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STORIA ILLUSTRATA GRECI E DI ROMA ANTICA ANGELA CERINOTTI

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STORIA ILLUSTRATA GRECI E DI ROMA ANTICA

ANGELA CERINOTTI

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PRESENTAZIONE 7

LE ORIGINI

» LA NASCITA DEL COSMO 10

» AFRODITE, L’AMORE E LA VITA 12

» L’ETÀ DELL’ORO 18

» GLI DEI E GLI UOMINI 20

» LE ETÀ DELL’ARGENTO, DEL BRONZO E DEL FERRO 24

» LA TITANOMACHIA 28

» LA GIGANTOMACHIA 30

» LE MOIRE E LE KERES 32

» ORDINE, GIUSTIZIA E COLPA 36

NEL CIELO E NEL MARE

» IL MONDO CELESTE, 42

» TERRESTRE E MARINO 42

» L’INCAUTO FETONTE, RODO E CLIZIA 46

» EOS, L’AURORA 48

» SELENE, LA LUNA 52

» BOREA E I SUOI FRATELLI 54

» LA STIRPE DI PONTO 58

» I ‘VECCHI DEL MARE’ 60

» LA SPLENDIDA PROLE DI NEREO E DI DORIDE 62

» TETI, LA PIÙ NOTA FRA LE NEREIDI 64

» POSIDONE, L’ETERNO SECONDO 68

» I FIGLI DI POSIDONE 72

» LA MOGLIE, LE AMANTI, ALTRI FIGLI 75

» UOMINI O DONNE 78

» GLAUCO, IL COLORE DEL MARE 80

I MOSTRI E LE TENEBRE

» MERAVIGLIOSE CREATURE E OMBRE 86

» DELFINE E PITONE 88

» CADMO E IL DRAGO DI ARES 90

» IL VELLO D’ORO E I POMI DELLE ESPERIDI 92

» I DRAGHI ‘BUONI’ E LE AGRAULIDI 94

» LA STIRPE DI CETO E DI FORCO 96

Sommario

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SOMMARIO4

» ESTIA E LA SESSUALITÀ 157

» ATENA PALLADE 160

» LA PREISTORIA DI ATENE 162

» ARTEMIDE:DESIDERABILE E SFUGGENTE 164

» IL DIO SUBLIME 172

» UN AMANTE SFORTUNATO 174

» APOLLO E I SUOI FIGLI 180

» APOLLO, ASCLEPIO E L’ARTE DI GUARIRE 182

» IL DIO DEL BELLO 184

» APOLLO ED ERMES 188

» I FIGLI DI ERMES 190

» ERMES E ARES 194

» L’ODIOSA SORELLA DI ARES 196

» ARES ED ERACLE: UN CONFRONTO INEVITABILE 198

» ARES, L’AMANTE 200

» UN PADRE PROTETTIVO E DEI FIGLI VIOLENTI 202

» FOLLIA E DELIRIO ORGIASTICO 204

» IL DONO TERRIBILE E DIVINO DELLA VITE 210

» SCILLA E CARIDDI 100

» LE SIRENE 102

» IL PIÙ FAMOSO DEGLI INDOVINELLI 104

» IL TORO DI MINOSSE 106

» IL MINOTAURO E IL LABIRINTO 108

» I CENTAURI 110

» LE AMAZZONI 114

» GLI INFERI 118

» ADE E PERSEFONE 120

» LE DEE DELLE TENEBRE 122

» PUNIZIONI ESEMPLARI 124

LA DINASTIA REGNANTE

» DA CRETA ALL’OLIMPO 128

» ZEUS: MARITO, AMANTE, PADRE 130

» GLI AMORI DI ZEUS 134

» DEE, STREGHE E GUERRIERE 144

» ERA, LA MOGLIE 146

» ERA E GLI ALTRI UOMINI 150

» LA GENEROSA DEMETRA 152

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5SOMMARIO

» DIONISO, IL DIO MULTIFORME 214

» DIONISO, L’ULTIMO FEDELE DELLA ‘GRANDE DEA’ 216

GLI EROI

» LA FAMIGLIA E LE IMPRESE 222

» LE DODICI FATICHE DI ERCOLE 227

» ALTRE AVVENTURE 236

» AMORI E MORTE 238

» LA SPADA E I SANDALI SOTTO LA ROCCIA 240

» DI IMPRESA IN IMPRESA 242

» GLI ARGONAUTI E IL VELLO D’ORO 246

» TROIA, UNA CITTÀ SPECIALE 254

» PRIAMO E LA SUA FAMIGLIA 256

» PREPARATIVI DI GUERRA 258

» EROI E VITTIME 260

» GLI EVENTI PRECIPITANO 264

» LA FINE DELLA GUERRA 266

» AVVENTURE E TRAGEDIE 268

» DIOMEDE NEL SALENTO 272

» ODISSEO: IL RITORNO PIÙ LUNGO 274

» DA CIRCE A NAUSICAA 280

» LA VENDETTA SUI PROCI E LA FINE 284

ALTRE STORIE, ALTRI DESTINI

» LEDA E I SUOI FIGLI 290

» ATREO E TIESTE, SCIAGURATI FRATELLI 296

» IL CINGHIALE CALIDONIO 301

» I DIOSCURI TEBANI E LAIO 304

» IL DESTINO DI EDIPO 306

» I FIGLI DI EDIPO 308

» ENEA E LA NASCITA DI ROMA 312

» LE MORTI ACERBE 314

PICCOLO DIZIONARIO MITOLOGICO 319

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Presentazione

‘Perché’ il cielo, la terra, il mare? Perché la vita e la morte, l’amore e il dolore, la pace e la guerra, la giustizia e la frode, la bellezza e la brutalità? A tutt’oggi questi interrogativi non cessano di vibrare profondamente nell’animo di ogni essere umano, sempre meno appagato dalle ‘aride’ risposte della scienza, nonostante i suoi progressi straordinari. Gli anti-chi, e con gli altri i Greci e i Romani che ci sono più vicini, hanno posto l’universale ‘bisogno di senso’ sotto il sigillo del divino. Da ciò è derivato quello straordinario patrimonio di miti dei quali, attraverso l’arte e la letteratura, si è conservata una traccia inconfondibile fino a noi. In que-sto volume ci si è posti l’obiettivo di seguirla, accostando volutamente racconti e immagini, natura e arte, passato e presente.

Nella prima parte sono rivisitati in chiave tematica filoni, genealogie divine, avvincenti storie intrecciate di numi ed esseri umani. Ne emerge un percorso articolato e complesso, che mira a fornire la mappa per un viaggio a ritroso, alle radici stesse della cultura occidentale.

Nel contempo, proprio perché la nostra cultura è intrisa della mitolo-gia dei Greci e dei Romani e ciò determina il fatto che ci si imbatta con-tinuamente nella citazione o nell’allusione a questo o quel mito, oppure a questo o quel personaggio, la seconda parte offre un glossario completo dei nomi, espressamente destinato alla consultazione. Con ciò si spera di proporre un utile sussidio a chi affronta la mitologia greca e romana per motivi professionali o di studio.

Andrea Mantegna, Parnaso (particolare con Marte e Venere), 1497, Musée du Louvre, Parigi.

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E nacque dunque il Càos primissimo; e dopo, la Terra

dall’ampio seno, sede perenne, sicura di tutti

gli Dei che occupano le cime innevate dell’Olimpo,

e, nei baratri della terra dalle ampie strade, il buio

Tartaro; e Amore, il più bello tra gli immortali,

che dissipa ogni cura degli uomini e degli Dei,

e doma ogni volontà nel petto e ogni saggio consiglio.

Dal caos nacquero l’Erebo e la nera Notte.

Dalla Notte nacquero Etere e Giorno,

che lei concepì unendosi a Erebo.

La Terra per primo generò, simile a sé,

Urano ricco di stelle, che tutta la avvolgesse,

e fosse per i Beati una sede sicura per sempre

e generò gli alti Monti, graditi riposi alle Ninfe,

che Dive sono, ed hanno riparo per valli boscose,

e generò il Ponto, senza gioia d’amor, un immenso

mare, dove mai non si miete, che gonfia e infuria.

Esiodo, Teogonia, 116-132

Le origini

Cornelis Cornelisz van Haarlem, La caduta dei Titani (particolare), 1588-1590 circa,

National Gallery of Denmark, Copenhagen.

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LE ORIGINI10

DA CHAOS A OCEANO E TETIChaos: non disordine o confusione, ma solamente una gola vuota,

un puro spazio ‘spalancato’. Simile a un uccello dalle immense ali nere regnava Nyx, la Notte. Il suo grembo si gonfiò all’alito fecondatore del vento, e nel vuoto venne deposto un uovo d’argento. D’oro erano le ali di colui che ne balzò fuori: il Protogonos, ‘il generato per primo’, detto anche Fanete, ‘colui che rende manifesto’. Si trattava comunque di Eros, il dio dell’amore, il più vecchio tra gli dei ma ‘bambino’, perché in grado di attingere eterna giovinezza da ogni cuore che sperimenta l’impulso

Un mosaico romano raffigurante Urano e

Gea con alcuni dei loro numerosissimi figli,

che formavano la schiera dei Titani e delle

Titanesse.

LA NASCITA DEL COSMO

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LA NASCITA DEL COSMO 11

amoroso. Il contenuto dell’uovo d’argento era la totalità primigenia: Cielo, nella parte sovrastante, e Terra in quella sottostante. Forse fu la forza di Eros a indurre in Cielo e Terra il desiderio di accoppiarsi, per generare Oceano, il flusso primordiale, e Teti, la feconda profondità del grembo materno.

Non tutte le tradizioni immaginavano un albero genealogico degli dei più antichi come questo, tipico degli iniziati all’Orfismo.

Nell’Iliade all’origine del mondo sono preposti Oceano e Teti. Solo quando la creazione fu compiuta il primo (un ‘fiume’, anche se del tut-to speciale) si assicurò il privilegio di segnare il confine fra il disco del mondo e l’esterno, rifluendo eternamente in se stesso e alimentando tut-ti i corsi d’acqua, le sorgenti e i mari. Quanto a Teti, avrebbe concepito con Oceano ben seimila figli, metà maschi, i fiumi, e metà femmine, le Oceanine, per smettere di generare dopo l’immane fatica.

GEA E URANOEsiodo, il più antico dei poeti greci di cui l’esistenza sia documenta-

ta, mescola ancora le carte. Pone all’origine l’informe Chaos, ma nel suo racconto è Gea, la Terra, la prima divinità che vi assunse una forma. Non di forma si poteva parlare infatti per Erebo, le tenebre delle profondità, e Nyx, la Notte, entrambi sorti dal Chaos, e nemmeno per i figli da questi generati, Etere, la trasparenza dell’Aria, ed Emera, il Giorno. Forse per la forza di Eros, comparso con lei, Gea desiderò l’amore e a questo scopo si fabbricò un figlio, Urano, il Cielo stellato, che subito si unì alla madre in un amplesso e scatenò l’energia creativa di Gea, che si mise a procreare, senza doversi accoppiare, montagne, valli, pianure e Ponto, il Mare, im-menso deserto d’acqua increspato di spuma. Con Urano invece si univa ogni notte e della loro copiosa prole fanno parte, nella versione di Esiodo, Oceano e Teti. Nonostante l’attrazione irresistibile che spingeva Urano verso la sua sposa egli odiava i nati dalla loro unione, costringendo la ma-dre a tenerli dentro di sé, al riparo dalla distruttività paterna.

LA COMPARSA DI CRONO, IL TEMPOAlla fine, il suo utero, benché capiente, divenne un fardello troppo

pesante e Gea decise di porre termine alla tortura. Traendo il ferro dalle proprie viscere, ne fece una falce dentata ed espose ai figli l’uso da farne.

Il più giovane, Crono, accettò di eseguire il piano della madre: quan-do Urano, avvolto in una coperta di nuvole, giunse la notte per unirsi a Gea, Crono uscì dal suo nascondiglio, afferrò il padre per i genitali con la sinistra e con la destra glieli tranciò con la lama. Il sangue cadde su Gea che ne fu fecondata: da questo drammatico contatto nacquero le Erinni, i Giganti e le ninfe Melie. Dall’eiaculazione del membro di Urano caduto in mare prese forma Afrodite dalle lunghe chiome, la dea dell’amore.

Il Protogonos, il primo generato dall’Uovo del Mondo secondo la cosmologia orfica, in un rilievo romano del II secolo d.C. conservato alla Galleria Estense di Modena.

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LE ORIGINI12

LA PRIMA DEADi Afrodite parleremo subito, invece che riservarle una trattazione nel

capitolo dedicato agli dei olimpici. Non solo infatti la dea dell’amore, nata dal sangue di Urano, è per questo ‘ante-nata’ rispetto a tutti i grandi numi

della dinastia vincente che si raccoglierà attorno a Zeus: essa ‘viene prima’ anche dal punto di vista storico e antropologico, nonché simbolico, sia che si voglia pensare al mare come elemento da cui cominciò la vita, sia che si interpreti Afrodite come la misteriosa energia dell’amore che alla

vita stessa presiede assicurandone la continuazione, più forte di quella distruttiva del Tempo.

Afrodite emerse dunque dal mare: essa in effetti è, storicamen-te parlando, la più ‘mediterranea’ delle grandi dee di cui si è con-servata traccia. Proprio la relazione con il mare ‘nostro’ ci sembra più interessante dell’interpretazione razionalistica che viene data a proposito del racconto della sua nascita. Poiché infatti, anche etimologicamente, è collegata alla spuma marina, alcuni studiosi hanno messo in relazione l’aspetto schiumoso dello sperma con il dominio di Afrodite nella sfera della sessualità e delle emo-zioni amorose. È bensì vero che nel mito classico la dea ha ormai perso ogni rapporto con l’aspetto cosmologico e meteorologico della natura: affiancata dal compagno-figlio Eros, l’Afrodite

della classicità appare strettamente legata all’essere umano, che nell’esperienza ‘interna’ degli effetti della passione sul corpo e sull’anima si percepisce come ‘io’ distinto dalla natura. Ma accanto a questa Afrodite continuano a convivere in contesti particolari immagini e richiami a caratteri molto più antichi della dea. Intanto, di una

sua originaria personalità cosmologica è segno la col-locazione dei suoi più venerati santuari, come quello di

Corinto o di Erice, in Sicilia, sulla cima di un monte, luogo cosmico per eccellenza, punto di contatto tra la Terra e il

Cielo. A Corinto come a Erice, compiuta l’ascesa, i pellegrini erano accolti da sacerdotesse che praticavano la prostituzione sacra. Quando si affievolì il significato profondamente reli-gioso di questa pratica, nell’ambigua collocazione sociale e ideologica che ancora oggi caratterizza il mondo della prostituzione, le etere incominciarono a venerare la dea co-

me una di loro.

AFRODITE, L’AMORE E LA VITA

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AFRODITE, L’AMORE E LA VITA 13

VENERE E MARTEAltra caratteristica celeste di Afrodite, già propria della fenicia Astarte

e mantenutasi per la romana Venere, era l’identificazione con il pianeta primo a brillare nel crepuscolo e ultimo a lasciare il cielo del mattino.

Come stella della sera annunciava le tenebre e il sorgere più intenso del desiderio erotico nella carne, ma chiamava in gioco anche la relazione tra l’amore come fuoco dei sensi e la morte come freddo e assenza di luce. Così alcuni epiteti di Afrodite in Grecia la presentavano come divinità della morte, tessendo un legame tra le due forze antitetiche dell’amore e della morte che si ritrova anche nella Venere Libitina dei Romani.

La dea Afrodite in una statua custodita al Museo Archeologico di Atene.

Venere e Marte in un affresco pompeiano.

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LE ORIGINI14

Come stella del mattino, che ancora risplende quando il cielo si accen-de nell’annuncio di un nuovo giorno, Astarte simboleggiava l’ardore della guerra: un collegamento con questa inauspicabile ma ricorrente condizio-ne dell’umanità si mantiene anche nell’Afrodite greca, attraverso la sua relazione con Ares, di cui si dirà parlando del dio della guerra.

L’affinità di Afrodite con le grandi dee del Vicino Oriente è ancora più stretta nel racconto della più struggente storia d’amore della dea, che ha per coprotagonista Adone, molto prossimo al siriano Tammuz.

ADONE E LE DUE DEELa vicenda di Adone ha le sue radici in un incesto; ne riassumiamo una

delle varie versioni. Alla madre di Adone, di nome Smirna (o Mirra), era toccato di subire la vendetta di Afrodite per colpa della madre, che stol-tamente aveva osato definirla più bella della stessa Afrodite. Così la dea aveva fatto innamorare Smirna del padre e l’aveva indotta a fare in modo di giacere con lui, approfittando di una notte di ubriachezza. Quando egli si rese conto dell’accaduto, inseguì la figlia gravida per ucciderla, ma lei, dietro sua preghiera, fu trasformata in una pianta di mirra da Afrodite o da Zeus: la spada che il padre brandiva calò così sulla pianta e ne uscì Adone, che la dea prese subito con sé.

Il fanciullo, il cui nome significa semplicemente ‘uomo’, era di tale bellezza che essa decise di goderne in modo esclusivo. Così lo chiuse in una cassa e lo affidò a Persefone, la regina degli Inferi, con l’ordine di non aprirla. Ma questa, curiosa, volle conoscere la natura del tesoro affidatole e, dopo che vide Adone, presa da un’attrazione irresistibile, si rifiutò di resti-tuire l’avvenente fanciullo. Zeus, chiamato a fare da arbitro nella contesa tra le dee, passò l’onere di pronunciare un verdetto alla Musa Calliope, che decise che Adone sarebbe dovuto restare da solo per un terzo dell’anno, con

INNO A VENERE Madre della stirpe di Enea, piacere degli uomini e degli Dei, Venere, che dai la vita! Tu fai sì che sotto il cielo dove scorrono le stelle il mare sia sparso di navi, e le terre sian feconde di raccolti: per merito tuo ogni essere vivente viene concepito e, una volta nato, vede la luce del sole. Te, o dea, fuggono i venti quando arrivi, e le nubi del cielo; ai tuoi piedi

la terra creatrice fa spuntare fiori fragranti, a te sorridono le distese del mare, e il cielo sereno risplende di luce chiara e serena. Infatti, appena il giorno rivela la primavera, e lo zefiro fa sentire il suo soffio fecondo, per primi gli uccelli, o divina, annunciano te e il tuo arrivo, col cuore commosso dalla tua forza. Poi gli animali saltellano lieti

nei pascoli, né li ferman le acque dei torrenti impetuosi: ognuno sedotto dalle tue grazie vuole seguirti, non conta dove. Nei mari, monti e fiumi impe-tuosi, nelle frondose case degli uccelli e nei prati verdi infondi un dolce amore, e fai in modo che tutti si propaghino, specie per specie.

Lucrezio, De Rerum Natura, I, 1-49

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AFRODITE, L’AMORE E LA VITA 15

Persefone per un altro terzo e con Afrodite per il rimanente. La morte che ogni anno lo portava dalla luce alle tenebre veniva provocata dalla ferita letale di un cinghiale selvaggio, in cui nel passaggio dal mito orientale a quello greco venne individuato Ares, geloso per essere stato tradito dall’adorata dea della bellezza. Ed essa ogni volta, nel ricordo struggente dell’intimità con Adone, ne piangeva disperata la morte fra gli anemoni rossi sbocciati dalle gocce del sangue sparso dal cinghiale.

Questo mito nell’antichità divenne così popolare da arrivare a insidiare persino il granitico monoteismo ebraico e a conquistare proseliti nella Ro-ma imperiale. Eppure fu aspramente osteggiato e presentato come osceno entro culture che, per motivi diversi, non volevano leggervi la profonda immagine dell’amore disperato della terra per la vita che essa stessa di continuo produce e consuma.

Paolo Veronese, Venere e Adone, 1580, Museo del Prado, Madrid.

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LE ORIGINI16

AFRODITE ED EROSIn generale comunque Afrodite esercitava su Ares, il Marte dei Ro-

mani, influssi benefici. Per questo può oggi sembrarci particolarmente appropriato l’abbinamento della dea con la colomba. È in effetti un ab-binamento accattivante: la grazia leggiadra e i teneri riti di corteggia-mento di questi miti animali possono aver indotto i Greci a consacrarli ad Afrodite, ma la simbologia della colomba precede il definirsi della personalità della dea come dea dell’amore umano. Compare infatti ad annunciare la fine del ‘diluvio’ tanto nella versione assiro-babilonese di quest’evento quanto in quella ebraica, mentre in più di una mitologia incarna la Grande Dea Madre.

AFRODITE, LA MADRE E LA TERRAIn effetti Afrodite nella sua forma mediterranea ed egea più antica è

anche figura di madre, variamente legata alla Terra, alla sua fecondità e ai suoi doni. Così Astarte gradiva i primi frutti dei raccolti, come del resto la dea latina Frutis e la stessa Venere che, prima di venire assimilata ad Afrodite, era la dea dei giardini e degli orti, delle bacche selvatiche e delle erbe, delle pigne e dei cipressi.

Nel temenos, vale a dire nel recinto sacro, alberato e fiorito, che affian-cava i suoi templi, si ribadiva la variegata e antica fisionomia agreste della dea. E nel mito classico le resteranno associate la mela, in particolare la cotogna, la rosa e soprattutto il mirto. Sorta nuda dalla spuma del mare, la dea si sarebbe infatti nascosta dietro un cespuglio di questo splendido e profumato arbusto della macchia mediterranea che da allora, odiato dalle vergini, restò per sempre legato alla sua divinità e al suo fascino irresistibile.

Quanto all’aspetto della maternità come mistero femminile e momen-to cruciale del parto, se ne conserva una traccia nel culto attico di Afrodite Genetillide e in quello latino per la Venus Genetrix.

Da quanto si è detto sinora risulta chiaro perché possano essere giu-dicate discutibili, per quanto autorevoli, le fonti che vogliono Afrodite figlia di Zeus e Dione: come sarà precisato parlando di questa presunta relazione amorosa di Zeus, la dea Dione presenta sì affinità con la dea dell’amore, ma in quanto divinità matriarcale, signora della quercia ora-colare di Dodona dalla quale fu spodestata proprio dal patriarcale Zeus.

EROS E LE SUE FRECCEInfine, prima di abbandonare il tema dell’amore, un ultimo cenno

a Eros, che nel mito orfico della creazione è addirittura ‘il generato per primo’. Al di fuori di questa concezione mistica e filosofica, cui abbiamo accennato nell’apertura di questa sezione, gli vennero attribuiti padri e madri diverse, anche se andò progressivamente configurandosi come il

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figlio-ragazzo capriccioso e irresponsabile di Afrodite, in grado di far divampare la passione amorosa anche nel cuore più freddo e insensibile. Al contrario di Afrodite, non si innamorava mai e non scoccava le sue frecce perseguendo un disegno, quasi identificandosi con quest’azione e con i segni tangibili delle sue ferite nel corpo e nell’anima.

Amore e Psiche in un dipinto del 1895 di William-Adolphe Bouguereau (collezione privata).

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LE ORIGINI18

L’ETÀ DELL’OROCRONO, SATURNO E REATorniamo a Crono, che abbiamo lasciato a godere del successo tanto

crudelmente riportato sul padre. La sua successiva biografia non ne smen-tisce il carattere e la determinazione.

In primo luogo sposò la sorella Rea, che gli partorì tre maschi e tre femmi-ne, destinati tutti ad avere un ruolo di primissimo piano nel pantheon olimpi-co: Zeus, Posidone e Ade, nonché Era, Demetra ed Estia. Ma di loro si dovrà ampiamente parlare in seguito. Deciso a mantenere la signoria del mondo e consapevole per esperienza diretta di quanto i figli potessero essere pericolosi per i padri, Crono li divorava a uno a uno, non appena Rea li aveva partoriti. Quando fu la volta di Zeus, essa, esasperata, andò a chiedere consiglio sul da farsi ai vecchi genitori e questi la indirizzarono a Creta, perché vi nascondesse il bambino. (Tra parentesi, il nome di Rea viene da Creta dove, come dea della vita sulla terra nelle sue varie manifestazioni, la si celebrava in processioni accompagnate dal suono di cembali e zampogne, seguite da orge mistiche.) A Crono doveva invece porgere al posto del neonato una grossa pietra avvolta in fasce: il padre, ignaro dell’inganno, la ingoiò e dovette poi pagare caro il fatto di non essersi accertato del contenuto dell’involucro.

Pietro da Cortona, L’Età dell’Oro,

1641-1646, Palazzo Pitti, Firenze.

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L’ETÀ DELL’ORO 19

L’ETÀ FELICEEppure, nonostante tanta durezza, a Crono (che i Romani avrebbero

identificato con Saturno) è legato il ricordo dell’età dell’oro, felice mo-mento alle origini della storia del mondo e dell’umanità. Gli uomini infatti vivevano senza affanni e senza bisogni insoddisfatti, come gli dei. Liberi anche dal male fisico, passavano da una dilatata giovinezza alla morte come si passa dalla veglia al sonno. I campi offrivano in varietà e abbondanza alimenti e frutti prelibati senza bisogno di coltivarli; ognuno aveva armenti bastevoli a coprire il proprio desiderio di possesso e ciò non faceva nascere invidia per gli altri, garantendo una pacifica convivenza.

Alimento principe della quotidiana festa della vita era il miele, di cui indifferentemente si cibavano uomini e dei, che stillava dalle querce. E Crono dormiva, ebbro di miele, il primo sonno del mondo quando il figlio Zeus l’incatenò per portarlo nell’esilio dorato delle Isole dei Beati.

ZEUS E I CICLOPIZeus infatti, cresciuto forte e coraggioso fuori dall’utero materno, tor-

nò a chiedere conto al padre della sua condotta e, prima di esiliarlo, lo costrinse a rendere alla luce gli altri figli che aveva ingoiati; liberò anche Sterope ‘il fulmine’, Bronte ‘il tuono’ e Arge ‘il bagliore’, tre Ciclopi a loro volta nati da Gea e Urano, che Crono aveva tolto di mezzo confinan-doli nel Tartaro. Per riconoscenza i tre ‘zii’, mostruosi per l’unico occhio rotondo che si apriva loro in mezzo alla fronte, ma potenti per i fulmini e i tuoni che padroneggiavano, fecero di questi ultimi dono all’intrapren-dente nipote.

GIOVE DÀ AGLI UOMINI IL LAVOROPrima di Giove non c’erano uomini che lavorassero la terra per soggiogarla, e non era lecito zapparla o segnare e limitar dei confini; in comune si cercavano i frutti, e il suolo spontaneamente produceva ogni cosa assai più generoso, senza che alcuno dovesse solle-citarlo. Egli istillò nei serpenti il maligno veleno, indusse i lupi a divenir predatori e volle il mare esposto alle tempeste; scosse via il miele da sotto le

foglie, si prese il fuoco e fermò il vino che ovunque scorreva a rivoli: tutto ciò perché lo stimolo della necessità e, in suo aiuto, il pensiero a poco a poco facessero inventare le varie arti, come cercar lo stelo di grano nei solchi o far scatu-rire il fuoco nascosto nel cuore della selce. Fu così che per la prima volta i fiumi avvertirono il peso delle chiglie d’ontano, che il nocchiero scoprì il ritmo e diede un nome alle stelle: le Pleiadi, le Iadi, l’Orsa lumino-sa di Licaone; fu poi trovato il

modo di catturar le fiere con i lacci, di attrarle nel vischio e di assediar con i cani le balze boscose. E c’è chi sferza con la fionda il largo fiume, onde raggiungerne il fondo, e chi ritira dal mare le umide reti; e dopo ancora fu scoperto il duro ferro e inventata la lama della sega che stride (poiché prima solo con i cunei poteva-no gli uomini spaccare la legna fendibile) e nacquero insomma tutte le arti.

Virgilio, Georgiche, I, 125-144

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LE ORIGINI20

I PRIMI UOMININel passaggio di poteri da Crono a Zeus si era intanto consumata

l’età dell’oro e gli uomini non ne trassero di sicuro dei vantaggi, come il poeta latino Virgilio illustra efficacemente nel suo poema sul lavoro, le Georgiche.

Ma come e per volontà di chi era nata la specie umana, che fu più di tutti gli esseri viventi coinvolta in uno stretto rapporto con gli dei? In proposito non esiste un resoconto unanime.

Secondo alcuni gli uomini potrebbero essere nati allo stesso modo di tutti i frutti e di tutte le creature animate della Terra, ‘spuntando’ in luo-ghi speciali, dove le condizioni erano più adatte alla loro crescita e al loro sostentamento. Si comprende allora perché si parli di ‘primo uomo’ per personaggi come Alalcomeneo, che dal seno della Terra sarebbe venuto al mondo in Beozia, presso il lago Copaide, o come Pelasgo, spuntato invece in Arcadia, oppure ancora come Garamante, in cui uno dei popoli libici riconosceva il suo capostipite. In realtà un po’ tutte le regioni e le isole avevano storie simili da raccontare, esprimendo così il sentimento d’identità della propria stirpe e l’orgoglio delle proprie tradizioni.

Ma una versione dei fatti, che ha per protagonista Prometeo, riguarda l’umanità nel suo complesso.

PROMETEOPrometeo era figlio del titano Giapeto, mentre la madre, Climene,

sarebbe appartenuta alla foltissima schiera delle Oceanine. Per la sua in-telligenza vivace tendeva ad accompagnarsi ad Atena che, come vedremo, Zeus aveva generato dalla propria testa. Pare dunque che Atena gli avesse trasmesso molte delle conoscenze per cui era la più colta di tutti gli dei, dall’architettura alla nautica, dall’astronomia all’arte di lavorare i metalli. Pare addirittura che gli avesse concesso di plasmare gli esseri umani a immagine e somiglianza degli dei impastando della creta con l’acqua del fiume Panopeo, che scorreva nella regione della Focide. Lei stessa avrebbe infuso la vita in queste statue col suo soffio divino. Ma se anche a Prome-teo non spetta tanto merito, egli ebbe comunque modo di mostrare il suo interessamento per l’umanità.

Si racconta infatti che quando gli dei decisero che la terra si sareb-be dovuta popolare di esseri mortali, li forgiarono usando come materia prima gli elementi naturali fondamentali. Poi affidarono a Prometeo e a suo fratello Epimeteo il compito di ‘sgrossarli’, distribuendo tra le varie specie capacità e ornamenti. Epimeteo volle procedere da solo senza l’as-sistenza dell’accorto fratello e diede tutto quanto era a disposizione ai vari

GLI DEI E GLI UOMINI

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GLI DEI E GLI UOMINI 21

animali, arrivando a non avere più nulla per gli uomini. E questo sarebbe stato il motivo per cui Prometeo rubò per loro il fuoco agli dei e li istruì nelle arti di Efesto, il dio fabbro, e di Atena.

Secondo il poeta tragico Eschilo il furto del fuoco fu invece compiu-to da Prometeo quando gli uomini non solo esistevano già, ma avevano anche avuto il tempo di mettere a profitto gli insegnamenti di Efesto e di diventare troppo potenti agli occhi degli dei. Per questo Zeus aveva intenzione di distruggerli, ma lo stesso Prometeo lo avrebbe dissuaso. Una volta però questi raggirò Zeus circa le modalità di distribuzione tra gli dei e gli uomini delle carni dei sacrifici e allora Zeus lo punì, portando via il fuoco agli uomini.

Jean-Simon Berthélemy e Jean-Baptiste Mauzaisse, Prometeo crea l’uomo alla presenza di Atena, 1802, Musée du Louvre, Parigi.

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GLI DEI E GLI UOMINI 23

Efesto plasma Pandora nella rappresentazione di una figurina pubblicitaria d’epoca.

La terribile punizione di Prometeo nell’interpretazione di Peter Paul Rubens, 1611-1618, Philadelphia Museum of Art.

Nell’impresa di riprenderlo, Prometeo fu aiutato da Atena, che lo in-trodusse sull’Olimpo: egli accese una torcia al carro ardente del Sole, ne depose un tizzone acceso nel gambo cavo di un grosso finocchio e tornò indisturbato fra gli uomini, senza che al momento nessuno si accorgesse del furto. La punizione di Zeus fu terribile, non solo perché l’amico degli uomini venne incatenato a una rupe del Caucaso, dove un avvoltoio (o un’aquila) gli divorava di continuo il fegato, ma anche perché decise di mandare fra gli uomini… la prima donna.

PANDORA, LA PRIMA DONNA In effetti tutti i racconti sull’origine degli esseri umani parlano sem-

pre di uomini in senso letterale: le donne non vi compaiono. I guai, dunque, sarebbero incominciati con la comparsa di Pandora, almeno secondo il maschilista Esiodo.

Zeus dunque ordinò all’inclito artefice Efesto di plasmare una fem-mina di creta, ai Venti di insufflarvi la vita e alle dee della sua corte di ornarla. Questa ‘Eva’ pagana fu inviata in dono a Epimeteo, che tuttavia in un primo tempo si rifiutò di accettarla, perché Pro meteo lo aveva messo in guardia rispetto a possibili ritorsioni di Zeus. Ma l’orribile sorte riservata da Zeus al saggio fratello lo indusse a ritornare sulle sue decisioni ed egli sposò Pandora. La ‘ricca di tutti i doni’ (tale è il significato di questo nome) era in realtà tanto bella quanto leggera, pigra e irresponsabile: ignorando le raccomandazioni di Pro meteo che aveva affidato a Epimeteo un vaso facendosi promettere di non aprirlo, non seppe resistere alla curiosità e volle conoscerne il contenuto. Nel vaso c’erano tutti i mali e le miserie che possono affliggere l’umanità: la vecchiaia, il duro lavoro, il male fisico, la follia, le varie forme di pas-sione… I mortali scontarono ben presto il prezzo della sua incoscienza. Ma il vaso conteneva anche la Speranza, che li confortò (o li illuse) nella quotidiana fatica di vivere.

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384 LABDACO

LLABDACO 302

Figlio di Polidoro, a sua volta figlio di Cadmo, re di Tebe. Era bambino quando il padre morì, per cui Nitteo (v.) gli fece da reggente. Dopo la parentesi di-nastica costituita da Nitteo, Lico e i gemelli Anfione e Zeto, il trono di Tebe tornò a suo figlio Laio.

LABICO‘Munito di cinturone’: altro nome di Glauco (v.), fi-glio di Minosse e Pasifae, che gli venne dal fatto di aver introdotto tra gli Italici l’uso di questo capo dell’abbigliamento bellico maschile di origine cretese.

LABIRINTO 112-113, 241Nome del palazzo reale e dei relativi giardini di Cnos-sos, a Creta, la cui costruzione viene dalla leggenda attribuita a Dedalo (v.). Vi fu rinchiuso il Minotauro (v.). Teseo, dopo averlo ucciso, riuscì a evadere dal Labirinto grazie al filo fornitogli da Arianna.

LACEDEMONEFiglio di Zeus e di Taigeta, una delle Pleiadi (v.). I due generarono Imero, che in un’orgia notturna approfittò della sorella Cleodice. Il mattino seguente, resosi con-to di quanto aveva fatto, Imero si uccise.

LACHESI 37, 298Una delle Parche (v.).

LACINIOEroe della mitologia della Magna Graecia, che diede in moglie la propria figlia a Crotone, fondatore dell’o-monima città calabra. Portava il suo nome la punta che si protende nello Ionio, oggi Capo Colonna o Capo Nao. Qui sorgeva un importante santuario dedicato a Era, detta per questo ‘La cinia’.

LACTURNODivinità romana minore, che presiedeva alla conser-vazione delle biade.

LADADivinità della Licia, che sembra aver dato origine alla greca Leda (v.).

LADONE 62, 97, 100, 233a) Divinità fluviale dell’Arcadia, figlio di Oceano e di Teti, nonché padre di Dafne, Talpusa, Metope e Siringa. Gli viene attribuita come figlia anche Nico-strata (v.).b) Figlio di Tifone e di Echidna, oppure di Ceto e di Forco, o ancora di Gea, in questo caso generato per partenogenesi, come Tifone. Era il serpente dalle cento teste messo con le Esperidi a guardia dell’albero delle mele d’oro, di cui Eracle si impossessò ucciden-dolo con una freccia.

LAERTE 285Figlio di Acrisio, sposò Anticlea, figlia di Autolico, da cui ebbe Odisseo (anche se a proposito del concepi-

mento dell’astuto eroe si parla di un fugace incontro di Anticlea con Sisifo, precedente alle sue nozze). Parteci-pò alla caccia del cinghiale calidonio e alla spedizione degli Argonauti e regnò su Itaca. Cedette poi il regno al figlio e non riuscì a recuperare la sua autorità duran-te la sua lunga assenza, a causa dell’arroganza dei Proci (v.) che si erano installati nella reggia, sostenendo che Odisseo era disperso e che la moglie Penelope avrebbe dovuto scegliere un nuovo sposo e quindi un nuovo so-vrano. Dopo la strage dei Proci tuttavia Laerte riprese le armi per combattere i loro parenti, sollevatisi contro Odisseo, e uccise il padre di Antinoo.

LAFRIANome con cui a Cefalonia era venerata Dittinna (v.).

LAIO 108, 302-305Figlio di Labdaco, re di Tebe dopo la parentesi nel-la successione dinastica della sua famiglia sul trono della città legata ai nomi di Lico (v.) e dai suoi nipoti Anfione e Zeto. Durante l’infanzia Laio visse presso Pelope e qui si innamorò di suo figlio Crisippo (v.), che morì in circostanze misteriose. Tornato a Tebe La-io sposò Giocasta e con lei generò Edipo (v.) che, non conoscendolo come proprio padre, lo uccise e sposò successivamente la propria madre.

LAMIA 105, 144-145Il mito classico la vuole figlia di Belo e di Libia, amata da Zeus e orrendamente punita dalla gelosia di Era, ma alcuni studiosi rintracciano in questo personaggio una dea-serpente cretese, che sembra venisse onorata con riti mistici affini a quelli riservati a Demetra a Eleusi.

LAMOa) Figlio di Eracle e di Onfale.b) Antico re dei Lestrigoni (v.), fondatore della rocca di Telepilo.

LAMPADONome di una regina delle Amazzoni (v.), che con Ippo (v.) e Marpesia (v.) inaugurò a Efeso il culto di Artemi-de delle Amazzoni.

LAMPEZIA 48Ninfa, figlia di Elio e di Neera.

LAMPOa) Uno dei destrieri (l’altro era Fetonte) che trainavano il carro di Eos, l’Aurora.b) Figlio di Laomedonte di Strimo.

LAOCOONTE 230, 264Figlio di Antenore, sacerdote di Apollo a Troia. Cercò di convincere i suoi concittadini a diffidare del cavallo di legno lasciato dai Greci e delle parole di Sinone (v.), ma due serpenti marini usciti dalle acque, che lo avvolsero con i figlioletti nelle loro spire mentre stava celebrando sulla spiaggia un sacrificio a Posidone, indussero i Troiani a ritenere immotivata la diffidenza di Laocoonte e orientata in senso contrario la volontà degli dei.

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385LAUSO

LAODAMANTEa) Figlio di Eteocle. Fu re di Tebe dopo Creonte e dovette contrastare l’attacco degli Epigoni (v.). Uc-cise Egialeo, figlio di Adrasto, ma trovò la morte per mano di Alcmeone. Una variante della storia lo vuole incolume e profugo nell’Illiria.b) Figlio di Alcinoo, re dei Feaci.

LAODAMIA 258a) Figlia di Acasto, è soprattutto nota per l’amore in-tenso che nutriva nei confronti del marito Protesilao (v.), partito per Troia il giorno successivo alle loro noz-ze. Durante la sua assenza, se ne consolava con una sta-tua fatta costruire a sua immagine. Quando seppe che era morto, pregò gli dei di poter stare con lui un’ultima volta per tre ore e Zeus l’accontentò, richiamando l’a-nima di Protesilao dagli Inferi e permettendo che desse la sua voce alla statua. Dopo il drammatico colloquio, Laodamia si pugnalò per seguire il marito nel regno della morte. In un’altra versione Laodamia si getta nel rogo ove è messa a bruciare la statua, per volontà del padre che, pur avendola costretta a rimaritarsi, scopre che non ha cessato di torturarsi e di intrattenersi con essa; in un’altra ancora Protesilao scampa alla morte.b) Figlia di Bellerofonte e di Filinoe. Amata da Zeus, generò Sarpedonte. Quando il fratello Isandro e Ippo-loco disputarono per la successione al trono di Lidia, decisero di risolvere la questione sfidandosi a infilare una freccia in un anello d’oro appeso al collo di un bambino. Ciascuno pretendeva che il bambino dovesse essere il figlio dell’altro e, per evitare che si uccidessero fra loro, Laodamia propose di ricorrere al proprio figlio Sarpedonte. Ammirati per il gesto generoso, i conten-denti deposero le loro pretese al trono, che lasciarono allo stesso Sarpedonte e a Glauco, figlio di Ippoloco.

LAODICEa) Moglie di Telefo, in alternativa ad Astioca.b) Figlia di Priamo e di Ecuba, moglie di Elicaone (v.). Nel corso dell’ambasceria degli Ateniesi a Troia, aveva intessuto una relazione con Acamante concependo un figlio, Munito, che fu allevato da Etra, madre di Teseo e schiava a Troia di Elena. (Da un punto di vista ge-nealogico, si trovava a essere la bisnonna di Munito.) Quando Troia cadde, si rifugiò in un santuario, ma venne inghiottita da una voragine.c) Figlia di Cinira.d) Nome meno frequentemente utilizzato di Elettra (v.), per indicare la figlia di Agamennone e Cliten-nestra.e) Figlia di Agapenore, re di Tegea.

LAODOCOFiglio di Antenore, nominato tra i vecchi saggi di Troia.

LAOGONOa) Guerriero troiano, figlio di Biante.b) Guerriero troiano, figlio di Onetore.

LAOMEDONTE 73-74, 230, 253a) Re di Troia, si avvalse della collaborazione di Po-sidone, Apollo ed Eaco per la costruzione delle mura della città, ma non corrispose poi il compenso pattu-ito. La figlia Esione, esposta al mostro marino inviato da Posidone per punirlo, fu salvata da Eracle, che poi uccise Laomedonte, dopo aver organizzato una spe-dizione contro Troia, perché anche nei suoi confronti aveva mancato di parola.b) Figlio di Eracle e di Onfale.

LAONOMEUna delle amanti di Eracle, figlia di Guneo. L’Eroe la frequentò nell’intervallo di tempo fra la prima fase della spedizione contro l’Elide e l’uccisione dei Mo-lioni.

LAOTOEa) Schiava di Priamo e madre, come sua concubina, di Licaone e Polidoro.b) Madre di Testore (v.).

LAPITI 83, 114, 197, 210Popolo della Tessaglia, che ingaggiò una lunga lotta mortale con i Centauri.

LARANinfa laziale. Rivelò a Giunone che Giove aveva in corso una relazione con Giuturna e questi la punì facendole mozzare la lingua e affidandola a Mer-curio perché la conducesse negli Inferi. Durante il tragitto Mercurio la sedusse e Lara generò i Lari (v.). Talvolta si confonde con Muta o Tacita e nei riti che la riguardavano le donne legavano la bocca a un pesce morto.

LARIDivinità italiche collegate al culto degli antenati, anche se di probabile origine agricola.

LARVEPer i Romani erano gli spiriti dei morti che in vita avevano avuto un comportamento disdicevole. Per tenerli lontani, si spargevano fave nere sulla soglia di casa.

LATINO 277, 312, 314Nell’Eneide è il re di Laurento, figlio di Fauno e della ninfa Marica, che accolse benevolmente Enea e gli die-de in sposa la figlia Lavinia. Tradizioni mitologiche anteriori ne parlano invece come di un figlio generato a Odisseo da Circe o da Calipso.

LATONA 135, 137Vedi Leto

LATTURCINADivinità agricola romana che presiedeva all’inturgi-dimento delle spighe di grano con la formazione di chicchi che, spremuti, fornivano una specie di latte.

LAUSO 314Eroe giovinetto, figlio del re etrusco Mezenzio, im-molatosi sul campo di battaglia per salvare la vita del padre e ucciso da Enea.

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386 LAVERNA

LAVERNADea latina protettrice dei boschi e dei ladri, che in essi trovavano riparo.

LAVINIA 312Figlia di Latino, re del Lazio, presa in sposa da Enea dopo il vittorioso duello con Turno.

LEANDROGiovane di Abido, nella Misia. Si innamorò di Ero, che abitava sulla sponda opposta. Ogni notte raggiun-geva a nuoto l’amata guidato da una luce accesa allo scopo dalla fanciulla. Una notte, spentasi la fiaccola a causa di una tempesta, Leandro fu inghiottito dai flut-ti. Quando, il giorno seguente, le onde depositarono il suo cadavere sulla spiaggia, Ero lo trovò e si uccise per la disperazione.

LEARCO 215Figlio di Atamante (v.) e di Ino, ucciso dal padre in un impeto di follia.

LEDA 287-288, 298Figlia di Testio e moglie di Tindaro, che regnava in Laconia. Il suo nome potrebbe derivare da ‘lada’, che in Licia indicava genericamente ‘la donna’ o ‘la dea’, oppure essere messo in relazione con Leto. Tuttavia nel mito classico, oltre che essere moglie di Tindaro, sarebbe stata sedotta da Zeus sotto forma di cigno o avrebbe allevato, assieme ai propri, i figli concepiti da Nemesi sedotta da Zeus-cigno e nati da un uovo, trova-to da Leda stessa o deposto tra le sue gambe da Ermes.

LEITOCapo beota alla guerra di Troia, figlio di Arisbante.

LELAPONome del cane da caccia infallibile che Minosse, dopo averlo avuto da Artemide, regalò a Procri per godere delle sue grazie. Essa lo donò poi al marito Cefalo e questi lo imprestò ad Anfitrione per dare la caccia alla volpe di Teumesso (v.).

LEMURIGli spiriti dei morti, per i Romani. Erano loro dedica-te delle cerimonie rituali intorno alla metà di maggio.

LENEOEpiteto di Dioniso, dal nome di un sacro recinto ove sorgeva un tempio dedicato al dio nei pressi di Atene.

LEOa) Figlio di Orfeo, antenato dei Leontidi ateniesi.b) Araldo di Teseo, della tribù degli Agni, favorì l’e-roe che difendeva Egeo nella contesa per il trono di Atene contro Pallante e i suoi cinquanta figli. In un momento critico per Atene, colpita da pestilenze e carestie, sacrificò le proprie figlie Teope, Eubula e Prassitea per salvare la città, come l’oracolo di Delfi aveva prescritto. Il sacrificio delle fanciulle era ricor-dato ad Atene dal Leocoreo.

LEOCRITOa) Guerriero greco alla guerra di Troia, figlio di Ari-sbante.

b) Uno dei Proci (v.), ucciso da Telemaco.LEODE

Quello, fra i Proci (v.) installati nella reggia di Itaca, che presiedeva ai sacrifici. Fu ucciso da Odisseo.

LEONTEOCapo tessalo alla guerra di Troia, figlio di Corono.

LERNA 75, 102, 116, 226Palude dell’Argolide, dove dimorava la mostruosa Idra che fu uccisa da Eracle.

LESTRIGONI 276Favoloso popolo di giganti cannibali in cui si imbatté Odisseo, che ne ebbe la flotta distrutta e perdette buona parte dei compagni.

LETE 122, 312‘Oblio’: era un fiume degli Inferi, che faceva dimenti-care la vita trascorsa a chi ne bevesse le acque.

LETO 47-48, 92, 126, 135-137, 167, 172, 303Figlia di Ceo e di Febe, due dei Titani (v.), fu amata da Zeus cui partorì i gemelli Apollo e Artemide. Il suo nome significa ‘tenebra’ e nel mito pre-classico aveva probabilmente affinità con la Notte primor-diale, dalla quale si diceva pure che si fosse poi ori-ginata la luce.

LEUCE 125Una delle Oceanine (v.). Fu amata da Ade e trasforma-ta nel pioppo bianco che, nella geografia degli Inferi, è posto accanto alla fonte della Memoria all’ingresso dei Campi Elisi.

LEUCIPPAa) Nome con cui viene chiamata la sposa di Laome-donte, re di Troia, in alternativa a Strimo, Zeusippe o Toosa.b) Sorella di Teonoe (v.).

LEUCIPPENome di una delle Miniadi (v.).

LEUCIPPO 176Re della Messenia, figlio di Periere e Gorgofone. Il rapimento delle figlie Febe e Ilaira (le Leucippidi) promesse ai gemelli Ida e Linceo da parte dei Dioscuri fu all’origine della tragica fine dei quattro fratelli.

LEUCOVedi Medea

LEUCONEFiglio di Nefele e di Atamante. Sarebbe morto giova-ne, di malattia.

LEUCOSIAUna delle Sirene (v.), nominata all’interno dei racconti mitologici fioriti nella Magna Graecia.

LEUCOTEA 86-87, 280‘La dea bianca’: nome che venne assunto da Ino (v.) dopo la sua trasformazione in divinità marina.

LEUCOTOE 51Figlia di Orcamo e di Eurinome. Fu amata da Elio e suscitò per questo la gelosia e la vendetta della sorella Clizia.

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387LICOTERSE

LIBERACon Cerere (v.) e Libero, questa divinità formava una triade venerata negli ambienti agricoli del mondo romano e celebrata ogni anno il 17 marzo, con le feste dette Liberalia. Le feste sottolineavano la grati-tudine dei fedeli per il ritorno della vegetazione sulla superficie della terra: alcune donne anziane, ornate di edera, fungevano da sacerdotesse di Libera e, sedute per la strada su rozze seggioline portatili, vendevano focacce a base di miele. I passanti acquistavano il dol-ce e ne offrivano un pezzetto alla dea. Più tardi la sua immagine si fuse con quella della greca Persefone (v.).

LIBEROOriginariamente si trattava forse di un appellativo di Giove (Libero o anche Liberatore) ma, dopo un periodo in cui il culto di questa divinità romana era associato a quello di Libera (v.) e di Cerere, coincise con il greco Dioniso (v.), dio della viticultura.

LIBIA 81Una delle Oceanine (v.), oppure una figlia di Epafo e di Menfi. Amata da Posidone, gli generò Belo e Age-nore. Da lei prese il nome la regione libica.

LIBITINA 17Antica divinità romana, che presiedeva ai funerali: il suo nome deriva dalla pratica delle ‘libagioni’, le offerte rituali consacrate agli dei e in parte consumate sulla tomba del defunto. La somiglianza del nome con la parola libido, che significa ‘desiderio’, è forse all’origine della successiva identificazione di Libitina con Venere, nell’aspetto notturno della dea dell’amore come colei che aveva tra l’altro il controllo della vita e della morte.

LICASchiavo di Eracle, che gli recapitò la tunica avvelena-ta del sangue di Nesso per ordine di Deianira. L’Eroe, per il dolore insopportabile che lo assalì dopo averla indossata, lo afferrò per i piedi e lo scagliò in mare.

LICAONE 23, 29, 167, 260a) Figlio di Pelasgo e re dell’Arcadia, viene in alcune fonti descritto come un sovrano giusto e saggio, al contrario dei suoi figli, e in altre come un uomo malvagio e crudele che arrivò a imbandire a Zeus, presentatosi a lui sotto mentite spoglie, le carni del figlio Nittimo. (Nella prima versione questo raccap-pricciante misfatto è attribuito ai figli.)b) Re macedone figlio di Ares e di Pirene (o Cirene), e dunque fratello di Diomede. Come quest’ultimo, sarebbe stato ucciso da Eracle.c) Figlio di Priamo e di Laotoe, fu ucciso da Achille.

LICEOEpiteto attribuito tanto a Zeus, quanto a Pan e ad Apollo (dal monte Liceo nei primi due casi, per ra-gioni controverse nel terzo).

LICINNIOUnico figlio di Elettrione sopravvissuto allo scontro con i figli di Pterelao.

LICO 206, 302a) Figlio di Posidone e di Celeno.b) Re di Mariandine, in Paflagonia, figlio di Dascilo e nipote di Tantalo. Ospitò Eracle in viaggio per andare a impossessarsi della cintura d’oro di Ippolita ed ebbe da lui in cambio un appoggio risolutivo nella sua guerra contro i Bebrici. Ospitò anche gli Argo-nauti e dette sepoltura a Tifide e Idmone.c) Fratello di Nitteo, reggente a Tebe per Laio, ancora bambino quando morì il padre Labdaco. Dopo la mor-te di Nitteo, prese il suo posto sul trono di Tebe dove regnò con la moglie Dirce. Per le persecuzioni che in-flissero alla nipote Antiope (v.), figlia di Nitteo, Lico e Dirce furono puniti da Anfione (v.) e Zeto, i Dioscuri tebani, che subentrarono nel governo della città.d) Figlio di Posidone e di Dirce. Attaccò Tebe e uc-cise Creonte, usurpandone il trono. Eracle era nel Tartaro per catturare Cerbero. Ritornò appena in tempo per vendicarsi di lui, che aveva tentato di se-durre Megara e, di fronte alle resistenze della donna, era pronto a ucciderla con i figli generati da Eracle. Poiché Lico godeva dei favori di Era, Eracle sarebbe stato per questo punito con la pazzia dalla dea: uccise infatti Megara, i figli comuni e l’amante Stichio. In questa versione del mito l’Eroe nello scontro con Lico ebbe l’appoggio di Teseo, che lo avrebbe poi condotto ad Atene affinché Medea lo guarisse con i suoi farmaci magici.e) Figlio di Prometeo e di Celeno.f) Re dei Lici, figlio di Ares e padre di Calliroe. Quando, di ritorno da Troia, Diomede fece naufragio sulle sue coste sarebbe stato sacrificato da Lico al pa-dre Ares se Calliroe (v.), innamoratasi dell’eroe, non l’avesse salvato.g) Abile indovino, figlio di Pandione e fratello di Egeo, da cui fu scacciato dall’Attica (oppure gli sa-rebbe toccata l’Eubea nella spartizione con i fratelli del regno paterno). Si rifugiò presso Sarpedonte (v.) e gli succedette nel regno della regione che, dal suo nome, si sarebbe poi chiamata Licia. Gli si attribui-sce anche il merito di aver iniziato la famiglia reale ateniese ai Misteri di Demetra e Persefone e a quelli di Attide.

LICOMEDE 243, 256-257a) Re di Sciro, presso il quale Teti nascose Achille perché non partecipasse alla guerra di Troia. Quando Teseo fu suo ospite, per paura forse che gli usurpasse il regno, lo uccise.b) Guerriero greco alla guerra di Troia, figlio di Cre-onte.

LICOTERSERe dell’Illiria, sposato da Agave (v.) dopo l’uccisione da lei perpetrata in stato di follia dionisiaca ai danni del figlio Penteo. Sarebbe stato a sua volta ucciso da Agave, che donò il suo regno al proprio padre Cadmo.

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388 LICURGO

LICURGO 68, 204, 218, 307a) Re tracio, era signore degli Edoni. Si oppose a Dio-niso e al suo seguito di Menadi, costringendo il dio a gettarsi in mare, per rifugiarsi presso Teti. Impazzito in seguito al sacrilegio, Licurgo uccise e smembrò il figlio Driade, convinto che si trattasse di un tralcio di vite. Fu messo a morte dal suo stesso popolo, dopo che la terra divenne sterile per l’orrore di quel delitto.b) Re di Nemea, padre di Ofelte (v.).c) Figlio di Aleo e di Neera, alla morte del padre gli subentrò sul trono di Tegea, che cedette poi a Iaso.

LIDOEroe eponimo della Lidia, figlio di Ati.

LIEO‘Colui che scioglie’: appellativo di Dioniso, che con il vino scioglieva gli uomini dall’assillo degli affanni.

LIGEAUna delle Sirene (v.), nominata all’interno dei raccon-ti mitologici fioriti nella Magna Graecia.

LIGIEFratello di Ialebione e Dercino, capo dei Liguri che assalirono Eracle in transito sulle loro terre con le mandrie di Gerione. Furono messi in fuga da una pioggia di pietre inviate da Zeus per proteggere il figlio.

LILITHPersonaggio della mitologia ebraica, che in un raccon-to sulla creazione precedente a quello del Genesi era la prima compagna di Adamo, dal potere demoniaco.

LIMNADINinfe delle paludi e degli stagni.

LIMODivinità minore dei Greci, considerata figlia di Eris e personificante la fame.

LINCEO 129, 289-290, 299a) Figlio di Egitto e marito di Ipermestra, l’unica delle Danaidi (v.) che disubbidì agli ordini del padre e salvò, appunto, il cugino Linceo. Questi, in seguito, uccise Danao e regnò al suo posto.b) Figlio di Afareo e di Arene, fratello gemello di Ida (v.). Era dotato di una vista acutissima, che gli consentiva di vedere attraverso i muri. Per questo, in qualità di scorta, partecipò alla spedizione degli Argonauti. Fu presente anche alla caccia del cinghia-le calidonio e gli fu fatale lo scontro che lo oppose, assieme al fratello Ida, ai Dioscuri (v.).

LINO 174a) Nome della ninfa che, in una delle genealogie attribuite a Pelope, lo avrebbe concepito da Atlante.b) Figlio di Apollo e di Psamate che, appena nato, lo espose in montagna per sfuggire all’ira del padre Crotopo. Fu raccolto dai pastori, ma in seguito di-vorato dai mastini di Crotopo. Questi, di fronte al dolore di Psamate, scoprì che era madre di Lino e la condannò a morte.

c) Musicista leggendario, da taluni indicato come maestro di Orfeo e di Tamiri, inventore del ritmo e della melodia. Viene detto figlio di Eagro e di Cal-liope; di Apollo, Ermes, e ancora Anfiarao (figlio di Posidone) e di Urania; di Apollo e Aretusa; infine, di Magnete e di Clio. Si racconta che Apollo, invidioso della sua grande abilità musicale, lo fece morire.d) Figlio di Ismenio, assegnato come maestro a Eracle fanciullo. Il futuro Eroe, disinteressato alla musica e irritato dai continui rimproveri del maestro, lo uccise con un colpo di lira.

LIPAROFiglio di Ausone. Cacciato dai propri fratelli, si ri-fugiò nell’isola dell’arcipelago che porta il suo nome e qui accolse Eolo, cui diede in sposa la figlia Ciane. Concluse la sua vita a Sorrento, i cui abitanti gli resero onori divini.

LIRA 208Costellazione. Perpetuerebbe il ricordo di Orfeo (v.) o di Arione (v.).

LIRIOPEMadre di Narciso (v.), come sposa del dio fluviale Cefiso.

LISIDICEFiglia di Pelope e di Ippodamia.

LISIPPAa) Regina delle Amazzoni, madre di Tanai (v.). Trasferì la sede del suo popolo dalle rive del fiume Amazzonia, poi detto Tanai per ricordare suo figlio, a quelle del Termodonte, in Cappadocia.b) Anche Lisippea: una delle Pretidi (v.), nominata in alternativa a Ifianassa come colei che andò sposa a Biante, vedovo di Pero.

LISIPPEASeconda moglie di Cefalo (v.).Vedi anche Lisippa.

LITIERSEFiglio bastardo di Minosse, invitava i suoi ospiti a una gara di mietitura e, quando erano sfiniti dalla fatica, li decapitava. Fu ucciso da Eracle.

LITTEAFiglia di Giacinto, venne con le sorelle sacrificata agli dei per stornare la maledizione impetrata da Minosse contro gli Ateniesi, colpevoli di aver fatto morire suo figlio Androgeo.

LOTOFAGI 273‘Mangiatori di loto’: nome del popolo libico accostato da Odisseo all’inizio delle sue peregrinazioni. Il loto, loro principale alimento, aveva la caratteristica di procurare l’oblio.

LUCINADea italica che aveva per emblema la coccinella rossa, poi fusasi con Giunone e Diana e, nel cristianesimo, con santa Lucia. Nel suo aspetto originario era una dea della luce, e quindi del travaglio e del parto.

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389MAIA

Le erano sacri alcuni giorni dei mesi di settembre e di dicembre, in cui tutti si astenevano da qualunque lavoro, perché si credeva che sarebbe stato comunque disfatto nell’arco di un giorno.

LUPERCOAntica divinità latina, celebrata a Roma il 15 febbra-io in riti di purificazione. Ha attinenza con la lupa che allattò i gemelli Romolo e Remo, ma fu presto confuso con Fauno e, più tardi, con Pan.

MMACAONE

Guerriero greco che partecipò alla guerra di Troia, ucciso da Pentesilea (v.) o, secondo una più accreditata tradizione, da Euripilo, figlio di Telefo. Con il fratello Podalirio esercitava la medicina e si occupò dei feriti del campo greco, avendo come padre Asclepio.

MACAREOa) Figlio di Elio (o di Eolo) e di Rodo. Per aver ucciso un fratello lasciò l’isola di Rodi e si rifugiò in quella di Lesbo, di cui divenne il re.b) Figlio minore di Eolo (v.), re dei venti. Il padre non approvò il suo amore per la sorella Canace e gettò in pasto ai cani il figlio nato dalla loro unione, inviando altresì una spada alla figlia perché si trafiggesse. Ta-luni dicono che Macareo e Canace ebbero anche una figlia, di nome Anfissa, che sarebbe stata amante di Apollo.c) Compagno di Odisseo nel ritorno da Troia. Si fermò presso l’attuale Gaeta dove lo trovarono Enea e Ache-menide, che egli riteneva morto.

MACARIAFiglia di Eracle e di Deianira. Durante il soggiorno degli Eraclidi (v.) ad Atene si immolò spontaneamen-te per dare esecuzione a un oracolo che aveva subor-dinato il buon esito della guerra contro Euristeo a un sacrificio umano.

MACEDONEEroe eponimo della Macedonia, figlio di Zeus o di Eolo.

MACHEREONome del servitore del tempio di Apollo a Delfi che avrebbe ucciso Neottolemo, figlio di Achille, con il pugnale sacrificale per l’oltraggio che questi aveva fatto alle consuetudini del tempio.

MACRIDENome di una delle ninfe che si presero cura di Dioniso giovinetto, poi collegate con la costellazione delle Iadi (v.). Di Macride si racconta anche che nutrì il dio con il miele, come figlia di Aristeo (v.).

MAGNETEFiglio di Eolo e di Enarete.

MAIA 137, 188-189Da questa antica dea, onorata sia dai Greci sia dai Romani, deriva il nome del mese di maggio. Da dea originaria del cielo notturno, passò a essere conside-rata una delle Pleiadi (v.), figlia di Atlante, amata da Zeus con cui generò Ermes. I Romani la identi-ficarono con una dea del fuoco che aveva lo stesso nome e, come calore, esercitava il suo potere sulla crescita e sull’impulso sessuale, assieme a Flora e a Feronia. La si festeggiava il primo giorno del mese di maggio.