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L’anemia nell’anziano
Università degli Studi di Brescia
Comitato di Redazione:
Stampato da: Grafital - Torre Boldone (Bergamo)
Finito di stampare nel mese di luglio 2007edizione fuori commercioCopyright Fondazione Richiedeitutti i diritti riservatiI.S.B.N. 88-89544-07-4
S. CossiE. Facchi - K. Ghisla - A. Marengoni - L. Scaglia
G. Romanelli - G. Tantucci - R. ZulliV. Grassi
Segreteria di Redazione:Dott. ssa Stefania CossiU. O. GeriatriaSpedali Civili - Bresciatel. 030.2528478 fax: 030.2528476stefaniacossi@libero .it
I Quaderni della Geriatria sono una iniziativa di
Fondazione Richiedei di Gussago e
I quaderni della geriatria
L’anemianell’anziano
Prof. Domenico Russo, Dott.ssa Carla Filì
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PRESENTAZIONEI “perché” di una iniziativa
Geriatria ………..geriatria La Geriatria ha bisogno di tutto.ma cos’è questa geriatria? Di tutto e di più. In prima istanza:
di Medicina Interna, matura e integrata.un (giovane) internista un (meno giovane) internista
Il problema, per chi invecchia, non è solodi invecchiare come vuole
ma anche di come vuole invecchiare*
Alla base di tutto c’è la conoscenza: come invecchia l’uomo.I come (processi cellulari e molecolari) e i perché (processi biochimici e ambientali). L’invecchiamento della popolazione(a livello mondiale, dal marzo 1995 le persone con più di 60 anni sono più numerose di quelle con meno di 20 anni) è unodei cambiamenti p iù rivoluzionari tra quelli c he, sul finire del XX secolo, hanno mo dificato la vitadell’uomo.L’invecchiamento (un aspetto intrinseco alla vita) è un mistero. Di pari passo all’approfondimento della cono-scenza delle sue cause (• l’accumulo di mutazioni genetiche • i danni causati dai radicali liberi • il logoramento e l’usura •l’indebolimento delle difese dell’organismo • le modificazioni ormonali e neuroendocrine • i rischi ambientali) la ricercabiomedica fa progredire la nostra capacità di intervenire nei suoi processi. E questo (la comprensione dei vari aspetti dellabiologia dell’invecchiamento) potrebbe (dovrebbe) aiutare ad affrontare il difficile compito sociale di trovare un equilibriotra necessità dei vecchi ed esigenze dei giovani. Perché, con il passare degli anni, le prospettive di vivere fino a tarda etàdipenderanno sempre di meno dalla biologia e sempre di più dai fattori sociali ed economici.
Geriatria: esibisce una grande ansia nella ricerca di una sua propria identità. È alla ricerca di tutto, per inseguire l’obietti-vo della identità.Basta che si guardi indietro per trovarla: basta che si ricordi da dove è venuta.Ha bisogno di tutto, ma (soprattutto) di Medicina Interna.
Questa iniziativa vuole essere in prima istanza il nostro piccolo contributo a realizzare – nella comunità in cui viviamo eoperiamo – una speranza: che il valore della vita umana continui ad aumentare con l’avanzare dell’età.Per non avviarci a diventare – secondo R.Kane – una sanità (una società) che misura il costo di tutto e il valore di niente.
Il nostro lavoro ha due obiettivi concreti:• l’anziano: estrarre tutte le informazioni per fotografare come invecchia (il come / il perché lo lasciamo a chi sta sopra
di noi) convinti come siamo che questo possa essere clinicamente utile ad affrontare i suoi problemi.• il medico di base. Con questa iniziativa intendiamo guardare fuori: al medico di base appunto.Vo rremmo che attraverso queste pagine gli arrivasse la nostra simpatia: per il (difficile) lavoro che compie.E in un modo vogliamo dimostrargliela: raccontandogli quello che sappiamo, quello che (crediamo) di aver imparato. Senzanulla sottrargli: quello che è ut ile e que llo che è bello (perché il bello serve). Sarà Lu i a decidere cosa ‘prendere’ e cosa,invece, ‘lasciare’.E sarà questo il nostro modo di dimostrargli considerazione e rispetto.Utilizzeremo, per catturare il suo interesse, tutte le armi che abbiamo a disposizione (se poi succederà che qualcuno s i“innamori”, beh… saremo contenti).
Il nostro sapere è (ovviamente) limitato: e ha confini netti.Se altri vorranno proporsi in questa iniziativa, saranno i benvenuti.
Vittorio GrassiVVper il Comitato di Redazione
Bibliografia consultata:
1. R.E. Ricklefs, C.E. Finch, L’invecchiamento. Una storia naturale. Zanichelli (Bologna), 19982. C. Vergan i, La nuova longevità.Mon dadori, 19973. G. Crepaldi (a cura di), L’invecchiamento. Le Scienze. Quaderni n° 79, 1994* A. Spagnoli, “...e diventò sempre più vecc hio”, Bollati Boringhieri (Torino), 1995
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AUTORI:
Prof. Domenico Russo
Dott.ssa Carla Filì
COLLABORATORI:
Dott. Cesare Bergonzi
Dott. Michele Malagola
Dott.ssa Cristina Skert
Dott. Aldo Maria Roccaro
Dott.ssa Annalisa Peli
Dott. Enrico Capuzzi
Cattedra di Ematologia e Scuola di Specializzazione in Ematologia
Università degli Studi di Brescia
Unità di Trapianto di Midollo Osseo per Adulti
Spedali Civili di Brescia
PREFAZIONE
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Ci tenevamo molto a realizzare un numero dei 'Quaderni' come questo – consci dell'importanza di una condizione clinica quale l'anemia in età geriatrica.
Il prof. Russo (e i suoi Collaboratori) hanno risposto a questa nostra esigenza come meglio non si poteva.
Si dice: per aver risposte bisogna fare domande.
Meglio: per aver risposte giuste bisogna far domande giuste.
È' esattamente quello che ha fatto il Prof. Russo.
Aging e sistema emopoietico.
Nelle ultime due decadi l'aging dell'uomo, nella sua storia un evento assolutamente recente, è stato molto studiato. Numerose e importanti informazioni si sono ottenute relativamente agli Apparati cardiovascolare, respiratorio, renale oltre, ovviamente, al sistema nervoso centrale.
Ma il midollo, organo 'muto e nascosto' (e pur tuttavia produttore del sangue 'sorgente di giovinezza' – Spivak, 2005) come invecchia?
Conservare una normale funzione delle cellule staminali emopoietiche è essenziale: per la coagulazione, per il trasporto dell'O , per la 2
capacità di difesa contro le infezioni.Nell'organismo dell'uomo tutto invecchia :
non sfuggono a questo destino le cellule progenitrici del sangue che con la senescenza possono andare incontro ad un declino delle loro capacità funzionali; il che comporta una ridotta attività proliferativa.
Come per tutto il resto, anche la senescenza del midollo ha una componente regolatoria genetica: in pazienti con sindrome da insufficienza midollare sono state individuate mutazioni nel complesso genetico delle telomerasi. Il progressivo 'accumulo di danno' a livello del DNA e lo stress ossidativo completano il quadro.
Insomma: c'è chiara evidenza che le cellule
staminali eritropoietiche sono soggette ad una sorta di 'esaurimento' quantitativo e qualitativo. Studi recenti, tuttavia, hanno potuto documentare che l'età non va considerata necessariamente un ostacolo per la raccolta di materiale staminale: il trapianto di cellule staminali autologhe ha dimostrato comparabili tempi di comparsa di neutrofili e piastrine in pazienti giovani e anziani.
È un dato consolidato inoltre che l'Aging si associa ad una dis-regolazione delle citochine pro-infiammatorie (IL-6 in primis); il che ha un impatto negativo sull'eritropoiesi con l'inibizione, in particolare, dell'eritropoietina.
L'importanza di un midollo efficiente è ovvia. Tra i molti motivi di interesse, uno è particolarmente attuale: è destinato ad aumentare il numero di pazienti anziani che verranno sottoposti a chemio e/o radioterapia. Nei pazienti anziani queste modalità terapeutiche comportano un elevato rischio di mielosoppressione. Una miglior comprensione dei meccanismi biologici responsabili della ridotta tolleranza alla chemioterapia in pazienti anziani consentirà di migliorare le strategie terapeutiche in questi pazienti.
Rilevanza clinica dell'anemia.
Globuli rossi? 'Né pochi né troppi' potrebbe essere il commento ad un importante lavoro recentemente (2007) comparso su JAMA. Gli Autori hanno valutato la prevalenza (pre-operatoria) di anemia (Htc < 39%) e di poliglobulia (Htc < 54%) in oltre 310000 pazienti anziani (> 65 anni) che nel periodo 1997-2004 si sono sottoposti ad un intervento chirurgico maggiore (non cardiaco) in 1\32 centri medici degli Stati Uniti: allo scopo di valutare gli esiti post-operatori (mortalità ed eventi cardiaci) a distanza di 30 giorni.
I tassi di mortalità e di eventi cardiaci sono risultati aumentati in modo uniforme con le deviazioni dalla norma (sia in positivo che in
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negativo) dell'Hct. Al di fuori del range di normalità (39-51%) ogni punto in meno (o in più) dell'Hct ha comportato un aumento dell'1,6 % della mortalità post-operatoria a 30 giorni.
Ad analoghi risultati e conclusioni sono giunti, relativamente alla anemia, altri studi che hanno valutato le ospedalizzazioni e la mortalità.
L'anemia in età geriatrica è sempre stata un'area con un ben definito interesse clinico. E a fronte di un sempre più progressivo aumento di pazienti anziani è destinata ad esserlo sempre di più. Pur con ovvia variabilità si stima che il 25% degli ottuagenari <sani> e circa il 50% degli anziani con malattie croniche abbiano valori di emoglobina che soddisfano la diagnosi di anemia.
Nello scompenso cardiaco, una delle più frequenti e clinicamente rilevanti patologie croniche dell'anziano, l'anemia è stata molto studiata nell'ultimo decennio. Giustamente:
- perché è frequente (10-20% dei casi: in metà dei quali può essere considerata 'anemia da malattia cronica');
- per il contributo importante allo sviluppo di sintomi debilitanti e alla stessa mortalità in questa condizione.
La compromissione della funzione renale e l'aumento delle citochine pro-infiammatorie (infiammazione sistemica cronica 'low-grade') forniscono un contributo importante allo sviluppa di anemia in questi pazienti, oltre, ovviamente, alla carenza marziale.
Nel numero di ottobre (2005) di 'Archives of Internal Medicine' (una prestigiosa rivista di Medicina Generale negli Stati Uniti) compaiono
4 importanti lavori di interesse clinico sull'anemia: 3 relativi al suo impatto sulla popolazione anziana, 1 relativo al suo impatto sulla QoL (qualità della vita).
Nell'editoriale di presentazione viene spiegato che questo fatto non deve sorprendere: anzi, viene giudicato tempestivo e appropriato alla realtà. Dei 35 milioni di statunitensi over 65 (12 milioni nel nostro Paese) il 10% circa sono anemici. Poiché la prevalenza di anemia aumenta con l'età, una sostanziale (prevedibile) espansione del segmento più anziano della popolazione farà si che questa condizione avrà precise implicazioni per la Medicina preventiva.
I molti studi sull'anemia in età geriatrica hanno conseguito un risultato a carattere generale: un radicale cambiamento nel modo di vedere (giudicare) questa condizione.
Fino ad un recente passato l'anemia veniva giudicata semplicemente un 'marker di malattia'. Oggi le viene attribuitala dignità di 'mediatore' di morbilità malattia-correlata, deterioramento della qualità della vita, di aumentata mortalità.
Nel già citato editoriale (Anemia in the elderly) l'Autore si chiede: Time for new blood in old vessels?
E la risposta è decisamente si nel senso che l'anemia, nell'anziano, va trattata: con efficacia e convinzione.
Al Prof. Domenico Russo (e ai suoi Collabo-ratori) i nostri più convinti ringraziamenti: per essersi posti le domande giuste e averci fornito le giuste risposte.
Cosa che possono fare solo gli esperti veri.
Siamo molto onorati di ospitarli.
Stefania Cossi – Vittorio Grassi
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BIBLIOGRAFIA CONSULTATA
1. Pinto A, De Filippi R, Friggeri F, Corazzelli G, Normanno N – Aging and the Hemopoietic system. Crit Rev
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17. Wu WC, Schifftner TL, Henderson WG, Eaton CB, Poses MR, Uttley G, Sharma SC, Vezeridis M, Khuri SF,
Friedman PD – Preoperative hematocrit levels andpost-operatives outcomes in older patients undergoing non
cardiac surgery. JAMA 2007; 297: 2481-2488.
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Accettando di scrivere questa monografia il
pensiero iniziale era stato quello di redigere un
articolo scientifico seguendo una metodologia
classica espositiva basata sulla revisione della
letteratura, sull'analisi delle cause di insorgenza
dell'anemia nell'anziano, sulle metodologie
diagnostiche e sulle terapie che oggi possono
essere impiegate per affrontare questa
problematica.
Tuttavia, nel momento stesso in cui ci siamo
trovati, io e i miei collaboratori, ad iniziare la
stesura del manoscritto abbiamo deciso di
affrontare questo tema “L'anemia nel paziente
anziano” provando a rispondere alle domande
che noi ci eravamo posti e che forse altri ci
avrebbero posto in una tavola rotonda.
PERCHÉ PROPORRE UN TEMA COME
“L'ANEMIA NELL'ANZIANO?”
La risposta più ovvia è che gli anziani,
intendendo per questi gli ultrasessantacinquen-
ni, sono tanti, il 25% circa della popolazione
italiana, e che la scienza, pur non salvandoci
dalla malattia, ha allungato la vita sempre di
più. Dal 1950 gli europei hanno guadagnato 11
anni, gli americani 8,6, i giapponesi addirittura
17,6. Significa quindi che in Occidente le donne
vivranno in media sino a 86 anni e gli uomini
toccheranno gli ottantadue. Insomma un sacco
di tempo. Lungi dal sentirsi in colpa per questo
gli anziani non solo vogliono vivere più a lungo
ma vogliono anche vivere bene o comunque
meglio.
Cicerone nel suo De Senectute diceva
“Nessuno è tanto vecchio, che non pensi di
vivere ancora un anno”. Se a ciò aggiungiamo
che nell'attuale società occidentale vi è una
concezione produttivistica della vita umana si
capisce che la vecchiaia non è più deposito di
sapere, ma ritardo, inadeguatezza, ansia per le
novità che non si riescono a controllare, impos-
sibilità di seguire cicli culturali e tecnologici,
quest'ultimi sicuramente più rapidi dei primi.
Limitando le potenzialità fisiche e cogniti-
ve e quindi riducendo la capacità di performan-
ce di una persona, tanto più se anziana, si
capisce perché l'anemia si presenta oggi sempre
più come fattore invalidante. Appare quindi
anacronistica l'idea o la consuetudine a pensare
che un livello di emoglobina più basso del
normale sia sufficiente o possa bastare a chi è
“vecchio”, è andato in pensione o magari è
afflitto da altre patologie.
MA È VERO CHE GLI ANZIANI HANNO
LIVELLI DI EMOGLOBINA MEDIAMENTE
PIÙ BASSI DEI GIOVANI?
La risposta è no.
Si può tranquillamente affermare che il
sistema emopoietico delle persone anziane
sane, non sottoposte quindi a fattori di stress
come la perdita di sangue o la comparsa di
infezioni, assomiglia strettamente a quello dei
giovani.
Sebbene dall'età embrionale a quella adulta
anziana si verifichino cambiamenti dinamici di
localizzazione anatomica delle cellule
emopoietiche, con spostamento soprattutto
verso lo scheletro assiale, il numero dei
progenitori emopoietici non si modifica. (1)
Queste osservazioni riguardo all'integrità dello
stato basale (“steady-state”) dell'emopoiesi
dell'anziano trova conferma nell'osservazione
L’anemia nell’anziano
15
che i valori dei principali parametri
dell'emocromo (ematocrito, emoglobina,
leucociti, piastrine) sono pressocchè
equivalenti a quelli dell'adulto giovane.
L'interpretazione dei dati dell'emocromo
non necessita pertanto di aggiustamenti
correlati all'età. (1)
In ogni caso se le potenzialità basali
dell'emopoiesi vengono conservate durante il
fisiologico processo di invecchiamento, le
capacità di recupero e autorinnovamento delle
cellule staminali dopo uno stress ematologico
vanno incontro ad un graduale declino. (2,3)
Conseguentemente, l'insorgenza di uno stress
emopoietico può smascherare difetti
emopoietici correlati all'età e questi stessi
vengono definiti “latent age-associated
defect”. Questa incapacità di ripristinare (3)
adeguatamente il turn over delle cellule del
sangue si associa ad un incremento
significativo dell'incidenza di anemia negli
anziani, soprattutto in quelli ospedalizzati o che
presentano patologie concomitanti.
COME FUNZIONA L'ERITRONE
PER PRODURRE GLOBULI ROSSI
E SINTETIZZARE L'EMOGLOBINA?
L'unità anatomo-funzionale dell'eritropoiesi
è definita con il termine di “eritrone”: questo
comprende l'intera popolazione cellulare che va
dalle cellule staminali orientate in senso
eritroide fino agli eritrociti circolanti.
L'eritropoiesi avviene nel midollo osseo
Figura 1_ Regolazione dell'eritropoiesi
SCFFlt3-L
IL- 6, 11, 12GM-CSFG-CSF
IL-3- IL-9
EPO
Emoglobinosintesi
BFU-EBFU-E CFU-E
TGF-βIFN-γTNF-α
FP-4MIP-1-
+
16
attraverso il processo di differenziazione della
cellula staminale pluripotente nei progenitori
commissionati eritroidi (BFU-E e CFU-E), dai
quali originano i precursori morfologicamente
riconoscibili (proeritroblasto, eritroblasto
basofilo, policromatofilo, ortocromatico) e
infine i reticolociti e le emazie mature.(4)
La crescita e differenziazione dei progenito-
ri emopoietici dipende dall'azione combinata di
fattori di regolazione positiva (EPO, SCF, G-
CSF, GM-CSF, IL-6, IL11, IL-12, IL-3, IL-9) e
negativa (TNF-á, INF-ã, TGF-â, FP-4, MIP-1)
prodotti principalmente dalle cellule accessorie
mieloidi e dalla componente stromale del
midollo osseo. (Figura 1) (4)
Le BFU-E sono i primi progenitori sensibili
all'azione dell'eritropoietina (EPO), la cui
azione peraltro si esplica soprattutto a livello
delle CFU-E e continua fino allo stadio di
reticolocito. L'EPO è una glicoproteina secreta
a livello renale dalle cellule del tubulo prossi-
male o da cellule endoteliali degli spazi intersti-
ziali peritubulari. Queste cellule sarebbero (5)
dotate di una molecola proteica recante un
gruppo eminico che funziona come sensore
della quantità di ossigeno. L'EPO viene quindi
secreta in rapporto al grado di ipossia tissutale
renale e, legandosi a un recettore presente sulle
cellule eritroidi, determina una risposta che
consiste in un incremento della divisione
cellulare, della sintesi di emoglobina e di altre
proteine di membrana tra cui i recettori della
transferrina.(6,7)
Il fine del processo di maturazione eritroide
è quello di formare una cellula in grado di
mantenere in sospensione concentrazioni
elevate di emoglobina in uno stato funzional-
mente attivo e di adattarsi alle situazioni di
stress meccanico e chimico incontrate nel
microcircolo periferico.
L'emoglobina (Hb), pigmento contenuto nei
globuli rossi che conferisce al sangue il caratte-
ristico colore rosso, è una proteina tetramerica
in grado di legare l'ossigeno e cederlo ai tessuti
Figura 2_Struttura della molecola di emoglobina
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in condizioni fisiologiche con un meccanismo
che risente della tensione di ossigeno. L'Hb è
costituita da due coppie di catene polipeptidi-
che (globine) uguali fra loro; a ciascuno di
queste catene è attaccato un gruppo chimico,
denominato eme, composto da un anello
tetrapirrolico (protoporfirina IX) e da atomi di
ferro in forma di ioni bivalenti. L'eme è situato
in una sorta di nicchia (tasca dell'eme) che si
viene a formare in ciascuna catena globinica. (4,5)
L'emoglobina è sintetizzata da cellule precurso-
ri dei globuli rossi, in particolare la sintesi delle
catene globiniche avviene all'interno dei
ribosomi, la sintesi dell'eme nei mitocondri.
(Figura 2)
L'emoglobina svolge nell'organismo
funzioni vitali, la più importante delle quali
consiste nel trasporto dell'ossigeno dai polmoni
ai tessuti periferici, dove l'ossigeno viene
trasferito all'interno delle cellule per essere
utilizzato nei processi metabolici (respirazione
cellulare). Di conseguenza ogni condizione che
determini una riduzione della quantità di
emoglobina presente nel sangue (anemia) si
accompagna ad una riduzione della quota di
ossigeno trasportata e quindi disponibile per i
tessuti periferici. In un soggetto adulto vengono
prodotti giornalmente circa 7g di emoglobina, e
altrettanti ne vengono distrutti. L'emoglobina
viene distaccata dai globuli rossi e scissa nei
suoi costituenti fondamentali: globina, eme,
ferro. In particolare la degradazione dell'eme
porta alla formazione di bilirubina, metaboliz-
zata a livello epatico e poi escreta nella bile.(8)
COME INVECCHIA L'ERITROPOIESI?
I meccanismi patogenetici che contribuisco-
no alla riduzione della “riserva emopoietica”
nella persona anziana non sono ancora comple-
tamente noti ma includono: a) il decremento del
pool di cellule staminali, b) la disregolazione di
citochine e fattori di crescita, c) l'inadeguata
produzione di eritropoietina.
I meccanismi patogenetici che contribuisco-
no alla riduzione della “riserva emopoietica”
nella persona anziana non sono ancora comple-
tamente noti ma includono: a) il decremento del
pool di cellule staminali, b) la disregolazione di
citochine e fattori di crescita, c) l'inadeguata
produzione di eritropoietina.
a) Cellule staminali e senescenza.
Le cellule staminali emopoietiche si
caratterizzano per la capacità di bilanciare la
proprietà di autorinnovamento (“self-renewal”)
con quella differenziativa in tutte le linee
cellulari del sangue, per l'intera vita
dell'individuo, dalla fase embrionale a quella
adulta. Numerosi studi hanno focalizzato
l'attenzione sui cambiamenti della cellula
staminale indotti dall ' invecchiamento
dell'individuo, valutandone in particolare gli
effetti sull'abilità di ricostituzione ematologica
dopo una dose letale di irradiazione corporea
totale e sulla potenzialità replicativa e di self-
renewal. I risultati ottenuti da modelli (9,10)
sperimentali murini mostrano come il pool di
cel lule s taminali midollar i aumenta
significativamente con l'invecchiamento (fino a
cinque volte) ma l'efficienza di queste cellule
nei processi di “homing” e attecchimento in
riceventi irradiati è notevolmente ridotta
rispetto al soggetto giovane. L'osservazione che
cellule staminali prelevate da donatori anziani
cessino di svilupparsi in riceventi irradiati
letalmente dopo un basso numero di
generaz ioni conferma l ' esaur imento
progressivo della loro capacità replicativa e di
autorinnovamento durante l'invecchiamento. (11)
Cambiamenti del microambiente midollare,
soprattutto delle cellule stromali e del pattern
citochinico prodotto da esse, sembrano
18
b) Disregolazione citochinica
Con il termine “frailty” (fragilità,
debolezza) viene etichettata una condizione
tipica della persona anziana caratterizzata da
calo ponderale, riduzione della densità ossea,
riduzione della massa corporea, decremento dei
livelli sierici di albumina, aumento dei
mediatori solubili infiammatori e anemia da
lieve a moderata. In particolare la produzione
d i s r e g o l a t a d i a l c u n e c i t o c h i n e
proinfiammatorie, come l'IL-1, l'IL-6, il TNF-
α, durante il processo fisiologico di
invecchiamento contribuisce in modo
determinante allo sviluppo di questo quadro
clinico. Questi fattori solubili normalmente (15)
danno avvio e modulano la risposta
infiammatoria della fase-acuta durante una
infezione, un trauma, uno stress, agendo in
modo integrato; è stato osservato che
l'invecchiamento comporta la progressiva
perdita dei meccanismi di controllo di tali
mediatori e che proprio la loro disregolazione
contribuisce ai cambiamenti fenotipici correlati
all'età. Inoltre elevati livelli di ciascuna di
queste citochine sono documentabili in molte
patologie dell 'anziano come l 'artrite
reumatoide, l'aterosclerosi, il diabete e i
tumori. (Figura 3)(16)
contribuire, insieme ad ogni forma di stress
emopoietico (come l'attecchimento in un
ricevente letalmente irradiato), al processo di
“senescenza replicativa” delle cellule
staminali.(12,13)
Le cellule staminali, in generale, si trovano
in uno stato di quiescenza, permanendo
principalmente nelle fasi G0/G1 del ciclo
cellulare; questo “status” sembrerebbe
garantire una protezione dall'eventuale
esaurimento del pool staminale e preservare tali
cellule da eventi mutageni. Alcuni ricercatori
hanno dimostrato come le cellule staminali
emopoietiche midollari di topi anziani si
trovino al contrario in ciclo cellulare, nelle fasi
S/G2/M, a prescindere da stimoli esterni.
Questo fenomeno, verosimilmente attribuibile
all'alterato network di citochine midollari che
induce una arbi t rar ia s i tuazione di
mobilizzazione, comporta un maggiore turn
over cellulare, un aumento della fragilità del
DNA ed una riduzione dei suoi meccanismi di
riparo con conseguente predisposizione a
sviluppare neoplasie.(14)
I meccanismi biologici implicati nel
processo di invecchiamento delle cellule
staminali emopoietiche costituisce tutt'oggi un
campo molto importante dell'attività di ricerca.
Invecchiamento
Patologie Infiammatorie
Neoplasie
Farmaci (es.FANS)
Corticosteroidi
Ormoni sessuali
CITOCHINE
PROINFIAMMATORIE
(IL-1, IL-6, TNF-α)
Processi catabolici CACHESSIA, SARCOPENIA
Attività osteoclastica OSTEOPOROSI
Inibizione EPO ANEMIA
Stimolazione plasmacellule ? AUMENTO γ-GLOBULINE
Proteine infiammatorie ? MAL.ALZHEIMER Danno endoteliale? ATEROSCLEROSI
Figura 3_ Citochine pro-infiammatorie e “frailty” nell'anziano
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L'alterata regolazione delle citochine pro-
infiammatorie ha degli importanti effetti
sull'eritropoiesi: inibizione della sintesi di
eritropoietina, rallentamento maturativo delle
CFU-E midollari (“unità formanti colonie
eritrocitarie”) e interferenza con il metabolismo
del ferro. Le principali modificazioni del
pattern citochinico riguardano una riduzione
dei livelli di IL-2 e GM-CSF e soprattutto un
incremento della produzione di IL-6.(15)
L'IL-6 possiede un ruolo centrale nei
meccanismi di regolazione della flogosi e di
altre funzioni metaboliche o ormonali come
l'osteoclastogenesi, la spermatogenesi, la
st imolazione della vascolarizzazione
endometriale durante il ciclo mestruale, la
differenziazione delle cellule neuronali ed è
implicata nella patogenesi di molte malattie
croniche correlate all'età come l'osteoporosi, la
malattia di Alzheimer, l'aterosclerosi e le
neoplasie. In risposta a stimoli infiammatori il
TNF-α e l'IL-1 inducono la produzione di IL-6
che costituisce un elemento cruciale della
risposta infiammatoria, stimolando la
produzione di proteine della fase acuta come la
PCR, il fibrinogeno, i fattori del complemento e
l'α1-antitripsina. Inoltre l'IL-6 ha degli effetti
sulla risposta immunitaria innata ed acquisita in
quanto induce la proliferazione e maturazione
di cellule B attivate, è coinvolta nella
proliferazione di linfociti T timici e periferici,
attiva le cellule natural killer. Sebbene sia
accettato che in condizioni fisiologiche
l'espressione di IL-6 sia un processo finemente
controllato, non sono chiari i meccanismi che
ne stanno alla base; verosimilmente molti sono i
geni e i fattori, anche ormonali (estrogeni,
androgeni, glucocorticoidi), coinvolti in tale
regolazione. Si ipotizza infatti che l'aumentata
produzione di IL-6 con l'invecchiamento possa,
in parte, essere attribuita ad alterazioni
ormonali tipiche della menopausa ed
andropausa.
Nei soggetti giovani sani l'espressione di
IL-6 è molto bassa e pertanto i livelli sierici di
tale citochina sono pressocchè indeterminabili
in condizioni normali mentre aumentano in
seguito ad un processo infiammatorio, trauma,
stress. Numerosi studi hanno inoltre dimostrato
un incremento di IL-6 in soggetti sani dopo la
menopausa o andropausa, sottolineando una
significativa correlazione tra i livelli plasmatici
di tale citochina e il fisiologico processo di
invecchiamento. L'incremento di IL-6,
evidenziabile in una popolazione con età > 70
anni, si associa ad un progressivo declino fisico
e funzionale, a una riduzione dei valori di
emoglobina ed ematocrito, configurando il
quadro tipico della “frailty” dell'anziano.(17)
Alcuni ricercatori ritengono che il deficit
latente dell'emopoiesi, caratterizzato da una
inadeguata produzione di cellule mature del
sangue durante una situazione di maggiore
fabbisogno, possa anche essere correlato ad una
difettiva produzione di fattori di crescita
emopoietici nell'età anziana. Studi ( 1 8 )
clonogenici e di coltura cellulare, eseguiti su
cellule emopoietiche ottenute da animali da
esperimento e da campioni umani di soggetti
anziani, hanno dimostrato una alterata
produzione ed un diminuito rilascio del fattore
di crescita stimolante le colonie granulo-
monocitarie (GM-CSF), ipotizzando che tale
deficit influisca sulla capacità di rigenerazione
emopoietica durante il fisiologico processo di
invecchiamento.(18)
c) Inadeguata produzione eritropoietina.
L'eritropoietina, l'”ormone” glicoproteico
prodotto e secreto dal rene in risposta all'ipossia
tissutale, stimola l'eritropoiesi promuovendo
principalmente la vitalità e differenziazione
delle CFU-E; in risposta all'anemia i soggetti
20
· le patologie metaboliche o vascolari
(es.diabete mellito, ipertensione arteriosa),
tipiche dell'anziano, che accentuano il danno
tubulare renale, riducendo ulteriormente la
produzione di eritropoietina;
· l'incapacità, in assenza di danno renale,
di sostenere una aumentata produzione di
eritropoietina, necessaria a mantenere
concentrazioni adeguate di emoglobina.(20)
QUANDO PARLIAMO DI ANEMIA
NELL'ANZIANO E COME POSSIAMO
VALUTARLA?
Con il termine di anemia si intende una
riduzione della quantità totale di emoglobina
circolante nel sangue periferico e all'interno
degli eritrociti.(4)
F a c e n d o r i f e r i m e n t o a i c r i t e r i
dell'Organizzazione Mondiale della Sanità
(World Health Organization, WHO), si
definisce anemia un livello di emoglobina (Hb)
inferiore a 13 g/dl nell'uomo e inferiore a 12
g/dl nella donna. Questi valori derivano dalla (21)
media dei livelli di Hb determinati nei soggetti
sani e sono supportati da consolidate basi
fisiologiche. I livelli endogeni di eritropoietina
aumentano infatti quando l'Hb scende al di sotto
di 12 g/dl, confermando che l'ossigenazione
tissutale è ottimale al di sopra di questi livelli e
che miglioramenti nella qualità di vita possono
essere raggiunti quando il valore di Hb sale da
11 a 12 g/dl. Il quesito se la definizione WHO di
anemia sia applicabile anche ad una
popolazione geriatrica o sia necessario adottare
nuovi criteri per questa categoria di pazienti è
ancora oggetto di discussione.
Uno studio condotto su una popolazione di
donne sane, di età compresa fra i 70 e gli 80
anni, residenti in case di riposo, ha messo in
evidenza come il livello di Hb di 12 g/dl
costituisca un valore limite subottimale per la
giovani sani incrementano significativamente i
livelli di eritropoietina. Sebbene sia noto che un
deficit della risposta eritropoietinica sia
implicato nella patogenesi dell'anemia,
qualunque ne sia la causa, poco ancora si sa
riguardo i fisiologici cambiamenti dei livelli
sierici di tale fattore di crescita eritrocitario
durante l'invecchiamento, in particolare non è
chiaro se la riduzione della risposta
eritropoietinica sia essa stessa una caratteristica
correlata alla senescenza o si associ alla
presenza di comorbidità nella popolazione
anziana. L'interpretazione dei dati ottenuti da (19)
studi eseguiti sul modello murino e anche
sull'uomo hanno permesso di formulare due
conclusioni:
1) con l'aumentare dell'età, nelle persone
che non sviluppano anemia, la produzione di
elevati livelli di eritropoietina è necessaria per
mantenere una concentrazione normale di
emoglobina . Veros imi lmente ques to
meccanismo è conseguenza di una fisiologica
res is tenza o d iminui ta responsivi tà
all'eritropoietina da parte dei progenitori
e r i t r o i d i , c h e s i s v i l u p p a d u r a n t e
l'invecchiamento;
2) nelle persone che sviluppano anemia
alcuni processi interferiscono con la
produzione e secrezione di eritropoietina
necessaria a mantenere un normale livello di
emoglobina. I principali meccanismi implicati
nell'inadeguata risposta eritropoietinica
all'anemia nella persona anziana sono:
· la disregolazione citochinica che
contribuisce alla ridotta produzione di
eritropoietina e alla sua minore responsività sui
precursori midollari;
· la disfunzione interstiziale renale,
spesso occulta, senza un significativo
cambiamento del filtrato glomerulare;
· il deficit progressivo della funzione
escretoria renale;
21
definizione di anemia nella donna anziana;
l'analisi dei dati ottenuti dall'esecuzione di tests
motori ha infatti evidenziato come le
prestazioni migliori venissero ottenute da
donne con valori di Hb compresi tra 13 e 14
g/dl, suggerendo pertanto l'opportunità di un
innalzamento del cut-off attualmente
utilizzato.(22,23,24)
Nel paziente anziano la presenza di altre
comorbidità, la diminuita percezione dei
sintomi, l'accettazione di una limitazione
funzionale secondaria all'età e l'errata
assunzione generale che l'anemia sia una diretta
e naturale conseguenza dell'invecchiamento,
comportano spesso una trascuratezza nella
valutazione di questa condizione clinica.
Poichè l'anemia è molto comune nella
popolazione anziana e se non diagnosticata può
causare seri problemi clinici per i pazienti e
incrementare i costi della sanità pubblica, uno
screening generale degli individui anziani per
questa patologia dovrebbe essere seriamente
considerato. La valutazione dell'anemia
nell'anziano è simile a quella del giovane e
particolare attenzione deve essere indirizzata
ad alcune condizioni quali la carenza marziale,
che potrebbe rappresentare il primo segnale di
un processo neoplas t ico de l t ra t to
gastroenterico, il deficit di eritropoietina,
correlato ad un quadro di insufficienza renale, il
deficit di vitamina B12, spesso indicatore di
una s i tuaz ione d i ma lnu t r i z ione o
malassorbimento ed infine la mielodisplasia. E'
importante sottolineare come spesso
nell'anziano coesistono diverse forme di
anemia e ciò può rendere la presentazione
clinica-laboratoristica abbastanza inusuale; per
esempio la combinazione di una anemia
sideropenica, tipicamente microcitica, e di una
anemia da carenza di cobalamina, tipicamente
macrocitica, può risultare in un quadro di
anemia normocitica oppure una anemia
secondaria ad una perdita di sangue cronica può
presentarsi in modo molto severo a causa della
coesistenza di un deficit di eritropoietina.
I primi tests di laboratorio da eseguire nella
valutazione di una paziente anziano anemico
devono includere:
· emocromo completo + formula
leucocitaria;
· striscio di sangue periferico;
· conta reticolocitaria.
La conta reticolocitaria è in grado di
discriminare una anemia ipoproliferativa, nella
quale il numero di reticolociti è basso, da una
anemia secondaria ad una emolisi o emorragia,
nelle quali vi è un aumento assoluto dei
reticolociti, espressione del meccanismo di
compenso midollare. Un indice reticolocitario
alto (≥ 2) indica pertanto una perdita acuta di
sangue o una emolisi mentre un indice
reticolocitario basso (< 2) deve far sospettare
una insufficienza midollare, una carenza
marziale o di vitamina B12 e/o folati, una
ridotta stimolazione midollare da inadeguata
produzione di eritropoietina: per differenziare
queste forme è necessario prendere in
considerazione altri indici eritrocitari
dell'emocromo, in particolare il volume
corpuscolare medio (MCV).3 Se l'MCV risulta > 100 µm (>80 fl) ci
troviamo di fronte ad una anemia macrocitica
ed in questo caso è raccomandabile dosare i
livelli di cobalamina e folati (ed eventualmente
di omocisteina e acido metilmalonico) per
escludere una anemia secondaria alla carenza di
tali sostanze. Se i livelli di queste vitamine
dovessero risultare adeguati la presenza di
emazie macrocitiche dovrebbe indirizzare
l'attenzione e le indagini verso la presenza di
una mielodisplasia midollare.
22
3 Se l'MCV è <100 µm (< 80 fl),
configurando il quadro di una anemia
microcitica, è imprescindibile la determinazione
del bilancio marziale che se risultasse in
negativo dovrebbe comportare il proseguimento
di ulteriori indagini per escludere una perdita di
sangue cronica dal tratto gastroenterico. Un
dosaggio di ferritina sierica < 15 ng/mL
rappresenta un indice quasi certo di carenza di
ferro; in ogni caso in molti pazienti con
concomitante infezione, neoplasia o processo
infiammatorio il valore di ferritina può salire
anche a valori superiori a 200 ng/mL, seppur in
presenza di sideropenia.
Una diagnosi di anemia da malattia cronica,
in genere normocitica talora microcitica, si
caratterizza per una discrepanza tra il valore
basso della saturazione della transferrina (<
20%) e il valore alto della ferritina sierica (>
100 ng/mL).
La determinazione dei l ivel l i di
eritropoietina deve essere effettuata in tutti i
casi di patologia renale con clearance della
creatinina < 50 ml/min ma è anche indicata in
tutte le anemie iporigenerative proprio per la
risposta eritropoietinica inadeguata che
frequentemente si osserva nei pazienti anziani.
Infine l'esecuzione dell'aspirato midollare
(e/o biospia ossea) deve essere riservata a tutti i
casi di pancitopenia, di sospetta mieloftisi, di
neoplasia o quando le cause di anemia
rimangono ancora ignote dopo gli studi non
invasivi. La valutazione midollare, quando
eseguita, si deve accompagnare all'indagine
citogenetica per porre eventualmente diagnosi
di mielodisplasia. (Figura 4)(25)
QUAL È L' IMPATTO CLINICO
DELL'ANEMIA NELLA PERSONA ANZIANA?
E' molto difficile separare le dirette conseguenze
cliniche dell'anemia dalle altre comorbidità
frequentemente osservate negli anziani; in ogni
caso, a prescindere dalla causa sottostante,
l'anemia costituisce un fattore di rischio
indipendente di mortalità e di svariate
complicazioni cliniche.
Associazione tra anemia e mortalità'
Alcuni trials clinici hanno evidenziato
come la presenza di anemia nella popolazione
anziana incrementa significativamente il
rischio di mortalità. Un ampio studio (26)
olandese ha valutato e registrato, per un periodo
di 10 anni, i livelli di emoglobina di 755 pazienti
di età = 85 anni, viventi in comunità. L'analisi
dei dati ha mostrato la presenza di anemia
(secondo i criteri WHO) nel 28% degli uomini e
nel 17% delle donne con un aumento
significativo del rischio di mortalità (2,29%
negli uomini e 1,6% nelle donne) nei pazienti
con anemia rispetto alla controparte sana.(27)
Risultati analoghi erano sono stati riportati in
un precedente studio americano, dove emergeva
che la sopravvivenza dei pazienti anziani (= 65
anni) con anemia era significativamente ridotta
rispetto a quella attesa nella popolazione bianca
statunitense, una volta confrontata per fasce di
età e sesso. Nella popolazione anziana (28)
l'anemia oltre ad aumentare il rischio di mortalità
si associa anche ad un incrementato rischio di
complicanze che richiedono l'ospedalizzazione
dei pazienti.(29)
Complicazioni cardiovascolari
In presenza di malattia cardiaca ed in
particolare di coronaropatia l'anemia,
determinando un peggioramento dell'angina,
23
Anemia documentata: Hb < 12 g/dl (uomo); Hb < 13 g/dl (donna)
Anamnesi;esame obiettivo; segni di insufficienza renale o epatica;sanguinamenti dal tratto gastroenterico o genitourinario
Trattare la causa sottostante
Emocromo; conta reticolocitaria; striscio perifericoStriscio periferico diagnostico;
perseguire la causa
Conta reticolocitaria normale o ridotta:inadeguata risposta
Conta reticolocitaria aumentata:adeguata risposta, sospettare una perdita di sangue o emolisi
Indici eritrocitari
MCV > 80 fl MCV < 80 fl
Considerare alcolismo, ipotiroidismoepatopatia
Considerare patologia renale
Dosare i livelli di vitamina B12 e folati
Valutare il bilancio marziale:ferritina,TIBCSaturazione transferrina
VitB12 bassa
Vitamina B12 e folati normali
Folatibassi Sideremia<60µg/dlTIBC<250µg/dl
Saturazione<20%Ferritina>100ng/mL
Sideremia=60µg/dlTIBC 250-400µg/dlSaturazione>20%
Ferritina15-100ng/mL
Sideremia<60µg/dlTIBC >400µg/dl
Saturazione<16%Ferritina< 15ng/mL
Anemia da malattia cronica
Sospettare deficit marzialeValutare B12 e folatise non eseguiti;Se normali trattare il deficit marziale
Considerare aspirato midollarese non risposta alla terapia marziale
Anemia sideropenica
Trattare con solfato ferroso325 mg/die
Dosare acido metilmalonicoe omocisteina
normaleMMAelevato
Omocisteinaelevata
Deficit folatiDeficit B12
Valutare bilancio marzialese non eseguito;se normaleAnemia da causa non nota
Considerarebiopsia ossea
Somministrare Acido folico5 mg/die
Trattare con Vit.B121000-2000
µg/die
Controllare conta reticolocitaria dopo 1-2 settimane di trattamento
Figura_4 Algoritmo per la valutazione dell'anemia nel paziente anziano
24
cardiaca promuovendo la fibrosi, la morte delle
cellule miocardiche, l'ipertrofia ventricolare
sinistra e la dilatazione. In assenza di (31)
disordini cardiaci sottostanti una anemia severa
(Hb < 8 g/dl) può causare una insufficienza
cardiaca congestizia.
In presenza infine di malattia renale cronica
in stadio avanzato l'aumento della gettata
cardiaca, quale meccanismo compensatorio
dell'anemia, conduce ad un graduale ma
progressivo ispessimento della parete
ventricolare; in questi pazienti ogni riduzione di
emoglobina di 1g/dl si associa ad un incremento
del 6% del rischio di ipertrofia ventricolare
sinistra. Una regressione, anche parziale, di (32)
questi cambiamenti morfologici del miocardio
dopo correzione dell'anemia con eritropoietina
è stata dimostrata nei pazienti affetti da malattia
renale cronica.(33)
Se l'anemia ha un ruolo indipendente nella
genesi dell'ipertrofia ventricolare sinistra e
nella conseguente cardiopatia, interventi
precoci mirati alla sua correzione potrebbero
essere importanti nella prevenzione e nel
contribuisce all'aumento dell'incidenza di altre
complicazioni cardiovascolari le quali
rappresentano gli effetti dei meccanismi
emodinamici compensatori innescati dalla
stessa anemia.
Processi di adattamento fisiologico
all'anemia, finalizzati a mantenere una
adeguata distribuzione di ossigeno ai tessuti,
includono non solo cambiamenti emodinamici
(aumento del precarico, vasodilatazione
periferica, effetto inotropo e cronotropo
positivo, ma anche del microcircolo (riduzione
della viscosità ematica, maggiore estrazione di
ossigeno dai tessuti per spostamento della curva
di dissociazione Hb-0 , reclutamento e 2
formazione di nuovi vasi collaterali) e sono
principalmente mediati dall'attivazione dei
sistemi simpatico e renina-angiotensina-
aldosterone. (Figura 5)(30)
L'età, le comorbidità e le patologie cardiache
possono limitare la fisiologica risposta
all'anemia; inoltre l'attivazione dei sistemi
simpatico e renina-angiotensina-aldosterone
esercitano un effetto negativo sulla funzione
Figura_5 Rappresentazione dei meccanismi di compenso cardiovascolare dell'anemia
ANEMIA
Diminuzione eritrociti Diminuzione emoglobina
Diminuzione viscosità
Incremento ritorno venoso
Diminuzione resistenze periferiche
Diminuzione distribuzione di ossigeno
Aumentata attività simpatica
Incremento frequenza cardiaca Incremento tono venoso
25
trattamento di malattie cardiovascolari e renali
croniche.
Complicazioni neurologiche
Cefalea, perdita di concentrazione,
depressione rappresentano i sintomi neurologici
più comunemente riscontrabili negli anziani con
anemia. Nonostante la limitatezza dei dati
riguardo gli effetti specifici neurologici
dell'anemia, alcuni studi condotti in pazienti
nefropatici hanno mostrato come la presenza di
anemia contribuisca al deficit delle funzioni
cognitive e che i pazienti affetti da insufficienza
renale cronica spesso presentano confusione
mentale, difficoltà di concentrazione, riduzione
dei riflessi, perdita della memoria. L'anemia (34)
può danneggiare le funzioni cerebrali o in modo
diretto (riducendo la distribuzione di ossigeno al
tessuto cerebrale con alterazione di importanti
processi metabolici), o in modo indiretto
(aumentando il flusso ematico cerebrale con
conseguente aumentato trasporto di tossine
uremiche al cervello). Una anemia acuta (35)
isovolemica comporta un subdolo rallentamento
della capacità di elaborazione mentale e della
memoria; inoltre riduce il livello di energia totale
dell'individuo.(36)
L'anemia sembra costituire inoltre un
fattore di rischio per l'insorgenza della malattia
d i A l z h e i m e r e d i a l t r e m a l a t t i e
neurodegenerative, che colpiscono una larga
fascia della popolazione anziana, costituendo
un serio problema di salute pubblica. Lo studio
greco di Argyriadou sottolinea la ( 3 7 )
correlazione tra anemia, in particolare da
carenza di cobalamina, e deficit cognitivo;
molti però sono i quesiti riguardo i meccanismi
di insorgenza della demenza e se una terapia
suppletiva con la vitamina possa evitare o
almeno rallentare la sua comparsa.(38)
Effetti sul benessere fisico e sulla qualità di
vita: la”fatigue”
E' ampiamente documentato in letteratura
che, indipendentemente dalla causa, una
anemia non trattata si associa ad astenia,
declino funzionale, aumentato rischio di
cadute, incremento della “fatigue” e
conseguente riduzione della qualità di vita. (39)
Una serie di studi hanno recentemente
analizzato il rapporto tra anemia e declino
funzionale. Chaves et al., in un gruppo di donne
anziane arruolate nel Women's Health and
Aging Studies I e II (WHAS I,II), hanno
studiato la relazione tra concentrazione di
emoglobina, difficoltà motorie e funzione
fisica. Nelle pazienti arruolate oltre a valutare (40)
la capacità di svolgere alcune attività fisiche
quali percorrere un quarto di miglio o salire 10
gradini, sono state effettuate prove di
equilibrio, prove di velocità di marcia, prove di
abilità nell'alzarsi dalla sedia. I risultati hanno
mostrato una significativa relazione tra Hb e
performance fisica anche nei soggetti in cui la
concentrazione di emoglobina era entro il range
di normalità definito dall'OMS (12-16 g/dl di
Hb); in base proprio ai dati ottenuti è stata
sollevata la questione riguardo il livello di Hb di
12 g/dl che potrebbe essere un valore cutt-off
subottimale per definire l'anemia nelle donne
anziane, almeno nell'ottica della funzionalità
fisica. In un altro studio prospettico di coorte
durato 4 anni condotto su una popolazione di
1146 anziani di 71 anni ed oltre (sia uomini che
donne) facenti parte dell 'Established
Populations for Epidemiologic Study of the
elderly (EPESE), Pennix et al. hanno studiato la
possibilità che l'anemia potesse essere un
fattore di rischio di declino funzionale e
disabilità. Nei soggetti arruolati sono state (41)
indagate la capacità nelle attività della vita
quotidiana, l'equilibrio, le prove di velocità di
26
marcia, le prove di abilità nell'alzarsi dalla
sedia, le prove di forza muscolare. I pazienti
con anemia hanno mostrato, al termine dei 4
anni dello studio, un declino funzionale
significativamente superiore ai pazienti non
anemici, avendo ottenuto dei punteggi
costantemente più bassi alle prove funzionali ed
una forza muscolare significativamente
ridotta. (41)
Le donne anemiche (Hb < 12 g/dl) hanno
mostrato i punteggi funzionali peggiori, seguite
dalle donne con anemia borderline (Hb tra 12-
13 g/dl). Entrambi i sottogruppi hanno mostrato
un significativo declino funzionale rispetto a
quello delle donne con emoglobina compresa
tra 13 e 15 g/dl e un quadro simile si è osservato
per gli uomini.
In uno studio più recente sempre Pennix e i
suoi collaboratori hanno esaminato la possibile
associazione tra anemia, disabilità, performance
fisica, forza muscolare ed esistenza di uno stato
flogistico latente. Sono stati studiati 1156 (42)
soggetti anziani ultrasessantacinquenni arruolati
nello studio in Chianti condotto in Italia, nella
regione Toscana; la disabilità è stata indagata
tramite la valutazione della capacità nelle attività
della vita quotidiana, la performance fisica
tramite test del cammino per 4 m, prove di
equilibrio e la prova dell'alzarsi dalla sedia; la
forza muscolare è stata valutata tramite test al
dinamometro di estensione del ginocchio e di
chiusura della mano, sono stati inoltre dosati i
livelli sierici di IL-6, TNF-α, PCR.
L'elaborazione dei dati ottenuti ha confermato
ancora una volta che i soggetti anemici
presentavano un grado di disabilità
significativamente superiore ai non anemici, con
peggiore performance fisica e ridotta forza
muscolare; inoltre i livelli dei markers di
infiammazione studiati sono risultati
strettamente correlati al rischio di disabilità e le
persone con anemia avevano livelli di IL-6,
TNF-α, PCR significativamente più elevati dei
controlli. E' probabile quindi che la “fatigue” e la
ridotta ossigenazione muscolare, correlate
all'anemia, possano indebolire la forza
muscolare, compromettendo in tal modo la
performance fisica del paziente.
La presenza di anemia è stata inoltre
associata significativamente al rischio di
cadute; quest'ultime rappresentano la maggiore
causa di mortalità e morbilità nella popolazione
anziana. La debolezza, la ridotta forza
muscolare, l'instabilità nei movimenti, la
vertigine, sono tutti fattori che rendono più
suscettibili alle cadute le persone anziane
anemiche.(43)
Con il termine di “fatigue” viene definito
uno stato di stanchezza, tensione nervosa,
debolezza, associato ad una sensazione di
esaurimento. La “fatigue”, espressione di un
meccanismo di risposta allo stress fisico o
psicologico, costituisce pertanto una reazione
difensiva contro l'avvio di attività che
potrebbero esaurire le riserve funzionali
dell'individuo. Anche la “fatigue” si correla
strettamente con l'anemia, di cui può
rappresentare un sintomo di esordio. In pazienti
neoplastici con età superiore ai 60 anni è stata
evidenziata una correlazione negativa tra livelli
di emoglobina e severità della fatigue; in questo
contesto il 66% dei pazienti con Hb < 12 g/dl e il
34% di quelli con Hb = 12 g/dl hanno lamentato
una interferenza con le normali attività
quotidiane.(44)
L'anemia nel paziente anziano neoplastico
I tumori rappresentano le malattie più
comuni nella popolazione generale e la loro
prevalenza incrementa con l'aumentare dell'età.
Oltre il 50% di tutti i nuovi casi di neoplasia
sono diagnosticati in soggetti con età = 65 anni e
circa il 60% di tutte le morti per tumore si
27
verifica in questa fascia della popolazione.
L'anemia rappresenta un problema frequente
nella popolazione anziana neoplastica,
costituendo un importante fattore prognostico
di sopravvivenza per molti tipi di tumore. Molti
studi clinici retrospettivi hanno evidenziato
come l'anemia non solo rappresenti un fattore
prognostico negativo ma, in determinate
situazioni, un parametro predittivo negativo di
risposta al trattamento, sia nei tumori solidi che
ematologici. I dati di laboratorio mostrano (45)
che l'ipossia cellulare, secondaria all'anemia, si
associa ad una maggiore instabilità genetica
delle cellule cancerose, ad una aumentata
resistenza alla radio-chemioterapia, ad un
incremento del potenziale metastatico, a una
ridotta apoptosi; in modelli animali l'aumento
dei livelli di emoglobina nelle cellule tumorali
ipossiche incrementa la sensibilità cellulare
agli agenti chemioterapici. Dati preclinici e (46)
clinici suggeriscono pertanto che il
mantenimento o il ripristino di normali livelli di
emoglobina nei pazienti neoplastici possa
influenzare l'outcome clinico, la risposta al
trattamento e la sopravvivenza.(47)
La qualità di vita rappresenta l'obiettivo
principale del trattamento nei pazienti anziani
con cancro, soprattutto in quelli sottoposti a
terapie palliative e pertanto è prioritario
comprendere quali siano i fattori che la
influenzano; il livello di emoglobina e quindi la
correzione dell'anemia correlano positivamente
con la qualità di vita in questa categoria di
pazienti.(48)
COS'È CHE INFLUENZA LA PREVALENZA
DELL'ANEMIA NEL SOGGETTO ANZIANO?
I fattori che influenzano la prevalenza
dell'anemia nella popolazione anziana,
determinandone l'estrema eterogeneità, sono i
seguenti: l'età, il sesso, il gruppo etnico, lo stato di
salute e le condizioni di vita. I dati epidemiologici
americani elaborati dal “Third National Health
and Nutrition Examination Survey (NHANES
III)” sono stati ottenuti grazie alla (49)
partecipazione con interviste, visite cliniche,
analisi di laboratorio, di circa 4000 persone
anziane residenti presso la propria abitazione. In
questa popolazione la prevalenza di anemia viene
stimata al 10%, con un raddoppiamento di questa
percentuale per ogni decade dopo i 65 anni di età,
evidenziando come circa il 25% degli ottuagenari
sono anemici.
Mentre negli adulti giovani l'anemia è più
comune nelle donne (fenomeno principalmente
dovuto alla maggiore prevalenza di anemie da
carenza marziale nelle donne in età fertile) negli
adulti anziani è più frequentemente
riscontrabile negli uomini. Considerando la
fascia di età dai 75 agli 84 anni la prevalenza
dell'anemia è di circa il 15,7 % negli uomini e
del 10,3 % nelle donne. (Figura 6)(50,51)
Il NHANES III ha inoltre evidenziato una
differenza significativa della prevalenza
dell'anemia nella popolazione anziana, fra i
diversi gruppi etnici (es: 27,8% nei neri non
ispanici rispetto al 9% nei bianchi non ispanici).
6
1,5
4,4
7,8
15,7
26,1
8,7
12,2
6,8
8,5
10,3
20,1
0
5
10
15
20
25
30
0-16 17-49 50-64 65-74 75-84 > 85
Età (anni)
%a
ne
mia
(cri
teri
WH
O)
maschi
femmine
Figura 6_ Prevalenza dell'anemia nella popolazione anziana residente presso la propria abitazione, stratificata per età e sesso
28
(Figura 7)
Questi dati fanno emergere una importante
questione riguardo l'adeguatezza della
definizione WHO di anemia e la sua appropriata
applicabilità per tutte le razze. Per esempio alcuni
autori hanno proposto di fissare per la
popolazione nera dei valori-limite di Hb di 1 o 2
g/dl al di sotto dei livelli utilizzati per la
popolazione bianca, sottolineando proprio le
differenze biologiche tra i due gruppi razziali.(52)
La conferma che la prevalenza dell'anemia
sia influenzata dallo stato di salute e dalle
condizioni di vita della persona anziana si
evince dall'osservazione che il suo riscontro è
particolarmente frequente negli anziani
ospedalizzati o residenti in case di cura o istituti
geriatrici. I risultati ottenuti da una recente
analisi effettuata su un campione di 900 anziani
di età mediana di 82 anni, ricoverati in case di
cura, hanno evidenziato un tasso di anemia pari
al 48%, valore significativamente più alto
rispetto a quello determinabile in una
popolazione della stessa età residente presso la
propria abitazione. (Tabelle 1 e 2)(53)
9,2
27,5
11,5
29,4
11,8
8,7
28,6
9,8
7,8
10,29
27,8
10,4
14,8
10,6
0
5
10
15
20
25
30
35
non ispanici bianchi non ispanici neri messicani altro popolazione totale >65 anni
%p
ers
on
eco
na
nem
ia
maschi
femmine
totale
Figura 7_ Prevalenza anemia in una popolazione > 65 anni,
stratificata per gruppo etnico e sesso
•
PAZIENTI OSPEDALIZZATI
•
RESIDENTI IN CASE DI CURE O ISTITUTI GERIATRICI
•
PAZIENTI ESTERNI IN ACCESSO A VISITE PRIVATE
• RESIDENTI A CASA
++
A
N
E
M
I
A
+/-
Tabella 1_ Prevalenza dell' anemia nelle varie sottopopolazioni di soggetti anziani
29
QUALI SONO LE PRINCIPALI CAUSE
DI ANEMIA NELL'ANZIANO?
Le cause dell'anemia nelle persone anziane,
riportate in un recente studio del NHANES III,
possono essere raggruppate in tre grandi
gruppi: 1)anemia da carenza nutrizionale; 2)
anemia da infiammazione cronica; 3) anemia da
causa ignota. (Tabella 3)
La determinazione eziologica dell'anemia
nella popolazione anziana può risultare
difficoltosa, con necessità di approfondimenti
diagnostici (es. aspirato midollare), per la
presenza di comorbidità richiedenti spesso
l'assunzione di svariati farmaci. In ogni caso, e
più spesso che nei giovani, l'anemia
dell 'anziano è spesso multifattoriale;
malnutrizione, sanguinamenti con conseguente
PREVALENZA ANEMIA (%)
VARIABILI
UOMINI
DONNE
•
Valore albumina
< 3,5 g/dl
> 3,5 g/dl
61,5
13,9
48,8
11,2
•
Valore creatinina
> 1,5 mg/dl
< 1,5 mg/dl
27,3
12
29,9
11
•
Razza
nera
bianca
36,4
14,3
30,3
11,6
•
Istituzionalizzazione
si
no
26,4
14,5
19,8
12
•
Precedenti ospedalizzazioni
si
no
21
13,5
19,4
11,1
Tabella 2_ Variabili che influenzano la prevalenza dell'anemia nella popolazione anziana
EZIOLOGIA
% ANEMIA
1.CARENZA NUTRIZIONALE: 34%
• Folati e/o B12 14%
• Ferro con o senza folati/B12 20%
2.MALATTIA CRONICA 32%
• Malattia cronica renale 8%
• Malattia cronica 20%
• Malattia cronica renale + malattia cronica 4%
3.IDIOPATICA (da causa ignota) 34%
• Sindrome mielodisplastica 9%
30
Tabella 4_Deficit di cobalamina nella popolazione anziana: definizione
oppure
• Livelli di cobalamina sierica < 150 pmol/l
- e livelli di omocisteina sierica > 13 µmol/L - o livelli di acido metilmalonico > 0,4 µmol/L (in assenza di insufficienza renale o deficit di vitamina B6 e folati)
ivelli di cobalamina sierica < 150 pmol/L in due separati rilievi• L
spesso non viene riconosciuto o indagato per le manifestazioni cliniche piuttosto sfumate di presentazione. La potenziale serietà delle complicanze legate alla sua riduzione (in pa r t i co la re que l l e neuro log iche ed ematologiche) rende però imprescindibile il dosaggio di questo fattore nella persona anziana. Studi epidemiologici hanno mostrato una prevalenza del deficit di cobalamina pari al 12% nella popolazione anziana residente in comunità mentre questa percentuale si alza fino al 30-40% nei pazienti anziani ospedalizzati o con comorbidità associate.
DefinizioneIl deficit di cobalamina si stabilisce in base alla
determinazione dei valori sierici di cobalamina e di due suoi metaboliti, l'omocisteina e l'acido metilmalonico. Livelli elevati di omocisteina (iperomocisteinemia) possono anche essere causati da un deficit di folati e vitamina B6 e quindi prima di porre diagnosi di anemia da carenza di vitamina B12 è necessario dosare questi due fattori. I valori cutoff dei livelli di cobalamina sierica sono stati ottenuti confrontando pazienti con complicanze note con pazienti senza complicazioni, nelle varie fasce di età. La definizione attualmente più utilizzata di deficit di cobalamina per i soggetti anziani è riportata nella Tabella 4.(56,57)
· Cobalamina: metabolismo e funzione
Il metabolismo della cobalamina è
complesso e richiede molti passaggi ognuno dei
quali, se alterato, può condurre ad una situazione
di carenza di tale vitamina (Figura 8).
L'organismo umano non è in grado di
deficit marziale, patologie croniche, infezioni,
neoplasie, possono coesistere rendendo in tal
modo più difficile il percorso diagnostico.(54
1. ANEMIA DA CARENZA
NUTRIZIONALE
La valutazione dello stato nutrizionale del
paziente riveste un ruolo importante nella
definizione della causa di anemia dell'anziano e
troppo spesso il riconoscimento di una
situazione di malnutrizione viene sottostimato.
Lo stato nutrizionale di una persona viene
definito sulla base della determinazione di
alcuni parametri laboratoristici quali: albumina
sierica, transferrina, ferritina, percentuale
saturazione della transferrina, colesterolo,
colinesterasi, vitamina B12, acido folico, zinco,
conta assoluta dei linfociti.
In situazioni di comorbidità alcuni di questi
tests di laboratorio possono essere interpretati
non adeguatamente, come ad esempio il valore
della ferritina sierica in caso si concomitante
patologia infiammatoria. La malnutrizione, più
spesso presente negli anziani ospedalizzati, può
riflettere una situazione di solitudine,
depressione, inadeguata dentizione, perdita
dell'appettito e può essere secondaria a malattie
sistemiche o deficit cognitivi. Una maggiore
attenzione allo stato nutrizionale del paziente
ed eventualmente agli interventi da applicare
per migliorarlo, dovrebbe essere rivolta già dal
primo approccio all'anziano anemico.(55)
DEFICIT DI VITAMINA B12
Il deficit di vitamina B12 o cobalamina si verifica frequentemente nei soggetti anziani ma
31
1) La cobalamina (Cbl) introdotta con il cibo animale entra nello stomaco legata a proteine (P) specifiche. 2) La pepsina e l'acido cloridrico dello stomaco distaccano la proteina P e rilasciano la cobalamina libera. La maggior parte della cobalamina libera si lega alla proteina R che è rilasciata dalle cellule parietali dello stomaco e dalle ghiandole salivari. Il fattore intrinseco (FI) è anch'esso secreto nello stomaco ma il suo legame con la cobalamina è debole in presenza del fattore salivare e gastrico R. 3) Nel duodeno gli enzimi pancreatici degradano la proteina R favorendo il rilascio della cobalamina. 4) La cobalamina lega il FI ed il complesso Cbl-FI prosegue lungo il tenue fino all'ileo distale dove, sui microvilli della mucosa ileale, sono localizzati i recettori del FI. 5) Il legame con il recettore comporta l'endocitosi del complesso con rilascio endocellulare della cobalamina e riciclaggio del recettore. 6) La cobalamina si lega quindi a proteine di trasporto specifiche note come transcobalamina I, II e III (TCI, TCII, TCIII). La TCII, sebbene sia la meno rappresentata tra le transcobalamine (10%), è la più importante perché è in grado di trasportare la cobalamina in tutte le cellule dell'organismo. 6) La cobalamina attraverso il sistema portale entra in circolo e trasportata in tutte le cellue. 7) All'interno di ogni cellule il complesso Cbl-TCII viene endocitato e la Cbl viene liberata e convertita nelle due forme coenzimatiche, metilcobalamina e adenosilcobalamina.
Figura_8 Fasi del metabolismo cobalamina
BOCCA R ghiandole salivari
Cbl
(1)
P
ESOFAGO
Cbl-P
STOMACO IF
P Cbl
R (2)
DUODENO Cbl-R
pancreas
(3)
R CbL IF
ILEO
CbL-IF recettore FI
( microvilli mucosa)
(4)(5)
SISTEMA PORTALE
Cbl-TCI, Cbl-TCII, Cbl-TCIII (6)
INTERNO CELLULE
adenosilcobalamina Cbl metilcobalamina
Membrana plasmatica
Cbl III
Recettore TCII
TCII
Cobalamina
Cbl III
lisosoma
Cbl III
Degradazione TC II
TCII TCII
Cbl IICbl I
Cbl I
Cbl II
Cbl III
reduttasiMitocondrio
reduttasi
Metilmalonil CoA Succinil CoAAdoCbl
reduttasi
Metionina
Omocisteina
H4PteGlu
MeCbl
5-CH3H4PteGlu
Citoplasma
Metionina Sintetasi
La Cobalamina (Cbl), legata alla proteina di trasporto transcobalamina II (TCII), entra nella cellula attraverso un meccanismo di endocitosi mediato dal recettore della transcobalamina II. Gli enzimi lisosomiali degradano la TCII, liberando in tal modo la cobalamina. La Cobalamina III (Cbl III) rappresenta la forma più ossidata di cobalamina, e la cobalamina II (Cbl II) e la cobalamina I (Cbl I) costituiscono le forme ridotte. Nel mitocondrio la cobalamina è convertita in Adenosilcobalamina (AdoCbl), un enzima coinvolto nella conversione del metilmalonil-CoA (MM-CoA) in succinil-CoA. Nel citoplasma la cobalamina funziona come un coenzima nelle reazioni catalizzate dalla metionina sintetasi. (PteGlu=acido folico, MeCbl=metilcobalamina.
Figura 9.A_ Uptake cellulare della cobalamina e sua processazione
32
Figura 9. B_ Vie enzimatiche intracellulari che richiedono la cobalamina
Acido folico
Tetraidrofolato
5-Metil-tetraidrofolato
5,10 -Metilentetraidrofolato
NADPH + H+
NADP +
COBALAMINA I
Membrana plasmatica
Metionina
Omocisteina
Cistationina
Cisteina
Vitamina B6
· Cause di deficit di vitamina B 12
Nella popolazione anziana il deficit di
cobalamina è principalmente causato dal
malassorbimento della vitamina legata al cibo
(“food-cobalamin malabsorption”) e
dall'anemia perniciosa; i deficit alimentari
(dieta vegetariana), il malassorbimento
intestinale e le deficienze congenite di enzimi
coinvolti nel metabolismo della vitamina sono
sicuramente più rari (Figura 10).(59)
“Food-cobalamin malabsorption”(FCM)
La sindrome da malassorbimento del
complesso cibo-cobalamina (“food-cobalamin
20%
5%
70%
4% 1%
Anemia perniciosa
Deficit alimentare
"Food-cobalaminmalabsorption"
Malassorbimentointestinale
Deficienze congeniteenzimatiche
malabsorption”), descritta per la prima volta nel
1995, è caratterizzata dall'incapacità di
rilasciare la cobalamina legata alle proteine
animali del cibo (proteina P) o alle proteine di
trasporto intestinali (proteina R), soprattutto in
presenza di ipocloridria, con assorbimento
inalterato della cobalamina libera. Come molti
studi hanno mostrato, questa sindrome viene
definita sulla base di un documentato deficit di
cobalamina in presenza di un sufficiente
introito della vitamina con il cibo, di un test di
Schilling negativo (quest'ultimo, poco
utilizzato nella pratica clinica, viene
usualmente modificato nella sua applicazione)
e di fattori clinici predisponenti. (Tabella 5).
33
Figura_10 Cause di carenza di cobalamina nella popolazione anziana
CRITERI PER LA DEFINIZIONE FCM
• Cobalamina sierica < 150 pmol/L • Test Shilling standard negativo (usando cianocobalamina libera marcata con
cobalto -58) o Test di Shilling modificato alterato (usando cobalamina rad ioattiva legata alle proteine del cibo, es.uova, pesce)
• Non deficit alimentare (introito con la dieta > 2µg al giorno) • Non presenza di anticorpi anti-fattore intrinseco
CONDIZIONI CLINICHE ASSOCIATE
1. Patologie gastriche: gastrite atrofica, gastrite croni ca Helicobacter Pylori positiva, gastrectomia parziale, bypass gastrico (negli obesi)
2. Insufficienza pancreatica esocrina 3. Iperproliferazione batterica, gastrica o intestinale, causata da: acloridria, infezione
HIV, sprue tropicale 4. Utilizzo prolungato di far maci: antiacidi (inibitori di pompa protonica o
antagonisti dei recettori H2) o biguanidi 5. Alcolismo 6. Idiopatica (correlata all’età)
Tabella_5 Criteri di definizione della “food-cobalamin malabsorption”
La fisiopatologia della FCM determina una
deplezione molto lenta di cobalamina rispetto
ad altri stati morbosi dove vi è una distruzione
del fattore intrinseco; questo verosimilmente
giustifica le manifestazioni cliniche ed
ematologiche più lievi rispetto all'anemia
perniciosa.(59,60)
Anemia perniciosa
L'anemia perniciosa è una malatt ia
autoimmune caratterizzata dalla distruzione
della mucosa gastrica (soprattutto a livello del
fondo) mediata da un processo citotossico
cellulo-mediato. Le secrezioni gastriche sono
meno acide, anche in presenza di valori di
gastrina aumentati, e contengono ridotti livelli
di fattore intrinseco. Nel plasma e nelle
secrezioni gastriche è possibile identificare la
presenza di due tipi di autoanticorpi: quelli anti-
FI (specificità del 98% ma sensibilità del 50%)
e quelli anti-cellule parietali della mucosa
gastrica (sensibilità alta, > 90% ma specificità <
50%). Una moderata ipergastrinemia, dovuta
all'iperplasia delle cellule antrali G secondarie
all'ipocloridria, è spesso associata all'anemia
perniciosa.(61)
Deficit alimentare
La carenza alimentare di cobalamina è molto
rara negl i individui sani dei paesi
industrializzati, compresa la popolazione
anziana (prevalenza < 5%). Può riscontrarsi in
pazienti con una dieta rigidamente vegetariana
o in pazienti malnutriti, ospedalizzati o
ricoverati in istituti geriatrici. In ogni caso,
anche se presente, il deficit alimentare di
cobalamina non diventa sintomatico fino al
completo esaurimento delle riserve epatiche.(62)
Malassorbimento
La gastrectomia totale o la resezione chirurgica
della porzione terminale dell'ileo potrebbero
cos t i tu i re de l le cause f requent i d i
malassorbimento di cobalamina nella persona
anziana ma sono diventate più rare (< 5%)
principalmente per il decremento della
frequenza degli interventi chirurgici. La
gastrectomia totale comporta l'eliminazione
dell'unica sorgente di fattore intrinseco e
dell'acidità gastrica.
Altre cause di malassorbimento di cobalamina
includono patologie intestinali che comportano
un danno a livello della mucosa della porzione
la depressione, anche se non ne è chiara la
correlazione. Spesso negli anziani il deficit di
B12 può manifestrasi solo con complicazioni
neurologiche, in assenza di anemia, che possono
rimanere indeterminabili per molti anni
diventando irreversibili (e peggiorare con il
supplemento di acido folico!!!).(58)
· Processo diagnostico
Il processo diagnostico rivolto alla determinazione del deficit di vitamina B12 si avvale essenzialmente di approcci non invasivi; solo occasionalmente, in presenza di valori di cobalamina sierica equivoci e dopo aver eseguito il dosaggio dell'omocisteina sierica e dell'acido metilmalonico, l'esecuzione dell'aspirato midollare risulta importante per formulare la diagnosi corretta. In tutte le persone con età superiore a 65 anni che sono malnutrite, o ricoverate in ospedale o in insituti di cura o che presentino delle manifestazioni neurologiche od ematologiche tipiche da carenza di B12, è imprescindibile la misurazione del livello sierico di cobalamina.(Figura 11).(58)
terminale del tenue, sede elettiva di
assorbimento della vitamina B12, come la
malattia di Chron, la tubercolosi, alcuni
linfomi, l'amiloidosi, la malattia di Whipple, la
sclerodermia, la celiachia.(63)
- Manifestazioni cliniche
Le manifestazioni cliniche principali correlate al
deficit di vitamina B12 sono elencate nella
Tabella 6. Esse variano da forme lievi e comuni,
come la macrocitosi e la neuropatia sensoriale, a
forme più severe che includono l'anemia
emolitica e la degenerazione assonale. Le
manifestazioni cliniche tipiche sono la glossite
di Hunter, che causa una atrofia delle papille
linguali, e la sindrome neuroanemica.
Quest'ultima si caratterizza per la presenza di
anemia megaloblastica e progressiva sclerosi del
midollo spinale, che può causare deficit sensitivi
e motori piramidali. Le conseguenze
neurologiche da deficit di cobalamina sembrano
essere più frequenti nei pazienti che già
presentano malattie neurologiche come la
demenza, la malattia di Alzheimer, il Parkinson,
SISTEMA
MANIFESTAZIONI
FREQUENZA
ematologiche Macrocitosi;ipersegmentazione neutrofili; indice reticolocitario basso; magaloblastosi midollare
frequenti
Isolata trombocitopenia eneutropenia; pancitopenia
rara
Anemia emolitica; microangiopatia molto rara
neuropsichiatriche
Sclerosi combinata midollo spinale classica
Polineurapatia (in particolare sensitiva); atassia; fenomeno
Babinski’s
frequente
Sindrome cerebellare rara Alterazioni cognitive, depressione,
Parkinson
in corso di studio
digestive Glossite Hunter; ittero; incremento bilirubina (da eritropoiesi inefficace)
classica
Ulcere muco-cutanee ricorrenti
rara
34
Tabella_6 Manifestazioni cliniche principali da deficit di cobalamina
35
Deficit cobalamina: screening• tutti i pazienti anziani malnutriti• tutti i pazienti ricoverati in ospedale o case di cura• tutti i pazienti con manifestazioni neurologiche od emetologichetipiche da carenza di B12
Non altre indagini
NOSI
Confermare la diagnosi di deficit cobalamina:Dosaggio sierico cobalamina(± omocisteina)
Cobalamina< 150pmol/L Cobalamina > 150pmol/L
Non altre indaginiPresente un deficit alimentare?
NOSI
Trattamento E ’presente malassorbimento?
NO
Anemia perniciosa?
Determinazione anticorpi anti -FI
NOSI
Shilling test
Confermare diagnosi di“food-cobalamin malabsorption ”:Test Shilling modificato
pos
neg
Trattamento
TrattamentoSorveglianza endoscopica
Possibili cause di malassorbimento:Patologia porzione terminale intestino tenue(malattia di Chron, Linfoma, Tubercolosi, Sclerodermia,Amiloidosi, Celiachia, malattia Whipple)Gastrectomia o resezione intestinaleFarmaciPancreatitecronica o pancreatectomia
SI
Trattamento
Figura_11 Algoritmo diagnostico per determinare il deficit di cobalamina
36
Via di somministrazione
Trattamento iniziale Mantenimento
Parenterale*
1000 µg/die per 1 settimana poi 1000 µg/settimana per 1 mese
1000 µg/mes e fino alla correzione della causa del deficit; per tutta la vita in caso di anemia perniciosa
Orale ̂
1000 µg/die per 1 mese 125-500 µg/die in caso di deficit alimentare o food-cobalamin
malabsorption; 1000 µg/die in caso di anemia
perniciosa
Tabella 7_ Approcci terapeutici al deficit di cobalamina
· Approccio terapeutico
Il trattamento classico del deficit di cobalamina è la somministrazione parenterale (usualmente attraverso l'iniezione intramuscolare della vitamina nella forma di cianocobalamina) o orale.(Tabella 7) Di solito la crisi reticolocitaria inizia dopo cinque giorni dall'inizio del trattamento con un picco alla settima giornata.(58,64)
DEFICIT DI FOLATI
La forma metabolicamente attiva dell'acido folico è rappresentata dall'acido tetraidrofolico che interviene in molteplici reazioni di trasferimento di unità monocarboniose, partecipando pertanto alla sintesi delle basi puriniche. L'uomo non è in grado di sintetizzare i folati e dipende quindi dall'apporto alimentare. Cibi ricchi di folati sono tutti i vegetali, il fegato, la carne; occorre tuttavia notare che la vitamina non legata a proteine presenti nei vegetali viene distrutta dalla cottura. Il fabbisogno giornaliero si aggira intorno ai 100 mg mentre le riserve corporee normalmente ammontano a 5-10 mg e vengono consumate in caso di mancato assorbimento in pochi mesi. L'assorbimento avviene prevalentemente a livello del digiuno e dell'ileo prossimale dove i folati poliglutammati contenuti nei cibi vengono scissi nelle nelle forme di monoglutammato.
Nella popolazione anziana il deficit di acido folico si realizza principalmente in seguito a
*a prescindere dalla causa del deficit di cobalamina^ nei casi di: carenza alimentare, food-cobalamin malabsorption, anemia perniciosa
carenze nutrizionali, malassorbimento e riduzione delle scorte epatiche (legata all'alcolismo e alla conseguente epatopatia cronica). Spesso la carenza di folati si associa al deficit di altre vitamine emoattive come la vitamina B12, la riboflavina e la piridossina. Il quadro clinico ed ematologico è quello di un'anemia megaloblastica, in genere meno spiccata rispetto all'anemia perniciosa. Sono presenti le turbe legate ai fenomeni di disepitelizzazione del cavo orale, mentre mancano le alterazioni neurologiche a meno che non sia associato un deficit di B12.
Alcuni studi hanno messo in correlazione i bassi livelli di acido folico, e il conseguente incremento dell'omocisteina plasmatica, con un declino progressivo delle funzioni cognitive nella persona anziana. Sappiamo che il ruolo (65)
dei folati nel metabolismo dell'omocisteina risulta essere fondamentale; l'acido folico è richiesto per la conversione biochimica dell'omocisteina in metionina (Figura 9B) e l'aumento della concentrazione plasmatica di omocisteina è il primo segnale di carenza di folati. E'stato ipotizzato che proprio l'iperomocisteinemia, secondaria al deficit di acido folico, possa determinare nelle persone anziane delle alterazioni cerebrali con aumentato rischio di sviluppare turbe della sfera cognitiva, demenza e malattia di Alzheimer; altri tesi sostengono che il deficit di folati potrebbe indurre un danno cerebrale indipendentemente dai livelli di omocisteina
37
plasmatica, attraverso meccanismi che interferirebbero con la sintesi di importanti neurotrasmettitori come la dopamina, la serotonina, la noradrenalina. Ques'ultima ipotesi giustificherebbe l'associazione tra bassi livelli di acido folico e depressione, evidenziata da alcuni autori soprattutto nelle donne. La (66)
combinazione deficit di folati e deficit cognitivo è strettamente legata all'ambiente familiare e sociale in cui vive il paziente anziano.
Se l'invecchiamento costituisce di per sé un fattore di rischio per lo sviluppo di una carenza di folati, la malnutrizione e la demenza rappresentano due processi paralleli che si aggravano l'uno con l'altro: gli anziani dementi perdono progressivamente l'attenzione sui propri bisogni primari, come l'alimentazione, e lo stato nutrizionale inadeguato contribuisce al p e g g i o r a m e n t o d e l l a d e m e n z a . L a somministrazione orale di acido folinico (5 mg/die per os fino a 10-15 mg/die in caso di malassorbimento) ed eventualmente l'integrazione della dieta con cibi ricchi di tale sostanza dovrebbero essere attentamente (67)
considerati nei soggetti anziani, soprattutto in quelli inseriti in un contesto socio-economico scadente.
DEFICIT MARZIALE
L'anemia da carenza marziale rappresenta la seconda causa più comune di anemia nella popolazione anziana dopo quella da malattia cronica. Usualmente si verifica in seguito ad una perdita cronica di sangue dal tratto gastroenterico secondaria alla presenza di angiodisplasia, ulcera gastro-duodenale, tumore del colon, diverticoli o all'assunzione prolungata di farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS). In alcuni casi l'inadeguato apporto di ferro con la dieta (in soggetti rigorosamente vegetariani o in casi di malnutrizione) o il malassorbimento possono
contribuire all'insorgenza dell'anemia. Il deficit isolato di assorbimento del ferro è estremamente raro; pazienti gastroresecati o con estese resezioni digiunoileali possono sviluppare uno stato carenziale come conseguenza della riduzione della superficie intestinale utile all'assorbimento del metallo. Stati di ipocloridria possono ridurre la capacità di assorbimento del ferro presente nei cibi come altre condizioni, quali ptosi e ipotonia gastrica, che alterano il chimismo gastrico.
La causa di gran lunga più frequente di carenza marziale nell'anziano è rappresentata comunque dalle perdite croniche che devono essere attentamente indagate. La diagnosi di anemia sideropenica dell'anziano deve pertanto comportare una valutazione completa del tratto gastroenterico come possibile fonte di sanguinamento. Nel 20-40% dei pazienti la perdita si localizza a livello del tratto superiore ed è secondaria alla presenza di ulcera peptica, gastrite, ernia iatale, esofagite o carcinoma gastrico. Il sanguinamento dal colon si verifica nel 15-30% dei casi e frequentemente è causato da neoplasie del colon, polipi o angiodisplasia. La fonte del sanguinamento può rimanere sconosciuta nel 10-40% dei casi. (53,68)
La diagnosi si fonda sulle caratteristiche cliniche corredate di alcune ricerche fondamentali di laboratorio che rivestono una notevole importanza nell'esatta determinazione dello stato delle riserve di ferro dell'organismo e del grado di alterazione dell'emopoiesi che ne consegue. Il dosaggio della sideremia, della transferrinemia, della capacità totale legante il ferro (TIBC), della ferritinemia, il calcolo della saturazione percentuale della transferrina, unitamente all'analisi dell'emocromo e dei principali indici eritrocitari, consentono di riconoscere diverse fasi sequenziali nello sviluppo dello stato di sideropenia che termina nel quadro conclamato di anemia da carenza marziale.(Tabella 8)
38
La determinazione del livello di ferritina sierica (Tabella 9) è il parametro più efficace per formulare la diagnosi di anemia sideropenica. Il valore di ferritina sierica < 12 ng/ml è considerato diagnostico per carenza marziale certa; un valore > 100 ng/ml ci permette usualmente di escludere un deficit di ferro; valori compresi tra 13 e 99 ng/ml rappresenta un range di incerto significato in termini di riserve marziali.(54)
Recentemente il dosaggio del recettore sierico della transferrina (sTfr) è stato proposto come sens ib i l e e a l t e rna t ivo fa t to re per l'inquadramento del bilancio marziale nell'anziano. Il sTfr è iperespresso sulla
FERRITINA SIERICA (µg/L)
SENSIBILITA’ (%)
SPECIFICITA’ (%)
< 200 94 71 < 45 85 92 < 12 59 99
Tabella_9 Sensibilità e specificità del valore di ferritina sierica nella determinazione dell'anemia ferro carenziale
membrana cellulare dei proeritroblasti quando la quantità di ferro che raggiunge la superficie delle cellule è diminuita (stato di carenza marziale) e successivamente, dopo aver subito un processo di proteolisi, viene rilasciato e liberato in circolo.
L'ammontare di sTfr è inversamente proporzionale a l le r i serve d i fer ro dell'organismo, pertanto elevati livelli (range normale: 2,6-9,9 mg/L) sono predittivi di carenza marziale. Il dosaggio di sTfr sierico sembra rivestire un ruolo importante per la diagnosi differenziale tra anemia sideropenica e anemia da malattia cronica, proprio perché non si modif ica in presenza di uno s ta to infiammatorio.(Tabella 10)
Tabella_10 Test di laboratorio per la diagnosi differenziale tra anemia sideropenica e anemia da malattia cronica (ACD)
TESTS LABORATORIO
ANEMIA DA MALATTIA CRONICA
(ACD)
ANEMIA SIDEROPENICA
ACD +
SIDEROPENIA • Sideremia • Capacità totale legante ferro
(TIBC) normale o
• % saturaz.transferrina normale o • ferritina normale o • recettori solubili transferrina normali
diminuita; aumentata
NORMALE (soggetto maschile)
CARENZA MARZIALE
ANEMIA SIDEROPENICA
• Hb (g/dl) 15 normale 10 • Hct (%) 40 normale 30 • Eritrociti (milioni/µl) 4,5 normale 4,2 • Morfologia eritrociti normale normale microcitosi • MCV (fl) 90 80-90 70 • Sideremia (mg/dl)
80-150 ridotta < 40 • Transferrina totale (µg/dl)
250-350
aumentata
400
• Saturaz.transferrian (%)
20-50
ridotta
< 10%
•
Ferritinemia (ng/ml)
30-200
12-30
< 12
•
Ferro nei depositi
+
-
-
Tabella_8 Esempio delle principali caratteristiche ematologiche e biochimiche dello stato ferro-carenziale dell'organismo.
<
39
In particolare il livello sierico dei recettori
della transferrina espresso come rapporto tra
sTfr e log.della ferritina sierica (noto come
indice sTfr) costituisce il parametro più
predittivo nella determinazione delle riserve di
ferro dell'organismo, spesso consentendo di
eliminare l'esecuzione dell'aspirato midollare,
manovra invasiva soprattutto per un soggetto
anziano. La maggiore limitazione al dosaggio
del sTfr è l'attuale non routinaria e standardizzata
sua applicazione in tutti i laboratori. (69,70)
Una diagnosi corretta di anemia sideropenica
deve comunque sempre tener conto dell'origine
della carenza marziale.Vanno sempre ricercati e
possibilmente corretti i disordini alimentari e
fondamentale risulta la ricerca del sangue
occulto nelle feci che va ripetuta nell'arco di
diversi giorni in quanto il sanguinamento può
risultare intermittente. In caso di positività si
dovrà procedere accertando la fonte del
sanguinamento attraverso indagini strumentali
(endoscopia). Nella popolazione anziana la (71,72)
d iagnos i d i f f e r enz i a l e v i ene pos t a
principalmente con l'anemia delle malattie
croniche e l'anemia da nefropatia.(Tabella 11)
Oltre ai comuni sintomi dell'anemia i pazienti possono presentare dei segni clinici tipici della carenza marziale quali perdita e fragilità dei capelli , fragili tà, assottigliamento e desquamazione delle unghie (coilonichia), atrofia delle papille, lingua liscia e arrossata, stomatite angolare, disfagia, sindrome di Plummer Winson (caratterizzata dalla triade
glossite, disfagia, anemia sideropenica).
Una volta identificata e trattata la causa dell'anemia sideropenica, può essere iniziata una terapia marziale reintegrativa che in prima linea viene somministrata per via orale. Un incremento di 1 g/dl di emoglobina può verificarsi due o tre settimane dopo l'inizio della terapia (crisi reticolocitaria in 5-7^ giornata); in ogni caso è necessario un periodo di tempo di almeno 4 mesi dopo la normalizzazione dei livelli di emoglobina per ripristinare i depositi di ferro dell'organismo. I prodotti più efficaci sono i sali ferrosi semplici, al dosaggio di 100-200 mg/die (con un assorbimento medio pari al 10%). Esistono differenti preparazioni di ferro formulazione orale: il ferro solfato a un dosaggio di 300 mg contiene 60 mg di ferro elementare mentre 325 mg di ferro gluconato contengono 36 mg di ferro elementare.(Tabella 12) L'assorbimento del ferro elementare a livello intestinale è influenzato dalla dieta e precisamente è favorito da un ambiente acido; i cibi ricchi di tannati (es.the) o fitati (es.cereali) o i farmaci che innalzano il pH gastrico ne riducono pertanto l'assorbimento e dovrebbero essere evitati. Le indicazioni per la somministrazione endovenosa del ferro includono: sanguinamenti persistenti di entità tale da non poter essere compensati con la terapia orale, malassorbimento intestinale, intolleranza alla terapia orale. Le trasfusioni di sangue vanno riservate ai pazienti con una anemia severa o sintomatica.(73)
TEST
DEFICIT DI FERRO FLOGOSI NEFROPATIA
Anemia Lieve/grave Lieve Lieve/grave MCV (fl) 70-90 80-90 90 Morfologia Microcitica Normocitica Normocitica Sideremia (µg/dl) < 30 < 50 Normale TIBC (µg/dl) > 360 < 300 Normale % saturazione transferrina < 10 10-20 Normale Ferritina (ng/ml)
< 12
30-600
115-150
Depositi ferro
0
2-4+
1-4+
Tabella_11 Diagnosi differenziale anemie ipoproliferative
40
PREPARAZIONE DOSAGGIO DISPONIBILE CONTENUTO DI Fe++
Formulazione orale/cps
• Ferroso fumarato 300 mg 99 mg
• Ferroso gluconato 300 mg 35 mg
• Ferroso solfato 300 -325 mg 60 - 65 mg
• Ferroso solfato a rilascio prolungato 160 mg 65 mg
• Complesso ferro-polisaccaride 150 mg 150 mg
Formulazione orale/sospensione 1. Ferroso fumarato 60 mg/ml 20 mg/ml 2. Ferroso solfato 75 mg/ml -30 mg/ml 15 mg/ml -6 mg/ml
Formulazione intravenosa/intramuscolo • Ferro destrano -- 50 mg/ml • Ferro sucrosio -- 20 mg/ml
Koda-kimble MA, Young LY, Kradjan WA. Guglielmo BJ. Applied Therapeutics: the clinical use of drug. New York: Lippencott Williams & Wilkins, 2001. Canadian Pharmacists Association. Compendium of Pharmaceuticals and Specialties.
Ottawa,ON: Canadian Pharmacists Association,
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Tabella_12 Preparazioni farmaceutiche di ferro comunemente utilizzate in terapia
2. ANEMIA DA MALATTIA CRONICA
L ' a n e m i a d a m a l a t t i a c r o n i c a (ACD,”anemia of chronic disease”), talvolta definita come anemia da disordine cronico o anemia da infiammazione, rappresenta la causa più comune di anemia nella popolazione anziana. Si associa a tutta una serie di condizioni cliniche quali: infezioni acute, infezioni croniche (es . tubercolos i ) , d isordini infiammatori cronici (es.artrite reumatoide, osteoartrite) e neoplasie. La severità dell'anemia correla con la gravità della patologia sottostante ma generalmente è lieve, con un livello di emoglobina che raramente scende al di sotto di 10 g/dl. Di solito l'anemia è normocromica, normocitica, con una bassa conta reticolocitaria tipica di una anemia ipoproliferativa. Un importante aspetto dell'ACD è l'incapacità del paziente di mobilizzare e utilizzare il ferro adeguatamente; i pazienti infatti presentano una bassa sideremia, un valore basso o normale di TIBC, un valore normale o alto di ferritina e basse o normali concentrazioni di sTfr (Tabella 10). L'esatto meccanismo patogenetico non è ancora noto, ma due gruppi di anemie da malattia cronica possono essere distinti: l'ACD “rheumatoid arthritis type”, che normalmente è causata da una diretta inibizione della
maturazione nelle fasi avanzate dell'eritropoiesi ed è sensibile alla terapia con eritropoietina esogena, e l'ACD “cancer type” che usualmente coinvolge i precursori eritroidi più primitivi, risultando meno responsiva a dosi standard di eritropoietina (ma sensibile a dosi più elevate) . (51,74)
Il fatto che gli anziani siano maggiormente suscettibili a sviluppare una anemia secondaria ad una malattia cronica è verosimilmente anche da correlarsi alla loro ridotta riserva emopoietica. Sappiamo che l'invecchiamento c o m p o r t a u n a i n a d e g u a t a r i s p o s t a all'eritropoietina e un aumentato rilascio di citochine pro-infiammatorie come l'IL-1, IL-6 (75)
e il TNF-α che contribuiscono a inibire la risposta eritropoietinica (prf.4).
Un fattore di recente identificazione, i cui livelli sierici aumentano nei soggetti affetti da ACD, con un ruolo emergente nella regolazione del metabolismo del ferro e mediatore dell'infiammazione, è l'epcidina ; tale proteina, (76)
prodotta dal fegato in seguito alla stimolazione dell'IL-6, sarebbe responsabile sia della ridotta mobilizzazione del ferro dal sistema reticolo-endoteliale sia del suo ridotto assorbimento a livello intestinale.(Tabella 13)
41
Si ipotizza che sia proprio l'epcidina l'agente responsabile dell'iposideremia di questi pazienti che spesso necessitano di una integrazione marziale per rendere più efficace la terapia con eritropoietina. Dobbiamo inoltre sottolineare come un peggioramento della funzione renale, con decremento del filtrato glomerulare, tipico della senescenza, contribuisca a rendere la produzione di eritropoietina deficitaria. Se l'anemia rende gli anziani più suscettibili alle malattie è anche vero che quest'ultime peggiorano ulteriormente l'anemia; pertanto
correggere l'anemia significa rompere questo circolo vizioso, che si autosostiene, al fine di prevenire o ritardare le manifestazioni cliniche correlate all'invecchiamento. (Figura 8)
La terapia con eritropoietina esogena, nelle sue varie formulazioni, è in grado di superare in modo parziale o completo l'inibizione citochinica sull'eritropoiesi e pertanto è stata approvata per il trattamento sia dell'anemia rheumatoid arthritis type sia dell'anemia cancer type.(Tabella 14)(77
Meccanismi Conseguenze cliniche misurabili
1) eritropoiesi inefficace lieve
2) risposta eritroide inadeguata
a. aumento TNF-α, IL-1, interferone b. risposta eritropoietinica subottimale
conta reticolocitaria < 2%; livelli elevati citokine
livelli eritropoietina poco aumentati 3) mobilizzazione del ferro anormale (ruolo epcidina) a. ritenzione ferro nei macrofagi, aumentata sintesi ferritina b. diminuita disponibilità del ferro per trasporto c. decremento transferrina
aumento ferritina; aumento depositi midollari Fe diminuita sideremia diminuita TIBC
Tabella_13 Meccanismi patogenetici dell'anemia da malattia cronica e conseguenze cliniche
Malattia
Citochine
Anemia
Aumentata suscettibilitàalla malattia
Dipendenza funzionaleDeclino fisico
Figura_8 Modello teorico di correlazione tra anemia e manifestazioni cliniche legate all'invecchiamento
42
2.1 ANEMIA DA MALATTIA RENALE
CRONICA
Le malattie renali croniche (CKD, “chronic
kidney disease”), in drammatico incremento in
questi ultimi anni parallelamente all'aumento
della durata media della vita nella popolazione
generale, rappresentano una importante causa
di anemia negli anziani. Il progressivo
peggioramento della funzione renale ha
principalmente un impatto sulla produzione di
eritropoietina (EPO) a livello renale. I risultati
dello studio inChianti correlano infatti (78)
significativamente l'invecchiamento con la
riduzione della funzionalità renale, la riduzione
della produzione di EPO e lo sviluppo di
anemia. Nella pratica clinica quotidiana il
riconoscimento di malattie renali spesso è
tardivo anche perché non sempre a un valore di
creatinina sierica normale corrisponde una
funzionalità renale indenne. La misurazione del
filtrato glomerulare (GFR) rappresenta il
parametro laboratoristico principale per la
valutazione della funzionalità renale: una
chiara correlazione lineare esiste tra tra bassi
livelli di GFR e alta prevalenza di anemia.(78)
Molti pazienti con CKD presentano una
manifesta o occulta patologia cardiaca;
similmente il 30-40% dei pazienti con
insufficienza cardiaca congestizia (CHF,
“congestive heart failure”) sono affetti anche da
una malattia renale. L'ipertrofia del ventricolo
sinistro (LVH, “left-ventricular hypertrophy”),
indice di iniziale scompenso cardiaco, è
prevalente nei pazienti con malattia renale a
qualsiasi stadio. In un'analisi multicentrica
condotta da Levin e i suoi collaboratori , è (79)
emerso come la prevalenza di LVH in pazienti
con CKD correli proprio con il decremento
della funzione renale; anche nei pazienti con
clearance della creatinina moderatamente
ridotta, compresa tra 50-75 mL/min, la
prevalenza di LVH era del 30% mentre in quelli
che iniziavano la dialisi saliva circa al 70%.
(Figura 9).
Anemia da malattia cronica
associata a deficit marziale reale
Trattamento patologia sottostante SI SI Trasfusioni
(se anemia severa e/o sintomatica) SI SI
Terapia marziale NO SI Eritropoietina SI SI, nei pazienti che non rispondono
alla terapia marziale
Tabella_14 Terapia dell'anemia da disordine cronico
0
10
20
30
40
50
60
70
80
50-75 25-50 < 25 inizio dialisi
clearance creatinina (ml/min)
pre
vale
nza
(%)
pazi
en
tico
nLV
H
Figura_9 Correlazione tra ipertrofia ventricolare sinistra e insufficienza renale
Anemia da malattia cronica
43
Molti pazienti con CHF e CKD sono anche
anemici; si instaura pertanto un circolo vizioso in
cui l'anemia aggrava ulteriormente la
cardiopatia, e l'insufficienza renale e cardiaca
peggiorano a loro volta l'anemia. Silverberg e i
suoi collaboratori hanno descritto l'importanza
di correggere l'anemia nel trattamento dei
pazienti con CHF e CKD, definendo la triade
clinica “anemia, insufficienza renale cronica,
insuffienza cardiaca” come sindrome da
“anemia cardio-renale.” In questa sindrome le (80)
tre condizioni interagiscono in un circuito che si
automantiene, diventando progressivamente più
severo.
I meccanismi che determinano la comparsa
dell'anemia nel paziente con insufficienza
cardiaca congestizia includono:
· Ridotta produzione di EPO causata
dalla CKD
· Proteinuria con conseguente perdita di
EPO e transferrina nelle urine
· Fa rmac i ACE- in ib i to r i che ( 8 1 )
interferiscono con la produzione di
EPO renale e con la sua attività di
stimolazione midollare;
· Attività citochinica aumentata
· Emodiluizione
I pazienti con CKD condividono con la
popolazione generale diversi fattori di rischio
per lo sviluppo di una malattia cardiaca: età,
ipertensione, diabete, fumo, ipercolesterolemia.
Attualmente tra i fattori di rischio non
tradizionali viene considerata anche l'anemia.
Poiché l'anemia da malattia renale cronica è
causata principalmente da una inadeguata
produzione di EPO, la somministrazione di
eritropoietina ricombinante esogena (alfa, beta)
e la darbopoietina sono indicate nel trattamento
di questo tipo di anemia.(82)
3. ANEMIA IDIOPATICA: le Mielodisplasie
Circa in un terzo dei pazienti anziani la causa
dell'anemia risulta essere ignota (Tabella 3).
Molte teorie hanno cercato di spiegare l'elevata
incidenza nella popolazione anziana della
“unexplained anemia” (UA); alcune hanno
focalizzato l'attenzione sulla riduzione delle
cellule staminali midollari con l'invecchiamento,
sulla diminuita produzione e sensibilità ai fattori
di crescita emopoietici (inclusa l'EPO), sulle
alterazioni del microambiente midollare, altre
riconducono l'UA a una malattia renale cronica
non riconosciuta, a una mielodisplasia non
diagnosticata o ad una patologia infiammatoria
cronica all'esordio. In questi pazienti il bilancio
marziale risulta essere nella norma mentre è
presente una inadeguata risposta all'EPO
endogena, simile a quella che si osserva nelle
ACD. E' possibile che la senescenza comporti un
incremento dei livelli di citochine pro-
infiammatorie, in particolare l'IL-6, e che queste
determinino una minore risposta dei precursori
emopoietici ai fattori di crescita, inclusa l'EPO.
(prf 4). Molti studi hanno messo in correlazione i
livelli di emoglobina con quelli di eritropoietina,
confrontandoli tra la popolazione giovane e
quella anziana; a prescindere dalla non
omogeneità di tutti i dati ottenuti, è risultato
unanime il consenso sull'esistenza di una
“anemia da invecchiamento”, entità nosografia
ben distinta dall'anemia da malattia cronica.(51,83)
Nell'ambito delle anemie classificate come “da
causa ignota” trovano una collocazione precisa
e definita le sindromi mielodisplastiche la cui
insorgenza “predilige” proprio la popolazione
anziana.
Le sindromi mielodisplastiche (SMD) sono
malattie clonali della cellula staminale e
colpiscono maggiormente i soggetti anziani (età
mediana alla diagnosi 60-75 anni). Si tratta di
malattie ematologiche che hanno una variabile
44
tendenza ad evolvere verso una leucemia acuta
secondaria, il cui carattere principale è data dalla
mielopoiesi inefficace, ovvero un disordine
maturativo-differenziativo del midollo osseo
che, nonostante una cellularità midollare
normale o aumentata è incapace di produrre
globuli rossi e/o globuli bianchi e/o piastrine in
modo quantitativamente e qualitativamente
normale, con conseguente citopenia periferica
uni o multilineare.
L'incidenza varia da 2,1 a 12,6 casi per
100000 abitanti per anno ma, oltre i 70 anni,
l'incidenza si avvicina a 50 casi per 100000/anno
ed appare in aumento in rapporto al generale
invecchiamento della popolazione e ad
un'aumentata attenzione diagnostica.
La patogenesi delle mielodisplasie avviene
probabilmente attraverso un processo multistep
in cui si combinano alterazioni del
microambiente midollare (modificazione della
risposta infiammatoria pro-apoptotica mediata
da citochine; ridotta efficienza dei meccanismi
immunologici di controllo) con alterazioni
genetiche (anomalie citogenetiche e molecolari)
ed epigenetiche (ipermetilazione di geni
regolatori il ciclo cellulare con conseguente
soppressione trascrizionale e “silenziamento”
genico).(Figura 11)
Il decorso clinico delle SMD è molto eterogeneo; può verificarsi a distanza variabile di tempo (mesi o anni) un progressivo peggioramento della citopenia periferica, con incremento del rischio infettivo ed emorragico, e nel 30-40% dei pazienti vi è una evoluzione verso una forma secondaria di Leucemia Acuta, usualmente resistente alla chemioterapia convenzionale.(84)
Una diagnosi precisa (Tabella 15) e soprattutto l'identificazione di fattori prognostici all'esordio è in grado di predire il decorso naturale della malattia ed è determinante nella definizione della strategia terapeutica. L' “International Prognostic Scoring System” (IPSS) proposto nel 1997 è il sistema di (85)
staging prognostico più utilizzato ed esso si basa essenzialmente su tre parametri: la percentuale di
DISORDINIDISORDINICELLULA CELLULA
STAMINALESTAMINALE
ApoptosiApoptosi
DisfunzioneDisfunzionesistema sistema immuneimmune
ModificazioniModificazioniEpigeneticheEpigenetiche
FattoriFattoriangiogeneticiangiogenetici
stromalistromali
MutazioniMutazioniDNA DNA
TossicitTossicitààambientaleambientaledirettadiretta
CELLULA STAMINALECELLULA STAMINALE
MICROAMBIENTE MIDOLLAREMICROAMBIENTE MIDOLLARE
Figura_11 Fisiopatologia delle Sindromi Mielodisplastiche
45
blasti midollari, il grado di citopenia periferica e le alterazioni del cariotipo. In base al punteggio raggiunto si distinguono quattro categorie di rischio:
1. Low (score = 0)
2. Intermediate-1 (score 0.5-1)
3. Intermediate-2 (score 1.5-2)
4. High (score = 2.5)
La sopravvivenza mediana dei quattro gruppi è rispettivamente di 5.7, 3.5, 1.2 e 0.4 anni.
L' IPSS può essere applicato con successo nella definizione di rischio clinico di tutti i pazienti di nuova diagnosi costituendo il cardine delle linee guida per il trattamento delle SMD.
Per le categorie ad alto rischio (IPSS: Intermediate-2 e High) generalmente si utilizzano terapie “intensive” simili a quelle utilizzate nelle leucemie acute e, nei pazienti eleggibili, può essere impiegato il trapianto allogenico di cellule staminali. I pazienti delle categorie a basso rischio (IPSS: Low e Intermediate-1), in mancanza di una terapia specifica di consolidata efficacia, vengono seguiti con terapie di supporto (trasfusioni di
emazie concentrate e piastrine, fattori di crescita granulocitari, eritropoietina) che, pur migliorando in parte la qualità di vita, sono gravate spesso da disagi per il paziente (frequente ospedalizzazione o necessità di a s s i s t e n z a m e d i c o - i n f e r m i e r i s t i c a domiciliare, carico di farmaci da assumere, limitazione autonomia personale) e/o da complicanze di danno d'organo legate al sovraccarico marziale ma soprattutto non sono in grado di modificare il decorso naturale della malattia. A tutt'oggi per questa popolazione di pazienti l'unica alternativa alla terapia di supporto è data dalla possibilità di sperimentare nuovi farmaci nell'intento di migliorare la citopenia, ridurre il fabbisogno trasfusionale e rallentare l'evoluzione a leucemia acuta. In questi ultimi anni, grazie ai progressi nella diagnostica e nella conoscenza della biologia delle SMD, “nuovi” farmaci con diversi bersagli molecolari, sono entrati in scena nella pratica clinica, in fase più o meno avanzata di sperimentazione, con gradi di efficacia e tollerabilità diversificati.(86)
ESAMI ANOMALIE
• Emocromo Citopenia (uni o trilineare) • Striscio sangue periferico Displasia uni o trilineare
• Aspirato midollare Frequentemente ipercellulare, con displasia dell’emopoiesi uni o trilineare
• Biopsia ossea Valutazione ALIP (“abnormal localization of immature precursors”)
• Cariotipo
40-70% dei pazienti presenta anomalie citogenetiche al momento diagnosi
• Immunofenotipo
Da eseguire quando morfologia e citogetica risultano non informative
• (Indagini Molecolari)
Attualmente non praticate routinariamente
Prospettiva per il futuro
Tabella_15 Parametri diagnostici delle Sindromi Mielodisplastiche
46
L'ANEMIA DELL'ANZIANO E LA SPESA
SANITARIA
La continua crescita della popolazione anziana comporta un inevitabile incremento della prevalenza del l ' anemia e del le sue complicazioni.
Il declino funzionale, la fragilità, l'immobilità, nonché le p rob lemat iche p iù se r ie cardiovascolari e neurologiche, oltre a compromettere l'indipendenza e la qualità di vita degli anziani hanno importanti risvolti socio-economici ed effetti incisivi sulla spesa pubblica sanitaria. Le spese conseguenti all'anemia possono essere distinte in dirette, indirette e intangibili. Le prime includono i costi di farmaci e servizi per la patologia e le sue complicanze, compresi i tempi di degenza in ospedale o in altre strutture sanitarie o di riabilitazione; le seconde comprendono le spese di trasporto per raggiungere la sede della struttura medicalizzata e i giorni di lavoro persi dai pazienti e loro accompagnatori; infine le spese intangibili sono quelle legate alla riduzione delle attività della vita quotidiana, al minor tempo da trascorrere in famiglia, alla ridotta capacità di contribuire alle necessità familiari. Un potenziale modello di associazione tra anemia e morbidità nel soggetto anziano è quello rappresentato nella figura 13; l'anemia può innescare un circolo vizioso di eventi che non solo influiscono negativamente sulla distribuzione di ossigeno ai tessuti, ma anche danneggiano le funzioni, sia fisiche che mentali, di molti sistemi. L'anemia causa una ridotta tolleranza all'esercizio fisico con conseguente relativa immobilità, perdita di massa muscolare, aumentato rischio di cadute, diminuita capacità cardiovascolare, che ulteriormente contribuiscono a peggiorare la tolleranza all'esercizio fisico. Si crea pertanto una spirale di sintomi caratterizzati da fragilità,
depressione, dipendenza che richiedono una assistenza ai pazienti sempre più continuativa e quindi costosa. Soprattutto le cadute rappresentano una delle cause principali di morbidità delle persone anziane, con implicazioni considerevoli sulla spesa sanitaria pubblica per la necessità di tempi di ricovero prolungati.(87)
…MA ALLORA L'ANZIANO ANEMICO VA
INDAGATO E CURATO?
Assolutamente si!
Abbiamo sottolineato come l'anemia sia un problema comune negli anziani e si associ ad aumentata morbilità e mortalità; considerando la continua crescita della popolazione con età = 65 anni è giustificato aspettarsi anche un incremento della prevalenza dell'anemia e delle sue complicazioni cliniche. Abbiamo evidenziato come l'invecchiamento di per sé non causa l'anemia che pertanto deve essere attentamente indagata perché potrebbe rappresentare il segno di una patologia sottostante, anche severa. Non dobbiamo però dimenticare che la senescenza può predisporre gli individui a sviluppare anemia in determinate condizioni di “stress” a causa di una ridotta riserva emopoietica, di un diminuito assorbimento di nutrienti essenziali (cobalamina), di un deficit della funzione renale con conseguente diminuzione della secrezione di eritropoietina. Inoltre la popolazione anziana presenta elevate concentrazioni di citochine infiammatorie che contribuiscono all'inibizione dell'eritropoiesi e della risposta ai fattori di crescita. Dagli studi che abbiamo citato emerge che l'anemia, indipendentemente dalla sua causa, è associata a maggiore disabilità, dipendenza funzionale, peggiore performance fisica, ridotta forza muscolare, capacità cognitiva e deficit
47
cardiovascolari. Pertanto è estremamente importante che il medico e/o il geriatra ponga g rande a t t enz ione a l l a d i agnos t i ca differenziale ed al trattamento delle anemie, soprattutto per la potenziale reversibilità della condizione anemica e dalla possibilità di
ottenere, dopo la sua correzione, un miglioramento della capacità funzionale e de l l a qua l i t à d i v i t a de l sogge t to anziano….”che non è tanto vecchio da non pensare di vivere ancora un anno”….e probabilmente molti di più!
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