedura di verifica di accessibilità deve simulare le condizioni di utilizzo da parte dell’utente disabile. Si considera accessibile un sito che non ostacoli l’orientamento, la navigazione, la lettura di pagine e documenti, lo scaricamento di file e l’interazione con form o quant’altro richieda introduzione di dati e gestione di comandi, quando tali operazioni siano eseguite da una persona sufficientemente addestrata nell’uso di una postazione di lavoro, con una configurazione dotata di uno o più dei seguenti software e ausili:1) browser grafico, anche se privo di visualizzatori speciali, con capacità di gestione di fogli di stile o di componenti multimediali disabilitate (immagini, animazioni, suoni, colore): MS Internet Explorer, Netscape Navigator, Opera, Amaya;2) browser testuale Lynx 2.8 o superiore, in versione per Unix, Dos o “Prompt di Dos” di Windows 95 o superiore;3) come al punto 2), in combinazione con uno screen reader testuale per Dos;4) come al punto 1), in combinazione con uno screen reader per ciechi operante sotto Windows 95 o superiore;5) come al punto 1), in combinazione con un ingranditore di schermo per ipovedenti;6) come al punto 1), in combinazione con un ausilio per disabili motori, con tastiera e/o mouse alternativi;7) come al punto 1), in combinazione con un sistema di input vocale a controllo completo dell’interfaccia utente.Gli ausili si intendono in “versione italiana recente”, cioè disponibile in Italia da gennaio 2000 o successivamente.I browser ai punti 1) e 2), essendo svincolati dalla tecnologia assistiva, rispondono all’esigenza di una verifica di prima approssimazione, effettuabile direttamente dallo sviluppatore, e coprono le necessità di quegli utenti che, pur non essendo affetti da minorazioni motorie o sensoriali, si trovano in condizione di non poter fruire pienamente di tutte le componenti multimediali di un sito, a causa di condizioni ambientali o di limitazioni tecnologiche.Le verifiche di accessibilità con le configurazioni indicate al punto 1) potranno simulare varie condizioni di disabilità, attraverso la disattivazione selettiva di una o dell’altra funzione multimediale (ad esempio: immagini e grafica per simulare la cecità, suoni per la sordità, colori per i difetti di percezione cromatica).La verifica, allorché siano adottate le diverse forme di tecnologia assistiva nei punti da 3) a 7), consente di riprodurre meglio le condizioni operative di utenti disabili. È raccomandata la compatibilità con tutti i modelli o versioni delle tipologie di ausilio elencate; tuttavia il livello minimo di accessibilità si potrà considerare raggiunto anche se assicurato soltanto con gli ausili più avanzati.

3. Linee guida e criteri per l’accessibilità delle applicazioni software.Le barriere presenti nelle applicazioni software costituiscono uno degli ostacoli all’integrazione del personale disabile nelle attività degli uffici ed una fonte di discriminazione per i cittadini disabili che vengono esclusi o limitati nella fruizione dei servizi disponibili per via telematica. Una tipologia particolarmente importante è quella delle applicazioni didattiche multimediali, per le conseguenze che ha sull’integrazione dei ragazzi disabili nella scuola. Per le applicazioni multimediali che

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adottino le medesime modalità di presentazione del web, le problematiche di accessibilità si riconducono a quelle esposte in precedenza.Ai fini dell’accessibilità, i criteri fondamentali ai quali le amministrazioni sono invitate ad attenersi nello sviluppo di applicazioni informatiche sono i seguenti:

a) accessibilità dalla tastiera:- tutte le funzioni dell’applicazione devono essere gestibili da tastiera. Tutte le azioni previste con l’uso di dispositivi di puntamento e manipolazione di oggetti devono essere rese possibili anche con equivalenti comandi di tastiera e devono esser chiaramente descritte nella documentazione dell’applicazione;- i comandi impartiti con combinazione di tasti di scelta rapida devono rispettare, per le operazioni più comuni, le scelte abituali del sistema operativo e devono essere ridefinibili dall’utente per risolvere eventuali problemi di conflitto con quelli della tecnologia assistiva. Vanno inoltre preferite combinazioni semplici di tasti che risultino di facile memorizzazione e richiedano una modesta abilità manuale per l’esecuzione;- l’applicazione deve prevedere una successione logica delle operazioni di interazione. La successione deve essere chiaramente individuabile dalla tecnologia assistiva, per seguirne il percorso e consentire l’interpretazione alternativa delle operazioni;- l’applicazione non deve interferire con le funzioni di accessibilità eventualmente disponibili nel sistema operativo;- i comandi che prevedono una risposta a tempo devono essere evitati, oppure deve essere prevista la possibilità, per l’utilizzatore, di regolare il tempo di risposta;

b) icone:- tutte le icone devono avere una chiara etichetta testuale o un’alternativa testuale selezionabile dall’utilizzatore;- ad ogni icona deve essere associata una combinazione di tasti di scelta rapida. Per le barre di icone deve essere disponibile anche un menù a tendina con comandi equivalenti;

c) oggetti:- l’applicazione deve usare la routine di sistema per la presentazione del testo, in modo da permetterne l’interpretazione alla tecnologia assistiva. L’informazione minima da fornire per tale interpretazione è costituita dal contenuto testuale dello schermo, dagli attributi del testo e dalla posizione del cursore;- l’applicazione deve rendere disponibili sufficienti informazioni sugli oggetti usati dall’interfaccia utente, affinché la tecnologia assistiva possa identificarli e interpretarne la funzione;

d) multimedia:- l’applicazione deve prevedere opzioni alternative di segnalazione visiva di avvertimento e rinforzo delle segnalazioni sonore di allarme del programma;- l’applicazione deve prevedere opzioni di presentazione sincronizzata in formato testuale di tutte le informazioni audio, per mezzo di didascalie, sotto-titolazioni o altro, se questo non sia palesemente in contrasto con le funzioni del programma o oggettivamente impossibile da realizzare o non sufficiente per un utilizzatore non udente;- l’applicazione deve prevedere opzioni di descrizione vocale o presentazione sincronizzata in formato testuale di tutte le informazioni di tipo video se questo non è

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palesemente in contrasto con le funzioni del programma o oggettivamente impossibile da realizzare o non sufficiente per un utilizzatore non vedente (ad esempio programmi CAD o di montaggio fotografico);

e) presentazione a video:- l’applicazione non deve usare il colore come mezzo per fornire informazione o indicare un’azione selezionabile in un menù oppure deve prevedere un metodo alternativo utilizzabile anche da chi non percepisce i colori;- l’applicazione deve permettere all’utilizzatore di scegliere i colori e regolare il loro contrasto, sia nell’interfaccia utente sia nelle aree di lavoro e presentazione dei dati;- l’applicazione non deve contenere immagini di sfondo in presenza di un testo o un grafico importante, oppure deve essere fornita di una opzione per eliminare tale sfondo;- l’applicazione deve permettere all’utilizzatore di cambiare dimensioni e tipo di caratteri, per mezzo del sistema operativo, per la presentazione a video e per la stampa;- l’applicazione deve permettere all’utilizzatore di regolare o bloccare gli effetti di lampeggio, rotazione o movimento delle presentazioni a video, se questo non interferisce con lo scopo dell’applicazione;- l’applicazione deve permettere all’utente di selezionare la definizione di schermo riferita;- l’applicazione deve rispettare le scelte dell’utente relative ai puntatori di sistema del mouse;- per gli elementi selezionabili, si deve prevedere una distanza minima di almeno il 4% della larghezza o altezza dello schermo, oppure deve essere prevista un’opzione di ridimensionamento;

f) etichette dei campi:- le etichette relative ai campi dei dati devono trovarsi immediatamente vicine ai campi stessi, preferibilmente a sinistra, in modo da facilitare la loro lettura, e l’associazione al campo relativo, da parte degli screen reader per i ciechi;

g) documentazione:- tutta la documentazione deve essere fornita anche in formato elettronico accessibile e deve includere anche descrizioni testuali di figure e grafici;- qualunque uscita prodotta dall’applicazione deve essere disponibile in formato accessibile.La procedura di verifica di accessibilità deve simulare le condizioni di utilizzo da parte dell’utente disabile.Si considera accessibile un’applicazione informatica dotata di un’interfaccia utente che con l’eventuale ausilio di tecnologia assistiva, non presenti difficoltà di: lettura del contenuto di tutte le finestre visualizzabili sullo schermo, controllo dell’inserimento di dati e dell’interazione con elementi o oggetti dell’interfaccia (menù orizzontali o a tendina eseguite da una persona sufficientemente addestrata nell’uso di una postazione di lavoro, con una configurazione dotata, a seconda dei casi, di strumenti di tecnologia assistiva quali:- screen reader per ciechi, con sintesi vocale o display Braille;- funzioni di ausilio per ipovedenti e disabili motori fornite dal sistema;- applicativo specifico di ingrandimento di schermo;

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- sistema di input vocale, con dettatura di testo e emulazione di comandi di tastiera e/o mouse;- ausilio per disabili motori, con tastiera e/o mouse alternativi.Gli ausili si intendono in “versione italiana recente”, cioè disponibile in Italia da gennaio 2000 o successivamente.Le caratteristiche di accessibilità devono essere possedute dal software applicativo indipendentemente dalla piattaforma hardware e software di destinazione, purchè sia disponibile la specifica tecnologia assistiva. Nel caso di applicativi per sistemi multi-utente le condizioni di accessibilità si possono applicare all’emulatore di terminale, il quale può funzionare sotto altro sistema operativo, permettendo di scegliere la soluzione più favorevole.Sul sito dell’Aipa, all’indirizzo www.aipa.it è pubblicata una selezione di riferimenti sul tema dell’accessibilità.L’Aipa, anche in collaborazione con altre amministrazioni, sta progettando la realizzazione di un sito specificatamente dedicato alla accessibilità.Nel frattempo, chiunque volesse inviare osservazioni, contributi, richieste, può inviare un messaggio di posta elettronica all’indirizzo [email protected] confida che le amministrazioni vogliano adottare le iniziative necessarie per migliorare l’accessibilità dei siti web e delle applicazioni software ad operatori ed utenti disabili.Entro un anno si procederà ad aggiornare la presente circolare, sulla base dell’esperienza maturata nel frattempo e degli avanzamenti tecnologici.

PAGINA 55MEMORIE TIFLOLOGICHE

Il compianto Franco Gobetti, nel momento della sua tragica scomparsa, stava lavorando ad una raccolta enciclopedica, dedicata ai ciechi italiani celebri di tutti i tempi.Riteniamo di fare cosa utile ai lettori, riportando alcune voci della raccolta.La brevità e la schematicità della trattazione sono dovute indubbiamente al tipo di lavoro che l’Autore stava predisponendo. Coloro che desiderassero approfondire gli argomenti, potrebbero utilizzare la bibliografia essenziale che segue ogni voce.Landino Francesco

Musicista, nato a Fiesole forse nel 1325, morto a Firenze nel 1397. Figlio di un pittore di nome Jacopo, perse la vista nell’infanzia in seguito al vaiolo.Nonostante la cecità, studiò grammatica e retorica e, a coronamento dei suoi studi, lasciò un’opera filosofica in versi latini. Elementi della sua incerta biografia si apprendono da alcuni letterati dell’epoca, principalmente dal Sacchetti con cui Landino intrattenne una corrispondenza in versi. Fu soprattutto organista provetto anche se risulta suonasse diversi strumenti e ne inventasse uno egli stesso chiamandolo Serena serenarum.Massimo rappresentante dell’Ars nova italiana compose cacce, ballate, madrigali su parole proprie o di altri poeti, specie il Sacchetti. Le sue musiche furono diffusissime. Molte se ne sono conservate fino a noi e rappresentano un terzo di tutto il patrimonio musicale del XIV secolo.Visse qualche tempo a Verona e a Venezia dove, nel 1364, fu incoronato poeta e diede concerti d’organo alla presenza del doge. Ma soprattutto è ricordato come

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assiduo frequentatore dei conviviali raduni fiorentini che rallegrava coi suoi canti e le sue gioiose composizioni.

Bibl.: Ritter, Geschichte des Orgel-Spiels, 1884; Challey, Histoire musicale du Moyen-Age, 1912; Von Fischer, Studein zur italienischen Musik des trecento und fruhen Quattrocento, Berna, 1956: L. Ellinwood, The work of Landini, Cambridge-Mass., 1945.

Bello Francesco (“Cieco di Ferrara”)

Poeta, vissuto nella seconda metà del XV secolo. Perse la vista da bambino.Secondo alcune fonti nacque a Firenze attorno al 1430 da una famiglia agiata e si laureò in giurisprudenza all’Università di Pisa. Fu conosciuto dai contemporanei come Il Cieco di Ferrara, in quanto visse prevalentemente alla corte dei Gonzaga dove, fra il 1490 e il 1496, compose il Mambriano, ampio poema cavalleresco di 45 canti in ottave, stampato nel 1509 poco dopo la morte dell’autore. Il Mambriano, ebbe un notevole successo e fu ripetutamente ristampato durante il Cinquecento; in esso il Bello inserisce i temi d’amore e d’avventura tipici della tradizione carolingia e li svolge con abilità e vivacità narrativa non priva di indulgenze popolaresche.Il poema contiene anche sette novelle che furono spesso stampate a parte. Il Bello fu a volte identificato con Francesco Orbo da Firenze, altro poeta cieco vissuto nella stessa epoca nelle corti padane ed autore del Persiano, poema cavalleresco di stile alquanto rozzo.Pare che la vita di Francesco Bello sia stata anche travagliata da intrighi e da gelosie di altri cortigiani che lo condussero a doversi scagionare delle accuse di cospirazione e omicidio. Conobbe forse il carcere e la miseria e fu spinto dalle vicissitudini ad errare per le altre corti emiliane; di qui il verso famoso del poeta coevo Cassio da Narni che in un’ode esaltò “il merito, la cortesia e la sventura” del Bello e ne compianse il destino: “L’esser cieco e il mendicar le spese”.

Bibl.: G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, L. III, Modena, 1787; Libro d’arme e d’amore nomato “Mambriano” di F.C. da Ferrara, con uno studio a cura di G. Rua, Torino, 1926; G. Bertoni, Il Cieco da Ferrara, in “Giornale storico della letteratura italiana”, XCIV, 1929; L. Lemier, La cultura e le relazioni letterarie d’Isabella d’Este Gonzaga, in “Giornale” cit., XXXIII-XXXVIII.

Groto (o Grotto) Luigi (“Cieco d’Adria”)

Letterato, nato ad Adria nel 1541, morto a Venezia il 13 dicembre 1585.Nacque da una nobile famiglia e perse la vista otto giorni dopo la nascita conservando solo una debole percezione della luce.I familiari disposero la sua applicazione allo studio sin dall’infanzia e si narra che i suoi maestri del tutto nuovi dell’istruzione di un cieco, si facessero guidare da lui sui metodi migliori per l’apprendimento.Si distinse precocemente per la viva intelligenza tanto che due fra le sue più famose Orazioni le pronunciò a 14 anni (per la Regina Bona di Polonia e per l’elezione al dogato di Lorenzo Priuli). Pubblicò 24 di tali discorsi ufficiali commissionatigli in varie occasioni pubbliche; scrisse due tragedie, tre commedie, due drammi pastorali,

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carmi latini, rime amorose. Fu un apprezzato traduttore di opere antiche, in particolare tradusse il primo libro dell’Iliade.Alla fondazione dell’ “Accademia degli Illustrati” di Adria (1565) ne fu eletto “Principe”. Elaborò uno stile originale, ricco di arguzie, metafore ricercate, bisticci letterali; le sue trame insistono su temi di esotismo fantastico e di insinuante erotismo. Anticipò molte delle figurazioni letterarie barocche, caratteristiche del secolo successivo.Groto comparve anche sulla scena in veste di attore: nel carnevale del 1585 recitò a Vicenza la parte di Edipo nella tragedia di Sofocle. Ottenne uno strepitoso successo e fu festeggiato con banchetti e concerti in ogni città attraversata nel suo trionfale ritorno a Venezia.

Opere principaliTragedie: Dalida, 1572; Adriana, 1578; Commedie: Emilia, 1579; Il tesoro, 1580; L’Alteria, 1584;Drammi pastorali: Il pentimento amoroso, 1576; Calisto, 1583;Furono pubblicate postume la sacra rappresentazione Isach, 1586; le Orazioni volgari, 1589; le Lettere familiari, 1606.

Bibl.: G. Grotto, La vita di L. G., con il catalogo delle sue opere e delle molte loro edizioni, Venezia, 1777; V. Turri, L.G., il Cieco d’Adria, Lanciano, 1885; F. Bocchi, L.G. il Cieco d’Adria, Adria, 1887; I. Sanesi, La Commedia, vol. I. 2° ediz., Milano, 1954.

PAGINA 57TESTIMONIANZE

I CIECHI E IL GOLF

Ho sempre pensato che il golf fosse uno sport precluso ai non vedenti, come altri sport dove il vedere è fondamentale, invece ho scoperto che non è assolutamente vero.So che sorprendo e mi auguro di incuriosire il lettore raccontando la mia esperienza in merito.Molte delle cose che facciamo sono una sfida con noi stessi, a volte riusciamo benissimo alla stessa stregua di chi vede, a volte meno perché l’energia richiesta è tanta che preferiamo rinunciare, anche se per la mia esperienza so che siamo molto ostinati, almeno per me è così.Ho conosciuto il mondo del golf per caso e la prima considerazione fatta è stata: “Peccato” è uno sport a me precluso”. Ma sempre per la mia ostinazione ho voluto provare e con mia grande sorpresa ho constatato che si può giocare alla pari degli altri.Mi sono messa alla ricerca di qualcosa in merito al golf e ai non vedenti e ho scoperto che in Europa e in America i non vedenti giocano regolarmente a golf, competono nelle stesse gare di chi vede, con le stesse regole e soprattutto ci sono dei non vedenti che giocano allo stesso livello dei professionisti.Ma che cos’è il golf? Principalmente è uno sport che si pratica all’aria aperta in mezzo al verde, sommersi dal silenzio e da pace.È uno sport che richiede concentrazione e conoscenza della propria energia, (fondamentale per il tipo di tiro richiesto nelle varie fasi del gioco), una coordinazione

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dei movimenti corporei e vi garantisco che la pallina è regolarmente colpita con la stessa percentuale di errore di chi vede. Sì perché la mia domanda iniziale era: “Ma come faccio a colpire la pallina?” Ebbene non è assolutamente necessario vederla. È uno sport che aiuta molto a conoscere se stessi. Il golf ha delle regole precise, che presuppongono la loro conoscenza per poter giocare. Per una buona riuscita del tiro i prerequisiti sono: attenzione, concentrazione, coordinazione dei movimenti e la giusta energia, oltre ad un costante allenamento.Lasciandomi sedurre sempre dalla curiosità ho scoperto che in Italia, per promuovere il golf nelle varie disabilità, è nata nel 1998, a Milano, l’Associazione Golf Italiana Disabili, già esistente in tutta Europa, e riconosciuta dalla Federazione Italiana Golf. Ogni anno nei vari paesi d’Europa si disputano gli open. Quest’anno, in Italia, si sono disputati a Bologna. Ero presente, ho partecipato ed ho conquistato il terzo posto fra le categorie N.C. e mi sono portata a casa la mia prima coppa.Attualmente mi sto allenando, prendo lezioni da un maestro di golf e vorrei partecipare agli open d’Europa che il prossimo anno si terranno in Olanda. Insomma, gioco, mi diverto, socializzo e la cosa che mi piace di questo sport, oltre a quanto già detto, è che nel gioco posso confrontarmi con qualsiasi golfista e non poche sono le soddisfazioni quando organizziamo delle gare sul green con gli amici ed io vinco. Il golf può dare un grosso contributo nel campo della riabilitazione, in quanto la riuscita di un tiro è legata al movimento corporeo e la percezione del sé corporeo è fondamentale soprattutto per una persona non vedente per la quale una delle difficoltà maggiori è quella di armonizzare i movimenti corporei. A Roma si sta realizzando un progetto, al quale collaboro, per permettere ai non vedenti di conoscere questa realtà attraverso dei corsi che si terranno in alcuni circoli di golf con valenza socio-ludico-riabilitativa. E spero che questo progetto si concretizzi al più presto per permettere ai non vedenti di cimentarsi in questa nuova esperienza.Il golf ha rinforzato in me la volontà a spingermi oltre ed a considerare che spesse volte ciò che apparentemente sembra impossibile può essere trasformato in possibile.C. Martire** Psicologa

PAGINA 58TESTIMONIANZE

UN SENTIERO DEI CINQUE SENSI

Non vogliamo parlare di sentieri per non vedenti, non ambulanti o comunque portatori di handicap, restringendo a queste categorie il problema della pianificazione, progettazione di un percorso.Cambiamo prospettiva per un attimo. Riesco a camminare ovunque, dal mare alle montagne. Ci vedo, ci sento, sono una appassionata biologa (naturalista) e l’ambiente è passione e lavoro.Qualche anno fa ho cominciato a sperimentare con i bambini a cui insegno educazione ambientale alcune esperienze del tutto nuove, in maniera involontaria, all’inizio, suggerita dall’enorme fantasia e voglia di gioco dei miei alunni. Sono convinta che il modo più proficuo per far capire ai bambini dei concetti di ecologia/biologia sia di farli immergere nell’ambiente, di andare fuori, di vivere concretamente quanto c’è da imparare.

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Ma in effetti, uscendo dallo schema della lezione frontale, teorica, in classe, succede qualcosa di stupefacente, non tanto ai ragazzi quanto all’insegnante. I bambini sanno “ambientarsi” come a noi adulti non riesce, o meglio non riesce più; toccano, guardano, annusano, assaggiano (ohibò), ascoltano e scoprono mille particolari che normalmente sfuggono all’attenzione degli adulti. E tanto più sono piccoli, tanto più sono in grado di apprezzare e notare particolari, sensazioni, emozioni.Ho cominciato ad imitarli soffermandomi a “sentire” l’ambiente circostante e, se pur con una certa difficoltà (inerzia) iniziale, ho scoperto un mondo incredibile. E mi sono sentita limitata ed impotente.Ho cinque sensi e non me ne rendo conto.Vedo e non osservo.Sento e non ascolto.Fiuto e non annuso.Mangio e non gusto.Sfioro e non tocco.C’è una dimensione incredibilmente grande per ogni senso, ma sono incapace di entrarci. Anzi non ne conosco nemmeno le potenzialità: la uso e basta. E la vista risulta certamente una fregatura perché mi pone davanti la realtà così come è utile conoscerla per riuscire a muoversi in essa con sicurezza, senza il bisogno di porsi in diretto concreto contatto con ciò che la anima e la caratterizza.Se si può azzardare un neologismo sono una “non sensiente”. Approfondendo questa nuova consapevolezza dei propri limiti, insieme all’architetto Andreini, ci siamo chiesti in quale modo fosse possibile riacquistare una più ampia funzionalità delle nostre potenzialità sopite e che potesse aiutarci illuminandoci in questo percorso formativo.Non è una necessità new age, si badi bene. È il riappropriarsi legittimo del diritto di conoscersi per adattarsi meglio all’ambiente in cui viviamo, sia esso naturale, progettato, costruito, antropizzato.Niente male sarebbe riuscire a concepire un percorso che ci rieduchi a capire ciò che ci circonda nella maniera più completa e appagante. Insomma una specie di itinerario che conduca chi lo percorre dentro l’ambiente che attraversa, magari all’inizio per mano e poi lasciando che ciascuno tiri fuori pian piano le capacità che ha senza saperlo.Uno studio più scientifico per progettare in maniera completa un simile itinerario deve quindi soffermarsi sulle potenzialità del proprio percepire cercando di analizzare ciascun senso; è ovvio che la percezione del mondo esterno nasce dall’integrazione delle risposte ai diversi stimoli che giungono ai nostri recettori e che la reazione a tali stimoli chiave è assai più complessa di un semplice arco riflesso.Il comportamento nasce dall’integrale delle risposte di ogni singolo neurone attivato. E certamente l’esperienza e gli inevitabili condizionamenti influiscono molto nella soggettività della reazione.Il maggior “ostacolo” che ci siamo trovati di fronte è che, per collocarci in uno spazio fisico, la vista sembra risultare di fondamentale importanza e che difficilmente riusciamo a concentrarci sulle altre percezioni se abbiamo la possibilità di aprire gli occhi anche per un attimo.Serve un aiuto da chi si è trovato ad affrontare questo problema per necessità ed ha dovuto trovare delle soluzioni pratiche perché non fosse un ostacolo così grosso nella vita di tutti i giorni.

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Ci siamo rivolti al consiglio dell’Unione Italiana dei Ciechi di Pistoia che ha accolto con attenzione la nostra proposta e ci ha aiutato a mettere a fuoco obiettivi, metodi e limiti, ed ad introdurci in una prospettiva nuova. Per un non vedente ad esempio il vento, o l’aria in genere, portano importanti informazioni spaziali; sarà una pretesa egoistica, ma perché dobbiamo rinunciare o non conoscere tale percezione se abbiamo la capacità di potenziarla o di riscoprirla?In un itinerario per non sensienti, quindi progettato a quattro mani da vedenti non sensienti e non vedenti sensienti, il non vedente non rappresenta il soggetto passivo a cui è destinato il sentiero, ma il soggetto attivo indispensabile per attuare il progetto.Per questo sono stati individuati dei percorsi già gestiti da Enti o Pubbliche amministrazioni su cui sperimentare quest’idea progettuale.Per partire, individuando problemi logistici e per focalizzare gli aspetti di interesse, il lavoro sarà condotto con l’indispensabile collaborazione di due amici dell’Unione Italiana dei Ciechi di Pistoia, uno non vedente dalla nascita, l’altro diventato cieco in seguito.A. Grazzini** Biologa

PAGINA 60CON I GENITORI

MATERIALE DIDATTICO GRATUITO DALLA FEDERAZIONE

La Federazione Nazionale delle Istituzioni pro Ciechi, da sempre impegnata nel delicato settore della realizzazione dei sussidi tiflodidattici, ha deciso di rinnovare, per l’anno scolastico 2001-2002, l’iniziativa della cessione gratuita del materiale allo scopo di dare un sempre maggiore impulso all’integrazione degli alunni ciechi, ipovedenti o ciechi pluriminorati nell’attività scolastica e sociale.Sulla base del successo ottenuto nell’anno passato e nell’ambito di una politica di riduzione dei prezzi dei sussidi didattici prodotti, o comunque da essa distribuiti, la Federazione, anche per quest’anno, consente, a tutti gli alunni ciechi, ipovedenti o ciechi pluriminorati della scuola materna, elementare e media di I e II grado, la fruizione di un bonus “una tantum”, di Lit. 250.000 sul materiale presente in catalogo. A questo il Consiglio di Amministrazione ha voluto aggiungere l’abbuono dell’IVA relativa e delle spese di spedizione del materiale.L’iniziativa, che si avvale della collaborazione della Biblioteca Italiana per Ciechi “Regina Margherita” di Monza e dell’Unione Italiana dei Ciechi, seguirà alcune semplici regole in modo da rendere quanto più rapida possibile l’evasione degli ordini; in particolare:1. le scuole e gli utenti privati invieranno le proprie richieste scritte, possibilmente compilando il modulo d’ordine che la Federazione distribuirà assieme al nuovo Catalogo con listino prezzi, ai Centri di Consulenza Tiflodidattica che operano nell’ambito di competenza loro assegnato, costituendo un punto di riferimento per quanti, enti, scuole, insegnanti, genitori o diretti interessati, desiderino consigli o informazioni sul materiale da acquistare. I suddetti Centri riporteranno gli ordini a questa Federazione dopo aver controllato la correttezza dei dati fondamentali dell’utente e dell’intestatario della fattura, con particolare attenzione al codice fiscale o partita IVA;

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2. le richieste di materiale provenienti da zone non ancora raggiunte dal servizio dei Centri di Consulenza saranno inviate direttamente alla Federazione anche via fax;3. le richieste di preventivo di spesa potranno essere inviate direttamente alla Federazione senza passare per i Centri di Consulenza, allo scopo di ridurre i tempi di attesa;4. del bonus possono fruire anche coloro i quali frequentino corsi di formazione professionale o corsi di studio universitari, entro il ventesimo anno di età;5. eventuali richieste particolari che non rientrino nelle categorie su indicate saranno esaminate dall’amministrazione dell’ente.Un appello particolare si intende rivolgere ai Comuni, titolari del potere di approvazione dei preventivi di spesa delle scuole, affinché considerino il sussidio tiflodidattico importante tanto quanto il libro di testo, giacché l’esplorazione e l’esperienza tattile sono per il cieco ciò che per il vedente è la percezione visiva, quindi fondamentale per un completo apprendimento scolastico e per una piena integrazione sociale. La Federazione e tutte le strutture impegnate da sempre per il riscatto e l’inserimento dei non vedenti nella società offrono la loro collaborazione nell’esclusivo interesse degli alunni minorati della vista. In particolare, questa Federazione si impegna a fornire, previo accordo con il Comune interessato, il materiale richiesto dalla scuola e la cui spesa non è ancora approvata, benché prevista in bilancio. La Federazione si riserva di richiedere il dovuto non appena il preventivo sarà approvato in sede di Consiglio comunale.

Borse di studio 2001

Il concorso per l’assegnazione delle borse di studio Beretta/Pistoresi, riservato ai diplomati ed ai laureati dell’anno 2000, ha visto una buona partecipazione e, cosa per nulla trascurabile, nessuna delle tre sezioni è andata deserta.La Commissione giudicatrice ha dovuto rilevare quest’anno un fenomeno piuttosto generalizzato, quasi del tutto assente nelle edizioni precedenti: alcune regole del bando di concorso sono state disattese. Ora, finché si è trattato di spedizione della documentazione mediante posta ordinaria, anziché con plico raccomandato, la Commissione ha ritenuto di non dover procedere in maniera fiscale, anche perché tutte le domande sono pervenute alla Presidenza Nazionale in tempo utile. L’indulgenza non è stata possibile quando il voto di diploma non era accompagnato rispettivamente dai voti del primo quadrimestre o dai voti degli esami sostenuti durante il corso di studi. Infatti, mancando tale indicazione, inequivocabilmente prescritta dal bando, la Commissione è stata privata di un obiettivo parametro di valutazione e, quindi, della possibilità di formulare una graduatoria fra concorrenti con identico voto di diploma o di laurea.Anche il rispetto delle regole è un indice di maturità. Ritenere che le regole siano soltanto per gli altri, o non abbiano un particolare significato, qualche volta può nuocere e, comunque, non aiuta il processo di integrazione sociale.I dirigenti delle Sezioni provinciali dell’Unione e tutti coloro che, in futuro, si incaricheranno di notificare i bandi di concorso agli interessati, faranno molto bene a sottolineare l’opportunità di osservare più scrupolosamente le regole.I partecipanti alla sezione “Scuola Media di secondo grado” sono stati 12 di cui uno non ammesso, perché diplomato nel 1999. Fra i tre concorrenti, che hanno superato l’esame di Stato a pieni voti, la Commissione ha dichiarato vincitrice Eleonora Galesso che ha conseguito la licenza linguistica a Venezia, con punti cento su cento e con la media di 8,6 nel primo quadrimestre.

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A proposito degli studenti ciechi ed ipovedenti della Scuola secondaria di secondo grado, è interessante rilevare che sempre più ampio risulta il ventaglio dei percorsi scelti; oltre alle scelte tradizionali, con netta preferenza per la licenza linguistica, abbiamo trovato diplomi di ragioniere, di perito d’azienda e di istituto turistico. Se questo preludesse ad un ampliamento delle possibilità di lavoro, ci si dovrebbe veramente rallegrare. Speriamo che, come purtroppo talvolta è accaduto, le scelte non siano state determinate da motivi contingenti, senza tenere nel debito conto le attitudini, la preparazione e gli interessi dello studente.Abbiamo ricevuto la documentazione da parte di dieci nostri giovani che si sono brillantemente laureati nel corso dell’anno 2000. Tra loro, sei hanno conseguito il diploma di laurea con punti 110 su 110; di questi, quattro hanno ricevuto anche la lode. La media dei voti degli esami è risultata, quindi, determinante.La Commissione ha dichiarato vincitore il dottor Alessandro Ricotta, laureato in filosofia presso l’Università di Palermo, con punti 110 su 110 e lode, dopo aver sostenuto gli esami con una media di 30 su 30 ed aver ricevuto 13 lodi.La sezione “diplomati di Conservatorio” ha avuto due partecipanti, entrambe diplomate con punti nove su dieci: una ha conseguito il diploma di pianoforte e l’altra di didattica della musica. Di una non sono pervenuti i voti degli esami intermedi. Pertanto, la Commissione ha premiato Beatrice Rubin, diplomata in pianoforte presso il Conservatorio di Padova, con nove decimi e con una media d’esami di 8,2.Come è noto, il bando di concorso prevede, per i vincitori delle sezioni “Conservatorio” e “Scuola secondaria”, un premio in materiale tiflotecnico a scelta degli interessati del valore di L. 2.500.000; per il vincitore della sezione “laureati”, il valore del premio è di quattro milioni, ovviamente sempre in materiale tiflotecnico ed a scelta dell’interessato. La Commissione si è vivamente compiaciuta per gli ottimi risultati ottenuti da tanti giovani.All’interno di un’esigua minoranza, come quella costituita dai ciechi e dagli ipovedenti, il 75% della quale è rappresentato da anziani, avere 10 laureati in un anno è un esito degno della massima considerazione. Questo risultato impegna l’intera Unione ad adoperarsi affinché tanti anni di sacrifici, tante legittime aspirazioni e tante giovanili speranze non rimangano senza un positivo riscontro. Le ragguardevoli affermazioni dei nostri giovani debbono trasformarsi in uno stimolo potente ed irresistibile, per la Direzione che uscirà dal XX Congresso, a cercare e a trovare, tra le innumerevoli possibilità offerte dal nuovo mercato del lavoro, quelle alle quali i ciechi o gli ipovedenti possano accedere, senza particolari sconti, ma con la prospettiva di poter reggere la concorrenza degli altri lavoratori.Il nostro tempo ci impone questa grande sfida: accettiamola, senza iattanza, ma pronti a rispondere alle circostanze con chiara consapevolezza, con tenace perseveranza, con tanta pazienza e con incrollabile determinazione.E. TioliSui libri personalizzati per gli ipovedentiIn merito alla Vostra iniziativa di “Personalizzazione dei libri di testo” per bambini ipovedenti, iniziativa alla quale io ho aderito in quanto genitore di bimba ipovedente, sono a ringraziarVi per l’ottima qualità del lavoro prodotto sui testi di mia figlia, Tegoni Debora, alunna del 3° anno elementare.I testi sono arrivati tempestivamente e tutti per l’inizio dell’anno scolastico, sono molti graditi a Debora e decisamente apprezzati dalle insegnanti che potranno così sfruttare e valorizzare meglio tutto il materiale e investire il loro tempo in maniera più proficua per la bimba.

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E. Tegoni

PAGINA 63DALL'ITALIA E DALL'ESTERO

Euro Cash TestIl 5 luglio scorso, nel corso di una conferenza stampa, Christian Noyer, Vice Presidente della Banca Centrale Europea, ha fatto la seguente dichiarazione:“... Come ben sapete, il Consiglio dell’Unione Europea ha sempre avuto particolarmente presenti le specifiche esigenze dei ciechi e degli ipovedenti, quando si è trattato di concordare il Progetto delle banconote e delle monete dell’Euro.A tal fine, sono state individuate diverse caratteristiche per le banconote e le monete.Per facilitare ulteriormente i cittadini disabili visivi nel riconoscimento di banconote e monete dell’Euro e nella distinzione fra i vari tagli, il Consiglio ha deciso di stanziare un milione di Euro per la produzione di 400.000 cash test appositamente progettati”.Anche in Italia l’U.I.C., che ha già assunto diverse iniziative per informare sulle caratteristiche e sull’uso dell’Euro, provvederà alla distribuzione dei cash test.Da “Notizie internazionali” n. 5 maggio 2001.

Quotidiano sull’handicapNel sito “discapnet” della Fondazione ONCE (www.discapnet.es), è presente il quotidiano “Solidaridad digital” (www.solidaridaddigital.com).Il quotidiano, curato dall’Agenzia “Servimedia”, è uno straordinario strumento di diffusione delle informazioni concernenti il settore della disabilità.I principali temi trattati riguardano:- la politica sociale;- l’educazione;- la prevenzione e la cura;- le scienze e la tecnologia;- lo sport e il tempo libero;- gli interventi a favore dei disabili.Un’ampia rassegna delle iniziative programmate viene quotidianamente aggiornata.

Handicappati nellescuole paritarieIl Ministero della Pubblica Istruzione, con propria lettera circolare del 6 luglio 2001, avente come oggetto: “Ricognizione di alunni in situazione di handicap iscritti e frequentanti nelle scuole paritarie”, invita le stesse scuole paritarie di ogni ordine e grado a compilare una scheda, allegata alla stessa lettera circolare e da restituire entro il 31 luglio, al fine di raccogliere dati sulla frequenza di alunni in situazione di handicap, durante l’anno scolastico 2000/2001, per valutare le esigenze finanziarie connesse con l’integrazione scolastica, alle quali lo Stato intende contribuire. Come è noto, infatti, la Legge 62/2000, sul finanziamento delle scuole private da parte dello Stato, prevede anche finanziamenti “per assicurare gli interventi di sostegno della Legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni, nelle istituzioni scolastiche che accolgono alunni con handicap”. È auspicabile che, a questo punto, cessino le resistenze opposte da alcune scuole private alla richiesta delle famiglie di iscrivere i loro figli in situazione di handicap.

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Il giornale dell’INPSDal 7 luglio 2001, il Giornale dell’INPS è a disposizione dei ciechi italiani in edizione parlata.Il quindicinale, pubblicato a Roma dall’Istituto Previdenziale, per informare sulla propria attività e per aggiornare sui temi di previdenza e di assistenza sociale, viene registrato dalla Sezione Provinciale dell’UIC di Chieti ed è distribuito gratuitamente ai non vedenti che lavorano alle dipndenze dell’INPS nonché ai Dirigenti centrali e periferici dell’UIC.Per i privati cittadini, interessati a questo ordine di problemi, l’abbonamento annuo è di lire 36.000 da inviare a:UIC, Sezione Provinciale di ChietiVia Valignani, 33 - 66100 ChietiTel. 0871/345083 - Fax 0871/345083C/c/p/ n. 12294666

Linea Verde per la prevenzioneLa Sezione Italiana dell’Agenzia Internazionale per la Prevenzione della Cecità ha attivato una linea verde di consultazione gratuita aperta a tutti coloro che chiamano da una postazione telefonica fissa, situata in territorio italiano.Detta linea è attiva dalle 10.00 alle 12.30 tutti i giorni feriali, ad eccezione del sabato.Gli interessati potranno consultare un oculista al quale esporre il proprio caso ed ottenere i relativi suggerimenti.Il numero verde da chiamare è 800068506.Per ulteriori informazioni, contattare la Sezione Italiana dell’Agenzia Internazionale per la Prevenzione della Cecità - Via G. B. Vico 1, 00196 RomaTel. 06/36004895 - Fax 06/36086880e-mail: [email protected] o consultare il sito internet: www.iapb.it

Per saperne di piùIl servizio Televideo della RAI ha assegnato una pagina all’Unione Italiana dei Ciechi. La pagina, che reca il numero 790, è stata denominata “Per saperne di più”.Tutte le notizie relative a problemi, iniziative, risultati, ecc. concernenti i minorati della vista sono accolte nella pagina 790 che viene aggiornata con tanto maggior frequenza quanto più intenso è il flusso delle informazioni.Tutte le associazioni e le strutture che operano nel settore della disabilità visiva possono far pervenire all’Unione Italiana dei Ciechi le informazioni di interesse generale che intendono diffondere e le stesse informazioni saranno immediatamente trasferite alla pagina 790. L’invio alla Presidenza Nazionale dell’Unione Italiana dei Ciechi si è reso necessario perché la Direzione del Televideo ha chiesto che vi fosse una responsabilità ben definita relativa alle notizie pubblicate.

La narrativa per gli ipovedentiIn risposta alle numerose sollecitazioni pervenute da più parti, la Biblioteca Italiana per Ciechi di Monza ha istituito un nuovo servizio a favore degli ipovedenti: la trascrizione di testi a caratteri ingranditi. Si tratta di un servizio oneroso, sotto il profilo economico ed organizzativo, voluto per soddisfare sempre meglio le esigenze di quanti auspicavano un intervento in questo settore.In fase di prima applicazione, è utile adottare la seguente procedura:

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l’utente, che intenda ricevere il testo stampato a caratteri ingranditi, dovrà prendere contatto con la Biblioteca a mezzo fax (039/833264), a mezzo telefono (039/833253 833254), a mezzo e-mail ([email protected]).La Biblioteca provvederà ad inviare all’utente l’elenco delle opere disponibili ed un opuscolo guida per la scelta della grandezza e del tipo di carattere desiderato.L’utente, al momento della richiesta dell’opera in lettura, dovrà precisare la grandezza del carattere scelto.La Biblioteca invierà l’opera in contrassegno per un costo pari al prezzo di copertina del libro.

I concorsi nella SanitàSul Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 134 del 12 giugno 2001 - Serie Generale - è stato pubblicato il Regolamento recante: “Disciplina concorsuale del personale non dirigenziale del Servizio Sanitario Nazionale (D.P.R. 27 marzo 2001, n. 220)”,L’art. 1 di detto Regolamento precisa, fra l’altro, che l’assunzione del personale avviene, attingendo il 70% dall’esterno e il restante 30% mediante selezioni interne.L’art. 32 disciplina il concorso per titoli ed esami per la figura di operatore professionale sanitario del personale della riabilitazione.Il requisito specifico di ammissione al concorso, per i fisioterapisti, è il diploma universitario conseguito, ai sensi dell’art. 6, comma 3, del D. Legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni, ovvero i diplomi e gli attestati conseguiti in base al precedente ordinamento, riconosciuti equipollenti, ai sensi delle vigenti disposizioni, al diploma universitario, ai fini dell’esercizio dell’attività professionale e ai fini dell’accesso ai pubblici concorsi (comma 1).Lo stesso articolo 32, al comma 2, stabilisce che, per il personale appartenente al profilo professionale di massaggiatore non vedente, il requisito specifico di ammissione al concorso è il diploma abilitante alla specifica professione, previsto dalla vigente legislazione.Le suddette disposizioni disciplinano i concorsi pubblici per l’accesso al servizio sanitario nazionale. Per le assunzioni obbligatorie, l’art. 54 del Regolamento rinvia al D.P.R. 9 maggio 1994, n. 487, che, al capo IV, fa riferimento alla normativa contenuta nella cessata legge 482/1968, ora sostituita dalla Legge 68/1999, recante “Norme per il diritto al lavoro dei disabili, dove, all’art. 1, comma 3, sono fatte salve le leggi speciali per i lavoratori non vedenti.

Nuovo registratore a quattrotracce e a due velocitàIl Centro Nazionale Tiflotecnico ha effettuato il test su un nuovo registratore a quattro tracce e due velocità, prodotto in Russia.Tale registratore sembra rispondere a tutte le esigenze manifestate dalla maggioranza degli utenti.Le principali caratteristiche sono:a) alimentazione a rete 100/220 V;b) possibilità di alimentazione a batteria;c) possibilità di registrare su due o quattro tracce;d) possibilità di registrare alla velocità di 2.75 e 4.5 cm per secondo;e) possibilità di ricevere frequenza radio in FM da 50 a 108 MHZ;f) possibilità di registrazione dalla radio direttamente incorporata nell’apparecchio;g) possibilità di registrare dal microfono incorporato o da un microfono esterno;

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h) possibilità di ascolto, oltre che con l’altoparlante incorporato, anche con cuffie supplementari.Considerato che le spese di trasporto incidono notevolmente sul prezzo dell’apparecchio, che dovrebbe indicativamente aggirarsi intorno a L. 300.000 + IVA, e allo scopo di favorire, almeno nella prima fase, un unico approvvigionamento, tutti gli interessati sono invitati a prenotare l’apparecchio presso gli uffici del Centro Nazionale Tiflotecnico - Via Borgognona 38 - 00187 Roma; - fax 06/69988408; e-mail [email protected], oltre alla garanzia di un anno, saranno anche garantite la manutenzione e la riparazione.

Un’enciclopedia su cd-rom accessibile ai ciechiRiportiamo questo messaggio, apparso qualche tempo fa nella mailinglist “uicgen”, perché, riteniamo che interessi molti ragazzi, soprattutto delle scuole superiori. I tempi di una rivista a periodicità trimestrale, in casi come questo, si fanno pesantemente sentire, ma l’importanza del messaggio e la possibilità che lo stesso non sia pervenuto a qualche interessato, che non abbia familiarità con internet, ci consigliano la pubblicazione.Mentre ringraziamo il dottor Luca Davanzo, per aver cortesemente trasferito l’informazione a “uicgen”, invitiamo tutti coloro che dispongano di notizie utili per i nostri ragazzi e per le loro famiglie a voler dare il loro contributo a “uicgen”, la lista voluta dai genitori proprio per facilitare la disponibilità di informazioni specifiche.Avere una ottima enciclopedia accessibile su Cd vuol dire molto in termini di autonomia. È stata fatta dal Centro informatico per la sperimentazione di ausili didattici (CISAD) una scheda tecnica sull’accessibilità dell’enciclopedia “Encarta 2000” della Microsoft. L’applicazione è risultata accessibile.In questa versione, oltre ad un miglioramento delle funzioni di ricerca, sono stati aggiunti molti strumenti di contorno con diverse funzionalità. In questa scheda sono stati analizzati con maggior attenzione i “principali”. L’applicativo è risultato ben strutturato, nonostante la sua complessità, dovuta soprattutto all’integrazione dei vari strumenti ed alla natura eterogenea delle informazioni. Grazie ad un’attenta implementazione delle scorciatoie tastiera ed all’utilizzo di componenti dal comportamento standard, è possibile accedere ai principali ambiti del programma. Inoltre, la presenza di una sintesi vocale proprietaria (non prevista nell’installazione di default), che consente di leggere il contenuto degli articoli, e la funzione di copia dell’intero articolo, che consente l’esportazione del testo in altri ambienti più familiari (altri editor), rappresentano gli aspetti più interessanti di questo software.Purtroppo, restano ancora dei problemi in vari punti del programma: ad esempio, non sono state create le scorciatoie tastiera per attivare i file “midi” presenti. La funzione “leggi” della sintesi vocale si attiva mediante tastiera, solo all’interno dell’articolo e non anche in altre finestre, come quella relativa ai contenuti multimediali. Qui l’unico modo per attivarla è quello di selezionare il testo da leggere. Peccato che non sia stata implementata una funzione di selezione del testo accessibile tramite tastiera. La funzione “copia” nell’area multimedia si comporta in modo differente, se scelta da menu o se richiamata da tastiera. Nel caso specifico, se richiamata da tastiera, effettua la copia dell’immagine presente; invece, se richiamata da menu, compare una finestra di dialogo che chiede cosa si desideri copiare: l’immagine o il testo (didascalia intera), ed altro ancora.

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Gli interessati possono trovare la scheda tecnica al seguente link: http://www.cisad.it/relazioneencarta2000.html. Giovanni CellucciServizio Tiflotecnico - CISAD c/o Istituto dei ciechi F. Cavazza Via Castiglione 71, 40124 Bologna.Tel. +39 051 332090, Fax +39 051 332609 e-mail: [email protected] web: www.cavazza.it - www.cisad.it

La pratica in classeL’Agenzia Europea sta conducendo al momento un’indagine sulla prassi scolastica in ambienti inclusivi. Un rapporto sulla prima fase del progetto può essere già da ora scaricato dal sito dell’Agenzia.Gli scopi del progetto sono quelli di fornire informazioni su come affrontare le differenze all’interno di una classe e su come organizzare le scuole regolari in modo da occuparsi degli alunni con bisogni educativi speciali. Il progetto è principalmente incentrato sulla educazione primaria ma sarà esteso fino ad includere anche l’educazione secondaria.Nella prima fase, una documentazione scritta è stata trasmessa ai paesi partecipanti in modo da poter presentare lo stato attuale delle pratiche inclusive efficaci. Sono stati inoltre presentati dei rapporti di ciascun paese, in modo da indicare, in linea generale, i problemi correnti che i vari paesi stanno affrontando in questo contesto. La domanda principale è stata: che cosa funziona? Nella fase successiva, il progetto, attraverso un’analisi degli esempi specifici di pratiche nei vari paesi, si concentrerà su come sta funzionando e perché funziona.Per ulteriori informazioni:Relazione (versione elettronica) sulla prima fase del progetto disponibile su: www.european-agency.org

Vedere e toccare i libriFrancia: il Centro Francese per la Scienza e l’Industria ha pubblicato due libri da vedere e da toccare.“La chiave per costruire” presenta le principali strutture architettoniche: i testi e gli schemi spiegano, per esempio, gli archi gotici e romani, i prismi e i triangoli contemporanei. Per ogni struttura esiste una presentazione di un famoso monumento come l’Arco di Trionfo, il Pantheon e il Ponte di Carrousel. “Costruire disegni” consiste in un metodo di lettura dell’immagine per la restaurazione di oggetti nelle tre dimensioni geometriche secondo i principi del disegno tecnico. Con 53 pezzi Lego, riproducenti esattamente le dimensioni dei disegni degli edifici da realizzare, è possibile costruire tutti gli edifici di una città. Un’audio-cassetta e un opuscolo bilingue in francese e in inglese guiderà l’utente passo dopo passo nel processo di costruzione.Per ulteriori informazioni:Direction des ExpositionService Accessibilitè niveau S-I de la Citè des Sciences et de l’Industrie75019 Paris - Francetel: +33 1 40 05 75 35fax: +33 1 40 05 79 76

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Pubblicazioni dell’Agenzia EuropeaPartecipazione di alunni e studenti con bisogni educativi speciali nel programma SocratesGiugno 1997. 37 pagineDisponibile in inglese e francese

Integrazione in EuropaProvvedimento per gli alunni con bisogni educativi specialiTendenze in 14 paesi europeiMaggio 1998. 192 pagineDisponibile in inglese, francese, tedesco, spagnolo e la versione audio in inglese.

Primo intervento in EuropaTendenze in 17 paesi europeiSettembre 1998. 112 pagineDisponibile in inglese, francese, tedesco e spagnolo

Sostegno agli insegnantiOrganizzazione per il sostegno agli insegnanti che lavorano nell’educazione dei bisogni speciali nella scuola ordinaria.Tendenze in 17 paesi europeiLuglio 1999. 110 pagineDisponibile in inglese, francese e spagnolo

Finanziamenti per l’educazione dei bisogni specialiUno studio in 17 paesi della relazione tra i finanziamenti nell’educazione dei bisogni speciali e l’inclusione Dicembre 1999, 180 pagineDisponibile in inglese, francese e tedesco

La pratica in classeRapporto sulla prima fase di un’indagine condotta sulle pratiche scolastiche di classe in setting inclusivi.Aprile 2001. 256 pagineDisponibile in inglese, soltanto in formato elettronico.

Bussando alla porta di SocratesPartecipazione dei disabili nel programma Socrates - Rapporto valutativo. Aprile 200172 pagine Disponibili in versione inglese. Una versione francese sarà disponibile verso la fine dell’estate 200124 pagine di riassunto generale saranno disponibili nella tarda estate in 13 lingue nazionali (danese, olandese, inglese, finnico, francese, tedesco, greco, islandese, italiano, norvegese, portoghese, spagnolo, svedese).

I rapporti dell’Agenzia sono disponibili dal nostro partner di lavoro nazionale oppure dalla Segreteria Generale dell’Agenzia - via posta, telefono, fax o on line sul sito dell’Agenzia: www.european-agency.org

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Brani dei rapporti dell’Agenzia sono disponibili sul sito web dell’Agenzia nella lingua nazionale, insieme a delle anteprime dei successivi rapporti. Sono inoltre disponibili delle linee guida e dei brani di altre pubblicazioni utili nel campo dell’educazione dei bisogni speciali.

Il Narratore Associazione Culturalehttp://www.il narratore.orgIl Narratore è un’associazione culturale non profit nata per promuovere la narrazione e l’ascolto di storie (in files mp3 scaricabili gratuitamente da internet), appartenenti a tutte le tradizioni letterarie, filosofiche e religiose del mondo.Nel sito si possono trovare tre collezioni audio:“Audio Antologia della Letteratura Italiana”; “Visioni del Mondo”; “Voci della Terra”.Le letture sono eseguite da narratori, attori e scrittori e per ciascun brano audio è disponibile gratuitamente anche il relativo testo in formato PDF.Anima l’attività dell’associazione la convinzione del grande valore linguistico, educativo e d’intrattenimento che deriva dall’ascoltare una voce narrante: leggere ad alta voce una storia, un testo di letteratura, una poesia significa animarle di una nuova vita, coinvolgendo l’ascoltatore in uno straordinario percorso immaginativo e riflessivo.Il progetto si rivolge a tutti gli utenti Internet ma una particolare attenzione è prestata ai privi di vista, agli ipovedenti e a tutti i disabili in genere che facilmente potranno godere di questo servizio direttamente da casa propria.Le collezioni audio sono, in parte, pubblicate su audiocassette e CD, ordinabili on line dal nostro catalogo: http://www.ilnarratore.com/catalogo.Per informazioni inviare un messaggio e-mail a:info@ilnarratore .comoppure scrivere a:Il Narratore Associazione Culturale Via Lanzi, 3 - 36020 Zovencedo (VI)fax +39.02.700.529.798Contatto:Cristiana Giacometti, co-fondatrice e responsabile per le relazioni esterne mailto: [email protected]

RIQUADRONotaDal mese di gennaio 2000 la quasi totalità del materiale presente al Centro Documentazione del Gruppo Solidarietà è consultabile presso il sito del Gruppo. Possono essere visionate in particolare le Banche dati sul disagio sociale all’indirizzo: www.comune.jesi.ancona.it/grusol).Il materiale consultabile raccoglie oltre 12 anni di lavoro di documentazione riguardante le politiche sociali.Nelle Banche sono presenti circa 40.000 record contenenti le seguenti informazioni:* Documentazione: comprende le schede di circa 5.000 libri nel 50% dei quali è presente un abstract, 400 riviste specializzate (presenti le ultime 12 annate), 8.500 articoli catalogati, oltre 1.500 documenti (atti, progetti, risoluzioni). Principali possibilità di ricerca: parole chiave, aree predominanti, autore, titolo, editore.

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* Legislazione: contenente un archivio di oltre 3000 leggi nazionali e regionali. Principali possibilità di ricerca: per numero, per data di approvazione, per parole chiave.* Associazioni: con 19.500 indirizzi di servizi che offrono risposte a situazioni di difficoltà e di disagio. Principali possibilità di ricerca: per tipo di servizio, per tema, per città, provincia, regione.

PAGINA 69RECENSIONI

CRESCERE INSIEME

Crescere insieme. Guida per i genitori, a cura di Antonio Quatraro, Monza, Biblioteca Italiana per i Ciechi “Regina Margherita”, 2001, 296 p. Lire 20.000

Presentazione

Questa “Guida” fa parte delle richieste avanzate dai partecipanti ad uno dei numerosi seminari sull’integrazione scolastica dei ragazzi con minorazione visiva, organizzato dall’Unione Italiana dei Ciechi nell’ottobre del 1999; è con soddisfazione quindi che ve la presento.La richiesta nasce dalla consapevolezza di tutta l’Unione Italiana dei Ciechi dell’importanza fondamentale che ha la famiglia per i nostri ragazzi, nel loro cammino verso l’integrazione nella scuola, nel lavoro, nel tempo libero.L’idea di offrire ai genitori una guida però non è un atto isolato, perché fa parte di un modo di sentire, di un modo di combattere della nostra Unione, per una migliore qualità dei servizi educativi in senso lato.Da tempo e a tutti i livelli lamentiamo le troppe inadempienze dello Stato nei confronti della scuola, per il modo con cui essa accoglie i nostri ragazzi, per come essa risponde o meglio non risponde alle necessità educative e didattiche, alla problematica della loro integrazione, della loro crescita insieme agli altri, per il modo di valutarli, troppo spesso improntato a disinformazione o peggio a pietismo. Da tempo lamentiamo l’impreparazione del personale docente e l’inerzia o l’approssimazione con cui chi ha il potere di farlo risponde alla necessità di formazione e di aggiornamento. Da tempo gridiamo ad alta voce che non ci interessa una scuola che rilasci diplomi e lauree, ma una scuola che prepari anche i nostri giovani ad affrontare le sfide della vita.Ma abbiamo capito che non basta concentrare l’attenzione solo sulla scuola; abbiamo capito che il terreno di coltura dei nostri bambini è la famiglia. Tutti i giorni constatiamo quanto questa è lasciata sola, con scarsi strumenti, con poche informazioni, a lottare contro problemi spesso più grandi di lei.Quando i partecipanti al seminario hanno proposto la pubblicazione di una guida per genitori, hanno inteso dare un altro piccolo contributo affinché i genitori davvero prendano in mano il timone, per il loro figlio e per la famiglia. Per noi quindi questo libro vuole aiutarvi ad essere quel che desiderate essere, ossia dei buoni genitori di vostro figlio anche se non vede, o vede poco, o ha anche altri problemi, e ad essere voi stessi la guida per la vostra famiglia.L’Unione Italiana dei Ciechi però sa bene che le parole, le idee, hanno bisogno di persone che le abbraccino, che se ne approprino, che le diffondano, che diano ad esse

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voce e gambe; ed è per questo che il nostro Statuto, quest’anno per la prima volta, prevede che anche i genitori dei soci minorenni partecipino all’elezione dei dirigenti associativi; è questo il segno del desiderio nostro di camminare insieme, di decidere insieme sul futuro dei vostri figli, che saranno i dirigenti di domani.Questa guida quindi è anche il nostro modo di dirvi benvenuti tra noi, in un mondo al quale certo non solo voi, ma tutti, ci accostiamo nostro malgrado, ma un mondo che non è affatto tenebroso come si crede, sempre e solo triste: un mondo fatto di uomini e donne vivi, forse più di molti altri, non foss’altro perché sono persone che stanno ogni giorno in trincea, o sulla breccia, o navigano in mari talvolta burrascosi.Con questa guida noi vorremmo invitarvi, cari genitori, a non disperare, anzi a conoscere la nostra storia, la nostra cronaca, ad incontrare coloro che ogni giorno si battono per affermare la piena dignità di cittadino e di persona, anche di chi non vede.Vorremmo invitarvi a progettare insieme con noi il nostro futuro, ad affinare tutti gli strumenti che ci consentiranno di ottenere risultati sempre migliori: informazioni realistiche, obiettivi chiari, alleanze, ma anche la capacità di farci sentire da chi conta e non fa quello che deve, di rappresentare direttamente le nostre esigenze, di mostrarci flessibili ma fermi nel perseguire i nostri obiettivi.Insieme a questo libro noi vorremmo offrire a voi ed ai nostri giovani compagni il peso e la tradizione della nostra esperienza, non per copiarla meccanicamente, ma per conoscerla e per fare meglio. Vi offriamo l’esperienza di chi ha già percorso il cammino che voi ora vi accingete ad iniziare, o a proseguire (per chi ha figli già adolescenti); vorremmo farvi sapere quanto è difficile attendere il momento opportuno, quando la passione e le buone ragioni ci spingerebbero a battere i pugni su tavolo; vorremmo dirvi quanto è frustrante toccare il traguardo e sentirselo strappare di mano dalle trappole e dai trabocchetti delle leggi e delle norme, della burocrazia e del vento che cambia ogni giorno; ma vorremmo anche avervi accanto quando finalmente conquistiamo un nuovo riconoscimento, una norma, una legge. Il nostro Paese ha certo delle buone leggi, ma talvolta esse sono anche troppe; e certamente è un costume tutto italiano quello di fare le leggi e rimandarne l’applicazione, quello di scrivere ottimi principi e poi non sapere mai chi li deve applicare. Il lavoro nostro richiede pazienza, perseveranza e chiarezza di idee, proprio perché camminiamo su una strada piena di cartelli e di indicazioni allettanti e seducenti, ma non appena ci avviciniamo alla meta scopriamo che hanno spostato l’ingresso, o che l’orario non è quello, o che manca la persona che dovrebbe fare quel che c’è scritto sul cartello. Spesso siamo circondati da persone gentili, le quali, guarda caso, capiscono le nostre ragioni, ma non possono farci nulla. Certe volte non si sa se scegliere l’indifferenza o questa ipocrisia istituzionalizzata, per cui ci sono le leggi ma è come se esse non avessero gambe, come se dovessimo sempre aspettare il momento giusto, la persona giusta per metterle in pratica.E per rimediare a ciò, che fanno? Altre norme che dicono come applicare le precedenti, ma anche queste sono leggi, ossia richiedono a loro volta precisazioni, interpretazioni, circolari...Come se ciò non bastasse, ogni tanto, anzi molto spesso, non appena trovata la via giusta per arrivare in fondo, cambiano le cosiddette competenze: quello che prima faceva lo Stato ora lo deve fare la Regione, quello che prima faceva un Ministero ora lo deve fare un altro Ente; noi in pratica viviamo in un frattempo perenne, nel frattempo che venga definito il nuovo assetto... nel frattempo che vengano ridefiniti i compiti, che venga nominato il nuovo dirigente, che venga ricostituito il nuovo ufficio..., nel frattempo. Come se si potesse prendere un bambino e pregarlo di

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aspettare a crescere, perché, la persona che si deve occupare di lui ha perso un autobus e non sa se quello successivo la porterà a destinazione.Eppure passi se ne fanno, lentamente, ma sicuri, e molto di ciò che i bambini troveranno è merito dell’Unione Italiana dei Ciechi, della sua compattezza, della chiarezza di idee, della determinazione nella lotta e della capacità di trovare alleanze nel Paese.Il mondo in cui state per entrare, o siete appena entrati non è all’anno zero: abbiamo un sistema di garanzie che altri Paesi ci invidiano.In Italia, ad esempio, vale il principio dell’indennità di accompagnamento al solo titolo della minorazione; come dire che, ricco o povero che sia, chi non vede ha più problemi di chi vede. Chi non vede ed ha anche altri problemi ha diritto ad un intervento economico più sostanzioso.Recentemente anche gli ipovedenti hanno visto riconosciuta un’indennità che è tripla rispetto al passato.Abbiamo norme che garantiscono il diritto ad un’istruzione qualificata e gratuita, il diritto ad un lavoro adatto alle possibilità personali di ciascuno. E per la verità non mancano esempi eccellenti di docenti non vedenti che lavorano in ogni ordine di scuola, compresa l’Università, né avvocati, programmatori, funzionari pubblici, imprenditori, persone di spettacolo. Grazie ai nostri sforzi la disoccupazione tra i non vedenti è molto inferiore alla media nazionale e in alcune zone vi sono richieste di lavoro che non riusciamo a soddisfare. L’Unione Italiana dei Ciechi da sempre ha posto al centro della propria azione l’istruzione ed il lavoro in mezzo agli altri; oggi vi sono migliaia di non vedenti che lavorano come telefonisti, massofisioterapisti, insegnanti, con risultati eccellenti, conquistando per sé e per la categoria la stima e la fiducia dei datori di lavoro e dei colleghi.Questo è stato possibile da un lato grazie ai meriti delle persone, d’altro lato grazie all’azione compatta dell’Associazione per la conquista di leggi che riconoscono alla persona che non vede pari dignità e pari opportunità di affermarsi.Dobbiamo riconoscere comunque che, per quanto riguarda la tutela delle famiglie, da noi c’è ancora troppo poco: manca ancora la sensibilità al problema presso l’opinione pubblica e presso gli amministratori: ancora non si è capito da noi quanto è importante sostenere la famiglia nello sforzo di riconquistarsi un equilibrio, di costituire un tessuto di relazioni, un clima costruttivo di serenità, che sono i fondamenti per allevare ed educare qualunque bambino, e soprattuto il bambino con problemi visivi o con plurihandicap.Solo recentemente, nel 1997 abbiamo ottenuto una buona legge, la 284, che prevede anche la possibilità di servizi per ragazzi pluriminorati.Più in generale questa materia è affidata alla progettazione, nel senso che, una volta definite le necessità del bambino e della sua famiglia, si costruisce un programma di lavoro e poi questo programma si realizza via via nel tempo.Però tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare; e da troppe parti si lamenta la difficoltà di mettere in pratica questi bei principi, per cui finisce che proprio i più deboli, quelli meno attrezzati, subiscono i danni maggiori, con in più la difficoltà di individuare gli interlocutori giusti, perché tutti sanno cosa si dovrebbe fare, ma nessuno dice chi dovrrebbe farlo.Questo, cari genitori, è il mondo in cui state entrando, un mondo difficile (non voglio nascondere la verità a voi che già avete tanti problemi); è un mondo che si può cambiare però, e lo si può fare se siamo tutti insieme, se uniamo gli sforzi, se restiamo uniti lungo il cammino. Da parte nostra avrete il peso della nostra tradizione e della nostra esperienza, la passione di chi è abituato a lottare per una causa giusta; da parte

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vostra ci aspettiamo pazienza se non tutto viene subito come vorremmo, ci aspettiamo critiche costruttive, ma soprattutto ci aspettiamo che scendiate in campo al nostro fianco, ci aspettiamo insomma la vostra partecipazione alla vita associativa!T. Daniele** Presidente Nazionaledell’Unione Italiana dei Ciechi

PAGINA 72LIBRI RICEVUTI

AA.VV., Handicap - Servizi - Qualità della vita, Gruppo Solidarietà, Castelplanio 2001, p. 96, L. 13.000Il quaderno raccoglie e rielabora le relazioni dei seminari promossi dal Gruppo Solidarietà nei mesi di ottobre-novembre 2000 aventi per tema Percorsi di qualità nei servizi per il grave handicappato intellettivo adulto e Comunità per disabili: modelli ed esperienze. Nella prima parte vengono proposte riflessioni e percorsi di fronte a situazioni di grave handicap intellettivo. Troppe volte i servizi appaiono rinunciatari nella costruzione di interventi educativi riabilitativi individualizzati, proponendo servizi contenitore lontano da ogni riferimento alla qualità della vita e al contesto sociale in cui la persona vive. Diventa allora necessario costruire risposte che sappiano porre al centro la persona nella sua globalità, puntando al suo benessere e alla qualità della sua vita. La seconda parte affronta il tema della risposta residenziale. La realizzazione di piccole comunità, seppure auspicate, trova ancora scarsissima diffusione nei territori e purtroppo ancora dominante è la risposta istituzionale. Le relazioni contenute nel quaderno presentano alcuni percorsi che hanno come riferimento modelli comunitari, inseriti nei normali contesti abitativi. Modelli che rispondono alla primaria esigenza di ogni persona di vivere in luoghi che siano più vicini possibili al modello familiare.Interventi tra gli altri di: Fausto Giancaterina, Giancarlo Sanavio, Antonio Valentini, Vittore Mariani.Per ricervere il volume: Gruppo Solidarietà, Via S. D’Acquisto 7, 60030 Moie di Maiolati (AN). Tel. e fax 0731.703327, e-mail: [email protected]. Per ordinare direttamente il volume versamento su ccp n. 10878601 intestato a: Gruppo Solidarietà, Via Calcinaro, 12, 60031 Castelplanio (AN).

La carta dei servizi 2001 del Gruppo Ferrovie dello Stato, a cura del Centro servizi di Comunicazione, Ferrovie dello Stato

A meno di un anno dalla pubblicazione della Carta dei Servizi 2000, le Ferrovie pubblicano l’edizione del 2001.Ne viene data comunicazione ai nostri lettori, sia per ricordare che parte del volume si riferisce anche ai servizi dedicati ai disabili, sia (e soprattutto) per informare che il Centro Servizi di comunicazione sta predisponendo l’edizione in braille e l’edizione su audiocassetta della Carta stessa.

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Per quanto attiene dette due edizioni, destinate ai minorati della vista, l’Ufficio autonomia dell’Unione Italiana dei Ciechi è stato incaricato di selezionare le parti di particolare interesse per i soggetti in situazione di handicap.Al fine di non creare aspettative eccessive, si sottolinea che il numero delle copie in braille e su audiocassetta destinate all’Unione sarà particolarmente limitato: 1.500 copie per ciascuna edizione.L’Ufficio autonomia si farà premura di distribuire le copie fra le sezioni, in proporzione al numero dei soci iscritti, confidando nella disponibilità delle sezioni stesse a voler collaborare con la Presidenza Nazionale, distribuendo le copie fra gli interessati e segnalando all’Ufficio autonomia eventuali copie non utilizzate.