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ISDE – Associazione Italiana Medici per l’Ambiente Sezione Provinciale di Pordenone [email protected] AMBIENTE E SALUTE IMPATTI E PERICOLI DELL’INCENERIMENTO RIFIUTI IN FRIULI VENEZIA GIULIA Dr. Gustavo Mazzi Vicepresidente ISDE FVG - Associazione Italiana Medici per l’Ambiente Presidente della Sezione Provinciale di Pordenone Non abbiamo ereditato la terra dai nostri padri, ma l'abbiamo in prestito dai nostri figli

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ISDE – Associazione Italiana Medici per l’Ambiente

Sezione Provinciale di Pordenone [email protected]

AMBIENTE E SALUTE

IMPATTI E PERICOLI DELL’INCENERIMENTO RIFIUTI

IN FRIULI VENEZIA GIULIA

Dr. Gustavo Mazzi Vicepresidente ISDE FVG - Associazione Italiana Medici per l’Ambiente

Presidente della Sezione Provinciale di Pordenone

Non abbiamo ereditato la terra dai nostri padri, ma l'abbiamo in prestito dai nostri figli

SALUTE E AMBIENTE L’ambiente nella sua accezione più completa e complessa – comprensiva di stili di vita, condizioni sociali ed economiche - è un determinante fondamentale per il benessere psicofisico e quindi per la salute delle persone e delle popolazioni. In termini medici, l’ambiente include tutto ciò che ci circonda, le condizioni o influenze che si ripercuotono sull’organismo (Davis 1989). Nel 2006 in una pubblicazione molto bella dell’OMS “Prevenire le malattie attraverso un ambiente più salubre” si è deciso di utilizzare una definizione di ambiente ristretta a quelle componenti che possono essere modificate attraverso interventi a breve o a lungo termine allo scopo di ridurne l’impatto sulla salute. Quindi l’Ambiente è l’insieme di tutti i fattori fisici, chimici e biologici esterni all’individuo e di tutti i comportamenti correlati, escludendo gli ambienti naturali che non possono essere ragionevolmente modificati. L’ambiente impatta sulla salute per il 24% del carico globale di malattia e per un 23% di tutte le morti ed i bambini sono quelli che ne sopportano una quota sproporzionata. I bambini, dalla nascita all’adolescenza, sono più suscettibili perché nello sviluppo iniziale e rapido di organi e sistemi ci sono fasi particolarmente sensibili all’azione di inquinanti ambientali e perché un’esposizione precoce consente il prodursi di effetti avversi sulla salute che richiedono lunga latenza. Il rapporto dinamico e indissolubile che lega ambiente e salute dovrebbe essere al centro del dibattito scientifico e culturale ed ispirare le scelte culturali, politiche e economiche. Nell’ultimo secolo abbiamo avuto infatti una netta riduzione della mortalità da attribuirsi soprattutto a modifiche ambientali (potabilizzazione dell’acqua, abitazioni migliori, cibo sano, ecc). Oggi attraverso il grave stato di degrado ambientale in cui versiamo, si rischia di annullare i successi conseguiti e di provocare un aumento delle patologie croniche degenerative anche gravi. E’ noto quale sia il ruolo degli inquinanti ambientali (polveri sottili e fumo passivo) nell’insorgenza della malattie cardiovascolari e come l’esposizione prolungata al particolato fine può accelerare e lo sviluppo e la progressione dell’aterosclerosi. Quando si parla di ambiente, pertanto, non si può prescindere dalla consapevolezza che molti problemi ambientali sono legati a riferimenti di carattere socio-economico e culturali poiché l’ambiente non è solo l’habitat naturale, ma anche quello creato dall’uomo con la propria scienza: scienza che non fornisce verità dogmatiche o etiche, ma conoscenze da sottoporre a verifiche e che sono supporto di atti politici e di comportamenti sociali. In questi comportamenti, la correttezza dell’informazione rimane una condizione indispensabile per una seria valutazione e una chiara politica ambientale. Un esempio a tal proposito: è comparso un articolo sui Quaderni di Ingegneria Ambientale - Parte II “L’Impatto Sanitario” N. 45 pag. 54-55, 2007 e successivamente è stato ripreso in un documento ufficiale della “Regione Sicilia - Agenzia Regionale per i Rifiuti e per le Acque” sul “Recupero di energia dai rifiuti - Parte II”. L’autore cita il lavoro di Elliot P. et al (Elliot P., Shaddick G, Kleinschmidt I. Cancer incidence near municipal solid waste incinerators in Great Britain, British Journal of Cancer 1996, 73, 702-710), nel seguente modo: “La conclusione degli Autori è che non è stata trovata alcuna evidenza di diversità di incidenza e mortalità per cancro nei 7.5 Km di raggio studiati ed in particolare nessun declino con la distanza dall’inceneritore per tutti i tumori…” Nel lavoro originale Elliot ha scritto: “Observed-expected ratios were tested for decline in risk with distance up to 7.5 km... Over the two stages of the study was a statistically significant (P<0.05) decline in risk with distance from incinerators for all cancers combined, stomach, colorectal, liver and lung cancer”, quindi esattamente il contrario di quanto riportato dall’autore. Nello stesso articolo, il medesimo cita altri due studi: Franchini M., Health effect of exposure to waste incinerator emissions: a review of epidemiological studies in Ann. Ist. Sup. Sanità 2004; 40 105- 115 e Hu S.W. Health effects of waste incineration: a review of epidemiological studies in J. Air and Waste Manag. Assoc. 2001; 51 1100-1109 ed Enhance Health Report finale http://www.arpa.emr.it/cms3/documenti/_cerca_doc/rifiuti/inceneritori/enh_relazione_finale.pdf) fornendo un’interpretazione diversa da quanto riportato dagli Autori, modificando o citando parzialmente i risultati emersi, sempre al fine di supportare le proprie tesi circa l’assoluta innocuità della pratica di incenerimento dei rifiuti. Tutto ciò a significare che solo la conoscenza ci rende consapevoli e ci permette di contrastare la disinformazione strumentale e di comodo. Sempre più spesso l’ambiente è infatti considerato come un nuovo settore d’affari e sempre più numerosi e drammatici sono diventati i crimini e gli scempi ambientali. Per questi motivi è necessario diffondere intorno

ad ogni scelta ad alto impatto ambientale la più rigorosa ed obiettiva informazione scientifica, onde permettere e promuovere l’attiva partecipazione dei cittadini, in ogni Stato dell’Unione Europea, secondo quanto previsto dalla Convenzione di Aarhus.

LO SCENARIO IN CUI CI MUOVIAMO. L’Italia è un paese particolare caratterizzato dal fatto che:

• circa un 30% della gestione di rifiuti (in gran parte speciali pericolosi) è in mano alla criminalità organizzata

• una normativa in materia di emissioni in ambiente approvata solo nell’agosto di quest’anno • è l’unico paese europeo che incentiva l’incenerimento dei rifiuti • è l’unico paese europeo che dal 2004 ha invertito il trend aumentando l’immissione di diossine in

ambiente. La nostra regione, il Friuli Venezia Giulia è parte integrante della Pianura Padana, una delle zone più inquinate del pianeta, dove coesistono un esteso traffico veicolare, numerose industrie insalubri come Acciaierie, Fonderie, Cementifici, Inceneritori, ecc., un’agricoltura industrializzata che impiega tonnellate di pesticidi ed altri presidi sanitari, il riscaldamento degli edifici per buona parte dell’anno, numerose basi militari italiane e straniere, la presenza, specie nella pedemontana pordenonese, di importanti quantità di radon e numerosi abitanti che devono l’acqua del proprio pozzo. Bisogna ricordare pertanto che la proposta di incenerire i rifiuti prevista nel Piano Regionale Rifiuti, va a colpire un territorio, la provincia pordenonese, in cui è altissima la mortalità per tumori dell’apparato digerente (tasso standard 41,6 x 100.000 residenti contro il 30,5 della media nazionale) a fronte di una incidenza del 33,8 nella vicina USL di San Donà di Piave dove sicuramente non si beve di meno e dove sono presenti importanti assi viari e la medesima agricoltura industrializzata, ma dove molta parte della popolazione non beve l’acqua del proprio pozzo e dove non insistono l’aeroporto militare più grande d’Europa, il Radon in quantità cospicue e soprattutto un numero elevatissimo di opifici di cui ben 35, sparsi in tutta la provincia, autorizzati a bruciare i propri rifiuti e resti di lavorazione. Il D.Lgs n.152/06 dispone che le pubbliche amministrazioni debbano in via prioritaria perseguire iniziative dirette a favorire la riduzione e la prevenzione della produzione e della nocività dei rifiuti e che la percentuale minima di raccolta differenziata da assicurare per legge entro il 2011 è fissata al 60%. Nel 2008 la produzione di rifiuti pro capite annua nella Regione FVG è stata poco inferiore a 500 kg. Il FVG ha limitato l’incremento di rifiuti (99-06) al 4.2%, contro una media nazionale del 14.6%. Come dice l’estensore della bozza del Piano Regionale Rifiuti a pag. 288, e ci trova d’accordo, potrebbe essere ulteriormente ridotta a 400 kg a breve termine. La tab. 4.1 a pag 104, indica i dati della Raccolta Differenziata al 2008, che superano il 55% per le Province di Gorizia e Pordenone, il 42% a Udine ma che sono limitati sotto il 20% a Trieste dove è presente l’unico inceneritore per rifiuti solidi urbani della regione. Questo induce a ritenere che lo sviluppo di processi di combustione possa diminuire la raccolta differenziata. In provincia (55% al 2008) con gli opportuni correttivi possiamo raggiungere l’ 80%, come numerosi comuni già testimoniano essere possibile senza particolari difficoltà, con logica significativa riduzione della residuo secco. Il senso civico della popolazione e la buona amministrazione ci stanno portando rapidamente verso una raccolta differenziata spinta: valga l’esempio della città capoluogo che in pochi anni è passata al 76% . Quindi avremo a breve pochissimo residuo secco. Da dove si ricaverà il materiale per produrre le 90 t/g o più giornaliere di CDR-Q da avviare a combustione nel solo cementificio di Fanna? Il CDR dovrà pertanto necessariamente provenire da fuori provincia, cosa possibile visto che la normativa vigente assolutamente non pone limiti alla circolazione dei rifiuti CDR e CDR-Q sul territorio nazionale. Ciò pone ulteriori pressanti interrogativi, soprattutto in un paese come l’Italia anche alla luce di avvenimenti recenti, sui controlli, la loro modalità ed efficacia.

Un uomo intelligente risolve i problemi, un uomo saggio li evita. A. Einstein

INCENERIMENTO RIFIUTI Seppellire in enormi voragini materiali post-utilizzo (spesso pericolosi) che potrebbero essere recuperati, ricicliati, riutilizzati, non è un comportamento sostenibile (e incrementa la produzione di gas serra). Incenerire è ancora peggio per due motivi:

1. si ha produzione di sostanze “nuove” e nocive 2. si determina l’entrata nelle catene alimentari di queste sostanze xenobiotiche: Diossine, PCB, IPA,

metalli pesanti…

Fig. 1 Schema di un inceneritore PIANO REGIONALE RIFIUTI FVG:

Dalla bozza del Piano Regionale Rifiuti • Nel Cap. 5 le tre Ipotesi Impiantistiche previste comunque considerano tutte come end

point il trattamento termico. • Si estrapola la soluzione finale detta anche mista che sarà nel proseguo considerata

quella realizzabile e che prevede l’inceneritore di TS bruciare rifiuti indifferenziati con una preselezione leggera e i cementifici (tutti nella provincia di PN) e l’inceneritore Mistral di Spilimbergo opportunamente potenziato, autorizzato a bruciare CDR -Q

• All’art.15 si ammette che la potenzialità degli impianti presenti sul territorio regionale può eccedere il fabbisogno regionale e nonostante ciò si possono ulteriormente autorizzare nuovi impianti per dimostrati vantaggi economici e ambientali

Riporto le parole del prof. Belpomme (Parigi. 5.11.09): - Ogni inceneritore emette numerose polveri, in particolare polveri fini (PM<2.5) e ultra fini (nanoparticelle) estremamente tossiche e in più veicolanti migliaia di sostanze chimiche presenti nei fumi e nelle ceneri. L'utilizzazione di filtri e la messa a norma per le diossine non costituisce in realtà alcuna protezione efficace contro le migliaia di sostanze CMR (cancerogene, mutagene e tossiche per la riproduzione) che emettono gli inceneritori… Questo spiega il rischio di cancro, di leucemie, di malformazioni congenite e di disturbi della riproduzione in prossimità e anche a distanza dagli inceneritori -. Non nel mio giardino: è quindi un concetto da dimenticare, poiché le polveri sottili compiono più di 250 km al giorno senza distinguere “un giardino” dall’altro . I Cementifici danno lavoro e quindi producono ricchezza, “rivitalizzano” un territorio, in genere, economicamente depresso, ma come gli inceneritori, sono Industrie Insalubri di classe I (DPR 8 nov 2001), provocano un forte impatto ambientale (cave, uso del pet-coke, ecc) e possono diventare dei co-combustori di Combustibile da rifiuto (CDR). Il decreto Ronchi ha messo infatti i cementifici tra gli impianti assoggettati alle procedure semplificate nell’uso di rifiuti solidi RDF (in Europa=Refuse Derived Fuel) o CDR in Italia, in sostituzione dei combustibili fossili. Dalla tabella che segue si evince come metalli pesanti quali cadmio, Cromo, Arsenico, ecc,, cancerogeni di I^ categoria secondo la IARC, sono ugualmente presenti sia nel CDR sia nel CDR-Q, mentre per le associazioni scientifiche semplicemente non dovrebbero comparire nelle emissioni dai camini. E’ altrettanto pericolosa l’indicazione che i filtri elettrostatici o a manica o il lavaggio con acqua, siano sufficienti ad abbattere qualsiasi tipo di inquinante. Le emissioni dei cementifici hanno inoltre valori soglia superiori rispetto agli inceneritori avendo un flusso di emissione maggiore.

CLAUDIO SIRONI, Consigliere REA Rifiuti Energia Amb iente SpA, società che gestisce l‘INCENERITORE di Dalmine (BG): ” ..gli impianti di coincenerimento (cementifici) non sono equipaggiati con sistemi di abbattimento dei fumi di combustione: la grande quantità d'aria necessaria per bruciare i combustibili fossili agisce diluendo gli inquinanti contenuti nei rifiuti e quindi nelle emissioni al camino. Nonostante l'assenza di trattamenti specifici, soprattutto nei confronti di diossine e mercurio, si registrano basse concentrazioni di inquinanti, ma la massa immessa nell'ambiente è enorme poiché le portate volumetriche di fumi che vengono scaricati sono elevate. Inoltre, va notato che i limiti fissati per le emissioni di questi impianti sono più alti rispetto a quelli di un termovalorizzatore e che spesso sono ubicati nella periferia cittadina, quindi in zone residenziali”.

AITEC: dal 1959 è l’associazione di rappresentanza delle Aziende italiane produttrici di cemento: “L’utilizzo di combustibili non convenzionali, quali ad esempio alcuni rifiuti organici e inorganici, offre una valida e competitiva alternativa alle fonti energetiche tradizionali nel pieno rispetto degli standard qualitativi del prodotto e della salvaguardia dell’ambiente. La tipicità del processo produttivo del cemento, nonché della sua composizione chimico-mineralogica, rende ideale l’utilizzo di alcuni rifiuti nell’alimentazione dei forni di cottura; rifiuti, quali pneumatici, oli esausti, rifiuti solidi urbani ecc., che altrimenti dovrebbero essere inceneriti o portati a discarica. Infatti gran parte delle sostanze liberate dalla combustione di tali rifiuti vengono inglobate nel prodotto stesso, senza produzione di emissioni supplementari”. PAUL CONNETT, Professore di Chimica Generale, Chimica Ambientale e Tossicologia dell’Università St. Lawrence (Canton, NY): “ . . . utilizzare i forni dei cementifici è ancora più pericoloso che incenerire i rifiuti in inceneritori nati per questo scopo. Le sostanze tossiche non possono che percorrere due strade: o vengono immesse in atmosfera, o vengono inglobate nel cemento” Secondo le linee guida ministeriali, il clinker (il clinker è il componente base per la produzione del cemento) è considerato come un prodotto che può “neutralizzare” le sostanze tossiche. In effetti utilizzato per stabilizzare le ceneri volanti altamente tossiche per poi tombarle in profonde miniere di salgemma, ha la sua ragion d’essere. E’ una follia inglobarle nel cemento destinato all’uso comune, non pensando che lo stesso clinker in questo modo diventa di per sé stesso pericoloso per la salute: vedi il caso del cromo esavalente nel sangue dei lavoratori del tunnel della Manica. Il Cr VI (cancerogeno di categoria 1 - IARC) è molto idrosolubile, ed era contenuto nel cemento utilizzato per la costruzione del tunnel, cemento proveniente da cementifici che co-incenerivano fanghi dell’industria della carta per il cui recupero viene usato appunto Cromo VI. Gli operai nel cui sangue è stato riscontrato Cr VI sono stati circa 5000. Recenti lavori dimostrano come le stesse ceneri pesanti non sono esenti da rischi e la loro dismissione in discarica oggi viene rivaluta così come il loro utilizzo come componente di materiali da costruzione, poiché con l’usura degli stessi vengono rimessi in ambiente metalli pesanti e altri composti pericolosi per la salute. La legislazione USA e non solo obbliga i cementieri ad indicare sul contenitore, se il cemento in esso contenuto, deriva o no dallo smaltimento di rifiuti. PIANO REGIONALE RIFIUTI FVG:

Gli attuali sistemi di sicurezza sono progettati per evitare effetti tossici acuti nelle immediate vicinanze dell’inceneritore ma ignorano il fatto che molti di questi inquinanti accumulandosi negli organismi possono entrare nella catena alimentare e causare malattie croniche nel tempo e in un’area geografica molto più ampia. Gli inceneritori e altre industrie insalubri di classe I dove avvengono combustioni sono diventati dei dispensatori e diffusori di molecole (epi)geno-tossiche e di particolato ultrafine per cui, come scrivono Tarchi e Morandini, nel libro “Emergenza rifiuti (E.M.I. Bologna 2007) ” : “ trasformano un semplice problema di igiene pubblica in un grave problema sanitario”

Fra gli inquinanti emessi dagli inceneritori possiamo distinguere le seguenti grandi categorie: A) Particolato ultragrossolano (PTS), grossolano (PM10), fine (PM2.5) ed ultrafine (inferiore al micron). B) metalli pesanti, C) diossine, D) composti organici volatili, E) ossidi di azoto ed ozono. PARTICOLATO Degli oltre 11.000.000 di prodotti chimici conosciuti circa 100.000 sono prodotti in scala industriale (di cui nuovi ogni anno sono circa 1000-2000) e riversati nell’ambiente. Ognuno di questi prodotti può essere sottoposto a incenerimento e un infinito numero di composti derivati da combustioni complete e incomplete vengono emesse nell’aria o come particolato o adese sulla superficie di queste polveri sottili. Intanto quest’ultima è una definizione errata che lascia pensare a delle polveri inerti mentre il termine appropriato è “Materiale Particolato”. Noi dobbiamo tenere presente che questo particolato è in realtà in gran parte costituito da aerosol, quindi da sostanze liquide che si sono condensate, come in una nebbia. La presenza del particolato è percepibile nei centri urbani quando non riusciamo a vedere nitidi gli oggetti a distanza (edifici, alberi). Il pensarlo come condensato di sostanze dannose è un primo passo per comprendere perché sia così pericoloso e anche perché in inverno, quando le temperature sono più basse, la presenza di questa sostanza aumenti in modo notevole. Il particolato (PM) può essere generato da fenomeni naturali, come l’erosione del suolo, o più comunemente, dai gas di scarico delle automobili o dall’inquinamento degli impianti industriali e dalla combustione non industriale. Per essere dannoso alla salute il PM deve avere un diametro minore di 10 micron (PM10) e diventa inalabile (PARTICOLATO GROSSOLANO ), mentre le particelle con un diametro inferiore a 2,5 micron (PM2,5) sono respirabili (arrivano fino agli alveoli polmonari) e ad esse sono correlati i maggiori danni alla salute (PARTICOLATO FINE ). Per essere dannoso alla salute il PM deve avere un diametro minore di 10 micron (PM10) e diventa inalabile (PARTICOLATO GROSSOLANO ), mentre le particelle con un diametro inferiore a 2,5 micron (PM2,5) sono respirabili (arrivano fino agli alveoli polmonari) e ad esse sono correlati i maggiori danni alla salute (PARTICOLATO FINE ). Dal dicembre 2006 negli USA i limiti di legge fanno riferimento al PM 2,5, mentre in Italia la Direttiva

Europea 2008/50, in tal senso, è stata finalmente recepita il 14.08.2010. In Svezia a 20μg/m3 interviene il

blocco totale del traffico. Un buon target per il PM 2,5 dovrebbe essere 10 μg/m3 come indicato dalle linee

guida dell’OMS. L’incremento di soli 10 μg/m3 di PM10 determina un aumento della mortalità generica

dell’1,3%, mentre lo stesso incremento del PM2,5 determina un aumento della mortalità generica del 6% e della mortalità per cancro del polmone del 14%. Il particolato ultrafine (PM 0,1) è costituito da nanoparticelle (fibre, particelle carboniose, metalli, silice, inquinanti liquidi o solidi) che, non essendo catturate efficientemente dai dispositivi di controllo dell’inquinamento atmosferico (l’efficienza dei filtri di abbattere particelle più piccole di 0,5 -0,8 micron è minima), sono trasportate a lunghissima distanza e sono in grado di attraversare tutte le principali barriere biologiche dell’organismo umano. Tra l’altro è accertato che più è alta la temperatura di combustione più si ha la formazione di particolato ultrafine non biocompatibile, in grado di penetrare nelle cellule. Per il PM 0,1 (ultrafine) l’organismo non possiede alcuna possibilità di rimozione. I moderni inceneritori sono una delle maggiori sorgenti di emissioni di particolato fine (Howard) Gli inceneritori, a differenza di quanto infatti si lascia comunemente intendere, sono una fonte non trascurabile di particolato: uno studio condotto in Svezia ha valutato che dal 17% al 32% del particolato PM 2.5 provenga dagli inceneritori (Aboh) ed una ricerca del 2007, condotta a Parigi, ha evidenziato che gli inceneritori sono una delle maggiori fonti di produzione di PM 2.5, unitamente come abbiamo già detto a traffico veicolare e riscaldamento (Widory). DIOSSINE E DIOXIN-LIKE Parliamo di DOSSINE e DIOSSINE simili come i Policlorobifenili. Sono prodotti involontari delle combustioni (naturali o da attività antropiche). Il 64.4% in Italia proviene dalla combustione di rifiuti http://ec.europa.eu/environment/dioxin/pdf/stage2/volume_3.pdf e sono molecole estremamente stabili, entrano inevitabilmente nella catena alimentare ( specie carni, pesce, latte e latticini). Infatti il 95% delle diossine è assunto con la dieta con fenomeni di bioaccumulo e biomagnificazione. La TCDD ( 2,3,7,8-tetra cloro-dibenzo-p-diossina) o “diossina di Seveso” è una molecola lipofila, termostabile e insolubile in acqua. Sono così tossiche che l’unità di misura è il picogrammo (pg) e cioè un

miliardesimo di mg: dobbiamo usare un'unità di misura così piccola, perché la tossicità di questi composti è estremamente elevata, miliardi di volte maggiore rispetto ai normali inquinanti che producono automobili, motocicli o calderone. Per quanto riguarda le diossine gli inceneritori risultano essere la prima fonte di emissione in Italia . http://ec.europa.eu/environment/dioxin/pdf/stage2/volume_3.pdf

Le attuali normative europee prescrivono che in ogni metro cubo di fumi emesso da un inceneritore ci possano essere, al massimo, 100 picogrammi TEC di diossine (TEQ= Quantità Totale di Tossicità, si ottiene sommando la tossicità dei singoli congeneri). La maggiore quantità di diossine a cui ciascuno di noi è esposto si trova nel cibo che mangiamo. La quantità di diossine assorbite per inalazione d'aria è molte volte minore della quantità assorbite con gli alimenti. Le diossine sono caratterizzate da una elevata stabilità chimica e da un'alta affinità con le sostanze grasse (tempi di dimezzamento 7-10 anni nel tessuto adiposo, da 25 a 100 anni sotto il suolo). Grazie a queste caratteristiche, le diossine, anche se inizialmente disperse nell'ambiente, dopo la loro emissione si concentrano lungo la catena alimentare, in particolare nel pesce, nella carne, nei latticini, nel latte, compreso quello materno. Pertanto, le diossine che escono dall'inceneritore si accumulano progressivamente nell'ambiente, e primo o dopo ce le ritroviamo nei nostri cibi. Non a caso, il Decreto Legislativo 228 del 18/05/2000 stabilisce che non sono idonee ad ospitare inceneritori le zone agricole caratterizzate per qualità e tipicità dei prodotti. In diversi paesi europei (Olanda, Spagna, Belgio, Francia) sono state segnalate contaminazioni da diossine, specie di latte e suoi derivati, in aziende agricole poste in prossimità di tali impianti. Del tutto recentemente anche in Italia si sono registrate contaminazioni in allevamenti siti in prossimità di impianti di incenerimento: basti ricordare quanto verificatosi nel dicembre 2007 a Brescia, ove in numerose allevamenti si è dovuto distruggere il latte bovino per eccessi di diossine e PCB dioxin-like, (valori che sono rientrati a norma quando non sono più stati utilizzati foraggi coltivati in loco). Si possono anche ricordare recenti ed analoghi casi di contaminazione di prodotti alimentari, quali quelli registratisi a Maglie in Puglia o a Montale (Pt) in Toscana, dove gli accertamenti, eseguiti in seguito a massivo sforamento nel 2007 di diossine fuoriuscite dall’impianto, hanno evidenziato pesante contaminazione da diossine e PCB su diversi alimenti (in particolare carni di pollo): questa vicenda è stata oggetto peraltro di interrogazione al parlamento europeo il 9 Aprile 2009 da parte dell’On. Umberto Guidoni. Del tutto recentemente poi due mamme, residenti in area di maggior ricaduta dell’inceneritore di Montale, hanno volontariamente accettato di sottoporre ad analisi il proprio latte materno, a circa due settimane dal parto; l’indagine è stata eseguita presso il Consorzio Interuniversitario Nazionale la Chimica per l’Ambiente, Via delle Industrie 21/8 di Marghera (Ve) ed il costo è stato sostenuto grazie ai fondi raccolti dal locale comitato contro l’inceneritore.

Al di là del dato quantitativo, che mostra comunque quantità di inquinanti non certo trascurabili, risulta di particolare interesse il fatto che il profilo di 12 PCB dioxin-like (molecole diossino-simili appartenenti ai Policlorobifenili ) ritrovati nel latte materno è del tutto sovrapponibile al profilo dei PCB emessi dall’impianto (analisi a camino di ARPA e del gestore) ed al profilo dei PCB riscontrati nella carne di pollo. E’ difficile contestare l’evidenza che i PCB, rilasciati dall’impianto di incenerimento attraverso i fumi, ricadono nell’ambiente circostante, lo contaminano gravemente ed entrano nella catena alimentare e persino nel latte materno.

Valerio F: Diossine, ambiente e salute. Dicembre 2008. http://files.meetup.com/223002/F.Valerio_Diossine,Ambiente,Salute.pdf Dall’ INVENTARIO REGIONALE EMISSIONI IN ATMOSFERA 2005 – INEMAR REGIONE FVG scopriamo che nella nostra REGIONE abbiamo una emissione di diossine in ambiente pari a 5 VOLTE i limiti previsti come obiettivo per il 2005 dall’UE per l’Italia (2,7µg) e cioè 12,75µg pro capite, mentre è di 5,4 µg pro capite nella nostra provincia . Non essendo riuscito a trovare numerosità e periodicità dei controlli in alimenti di diossina e dioxin-like della nostra regione, riporto tra quelli dell’Emilia Romagna nel 2009 i seguenti dati: 8 su 60.000 capi bovini, 16 su 32.000.000 capi di volatili, 8 su 1.300.000 suini, ecc. Ogni commento è inutile. ALTRI INQUINANTI Gli altri inquinanti più conosciuti e più comuni sono i metalli pesanti, CO2, CO, composti organici volatili, ossidi di azoto e di zolfo ed ozono. Mentre è noto a tutti il problema attuale del mercurio e quello che è stato per il Piombo, pochi sanno che il Cadmio è stato emesso in forma assorbibile per molto tempo prima che gli inceneritori si fornissero dei filtri a manica che ne hanno spostato la maggior parte nelle ceneri

IMPATTI SULLA SALUTE L’immisione in atmosfera dei numerosi inquinanti sia di tipo agricolo sia di tipo industriale sta caratterizzando la nostra epoca. Le emissioni contengono anche composti non identificati, di cui si ignora la potenziale nocività, come una volta accadeva con le diossine. Poiché la natura dei rifiuti cambia continuamente, così cambia anche la natura chimica delle emissioni degli inceneritori e quindi anche i potenziali effetti nocivi sulla salute. Per il particolato fine e ultrafine e per l’emissione di diossine nei fumi (ma anche nelle ceneri pesanti e volanti) gli inceneritori giocano un ruolo fondamentale. Gli impianti di incenerimento rientrano infatti fra le industrie insalubri di classe I in base all’articolo 216 del testo unico delle Leggi sanitarie (G.U. n. 220 del 20/09/1994) e qualunque sia la tipologia adottata (a griglia, a letto fluido, a tamburo rotante) e qualunque sia il materiale destinato alla combustione (rifiuti urbani, tossici, ospedalieri, industriali, ecc) danno origine a diverse migliaia di sostanze inquinanti, di cui solo il 10-20% è stato identificato. Deve essere chiaro che in medicina non esistono limiti per queste sostanze, ma è la quantità assoluta che nel tempo si riversa nell’ambiente a determinare gravi patologie neoplastiche, cardiovascolari e alterazioni del sistema immunitario. Pur rispettando i limiti di legge, le quantità di diossine riversate nell’ambiente sono enormi e come i controlli, spesso in regime di autocontrollo, sono periodici (quadrimestrali per legge pari a 24 ore complessive su 8000 di attività annuale). Il controllo delle fasi critiche di accensione e spegnimento durante le quali i processi di combustione - e di conseguenza le emissioni - sono difficilmente controllabili: in ogni fase di accensione e spegnimento si genera in 48 ore il 60% del totale della diossina prodotta in un anno di funzionamento a regime di legge

(Wang): queste emissioni non sono conteggiate dalla normativa esistente nelle valutazioni previste per questi impianti . La taglia assai maggiore dei nuovi impianti rispetto ai precedenti si tradurrà in una maggiore massa di inquinanti immessi in atmosfera. Una maggiore efficacia dei sistemi di abbattimento delle immissioni in atmosfera determina il trasferimento degli inquinanti (in particolare i più pericolosi e persistenti) dai fumi ai rifiuti prodotti dall’incenerimento e quindi una ridislocazione nel tempo e nello spazio dell’impatto sanitario e ambientale. Infatti anche gli inceneritori cosiddetti di "ultima generazione" , come abbiamo visto, hanno la necessità di discariche di servizio, in ragione del 20-30% della massa dei rifiuti in ingresso a cui si aggiunge un ulteriore 3-5% di rifiuti altamente pericolosi, costituito dalle ceneri volanti e dai residui degli impianti di abbattimento. Vent’anni fa quando in Europa partì la corsa all’incenerimento, si accodarono subito le regioni che all’epoca erano all’avanguardia nella gestione rifiuti e cioè Lombardia, Emilia e Toscana. Oggi cominciano a pervenire i primi risultati di studi epidemiologici su larga scala che dimostrano come per le popolazioni interessate dall’incenerimento dei rifiuti senza ombra di dubbio c’è un aumento del rischio di ammalarsi di tumore, di malattie cardiovascolari, di malattie transgenerazionali che colpiranno i figli in età adulta. La letteratura medica segnala infatti circa un centinaio di lavori scientifici a testimonianza dell’interesse che l’argomento riveste. Fra questi, diverse decine sono costituiti da studi epidemiologici condotti per indagare lo stato di salute delle popolazioni residenti intorno a tali impianti e/o dei lavoratori addetti e, nonostante le diverse metodologie di studio applicate ed i numerosi fattori di confondimento, sono segnalati numerosi effetti avversi sulla salute. Recenti ricerche hanno confermato che l’inquinamento da particolati fini (PM 2,5), tipico delle emissioni prodotte dalle attività d’incenerimento dei rifiuti, concorre in modo pesante all’insorgenza di malattie cardiache, del cancro del polmone e di una gamma di altre malattie, causando un aumento lineare della mortalità. Ernesto Burgio (pediatra genotossicologo) : “ …il vero, immenso problema degli inceneritori e delle industrie insalubri di classe I,…è l’immissione e l’accumulo in ambiente di sostanze (geno)tossiche e di particolato ultrafine, che permette il loro trasporto attraverso tutte le barriere e membrane organiche”

DANNI TRANSGENERAZIONALIGli inquinanti assunti (inalati o ingeriti) durante la

gravidanza possono interferire sull’assetto epigenetico* dei tessuti fetali: tale interferenza sulla differenziazione delle cellule embrio-fetali può influenzare la programmazione e lo sviluppo di vari organi e tessuti, aprendo la strada a varie patologie: endocrino-metaboliche, neurodegenerative, cardiovascolari, neoplastiche – destinate a manifestarsi in età adulta, A DISTANZA DI DECENNI dall’esposizione (� Ipotesi Ipotesi BarkerBarker)

*L’EPIGENOMA è la componente più dinamica /fluida del programmagenetico (modifiche delle code istoniche, metilazioni del Dna, Rna minori..) in continua trasformazione in risposta a “richieste e sollecitazioni provenienti dall’ambiente e dall’organismo stesso

L’esposizione ad un interferente endocrino/endocrine disruptor (PCB, diossine, furani, ecc) durante la determinazione sessuale delle gonadi nell’embrione, può determinare una riprogrammazione epigenetica e conseguentemente determinare il manifestasi in età adulta di una malattia transgenerazionale:

• Anormalità testicoli, malattie della prostata • Neoplasie renali • Sviluppo di tumori • Alterazioni del sistema immunitario

In molti studi epidemiologici sono emersi dati significativi di effetti avversi sulla salute, sia neoplastici che non, tanto nelle popolazioni residenti nei dintorni di impianti per l’incenerimento dei rifiuti che nei lavoratori addetti. Gli effetti non neoplastici più segnalati sono ascrivibili soprattutto agli effetti di diossine (e più in generale degli endocrin disruptor) ed all’emissione di particolato e ossidi di azoto. Sono stati descritti: alterazione nel metabolismo degli estrogeni, incremento dei nati femmine e parti gemellari, incremento di malformazioni

congenite, ipofunzione tiroidea, disturbi nella pubertà ed anche diabete, patologie cerebrovascolari, ischemiche cardiache, problemi comportamentali, tosse persistente, bronchiti, allergie. I ricercatori della Harvard School of Public Health parlano di “PANDEMIA SILENZIOSA” riferendosi ad affezioni (autismo - dislessia - ADHD - difficoltà di apprendimento…) che affliggono ormai oltre il 10 % dei bambini del mondo industrializzato e che sarebbero direttamente connesse alla diffusione ubiquitaria di agenti inquinanti: metalli pesanti (Hg-Pb-As), Diossine, IPA, Toluene e centinaia di molecole tossiche ancora ignote. Particolarmente solide sono le evidenze concernenti le patologie neoplastiche: una revisione di 46 studi, selezionati in quanto condotti con particolare rigore, ha evidenziato un incremento statisticamente significativo in 2/3 degli studi che hanno analizzato incidenza, prevalenza e mortalità per cancro. In particolare sono ben documentate l’associazione con linfomi Non Hodgkin, (cancro al polmone, neoplasie infantili e sarcomi. In molti degli studi succitati proprio i sarcomi vengono ritenuti patologie “sentinella” del multiforme inquinamento prodotto da impianti di incenerimento. Di grandissimo interesse risulta il recente studio sui sarcomi in provincia di Venezia che ha dimostrato un rischio di sviluppare la malattia 3.3 volte più alto fra i soggetti con più lungo periodo e più alto livello di esposizione ed ha evidenziato come il massimo rischio sia correlato, in ordine decrescente, alle emissioni provenienti da rifiuti urbani, ospedalieri ed industriali. Sia negli Stati Uniti sia in Europa si è verificato un aumento dell’incidenza dei tumori maligni nei bambini. Secondo il National Cancer Institute nel Report 2009 le cause di questo incremento non sono note, ma certamente non sono genetiche perché troppo rapido. Si pensa ai determinanti ambientali, ma a questi studi sono stati assegnati pochi fondi e bassa priorità, cosicché l’esposizione a piccole quantità di queste sostanze per lungo tempo e l’interazione con contaminanti ambientali rimane largamente non studiata. In Italia il quadro è ben peggiore. Secondo dati riportati sulla rivista medica Lancet infatti i tumori infantili sono aumentati in Europa negli ultimi trenta anni di circa l’1.2% per anno da 0 a 12 anni e dell’ 1.5% dai 12 ai 19 anni. Purtroppo nel nostro paese la situazione è ancora più allarmante e siamo al primo posto in Europa per incremento nell’ incidenza di cancro nei bambini. Secondo i dati riferiti agli anni 1998-2002 e pubblicati nel 2008 i tassi di incidenza per tutti i tumori nel loro complesso sono mediamente aumentati nel nostro paese del 2% all’anno, passando da 146.9 nuovi casi all’anno (ogni milione di bambini) nel periodo 1988-92 a 176 nuovi malati nel periodo 1998-2002. Ciò significa che in media, nell’ultimo quinquennio, per ogni milione di bambini in Italia ci sono stati 30 nuovi casi in più rispetto alla media europea. La crescita è statisticamente significativa per tutti i gruppi di età e per entrambi i sessi. In particolare nei primi 12 mesi di vita l’incremento è addirittura del 3.2% annuo. Tali tassi di incidenza in Italia sono nettamente più elevati di quelli riscontrati in Germania (141 casi 1987-2004), Francia (138 casi 1990-98), Svizzera (141 casi 1995-2004). Il cambiamento percentuale annuo risulta più alto nel nostro paese che in Europa sia per tutti i tumori (+2% vs 1.1%), che per la maggior parte delle principali tipologie di tumore; addirittura per i linfomi l’incremento è del 4.6% annuo vs un incremento in Europa dello 0.9%, per le leucemie dell’ 1.6% vs un + 0.6% e così via. Questo dato può essere spiegato con la presenza sempre maggior nell’ambiente di agenti tossici ed inquinanti, che passano dalla madre al feto già durante la gravidanza con un processo noto come cancerogenesi trans-placentare. E’ questo potrebbe spiegare il picco della leucemia linfatica all’età di 2-3 aa.

Il 2 aprile 2008 sono stati resi noti i risultati definitivi della ricerca condotta dal francese Institut de Veille Sanitarie (tabella 3) nella popolazione adulta residente in prossimità di impianti di incenerimento.

I risultati preliminari erano stati presentati nel novembre 2006 ed avevano riguardato 135.567 casi

di cancro insorti nel periodo 1990-1999 su una popolazione residente in prossimità di 16 inceneritori di rifiuti urbani attivi tra il 1972 ed il 1990. Lo studio aveva considerato l’esposizione a diossine valutate in diversi percentili e, le preoccupazioni a suo tempo emerse dai risultati preliminari, si sono ulteriormente rafforzate davanti a quelli definitivi, conteggiati a marzo 2008, che hanno evidenziato i seguenti incrementi: sarcomi + 22%, linfomi non Hodgkin + 12% in entrambi i sessi + 18% nelle femmine, cancro al fegato + 16%, mieloma multiplo + 16% in entrambi sessi e + 23% nei maschi e tutti i cancri nelle donne + 6%.

Ricordiamo infine che anche il recente studio condotto sulla popolazione di un quartiere di Forlì (Coriano) esposto a due impianti di incenerimento (rifiuti urbani e ospedalieri) ha evidenziato gravi danni per la salute, specie nel sesso femminile, con aumento statisticamente significativo del rischio di morte per tutte le cause e soprattutto per tutti i tumori (in particolare mammella, colon, stomaco). Lo studio di Forlì aveva valutato l’esposizione a metalli pesanti, come indicatore complessivo della esposizione a sostanze tossiche: è particolarmente importante notare (alla luce di quanto su esposto) come l’incremento delle patologie neoplastiche abbia seguito abbastanza fedelmente i gradienti di concentrazione dei metalli in atmosfera. È infine importante sottolineare come studi indipendenti, condotti con metodi diversi, abbiano portato a risultati fra loro comparabili: in particolare la maggiore suscettibilità del sesso femminile agli inquinanti emessi da questi impianti.

CONCLUSIONI Se gli inceneritori sono parte in causa nell’Inquinamento Atmosferico, specie per quanto riguarda Particolato e Diossine, allora perché in Italia questa corsa all’incenerimento dei rifiuti? Il Decreto Legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 recita testualmente: “ Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità “. All’Art. 2 : Fonti energetiche rinnovabili o Fonti rinnovabili, si legge: le fonti energetiche rinnovabili non fossili (eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, maremotrice, idraulica,biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas)… per BIOMASSE si intende: la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall'agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali), dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani … all’art 17 si precisa ancora: “sono ammessi a beneficiare del regime riservato alle fonti energetiche rinnovabili i RIFIUTI, ivi compresa, anche tramite il ricorso a misure promozionali (CIP6), la frazione NON biodegradabile ed i combustibili derivati dai rifiuti (CDR) …” Il motivo pertanto si evince in questa tabella che dimostra come i finanziamenti per le fonti energetiche rinnovabili sono destinate per la gran parte a chi brucia rifiuti.

2.487.274 persone studiate nel periodo 1990-1999

La crisi energetica ha prodotto la Direttiva 2001/77/CE, la quale ha promosso l’energia elettrica da fonti energetiche rinnovabili, definendo quali siano le fonti rinnovabili, e ha ammesso gli aiuti di Stato alle imprese interessate. I rifiuti non risultano tra le fonti definite rinnovabili dalla Direttiva 2001/77/CE e da successive direttive. Ciò nonostante l’Italia ha incluso i rifiuti tra l e fonti rinnovabili, permettendo agli inceneritori che ne fanno uso per la produzione di energia elettrica di beneficiare del regime di aiuti statali (Legge n. 39/2002, art. 43; D.Lgs. n.387/2003, art. 17). In Europa si tassano gli inceneritori per disincentivarne le attività e costringere la popolazione a migliorare le buone pratiche; in Italia e nel nostro Friuli Venezia Giulia invece, portiamo avanti una politica assurda di incentivazione all’incenerimento che costringe noi semplici cittadini a pagare ben 4 volte la gestione dei rifiuti con la tassa (a presto tariffa), con gli imballaggi, con il 7% della nostra bolletta dell’energia elettrica e con le onerose multe che la Corte Europea regolarmente ci somministra. In Regione addirittura poi si insiste sul recupero energetico dall’incenerimento rifiuti considerandolo “naturalmente” come una fonte rinnovabile di energia e poi candidamente si ammette che l’attuale produzione di energia elettrica in FVG supera del 6,7% il fabbisogno regionale. La stessa Bocconi di Milano nel marzo di quest’anno ha stabilito che il sistema di chiusura del ciclo rifiuti (Vedelago per intendersi) che non brucia niente ma ricicla quasi tutto è il più economico per la società e aggiungiamo noi, anche il più salubre, mentre nel nostro Piano Regionale Rifiuti non è neanche stato citato.

Episodi rilevanti di inquinamento ambientale e di danni alla salute verificatisi negli anni ’70 e ’80, dalla diossina di Seveso, agli effetti non previsti dei fitofarmaci, all’uso delle farine animali nei mangimi che hanno portato alla BSE, alle problematiche dell’amianto, solo per citare qualche esempio, hanno messo in evidenza la necessità di prevenire nuovi episodi simili i cui effetti si sono dimostrati molto rilevanti e per giunta irreversibili. In una situazione d’incertezza scientifica, pretendiamo un approccio di gestione dei rischi che esprima l’esigenza di un’azione, a fronte di un rischio proporzionalmente grave, senza attendere i risultati della ricerca scientifica. Questa è la definizione del Principio di Precauzione data dalla Dir. Gen. “Politica dei Consumatori e protezione della loro Salute” riprendendo quanto affermato dalla “Dichiarazione di Rio” del 1992. Una recente sentenza di condanna dell’Italia da parte della Corte Europea sottolinea come

Qualcuno insinua che non esiste mercato per i materiali post consumo. E' un'altra falsità: i cinesi stanno facendo incetta di plastica raccolta in modo differenziato sul mercato internazionale, compresa l'Italia, e pagano 350 euro a tonnellata, le bottiglie di PET che noi buttiamo via o “termovalorizziamo” a caro prezzo. Queste stesse bottiglie, inviate in Cina, sono riciclate e ritornano nei nostri mercati sotto forma di prodotti a prezzi stracciati, mentre le industrie italiane, in mancanza di plastica post consumo, indispensabile per alimentare gli attuali e futuri “termovalorizzatori”, sono costrette ad usare plastiche vergini, più costose e con consumi energetici molto più elevati di quelli recuperati con la termovalorizazione. In Italia “termovalorizzare” rifiuti è una scelta che si paga a caro prezzo: mediamente, 90 euro a tonnellata. Eppure, nel nostro paese smaltire le ceneri volanti costa molto poco (129 euro a tonnellata). Sarebbe interessante capire in quale modo riusciamo ad avere prezzi così bassi anche perché, come sappiamo, l'Italia non ha miniere di salgemma disponibili per lo stoccaggio di rifiuti pericolosi come l’Austria e la Germania. (F. Valerio) (F. Valerio)

il CDR-Q non sia una fonte energetica rinnovabile bensì un rifiuto a tutti gli effetti la cui combustione presenta pericoli specifici per la salute umana e l’ambiente. Incenerire i rifiuti non è giustificato né da un punto di vista energetico né tanto meno economico, pertanto l’applicazione del principio di precauzione alla gestione dei rifiuti ci obbligherebbe ad accantonare l’incenerimento ma a sviluppare un sistema che sia basato sulla riduzione, riuso e riciclaggio dei materiali post-consumo ricorrendo a Trattamenti Meccanico-Biologici per la quota restante, evitando in questo modo l’impiego di insediamenti insalubri di classe I come cementifici e inceneritori in un territorio come il nostro che ha già importanti problemi di inquinamento. Troppo spesso viene identificata la prevenzione del cancro con la sua diagnosi precoce, (possibile tramite screening solo per alcune forme di tumore): questa confusione dei termini distrae dal concetto che la vera prevenzione del cancro, e di molte altre malattie cronico-degenerative, consiste nella Prevenzione Primaria, ossia nella riduzione della esposizione di tutta la popolazione agli agenti cancerogeni, mutageni e teratogeni, con particolare riferimento alla protezione dei soggetti più vulnerabili e suscettibili. La gestione dei rifiuti deve essere parte integrante di un progetto economico e sociosanitario mirato a creare nuove occasioni di lavoro pulito e a rendere più salubre l’ambiente in cui viviamo. Esiste oggi la possibilità di una gestione dei rifiuti che garantisca al massimo la salute di noi tutti. Non sprechiamo un’occasione che i nostri concittadini saprebbero apprezzare e realizzare a differenza di tanti altri. Non possiamo che rallegrarci della notevole capacità dimostrata dal nostro Servizio Sanitario Regionale nella diagnostica precoce e nella cura dei tumori, ma per colpa di impianti che emettono pericolosi inquinanti, tra cui anche sostanze classificate come cancerogeni certi per l’uomo, è immorale continuare ad esporre la popolazione a rischi assolutamente evitabili. La tutela della salute non ha colore politico ma è legata anche ad una sana amministrazione che sappia prendere in considerazione come la Prevenzione Primaria sia lo strumento più adatto per garantire un futuro migliore alle nuove generazioni. Con il prezioso contributo di: Maurizio Benato, Ernesto Burgio, Matilde Chessa, Paolo Crosignani, Nicola Culeddu, Michelangiolo Bolognini, Michela Franchini, Patrizia Gentilini, Manrico Guerra, Ferdinando Laghi, Mauro Marchetti, Vincenzo Migaleddu, Celestino Panizza, Maria Grazia Petronio, Gianfranco Porcile, Roberto Romizi, Gianni Tamino, Giorgio Tamburlini e Giovanni Vantaggi Bibliografia Essenziale • I.J.K Aboh et al. EDXRF characterisation of elemental contenents in PM 2.5 in a medium-sized Swedish city

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