Andrini Simona, La pratica della razionalità - Diritto e potere in Max Weber

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Simona Andrini

LA PRATICADELLA RAZIONALITÀ

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Scrivere oggi su Max Weber può sembrare un atto di grande presunzione. Un pericolo che tuttavia va corso, perché il suo pensiero rappresenta un aspetto costitutivo della coscienza contemporanea. Qualeidea di società, quale concezione della razionalità, quale visione deldiritto e del potere ci siamo costruiti? Ogni risposta a questi interrogativi attraversa il pensiero di Max Weber. Un pensiero a volte irrigidito,

«tradito nello spirito». Tornare a riflettere su Weber significa abbandonare le schematiche divisioni disciplinari e il ricorso ad un uso meccanico delle categorie sociologiche; significa presentare taluni aspettimeno frequentati, delle zone d'ombra, da cui possa emergere l'unitàche sta al fondo della riflessione weberiana.Non dunque, ad esempio, i «tipi puri del potere legittimo» o la «legalità», bensì il «potere non legittimo» come origine del diritto moderno.

etico contro il «fariseismo della pace». E infine un tema de! tutto nuo

vo all'interno delle letture weberiane: il tema del processo e della pro-ceduralizzazione dell'azione. Un tema, questo, che Weber stesso nonaffronta mai sistematicamente, ma che scorre attraverso gli aspetti decisivi della teoria dell'azione, della razionalizzazione del moderno, deldiritto e del potere.

 Simona Andrini è ricercatore di sociologia del diritto. Ha pubblicato ricerchesu: La sociologia italiana della seconda metà dell'ottocento, in Aa.Vv., Sodo- 

logia del diritto tributario, Bari, 1979; su Amministrazione e sindacato in Emi- te Durkheim, in Aa.Vv., L'educazione giurìdica, voi. IV, Il pubblico funzionario,

Perugia, 1980. Tra i suoi saggi più recenti: // rischio della conoscenza, «Democrazia e diritto-, 6, 1988; La sfida del presente e il linguaggio della politi 

ca, «Rivista internazionale di filosofia del diritto», I, 1989.

È i l caso della città. Non allora la «ipolitica di potenza-, ma il discorso

ISBN 8S-204-6697-X

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I N D I C E

Introduzione

I. Procedura, processo e azione sociale1. Sistema giuridico e sistema sociale2. La dimensione procedurale dell 'azione3. Originarietà logica e originarietà storica del

 processo4. Giurisprudenza irrazionale, giurisprudenza ra¬

zionale e struttura dell 'azione sociale5. Le forme del processo6. La proceduralizzazione dei sistemi giuridici e

la riduzione della giurisdizione ad amministra¬zione

7. Procedure giuridiche e procedure conoscitive

IL II potere è diritto?

1. Sociologia del diritto e sociologia del potere2. Individuo, ordinamento, Stato3. Legalità e legittimità4. L'alternativa tra legalità e legittimità5. Pluralismo e Stato razionalmente organizzato:

la città

p. 9

» 17» 17

» 22

» 27

» 30» 36

» 39» 43

» 47» 47» 58» 64» 75

» 77

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III. La città dell'occidente come potere non le¬

gitt imo p. 811. Un «cosmo di regole astratte» e il ceto dei giu¬

risti » 81

2. Me rc at o, fortezza, gu arn ig io ne » 873. Il lu og o de ll ' aut on om ia » 93

IV. Politica ed et ica » 991. Att iv ità pol itic a e co no sc en za stor ica » 992. Co nt ro la str ume nt ali zza zio ne del l ' eti ca » 1033. Il far ise ism o del la pa ce » 106

4. La duplice natura dell 'etica e il suo rapportocon la po li ti ca » 111

5. L' eti ca della po te nz a » 116

Appendice » 127Max Weber "giurista". Un itinerario bibl io

grafico » 129

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I N T R O D U Z I O N E

Scrivere oggi un lavoro su un autore come Max Weber,

 può risolversi in un atto di grande p resunzione, oppure ,anco r pe gg io , di gran de inutilità. Il d ibatti to, semp re rin-novantesi, la discussione e conseguentemente la bibliogra¬fia riguardo ai temi weberiani sono ormai dilatati al punto da aver assunto dimensioni incontrollabili, se è vero chele bibliografie troppo estese perdono progressivamente disignificato. Si ha così quasi l'impressione che sia sempre

 più rarefatto lo spazio di ogni possib i le ul ter iore apertura

di campi d'indagine. Di qui la fondatezza dei possibili ca¬ pi di accusa di presunzione e di inutilità, ma all 'un t emp oil desiderio di sottrarvisi, nel primo caso, accettando dicorrere il rischio e nel secondo presentando taluni aspettimeno frequentati, delle zone d'ombra, per così dire, al¬l ' interno della grande produzione weberiana.

 Non dunque, ad esempio , «i tipi puri del potere legit ti¬mo» o «la legalità», bensì «il potere non-legittimo» qualeorigine del diritto moderno. E il caso del tema della città(cap. 2 e 3). E neppure, allora, il diritto razionale forma¬le come origine del diritto moderno, bensì la «giurisdizioneirrazionale» e conseguentemente il tema del processo e del¬la concezione procedurale del diritto o dell 'azione (cap.1). Un tema questo che Weber stesso non affronta mai si¬stematicamente. Infine, di nuovo, non solo l 'etica «del-

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l 'intenzione» o «della responsabilità», ma il discorso con¬tro «il fariseismo della pace» (cap. 4).

Questo rovesciamento delle prospettive, tuttavia, non de¬

ve essere inteso come un tentativo di spericolato scompa¬ginamento del discorso weberiano, o come una lettura ir¬razionalistica di Weber. Nulla di tutto questo; perché nondi un semplice quanto formale e inutile ribaltamento si trat¬ta. Non si vuole infatti privilegiare qui l'irrazionale o iln o a leg itt imo do ve là era pr iv il eg ia to il ra zion al e e il le¬gittimo; lo sforzo è invece e proprio nel senso del tentati¬vo di rompere la logica che è sottesa a questi opposti com¬

 plici . Un a in terpretazione i rrazional is t ica sarebbe alloranulla più che una interpretazione ancora una volta schia¬va di quella logica che vuole "irrazionale" come oppostosimmetrico di "razionale".

Proprio qui, invece, è il punto: nella possibilità di pro¬cedere ad una lettura di Weber, all'interno della quale sia¬no riconoscibili le tracce di un grande tentativo di uscitada questa rigida logica di antinomie, di separazioni, di op¬

 posti , in favore di una prospet t iva non per questo conso¬latoria, né armonicistica, in grado tuttavia di mantenereaperta la tensione tra i due opposti fronti; una logica ingrado di riconsegnare nella sua portata positiva e proposi¬tiva il significato di quella "situazione di confine"  di Weber,che così bene esprime il senso di quella tensione; il signi¬ficato di quella Grenzsituation, per usare la terminologiadi Mommsen, che a ben vedere travalica la dimensione so¬

lo politica, cui Mommsen stesso la riferisce, per abbrac¬ciare, invece, diventandone espressione ed immagine, an¬che la dimensione cognitiva, epistemologica ed esistenzia¬le di Weber. Solo in una pr osp ett iv a ade gu ata a qu esta"situazione di confine", a questo essere sul margine, soloin una prospettiva, che ponga come luogo e criterio prin¬cipale di autocollocazione, questo voler essere ad un tem¬

 po dentro e fuori , solo così è possib i le comprendere la por-

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tata propositiva della non univocità delle categorie webe-riane e la ricchezza semantica dei suoi concetti.

Esiste infatti in Weber, e ne percorre tutta l'opera, unasorta di dimensione di "fluidità" — e flussig è un agget

tivo che sovente ricorre nelle pagine weberiane — che rin¬via non ad un senso di indeterminatezza, quanto, vicever¬sa, ad una possibilità di dilatazione dei concetti, atta a ri¬comprendere significati anche non immediatamente ad es¬si correlati.

In tal senso diritto, potere, politica, etica sono catego¬rie non definibili — né mai da Weber definite — se nongrazie ad un rinvio continuo dell 'un termine all 'altro.

Così il diritto privato rinvia all'economia (nella defini¬zione weberiana esso, infatti, è detto come il «diritto eco¬nomicamente rilevante»); il diritto pubblico rimanda al po¬tere (non a caso la trattazione di questo tema è oggetto del¬la sociologia del potere); ancora, l 'intitolazione completadella sezione che noi per brevità denominiamo Sociologiadel diritto, è in realtà quella di Economia e diritto, mentrela dicitura sociologia del diritto appare solo tra parentesi.

"Fluidità" nelle distinzioni degli ambiti, dei concetti,delle discipline, dilatazione dei significati, non univocitàsemantica; è bene soffermarsi ancora un momento sul sen¬so che l 'assunzione di questo tipo di prospettiva compor¬ta. Ed è bene subito sottolineare come essa non vada in¬tesa nella direzione di un astratto giuoco di specchi, di ri¬frazioni — anche se a volte la dinamica degli sdoppiamen¬

ti è multipla — perché non all'astrattezza di un infinitorincorrersi delle proposizioni all 'interno di uno schema da¬to essa rinvia.

 Non è qui quest ione di articolare esercizi di complessi¬tà semantica nella loro possibile molteplice varietà di giuo¬co combinatorio, come se i contenuti sostantivi fossero in¬differenti, quanto invece di guardare ad un percorso se¬mantico che incontra e segue un percorso pratico.

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In tal senso la dilatazione dei concetti, portata in talunicasi fino a ricomprendere significati tradizionalmente con¬siderati antinomici ad essi (si pensi ad es. alle coppie op¬

 posi tive razionale- irrazionale, leg i t t imo-non-legi t t imo), non

è tesa a stemperare le differenze, con la conseguenza di unsurrettizio "indebolimento" dei concetti; al contrario l 'intentoè quello di rompere la fissità dell 'univoco in nome di unaintrinseca varietà (non-univocità) costitutiva del reale.

Così, ad esempio, sebbene il tema del diritto pubblicorimandi al tema del potere e del politico, non per questoè dato inferire che "pubblico" coincida con "statale" (edin Weber la coincidenza è sempre disattesa).

Il continuo riferirsi al carattere non certamente solo for¬male, che in Weber assume ogni percorso semantico, tro¬va la sua ragione nel desiderio di evidenziare anche un al¬tro aspetto: l'importanza che il momento dell'"'indifferen¬

 ziazione"  assume nell 'analisi weberiana. Anche qui, comesubito si mostrerà, indifferenziazione non significa né as¬senza di differenze, né generica indistinzione.

Weber, infatti, non nega il dovuto valore dei criteri didistinzione (anche se ne ricorda sempre la non-univocità);mette però ad un tempo sull 'avviso contro il pericolo diuna loro assolutizzazione, contro il rischio di scambiarli

 per la realtà stessa.È il caso — ma gli esempi potrebbero essere scelti in

tutt'altri campi — di ogni criterio di differenziazione e di¬stinzione all 'interno delle categorie giuridiche (diritto pri¬vato-dir i t to pubblico, legis lazione-giurisdizione, val idi tà-efficacia, ecc.). Ogni criterio di differenziazione, ricordaWeber, ha certamente un suo valore; ma solo in quanto co¬struzione tecnico-giuridica (juristische Konstruktion). Si ri¬vela invece del tutto inadeguato se applicato al reale svi¬luppo (iiber die tatsàchliche Entwicklung) del diritto nel

 passato. A questo applicato , r isulterebbe alla lettera: histo-risch unwirklich.

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Emerge, così, configurandosi autonomamente una formadi r appor to e d i d i r i t to , che v iene de t t a "na tu ra le"(urwùchsige), " p r i m i t i v a " (primitive), " o r i g i n a r i a "(urspùngliche), dove tutte queste aggettivazioni indicano

il suo non essere ancora prodotto della speculazione teori¬ca (Produkt des theoretischen Denkens), e dunque il suoessere forma indifferenziata (anche se affatto reale) e noncertamente espressione di un qualche generico e indeter¬minato, indefinibile ' inizio' o 'principio' di sapore tuttoevoluzionist ico.

Paradossa lmente , invece , è propr io per usc i re da l¬l'astrattezza della definizione, che è necessario approdare:

alla concretezza dell'indifferenziato; il quale, per sua pro¬ pria natura è in tr insecamente non-univoco, cont raddi t tor io ,contingente, polisemico, in una parola: reale.

Può così forse allora meglio essere compreso il perchédi un uso insistito e di un accento marcato posto in que¬sto libro sul carattere procedurale del diritto (perché que¬sto è l'esempio da noi qui scelto) e dell'azione sociale.Dove procedurale non esprime per nulla quella tonalità

meramente "formalistica" e "desostanzializzante", assunta poi in autori ed in letture successive a Weber (si pensi a Niklas Luhmann o — naturalmente — ancor prima a Kelsen).

Qu i l ' u s o d i u n a c o n c e z io n e p r o c e d u r a l e t r a d u c el'esperibilità di una categoria sola in grado di dar contodella dimensione dinamica del reale.

Come, infatti, solo attraverso la riconosciuta non-univo¬cità dei concetti era possibile rompere, nella rappresenta¬zione del reale, la fissità dell 'univoco, così solo all 'internodi una concezione procedurale (del diritto, dell 'azione, ec¬c.) è possibile significare quel procedimento pratico (pro¬cesso), che è rappresentato dal porsi, prodursi, costituirsiin forma tipica (das Typischwerden) del diritto e dell 'azionesociale.

Del resto non è forse pleonastico ricordare che Weber 

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intitola quella parte del primo paragrafo della Sociologiadel diritto, dedicata al tema della Differenziazione dei cam¬

 pi del diritto sostanziale, proprio con la dicitura di Dirittoe processi.

Si è detto del necessario ribaltamento prospettico e delsuo significato; si è anche detto dell'importanza di non se¬

 parare in Weber il percorso semantico dal percorso pra ti¬co; si è detto, infine, della rilevanza che può assumere unaconcezione procedurale del dirit to e dell 'azione sociale. Ènecessario a questo punto accennare alla ragione più pro¬fonda di tutto questo dire, alla ragione di questo lavoro;intento del quale è stato quello di riprendere, di sottoli¬

neare l ' importanza di quel tentativo, di quella direzione,tracciata già da Weber e dalla Kulturwissenschaft, che haassunto le più disparate forme (a seconda degli ambiti cuici si è di volta in volta riferiti) e che può essere indivi¬duata nel richiamo a non dissolvere a livello cognitivo i

 problemi pratici del l 'ag i re sociale, di quello giuridico e diquello polit ico.

Anche in questo libro è presente un simile tentativo, di¬retto a rischiare il salto in quello spazio dell 'esperienza

 pratica che può anche condurre verso una cattiva indeter¬minatezza; un tentativo che viene condotto cercando disfuggire alla trappola che ogni volta questo percorso com¬

 porta, la r icaduta, paradossa lmente , in una d imensione so¬lo cognitiva, in quella che Weber definisce la «concretezzamal posta».

A tal fine si è cercato, nell 'operare questo passaggio, disottrarsi alla dialettica formale-materiale, cercando inveceogni volta di denunciare nel loro stesso "procedere"  quel¬le procedure cognitive che si volevano ricostruire. Tutto il

 pr imo capitolo è dedicato a questo sforzo.Così nell 'affrontare i modi di autonomizzazione della

raz io na lit à (cap. 1) si è ten tato di co mp re nd er e il proces ¬so di razionalizzazione formale del comportamento collet-

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tivo all'interno della sua stessa dinamica, della sua dimen¬sione pratica: del diritto, colto nel suo momento "reale" diindifferenziazione (giurisdizione irrazionale). Non diversa¬mente, allorché sono stati i modi di autonomizzazione del

diritto ad essere l'oggetto dell'analisi (cap. 2 e 3), questisono stati affrontati non in riferimento ai loro criteri di di¬stinzione, alle tipologie (diritto razionale formale, raziona¬le materiale ...), ma in relazione, anche qui, alla loro di¬mensione pratica, istituzionale: al potere (potere non-legit¬timo). Da ultimo, allorché si sono volute analizzare le for¬me di autonomizzazione del politico (cap. 4), non lo si èfatto come se i contenuti fossero irrilevanti, e, dunque, è

al tema dell'etica che ci si è riferiti; ma anche qui, non al¬la sua tipologia (etica dell 'intenzione, etica della respon¬sabilità), ma ancora una volta alla sua dimensione pratica,emergente dalla necessità della condizione data: dal pro¬

 b lema della potenza (etica della potenza) .Infine, in appendice, una bibliografia ragionata, nata dal¬

l'esigenza di uscire ancora una volta dalla prigione del¬l'astrattezza di un anonimo elenco di titoli, che nulla più

dicono di un percorso personale. Viceversa, anche in que¬sto caso, il tentativo è stato quello di fare in modo che i

 profil i ep is temologici del discorso su Weber, che in que¬sto lavoro ho cercato di sviluppare, si intrecciassero conquelli bibliografici. Ovviamente, trattandosi di una mappache è specchio di un itinerario personale, anche le omis¬sioni sono tappe del viaggio.

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I . P R O C E D U R A , P R O C E S S OE A Z I O N E S O C I A L E

1. Sistema giuridico e s i stema sociale

È il tema del processo che va innanzitutto affrontato daun punto di vista sociologiCjgjriuridico, e con particolareriferimento al pensiero di(Mar A Weber. Non che Weber siinteressi del processo in maniera sistematica. I suoi rilie¬vi, anzi, danno una forte impressione di incompiutezza:forse, frammenti di un discorso perennemente interrotto erinviato a miglior tempo. Ma una cosa è altrettanto certa:

che il tema del processo, pur con timbri diversi, percorretutta l 'opera di Weber e rappresenta un momento costitu¬tivo delle sue categorie logiche e metodologiche.

Del resto, proprio nella dinamica del processo, piutto¬sto che all'interno di una prassi formalizzata, possono es¬sere colti e anche sciolti i nodi teorici attorno ai quali ruo¬ta il problema del rapporto tra sistema giuridico e sistemasociale. Il processo, infatti, è immagine e rappresentazio¬

ne dell'intersecarsi dei due sistemi, del modo o dei modiattraverso cui l'uno interagisce sull'altro, e con l'altro siincontra o si scontra, in una contraddizione sempre risor¬gente. Ma il processo è anche il luogo dove con maggio¬re urgenza si mostra storicamente la necessità pratica dicomporre questa contraddizione, di consentire che essa sidistenda e si plachi senza però isterilirsi e irrigidirsi. Ed è

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infine dall 'osservatorio privilegiato del processo che è pos¬sibile cogliere i limiti di quelle posizioni che sono tese a

 proporre una netta d icotomia tra diritto e società, tra nor¬ma e azione 1 : nel senso di prospettare come necessaria la

1. Segno del nostro tempo è la caduta di tale dicotomia secondola felice intuizione di Bachelard riguardo la legge della "bipolaritàdes erreurs"  secondo la quale gli ostacoli alla cultura scientifica si

 presentano sempre «par paires», cfr. G. Bachelard, La formation del'exprit scientifique, Paris, 1977. Su questi temi per un tentativo disuperare questi schemi antinomici (sempre solidali nella loro opposizione) cfr. F. Ost, M.van de Kerchove, De la "bipolarità des er

reurs" ou quelques paradigmes de la science du droit, in Archivesde philosophie du Droit aujourdhui, 1988 pp . 177-206; ancora con¬tro l'utilizzazione di schemi dualistici secondo lo schema del giuo¬co, F. Ost, M.van de Kerchove, Le 'jeu' de l'interpretation en droit.Contribution à l'étude de la dature du langage juridique, in Archivesde philosophie du droit, 27, "sources du droit", 1982, in part. p. 404.

Sui caratteri di tali posizioni dicotomiche, e sulla distinzione tra«sociologi del diritto-sociologi» e «sociologi del diritto-giuristi», cfr.M. Rehbinder, Die Diskriminierung, in Kòlner Zeitschriftfùr So2ìologie

und Sozialpsychologie, 1963, pp. 6-23, ora anche in M. Rehbinder (acura di), Einfiihrung in die Rechtssoziologie, Frankfurt a. M., 1971;e A. Febbrajo, Funzioni della sociologia del diritto nel pensiero te¬desco contemporaneo, in Sociologia del diritto, 1, 1974, pp . 162-170;

 Alcune ipotesi sulle condizioni di efficacia del diritto, in Sociologiadel diritto, 1, 1975, pp. 172-180; La sociologia del diritto pragma¬tica di E, Hirsch e M. Rehbinder, in Sociologia del diritto, 2, 1978,

 pp. 295-316. Sulla distinzione tra di rit to dei giuristi e di ri tto dei so¬ciologi, già M. Weber, R. Stammlers «Ueberwindung» der materia-listischen Geschichtsauffassung, in Archivfiir Soziai wissenschaft und 

Sozialpolitik  (1907), ora in Gesammelte Aufsàtze zur Wissen-schaftslehre(a cura di G. Winckel mann), Tiib ingen, 1973, in parte tradotto da A.Febbrajo: Un testo di Max Weber sulle regole, in Rassegna italianadi sociologia, 3, 1986, pp. 435-461. Del testo completo esiste una

 precedente traduzione inglese: R. Stammler's "Surmounting" of the Materialist Conception of History, in British Journal of Law and Society, 1975, 2, 1975, pp . 129-152 , e 3, pp . 17-43. In propos ito N.Bobbio, Max Weber e Hans Kelsen, in R. Treves (a cura di), Max

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scelta tra il predominio ora dell 'uno e ora dell 'altro polodell 'antinomia con la conseguenza o di negare ogni auto¬nomia al giuridico o invece di riconoscerne l 'essenzialecar att ere di gu id a nei confronti del la società. Sono que ste

le strade che hanno retto il rapporto tra diritto e società (ela tensione che questo comporta) evidenziandone il carat¬tere antinomico (o società o diritto) più che assumerne ilcarattere endiadico (società e diritto). Di qui gli itineraridei correttivi e delle sottili alchimie logiche tese ad equi¬l ib ra re l a a s immet r ia conseguen te a l pun to d i v i s t a" s o c io c e n t r i c o " , o v i c e v e r s a — s imme t r i c a me n te — "g iu r icen t r i co"2 ; di qui le forme più o meno manifeste di

 pendo larismo che hanno condotto poi a spostare l 'accentodal diritto alla società e poi di nuovo al diritto come nel¬la sequenza dalla dogmatica giuridica alla sociologia per 

 poi di nuovo tornare alla dogmat ica.

Una riflessione sul processo può quindi contribuire adapprofondire un discorso, che la cultura sociologico-giuri-dica ha già in vario modo cominciato a sviluppare3 . Nella

Weber e il diritto, Mil ano , 1981 , p. 4 3 , n. 15. Sulla distinzione, in¬fine, tra «sociologi del diritto e sociologi nel diritto», cfr. R. Treves,Sociologia del diritto, n. 4, Torino, 1987, pp. 197 e 198.

2. In tal senso N. Lipari, Sociologia del diritto o diritto alla so¬ciologia?, in E. Resta (a cura di), Diritto e trasformazione sociale,Bari, 1978, pp. 294-300.

3. Così ad es. 1'«istituzionalismo pos t-normativo» nelle sue diverse varianti: H. Schelsky, Zur Theorie der Institution, Dusseldorf, 1970;

 N. Mac Cormic-O. Weinberger, Grundlagen des institutionalistischen Rechtspositivismus, Berlin, 1985; come pure la riformulazione delconcetto di potere di N. Luhmann; in proposito, D. Zolo, Complessità,

 potere, democrazia, introduzione alla traduzione italiana di N. Luhmann, Macht, Stuttgart, 1975, trad. it. Potere e complessità sociale, Milano,

1979. Per tutti, A. Febbrajo, Regolazione giuridica e autoregolazio¬ne sociale, in Aa.Vv. Crisi dello stato e sociologia del diritto, Milano1987, p. 148 ss. Per una visione del conflitto sociale come processo ,

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sociologia del diritto, infatti, è prevalso un orientamentonon più basato sulla alternativa tra le due prospettive: odal la parte del l 'evoluzione sociale o dal la parte del¬l'evoluzione del diritto. E se pure questo orientamento èteso a tener conto di quegli aspetti che i singoli modellicercano alternativamente di assumere come prioritari nel¬le loro strategie esplicative, ciò è solo perché può essereutile per la comprensione di aspetti parziali di problemiche si vogliono affrontare. Un tentativo di ricomposizione

 può dunque essere megl io sviluppato med ian te una pro¬spettiva per così dire di confine, mediante l 'uso di catego¬rie che proprio la sociologia del diritto appare idonea a

fornire, perché disciplina in grado di estendere i limiti tra¬dizionali e gli ambiti della sua stessa ricerca. Occuparsidel rapporto tra giuridico e sociale, o del rapporto tra nor¬mazione e azione, significa dunque muoversi in uno spa¬zio che per sua natura non può che collocarsi in una zonadi frontiera, in un punto di connessione, in un margine,che apre la stessa area di studio convenzionalmente attri¬

 buita al la sociologia del dirit to a quella convenzionalmen¬

te attribuita alla sociologia politica.Diviene allora più chiaro il perché di una scelta che assu¬

efa, V. Ferrari, Funzioni del diritto, Barri. 1987, in part. // conflittogiuridico come processo, p. 149 ss ., e // conflitto senza esito, p. 187

ss. Ancora in questa ottica, cfr. V. Frosini, Situazione giuridica e

Soggetto del diritto, in Novissimo digesto italiano, voi. XVII, Torino,

1970, pp. 468-471 e 813-816. Sul significato sociologico di «seguire

una regola», F. Crespi, Osservanza delle regole e rapporto con le re¬

gole, in Rassegna italiana di sociologia, 3, 1986, pp. 399-407, an¬cora sul carattere di "texture ouverte"  dell'organizzazione del sape¬

re cfr. F. Ost, M.van de Kerchove, De la scène au balcon. D'ou vieni

la science du droit, Seminaire interdisciplinaire d'études juri diques.

Facu lté Universita ire Saint Loui s, Bruxel les , 1989; degli stessi cfr.

anche, Les systèrne juridique entre ordre et désordre, P.U.F., Paris,

1988.

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me Max Weber come referente teorico. In aperta polemicacon Rickert, secondo il quale la connessione tra discipline èlegata da rapporti non modificabili, è proprio Weber infattiad asserire la «connessione problematica» tra discipline e laconseguente possibilità di mutamento in relazione al sorgeredi nuovi problemi proposti da nuove situazioni; e ad asseri¬re, altresì, che i limiti tra l'una e l'altra possono variare e va¬riano di continuo4 . Affrontando i rischi di tale «connessione

 problematica», Weber rompe apertamente i limiti convenzio¬nalmente prefissati tra le varie discipline, sottraendo, ad esem¬

 pio, la trattazione della tematica dello sviluppo del diritto pub¬ blico alla sociologia del diritto in favore della sociologia po¬litica e lasciando alla prima i temi «in prevalenza della legi¬slazione e della giurisdizione nei campi di diretta rilevanzaeconomica» (diritto privato e procedura civile)5 .

È proprio Weber, dunque, che tende a forzare i confinitradizionali della ricerca. Ma nel seguire questo program¬ma intellettuale, è ancora Weber ad esaltare e a sottoli¬neare l ' importanza di questa "situazione di confine", che,come vedremo, diviene momento epistemologico fondati¬vo del suo discorso non solo giuridico ma anche politicoed etico; di qui l'importanza e la centralità della funzionedel processo e di una concezione procedurale dell 'azionesociale e dell 'agire giuridico in particolare.

4. P. Rossi, Introduzione, in M. Weber, // metodo delle scienze sto¬rico-sociali, Torino , 1958, p. 29 (poi in Storia e storicismo nella filosofia contemporanea, Mil ano, 1960). In proposito G. Oakes, Die

Grenzen kulturwissenschaftlicher Begriffsbildung, Frankfurt a M.,1990, e dello stesso, Weber and Rickert Concepì Formation in theCultural Sciences, Cambridge Mas s, 1988.

5. Economia e società, Milano , 1961, II, p. 12. per l'o riginale misono servita della ediz ione del 1956, cfr. Wirtschaft und Gesellschaft,(1922) , Tubingen, 1956, II, p. 394. D'ora in poi le pagine del testotedesco saranno indicate tra parentesi quadre, a seguito di quelle chesi riferiscono alla traduzione italiana.

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2 . La d i mens i one procedura l e de l l ' az i one

E lecito interrogarsi se non sia paradossale privilegiareil tema e la funzione del processo nel pensiero weberiano:

un pensiero che ha come suo carattere precipuo la tendenza a subordinare, nell'analisi delle forme di un diritto co¬me quello moderno, l 'aspetto processuale a quello sostan¬ziale (ed è noto, del resto, che Weber concepisce l 'attivitàgiurisprudenziale quale applicazione del dirit to)6 .

L'incontrovertibilità di questa obiezione è palese, ma ri¬mane solo se legata ad un livello che riguarda un piano di

discorso generale che peraltro non è quello qui proposto.Essa riguarda, infatti, l 'enunciazione di un risultato: i carat-

6. Economia e società, cit., II, p. 13 [394]: «per "legislazione" intendiamo oggi la statuizione di norme generali, ognuna delle quali assume nel linguaggio dei giuristi il carattere di uno o di più "principi giuridici" razionali: mentre la "giurisdizione" è concepita come "applicazione"di quelle norme statuite, e dei singoli "principi giuridici" che la dottri¬na deve dedurne, a "fattispecie" concrete che vengono "sussunte" sottoquelle norme". Non diversamente, richiamando i postulati della pandet-listica, ovvero della «scienza giuridica odierna [... ] che ha raggiunto il

 più alto grado di razionalità logico-metodologica», Weber definisce la«decisione giuridica concreta» come «l'"applicazione" di un principiogiuridico astratto a una "fattispecie" concreta» (ivi, p. 17 [397]). Ricorda

 poi come per ogni fattispecie concreta debba essere possibile, con i mez¬zi della logica giuridica, ricavare una decisione dai principi giuridiciastratti in vigore; ricorda ancora come il diritto oggettivo vigente deb¬

 ba di conseguenza essere, almeno allo stato latente, un sistema di prin¬

cipi giuridici "privo di lacune", o comunque debba venir trattato comese lo fosse per gli scopi dell'applicazione del diritto; e ancora come ciòche non è suscettibile di una "costruzione" tecnico-giuridica razionalesia anche irrilevante per il diritto; e infine come anche l'agire di comu¬nità degli uomini debba venire sempre interpretato come "applicazione"[Anwendung] o "esecuzione" [Ausfuhrung] di principi giuridici, oppure,al contrario, come "infrazione" [Verstoss] di essi (ibid).

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teri del diritto moderno, la descrizione e la rappresentazio

ne di un itinerario (processo) logico-storico che in quei ca¬

ratter i si compie . Ma po co o nul la dice del suo modo di

 prodursi, di consolidarsi in forma tipica (das Typischwerden).

Sono noti i caratteri del diritto moderno definiti daWeber  7 . Meno noto è come Weber arrivi a descrivere tali

caratteri. A ben vedere è proprio per spiegare questi ulti¬

mi, che la centralità del processo e della procedura viene

7. Sulla definizione del concetto di diritto in Weber, cfr. F. Hilterhaus, Zum Rechtsbegriff in der Soziologie Max Webers, Kòln, 1965. Sulla

definizione del concetto di diritto in Weber come risultante di diversi orientamenti teorico-giuridici T.W. Bechtler, Der soziologische

 Rechtsbegriff. Eine systematische Darstellung, Berlino, 1977; per una bibl iografia sul concet to weberiano di di ri tto si veda G. Zaccaria, Razionalità, formalismo, diritto: riflessioni su Max Weber, in Aa.Vv., Max Weber e il diritto, Mil ano, 1981 , in pari , la nota 77 , p. 214 . Suitipi di dirit to in Weber cfr. W. Schluchter, Die Entwicklung des ok-

 zidentalen Rationalismus. Eine Analyse von Max Weber Gesellschaftsgeschichte, Tubingen, 1979, trad. it. Lo sviluppo del ra¬

 zionalismo occidentale, Bologna, 1987, p. 158 e ss.; sull' ideal -tipo(weberiano) del diritto dei nostri giorni M. Rehbinder, Status-Kontrakt-

 Rolle. Wandlungen der Rechtsstruktur auf dem Wege zur offenenGesellschaft  in Eerliner Festschrift fiir Ernst E. Hìrsch, Berlin, 1968,

 pp . 140-169; F. Loos, Zur Wert-undRechtslehre Max Webers, Tiibingen,1970, e dello stesso Max Webers Wissenschaftslehre und àie

 Rechtswissenschaft, in Juristische Schulung, 22 , 1982, pp. 87-93 . Sulversante degli studi romanistici si vedano i più recenti lavori di LuigiCapogrossi Colognesi su Weber e lo Jus civile romano, cfr. L. CapogrossiColognesi, Max Weber e le società antiche, I, Roma, 1987, e il re¬

centissimo Economie antiche e capitalismo moderno. La sfida di MaxWeber, Bari, 1990. Su questi temi anche la discuss ione di G. Pogg i,G.N. Cazzaniga, Storia economica e sociale dell' antichità, in Rassegnaitaliana di sociologia, 4, 1981, pp. 605-614; H. Kantorowicz, The

 Definition of Law, London, 1958, trad. it. di Enrico di Robilant, Ladefinizione del diritto, Torino, 1962, con una introduzione di Norber toBobbio. Da ultimo, M.J. Favifias, Sociologia del derecho di MaxWeber, Città del Messico, 1990.

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a porsi. Questo perché la procedura diventa il modo di rap¬ presentare, most randone lo stato nascen te, il passaggio dal¬la società al diritto; ed è dunque alla procedura e nella pro¬cedura che bisogna guardare per cogliere appieno l 'elemento

originario, il punto di partenza dello sviluppo in senso ra¬zionale e differenziato del diritto moderno.

Questo non vuole né deve significare l 'assunzione di unalettura evoluzionistica del concetto di diritto weberiano,quanto invece un'analisi della concezione procedurale deldiritto presente in Weber come nel dibattito di quegli an¬ni tra i giuristi neo-kantiani.

Per comprendere però come il momento procedurale co¬

stituisca l 'elemento che rende individuabile e comprensi¬ bile il passaggio dalla società al diri t to, è necessario ri¬chiamare alcuni aspetti interni ed impliciti al concetto we-

 beriano di az ione: è in tale concet to che la d imensione pro¬cedurale gioca un ruolo decisivo.

Il momento procedurale esprime il passaggio dalla so¬cietà al diritto, perché l 'azione sociale come tale (proprioin quanto distinta dall 'azione in senso giuridico) presenta

già una dimensione procedurale.L'agire sociale, infatti, ai fini del raggiungimento dei

suoi scopi, ha necessità di costituire o selezionare tipi spe¬cifici di azione idonei al perseguimento di quei medesimiscopi. L'agire, in una parola, è tale proprio in quanto rie¬sce a tipizzare se stesso, a consolidarsi in forma tipica (dasTypischwerden) in funzione delle esigenze ehe sono impo¬ste o richieste dai risultati da raggiungere. In tal senso, la

tipizzazione è un elemento costitutivo che fa sì che l 'agirenon rappresenti un che di puramente casuale (un sempliceaccadimento), ma per l 'appunto un'azione. E questo farsitipica dell 'azione è necessario non solo per costituire, maanche per sviluppare l 'agire sociale. In ogni organizzazio¬ne infatti, per poter raggiungere fini nuovi e diversi, è in¬dispensabile che l 'azione si presenti non solo come pro-

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cesso di differenziazione di azioni, ma come processo didifferenziazione di tipi di azione; in una parola, come pro¬cesso di nuove, diverse tipizzazioni.

È grazie alla struttura procedurale dell 'azione, che si

 p u ò poi sviluppare quella speciale azione tipica che è co¬stituita dalla procedura in senso giuridico; viceversa, saràa sua volta proprio la procedura in senso giuridico a de¬terminare il sorgere e la necessità di particolari istituti; ri¬corda Web er co me , ad ese mp io, « sto ric am ent e .. . il pro¬

 b lema della personali tà giuridica sorge di solito in strettaconnessione con il problema della capacità processuale»8 .

8. Economia e società, II, cit., p. 89 [399]. In opposizione allascuola storica dell'economia, a cui è legato un certo intendimento deldiritto, e precipuamente in opposizione alle dottrine di Karl Knies,Weber rifiuta il modo «semplice» di pensare la concezione origina¬ria di produzione delle norme giuridiche: «abitudini di comportamen¬to all'inizio puramente effettive vengono sentite come "vincolanti"in seguito alla "disposizione" psicologica, e, con la coscienza dellaloro diffusione sopra-individuale, entrano a far parte, elevate al ran¬go di "consensi", dell'"aspettativa" (in tutto o in parte) consapevole

di un corrispondente agire dotato di senso di altre persone; finalmen¬te a questi "consensi" viene concessa la garanzia di apparati coerci¬tivi, la quale li differenzia dalle "convenzioni"» (Economia e socie¬tà, cit., II, p. 19, [398]). La critica di Weber è motivata dal fatto che

 proprio l'attribuzione di tale carattere vincolante a quella che eglinon esita a definire «massa inerte di "abitudini" canonizzate» preclu¬de ogni possibilità di dar luogo al nuovo: «già sul piano puramenteteorico, sorge a questo punto la domanda: come furono possibili in¬novazioni in una siffatta massa inerte di "abitudini" canonizzate che,

 proprio in quanto dotate di valore "vincolante", non sembrano poter dar luogo a nulla di nuovo? La scuola storico-giuridica tendeva adammettere evoluzioni di uno "spirito del popolo", delle quali sareb¬

 be stata portatrice una ipostatizzata unità organica sopra-individuale.Tale era anche l'orientamento, ad esempio, di Karl Knies. Questa con¬cezione è scientificamente improduttiva» (ibid.). Weber non negal'esistenza di «una produzione "inconscia" [... ] di regole dell'agire,anche giuridiche, empiricamenie valide» (ibid.). Ma sottolinea che

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Senza la comune struttura procedurale il rapporto tra so¬cietà e diritto si presenterebbe, invece, come una relazio¬ne tra due mondi differenti: come un rapporto non più tradue dimensioni di un medesimo agire, ma tra due tipi di

azione o peggio tra due realtà diverse, da un lato l'azionesociale, dall 'altro lato i l complesso delle norme: cosicchédi nuovo, il rapporto che si vorrebbe endiadico (società ediritto) ridiverrebbe antinomico. Tra società e diritto sor¬gerebbe allora, invalicabile, un muro che renderebbe in¬comprensibile il discorso weberiano in uno dei suoi pas¬saggi decisivi. Mi riferisco alla nozione di tipo ideale.Quale infatti può essere il significato del ricorso da parte

di Weber, per poter definire l'agire sociale come tale, altipo ideale, se non viene presupposta una dimensione ori¬ginariamente «t ipica», procedurale , del l 'azione s tessa?

 Non d iversamente al l ' in terno dello stesso mon do giuri¬dico è possibile individuare la struttura procedurale del¬l'azione. Quale infatti può essere il significato del proce¬dere a nuove interpretazioni di medesime norme, alla pro¬

duzione di nuove regole giuridiche, all 'abbandono per de¬suetudine di norme a lungo seguite, se non quello della av¬venuta affermazione di azioni tipiche differenti, giuridica¬mente rilevanti, o la cui rilevanza giuridica non è comun-

questa produzione non è il frutto del «puro e semplice mutamentodelle condizioni»; «esiste anche, ed è sempre esistita, quella nume¬rosa serie di casi in cui tanto la situazione quanto il diritto che leviene applicato vengono valutati come "nuovi", in senso e misuradifferente. Donde deriva questa innovazione? Si risponderà che essaderiva dal mutamento delle condizioni di vita esteriori, le quali re¬cano con sé mutamenti dei consensi fino allora empiricamente vali¬di. Ma il puro e semplice mutamento delle condizioni non è né suf¬ficiente né indispensabile per produrre quell'effetto. È invece sem¬

 pre decisivo un agire nuovo, che conduce a un mutamento di signi¬ficato di diritto vigente o alla creazione di diritto nuovo». Ibid. [399].(Ho reso in corsivo la parola che nel testo è spaziata).

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que contrastabile neppure dal legislatore? In tale senso, ladimensione procedurale, costitutiva dell 'agire giuridico, simostra come qualcosa di originario rispetto allo sviluppostesso del diritto, e perciò non quale momento accessoriodel sistema giuridico (la procedura e il processo intesi co¬me finalizzati alla applicazione delle norme). La dimen¬sione procedurale è alla base dello sviluppo del diritto, co¬stituendone l 'aspetto dinamico; ma può presentarsi in talmodo proprio perché è all 'origine dell 'azione sociale co¬me tale.

3 . O r i g i n a r i e t à l o g i c a e o r i g i n a r i e t à s t o r i c a d e l

p r o c e s s o

L'originarietà logica della procedura viene colta e argo¬mentata da Weber nella originarietà storica del processo.

Pe r pote r mo str are il rapp or to tra società e diritto allostato nascente è necessario rifarsi alla condizione di una

organizzazione sociale semplice, vale a dire di una orga¬nizzazione all 'interno della quale non si sono ancora svi¬luppate quelle differenziazioni con cui si è soliti caratte¬rizzare i l dirit to moderno 9 . L'analisi di Weber guarda per¬ciò ad una situazione in cui ancora non c'è chiarezza diconfini «tra norme di diritto (che devono essere applicatemediante il procedimento della giurisdizione) e norme ri¬guardanti il procedimento della giurisdizione» e dunque tra

9. Sulle diverse interpretazioni del concetto di diritto razionaleformale oltre i già ricordati testi (supra n. 7), cfr. in pan. D.M. Trubek,

 ReconstructingMax Weber's Sociology ofLaw in StanfordLaw Review,37, 1985, pp. 919-936; R. Miinch, Die Struktur der Moderne.Grundmuster und differenti elle Gestaltung des institutionellen Aufbausder modernen Gesellschaften, Frankfurt, 1984.

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diritto sostanziale e diritto processuale, tra diritto penalee dirit to civile, tra «legislazione» e «giurisdizione»1 0 .

È in questa situazione che emerge Voriginarietà del

 p rocesso , del mo m e n t o p rocedura le del dir i t to . E ciò per¬ché proprio là dove queste differenziazioni non si sonoancora sviluppate, si pone la questione della nascita delmondo del diritto a partire da un agire sociale che pre¬scinde da una d imensione normat iva1 1 . Ciò che Weber evidenzia e cerca di chiarire è infatti il modo in cui unadimensione per qualche aspetto «normativa» possa sor¬gere in relazione all 'azione e come azione; ma perché

questo si compia, è necessario che l 'azione assuma unaforma tipica.

Si comprende allora la centralità del momento del pro-

10. Non è propria di tutte le epoche della storia del diritto, osser¬va Weber, la distinzione tra Rechtsschdpfung e Rechtsfìndung, tra le¬gislazione (creazione di nonne giuridiche) e giurisdizione (applica¬zione di esse al caso concreto); manca poi sempre nell'ipotesi della«giurisdizione irrazionale», quando «ogni applicazione di diritto è li¬

 bera "amministrazione", che decide caso per caso», cfr. Economia esocietà, II, p. 13 [394]. Sulla tutt'altro che precisa corrispondenzadei termini tedeschi di Rechtsschdpfung e Rechtsfìndung all'italianolegislazione e giurisdizione cfr. P. Rossi, Il processo di razionalizza¬

 zione del diritto e il rapporto con Veconomia, in Aa.Vv., Max Weber e il diritto, cit., p. 25, n. 20, Milano, 1981, ora in P. Rossi, MaxWeber. Oltre lo storicismo, Milano, 1988, di questo saggio anchel'edizione tedesca P. Rossi, Die Rationalisierung des Rechts und ih-

re Bezìehung zur Wirtschaft, in M. Rehbinder, K.P. Tieck, Max Weber als Rechtssoziologe, Berlin, 1987, pp. 37-54.

11. «I processi (Vorgànge) e le uniformità che — non essendo suscettibili di comprensione — non vengano designati come «fenomenisociologici» [... ] non sono naturalmente per questo meno importan¬ti [...]. Essi rientrano [... ] in un ambito diverso da quello dell'agireintellegibile, e cioè nel dominio delle sue "condizioni", delle sue"occasioni", dei suoi "ritardi", dei suoi "incentivi"». Economia eSocietà, I, p. 11 [6].

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cesso; esso è espressione di questo passaggio, di questamutazione, di questo primo porsi della realtà del diritto.

 Nel «contrat to di espiazione», in cu i Weber individua

l'origine storica del processo, i membri di «gruppi paren¬tali» si obbligano a sottoporsi al rispetto di determinateforme per la risoluzione di una controversia: ne consegueil «controllo di arbitrato», in virtù del quale le parti accet¬tano la sentenza di un terzo o il giudizio di un dio, e a cuiè da ricondursi la «fonte» (Quelle) di tutto il diritto proc e s s u a l e 1 2 .

Ciò che appare decisivo a Weber, in questa prima (sem¬

 plice) procedura, è la sot tomissione volontaria della pro¬ pria azione, da parte della comuni tà a forme t ipizzate. Pocoimporta, invece, che la controversia sia risolta in base adun qualche valore condiviso. Non solo: il diritto di ricor¬rere — o il dovere di sottostare — ad un atto di signifi¬cato magico, e ad una giurisdizione fondata su mezzi pro¬

 batori di carat tere irrazionale (g iu ramento , mallevadoria,ordalia) appariva anticamente come «parte della pretesa

giuridica sostanziale (materielle Rechtsanspruch) quandoaddirittura non si identificava con essa» 1 3 .Infatti, solo il sottoporsi a forme stabilite fa sì che l'agire

degli individui e delle comunità si trasformi; e cioè diven¬ga un agire il cui successo dipende non solamente dal ri¬sultato conseguibile, ma dalle forme in cui un qualche ri¬sultato viene conseguito 1 4 .

 Nel processo primit ivo si avvia una t ip izzazione del¬

l'azione sociale, una proceduralizzazione, il cui effetto èla risoluzione di una controversia; ma proprio a prescin¬dere dal riferimento ad una norma di diritto sostanziale. È

12. Ivi, p. 46-47 [416].13. Ivi, II, pp. 13, 19-20 [389, 394, 395].14. Cfr. ad es., contratti di «status» e contratti di «scopo»: ivi, pp.

47-51 [416-420].

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la proceduralizzazione come tale che produce socializ¬zazione. .,£.

4 . G i u r i s p r u d e n z a i r r a z i o n a l e , g i u r i s p r u d e n z a r a

z ionale e s truttura de l l 'az ione soc ia le

Per cogliere appieno il significato attribuito da Weber al processo e al momento procedurale, bisogna chiarire un

 paradosso della stessa analisi weberiana.Weber attribuisce una funzione decisiva, ai fini del¬

l'evoluzione del diritto in senso moderno, ad un ceto spe¬cifico, al ceto dei giuristi, che si è venuto lentamente af¬fermando nella sua autonomia1 5 . Poiché questo ceto incar¬na l 'opera di interpretazione logica compiuta sulle norme,Weber affida ai giuristi di professione un molo decisivonello sviluppo della razionalizzazione. Il dirit to modernoè infatti il frutto di tale processo di razionalizzazione, pro¬dotto at t raverso l 'uso del l ' interpretazione logica1 6 .

Ma questa tesi, in che rapporto di congruenza sta conla centralità del momento procedurale, inteso proprio co¬me autonomo dal l 'opera interpretat iva?

Per rispondere a questo interrogativo, è necessario as¬sumere una prospettiva in grado di cogliere la "situazionedi confine"  di Weber, e dunque, nella sua portata proposi-

15. Ivi, p. Ili ss. [456 ss.].16. Sul passaggio dalla casistica alla sistematica, ivi, pp. 14-15

[395-6]. E anche T. Bechtler, Der soziologische Rechtsbegriff. Einesystematische Darstellung, Berlin, 1977; R. Alexy, Theorie derjuri-stischen Argumentation. Die Theorie des rationalen Diskurses alsTheorie der juristischen Begriindung, Frankfurt, 1978; G. Zaccar ia,

 Razionalità, formalismo, diritto: riflessioni su Max Weber, in Aa.Vv., Max Weber e il diritto, cit., pp. 197-224; e del lo stesso la bibliogra¬fia, p. 214 n. 77 e p. 198 n. 7.

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tiva, la non univocità della proposta weberiana; e così me¬glio comprendere perché Weber, nella sua sociologia deldiritto, mentre cerca di ricostruire i modi del formarsi diun diritto razionale, tratta per lo più di quella giurispru¬

denza «irrazionale» che pone appunto il primato della pro¬cedura, e che nella storiadella civiltà costituisce il mezzo

 più normale per risolvere le co n t rov ers ie1 7 .

Tra centralità del processo e rivendicazione della cen¬tralità della funzione di interpretazione logica da parte delceto dei giuristi non c'è, in Weber, vera contraddizione. Ameno di non forzare il testo weberiano assolutizzando ilmomento dell ' interpretazione logica, ponendolo come uni¬

ca decisiva ragione dello sviluppo del sistema giuridico.Tale sistema è sì frutto dell'opera di giuristi di professio¬ne, ma al contempo è anche il prodotto del momento pro¬cedurale come tale (al di là, pertanto, di quell'opera di ra¬zionalizzazione compiuta da un ceto di professionisti). Latipizzazione dell 'azione (proceduralizzazione) e la razio¬nalizzazione di quella tipizzazione costituiscono due mo¬menti distinguibili , ma non necessariamente contraddittori .

La prima tende ad essere vista come il prodotto del¬l'agire. Ed è l 'agire, non le condizioni oggettive, avverteWeber, che pone l 'innovazione, che «conduce a un muta¬mento di significato di diritto vigente o alla creazione di

18

un diritto nu ov o» . Per porsi come inn ov azi on e, pe rò , ta¬le agire deve costituirsi proprio con una differente quali¬ficazione, con una tipizzazione. Dice Weber: «Per questa

via sorgono consensi nuovi, o anche associazioni raziona¬li con un contenuto di senso nuovo, che a loro volta fan¬no poi sorgere abitudini puramente effettive»1 9 . Così il pas-

17. Ivi, I, p. 13 [395].18. Ivi, li , p. 19 [399].19. Ivi, II, p. 16 [397].

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saggio dall 'agire sociale all 'agire giuridico ed il successi¬vo sviluppo da un agire giuridico ad un altro si presenta¬no sempre come processo di proceduralizzazione, t ipizza¬zione, qualificazione dell 'azione al fine del raggiungimen¬

to di un risultato.Diverso è il caso dell 'opera di razionalizzazione della ti¬

 pizzazione, verso cui ha spinto l 'azione stessa. Tale operacostituisce anch'essa, come la precedente opera di tipizza¬zione, il frutto di un agire, ma di un'agire orientato diversamente; ovvero, orientato non più allo scopo materiale daraggiungere (per quanto astratto, come ad esempio nella bu¬rocrazia), ma al «valore della razionalità come tale».

L'autonomia dei due momenti della proceduralizzazionee dell'interpretazione logica, costituisce il riflesso della strut¬tura de l l 'ag i re (or ienta to a l lo scopo e a l va lore) .Proceduralizzazione e interpretazione logica stanno in rela¬zione non come due distinti tipi di azione, bensì come duemomenti di un medesimo agire (diversamente orientato).

Il primato del processo e l 'importanza della giurisdizio¬ne irrazionale sono il prodotto di un momento strutturale

dell 'agire, anche se la razionalità dell 'agire si mostra informe «irrazionali». Dove «irrazionale» non è il contrariodi razionale, bensì un momento che usa di una razionali-

20

tà che è altra, perché comprensiva di e lementi prat ici 2 0 . In

20. Sulla razionalità come concetto riferito a comportamenti pra¬tici e non unicamente come conoscenza di leggi oggettive di movi¬mento della società o come rivelazione, cfr. G.E. Rusconi, Razionalità,

razionalizzazione e burocratizzazione, in Aa.Vv. Max Weber e l'analisidel mondo moderno, Torino, 1981, pp. 189-214; R. Brubaker, The

 Limits of Rationality. An Essay on the Social and Mora! Thought of  Max Weber, London, 1984; K. Eder, Zur Rationalisierungsproblematik des modernen Rechts, in W.M. Sprondel, C. Seyfarth (a cura di) , MaxWeber und die Rationalisierung sozialen Handelns, Stuttgart, 1981,

 pp. 157-167, e del lo stesso Eder , Prozedurale Rationalitàt. Moderne Rechtsentwicklung jenseits vonformaler Rationalisierung, in Zeitschrifi

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tal senso può dirsi, ad esempio, che le forme del proces¬so primitivo, «irrazionali» rispetto ad una «giusta» (razio¬nalmente giusta) risoluzione della controversia, sono affat¬to razionali rispetto al fine di non lasciare la risoluzione

del conflitto all'esercizio del conflitto stesso.Che il nesso fra il primato del momento procedurale pu¬

ro e la giurisdizione irrazionale costituisce un aspetto strut¬turale della concezione weberiana dell 'agire sociale, è con¬fermato dal fatto che il sociologo tedesco ripropone, comesi vedrà (infra cap. 3), la medesima prospettiva interpre¬tativa nella sociologia politica, sul piano delle categoriedel potere. Come al livello del diritto la giurisdizione

«irrazionale» mostra lo stato nascente dello strutturarsi del¬l'agire nella forma della proceduralizzazione, così sul pia¬no politico una analoga funzione è svolta dal potere «nonlegitt imo». Quest 'ult imo, secondo Weber, emerge grazieall'affermarsi di una forma tipica di città, quella del¬l 'Occidente, la quale presenta un nuovo tipo di rapportodi legittimazione. Un rapporto di legittimazione che la po¬ne come qualcosa di autonomo da un lato da ogni potere

sovraordinato, dall'altro lato da ogni valore che non sia la pura e semplice credenza dei consociati nel la giuridicitàdel loro agire sociale. Nella sociologia del potere analoga¬mente a quanto detto nella sociologia del diritto, il potere«non legittimo» non è semplicemente «illegittimo», non èun potere che prescinde da qualsivoglia dimensione dellalegittimazione. Viceversa è qualcosa che risolve la legitti-

 ftir Rechtssoziologie, 7, 1986, pp . 1-30; H. Treibe r  Prozedurale Rationalitàt — eine verfahrene Sache? in Zeitschrift fùr  Rechtssoziologie, 7, 1986, pp. 244-26 5; S. Breuer , Politik und Recht im Prozess der Rationalisierung, in Leviathan, 5, 1977, pp. 53-99.

 N. Roos, Antiformale Tendenzen in modernen Recht  —  eine These Max Webers, diskutiert am Beispiel der Laienrichterfrage, in S. Breuer,H. Treiber (a cura di), Zar Rechtssoziologie Max Webers, Opladen,1984, pp. 223-267.

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mità nel riferimento alla giuridicità in quanto questa pre¬scinda da qualsiasi valore (fosse anche la stessa razionali¬tà come valore). Il potere non legittimo non è dunque una

realtà di arbitrio ma una regolazione (giuridica) che si ri¬tiene risolva i conflitti di potere al di là del fatto di esse¬re «giusta»o «ingiusta», «razionale» (riferita al valore, le¬gittima) o «irrazionale». Quel potere mostra anzi uno strut¬turarsi dell'agire in ordine al politico in cui è la regolariz¬zazione come tale, la giuridicità come tale, ovvero la pro-ceduralizzazione che costituisce il primo sorgere di un nuo¬vo, autonomo originale agire sociale. Come la giurisdizio¬

ne irrazionale inaugura lo sviluppo della società, così lacittà dell 'Occidente, come concretizzazione storica del po¬tere non legittimo, inaugura la società moderna, la socie¬tà che tenderà poi a porre la razionalità come suo valoree suo fine. Che questo tipo di formazione sociale si rife¬risca ad un tale valore tuttavia non deve indurre a crede¬re che in Weber sia la forza della razionalità a costituireil solo motore dell'azione. Vi è un altro momento da pren¬dere in considerazione, che appunto emerge anche a livel¬lo della sociologia politica: il processo di proceduralizza-zione, il processo che mostra lo stato nascente di quellamedesima azione, il procedere costitutivo di essa, il suo,come ancora nelle parole di Weber, «consolidarsi in for¬ma tipica» («das Typischwerden»).

L'analisi weberiana è sì rivolta a mostrare come si realiz¬za il processo di razionalizzazione, ma a partire da una

chiarificazione intorno ai modi in cui l 'agire come tale, proprio quel lo « ir raz ionale» , quel lo puramente procedu¬rale, si è venuto sviluppando per conseguire risultati pratici.

Appare in tal modo di più facile percezione perchéWeber, per poter mostrare la razionalizzazione del diritto,abbia dovuto non tanto soffermarsi sul processo a lui con¬temporaneo né sulle varie legislazioni intorno ad una pro¬cedura ancella del diritto sostanziale (quali quelle del pa-

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norama culturale della sua epoca) 2 1 , quanto su un tipo digiurisdizione, come la giurisdizione irrazionale, che nellacultura occidentale aveva già fatto il suo tempo. Ne è de¬rivata una ricostruzione della genesi delle strutture del no¬

stro diritto, ma anche, e soprattutto, un grande affresco del¬lo sviluppo della giurisprudenza irrazionale: a partire dal-

21. Cfr. ad esempio R. Stintzing, E. Landsberg, Geschìchte der deutschen Rechtswissenschaft, Miinchen-Ber lin , 1910, (e 1957); J.Goldschmidt, Der Prozess als Rechtslage. Eine Kritik des prozessua-len Denkens, Abhandl ungen aus der berliner jur ist isch en Fakultàt,Berlino, 1925.11 volume di Goldschmidt (si parla di James Goldschmidt

e non di Levin Goldschmidt, uno dei fondatori del moderno dirittocommerciale; su L. Goldschmidt cfr. L. Capogrossi Colognesi, Economieantiche e diritto moderno, cit. in part. cap . 3) è corredato di una am¬

 pia bibl iograf ia, cui si rimanda, che offre un vastissimo panorama suigiuristi e processualisti del tempo, pp. 536-557; P. Schiera,

 Amministrazione e costituzione: verso la nascita della scienza politica nella seconda metà dell' Ottocento, Firenze, 1982, pp. 74-91, in

 part . pp. 89-90; e del lo ste sso, Max Weber e la scienza giuridica te¬desca dell'Ottocento, in Aa.Vv., Max Weber e il diritto, cit., pp. 85¬

105 e p. 94, n. 17; il saggio è apparso recentemen te anche in edizio¬ne tedesca, cfr. P. Schiera, Max Weber und die deutsche Rechtswissenschaft des 19. Jahrhunderts, in M. Re hbinder, K.P. Tieck,(a cura di), Max Weber als Rechtssoziologe, Berlin, 1987, pp . 151¬168. E.W. Bòckenfflrde, La storiografia costituzionale tedesca nel se¬colo decimonono. Problematica e modelli dell'epoca, Milano, 1970;Losi to e P. Schiera, Max Weber e le scienze sociali del suo tempo,Bologna, 1988; W. Mommsen, J. Osterhammel (a cura di), Max Weber and his contemporaries, London, 1987; e l'ed izione tedesca a curadi W. Mommsen, W. Schwentker, Max Weber und seine Zeitgenossen,Gott ingen-Zurich, 1988; M. Rehbinder, Max Weber und die

 Rechtswissenschaft, in M. Rehbinder, K.P. Tieck (a cura di), MaxWeber als Rechtssoziologe, Berl in, 1987, pp. 127-149, ora anche inedizione italiana, cfr. M. Rehbinder, Max Weber e la scienza del di¬ritto in M. Losito, P. Schiera, (a cura di) Max Weber e le scienze so¬ciali del suo tempo, cit. pp . 161-187 e ancora G. Poggi, Weber's Work,its Intellectual Context, its Main Concerns in History of HumanSciences, 2, 1989.

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la quale, solo, è possibile cogliere lo stato nascente deldirit to.

5. Le forme del processo

Weber, in primo luogo, mostra dunque lo svilupparsi del¬le tipizzazioni (delle procedure), ad opera dell 'agire socia¬le proteso al raggiungimento di uno scopo; in un secondomomento e solo in un secondo momento, mostra come inquesta attività produttiva dell 'agire si inserisca, si sovrap¬

 pon ga e in terponga l 'a l tro aspet to de l l ' ag i re , quello rivol¬

to all 'analisi razionale delle tipizzazioni, cioè rivolto al va¬lore della razionalità: a cui, secondo l 'itinerario della so¬cietà europea, deve apparire subordinato lo scopo perse¬guito e magari realizzato dall 'agire sociale stesso.

È nella dinamica tra questi due aspetti del medesimoagire che si vengono affermando momenti e caratteri di ra¬ziona lità; pr im a incer ti, parzi ali, poi sem pre più sviluppa¬ti . Procedural izzazione e interpretazione logica producono

così, in un'intima connessione, tutti i momenti fondamen¬tali dell 'evolversi del diritto. Senza la prima, infatti, nonè possibile comprendere la dimensione reale dello svilup¬

 po della società moderna; senza la seconda, non è possi¬ bi le descr ive re i caratteri che tale società è venu ta as¬sumendo .

In tal modo Weber rende conto del perché di una giurisprudenza irrazionale in cui la «forma» prevale sulla so¬

stanza del diritto: del perché di una giurisprudenza in cuiquel formalismo in senso materiale, arcaico — che appa¬re per certi versi incomprensibile alla cultura giuridicam o d e r n a 2 2 — si mostra dominante e trova la sua ragion

22. Economia e Società, II, cit., pp. 14-16 [395-397].

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d'essere. Successivamente, passa a chiarire l 'origine delladistinzione tra diritto processuale e diritto sostanziale, tra i l

legislazione e giurisdizione, tra dirit to penale e dirit toc iv i l e 2 3 . Distinzioni tutte che costituiscono il prodotto non

semplicemente del l 'opera del l ' interpretazione logica deigiuristi, ma anche dello sviluppo del processo di procedu-ralizzazione dell'azione sociale.

Weber sviluppa dunque un discorso sulle fondamentalicategorie giuridiche, senza, tuttavia, trascurare di analiz¬zare il luogo ddt. cui la proceduralizzazione emerge in for¬ma tipica: il processo. L'analisi del processo diviene cosìun momento costantemente presente, anche se non sempre

manifesto, all'interno dei vari contesti e al fine di chiari¬re il processo di differenziazione del diritto, di tipizzazio¬ne attraverso una sua forma indifferenziata.

Il processo diviene così il momento fondativo di tutti i passaggi al moderno diritto, ora perché anello di congiun¬zione (Mittelglied) nel passaggio dalla colpa delittuale al¬la colpa contrattuale attraverso la responsabilità per espia¬zione (determinata e riconosciuta nel processo); ora per¬

ché espressione pratica del diritto giudiziario, forma piùantica di costituzione di consuetudini giuridiche; ora per¬ché luogo della costruzione di concetti giuridici (ricordaWeber come sia «la determinazione precisa della doman¬da» che costituisce il primo passo per la costruzione diconcetti giuridici); ora perché all 'origine del nexum (con¬tratto di debito per aes et libram) e della stipulano (con¬tratto di debito mediante dazione in pegno simbolica); con¬tratti questi che, dice Weber, tradiscono entrambi la deri¬vazione dallo stadio pre-contrattuale del diritto: entrambierano atti rigorosamente formali, e potevano essere com¬

 piuti oralmente e soltanto di persona; cosicché anche qui

23. Ivi, II, pp. 12-13 [394-395] e pp. 6-9 [390-392] .

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è solo nel processo che questi due istituti fanno la loro pri¬ma apparizione come negozi giuridici coercibili .

Si schiude in tal modo uno scenario di grande vastitàsulle forme di processo: dal contratto di espiazione che

fonda il contratto di arbitrato, (il quale a sua volta rappresenta la forma primitiva (die primitive Form) di giurisdiz ione (Regierung) e che secondo Weber si trova già sullastrada che conduce al contratto coercitivo, in quanto è uncontratto tra nemici e non un contratto di affratellamentoe in quanto richiede già una formulazione precisa del pun¬to controverso e soprattutto dell 'oggetto della prova2 4 ); al¬le procedure tribali, alle forme proprie del diritto islami¬

co, di quello indiano, e poi del diritto greco e del dirittoromano, al l 'ant ico processo medioevale (che consente dichiarire le differenze tra il processo di Common law e diCivil law), alla specificità del diritto germanico 2 5 .

È uno scenario all 'interno del quale vengono esaminatenon soltanto le procedure, ma anche i mezzi probatori, dalgiuramento alla mallevadoria, dall 'ordalia alla funzione pro¬

 batoria de l l 'an t ica giuria, nonché il ruolo dei giudici, la for¬ma dei giudizi, la distinzione tra rivelazione e giudizio co¬me quella tra giudizio e risoluzione del processo. Weber cerca così di dar ragione del sorgere sia di un ceto autono¬mo avente la funzione di razionalizzazione del diritto (dai

 pronunciato l i della legge del diritto germanico ai rachin- burgi, dagli scabini ai sacerdoti, ai pratici del dirit to), siadi un sapere che, prima in una prospettiva materiale (casi¬stica), poi in una prospettiva formale (scienza del diritto),tende ad affermarsi come puramente razionale2 6 .

24. Ivi, pp. 30-31 [421].25. Ivi, pp. 46-47 [415-416] e pp. 24, 194-195 [402, 509-510].26 . Ivi, pp. 96 ss. [406 e ss .] . Mette conto rilevare che il proces¬

so è, per Weber, l'istituzione giuridica che, più di ogni altra, presen¬ta analogie con il gioco: come nel gioco, anche nel processo si può

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6. La pr oc ed ur al i z za z i on e de i s i s temi g iur idic i e ìa

r i du z i on e de l la g i ur i sd i z i one ad am mi n i s tr az i o ne

Weber offre dunque un quadro molto articolato di sociologia del processo anche se mai sistematico, ma ciònon deve stupire chi conosca la situazione della scienza

vìncere o perdere; e come nel gioco, anche nel processo ci sono re¬gole costitutive. In merito, cfr. M. Weber, R. Stammlers «Ueberwindung»der materialistischen Geschichtsauffassung cit. pp. 94-151, su questo saggio si veda l'introduzione di Julien Freund alla traduzione fran

cese dei Gesammelte Aufsàtze zur Wissenschaftslehre di Weber, J.Freund, Introduction, in M. Weber, Essais sur la théorie de la scien¬ce (Paris 1965), in part. pp. 77-96 e 93-94; sull'importanza inveceche questo saggio ha avuto nella formazione della sociologia del di¬ritto di Weber, cfr. K. Engisch, Max Weber als Rechtsphilosoph und 

 Rechtssoziologe, in K. Engisch, B. Pfister, J. Winckelmann (a curadi), Max Weber, Gedàchtnisschrift der Ludwig-Maximilìans-Universitat 

 Munchen zur 100. Wiederker seines Geburtstages 1964, Berlin, 1966, pp. 67-68, cit. in P. Rossi, // processo di razionalizzazione del diritto e il rapporto con Veconomia, in R. Treves (a cura di), Max Weber 

e il diritto, cit. p. 24 n. 17. Questo continuo affiorare del tema del processo senza che ad esso corrisponda una organica tratt az ione da pa rte di Weber fa sorgere spontaneo il sospet to, o meglio l 'ipotesi,che la non trattazione sistematica di un tema così «fluido» — se inteso nella pienezza dei suoi significati — possa non essere casuale.Ho usato di proposito il termine fluido che è un termine che Weber usa ogni volta che parla appunto di "processi"; ad esempio, Weber dice: «Il trapasso dal puro e semplice "costume" alla "convenzione"è naturalmente molto fluido (fliissig)»; e ancora «... il trapasso dal

 puro "costume" alla "convenzione" e da questa al "diritto" è per lasociologia un trapasso fluido»; ivi, I, pp. 319, 324 [187, 190]. Ancora,nella sociologia del potere, «il trapasso da tale città di agricoltori» auna città di consumatori, di produttori, di commercianti è natural¬mente del tutto fluido», ivi, II, 550 [740]. Intendo con questo direcome anche per il tema del processo possa ben valere quello cheAlessandro Cavalli proprio richiamando lo stesso aggettivo dice a

 proposito della dis tinzione tra conoscenza storica e conoscenza so¬ciologica (distinzione che, secondo Cavalli, Weber vuole mantenere

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 p rocessua le di quei t empi . Un quadro che tende ad in¬dagare e descrivere non solo le origini e le ragioni di svi¬luppo dei singoli istituti processuali, ma anche quel mo¬mento di procedural izzazione che individua nel processoin senso stretto (pur non risolvendosi in esso) un momen¬to fondamentale di svi luppo. La procedural izzazione, inquanto espressione dell 'agire, investe infatti ogni momen¬to della crescita del sistema giuridico: sia il diritto pro¬cessuale in senso stretto, sia lo stesso diritto pubblico,che si risolve nelle procedure di produzione della legi¬slazione.

'fluida'); che, dunque, è proprio Weber a non aver voluto fare ciòche molti suoi critici lo hanno accusato di non fare; cfr. A. Cavalli,

 La funzione dei tipi ideali e il rapporto tra conoscenza storica e sociologia, in P. Rossi (a cura di) Max Weber e l'analisi del mondo moderno, Torino, 1981, pp. 43-44.

27. Lamentando il fatto che il concetto di dinamica giuridica sia pressocché sconosciuto alla dogmatica giuridica e che nell 'ambitodella procedura giuridica soltanto al processo (penale e civile) siano

state dedicate indagini approfondite ma solo per ragioni di ordine pratico (quando poi non lo si è considerato nulla più che una istitu¬zione secondaria di tutela nei casi di violazione di un diritto ogget¬tivo od invece uno strumento o un meccanismo che le parti utilizza¬no quando viene negato il riconoscimento ai diritti consolidati), FritzSander ricorda come benché ormai sia superata la vergognosa situa¬zione del sistema processuale — grazie all'opera di Oskar Bulows

 — e che la teoria processuale sia divenuta una scienza autonoma con problematiche e tentativi di soluzioni propri, nessun sistema di filo¬

sofia del diritto, nessuna teoria della scienza giuridica si è riferita inmodo specifico al processo e alla procedura giuridica in generale.Ricorda ancora Sander come la dottrina proceduralistica del dirittosia stata per lungo tempo la cenerentola (Aschenbròdel) della situa¬zione e come ci sia solo da augurarsi che essa possa un giorno dive¬nire la principessa (Kónigin) delle scienze giuridiche, cfr. F. Sander,

 Die transzendentale Methode der Rechtsphilosophie und der Begriff des Rechtsverfahrens, in Zeitschrift fiir òffentliches Recht, I, 1919, p.469.

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Attraverso questo tema emerge una dimensione generaledell'azione che proprio oggi è di nuovo divenuta estrema¬mente rilevante. Negli attuali sistemi giuridici si nota sem¬

 pre più la tendenza in favore di una riproposizione della

centralità delle procedure come tali, vale a dire la tendenza28

a esaltare la loro funzione rispetto al diritto sostanziale2 8 . No n di secondaria importanza è allora l 'analisi weberia-

na della giurisdizione irrazionale, la cui caratteristica è ap¬ pun to il primato del mo men to p rocedurale puro . Un a ca¬ratteristica che, proprio nella giurisdizione irrazionale ri¬vela un nesso tra il primato della procedura e una riduzio¬

ne della giurisdizione ad amministrazione: nella giurisdi¬zione irrazionale non importa che il giudizio sia raziona¬le, ciò che importa è che il giudizio «amministri» la con¬troversia.

Sorgono su questa base molti interrogativi che costitui¬scono altrettanti itinerari di ulteriore indagine, perché ri¬guardano il destino di alcune caratteristiche fondamentalidagli attuali sistemi giuridici e sociali. Ne enuncio solo al¬

cuni, a titolo di esempio.La proceduralizzazione dei sistemi contemporanei in chesenso e in che modo può condurre ad una analoga riduzionedella giurisdizione ad amministrazione? Qual è il nesso fratrasformazione dei rapporti giuridici in rapporti sistemici e ilcarattere amministrativo della proceduralizzazione del diritto?

Cosa comporta questa riduzione del diritto ad ammini-s t raz ione 2 9 ? E cosa ne è della legittimazione quando vie-

28 . N. Luhmann, Legitimation durch Verfahren, Neuwied-Berlin,1969, Selbstlegitimation des Staates, in Archiv fìlr Rechts und 

Sozìalphilosophie, 1981, Beiheft 15, pp. 65-83.29. Nell'articolo «Romisches und  deutsch.es Rechi» 1895 (appar¬

so nello stesso anno in Die Christliche Welt), Weber indica chiara¬mente i rischi di tale tendenza. Dice Weber: «la netta separazione tramagistratura e pubblica amministrazione ha portato sempre più la pri-

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ne investita da un processo di proceduralizzazione3 0 ?

Sono, questi, interrogativi che rappresentano già il frut¬

to di un'evoluzione, di un risultato che travalica l 'analisi

weberiana; pur tuttavia è proprio in questa analisi che es¬

si iniziano a prendere forma 3 1 ; ed è da essa, dunque che

traggono origine.

ma a concentrare le proprie aspirazioni in un genere di elaborazionee applicazione del diritto in cui il fatto che sul seggio del giudicedebba sedere necessariamente un uomo e non una macchina appare

 più che al tro come una riproverevole imperfez ione. L'ideale di que¬

sto modo di pensare sarebbe la trasformazione del giudice in un con¬gegno automatico predisposto con paragrafi e precedenti: sopra si po¬trebbero introdurre la fattispecie e le spese, sotto uscirebbe la sen¬tenza bella e pronta con la relativa motivazione. Niente è più incre¬scioso agli occhi di un magistrato, sia pure il più alto, che essere co¬stretti a valutare un fatto dal punto di vista politico o etico-sociale»,cfr. Max Weber, Diritto romano e diritto tedesco, trad. it. di B.Spagnuolo Vigorita, in Max Weber. Scritti (1895-1898), (a cura di L.Capogrossi Colognesi) , Roma, 1988, p. 9. Sul contrasto tra principiformali e principi sostanziali nella amministrazione della giustizia inWeber, cfr. M.R. Ferrarese, L'istituzione difficile. La magistratura tra

 professione e sistema politico, Bar i, 1984, pp. 75 e ss. Sul versan tedella scienza dell'amministrazione si vedano le indicazioni di Eisermanne il sottile rimprovero a Gianfranco Miglio che secondo l'autore, pur  ben conoscendo la let teratura tedesca, sot tovaluta affatto largamentel'importanza di Max Weber nel trattare il tema delle origini dellascienza dell'amministrazione. G. Eisermann, Max Weber, la sociolo¬gia della burocrazia e lo stato moderno, in Aa.Vv., Max Weber e ildiritto, cit., p. 80, n. 43. Dello stesso sullo stato moderno come sta¬

to d'amministrazione (Verwaltungsstaaf), secondo la definizione schmìt-tiana, cfr. // cambiamento strutturale dello stato moderno, in Quadernidi studi e ricerche, 1, 1979, pp . 93 e ss.

30. Sul significato del prius weberiano rispetto a Luhmann riguar¬do ai problemi della «procedimentalizzazione», V. Ferrari, Brevi os¬servazioni su funzionalismo e legittimazione, in Sociologia del dirit¬to, XL, 1984, 1, pp. 37-55, in part. p. 51.

31 . Sul tramonto di «stili cognitivi semplici» (modello parte-tu t-

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7 . Procedure g i ur i d i che e procedure conosc i t i ve

L'analisi weberiana del processo si dimostra particolar¬mente feconda anche rispetto ad un altro ordine di proble¬mi. Essa individua e chiarisce una rilevanza della dimen¬sione processuale e procedurale non solo rispetto all 'attività

 pratica dei soggetti sociali, ma anche rispetto all 'att ivitàconosci t iva , raz ionale , svol ta ne l l ' in terpre taz ione de l la

 prassi.

Il processo, infatti, si costituisce come modello sia per le procedure dirette a produrre decisioni (esecuzioni), sia

 per quel le dirette a produrre g iudizi ; in senso g iurid ico co¬me in senso logico. Il processo è modello per le attivitàrazionali che sono alla base della scienza del diritto; e, piùin generale, è modello per i processi di conoscenza cometali.

Con il termine processo, la lingua italiana designa sia il

 processo civile e penale (processo in senso topico) , che

l'operazione dello svolgersi e del succedersi di fatti e fe¬

nomeni — aventi tra loro un nesso più o meno profondo — che metaforizza e astrae quel significato topico. Si pen¬

si al processo di razionalizzazione e burocratizzazione del¬

l'Occidente di cui parla Weber. E considerazioni analoghe

 potrebbero essere fatte riguardo alla t raduzione del termi¬

ne Verfahren: procedimento/procedura. Ciò che però inte¬

ressa qui sottolineare è che se da un lato tale indistinzione

semantica può apparire causa di un indebolimento della visvocabuli, dall 'altro lato, proprio questo essere racchiuso in

un medesimo termine dei due significati ne rafforza lo spes¬

sore semantico, l 'implicito continuo rimando dell 'un signi¬

to, semplice-complesso) e sul significato assunto da Weber in tale

 passaggio, cfr. E. Resta, Stili cognitivi della legittimazione, in Sociologia

del diritto, XI, 1984, 1, pp. 57-79, sp. p. 61 ss.

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ficato all 'al tro . Sare bbe cert amen te riduttiv o pen sar e al pro¬cesso in senso topico senza metonimicamente rivolgersi alconcetto di processo come succedersi di eventi significati¬vi, e sarebbe altrettanto riduttivo, nell 'analisi della succes¬sione di eventi epocali (processo di razionalizzazione) o deimodi attraverso i quali si produce un'operazione (processologico), dimenticare il senso anche topico del termine. Questogioco di rimandi semantici è presente in tutto il discorso diWeber; da qui il fascino, ma anche la difficoltà, della ri¬composizione del suo disegno teorico su questo tema.

Vi è, dunque, una intrinseca costitutività del momento procedurale a l l ' in terno di categorie logiche.

Weber coglie pienamente questo aspetto, pensa in ter¬mini di «processo» ed usa il modello del processo per lacostruzione del suo «processo conoscitivo», mostrando co¬sì che non solo di una identità terminologica si tratta. Iltermine processo, infatti, sta ad indicare l 'assunzione da

 parte di Weber di un part ico lare modello espl icat ivo .In Weber si consuma l 'abbandono del modello classico

di spiegazione causale 3 2 . Tale abbandono, che si sostanzia

attraverso la duplice qualificazione del procedimento espli¬cativo (causazione adeguata e causazione accidentale), se¬gna il passaggio proprio ad uno schema che non è piùcausale ma condizionale — ad uno schema che è legatoal l 'esperienza del la procedural izzazione.

32. P. Rossi, Introduzione a Max Weber, // metodo cit., p. 27.Sul primato della possibilità sulla necessità e sul distacco dallo sche¬

ma classico della causalità necessaria cfr. S. Veca, // metodo e le con¬dizioni dell'oggettività, in Aa.Vv., Max Weber e l'analisi del mondomoderno, Torino, 1981, p. 3 e ss.; K.H. Nusser, Kausale Prozesseund sinnerfassende Vernunft, Freiburg, 1986. Sul carattere della"explication compréhensive"  di Weber paragonata al punto di vista

esterno 'moderato' di Hart, cfr. F. Ost, M. van de Kerchove, Autoorganisation des systèmes juridiques et hierarchie des normes,(dattiloscritto p. 17, in corso di pubblicazione).

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 Nel processo di « imputazione» di un avven imento allesue cause, «la spiegazione si restringe ad una serie fintadi elementi, determinata di volta in volta in base ad uncerto punto di vista, procedendo così lungo una particola¬

re direzione di rapporti tra fenomeni, isolata astrattamen¬te dalle altre possibili direzioni per le quali la ricerca puòin c a mmin a r s i» 3 3 .

Si presenta però a questo punto «il problema della pos¬sibilità di verificare empiricamente 1'«imputazione», cioèla determinazione di un rapporto di causa ed effetto in for¬ma individuale: determinata una certa serie di rapporti in

 base ad una scelta, co me è possibile stabilire che essi enon altri hanno condotto all 'accadimento del fenomeno da

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spiegare» ?La risposta di Weber è che tale dimostrazione può av¬

venire sol tanto at t raverso una procedural izzazione del¬l'azione conoscitiva, «mediante la costruzione di un pro¬cesso ipotetico [...] diverso da quello reale per l'esclusione

 prel iminare di uno o più e l e me n t i»3 5 .

«Solo che, in questa maniera, le "cause" accertate nonsono più tutte le cause dell 'avvenimento in questione, masoltanto le condizioni individuate lungo una certa direzio¬ne di ricerca, la quale è correlativa all 'assunzione di unospecifico punto di vista» 3 6 . Si ha così un'accentuazioneunilaterale, ovvero un'accentuazione esplicita di alcuni ele¬menti e la consapevole esclusione di altri elementi, consi¬derati irrilevanti. "11 procedimento logico utilizzato risul¬

ta così assai simile all 'applicazione della clausola ceteris

33. Ibid. Per una critica al concetto weberiano di imputazione, cfr.R. De Giorgi, Azione e imputazione. Semantica e critica di un prin¬cipio del diritto penale,,'Lecce, 1984.

34. P. Rossi, Introduzione ... , cit., pp . 26-27 .35. Ivi, p. 27.36. P. Rossi, Introduzione ... cit., p. 27.

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 paribus: le variabili che vengono mantenute convenzional¬mente 'costanti ' corrispondono . . . agli elementi che nonv e n g o n o einseitig gesteigerfi1'. Come nel processo in sen¬so giuridico ove attraverso «l 'esclusione preliminare di uno

o più elementi», si «costituisce un mondo» all 'interno delquale si trova solo «quanto figura agli atti»3 8 .

In Weber è presente una stretta correlazione tra model¬lo della pratica e modello del conoscere. Una correlazio¬ne che mostra non solo l'importanza della pratica del pro¬cesso e della procedura rispetto all 'att ività conoscitiva, maanche lo stretto legame che pur in forma «fluida», meto¬nimica, deve essere mantenuto tra i due momenti.

37. A. Cavalli, La funzione dei tipi ideali e il rapporto tra cono

scenza storica e sociologia, in P. Rossi (a cura di), Max Weber eianalisi del mondo moderno, cit. pp. 39-40.38. Sul carattere 'ausseralitaglieli dell'evento giudiziario in Weber 

cfr. F. Corderò, Riti e sapienza del diritto, Roma, 1981, p. 310. DiceCorderò: «Il processo, dunque, costituisce un mondo, vi troviamoquanto figura 'agli atti'; il resto 'non est in mundo', anche se fosseavvenuto sotto gli occhi del giudice, nello spazio profano; esistonosolo fatti e cose evocati ritualmente; il dato obiettivo svanisce, in¬ghiottito da immagini lavorate". Idem, p. 312.

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I I . I L POTERE E DI RI TTO?

1. Sociologia del diritto e sociologia del potere

Il potere è diritto? Questo interrogativo paradossale nonvuole certo suggerire che vi sia in Weber una qualche ri¬duzione di un termine all 'altro. Vuole all 'opposto proble¬matizzare un rapporto che nella sociologia weberiana ap¬

 pare molto complesso .Weber mostra di aver ben presenti le differenze fra i due

fenomeni ed i modi di avvicinarsi ad essi; se infatti è di¬

verso l 'approccio epistemologico e metodologico con ilquale Weber si avvicina alla realtà di fatto o alla dimen¬sione normativa, egli è in qualche modo consapevole chesarebbe una visione astratta quella che si accontentasse diuna semplice distinzione degli ambiti. Il problema semmaiè quello di cogliere i legami complessi fra le due realtà

 proprio a part ire dalla loro autonomia. La ricerca di que¬sti legami porta Weber ad assumere un'ottica squisitamen¬

te sociologica, così come, se si permette una comparazio¬ne, il bisogno di delineare le differenze e le autonomie por¬ta Kelsen a radicalizzare la prospettiva puramente giuridica.

L'interrogativo iniziale vuole dunque sottolineare chequi, pur non volendo affatto ridurre le differenze fra pote¬re e diritto, si intende cogliere un legame complesso e di¬rei quasi costruttivo fra le due realtà, quale si mostra in

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Weber. Un legame articolato, problematico, che appare co¬stitutivo della realtà sociale proprio in quanto legame.

 Nel la d omand a "il potere è d i r i t to?" si vuole che la real¬tà sociale emerga quasi nel suo aspetto originario nella sua

natura originaria (die ursprungliche Art, altrove die primitive Form); dove originario non assume alcuna valenzadi tipo evoluzionistico, ma solo il valore di ancora indif¬

 ferenziato); non dunque semplicemente come una realtà di potere, che viene solo in seguito normativ izzata, ma comeun potere che non è mai tale nella realtà sociale senza im¬mediatamente presentare una torsione normativa.

 Nel legame p roblematico fra diritto e potere si coglie inaltro modo quel costituirsi dell 'azione sociale, quel suo

 prodursi , strutturarsi in forma tipica (das Typischwerden)che ha ispirato già l'analisi intorno alla dimensione proce¬durale del diritto. Un legame, tuttavia, oltre che problema¬tico, complesso, che si risolve in tematiche anche moltodistanti tra loro che costituiranno l 'oggetto manifesto diqueste riflessioni: il rapporto tra individuo e Stato (par. 2),quello tra legalità e legittimità (par. 3, 4), la relazione tra

centralismo e pluralismo (par. 5).U incipit  non può essere che una chiarificazione, all'interno

della quale sia possibile comprendere anche il rapporto tradiritto e potere. Infatti per affrontare qualsiasi tema relativoal diritto in Weber è necessario ricordare immediatamente il

 punto di vista specif ico della sociologia del diritto weberiana.Dogmatica giuridica e sociologia giuridica, pur occupando¬

si ambedue del fenomeno del diritto, si pongono interroga¬

tivi differenti. L'interesse della prima è teso al senso inten¬zionato della norma giuridica (quale cioè sia il significatonormativo che si debba attribuire ad una formulazione lin¬guistica che si presenta come norma giuridica). L'indaginedella seconda riguarda il comportamento fornito di sensodei membri del gruppo in relazione alla legge in vigore inuna determinata società, l'esistenza della possibilità che indi-

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vidui a questa partecipanti considerino soggettivamente e

trattino praticamente determinati «argomenti» come validi,

e quindi orientino in vista di essi il proprio agire 1 .

Pertanto i termini Stato, diritto, ordinamento (in cui si

risolve il rapporto tra potere e diritto), cui ricorrono tantola dogmatica giuridica che la sociologia giuridica, non han¬

no senso univoco se riferiti a scienze diverse.

Il concetto di Stato polit icamente inteso rimanda, ad 

esempio, in Weber, alla distinzione tra Stato e nazione,

mentre, sociologicamente inteso, esso indica «un determi¬

nato processo (bestimmt gearteten Ablauf) di un agire

effett ivo» 2 . (È da notare come anche in questo caso sia la

1. Economia e società, cit., I, p. 309 [181]. Sul tema le osservazioni di H. Dreier, Rechtsìehre, Staatssoziologie und Demokratietheoriebei Hans Kelsen, Baden Baden, 1986; e ancora N. Bobbio, Max Weber e Hans Kelsen, in Sociologia del diritto, 1981, 1, ora in Aa.Vv., MaxWeber e il diritto, Milano, 1981, inpart . pp. 142-143. Sulla "concettuologiaderivata dallo Staatsrecht  e dal Rechtsstaat"  cfr. G. Nobili Schiera, A

 proposito della traduzione recente di un'opera di Otto Brunner, in Annalidell'Istituto storico italo-germanico in Trento,

IX, 1983, pp. 191-410.2. M. Weber, Economia e società I, pp . 12-13 [6-7] (il corsivo è mio).E non solo, perché nell'affrontare il processo di costituzione della cittàmedievale, di nuovo Weber tiene a separare due punti di vista. DiceWeber, infatti, che nell'analisi del processo di costituzione della cittàmedioevale occorre tener distinti tra loro gli aspetti decisivi del puntodi vista sociologico e di quello politico, cosa — aggiunge — che non èsempre accaduta nel conflitto tra le varie "teorie sulla città". Da un cer¬to punto di vista la corporazione dei cittadini si costituisce "legittimamente",ma spesso e proprio nei casi più importanti tale processo di costituzio¬

ne assume il carattere di «una usurpazione rivoluzionaria» se conside¬rata da un punto di vista giuridico-formale. Ivi, II, p. 577 [757]. Per unalettura solo politica del concetto di Stato in Weber, si vedano in parti¬colare gli interventi di Weber alle relazioni rispettivamente di P. Barth,

 Die Nationalitàt in ihrer soziologischen Bedeutung, di F. Schmid, Das Recht der Nationalitàten, e di W. Sombart, Die Nation als politiscker Faktor, in Verhandlungen des Zweiten Deutschen Soziologentages (Berlino20-22 ottobre), Tubingen 1913, pp. 49-51, 72-74, 188-190.

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dimensione procedurale del l 'agire che giuoca un ruolofondamentale ai fini della determinazione di un concettoquello di Stato sociologicamente inteso; tuttavia anche inquesto caso non di un qualsivoglia processo, non di un ge¬

nerico, ma di un determinato agire si tratta, e, dunque, diun agire "ti pi co" nel senso pre ced ent eme nt e dato (cap. 1)a questo termine).

Se è vero che, come per lo Stato, anche per la validitàdi una norma o di un ordinamento, occorre fare delle di¬stinzioni — la validità di una norma, infatti, assume con¬figurazione e significato diverso per il giurista, per il so¬ciologo o per colui che intende commettere un illecito — 

tu tta via : «Tra la val idi tà e la no n valid ità di un determi¬nato ordinamento non esiste ... per la sociologia — comeesiste invece per la giurisprudenza (dato il suo scopo indi¬spensabile) — un'alternativa assoluta». Weber rompe cosìl 'antinomia classica (necessaria per il diritto) tra validitàe non-validità di un ordinamento in nome di più soffici«trapassi incerti (fliissige Uebergànge), tra i due casi».

La ragione di tanta "fluidità", purtuttavia, è bene nondimenticare, non va ricercata nella direzione di un progres¬sivo ' indebolimento' del concetto, operato attraverso unasommessa (e surrettizia) legittimazione della sua indeter¬minatezza; non risiede nell 'intento di attenuare — stem¬

 perandone la valenza opposi t iva — la potenza delle cate¬gorie, quanto, invece — lo si è detto e lo si ripeterà — inun intento pratico.

Come già nell 'antinomia tra razionale-irrazionale, tralegittimo-non legittimo (lo vedremo), così in questa tra va-lidità-non validità, la rottura della coppia oppositiva è fi¬nalizzata all 'affermazione della esistenza e della possibilecoesistenza di modelli di razionalità, di ordinamenti e di

 poteri anche confliggenti e contraddit tori tra loro.Riprendiamo di nuovo il passo di Weber; dice il sociologo

«Tra validità e non validità di un determinato ordinamento non

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esiste ... per la sociologia ... una alternativa assoluta. Esistonoinvece trapassi incerti (flùssige Uebergànge) tra i due casi».

La ragione di tale 'fluidità' è nel fatto che, aggiungeWeber, «p os son o insi eme 'v al er e' . .. or dina menti tra lorocontraddittori, ognuno nell 'ambito in cui sussite la possi¬

 bilità che l 'agire sia di fatto orientato in vista di essi».

Ma è davvero possibile grazie ad un passaggio solo me¬todologico (negazione della contrapposizione tra validità enon-validità in nome della riconosciuta esistenza e com¬

 presenza di ordinamenti concorrent i) ch iudere il p rob lemadella validità senza che questo si ripresenti ad un altro li¬

vello, all ' interno ad esempio di ciascun modello?Weber non elude il problema; la necessaria indifferen¬ziazione non esclude ogni possibile distinzione fra validi¬tà e non validità; anzi, l 'elusione di tale distinzione vieneimputata a certi sviluppi della giurisprudenza del suo tem¬

 po che pone in astratto una d is t inzione che non sa mante¬nere nel concreto.

La nota critica di Weber a Stammler è chiarificatrice in

questo senso. Stammler, sostiene Weber, non solo non hacompreso la differenza tra validità normativa e validità em¬ pirica, ma, per di più, ha d isconosciu to il fatto che l 'ag iresociale non si orienta esclusivamente in base a ordinamen¬ti, e che quindi l 'ordinamento non è forma dell 'agire so¬ciale, ma contenuto, là dove l 'agire è orientato in quelsenso 3 .

3. Ivi, p. 30 [17]. Criticando la visione di Stammler: «L'ordinamentoè in modo del tutto erroneo dal punto di vista logico trasformato inuna forma dell'agire sociale, e quindi accostato al contenuto con unafunzione simile a quella a cui adempie la "forma" nel senso gno¬seologico»; invece: «Noi intendiamo definire // contenuto di senso diuna relazione sociale con il termine "ordinamento" quando l'agire èorientato (in media e approssimativamente) in vista di date massime»(ivi, p. 29 [16]). Sull'influenza che il saggio di critica a Stammler haavuto nella formazione della sociologia del diritto di Weber (si trat-

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La tesi di Stammler tenderebbe a configurare una socie¬tà monolitica che si esprime univocamente in una formadata (ordinamento), negando invece l 'assioma fondamen¬tale weberiano: la coesistenza di vari ordinamenti, anche

contraddittori, e di differenti concezioni del senso del¬l'ordinamento a causa di una struttura pluralistica di modelli.

L'agire sociale, per Weber, non è quindi riducibile adun rappor to meccanico 4 , poiché tra stimolo e risposta siinterpone sempre l ' individuo come attore sociale, con unsuo modello che può essere dotato di senso, convergentecome divergente, rispetto al modello positivo posto al¬

l 'ordinamento. Quest 'ult imo pertanto è valido nei l imiti incui esiste la possibilità (chance) che si verifichi un orien¬tamento convergente in vista di quelle massime che costi¬tuiscono i l modello posi t ivo posto dal l 'ordinamento.

È questo un altro punto di incontro tra percorso seman¬tico e percorso pratico. Si è detto dell 'uso estensivo cheWeber fa dei concetti dilatandone il senso fino a ricom¬ prendere significati genera lmen te considerati ant inomici ad

ta del saggio R. Stammlers "Uberwindung" der materialistischenGeschichtsauffassung (1907), cit.), cfr. K. Engisch, Max Weber ah

 Rechtsphilosoph und ah Rechtssoziologe, in Max Weber.Gedàchtnisschrift der Ludwig-M aximilians-Universitàt Munchen zur 100. Wiederkehr seiries Geburstages, 1964, (a cura di K. Engisch, B.Pfister, J. Winckelmann, Berlin, 1966, pp. 67-88.

4. /vi, I, p. 20 [11]: «Non ogni specie di contratto tra gli uomini

si definisce come agire sociale, ma solamente un atteggiamento orien¬tato in maniera dotata di senso in vista dell'atteggiamento di altriindividui». In tal senso non si considera agire sociale, l'agire unifor¬me di più individui, né un agire qualsiasi influenzato dall'atteggiamentodi altri; «quando in una strada cominciando a cadere la pioggia, uncerto numero di persone apre contemporaneamente l'ombrello, l'agiredi ognuno non è (normalmente) orientato in vista dell'agire di altri,ma l'agire di tutti risulta omogeneo per il bisogno di protezione con¬tro il pericolo di bagnarsi».

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esso. È il caso, ad esempio, dell 'osservanza delle regole.Dove osservanza, lo vedremo subito, non coincide solo conesecuzione, rispetto, obbedienza, adempimento di una re¬gola, ma anche con trasgressione, elusione, infrazione di

un a regola . Di nu ov o un o scivo lam ent o seman tic o, di nuo¬vo un apparente giuocare coi significati, di nuovo inveceun percorso semantico che risponde ad un intento pratico:l'assunzione di un concetto di validità non solamente for¬male. Dice Weber: «Si può orientare il proprio agire in ba¬se alla validità di un ordinamento non soltanto mediantel'"osservanza" del suo senso (quale inteso in media). Anchenel caso di una "elusione" o di una "infrazione" di tale

senso (inteso in media), può tuttavia operare la chance del¬la sua validità in qualsiasi ambito (come norma vincolan¬te) [...]. Il ladro orienta il proprio agire in base alla vali¬dità della legge penale e perciò cerca di nasconderlo [... ]

 perfino il singolo indiv iduo può orientare il suo agire in base a ordinamenti tra loro contraddit tori , e non solo intempi successivi come avviene quotidianamente, ma anchenella stessa azione». (È l'esempio del duello in cui — di¬ce Web er — comp resen ti c on fi gg on o il codi ce di on oreed il codice penale) 5 .

L'esistenza di questa possibilità-probabilità per gli indi¬vidui, di assumere e di mantenere determinati atteggiamen¬ti nell 'ambito dell 'ordinamento, fa sì che sorga per esso lanecessità di affermare la propria validità anche là dovequesta non trovi più riscontro di senso da parte degli indi¬

vidui. È così che ogni ordinamento si garantisce sia dal¬l 'interno tramite i l consenso, sia dall 'esterno tramite lacoercizione. Il dirit to sociologicamente inteso privilegiaquesto secondo punto, ovvero il momento coercitivo (pos-

5. Economia e società, I, cit., p. 29 [16], p. 30 [17] e pp. 316-317[185-186].

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i sibil ità di co er ci zi on e fisica e ps ic hi ca ), fermi re st an do siail carattere puramente convenzionale di tale preminenza esia la possibilità che secondo altri punti di vista si possa¬no privilegiare altri momenti 6 . Nel diritto internazionale,ad esempio, non esiste possibilità di una coercizione sicu¬

ra in questo senso, pur non negandosi trattarsi di un diritto.' An al og he considerazio ni si pre sen tan o nel tentativ o di

< defin ire il fe no me no del po te re , se vi en e ass un to in un am¬ bito concet tua le troppo ampio (potenza) , ossia come gene¬rica possibilità di far valere la propria volontà entro unarelazione sociale, anche di fronte ad opposizione (quale

; ch e sia la ba se di ques ta po ss ib il it à) 7 . Proprio in ragione j di questa general izzaz ione , il potere si configura come m o -| me nt o essenz iale del l 'a gir e socia le. Ma così divi ene un

concetto sociologicamente amorfo: perché può valere nelle situazioni più disparate, e perciò non si costituisce come categoria scientificamente utilizzabile. Ricorda, infat¬ti, Weber: «Il concetto di "potenza" è sociologicamenteamorfo. Tutte le possibili qualità di un uomo e tutte le pos¬sibili costellazioni possono metterlo in condizione di far 

valere la propria volontà in una data situazione. Il concet¬to sociologico di "potere" deve essere pertanto più preci¬, so, e pu ò des ign are solt anto la pos sibi lità di tro var e una

disposizione ad obbedire ad un certo comando»8 .

H

6. Ivi, I, pp. 31-33 [17-19].7. Ivi, I, p. 51 [28].8. Ivi, pp. 52 [28] 208; II, pp. 244-245 [542]. Intendere il potere

in senso ampio significa non definirlo perché può presentarsi in for¬me assai diverse. «Per esempio lo si può considerare — e ciò talvolta è accaduto — come la pretesa che il diritto attribuisce ad una per¬sona contro un altro o contro altri, come la capacità di impartire co¬mandi al debitore o a colui che non è legittimato; si può quindi con¬cepire l'intero cosmo del moderno diritto privato come una decen¬tralizzazione del potere nelle mani di coloro che sono "legittimati"

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 Né d 'al t ro canto ci si può at tendere che sia in ogni ca¬

so esaustiva del fenomeno la definizione sociologica di po¬

tere (in senso stretto) come possibilità di trovare persone

disposte ad obbedire ad un comando in maniera tale che

esse paiano aver assunto il contenuto del comando come

norma del proprio agire9 . In primo luogo perché ogni de¬

finizione (definire è sempre limitare) di per sé non è tale,

in base alla legge. Così il lavoratore avrebbe una capacità di comandoe quindi un "potere", nei confronti dell'imprenditore per quanto con¬cerne la sua pretesa al salario; così il funzionario nei confronti del

monarca per quanto concerne il suo stipendio, e via dicendo», da ciò,aggiunge Weber, «deriverebbe un concetto alquanto forzato dal pun¬to di vista terminologico e in ogni caso soltanto provvisorio», ibid.In tal senso mi sembra che Weber risponda alle accuse contro di luiformulate (cfr. G. Gurvitch, Sociologia del diritto, Milano, 1957, p.79) di riduzionismo della sociologìa giuridica a una mera tipologiadei sistemi giuridici con riferimento ai tipi ideali di società globali,e trascuratezza dei problemi della microsociologia e della tipologiadei gruppi particolari.

9. Economia e società, I, p. 207 [123]; e II, pp. 248-249 [544].«Per potere si deve intendere il fenomeno per cui una volontà mani¬festata (comando) del detentore o dei detentori del potere vuole in¬fluire sull'agire di altre persone (del dominato o dei dominati) ed in¬fluisce effettivamente in modo tale che il loro agire procede in ungrado socialmente rilevante come se i dominati avessero per loro stes¬so volere assunto il contenuto del comando per massima del loro agi¬re (obbedienza); e ciò indipendentemente dalla loro opinione sul va¬lore e non-valore del comando in quanto tale». La definizione è pe¬sante, ma inevitabile per il sociologo che non può fermarsi alla sola

risultante esterna: l'esecuzione di fatto del comando che assume for¬me via via diverse perché soggettivamente determinate (suggestione,

 penetrazione simpate tica , ab itudine, convincimento razionale, dove¬re, paura ecc. ). Sulla differenza tra una concezione della deci sionecome fattore costitutivo di ordine giuridico e una accezione di deci¬sione come pratica di fatto dell'azione giudiziaria nella tradizioneweberiana cfr. G.E. Rusconi, Scambio, minaccia, decisione, cit., in

 pan. cap. 4.

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in quanto si riferisce sempre ad un momento logicamentesuccessivo al fenomeno, quando questo s i manifesta el 'ambiente lo subisce e più nulla mostra della sua essenzaovvero del suo stato nascente. In secondo luogo, perché a

livello meramente descrittivo Weber non tende a perfezio¬nare definizioni; usa strumenti migliori, ricorrendo alla ti¬

 pologia, che non ha soltanto il fine di definire il fenome¬no del potere oggettivamente considerato (cosa esso sia),ma è comprensiva anche dell 'aspetto soggettivo di esso(chi sia al potere), riuscendo in tal modo a non dissociareil livello metodologico dal problema pratico e dunque sen¬za alcuna dissociazione tra schema analitico e contenuto

storico.Come nel dirit to sociologicamente inteso si privilegia

convenzionalmente il momento coercitivo, così per i l po¬tere l'oggetto di indagine è il potere costituito in virtù del¬l 'autorità (potere di comando, dovere di obbedienza), cheè alla base di ogni relazione sociale e più propriamente

 politica.Ciò non significa che il fenomeno del diritto si esaurisca

nella possibilità di coercizione, e il fenomeno del potere nel potere autoritario di comando; questi due aspetti, in quan¬to preminenti, vengono esaminati invece tanto specificamen¬te (tipologia del potere, analisi delle forme di diritto), quan¬to nella loro globalità (la potenza, il diritto naturale, il di¬ritto internazionale). La scelta di un aspetto particolare delfenomeno (potere autoritario di comando, diritto in sensostretto) nasce dall 'esigenza epistemologica di indagare al¬

meno sul come il fenomeno si manifesti, nel tentativo di ri¬salire alla sua dimensione originaria (indifferenziata).

Fatto e valore possono essere due momenti distinti; manon della ricerca scientifica. L'essere del potere e il dover essere del diritto costituiscono una dicotomia valida solose non si considerano i fenomeni del potere e del dirittonella loro globalità.

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La realtà giuridica infatti non si risolve unicamente nel¬la norma scritta, nel diritto meramente ripetitivo, ma è com¬

 prensiva di un ordine apparentemente non no rmat iv o , diuna realtà normativa creante. Ugualmente il potere non sirisolve nel potere autoritario di comando, nel potere chedi solito pretende il superadditum di un ordinamenton o r ma t iv o 1 0 , ovvero nel potere istituzionale, ma è com¬

 prensivo di quel le forze (fenomeno della po tenza) che si basano su una eterocefalia di interessi e che operano al¬l'interno del potere istituzionale, interferendo con esso osovvertendolo.

Sinteticamente si può dire che esistono due livelli: quel¬lo di una realtà normativa che si accompagna al potere isti¬tuzionalizzato, e quello della potenza (potere non istituzio¬nalizzato) e del diritto creante (ordine apparentemente nonnormat ivo) .

Definire diritto e potere nella loro globalità significa perciò r iconoscere che, al di là del potere istituzionalizza¬to e dell 'ordine normativo formalizzato, esistono il diritto

creante e i rapporti di potenza, e che il conflitto non èquindi solo tra sfere separate di valori (diritto e potere),ma anche all'interno di ognuna di esse (tra diritto forma¬lizzato anche nel suo momento esecutivo e diritto creantee tra potere e potenza).

 Nella misura in cui anche la potenza si configura in di¬ritto (partiti, sindacati, gruppi di pressione) e il dirittocreante in potere (come modificare le leggi, i modelli al¬

ternativi), la lotta che ne deriva è influenzata dalla funzio¬ne e dalla struttura diversa dei due momenti e si svolge allivello dei valori.

10. Così come non ogni «pretesa» (Anspruch) convenzionalmen¬te o giuridicamente assicurata deve essere definita come rapporto di

 potere, IVI, I, p. 208 [123].

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Sul piano della potenza e del diritto creante si ha a chefare non con i mezzi per realizzare certi valori (azione ra¬zionale rispetto al valore), ma con i valori stessi e con lascelta da compiere in ordine a questi (non considerati piùcome ta l i ) 1 1 .

La capacità di autoregolazione esiste allora solo a que¬sto livello superiore. Il funzionario perfetto, weberiana-mente inteso, oppure il magistrato, ne sono esenti: perchési esauriscono nella loro funzione, che una volta termina¬ta li vede alla lettera de-functi; funzione che presupponel'accettazione di determinati valori senza la possibilità digiudicarli (atteggiamento normativo), creando il parados¬so di una situazione ad un tempo perfetta e drammatica,

 perché contraddit tor ia: da un lato l 'assoluta efficienza, dal¬l 'altro l ' impossibili tà di un atteggiamento anche cognitivodi fronte non solo ai valori nuovi, ma alle realtà nuove.

2 . I n d i v i d u o , o r d i n a m e n t o , S t a t o

A tutta prima può apparir strano che Weber non facciamai riferimento particolarmente allo Stato, svolgendo lasua analisi sociologica, giuridica e polit ica; indagandoquindi sui fenomeni (diritto, potere) che per tradizione ven¬gono sempre trattati secondo il significato assunto nel¬l 'ambito statale.

11. Sul concetto di azione razionale rispetto al valore e sulla dif¬

ferenza tra questa e l'azione razionale rispetto allo scopo, cfr. ivi, I, pp. 21-23 [12-13], 152-153 [89]. Sul processo di definizione concet¬tuale di Zweckrationalitàt e Wertrationalitàt  a partire dalla prima formulazione che vede enunciata la dicotomia tra Zweckrationalitàt  e

 Richtigkeitrationalitàt, cfr., G.E. Rusconi, Razionalizzazione e burocratizzazione, in P. Rossi (a cura di), Max e Weber e Vanalisi delmondo moderno, Torino, 1981, pp. 192-193.

 L

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Weber priva lo Stato della sua tradizionale caratteristi

ca di concetto l imitativo, e comunque esclusivo del feno

meno del potere, dando una definizione di potere che non

necessariamente è in stretto riferimento con la nozione di

Stato (potere pubblico); ma include il più ampio e diffuso potere che si eserci ta nella sfera della cosiddet ta società

civile (potenza) e può quindi a giusto titolo definirsi po¬

tere sociale.

Pur non negando la fondamentale importanza del pote-

re pubblico (potere per eccellenza per quanto riguarda la

sua manifestazione), Weber sfugge alla trappola in cui, se¬

guendo la tradizione hobbesiana, molti sono caduti: la

«volgarizzazione del potere» (uso qui la terminologia par-sonsiana), ossia la sua esclusiva identificazione col pote¬

re più manifesto: quello pubblico 1 2 .

12. T. Parsons, Wertgebundenheit und Objektivitdt in denSozialwissenschaften. Eine Interpretation der Beitràge Max Wèbers,in Max Weber und die Soziologie heute, (a cura di O. Stammer),Tiibingen, 1975, trad. it. Relazione ai valori e oggettività nelle scien¬

 ze sociali, in Max Weber e la sociologia oggi (a cura di G.E. Rusconi),Milano , 1968. Sul concet to di Stato in Weber, cfr. P. Ross i, Lo sta¬to moderno e la sua razionalità, ora in P. Rossi, Max Weber. Razionalitàe razionalizzazione, Mila no, 1982, pp. 97-118, in part. pp. 107-108.Sul tema della razionalità dello stato in Weber cfr. N. Bobbio, MaxWeber e i classici, in Mondo operaio, XXX III, 1980, n. 7-8, pp. 79¬88; sul tema poi della definizione dello stato in Weber in rapportocon i temi ricorrenti del pensiero politico cfr. ancora N. Bobbio, Lateoria dello stato e del potere, in P. Rossi (a cura di), Max Weber e

l'analisi del mondo moderno, Torino, 1981, pp. 215-246; W. Schluchter,Entscheidung far den sozialen Rechtsstaat. Hermann Heller und diestaatstheoretische Diskussion in der Weimarer Republik, K51n, 1968,e naturalmente H. Kelsen, Der Staatsbegriff der «verstehendenSoziologie», in Zeitschriftfur Volkswirtschaft und Sozialpolitik, N. F.1, Bd., 19 21 , pp . 104-119 trad. it. dì A. Can in o, // concetto di Statonella «sociologia comprendente», in Sociologia del diritto, 3, 1987,

 pp. 33-48 e il commento alla traduzione dello stesso A. Canino,

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a «processi e connessioni dell 'agire specifico di singoli uo¬

mini, poi ché questi soltan to cos titu isc ono sost egno

intelligibile di un agire orientato in base al senso» 1 4 .

L'agire, quindi, è agire di singoli individui (in senso pre¬

valentemente metodologico), che si trasforma in agire socia¬le solo mediante il contatto con l'altro e con le sue possibili

reazioni, e come tale non si identifica con l'agire collettivo 1 5 .

no per un loro proprio diritto, e sostituendosi con la propria supre¬ma autorità». Sulla specificità dello stato come formazione politica

 propria dell'Occidente e sulla equivalenza espl icita tra stato raziona¬le e stato moderno si veda anche M. Weber, Wirtschaftsgeschichte.

 Abriss der universalen Sozial-und Wirtschaftsgeschichte, Tubingen,1923, in part. Der rationale Staat. — Recht und Beamtentum, pp.289-292; in proposito il saggio di P. Rossi, Lo stato moderno e lasua razionalità, in P. Rossi, Max Weber. Razionalità e razionalizza¬ zione, Milano, 1982, pp. 97-118.

14. Economia e società, eh., I, p. 12 [6]. Sulla credenza nella specifica "giuridicità" dell'agire del gruppo politico, II, p. 204 [516].Per una rivisitazione critica della teoria dell'agire sociale in Weber cfr. J. Habermas, Theorie des kommunikativen Handelns, Frankfurt,

1981, I, p. 385, trad. it. Teoria dell'agire comunicativo (a cura diG.E. Rusconi ), Bologna, 19 86 ,1 , p. 462 ed inoltre R. Bubner, Handlung,Sprache und Vernunft, Frankfurt, 1982, trad. it. Azione, linguaggio eragione, Bologna, 1985, pp . 11-18, per tutti G.E. Ruscon i, Scambio,minaccia e decisione, Bologna, 1984, in part. pp. 179 e ss. e 118¬128 e dello stesso, Introduzione all' edizione italiana, di J. Habermas,Teoria dell'agire comunicativo, cit. pp. 9-41.

15. Sul significato del termine collettivo: in una lettera a R. Liefmandel 9-3-1920 riportata da Mornmsen, Weber affermava: «se io sono

sociologo (e così dice la definizione della mia professione) è essen¬zialmente per dare fine alla attività illusoria che lavora con concetticollettivi. In altre parole anche la sociologia può essere esercitata par¬tendo dall'agire di uno dei suoi molti o pochi singoli individui, quindicome un metodo strettamente individualistico»; e ancora insistendosul concetto di Stato inteso dal punto di vista sociologico ricorda che«Lo Stato per la sociologia non è altro che la probabilità che abbia¬no luogo determinati tipi di agire specifico, di determinati uomini

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Lo Stato in quanto sistema (aperto) di relazioni di potere, non diversamente da ogni altra formazione di caratterecollettivo (società per azioni, fondazioni, ecc.) per Weber non è una personalità collettiva agente1 3 - ma va ricondotto

Weber e la sociologia del diritto nella critica di Kelsen, ivi, pp. 17¬32; per una analisi più approfondita del concetto di stato nell'operaweberiana cfr. M. Zaengle, Max Weber Staatstheorie im Kontext sei-nes Werkes, Berl in, 1988; per una critica ad una concezione"sostanzialistica" dello stato nel rapporto Weber-Kelsen cfr. R. Racinaro,Trasformazioni della razionalità e trasformazioni della forma-Statonegli anni 20, in Aa.Vv., Weber: razionalità e politica, Venezia, 1980.

13. Economia e società, cit., I, pp. 12-13 [6-7]: «Per la sociolo-già il fenomeno "stato" non consiste soltanto o propriamente di elementi giuridicamente rilevanti; e in ogni caso essa non riconosce nessuna personalità collettiva "agente". Quando essa parla di "stato" odi "nazione" o di "società per azioni" o di "famiglia" o di "corpod'esercito" o di simili "formazioni", vuole con ciò piuttosto indica¬re esclusivamente un determinato processo di un agire sociale effet¬tivo (Jbestimmt gearteten Ablauf) — o costruito come possibile; equindi attribuisce al concetto giuridico, che essa impiega per la sua

 precisione e familiarità, un senso completamente diverso». Cfr. anche Politile als Beruf  (1919), in Max Weber, Gesammelte politischeSchriften, Miinchen, 1921, pp. 396-450, trad. it. La politica come pro

 fessione, in // lavoro intellettuale come professione. Due saggi, Torino,1948, p. 48 [396]: «Che cos'è uno "stato"? [•••] Sociologicamentequesto può [... ] definirsi in ultima analisi secondo un mezzo speci¬fico che appartiene allo stato come ad ogni associazione politica: laforza fisica [...]. In passato, le associazioni più diverse [... ] hannousato la violenza fisica come un mezzo assolutamente normale.

Viceversa, oggi dovremmo dire: lo stato è quella comunità umana,che nei limiti di un determinato territorio [...] esige per sé (con successo) // monopolio della forza fisica legittima». E ancora, ivi, p. 55[402]: «lo stato moderno è un'associazione di dominio in forma diistituzione (anstaltsmàssiger Herrschaftsverband), la quale, nell'ambitodi un determinato territorio, ha conseguito il monopolio della violen¬za fisica legìttima come mezzo per l'esercizio della sovranità, e a ta¬le scopo ne ha concentrato i mezzi materiali nelle mani del suo ca¬

 po, espropriando quei funzionari dei «ceti» che prima ne disponeva¬

te

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Proprio dal carattere dell'agire sociale è possibile rica¬vare e chiarire il vero senso di quell 'esasperato individua¬lismo (in senso etico e politico, non immediatamente me¬todologico), o addirit tura di quel soggettivismo anarchico,che sembra caratterizzare l 'atteggiamento di Weber 3 6 .

I due momenti fondamentali dell 'agire sociale, è bene

ripeterlo, sono:

singoli. In caso contrario nulla ... Qui il "soggettivo" è: che l'agireè orientato verso determinate rappresentazioni. E T'oggettivo": chenoi — come osservatori — giudichiamo le probabilità che questo agi¬re orientato a queste rappresentazioni si realizzi. Se questa probabi¬lità non esiste più, non esiste più lo "Stato"», in M. Weber, Briefan

 Robert Liefman (9 marzo 1920), riportata da W. Mommsen, in Aa.Vv., Max Weber und die Soziologie heute, Tiibingen, 1965, p. 137, n. 12,trad. it. Max Weber e la sociologia oggi (a cura di G.E. Rusconi),Milano, 1967, p. 197, n. 19. In merito le osservazioni di AlessandroCavalli e la sua bella traduzione del brano della lettera a RobertLiefmann, che traduce «attività illusoria» con l'evocativo «giuoco dispettri», cfr. A. Cavalli, La funzione dei tipi ideali e il rapporto traconoscienza storica e sociologia, in P. Rossi (a cura di), Max Weber e l'analisi del mondo moderno, cit., p. 36.

16. In tal senso ad es. la lettura di Franco Cassano: «Non sor¬ prende quindi che, quando Weber si pone il problema di salvare qual¬

che residuo di libertà di movimento in qualche senso "individualistica",tale libertà la ritrovi nelle moderne cellule dell'anarchia, nelle figu¬re dei detentori del potere, di chi ancora conserva la presupposta li¬ bertà di fronte agli strumenti usandoli ai propri fini, qui l'imprenditoreo là il politico», in F. Cassano, Autocritica della sociologia contem¬

 poranea, Weber, Mills, Habermas, Bari, 1971, p. 69. Sull'individualismo politico e metodologico in Weber cfr. A.E. Galeotti, / tipi del pote¬re e le forme del sapere in Max Weber, in Quaderni della FondazioneGiangiacomo Feltrinelli, 13, 1980, pp. 15-29; e della stessaIndividuale

e collettivo. Lindividualismo metodologico nella teoria politica,Milano, 1988; sulla messa in questione dell' immagine stessa del sog¬getto dell'azione che gran parte della tradizione sociologica esplici¬tamente o implicitamente configura, cfr. L. Sciolla, Differenziazionesimbolica e identità, in Rassegna italiana di Sociologia, I, 1983, p.66.

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1. il mo me nt o ind ivi du ali sti co: l 'agir e è agire di singoli;2. il mo me nt o soc ial e: l 'agi re nece ssit a del rap po rto con

l 'altro.L'affermazione della complementarità dei due momen¬

ti appare significativa e di per sé sufficiente per dissol¬vere ogni dubbio sul fatto che seppure una forte colo¬

razione individualistica è presente in Weber, questa sfug¬ge al significato culturale che generalmente le viene at¬tr ibui to. L'agire è agire di s ingoli ( individual ismo), masolo perché ogni individuo è sempre libero di sceglierel 'orientamento di senso da dare al proprio agire, e nongià perché l 'agire individuale prescinda dal rapporto conl 'a l t ro .

Il rapporto individuo-realtà sociale è rapporto dialogi¬

co, «comprensivo», crit ico, se pur «avalutativo». Se esisteaccentuazione, o esasperazione di una dimensione indivi¬dualistica, questa è senza dubbio accentuazione di questadimensione critica, comprensiva, libera nelle scelte, e so¬lo come tale individualistica.

 Nella sua espressione pratica, tale r ivalu tazione della di¬mensione individualistica è infatti riferita a due momenticoncreti del processo storico dai quali trae la sua ragion

d 'essere :1. la razionalizzazione;2. la sal vaz ion e.

 Nella v is ione totalizzante di un p rocesso irreversibi le dirazionalizzazione crescente (irrazionale del resto), Weber teme la scomparsa dell ' individuo nel meccanismo burocra¬tico, e della persona nel regime di massa. Da ciò ancorauna separazione non solo semantica tra sociale e colletti¬

vo: per rimanere tale nel suo vero significato, l'agire de¬ve essere sociale e mai collettivo. E l'individuo deve es¬sere rivalutato, perché da lui solo (capo carismatico) deri¬verà la salvezza.

È forse qu es to un limite eli tis tic o di Webe r: se la sal-

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vezza verrà, verrà dai vertici 1 7 e mai dalle masse; ciò no¬nostante l'individuo è sempre vissuto da Weber nella riaf¬fermazione della realtà mondana, contro ogni forma di tra¬scendenza: come uomo, non come superuomo. In tal sen¬

so ad esempio «la Fùhrerdemokratie che Weber ha in men¬te non è sinonimo di democrazia autoritaria, antiliberalema di democrazia "guidata" da un grande politico che go¬de del reale consenso popolare, un capo insomma che reg¬ge la politica attraverso ed oltre il mercato parlamentare,ma nel quadro di uno stato di diritto liberal-democratico»1 8 .

3. Legal i tà e l eg i t t imi tà

Queste considerazioni sull ' individuo possono meglio es¬sere comprese mediante alcune riflessioni sul tema dellalegittimità. È attraverso quest'ultima infatti che emerge inWeber una reazione contro un eccessivo appiattimento ope¬rato dal prevalere della legalità.

17. «Il consolidarsi di una "democrazia senza capi" è considera¬to da Weber come un processo di appiattimento nell'ordine burocra¬tico istituzionale, che minaccia di soffocare, con il suo rigido siste¬ma di determinazioni la vita stessa ... In questa prospettiva l'uomo

 politico per vocazione assume le dimensioni di eroe nichilista "il pos¬sibile non verrebbe raggiunto se nel mondo non si tentasse semprel'impossibile". Ma colui il quale può accingersi a questa impresa de¬ve essere un capo, non solo ma anche un eroe», cfr. F. Crespi, Le viedella sociologia, Bologna, 1985, pp. 232-233.

18. Sulle ambivalenze e sui rimandi nel testo weberiano tra il con¬cetto di carisma e quello di cesarismo politico G.E. Rusconi, Scambio,minaccia e decisione, Bologna, 1984, p. 120 e ss. e 119; ancora L.Cavalli, Il capo carismatico. Per una sociologia weberiana dellaleadership, Bologna, 1981, dello stesso, per un uso delle categorieweberiane ai fini di una analisi delle possibili applicazioni della teoriadel carisma cfr. Carisma e tirannide nel secolo XX. Il caso Hitler,Bologna, 1982.

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La tradizionale idea che un potere sia legittimo quandoè ritenuto tale in una misura rilevante, e che da ciò deri¬vi una corrispondente azione pratica, appare oggi aver per¬so la sua autonomia concettuale, soppiantata da un'idea dilegalità che con la legittimità finisce per identificarsi.

Il concetto di legittimità, proprio perché fondato sullacapacità di ottenere obbedienza non più solo grazie allaforza ma soprattutto all 'adesione, sembra ormai trovare ilsuo unico spazio in un discorso storico e sociologico, va¬lido se riferentesi al passato ma privo di aperture nel pre¬sente, dove è privilegiato il momento legalitario.

Le ragioni di questa lenta ma inevitabile obsolescenza so¬no da ricercarsi nella diversa struttura dell'era moderna, te¬stimone di cambiamenti concorrenti tali da trasfigurare lestrutture tradizionali, sia dal punto di vista funzionale (finedel potere personale, affermarsi della democrazia), come daquello etico (mutamento del rapporto ai valori, affievolirsidel diritto naturale, avvento di una nuova ragione ispirante-si ad una sorta di realismo pragmatico ed infine rinascita diun discorso sull'etica non più legato alla sua legittimazione).

Eppure le ragioni della legittimità e della sua autono¬mia non sono del tutto tramontate.È infatti necessario un esame più attento di due momen¬

ti fondamentali che sono le chiavi di volta per intravvede-re tutta la problematica emergente dal discorso weberiano.Questa, al di là delle impasses metodologiche cui non èfacile né lecito sottrarsi, apre nuovi spazi interpretativi.Due fatti emergono con evidenza:

1. la legit timi tà, in qu an to pr es up po ne uni for mit à di ide¬e, in una società che accampa diritti di pluralismoideologico non trova più spazio né autonomia concet¬tuale;

2. la co mp ar sa di una nu ov a ra gi on e, e il co ns eg ue nt e ab¬ bandono del giudizio metafis icamente fondato, apreesclusivamente al giudizio oggettivamente fondato.

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Se non trova spazio per una sua specificità concettuale — propr io perché esiste un p lu ra l i smo ideologico — la legittimità assurge a nuova e forse più vera autonomia dalmomento che la fede in essa riposta (appunto perché risul¬

tato di una libera scelta tra modelli alternativi), non si chiu¬de solo nella mera legalità ma si identifica di volta in vol¬ta con il modello cui si riferisce.

In secondo luogo l 'alternativa radicale, in una societàrazionalmente organizzata , t ra giudizio metafis icamentefondato e giudizio oggettivamente fondato non mi pare poitale così come non era radicale (e proprio Weber lo ha di¬mostrato) la dicotomia tra fatto e valore. Come il rifiutodel giudizio di valore (avalutatività) non era rifiuto del va¬lore (in quanto non «liberazione» dal valore ma «libertà»dal valore), così pure il rifiuto del giudizio metafisicamen¬te fondato non è certo liberazione dalla metafisica (Weber 

 per p r imo non se ne è l iberato), ma d iverso approccio conessa.

Ma andiamo per ordine.È indubbio che dal discorso weberiano emergono dei

fattori che affermano l'identificazione tra legalità e legit¬timità, ma è anche vero che tale identificazione non deveessere assolutizzata. «La forma oggi più corrente di legit¬timità è la credenza nella legalità» 1 9 . Con queste paroleWeber definisce il primo tipo di potere legittimo, ovveroil potere legale, fondato sulla fede nella legalità dei rego¬lamenti e nella legittimità dei capi designati in modo con¬forme a l l 'o rd inamento .

Il rapporto comando-obbedienza ha quindi in sé dei ca¬ratteri propri che rappresentano di volta in volta la risul¬tante, o meglio la concretizzazione di questo tipo puro di

 potere leg it t imo (in quanto tale inesistente nella realtà sto-

19. Economia e società, cit., I, p. 35 [19].

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rica); così, ad esempio, «la forma più tipica del potere legale è la burocrazia».

Questi fattori peculiari del potere legale rappresentanoil risultato di un avanzato processo di razionalizzazione del

 pensiero relativo a l l 'o rd inamento giuridico, o t tenuto essen¬zialmente ad opera di rapporti coercitivi2 0 . Processo cheora va qui ricordato.

 Nella razional izzazione della realtà g iuridica si indivi¬duano quattro tipi ideali di diritto; dalla creazione carisma¬tica del diritto ad opera dei profeti giuridici (diritto irra¬zionale e materiale), alla creazione e produzione empiricadel diritto ad opera dei notabili giuridici (diritto irraziona¬

le e formale), all'imposizione del diritto da parte di un im- perium secolare (diritto razionale e materiale), ed infine

alla statuizione sistematica del diritto (diritto razionale efo rmale ) 2 1 .

20. Ivi, II, p. 260 [552].2 1 . Ivi, II, p. 187 [504]; «Lo sviluppo generale del diritto e del

 processo — determinato nei suoi "stadi di sviluppo" teorici — recadalla creazione carismatica del diritto ad opera diprofeti giuridici alla creazione e alla produzione empirica del diritto ad opera di notabili giuridici (produzione giuridica mediante giurisprudenza cautela¬re e precedenti), per poi condurre all'imposizione del diritto da par¬te di un imperium secolare e di poteri teocratici, ed infine alla sta¬tuizione sistematica del diritto e alT"amministrazione della giustizia"specializzata ad opera di giuristi di professione che ricevono unafor¬mazione letteraria e logico-formale. Le qualità formali del diritto si

sviluppano così da una combinazione di formalismo magicamentecondizionato e di irrazionalità condizionata da rivelazioni nel proces¬so primitivo, passando eventualmente per una fase di razionalità ri¬spetto allo scopo di carattere materiale, e quindi non formale, condi¬zionata da motivi teocratici o patrimoniali, per arrivare ad una razio¬nalità e ad una sistematica giuridica sempre più specializzata, cioè dicarattere logico, e pertanto — da un punto di vista puramente este¬riore — a un grado sempre maggiore di sublimazione logica e di ri¬gore dialettico del diritto, oltre che ad una tecnica del processo sem-

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Pr im a di ciò esiste la «l eg ge nd a» , co me Web er la chia¬ma, che dava crisma di legittimità ad una diseguaglianzasociale accettata dagli individui (al pari della diseguaglian¬za naturale — il bello e il brutto) come frutto di un pro¬

cesso di predestinazione che premia alcuni (gli eletti) e pu¬nisce altri. Chi occupa posizioni di privilegio tende a con¬siderarle meritate: nello stesso modo i «privilegiati negativamente» considerano il loro «status» come causato daqualche colpa. È il dogma della predestinazione: l 'uomocondannato al mondo cerca pace nel lavoro e nella ricchez-

2 2

za che esprime il segno della benevolenza del destino2 2 .Con la progressiva razionalizzazione del pensiero giuri¬

dico si evidenzia sempre più l'insufficienza dei motivi pu¬ramente affettivi e «razionali rispetto al valore» ai fini del¬la permanenza e sussistenza del potere.

Il concetto di legittimità comincia a fondarsi perciò suquei presupposti di autogiustificazione del potere che so¬no divenuti ormai necessari per  l'effettiva imposizione diquesto, ai fini dell 'accettazione (trasformazione della di¬sciplina in adesione) come della partecipazione ad esso. Aseconda del tipo di legittimità preteso, si ottiene un deter-

 pre più razionale». (Solo la parola imperium è in corsivo nel testo;le altre parole sono state da me rese in corsivo, essendo nel testo spa¬ziate). Su questi temi, W. Schluchter, Die Entwicklung des okziden-talen Rationalismus, Tùbingen, 1979, trad. ìt. Lo sviluppo del razionalismo occidentale: un'analisi della storia sociale di Max Weber,Bo lo gn a, 1987, p. 182. In pr op os it o R. Mù nc h, Max Webers

"Gesellschaftsgeschichte" als Entwicklungslogic der gesellschaftli-cher Rationalisierung. Recensione a W. Schluchter: Die Entwiklungdes okzidcntalen Rationalismus, in Kolner Zeitschrift fiir Soziologieund Sozialpsychologit, 12, 1980, pp. 774-886 e dello stesso Schluchter 

 Die Paradoxie der Rationalisierung. Zum Verhàltnis von "Ethik" und "Welt" bei Max Weber, in W. Sc hlu ch ter , Rationalismus der Weltbeherrschung, Frankfurt, 1980, pp. 9-40.

22. Ivi, I, p. 564 [346].

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minato tipo di obbedienza; la tipica pretesa di legittimitàdiviene quindi elemento discriminatore dei vari tipi di po-t e r e 2 3 .

Là dove non necessita più di un fondamento esterno (va¬

lore trascendentale) per legittimarsi, ma si autogiustificatrovando in sé i motivi razionali di legittimazione, il po¬tere diviene legale. La legalità è quindi essa stessa formadi legittimazione, e pare identificarsi con la legittimità.

Dal grande mosaico della riflessione teorica weberianaemerge l 'identificazione dei due momenti: di quello lega¬le e di quello legittimo. Ma qualche tessera del mosaicosembra fuori posto. Quella identificazione, in effetti, non

è nettissima. E ciò per via delle contraddizioni nelle qua¬li, proprio a causa della forma assunta, la legalità viene atrovarsi. In breve: in quanto mezzo di legittimazione, lalegalità diventa essa stessa valore; e come tale, necessitaa sua volta di una legittimazione, ovvero di una fede.

Il momento fideistico, troppo spesso trascurato, è in real¬tà il tessuto connettivo sul quale è saldamente incardinatatutta l'opera di Weber. Né ciò deve apparire estraneo in un

autore che ha segnato la crisi e la fine della fede nel va¬lore metafisicamente fondato.

La prassi politica, così come la fede nell'azione intra-mondana, possono rappresentare momenti contenutistica¬mente lontani dall 'etica tradizionale (troppo spesso confu¬sa con la moralità); tuttavia in Weber rimangono elemen¬ti fortemente connotati dal punto di vista etico2 4 .

23. Ivi, I, p. 209 {123].24. Cfr. G. Poggi , Calvinismo e spirito del capitalismo. Contesti

della "tesi di Weber", Bologna, 1984; M. Merleau Ponty, Le avven¬ture della dialettica, Milano , 1965, p. 134 ss. L'autore vede in Weber il momento della crisi della «Politique de l'entendement», cioè di una

 pol it ica fatta sol tanto di decisioni singole in rapporto a singole situa¬zioni, e l'affermazione invece di un nuovo tipo di approccio ispira-

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 No n è ques ta la sede per affrontare il p rob lema del¬l'eticità così come viene posto da Weber. Certo è che lanostra configurazione di una duplice natura dell 'etica, chesi esprime da un lato in un'etica posta in aperta e irridu¬

cibile antitesi con la polit ica (etica dell ' intenzione)2 5

e dal¬l'altro in un'etica aperta ad una possibilità di conciliazio¬ne con la politica ma carente di una base per giustificar¬ne moralmente l 'azione (etica della responsabilità) non siriduce all 'affermazione: l 'etica può assumere due aspetti ,

to a impostazioni problematiche cioè a posizioni di valore. In tal sen¬

so Weber sogna l'abbandono della pretesa assolutistica del liberali¬smo tradizionale, e il riconoscimento da parte sua di posizioni ad es¬sa contrapposte, e quindi rappresenta la possibilità di un liberalismoaperto alla discussione con ideologie non liberali.

25. «Non esiste una traduzione soddisfacente del termineGesinnungsethik. L'espressione che lo traduce "etica della convinzio¬ne" significa impegno assoluto, coscienza, buoni propositi, fini ulti¬mi. Esso appare per la prima volta, soprattutto come aggettivo, ne¬gli studi di Weber sulle etiche economiche delle religioni mondiali enei capitoli sulla religione di Economia e società. Come il terminecarisma, esso ha un'origine religiosa e si riferisce alla condotta fonda¬ta sulla purezza della fede piuttosto che sull'obbedienza alle ingiun¬zioni della legge religiosa (etica della legge). Nella sfera politica, duetipi sociali rappresentano l'etica dell'impegno assoluto, il rivoluzio¬nario e il pacifista. In contrasto con l'etica della convinzione,l'espressione etica della responsabilità fu coniata soltanto ne La po¬litica come professione, ma l'idea che la sottende era già presentenei primi scritti politici di Weber». Così G. Roth, La nostra respon¬sabilità di fronte alla storia: le due etiche di Max Weber e il movi¬

mento pacifista, in Rassegna italiana di sociologia, 3, 1983, pp. 139¬140. Riguardo alla traduzione italiana dei due termini Gesinnungsethik e Verantwortungsethik  verrà sempre usata quella adottata nella tradu¬zione di Economia e società curata da Pietro Rossi che traduce ri¬spettivamente etica dell'intenzione ed etica della responsabilità.-Taledizione verrà mantenuta anche riportando i passi dell'edizione italia¬na di Politik als Beruf  che traduce la Gesinnungsethik  con etica del¬la convinzione.

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e due soli (tipizzazioni ideali e astratte), ma comporta unastruttura pluralistica di modelli etici concorrenti e coesi¬stenti.

L'etica può essere sia freno che stimolo per l'azione po¬litica — «non esiste azione politica se non c'è una fede»2 6

 — e come tale assumere contenuti different i senza perde¬re autonomia concettuale; se dei legami vengono spezza¬ti, sono quelli con la tradizione, non con YEthos.

L'identificazione tra legittimità e legalità assume lo stes¬so valore riduzionistico che si otterrebbe identificandol 'Etica con l 'etica, ad esempio, dell ' intenzione; valore ri-duzionistico, in quanto l 'universalità di un concetto ver¬rebbe a coincidere con la particolarità di una delle sue com¬

 ponenti .Solo in una società resa omogenea da una struttura fonda¬

ta su una fortissima coscienza corporativa (il che apparedifficile ottenere nella comunità statale) oppure da un pro¬cesso di condizionamento totale preordinato all 'accettazionedi una totale omo log azi one , solo co mu nq ue nell ' ip otes i diun processo stocastico convergente verso un unico model¬

lo assunto come valore, solo allora la vera identificazio¬ne dei due concetti è pensabile; ma non certo auspicabi¬le: «è possibile pensare che il mondo potrebbe un giornoessere pieno di niente altro che di piccoli denti di ingra¬naggio, di piccoli uomini aggrappati a piccole preoccupa¬zioni che ne mettono in moto altre più grandi». È lo sce¬nario della macchina inanimata o dello «spirito rappreso»(geronnerer Geist). «Spirito rappreso è anche quella mac¬

china vivente, che è rappresentata dall 'organizzazione bu¬rocratica con la sua specializzazione del lavoro professio¬nale tecnicamente istruito, con la sua determinazione del¬le competenze con il suo regolamento e i suoi rapporti di

26. La politica come professione, cit., p. 104 [437-438].

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ubbidienza gerarchicamente graduati». E ancora: «In unio¬ne con la macchina inanimata», la razionalizzazione «conil suo lavoro intesse il guscio di quella subordinazione avenire, alla quale un giorno forse gli uomini come i fel¬

lah dello Stato egiziano saranno costretti ad uniformarsiimpotenti , se un 'amministrazione e provvidenza di impie¬gati, buone sotto l 'aspetto puramente tecnico, vale a direun 'amministrazione razionale, è per loro l'estremo unicovalore che debba decidere sul modo di governare i fatti

27

l o r o » 2 7 .L'identificazione dei due concetti, di Etica e di etica

del l ' intenzione, appare anche poco real izzabile dal mo¬mento che ogni acquiescenza verso un potere non scatu¬risce tanto da un reale convincimento, quanto da tuttauna sfera di motivazioni soggettive (che solo in quantotal i sono socio log icam ent e i r r i leva nt i ) . Scr ive Weber :«Siamo ben lungi dal dover sostenere che ogni genere diarrendevolezza verso un potere scaturisca da una suppo¬sta fede». Ma tutto ciò non esclude la necessità di unafede quale che essa sia ai fini del mantenimento di qual¬sivoglia potere. «È risaputo», afferma Weber, «che nes¬sun potere si basa su motivi solo materiali, o solo ogget¬tivi, o solo ideologici. Ogni potere cerca soprattutto di

27. Parlament undRegierung im neugeordneten Deutschland: tur  politischen Kritik des Beamtentums und Parteiwesens (Estate 1917)in Gesammelte Politische Schriften, Miinchen 1921, p. 151, trad. it.Parlamento e governo nel nuovo ordinamento della Germania, Bari,

1919, pp. 37-38. Le pagine che seguono si riferiscono alla prima edi¬zione sia tedesca che italiana. A proposito di quest'ultima è da ricor¬dare come si tratti della traduzione prontamente voluta da BenedettoCroce (l'edizione tedesca è del '18 quella italiana del '19). In meri¬to cfr. la prefazione al volume del curatore e traduttore E. Ruta, id.,

 pp. V-XIX. Sul rapporto Weber-Croce cfr. P. Rossi, Max Weber and  Benedetto Croce, in Aa.Vv., Max Weber andhis Contemporariescit., pp. 443-467.

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r isvegliare e di tenere viva la fede nel la proprial e g i t t imi t à » 2 8 . E ancora, l 'esistenza di un unico modelloe quindi l'assenza di un vero momento fideistico (se nonc'è scelta non c'è vera fede ma condizionamento o abi¬

tudine o imposizione) , rovescerebbe l 'assioma weberia-no «se il calvinista volle essere un professionista noi dob¬ biamo e s s e r l o » 2 9 .

Sul significato di questa frase è bene soffermarsi. SeWeber con essa dà ampio riconoscimento al fatto che il

 problema della teodicea si presenta oggi sotto nuova luce(il calvinista volle, noi dobbiamo), ciò significa anche chedove la fede sembra aver perso ogni spazio, proprio là de¬ve essere riaffermata.

Ciò che interessa infatti non è la natura, o meglio il ti¬ po di manifestazione esterna del fenomeno (fede extra¬mondana di tipo tradizionale o fede intramondana), quan-

28. Viene qui volutamente riportato un passo di Weber sul valoredella legittimità nella sua prima traduzione italiana del 1934 (cfr. M.

Weber, Carismatica e tipi di potere, (a cura di R. Michels), Torino,1934). Tale versione traduce wertrationalen, razionali rispetto al valore, con ideologici; la ragione di tale citazione non risiede natural¬mente in un puntiglioso vezzo lessicale quanto nella nota a pie di pa¬gina che Michels, in un testo peraltro avaro dì sue note, appone in¬vece a questo passo. Dice R. Michels commentando il testo succita¬to: «Da questa tendenza nasce il tentativo dei popoli di riconnettercil loro passato con la mitologia e di far apparire i loro dirigenti co¬me figli di dei o semidei». Cfr. Roberto Michels, Prolegomena sul

 patriottismo, Firenze, 1933, cap. I, 1: Il mito del donde [le origini],in R. Michels (a cura di), Politica ed economia, Torino, 1934, p. 198.

29. Die Protestantische Ethik und der Geist des Kapitalismus,(1904-1905), in Archiv fiir Sozialwissenschafì und Sozialpolitik, 1905;trad. it., L'etica protestante e lo spirito del capitalismo, (a cura di E.Sestan), Roma, 1945, precedentemente (1932-1933), è Ugo Spiritoche pubblica a "puntate" nei suoi Nuovi Studi, L'etica protestante elo spirito del capitalismo, cfr. Nuovi Studi di diritto, economia e politica, VI, 1933, pp. 110-122 e 234-241; VII, 1934, pp. 382-396.

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to che il fenomeno stesso sopravviva3 0 ; non a caso, affron¬tando la sociologia della religione, Weber sviluppa come

 p r imo approccio il concet to di divino e non l ' idea di Dio ,dal momento che è sua ferma convinzione che «la quali¬

ficazione etica della divinità» non è affatto appannaggiode l monote i smo 3 1 .

È questo un tentativo di secolarizzazione della religio¬ne, che colora di santità (laica) ogni azione dell 'uomo edin tal senso e solo in tal senso non si discosta da un sen¬so di religiosità autenticamente inteso. Professione allora;da intendersi però non come mestiere ma come professio¬ne di fede, perché non di semplice secolarizzazione o lai¬

cizzazione di un concetto si tratta. Ogni individuo, miglio¬rando il proprio essere nell 'att ività professionale, dimostrala qualità della propria fede che solo così, incardinata alrea le, p uò ess ere salvata. Sia mo in ve ce e di nuo vo di fron¬te ad un percorso semantico all 'interno del quale Weber 

 — c o m e g ià si è v i s t o per il p r o c e s s o — m o d u l al'ambivalenza di un termine al fine di restituire ad esso ilsuo spessore o — come Weber stesso più di una volta ri

cor da — il suo «co lor ito » (Fdrbung). Sono le venti den¬sissime pagine del l 'Erica protestante tutte dedicate ad unitinerario filologico della parola Beruf, dove, ancora unavolta, il percorso semantico diviene percorso logico-inter¬

 pretat ivo .L'univocità semantica che in un primo momento appa¬

re segnare la parola Beruf (come peraltro l 'analogo ingle¬se di calling) riecheggiando un concetto religioso — quel¬

lo di un compito imposto da Dio — non è poi tale, ad

30. Caso emblematico in tal senso è quello del Protestantesimonel quale «L'importante è di conservare nel mondo e contro di essoil bene di salvezza della fede e non la trasformazione etica raziona¬le del mondo stesso», in Economia e società, cit., I, p. 561 [343J.

31. Ivi, I, 411, [245], 436 [262].

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esempio, presso i popoli protestanti. In Lutero il Beruf tra¬duce ad un tempo sia la klesis paulina che la parola ergone ponos, sia dunque l'appello di Dio alla salute eterna, equindi un concetto privo di ogni significato laico, dunque

solo ascetico, sia un concetto intra-mondano

3 2

.

4. L'al ter nat iva tra leg al i tà e leg i tt imi tà

Ciò che fin qui con vari argomenti si è cercato di evi¬denziare è il carattere non assoluto delle dicotomie webe-riane ed il carattere polisemico dei suoi concetti. Non di¬

versamente il rapporto tra legalità e legittimità non sop¬ porta una configurazione statica, una possibile reductio ad unum d'un appiattimento dell 'un termine sull 'altro (lega¬lità come una delle forme della legittimità). Anche se, a

 ben vedere, il discorso web er iano , nel cogliere la differen¬za reale dei due concetti, pensa tale differenza in relazio¬ne ad un unico modello, quello del potere legale.

Una reale alternativa tra legalità e legittimità deve pre¬

supporre anche la possibilità di una alternativa di poteri:tale da far sì che un potere legittimo possa trovare affer¬mazione pur non essendo legale.

Questo tipo di problema presuppone però chiaramenteuna diversa struttura dei poteri, e precisamente l 'esistenzadi un sistema in cui esista la possibilità di un pluralismodi modelli. Nella misura in cui l'individualità può affer¬marsi come potere reale alternativo, i l pluralismo diviene

non solo garanzia di una effettiva distinzione tra legalitàe legittimità, ma anche il fondamento di una reale salvez¬za del l ' individuo in quanto condizione di l ibertà del¬l 'individualità da un determinato ingranaggio sociale.

32. L'Etica protestante e lo spirito del capitalismo, pp. 69-92 [63¬83] e in par ticolare p. 70, n. 1 [64 n. 1] e pp. 71-72, n. 1 [66 n. 1[.

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Da questo punto di vista, tuttavia, anche in Weber nonsembra sussistere la possibilità (non certo l 'esigenza) diun pluralismo del mondo moderno, e di una autonomia sto¬ricamente significante della legittimità.

Ciò assume importanza se s i considera che la contrap¬

 p o s i z io n e p o ss ib i l e - r ea l e non si l imi ta al ca mp o priva¬t is t ico : l ' ind iv iduo con le sue poss ib i l i tà (chances dio r i e n t a me n to di senso della sua azione, momento fidei¬stico, scelta dei valori, ecc.) di fronte al sociale che levuole negare ( imposizione di un unico modello eff icien-t is t ico — legal i tà , e t ica, — scienza come rel igione) .Questa contrapposizione si accentua e si evidenzia, a l i¬velli sempre più macroscopici, via via che si procede

nella general izzazione e quantif icazione del nucleo indi¬v idua le .

L' intento weberiano di salvazione del l ' individuo non sispecifica né si riduce al concetto di salvazione dell'individuocome singolo rispetto alla massa; consiste piuttosto neltentativo di recupero di ogni individualità, là dove questasi definisce come tale, ovvero quale fonte autonoma dimodel l i .

Il processo secondo cui l 'individuo (inteso come singo¬lo) si contrappone al sociale in nome di un suo modelloetico, non si differenzia allora dall'individualità della cit¬tà (potere locale), che si contrappone in nome di un suomodello politico al potere centrale; né si differenzia dalloStato, che, in nome di una sua fede (pathos del prestigio)si contrappone agli altri Stati (tensione interstatuale tra cul¬tura e potenza).

La salvazione dell ' individuo, o meglio dell ' individualità,deve quindi venire accolta in quanto salvazione della pos¬sibile dinamica di modelli alternativi e, dunque, della pos¬sibilità di esistenza della libertà.

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5 . P l ur a l i smo e S ta to ra z i o na l men te or ga ni zz at o : la

città

Il fatto che la contrapposizione unità-pluralità non si ri¬duca alla sfera privatistica (cittadino-Stato) né alle sole strut¬

ture interstatuali (potere locale — potere centrale), ma si al¬larghi ai rapporti interstatuali, richiede un discorso più ampio.

Tale discorso, nel testo weberiano, può trovare completezzasolo se riferito alla città, in quanto, come è noto, il famoso ca¬

 pitolo di Economia e società dedicato al diritto internazionale3 3

è rimasto inc omp iut o3 3 ; e da esso è possibile derivare solo qual¬che supposizione e qualche osservazione generale, come, ad

esempio, che in Weber il problema interstatuale superava digran lunga il concetto hegeliano di mutuo riconoscimento.

La trattazione del problema della città appare interessante per due ordini di considerazioni derivanti dalla completezzacon cui essa viene approfondita.

In primo luogo perché a livello strettamente metodologicoil modello della città dell'Occidente, rappresenta un più chevalido mezzo euristico di verifica di un certo tipo di tensioni

(tra individualità e totalità) all'interno come tra le strutture del¬lo Stato.

In secondo luogo perché la città rappresenta l'espressionedel potere non-legittimo34; e come tale diviene la dimensione

33. Economia e società, cit., II, pp. 201-242 [514-540].34. Economia e società, cit., II, p. 541 [735] ss. Mi riferisco alla sez.

VII della Sociologia del potere, intitolata II potere non legittimo (Tipologia

delle città). Tale sezione, con il titolo Die Stadt, fu pubblicata per la pri¬ma volta mllArchiv fiir Sozialwissenschaft und Sozialpolitik, XLVII,1920-1921, pp. 621-772. La prima traduzione italiana a cura e con intro¬duzione di Enzo Paci , è del 1950 ora ristampata, cfr. M. Weber, La città, Milano 1950. Esiste poi una traduzione inglese, cui si rimanda per la

 bibliografia delle fonti weberiane, M. Weber, The City (a cura di DonMartindale e Gertrud Neuwir th) , Toronto, 1958, pp. 233-232.

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spaziale della libertà di affermazione di modelli alternativi,concorrenti, od opposti all'ordine normativo istituzionalizzato.

La funzione della città occidentale durante il suo svi¬luppo si caratterizza per il fatto che contrariamente a quan¬

to accadeva nelle cit tà asiatiche dove l 'amministrazioneautonoma era sconosciuta3 5 , si assiste ad un progressivo p rocesso di affrancamento del po tere locale (città) rispet¬to al potere centrale, che dà luogo ad una tensione conti¬nua tra l'autonomia che la città rivendica in nome di unsuo modello e i l modello contrapposto del potere centrale.

È questo l'aspetto della città che qui interessa sottoli¬neare, ovvero la città come particolare status s o c i a l e 3 6 te¬

stimone della formazione di un ceto urbano con una strut¬tura ben distinta e con istituzioni sociali proprie. «La cit¬tà occidentale», afferma Weber, «era [... ] già nell'antichità,come anche in Russia, un luogo di ascesa dalla servitù al¬la libertà per mezzo del profit to economico monetario».

 Die Stadtluft machtfrei, diceva il vecchio adagio tedescoche ben sti gmat izza app un to la caratte ristic a pec uli are, indi¬viduata da Weber, delia città occidentale: «La cittadinan¬

za usurpava perciò la facoltà di rottura del diritto signori¬le — e questa fu una grande innovazione sostanzialmenterivoluzionaria della città occidentale del Medioevo rispet¬to a tutte le altre. Nelle città dell'Europa centrale e setten¬trio nale na cq ue il no to pri ncip io: "l ' ari a della città ren de

35. Economia e società, cit., II, p. 546 [736], ove a proposito del¬le città asiatiche, Weber scrive: «Ignota, oppure conosciuta soltanto

allo stato iniziale, era l'amministrazione autonoma, ma soprattutto — e questo è l'aspetto più importante — il carattere di gruppo della cit¬tà, e così pure il concetto di cittadino, in antitesi a quello di contadino». (Ho usato il corsivo al posto dello spaziato).

36. Come si vedrà è l'appartenenza personale al gruppo territoria¬le della città e non il gruppo parentale o la stirpe che garantisce al¬l'individuo singolo la sua posizione giuridica di cittadino, [vi, II, p.573 [755].

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liberi" — il quale significava che dopo un periodo di va¬ria durata, ma pur sempre relativamente breve, il padronedi uno schiavo o di un servo perdeva il diritto di pretender¬lo quale soggetto al suo potere. Il principio è stato realiz¬

zato in grado assai differente. D'altro lato le città doveva¬no però assai spesso adattarsi a promettere di non acco¬gliere uomini non liberi, e non di rado, col restringersi del¬lo spazio di sostentamento, questa limitazione era anche

 ben accetta. Tuttavia quel pr incipio si affermò come rego¬la. Le differenze di ceto scomparvero quindi nelle città, al¬meno in quanto comportavano una differenza tra libertà enon libertà normale» 3 7 .

Grazie allo spirito rivoluzionario del ceto cittadino, lacittà diviene dimensione spaziale della libertà e usurpa aldiritto signorile la facoltà di rottura delle connessioni dic e t o 3 8 : di sg reg azi on e del diri tto pad ro na le e dei rapp ortinaturali di servitù secondo l'etica degli obblighi personali.

Il gruppo associato è così sottomesso ad un diritto co¬mune vigente solo per esso, teso cioè a creare una liberacomunità giuridica di eguali (in senso etico) fondata sul¬

l'autogoverno (creazione di organi speciali) e sull 'obbligogiuridico razionalizzato (consociati giuridici di ceto). Maicome nella città si evidenzia la discrasia tra aspetto giuri¬dico formale e aspetto effettivo della distribuzione del

 potere.

Agli organi di autorità costituiti «legittimamente» me¬diante privilegi concessi dai poteri politici, si affianca il

 potere di au tonomia della città r ivendicato «nonostante e

contro i poteri legittimi».Mai come nella città si mostra ad un tempo l'affermarsi

di un nuovo potere (che è diritto), e di un nuovo diritto

37. Ivi, II, p. 566 [750].38. Ivi, II, pp. 566-567 [750-751].

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I

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(che è po ter e) , che è poss ibilit à nuo va, azion e sociale nu o- !va, colta nel suo farsi tipica (das Typischwerden): il pote¬re non-legittimo, che libera i concetti di diritto e di pote¬re da rigide distinzioni rendendone "reale" la rispettiva A

«fluidità».

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III. LA CITTA DELL'OCCIDENTECOME POTERE NON LEGITTIMO

1. Un «cosmo di regole astratte» e il ceto dei giuristi

Soffermarsi sul tema della città dell'Occidente rende possibile chiarire ul teriormente il rapporto tra diritto e po¬tere in Max Weber 1 . La scelta di tale tema nasce dal-

1. Sul tema della città dell'Occidente come categoria fondante per la comprensione di alcuni aspetti del pensiero di Weber cfr. E. Paci,Prefazione alla prima edizione [1950], in M. Weber, La città, Milano,1950, pp. XXXIII-XL; C. Antoni, Dallo storicismo alla sociologia,cit., Firenze, 1940, pp. 185-188; sulla rilevanza del concetto di cittàweberiano nella teoria urbana in Europa e in America, si veda D.Martindale e G. Neuwirth, Prefatory Remarks: the Theory of the City,Introduzione alla traduzione inglese di M. Weber, The City, Toronto,1958, in particolare pp. 50-62. Si veda inoltre la bibliografia dellefonti weberiane, idem, pp. 231-32. Sull'importanza del tema della città in connessione con gli scritti sulla religione di Weber cfr. R Bendix,

 Max Weber. An lntellectual Portrait, Berkeley — Los Angeles — 

London, 1960, 19773

, p. 72, n. 42. Per un confronto tra L'etica pro¬testante e La città in Max Weber cfr. G. Poggi, Calvinismo e spiri¬to del capitalismo, Bologna, 1984, in particolare l'ultimo capitolo.Sulla città dell'Occidente riferita al più vasto tema della città moder¬na cfr. G. Martinotti, Città e analisi sociologica, Padova, 1968, pp.29-37; per una analisi e riflessione critica del capitolo sulla città e

 per la relativa bibliografia si veda l'ampia trattazione di G. Bettin, /sociologi della città, Bologna, 1979, pp. 29-56 e la traccia bibliogra-

f i

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l 'esigenza di comprendere le zone d'ombra che emergonodalla concezione weberiana del diritto moderno. Se è ve¬ro che in Economia e società vengono specificamente trat¬tati i caratteri e le forme del diritto moderno, è pur veroche nulla viene detto sui modi della sua nascita. In una pa¬rola nella sociologia del diritto weberiana non è possibilecogliere il diritto moderno allo stato nascente, né il modoin cui si producono i caratteri che lo definiscono tale.

È necessario allora rivolgersi all 'aspetto più propriamen¬te politico del pensiero weberiano, cioè alla sociologia del

 p o t e r e 2 ed in particolare a quel momento della struttura del pol i t ico , la città de l l 'Occ iden te , che da un lato de terminala nascita dei caratteri del diritto e dall 'altro lato proprioda questi viene qualificata. Riferirsi alla sociologia politi¬ca di Weber, per chiarire alcuni problemi relativi al dirit¬to moderno, non vuole e non deve apparire come una for¬zatura in chiave deterministica (riduzione del diritto a po-

fica nella Prefazione di L. Cavalli, ivi, p. 5-6; sull'essenza del "politico"in Weber cfr. J. Freund, La ville selon Max Weber, in Espaces et Sociétés, nov. 1975, n. 16, pp. 47 - 61 ; e G. Sjoberg, La città deipa¬

dri, Mi lano , 1980; su Max Weber e la tesi della specificità della cit¬tà occidentale cfr. P. Rossi, Introduzione a Aa. Vv., Modelli di città.Strutture e funzioni politiche (a cura di P. Ros si ), Torino, 1987, pp.5-27 ed annessa bibliografia pp. 26-27. Ancora sul significato dellacittà in Weber S. Breuer, Blockierte Rationalisierung. Max Weber un-d die italienische Stadt Mittelalters, in Archiv fùr Kulturgeschichte,66, 1984, pp. 47 -8 5; O. Song-U-Chon, Max Webers Stadtkonzeption.Gottingen, 1985; A. Bourd in, M. Hirschorn, Figures de la ville: au-tour de Max Weber, Paris, 1985; K. Schreiner, Die mittelalterliche

Stadt, in Webers Analyse und Deutung des okzidentalen Rationalismus,in J. Kocka, Max Weber, der Historiker, GOttingen, 1986, pp. 119-15C.

2. Per i problemi metodologici cfr. A. Febbrajo, Per una rilettu¬ra della sociologia del diritto weberiana, in Sociologia del diritto,1976, n. 1, pp. 1-28.

SfcE"r-;::: ::==:: ::—:::::

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litica), ma solo come la riconosciuta possibilità (e neces¬sità) di cogliere politicamente il ruolo autonomo che il di¬ritto (costantemente) gioca all'interno delle strutture poli¬tiche. In tal senso si mostrerà come la nascita della cittàdell'Occidente faccia sì che si affermi un diritto autonomo, e altresì come un certo sviluppo della comunità citta¬dina possa realizzarsi pienamente proprio grazie al carat¬tere autonomo del diritto. Per chiarire tuttavia in che mo¬do la città dell 'Occidente rappresenta un momento fonda¬mentale della sociologia del potere, attraverso il quale è

 possibile cogliere al lo stato nascente il sorgere delle for¬me del diritto moderno, è necessario indicare brevementequei caratteri che, secondo Weber, qualificano quest'ultimoin quanto tale.

È noto il passo nel quale Weber compendia l 'evoluzionedel d i r i t to 3 e determina le figure che ne influenzano«professionalmente» la formazione4 . Da tale passo emer¬gono i caratteri distintivi del diritto moderno. Il primo ca¬rattere è il suo essere un diritto razionale. Ma la raziona¬lità tout-court  non ne definisce ancora la specificità. «Un

diritto», dice infatti Weber, «può venire razionalizzato invario modo, e non necessariamente nel senso dello svilup¬ po delle sue qualità tecnico-giurid iche».«Per lo sviluppo

3. «Le qualità formali del diritto si sviluppano [. . . } da una com¬ binazione di formalismo magicamente condizionato e di irrazionali¬tà condizionata da rivelazioni nel processo primitivo, passando even¬tualmente per una fase di razionalità rispetto allo scopo di caratteremateriale e quindi non formale, condizionata da motivi teocratici o

 patrimoniali, per arrivare ad una razionalità e ad una sistematica giu¬ridica sempre più specializzata, cioè di carattere logico, e pertanto

 — da un punto dì vista puramente esteriore — a un grado sempremaggiore di sublimazione logica e di rigore deduttivo del diritto»,Economia e società, cit., II, p. 187 [504].

4. Ibid.

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di un procedimento "specialistico" del diritto, e quindi an¬

che di uno specifico pensiero giuridico, sussistono due pos¬

sibili tà opposte.La prima consiste nell ' insegnamento em¬

 pirico del diri t to da parte di prat ici , svolto esclusivamen¬

te o pr ev al en te me nt e nella prass i stessa, e pe rc iò in mo do«ar tigia nale » nel senso di «em pir ico ».L a sec onda possibi¬

lità è quella dell 'insegnamento teorico del diritto in scuo¬

le giuridiche speciali e sotto forma di un'elaborazione ra¬

zionale e sistematica, e quindi «scientifico» nel senso pu¬

ramente tecnico del termine 5 .

Solo il diritto che sviluppa tali qualità tecnico-formali

5. Ivi, p. I l i [456]. Del resto, come noto, in Weber la razionali¬tà «non rappresenta un attributo ontologico o una dimensione costi¬tutiva dell'agire umano o del processo stesso, per cui Weber non po¬ne in definitiva alcun modello univoco e conclusivo di razionalitàsulla cui base caratterizzare il comportamento sociale e il corso del¬la storia», P. Rossi, La teoria della razionalità in Max Weber, in Aa.Vv.,. Weber: razionalità e politica, Venezia, 1980, ora in Max Weber 

 Razionalità e razionalizzazione, Milano , 1982. Sul concet to di razio¬nalità come "procedimento di controllo" come "concetto pratico e

non gnoseologico" cfr. G. E. Rusconi, La politica oltre la caduta del¬le illusioni, con interventi di : M. Cacciari, F. Cassano, B. De Giovanni,G. E. Rusconi, in Rinascita, 1980, n. 28, pp. 29-33, in part. p. 29 e,dello stesso, Razionalità, razionalizzazione e burocratizzazione, in

 Max Weber e l'analisi del mondo moderno, Torino, 1981 (atti delconvegno Max Weber sessanta anni dopo, Roma 26-28 gennaio 1980)

 pp. 189-214 in part. p. 189. Ancora sulla non esis tenza in Weber «diuna razionalità data ma sempre e soltanto di un processo di raziona¬lizzazione» cfr. G. Zaccaria, Razionalità, formalismo, diritto: rifles

sioni su Max Weber, in Aa. Vv., Max Weber e il diritto, cit., p. 20,sul rapporto razionalità-modernità: R. Brubaker, The Limits of  RationalityAn Essay on the Social and Morai Tought of Max Weber,London , 1984; P. P. Port ina ro, in II dibattito sulla razionalizzazionenella recente letteratura weberiana. Teoria politica, 1985; C. Marietti,

 Le ideologie della razionalità nella sociologia postweberiana, in A.Izzo, C. Mongardini (a cura di), Contributi di storia della sociolo¬gia, Milano, 1984.

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e che assume il carattere di «cosmo di regole astratte» edi ordinamento impersonale, solo dunque quel diritto chetrova il suo fondamento nel suo essere razionale (svincolato da ogni valore), è definito da Weber come diritto

moderno .Ma da cosa Weber fa dipendere la direzione nella qua¬le queste qualità formali si sviluppano? Scrive Weber chetale direzione è condizionata direttamente da rapporti «"intra-giuridici" e cioè dalle caratteristiche della cerchia di per¬sone che sono in grado di influenzare professionalmentela formazione del diritto». Weber individua diverse figuree, precisamente, i profeti giuridici, i notabili giuridici, i

giuristi di professione; infatti «Lo sviluppo generale deldiritto e del processo — determinato nei suoi "stadi di sviluppo" teorici — reca dalla creazione carismatica del diritto ad opera di "profeti giuridici"  alla creazione e alla

 produzione empirica del diritto ad opera dei notabili giu¬ridici (produzione giuridica mediante giurisprudenza cau¬telare e precedenti), per poi condurre all 'imposizione deldiritto da parte di un imperium secolare e di poteri teocra¬

tici, ed infine alla statuizione sistematica del diritto e al-I '"amministrazione della giustizia" specializzata ad operadi giuristi di professione che ricevono una formazione let¬teraria e logico formale» 6 . Ecco dunque che emerge il se¬condo carattere distintivo del diritto moderno, la forma¬zione cioè di un ceto di funzionari-professionali, di un ce¬to particolare di tecnici giuridici, che risponde a determi¬nati requisiti (che sono poi le caratteristiche presenti nel¬

la forma specificamente moderna di amministrazione, cheè costituita dal potere legale) 7 . Infatti per giungere allamoderna forma di diritto, questo ceto, nato dal sempre

6. Economia e società, eh., I, p. 187 [304].7. ivi, I, p. 212 [125).

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maggior bisogno di conoscenze giuridiche specializzate (di¬ penden te dalla crescente impor tanza del traffico dei benie degli individui8 ), deve assumere una sua autonomia. Deverompere i legami di dipendenza da quel potere dei princi¬

 pi e dei capi religiosi che realizza la massima corrispon¬

denza sostanziale fra l'attività giuridica e le proprie aspi¬razioni pratico-utilitarie ed etiche, piuttosto che persegui¬re una autonoma precisione giuridica formale. «L'anticagiustizia popolare — in origine un procedimento di espia¬zione tra i gruppi parentali — viene ovunque liberata dal¬la sua irrazionalità formalistica mediante l 'influenza del

 potere di principi e di magistrati (g iurisd izione o impe¬rituri), e in certe circostanze di un potere organizzato di

sacerdoti: queste forze esercitano anche un'influenza du¬revole sul contenuto del diritto, diversa a seconda del ca¬rattere del potere. Quanto più l 'apparato del potere dei

 principi e dei capi religiosi era un potere raz ionale media¬to da «funzionari», tanto più la sua influenza si manife¬stava nel senso di conferire all 'amministrazione della giu¬stizia un carattere razionale dal punto di vista del conte¬nuto e della forma — naturalmente razionale in modo di¬

verso — e inoltre nel senso di escludere i mezzi proces¬suali irrazionali, e di sistematizzare il diritto materiale, ilche s i t raduceva sempre in qualche modo in unaraz ional izzaz ione» 9 . In tal senso, si può dire che i caratte¬ri del dirit to moderno sono:a. la razio nalit à come sv in co lam en to dal val ore ;

 b. la nascita di un au tonomo ceto di giuristi .Ma come si produce questa autonomia? Il ceto dei tec¬

nici in realtà poteva fondare la sua autonomia solo se al¬la richiesta di specializzazione derivante dall 'att ività eco-

8. Ivi, II, p. 312 [456].9. Ivi, II, p. 131 [468].

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nomica si fosse affiancato il sorgere di un autonomo po¬tere dei consociati rispetto al principe o al capo religioso.

Per comprendere questo passaggio, come lo stesso Weber a v v e r t e 1 0 , bisog na rivol gere l 'at tenzi one all 'an alis i delleforme del potere, in particolare a quel potere «non legittimo», la città dell 'Occidente, che solo produce storicamen¬

te quell 'autonomia: la cui mancanza ha impedito alle so¬cietà diverse da quelle occidentali di percorrere il cammi¬no di quest 'ul t ima.

2 . M ercato , for tezza , guarn i g i one

Il tema della città dell'Occidente viene trattato da Weber nella VII sezione del capitolo IX della Sociologia del po¬tere nella seconda parte di Economia e società con il tito¬lo // potere non legittimo (Die nichtlegitime Herrschaft.Typologie der Stadt) e nel IV capitolo della Wirtschaftsge-schichte nella sezione VII dal titolo Das Bùrgertum11. Neltrattare questo tema e nel farne una costruzione idealtipi-ca, Weber assume come referente storico concreto la cittàmedievale a nord delle Alpi 1 2 . Solo in essa, infatti, posso-

10. Ivi, p. 130 [468].11. Wirtschaftsgeschichte. Abriss der universalen Soziai- und 

Wirtschaftsgeschichte, Mùnchen-Leipzig, 1923, pp. 270-288.12. Economia e società, cit., II, p. 564 [749]. Sulla improponibi¬

lità del valore euristico del tipo ideale nella sociologia della città cfr.C. Antoni, Dallo storicismo alla sociologia, Firenze, 1940, pp. 185¬188. Sull'importanza, al contrario, del capitolo sulla città in Weber cfr. O. Brunner, Neue Wege der Verfassungs und Sozialgeschichte,Gòttingen, 1968, trad. it. Per una nuova storia costituzionale e so¬ciale, Milano, 1970 (traduzione e introduzione di Pierangelo Schiera)

 p. 118. Sulla specificità poi della cultura europea in Weber vedi an¬che, idem, pp. 32-33 e 41; sulla rilevanza della città come espressio¬ne della distinzione fondamentale tra mondo orientale e mondo oc-

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no storicamente ravvisarsi quei caratteri che esprimono laradicale e fondamentale distinzione tra mondo orientale edoccidentale .

 Nel p rocedere verso la de terminazione del concet to di

città dell'Occidente, Weber segue la strada di due succes¬sive (logicamente) approssimazioni. In primo luogo, cercadi determinare i modi attraverso i quali una città può es¬sere definita come tale, e li ricerca a due livelli:a. a l ivello eco nom ico ;

 b. a l ivello pol i t ico -amminist rat ivo .Una volta individuati gli elementi che a questi livelli

definiscono una città come tale, ne avverte la relativa in¬

sufficienza a costituire da soli le caratteristiche decisivedella città dell 'Occidente. È solo dunque con un ulteriore

 passaggio che ven gono individuati quei caratteri specificiche differenziano la città dell 'Occidente da ogni altro tipodi città, e che riguardano appunto il diritto.

Abbandonato immediatamente i l pr incipio quanti ta t ivo — «la città è una grande borgata» — perché g e n e r i c o1 3 ,

aderitale cfr. E. Paci, Prefazione alla prima edizione di M. Weber, La città, Milano, 1950, ricorda Paci: «Come il cristianesimo realizza la sua forma tipica nel calvinismo, così la città tipica è rappresen¬tata dalle città italiane e da quelle nord-occidentali dell'Europa fon¬date su una libera associazione creata dal ceto cittadino, dalla sua

 particolare etica della concorrenza, del successo, della libertà politi¬ca e commerciale, che sanziona, appunto, il trionfo economico della

 borghesia, basato su una concezione tecnico-razionale che impone lasua conseguente struttura etica e sociale. È da notare che le città so¬

no organismi tipicamente rivoluzionari: esse sono in lotta sin dal¬l'inizio contro una concezione irrazionale od orientale, della vita, chetenta di imporsi nelle distinzioni di casta e di classe, nel burocrati¬smo e nel mandarinismo, nel dogmatismo unificatore e massiccio del

 potere centrale tipicamente rappresentato dai grandi imperi d'Oriente»,E. Paci, Prefazione alla prima edizione a Max Weber, La città, cit.,

 p. XXXVII.13. Economia e società, cit., II, p. 541 [735].

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Weber muove innanzitutto dalla prospettiva economica ein base ad essa si chiede quale elemento caratterizzi la cit¬tà. La prima risposta è che la città è «un insediamento icui abitanti traggono prevalentemente il loro reddito non

da attività agricole ma da attività industriali»1 4

. Ma que¬sta definizione non è esauriente, dato che in tale tipo diinsediamento rientrano benissimo i cosiddetti «villaggi in¬dustriali» (insediamenti con un 'i mp re sa ind ustri ale trasmes¬sa di fatto ereditariamente). Un ulteriore passaggio è dun¬que l 'esistenza di una riconosciuta «multilateralità» del¬l'industria, ma anche questa non sembra per se stessa adat¬ta a costituire da sola caratteristica decisiva 1 5 . Con una

successiva approssimazione, individuato in due ulterioricondizioni il modo di origine della città, Weber indica quelcarattere che gli appare decisivo dal punto di vista econo¬mico. Sottolinea l ' importanza «dell 'esistenza di una sededi signoria fondiaria e soprattutto di un principato»1 6 (matiene ancora a specificare che non si può denominare co¬me città Yoikos di un signore fondiario o di un principe).E altresì insiste sull 'esistenza di uno scambio regolare e

non solo occasionale di beni: poiché «non ogni "mercato"fa addirittura una "città" del luogo in cui si svolge»1 7 .Rilevando la necessità della stabilità del mercato, Weber individua e definisce così il concetto di città, in senso eco¬nomico: «Noi parliamo di "città" in senso economico sol¬tanto nei casi in cui la popolazione residente nel luogo co¬

 pre una parte economicamente rilevante del suo fabbiso¬gno quotidiano sul mercato locale, e ciò in parte essenzia¬

le mediante prodotti che la popolazione residente nel luo¬go e quella degli immediati dintorni ha prodotto o si è al-

14. Ibid.

15. Ibid.

16. Ivi, p. 542 [735].17. Ibid.

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trimen ti pro cu rat a pe r la ve nd it a sul mer ca to ». Solo a talicondizioni ogni città, è un «luogo di mercato»1 8 .

 No n quindi l 'esp letamento di una qualsivoglia funzioneeconomica caratterizza la città in senso economico, ma so¬lo l 'espletamento di quella funzione economica che assumele caratteristiche dell 'organizzazione razionale dell 'economia

e che già configura il passaggio al capitalismo moderno.Esemplare in tal senso è il richiamo all 'o ikos. Quest 'u l t imo,infatti, pur assumendo spesso caratteri simili, «non si defi¬nisce "città"»; e ciò proprio perché «la sua ragione ultimad'esistenza non è il profitto monetario capitalistico, ma lacopertura del fabbisogno del signore, organizzata su basen a tu r a l e 1 9 «e suo principio informatore» è «l'utilizzazionedel patrimonio» e non «l'impiego del capitale»2 0 .

L 'o ikos, dunque, non è elemento connotativo della cittàin senso economico proprio perché non esprime quei ca¬ratteri di:a. razionalità;

 b . au tonomia;che sono invece propri del mercato. Infatti:a. solo nel me rc at o na sc e quel pr in cip io di razionalità for¬

male che è la produzione per la produzione e non più

la produzione per il signore (come era il caso del-V oikos);

 b. solo nel mercato il soggetto si libera da quei condizio¬namenti propri delle «economie dipendenti»2 1 — che lovedono subordinato nella pratica economica alle capa¬cità di acquisto dell'"amministrazione del signore o del

 principe —, e si configura invece come soggetto eco¬nomico autonomo nel senso capitalistico moderno.

18. ibid.

19. Ivi, l, p. 389 [230],20. Ibid.

21 . Ivi, II, p. 544 [736].

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Ma l 'att ività economica non esaurisce il concetto dic i t t à 2 2 . Questo concetto infatti può e deve essere compre¬so, secondo Weber, attraverso un'ulteriore serie di catego¬rie e precisamente attraverso alcune categorie polit iche.

Dal punto di vista politico-amministrativo la città si svi¬luppa nel momento in cui si costituisce come luogo di for¬tezza e di guarnigione 2 3 .

In questo modo, infatti, la città tende a presentarsi sem pre più co me un soggetto con una propria organizzazione particolare e con una specifica autonomia politica. La co¬struzione del castello abitato dal signore e dai guerrieri dalui dipendenti dà luogo alla formazione di un potere che

assicura indipendenza all 'estero e sicurezza e stabilità nel¬la vita associata all 'interno.

Tuttavia non ogni fortezza e guarnigione costituisconouna città 2 4 . Molti sono anzi gli esempi di castelli, luoghidi difesa 2 5 , fortificazioni che, pur collegati con insedia¬menti economicamente rilevanti , non possono essere visticome momenti del sorgere della città. È necessario, infat¬ti che la fortezza e la guarnigione si sviluppino in modo

tale da divenire un'organizzazione stabile strettamente con¬nessa con la popolazione economica. «La questione dellarelazione tra la guarnigione, cioè la cittadinanza politicadella fortezza da un lato e la popolazione economica, de¬dita ad un'acquisizione in forma civile dall 'altro, costitui-

22. L'analisi weberiana prosegue, per quanto concerne le catego¬

rie economiche, nell'elaborazione di una tipologia della città econo¬micamente intesa il cui criterio informatore è costituito dalla plura¬lità di aspetti che la funzione economica assume nell'insediamentocittadino. Vengono così enuncleati i tipi di città di consumatori, di

 produttori, di commercianti, ecc. .23. Ivi, II, p. 550 1741].24. Ibid. II, p. 575 [756].25. Ivi. p. 553 [752].

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sce una questione assai complicata, ma pur sempre di im¬ portanza decisiva per la storia della struttura della c i t t à »2 6 .Da un lato, il signore e la sua guarnigione devono quinditendere a fondare la propria sussistenza economica su! pos¬

sesso fondiario cittadino, concedendo privilegi, intervenen¬do nell 'organizzazione della produzione e sostenendola po¬liticamente e militarmente. Dall 'altro lato, i cittadini han¬no la po ss ib ili tà di d edica rsi alla acquisizione informa civile, ma devono però contribuire al mantenimento del¬l'apparato militare e alla riparazione delle mura.

Questo complesso di rapporti fa sì che la fortezza e lagua rni gio ne, che forniscono fin dal l 'o rig ine la possib ili tà

dell 'autonomia della città, trasformino la loro natura sem¬ p l icemente mil i tare e di difesa in una realtà facente partede l l ' au tonomia po l i t i ca ed ammin is t ra t iva de l l a c i t t à .«Accanto alla pace di mercato garantita dal sovrano o dalsignore, che protegge il mercato cittadino, sta la pace mi¬litare del castello. Da una parte il castello protetto e la

 p iazza poli t ico-mil i tare della città, ossia la piazza d 'armiè luogo di assemblea dell 'esercito e perciò dei cittadini, e

dall 'altra il mercato economico della città stanno l 'uno ac¬canto al l 'a l t ro in un plast ico dual ismo» 2 7 .

Senza razionalità del mercato, non c'è città; e tuttaviatale razionalità non è sufficiente nel determinare la cittàdell 'Occidente. Essa rimanda così ad un ulteriore elemen¬to, alla fortezza e alla guarnigione: un elemento che, fa¬cendosi realtà polit ico-amministrativa, esprime un nuovolivello di razionalità complementare a quella di mercato 2 8 .

Tuttavia, perché il processo si compia pienamente è ne¬cessario un ulteriore sviluppo. Nella trasformazione della

26. Ivi, II, p. 554 [743).27. Ivi, p. 553 [742].28. Ibid.

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fortezza e della guarnigione in una realtà politico-ammi¬nistrativa e non semplicemente militare si produce una ra¬zionalità che tende a svincolarsi dal legame di diritto spe¬cificamente feudale con il signore; e tuttavia il carattere

della fortezza e della guarnigione mantiene un qualche re¬siduo riferimento con questo ultimo. L'ultimo passaggioverso la piena affermazione della città dell 'Occidente ri¬chiederà lo sviluppo di altre forme che andranno verso unsuperamento dei limiti feudali.

3 . I l l uogo de l l ' autonomi a

L'ulteriore elemento, che unito ai precedenti definiscein modo determinante i l concetto di cit tà dell 'Occidente,afferisce ad un particolare carattere di autonomia che so¬lo questa sa produrre 2 9 .

Contrariamente a quanto accadeva nelle città asiatiche,

29. Ivi, p. 556 [744]: «Non ogni "città", in senso economico, néogni fortezza sottoposta in senso politico-amministrativo ad un dirit¬to speciale degli abitanti, costituiva un "comune". Anzi, soltantol'Occidente ha conosciuto il comune cittadino, nel senso pieno deltermine, come fenomeno di massa; inoltre una parte del Medio Oriente(la Siria, la Fenicia, e forse anche la Mesopotamia) l'ha conosciutosoltanto temporaneamente, e del resto allo stato iniziale. Infatti eranecessario che si trattasse di insediamenti almeno in certa misura dicarattere commerciaie-industriale, con le seguenti caratteristiche: la

fortificazione, il mercato, un tribunale proprio e una legislazione al¬meno parzialmente propria, il carattere di gruppo sociale, e di con¬seguenza un'autonomia e autocefalia almeno parziale, conun'amministrazione da parte di organi di autorità alla cui nomina par¬tecipassero in qualche modo i cittadini in quanto tali. Nel passato,questi diritti rivestono di solito la forma di privilegi di ceto. Un par¬ticolare ceto cittadino quale portatore di essi rappresentava perciòl'elemento caratteristico della città in senso politico».

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dove l ' ammin is t raz ione au tonoma e ra sconosc iu ta , inOccidente si assiste, secondo Weber, ad un progressivo af¬francamento della città dal potere centrale del principe odel signore feudale, che si attua attraverso un procedimen¬to rivoluzionario operato dal gruppo cittadino: un gruppo

che costituisce «nonostante e contro i poteri "legitt imi"un 'associaz ione pol i t ica comuni tar ia»3 0 .Determinante per l 'assunzione del carattere di corpo so¬

ciale autonomo che caratterizza la cit tà dell 'Occidente, èdunque la nascita di un ceto cittadino particolare che per¬segua coscientemente una politica di ceto diretta a tales c o p o 3 1 .

Già nell 'antichità «la cit tà dell 'occidente era luogo di

ascesa dalla servitù alla libertà per mezzo del profitto eco¬nomico monetario. La circostanza che la città fosse un mer¬cato che presentava un 'occasione relat ivamente costante diguadagnare del denaro con il commercio o con l 'artigianato,aveva appunto indotto numerosi signori a util izzare glischiavi e i servi non come forze di lavoro nella propria ca¬sa o nella propria impresa, bensì come una fonte di rendi-

30. Economia e società, eh., II, p. 566 [750). In altre occasioniricordando la funzione o la differenza tra «politici d'occasione»(Gelegenheitspolìtiker) e politici di professione (Berufspolitiker) Weber ricorda quelle associazioni politiche le quali «avendo del tutto elimi¬nato o in gran parte limitato la potenza del principe, si costituivano

 politicamente in comunità (cosiddette) libere»; ma «libere» non nelsenso della libertà da una sovranità basata sulla forza, bensì nel sen¬so della mancanza di potere del principe, legittimo in forza della tra¬dizione (e per lo più consacrato dalla religione), quale fonte esclusi¬va di ogni autorità. La loro origine storica, ricorda Weber, è esclusi¬vamente occidentale e il loro primo embrione è stata la città comeassociazione politica, quale è apparsa per la prima volta nell'ambitodella città mediterranea. M. Weber, La politica come professione, cit.,

 pp. 56 [402J e 57 [403].31. Economia e società, cit., II, p. 565 [750].

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ta, addestrandoli quindi come artigiani o piccoli commer¬cianti , fornendoli eventualmente (come nell 'antichità) deimezzi di esercizio consentendo loro di andare — in cam

 bio del pagamento di una tassa personale — a guadagna¬re in città» 3 2 . Nella città medievale questo meccanismo vie¬ne ulteriormente perfezionato: nasce infatti un interesse so¬

lidale della comunità cittadina a impedire che il servo, unavolta divenuto benestante, possa essere richiamato dal suosignore. Impedendo il rientro del servo nella casa del si¬gnore, la cittadinanza rompe il vincolo del diritto signori¬le e anzi, «usurpa la facoltà di rottura del diritto signori¬le [... ] — e questa fu una grande innovazione sostanzial¬mente r ivoluzionar ia»3 3 .

La chiusura operata dalla città medioevale nei confron¬

ti dei poteri e delle istituzioni ad essa esterne, che si ma¬nifesta ed evi den zia nel la rot tura del diritto sig no ril e, siaccompagna anche ad un altro fattore. Alla nascita di nuo¬ve solidari età — rot tur a dei vinc oli di ceto e co ns eg ue nt eusurpazione del dirit to signorile, di cui un esempio èl'affrancamento dei servi — si unisce il dissolvimento diantiche appartenenze sociali e la perdita di importanza deigruppi parentali come elementi costitutivi della città3 4 .

L'individuo entra a far parte della cittadinanza come sin¬golo e come tale presta il suo giuramento. È l 'appartenenza

 personale al gruppo territoriale della città e non dunque ilgruppo parentale o la stirpe che gli garantisce la posizio¬ne giuridica personale di cit tadino3 5 .

Sul piano religioso è il cristianesimo che priva il gruppo parentale di ogni significato rituale; il simbolo religioso del-

32 . Ibid.

33 . Ibid.

34. Ivi, p. 569 [752].35. Ivi, p. 573 [755] e ss.

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la città, infatti, «era costituito da un culto di gruppo dei cit¬tadini e quindi da una divinità o un santo della città che esi¬steva per i cittadini in quanto tali» 3 6 . La città si presenta co¬me una comunità di culto cristiano che si fonda sul¬l'appartenenza di gruppi allo stesso gruppo confessionalenon più su una unione rituale dei diversi gruppi parentali3 7 .

Proprio i modi di costituzione della città privano il grup¬ po paren tale del suo significato sia pol it ico che rel ig ioso .La città assume in tal modo il carattere di gruppo associa¬to in forma istituzionale, dotato di organi speciali e costi¬tuito da cittadini che in quanto tali sottostanno ad un di¬ritto comune vigente soltanto per loro che si definisconoconsociati «giuridici di ceto» 3 8 .

36. «E il cristianesimo, che divenne la religione di questi popoli profondamente scossi in tutte le loro tradizioni, e che poteva diven¬tarlo in seguito alla debolezza o alla mancanza dei limiti magici etabuistici nel loro seno, svalutò e distrusse definitivamente il signi¬ficato religioso di tutti i legami del gruppo parentale. La funzionespesso importante che la comunità ecclesiastica ha assolto nella co¬stituzione tecnico-amministrativa della città medioevale, rappresentasoltanto uno dei molti sintomi della forte influenza di questa carat¬teristica della religione cristiana, decisiva per la dissoluzione dei vin¬coli del gruppo parentale e per la formazione della città medioeva¬le», Economia e società, II, pp. 571-572 [753].

37. Ivi, p. 574 [755].38. Ivi, p. 568 [751]. Si è voluto riportare questa definizione pro¬

 prio perché è riassuntiva di quei caratteri propri della città del¬l'Occidente che altrove Weber analizza nei loro sviluppi. Si veda in

 proposito, ivi, pp. 639-651 [797-804]. Essi riguardano nell'ordine: 1.l'autonomia politica, pp. 639-651 [797]; 2. l'autonoma statuizionegiuridica, pp. 640-642 [797-798]; 3. l'autocefalia (autonomia giudi¬

ziaria e amministrativa) pp. 642-643 [798-799]; 4. il potere tributa¬rio nei confronti dei cittadini e la loro libertà da tasse e da impostedall'esterno, pp. 643-644 [799]; 5. il diritto di mercato e polizia au¬tonoma dell'industria e del commercio (poteri giurisdizionali, mono¬

 polistici), pp. 644-647  [799-801]; 6. il particolare atteggiamento neiconfronti degli strati borghesi non cittadini,/)/?. 647-651 [801-804].

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La definizione di consociato giuridico definisce il carat¬tere della posizione privilegiata dell 'autonomia dei citta¬dini. Tale posizione, considerata fin dall 'inizio come un

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diritto originario del singolo nelle relazioni con i terzi3 9

consegue al carattere stesso che definisce il consociato giu¬

ridico «membro di assemblea popolare», come partecipan¬te attivo alla comunità giudiziaria nella quale egli contri¬ buisce come 4g0iudice del tribunale alla creazione del dirit¬to soggett ivo 4 0 .

Sorge così un autonomo potere dei consociati svincola¬to da ogni autorità sovraordinata e il rapporto alla giuridi¬cità che si produce non è altro che il particolare modo dirapporto che consiste nella «specifica credenza dei parte¬

c ipan t i in una consac raz ione pa r t i co la re , c ioè ne l l a"giuridicità" dell 'agire di comunità da essi ordinato»4 1 . Neimodi di costituzione della città dell 'Occidente si assistedunque alla nascita di una concezione del diritto non piùfondata su un'istanza superiore (principe o capo religioso)che rimanda a sua volta a un valore trascendente, bensìfondata unicamente sulla «razionalità» di questo diritto.Una razionalità che si esprime nella credenza dei conso¬ciati nella giuridicità (da essi ordinata) a costituire un di¬ritto autonomo da ogni valore che vada al di là di tale con¬vinzione.

La città dell 'Occidente si configura così come il luogodella autonomia:a. da ogni po ter e ad essa so vra or din ato (a ut on om ia al li¬

vello polit ico); b. da ogni valore che non sia la pura e semplice creden-

39. Ivi, p. 576 [756].40. Ibid., e p. 577 [757].41 . Ivi, p. 205 [517].

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za dei consociati nella giuridicità del loro agire socia¬le (autonomia al livello di valore).

Ma ecco che ritroviamo, nel loro prodursi storico, i ca¬ratteri del diritto moderno: di un diritto che, affermandola sua autonomia mediante la razionalità giuridica, divie¬ne a sua volta l'orizzonte decisivo per l'affermazione po¬litica dell 'autonomia cittadina.

Dalla interazione a volte conflittuale dei modelli alternativi (di volta in volta sostitutivi di quelli tradizionali)sorge e si sviluppa Vethos del l 'Occidente . Un ethos che daun lato è la "ragione" del diritto moderno e che dall 'altrolato pone tale diritto come propria ragione.Una dimensio¬ne etica che dunque appare come senso di una politica (dilungo periodo) del diritto e che si pone ad un tempo co¬me motivo di quella politica.

Ancora una volta diritto, ragione, politica, etica rinviano in Weber l 'uno all 'altra; cosicché nella ricerca intornoalle origini della razionalità e del diritto moderni ci si im¬

 batte alla fine nel l ' e t ica e nel l 'e t ica poli t ica. Intese perònon come dimensioni autonome, ma come modi in cui larazionalità e il diritto affermano ancora ulteriori ragioni,motivi del loro sorgere ed affermarsi.

Il processo di affermazione tuttavia non è privo di pro- b lemi .Come può infatt i il dirit to mo d er n o , quale ethos po¬litico della città, sopravvivere nella modernità, se quel me¬desimo ethos si scontra nell 'esperienza di Weber con il

 p r o b l e ma del la p o t e n z a ? È p o s s i b i l e p r e n d er e atto diquest'ultima e dei suoi conflitti, ma nello stesso tempo ri¬

 pensare un 'e t i ca della po tenza che non perda l 'eredità del¬l'etica del diritto? La questione è posta da Weber ed è po¬

sta con la consueta sobria gravità.Il problema della razio¬nalità e del diritto si sposta così su un ulteriore piano.Suun ulteriore, non su un diverso livello: quello della conce¬zione della politica e della riflessione weberiana intornoall 'etica della potenza.

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I V . POLI TI CA ED ETI CA

1. Att ivi tà pol i t ica e conoscenza storica

Allorché si parla di politica, è necessario riconoscere an¬che a questo termine tutta la sua ricchezza epistemica. Weber 

• la sottolinea, ric ord and o co me di pol itica si po ssa par lare fi¬no a comprendere qualsivoglia tipo di attività autonoma1 ; an¬che se poi è Weber stesso che restringe il campo di indagi¬ne ponendo la questione principalmente su quella «attivitàche influisce sulla direzione di una associazione politica ecioè oggi di uno stato»2 . Politica quindi come aspirazione a

1. «Si parla», dice Weber, «della politica valutaria delle banche,della politica di sconto della Reichsbank, della politica di un sinda¬cato in uno sciopero, si può parlare della politica scolastica del co¬mune di una città o di un villaggio, della politica della presidenza diuna associazione nel dirigere la medesima, e infine delia politica diuna donna che cerca abilmente di menar per il naso il proprio mari¬to». M. Weber, Politik als Beruf, (1919), in M. Weber, GesammeltePolitische Schriften, Mùnchen, 1921, pp. 396-450, trad. it. La politica come professione, in M. Weber, // lavoro intellettuale come pro

 fessione. Due saggi, Torino, 1948, 1966, p. 47 [396]. Le pagine del¬la traduzione italiana si riferiscono all'edizione del 1948. SullaPolitik als Beruf  come «Politik als Kampf» si veda il dibattito C.V. Krockow,M.R. Lepsius, H. Maier, Politik als Kampf-Politik als Beruf  in Aa.Vv. Max Weber. Ein Symposion, Mùnchen, 1988, pp. 25-46.

2. Seguono le definizioni di Stato e di associazione politica so¬ciologicamente intese: Ivi, p. 48 [397] ss.

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 partecipare al potere e ad influire sulla ripartizione del pote¬re, sia tra gli Stati, sia, nell'ambito di uno Stato, tra gruppidi uomini compresi nei suoi limiti. E inoltre, giacché l'operatore

 politico non è solo, politica come gioco di forze contrastan¬ti e concomitanti tra di loro, tese ciascuna ad attuare il pro¬

 prio risultato a tutti i livelli, nazionali e internazionali.È noto come Weber indugi nel descrivere le "qualità" che

devono caratterizzare colui il quale si dedica alla attività politica, il pol it ico di professione: qual i sono le qualità,s ' interroga Weber 3 «per cui egli può sperare di essere al¬l'altezza di tale potere (per quanto limitato esso possa es¬

sere nel caso singolo) e quindi della responsabilità che glie¬ne deriva?» All'interno di questo interrogativo si consumail passaggio alle questioni etiche; giacché a queste appar¬tiene la domanda: «che uomo debba essere colui al quale èconsentito di metter le mani negli ingranaggi della storia?»4 .

La risposta a tale quesito è in primo luogo la passione,nel senso di Sachlichkeit, di «dedizione appassionata a una"causa" (Sache), al dio o al diavolo che la dirige» 5 . Passione,

allora, come dedizione; ma non solo, perché non basta lasemplice passione (per quanto sinceramente sentita) e nep¬ pure quel «fermento interiore» che già Simmel definiva«agitazione sterile» che appare caratteristica di un certo ti¬

 po di intellettuale ru sso : la semplice passione «non creal'uomo politico se non mettendolo al servizio di una "causa"e quindi facendo della responsabilità, nei confronti appuntodi questa causa, la guida determinante dell 'azione»6 . Una re¬

sponsabilità che ci introduce al terzo carattere del politico di professione: la lungimiranza, che è 1'«attitudine psichica de¬cisiva per l'uomo politico», «la distanza tra le cose e gli

3. Ivi, p. 101 [435].4. Ibid.

5. Ibid.

6. Ibid  p. 102 [436].

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u o min i»7 . La «mancanza di distacco» (Distanzlosigkeit), in¬fatti , condanna l 'uomo polit ico all ' inetti tudine8 . Passione,senso di responsabilità, lungimiranza, «qualità», sfere di va¬

lore in contraddizione tra loro.Affrontando il passaggio dalla politica all'etica, Weber 

ci introduce di nuovo all 'interno di coppie oppositive: co¬me infatti poter contemperare una dedizione alla politica,che dove non sia un «frivolo gioco intellettuale ma azioneschiet tamente umana» 9 può solo nascere ed essere alimen¬tata dalla passione, con il «fermo controllo del proprio ani¬mo» che è possibile solo grazie all'abitudine alla «distanza,

in tutti i sensi della parola»1 0

; «come possono coabitare inun medesimo animo l 'ardente passione e la fredda lungimi-r a n z a ? » 1 1 . Ancora una volta la risposta è all'interno del con¬flitto. La dimensione conflittuale, anzi, è quella che meglio

 può esprimere il significato del paradosso del politico; ScriveWeber: «È perfettamente vero, ed è uno degli elementi fon¬damentali di tutta la storia [...], che il risultato finale del¬l'azione politica è spesso, dico meglio, è di regola in un

rapporto assolutamente inadeguato e sovente addirittura pa¬radossale col suo significato originario»1 2 . Appunto perciònon deve mancare all'azione politica il suo significato diservire ad una causa1. Quale poi debba essere questa cau¬sa è una «questione di fede», purché la si abbia: «Altrimentila maledizione della nullità delle creature incombe [... ] an¬che sui successi politici esteriormente più solidi»1 4 .

7. Ibid.

8. Ibid.

9. Ivi, p. 102 (4361.10. Ibid.

11. Ivi, pp. 101-102 [436].12. Ivi, p. 104 [437].13. Ibid.

14. Ibid. [438].

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La politica, in quanto lotta per l'affermazione di certi va¬lori, scopi e interessi, implica una scelta positiva nei riguar¬di di alcuni e nel medesimo tempo una negazione di altri;implica una decisione che di per sé, basata su una fede, puònon essere giustificata. L'etica della politica si presenta co¬me qualcosa di autonomo rispetto a quell'etica che, riven¬dicando un primato al criterio della verità, pone la conoscen¬za come motivo determinante dell 'azione. Quest'etica è quel¬la che fonda l'atteggiamento pratico diretto al conoscere. Equesto si troverà in contrasto con l'etica della politica.

La conoscenza storica, per Weber, se intesa come l'insiemedelle discipline che costituiscono le scienze storico-sociali,in quanto conoscenza oggettiva, trova infatti nella strutturalogi ca il fond amen to della pro pria validit à. Solo tenen dosilontana dall'affermazione di valori, scopi e interessi parti¬colaristici, potrà mantenere integro il suo proprio carattere.

Questa separazione non esclude tuttavia una stretta con¬nessione tra i due termini, e neppure l 'esistenza di una«reciproca indispensabilità» che anzi esiste ed è necessa¬ria avendo l 'una attività bisogno dell 'altra, questa al finedi una maggiore chiarificazione e quella al fine di una sem¬

 pre crescente acquisizione di nuove problemat iche.La dichiarata necessità di oggettività da parte della co¬

noscenza scientifica ancora più appare nella sua ineludibi¬lità solo che si rifletta sul fatto che essa è presupposto per una funzione chiarificatrice nei confronti dell'attività po¬litica. Da qui pre nd e le mo ss e il dis co rso web er ia no ri¬guardo alle condizioni fondamentali che rendono possibi¬le l 'oggettività della conoscenza e, con un successivo pas¬saggio al piano metodologico, il significato ed il senso delconcetto di «avalutatività».

 Non d iversamente anche la polit ica, in quanto forza di¬namica tesa al raggiungimento di uno scopo, necessiterà,

 per real izzarlo di una attenta analisi delle sue condizionidi possibilità.

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Infatti se la politica e affermazione di valori, scelta positiva nei confronti di alcuni e negativa nei confronti di altri, an ch e la co no sc en za storica, è per certi versi re laz io ne ai valori: relazione teoretica però che non implica una

 pura e semplice presa di posiz ione, ma un at teggiamentoradicalmente problematico.

La politica è un agire inserito nei rapporti di forza e siesplica attraverso una serie di decisioni che trovano ciascu¬na la loro base in una scelta, il carattere della quale rappresenta l'elemento che la differenzia dalla scienza. Ma qui il

 processo termina: è impossibile cioè trovare V Ursprung dacui esso parte, né lo si può ricondurre ad un fondamento in¬condizionato o ad un criterio assoluto. La politica è indeter¬minata, tanto rispetto alla situazione in cui la decisione vie¬ne presa, quanto rispetto ai criteri a cui essa fa riferimento.

La dissociazione tra conoscenza ed azione, tra fatto e va¬lore, tra scienza e politica, non vuole tuttavia essere radi¬cale, ma anzi paradossalmente di tipo conciliativo; essa infatti ha solo natura chiarificatrice: la scienza aiuterà l'uomoa sapere ciò che egli vuole, senza peraltro prescrivergli ciòche deve volere. Cosa che si può attuare solo delimitandol'essenza logica di ciascuna attività e il suo proprio cam¬

 po d 'azione, ovvero la natura dei problemi che l 'una e l 'altrasono in grado di risolvere con i mezzi loro propri.

2 . Contro l a s trumenta l i zzaz i one de l l ' e t i ca

«Ma appunto perciò, non deve mancare all 'azione politica questo suo significato di servire a una causa, ove essa debba avere una sua intima consistenza»'5 .

Dal momento che la politica è intendere ed agire e che la

15. La politica come professione, cit., p. 104 [437]. y'  ,/K % "%>

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 possibili tà dell ' intendere è vincolata dalla possibilità di spie¬gazione causale dei fenomeni a cui l'intendere si dirige,Weber inizia con l'esaminare i fattori preliminari, con il con¬siderare cioè la natura dei fattori casuali che spingono l'uomo

a cercare e a utilizzare il potere. Una ricerca di questo ge¬nere è destinata a restare senza esito in quanto tocca diret¬tamente quegli argomenti «sociologicamente irrilevanti» og¬getto solo di diffidenza da parte di Weber, fin troppo con¬sapevole dell 'impossibilità di determinazione della naturadella causa in nome della quale l'individuo è spinto al potere.

L'indeterminatezza della causa purtuttavia non deve vol¬gersi in disinteresse per essa. I fattori soggettivi che spin¬

gono un uomo alla politica, se è vero che sono sociologi¬camente irrilevanti in quanto arbitrari, non sono senza esi¬to nei riguardi dell 'azione politica. Molte mosse politicheconsiderate errate o assurde possono giustificarsi o megliocomprendersi e assumere un significato, se si ha riguardoalla persona che le ha poste in essere. L'uomo spinto a ser¬vire la politica per motivi nazionali agirà diversamente dal¬l'uomo spinto da fini sociali, o etici, o culturali, o umani¬

tari, profani o religiosi, o addirittura dall'uomo che, rifiu¬tando un'idea ed i valori di questa, cerca di conseguire fi¬ni puramente materiali. Perché allora rigettare questi fat¬tori relegandoli nel sociologicamente irrilevante quando al¬la fine sono proprio questi a condizionare l 'azione conno¬tandone anzi la rilevanza sociologica?

Weber si sottrae all'antitesi enfatizzando il momento fi¬deistico: quali che siano i principi ispiratori, una cosa è

veramente necessaria: una fede.Ma ammettere e porre come condizione l 'esistenza di

una fede quale essa sia (ovvero quale che siano i suoi prin¬cipi ispiratori), non è forse ammettere implicitamente chequesta è elemento determinante e discriminante ai fini del¬l'azione politica e che quindi lo saranno anche quei prin¬cipi ispiratori che prima erano stati accantonati?

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Il problema non trova risposta esplicita in Weber, o per meglio dire la risposta è insita nel fatto che si torna ad in¬dagare nei rapporti tra etica e politica. Dal discorso sullafede Weber entra nel vivo del problema venendo a parla¬

re dell 'etica.In che senso quest 'ult ima si pone come «causa», moti¬

vo, dell 'agire politico? Per dare una risposta a tale quesi¬to, Weber deve chiarire un uso improprio dell 'etica nella

 polit ica.L'etica viene così liberata da quei falsi significati, che

spesso sono utilizzati come mezzo di giustificazione per azioni con le quali l'etica non avrebbe nulla a che fare. E

necessario, dice Weber, che «sgombriamo innanzitutto ilterreno da una deformazione di bassa lega»1 6 : è il caso incui l 'etica assume «un ufficio che moralmente è deleterioa l mass imo grado» 1 7 .

«È raro che un uomo il quale si stacchi da una donna per essersi innamorato di un 'al t ra , non senta il b isogno digiustificarsi davanti a se stesso col dire che la prima nonera più degna del suo amore o che lo aveva ingannato, o

addirittura altri "motivi" del genere. Si tratta di una cortesia con cui si cerca di dare una indoratura di "legittimità"al semplice fatto ineluttabile che non si ama più e che ladonna deve sopportarne le conseguenze»1 8 .

L'esempio weberiano è teso a condannare quelle false prese di pos izione in nome di principi etici che celano in¬vece — attraverso un procedimento di auto-giustificazione — nulla più che il desiderio di raggiungere i! proprio

interesse.Un altro esempio, l'esempio più classico, è l'atteggiamento

di Weber nei confronti del primo conflitto mondiale.

16. Ivi, p. 104 (438J.17. Ibid.

18. Ibid.

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3. I l fariseismo del la pace

 Negli anni seguenti al pr imo conflitto mondia le , e pre

ci sa me nt e nel 1919, We be r si rec ò a Par igi con la com¬

mis sio ne per la rip ara zio ne dei dan ni di gu err a, collabo¬rando alla redazione del Libro bianco tedesco. In esso

Weber tentò di controbattere le accuse mosse alla Germania

quale unica responsabile della guerra. Qualche anno pri

ma, nel 1916, era int er ven uto nella dis cus sio ne tra Gertrud 

Bàumer ed una pacifista svizzera in occasione della pole

mica apparsa nel mensile Die Frau sul significato della

guerr a, con una lette ra alla stessa Bà um er , sul tem a La leg

ge del Vangelo e la legge della patria19.

«La discussione sul significato della nostra guerra», esor

disce Weber, «potrebbe forse essere completata dando mag¬

giore risalto ad un punto di vista che certamente Lei [G.

19. Zwischen zwei Gesetzen, in Die Frau, febbraio 1916, ora anche in W.J. Mommsen, G. Hiibinger (a cura di), Max Weber. Zur 

Politile im Weltkrieg, Schriften und Reden 1914-1918, Tiibingen, 1988, pp. 39-41 , trad. it. Tra due leggi, in Scritti politici, Catania, 1970, pp. 119-123, e poi (a cura di) A. Roversi, in La critica sociologica,n. 53 , 1980, pp . 112-115. Su ques to testo anche le osservazioni di G.Roth, La nostra responsabilità di fronte alla storia.Le due etiche di

 Max Weber e il movimento pacifista, in Rassegna italiana di socio¬logia, 3, 1983, pp. 333-359 (trad. it. di A. Dal La go ), e dello stessoRoth, Die erste Weltkrieg: Trauen und Nationalismus, in MarianneWeber und ihr Kreis; introduzione a Marianne Weber, Max Weber,Ein Lebensbild, Miinchen, 1989, pp. 341-342, ancora di G. Roth,Politisene Herrschaft und persónliche Freiheit, Heidelberger MaxWeber-Vorlesungen, 1983, Frankfurt a. M., 1987, in part. pp. 201¬230; ancora sul tema della guerra sono gli articoli dì Weber pubbli¬cati ne ll 'e st at e del 1917 sulla Frankfurter Zeitung poi rielaborati econfluiti nell'opera, Parlamento e governo nel nuovo ordinamentodella Germania (1918), cit. ; cfr. in proposito la recente raccolta M.Weber, Zur Politik in Weltkrieg-Schriften und Reden 1914-1918, cit.e la nota critica dei due curatori alla Zwischen zwei Gesetzen, p. 376.

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Bà um er] saprà appr ezzare : quello della nostra responsabi¬lità di fronte alla storia (unserer Verantwortung vor der Geschichte) espressione che io trovo comunque un po' pa-t e t i c a » 2 0 .

Weber distingue i compiti di un popolo organizzato inuno Stato di potenza annoverato tra i «grandi» ed i com¬

 piti che at tendono popoli «piccoli» quali gli Svizzeri , iDanesi, gli Olandesi e i Norvegesi. La potenza di un po¬ polo, dice Weber ch iamando in causa Burckhardt , deve es¬sere valutata alla luce delle "qualità culturali" che ogni po¬

 polo cus todisce: «Non i Danesi , gli Svizzeri, gli Olandesio i Norvegesi saranno chiamati a rispondere davanti alle

generazioni future, e specialmente davanti ai nostri discen¬denti, se si permettesse senza combattere che la potenzamondiale [... ] fosse spartita tra i regolamenti dei funzio¬nari russi e le convenzioni della society anglosassone, ma¬gari con un tocco di raison latina. Ma noi.» 2 1 , aggiungeWeber, «E a ragione». Perché è Io stato tedesco che inquanto «Stato di potenza» potrà all 'occasione gettare sul

 piatto della b i lancia tutto il suo p e s o2 2 ; perché ad esso in¬

fatti spetta e non a quei popoli «il dannato dovere e l'obbligo

20. Ivi, p. 112 [39]. Su Max Weber tra elica e pacifismo si vedaG. Roth, La nostra responsabilità di fronte alla storia, cit. e dellostesso, Politisene Herrschaft undpersònliche Freiheit, cit., in part.

 pp. 201 e ss. Sul contesto storico del tempo cfr. il paragrafo conclu¬sivo di W.J. Mommsen, in M. Weber, Zur Politik im Weltkrieg, cit.,

 p. 363 e ss. e dello stesso Mommsen la bibliografia conclusiva in

 Max Weber und die deutsche Politik 1890-1920, Tiibingen, 1959, congli interventi dei contemporanei di Weber. Sempre di Mommsen siveda, Max Weber, Gesellschaft, Politik und Geschichte, Frankfurt a.Main 1974 recentemente ripubblicato (1982) con l'aggiunta di un sag¬gio nuovo, "Verstehen" und "Idealtypus". Zur Methodologie einer historischen Sozialwissenschaft, pp. 208-233.

2 1 . Ivi, p. 113 [39].22. Ibid.

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davanti alla storia, vale a dire: davanti ai posteri, di impe¬dire che quelle due potenze invadano il mondo intero»2 3 .

 Negarsi a questo dovere significa pensare il Reich comenull'altro che «un costoso e futile lusso per giunta delete¬

rio». Mentre non è «svizzerizzando» (Verschweizerung) lanatura dello stato tedesco che si affrontano i problemi di

 poli t ica estera. Ma non solo, insiste Weber, perché un gra¬ve errore sarebbe «il credere che una formazione politicaquale il Reich tedesco possa decidere volontariamente didedicarsi ad una politica pacifica, come si preoccupa di fa¬re la Svizzera, del tipo: limitarsi a difendere le propriefrontiere con una buona milizia»2 4 .

Questo atteggiamento non salva dalle mire espansioni¬stiche, ne è un esempio l'Austria che «di tutti i grandi Statiera certamente il più libero da mire espansionistiche e che

 proprio per ciò ... è stato il più min ac ci at o» . Solo la poli¬tica di potenza pone un freno alla minaccia del¬l 'espansionismo (russo). Minaccia reale, anzi, «destino»che tutte le «chiacchiere pacifiste» non possono certocambiare. E un'arringa appassionata questa di Weber con¬tro quello che lui chiama il «pacifismo farisaico» che è il

 pacifismo «delle dame americane (di entrambi i sessi!)»che è «veramente l 'ipocrisia più penosa che — del tuttoingenuamente! — sia mai stata pronunciata e propaganda¬ta da un tavolo da tè, col modo tipicamente farisaico del

25

 parassita che fa buoni affari con i barbari delle t r in c ee »2 5 ;è un'arringa appassionata contro la «penosa ipocrisia» di

una «neutralità» come quella antimilitarista della Svizzerache è «incomprensione ugualmente farisaica (pharisàischer)

 per il tragico»; non è questo il modo per invocare l 'etica

23 . ìhid.

24. Ibid. [40L25. hi p. 114 [40].

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evangelica, giacché da queste discussioni o il Vangelo vie¬ne lasciato fuori oppure è bene parlarne seriamente26 .

Della «ineluttabile responsabilità verso la storia» (unen-trinnbare Verantwortung vor der Geschichte) come respon¬

sabilità verso i paesi più piccoli («è nostro destino essereun popolo di settanta milioni e non di sette») con quasi lestesse parole (la posterità non chiederà conto agli Svizzeri,Danesi, Olandesi e Norvegesi del modo in cui è stata pla¬smata la cultura mondiale...) Weber tornerà a parlare in undiscorso tenuto a Monaco nell 'ottobre dello stesso anno2 7

e di nuovo ancora nel 1919 in Politile als Beruf, dove af¬fronta anche il problema dei vinti. «Dopo una guerra, an¬

ziché andare in cerca del "colpevole" con mentalità di don¬nicciole laddove è stata la struttura della società a deter¬minare la guerra — un atteggiamento virile e austero det¬ta queste parole: «Abbiamo perso la guerra, voi l 'avetevinta. Questa è cosa fatta: parliamo ora di quali conseguen¬ze bisogna trarne in relazione agli interessi concreti che

26 . Ibid.

27. Si tratta del discorso del 27 ottobre del 1916, Deutschland un-ter den europàischen Weltmachten, trad. it., La Germania tra le po¬tenze europee, in M. Weber, Scritti politici, cit., del testo di tale di¬scorso che per problemi di censura non venne pubblicato esistono treversioni, cfr. in merito le note dei curatori dell'edizione crùica MaxWeber Gesamtausgabe, a cura di H. Baier, M. Rainer Leps ius, W.J.Mommsen, W. Schluchter, J. Winckelmann, Tùbingen, 1981, p. 34, eanche la nota in W.J. Mommsen, G. Hùbinger (a cura di), Max Weber,

 Zur Politile im Weltkrieg, cit., p. 383-384. Le citazioni sono del te¬sto tedesco rispettivamente a p. 78 e 77. Non è questo il luogo per affrontare tali tematiche ma certamente questo tema della responsa¬

 bi lità di fronte alla storia oggi così ripreso dall 'attuale dibatt ito sto¬riografico [si veda per  lutti Aa. Vv., Germania un passato che non

 passa (a cura di CE . Rusconi) , Torino, 1987] dovrebbe forse fare iconti anche con un certo Weber. In proposito ad es. il saggio di E.

 Nolte, Max Weber vor dem Faschismus, in Der Staat, voi. Il, 1963.

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erano in gioco, e — questo è l'essenziale — in vista del¬

la responsabilità di fronte all 'avvenire, la quale grava spe¬

cialmente sul vinci tore» 2 8 .

«Una nazione perdona una lesione dei propri interessi,non l'offesa del proprio onore, meno che mai quando que¬

sta è perpe t ra ta con prepotenza fa r i sa ica (pfàffische

 Rechtshaberei)»29.

Si tratta di una accusa verso chi tende ad umiliare il paese

vinto in maniera tale da esasperarlo al punto, da rendere ine¬

vitabile il formarsi del rancore e dello spirito di vendetta.

Se vi ce ve rs a si vu ol e pa rl ar e di colpa , q ues ta è solo po¬

litica; e volere immischiare l 'etica in questi casi è assurdo; dove l'etica entra, con questa forma e entra come par¬

te determinante, ha come unico effetto appunto di sfalsa¬

re il problema nascondendo gli interessi materiali, che so¬

no i veri ispiratori di una tale condotta "etica".

28. La politica come professione, cit., p. 105 [438-439] .29. Ivi, pp. 105-106 [439] , Tien conto ricordare come in quegl i

stessi anni un altro grande sociologo intervenisse con ben altra pro¬spettiva su questi stessi temi. Si tratta di Emile Durkheim, il qualeviene nominato nel 1915 responsabile del comitato per la pubblica¬zione di studi e documenti sulla guerra; comitato che annoverava pe¬raltro tra i suoi membri alcuni tra i più illustri rappresentanti dellacultura francese del tempo, (Bédier, Bergson, Boutroux, Lanson,Seignobos); in quella sede, Durkheim pone apertamente la questionedi quali siano i responsabili della guerra, e risponde all'interrogativoin termini di colpa ed in particolare di colpa tedesca-, cfr. E. Durkheim,

Qui a voulu la guerre? Les origines de la guerre d'après les docu-ments diplomatiques, Paris, 1915; e ancora, L'Allemagne au-dessusde tout: la mentalità allemande et la guerre, Paris , 1913, su questotema, S. Andrini, Conflitto e guerra nella sociologia durkheimiana,in Nuova Antologia, Apr. 1975. Come si è vi sto, nel 1919 sarà inve¬ce Weber a recarsi come esperto a Versailles con la delegazione per la pace, ed a redigere con Delbriick, Montgelas, e Mendelssohn-Bartholdy il Libro bianco tedesco (supra), proprio contro la tesi del¬la Germania quale unica responsabile della guerra.

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II vincitore cercherà di trarre il massimo vantaggio dal¬la sua vittoria sia negli interessi materiali che in quelli mo¬rali, e da parte sua il vinto spererà, mercanteggiando il ri¬

conoscimento della sua colpa, di ottenere qualche van¬taggio.Lo sde gn o di We be r pe r azioni siffatte è eno rme: «S e vi

è qualcosa di "abietto" (gemein), è appunto questo, ed èla conseguenza di quel modo di valersi dell '«etica» comemez zo per la «so per chi eri a». Solo in ve ce sovv ert end o i dueconcetti di colpa e responsabilità è possibile superare la«mentalità da donnicciuole» perché non di colpa di qual¬

cuno si deve parlare ma di struttura della società, che so¬la determina la guerra (den Krieg erzeugt). Non diversa¬mente, se di responsabilità bisogna parlare è sempre di«responsabilità di fronte all 'avvenire» che allora si deve

 parlare ed essa grava non sul vinto ma sul vincitore. Compitodell'uomo politico è di occuparsi infatti del futuro e del¬le possibilità di fronte ad esso e non della questione«politicamente sterile perché insolubile — della colpa con¬

nessa al passato»3 0

.È all 'interno di questa condizione spirituale che Weber 

introduce il discorso prima sui rapporti tra politica ed eti¬ca e poi sull'etica della politica.

4. La dupl ice natura del l 'et ica e i l suo rapporto con

la pol i t ica

La politica e l'etica sono due sfere separate, oppurel'etica è capace d'imporre delle identiche limitazioni airapporti di vita più disparati (per cui anche alla politica),

 p rescindendo dal loro contenuto?

30. Ibid.

 Ili

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E se quest'ultima affermazione è vera, come si può ap¬ plicare u n 'u n ica unità di misura a contenuti tanto diversiquali possono essere relazioni commerciali, private o pub¬

 bl iche?

Per risolvere il problema, Weber imposta la questionead un altro livello. Per dimostrare che è impossibile cheun unico concetto si adatti a tutti i contenuti e che tutta¬via etica e politica non sono completamente separate, cer¬ca di vedere se la soluzione dei due problemi che sembra¬no inconciliabili non sia da ricercarsi invece proprio nel¬la doppia natura dell 'etica.

Due sono infatti le forme fondamentali di etica: l'una posta in aperta e irriducibile antitesi con la politica, l 'altraaperta ad una possibilità di conciliazione ma carente di una

 base per giustificare moralmente l 'azione politica.La prima, l 'etica dell 'intenzione, è l 'etica di cui Weber 

vede la suprema espressione nel sermone della montagna.È l'autentica etica cristiana nella sua indifferenza alle con¬dizioni del mondo, un'etica che una volta accettata non

 può più ven ire r i f iu tata3 1 .Dato il carattere pienamente vincolante e contrario ai

compromessi dell 'etica assoluta, questa è incompatibile conl'attività dell 'uomo politico, il quale si troverebbe dinan¬zi una vita piena di incoerenze e non sensi, se ne seguis¬se i precetti.

E evidente, spiega Weber, che ad un precetto del tipo«porgi l 'altra guancia», cui l 'etica evangelica ordina diadempiere incondizionatamente senza domandare quale do¬vere abbia l'altro di capire, il politico non può obbedireconsiderandolo espressione non di un'etica assoluta ma di

31 . Ivi, p. 107 [440]. «Non è da prendersi a scherzo. Vale per es¬sa quel che è stato detto a proposito della causalità nella scienza: nonè una carrozza di piazza di cui si possa disporre per salirvi o scen¬derne a proprio piacere».

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un'«etica della mancanza di dignità» . Così pure se l'eticadell 'amore comanda di non resistere al male con la vio¬lenza, per il politico il precetto dovrà essere formulato al¬l'inverso: «Devi resistere al male con la violenza altrimen

ti sarai responsabile se essa prevale»3 3

.Ed infine il dovere incondizionato della verità, per il po¬

litico è un intralcio non indifferente, in quanto l 'azione po¬litica è tesa a perseguire effetti generalmente non manifesti.

La fedeltà a questo tipo di etica non fa conto delle con¬seguenze, pretende l 'obbedienza assoluta del costi quel checosti. È una etica perciò irrelativa e non solo rispetto aimezzi a cui è vincolato il valore che essa intende realiz¬zare (in quanto vuole perseguire un certo valore posto co¬me scopo assoluto indipendentemente dalla possibili tà diattuarlo di fatto nel mondo), ma anche rispetto alle altresfere di valori: i quali o vengono subordinati al valore as¬soluto che essa proclama oppure non sono valori.

È a causa di questa incompatibilità che Weber sentel'esigenza di far affiorare un altro concetto di etica che te¬nendo conto delle conseguenze, il calcolo delle quali nonsolo è necessario ma è essenziale per il politico, sia ancheun'etica razionale: la quale non soltanto pone a propriofondamento un certo valore, ma cerca anche di realizzar¬lo di fatto nel mondo, scegliendo i mezzi necessari a talescopo. Il suo centro di gravità non è come per l'etica del¬l ' intenzione posto unicamente nello scopo ma nel rappor¬to mezzi-scopo, ed essa risulta in relazione non solo conle condizioni che consentono la realizzazione di un certo

32. Ivi, p. 106 [439] e ss. : «la guerra, una volta finita, dovrebbeessere sepolta almeno sul piano morale. Ciò è possibile solo median¬te l'oggettività e la cavalleria ma soprattutto mediante la dignità. Nonmai mediante una "etica", la quale in realtà significa mancanza di di¬gnità da ambo le parti».

33. Ivi, p. 108 [440].

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valore, ma anche con le altre sfere di valori con cui essase vuol pervenire al proprio scopo deve pur fare i conti.

La distinzione comunque tra Gesinnungsethik  (etica della intenzione) e Verantwortungsethik  (etica della respon¬

sabilità) non comporta un rapporto di esclusione recipro¬ca, dire etica della intenzione non significa dire assenzadi responsabilità e dire etica della responsabilità non si¬gnifica dire assenza di intenzione3 4 . Quello che Weber vuole dimostrare è l'esistenza nei due tipi di etica, di duetipi di responsabilità differenti tra loro: nella prima la re¬sponsabilità è riferita al virtuale, all 'idea, alla convinzio¬ne (sono coerente con la mia convinzione quindi libero da

ogni altro tipo di responsabilità in quanto sono già assol¬to con l 'adesione completa alla convinzione della mia re¬sponsabilità); nella seconda invece è riferita al fattuale(faccio questa azione e ne sopporto le conseguenze per 

34. Ivi, pp. 109-110 [441-442]: «A un convinto sindacalista il qua¬le si regoli secondo l'etica della intenzione potrete esporre con la

massima forza di persuasione che la sua azione avrà per conseguen¬za l'oppressione della sua classe e di impedirne l'ascesa: ciò non glifarà la minima impressione. Se le conseguenze di un'azione determi¬nata da una convinzione pura sono cattive, ne sarà responsabile, se¬condo costui, non l'agente ma bensì il mondo o la stupidità altrui ola volontà divina che li ha creati tali. Chi invece ragiona secondol'etica della responsabilità tiene appunto conto di quei difetti presen¬ti nella media degli uomini; egli non ha alcun diritto — come giustamente ha detto Fichte — di presupporre in loro bontà e perfezio¬ne, non si sente autorizzato ad attribuire ad altri le conseguenze del¬la propria azione, fin dove poteva prevederla. Costui dirà: «questeconseguenze saranno imputate al mio operato». L'uomo morale se¬condo l'etica della intenzione si sente «responsabile» solo quanto aldovere di tenere accesa la fiamma della convinzione pura, per esem¬

 pio quella della protesta contro l'ingiustizia dell'ordinamento socia¬le. Ravvivarla continuamente, è questo lo scopo delle sue azioni as¬solutamente irrazionali — a giudicarle dal loro possibile risultato — le quali possono e devono avere un valore soltanto di esempio».

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cui il mero mio atto non mi libera dalla mia responsabi¬lità).

Considerare o no le conseguenze significa credere o noall 'azione politica. Il punto critico dell 'etica della inten¬

zione sta nel suo procedere per proprio conto staccata dalmo n d o , indifferente alla po lit ica, nel suo pe rs eg ui re il va¬lore radicato senza curarsi di provvedere i mezzi che pos¬sono consentirne la realizzazione. E questo solo per indif¬ferenza al mondo, non per esigenza di evasione, in quan¬to ad essa è.dato di poter prescindere dalla possibilità direalizzare il valore cui fa costante riferimento, essendo lavalidità di questo cui essa mira incondizionata e comple¬

tam ent e indip enden te dalla sua pratica real izza zio ne. Suquesto terreno la politica nulla può aggiungere, può anzitutt 'al più, solo rischiare di contaminarla nel contatto con

3 5

l ' i r razional i tà del mondo 3 5 .A questa posizione irrelativa dell 'etica della intenzione

ne corrisponde una affatto intramondana come è quella del¬l'etica della responsabilità cui invece la considerazione delrapporto tra mezzi e scopo e quindi anche la considerazio¬

ne delle situazioni di fatto, in cui l'agire umano deve espli¬carsi, è non solo essenziale ma costitutiva.

Il fine principale di questa infatti è la realizzazione ef¬fettiva di un certo valore da essa assunto come scopo, e la

 pol it ica è il luogo priv ilegiato per t rovare i mezzi che leconsentano tale realizzazione.

Riconoscere il significato della politica da parte di que¬sta forma di etica non vuole dire però darne una giustifi¬

cazione morale .Infatti, se è vero che la politica implica un rapporto con la

irrazionalità del mondo e con il male che questo comprende,con la violenza che in esso appare, quale che sia la configu¬razione di questo rapporto, è impossibile la sua eliminazione.

35. Ivi, pp. 116-117 [447J

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È in questa luce che bisogna intendere le parole di Weber:«Chi vuole occuparsi di politica in genere, ma soprattuttodella politica come professione deve essere consapevole diquei paradossi etici e della propria responsabilità di fron¬

te a ciò che egli può divenire per effetto di quelli»3 6

.L'uomo politico entra in contatto con le forze diaboli¬

che che sono in agguato in ogni violenza, «Chi anela allasalute della propria anima e alla salvezza di quelle altruinon la cerca attraverso la politica, la quale si propone com¬

 piti del tut to diversi e ta li che possono essere risolti sol¬tanto con la violenza» 3 7 .

L'autonomia delle due etiche tuttavia non risolve anco¬ra il problema del rapporto fra etica e politica. L'aver di¬stinto le due etiche che sono alla base dei conflitti fra lacoscienza morale e quella politica non produce esiti con¬solatori. Il conflitto etico presente al fondo nel rapportofra politica ed etica riemerge nel problema della scelta deimezzi per poter agire.

5. L'et ica del la potenza

Scrive Weber: «se si debba seguire l'etica della inten¬zione o quella della responsabilità, e quando I'una e quan¬do l 'altra, nessuno è in grado di determinarlo»3 8 .

È il quando, sono il qui e l'ora, che pongono sempre la possibili tà del conflitto fra le due et iche. II qui e l 'ora, la

situazione, da un lato sollevano il problema della determi¬nazione, del determinarsi per e secondo l'una o l'altra del¬le etiche, dall 'altro lato affermano l 'impossibilità di deter-

3 6 . Ibid.

3 7 . ibid.

38. Ivi, p. 118 [448].

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minarsi; perché sottraggono ogni capacità di individuareun qualsiasi criterio di azione, di individuare ciò per cuiqualcosa si possa in genere dire essersi determinato.

Il qui e l'ora, la situazione, sono quasi colpiti da una

forma radicale di afasia. Così come afasiche appaiono quel¬le azioni e quelle situazioni che costituiscono un mezzo

 per il ragg iu ng imen to di un qualche scopo.Tuttavia la mancanza di parola propria dei mezzi, delle

situazioni, non è pura indifferenza rispetto all'etica; è so¬lo la semplice assenza di un criterio di armonizzazione deidue principi etici. Ed è per questo che il problema eticonon tramonta affatto di fronte alla irripetibile condizione

del singolo; esso anzi continua a sussistere senza criteriodi ordinamento, continua a sussistere come costante irri¬mediabile conflitto fra le possibilità etiche.

 Nella scelta dei mezzi in realtà non si dà mai una per¬fetta indifferenza rispetto all'etica. Lo stesso agire politi¬co diretto al puro e semplice raggiungimento di uno sco¬

 po non è affatto qualcosa di privo di senso et ico. È all 'opposto l 'elevarsi della pura strumentalità da fatto a va¬

lore, a valore che paradossalmente non vuol guardare alleconseguenze. È la strumentalità posta come contenuto diun'etica dell ' intenzione. È il rovesciamento speculare diquesta.

La svalutazione del machiavellismo operata da Weber ha le sue radici profonde nella natura etica di esso. Il ma¬chiavellismo è qualcosa di apparente, di falso, se non com¬

 prende, come spesso non comprende, la sua vera natura.

Ma se quest 'ult ima viene riconosciuta, allora appare comeinconciliabile con le propensioni etiche delio stesso Weber,con il suo parteggiare per l 'etica della responsabilità.

Il qui e l'ora dunque tacciono, ma non eliminano il sor¬gere di possibilità etiche; anzi le liberano e in questo pro¬cesso le lasciano configgere Cuna con l 'altra. La situazio¬ne proprio per ia sua indeterminatezza etica, ma a! con-

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tempo proprio per il suo riferimento al gioco delle etiche,è apertura, non chiusura, ad una quale che sia condizioneetica.

Di fronte a questa apertura etica della situazione Weber 

rifugge da cedimenti consolatori tesi ad eliminare il con¬flitto. Vuole sì trovare un metro di scelta fra le due con¬dizioni della coscienza morale, ma senza far cessare la lo¬ro interna tensione.

Weber cerca di evitare solo la sterilità del conflitto, ilgioco dell 'infinito costante rinvio ora all 'un tipo, ora al¬l'altro tipo di etica. Solo questo specifico tipo di conflit¬to tende ad eliminare perché rende impotenti all 'azione.

 Nel costante rinvio, infatti, la coscienza cessa di risolver¬si e finisce per mancare proprio di fronte ai problemi a cuila realtà chiama perentoriamente.

Solo questa sterilità Weber rifiuta e solo in tal senso si pone alla ricerca di un tentativo di armonizzazione .

In che senso e in che modo è tuttavia possibile una ta¬le armonizzazione? Weber non dà una risposta esplicita.Fornisce però una traccia per comprendere la via da segui¬

re. Nella sua propensione per l 'etica della responsabilità,il conflitto non cessa affatto. «Si rimane [... ] profondamen¬te colpiti quando un uomo maturo [...} il quale senta real¬mente e con tutta l 'anima questa responsabilità per le con¬seguenze e agisca secondo l 'etica della responsabilità, di¬ce a un certo punto: "Non posso far diversamente, da quinon mi muovo"» 3 9 .

 No n è arduo sentire qui echi nietzschiani «Ma colui ilquale può accingersi a questa impresa deve essere un ca¬

 po, non solo, ma anche in un senso mol to sobrio della pa¬rola — un eroe. E anche chi non sia né l'uno né l'altro,deve foggiarsi quella tempra d'animo tale da poter regge-

39. Ivi, p. 119 [448].

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re anche al crollo di tutte le speranze, e fin da ora, altri¬menti non sarà nemmeno in grado di portare a compimen¬to quel poco che oggi è possibile»4 0 .

Colui che segue l'etica della responsabilità non vive nel¬

la sicurezza della convinzione; deve all 'opposto reggere,foggiarsi una tempra e deve far ciò proprio perché i prin¬cipi direttivi dell'agire, i principi etici svolgono tutto il lo¬ro conflitto nella coscienza interiore.

Dove armonizzare non significa eliminare, sopire, sop¬ pr imere il conflitto, ma solo sottrarlo alla sterilità di uninfinito rinvio, armonizzare il conflitto significa nuli 'altroche sottrarsi alla condanna all ' impotenza dell 'azione.

Il tentativo di armonizzare i due principi etici nasce dun¬que in Weber per evitare la crisi della possibilità di agire,e viceversa per avere la possibilità di vivere il conflittocome azione e nell 'azione.

Si delinea così il motivo profondo che spinge Weber verso un'etica della responsabilità. Questa non solo deter¬mina l 'azione, analogamente a quanto può fare l 'etica del¬la intenzione, ma interiorizza per di più il conflitto. Mentre

l'agire retto da un'etica dell 'intenzione pone o vive il con¬flitto come qualcosa di esterno di separato da se: qui le"anime belle", là la politica; quello retto dall 'etica dellaresponsabilità interiorizza il conflitto, lo rende alla sua in¬distinzione. Lo fa suo, se lo assume come fardello della

 propria cosc ienza morale.

Perché questa scelta da parte di Weber? Qui torna con prepo tenza la situazione, quella storica, quella particolaredi fronte alla quale si è venuta a trovare la cultura euro¬

 pea in un certo mo men to del suo svi luppo. È con riferi¬mento alla situazione che va valutata la scelta di Weber.Egli si risolve all 'etica delia responsabilità perché finisce

40. F. Nietzsche, La gaia scienza, af. 318, in Opere, V, § 2, Milano,1965, p. 185.

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 per r i tenere irrazionale nella propria condizione storica nonassumere su di sé, non interiorizzare il conflitto.

Il problema di fronte al quale Weber si trova è il se¬guente: è realmente possibile considerare i l nemico come

qualcosa di esterno?Il decisionismo di Karl Schmitt finirà per dare una ri¬

sposta affermativa a questo problema. Weber intuiscel'irrazionalità di una tale possibile risposta. L'etica del¬l 'intenzione, radicalmente secolarizzata nel decisionismo,non è e non avrebbe potuto essere la via intrapresa daWeber. Essa sfocia nell'irrazionalità rispetto ad una possi¬ bile valu tazione della situazione storica, a quella possibi¬

le valutazione che anche un altro grande del suo tempo,Friederich Nietzsche, aveva dato: «[... ] ci sono uomini iquali , all 'approssimarsi del grande dolore odono il gridoesattamente opposto e che mai come quando la procella sista levando v'affissano gli occhi con maggiore fierezza,combattività e gioia; anzi è il dolore stesso a dar loro imomenti più grandi. Sono gli uomini eroici, i grandi por¬tatori di dolore del l 'umanità»4 1 .

L'etica dei portatori di dolore è un'etica della responsa¬ bilità. Essa guarda negli occhi la necessità, il conflitto elo assume. Non lo rifiuta, lo innalza a momento produtti¬vo dell'agire. Di un agire però libero da ogni morale au¬toritaria, da ogni organizzazione politica di dominio. È,questa organizzazione politica, quella fondata sull'etica del¬l'intenzione ed è contro di essa che Nietzsche sviluppa ilsuo pensiero sul nichilismo. Il nichilismo è un movimen¬to purificatore rispetto all 'assolutizzazione dell 'etica dellaconvinzione propria del Cristianesimo. Esso non ha affat¬to il fine dell 'abolizione dell 'etica, piuttosto si propone di

41. F. Nietzsche, Frammenti postumi, 1888-1889, § 25 [6], dicem bre 1888-gennaio 1889, § 2, in Opere, Vili, 3, Milano 1974, p. 410.

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liberarla dal dominio dell 'intenzione nel suo rovesciarsi inintenzione del dominio: «Non conosco niente che si op¬

 ponga al senso sublime della mia missione più profonda¬mente di questa esecranda istigazione all 'egoismo dei po¬

 poli e delle razze che p re tende ora al n ome di "grande po -l i t i ca"» 4 2 .

La stessa opera della volontà di potenza per Nietzschenon è affatto espressione del dominio egoistico degli Stati.È piuttosto la forza e la manifestazione del prodursi di unmondo storico e dei suoi valori. Essa comprende tutto, ilconflitto le è interno; la volontà di potenza Io assume, lorende produttivo di storia proprio perché non diretto alla

 pura e semplice indifferenza per gli altri e per le conse¬guenze del suo agire, alla soppressione del proprio nemi¬co, ma alla assunzione del dolore e della sofferenza, alla

 possibili tà che il conflitto sia creat ivo: emergere non diegoismi, ma di valori.

Weber, dunque, come Nietzsche. E tuttavia di quale eti¬ca della responsabilità si tratta? Le differenze spirituali fral'uno e l'altro non stanno in una diversità di etica, ma nel¬

la diversa valutazione che si deve dare di un medesimo at¬teggiamento morale .

E che un diverso valore abbiano le specifiche tonalitàspirituali di Weber e Nietzsche emerge nel differente rap¬

 porto che le due etiche della responsabil i tà hanno r ispet toal l 'e t ica del l ' intenzione.

In Weber c'è il tentativo di vivere un'etica dell 'intenzionecome etica della responsabili tà. In Nietzsche, all 'opposto,

l 'etica della responsabili tà viene assunta come tentativoestremo di poter vivere un'etica dell ' intenzione. Ciò nonsignifica naturalmente sostenere che Weber voglia a diffe¬renza di Nietzsche proporre una nuova diversa forma di

42. F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, parte II, cap. Dei com¬ passionevoli, in Opere, IV, 1, Milano, 1979, p. 107.

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etica, né ric on du rr e We be r a Ni et zs ch e senza prec ise riser¬

ve o condizioni 4 3 .

Weber esprime l 'esigenza di un'etica della intenzione

nelle forme della responsabilità. Nietzsche la esprime nel¬

la trasvalutazione della respo nsabi li tà nell ' int enz ione : «"Io

offro me stesso al mio amore, e ai prossimi come mei" -

così sentono di parlare tutti coloro che creano» 4 4 .

43. Su questo tema cfr. il recente intervento di Pietro Rossi: MaxWeber und die Welt von heute. Eine Diskussion mit Wilhelm Hennis,Wolfgang J. Mommsen und Pietro Rossi, in Aa. Vv., Max Weber. Ein

Symposion, cit., in part. p. 206 e le osservazioni di G. Calabro, // ri¬ fiuto della "storia universale" e il politeismo dei valori, in Aa. Vv., Max Weber e l'analisi del mondo moderno, Torino, 1981 , pp. 109-125.

44. F. Nietzsche, Così parlò Zarathystra, cit. p. 107. Sulla "parentela"di Max Weber con Nietzsche cfr. N. Bobbio, La teoria dello Stato edel potere, in Aa. Vv., Max Weber e l'analisi del mondo moderno,cit., p. 218; E. Fleischmann, De Weber à Nietzsche, in Archiveseuropéennes de sociologie, V, 1964, pp . 192-238, e soprattut to W.Mommsen, Max Weber-Gesellschaft, Politik undGeschichte, Frankfurt

a. Main, 1974; K.W. Deutsch, Discussione su Max Weber e la poli¬tica di potenza, in Aa. Vv., Max Weber e la sociologia oggi, cit., p.183. Per una linea tra Weber, Marx, Nietzsche e Freud, cfr. E.Baumgarten, Max Weber. Werk und Person, Tiibingen, 1964; anco¬ra K. Lowith, Die Entzauberung der Welt durch Wissenschaft, in

 Merkur, 18, 1964, pp. 501-519. Per un quadro bibliograf ico del¬l'influenza di Nietzsche sul pensiero tedesco e su Weber cfr. W.Hennis, Die Spuren Nietzsches im Werk Max Webers, in W. Hennis,

 Max Weber Fragestellung Studien zur Biographie des Werkes, Tiibingen,

1987, pp. 167-191, trad. it, Le tracce di Nietzsche nell'opera di MaxWeber, in Aa. Vv., Max Weber e le scienze sociali del suo tempo,cit., pp. 251-277; F. Cassano, Nichilismo e sociologia, in Aa. Vv.,

 Max Weber e le scienze sociali del suo tempo, cit., pp. 321-344; an¬cora sul nichilismo R. Eden, Politicai Leadership and Nihilism: AStudy of Weber and Nietzsche, Tampa, 1983 e dello stesso, Weber an¬d Nietzsche: Questioning the Liberation of Social Sciences from

 Historicism , in W.J. Mommsen, J. Osterhammel (a cura di), MaxWeber and his contemporaries..., cit., pp. 402-421 [557-579]; sul ten-

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In un'epoca di potenza degli Stati, Weber e Nietzsche aloro modo cercano di rifiutarsi, distinguendo fra una po¬tenza creatrice e una potenza di distruzione. Il primo, difronte all 'affermarsi di un'etica dell 'intenzione come do¬minio, rivendica le ragioni dell 'etica della responsabili tà.Il secondo, a causa della medesima esperienza, compie iltentat ivo estremo di una trasvalutazione del l 'e t ica del¬l'intenzione e nel far ciò eleva al più alto grado l'etica del¬la responsabili tà.

Il diverso modo di esperire un'etica della responsabili¬tà ha tuttavia rilevanti riflessi sulla rispettiva concezione

della politica di potenza. Qui emergono e vanno sottoli¬neate le differenze.In Nietzsche la volontà di potenza diviene legge fonda¬

mentale manifestantesi come tendenza al massimo dispie¬gamento della propria forza; diviene fine quindi, e non co¬me per Weber, solo me z z o 4 5 .

tativo di Weber di incorporare tra i suoi presupposti il nichilismo

nietzschiano cfr. A. Dal Lago, L'ordine infranto.Max Weber e i limi¬ti del razionalismo, Bologna, 1984; e ancora H. Baier, Friedrich

 Nietzsche und Max Weber in Amerika. Widerspriiche zweier politi-scher Kulturen in einem Buch von Robert Eden, in Nietzsche-Studien,16, 1987, pp . 430- 436. R. Schroeder, Nietzsche and Weber: Two«Prophets» of the Modem World, in S. Lash, S. Whimster (a curadi), Max Weber, Rationality and Modernity, London, 1987, pp. 207¬221; e G. Stauth, B.S. Turner, Nietzsche in Weber oder die Geburt des modernen Genius im professionellen Menschen ,in Zeitschrift fiir 

Soziologie, 15, 1986,pp. 81-94; D.J.K. PeukertDie "letztenMenschen". Beobachtungen zur Kulturkritik im Geschichtsbild Max Webers, inGeschichte und Gesellschaft, 12, 1986, pp. 425-442.

45 . Su Max Weber e la politica la letteratura è vas tiss ima. Ricordoqui solo i lavori più funzionali all'interno del mio discorso: W. J.Mommsen, Max Weber und die Deutsche Politik  (1890-1920), cit.,1959; dello stesso anche la raccolta di saggi che riprende direttamen¬te questi temi: Max Weber, Gesellschaft, Politik und Geschichte, cit.;J.P. Mayer, Max Weber und Friederich Meinecke in ihrem Verhàltnis

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II problema valutativo si traduce m problema creativo, al«tu devi» il creatore risponde «io voglio». La guerra o il pre¬dominio di una nazione su un'altra diviene pura espressione

 zur politischen Macht, Berlin, 1967; E. Nol te, Max Weber staatspo-litische Auffassungen in unserer Zeit, Frankfurt am Main - Bonn,1965, e dello stesso Max Weber vor dem Faschismus in Der Staat,cit., 1963; W. Schluchter, Wertfreiheit und Verantwortungsethik. ZumVerhàltnis von Wissenschaft und Politik bei Max Weber, Tiibingen,1971. Sulla pre minenza in Weber, a differenza della scienza pol iticaa lui contemporanea (ad es. Heinrich von Treitschke) di una teoriadel potere su una teoria dello Stato cfr. P. Rossi, Lo Stato moderno

e la sua razionalità, testo della relazione al convegno su «lEtat mo¬derne», 2-3, VII 1981, in P. Rossi, Razionalità e razionalizzazione,Milano , 1982; sulle dimens ioni pol itiche dei temi weberiani cfr. P.P.Portinaro, Max Weber.La democrazia come problema e la burocraziacome destino, Milano , 1987. Sul Weber poli tico e sulla possibili tà dicomprendere oggi meglio che ieri il suo nazionalismo, D. Beetham,

 Max Weber and the Analysis of Modem Politics, London, 1974, cheanalizza a fondo i saggi sulla Russia (1906-1917) di M. Weber: Zur 

 Lage der bùrgerlichen Demokratie in Russland  in Archiv fiir 

Sozialwissenschaft und Sozialpolitik, I, 1906 voi. XXII; RusslandsÙbergang zum Scheinkonstitutionalismus, in Archiv fùr Sozialwissenschaft und Sozialpolitik, XXIII, I 1906; Russland Ùbergang zur Scheindemokratie, in Die Hilfe, 6, 4, 1917, in par te tradotti an¬che in italiano (M. Weber, Sulla Russia, 1905-6,1917, Bologna, 1981).In proposito cfr. S. Segre, Weber e la Russia, 1905-611917, in Rassegnaitaliana di sociologia, 3, 1982, pp. 455-462 e la repl ica di P.P. Giglio li,

 Replica a Sandro Segre, ivi, pp. 463-468; ancora di D. Beetham, MaxWeber and the Theory of Modem Politics, Cambridge, 1985, trad. it.,

 La teoria politica di Max Weber,Bologna, 1988; W. J. Mommsen Der zeitgeschichtliche Kontext, in M. Weber, Zur Politik im Weltkrieg,

cit., pp. 363 e ss., e da ultimo l'introduzione di G. Roth alla riedi¬zione di Marianne Weber, Max Weber. A Biography, New Brunswick,1988 pubblicato anche nell'edizione tedesca, cfr. Marianne Weber,

 Max Weber. Ein Lebensbild, Miinchen , 1989; P. Silverman, The Responsability of Power in the Interdipendence of Science and Politicsin the Thought of the Young Max Weber, in Quaderni Fiorentini.Per la storia del pensiero giuridico moderno, 17, 1988.

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di quella medesima volontà creativa, e non come per Weber espressione del compimento di quella funzione di guida cheun popolo più evoluto assolve nel confronti degli altri popoli.

In Weber non c'è alcun processo di trascendente inve¬

stitura a popolo guida. Il popolo guida deve avere già insé una caratteristica propria atta a classificarlo come tale.E poiché questo segno non può venire né da manifestazio¬ni di uno spirito oggettivo, né da una vitalità, Weber lotrova appunto nella qualità che un popolo ha già al l ' internodel suo Stato: infatti la volontà di impotenza in patria non

 può essere unita alla volontà di potenza nel m o n d o4 6 . Eciò vuol dire che solo un popolo «poli t icamente maturo»

 può aspirare ad essere guida per gl i altri e che il fonda¬mento o meglio la giustificazione del potere di questo po¬

 polo risiede nella sua perfezione interna.La fede di Weber nel popolo tedesco è sì infinita, ma

non tocca mai punte metafisiche4 7 : è la fede nell 'uomo,nell 'uomo comune non nel superuomo è la fede nel tede¬sco tutto intero. Non si spiegherebbe, altrimenti, come do¬

 po la p r ima g u e r r a m o n d i a l e , q u a n d o la r i s p o s t a al¬

l ' interrogativo, di quale avrebbe dovuto essere nella storiail posto del popolo tedesco, sembrava ormai definitivamen¬te esaurita, Weber ebbe ancora il coraggio di credere nelcompito del suo popolo e, anche se in modo non chiaro osolo «fideistico», pur tuttavia non smise mai di considera¬re la continuazione della storia tedesca come una possibi¬lità ancora aperta.

46. Scrive Weber, nel 1917: «La "volontà dell 'impotenza" al¬l'interno (der Wille zur Ohnmachi), predicata dai letterati, non si con¬cilia con la "volontà della potenza" nel mondo, che sono andati stril¬lando fuori in modo tanto rumoroso», in Parlamento e Governo, cit., p. 195 [442].

47. Sul «salto nell'ebbrezza dell'oltreuomo» (Nietzsche) e sul«lavoro intellettuale a sovranità limitata» (Weber) cfr. F. Cassano,

 Nichilismo e sociologia, cit., p. 344.

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I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I Ha i IMU 

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M A X W E B E R " G I U R I S T A "U N I T I N E R A R I O B I B L I O G R A F I C O

Sono passati dieci anni dal convegno di studio svoltosia Castelgandolfo sul tema Max Weber e il diritto, conve¬gno che, all ' interno delle celebrazioni del sessantenariodalla morte di Max Weber, presentava per la prima voltain Italia un Weber diverso, inusitato, come era allora con¬siderato dal pubblico italiano il Weber «giuridico». Di quel¬le conversazioni, di quei contributi rimaneva traccia in unnumero unico della rivista Sociologia del diritto (1, 1981)

a quel tema dedicato e nel volume collettaneo dal titolo Max Weber ed il diritto (M il an o, 1981), a cura di Ren atoTreves , che inaugurava una pr ima, nuova, co l lana d iSociologia del diritto diretta dallo stesso Treves.

Quel volume, oggi non sempre ricordato, segnò l'ingresso, per così dire ufficiale, perché corale, del Weber «giuridico»in Italia. Contrariamente a quanto accadeva in Germania,in Italia i contributi specifici su questo tema non erano nu¬

merosi. Si pensi al saggio di A. Febbrajo, Per una rilettu¬ra della sociologia del diritto weberiano, in Sociologia deldiritto, III, 1976; al vo lu me di M.A . Tos can o, Evoluzionee crisi del mondo normativo: Durkheim e Weber, Bari ,1975; al mio saggio su Diritto e potere in Max Weber, in

Storia e politica, (X II I) che è del 1974 ; e, anc or a più ri¬salenti, alle osservazioni di Eligio Resta sulla importanzadella riflessione weberiana sul fenomeno giuridico, cfr. E.

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Resta, Le ipotesi della sociologia del diritto, Bari, 1972.Ancora in quegli anni, Eligio Resta tornava ai temi del rap¬

 porto tra dirit to e società in una prospet t iva weber iana nel¬l 'introduzione al suo volume Diritto e trasformazione so¬

ciale (Ba ri, 1978), nel qu ale , in olt re, ve ni va no antologiz¬zati i passi di Weber riguardo le qualità formali del dirit¬to moderno, la differenziazione dei campi del diritto so¬stanziale ed ancora riguardo il rapporto tra ordinamentogiuridico ed ordinamento economico.

II Weber giuridico non sfuggiva poi alla cultura priva¬tistica italiana, nel volume curato da Stefano Rodotà (cfr.S. Rodotà, // diritto privato nella società moderna, Bologna,

1971), nella parte IV dedicata al tema Attività economicae strumenti contrattuali, veniva antologizzato tra gli altrianche un brano di Weber sui significati pratici e i limitidella libertà contrattuale (pp. 343 ss. ).

Salvatore Veca ricordava il debito di Weber nei confron¬ti dei giuristi, di Radbruch in particolare, nella formazio¬ne del concetto di possibilità oggettiva e nella costruzio¬ne del modello di imputazione causale; cfr. S. Veca, Metodo

e condizioni dell' oggettività, in P. Rossi (a cura di), MaxWeber e l'analisi del mondo moderno, Torino, 198 1, pp.3-26.

Da allora gli studi sociologico-giuridici, come noto, sisono sempre più dilatati [per tutti, cfr. La sociologia deldiritto, (Mi lan o, 1966) e Nuovi sviluppi della sociologìadel diritto (Mi lan o, 1968) entr ambi a cura di Rena to Trevese dello stesso Treves, Sociologia del diritto. Origini, ri¬

cerche, problemi, To rin o, 1987 ] e con essi l'i nte res se pe r la ricostruzione di una immagine di un Weber «giurista».Quanto questa operazione possa essere utile e quali provefornire a favore o contro tale immagine è un tema che esu¬la da questa nota. Del resto, si interrogava in proposito giàPierangelo Schiera, tra i primi in Italia ad avere indagatosulla possibile fecondità di tale ricostruzione, e ad avere,

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anche, fornito in una nota — anch'essa poco ricordata — le coordinate essenziali .

Ai fini di tale indagine, ricordava Schiera come fossenecessario servirsi — e come lui stesso si fosse servito — 

del gran de man ual e di R. Stintzing, E. Lan dsb erg, Geschichteder deutschen Rechtswissenschaft  (Mùnchen-Berlin 1910, poi r is tampato nel 1 9 5 7 ) ; dell* Allgemeine Deutsche Biographie e della Neue Allgemeine Deutsche Biographie;consigliava infine di fare ampio ricorso alle Jugendbriefedi Max We be r (cfr. P. Schiera , Max Weber e la scienza giuridica dell'ottocento, in Aa. Vv., Max Weber e il diritto,eh., p. 94 , n. 17, di rec ent e pu bb lic ato anc he in edi zio ne

tedesca con i l t i tolo Max Weber und die deutsche Rechswissenschaft, in M. Rehbinder, K.P. Tieck (a cura di), Max Weber als Rechtssoziologe, Berli n 1987, pp . 127 -14 9;

avvertiva inoltre l 'esigenza di mettere in guardia contro i"pericoli di definizioni": «Definirlo [Max Weber] — sia

 pure "an che" — come storico o economista o giurista equi¬varrebbe mi pare a ridurre ad anacronistico enciclopedi¬smo ciò che invece in Weber è impianto unitario anche se

ancora contraddittorio e incompiuto» e questo perché si¬gnifi chereb be dim ent ica re che We be r fu «Un uom o, chelaureatosi con una tesi a carattere storico, ha successiva¬mente occupato cattedre di diritto ed economia, impiegandoi tempi morti ad approfondire le più scottanti tematichemetodologiche del tempo e a inventare nuovi campi di ap¬

 p l icazione della sociologia» (cfr. P. Schiera, Max Weber ela scienza giuridica dell'Ottocento, in Aa. Vv„ Max Weber e il diritto, cit., p. 86). Chi ha avuto la pazienza di segui¬re questo mio lavoro fino a giungere a questa nota biblio¬grafica potrà meglio comprendere l 'enfasi posta nella di¬chiarata totale adesione a questa posizione. Tutta l 'analisie le ipotesi formulate all 'interno del mio discorso su Weber hanno costantemente cercato di mostrare un Weber sottrat¬to alle "definizioni" e posto non solo politicamente, ma

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anche metodologicamente in una "situazione di confine",e quindi sempre oltre ogni possibile (complice) gioco ri-duzionistico di antinomie, opposti, separazioni. Che anziquesta situazione è stata da me non solo posta in eviden¬

za e presa in considerazione, ma assunta a dato fondativodi ogni ulteriore analisi delia produzione weberiana. Il ca¬

 p i to lo sulla città de l l 'occ idente , che è poi il nucleo da caiquesto lavoro è partito, esprimeva già, proprio in queglianni, questo tipo di intento (cfr. S. Andrini, La città del-lOccidente: noie sul rapporto tra diritto e potere, in Aa.Vv., Max Weber e il diritto, cit., pp. 240-252).

Tornando al volume in questione su Max Weber e il di¬

ritto, è fuori di dubbio che per chi sapesse ben cercare es¬so suggerisce già le coordinate essenziali per la ricostru¬zione di un Weber «giurista», se dire questo significa:a. in da ga re sui rap porti tra We ber e la cultura giuridica

del suo tempo;b. indagare sul significato del concetto di diritto;e. in da ga re sull 'in flu enza e sul con tri but o che tale signi¬

ficato ha prodotto sulle concezioni dello sviluppo del

dirit to moderno.Solo che si guardi al su ricordato saggio di Pierangelo

Schiera per le indicazioni sugli anni della formazione diWeber, al saggio di Norberto Bobbio (N. Bobbio, MaxWeber e Hans Kelsen, in Aa. Vv., Max Weber e il dirittocit., pp. 135 -15 4), ch e, pe r chi non si fermi solo al tit olo

 può rivelarsi una vera miniera di preziose sollecitazioni suirap po rti tra We be r e la sci enza del diritt o del suo tem po

(Jellinek, Kantorowicz, Stammler) o al saggio di PietroRossi (P. Rossi, // processo di razionalizzazione del diritto e il rapporto con Veconomia, id. pp. 19-38) sul signi¬ficato del concetto di diritto razionale e sulla asimmetriache questo crea.

Benché nel volume fossero dunque già delineate le di¬rettive necessarie per la composizione dell ' immagine di un

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Weber "giurista", come spesso accade in Italia — il "caso"Luhmann è significativo in tal senso (S. Andrini, Luhmannin Italia, in Rivista internazionale di filosofia del diritto,1, 1980) — in vec e di rip ren dere le fila di un di sc or so già

avviato o di guardare a cosa accadeva all'estero, si è pre¬ferito lamentare una mancanza di studi specifici in mate¬ria; quando non ìi si è usati senza citarli. Dirò subito, per¬ciò, al fine di placare sì forti inquietudini per tali suppo¬ste lacune, che esiste in Germania una più che ampia bi¬

 bliografia specifica sul cos iddet to Weber "giurista" che ri¬guarda gli anni della sua formazione, i suoi studi giuridi¬ci, i rapporti con la scienza del diritto del suo tempo, il

significato della sua sociologia del diritto e così via di¬cendo. Tale bibliografia oggi è per  chiunque più che ac¬cessìbile grazie alla meritoria opera di raccolta di Huber Treiber che non solo ne ha riunito gran parte, ma vi ha an¬che dedicato un ampio, documentato, r icchissimo saggio(H. Tre iber , Zur Rezeptionsgeschichte von Webers

 Rechtssoziologie bei den Rechts-und Sozialwissenschaftenseit 1947. Ein Ueberblick, pubblicato in Germania in un

vo lu me dello stesso Treib er il cui tit olo però non rimandain alcun modo ad alcuna di queste tematiche; esso si inti¬tola infatti Vollzugskosten des Rechtsstaates, in Fundamenta

 Juridica, B. 7, Bad en Ba de n, 1989, pp . 39 3- 44 5) ; la notaera apparsa già precedentemente in edizione francese conil titolo La place de Max Weber dans la sociologie du droit allemande contemporaine nel numero di Droit et Société (9, 1988, pp . 20 3- 25 3) ded ica to a Max Weber. Reception,diffusion de sa Sociologie du droit. Si tratta di più di cin¬quanta pagine di bibliografia ragionata sul Weber "giurista"dove peraltro la dimensione giuridica non viene mai iso¬lata in meccanici schematismi. Se infatti viene dato grandespazio alla recezione del pensiero di Weber a partire daigiuristi del primo dopoguerra fino al dibattito degli annisettanta e ottanta (attraverso le fasi del fiorire della socio-

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logia del diritto), non viene peraltro dimenticato il signi¬ficato che la recezione della kechtssoziologie di Weber as¬sume nell 'ambito delle scienze sociali.

La presente nota solo in parte darà conto — né lo po¬trebbe — di questo materiale, che verrà invece integratocon le indicazioni di altri più recenti contributi sul tema,con una particolare attenzione per il dibattito prodottosi inGermania negli ultimi tempi. Senza alcun desiderio di anda¬re ad ingrossare le "mushrooming bibliographies"  su MaxWeber, senza dunque alcuna pretesa di esaustività, né de¬siderio di ripetere quanto già citato nel testo riguardo asingoli o specifici argomenti, questa nota vuole far sì chei profili epistemologici del discorso su Weber, che questolavoro ha cercato di dare, si intreccino con quelli biblio¬grafici e che l'itinerario teorico possa essere ripercorso an¬che bibliograficamente.

 Natu ra lmen te , trattandosi di nulla più che di una map¬ pa che riflette un it inerario personale, anche le omissionisono tappe del viaggio.

Della composita personalità weberiana e del suo carat¬tere, riguardo gli anni di formazione, la bibliografia anchespecifica non è avara di int ervent i; ricord erò pe r tutti [fa¬cendo salvi i più noti come il capitolo di R. Bendix sullaformazione e i primi studi (R. Bendix, Max Weber. An

 Intellectual Portrait, Berkel ey-Lo s Ang eles- Lon don , 1960,cap . 2, in part. pp. 13-41) e il la vo ro di M. Re hb in de r, MaxWeber zum 100 Geburstag, in Juristeri Zeitung 1964, pp.322-334]; il lungo saggio di P. Honigsheim sulla biogra¬fia weberiana (P. Honigsheim, Erinnerungen an Max Weber,in R. Kònig, J.F. Winckelmann (a cura di) Max Weber zumGedàchtnis, supplemento del n. 7 della Kòlner Zeitschrift 

 fiir Soziologie und Sozialpsychologie, Kòln, 1963) , e an¬cora più, pe r chi si acco sti al le Jugendbriefe, il fondamen¬tale testo curato da Baumgarten, con i limiti peraltro di cui poi si dirà (cfr. Max Weber. Werk und Person, Dokumente

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ausgewdhlt und kommentiert von Eduard Baumgarten,Tiibingen , 1964); in part icol are, la pri ma parte (Ausgewàhlte

 Dokumente) che raccoglie, seguendo un ordine tanto cro¬nologico quanto sistematico, brani significativi dell 'opera

weberiana, dalle lettere del dodicenne Weber fino agli ul¬t imi capi to l i s i s temat ic i . Tut ta la seconda par te poi{Rammentare und ergànzende Dokumente) usa di questastrumentazione per collocarla nell 'ambito della polemicastorico scientifica e politica del tempo. Fonti queste peral¬tro accessibilissime anche ad un pubblico italiano; ne par¬lava già distesamente nel 1967 Antonio Negri in una lun¬ga nota dei suoi studi su Max Weber (A. Negri, Studi su

Weber (1956-1965), in Annuario bibliografico di filosofiadel diritto, Mil an o, 1967, p. 44 2, n. 27 ).

Più di recente, l'interesse sempre vivo per queste tema¬tiche si è manifestato in taluni interventi apparsi nel" volu¬me collettaneo su Max Weber e i suoi contemporanei. Il vo¬lume, comprensivo degli interventi presentati in occasionedel convegno su «Max Weber und seine Zeitgenossen», or¬ganizzato dall'Istituto tedesco di Londra, appare quasi con¬

temporaneamente in edizione inglese e tedesca [W. Mommsen,J. Os te rh am me l (a cura d i ) , Max Weber and hisContemporaries, London, 1987; W. Mommsen, W. Schwentker,

 Max Weber und seine Zeitgenossen, Gòttingen-Zurich, 1988];in cui da segnalare è il lavoro sulla biografia di Weber diD. Webster, Max Weber: Ueberlegungen zu seiner Biographie,in pan. pp. 703-721; e recentemente, sulla "biographische

 Literatur"  di Max Weber legata alle polemiche sull'uso dei

testi weberiani, il saggio di Dirle Kàsler, Der retuschierteKlassiker. Zum gegenwdrtigen Forschungsstandder Biographie

 Max Webers, in J. Weiss (a cura di), Max Weber heute,Frankfurt a. M., 1989, pp. 29-54.

Tutta la prima parte del volume m questione curato daWeiss disegna un ampio e interessante panorama della re¬cezione dell'opera di Weber, dal mondo inglese (M. Albrow)

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al Giappone (T. Ibaraki), fino alla Polonia (Z. Krasnodebski)e alla Bulgaria (N. Genov). Sulla ricezione di Weber nei paesi socialisti era già uscito un saggio di J. Weiss , MaxWeber in den sozialistischen Làndern, apparso nel volume

collattaneo a cura di G. Gneuss e J. Kocka, Max Weber.Ein Symposion, pp . 126-141 ( Mu nc he n, 1988); e dell o stesso insieme con S. Bòckler, J. Weiss, Max Weber oder Marx?

 Zur Aktualisierung einer (Controverse, Opladen, 1987. Sullaricezione di Max Weber in Francia da ricordare i lavori diM. Pollak, Die Rezeption Max Webers in Frankreich.Fallstudie eines Theorietransfers in den Sozialwissenschaften,in Koìner Zeitschrift fùr Soziologìe und Sozialpsyenologie,

38 , 1986, pp. 6 70 -6 84 ; dello stesso, Im Streit der ldeologen. Der Einfluss Max Webers auf die franzòsische Soziologìe,in Frankfurter Allgemeine Zeitung, 2 7. 8. 1986; e anc ora ,

 La place de Max Weber dans le champ intellectuel frangais,apparso nel numero unico della rivista Droit et société  (9,1988, pp . 189 -20 0), a questi de di cat o. Su qu est o te ma il

recente lavoro di H. Hirschhorn, Max Weber et la socio¬logie frangaise (pref. di J. Freund), Paris, 1988.

Sul Weber in America il discorso sarebbe davvero trop¬ po lungo, ed impl icherebbe una analisi approfondita dei si¬gnificato e degli effetti di ritorno che il 'filtro' parsonsia-no ha avuto; per uno sguardo complessivo dell 'area linguistica anglosassone, cfr. V. Murvar, Max Weber Today.

 An Introduction to a Living Legacy: Selected Bibliography,Broo kfield, Wisc on sin , 198 3, per la bibl iogr afia su Ma xWeber, pp. 38-129, da ultimo il saggio di G. Rocher, La

reception de l'oeuvre de Max Weber dans la sociologie dudroit aux Etats-Unis, in Droit et Société, 9, 19 88 , pp . 255 ¬279 e annessa bibliografia.

Ri gu ar do al We be r in Ge rman ia , cfr. S. Kaib er g, TheSearchfor Themathic Orientation in a Fragmented Oeuvre;The Discussion o/Max Weber in Recent German Sociological

 Literature, in Sociology, 13, 1979, pp. 127 -13 9.

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Per quanto riguarda la recezione dell 'opera di Max Weber in Italia, si veda — sempre nel volume curato da JohannesWeiss — il saggio di Pietro Rossi (P. Rossi, Die Rezeptiondes Weberschen Werks in Italien nach 1945, in J. Weiss,

 Max Weber heute, eh. , 1989, pp . 144- 164.Attraverso l'analisi del significato della recezione del¬

l'opera di Weber viene disegnato un profilo della situazio¬ne della cultura italiana dall 'egemonia idealistica [su que¬sto periodo si veda anche dello stesso P. Rossi, Max Weber und Benedetto Croce, in W.J. Mo mm se n, W. Schw entk er (a cura di), Max Weber und seine Zeitgenossen, cit., pp.613-639, apparso anche in edizione italiana, Weber e Croce,

un confronto, in P. Rossi, Max Weber. Oltre lo storicismo,Mil an o , 19 88 ], fino alla criti ca ma rx is ta e alla sua disso¬luzione.

Sulle bibliografie riguardo alla fortuna di Weber in Italiasi veda, per un interesse documentario, la prima bibliogra¬fia su Max Weber apparsa in Italia: cfr. R. Michels (a cu¬ra di), Politica ed Economia, Nuova collana di economi¬sti, Tor ino , 1934. Cfr. inol tre B. Ma st ro gi us ep pe , Max Weber 

in Italia (1907-1980), Una bibliografìa, in Rassegna ita¬liana di sociologia, 1981, pp. 227-252; A. Abbignente,Sulla più recente critica weberiana, Studi di filosofia, po¬litica e diritto, 7, 1982, pp. 3-28; M. Losito, M. Fotino,

 La recezione di Max Weber in Italia. Ricerca bibliografi¬ca, in Annali dell'Istituto storico italo-germanico in Trento,Bologna, 1984, pp. 413-508.

Àncora su Max Weber e i suoi contemporanei cfr. F.

Ferrarotti , L'orfano di Bismarck. Max Weber e il suo tem¬ po, Ro ma, 1982; e il vo lum e a cura di M.R. Lep siu s, Soziologie

in Deutschland und Òsterreich 1918-1945. Materialien zur Entwìcklung, Emigratìon und Wirkungsgeschichte, Opladen,198 1; e pe rii perio do ancora prec eden te D. Kàsler, Diefruhe

deutsche Soziologie 1909 bis 1934 und ihre Entstehungs- Milìeus. Eine wìssenschaftssoziologische Vniersuchung,

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Op iad en, 1984; e natural men te i lavori di Karl Lo wit h delquale sono ora in pubblicazione, in Germania, le opere com¬

 plete; in particolare, per ciò che a noi interessa, sono di nuo¬vo editi i due saggi Max Weber und scine Nachfolger  (1939¬

40) e il più recente Max Webers Stellung zur Wissenschaft (1964) (K. Lowith, Sàmtiìche Schriften, Tubin gen, 1988, pp .408-418 e 419-447); non secondaria in questa ottica è an¬che la lettura di Mein Leben in Deutschland vor und nach1933 (1940), (Stuttgart 1986), ora anche in edizione italia¬na, cfr. K. Lowith, La mia vita in Germania prima e dopoil 1933, Mil ano , 1988, con una intr odu zion e di Rein hartKoselleck.

Al retroterra filosofico della sociologia di Max Weber èdedicato poi il capitolo III del volume di W. Schluchter,

 Die Entwicklung des okzidentalen Rationalismus. Bine Analyse vonMax Webers Gesellschafìsgeschichte, Tubingen,

1979 (trad. it. Lo sviluppo del razionalismo occidentale,Bologna* 1987), mentre l'aspetto giuridico è oggetto delsaggio di R. Rottleuthner, Aspekte der Rechtsentwicfclungin Deutschland. Ein soziologischer Vergleich deutscher 

 Rechtskulturen, in Zeitschrift fùr Rechtssoziologie, 6, 1985, pp . 2 0 6 - 2 5 4 e dello s tesso l 'anal i s i co mp ara t iv a Drei Rechtssoziologien: Eugen Ehrlich, Hugo Sinzheimer, Max

Weber, in E.V. Heyen (a cura di), Historische Soziologieder Rechtswìssenschaft, Frankfurt, 1986, pp. 227-252. Ancorasull 'aspetto giuridico il lavoro di "ambientazione" dellaStoria Agraria di Weber nel quadro della cultura storico-giuridica di fine Ottocento di L. Capogrossi Colognesi,

Economie antiche e capitalismo moderno, Bari, 1990, in part. i capitoli I e III ed il saggio di C. Rossetti, Max Weber e la storiografìa costituzionale comparata, in M. Losito, P.Schiera (a cura di), Max Weber e le scienze sociali del suotempo, cit., 1988, pp. 67-100. Per non citare il più risalen¬te ma fondamentale saggio dì A. Momigliano, Dopo MaxWeber?, in Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa,

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serie IH, voi . Vil i, 1978, ed il sag gio di E. Lep or e, Dalle forme alla storia del mondo antico, in P. Rossi (a cura di), Max Weber e l'analisi del mondo moderno, Torino, 1981, pp . 83-108 . Per u n o sguardo alla letteratura giuridica e pro-

cessualistica di quegli anni si veda la documentata ricchis¬sima bibliografia di J. Goìdschmidt  (si parla di JamesGoldschmidt e non di Leviti Goìdschmidt) contenuta nel vo¬lume Der Prozess als Rechtslage. Fine Kritik des prozes-sualen Denkens. Abhand Jungen aus der berli ner juri stich enFakultàt, Berlin, 1925, pp. 536-557. Ancora sul rapportotra We be r e la scienz a giur id ica , cfr. P. Sch ier a, Otto Hintze,

 Napoli , 1974 e la relativa bibliografia; dello stesso (oltreai saggi già ricordati nel volume) Max Weber e Otto Hintze:storia e sociologia o dottrina della ragion di stato?, in Aa.Vv„ Weber: razionalità e politica, a cura di G. Duso, Venezia,1981, pp. 77-89; a tale proposito anche J. Kocka, Otto

 Hintze, Max Weber und das Problem der Burocratie, in Historische Zeitschrift  2 3 3 , 19 81, pp . 65 -1 05 ; ed inoltre, J .Schròder, Die juristische Methodendiskussion an der Wende

 zum 19. Jahrhundert, in Juristische Schulung, 1980, pp.617-620.

Per uno sguardo più attento al significato di una conce¬zione procedurale del diritto in quanto espressione della di¬namica giuridica nella tradizione neo-kantiana coeva di Weber cfr. F. Sander, Die transzendentale Methode der 

 Rechtsphilosophie und der Begriff des Rechtsverfahrens, in Zeitschrift far óffentliches Recht, I Ban d. 1919, pp . 46 8- 50 7,il saggio, compare oggi ripubblicato con un incomprensibi¬

le errore nel titolo (nell'indice appare come ... der Begriff des Rechts e nel testo addirittura come der Begriff der  Rechtserfahrung p. 5 e 75 ) nel vo lume a cu ra di Stanley L.Paulson, F. Sander, H. Kelsen, Die Rolle des Neukantìanismusin der reinen Rechtslehre. Eine Debatte zwischen Sander und Kelsen, Darm stad t, 1988, pp. 75-1 14.

Con Sociologia del diritto di Weber si intende quel-

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l'opera che andrà poi a costituire il capitolo VII di Wirtschafì und Gesellschaft  con il t i tolo Wirtschaft und Rechi{Rechtssoxiologie) ch e Max We be r scr iss e tra il 1911 e il1913 ma che, seguendo i l dest ino di Wirtschaft und Gesellschaft, sarà pubblicata postuma.

Come noto, Wirtschaft und Gesellschaft  viene pubblica¬ta du e anni do po la mo rte di We be r (Tii bin gen , 1922) esuc cess iva men te, in un a più amp ia edi zio ne, nel 1925, eancor a nel 1947 e nel 1956. L 'u lt im a ed izi on e ap par e poinel 1976 in tre volumi di cui un o di no te a cura di Jo han nesWin cke lma nn (Tiibingen, 1976).

 Nel frat tempo per la cura di H. Baier, M.R. Lepsius, W J .Mommsen, W. Schluchter, J. Winckelmann, esce nel 1981 inGermania il Prospekt der Max Weber Gesamtausgabe(Tiibmge.n,1981) che si propone di offrire un panorama il più possibile

completo del progetto generale e dello stato effettivo dei la¬vori di preparazione delle opere complete di Max Weber.

Oltre allo schema ed ai criteri di stesura dell'opera chedovrebbe comprendere numerosi manoscritti e circa tremi¬la lettere inedite, è anche da segnalare la bibliografia com¬

 pleta delle opere di Ma x Weber (comprens ive anche diquelle che Weber scrisse con altri) a cura di M. Riesebrodt,

 Bibliographie zur Max Weber Gesamtausgabe, pp. 16-32.I lavori attorno alle opere complete e la conseguente re¬

visione di tut ta l 'opera weberiana fanno esplodere inGermania un più che acceso dibattito; "duellanti": JohannesWinckelmann e Wolfgang Schluchter. Già nella sua intro¬duzione al Prospekt der Max Weber Gesamtausgabe,

Wolfgang Schluchter sposava una tesi, a onor del vero giàsostenuta anche in Italia molti anni prima da Antonio Negri(A. Negri, Studi su Max Weber  ('1956-1965), in Annuario

bibliografico di filosofìa del diritto, Milano, 1967), che ri¬chiamava l 'attenzione sulla necessità di una revisione in¬terpretativa e sulla necessità di un attento riesame del ca¬rattere dei testi pubblicati con il titolo di Economia e SO¬

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cietà. L'edizione a noi nota di Wirtschaft und Gesellschaft in realtà, sostiene Schluchter, riveste un carattere di inter¬

 p re taz io n e p iù che di d o c u m e n t a z i o n e (W. Schluch ter ,Einfiihrung in die Max Weber Gesamtausgabe, in Prospekt 

der Max Weber Gesamtausgabe, cit., p.. 8), è necessario p e r c i ò s m a n t e l l a r e q u e s t o c a s t e l l o d i i m p r e c i s i o n i"continuazioni" e " invenzioni" .

È un a tesi, c om e ho dett o, già not a in Italia; sui "g ua st i"che la pietas di Marianne Weber aveva compiuto e sullasorta di «santa alleanza» (meramente ideologica) che racchiudeva in sé posizioni anche molto diverse, ma tese tut¬te al comune intento apologetico, Antonio Negri si era di¬

stesamente espresso. A tale proposito, citando un passo diFleischmann riguardante in particolare il volume di MarianneWeber  [Max Weber Ein Lebensbild, Tiibingen, 1926; diquest 'opera è apparsa una nuova e recentissima riedizionecon una introduzione di Gunther Roth in edizione inglese(New Br un sw ick , 1988) e ted esca (Mii nche n 198 9)], Neg riaffrontava anche il problema della edizione critica, allorain preparazione — quella appunto a cura di Winckelmann

 — attaccata oggi così v io len temente da Schluchter. DicevaFleischmann: «11 libro di Marianne Weber non contiene chedelle mezze verità, delle significative omissioni e molti do¬cument i (so pra ttu tto let ter e) deformat i ... per pietas essanon ha esitato a distruggere dei documenti che ha giudi¬cato compromettenti per suo marito». Aggiungeva, inoltre,in chiusura, come fosse da sottolineare il fatto «che il"metodo" adottato da Marianne Weber resta quello dellanuova edizione "critica" che si sta preparando delle operedi Max Weber» (E. Fleischmann, De Weber à Nietzsche,in Archives Européennes de Sociologie, V, 1964, p. 192,cit. in A. Negri, Studi su Max Weber, cit., p. 441, n. 26).Mezze verità, significative omissioni, documenti deforma¬ti; un'edizione crit ica tutta da rivedere, perché compiutain questo spirito, sono i punti su cui anche la critica di

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Schluchter si appunta. Per Schluchter come per Fleischmanninfatti la linea proposta da Marianne Weber viene mante¬nuta dal secondo curatore di Economia e società JohannesWinckelmann, con opera di successivi "arricchimenti" e

"inv enzi oni" . Le "me zze verit à" impu tate da Fle isch man ndivengono «non documentazione ma interpretazione» deites t i prodot t i , che creano surre t t iz i "ar r icchiment i" e" invenzioni" d i p iù vas ta por ta ta ; l ' invenzione de l la"Sociologia dello Stato"  per fare un esempio o, viceversa,l 'omissione del contributo Economia e razza attribuito aRoberto Michels. Infine le lettere. Come si è detto la nuo¬va edizione critica ne prevede la pubblicazione di oltre tre¬

mila inedite, ma il lavoro sulle lettere appare oggi aSchluchter praticamente inaccessibile. Ciò è dato dal fat¬to che Mar ianne Weber p r ima , come anche EduardBaumgarten poi (nel volume che precedentemente abbia¬mo ricordato), hanno compiuto danni irreversibili . L'operadi Baumgarten infatti se da un Iato rappresenta un prezio¬so contributo per chi voglia lavorare su questo materiale,dall 'altro proprio in questa sua unicità nasconde il suo

maggiore difetto. Ricorda ancora Schluchter (W. Schluchter,Einfuhrung ... cit., p. 13) co me pr op rio Ba um ga rt en , oltreche Marianne Weber, avendo antologizzato lunghi passidelle lettere, hanno poi distrutto la parte restante rendendocosì inaccessibile la fonte.

La polemica in questione lungi dall 'essersi esaurita con¬tinua, serrata più che mai; in proposito W. Hennis, Im lan-gèn Schatten einer Edition. Zum Erscheinen des ersten

 Bandes der Max-Weber-Gesamtausgabe, in Zeitschrift fiir Politik, 32, 1985, pp. 208-217; D. Beetham, Die Max Weber Gesamtausgabe —  Implikationen fiir ein neuesWerkverstàndnis, in Soziologische Revue, 9, 1986, pp . 1¬8; I. Winckelmann, Max Weber hinterlassenes Hauptwerk:die Wirtschaft und die gesellschfatlichen Ordnungen und 

 Màchie, Tu bi ng en , 1986; S. Breuer , re ce ns io ne a: J.

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Winckelmann: Max Weber hinterlassenes Hauptwerk... cit.,in Neue Politische Literatur, 32, 1987, pp. 315-317; W.Hennis , Max Weber Fragestellung. Studien zur Biographiedes Werkes, Tiibing en, 1987; W. Schluch ter, Wirtschaft und 

Gesellschaft. Das Ende eines Mythos, in W. Sch luch ter, Religion und Lebensfuhrung, Fran kfurt, 1988, Bd II, pp .597-634, ora in J. Weiss (a cura di), Max Weber heute,Frank furt a M., 1989, p p . 5 5- 89 , trad. it. "Economia esocietà": la fine di un mito, in Rassegna italiana diSociologia, XXVIII, 4, 1987, pp. 492-527.

Una posizione ancora diversa D. Kàsler, Ber retouschier-te Klassiker. Zum gegenwàrtigen Forschungsstand der 

 Biographie Max Webers, in part. pp. 39-45, in J. Weiss (acura di), Max Weber heute, cit.; 1989 pp. 29-54.

Tornando alla Sociologia del diritto essa fu ristampatacome libro a sé stante direttamente dal manoscritto ritro¬vato per opera di Johannes Winckelmann, cfr. M. Weber,

 Rechtssoziologie (Lu cht erh and , Ne uw ie d, 1960); nel 1954era apparsa l 'edizione americana, Max Weber on Law inEconomy and Society (C am br id ge — Ma ss. , 1954), a cu

ra di Max Rhei nste in che tra du ce da ll 'e di zi on e del 1925di Wirtschaft und Gesellschaft. II lavoro di Rheinstein varicordato per tutta una serie di motivi. In primo luogo per il suo essere la prima riedizione, oltre che traduzione, del¬la sociologia del diritto di Weber. In secondo luogo per aver compreso, oltre la traduzione del VII capitolo ancheuna antologizzazione di altre parti di Economia e societàstrettamente connesse con quel tema (ed oggi la filologia

weberiana a distanza di quasi quaranta anni mette in dub¬ bio la col locazione della sociologia del diritto ne l l ' amb i todi Economia e società. W. Schluchter, Wirtschaft und Gesellschaft... cit. p. 506). Ed infine perché l'opera si pre¬senta con un apparato di note di grande interesse. Tutto iltesto di Weber infatti è corredato di note esplicative e bi¬

 bliografiche (naturalmente non presenti nel testo weberia-

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no) che hanno permesso anche al lettore meno avvertitodei temi giuridici di seguire le implicazioni, i problemi,gli autori, anche implicitamente citati. Va infine ricordatocome il volume si presenti fornito di una prima, preziosa,

 bibliografia delle fonti g iurid iche ut il izzate da Weber, ac¬certate o supposte tali.

Del Weber giuridico Rheinstein tornerà ancora ad occu¬ parsi a proposi to di un tema specifico le Rechtshonoratioren(cfr. M. Rheinstein, Die Rechtshonoratioren und ìhrEinflussau/Charakter und Funktion der Rechtsordnungen, in Rabels

 Zeitschrift fìir auslandisches und internationales Privatrecht,34 , 1970, pp . 1-13) sulle quali già pe ra lt ro era inte rven u¬

to in una delle note esplicative alla sociologia del dirittodi Weber (cfr. M. Rheinstein, Max Weber on Law... cit.,

 p. 52 , n. 25) . Più recen temente , sempre dello stesso, è stata ripubblicata la 2° edizione della Einfùhrung in die

 Rechtsvergleichung, a cura di R. von Borries, Miinchen, 2-ed., 1987.

Fatti salvi i casi di Winckelmann e di Rheinstein di cuisi è detto, a cui si può aggiungere la dissertazione mai pub¬

 blicata, e che dunque ebbe poch iss ima eco, di G. Richter (Max Weber als Rechtsdenker, Di ss . Jur., Tiibin gen, 1953),in proposito vanno citati F. Hilterhaus, Zum Rechtsbegriff in der Soziologie Max Webers, Di ss . Jur., Kò ln , 1965 e F.Loos , Zar Wert - und Rechtslehre Max Webers, Tiibingen,1970 . È tu t t av ia a pa r t i r e da l l ' ed iz ione de l '60 d iWinckelmann che il dibattito sulla sociologia del diritto diWeber acquista sempre maggior risonanza (A. Zingerle,

 Die verspàtete Rezeptìon. Neuere Literatur zu Max Weber,in DerStaat, 13, 1974, pp . 536 -5 54 ). Rico rd a Treib er (ci*.,

 p. 100), infatti, come dopo il '47 l ' in teresse si spostò tut¬to sul We be r po lit ico e sui ra pp or ti con il na zi on al is mo ,quando non si usò Weber — e in questo caso è sempre ilWeber "giuridico" della sociologia del diritto o i! Weber del relativismo dei valori che maggiormente viene invoca-

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to — per superare il proprio passato delia giustizia nel na¬zionalsocia l i smo.

A seguito delia co mp ars a dei vo lu me delia Sociologiadel diruto esce fa recensione di C. A. Emge, Max Weber al-

s Erzieher zur Rechtssoziologìe, in Zeitschrift fir Politik,9, 1962, pp, 58-62; nulla più che un resoconto del contenuto dell 'opera, ma con un titolo che richiama ia «DritteUnzeitgema sse» e per  di più scritto da un giurista su unarivista pol ito log ica (in pro pos ito cfr. su E m g e , B. R ùth ers ,Entartetes Rechi. Rechtslehren und Kronjuristen im Dritten

 Reich, Mùn ch en , 1988). S em pr e sulla soc iol og ia del dirit¬to il saggio di M. Rehbinder, Max Webers Rechtssoziologìe:

Etne Bestandsaufnahme, pubbl ica to nei volume collet taneo: Max Weber zum Geddchtnis, a cura di R. KÒnig, F. Neidhardt,M.R. Lepsius, come supplemento della Kòlner Zeitschrift 

 fur Soziologie und Sozialpsychologie, 7, 1963. lì  volume,Io ricorda Norberto Bobbio, contiene anche la Gedankenredeauf Georg Jeìlinek pronunciata da We be r il 21 marzo 1911(in occasione delle nozze della figlia di Jeìlinek), che apreuno sguardo importante sul rapporto tra Jeìlinek  e Weber 

(cfr. N. Bobbio, Max Weber e Hans Kelsen, cit., p. 142 ,n, 14. Semp re di Re hb in de r si ve da il vo lu me di E.E . Hir sch ,M. Rehbinder (a cura di), Studien und Materialìen zur 

 Rechtssoziologie, Kbl n/O pl ade n, 1967; an cora in quegli an¬ni K. Engisch, Max Weber als Rechtsphilosoph und ah

 Rechtssoziologe, in Max Weber. Gedàchtnisschrifì der Ludwig- Maximilians-Universitdt Mùnchen zur 100. Wìederkehr sei-nes Geburtstages 1964, a cura di K. Engisch, B. Pfister, J.

Winckelroann, Berlin 1966, pp. 67-88.

Seguono gli anni '70 e ia comparsa della Sociologia deldiritto di Niklas Luhmann (cfr. N. Luhmann, Rechtssoziologìe,2 voli ., Rei nbe k, 1972). Mo ti vo do mi na nt e dì questi anni èla comparsa di una serie di "Introduzioni alla sociologiadel diritto" che dedicano spazi più o meno ampi alla socio¬logia del d iri tto di Web er (T. Kaiser, Einfuhrunsjndie

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 Rechtssoziologie, Frankfurt, 1972; H. Ryffel, Rechtssoziologie.Etne systematische Orientierung, Neuw ied/ Berl in, 1974; R.Girt ler , Rechtssoziologie. Thesen und Mòglichkeiten ,Mùn che n, 1976; M. Rehb inde r, Rechtssoziologie, Berlin/NewYork, 1977 ; G. Du x, Rechtssoziologie. Etne Einfuhrung,

Stuttg art, 1978 ; F. Rotte r, G. Du x , R. Lau tm an n (a cura di ), Rechtssoziologie. Examinatorium, Heid elbe rg, 1980; K.F .Ròhl , Rechtssoziologie. EinLehrbuch, Kòln , 1987; T. Raiser,

 Rechtssoziologie. Ein Lehrbuch, Fra nk fur t, 198 7; H.Rottleuthner, Einfuhrung in die Rechtssoziologie, Darmstadt,1987, dello stesso Rottleuthner da segnalare poi in partico¬lare ai fini del nostro discorso su un Weber in una "situazioned i conf ine" , Rechtstheorie und Rechtssoziologie,

Freiburg/Miinchen, 1981).Sulla sociologia del diritto di Weber torna a discutere

sotto diverse angolazioni il volume collettaneo di S. Breuer,H. Treiber (a cura di), Zur Rechtssoziologie Max Webers:

 Interpretation, Kritik, Weiterentwicklung, Opladen, 1984;in questo si veda in particolare il saggio sulle "affinità elet¬tive" di Treiber che delinea ancora un'altra "situazione diconf ine" dì Web er (H. Treiber, "Wahlverwandtschaften" 

 zwischen Webers Religions ~ und Rechtssoziologie, pp. 6¬68; rielaborato in seguito con il titolo «Elective Affinities»between Weber's Sociology of Religion and Sociology of 

 Law, in Theory and Society 14, 1985 , pp . 80 9- 86 1) . Pe r una lettura critica del volume collettaneo si veda invecel ' int eressant e nota di R. R og ow sk i, Methodischer Ansatzund sozialgeschichtlicher Gehalt in der Rechtssoziologie

 Max Webers, recensione a S. Breuer/H. Treiber (a cura di),

 Zur Rechtssoziologie Max Webers, in Archivfùr Rechts und Sozialphilosophie, 73, 1987, pp, 264-273.

Sempre sulla sociologia del diritto di Weber viene ri¬ p u b b l i c a t o il s a g g i o di M. R e h b i n d e r , Max Webers Rechtssoziologie: Eine Bestadsaufnahme, in Max Weber  zum Gedàchtnis, cit., pp. 470-489, e dello stesso Rehbinder 

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appare il saggio Max Weber und die Rechtswissenschaft,in M. Rehbinder, K.P. Tieck (a cura di), Max Weber als

 Rechtssoziologe, Berlin, 1987, pp . 127-14 9, pro nta men tetradotto e pubblicato in Italia (M. Rehbinder, Max Weber e la scienza del diritto, in M. Losito, P. Schiera (a curadi) , Max Weber e le scienze sociali del suo tempo, cit. pp.161-187). Una ripresa di questi temi, con lievi ritocchi, an¬che in M. Rehbinder, Recht und Rechtswissenschaft im Werk von Max Weber, in J. Weiss (a cura di), Max Weber heu-te, Frankfurt am Main , 1989, pp . 49 7- 51 4.

L'interesse per la sociologia del diritto di Weber non ri¬guarda solo la problematica più legata al suo periodo dielaborazione, vale a dire la problematica relativa alla fonda¬zione della autonomia delia scienza giuridica come possi¬

 bilità di una sociologia del dirit to.

La più recente critica ha cercato di identificare il signi¬ficato degli aspetti sociologico-giuridici degli scritti di Weber in ordine anche alle tematiche della modernità [R. Dòbert(a cura di), Formale Rationalitàt als Kern der Weberschen

 Modernisierungstheorie, in B. Lutz (a cura di), Soziologieund gesellschaftliche Entwicklung, Frankfurt/New York,1985, pp. 523-529; inoltre Max Weber unddas Projekt der 

 Moderne. Eine Diskussion mit Dieter Henrich, Claus Offeund Wolfgang Schluchter, in C. Gneuss, J. Kocka (a curadi), Max Weber Ein Symposion, Mu nc he n, 1988, pp . 155¬183; DJ.K. Peukert , Max Webers Diagnose der Moderne,Gòttingen, 1988; A. Bogner, Zivilisation und Rationalisierung.

 Die Zivilisationstheorien Max Webers, Norbert Elias' und der Frankfurter Schule im Vergleich, Opladen, 1989; D.Eder, Geschichte als Lernprozess? Zur Pathogenese politi-scher Modemitàt in Deutschland, Frankfurt, 1985. P. Rayn aud,

 Max Weber et les dilemmes de la raison moderne, Paris ,1987; R.J. Holton, B.S. Turner, Max Weber on Economy

and Society, Lo nd on -N ew York, 1989, in part. cap . Ili, pp .68-130]. Tematiche queste che naturalmente si intrecciano

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con il problema del rapporto tra scienza e giudizi di valo¬re (H. Keuth, Wissenschaft und Werturteil. Zu Werturteils-diskussion und Positivismusstreit, Tiib ingen, 1989); con ri¬fer imento a l neokant ismo (cf r . J . Kocka, Zwischen

Elfenbeinturm und Praxisbezug. Max Weber und die"Obiektivitdt" der Kulturwissenschaften, in G. Gneuss. J.Kocka (a cura di), Max Weber. Ein Symposion, cit. , pp . 184¬194; K.C. Kòhnke, Entstehung und Aufstieg des Neukan-tianismus, Frankfurt, 1986; T.W. Segady, Values, Neo-kan-tianism and the Development of Weberian Methodology,

 Ne w York, 1987; G. Wagner, Geltung und normativer Zwang.Eine Untersuchung zu den neukantianischen Grundlagen

der Wissenschaftslehre Max Webers, Freiburg, Miinchen,1987; G. Oakes, Die Grenzen kulturwissenschaftlicher  Begriffsbildung, in Heidelberger Max Weber Vorlesungen

1982, Frank fur t a.M., 1982 e de llo stesso il più recent eWeber and Richter. Concepì Formation in the CulturalSciences, Cam bri dg e, 1988. Sul contr overso rapporto Weber-Richter cfr. P. Rossi, La metodologia delle scienze storicosociali, relazione al XVI Congresso internazionale di Scienze

storiche, sezione su «Max Weber e la metodologia dellastoria» (Stuttgart, 25 agosto-1 settembre 1985), in P. Rossi, Max Weber. Oltre lo storicismo, Mil ano , 1988, pp . 19-59,in parte pubblicata nel volume di J. Kocka, (a cura dì). MaxWeber, der Historiker, Gòtt inge n, 1986, pp . 28 -5 0. Il sag¬gio appare anche nella raccolta a cura di M. Losito, P.Schiera, Max Weber e le scienze sociali del suo tempo, p p .109-154; e ancora dell 'autore de Lo storicismo tedesco con¬temporaneo (Torin o, 1956) la pu bb lic azi one in Germ ani adel volume Vom Hìstorismus zur historischen Sozial-wissenschaft. Heidelberger Max Weber Vorlesungen, 1985,Fran kfurt a.M., 1987) ; e con rif erimen to alla feno meno lo¬gia (P. Rossi , Max Weber, Dilthey e le "LogischeUntersuchungen" di Husserl (in corso di pubblicazione);L. van Vucht Tijssen, Aufdem Weg zur Relativisierung der 

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Vernunft. Eine vergleichende Reconstruktion derKultur und Wissenssoziologie. Auffassungen Max Schelers und MaxWebers, Berlin, 1989).

Per altri versi, le tematiche della modernità sono statelegate in taluni casi al problema storico dello sviluppo del¬la razionalità occidentale, con cedimenti — è il caso del

 p r imo Schluchter, di Miinch e naturalmente di Hab er mas — verso posizioni neo-evoluzionist iche [W. Schluchter, DieEntwicklung des olczidentalen Rationalismus. Eine Analysevon Max Webers Gesellschaftsgeschichte, Tubingen, 1979,trad. it. Lo sviluppo dei razionalismo occidentale, Bo lo g n a ,1987; del lo s tesso cfr . anche Die Paradoxie der 

 Rationalisierung. Zum Verhàltnis von "Ethik" und "Welt" bei Max Weber, in W. Schluchter, Rationalismus der Welt-beherrschung, Frankfurt a.M., 1980, pp. 9-40; R. Miinch,

 Max Webers "Gesellschaftsgeschichte als Entwicklungslogik gesellschaftlicher Razionalisierung, recens ione a W.Schluchter, Die Entwicklung des okzidentalen Rationalismus,in Kólner Zeìtschrift fùr Soziologie und Sozialpsycologie,32 , 1980, pp . 774 -7 86 ; del lo stesso Miin ch, Die Struktur 

der Moderne. Grundmuster und dìfferentielle Gestaltungdes institutionellen Aufbaus der modernen Gesellschaften,Frankfurt, 1984; R. Stichweh, recensione a R. Miinch: DieStruktur der Moderne, in Soziologische Revue, 9, 1986, pp .1 5 5 - 1 5 7 ; J . Ha b e r ma s , Zum Thema: Geschìchte und 

Evolution, in Geschìchte und Gesellschaft, 2, 1976, pp.3 1 0 - 3 5 7 ; Theorie des kommunikativen Handelns, Frankfurt1981, trad. it.. Teoria dell'agire comunicativo, 2 voli, (a

cura di G.E. Ru sc on i) , Bo lo gn a, 1986; S. Smid, SozialeEvolution und Rationalitat. Bemerkungen zu N. LuhmannsGrundlegung einer allgemeinen Theorie, in Rechtstheorie,16, 1985, pp. 429-457]. Contro posizioni storico-evoluti¬ve, P. Rossi, // processo di razionalizzazione del diritto eil rapporto con ieconomia, in Max Weber e il diritto, cit.

 pp . 19-37; riguardo ad un Weber disil luso nei confronti

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delle vedute evoluzionistiche, P, Schiera, Max Weber e lascienza giuridica tedesca dell'ottocento, in Aa.Vv., MaxWeber e il diritto* cit., p. 107.

Ma cosa significa modernità? È fuori dubbio che chi vo¬

glia oggi porsi q ue st o in ter ro ga ti vo non. po ss a non consi¬derare l'opera di Max Weber in generale ma anche e so¬

 prat tutto la sua sociologia del diritto. Già Parsons del re¬sto ricordava come «il nocciolo della sociologia sostanzia¬le di Weber non con siste né nella pr ese nt azi on e dei pr o

 blemi economici e politici né nella sociologia religiosa, manella sociolog ia giu rid ica» (cfr. T. Pa rson s, Wertgebundenheit und Objektivitàt in den Sozìalwissenschaften. Etne

 Interpretation der Beitràge Max Webers, in Max Weber und die Soziologie heute, Tù bin gen , 1965 , trad. it. Relazioneai valori e oggettività nelle scienze sociali, in Aa.Vv., MaxWeber e la sociologia oggi, Mi la no , 1967 , p. 73) . Le ra¬gioni possono essere molteplici, il presente lavoro ha cer¬cato nel primo capitolo di metterne in risalto una, vale adire il fatto che il discorso sulla modernità passa attraver¬so la sociologia del diritto di Weber perché attraversa la

riflessione sui nuovi modelli di legittimazione, quali quel¬li ap pu nto pro ced ura li [H. Treiber, Prozedurale Rationalitdt  —  eine verfahrene Sachei in Zeitschrift far Rechtssoziologie,1, 1986, pp. 244-265; K. Eder, Prozedurale Rationalitdt.

 Moderne Rechtsentwicktung jenseits von formaler  Rationalisierung, in Zeitschrift fur Recthssoiiologie, 7,

1986, pp . 1-30; ed an ch e, dello ste sso , ì più ris ale nti , Zur  Rationaiisierungsproblematik des modernen Rechts, in

Soziale Welt, 29 , 1978, pp . 24 7- 25 6, ora in W.M . Spro ndel ,C. Seyfarth (a cura di ), Max Weber und die Rationalisierungsozialen Handelns, Stut tgart , 19 81 , pp . 157 -16 7, nel me¬desimo volume a cura di Sprondel e Seyfarth si veda an¬che il saggio di S. Kalberg, Max Webers Typen der 

 Rationalitàt: Grundsteine fur die Analyse von Rationali-sierungsprozessen in der Geschichte, pp. 9-38].

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Ebbene, tali modelli procedurali che in modo affatto di¬verso ritroviamo sia in Habermas [J. Habermas, Theoriedes kommunikativen Handelns, cit. e dello stesso Wie ist 

 Legitimitài durch Legalitàt mòglich?, in Kritische Justiz,

20 , 198 7, pp . 1-16; V.M. Bad er, Theorie des kommunika-tiven Handelns als Theorie des Legitimitàt, in Das Argument,15 1 , 1985 , pp . 3 55 -3 83 ; P . Kie lm an seg g (a . cu r a d i ) ,

 Legitimitàtsprobleme politischer Systeme, Pvs-Sonderheft7, 1976, con un co nt rib ut o di Ha be rm as e di He nn is ] chein Luhmann, (per tutti N. Luhmann, Legitimation durchVerfahren, Fran kfu rt a.M. 1969) ha nn o radici lo nt an e. Essitrovano la loro origine per certi aspetti proprio nel discor¬

so di Weber sul diritto sviluppato (certo non solo) nellasoc io log ia de l d i r i t to ( J . Hedorn , Legitimitàt und  Regierbarkeit. Studien zu den Legitimitàtstheorien von Max

Weber, Niklas Luhmann, Jurgen Habermas und Unre-gierbarkeitsforschung, Berlin, 1982; K. Bruckrneier, Kritik der Organisationsgesellschaft. Wege der systemtheoreti-schen Auflòsung der Gesellschaft von M. Weber, Parsons,

 Luhmann und Habermas, Mù ns te r, 1988). Se infatti i no¬di della legittimazione appartengono ad altre aree dell 'operaweberiana una comprensione della loro dimensione proce¬durale può essere meglio rintracciata nella sociologia deldiritto o in una lettura, pregiudicata dal punto di vista giu¬ridico (in particolare del diritto pubblico), di altri aspettidegli scritti di Weber.

Sul concetto di diritto in Weber si rimanda a quanto giàdetto nelle note di questo lavoro; per alcuni aspetti non trat¬

tati e per una valutazione di questo concetto già nei suoicontempo ranei si veda H.U. Kantoro wicz, Rechtswissenschaft und Soziologie, Tù'bingen, 1911 , ora anc he in tra duz ion eitaliana, Scienza giuridica e sociologia, in A. Canino (acura di), Metodologia della scienza giuridica, Napoli, 1989,

 pp. 5 7 -8 5 .

Sul rapporto con i l dir i t to naturale , W. Maihofer ,

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 Naturrecht oder Rechtspositivismuslt  Dar mst adt , 1962 (2*ed. 196 6); S. Bre uer , Sozialgeschichte des Naturrechts,Opladen, 1983.

Sui contributo dell 'opera di Max Weber all'analisi e al¬

la fondazione dei diritti dell 'uomo si veda W. Brugger, Menschenrechtsethos und Verantwortungspolitik. Max Webers Beitrag iur Analyse und Begrììndung der Menschenrechte y

Freiburg-Miinchen, 1980.

Per una riflessione anche storica e sociologica della di¬mensione normativa oltre al saggio di Kantorowicz si ve¬da R. Kònig, Das Rechi im Zusammenhang der sozialen

 Normensysteme, in E. E. Hirs ch, M. Re hb in de r (a cur a di) ,

Studien und Materialien zur Rechtssoziologie, Opladen,967, pp. 36-53; H. Popitz, Die normative Konstruktìon vonGesellschaft, Tù bi ng en , 198 0; C. Hopf, Normen und interessen als soziologìsche Grundb e griffe. Kontroversentiber Max Weber, in Analyse und Kritik, 8, 1986, pp. 191¬210.

Da ricordare inoltre i saggi specifici sul diritto nelle so¬cietà orientali nei volumi curati da Schluchter: K. Biinger,

 Das chinesische Rechtssystem und das Prinzip der  Rechtsstaatlichkeit, in W. Schluch ter (a cura di), Max WebersStadie uberKonfuzianismus und Taoismus, Frankfurt, 1983,

 pp . 134-173; J .D.M. Derret, Die Entwicklung des indischen Rechts, in W. Sch luc hte r (a cur a di ), Max Webers Studieùber Hinduismus und Buddhismus, Frank furt , 1984, pp.178-201; P. Crone, Max Weber, das islamische Rechi und 

die Entstehung des Kapitalismus, in W. Sch lu ch te r (a cu¬

ra di), Max Webers Sicht des Islam, Frankfurt, 1987, pp .294-333 (con una nota critica di Schluchter).

Ancora sul diritto con particolare riferimento ai temi del¬ia giurisdizione e a/la figura del giudice B. Caesar-Wolf, Der deutsche Richter am «Kreuzweg» zwlschen Professìonalisierungund Deprofessìonalisierung, in S. Breuer, H. Treiber (a cu¬ra di), Zur Rechtssoziologie Max Webers, Oplad en, 1984, pp.

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1 99-222; N. Roos, Antiformale Tendenzen im modernen Recht  — eine These Max Webers, diskutiert am Beispiel der  Laienrichierfrage, in S. Bre uer , H. Treib er (a cu ra di), Zur  Rechtssozhlogie Max Webers, cit., pp. 223-267; H. Rottleuthner,

 Die gebrochene Burgertichkeit einer Scheinprofession—Zur Situation der deutschen Richterschaft zu Begìnn des 20. Jahrhunderts, in H. Siegr ist (a cura di ), Burgerliche Berufe. Beitràge zur Soziaìgeschichte der Professionen,freier Berufeun Akademiker im internationalen Vergleich, Gottingen, 1988;

 L. Kiss le r , Rechtssoziologie fùr die Rechtspraxis, Neuwied/Darmstadt , 1984,

In un'ottica di diritto pubblico i lavori di E.V. Heyen,

 Herkunftsprofìle des «Archivs fùr òffentliches Recht» imkaisertichen Deutschland, in E.V. Heyen (a cura di), Hisiorische Soziologie der Rechtswissenschaft, Frankfurt,

1986, pp . 173-197; E.V. Heyen, Selbstberatungder Verwaltungund Verwaltungswissenschaft, in R. Koch (a cura di),Verwaltungsforschung in Perspektive. Ein Colìoquìum zur 

 Methode, zum Konzept und zum Transfer, Baden Baden,1987, pp. 245-257.

Si è detto co me dal '4 7 in poi ciò che acc en de maggio r¬me nt e l 'interesse appa re esser e il We be r po li ti co , a nc he se

 — e non è solo l ' ipotesi di questo libro — le incursionida un campo all 'altro sono continue: si pensi , ad esempio,già al volume di W.J. Mommsen, Max Weber und die deutsche Politik 1890-1920, Tu bi ng en , 1959; a ben ve de re tut¬to l'ultimo capitolo sulla genesi della costituzione di Weimar è una parte preziosa per  lo storico del diritto pubblico, per  

non parlare poi della bibliografia finale, giuridica oltre che politica, dei e su i contemporanei di Weber.

Un altro autore sempre attento ai due versanti politicoe giuridico coniugati ai temi dello Stato, del politico, deldiritto e della città è Stefan Breuer, di cui abbiamo già ri¬cordato il volume da lui curato sulla sociologia del dirit¬to di Weber; dello stesso si vedano S. Breuer, Politik und 

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 Rechi im Prozess der Ratio nalisierung, in Leviathan, 5,1977, pp. 53-99; S. Breuer , H. Treiber , M. Walther ,

Entstehungsbedingungen des modernen Anstaltsstaates.Uberlegungen im Anschluss an Max Weber, in S. Breuer,

H. Treiber (a cura di), Entstehung und Strukturwandel desStaates,Opladen, 1982, pp. 75-153; e ancora, S. Breuer, Zur Soziogenese des Patrimonialstaates, in S. Breuer, H. Treiber (a cura di), Entstehung und Strukturwandel des Staates, cit.,

 pp . 163-227; S. Breuer, Blockierte Rationalisierung, MaxWeber und die italienische Stadi des Mittelalters, in Archiv

 fur Kulturgeschichte, 66, 1984, pp. 47-85; Max Webers Herrschaftssoziologie, in Zeitschriftfur Soziologie, 17 ,1988 ,

 pp. 315-327.Sul Web er po li ti co so no ora disp onibil i tutti gli scritti e

int erv ent i del pe ri od o tra il 1914 e il 191 8, pubb lica ti nel¬le varie versioni con cui sono apparsi, nell'edizione cura¬ta da W.J. Mommsen: Max Weber zur Politik im Weltkrieg.Schriften und Reden 1914-1918  (Tùbingen, 1988). Sugliinterventi politici o sul contesto storico del tempo si vedasempre di Mommsen anche la nota conclusiva pp. 359-368.

Per quanto attiene ad un periodo precedente gli anni del¬la guerra , d i non poco in teresse è la le t tura de l leVerhandlungen des Zweiten Deutchen Soziologentages,(Tùbingen 1913). Si tratta dei resoconti, delle discussionie dei dibattiti svoltisi a Berlino (20-22 ottobre 1912), cui

 partecipa anche Max Weber insieme, tra gli altri, a Tònn ies ,Michels, Simmel, Sombart, Oppenheimer, Hartmann e AlfredWeber. I te mi : Die Nationalitàt in ihrer soziotogischen

 Bedeutung (relatore P. Barth); Das Recht der Nationalitàten(relato re F. Schm id); Die Nation alspolitischer Faktor  (rel a t o r e L . M . H a r t m a n n ) ; Die rassentheorethischeGeschichtsphilosophie (relatore F. Oppenheimer); Die hi-storische Entwicklung des Vaterlandsgedankens (relatoreR. Miche l s ) . Non occor re so t to l inea re u l t e r io rmentel'importanza di questo volume ai fini di una ricostruzione

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del clima culturale giuridico-politico dì quegli anni in Germania.

Ancora su un Weber letto in una "situazione di confine"

tra il politico, il giuridico e l'etico, il volume sulla teoriadel lo s tato di Weber di Michael Zangle: Max Weber Staatstheorie im Kontext seines Werkes, Berlin, 1988; sem¬ pre sul tema dello Stato in Weber ma in una prospettiva piùdi diritto pubblico il saggio di H. Baier, «Valer Sozialstaat».

 Max Webers Widerspruck zur Wohlfahrtspatronage, in C.Gneuss, J. Kocka (a cura di), Max Weber. Ein Symposion,cit., 1988, pp. 4 7 - 6 3 ; sul rap por to tra diritt o del lo stato so

ciale e razionalità formale del diritto weberiana, cfr. H.A.Hesse, Die Rilevarli der Soziologie Max Webers fùr die ju-ristische Praxis und Jurìstenausbildung, in Zeitschrift fùr vergleichende Rechtsmssenschaft, 82, 1983, pp . 24 2-2 60.

Per finire una notazione, quasi una curiosità: il rapporto tra Max Weber e le donne; e non penso tanto ai rapporti personali di Weber, alla sua, se così si può dire, ancorauna volta «situazione di confine» tra Marianne Weber da

un lato e Else von Richthofen dall'altro (su questo IngridGilcher Holtey Max Weber und die Frauen in C Gneuss