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ANALISI DEL DISCORSO

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ANALISI DEL DISCORSO

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Analisi del discorso

•  A partire dagli anni Ottanta ampia diffusione del termine discorso nelle scienze del linguaggio.

•  Trasformazione nel modo di concepire il linguaggio. Parlando di discorso si prende

posizione a favore di una particolare concezione del linguaggio e della semantica, che dipende dalla influenza di diverse correnti pragmatiche.

•  L’analisi del discorso è un campo di studi eterogeneo, in cui confluiscono discipline e tradizioni relativamente autonome: Pragmatica, Retorica, Semiotica, Argomentazione.

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Due paradigmi a confronto (Caffi, 2009:22, cfr. Nerlich-Clark 1996:7)

Paradigma formale Una lingua è una forma di categorizzazione La funzione primaria della lingua è

l’articolazione del pensiero Il correlato psicologico di una lingua è la

competenza linguistica La sintassi è autonoma rispetto alla semantica

e entrambe sono autonome rispetto alla pragmatica

Paradigma funzionale Una lingua è uno strumento della interazione

sociale La funzione primaria della lingua è la

comunicazione Il correlato psicologico di una lingua è la

competenza comunicativa La pragmatica è la cornice al cui interno si

collocano sintassi e semantica: la semantica è subordinata alla pragmatica e la sintassi alla semantica

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•  Il discorso assume una organizzazione transfrastica.

•  Il discorso è orientato, si costruisce in funzione di un fine.

•  Il discorso è una forma di azione (Austin).

•  Il discorso è interattivo.

•  È contestualizzato.

•  È preso in carico: esiste solo se riferito a una istanza che al tempo stesso si pone come riferimento personale, temporale, spaziale e modalizzante (enunciazione).

•  Esprime un posizionamento, ha una finalità persuasiva e una componente argomentativa. •  È regolato da norme.

•  È sempre preso in un interdiscorso.

•  È il prodotto ma anche l’elemento unificante di una comunità discorsiva (per es. dei giornalisti, degli economisti, dei pubblicitari, dei linguisti, dei medici, ecc.) (sotto insieme della società caratterizzato dalla produzione di discorsi (Maingueneau, 2009)

Caratteristiche del discorso

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Fairclough (Media Discours, London, 1995) distingue 2 accezioni principali: a)  discorso come azione sociale e interazione (accezione dominante negli

studi linguistici)

b)  discorso come costruzione sociale della realtà, forma di conoscenza (accezione usata principalmente nella teoria sociale post-strutturalista, cioè nel lavoro di Foucault).

Antelmi, Comunicazione e analisi del discorso, 2012: il discorso è una «pratica che forma oggetti di conoscenza e determina precise configurazioni interpersonali e sociali».

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•  L’Analisi del Discorso assume un punto di vista vicino ai media studies per quanto riguarda l’attenzione al contesto, produttivo e sociale, in cui i media operano. Ma, diversamente dalla linea socio-antropologica, che privilegia le ricerche sul pubblico e l’industria dei media, adotta come punto di vista privilegiato il testo e si riferisce alla tradizione linguistica e semiologica.

•  La specificità di questo indirizzo consiste nella metodologia di indagine che

si serve di strumenti “fini”, in grado di individuare nei testi gli elementi significativi che agiscono nel e sul contesto.

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Orientamento qualitativo

•  L’analisi non è limitata al piano semantico manifesto del testo ma comprende, anzi privilegia, contenuti impliciti e sensi che si determinano nelle relazioni tra testo e contesto.

•  La grammatica è importante per l’analisi del discorso: la realtà non viene costruita solo con le parole ma anche con la posizione delle parole all’interno della frase, per esempio forma attiva o passiva (che consente di non menzionare il responsabile di un’azione) (vedi oltre: Halliday).

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Il problema del contesto •  Contesto interno

Per Aristotele (Retorica 1358a 37-b 1) il discorso è l’insieme di tre fattori: colui che parla, ciò di cui si parla, colui a cui si parla. I parlanti-ascoltatori sono dentro e non fuori il discorso, sono suoi elementi costitutivi e non utenti esterni (contesto interno) (Piazza, L’arte retorica: antenata o sorella della pragmatica?, «Esercizi filosofici», n. 6) (situazione di enunciazione).

•  Contesto esterno

Il discorso, diversamente dal testo, comprende non solo il contesto interno ma anche le condizioni extralinguistiche della sua produzione e ricezione (cfr. Adam 1999): attori, istituzioni, luoghi di produzione (situazione di comunicazione).

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•  L’analista del discorso non si limita ad una operazione descrittiva, che consiste nel

dire come funziona un testo, ma pone un’altra domanda, più vicina all’analisi sociologica e soprattutto al concetto foucaultiano di potere/sapere: perché è così organizzato? chi ha interesse a che il testo funzioni in questo modo?

•  Nella società contemporanea un tipo significativo di potere è il potere di rappresentare la realtà in un particolare modo e il potere di fare accettare la propria rappresentazione non come una tra le altre ma come quella vera: la versione naturale, ovvia, neutrale della realtà.

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Analisi critica del discorso •  Adotta il termine discorso nell’accezione di uso del linguaggio in quanto parte della

vita sociale e in quanto costruzione della realtà sociale •  Pone al centro della ricerca la relazione tra potere e discorso •  Si occupa del discorso pubblico e in particolare dei media: testi non letterari ma di

rilevanza sociale

•  Studia come i media costruiscono le espressioni, le argomentazioni, la gerarchia degli argomenti che vanno ad alimentare i giudizi diffusi sul mondo

•  Analizza i rapporti tra le pratiche linguistiche (in particolare di categorizzazione) e le pratiche di esclusione all’opera nei Paesi occidentali: distribuzione non equa fra i diversi gruppi sociali delle opportunità di dare senso.

•  La questione alla quale l’analisi del discorso deve rispondere è la seguente: in che modo, nelle società occidentali moderne, la produzione di discorsi cui si è attribuito un valore di verità è legata ai vari meccanismi e istituzioni di potere? (Foucault 1976, p. 8)

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Discorso e potere «Con potere non voglio dire il ‘Potere’, come insieme di istituzioni e di

apparati che garantiscono la sottomissione dei cittadini in uno Stato determinato. Con potere non intendo nemmeno un tipo di assoggettamento, che in opposizione alla violenza avrebbe la forma della regola. […] Con il termine potere mi sembra si debba intendere innanzitutto la molteplicità dei rapporti di forza immanenti al campo in cui si esercitano e costitutivi della loro organizzazione; il gioco che attraversa scontri e lotte incessanti li trasforma, li rafforza, li inverte; gli appoggi che questi rapporti di forza trovano gli uni negli altri […], le strategie infine in cui realizzano i loro effetti, ed il cui disegno generale o la cui cristallizzazione istituzionale prendono corpo negli apparati statali, nella formulazione della legge, nelle egemonie sociali […] il potere è dappertutto; non perché inglobi tutto ma perché viene da ogni dove» (Foucault, La volontà di sapere (1976), Feltrinelli, 1996:81-82).

Cfr. R. Barthes

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Barthes, Critica del potere «noi abbiamo creduto che il potere fosse un oggetto eminentemente politico; oggi crediamo che esso sia anche un oggetto ideologico, che si insinua dove non risulta facile individuarlo di primo acchito (nelle istituzioni, nell’insegnamento), ma che in definitiva continui ad essere sempre uno solo. […]; ovunque, in ogni dove, vi sono capi, centri di potere, siano questi imponenti o minuscoli, gruppi di oppressione o di pressione; ovunque si odono voci “autorizzate”, che si autorizzano a farsi portavoce del discorso di ogni potere: il discorso dell’arroganza. Ecco allora intuiamo che il potere è presente anche nei più delicati meccanismi dello scambio sociale: non solo nello Stato, nelle classi, nei gruppi, ma anche nelle mode, nelle opinioni comuni, negli spettacoli, nei giochi, negli sport, nelle informazioni, nei rapporti familiari e privati, e persino nelle spinte liberatrici che cercano di contestarlo: io chiamo discorso di potere ogni discorso che genera la colpa, e di conseguenza la colpevolezza, di colui che lo riceve […] il potere è il parassita d’un organismo trans-sociale, legato all’intera storia dell’uomo, e non solamente alla sua storia politica, storica. Questo oggetto in cui, da che mondo è mondo, s’inscrive il potere è: il linguaggio – ovvero, per essere più precisi, la sua espressione obbligata: la lingua» (Lezione (1978), 1981:6-7)

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Livelli di analisi del discorso

• Campi d’azione

•  Generi

•  Testi

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•  Campi d’azione cornici di perimetro esterno e di contesto, segmenti della specifica realtà della società (es. formazione dell’opinione pubblica, emanazione delle leggi, macchina pubblicitaria, ecc.)

•  Genere modo socialmente ratificato di utilizzare il linguaggio in connessione con un particolare tipo di attività sociale (livello immediatamente superiore a quello del testo, prima cornice testuale); governa le modalità di codificazione del testo, secondo criteri di adeguatezza pragmatica.

•  Testo «Risultato concreto di pratiche discorsive istituzionalizzate» (Antelmi, Comunicazione e analisi del discorso) interpretato nel significato corrente della linguistica pragmatica come il prodotto materialmente durevole di un’azione linguistica (atto individuale in cui il discorso si manifesta) e ricondotto nel contempo alla accezione semiotica (il testo è anche prodotto dalla ricezione che il pubblico esercita attivamente ogni volta che legge, ascolta o osserva un insieme di enunciati).

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Esempio1 Campo d’azione: formazione della pubblica opinione e autopresentazione

• Generi •  Comunicati stampa •  Conferenze stampa •  Interviste •  Talk show •  Tavole rotonde •  Articoli •  Libri •  Discorsi istituzionali •  Ecc.

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Esempio2 Campo d’azione della propaganda politica

•  Generi: •  programmi elettorali, •  slogan, •  discorsi in campagna elettorale, •  manifesti, •  opuscoli, •  propaganda a mezzo posta, •  dibattiti televisivi, •  ecc.

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Genere •  Secondo Halliday (Il linguaggio come semiotica sociale, p. 153) una caratterizzazione

completa della testualità non può prescindere dal riferimento al genere

•  I generi sono forme dell’enunciazione, legate a particolari pratiche sociali, che sono date all’individuo (anche se mutevoli, elastiche, storicamente e culturalmente formate).

•  Corrispondono a situazioni tipiche della comunicazione verbale, a temi tipici e a contatti tipici tra i significati delle parole e la concreta realtà effettiva in circostanze tipiche.

•  Nell’analisi letteraria (Poetica) il genere accomuna un insieme di opere omogenee per

contenuto, stile e struttura compositiva (Corti, La comunicazione letteraria, 1976: 156). Due categorie di genere: una astratta, atemporale (genere lirico, fantastico, epico, drammatico ecc.); l’altra storica (genere romantico, realista, naturalista, ecc.)

•  Il genere determina fattori come la lunghezza, i partecipanti ecc. e soprattutto determina un orizzonte di attese nel destinatario (es. favola di La Fontaine; dialogo di Galileo Galilei): è un dispositivo di decodifica.

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I generi del discorso nella retorica classica

•  Aristotele: ogni discorso è il risultato di tre elementi:

•  Chi parla

•  Ciò di cui parla

•  A chi si rivolge (problema dell’uditorio) •  Tre tipi di ascoltatori nella polis greca:

•  Membri di un’assemblea politica •  Giudice nei processi •  Spettatori

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Funzioni dell’uditorio e generi del discorso

Genere Scopo dell’oratore Funzione dell’uditorio

deliberativo Consigliare l’utile Prendere decisioni (su azioni future) sillogismo

giudiziario Difendere il giusto Esprimere un verdetto (su azioni passate) esempio

epidittico Potenziare l’adesione ai valori

Disporsi all’azione amplificazione

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Bachtin (1929)

«Ogni sfera d’uso del linguaggio elabora propri tipi relativamente stabili di enunciazioni, tipi che chiameremo generi del discorso […]. Il problema generale dei generi non è mai stato posto veramente. Si sono studiati per lo più i generi letterari. Ma dall’antichità classica ai nostri giorni essi sono stati studiati dal punto di vista della loro specificità artistica, nelle loro specifiche distinzioni differenziali (nell’ambito della letteratura) e non come tipi particolari di enunciazione […]. Sul piano della linguistica generale il problema della enunciazione e dei suoi tipi non è stato quasi tenuto in nessun conto. A partire dalla antichità classica si sono studiati i generi retorici […] ma anche qui la specificità dei generi retorici (giuridici, politici epidittici) offuscava la loro natura linguistica. Si sono studiati infine anche i generi del discorso quotidiano […]. Ma neppure questo studio poteva portare a una corretta definizione della natura linguistica della enunciazione, perché si limitava alla specificità del discorso quotidiano orale […]. Di particolare importanza è qui rilevare la differenza essenziale tra generi del discorso primari (semplici) e secondari (complessi)» (L’autore e l’eroe, Einaudi, 1979: 40)

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•  generi primari: conversazione quotidiana, lettera, racconto familiare, sorgono all’interno della comunicazione verbale immediata.

•  generi secondari: dramma, romanzo, lavori scientifici, generi pubblicistici di ampie dimensioni, sorgono all’interno di una più complessa e relativamente sviluppata comunicazione culturale (soprattutto scritta).

«Per parlare noi ci serviamo sempre di determinati generi del discorso, cioè tutte le nostre enunciazioni dispongono di determinate forme tipiche di costruzione del tutto, relativamente stabili. Praticamente ci serviamo di un ricco repertorio di generi orali e scritti, ma teoricamente ne possiamo anche ignorare l’esistenza: noi parliamo in svariati generi senza sospettarlo. Questi generi ci sono dati quasi come ci è data la lingua materna».

I generi del discorso sono «le cinghie di trasmissione dalla storia della società alla storia del linguaggio» (Bachtin, 1979:251). Problema del rapporto tra stile e genere, libertà individuale d’espressione e forme codificate

dell’uso.

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Generi del discorso per Maingueneau (2004)

•  Generi di conversazione •  Generi istituzionali, legati a specifiche istituzioni (scuola, partito, chiesa,

giornale), associati ad attanti con ruoli specifici o ad attività relativamente standardizzate (Antelmi, p. 55) •  Routinari, caratterizzati da modelli stabili (perché qui le scelte comunicative sono

strettamente dipendenti dalla situazione storico-sociale): articoli giornalistici, verbali, lettere aziendali, comunicati stampa, contratti, fatture commerciali, leggi, guide turistiche ecc.

•  D’autore, produzioni più personali interne a una tradizione letteraria, filosofica, religiosa (memoria, trattato, romanzo ecc.).

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La nozione di genere occupa un posto speciale nell’Analisi del discorso: in

quanto legato a una specifica pratica sociale, il genere diventa una marca caratterizzante diverse attività comunicative umane.

Lo spostamento di attenzione verso le attività e gli scopi della interazione

umana determina uno slittamento dei generi classici in funzione del raggiungimento di un determinato scopo. Ad esempio l’adozione del genere conversazione in trasmissioni televisive trasforma il rapporto

istituzione-cittadino (asimmetrico e sbilanciato per autorità e potere) in un rapporto tra privati e pari, con l’effetto di naturalizzare la rappresentazione del reale (Antelmi, 2006).

Problema della ibridità e della mescolanza dei generi (Fairclough).

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Generi e tipi testuali •  Si tratta di due categorie distinte dell’analisi testuale.

•  Il tipo testuale definisce i diversi procedimenti comunicativi in base agli scopi dell’emittente, che legano il tipo testuale a un particolare atto linguistico.

•  Ogni enunciazione testuale è il compimento di un tipo di comunicazione ricorrente nella società e normalizzato nella sua struttura.

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L’ipotesi di partenza della linguistica del testo è che l’esecuzione di intenzioni comunicative all’interno di una società sia per il singolo già in larga misura preformata sotto forma di tipi di interazione con un determinato potenziale comunicativo (domandare, rispondere, chiedere un favore, informare ecc., ma anche raccontare, intervistare, argomentare). Questi tipi comunicativi possono essere considerati come istituzioni sociali che riducono la complessità delle possibili azioni.

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Tipi testuali come macroatti linguistici

•  Ogni enunciazione testuale è il compimento di un atto di comunicazione ricorrente nella società e normalizzato nella sua struttura

•  Nella retorica classica:

Narrativi, descrittivi, argomentativi, espositivi

•  Secondo Werlich (1976): Narrativi, descrittivi, argomentativi, informativi, regolativi

•  Secondo Beaugrande-Dressler (1981): Narrativi, descrittivi, argomentativi

Vedi anche F. Sabatini, Rigidità-esplicitezza vs elasticità-implicitezza: possibili parametri massimi per una tipologia di testi,

in Skytte e Sabatini (a cura di), Linguistica testuale comparativa, Copenhagen, 1999 C. Lavinio, Comunicazione e linguaggi disciplinari, Carocci, 2004

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Ibridità

•  Mescolanza di testi e stili diversi

•  Dardano definisce “testi misti” quelli in cui avviene una mescolanza

•  A) di forme diamesiche (parlato-scritto nei giornali) •  (nella struttura delle frasi: paratassi, dislocazione a sinistra, sospensioni,

autocorrezioni, ridondanza e ripetizioni, uso di particolari connettivi e formule allocutive ecc.)

•  Sul piano lessicale: gergalismi e regionalismi

•  B) di tecniche discorsive: citazioni, discorso riportato

•  C) di campi di conoscenze e relativi modelli di azione: tipi testuali tendono a fondersi in tipi ibridi

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Testo •  Testo è ogni parte linguistica enunciata di un atto comunicativo entro un

gioco di azione comunicativo che sia orientata tematicamente e assolva una funzione comunicativa riconoscibile.

•  Solamente mediante la funzione illocutiva (socio-comunicativa), progettata da un parlante, riconoscibile dai suoi interlocutori e realizzata in una situazione comunicativa, un insieme di enunciazioni verbali diventa un coerente processo testuale, efficace nella sua funzione sociocomunicativa e regolato da regole costitutive.

•  Il testo non è solo un insieme coerente di enunciati, ma un insieme di enunciazioni in funzione, ossia la realizzazione socio-comunicativa di una testualità.

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Criteri della testualità Coesione livello sintattico Coerenza livello semantico Intenzionalità emittente Accettabilità ricevente Informatività contenuto testuale Situazionalità contesto Intertestualità relazione con gli altri testi

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Criteri della testualità

•  Il testo è una unità comunicativa che soddisfa sette criteri di testualità: a) coesione, b) coerenza, c) intenzionalità, d) accettabilità, e) informatività, f) situazionalità, g) intertestualità.

•  Tali condizioni possono essere distinte in due categorie: quelle pertinenti al materiale testuale, per le quali il testo è dunque un’elaborazione di elementi strettamente linguistici (a, b), e quelle che riguardano invece la modalità in cui gli utenti partecipano all’attività del prodotto testuale (in particolare c, d) (De Beaugrande-Dressler)

•  L’assenza di uno dei sette criteri determina testi anomali, mentre in assenza

di coerenza è la stessa qualifica di testo che viene a cadere. La condizione veramente necessaria per poter assegnare lo status di testo a una sequenza di frasi è la coerenza in quanto globale unità di senso (Conte 1977).

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Coerenza

Criterio che distingue un testo da un non-testo Due accezioni di coerenza

•  Assenza di contraddizioni (consistency) (a parte obiecti)

•  Organicità (integrazione della parti nel tutto: testo come unità di senso strutturata) (coherence); implica (a parte subiecti) l’intenzionalità comunicativa e l’atteggiamento dell’interprete (accettabilità), una disponibilità del ricevente a interpretare il testo come una totalità significativa: rinvio al principio di cooperazione e alla nozione di implicatura.

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Testi multimodali Utilizzano più sistemi semiotici (verbale, gestuale, iconico, sonoro, ecc.). Difficoltà di tenuta dei criteri della coerenza e della coesione. Antelmi: Il dispendio cognitivo del destinatario alla ricerca di un senso apparentemente in contrasto con la funzione informativa del messaggio è ricercato dal pubblicitario che desidera trattenere l’attenzione del lettore.

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Coesione

Meccanismi di superficie che tengono insieme un testo •  Concordanza (articolo, aggettivo, nome / soggetto, verbo) •  Legami costruiti da

•  Ripetizione •  Rinvii forici (anafora e catafora) •  Sostituti lessicali (sinonimi, iperonimi, parafrasi, incapsulatori anaforici) •  Articolo: articolo definito per un referente noto, indefinito per un referente nuovo •  Ellissi (il più potente ed economico dei fattori coesivi) •  Connettivi argomentativi (di conseguenza, quindi, perciò ecc.) •  Marcatori testuali (innanzitutto, infine, per concludere ecc.)

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Linguaggio come semiotica sociale (Halliday)

Duplice funzione del linguaggio •  Riflettere sulle cose •  Agire simbolicamente (sulle persone) L’individuo membro di una società è una persona che significa, esprime significati e

attraverso questi atti di significazione la realtà sociale viene creata, mantenuta in buon ordine e continuamente rimodellata (realismo mediato o realismo critico).

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Modello di Halliday !Funzione ideativa*!

!Rappresentazione del mondo!

!Sistema della transitività (forme attive e passive del verbo, nominalizzazioni)!

!Funzione interpersonale!

!Interazione verbale, relazioni di ruolo, di potere, obbedienza ecc.!

!Sistema semantico della forza illocutoria (affermazione, domanda, ipotesi, per convincere, minacciare, chiedere) e del modo (certezza, probabilità)!

!Funzione testuale!

!Organizzazione del messaggio dal punto di vista della informazione, della tematizzazione e della identificazione!

!Sistema semantico del tema: distinzione tra informazione data o condivisa (tema) e informazione nuova (rema)!

• Brown e Yule (Analisi del discorso (1983), il Mulino 1986, riprendendo il modello di Halliday, parlano a questo proposito di funzione transazionale, mentre per la funzione definita da Halliday interpersonale adottano l’espressione interazionale).

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FUNZIONE INTERPERSONALE Pragmatica illocutoria e pragmatica enunciativa

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PRAGMATICA ILLOCUTORIA

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Cos’è la pragmatica? Per Ch. Morris, Fondamenti della teoria dei segni (1938) è una delle tre dimensioni in cui si articola la semiosi

•  Semantica: relazione dei segni con gli oggetti cui sono applicabili •  Sintattica: relazione dei segni tra loro •  Pragmatica: relazione dei segni con gli interpreti

Kerbrat-Orecchioni (1984) distingue due linee della pragmatica: a)  Pragmatica enunciativa: ha come oggetto la descrizione delle relazioni che si

stabiliscono tra l’enunciato e i parlanti e di tutti gli aspetti dell’enunciato verbale che dipendono dal quadro enunciativo in cui è inserito.

b)  Pragmatica illocutoria, o teoria degli atti linguistici: studia ciò che permette ad un enunciato di funzionare come un atto specifico, cioè i suoi aspetti performativi e illocutori.

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La Teoria degli atti linguistici Austin (1911-1960)

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Performatività (da to perform)

Già Aristotele distingueva tra frasi apofantiche e frasi semantiche.

Nel Novecento la riflessione pragmatica si deve a: Wittgenstein, Austin, Searle, Grice.

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Si possono descrivere le seguenti frasi in termini di verità/falsità?

•  Chi vuole fare l’esame nel primo appello? •  Fate attenzione! •  Bene, promosso! •  Ti prometto che ne terrò conto •  Scommetto che ti darà la lode •  Ti consiglio di ripensarci •  Mi scuso per l’errore •  Battezzo questa nave Queen Elizabeth •  Vietato fumare •  Cane feroce

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Teoria dell’azione comunicativa Austin, Performativo e constatativo (1958)

Con gli enunciati assertivi si dice qualcosa Con gli enunciati performativi (che contengono un verbo

performativo) si fa qualcosa, o meglio si fa quello che si dice e si dice quello che si fa.

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I verbi performativi segnalano lo svolgimento di un atto linguistico

Asserire, giudicare, ordinare, scommettere, giurare, dichiarare, domandare, salutare, licenziare, dimettersi, battezzare ecc.

La loro presenza in un atto linguistico implica l’esecuzione dell’azione

che evocano.

Sono verbi che alla prima persona del presente indicativo fanno quello che dicono e dicono quello che fanno (Caffi, p. 37)

Condizioni di funzionamento del performativo:

•  prima persona singolare •  Forma attiva •  indicativo presente

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Austin: tipi di atti linguistici in relazione a verbi illocutivi

•  Verdettivi: emissione di un verdetto, un giudizio, una valutazione (giudicare, stimare, valutare, calcolare)

•  Esercitivi: esercizio di poteri, diritti, influenza (ordinare, raccomandare, lasciare in eredità, licenziare, votare per, avvertire, consigliare)

•  Commissivi: assumere un impegno (promettere, scommettere, avere intenzione di, proporre, giurare, opporsi, acconsentire)

•  Comportativi: legati ad atteggiamenti e comportamenti sociali (scusarsi, congratularsi, sfidare, ringraziare, dare il benvenuto, augurare, benedire, maledire, lamentarsi)

•  Espositivi: usati nel discorso nella esposizione di un modo di vedere: illustrare opinioni, portare avanti discussioni, chiarificare usi e riferimenti (affermare, negare, rispondere, domandare, dedurre, definire, concludere).

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Forma canonica del performativo Prima persona singolare, verbo in forma attiva, indicativo presente

• Esempi: •  Scommetto…, battezzo..., dono..., dichiaro..., prego…

•  E però sono performativi pur non rispettando la forma canonica,

•  vietato fumare •  I viaggiatori sono pregati di servirsi del sottopassaggio •  Chiudi la porta!

mentre: Asserisco che c’è il sole, è in forma canonica ma non è un performativo.

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Condizioni di buona riuscita (felicità)

• A) Competenze relative alla procedura convenzionale accettata, che deve includere certe persone in certe circostanze, il loro atto di pronunciare certe parole e la loro rispettiva appropriatezza

• B) Rispetto della procedura, che deve essere eseguita in modo

corretto e completo • C) Stati interni del parlante coerenti con la procedura eseguita e

comportamenti conseguenti coerenti

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Infelicità

Colpi a vuoto

Atto preteso ma nullo

Abusi

Rispetto all’oggetto o all’interlocutore:

Invocazioni indebite (violazione della condizione A)

Rispetto alla procedura:

Esecuzioni improprie (violazione della condizione B)

Rispetto al parlante: Atto ostentato ma vacuo (Violazione della condizione C)

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•  Invocazioni indebite: una delle condizioni di proferimento non viene rispettata (persone, momento, procedure): ad esempio si battezza un pinguino; si scommette qualcosa senza che ci sia qualcuno che scommette il contrario

•  Esecuzioni improprie: ad esempio un cerimoniale (matrimonio, giuramento) non realizzato completamente ma interrotto per qualche motivo esterno (esempio giuramento di Obama, 20.1.2009)

•  Abuso: quando l’enunciato viene formulato senza sincerità (non si hanno sentimenti, pensieri, intenzioni corrispondenti), oppure non è seguito da un agire coerente: ad esempio: “mi congratulo!” quando non penso che sia un’azione lodevole; oppure “benvenuto!” e poi tratto la persona come un intruso.

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Condizioni di buona/cattiva riuscita dei constatativi

Austin, How to do things with worlds (1962): Parlare comporta compiere azioni di tipo sociale, regolate da convenzioni spesso tacite. Tali convenzioni comprendono “condizioni di felicità”, che devono cioè essere soddisfatte dal contesto in cui l’enunciato è proferito. Anche l’atto linguistico assertivo risponde a condizioni di felicità che, se violate, possono decretarne il fallimento. Tra le condizioni di felicità di un atto assertivo c’è il riferimento, in assenza del quale l’atto assertivo non può avere un valore di verità.

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I livelli di descrizione dell’atto linguistico Austin, How to do things with words (Come far cose con le parole), 1962:

dire qualcosa equivale a compiere tre atti simultanei: Locutivo: atto del dire qualcosa, equivale a pronunciare una certa frase con un certo

significato (in senso tradizionale). Comprende l’atto di emettere certi suoni (fonetico), l’atto di proferire vocaboli appartenenti a un certo lessico e a una certa grammatica (fatico), l’atto di usare questi vocaboli con un senso e un riferimento più o meno definiti

Illocutivo: atto nel dire, modo in cui deve essere interpretato ciò che si dice; forza:

funzione comunicativa convenzionale: la forza illocutoria è esplicitabile attraverso forme messe a disposizione da una lingua naturale.

Perlocutivo: atto col dire, ciò che otteniamo o riusciamo a fare con le parole

(dimensione non convenzionale). Distinzione tra obiettivo perlocutorio (connesso alla illocuzione) e seguiti perlocutori (non necessariamente legati alla illocuzione).

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Forza illocutiva

• Elemento di novità introdotto da Austin.

•  Funzione comunicativa convenzionale e contestualizzata (es. domanda, ordine, promessa, consiglio, preghiera, ecc.)

• Mette a fuoco i diversi modi in cui il linguaggio è azione

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Significato letterale e forza “Questo Paese deve essere unito, e se non l’unisce la

persuasione lo farà la spada” (Convenzione Federale di Filadelfia, 1787, discussione sulla futura Costituzione degli Stati Uniti) Che tipo di atto è ?

•  Constatazione oppure •  Avvertimento, minaccia

Giuseppe ama i suoi libri come figli

•  Asserzione oppure •  Avvertimento (restituire il libro al più presto)

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•  Ciò che facciamo col dire può restare identico pur variando ciò che facciamo nel dire. Esempio un relatore può chiedere silenzio al suo uditorio:

•  Non verbalmente, osservando con aria severa e seccata gli astanti •  Con una domanda: potete fare silenzio? •  Con una asserzione: sembra il mercato •  Con un’esortazione: facciamo silenzio! •  Con un ordine: fate silenzio! •  Con una esclamazione: che chiacchiera!

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• La funzione perlocutiva può essere realizzata attraverso diversi atti illocutivi.

•  Per esempio in una campagna elettorale:

•  Invito esplicito a votare un certo candidato: Votate Mario Rossi (atto esercitivo) (Jakobson: funzione conativa)

•  Presentazione del candidato: Mario Rossi, uno come te (atto descrittivo) (Marmo: strategia della complicità)

•  Vedi anche nella pubblicità commerciale:

•  Acquista una cucina Scavolini (atto esercitivo) •  Scavolini, la più amata dagli italiani (atto descrittivo)

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Indicatori di forza illocutoria •  Indicatori lessicali

•  Verbi illocutori •  Forme di intestazione: Convocazione, Nomina, Autorizzazione, Domanda, Avviso •  Espressioni frasali (per favore)

•  Indicatori sintattici •  Modo verbale: imperativo e le sue funzioni: Giura di dire la verità

(imperativo=direttivo) vs Tu giuri di dire la verità (indicativo=assertivo); augurio: divertiti!; offerta: prendilo pure!; istruzioni: prendete un Kg di farina….

•  Passivo: vietato fumare!; I viaggiatori sono pregati di servirsi del sottopassaggio; la seduta è tolta; Lei è licenziato!

•  Forma impersonale: si prega di riagganciare; Con la presente la S.V. è convocata; si avverte che i trasgressori saranno puniti

•  Tempo verbale: es.futuro (promessa: verrò); imperfetto (volevo solo chiedere..).

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•  Indicatori prosodici •  Tono della voce •  Enfasi

Esempio: Vieni da noi Vieni da noi? Può avere diverse forze: •  Ordine •  Domanda •  Richiesta gentile •  Esclamazione di stupore

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Searle (1932-)

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•  «Parlare una lingua significa impegnarsi in una forma di comportamento molto complessa, governata da regole. Apprendere a padroneggiare una lingua è tra l’altro apprendere a padroneggiare tali regole» (Atti linguistici. Saggio di filosofia del linguaggio, a cura di Leonardi, Boringhieri, 1976; ed.or.1969, p. 36)

Influenza della linguistica chomskiana: •  «La struttura semantica di una lingua può essere concepita come la

realizzazione convenzionale di una serie di insiemi di regole costitutive sottostanti […] gli atti linguistici sono atti eseguiti, tipicamente, enunciando espressioni in accordo con questi insiemi» (ivi, p. 65)

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Regole costitutive e regole normative

•  La maggior parte delle regole regolano comportamenti preesistenti: “guidare sul lato destro della strada” stabilisce come si guida negli Stati Uniti, ma l’attività di guidare un auto esiste indipendentemente da tale regola. La forma caratteristica di queste regole è “fai X”.

•  Alcune regole non solo regolano ma creano la possibilità stessa del comportamento: ad esempio le regole degli scacchi costituiscono il gioco. La forma caratteristica di queste regole è “X ha valore di Y nel contesto C”. Perché un pezzo di carta (X) abbia valore di banconota (Y) sono necessarie regole costitutive, in primo luogo regole costitutive relative al valore di banconota; in secondo luogo regole costitutive relative alla validità delle banconote.

Ciò vale anche per l’uso del verbo promettere: «l’enunciazione di P conta come l’assunzione dell’obbligo di fare x»

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Dimensioni fondamentali di variazione degli atti illocutori

• Scopo dell’enunciato •  Rappresentare qualcosa •  Impegnarsi in un’azione futura •  Indurre qualcuno a fare (credere/dire) qualcosa

• Direzione del vettore di adattamento tra parole e mondo •  Adattamento delle parole al mondo (asserzioni) •  Adattamento del mondo alle parole (promesse, ordini)

• Stato psicologico del parlante •  Credenze del parlante (asserzioni) •  Intenzione di azione (promettere, minacciare) •  Desiderio di azione da parte del destinatario (richiesta, ordine)

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• Energia o intensità con cui è presentato lo scopo illocutorio •  Andiamo al cinema? •  Voglio andare al cinema

•  Influenza delle differenze di status e posizione del parlante sulla forza illocutoria dell’enunciato

•  Ruolo della simmetria/asimmetria tra parlanti in relazione ad un comando o a una richiesta

• Necessità o meno di determinate condizioni extra-linguistiche •  Sciogliere le camere •  laureare

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•  rappresentativi – Scopo: impegno del parlante nei confronti della verità della proposizione espressa (asserire, concludere ecc.). Stato psicologico: credenza. (=espositivi e verdittivi di Austin)

•  direttivi – Scopo: il parlante tenta di indurre l’interlocutore a fare qualcosa (interrogare, richiedere, avvertire, ordinare, comandare, supplicare ecc.). Stato psicologico: volere o desiderio (= esercitivi di Austin).

•  commissivi – Scopo: impegno del parlante a fare qualcosa nel futuro (promettere, minacciare, offrire ecc.). Stato psicologico: intenzione. (=commissivi di Austin)

•  espressivi – Scopo: esprimere uno stato psicologico (ringraziare, scusarsi, salutare, lamentarsi, congratularsi ecc.). Stato psicologico: emozioni e stati intenzionali diversi (vedi i comportativi di Austin)

•  dichiarativi – Scopo: provocare cambiamenti immediati in uno stato di cose istituzionale, far sì che una cosa avvenga dichiarando che essa avviene (scomunicare, licenziare, battezzare, dichiarare guerra ecc.). La performatività torna ad essere un tratto specifico di alcuni verbi, i dichiarativi (posizione simile a quella di Benveniste)

Tipi di atti linguistici per Searle

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Corrispondenza tra atti linguistici e stati intenzionali

I primi quattro tipi di atti linguistici hanno analoghi esatti tra gli stati intenzionali: agli assertivi corrispondono le credenze ai direttivi i desideri ai commissivi le intenzioni agli espressivi l’intera gamma di emozioni e gli stati intenzionali in cui l’adattamento presupposto è dato per scontato.

Ma agli atti dichiarativi non corrispondono entità prelinguistiche

analoghe. Gli stati intenzionali prelinguistici non possono creare fatti nel mondo rappresentando questi fatti come già esistenti. Questo tratto degno di nota richiede il linguaggio (Searle 2010:90).

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Atti dichiarativi • Combinano la direzione di adattamento parola-a-mondo con

quella mondo-a-parola. Sono i casi in cui modifichiamo la realtà per farla corrispondere al contenuto proposizionale dell’atto linguistico e, in tal modo, otteniamo la direzione di adattamento parola-a-mondo. Ma, questa è la parte straordinaria, riusciamo a fare ciò perché rappresentiamo la realtà come cambiata. Le dichiarazioni cambiano il mondo dichiarando che uno stato di cose esiste, e nel dichiararlo, costituiscono quello stesso stato di cose”. (Searle, Creare il mondo sociale, Cortina 2010 (ed. or. 2010), p. 12-3)

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Funzioni di status e atti dichiarativi

• Secondo Searle (Creare il mondo sociale. La struttura della civiltà umana, Cortina, 2010), tutti i fatti istituzionali e dunque le funzioni di status (che Barack Obama sia il presidente degli Stati Uniti, aggiornare una seduta, ecc.) sono creati da atti linguistici dichiarativi.

• Con l’eccezione importantissima del linguaggio, tutta la

realtà istituzionale – dunque in un certo senso l’intera civiltà umana – è creata da atti linguistici che hanno la stessa forma logica delle dichiarazioni.

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•  Il rapporto tra linguaggio e “fatti istituzionali” (matrimonio, proprietà, denaro, ecc.) è rintracciabile nella evidenza che sia le istituzioni che le lingue sono basate su regole costitutive.

•  Le regole costitutive sono dichiarazioni permanenti (ivi, pp.13-4)

•  «La nostra ipotesi che parlare una lingua sia eseguire degli atti secondo regole costitutive ci coinvolge nell’ipotesi che sia un fatto istituzionale il fatto che un uomo abbia eseguito un certo atto linguistico, che ad esempio abbia fatto una promessa» (Atti linguistici, 1976, p. 82)

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Atti linguistici indiretti

•  Atti in cui la funzione non corrisponde alla forma. Un atto illocutorio viene eseguito indirettamente attraverso l’esecuzione di un altro atto linguistico. Ad esempio la funzione del direttivo è svolta da una forma affermativa, propria dell’atto rappresentativo.

Es. Credo che il treno stia partendo Direttivo (ti consiglio di andare) in forma di rappresentativo (con verbo di atteggiamento con funzione attenuativa) (mitigazione, cfr. Benveniste: verbi di atteggiamento proposizionale)

Quante volte v’ho detto, all’uno e all’altro, che i frati bisogna lasciarli cuocere nel loro brodo? I Promessi Sposi, cap. XVII Affermazione (rappresentativo/verdettivo) nella forma di domanda (retorica)

•  Le strutture superficiali di un tipo di forza illocutiva sono utilizzate per raggiungere scopi direttamente legati ad un altro tipo di forza.

•  Negli atti linguistici indiretti il parlante comunica all’ascoltatore più di quanto

effettivamente non dica. Logica della cortesia

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• Gli atti linguistici indiretti lasciano al destinatario la scelta del modo di intendere l’enunciato, tramite una implicatura conversazionale, e sono meno impositivi. Viene perciò privilegiato l’essere indiretti a scapito della chiarezza, perché offre delle alternative e non pone il destinatario in una posizione di inferiorità.

• Quando due persone interagiscono linguisticamente negoziano non solo il significato di ciò che si dicono ma anche la loro relazione.

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Principio di cooperazione e massime conversazionali

Grice (1913-1988)

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Cosa vuol dire comunicare? •  Produrre intenzionalmente certi effetti (credenze e azioni) su qualche

altro essere umano, e far sì che il destinatario riconosca le intenzioni comunicative dell’emittente.

•  Raggiungere lo stato di conoscenza reciproca di una intenzione comunicativa è essere riusciti a comunicare.

•  È essenziale che l’intenzione del parlante sia riconosciuta dall’interlocutore (Bazzanella 2005:171)

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Principio di cooperazione

•  Conforma il tuo contributo conversazionale a quanto è richiesto, nel momento in cui avviene, dall’intento comune accettato o dalla direzione dello scambio verbale in cui sei impegnato.

Presupposto: condivisione di uno scopo La conversazione è un’attività sociale razionale regolata, basata sul principio

di cooperazione e la condivisione di uno scopo comune (Grice, Logica e conversazione. Saggi su intenzione, significato e comunicazione, il Mulino, 1993; ed. or. 1989)

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Significato dell’enunciato e significato del parlante

• Significato dell’enunciato: •  Collegamento codificato tra specifiche espressioni linguistiche e

certe intenzioni comunicative

• Significato del parlante:

•  Attraverso usi ironici, metaforici, atti linguistici indiretti il parlante si allontana dalla norma codificata, volendo far intendere altro da quanto dice esplicitamente.

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Problema dell’implicito e del non-detto

Come si può calcolare il significato del parlante e di ciò che si vuole

intendere quando non coincide con il significato dell’enunciato e con ciò che si dice? Come si possono riconoscere le intenzioni del parlante in un quadro di razionalità?

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Massime conversazionali • Quantità

Dai un contributo tanto informativo quanto è richiesto Non dare un contributo più informativo di quanto è richiesto

• Qualità Tenta di dare un contributo che sia vero Non dire ciò che credi falso Non dire ciò di cui non hai prove adeguate

• Relazione Sii pertinente

• Modo Sii perspicuo: Evita l’oscurità di espressione Evita le ambiguità Sii breve Sii ordinato nell’esposizione

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Il significato delle massime

Non vogliono essere una sorta di galateo linguistico, così come il principio di cooperazione non è un principio etico, ma tentano di descrivere i requisiti ideali di un uso efficace della lingua negli scambi comunicativi e nell’insieme esprimono un principio di cooperazione generale.

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Punti di orientamento di ogni interazione cooperativa e razionale

1. Quantità: ci si aspetta un contributo alla interazione commisurato alla richiesta (né più né meno);

2. Qualità: ci si aspetta un contributo autentico, non falso,

menzognero; 3. Relazione, connessa al grado di congruenza fra i contributi: ci si

aspetta un contributo pertinente alla fase della interazione; 4. Modalità: ci si aspetta che il contributo sia esplicito, eviti

ambiguità, confusioni.

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Pragmatica e retorica

Nelle massime si ritrovano le nozioni proposte dalla retorica classica come requisiti di una comunicazione efficace:

•  la prima è l’equivalente del quantum opus est e del quantum satis est;

•  la seconda allude alla verosimiglianza della retorica classica;

•  la terza era stata sviluppata dalla retorica classica nelle casistiche relative alla narrazione e alla argomentazione: non divagare (anche se le digressioni sono parte delle strategie retoriche centrate sul mantenimento dell’attenzione)

•  relativamente alla quarta, gli accostamenti sono molti: la perspicuitas era considerata una delle virtù dell’eloquenza, così la brevitas (figura di pensiero); sull’ambiguità gli antichi retori hanno molto discusso (Mortara Garavelli, Manuale di Retorica, il Mulino, 1994, pp. 69-70).

Su pragmatica e retorica: F. Venier, Il potere del discorso, Retorica e pragmatica

linguistica, Carocci, 2008

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Dire senza dire

•  L’efficacia della comunicazione consiste spesso nel lasciare una certa quantità di informazione nell’implicito: sia nel rappresentare che nello stabilire relazioni tra gli interlocutori non tutto viene linguisticamente esplicitato (Ducrot, Dire et ne pas dire, 1972; cfr. Eco: il testo è una macchina pigra).

•  In questione non è la componente proposizionale del discorso ma il senso che il ricevente è chiamato a ricostruire > possibili effetti di manipolazione ideologica.

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Implicatura

•  Concetto centrale in pragmatica

•  Spiegazione di come sia possibile intendere più di quanto effettivamente si dice: quando il parlante viola una massima, l’interlocutore cerca, sulla base del principio di cooperazione, di giustificare tale violazione attraverso una implicatura che consiste nell’inferire da un enunciato credenze/pensieri/affermazioni non esplicitati dal parlante.

•  L’inferenza dipende dalle attese dei partecipanti alla interazione.

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•  Es. A.Dov’è Carlo? B.C’è una VW gialla davanti alla casa di Anna

(Levinson 1985:114) La risposta di B è apparentemente incoerente (violazione della massima della

relazione), ma segnala un intento cooperativo: rispondere pur non possedendo informazioni sufficienti.

•  Es. Una donna è una donna, è una donna, è una donna (pubblicità di un profumo) Violazione della massima della quantità e suggerimento di un senso diverso Cfr. Esempio di Antelmi, p. 22 (pubblicità Diesel).

•  Es. Lettera di presentazione redatta da un docente per uno studente, con ridotto contenuto informativo (violazione della massima di quantità: reticenza)

•  Es. •  Meglio un passerotto in mano che un tacchino sul tetto (Bersani) (violazione

della massima della qualità e della relazione).

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Implicature e figure retoriche

•  La riflessione sul detto non-detto consente di spiegare anche le figure retoriche come ostentazione di un non dire, mette in luce cioè la funzionalità argomentativa delle figure

•  Tautologia, ironia, metafora, litote, eufemismo, e iperbole (tutti tropi, cioè trasferimenti di significato da un elemento a un altro) possono essere riletti in termini di implicatura.

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Implicature connesse alla massima di Quantità

1. Rendi il tuo contributo tanto informativo quanto è richiesto

Di fronte a un enunciato che presenta un basso grado di informatività, ci si chiede se e a quali condizioni l’informazione fornita può essere considerata sufficiente, e altrimenti perché il parlante si è limitato a fornire informazioni in quella quantità.

Es. Davide Boni, intervistato a «Radio 24», 24.5.2011, h 8,20 D: Speranze di vittoria, ci sono? R: Guardi, noi abbiamo l’indicazione di portare la partita fino in fondo

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Tautologia La tautologia (“la guerra è guerra”) è totalmente non informativa, perciò è una

evidente violazione della massima della Quantità. È dunque informativa a livello di ciò che si implica, e il fatto che l’ascoltatore

identifichi il contenuto informativo a questo livello dipende dalla sua abilità di spiegare il fatto che il parlante abbia selezionato questa particolare tautologia.

R. Zaccaria, «L’Unità», 21.5.2011 Poi le elezioni sono andate come sono andate.

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Litote Litotes = semplicità, diminuzione, attenuazione. Finge di indebolire

l’espressione per renderla più forte, dice meno per intendere di più. Fontanier (Le figure del discorso, 1827-30) “Si dice meno di ciò che si pensa;

ma si farà intendere più di quanto si dica”. Beccaria, Dizionario di linguistica, e di filologia, metrica e retorica, Einaudi,

1994: «Da un punto di vista formale si tratta di una perifrasi che ha la struttura sintattica della negazione del contrario (ad es. “Non è male”; “non è antipatico”; non è un’aquila), con evidenti legami con l’ironia e l’eufemismo [es. Sono un po’ stanco, per “sono sfinito”]. Da un punto di vista funzionale, la tradizione attribuisce alla litote l’effetto di una iperbole. Con la litote formalmente si attenua, funzionalmente si rafforza.»

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Belpietro, «Libero», 21.5.2011 Il governo non attraversa uno dei suoi periodi migliori (litote), come sempre

accade ad un esecutivo a metà legislatura, quando è esaurita la luna di miele e gli elettori ancora non vedono (presupposizioni) gli effetti delle decisioni prese.

Paolo Rodari,« Il Foglio», 21.5. 2011, p. 5 La notizia non è di poco conto (litote). La comunità cistercense, infatti, è una presenza storica a Roma (implicatura convenzionale) […].

[…]C’è un dispaccio vaticano che parla di «problemi nella conduzione della comunità». Mentre diverse voci anonime riferiscono di rapporti di amicizia «non del tutto ortodossi» (litote) tra alcuni monaci. Che può significare tanto ma anche nulla (tematizzazione esplicita della violazione della massima della Quantità).

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•  2. Non rendere il tuo contributo più informativo di quanto è richiesto. La quantità di informazione fornita non deve essere eccessiva rispetto agli scopi della comunicazione:

•  Es. Il riferimento all’etnia nel caso di attori criminali può attivare l’implicatura che i cittadini

provenienti da un certo paese siano tendenzialmente criminali.

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Pleonasmo La massima della Quantità viene violata anche dal pleonasmo, ridondanza stilistica

retoricamente marcata (Se a me mi cambia l’editore, a me non me ne importa nulla: da un intervista televisiva a Montanelli, 26.4.88, cit. in Mortara Garavelli 1988:297)

Spesso associato al DIL (La Gina non lo sapeva, lei, di dover andarsene). Scendi giù, ma però, a me mi piace In pragmatica gli elementi ridondanti assumono una funzione di marcatezza retorica, di

messa in rilievo della parte ripetuta, che diviene così il centro d’interesse, il focus informativo dell’enunciato.

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Implicature secondo la Qualità •  La massima della Qualità può essere violata in molti modi:

•  Se l’informazione fornita non può essere ritenuta attendibile perché non appare giustificata (con prove o ragioni adducibili a sostegno)

•  Se il contributo si presta a una interpretazione contraddittoria ed è impossibile costruire un quadro coerente della informazione fornita

•  Se c’è il sospetto che il parlante non eviti con sufficiente rigore di dire cose che ritiene false

•  La comprensione cooperativa legge le potenziali contraddizioni cercandone la motivazione e vedendovi una coerenza con il resto del discorso.

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Metafora e violazione della massima di Qualità «Il Fatto», 3.12.2012, p. 5

T. E oggi il movimento sceglie i candidati “…altra stanza dove il potere romano è sempre stato di casa e dove i leghisti, nel

lontano 1994, scesi da marziani, si trasformarono in terrestri il giorno successivo…” «Il Giornale», 3.12.2012

Dal 2009 [Oscar Giannino] ha due cattedre, dalle quali sdottora ogni giorno con seguito crescente, accentuato dalla palude in cui è caduto il centrodestra. ]…]

[..]al suo secondo pulpito […] […] nella convinzione di trovarsi di fronte a un rito dell’intelligenza cui ha l’onore di

essere ammessa[…] […] per gli orfani del centro-destra a Nord del Po, Oscar è una reliquia […]

Scalfari su RE, 22.5.2011

[…] la fascinazione mediatica del Cavaliere di Arcore è ormai diventata una logora liturgia che non riesce più a sedurre i fedeli ormai in libera uscita.

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Es. Processo di costruzione dell’UE

•  UE come cammino, viaggio •  Marcia di avvicinamento •  Via libera •  Lungo e tortuoso cammino •  Remare insieme •  Prendere a bordo •  Facciamo un passo dopo l’altro •  Trovare una strada

•  UE come costruzione •  Accelerare la costruzione •  Paesi fondatori

•  Cfr. Johnson e Lakoff, Metafora e vita quotidiana(1980), Bompiani, 1998

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•  UE come partita o gioco d’azzardo (metafora utilizzata in caso di dissidi e opinioni divergenti) •  È un colpo d’avvio al pallone •  La partita la giocheranno alla Convenzione •  Stiamo facendo un gioco al rialzo •  Il vostro documento è una scommessa

Cfr. Corriere della Sera, 14 dic. 2002; La Stampa, 20 gen. 2003 sull’allargamento della

UE a 25 membri

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L’ironia •  Grice colloca l’ironia tra le violazioni della massima della qualità

•  Si tratta anche di una forma di disconferma, di svalutazione della parola altrui

•  Va ricondotta al fenomeno della polifonia: presenza nello stesso enunciato di due voci, di cui una si oppone all’altra (Mizzau, L’ironia. La contraddizione consentita, Feltrinelli, 1984).

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«Il Foglio», 3.5.2011, Andrea’s Version Avranno anche restituito un po’ di orgoglio all’America, ridato

ossigeno all’amor proprio, sollevato entusiasmi, avranno pure messo la parola fine a quello che dopo l’11 settembre sembrava un incubo inafferabile. Avranno forse dimostrato che le barbe finte della Cia sanno ancora combinare qualcosa e saranno riusciti, probabilmente, a convincere i più scettici che doveva pur esistere qualche motivo, se nemmeno Obama aveva accettato di chiudere Guantanamo. Potrà avere talune ragioni anche Hillary Clinton, a dire che Bin Laden era altresì un mortale nemico dell’Islam, e a sostenere che la storia dovrà ricordarsi di come il principale tra i terroristi sia stato tolto dalla scena “mentre nel mondo arabo avanzavano le richieste di libertà e di democrazia”. Sarà tutto vero, tutto giusto, tutto soddisfacente e sarà quindi inevitabile che, da sinistra a destra, tutti, ma proprio tutti, applaudano. Noi vorremmo semplicemente far notare, dopo l’animata discussione cui abbiamo assistito, che quei crumiri dei Navy Seal hanno lavorato il 1° maggio.