Amatissimo Intruso

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628 – Angela Devine AMATISSIMO INTRUSO Rosa Trama: Dopo un'assenza di sei mesi, Jane torna a casa per scoprire che un tanto arrogante quanto affascinante francese è provvisoriamente suben - trato a lei nella gestione della sua azienda vinicola. Ma quello che la preoccupa di più è che Marc Le Rossignol si è anche insediato stabilmen - te in casa sua. Cosa fare? Piuttosto che farsi buttar fuori, Jane opta per una momentanea convivenza, sperando di riuscire a persuadere l'intruso a togliersi dai piedi al più presto. Tuttavia l'operazione si rivelerà più complicata del previsto... Angela Devine è cresciuta in Tasmania, circondata da foreste e montagne, per cui odia le grandi città. Prima di diventare scrittrice, è stata insegnante e bibliotecaria. E sposata ed è madre di quattro figli. Angela Devine Amatissimo Intruso Unwelcome Invader © 1996 Prima edizione Collezione Harmony N° 1143 dell'8/3/1996 Angela Devine 1 1996 - Amatissimo Intruso

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628 – Angela Devine – AMATISSIMO INTRUSO Rosa

Trama:

Dopo un'assenza di sei mesi, Jane torna a casa per scoprire che un tanto arrogante quanto affascinante francese è provvisoriamente suben-

trato a lei nella gestione della sua azienda vinicola. Ma quello che la preoccupa di più è che Marc Le Rossignol si è anche insediato stabilmen-

te in casa sua. Cosa fare?

Piuttosto che farsi buttar fuori, Jane opta per una momentanea convivenza, sperando di riuscire a persuadere l'intruso a togliersi dai piedi al

più presto. Tuttavia l'operazione si rivelerà più complicata del previsto...

Angela Devine è cresciuta in Tasmania, circondata da foreste e montagne, per cui odia le grandi città. Prima di diventare scrittrice, è stata

insegnante e bibliotecaria. E sposata ed è madre di quattro figli.

Angela Devine

Amatissimo IntrusoUnwelcome Invader © 1996

Prima edizione Collezione Harmony N° 1143 dell'8/3/1996

Angela Devine 1 1996 - Amatissimo Intruso

ISSN 1122 -5450

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«A quanto sembra, tuo padre ti ha proprio fatto un bidone» commentò Brett.Guardandosi attorno nell'aeroporto che andava rapidamente svuotandosi, Jane fu tentata di dargli ragione.

Erano le undici passate egran parte dei passeggeri era già scomparsa nella fredda notte autunnale. Dopo essere rimasti bloccati per

diverse ore a Melbourne per un guasto a un motore dell'aeromobile, tutti avevano una gran voglia di essere a casa. Solo alcuni dipendenti della compagnia aerea e una famiglia a cui mancavano dei bagagli si trovavano ancora nel piccolo scalo di Hobart. Di suo padre, nessuna traccia.

«Credo che tu abbia ragione» ammise Jane con aria afflitta. «Eppure non riesco proprio a capire. Gli ho scritto due settimane fa per avvertirlo che sarei arrivata. Gli ho anche ricordato di telefonare per accertarsi che il volo fosse in orario! D'altra parte, tu conosci papà: è talmente inaffidabile! Temo proprio che non potrò darti quel passaggio fino a casa, Brett.»

«Be', non è poi la fine del mondo, amica mia. Sai cosa farò ora? Andrò a noleggiare una macchina. Così sarò io a dare un passaggio a te.»

«Grazie, Brett. Sei un vero tesoro.»Con un sospiro di sollievo Jane si lasciò cadere su una poltroncina, con il bagaglio sparso

disordinatamente ai suoi piedi. Dopo il lungo volo dalla Thailandia, l'estenuante attesa a Melbourne e il tragitto finale fino a casa, in Tasmania, era talmente esausta che una volta tanto fu felice di lasciar decidere

Brett anche per lei. Osservò la sua massiccia figura dirigersi decisa al banco del noleggio auto e un sorriso affettuoso le affiorò alle labbra. Caro Brett! Con la sua faccia rassicurante, le mani grandi e forti e i capelli biondi radi e spettinati, nonostante avesse solo ventisette anni, cioè uno più di lei, dimostrava certo più della sua età. Peccato che non avesse mai provato altro che affetto fraterno nei suoi confronti, si disse. Fin dai tempi della scuola Brett era stato suo ammiratore e difensore; tuttavia lei sapeva bene che, se non fosse scoccata la fatidica scintilla, tra di loro non avrebbe mai potuto esserci nulla di più. Jane aveva tenuto a ribadirlo chiaramente in diverse occasioni, ma ciò non aveva impedito a Brett di continuare a sperare.

Jane si chiese se fosse stato saggio da parte sua accettare di tornare insieme dall'aeroporto, ma subito scacciò ogni dubbio. Dopotutto erano vicini di casa; la tenuta di Brett non era che a un paio di miglia dalla sua. Inoltre avrebbe dovuto esserci anche suo padre con loro.

«Allora è tutto sistemato, socia. Il tempo di caricare il tuo bagaglio e possiamo muoverci.»Dieci minuti più tardi avevano già lasciato l'aeroporto e stavano percorrendo la strada tortuosa che

conduceva al piccolo villaggio di Richmond. Rilassata sul sedile, Jane osservava il tranquillo paesaggio rurale illuminato dalla luna scivolare dolcemente sotto i suoi occhi. Oltrepassato il centro abitato di Richmond, con gli edifici georgiani e i giardini scrupolosamente curati, si trovarono di nuovo immersi nella quiete della campagna. Alla vista di Saddler's Corner, la vecchia casa colonica circondata dai vigneti dove aveva trascorso la sua infanzia, Jane si drizzò sul sedile con un tuffo al cuore. Eccoli là, un filare dopo l'altro, a seguire l'ansa del fiume fino a risalire il pendio della collina.

«I tuoi vigneti sembrano in ottima salute» osservò Brett. «Stavo giusto parlando con il tuo supervisore, Charlie, circa un mese fa, prima di partire per le vacanze. Sostiene che sarete pronti per la vendemmia subito dopo Pasqua.»

«È vero» convenne lei. «In realtà, è per questo che sono tornata. Stavo imparando talmente tante cose in Francia, che sarei stata felice di rimanervi per altri sei mesi.»

«Be', mi rallegro che tu non l'abbia fatto» commentò Brett, lasciando cadere con finta noncuranza la mano sul ginocchio di Jane.

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La sensazione che quel gesto suscitò in lei fu di imbarazzo, e Jane ebbe voglia di fuggire.«Non farlo, Brett» lo pregò con voce ferma, allontanando la mano di lui.«Un giorno o l'altro dovrai pur arrenderti» l'avvertì lui con tono amichevole. «Sono uno con la testa sulle

spalle, Jane, e gestisco un'azienda tutta mia. Questo varrà bene qualcosa.»Sollevata, Jane si accorse che la loro auto aveva imboccato il vialetto di ghiaia che conduceva all'ingresso

della casa.«Scusa se non ti chiedo di entrare, Brett» si giustificò frettolosamente. «È tardi, e sono davvero sfinita.»«Certo, non preoccuparti» la rassicurò lui. «Ma lascia almeno che ti accompagni alla porta.»«D'accordo» acconsentì Jane con un sospiro. «Guarda, mio padre ha lasciato la luce accesa per me sul

retro. Forse non sapeva che il volo sarebbe giunto in ritardo.»«Sei proprio sicura di non aver bisogno d'altro?» le domandò Brett, posando a terra il suo bagaglio. «...

Magari di un bacio della buonanotte?»«Oh, Brett, falla finita!» gemette Jane. «Lo sai che ti voglio bene, ma non in quel senso.»«Certe donne non hanno proprio gusto!» borbottò Brett sfiorandole la guancia, per poi allontanarsi in

direzione dell'auto. «Ci vediamo in questi giorni, Jane.»Nonostante la stanchezza, lei non entrò subito in casa. Preferì attardarsi sulla veranda per qualche istante,

inspirando profondamente l'aria fresca della notte profumata di eucalipto. Un rauco gracidio in lontananza e un improvviso tramestio fra i cespugli la fecero trasalire, ma immediatamente un sorriso di esultanza le illuminò gli occhi. Gli opossum erano in piena attività quella notte. Era bello essere a casa! Ma più eccitante ancora era il pensiero che la vendemmia si stava avvicinando.

Non poteva neanche aspettare l'indomani per controllare di persona le condizioni della sua uva. Rovistò nella borsa finché non ne estrasse la piccola torcia che portava sempre con sé, e la puntò sul sentiero che conduceva al primo dei vigneti. Con un misto di orgoglio e di eccitazione si fece strada tra i filari, staccò un acino e lo assaporò a lungo. Aveva un gusto forte, ancora leggermente aspro, ma molto, molto promettente. Presto avrebbe avuto luogo la sua prima raccolta; allora avrebbe scoperto quale tipo di vino sarebbe stata in

grado di produrre dalla sua uva. Con un sospiro soddisfatto tornò verso l'edificio principale. Magari avrebbe dato una rapida occhiata anche alle cantine, prima di andare a letto. Si diresse verso il piano seminterrato dell'edificio in pietra, dove, oltre alle cantine, era sistemata la rimessa con gli arnesi da lavoro necessari alla cura dei vigneti. Invece delle accecanti luci al neon, Jane preferì lasciarsi guidare dal discreto raggio di luce della torcia, grazie alla quale raggiunse senza inciampi la porta di accesso. Individuata la chiave giusta nel mazzo, aprì il lucchetto, e la porta si spalancò con un cigolio. Jane varcò la soglia e ispezionò rapidamente il locale con la torcia. Una fila di barili di quercia era schierata in attesa della vendemmia ormai prossima; sulle mensole sovrastanti faceva bella mostra di sé la sua collezione di vini australiani, allestita con passione nell'arco di parecchi anni. Le venne in mente che sarebbe stato carino festeggiare il suo ritorno con un bicchiere di buon vino; magari l'indomani avrebbe invitato un amico a pranzo e avrebbe brindato con lui. Lasciò scorrere le dita sul ripiano, soffermandosi su una bottiglia di Penfold Grange Hermitage. Con l'acquolina in bocca pensò al suo sapore corposo e al retrogusto profumato.

«Non posso aspettare fino a domani» si disse sottovoce.In quell'istante udì un furtivo rumore di passi alle sue spalle. Senza preoccupazione si voltò, aspettandosi

di vedere suo padre. Invece, colto in pieno dal raggio della sua torcia, si trovò davanti un perfetto estraneo. Un uomo sulla trentina, dall'espressione cupa, in polo e pantaloni sportivi, capelli scuri pettinati all'indietro e i due occhi castani più ostili che avesse mai visto. Stava avanzando verso di lei in atteggiamento d'attacco, come un animale che avesse appena avvistato la preda; sulle sue labbra era dipinta una smorfia terrificante. Il cuore di Jane ebbe un sobbalzo.

«Cosa vuole?» gli domandò in tono freddo, indietreggiando e brandendo la bottiglia come se fosse un'arma.

«Te» ansimò l'uomo, avventandosi contro di lei.Jane lanciò un urlo, scagliò la bottiglia e scappò. Ci fu un momento di totale confusione, durante il quale

lei udì l'infrangersi del vetro contro il muro, sentì nell'aria il forte odore di vino rosso e ascoltò il battito impazzito del proprio cuore, mentre correva a precipizio tra i barili, lungo il corridoio. Il raggio della torcia,

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che oscillava impazzito in tutte le direzioni, illuminò a un tratto la porta di legno grezzo che conduceva a un'uscita secondaria. Jane sperò che, come al solito, fosse chiusa solo dall'interno. Ma sarebbe riuscita a uscire prima che lui le fosse addosso? Passò fulmineamente la torcia nella sinistra, tirò con forza il chiavistello e spinse con tutto il suo peso, ma non accadde nulla. Doveva trattarsi di un incubo. Qualcosa opponeva resistenza dall'esterno. Poi, all'improvviso, una mano possente l'afferrò per il collo della camicia, obbligandola a voltarsi.

«A quanto pare non hai via di scampo» riprese la voce roca e minacciosa di poco prima.«Ti sbagli!» gridò Jane in tono di sfida, colpendo l'uomo in pieno volto con la torcia. Tuttavia lo

sconosciuto sembrò accusare a malapena il colpo. La sua unica reazione fu quella di riprendere fiato per un attimo; quindi la sua mano destra afferrò quella di lei come se volesse stritolarla, costringendola a mollare la presa sulla torcia. Ansimando, Jane rispose con un poderoso calcio negli stinchi. Con un debole gemito lui la immobilizzò, bloccandole un braccio dietro la schiena.

«Non voglio farle del male, mademoiselle» sussurrò poi, quasi a volersi scusare. «Ma lei e io dobbiamo fare due chiacchiere.»

«E a che proposito?» sbottò Jane. «Non ho proprio niente da dire a un maniaco delirante che mi salta addosso senza una ragione.»

L'uomo le puntò la torcia sul viso, costringendola a sbattere le palpebre ripetutamente sotto la luce accecante.

«Carina» commentò con aria da intenditore. «Grandi occhi verdi, lineamenti delicati, lunghi capelli biondi. Non il ladruncolo straccione che mi aspettavo, devo ammettere. Mi dica, mademoiselle, per quale motivo si trova nelle mie cantine?»

«Le... le sue cantine?» balbettò Jane furiosa. «Ora non ho più dubbi; lei è completamente pazzo. Queste sono le mie cantine, non le sue.»

«Ah, ora sto cominciando a capire» commentò lui con modi stranamente cortesi. «Lei non è il delinquente che credevo, mademoiselle, è solo mentalmente confusa. Le porgo le mie scuse per averla accolta in modo

così villano.»«Certo che non sono una delinquente!» si ribellò Jane al limite dell'esasperazione, nonostante i suoi jeans

spiegazzati, la maglietta macchiata di vino e i capelli scarmigliati non le rendessero affatto giustizia. «E non sono neanche confusa! Se c'è qualcuno confuso qui, è proprio lei, che ha tanta faccia tosta da affermare di essere il proprietario di queste cantine. L'intera azienda vinicola appartiene legalmente a mio padre, fino all'ultima bottiglia.»

E mentre parlava, diede un colpetto a una mensola con la mano per enfatizzare le sue parole.«No, si fermi!» esclamò l'uomo preoccupato. «Questo non fa bene al vino.»«Lo so!» si spazientì lei. «Io produco vino. Come diavolo ha potuto scambiarmi per un ladro?»Lui scrollò le spalle.«Le chiedo scusa. Ho avuto qualche problema con dei vandali, da quando sono entrato in possesso di

questi vigneti.»«È entrato in possesso dei vigneti?» gli fece eco Jane sconcertata. «Ma questo è un incubo!»«Aspetti un attimo. Vediamo di chiarire questa situazione» propose lo sconosciuto in tono tranquillo. «Lei

ha detto che questa proprietà appartiene a suo padre. Come si chiama?»Il tono autorevole dell'uomo la indusse a rispondere senza la minima esitazione.«Colin West.»«E il suo nome, mademoiselle?»«Jane West.»«Bon. Stiamo facendo progressi. Ora mi permetta di presentarmi. Sono Marc Le Rossignol.»«Piacere» commentò Jane sarcastica.«Capisco. Lei sta pensando che questo non è il luogo né il momento di perdersi in convenevoli. Ha

perfettamente ragione. Che ne dice di salire in casa e discutere la questione con calma?»«In casa?» Jane lo guardò inorridita. «È per caso ospite di mio padre?»«Non esattamente» replicò Marc. «È più corretto dire che siamo soci d'affari, ma le spiegherò tutto, una

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volta che saremo entrati.»Jane lo guardò con fare sospettoso. Stava accadendo qualcosa di molto strano in casa sua, ma almeno quel

Marc Le Rossignol non le appariva più come un maniaco o un rapinatore. A un tratto prese una decisione.«D'accordo» acconsentì. «Non credo di correre alcun rischio con mio padre in casa.»Marc si strinse nelle spalle. «Sfortunatamente suo padre non è in casa» dovette contraddirla. «Al momento

si trova in Nuova Zelanda.»«Nuova Zelanda?» ripeté Jane incredula. «Le assicuro che non ho la minima idea di quanto sta

succedendo qui.»«Neanch'io, mademoiselle» commentò Marc frettolosamente. «Ma forse è più facile dipanare questa

intricata matassa davanti a una cena e a un buon bicchiere di vino.»Jane sospirò. Una miriade di pensieri le turbinava nella mente, dopo il lungo volo e la disavventura di

quegli ultimi minuti, e l'ultima cosa che desiderava era cenare con quell'intruso, chiunque egli fosse. Tuttavia non avrebbe avuto pace finché le cose non fossero state chiarite.

«Va bene» acconsentì infine.Con un fare da padrone che la infastidì molto, Marc prese la torcia e le fece strada con esagerata cortesia.

Ai piedi delle scale Jane si chinò per un attimo sui pezzi di vetro e raccolse un frammento di bottiglia, al quale era ancora attaccata l'etichetta.

«Grange Hermitage» lesse a voce alta con aria affranta. «Che peccato!»«Già» ammise Marc. «Ma ho qualcosa di altrettanto squisito in casa. Una bottiglia di Petrus

dell'ottantacinque. Sono curioso di sapere cosa ne pensa.»Sbalordita, Jane si lasciò condurre fino alla veranda, nella quale giacevano ancora le sue valigie.«Queste sono sue, immagino.»«Molto perspicace.»Con una scrollata di spalle l'uomo si allontanò, senza accennare il minimo tentativo di prendere il suo

bagaglio.

Ovviamente era troppo villano per offrirsi di aiutarla, o forse non intendeva lasciarla pernottare in casa sua! Fulminandolo con lo sguardo, Jane provvide personalmente.

«Cosa sta facendo?» volle sapere lui.«Ho intenzione di dormire qui. Questa è casa mia.»Marc sorrise debolmente. Un'espressione soave, derisoria e divertita allo stesso tempo gli si dipinse sul

volto. Cogliendola di sorpresa, le tolse entrambe le valigie di mano.«Quale onore! Sarà un piacere godere della compagnia di una gentile signora. L'uomo non può che essere

affascinato dalla finezza e dall'eleganza femminili.»Jane ripensò ai suoi modi bruschi e ai suoi abiti stropicciati, e non ebbe dubbi sul tono ironico di quelle

parole.La sua collera aumentò, ma l'unica reazione di cui fu capace consistette in una occhiata furiosa all'uomo,

che in quel momento le stava tenendo aperta la porta con la spalla.«Prego» la esortò. «Se intende fermarsi per la notte, dovrò preparare qualcosa per lei. Un bagno, una

camera, qualcosa da mangiare.»Jane entrò e sfogò tutto il suo malumore chiudendo la massiccia porta di cedro dietro di sé con un

poderoso calcio. Quindi si bloccò con le mani ai fianchi, fece un profondo respiro e si rivolse all'uomo che aveva di fronte.

«Ora stia bene a sentire, signor Le Rossignol o come diavolo si chiama.»«Mi chiami Marc, la prego» la corresse lui. «Voi australiani siete sempre così informali. Dal momento che

siamo nel suo paese, mi sembra giusto abbracciare le vostre abitudini. Dunque, posso chiamarla Jane?»«Può chiamarmi come vuole, a patto che se ne vada da casa mia» tagliò corto Jane. «E prima lo farà,

meglio sarà per tutti. Ora vuole spiegarmi per favore cosa sta succedendo?»«Ogni cosa a suo tempo» fu la laconica risposta. «Non vuole prima rinfrescarsi e mangiare qualcosa? I

suoi abiti... sono praticamente da buttare.»Jane lo guardò biecamente. Qualcosa le diceva che non si stava riferendo solo alle macchie di vino. Quello

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era il genere di uomo che non approvava le donne che viaggiano in jeans sdruciti e maglietta. Be', che andasse al diavolo! Come si permetteva di stare lì a scrutarla dall'alto in basso come se fosse stata un oggetto in vetrina?

Inoltre, ciò che la faceva infuriare ancora di più era il fatto che lui sembrava uscito dallo scontro senza essere stato raggiunto neanche da uno schizzo di vino.

Ma c'era anche qualcos'altro che la disturbava in lui. Qualcosa del suo modo di fare, così accattivante e sicuro di poter controllare qualunque situazione. Probabilmente la sua prestanza fisica contribuiva a creare quell'aura di potere e autorità. L'estraneo superava il metro e ottanta di altezza, ma le spalle possenti, i fianchi stretti e le gambe muscolose passavano in secondo piano, poiché l'attenzione dell'osservatore veniva catalizzata dal volto. La mascella pronunciata, i profondi occhi castani e il sorriso ironico facevano pensare a un uomo destinato a essere vincente.

Apparentemente ignaro del severo esame a cui Jane lo stava sottoponendo, l'uomo sembrava intento a leggere le etichette sulle valigie.

«È reduce da un lungo viaggio, mademoiselle. Thailandia, nientemeno.»«È stato molto più lungo, a dire il vero» precisò lei. «Ho pernottato una notte a Bangkok solo per via di

uno scalo imprevisto.»«E prima dove si trovava?»«In Francia» rispose Jane.«Ah, nel mio paese. Splendido. Ne parleremo più tardi, a cena. Ma prima vorrà fare un bagno.»Posò le valigie, aprì l'armadio della biancheria e le porse un enorme asciugamano bianco.«Il bagno è in fondo a sinistra» la informò.«So benissimo dov'è il bagno!» s'infuriò lei.«Certo, certo» mormorò lui divertito. «Be', allora la lascio a vado a riscaldare qualcosa.»Jane ribolliva di collera quando entrò nella stanza da bagno e cominciò a riempire la vasca di acqua calda.

Come si permetteva di trattarla come un ospite proprio in casa sua? E cosa diavolo ci faceva lui? Mille

interrogativi le turbinavano nella mente, mentre la serata assumeva i contorni surreali di un incubo. Tutto ciò che desiderava era immergersi nella schiuma tiepida e profumata, poi asciugarsi e infilarsi nel suo letto. Invece era fondamentale fare mente locale, in modo da poter affrontare con determinazione quell'individuo che sembrava aver invaso quello che fino ad allora era stato il suo mondo.

Deliberatamente si fece attendere a lungo, ma senza sortire l'effetto desiderato. Un perentorio bussare alla porta la strappò dal dolce torpore in cui era scivolata.

«È affogata per caso, là dentro?» domandò una profonda voce maschile. «Devo venire a salvarla? Posso forzare la serratura, se è in difficoltà.»

Allarmata da quella possibilità, Jane saltò fuori della vasca e cominciò a vestirsi rapidamente. Se fosse stata sola, si sarebbe infilata in un comodo pigiama, ma la situazione era ben diversa. Era il caso di sfidarlo indossando un altro paio di jeans e una vecchia felpa, o le conveniva piuttosto mettersi in ghingheri?

Nelle situazioni problematiche generalmente Jane preferiva apparire al meglio; in qualche modo questo le infondeva sicurezza. Ma se poi lo sconosciuto lo avesse interpretato come un tentativo di seduzione? Si guardò allo specchio.

«Perché mai dovrei preoccuparmi di ciò che pensa?» si domandò ad alta voce. «Indosserò quello che mi pare!»

S'inginocchiò accanto alla valigia e ne estrasse una piccola follia che aveva deciso di regalarsi durante il viaggio in Francia, un delizioso tubino di georgette verde chiaro, che aderiva alla sua figura e le conferiva un'aria tremendamente sexy e sofisticata. Una spazzolata ai capelli, una collana in oro e perle e un tocco di rossetto scarlatto fecero il resto. A quel punto, raddrizzando le spalle in atteggiamento aggressivo, aprì la porta, pronta a dare battaglia.

«Si accomodi in sala da pranzo» le gridò dalla cucina la voce maschile, che stava diventando odiosamente familiare. «Sarò da lei fra un attimo.»

Quando entrò nella sala da pranzo, Jane restò senza parole. Il grande tavolo di cedro, che lei e suo padre riservavano solo alle occasioni speciali, era coperto da una raffinata tovaglia di pizzo; la tenue, oscillante

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fiamma delle candele scintillava sui bicchieri di cristallo, sull'argenteria e sulla preziosa porcellana. Inoltre dalla cucina provenivano profumi deliziosi. L'umore di Jane migliorò improvvisamente. Aveva un aspetto fragile e delicato, ma in condizioni normali godeva di un appetito invidiabile. Concluse che forse c'era anche un risvolto positivo nell'essere assediati in casa propria da un francese pazzo, se sapeva cucinare in quel modo!

In quell'istante lui entrò nella stanza. Alla vista di Jane si bloccò e il suo volto fu illuminato da un sorriso di approvazione.

«Molto chic» sussurrò. «I miei complimenti, mademoiselle.»Lusingata, Jane arrossì. «Posso dare una mano in cucina?»«Oh, no, è già tutto pronto. Un bicchiere di sherry?»Mentre sorseggiava il vino, Jane lo vide scomparire di nuovo in cucina; dopo pochi istanti Marc

ricomparve, portando con sé due ciotole fumanti.«Consommé Julienne» annunciò solennemente, sistemandone una davanti a lei.«Bon appetit» disse Jane meccanicamente.«Parla il francese?» volle sapere lui incuriosito.«Non proprio» replicò lei. «Non correntemente, almeno, pur avendo trascorso gli ultimi sei mesi nella

regione dello Champagne.»«Davvero? E cosa ci faceva là?»«Cercavo di perfezionare le mie conoscenze sulle tecniche di produzione del vino.»«È un suo hobby?»«No, è la mia professione.»«E ha una preparazione specifica in questo settore?»«Sì. Dopo aver terminato la scuola, ho seguito un corso, ho lavorato per un anno a Penfold e poi sono

tornata qui, in Tasmania, per tentare di avviare un'azienda vinicola insieme a mio padre. Questo è successo cinque anni fa.»

«Dunque è stata lei a piantare questi vigneti. E si occupa anche di mandare avanti l'intera impresa?»«Sì» rispose Jane con una punta d'orgoglio. «Ho messo del Riesling e del Cabernet Shiraz parecchi anni

fa. Da allora non ho fatto che potare e irrigare. È stata dura, nonostante l'aiuto di mio padre e di Charlie Rendali, che lavora per noi. In effetti, Charlie è diventato talmente esperto che ho potuto lasciare l'azienda in mano sua durante questi mesi di assenza.

«È stata una scelta saggia» osservò Marc. «È un'operazione audace ma interessante, però avrebbe dovuto proteggere i vigneti con un maggior numero di reti metalliche. Tengono lontani gli uccelli e i parassiti.»

«Lavora anche lei in questo settore?» gli domandò Jane, incuriosita suo malgrado.«Ce l'ho nel sangue» replicò Marc. «La mia famiglia produce vino presso Bordeaux da cinque secoli.»«E allora cosa fa qui?»«Non è ancora il momento» rispose lui alzandosi in piedi. «Posso portare via il suo piatto?»Quando scomparve in cucina, Jane riprese a sorseggiare il suo sherry, alquanto perplessa. C'era qualcosa

di misterioso in Marc, qualcosa che la intrigava. Chi era? Perché si era stabilito in casa sua? In circostanze diverse, l'avrebbe trovato persino affascinante, ma quell'incertezza le provocava uno stato di ansia e di disagio.

Marc tornò poco dopo con un tegame fumante. Jane inspirò voluttuosamente, riconoscendo l'aroma della carne stufata con vino rosso, alloro e pepe nero.

«Boeuf à la bourguignonne» commentò deliziata.«Bene, vedo che il fiuto non la inganna» osservò lui. «Ma il vero test è quello del vino. Mi dica cosa pensa

di questo.»Prese una caraffa e versò una piccola quantità di liquido color porpora in un calice di cristallo. Jane lo

avvicinò alle narici, quindi agitò delicatamente il bicchiere, prima di degustarne qualche sorso.«È magnifico!» sentenziò. «Ricco ma ben bilanciato, fine e con un delicato aroma fruttato.»«Ha imparato molto in Francia» convenne lui.Jane si servì una porzione di carne accompagnata da patate e carote in salsa alle erbe. Per il momento

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sembrava aver superato il suo disprezzo per Marc Le Rossignol.«È vero» ammise lei con entusiasmo. «È un luogo speciale; vi si respira tradizione, dedizione, cultura. I

produttori di vino francesi sono straordinari.»«Bene, ma tanta approvazione deve essere compensata da una critica costruttiva. Avrà pur trovato da ridire

su qualche cosa.»«Be'...»«La prego, non abbia paura di ferirmi. Può essere assolutamente sincera con me.»«Ecco, ho constatato che viene posta un'enfasi eccessiva sulla tradizione» azzardò lei. «A volte i francesi

sono un po' troppo restii ad aprirsi a nuove esperienze.»«Non potrei essere più d'accordo. I produttori di vino australiani sono più spregiudicati, curiosi di provare

nuove tecnologie. Credo che attualmente l'Australia sia un luogo molto stimolante per chi è interessato a produrre vino. È per questo che sono qui.»

Jane posò la forchetta e gli rivolse uno sguardo perplesso.«Perché è qui?» gli chiese senza mezzi termini.Con un altro dei suoi sorrisini enigmatici, Marc cambiò argomento.«Le piace cucinare?»Quell'evidente deviazione del discorso non piacque a Jane, che tuttavia, per il momento, preferì non

insistere. Ma l'ostilità provata all'inizio per Marc Le Rossignol stava riaffiorando prepotentemente in lei. Di lì in avanti si limitò a risposte brevi e dirette, almeno finché non fu colta nel suo punto debole, al momento della torta alla frutta.

«Deliziosa» dovette ammettere suo malgrado. «È sempre pronto a servire una cena simile senza preavviso?»

Marc sorrise.«Più o meno» rispose. «Amo il buon cibo. Stasera ho avuto la fortuna di trovare parecchia roba in

frigorifero. Ed è stata una fortunata coincidenza anche che io sia stato troppo impegnato per mangiare

prima.»«Troppo impegnato a fare cosa?» gli chiese Jane.I loro occhi s'incontrarono.«Arrivati a questo punto, credo che lei sia pronta per affrontare la verità. Venga, accomodiamoci in

salotto.»Incapace di nascondere la propria preoccupazione, Jane lo seguì. Il fuoco scoppiettava nel camino; il

vecchio tappeto persiano aveva un aspetto familiare e rassicurante, e anche la pendola del nonno la salutò battendo l'ora, proprio mentre si sedeva nella poltrona collocata accanto al fuoco. L'una. Quel rintocco risuonò vagamente sinistro alle sue orecchie, come se annunciasse la fine di tutto ciò che lei aveva conosciuto e amato, come se quell'uomo fosse venuto a capovolgere il suo mondo per sempre.

«Cosa ci fa qui?» volle sapere una volta per tutte. «Perché si è impadronito di casa mia?»«È molto semplice» cominciò Marc, appoggiato con un braccio alla mensola del camino. «Lei è la figlia di

Colin West, non è vero?»«Sì.»«Bene, non capisco perché suo padre non l'abbia informata di questa storia, ma a questo punto è bene che

lo faccia io. Ci sono state delle grosse trasformazioni qui.» ' «Che genere di trasformazioni?» incalzò Jane.«Ho preso in locazione questa proprietà da suo padre con un'opzione di acquisto per i prossimi tre mesi.»Jane trattenne il respiro al pensiero di ciò che quelle parole significavano.«Intende dire che... ha la possibilità di rilevare l'intera azienda nei prossimi tre mesi?»«Esattamente» rispose Marc.Per qualche istante Jane restò senza parole.«La casa? I vigneti... tutto?» farfugliò infine.«Tutto» confermò lui gravemente.Improvvisamente l'incredulità di lei si trasformò in collera furibonda.«È ridicolo!» gridò balzando in piedi. «Questa è sempre stata la mia casa, fin da quando sono nata. E i

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vigneti, gli impianti per la lavorazione...» La sua voce fu rotta da un singhiozzo. «Che ne sarà di tutto questo?»

Il volto di lui era imperscrutabile.«Tutti i beni immobili sono inclusi nella vendita» affermò in tono misurato. «Ovviamente, mi riferisco ai

vigneti e agli impianti di lavorazione. Il resto degli oggetti può portarlo con sé, ma non resta un gran che. Solo la collezione dei vini, i barili vuoti, scale, secchi, attrezzi per la potatura. Il resto diventerà mio, se deciderò di procedere all'acquisto.»

Jane attraversò la stanza barcollando disperata, cercando di trattenere le lacrime; poi gli si avventò contro come un animale ferito.

«Non è possibile! Sono stata io a investire denaro in tutto questo; ho avuto un lascito da mia madre e l'ho impiegato nell'azienda fino all'ultimo centesimo. Mio padre non può vendere tutto a mia insaputa, senza la mia approvazione!»

Marc scrollò le spalle. La sua voce era gelida.«Ho controllato ogni dettaglio legale con la massima attenzione prima di firmare questo contratto, cosa

che faccio sempre. Non c'è alcun dubbio sul fatto che suo padre è legalmente il proprietario di questa azienda, e che su di essa non pende alcuna ipoteca. Quanto a questi investimenti di cui parla... ne ha le prove?»

Il suo tono scettico la fece infuriare ulteriormente.«Guardi che non lo dico tanto per dire» si ribellò lei.La voce di Marc riprese impassibile, come se lui non avesse sentito la sua appassionata difesa.«Senza dubbio può documentare quanto sta dicendo, non è vero?»Jane scosse il capo esausta.«Sì. No. Non esattamente. Dopo che ebbi ricevuto il denaro da mia madre, mio padre mi convinse a dare

vita a una società. Era tutto terribilmente complicato.»«Non starà per caso alludendo alla Saddler's Vineyard Limited?»

«Sì» rispose Jane confusa.«Parbleu!» esclamò Marc. «Mi dispiace molto per lei, Jane. Pare proprio che suo padre l'abbia truffata. Ho

visto i documenti relativi alla formazione della società. Suo padre ne è l'amministratore delegato e ne detiene il pieno controllo. È stato molto ingenuo da parte sua affidare il suo patrimonio a qualcuno senza la minima garanzia. Cosa le è preso per fare una cosa simile?»

Jane alzò il capo e lo guardò con occhi fiammeggianti.«Perché mi fidavo di lui!» gridò. «È chiaro? È mio padre, santo cielo. Non mi avrebbe fatto una cosa

simile.»«Ne è sicura?» le chiese lui sottovoce.Con un gemito Jane andò davanti al camino e si mise a fissare le fiamme. Dolorosi ricordi di sua madre le

si affacciarono alla mente.«Forse lo ha fatto» ammise poi con aria afflitta. «Oh, non deliberatamente, immagino. Credeva di fare la

cosa giusta. Probabilmente pensava di ottenere enormi profitti per me, investendo in progetti che riteneva validi. Mia madre lo accusava sempre di aver sperperato tutto il suo denaro, prima che si separassero. Allora io le davo torto, ma oggi non ne sono più tanto sicura. Dunque mi sta dicendo che non ho più un soldo?»

«Solo se procederò con l'opzione di acquisto»precisò Marc. «Se non lo farò, c'è una possibilità che lei possa riconquistare il controllo dei suoi beni.»Jane si voltò di scatto.«Allora non lo faccia!» gridò con impeto. «La prego, la prego non lo faccia! L'ha detto anche lei che è una

piccola e interessante operazione; ci ho lavorato sodo. Non mi faccia rinunciare a tutto questo.»Marc scosse il capo, quindi la raggelò con poche, terribili parole: «E perché mai dovrebbe

importarmene?».

Angela Devine 17 1996 - Amatissimo Intruso

2

«Perché è una questione di giustizia!» esclamò Jane esasperata.Marc le rivolse uno sguardo perplesso, come se non avesse mai sentito quella parola in vita sua.«Continuo a non capire cosa tutto questo abbia a che fare con me» riprese senza mezzi termini. «A ogni

modo la prima cosa da fare domani mattina è telefonare a suo padre in Nuova Zelanda e farsi spiegare la situazione dal punto di vista legale.»

«Il punto di vista legale!» sbottò Jane. «Questa è l'unica cosa che le interessa, non è vero? Il punto di vista legale! Ma cos'ha al posto del cuore?»

Il volto di Marc rimase del tutto impassibile: sembrava scolpito nella roccia.«Per me questa non è altro che una transazione d'affari» sentenziò. «Ho fatto un'offerta estremamente

generosa a suo padre in cambio dell'opzione d'acquisto di questa proprietà. Ho anche preso importanti provvedimenti in Francia per compensare la mia assenza di tre mesi. Perché ora dovrei buttare tutto questo alle ortiche, quando non c'è neanche la certezza che io possa aiutarla?»

Jane sospirò sconfortata. Quell'uomo aveva ragione. Perché avrebbe dovuto farlo? Dopotutto la responsabilità di quella situazione era da attribuire solo a lei stessa, anche se ciò non la faceva star meglio. Al contrario. Si sentiva umiliata e anche tradita. E come se non bastasse, quell'uomo, ritto davanti a lei, la guardava con due occhi freddi come il marmo.

«Cosa ne sarà di questa azienda, se deciderà di acquistarla?» gli domandò in tono accusatorio. «La produzione del vino qui è molto diversa da quella che si fa in Francia.»

Marc le rispose con un sorriso accattivante. «È proprio questo che mi affascina. Per mia fortuna, le stagioni sono invertite nei due emisferi. Trascorrendo sei mesi in Europa e sei in Australia potrò curare due vendemmie. Quindi avrò due possibilità di ottenere dell'ottimo vino, mettendo a frutto la tradizione francese e l'innovativa tecnologia australiana. Mi sembra una soluzione assolutamente perfetta.»

«Ed è pronto a rovinare me per realizzare questo suo sogno?» gli chiese amareggiata.«Avanti, non sia melodrammatica, chérie. Lei non è ancora rovinata. E anche se lo fosse, dovrebbe

prendersela solo con se stessa. E stata imperdonabilmente ingenua, lo sa?»Jane tirò un profondo respiro e strinse i pugni. «Non è che un presuntuoso arrogante! La odio. Vorrei non

averla mai incontrata!»«Comincio a desiderarlo anch'io» ribatté Marc, sostenendo lo sguardo minaccioso di lei. «Ha proprio una

bella faccia tosta, mademoiselle. Prima mi assale a colpi di torcia; poi mi accusa di averla rovinata. Cosa devo aspettarmi ancora? Un colpo di badile? O magari un corpo a corpo con le unghie e con i denti? Anche se devo ammettere che potrebbe essere interessante.»

Jane si mosse con impazienza verso la porta, però trovò Marc a sbarrarle la strada. Si fermò, indecisa sul da farsi, ma fu un errore. Guardando nei suoi occhi scuri, fu all'improvviso consapevole dell'attrazione che quell'uomo esercitava su di lei, della scossa elettrizzante che le percorreva le membra, del folle desiderio di gettarsi fra le sue braccia. Il profumo del suo dopobarba la pervase fino ad annebbiarle i sensi.

«Non si preoccupi!» trillò. «Non ho intenzione di attaccarla ancora.»Marc la guardò divertito. «Non credo che ci riuscirebbe» commentò. «Ma mi dica, dove andrà ora? Se

intende correre fuori a disperarsi in santa pace, la avverto che glielo impedirò.»Jane scoppiò in una risatina soffocata. «Non credo affatto che gliene importi. Comunque, si dà il caso che

stia andando a letto.»«Le preparo la camera degli ospiti» si offrì Marc.«Sta scherzando?» protestò lei. «Io non sono affatto un ospite. Io abito qui. La mia stanza è al piano di

sopra.»«Oh, naturalmente» acconsentì lui. «La stanza chiusa a chiave in cui Monsieur West ha lasciato un po'

delle sue cose. È quella in fondo al corridoio, se non sbaglio.»«Esattamente, e la avverto anche che non intendo fermarmi solo per stanotte. Resterò tutto il tempo che

desidero. Non me ne andrò di qui solo per farle piacere e non mi importa un fico secco del contratto in piena Angela Devine 19 1996 - Amatissimo Intruso

regola che ha stipulato. Se vuole che me ne vada, dovrà trascinarmi via di peso.»Il sorriso di Marc si fece più luminoso. «Anche questo potrebbe essere interessante» osservò a bassa voce.Jane emise un gemito soffocato. «Lei è davvero insopportabile!»La sua pazienza era al limite. Uscì sbattendo la porta; poi si ricordò dell'allusione di lui ai suoi modi

bruschi. Con un'espressione sprezzante si voltò, riaprì la porta e si affacciò nel salotto.«Grazie della cena!» sibilò. Quindi indietreggiò e sbatté la porta ancora più forte, facendo tremare i muri

fino alle fondamenta.Una volta al piano di sopra, i ramoscelli verdi sulla familiare carta da parati, le tendine di pizzo e la luce

calda della sua camera non riuscirono a consolarla. Buttò per terra con un tonfo alcuni scatoloni che erano stati sistemati sul letto, s'infilò sotto la trapunta e spense la luce. Il cuore le batteva ancora furiosamente per lo scontro con Marc; cercò di concentrarsi per elaborare un piano d'azione, però ben presto la stanchezza ebbe la meglio e Jane si addormentò.

Tuttavia il suo non fu un sonno ristoratore. I suoi sogni furono dominati da rombi di aerei, bottiglie infrante e confuse visioni minacciose di Marc Le Rossignol. Solo verso l'alba quelle immagini inquietanti cedettero il posto a un sonno tranquillo. Era quasi mezzogiorno quando si svegliò. L'aria fresca della campagna entrava dalla finestra socchiusa. Dapprima Jane provò un senso di benessere; poi il ricordo della sera prima le tornò alla mente, facendola ripiombare in una cupa disperazione.

«Oh, no! Non può portarmi via tutto questo. Non può!»Saltò fuori del letto e corse alla finestra. In contrasto con il cielo terso, il verde più scuro del prato

sottostante era circondato dal verde più intenso della siepe di tasso. Al di là, i filari di viti ondeggiavano dolcemente sotto il sole autunnale. Sembrava uno scherzo del destino che quella catastrofe la minacciasse proprio in una giornata tanto splendida. Lei, comunque, non si sarebbe data per vinta.

Per fortuna, la sua stanza disponeva di un piccolo bagno, così Jane non dovette affrontare Marc prima di aver fatto una doccia rigenerante. Infilò dei jeans puliti e una maglietta; quindi spazzolò i capelli all'indietro, raccogliendoli in una riottosa coda di cavallo.

Era in cucina, alle prese con il secondo toast che stava bruciando, quando lui apparve all'improvviso. Per prima cosa Marc prese la fetta di pane fumante e quasi carbonizzata, poi imprecò sottovoce in francese scottandosi le dita, quindi la buttò nella pattumiera. Un attimo dopo staccò la spina e riservò al tostapane lo stesso destino.

«Cosa stai facendo?» urlò Jane, passando inconsapevolmente al tu nella foga. «Abbiamo quel tostapane da quindici anni.»

«Si vede» replicò Marc. «È già abbastanza pericoloso quando a usarlo è una persona responsabile, come me. Quanto a te, non ti prendi neanche il disturbo di dargli un'occhiata, ed evidentemente il tuo olfatto questa mattina non funziona. Hai per caso intenzione di appiccare il fuoco alla casa? Quanto al tostapane, non ti preoccupare; ne comprerò uno nuovo domani.»

«Non voglio un altro tostapane!» gridò Jane correndo verso il bidone della spazzatura. «Voglio quello!»«Vuoi litigare per questo?» la interrogò lui con l'aria di chi non si tira indietro.Jane digrignò i denti. «No.»«Ah, bon. Vedo che ti è rimasto ancora un pizzico di buon senso, cosa di cui cominciavo a dubitare. A

proposito, visto che quella che hai appena bruciato era l'ultima fetta di pane rimasta, forse ti farebbe piacere fare una colazione decente. Vuoi unirti a me?»

«Cosa intendi con colazione decente!» s'informò lei con aria sospettosa.«Caffè, vero caffè, croissants alle nocciole, baguettes alla marmellata. Ho scoperto che ci sono pasticcerie

estremamente fornite in Tasmania.»Jane aggrottò la fronte. Avrebbe voluto rifiutare, ma i dolci che Marc stava disponendo in tavola erano

troppo invitanti per resistere alla tentazione. Dopotutto, il fatto che la sua vita fosse sull'orlo di un baratro non era un buon motivo per lasciarsi morire di fame.

«D'accordo» rispose quindi, ma sgarbatamente.Ristorata da un buon caffè nero e da un croissant al cioccolato, Jane stava cominciando a pensare che quel

Marc non era poi il mostro che lei aveva creduto. Lo sguardo derisorio e irritante con cui lui la fissava Angela Devine 21 1996 - Amatissimo Intruso

continuava a seccarla, ma forse in fondo non era cattivo. Jane non sospettava che la sua opinione sarebbe di nuovo cambiata entro quella stessa sera.

«Bene» disse Marc dopo che ebbero sistemato i piatti nella lavastoviglie. «Credo sia tempo di chiamare tuo padre.»

«Va bene» acconsentì lei, ansiosa di togliersi quel peso dal cuore.Tutto andò come lei aveva temuto. Il numero che Marc le aveva dato era effettivamente di Queenstown, in

Nuova Zelanda. Dapprima suo padre sembrò felice di sentirla, ma, quando apprese che Jane era tornata e aveva parlato con Marc, il suo tono cambiò. Si pose subito sulla difensiva e cominciò ad alzare la voce. Si giustificò affermando di aver firmato il contratto esclusivamente per il suo bene, sostenendo che l'offerta di Marc era troppo allettante per essere rifiutata, e le assicurò che avrebbero ricavato un mucchio di soldi da una serie di villette che stava progettando di costruire con il ricavato della vendita.

Jane tentò dapprima di essere ragionevole, poi lo implorò, infine perse le staffe e cominciò a gridare. A quel punto Marc le prese di mano la cornetta. A giudicare dal tono controllato di lui, Jane pensò che stesse avendo la meglio su suo padre. Con sua somma delusione, invece, lo sentì poco dopo salutarlo civilmente senza aver ottenuto una chiara risoluzione del problema.

«Cos'è successo?» volle sapere quando lui riappese. «Lo avevi in pugno! Avresti potuto farlo recedere dall'intero affare, non è vero?»

Marc si strinse nelle spalle. «Probabilmente.»«Allora perché non l'hai fatto rinunciare?» lo aggredì. «Avevi dichiarato tu stesso che la situazione stava

diventando spiacevole anche per te!»«Perché ho ritenuto di non farlo» replicò lui.Jane provò l'irresistibile impulso di urlare. Poco prima lo aveva creduto suo alleato, ma ora non aveva più

dubbi. Quell'uomo stava solo proteggendo i propri interessi.«Immagino che sia giusto così» riprese in tono sarcastico. «È logico che tu preferisca pensare al tuo

tornaconto. Che altro mi sarei dovuta aspettare?»

Gli occhi di lui si strinsero fino a diventare due fessure impenetrabili, mentre la fissavano, quasi a voler sondare la sua forza di volontà.

«Le mie ragioni non ti riguardano. Ciò che conta è che io resterò qui per i prossimi tre mesi. Il punto è: cosa ne sarà di te?»

«Resterò qui anch'io» insistette Jane. «Ti garantisco che non intendo muovermi.»Le labbra di lui si incurvarono in uno strano sorriso.«Che cosa accade se l'irresistibile incontra l'irremovibile?»«Io non ti definirei irresistibile» precisò Jane in tono sprezzante.«E io non ti definirei irremovibile» ribatté lui. La sua voce era roca e il suo sguardo aveva un riflesso

dolce e derisorio al tempo stesso, che sembrava nascondere qualcosa di remoto e selvaggio. «Sono certo che potrei farti cambiare idea, se lo volessi.»

«Smettila di giocare!» si spazientì Jane. «Resterò qui, e questo è quanto.»«Sul serio? E come vivrai senza denaro? Oh, di sicuro tuo padre ti avrà lasciato una somma adeguata, non

è vero?»Lei lo guardò atterrita. E se non fosse stato così? Lei e suo padre avevano un conto cointestato dal quale

attingevano per le spese di casa e della proprietà. Suo madre le aveva detto più volte che quella non era una soluzione saggia, ma lei non aveva mai dato peso alle sue parole. Un dubbio le attraversò la mente. E se suo padre avesse prosciugato il conto?

«Di certo mi avrà lasciato abbastanza denaro!» protestò, prendendo di nuovo le difese del padre.Con un'espressione scettica Marc alzò il ricevitore del telefono e glielo porse. «Perché non fai una

telefonata al direttore della banca per esserne certa?»Con dita tremanti Jane formò il numero. Il lungo, imbarazzato silenzio iniziale dell'uomo all'altro capo del

filo le fece capire che stava per essere sopraffatta da un'altra pesante delusione. Lacrime di umiliazione le salirono agli occhi, mentre riappendeva il ricevitore.

«Ebbene? Ti ha lasciato abbastanza?»Angela Devine 23 1996 - Amatissimo Intruso

«No» rispose in fretta. «Tu lo sapevi, non è vero? Ha trasferito tutto in Nuova Zelanda. Cosa farò, ora? Ci sono gli stipendi di Charlie da pagare e...»

«Calmati, ora» le ordinò Marc. «Questo ormai è di mia competenza. In base al contratto sono responsabile di tutte le spese dell'azienda per i prossimi tre mesi. Il problema riguarda il tuo sostentamento. Pare che tu debba affidarti alla mia generosità, Jane. Sempre che io decida di essere generoso!»

Lei rifletté inorridita alle implicazioni di quanto lui le stava dicendo. Se fosse rimasta, ogni boccone di pane le sarebbe stato pagato da Marc Le Rossignol. E il sorriso di scherno sulle sue labbra dimostrava che lui stava pensando esattamente la stessa cosa.

«Proprio così, chérie. Se rimarrai qui, dovrai pregarmi ogni mattina di dividere i miei croissants con te. Dovrai chiedermi del denaro per fare la spesa e per il pieno della macchina. È questo che vuoi?»

«Va' all'inferno!»Marc scoppiò a ridere, per nulla impressionato dalla sua reazione.«Ho sempre pensato che la mia donna ideale dovesse essere alta, rossa di capelli e aggraziata in ogni

situazione» osservò. «Sai, mi ricordi certe bestiole dal carattere ribelle che, se domate, diventano adorabili. Peccato che solo un uomo su mille ci riesca.»

«Perché non provi?» scattò lei.Marc le rivolse un sorriso provocatorio. «Potrei farlo. Sarebbe una bella sfida. Ma ora basta con questi

giochetti: cosa intendi fare?»«Restare qui» insistette Jane.«E quando avrai bisogno di denaro per comperare un vestito, o per andare dal parrucchiere?»«Non vado mai dal parrucchiere!»«Davvero?» si meravigliò Marc. «Stai dicendo che quegli splendidi capelli biondi sono naturali?»«Sì.»«Sono bellissimi» commentò lui, concedendosi un attimo di distrazione. «Ma ora non perdiamo il filo

della conversazione. Ci sarà pure un posto dove avrai bisogno di spendere denaro.»

«Non andrò in nessun posto» tagliò corto Jane. «Resterò in casa finché non te ne andrai.»Lui fece una smorfia. «E se decidessi di non offrirti da mangiare?»«Mi nutrirò d'uva.»«Diavolo di una donna! Devi avere sempre l'ultima parola, non è vero? Comunque no, così non credo che

funzionerebbe. E poi ho bisogno di tutta l'uva che questi vigneti possono darmi. Ho un'idea migliore. Ti offro un lavoro.»

«Un lavoro?» gli fece eco lei sbalordita.«Sì. Vuoi essere la mia assistente personale per i prossimi tre mesi? Il salario sarà più che generoso, te lo

posso assicurare.»Incredula, Jane lo guardò con gli occhi sbarrati. «Perché?» gli chiese. «Perché dovresti fare una cosa

simile?»Marc si strinse nelle spalle. «Mi sembra una buona idea. Potresti imparare molto da me, Jane. Ho

trentaquattro anni; sono produttore vinicolo da almeno dodici, ma lavoro nell'azienda di famiglia da quando ero un ragazzino. È un'eccellente opportunità per te.»

«Può essere» ammise lei, non del tutto convinta. «Ma tu cosa ci guadagni?»«Be', non mi piace l'idea di vederti per la strada a morire di fame, o peggio a tramare alle mie spalle. In

questo modo posso tenerti d'occhio. Inoltre voglio mettere alla prova la mia abilità nel domare una bestiolina selvaggia della Tasmania.»

Jane pensò che non aveva mai detestato tanto qualcuno in vita sua. Odiava essere presa in giro in quel modo; era sul punto di mandarlo al diavolo, rifiutando quella proposta assurda e insultante, ma poi si trattenne. Che altro poteva fare? Se non altro, rimanendo in quella casa, avrebbe potuto parlargli e tentare di fargli cambiare idea circa l'acquisto della proprietà.

Un soave sorriso prese il posto della smorfia sdegnata di poco prima. «Va bene» acconsentì mitemente. «Accetto.»

«Ci sono delle condizioni, però» puntualizzò Marc. «Niente bombe in macchina, niente incendi nel Angela Devine 25 1996 - Amatissimo Intruso

magazzino degli attrezzi, niente veleno nel caffè.»«Moi?» domandò Jane con aria innocente.Marc sospirò e scosse il capo.«Per secoli gli uomini della mia famiglia hanno avuto il dono della divinazione» brontolò. «Uno strano

formicolio alla schiena li ha sempre messi in guardia da catastrofi imminenti. Chissà perché, ma in questo momento sento un misterioso prurito...»

A dispetto della profezia di Marc, nessun disastro ebbe luogo nei giorni immediatamente successivi. Al contrario, tra i due antagonisti s'instaurò ben presto un sentimento di rispetto reciproco dal punto di vista professionale.

Jane tuttavia sentiva che l'atmosfera era carica di tensione e non poteva fare a meno di preoccuparsi per la sorta di intimità che si era creata nello strano rapporto con quel garbato, ironico francese. Ogni mattina scendevano in cucina e facevano colazione l'uno di fronte all'altro, come se fossero sposati. Inoltre c'erano tante decisioni da prendere insieme: scegliere il menù per la cena, decidere a chi toccasse caricare la lavabiancheria, invitare o no un amico la domenica. Ma la cosa che più impensieriva Jane era l'attrazione che provava per lui. Nonostante cercasse di ribellarsi, non era insensibile al magnetismo animale che Marc emanava. Questa sua debolezza la mandava su tutte le furie. Eppure non si era mai fidata degli uomini con occhi così profondi e con una voce tanto sensuale! Comunque, non dopo aver compiuto i diciannove anni d'età, quando si era innamorata follemente di Michael Barrett, assistente di chimica all'università.

Michael l'aveva corteggiata con una perseveranza di cui si era sentita lusingata. La delusione poi era stata cocente, quando aveva sentito gli altri studenti scherzare crudelmente sul modo in cui egli cercava regolarmente di sedurre le ragazze più carine del suo corso. Fortunatamente, lei non si era spinta oltre un certo limite con lui! Ricordava ancora con imbarazzo la torrida serata nell'appartamento di Michael, quando lui l'aveva baciata con irruenza e... Be', era certa che Marc fosse della stessa pasta. Un uomo a cui interessava inserire le donne nella sua collezione, come se fossero goal in una partita di calcio. Lei però non

aveva alcuna intenzione di entrare a far parte del suo carnet...Ciononostante era ogni mattina più difficile mantenere il controllo soprattutto da quando Marc aveva

preso l'abitudine di apparire a colazione in un accappatoio blu, che lasciava scoperta parte del petto abbronzato e muscoloso. Ogni giorno Jane non poteva fare a meno di lanciargli uno sguardo affascinato, mentre lui era assorto nella lettura del giornale. Che stupida! Perché invece non affezionarsi a un ragazzo semplice, simpatico e devoto come Brett? Desiderava un uomo che le facesse sentire il fuoco scorrerle nelle vene, ma era una pazzia. Per una strana legge di natura, l'unico uomo capace di tanto era del tutto inaffidabile, proprio come Michael. No, era più saggio smetterla di pensare a lui e orientarsi su soggetti meno pericolosi.

Il giorno del suo ventisettesimo compleanno, due settimane dopo il suo ritorno dalla Francia, Jane era talmente depressa da essere quasi decisa ad adottare quella seconda soluzione. A colazione non fece che fissare cupamente la tazza, rigirando il cucchiaino nel caffè e sospirando. Di certo Brett più tardi si sarebbe presentato per sottoporle un'altra delle sue proposte concrete. Be', stavolta lei avrebbe accettato! Dopotutto, desiderava una casa e dei bambini, e voleva bene a Brett. Inoltre, il tempo passava inesorabile, e lei non voleva perdere forse l'ultima opportunità di essere amata. A volte pensava di essere l'unica ventisettenne vergine in Australia! Sospirò di nuovo.

«Mon Dieu!» esclamò Marc. «Che ti succede? Non soffrirai d'asma?»«No» rispose Jane con una smorfia. Si alzò e aprì la portafinestra che conduceva in giardino.«Dove stai andando?» le chiese Marc.Lei si soffermò sulla soglia e si volse a guardarlo. Un indesiderato tremito di eccitazione l'attraversò alla

vista dei capelli di lui, distrattamente spazzolati all'indietro, degli occhi scuri, del suo corpo scattante e muscoloso che sembrava ribellarsi alla stretta dell'accappatoio. Rabbrividì e distolse lo sguardo.

«In giardino» rispose seccamente. Quindi prese a borbottare quasi fra sé e sé: «Nessuno mi ama, tutti mi odiano, andrò in giardino a tener compagnia ai vermi!».

Non fece caso all'espressione perplessa di Marc, e si diresse verso il prato bagnato di rugiada. Per fortuna, Angela Devine 27 1996 - Amatissimo Intruso

l'autunno continuava a concedere un tempo mite e gradevole. Sebbene l'aria del mattino fosse fresca, il cielo azzurro prometteva una giornata di sole. Se fosse continuato ancora un po', avrebbero avuto un'eccellente vendemmia.

Quella ventata d'ottimismo fu però solo momentanea. Poco dopo Jane passeggiava tra le aiuole in uno stato d'animo di nuovo al limite della tragedia. Che disastro era la sua vita! Stava per perdere la sua casa e la sua gioventù; nessuno l'amava veramente, tranne Brett, che però lei non riusciva a contraccambiare e, la goccia che faceva traboccare il vaso, era costretta a sostenere quella ridicola, umiliante situazione con Marc Le Rossignol, che desiderava e detestava con pari energia.

Era al terzo giro del giardino, quando udì il motore di un furgone che stava sopraggiungendo. Il suo morale precipitò ancora più in basso. Doveva essere Brett! Con l'entusiasmo di chi va a fare una visita dal dentista, Jane sedette al tavolo vicino al barbecue. Se mi chiede di sposarlo, gli dico di sì, si disse in tono di sfida. Se non altro, farò felice Brett e mi libererò di Marc Le Rossignol una volta per tutte!

Un momento dopo Brett sbucava da dietro l'angolo con una lattuga sotto il braccio.«Buon compleanno» esordì.«Grazie, Brett.»«Ho dei tubi da irrigazione per te nel furgone. Ho pensato che avresti preferito qualcosa di pratico come

regalo.»«Grazie, sei stato molto carino.»«Figurati. E ti ho portato un po' di lattuga del mio orto.»Posò l'insalata sul tavolo e prese tra le braccia Jane, che nel frattempo si era alzata. Lei provò a ricambiare

l'emozione che leggeva nei suoi occhi, ma non vi riuscì. Poi, quando Brett si chinò su di lei per baciarla, volse il capo, cosicché le labbra di lui approdarono sulla sua guancia.

«Oh, avanti, Jane» protestò lui. «Puoi fare di meglio. Diamoci un bacio vero.»Il primo istinto di lei fu quello di scappare, ma si costrinse a non muoversi. Lanciando un'occhiata in casa,

notò Marc in piedi dietro la portafinestra, e un impulso folle quanto improvviso la spinse a cingere la vita di

Brett e a baciarlo teneramente sulle labbra. Brett apparve sbalordito e deliziato, e ricambiò il bacio con una passione che la fece irrigidire per il disgusto.

«Così va bene!» esclamò lui con uno sguardo di approvazione. «Sapevo che avresti ceduto alla fine! Ascolta, Jane, che ne diresti di lasciar perdere tutti i preliminari del corteggiamento e di sposarci direttamente?»

Jane lo fissò inorridita. Era proprio quella la proposta che aveva atteso e che aveva intenzione di accettare? Socchiuse le labbra per dire sì, ma un panico irrazionale glielo impedì.

«No!» gemette, allontanando da sé il giovane sconcertato. «Mi dispiace, Brett. Tu sei un uomo veramente piacevole, ma io non ti amo e neppure riuscirò ad amarti mai. Ti prego, vattene!»

Si precipitò in casa, scontrandosi violentemente con Marc. «Togliti dai piedi!» gli urlò, a malapena consapevole delle mani forti di lui che le stringevano le braccia e dell'espressione interrogativa nei suoi occhi.

Di certo non avrebbe avuto problemi a baciare lui, o ad accettare di sposarlo, pensò furibonda. Respinse quell'idea e si divincolò.

«Non lasciare che mi segua!» lo pregò, salendo di corsa le scale. Ma invece di chiudersi nella sua stanza, non resistette alla tentazione di fermarsi sul ballatoio per vedere cosa succedeva al piano di sotto. Un attimo dopo sentì il passo pesante di Brett entrare in cucina.

«Non immischiarti, amico» ordinò a Marc con modi piuttosto civili.Jane allungò il collo e scorse Marc che gli sbarrava risolutamente la strada.«Lei non vuole vederti» lo udì dire con voce determinata.«Stammi a sentire» si risentì Brett. «Non sono qui per sedurla o prenderla in giro. Sono venuto a chiederle

di sposarmi.»«Mi dispiace, ma mi pare che tu abbia già avuto la tua risposta.»«È colpa tua» lo accusò Brett. «Sei piombato qui a riempirle la testa con le tue fantasiose idee esotiche.

Scommetto che stai cercando di metterla contro di me, in modo da poter avere un'avventuretta con lei, per Angela Devine 29 1996 - Amatissimo Intruso

poi lasciarla con il cuore spezzato.»«Quello che succede tra me e Jane non sono affari tuoi» ribatté Marc con piglio aristocratico. «Ma dal

momento che mi sembri una persona intelligente, ti dirò una cosa. È vero, c'è una certa intesa tra me e Jane. Ovviamente, in queste circostanze lei non vuole essere coinvolta in altre storie, né io glielo permetterei.»

«Ma se sei qui da due sole settimane!» protestò Brett.«Stai dimenticando che lei è stata in Francia per sei mesi» gli ricordò Marc.Brett corrugò la fronte in un'espressione perplessa. «Intendi dire che vi eravate già conosciuti prima del

tuo arrivo qui?»Con un'alzata di sopracciglia Marc gli confermò che aveva colpito nel segno.«Lei non me ne ha mai parlato!» insistette Brett non del tutto convinto.«Perché avrebbe dovuto?» replicò Marc. «Lei ti considera un caro amico, ma non desidera parlare del suo

amore per un altro uomo con te.»«Amore, dici?» ripeté Brett scettico. «Sarà bene che lo sia, amico. Perché ora ti dirò una cosa. Non farò a

pugni con un altro uomo, se questi otterrà l'amore di Jane onestamente e se lei lo preferirà davvero a me. Ma se le tue intenzioni non saranno più che serie, ti farò ingoiare tutti i denti!»

«Secondo te, penserei di acquistare questa azienda se le mie intenzioni non fossero serie?» lo interrogò Marc in tono distaccato. «Su, avanti, Brett. Jane ti ha chiesto di andartene. Torna a casa ora, e magari uno di questi giorni ci incontriamo tutti e tre per una bevuta tra amici.»

«D'accordo» borbottò Brett. «Ma attento che ti tengo d'occhio.»Non appena sentì il furgone allontanarsi, Jane scese lentamente le scale e comparve in cucina con

un'espressione contrita. Le sue emozioni erano in tumulto. Si sentiva in colpa per aver fatto precipitare la situazione baciando Brett, ed era grata a Marc, che si era liberato di lui grazie a quelle bugie e mezze verità. Vedere però che Marc era tranquillo come al solito la faceva sentire ancor più a disagio.

«Cos'è successo?» le domandò lui con una strana espressione dipinta sul volto.«Non chiedermelo» lo implorò lei.«Era una situazione talmente assurda che avrei voluto morire.»

«Mi sembra che tu abbia un carattere piuttosto frivolo e inaffidabile» la rimproverò Marc. «Un minuto prima stavi baciando appassionatamente quel povero ragazzo, subito dopo gli ordini di dimenticare tutto e mi chiedi di liberarti di lui. Se devo comportarmi come un buttafuori in un nightclub, voglio almeno sapere cosa sta succedendo.»

«Tanto non capiresti!» sbottò Jane in tono disperato. «Vedi, è il mio compleanno e io sapevo che Brett mi avrebbe chiesto di sposarlo; me lo chiede da anni. Solo che stavolta stavo per dirgli di sì. Ma l'ho baciato, e poi gli ho detto di no, e così lui mi ha seguito fino in casa.»

«Ah, questo spiega tutto» commentò Marc con una nota divertita nella voce.«Non ridere di me!» gli urlò Jane furibonda. «È una cosa seria!»«Certo che lo è, non lo metto in dubbio. Una proposta di matrimonio è sempre da prendere sul serio. Ma tu

hai tralasciato il particolare più importante. Quando questo brillante giovanotto è venuto a proporti di sposarlo, come mai gli hai detto di no?»

«Perché non lo amo» gemette Jane. «Pensavo di farcela ugualmente, ma non è andata così.»«Ah, dunque è per questo che l'hai baciato a occhi chiusi e con una faccia contratta come se stessi

prendendo una medicina?»«Ci stavi spiando!» protestò Jane indignata.«Non ho potuto farne a meno, ero vicino alla vetrata. Comunque, eravate ridicoli. Come bacio, devo dire

che non mi è sembrato un gran che.»«Ma davvero?» lo assecondò Jane in tono ironico. «Immagino che tu possa fare di meglio.»«Naturalmente.»Prima di capire cosa stesse accadendo, Marc l'aveva presa tra le braccia con un impeto che la fece

trasalire. Quasi incapace di respirare, lei sentì la bocca di lui scendere sulla sua con una passione tale che le sembrò di perdere i sensi. Una scossa elettrica fece fremere ogni parte del suo corpo e la sua resistenza si sgretolò in pochi secondi. Si sciolse tra le sue braccia, lasciandosi trasportare da una sensazione di eccitamento sensuale mai provata prima. Sentiva la prepotente pressione del corpo virile di lui, il ritmico

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massaggio delle sue mani lungo la schiena, l'inebriante profumo della sua pelle. Tutto ciò che voleva in quel momento era liberarsi dei vestiti e offrirsi completamente a Marc. Ma quando le mani di lui salirono a chiuderle i seni in una morsa, lei si divincolò con un gemito soffocato.

«No, Marc!»Lui le sollevò il mento e la fissò. «Credevo che mi desiderassi.»Jane non avrebbe voluto, ma non poté fare a meno di essere sincera. «Infatti è così. Ma...» S'interruppe,

mentre le sue guance s'imporporavano.«Ma sei una brava ragazza, che non fa certi giochetti con un uomo che conosce a malapena» concluse

Marc in sua vece.Giochetti? Era questo che aveva significato per lui quel bacio che aveva acceso in lei sensazioni mai

provate prima?«Esatto» confermò freddamente allontanandosi da lui.Marc le afferrò il braccio. «Lo sai che hai gli occhi verdi più incantevoli che abbia mai visto?»«Oh, davvero? È per questo che mi hai baciato? Per i miei incantevoli occhi verdi?»«Proprio così» le rispose lui in tono divertito.Dunque lui non aveva provato le sue stesse emozioni. Certo, senza dubbio la desiderava. La luce nei suoi

occhi, la tensione dei muscoli, la pressione del suo corpo glielo avevano dimostrato. Ma i suoi sentimenti non erano stati coinvolti. Il compiaciuto autocontrollo con cui Marc Le Rossignol si confrontava con il mondo era rimasto intatto. Un soffocante senso di impotenza le salì in gola. Aveva voglia di colpirlo, di renderlo vulnerabile come tutti gli altri esseri umani.

«Ti odio» sibilò. «Vorrei che non avessi mai messo piede in questa casa.»«Invece è andata proprio così» la prese in giro lui. «Che vuoi farci?»

3

«Farò qualunque cosa per mandarti via» giurò Jane.«Devo aspettarmi anche mosse sleali?» domandò Marc alzando un sopracciglio.«Ho detto qualunque cosa!» ripeté lei. Quindi si diresse alla portafinestra. Marc la raggiunse con un balzo

e le afferrò un braccio.«Stai andando di nuovo fuori a tenere compagnia ai vermi?» la prese in giro. «Io avrei un'idea migliore.

Perché non pranzi con me oggi?»«Ho appena fatto colazione» gli ricordò lei.Lui si strinse nelle spalle, per nulla scoraggiato dalla sua evidente ostilità. «Intendevo più tardi,

naturalmente. Sarebbe ora che ci conoscessimo meglio, noi due.»«No, grazie.»L'espressione del viso di lui s'indurì. «Consideralo un ordine» sentenziò. «Fa parte del tuo lavoro tenermi

aggiornato sull'attività dell'azienda. Potrai farlo durante il pranzo.»Jane gli rivolse uno sguardo torvo, ma Marc non sembrò affatto turbato.«Va bene» acconsentì infine lei.«C'è qualche posto in particolare dove ti piacerebbe mangiare?» le chiese con un sorriso colmo di trionfo.«Potremmo andare a Moorilla Winery» suggerì Jane controvoglia. «È una piccola azienda vinicola a

conduzione familiare. Si trova appena fuori città, in riva al fiume, e ha un grazioso ristorante. Potresti provare alcuni dei loro vini.»

«Buona idea» accettò subito lui.Poco dopo l'una stavano raggiungendo in auto la tenuta, sotto il dolce sole autunnale.Alla vista dei tavoli apparecchiati sulla veranda, Marc le rivolse uno sguardo interrogativo. «Che ne dici di

mangiare all'aperto, dal momento che il tempo è così bello?»Angela Devine 33 1996 - Amatissimo Intruso

«Come vuoi» replicò Jane. «Ma non sperare che tenga ancora per molto. È sempre molto variabile qui. Abbiamo spesso temporali, bufere di vento e pioggia. Tutti fenomeni che potrebbero mandare in malora la tua vendemmia.»

Marc sorrise pigramente. «Se non ti conoscessi, penserei che stai cercando di scoraggiarmi. Ma io mi sono informato. So bene che parte di quello che hai detto è vero, e so anche che qui producono del vino eccellente, che intendo assaggiare al più presto. Quindi perché non la smetti di predire catastrofi e non mi segui?»

Ribollendo di collera, lei dovette obbedire. Tuttavia il pranzo risultò più piacevole di quanto avesse immaginato. Una volta che il cameriere ebbe servito loro una vasta gamma di vini, a dispetto del proprio risentimento, Jane si trovò ben presto assorbita nel confronto e nella discussione. Dopo aver assaggiato tre bianchi e due rossi, si rese conto di aver fame.

«Non hai intenzione di mangiare?» gli domandò.«Tu cosa suggerisci?» le chiese lui di rimando, aprendo il menù.«Penso che tu debba provare un piatto misto di specialità locali, e poi magari del pesce o una bistecca ai

ferri.»In pochi minuti furono serviti loro carne affumicata, ostriche e altri appetitosi antipasti.«Il cibo è ottimo» commentò Marc sorpreso.Jane represse un moto di soddisfazione. Era fiera di mostrare a uno straniero le caratteristiche della sua

isola, ma non voleva che lui incominciasse ad apprezzarla un po' troppo.«È vero, si mangia molto bene in Tasmania» ammise con finta noncuranza. «Ma non credo che ti

piacerebbe vivere qui. Ti mancherebbero la cultura e la tradizione francese.»Marc sorrise. «Non credo che ne sentirei la mancanza» la contraddisse. «Stai dimenticando che il mio

progetto è cogliere il meglio di entrambi i paesi. Bordeaux per la raffinatezza e la tradizione, l'isola per la grande fuga. Non sarebbe l'ideale?»

«Tu vivi a Bordeaux?» volle sapere Jane, dimenticando per un momento la propria ostilità.

«Sì, ci sei stata?»Lei annuì, assaporando un'ostrica. «Mmm. È una bellissima zona.»«Già» convenne lui. «Non so mai decidere in quale stagione sia più bella.»Jane avvertì un calore particolare nella voce di Marc mentre parlava della sua terra. Possibile che per un

attimo avesse mostrato di provare un sentimento? Jane si rifiutò di crederlo. Marc Le Rossignol sensibile? Assurdo! Quell'uomo era sensibile quanto un tubo da irrigazione! Ciononostante le sarebbe piaciuto saperne di più sulla sua famiglia.

«Davvero la tua famiglia produce vino da cinquecento anni?» s'informò.«Proprio così» le confermò lui.Cinquecento anni! Solo il pensiero le faceva venire la pelle d'oca.«Dev'essere fantastico avere una simile tradizione familiare! Come sono i vostri vigneti?» riprese, non

riuscendo a trattenere la propria curiosità. «E com'è la tua famiglia? Raccontami.»Marc si strinse nelle spalle. «Le nostre attrezzature sono piuttosto vecchie, e anche la casa. Si trova appena

fuori del villaggio di St Sulpice. Comunque, una cosa è certa: se ami la tradizione, Bordeaux è la tua città ideale. Si ha l'impressione che il tempo abbia lasciato la sua impronta su ogni cosa. Ci si conosce tutti, la vita è scandita da piccoli rituali. Tutto questo è piacevole, ma talvolta se ne sente il peso.»

«Cosa intendi dire?»«Ti farò un esempio» le rispose Marc. «Tra le nostre uve contiamo alcuni vecchi vitigni particolarmente

difficili da coltivare che vengono impiegati solo per produrre del vin ordinaire. Da tempo desideravo risolvere questa situazione, così un giorno distrussi le viti con le ruspe e piantai dei nuovi vitigni. Mon Dieu! Avrete probabilmente sentito le urla fino in Tasmania. Tutti scesero in campo contro di me; i miei vecchi amici, la mia famiglia, tutti a lamentarsi della mia natura violenta. Mi sembra ancora di vedere mio padre con le lacrime agli occhi, mentre mi accusava di aver portato l'onta sulla famiglia Le Rossignol.»

Jane sorrise. Sembrava quasi che Marc provenisse da una famiglia di umili origini, a dispetto dei suoi modi aristocratici.

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«Sei molto affezionato alla tua famiglia, non è vero?» gli chiese con un pizzico d'invidia.«È naturale. Li amo, ma mi fanno impazzire. Tutti, nessuno escluso.»«Quanti siete in casa?»«Dunque, c'è mio padre, che ormai sta per ritirarsi dagli affari; mia madre, i cui unici interessi sono la

cucina, il giardinaggio e i nipoti. Poi ci sono i miei due fratelli minori, Paul e Robert, entrambi sposati, entrambi produttori di vino vecchia maniera, e la mia sorellina Laurette, che lavora come ricercatrice. Lei ti piacerebbe: ha vissuto negli Stati Uniti, ha una mentalità aperta, anche se ora si è fidanzata con un viticoltore di vecchio stampo. Infine ci sono io. Il ribelle, il distruttore di viti sacre.»

«Toglimi una curiosità: come sono andati i nuovi vitigni che hai piantato?» chiese interessata Jane.Marc sogghignò. «Sono andati benone. Hanno reso il triplo con il minimo sforzo. Questo è il motivo

principale per cui la mia famiglia non mi ha mai perdonato.»«Ma ti vogliono bene lo stesso, non è vero?» domandò lei con un'ombra di malinconia nella voce.«Certamente. Ma cos'è questo tono? Hai forse paura che la tua famiglia non ti ami abbastanza?»Jane trasalì. «La mia non è una vera famiglia» replicò scrollando le spalle. «Ho solo mio padre e mia

madre.»«Un padre che vende la proprietà senza neanche avvisarti» mormorò Marc, pensoso. «E tua madre?»Jane deglutì e abbassò gli occhi sul bicchiere. «Non è esattamente un tipo materno.»«Nessun fratello?»«No. I miei genitori divorziarono quando avevo dieci anni. Mia madre era troppo dedita alla sua carriera

di architetto; così io andai a vivere con mio padre.»Perché gli sto raccontando tutto questo?, si chiese poi turbata. Non ne ho mai parlato a nessuno.Inorridita, vide Marc prenderle una mano tra le sue. «Pauvre petite.»«No» si ribellò lei. «Non sono una povera ragazza indifesa! Sono caparbia e determinata, e tu farai bene a

non dimenticarlo.»Furono interrotti dall'arrivo del cameriere. Per il resto del pranzo Jane sentì su di sé lo sguardo pigro di

Marc che la studiava da vicino, ed ebbe difficoltà a concentrarsi sulla conversazione. Mentre parlavano degli effetti della pioggia sulle diverse varietà di uva, la sua mente tornava al bacio di quella mattina e alla chiacchierata sulle loro famiglie.

Non avrebbe dovuto permettersi quello sfogo sentimentale circa sua madre, come se fosse stata una patetica orfanella abbandonata sugli scalini di una chiesa. Detestava autocommiserarsi, e inoltre temeva di aver rivelato a Marc la natura delle sue insicurezze, regalandogli un notevole vantaggio su di lei.

Preferiva che la gente la considerasse un tipo coriaceo e autosufficiente, mentre in realtà non era che un ammasso di contraddizioni. La sua indole la portava a essere ottimista, impulsiva ed estroversa; tuttavia l'insicurezza che le era stata trasmessa dal rapporto difficile con i suoi genitori era sempre stata qualcosa di troppo privato per essere svelata a qualcuno. Dunque perché ne aveva parlato con Marc? Forse perché lui aveva una misteriosa abilità nel tirar fuori da lei ciò che gli interessava sapere. E questo era molto irritante, soprattutto in un individuo controllato come lui. I francesi non erano forse conosciuti per essere focosi, appassionati e superficiali? Marc, al contrario, aveva l'energia nascosta di un vulcano inattivo, che dava luogo talvolta a inaspettati sussulti di collera e di desiderio. Jane rivide il suo sguardo caldo e profondo mentre la baciava, e si formò in lei la convinzione che, in determinate circostanze, Marc Le Rossignol potesse perdere completamente il controllo. All'improvviso sentì una voglia irrefrenabile di provocarlo. Ma come fargli perdere quel suo fastidioso atteggiamento di indifferenza?

In quel momento Marc era intento a sorseggiare il suo vino e a gustare la bistecca; così Jane ebbe modo di studiare con calma i suoi lineamenti decisi, le mani forti dalle dita affusolate, la peluria scura che contrastava con lo scintillio del suo Rolex.

Come sarà a letto?, si chiese arrossendo lievemente al brivido di eccitazione e alle immagini sensuali che le attraversarono la mente. Accidenti, cosa le stava succedendo? La sua immaginazione non le aveva mai giocato quel genere di scherzi. Le sarebbe piaciuto sbottonargli la camicia e infilarvi la mano per sentire il calore del suo petto muscoloso, facendo poi scivolare le dita fino alla cintura...

«Cosa ti attrae di più?» le domandò a un tratto Marc con voce carezzevole.Angela Devine 37 1996 - Amatissimo Intruso

Jane sobbalzò sulla sedia e lo guardò inorridita. Le aveva per caso letto nel pensiero? Solo un istante dopo si accorse che lui si riferiva alla scelta dei dessert.

«Torta al formaggio, pasticcini al brandy o fragole con panna?» insistette lui.Jane soffocò un gemito.«Vada per i pasticcini.»Marc le rivolse uno sguardo interrogativo, ma per fortuna non le fece domande.Finirono di mangiare in silenzio, e anche durante il tragitto di ritorno lui sembrò preoccupato. Jane ebbe

così la possibilità di ricomporsi. Le sue accese fantasie sembravano essersi acquietate. Uno squilibrio ormonale, nient'altro, cercò di tranquillizzarsi. Un episodio che, comunque, non avrebbe dovuto ripetersi. Certo, Marc Le Rossignol, bello e arrogante com'era, avrebbe infiammato di passione qualunque donna con un minimo di temperamento. La sua reazione non significava affatto che ne fosse innamorata. No, era assurdo, tanto più che non sapeva praticamente niente di lui. Poteva anche essere sposato. A quell'idea sentì un tuffo al cuore, e si lasciò scappare la domanda senza riflettere. «Non sei sposato, vero?»

Marc sembrò preso alla sprovvista. «No. Perché?»Jane si fece piccola piccola. «Oh, be', per nessun motivo in particolare. Solo... sai... così, per parlare.»Stupida idiota!, s'infuriò poi con se stessa. Cosa stai cercando di fare? Già che ci sei, perché non gli dici

tutta la verità? Qualcosa del tipo: sai, mi chiedevo se fossi già impegnato, dal momento che credo di potermi innamorare di te... Con gli occhi fissi sulla strada, si morse un labbro, ignara del fatto che Marc stava studiando attentamente la sua espressione.

«Perché fai quella faccia?»«Di cosa stai parlando?» gli rispose lei. «Questa è la mia faccia.»«Non è vero, sembri un animale in trappola. È la parola matrimonio che ti fa quest'effetto?»«No!» urlò Jane.«Per caso hai avuto una brutta esperienza matrimoniale?» azzardò Marc.«Ti sbagli! Non sono mai stata sposata, né intendo esserlo in futuro.»

«Perché no?» volle sapere lui. «Odi forse gli uomini? Ho la sensazione che la tua natura sia stata inasprita da un'esperienza negativa.»

«Dobbiamo proprio continuare a parlare di matrimonio?» tagliò corto lei esasperata.«Sei stata tu a cominciare, mi sembra» le ricordò Marc.«Be', dimentica la mia domanda, d'accordo? È stato stupido da parte mia. Comunque, non sono affatto

inasprita!»«Capisco» mormorò lui. «Dunque queste strane occhiate che mi lanci non esprimono ostilità?»«N... no» balbettò lei.«E non hai niente contro di me?»Lei rivolse lo sguardo fuori del finestrino. «Certo, assolutamente niente» rispose con voce tremante.La mano di Marc strinse la sua.«Non mentire, Jane. So che mi detesti. Cerchiamo di essere sinceri; c'è un conflitto di volontà piuttosto

acceso tra noi. Tu vuoi liberarti di me, mentre io intendo restare. Ma ti do un avvertimento: sarò io ad avere la meglio.»

Jane lasciò che la sua furia sbollisse in silenzio per il resto del tragitto. Lui non si diresse subito a casa, ma si fermò all'ingresso del vigneto per ispezionare l'uva. Piluccò un acino e annuì soddisfatto.

«Vieni qui» le ordinò.Lei lo raggiunse controvoglia ed era sul punto di staccare un grappolo dalla pianta, quando Marc le

avvicinò un chicco alle labbra. Il breve tocco delle dita di lui le suscitò un fremito di eccitazione, per cui dovette fare uno sforzo per concentrarsi sul gusto dolce del frutto.

«Credo che saranno pronti la prossima settimana» annunciò Marc. «Sei d'accordo?»Jane annuì.«Dopodiché inizia la grande avventura» proseguì lui con occhi scintillanti. «Tu e io potremo cominciare a

produrre vino insieme.»«Un sacco di cose potrebbero andare storte» cercò di scoraggiarlo lei. «Potrebbe piovere, per esempio.»

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«Vero, ma se tutto andrà bene, probabilmente deciderò di rimanere.»«Be', non ti aspetterai che ti auguri buona fortuna.»Marc sospirò esasperato e le strinse il braccio. Sembrò sul punto di dire qualcosa, poi scosse il capo.«Sali in macchina. Ti accompagno fino a casa.»Soddisfatta per essere riuscita a metterlo di cattivo umore, lei si liberò dalla sua stretta.«No, grazie. Andrò a piedi.»Era appena entrata in casa, quando sentì il suono del fax. Si avviò verso lo studio, scontrandosi con Marc,

che aveva sceso di corsa le scale.«C'è un fax» si giustificò lei.«Lo so. Stavo giusto andando a prenderlo.»Sentì la voglia di protestare, ma poi si rese conto che quella non era che un'ulteriore riprova del fatto che

era lui il padrone di casa.«Sarà meglio che tu venga a vedere» la chiamò Marc dallo studio. «Questo riguarda anche te.»«Cosa?» Jane accorse. «Si tratta di mio padre? È successo qualcosa?»«No, è di Simone» rispose Marc esaminando il lungo foglio che aveva in mano.«E chi è Simone?» gli domandò lei con un vago presentimento.Marc stava ancora leggendo con un'espressione compiaciuta. «Simone Cabanou. È una mia amica di

Bordeaux» spiegò distrattamente. «Verrà per un po' a stare qui da noi, per imparare la tecnologia vinicola australiana.»

Un'ondata di amarezza la pervase di nuovo. In condizioni normali lei adorava avere ospiti, ma quello che la faceva infuriare era che Marc l'avesse messa di fronte al fatto compiuto. Era evidente che si sentiva del tutto autorizzato a comportarsi come il padrone di casa. «Mi fa piacere» commentò fra i denti. «Davvero?» Marc le rivolse un'occhiata indagatrice. «Io ne dubito.»

Simone arrivò tre giorni dopo. Nel frattempo Jane aveva fatto tutti i preparativi che avrebbe riservato a qualsiasi altro ospite. Lenzuola candide nel letto, fiori freschi in un vaso di cristallo, biscotti al cioccolato e

un paio di romanzi sul comodino. Ciononostante era riluttante a confrontarsi con la misteriosa Simone.Con sua sorpresa, quel pomeriggio Marc la invitò ad accompagnarlo all'aeroporto.«D'accordo» acconsentì lei. «Ma non preferiresti restare solo con lei?»Marc scrollò le spalle. «Avrò tanto tempo per stare solo con lei in seguito» replicò.Quella risposta lasciò Jane insoddisfatta.«Qual è il vero motivo della visita di Simone?» gli chiese poi mentre si dirigevano verso l'aeroporto.Prima di rispondere, Marc si guardò intorno, come se fosse più interessato al paesaggio.«In parte la curiosità, credo» rispose infine. «Ci conosciamo da tanto tempo, e questa mia nuova avventura

l'ha molto interessata. Da quando sono qui siamo sempre stati in contatto. Forse vuole persuadere la sua famiglia a introdurre tecniche innovative nella lavorazione dei vigneti.»

«Viene anche lei da una famiglia di produttori di vino?» volle sapere Jane.«Sì, hanno una grossa tenuta vicino alla nostra. Simone è un'abile commercialista e si occupa della parte

economica dell'azienda. Proprio la scorsa settimana le ho parlato di certe nuove tecniche in atto qui in Australia, ed è molto ansiosa di valutarne l'incremento dei profitti.»

«Oh.» Jane si sentì leggermente sollevata. Se il viaggio di Simone era esclusivamente d'affari, forse non sarebbe rimasta molto a lungo.

«Si tratterrà molto?» chiese cercando di nascondere il proprio stato d'animo.Marc le scoccò un'occhiata sorpresa. «Si tratterrà tanto quanto vorrà, naturalmente» replicò. «Noi siamo...

vecchi amici.»Qualcosa nella voce di lui fece squillare un campanello d'allarme nel suo cervello. Amici?, si ripeté

sospettosa. O forse qualcosa di più? Santo cielo, ora stava esagerando. Non aveva ancora fatto la conoscenza di Simone; magari si sarebbe rivelata una ragazza simpatica. Cercò di convincersi che non era gelosia quell'istintiva ostilità verso la sconosciuta. Perché sarebbe dovuta esserlo? Quel bacio del tutto casuale tra lei e Marc era stato un incidente di percorso che avrebbe fatto meglio a dimenticare al più presto. Dunque, perché avrebbe dovuto disturbarla l'idea che lui e Simone fossero vecchi amici? Piuttosto, perché non

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valutare il risvolto positivo di quella situazione? Con un po' di fortuna la relazione di Simone sarebbe stata così deludente da indurre Marc a fare i bagagli. Era quello che desiderava, eppure quell'idea non la rendeva felice come aveva creduto.

L'aereo di Simone atterrò in perfetto orario, e lei fu una delle prime persone a scendere. Jane trattenne il respiro per un attimo alla vista della francese, che sembrava appena scesa da una passerella di moda, invece che da uno stressante volo proveniente dall'Europa. Era alta, magra, vestita di un elegante tailleur color crema. I capelli scuri erano trattenuti da uno chignon e il suo make-up sembrava l'opera di un professionista. L'insieme era arricchito da vari accessori: orecchini in oro e perle, uno splendido orologio con bracciale d'oro, sicuramente di gran marca, una borsetta Louis Vuitton. Alla vista di Marc, il suo volto si illuminò di un sorriso raggiante.

«Marc!»«Simone!»Mentre li guardava abbracciarsi e scambiarsi con effusione un bacio sulle guance, Jane pensò che insieme

costituivano una splendida coppia. Erano entrambi circondati da un'aura di fascino, denaro e potere che, accompagnata al suono melodioso della loro lingua, faceva voltare ammirati numerosi passanti. Quando finalmente i convenevoli ebbero termine, Marc si volse sorridendo e attirò Jane accanto a sé.

«Voglio che tu conosca Jane» annunciò in inglese. «Sai, ha trascorso l'intera mattina a preparare la tua stanza.»

«C'est ta domestique, chéri?» domandò Simone con aria innocente.«Parla in inglese, ma chère» la rimproverò Marc dolcemente. «Jane non comprende molto bene il

francese. No, non è la domestica. È la figlia del proprietario della tenuta e vive ancora all'azienda, per il momento.»

«Capisco» disse Simone in tono pensoso. Quindi allungò mollemente a Jane una mano dalle unghie scarlatte. Non c'era calore nella sua debole stretta né nel suo sguardo inquisitorio. Ma Jane non poteva

biasimarla, dal momento che lei stessa in quella circostanza non sprizzava certo cordialità da tutti i pori.«Benvenuta in Tasmania, Simone» la salutò in tono distaccato. «Spero che il tuo soggiorno qui sia molto

felice.»E breve, aggiunse tra sé e sé.

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4

La tensione crebbe nei giorni seguenti. Malgrado la spiegazione di Marc, Simone tendeva a trattare Jane come una domestica; la reazione di Jane era quella di evitarla, trascorrendo la maggior parte del tempo nei vigneti e nel laboratorio, chiedendosi cosa avessero da discutere in continuazione quei due. Non parlavano di tecnologie vinicole, di questo era più che sicura.

Pochi giorni dopo l'arrivo dell'ospite, Jane entrò in salotto nel bel mezzo di un acceso scambio di battute in francese. Simone aveva in mano un lembo della camicia di Marc e lo guardava con espressione sdegnata; lui appariva altrettanto alterato. All'udire il cigolio della porta, entrambi smisero di parlare e fulminarono Jane con lo sguardo. Simone lasciò la presa e attraversò la stanza a grandi passi, lanciando a Jane un'occhiata colma di livore prima di uscire.

«Ho interrotto qualcosa?» chiese lei con aria innocente.«Stavamo discutendo il costo dei serbatoi in acciaio inossidabile» rispose Marc con voce incolore.«Certa gente si scalda tanto per le ragioni più impensate, non trovi?» osservò lei sarcastica. «Già» fu la

secca risposta. Era evidente che lui non aveva alcuna voglia di discutere ulteriormente l'argomento, ma un'insana curiosità la indusse a continuare.

«Ascolta, Marc» cominciò. «Probabilmente non sono affari miei ma...»«Hai proprio ragione. Non sono affatto affari tuoi» la interruppe Marc.I modi bruschi di lui la mandarono su tutte le furie.«Non c'è bisogno di essere così villano!» lo rimbeccò. «Simone è mia ospite, in un certo senso, e, se lei è

sconvolta per qualche motivo, ho il diritto di saperlo. Anche perché potrebbe avere qualcosa a che fare con me.»

Marc tirò all'improvviso un profondo respiro e la guardò con occhi impenetrabili.«Ha decisamente a che fare con te» mormorò. «Ma non sono comunque affari tuoi.»

Le sue labbra sfiorarono rapidamente quelle di lei, quindi lui uscì dalla stanza senza voltarsi.Rimasta sola, Jane si sentì confusa e infelice. Lo desidero, ma non riesco a fidarmi di lui, pensò disperata.

Non ho la minima idea di cosa ci sia tra lui e Simone, ma sono certa che qualcosa c'è. Accidenti, perché diavolo è capitato proprio in casa mia?

Per fortuna, il suo interesse fu dirottato in un'altra direzione la mattina successiva, quando Marc annunciò che l'uva era pronta per la raccolta. Subito Jane contattò i giovani che si erano offerti di collaborare alla vendemmia. La mano d'opera non scarseggiava.

A decine i ragazzi della zona si presentavano nelle varie aziende, felici di poter guadagnare del denaro autonomamente; inoltre anche alcuni vecchi amici di Jane si offrivano spesso di partecipare alla vendemmia per puro divertimento. Il mattino seguente, i lavoratori arrivarono poco dopo l'alba e cominciarono subito a darsi da fare con secchi, cesoie e guanti da giardinaggio. Era un lavoro piacevole, con il sole che riscaldava dolcemente e la brezza che faceva oscillare le foglie delle viti, ma anche piuttosto pesante. Dopo pranzo Jane cominciò a rallentare il ritmo. Verso sera aveva i polsi doloranti, il viso e le braccia arrossate dal sole, gli abiti polverosi e macchiati di succo d'uva. E, quel che era peggio, cominciava a sentire i crampi della fame.

«Cosa ne dici di invitare tutti a Richmond con noi a mangiare qualcosa?» propose a Marc mentre osservavano il trattore che trasportava l'ultimo contenitore nei magazzini. «Sto morendo di fame.»

«Ho un'idea migliore» replicò Marc. «Ho pensato di seguire la vecchia usanza di Bordeaux, così ho organizzato una cena con ballo per i vendemmiatori.»

«Una cena con ballo?» gli fece eco Jane allarmata. «Quando...? Come...? Chi penserà al cibo e alla musica?»

«Ho incaricato una ditta di catering e un gruppo di musicisti.»«Ma io non posso permettermi...»Lui le posò due dita sulle labbra. «È affar mio. Avanti, aiutami a radunare tutti nel fienile.»Mentre si dirigevano lungo il sentiero, Jane cominciò a sentire un delizioso profumo di carne arrostita.

Quando Marc dava una festa, evidentemente, lo faceva in grande stile. Un'enorme quantità di carne veniva Angela Devine 45 1996 - Amatissimo Intruso

arrostita davanti al fienile, mentre dall'interno provenivano suoni e risate.«Cosa fanno tutti lì dentro?» chiese lei ancora incredula. «Ero per caso l'unica a non sapere nulla della

festa?»Marc sorrise divertito. «Effettivamente, sì» ammise sorridendo. «Ho avvertito tutti stamattina, mentre tu

eri nella rimessa a cercare altre cesoie. Ho fatto promettere loro solennemente di mantenere il segreto. Volevo stupirti.»

Jane rimase colpita da quell'affermazione.«Stai dicendo che hai fatto tutto ciò solo per farmi piacere?»«Oh, non ho detto questo» replicò Marc con una scrollata di spalle. «Ho semplicemente pensato che forse,

se l'avessi saputo, avresti mosso delle obiezioni. Così ho deciso che era meglio fare di testa mia.»Splendido, pensò Jane. Non l'ha fatto per me. È solo una pagliacciata per darsi delle arie da padrone di

casa... Prima che lei potesse protestare, Marc le pose un braccio intorno alle spalle e le diede una stretta affettuosa. «Be', ora va' a rinfrescarti, però ritorna subito. Vedrai, ci divertiremo.»

Jane entrò in casa, ma si limitò a lavare il viso e spazzolare i capelli. Non le sembrava carino cambiarsi, quando i ragazzi erano ancora nei loro abiti da lavoro. Per questo, quando tornò nel cortile dieci minuti più tardi, provò una profonda antipatia nei confronti di Simone, che indossava una raffinata camicia di seta su una gonna lunga che le fasciava i fianchi. D'altra parte Simone non si era sporcata come tutti gli altri quel giorno, avendo trascorso la maggior parte del tempo seduta sotto un albero, a prendere nota del peso dei vari contenitori di uva.

Al contrario Marc, che era in piedi accanto a lei, aveva l'aspetto di un vero vendemmiatore. Salutò Jane con un sorriso distratto, mentre si avvicinava a un tavolino laterale, e tornò con due coppe di champagne.

«Bevi questo» le suggerì sollevando il calice. «Alla nostra società e alla nostra vendemmia.»Lei evitò ogni contestazione, fece tintinnare dolcemente il bicchiere contro quello di Marc e gli sorrise.«Alla nostra società» ripeté, prima di assaporare il liquido dorato. «Eccellente, Marc. Che cos'è?»«Veuve Clicquot» rispose lui.

«Veuve Clicquot? Hai intenzione di offrire il miglior champagne francese a più di quaranta persone?»«Perché no? Questa è un'occasione che va celebrata.»Jane si guardò intorno. La scena rustica era illuminata da lanterne di carta che emanavano una luce calda

color albicocca; tre lunghi tavoli, disposti a ferro di cavallo, erano apparecchiati sui toni del bianco e del rosso, e su di essi era esposto un vasto assortimento di insalate, croccante pane francese, patate arrosto e una grande varietà di salse. Una piccola band intanto era già pronta a dare inizio alla musica.

«Ora vado a dire due parole di benvenuto» mormorò Marc all'orecchio di Jane. «Dopodiché voglio che la serata trascorra in modo spontaneo e divertente. Se ti va, potrai aiutarmi a versare da bere ai nostri ospiti.»

«Certo» acconsentì lei, che cominciava a entusiasmarsi a quella prospettiva.E infatti la serata trascorse molto piacevolmente. Marc e Jane furono indaffarati al buffet, a spiegare le

caratteristiche dei vari tipi di vino. Il cibo era eccellente, e tutti poterono godere di un'atmosfera rilassata e gioiosa.

«Mmm, eccellente» commentò Jane, gustando il corposo Moscato che accompagnava la sua seconda porzione di meringhe al limone.

«Be', non credo che potremo mai produrre del Moscato qui» osservò Marc. «Ma è esaltante pensare che il prossimo anno potremmo bere il nostro Chardonnay, non trovi?»

Quelle parole risuonarono a lungo nella mente di lei. Dunque Marc aveva preso la sua decisione circa l'acquisto dell'azienda. Eppure lei non provava quella sensazione di sconfitta che si era aspettata, ma piuttosto un'ondata di eccitazione all'idea che l'anno seguente lui sarebbe stato ancora lì, al suo fianco.

«Sei proprio deciso a rimanere qui?» gli chiese.«Perché no, dal momento che si stanno aprendo delle interessanti possibilità?» fu la replica di Marc.In quell'istante Jane si accorse che c'era qualcuno in piedi davanti al buffet, in attesa di essere servito.«Non ho potuto fare a meno di sentire, Marc.»Simone era lì, e stava porgendo il bicchiere vuoto, con un sorriso di circostanza dipinto sulle labbra. «La

mia opinione è che, anche se deciderai di rilevare l'azienda, non sarà necessario che tu rimanga qui. Potrai Angela Devine 47 1996 - Amatissimo Intruso

far gestire la proprietà da un amministratore, senza sprecare il tuo tempo in questo posto dimenticato da Dio.»

Marc le riempì il bicchiere.«Non lo so ancora, Simone» rispose con aria assorta. «Sono rimasto piuttosto impressionato dalla

Tasmania, e credo che potrebbe piacermi trascorrere qui una parte dell'anno.»Simone fece una battuta in francese e il resto della conversazione si svolse a un ritmo che Jane non poté

più seguire, sebbene il sorriso tirato e lo sguardo tagliente della donna mostrassero chiaramente il suo stato d'animo.

«Mi chiedevo se puoi fare a meno di Jane per qualche minuto» disse infine Simone in inglese. «Pare che io debba tornare in Francia al più presto, e ci sono ancora un paio di dettagli sulla proprietà che vorrei discutere con lei.»

«Non potremmo rimandare a domani mattina?» azzardò Marc.«Ora» insistette Simone.Jane si sentì felice alla notizia della partenza, ma la sua gioia scomparve dopo aver seguito Simone in

giardino. Sebbene la giornata fosse stata calda, ora l'aria era decisamente fresca; così entrambe decisero di approfittare del calore del fuoco rimasto acceso dopo il barbecue.

«Di cosa volevi parlarmi?» le chiese Jane incuriosita.Simone si guardò intorno per qualche istante, prima di rispondere.«Voglio farti un favore» rispose infine con un tono di voce accattivante.«Quale favore?» volle sapere Jane insospettita.«Io sono una commercialista. Marc si fida di me, e mi ha raccontato del modo in cui tu hai perduto tutto

ciò che possedevi a causa di tuo padre. È stata una follia da parte tua, naturalmente; comunque, credo di poter convincere Marc a non procedere con l'acquisto. Ovviamente, tu avrai bisogno di un buon avvocato per riguadagnare il controllo dell'azienda, ma...»

Jane non stava più ascoltando. Aveva la sensazione di aver appena ricevuto un pugno nello stomaco. A

dispetto dell'antagonismo iniziale, ora aveva cominciato a fidarsi di Marc, e si sentiva terribilmente tradita e umiliata dal fatto che lui avesse discusso dei suoi affari privati con una terza persona.

«Perché non vuoi che Marc rilevi Saddler's Corneri» domandò senza mezzi termini.Simone sembrò presa alla sprovvista dal tono determinato della voce di lei.«Pensavo che ne saresti stata felice» protestò. «Non è forse ciò che desideri?»Jane rifletté. Tre settimane prima avrebbe saltato di gioia all'idea di liberarsi di Marc, ma ora qualcosa era

cambiato.«Forse» rispose.«Non mi sembri convinta» si lamentò Simone. «Eppure Marc mi ha parlato spesso di quanto tu ami questo

posto e di quanta fatica ci abbia speso. Mi ha fatto quasi venire le lacrime agli occhi.»Lo credo bene, pensò Jane sarcastica. Le uniche occasioni in cui Simone sarebbe stata capace di piangere

potevano essere la perdita di un milione di franchi in una transazione finanziaria o la frattura di una caviglia sugli alti tacchi in pelle di coccodrillo.

«E tu che cosa ne ricaveresti?» le domandò a bruciapelo.«Niente» replicò Simone candidamente, spalancando gli occhi. «Voglio semplicemente farti un favore ed

evitare che Marc corra un grosso rischio dal punto di vista finanziario. Sarei molto felice di aiutarvi entrambi.»

«Be', apprezzo molto il tuo altruismo» osservò Jane sarcastica, alzandosi in piedi. «Ma non credo che ci sia bisogno del tuo intervento. Preferisco risolvere la questione personalmente con Marc.»

Si volse per andarsene, Simone però la trattenne per un braccio.«Aspetta! Forse ho anch'io un interesse personale in tutta questa faccenda. Non avrei voluto discuterne,

ma non mi lasci altra scelta. D'accordo, sarò del tutto sincera con te. Marc e io abbiamo deciso di sposarci e non mi piace l'idea che tu gli ronzi intorno come una mosca sul miele.»

«Non gli sto affatto ronzando intorno!» s'infuriò Jane. «Semmai lui...»S'interruppe. Voleva che il segreto di quel bacio restasse fra lei e Marc.

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«Semmai è lui a ronzare intorno a te?» Simone terminò la frase con l'aria di chi la sa lunga. «Non mi sorprende.»

«Che vuoi dire?» domandò Jane inorridita. «Stai per sposarlo, e non ti sorprendi che lui corra dietro a un'altra donna?»

Simone scoppiò in una risata stridula.«Sei così dolce e idealista» commentò poi. «È un uomo, dopotutto. Ogni donna con un po' di buon senso

chiude un occhio in queste circostanze.»«Io non lo farei!» gridò Jane indignata.Simone si strinse nelle spalle.«È evidente che tu prendi la vita molto seriamente, ed è proprio per questo che non voglio che tu soffra,

lasciandoti coinvolgere da Marc.»«Davvero?» ribatté Jane scettica. «Sono certa che trascorri notti insonni pensando al modo per salvare la

povera piccola Jane dagli artigli di quel mostro. Be', è gentile da parte tua!»«Non sei così ingenua come sembri» ammise Simone accendendosi una sigaretta, come se si fosse giunti a

un punto cruciale del negoziato. «Dunque, cerchiamo di essere chiare e oneste. Se tu avrai una storia con Marc, ne uscirai con il cuore spezzato. Francamente la cosa non mi interessa. Quello che mi preoccupa è che Marc perda tempo e denaro in questo angolo del mondo, mentre dovrebbe essere in Europa con me.»

«E che cosa ti fa pensare che io intenda avere una storia con Marc?»«È sufficiente notare lo sguardo estasiato che gli rivolgi quando lui entra in una stanza» rispose Simone in

tono divertito. «Bada, io non ti biasimo. È un uomo molto attraente. Decine di donne adoranti sono cadute ai suoi piedi e lui se ne è sempre compiaciuto. Il guaio è che per Marc si tratta solamente di un gioco. È felice di offrire loro qualche settimana di passione, ma poi alla fine torna sempre da me.»

«Non ti credo!» si riscosse Jane. «Sono sicura che Marc non è l'uomo che tu dici. E comunque tu non puoi amarlo, altrimenti non ne parleresti in questi termini.»

Simone fece una smorfia. «Amore! C'è ben altro nella vita, come scoprirai molto presto. La mia relazione

con Marc non è solo basata sull'amore; ci sono migliaia di altri fattori che ci uniscono. Parliamo la stessa lingua, proveniamo dallo stesso ambiente, ci comprendiamo alla perfezione. Il matrimonio fra noi è destinato a funzionare, mentre con te non potrà avere altro che una breve, insignificante avventura.»

«E chi mi dice che lui ha effettivamente intenzione di sposarti?» volle sapere Jane con voce determinata. «Io credo che ci sia solo un modo certo per scoprirlo: chiederlo direttamente a lui.»

Simone apparve momentaneamente spiazzata; quindi scrollò le spalle con indifferenza.«Fallo pure, se vuoi» disse conciliante. «Probabilmente negherà. È un uomo che odia essere messo con le

spalle al muro; inoltre tu non farai altro che renderti ridicola, tempestandolo di domande. Sarebbe più saggio da parte tua preservare la dignità e lasciarlo perdere. Ti prometto di persuaderlo ad abbandonare le mire sulla tua proprietà.»

«No» rispose Jane alzandosi di nuovo in piedi. «Non scenderò a patti con te, Simone. Marc non è una specie di premio sul quale mercanteggiare. È un uomo adulto, perfettamente capace di operare le proprie scelte, sia in amore che negli affari, anche senza il tuo aiuto. Inoltre non credo a nessuna delle cattiverie che hai detto su di lui, e penso che tu voglia semplicemente interferire nella mia vita privata. Ora ti prego di scusarmi, devo occuparmi degli ospiti.»

Ma, a dispetto della propria determinazione, Jane si allontanò con una spina nel cuore. Entrando nel fienile, volse intorno lo sguardo per individuare Marc tra la folla. Lo vide in un angolo accanto al buffet, mentre parlava con una graziosa ragazza dai capelli rossi. Aveva un braccio attorno alle spalle di lei e le loro teste si sfioravano. L'apprensione ebbe il sopravvento su di lei. Stava forse assistendo alla scena che Simone le aveva prefigurato poco prima? O era lei che si era lasciata condizionare al punto di vedere la malizia in una conversazione del tutto innocente?

Cominciò a farsi strada fra i tavoli per dare una occhiata da vicino, quando qualcuno l'afferrò per il braccio, facendola trasalire. Si volse di scatto.

«Oh, Brett!» esclamò. «Mi hai spaventato.»Era un sollievo vedere la faccia abbronzata e aperta di Brett. Lui sì, era senza dubbio sincero e affidabile.

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«Brett...» cominciò.Ma non proseguì oltre. Allungando un braccio, Brett tirò accanto a sé una ragazza alta e formosa, dai

lunghi capelli neri, e sorrise a entrambe.«Ti ho cercato dappertutto, Jane» esordì allegramente. «Voglio presentarti Karen. La conosco da poche

settimane, e non avrei mai creduto che potesse coinvolgermi fino a questo punto, eppure eccoci qua! Karen, questa è la mia amica Jane. Ci arrampicavamo sugli alberi insieme da bambini.»

Jane provò un ridicolo senso di autocommiserazione mentre stringeva la mano a Karen. La ragazza aveva un sorriso cordiale e, dagli sguardi appassionati che scambiava con Brett, sembrava molto innamorata. Pur essendo felice per l'amico, tuttavia, non poteva fare a meno di sentirsi sola e abbandonata, ora che anche il suo più devoto ammiratore si era stancato di aspettarla.

«Ciao, Karen» disse comunque. «Piacere di conoscerti.»Per il resto della sera Jane fece del suo meglio per adeguarsi all'atmosfera festosa, gironzolando da un

gruppo all'altro, chiacchierando del più e del meno e continuando a offrire cibo e vino. Solo dopo che l'ultimo ospite se ne fu andato e la ditta ebbe sparecchiati e ripuliti i tavoli, si rese conto del proprio stato d'animo inquieto. Nonostante il volo che l'aspettava il mattino seguente, Simone era accanto a Marc e lo teneva d'occhio come un cane da guardia. Jane fu pervasa da un senso di desolazione. Ora so cosa c'è che non va in me, pensò tristemente. Mi sono innamorata di lui come una stupida!

Quando si svegliò, il mattino seguente, Marc e Simone erano già usciti, diretti all'aeroporto. Era un sollievo vagare per la casa vuota, sola con i propri pensieri. Come si sarebbe comportata al ritorno di Marc? Sarebbe stata capace di nascondere i suoi veri sentimenti, o lui le avrebbe letto tutta la verità negli occhi?

In realtà, l'impresa si dimostrò più semplice del previsto. Al suo ritorno, Marc era del tutto concentrato sul lavoro.

«Pronta a far partire la produzione?» le chiese, appena entrato in casa.«Certo!» rispose lei entusiasta. «Non ce la faccio più ad aspettare!»

«In genere sono molto duro con me stesso quando lavoro» l'avvertì. «E mi aspetto che tu faccia altrettanto. Pensi di riuscire a tenere il ritmo?»

«Aspetta e vedrai!»Per i ventotto giorni che seguirono, entrambi si dedicarono anima e corpo al lavoro, costantemente

indaffarati nelle varie e delicate fasi della produzione del vino. Alla fine, tutto il vino era pronto per riposare e maturare nei barili fino all'anno successivo. Per celebrare la conclusione della prima parte della loro impresa, Marc portò Jane a cena in un ristorante locale e ordinò una bottiglia del più raffinato champagne francese.

«A questo punto credo che ci meritiamo una vacanza» commentò. «O meglio, una vacanza di lavoro. Che ne diresti di lasciare l'azienda in mano a Charlie Kendall e di venire a fare un giro delle altre aziende della Tasmania con me?»

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5

Jane spalancò gli occhi per la sorpresa, mentre a poco a poco coglieva il senso di quelle parole e le implicazioni che quel viaggio avrebbe comportato.

«Ma... ci vorranno parecchi giorni» obiettò.Marc sembrò divertito dalla sua espressione sconcertata, mentre lasciava scorrere lo sguardo lungo la

scollatura del suo abito da sera.«È vero» finse di meravigliarsi. «Come ho fatto a non pensarci? Forse perché siamo nel ventesimo secolo,

o forse perché siamo entrambi adulti e dividiamo la stessa casa da sette settimane senza conseguenze catastrofiche?»

Jane arrossì. "Senza conseguenze catastrofiche!" ripeté a se stessa. Parla per te, Marc Le Rossignol. Non sono mai stata tanto disorientata in vita mia come durante le ultime sette settimane!

Ma neanche tanto felice come in queste settimane, le suggerì una voce che lei volle ignorare deliberatamente.

«Smettila di prenderti gioco di me!» gridò esasperata. «Non è facile viaggiare con qualcuno, specialmente se non lo conosci bene. Si può finire a litigare per un nonnulla.»

«Questo è vero» assentì Marc sorseggiando il suo champagne. «Tu, per esempio, mi fai impazzire per la maggior parte del tempo.»

Il cuore di Jane accelerò i battiti, quando vide i suoi occhi fissarla intensamente alla fioca luce della candela. Intendeva forse dire che...? Il corpo di lui sembrava emanare una corrente di attrazione che l'attirava irresistibilmente. Si sporse in avanti, le labbra socchiuse, il respiro affannoso, consapevole solo degli occhi di lui, colmi di un desiderio primitivo. Mi desidera!, esultò. Mi desidera con la stessa intensità con cui io desidero lui! L'aria intorno a loro sembrava addirittura crepitare del calore della loro passione. Poi Marc abbassò lo sguardo e, quando lo sollevò di nuovo, la sua espressione aveva assunto la solita aria ironica.

«Molte delle cose che fai mi fanno impazzire» continuò distrattamente. «Lasci gli asciugamani bagnati sul pavimento del bagno, non lavi mai i bicchieri dopo averli usati, la notte ascolti dell'orribile musica pop ad alto volume. Comunque, penso di poter sopportare la tua compagnia ancora per una settimana. Se quello che ti preoccupa è difendere la tua virtù, naturalmente occuperemo camere separate.»

Jane cominciò a irritarsi davvero.«Vorrei che la smettessi con questa storia della mia virtù» sbottò. «Come se io fossi la vergine eroina di

qualche romanzo vittoriano. Tra l'altro, lascia che te lo dica, non potresti essere più lontano dalla verità! È ovvio che, se mai deciderò di venire, dormiremmo in camere separate, ma non certo perché arrossirei di vergogna se ti capitasse di vedermi una caviglia scoperta. E visto che siamo in argomento, ti ricordo che anche tu hai delle pessime abitudini! Per esempio, la tua mania di riordinare continuamente lo studio, cosicché io non riesco mai a trovare le mie cose, o il tuo modo di apparecchiare la tavola sistemando coltello e forchetta in perfetta simmetria. Mi manda in bestia!»

Soltanto allora Jane si accorse della smorfia divertita di Marc e si rese conto di essere stata deliberatamente presa in giro.

«Canaglia!» protestò. «Mi hai teso una trappola e hai aspettato che ci cascassi!»Marc le confermò che aveva fatto centro con una strizzatina d'occhi che le tolse il respiro. Come faceva a

essere così irresistibile? Nessuna donna poteva vivere sotto il suo stesso tetto senza percepire l'acuirsi dei propri sensi e della propria femminilità. Jane cominciò a pensare che l'unico modo per non compromettersi fosse mettere tra lei e Marc la maggiore distanza possibile. Non c'era dubbio che sarebbe stato più saggio non fare quel viaggio, sebbene lei provasse un misto di piacere e apprensione all'idea di esplorare l'isola con lui.

No, doveva mantenere la propria posizione e stargli alla larga. La sua vita era già abbastanza complessa al momento, con l'incertezza sulla sorte dell'azienda che incombeva sul suo capo. Certamente, non aveva bisogno delle pericolose complicazioni che una settimana insieme a Marc avrebbe inevitabilmente prodotto. Con un'espressione cupa negli occhi si versò un secondo bicchiere di champagne.

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«Perché non vai da solo?» gli domandò di punto in bianco.Marc inarcò un sopracciglio. «Questo non è molto carino da parte tua» la rimproverò. «Pensavo che

avresti potuto mostrarmi la zona. Dopotutto, partirò tra non molto, e potremmo non vederci più.»A Jane sembrò che il cuore si fermasse per un interminabile istante. «Stai... stai per partire?» balbettò.

«Perché così presto? C'è ancora più di un mese di tempo prima della scadenza dell'opzione di acquisto.»Marc sorseggiò lo champagne riflettendo. «Simone e io abbiamo parlato fino a tardi la notte prima della

sua partenza» disse poi. «Mi ha fatto promettere che sarei tornato in Francia appena finita la vendemmia, per risolvere alcuni problemi urgenti di ordine finanziario.»

«Capisco» sussurrò Jane con un filo di voce, abbassando gli occhi per nascondere la disperazione. Dunque Simone aveva vinto! Era ben determinata a strapparle Marc, e senza dubbio esercitava una forte influenza su di lui. La sua delusione fu tale che Jane non si curò neanche di nasconderla. «Tornerai?» gli chiese senza riflettere. «Forse.»

«In questo caso, non vedo l'utilità di fare il giro delle aziende vinicole della Tasmania, visto che lascerai che la tua venga gestita da un manager. A meno che tu non abbia più intenzione di acquistarla» aggiunse. «Pensavo che questo posto ti piacesse.»

«Mi piace» confermò Marc dolcemente. «Penso che questa sia un'isola stupenda, piena di gente affascinante. E l'abitante più affascinante di tutti è un piccolo grillo parlante biondo, con degli occhi incredibilmente verdi e un carattere terribile. Naturalmente ha anche i suoi pregi. Per esempio, lavora diciotto ore al giorno senza lamentarsi, e io sono convinto che ora si meriti una vacanza. Allora, vuoi venire con me, chérie?»

Allungò una mano e si attorcigliò uno dei riccioli di Jane attorno al dito. Lei scosse il capo per liberarsi, e i suoi capelli le ricaddero sulle spalle come una cascata dorata. Credeva davvero che fosse tanto ingenua? Era chiaro che lui aveva in mente un breve interludio di sesso prima di tornare dalla donna che intendeva sposare. Be', assodato questo punto, era più facile prendere una decisione. Non sarebbe stata tanto stupida da andare a letto con lui, sapendo che sarebbe partito per la Francia nel giro di pochi giorni. A un tratto un

pensiero le attraversò la mente. Se veramente Marc avrebbe presto lasciato la Tasmania, non c'era motivo di negarsi la possibilità di una vacanza con lui. Non sarebbe necessariamente accaduto qualcosa di irreparabile fra loro. Al contrario, lei avrebbe avuto la possibilità di dimostrargli che non spasimava dalla voglia di finire nel suo letto, ma che lo vedeva semplicemente come un compagno di lavoro. Un pericoloso sorriso comparve sulle sue labbra.

«Sei molto gentile a chiedermelo» rispose quindi in modo molto formale.Marc aggrottò la fronte. «Non mi fido mai di te quando sei così mite» brontolò. «Comunque, dimmi, qual

è la tua risposta? Verrai?»Jane vuotò il bicchiere in un solo sorso; quindi rivolse a Marc una lenta, lunga occhiata di sfida.«Sì» rispose.Cinque giorni più tardi Jane era intenta a osservare Marc alla guida della Saab, che scivolava lungo le

curve della strada costiera orientale della Tasmania. Era un ottimo guidatore, ma non ne era sorpresa. In quei giorni aveva imparato che Marc Le Rossignol riusciva a eccellere in qualsiasi cosa si cimentasse. Nel corso del loro viaggio aveva dimostrato di saper ballare, cavalcare, nuotare e anche di conoscere diverse lingue, il tutto in maniera impeccabile.

Avevano cavalcato attraverso le foreste soleggiate della Huon Valley, fatto colazione nel ristorante girevole del casino di Wrest Point mentre il sole sorgeva sul porto di Hobart e trascorso un indimenticabile pomeriggio a degustare vini all'azienda Pipers Brook con un gruppo di turisti giapponesi, prima di partecipare a una serata di gala al Launceston Country Club. Ma l'immagine che le era rimasta più vivamente impressa nella memoria era quella di Marc mentre portava in braccio una bimba, che si era ferita a un piede sulla spiaggia di Coles Bay, e la consegnava alla madre.

Lo sguardo adorante sul visino rigato di lacrime della bambina, che era saldamente aggrappata al collo di lui, indusse Jane a rivedere il proprio giudizio. Pur essendo un uomo d'affari senza scrupoli e un impenitente dongiovanni, certi suoi comportamenti lasciavano sospettare che al di sotto delle apparenze ci fosse dell'altro. Era un uomo che adorava i bambini, tenero e protettivo, sul quale fare affidamento quando le

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circostanze lo richiedevano. Smettila!, si rimproverò. Cominciare a idealizzarlo può essere molto pericoloso!

Distolse bruscamente gli occhi da lui e rivolse lo sguardo alle spiagge bianche e al mare verde giada. Faceva caldo, così abbassò il vetro del finestrino e immediatamente fu assalita dal rumore delle onde e dal profumo aromatico degli alberi di eucalipto. Marc la guardò e sorrise.

«Questo posto è sorprendente» osservò. «Miglia e miglia di sabbia bianca e neanche una persona in vista.»«Dimentichi che ormai è quasi inverno» gli ricordò Jane.«Già, ma l'aria è abbastanza mite. È il tempo ideale per fare passeggiate; invece la spiaggia è praticamente

deserta. Si direbbe quasi che siamo gli unici esseri sulla terra.»Magari!, pensò Jane. Se così fosse, non dovrei preoccuparmi che qualcuno voglia portarti lontano da me.

Saresti mio, e di nessun'altra... L'idea di essere attratta più che mai da Marc, a dispetto delle proprie intenzioni, la turbava. Non era sicura di poter sopportare la sua assenza, una volta che lui fosse partito. Tuttavia non intendeva rivelargli i propri sentimenti.

«Non contare troppo sul bel tempo» lo ammonì. «Cinque belle giornate di fila sono quasi un record.»Marc sorrise. «Be', speriamo almeno che ci permetta di visitare Maria Island. Non hai detto che un italiano

vi creò un'azienda vinicola quasi un secolo fa?»«È vero» confermò Jane. «Anche se oggi ne restano solo le rovine. Si chiamava Diego Bernacchi e

all'inizio del secolo fu un pioniere della viticoltura in Tasmania. Peccato che allora gli australiani non fossero ancora amanti del buon vino...»

«Certamente un precursore nel suo campo» commentò Marc. «Be', spero che noi saremo capaci di fare altrettanto.»

Quelle parole la colpirono per la loro intensità. Come avrebbero potuto fare altrettanto? Non avevano certo davanti tutta la vita, dal momento che non avevano mai parlato di matrimonio. Inoltre, se mai lui avesse sposato qualcuno, quella donna sarebbe stata Simone Cabanou, non lei. Si sforzò di rispondergli con voce ferma. «Lo spero anch'io.»

«Prima ci dirigeremo verso Orford» annunciò Marc. «Quindi proseguiremo per Triabunna e prenderemo il traghetto per l'isola.» «Dove dormiremo stanotte?» «Ho prenotato un cottage. Ho preferito qualcosa di più intimo e caratteristico rispetto a un hotel. Sei d'accordo?» «Immagino di sì» borbottò Jane preoccupata. La folla invece, se non altro, le avrebbe dato sicurezza. In un grande hotel, circondati da decine di persone, lei non avrebbe temuto di perdere la testa. L'ultima cosa che desiderava in quella circostanza era un piccolo cottage accogliente, con il camino acceso e le poltrone a fiori, e nessuno del personale a disturbare la loro quiete.

E infatti il cottage era esattamente come Jane temeva! C'erano un piccolo giardino fiorito, letti in ottone, fiori freschi sui comodini e audiocassette di Gershwin sullo stereo. Se fossero stati amanti, quello sarebbe stato il nido ideale; nella loro situazione... era decisamente insidioso. Oh, a Marc sarebbe senz'altro piaciuto! Era perfetto per recitare la scena della seduzione, dopodiché se ne sarebbe andato per sempre! Probabilmente, l'aveva scelto proprio a quello scopo. Ma per Jane non era che una deliziosa trappola che faceva trillare nella sua testa un campanello d'allarme.

«Che c'è? Non ti piace?» le chiese Marc, notando la sua aria sospettosa mentre vagava da una stanza all'altra.

«Be', ecco... Personalmente preferirei un letto ad acqua, musica rock e qualche scultura-spazzatura.»Marc trasalì. «Ti piace davvero quella roba?» le domandò incredulo.«Certo. Perché no?» mentì Jane, i cui gusti vagheggiavano invece federe in pizzo bianco e cene a lume di

candela.«Io non capisco la musica heavy metal» brontolò Marc. «E neanche l'arte moderna, veramente.»«Be', come potresti?» replicò Jane mitemente. «Non devi dimenticare il vuoto generazionale.»«Vuoto generazionale? Per soli sette anni di differenza? E comunque, anche se così fosse, ci sono molti

modi per colmarlo.»Mentre parlava, il suo tono di voce si era fatto più basso e sensuale. Allungò il braccio e accarezzò la

guancia di Jane. Lei rabbrividì e chiuse gli occhi per un istante; poi ricordò il proposito di tenerlo a distanza Angela Devine 59 1996 - Amatissimo Intruso

di sicurezza.«Perderemo il traghetto» gli rammentò.Poco più tardi si trovavano in mare aperto. I gabbiani che svolazzavano sopra le loro teste, l'odore

pungente della salsedine e il rollio dell'imbarcazione infusero in loro un profondo senso di serenità.«È come tornare indietro nel tempo» si meravigliò Marc, guardandosi attorno nel porticciolo. «Niente

strade, niente negozi. Non ci sono neanche residenti, vero?»«Soltanto una guardia forestale e la sua famiglia» rispose Jane.Entrambi amavano la primitiva bellezza del posto, ma la cosa che più li affascinò fu quel che restava del

vigneto di Diego Bernacchi.«Spero che il nostro non faccia la stessa fine» disse Marc schermandosi gli occhi dal sole e guardando il

mare in lontananza. «Mi piacerebbe che fra cinquecento anni la nostra azienda fosse ancora operante, proprio come quella della mia famiglia in Francia.»

Jane provò una lieve emozione a quelle parole, ma restò immobile accanto a lui, pur sentendo il desiderio irrefrenabile di essere tra le sue braccia.

Si stava facendo sempre più freddo sul traghetto che li riportava a Triabunna; le onde color acciaio s'infrangevano contro lo scafo spinte da un vento impetuoso. Una volta scesi a terra, s'infilarono volentieri nel tepore dell'auto e tornarono direttamente al cottage. Marc accese il fuoco e chiuse le tende.

«Che ne dici di restare a casa e di cucinarci qualcosa per cena?»«Be', fuori non è così terribile» sdrammatizzò Jane, per la quale la proposta suonava, a dir poco,

allarmante. «Preferisco mangiare fuori.»«D'accordo» acconsentì Marc. «Ceneremo in quel ristorante sul promontorio. Però, domani, se pioverà,

preparerai tu la colazione. E laverai i piatti.»Un'ora dopo Marc la guardava con un sorriso trionfante. Avevano appena gustato l'antipasto a base di

salmone affumicato e stavano osservando, fuori delle finestre del ristorante, grossi nuvoloni carichi di pioggia che si avvicinavano minacciosamente.

«Io di solito mangio yogurt alla frutta, cereali, uova al bacon, succo d'arancia e caffè» annunciò lui con voce compiaciuta.

La cameriera, che era sopraggiunta per portare via i piatti vuoti, lo guardò perplessa. «Ne è sicuro, signore? Ho già ordinato bistecca e verdure, ma possiamo sempre cambiare.»

Jane soffocò una risatina, mentre lui cercava di spiegare l'equivoco.«Ti diverte molto vedermi fare la figura del cretino, non è vero?»«Sì» ammise lei senza la minima esitazione. «Dal momento che di solito sei un modello di perfezione.»Il volto di Marc si oscurò e il suo sguardo si fece cupo. «Sono tutt'altro che perfetto» borbottò. «Se lo

fossi, non mi passerebbero per la testa gli strani pensieri che ho in questo momento.»«Quali pensieri?»Lui si sporse in avanti e parlò sottovoce in modo che nessun altro potesse sentirlo.«Sto pensando che mi piacerebbe riportarti al cottage, sfilarti lentamente i vestiti davanti al fuoco e

baciare ogni centimetro del tuo corpo fino a farti bruciare di desiderio. Poi farei l'amore con te fino a farti gridare il mio nome, e allora saprei che sei stata veramente mia.»

Jane fece un respiro strozzato e il cuore cominciò a batterle a un ritmo convulso.«Marc, smettila!» lo implorò. «Non scherzare su queste cose.»«Non sto affatto scherzando» replicò lui tra i denti. «È quello che desidero, Jane, e tu lo sai. Ed è ciò che

desideri anche tu.»«Ti sbagli» mormorò lei a bassa voce.In realtà Marc non si sbagliava. Solo a sentire le sue parole, il respiro di lei si era fatto affannoso e un

oscuro calore le aveva pervaso tutto il corpo.Marc le prese la mano e iniziò ad accarezzarla. «Vedi? Puoi mentirmi, se vuoi, ma il tuo corpo ti tradisce.»Per fortuna, in quel momento tornò la cameriera; così l'argomento cadde e non fu più ripreso. All'uscita dal

ristorante Jane si sentiva rilassata e al sicuro, e più tardi questo si rivelò un imperdonabile errore.Stava ancora piovendo quando raggiunsero il cottage. Jane indugiò per un po' sulla veranda, stringendosi

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nella giacca e gustando il profumo della terra bagnata. Quindi attraversò l'ingresso e si diresse direttamente in salotto, dove la fiamma stava ancora languendo nel camino. Si era appena seduta sul divano quando improvvisamente la luce si spense, facendola trasalire.

«Non preoccuparti» la tranquillizzò Marc che stava sopraggiungendo. «Probabilmente è solo un fusibile, a meno che il temporale non abbia messo un filo fuori uso. Andrò a dare un'occhiata.»

Sollevata, Jane si raggomitolò sul divano con gli occhi fissi sulla fiamma. L'ambiente era così confortevole che chiuse gli occhi e cadde in un piacevole dormiveglia.

Pochi minuti dopo Marc la raggiunse.«Com'è andata?» s'informò.«Non ho avuto molta fortuna, temo. Dev'esserci un filo in cotto circuito da qualche parte. Ti va un

bicchiere di porto prima di andare a letto?»«Sì, ti ringrazio.»Marc gettò altri due ceppi nel fuoco e versò da bere.«Sposta le gambe» le ordinò in tono confidenziale, e si sedette accanto a lei.Vorrei che fosse sempre così, pensò Jane con una punta di rimpianto. Sarebbe splendido essere sposata

con Marc e trascorrere le serate davanti al fuoco con un bicchiere di vino e delle buona musica.Come se le avesse letto nel pensiero, Marc si alzò e inserì una cassetta nello stereo. Non appena le note si

diffusero nell'aria, Jane si rilassò sul divano, chiuse gli occhi e si sentì trafiggere da una fitta di desiderio. Ti amo, Marc. Non dimenticherò mai questo magico momento, si disse. Sorseggiò il vino, mentre il calore del fuoco le scaldava vigorosamente la pelle. Poteva sentire il profumo speziato del dopobarba di Marc, la gamba di lui contro la sua, il ritmo del suo respiro. Non resistendo alla tentazione, piegò il capo sulla sua spalla. Subito lui affondò il viso fra i suoi capelli; quindi le passò un braccio intorno al collo e le tolse il bicchiere di mano. Jane aprì gli occhi. Nello sguardo di lui lesse un'espressione intensa di desiderio, e non ebbe più dubbi su quello che Marc stesse per fare, mentre si chinava su di lei.

«Non farlo!» lo pregò voltando il capo. «Perché no?» ribatté lui con indolenza, prendendole il mento fra le

dita. Stavolta le labbra di lui accarezzarono le sue provocatoriamente, lasciandola tremante e insoddisfatta. «È ciò che vogliamo entrambi.»

«No» ansimò lei. «No... non è... io...» A quel punto l'atteggiamento di lui si trasformò. Non c'era più traccia di sarcasmo, ma un'insolita intensità guidava ogni suo gesto. Con movimento improvviso s'inginocchiò davanti a lei e le prese il viso tra le mani.

«Dimmi che non mi vuoi e non ti sfiorerò più nemmeno con un dito» la sfidò. «Ma per l'amor del cielo che sia la verità, Jane! Ti ho desiderato dal primo momento che ti ho visto. Sei come fuoco nelle mie vene, sei una specie di follia che mi avvince e non mi dà tregua. Ed è lo stesso per te, non è vero? Rispondimi, ti prego!»

Jane dischiuse le labbra per protestare, per mentire, per trovare un pretesto che l'avrebbe messa al sicuro dalla pericolosa onda di desiderio che la stava sommergendo.

«Allora?» insistette lui. «Devi dirmelo! Mi desideri o è stato tutto un equivoco?»Il volto di lui era vicinissimo al suo; vedeva i suoi occhi brillare nella semioscurità, sentiva il suo respiro

rapido e irregolare. Prese fiato e rispose nell'unico modo possibile.«Sì.»Gli occhi di lui scintillarono di una luce trionfante, mentre la stringeva in un forte abbraccio. Poi la bocca

di Mark scese sulla sua in un lungo bacio.«Sei bellissima» le sussurrò con voce roca. «Bella, selvaggia e appassionata. Voglio che tu sia mia.»Con lenta e sensuale arroganza iniziò a sbottonarle la camicetta di seta, senza staccare gli occhi da quelli

di lei.A Jane sembrava di essere una schiava sotto l'esame attento del suo padrone. Eppure, invece di sentirsi

oltraggiata, trovava quella sensazione estremamente eccitante. La verità era che voleva essere dominata completamente da lui. La camicetta e il sottile reggiseno di pizzo volarono sul pavimento, e Jane si sentì avvampare di rossore. Si era già spinta fino a quel punto, ma era certa che Marc sarebbe andato ben oltre quel limite, e probabilmente si sarebbe accorto della sua inesperienza.

Angela Devine 63 1996 - Amatissimo Intruso

Lui le rivolse un sorriso di esultanza, prima di chinarsi a giocare maliziosamente con il suo seno.«Sapevo che eri una donna passionale» le mormorò all'orecchio. «C'è una segreta dissolutezza nei tuoi

occhi, che sembra covare sotto la cenere.»Davvero?, pensò Jane perplessa. Non aveva mai creduto di poter suscitare un simile desiderio in un uomo,

e inoltre temeva di deluderlo.«Perché non ti spogli anche tu? Comincio a sentirmi sola.»Lui emise una risatina. «D'accordo» mormorò. «Non voglio di certo che tu ti senta sola proprio ora.»Con agilità felina balzò in piedi e cominciò a slacciarsi la camicia. Fino a quel momento lei non si era resa

conto della perfezione delle spalle larghe, dei fianchi stretti e delle gambe possenti di Marc.Alla luce tremolante della fiamma, Jane pensò che non aveva mai visto niente di così superbo come il suo

corpo nudo e virile. Tuttavia quello che la impressionò maggiormente fu il suo modo di guardarla. Al di là della febbrile intensità con cui lui scrutava il suo corpo, lei notò una scintilla di tenerezza che trasformava la passione in qualcosa di più completo e appagante. Un senso di euforia la pervase fino a toglierle il fiato. A un gesto imperioso di Marc, lei si alzò e gli scivolò tra le braccia.

«Mi fai impazzire» ansimò lui. «Non ho mai desiderato nessuna come te.»Un attimo dopo Jane si trovò distesa sul tappeto, con il corpo di Marc che incombeva su di lei.Quando, con un gemito di trionfo, lui la fece sua, il suo corpo si arrese al ritmo inebriante della passione.

La stanza sembrava fluttuare intorno a lei, che era del tutto ignara del suono della pioggia sul tetto, del calore della fiamma, del tappeto che le solleticava la schiena. Cingendo con le braccia il collo di Marc, pensò che l'uomo che amava la stava prendendo per la prima volta. Avrebbe tanto voluto che lui lo sapesse.

Il respiro di lui si era fatto affannoso, e la stretta su di lei più serrata. Inspiegabilmente gli occhi di Jane si velarono di lacrime. Trattenne il respiro sperando che Marc non le notasse, ma invano.

«E queste cosa sono?» le chiese alzandosi su di un gomito e asciugandole una guancia con le dita. «Non stai per caso piangendo, vero?»

«N... no» balbettò lei.

«Jane! Che ti succede? Ti ho fatto male?»«No, smettila di fare domande!» si spazientì lei.«Ascolta» cominciò lui alzandosi. «Se c'è qualcosa che non va, tu devi...»S'interruppe di colpo. Jane lo guardò costernata, mentre gli occhi di lui si sollevavano a incontrare i suoi.

L'espressione del volto di Marc era fiera ed esasperata al tempo stesso.«È stata la tua prima volta, non è vero?» le chiese dolcemente.Lei annuì, mordendosi un labbro. Con sua sorpresa lui le allontanò i capelli dal viso per guardarla negli

occhi.«Chérie, perché non me lo hai detto?» le mormorò. «La prima volta dev'essere assolutamente speciale.

Sono felice che tu abbia scelto me.»Jane si era aspettata una reazione ostile; aveva temuto che lui si mettesse sulla difensiva, temendo di

essere intrappolato in qualche modo. Il disprezzo di lui avrebbe così innescato una sua reazione aggressiva. La sua tenerezza, al contrario, era troppo difficile da sopportare. Inorridita, sentì le lacrime rotolarle senza più freni lungo le guance.

«Vorrei che tu non dovessi partire!» esclamò senza riflettere. Quindi si coprì il volto con un braccio per nascondere la sua frustrazione.

Lui glielo allontanò con determinazione e la scrutò, quasi volesse valutarne la sincerità. Poi le sue parole la colsero alla sprovvista.

«Se non vuoi separarti da me, perché non mi accompagni in Francia?»

Angela Devine 65 1996 - Amatissimo Intruso

6

Una dolorosa speranza iniziò a fluttuare nella mente di Jane. Quello significava che Marc condivideva i suoi stessi sentimenti?

«Intendi dire... che anche tu mi ami?» gli chiese.L'espressione di Marc divenne tesa. «Non ho detto questo, tesoro» replicò in tono caustico. «Penso solo

che sarebbe un peccato se la nostra storia dovesse essere troncata proprio sul nascere.»La crudeltà di lui la ferì profondamente, ma almeno ora non aveva più voglia di piangere. Al contrario,

aveva un gran desiderio di dargli un pugno sul naso. Trattenendo le lacrime, si drizzò a sedere stringendo le ginocchia. Come si era potuta rendere ridicola fino a quel punto? Un'espressione cinica le si dipinse sul volto.

«Perché mai sarebbe un peccato?» gli domandò con tono aggressivo.Lui si strinse nelle spalle. «Be', il sesso migliora sempre dopo la prima volta.»«Mi stai dicendo che non sono andata poi così bene?»«Al contrario, credo che tu sia stata grandiosa... per essere una principiante.»«Sporco farabutto!»L'irruenza delle proprie emozioni la stupì. Odiava Marc e voleva vendicarsi per essere stata umiliata in

modo intollerabile. Solo pochi istanti prima lo aveva giudicato tenero e sensibile; ora il suo umore sembrava essersi trasformato radicalmente. Perché? Erano forse tutti così gli uomini, dopo aver ottenuto ciò che volevano?

«Non c'è alcun bisogno di essere volgare» la riprese lui.«Va' all'inferno! Non attraverserei neanche la strada con te, figurati se verrei in Francia!»«Peccato. Ti avrei portata a Parigi, ti avrei mostrato Notre Dame e la Tour Eiffel. Avremmo potuto cenare

in un ristorante lungo la Senna. Poi avremmo fatto un giro per le campagne intorno a Bordeaux. La Francia è

bellissima in questo periodo dell'anno; avremmo anche potuto visitare le migliori aziende vinicole della zona.»

«Oh, certo» lo prese in giro lei. «E poi?»«Chi lo sa?» Lo sguardo di Marc era impenetrabile. «È sbagliato costruire steccati intorno all'amore, o

volerlo regolamentare a ogni costo. Serve soltanto a sciuparne la magia.»Jane taceva, cercando di venire a patti con la propria angoscia. Marc faceva presto a parlare d'amore, ma

era chiaro che ciò a cui realmente si riferiva era il sesso. Aveva dimostrato di essere interessato a una relazione senza impegno, ma era spaventato all'idea di essere preso in trappola.

«Non preoccuparti! Non ho intenzione di chiederti di sposarmi!» gli gridò. «So che non ne avresti il coraggio.»

La bocca di lui si tese in una smorfia crudele. «Così come tu non avresti il coraggio di avere una storia d'amore con me» controbatté. «Credevo che avessi fegato, ma evidentemente sbagliavo.»

«Non è il coraggio che mi manca» puntualizzò lei. «È solo che ho troppo rispetto di me stessa per lasciarmi usare da te come se tu fossi il mio padrone.»

«Pensavo che fosse ciò che volevi» la provocò Marc. Quindi le afferrò i capelli e la trasse verso di sé. Dapprima lei si ribellò fieramente; poi le sue stesse emozioni la tradirono. La vicinanza di lui era talmente eccitante che lei si arrese totalmente a quelle braccia che la stringevano come una morsa. Era incredibile come i sensi di entrambi si accendessero in pochi istanti, anche pochi minuti dopo aver fatto l'amore. Forse ciò era dovuto alla collera che aveva acceso la scintilla della passione. Tuttavia, ciò che era iniziato con una tale irruenza divenne ben presto tenero, in una vera fusione di anima e corpo.

Aveva creduto di odiarlo. Ora invece giaceva stretta a lui, come se non tollerasse l'idea di lasciarlo andare. Marc la guardò con un sorriso amaro.

«Mi dispiace per quello che ho detto poco fa» esordì bruscamente. «Tu sei in grado di risvegliare in me i sentimenti più strani, a volte estremamente distruttivi. Ma desidero veramente che tu venga in Francia con me. Lo farai?»

Angela Devine 67 1996 - Amatissimo Intruso

Jane lo guardò sconcertata. Come scuse, non erano affatto soddisfacenti. Lui non sembrava neanche molto dispiaciuto. Piuttosto appariva disturbato dai sentimenti contrastanti che lei gli aveva suscitato.

Sarebbe stato stupido accettare un invito tanto scortese ed enigmatico. Eppure non posso lasciarlo andare via così, confessò a se stessa. So che è una follia, ma almeno sarà mio ancora per qualche settimana. O forse qualche giorno. Fino a che non si stancherà di me.

«Verrai?» ripeté Marc.«Sì» rispose lei.

Una settimana dopo, Jane, in piedi davanti alla porta di Saddler's Corner, stava consegnando a Brett le chiavi di casa insieme a una lista di raccomandazioni.

«Charlie si occuperà della vinificazione e dei vigneti» lo informò. «Ma se tu terrai d'occhio la casa mi sentirò più tranquilla.»

«Non c'è problema» le assicurò Brett. «Hai scritto anche i numeri di telefono attraverso i quali posso contattarti?»

«Certo. Guarda, è tutto qui.»«Quando prevedi di tornare?»Speranza, disperazione e confusione passarono sul viso di Jane. «Non lo so» dovette ammettere.«Allora dev'essere una cosa seria» commentò Brett. «Non avrei mai creduto che potessi innamorarti di

quel francese. Comunque ti auguro buona fortuna, amica mia. Pare che ogni cosa abbia preso la giusta piega, non credi? Tu e Marc, io e Karen. Anche per noi la cosa si sta rivelando più seria di quanto pensassimo.»

«Sono tanto felice per te!» si rallegrò Jane, sollevandosi sulle punte per baciare Brett. «È una ragazza in gamba. Spero di vedervi sposati, prima o poi.»

«Già, lo auguro anche a te» sorrise Brett. Jane non disse nulla. Marc era stato piuttosto chiaro nel dire che il matrimonio non rientrava nei suoi programmi. Dopotutto, lei aveva operato le sue scelte e ne avrebbe sopportato le conseguenze. Aveva deciso che voleva Marc Le Rossignol a ogni costo, e avrebbe goduto di

quell'amore giorno per giorno, finché il destino le fosse stato favorevole.E per un po' riuscì nel suo intento. Il viaggio di ritorno comprese un indimenticabile notte hawaiana, un

magico fine settimana a New York e poi Parigi, la città dell'amore.La sua euforia durò fino a che non raggiunsero Bordeaux. A quel punto Jane ebbe un brusco cambiamento

d'umore. Era stato tutto inutile. Mentre si spostavano da un continente all'altro, era facile per lei fingere; ma ora, alla vista dei luoghi dove Marc era cresciuto, era dovuta tornare con i piedi per terra. Questa era la realtà. Lì vivevano la sua famiglia e i suoi amici, e solo ora lei si rendeva conto di quanto desiderasse essere accettata da loro. Quel viaggio non era stato che una squallida farsa! Marc non la stava portando a casa sua per annunciare il loro matrimonio; lei era solo un'intrusa.

«Sei molto taciturna» osservò Marc mentre salivano in macchina, dopo aver pranzato e degustato vini in una delle aziende vinicole della zona. «Qualcosa non va?»

«Sei sicuro che ai tuoi genitori non dispiacerà che io piombi qui in questo modo?»Lui scrollò le spalle. «Li ho avvertiti del tuo arrivo. Perché dovrebbero dispiacersi?» «Perché l'Australia è

molto lontana» ribatté lei.«Non è un viaggio che si fa normalmente per prendere una tazza di caffè. Non penseranno...?»

S'interruppe, ma l'interrogativo aleggiò nell'aria, chiaro e minaccioso.«Cosa hai detto loro di me?» riprese, visto che Marc non sembrava volerle venire in aiuto.«Semplicemente che sei un'amica che verrà a stare da noi per un po'.»«Oh» borbottò lei leggermente delusa.«E che dormiremo insieme, e quindi divideremo la stessa stanza.»Jane emise un suono strozzato. «Marc! Non avresti dovuto! Come potrò guardarli in faccia? Cosa

penseranno di me?»Lui la guardò stupito. «Che sei una donna adulta e ami gustare i piaceri della vita» replicò con

disinvoltura. «Che c'è di sbagliato in questo?»Tutto, pensò Jane amareggiata. Io non vengo a letto con te solo perché è uno dei più grandi piaceri della

Angela Devine 69 1996 - Amatissimo Intruso

vita, ma perché ti amo! Però non aveva intenzione di ripetere l'errore di rivelargli i propri sentimenti. Si strinse nelle spalle.

«Niente» rispose in tono freddo.«Fallo di nuovo» le ordinò lui.«Cosa?» gli domandò lei sconcertata.«Quella smorfia. È stupefacente. Sembravi così tipicamente francese. Devi avere il dono innato della

mimica.»«Dimmi una cosa» riprese Jane con una nota di ingannevole dolcezza nella voce. «Esiste un modo

tipicamente francese di affibbiare un pugno sul naso? Se sì, vorrei mettere all'opera la mia innata mimica per impararlo.»

«Sei risentita con me per qualche motivo, lo sento» osservò Marc.«Che perspicacia!» lo prese in giro lei. «Sì, è vero.»«Perché?»«Perché non fai funzionare il tuo intuito francese e non cerchi di immaginarlo, chéti!»Il resto del viaggio proseguì in silenzio. Jane era impegnata a tentare di districare l'intreccio dei propri

sentimenti. Quel cinismo non era da lei e temeva che, contenendo la propria angoscia dentro di sé troppo a lungo, avrebbe provocato un improvviso quanto violento sfogo delle proprie emozioni.

A un tratto Marc svoltò in una stradina secondaria.«Eccoci arrivati» annunciò.Jane alzò il capo e si trovò di fronte a un cancello di ferro lavorato che costituiva l'unica via d'accesso a un

enorme castello.«Cos'è, un'altra azienda vinicola?» gli chiese. «Vuoi comprare una bottiglia da portale ai tuoi genitori?»«Non esattamente» la contraddisse lui con una smorfia. «Questa è casa mia e i miei dovrebbero essere

all'interno, da qualche parte.»Lei boccheggiò. L'antico e austero edificio, suddiviso in tre ali e sovrastato da due torri di età medievale,

era talmente grande da potervi alloggiare un esercito. Dall'esterno era possibile intravedere un vasto cortile.«Mi sembrava di aver capito che abitavi in una casa vecchia e malandata» mormorò sconcertata.«Lo è» confermò Marc. «La parte più antica risale al quattordicesimo secolo e alcuni dei mobili sono

davvero malridotti. In particolare gli stipi Luigi XIV.»«Luigi XIV?» gli fece eco Jane con un filo di voce. «Non è vissuto nel diciassettesimo secolo?»«Già» le rispose Marc. «Ma non lasciarti impressionare. È un grande castello, con molti oggetti antichi e

preziosi, ma la vita che vi conduciamo è del tutto normale.»Jane, al contrario, non poteva immaginare niente di meno normale.I genitori di Marc comparvero sulla soglia quasi subito. La madre era una donna alta, dai capelli grigi e i

lineamenti aristocratici; suo marito, di qualche centimetro più basso di lei, aveva occhi blu e un sorriso caldo e cordiale.

«Jane, ti presento i miei genitori: Monsieur e Madame Le Rossignol.»Jane si trovò improvvisamente avvolta da una nuvola di Arpège, mentre la madre di Marc la baciava sulle

guance. Nonostante il gesto affettuoso, lei sentì comunque una certa riserva nell'atteggiamento della donna, i cui occhi scuri la esaminavano senza tralasciare il minimo particolare. L'abbraccio del padre fu invece spontaneo e affettuoso.

«È molto bella, Mademoiselle West» la salutò con approvazione. «Mio figlio ha gusti raffinati.»Jane sorrise. «Mi fa sentire come un vino d'annata» protestò scherzosamente. «Ma la ringrazio, monsieur.

E la prego, mi chiami Jane.»«Ah, bon» accettò di buon grado Monsieur Le Rossignol. «In tal caso, Jane, lei dovrà chiamarci Armand e

Yvonne.»La madre di Marc apparve meno entusiasta dell'idea e rivolse a Jane un sorriso tirato.«Mio marito ha ragione, Jane» confermò con uno sforzo di volontà. «Ma ora venite, lasciate che vi mostri

le vostre stanze, così poi potremo trovarci tutti in giardino per un bicchiere di vino.»«Non ce n'è bisogno, Maman» la contraddisse Marc. «Mostrerò io la strada a Jane.»

Angela Devine 71 1996 - Amatissimo Intruso

«È mia ospite, Marc. Voglio accertarmi che abbia tutto quello di cui ha bisogno.»Afflitta, Jane seguì la donna verso l'ala più antica del castello. Si sentiva goffa e a disagio, come se non

avesse fatto che commettere errori fin dall'inizio. Il suo imbarazzo crebbe quando Yvonne mostrò loro una suite in cima a una delle torri. Dalla piccola finestra si godeva una vista spettacolare su miglia e miglia di vigneti, boschi e case coloniche; tuttavia Jane non aveva occhi che per l'enorme letto settecentesco che dominava la stanza: nella sua mente rappresentava l'emblema della sua relazione illecita con Marc. Cosa avrebbe pensato Yvonne di lei? Con ogni probabilità la biasimava e non vedeva l'ora che se ne andasse. Comunque, la donna non lasciò trasparire il proprio stato d'animo.

«Spero che tu trovi tutto ciò di cui hai bisogno» disse frettolosamente. «L'unico inconveniente è che il bagno è al piano di sotto, ma Marc ha pensato che tu avresti gradito l'atmosfera romantica di queste stanze. Gaston porterà su al più presto il tuo bagaglio. Se hai bisogno di qualcosa, questo campanello è collegato con la cucina.»

Jane rivolse alla donna un sorriso preoccupato. «La ringrazio di tutto. È molto gentile.»«Non le piaccio!» sbottò poi quando i passi di Yvonne si furono allontanati giù per la scala di pietra.«Non essere ridicola» ribatté Marc. «Dalle un po' di tempo. Comunque, a mio padre sei piaciuta.»«Forse» brontolò lei insoddisfatta. «Ma potrebbe aver finto per gentilezza.»«Che ti prende?» le domandò Marc prendendola tra le braccia. «Di solito non sei così insicura.» E senza

curarsi della sua risposta, cominciò a mordicchiarle l'orecchio.«Di solito non mi sento un'intrusa!» si giustificò lei. «Non so quale sia la cosa più giusta da fare, sono

confusa e mi sento del tutto fuori posto.»«Ti ambienterai presto» la rassicurò Marc con aria distratta. «Inoltre, ci sono io qui a guidarti.»Jane si sedette sul letto con un sospiro esasperato. «Non sono il tipo che si fa guidare dagli altri» replicò

fieramente. Ma non ne era più tanto sicura. Fino a qualche tempo prima, era orgogliosa del proprio spirito di indipendenza, ma da quando si era innamorata di Marc le sembrava di stare per sprofondare nelle sabbie mobili. Ciò che le seccava di più era proprio il bisogno istintivo di contare su di lui. In circostanze diverse

avrebbe potuto permetterselo ma, guardandolo, capiva che era proprio lui il motivo della sua insicurezza. Se non avesse insistito per dividere la stessa stanza, lei non si sarebbe sentita così vulnerabile.

«Non ti piace questo posto?» le chiese Marc a un tratto.«Non lo so» rispose lei con un'alzata di spalle.Lui fece un ulteriore tentativo per coinvolgerla, abbracciandola e affondando il viso fra i suoi capelli, ma

lei lo allontanò ancora una volta con impazienza.«Non dovremmo scendere in giardino? I tuoi genitori ci staranno aspettando.»Con un sospiro Marc si alzò e le fece strada in silenzio.Una tavola apparecchiata all'ombra di un albero li attendeva ai piedi della torre. Jane presentò i regali che

aveva portato dall'Australia: una cravatta per il padre di Marc e una spilla di opale per la madre, e le reazioni furono entusiastiche.

Armand volle a tutti i costi cambiare la cravatta che indossava con la nuova, mentre Yvonne sembrò sciogliere notevolmente il proprio contegno gelido chiedendo a Jane di appuntare la spilla sul collo della sua giacca. «Grazie, mia cara. È magnifica.» Armand cominciò subito a stappare bottiglie di vino e acqua minerale, invitandoli a prendere posto. «Che cosa preferisci, Jane?» le chiese. «Un bianco o un rosso?» «Un rosso, grazie.»

«Digli cosa te ne pare, Jane» la esortò Marc con una punta di orgoglio nella voce, mentre lei sorseggiava del Cabernet Sauvignon.

«È eccellente. Ha un colore ricco, un leggero aroma di tabacco, un pizzico di profumo di ciliegia e un gusto denso e vigoroso» commentò lei cominciando a prendere confidenza.

«Ah, ha palato, la ragazza!» esclamò Armand deliziato. «Vedo che le hai insegnato i trucchi del mestiere, Marc.»

«No. Era già molto preparata quando l'ho conosciuta. È una professionista nel settore della viticoltura.»«Formidable! Allora perché non ci alziamo e andiamo nelle cantine per una degustazione come si deve?

Che ne dice, Mademoiselle Jane?»Angela Devine 73 1996 - Amatissimo Intruso

Jane rivolse uno sguardo titubante alla madre di Marc, la quale alzò le mani in un gesto di disperazione.«Andate, andate!» li esortò esasperata. «Jane, ti renderai conto ben presto che gli uomini di questa

famiglia hanno il vino nelle vene, al posto del sangue. Se saprai parlare di vino con loro, li conquisterai; ma non lasciare che ti annoino. Ci vediamo all'ora di cena.»

Marc e Jane trascorsero due piacevoli ore nelle cantine e nei vigneti, mentre Armand descriveva quale fosse la combinazione ideale di suolo e clima che conferiva l'inconfondibile marchio di qualità ai suoi vini. Poco dopo le cinque Armand guardò l'orologio e restò di sasso.

«Mon Dieu! Le chiedo scusa, Jane! Ho perduto la cognizione del tempo. Non intendevo trattenervi tanto a lungo.»

«Non me ne sono neanche accorta» lo rassicurò Jane.«Bon» riprese Armand. «Allora continueremo domani. Le mostrerò il punto in cui ho sradicato dei vecchi

vitigni che non producevano più a sufficienza, sostituendoli con dei nuovi. Avrebbe dovuto sentire le proteste dei tradizionalisti! Ma sapesse quale miglioramento ne abbiamo tratto!»

Gli occhi di Jane ammiccarono a quelli di Marc, che facevano capolino dietro la spalla di suo padre.«Sarà molto orgoglioso della sua innovazione» convenne con grande diplomazia.«Eh, sì» ammise l'uomo. «E lo sa cosa rispondo ancora oggi a chi mi muove delle critiche? Che la

tradizione è importante, ma bisogna anche tenersi al passo coi tempi! Ed è qui che voi australiani potete darci una lezione. A giudicare da quanto mi racconta mio figlio, siete dei grandi innovatori nel campo delle tecniche vinicole. Be', è esattamente ciò di cui abbiamo bisogno: un matrimonio tra il vecchio e il nuovo mondo.» Li guardò benevolmente con gli occhi scintillanti, come se fosse consapevole del doppio senso implicito nelle sue parole.

Jane guardò Marc imbarazzata, e lui le rispose con un'occhiata di sardonica esasperazione.Armand sospirò scuotendo il capo. «Bene, mes enfants, si sta facendo tardi e non voglio trattenervi ancora.

Marc, porta Jane di sopra a riposare un po'. A più tardi.»Una volta che la porta della camera si fu richiusa alle loro spalle, Marc prese Jane tra le braccia e le

sorrise.«Mi dispiace, mio padre ha avuto la mano pesante nel suo tentativo di combinare un matrimonio»

mormorò. «Ha sempre fatto pressioni affinché mi sposassi; per lui il matrimonio è il lasciapassare per la felicità eterna.»

«Non scusarti» replicò lei in tono freddo, odiandolo per il suo cinismo. «Tuo padre è un vero tesoro.»«Be', anche tu di certo l'hai conquistato.»«Forse, ma non credo che riuscirò mai a farmi accettare da tua madre» ribatté divincolandosi.«È così importante per te? Probabilmente non resterai qui a lungo, e potresti non tornare mai più.»«Grazie, è consolante avere il tuo benservito appena arrivata.»«Ho forse detto questo?» si ribellò Marc. Quindi la bloccò afferrandole un braccio e la strinse a sé con una

violenza che la spaventò ed esaltò allo stesso tempo. Prima ancora di rendersene conto, si trovò a ricambiare il suo bacio con tutto l'impeto della collera, dell'amore e dell'odio che aveva dentro. Marc cominciò a sbottonarle l'abito con movimenti rapidi, e ben presto entrambi rotolarono nell'enorme letto, baciandosi con la frenesia del reciproco desiderio.

Jane si arrese totalmente a lui, sebbene i suoi sentimenti non seguissero il filo delle sue emozioni. Non intendeva svelare niente a Marc; tuttavia quello stato d'animo lasciò sulle sue labbra un sorriso malinconico, anche dopo che entrambi ebbero raggiunto l'apice del piacere. Mentre giacevano esausti, Marc si alzò su di un gomito e la guardò nella penombra.

«I tuoi occhi nascondono mille segreti» si rammaricò accarezzandole la guancia. «Non riesco mai a capire cosa stai pensando.»

«Sto pensando a quanto sia terribile desiderare davvero qualcosa e temere di non riuscire mai a ottenerla» ammise lei con voce roca.

Marc sembrò sul punto di dire qualcosa, ma poi aggrottò la fronte e si alzò dal letto. Fermo davanti alla finestra, restò per un po' a scrutare cupamente il paesaggio sottostante. Quando infine parlò, le sue parole la lasciarono letteralmente di stucco.

Angela Devine 75 1996 - Amatissimo Intruso

«Immagino ti stia riferendo alla tua azienda in Tasmania» disse senza voltarsi.No, mi riferivo a te, avrebbe voluto urlargli Jane, ma le parole le morirono sulle labbra. Sgomenta, si rese

conto che non aveva quasi mai pensato ai suoi vigneti, da quando li aveva lasciati. Era stato Marc a dominare i suoi pensieri. Ma non poteva dirglielo, quando lui le aveva appena ricordato che in futuro non ci sarebbe stato posto per lei nella sua vita.

«Proprio così» mentì.Marc si voltò e la fissò intensamente. «Deve significare molto per te» disse con un pizzico di amarezza.«Significa tutto per me!» puntualizzò lei con passione.«Capisco» borbottò lui sottovoce, e per un attimo tornò a essere freddo e distaccato. «Be', sono certo che

troveremo una via d'uscita. Non sono un mostro. Non intendo privarti di qualcosa che ti appartiene di diritto.»

«Davvero?» lo provocò lei. «Carino da parte tua. Ma tutto questo ci riporta a una domanda: che cosa mi spetta di diritto?»

La luce del giorno andava scemando e lei non riusciva a vedere l'espressione del viso di Marc. Il suo cuore cominciò a battere furiosamente. Lei sapeva perfettamente che cosa considerare suo. Marc Le Rossignol. Voleva che lui diventasse suo marito, il padre dei suoi figli, e che restasse al suo fianco per tutta la vita. Ma questo, lui, non glielo avrebbe mai concesso. Nella penombra credette di scorgere un sorriso sardonico sulle sue labbra.

«Ti vedo strana» osservò lui guardandola con occhio critico. «Ti stai comportando stranamente da quando siamo arrivati qui.»

Jane si sforzò di rispondere in modo pacato, sebbene stesse quasi tremando.«Sul serio?» trillò con aria disinvolta, alzandosi e cominciando a recuperare i vestiti. «La volubilità è una

caratteristica prettamente femminile, non credi?»«Di sicuro è una tua caratteristica» si spazientì lui. «Sei venuta qui di tua spontanea volontà, e sembravi

divertirti in America e a Parigi. Invece, da quando siamo arrivati qui, sembri stare sulle spine. Allora? Cosa

diavolo ti succede?»Jane sorrise amaramente, continuando a vestirsi con gesti nervosi. «Indovina» lo sfidò.Marc imprecò sottovoce. «Possibile che tu ti sia già stancata di me? Sai, non è necessario trascinare avanti

questa storia, se non ti diverte più. Possiamo smetterla quando vuoi tu.»«Come desideri!» s'infiammò lei. «Non dobbiamo aspettare che diventi monotona.»Deglutì a fatica, mentre le lacrime minacciavano di tradirla. Erano già giunti a quel punto? Certo, non

poteva accusare Simone di non averla avvertita! Marc si era divertito abbastanza, e ora stava cercando un modo per scaricarla.

«Dunque ne hai già abbastanza» constatò Marc in tono apparentemente noncurante. «Ma foi! Non ci è voluto molto.»

«Io non ne ho abbastanza!» gridò Jane, troppo turbata per ricorrere a ulteriori sotterfugi. «Sono sconvolta e confusa. Forse per te non è altro che un gioco, ma io non ho l'abitudine di avere delle storie... tanto per divertirmi! Quando tuo padre parla come se si aspettasse un matrimonio, io mi sento con le spalle al muro. Mi sento...»

S'interruppe, incapace di proseguire sotto lo sguardo inquisitorio di lui. Con un gesto repentino Marc chiuse le tende e accese una lampada, inondando la stanza di una tenue luce rosata.

«Cosa intendi fare allora?»Jane cercò disperatamente un modo per intuire le sue intenzioni, sperando di trovare un segno di reale

interessamento a lei. D'altra parte, se lui progettava di tornare in Australia, lei avrebbe ancora avuto qualche possibilità di sviluppare con lui una relazione a tutti gli effetti.

«Tu cosa intendi fare con la proprietà di mio padre?» gli chiese a bruciapelo. «Sei ancora intenzionato a comprarla e gestirla personalmente?»

«Non lo so!» sbottò lui. «Francamente, a questo punto non è più una questione di primaria importanza. Comunque, dubito che lo farò.»

Un brivido la percorse per tutto il corpo. Dunque alla fine di quel viaggio gli avrebbe detto addio per Angela Devine 77 1996 - Amatissimo Intruso

sempre.«Capisco» sussurrò con la morte nel cuore. «Ascolta, Marc. Mi hai chiesto cosa intendo fare. Bene, questa

nostra storia sta diventando sempre più difficile da gestire. Quindi non voglio più dividere la camera con te.»Se lei avesse sperato che lui protestasse o chiedesse altre spiegazioni, sarebbe rimasta delusa. Marc si

limitò a voltarsi, per poi iniziare a rivestirsi.«Come preferisci. Come atto di cortesia nei confronti dei miei genitori, spero che tu voglia rimanere

ancora una settimana o due per visitare la regione, prima di ritornare in Australia. C'è una stanza singola ai piedi della torre. Porterò giù la tua roba stasera.»

«Non vorrei che tua madre pensasse...»«Non penserà un bel niente!» si spazientì lui. «Non c'è neanche bisogno che lo venga a sapere.»Jane si tirò indietro quando lui le passò accanto; quindi lo seguì di sotto in un silenzio ostile.La madre di Marc aveva apparecchiato la tavola in maniera fastosa e raffinata. Jane cercò di essere di

buona compagnia, conversando con Armand dei sei mesi trascorsi nelle terre produttrici di Champagne. Il cibo era squisito. Jane riuscì a chiacchierare amabilmente anche con Yvonne, scoprendo di avere in comune con lei la passione per i pizzi antichi. Alla fine della serata il suo umore era decisamente molto migliorato.

«Oh, Marc, a proposito» rammentò Yvonne a un tratto. «Voglio che tu ti tenga libero per domani. Ho invitato tutta la famiglia a pranzo, in modo che possano conoscere Jane.»

«Splendido» commentò Marc svogliatamente.«E c'è un'altra cosa, caro. Simone ha telefonato questo pomeriggio per sapere quando saresti arrivato. Dice

che ha delle questioni urgenti da discutere con te. Le ho detto che eri già qui e l'ho invitata a fermarsi da noi per qualche giorno.»

7

Jane depose con mano tremante la tazzina. Come se la situazione non fosse stata già abbastanza problematica tra lei e Marc!

A quell'annuncio Marc si limitò ad alzare un sopracciglio e ad annuire con un mezzo sorriso.«Bene» commentò. «Avevo giusto bisogno della sua consulenza.»Jane riuscì a malapena a nascondere la propria frustrazione. Accusando un improvviso mal di testa, che

stava per diventare reale, si rifugiò in camera. Marc la raggiunse poco dopo, trovandola impegnata a stipare i suoi abiti nella valigia con un'espressione cupa negli occhi verdi.

«Dunque non hai cambiato idea?» le chiese dolcemente.Lei lo fulminò con uno sguardo. «No.»Di fatto, non era così sicura di fare la cosa giusta. Quando aveva saputo dell'imminente arrivo di Simone,

le era venuta una voglia folle di cambiare idea, un desiderio insopprimibile di aggrapparsi a Marc e di lottare contro la rivale. Poi, dopo una breve riflessione, aveva concluso che sarebbe stato ridicolo. Se Marc non era interessato a lei al punto di lasciarsi coinvolgere in una vera relazione, il fatto di dividere il letto con lui non avrebbe fatto nessuna differenza. No, molto meglio salvare il suo amor proprio e troncare quella storia di propria iniziativa. Scoccandogli un altro sguardo carico di disgusto, Jane fece scattare le chiusure della valigia.

«È tutto pronto, allora?» le chiese lui.Lei avrebbe voluto picchiarlo. «È tutto qui quello che sai dire?»«Che altro c'è da dire?» le domandò lui ironico. «Che sono desolato per il tuo abbandono? Che mi hai

spezzato il cuore?»«Ah, smettila!» sbottò Jane, incapace di sopportare il suo sarcasmo.Dopo che Marc ebbe trasferito le valigie nella stanza al piano inferiore e se ne fu andato, lei chiuse a

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chiave la porta e cominciò a spogliarsi, sbattendo furiosamente gli abiti in terra. Peccato che Marc non fosse lì! Quello era esattamente il tipo di spettacolo che lo avrebbe mandato su tutte le furie. Anche il semplice gesto di infilarsi la camicia da notte le ricordava dolorosamente quanto la sua vita fosse cambiata dal momento in cui l'aveva incontrato. In passato aveva sempre indossato caldi pigiami di cotone, mentre la frivola camicia da notte di seta era stata acquistata proprio allo scopo di sedurlo. Invece quella notte, per ironia della sorte, avrebbe dovuto dormire da sola in quel grande letto. E quando Simone fosse arrivata, allora sarebbe andata ancora peggio. Come poteva sopportare di vederlo accanto a un'altra donna?

L'indomani, contrariamente a quanto si aspettava, ritrovarsi Marc davanti non fu così imbarazzante.Poco dopo le sette udì bussare alla porta.«Avanti!» sbadigliò mettendosi a sedere sul letto.La massiccia porta di quercia si aprì davanti a Marc, che portava in equilibrio sulla mano destra un vassoio

rotondo.«Ma cosa...»«Un'offerta di pace» spiegò Marc posandole la colazione sulle ginocchia. «Ho pensato che avremmo

potuto prendere il caffè insieme e poi andare a fare una passeggiata. Non hai ancora visitato la campagna circostante. Sempre che tu non abbia deciso di ripartire.»

Incapace di affrontare il suo sguardo diretto, Jane abbassò gli occhi.«No, resterò ancora per un po'» replicò in fretta. «Ma non tornerò a dormire con te, Marc. Io mi sento...»Le dita di lui le sfiorarono le labbra. «Non mi devi alcuna spiegazione» la interruppe. «Ci sono tanti altri

piaceri della vita che possiamo condividere. Andare in giro, cenare fuori, fare shopping...»Jane sorseggiò il caffè sospirando. Marc tendeva sempre a ridurre il loro rapporto amoroso al livello di

qualsiasi altro piacevole passatempo. Ma in quel momento non aveva voglia di discutere.«Già» convenne distrattamente. «Hai qualche idea?»Marc addentò una brioche alla marmellata. «Mmm. Pensavo di fare una passeggiata fino al villaggio di St

Sulpice, dare un'occhiata in giro e tornare a casa verso l'una, in tempo per la fatidica riunione di famiglia.»

Mezz'ora più tardi Marc e Jane si stavano riposando lungo il sentiero che portava al villaggio, ammirando alle loro spalle il castello che torreggiava sotto un pallido sole. Era davvero un luogo magnifico. Peccato che l'intimità di quelle ultime giornate insieme sarebbe stata guastata dall'arrivo di Simone. Già, Simone, la sua presunta fidanzata. Ma era proprio sicura che lui intendesse sposarla? O era solo un'altisonante bugia che la donna si era inventata per togliersi Jane dai piedi? Quel pensiero la perseguitava come un chiodo fisso ormai da giorni. Avrebbe voluto avere il coraggio di chiederlo direttamente a lui, ma l'orgoglio e l'imbarazzo glielo impedivano.

Per fortuna Marc la distrasse dalle sue preoccupazioni mostrandole dei luoghi caratteristici lungo il percorso. L'albero sul quale era solito arrampicarsi da bambino, il ruscello dove andava a pescare con 1 fratelli, la vecchia chiesa in rovina, di fronte alla quale si fermò un attimo, confuso.

«Qua portai la mia sorellina una notte» ricordò commosso. «Le raccontai che era infestata dagli spettri e finsi di aver sentito dei gemiti che provenivano dall'interno. Quando le chiesi di entrare con me, per poco non le venne una crisi isterica!»

«Come hai potuto essere tanto meschino?» lo biasimò Jane indignata.«È stato un classico scherzo da fratello maggiore» si giustificò Marc con una smorfia. «Io voglio molto

bene a Laurette, ma non mi è mai saltato in mente di dirglielo.»Jane sospirò debolmente, riprendendo il cammino. A volte, aveva l'impressione che gli uomini fossero una

bizzarra specie di alieni, del tutto incapaci di comprendere l'universo femminile.«Guarda, ecco il villaggio» annunciò Marc indicandole la sommità di una collina.«Com'è grazioso!» esclamò Jane.Da lontano sembrava un paesino da favola ma, a mano a mano che ci si avvicinava, s'intravedevano le

singole case dipinte di giallo, con le persiane verdi e moderne antenne che svettavano sui tetti rossi. Mentre salivano per la strada principale, parecchie persone si fermarono a salutare cordialmente Marc, tanto che, una volta raggiunta la piazza centrale, Jane ebbe l'impressione di essere stata presentata ad almeno la metà degli abitanti del villaggio.

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Seduti a un tavolo all'esterno di una pâtisserie, furono serviti da una sorridente cameriera, con la quale furono scambiati i soliti saluti di rito.

«Caffè o pasticcini?» le chiese infine Marc.«Credo che assaggerò entrambi» decise Jane. «E del succo d'arancia, per favore. Ne ho davvero bisogno,

dopo questa scarpinata!»«Ma la veduta valeva bene un po' di fatica, non ti pare?» le domandò Marc indicandole la chiesa in pietra

alle loro spalle e la ripida stradina in discesa che conduceva fuori del villaggio.Jane sorrise. «Sei molto legato a questi luoghi, non è vero?»Marc annuì. «Sì. Non mi riferisco soltanto al paese oppure alla campagna, per quanto belli possano essere,

ma alla gente. È vero che sono dei tradizionalisti e a volte mi mandano su tutte le furie, ma mi piace sentirmi parte di questa comunità.»

Jane lo guardò con tenerezza e un pizzico d'invidia. Lei non aveva mai provato un così forte legame, neanche per la sua famiglia. Marc invece era il prodotto di quella comunità, in cui la gente viveva intensamente l'amore, l'odio, la lealtà verso gli amici. Lui apparteneva a quel mondo e lei a quel punto non aveva più dubbi: avrebbe desiderato farne parte insieme a lui, sebbene non osasse neanche sperarlo.

Quando, qualche ora più tardi, il resto della famiglia si ritrovò per il pranzo domenicale, quel sentimento si rafforzò ulteriormente nel cuore di Jane. Yvonne aveva apparecchiato una lunga tavolata in giardino; così, intorno all'una, quando il clan fu al gran completo, Jane rimase stupita di fronte all'esuberanza di baci, abbracci e grida festose. Quando Marc la prese per mano e la portò al centro del gruppo per le presentazioni, lei cercò di fissare nella memoria i nomi di ciascuno.

«Jane, ti presento il resto della mia famiglia. Mio fratello Paul e sua moglie Christine, le loro due bambine Sophie e Colette e, dall'altra parte, mio fratello Robert, sua moglie Monique e il piccolo Pierre. E questa è mia sorella, Laurette, con il suo fidanzato Jacques Dussert. Ragazzi, questa è Jane West. È una produttrice di vino ed è possibile che io acquisti la sua azienda in Tasmania.»

Jane provò un briciolo di rammarico, mentre guardava le facce sorridenti intorno a sé. Quanto Marc aveva

detto era vero, ma nulla nelle sue parole lasciava sospettare che tra di loro ci fosse qualcosa di più. Comunque, le sembrò di intuire una scintilla di curiosità negli occhi delle ragazze, mentre le si avvicinavano per stringerle la mano e baciarla sulle guance.

C'era una notevole rassomiglianza fra i membri della famiglia Le Rossignol. Paul e Robert erano alti come Marc e avevano i suoi stessi colori, sebbene nessuno di loro possedesse il suo magnetismo. Solo Laurette, piccola e scura di capelli, e con gli stessi occhi blu di suo padre, sembrava condividere la sua espressione ironica e provocatoria. Quanto agli altri, Jane dovette accontentarsi di registrare qualche dettaglio superficiale: il sorriso aperto della bionda Christine, gli elaborati abiti indossati dalle sue figlie, l'eleganza di Monique, gli occhi di Jacques, che non si staccavano mai da Laurette.

«Armand, pensa tu agli aperitivi prima che io inizi a servire il pranzo» sollecitò la madre di Marc.Jane cercò di seguire la conversazione, ma riuscì a carpire solo qualche rapida battuta in francese, finché

Laurette, seduta accanto a lei, non le venne in aiuto. Dal momento che Marc era impegnato in un'accesa discussione di lavoro con suo padre e i fratelli, Jane appagò la curiosità di Laurette rispondendo a numerose domande sull'Australia. Era una ragazza vivace e divertente e, grazie a lei, Jane non si sentì esclusa dal resto della famiglia. Di tanto in tanto Marc si rivolgeva a lei con un commento o una domanda, cosicché alla fine del pranzo si scoprì rilassata e felice. Si sentì ancora di più a casa quando Laurette organizzò una partita di nascondino per divertire le due annoiate nipotine. La maggior parte degli adulti declinarono l'invito a partecipare, mentre Jacques balzò immediatamente dalla sedia. Con sorpresa di Jane, anche Marc si alzò in piedi e offrì la sua collaborazione a Sophie e Colette.

«Su, Jane» le ordinò. «Queste due non possono essere lasciate sole. Dobbiamo giocare anche noi.»«Evviva!» gridò Colette. «Lo zio Marc conosce un modo di giocare molto speciale, sai, Jane? Fa finta di

essere un mostro che va a caccia di bambine per mangiarle.»Vedendo come Marc si divertisse un mondo a spaventare le nipoti, Jane restò sconcertata. Tutta la sua

arroganza sembrava scomparsa, mentre si aggirava nel giardino e saltellava fra i cespugli tra le grida divertite ed elettrizzate delle due bambine. Che padre meraviglioso sarebbe stato! pensò Jane guardandolo

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travolgere una delle nipoti in un abbraccio affettuoso.«Smettila, Marc! Le farai venire gli incubi!» protestò.«Sciocchezze! Si sta divertendo un mondo» replicò lui con occhi scintillanti.Per qualche istante restarono a fissarsi sorridendo, mentre una corrente di complicità sembrava scorrere tra

di loro. Poi, improvvisamente, l'espressione sul viso di Marc cambiò, come se avesse visto qualcuno al di là della sua spalla.

«Bene, guarda chi c'è» disse con la solita aria fredda e ironica.Jane si voltò ed emise un gemito. «Simone!» sibilò.Era come se una nuvola avesse eclissato il sole e un freddo vento la facesse rabbrividire. Vide Marc

abbracciarla e baciarla sulle guance, e così anche tutti gli altri, ansiosi di salutare la nuova arrivata. Soltanto Laurette le offrì riluttante una guancia, malgrado il suo temperamento esuberante. Un lampo di ostilità brillò negli occhi di Simone allorché vide Jane.

Lei, al contrario, le si fece incontro tendendole la mano con un sorriso disarmante.«Jane, che sorpresa! Cosa ci fai qui?»«Sono stata invitata da Marc» rispose lei con tono insolente.Simone aggrottò le sopracciglia e guardò Marc con espressione indulgente. «Che bella idea, chéri»

commentò falsamente. «Il volo dall'Australia è estremamente noioso; hai fatto bene a portarti qualcuno per compagnia. Inoltre Jane sarà contenta di visitare posti nuovi, prima di tornare definitivamente a casa.»

Marc sembrò non accorgersi delle offese implicite in quelle parole.«Dovete scusarci» annunciò bruscamente. «Io e Simone abbiamo delle questioni urgenti da discutere, che

potrebbero richiedere parecchio tempo. Vi prego, intrattenete Jane al mio posto.»«Certo, non preoccuparti» sibilò Jane sarcastica. «Laurette e Jacques giocheranno a nascondino con me.»La sorella di Marc le rivolse uno sguardo divertito, prima di intervenire in sua difesa. «Il tuo colloquio con

Simone non può proprio aspettare, Marc?» chiese gentilmente. «Jane ha fatto un lungo viaggio per venire a trovarci, ed è un peccato farle sprecare parte del suo tempo per colpa di questioni finanziarie.»

Marc si limitò a rivolgerle un'occhiata obliqua. «Non posso farci niente. È molto urgente, scusateci.»«Mon Dieu!» esclamò Yvonne. «Lascia almeno che la povera Simone beva un bicchiere di vino.»Simone si sedette con un sorriso trionfante, mentre Marc non fece nulla per nascondere la propria

impazienza. Quando Simone finì di bere, lui balzò in piedi.«Potremmo essere impegnati per parecchie ore; quindi è meglio che vi saluti ora.»A quelle parole tutti si mossero, cominciando a organizzarsi per tornare a casa e ripetendo il rituale dei

saluti. Jane fu colta da un senso di desolazione all'idea che tutta quell'allegra brigata lasciasse il castello. Mentre era in piedi a guardarli sconsolata, Laurette le posò una mano sulla spalla.

«Jacques e io resteremo qui stanotte» la informò. «Sai, mi piacerebbe conoscerti meglio. Perché non vieni a bere un caffè nella mia stanza?»

«Ti ringrazio, ma non dovremmo dare una mano a tua madre?» replicò Jane.Madame Le Rossignol s'intromise inaspettatamente nella conversazione. «Non preoccuparti, cara. La

governante oggi ha una ragazza venuta dal villaggio per aiutarla. Va' pure a fare una chiacchierata con Laurette.»

La sorella di Marc occupava una bellissima camera che dava sulla terrazza, le cui pareti erano elegantemente decorate con stucchi bianchi e verdi.

«Mettiti comoda» le suggerì Laurette indicandole i due enormi letti a baldacchino in legno intarsiato. «Il fatto che questo posto somigli a un museo, non significa che ci si debba comportare come in chiesa. Accomodati su un letto; ti raggiungerò non appena avrò preparato il caffè.»

Attraversò la stanza e aprì un armadio a muro, rivelando una graziosa cucina in miniatura. Dopo qualche minuto la stanza era pervasa da un gradevole aroma di caffè.

«Sei sicura che al tuo fidanzato non dispiacerà di rimanere da solo?» le chiese Jane.«Certo che no» rispose Laurette tranquillamente. «Jacques aveva in mente di andare a pescare stasera.

Dice che lo aiuta a distrarsi da altri pensieri, quando stiamo qui. Anche se dividiamo un appartamento a Nantes, mia madre si è fatta venire un infarto quando le ho proposto di farci dormire nella stessa camera.

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Vedi, ha una mentalità a dir poco medievale...»«Oh, no!» esclamò Jane preoccupata. «Immaginavo che avremmo potuto offenderla. Marc e io...»

S'interruppe imbarazzata.«Lo so!» annunciò Laurette in un sussurro. «Maman mi ha rivelato l'orribile segreto. Voi due dormite

insieme in una delle camere nella torre. Be', Marc è più determinato di me, e probabilmente avrà finto di non sentire le sue proteste. Ma devo avvertirti: lei si aspetta un annuncio di matrimonio da un giorno all'altro... per rimettere a posto le cose!»

Jane trasalì. «Davvero? Poverina! Dio, sono così imbarazzata! Ascolta, Laurette, tanto vale che tu conosca la verità. Marc e io abbiamo litigato e io mi sono trasferita in un'altra stanza. Comunque, anche quando dormivamo insieme, lui non ha mai parlato di fidanzamento, né tanto meno di matrimonio.»

«Stai dicendo che non intendete sposarvi?» chiese Laurette con aria perplessa. «Io ero convinta del contrario. Quando ho visto come guardavi Marc dopo pranzo, avrei giurato che eri pazza di lui.»

Un'ombra oscurò il volto di Jane. «Questo non significa che lui sia pazzo di me» osservò con amarezza.Laurette le rivolse uno sguardo pensoso. «Deve essere una cosa piuttosto seria per lui, dal momento che ti

ha invitato qui. Non l'ha mai fatto con nessun'altra, a parte Simone. E ormai sono secoli che non pensa più a lei. Non credo che l'abbia mai perdonata per aver sposato Gilles.»

«Intendi dire che Simone è sposata?» le chiese Jane sbalordita.«Ora non più» rispose Laurette. «Suo marito era un pilota di Formula Uno; rimase ucciso in un incidente

parecchi anni fa. Tuttavia, se Marc l'avesse amata veramente, l'avrebbe già sposata da un pezzo. Dio solo sa quanto lei lo vorrebbe!»

«Quando venne in Tasmania, Simone mi raccontò che erano sul punto di sposarsi» si lasciò sfuggire Jane.Laurette aggrottò la fronte. «È la prima volta che lo sento dire. E, se vuoi sapere come la penso, non credo

a una parola di tutto ciò. Marc non avrebbe avuto una relazione con te, se avesse deciso di sposare Simone. Tu non ne sei convinta?»

Jane sospirò scuotendo il capo. «Non lo so.»

«Ma lui deve averti detto cosa prova per te!»«È proprio questo il problema. Non l'ha mai fatto!» si sfogò Jane in tono disperato. «Lui è sempre

talmente reticente!»«Hai ragione» ammise Laurette. «Marc tende a tenere tutto dentro di sé. Perché non provi a parlargli?

Fagli capire quanto questa situazione ti faccia soffrire e chiedigli cosa vuole esattamente da te.»Jane accettò una seconda tazza di caffè e assentì cupamente. «Va bene» promise. «Lo farò.»

Parecchie ore più tardi si svegliò da un tormentato dormiveglia, sentendo dei passi che salivano verso la camera di Marc. Era quasi mezzanotte; il colloquio con Simone doveva essersi concluso. Il cuore le balzò in gola al pensiero di quello che stava per fare, ma ormai aveva deciso. Non poteva sopportare ancora quell'incertezza; avrebbe seguito il consiglio di Laurette. Per quanto arduo potesse essere, avrebbe confessato a Marc di amarlo e lo avrebbe implorato di essere sincero con lei. Prendendo fiato, diede un'occhiata alla sua immagine nello specchio. Se Marc non voleva impegnarsi seriamente con lei, avrebbe dovuto dirglielo in faccia.

Sollevando i lembi della camicia da notte, Jane salì a piedi nudi gli scalini e bussò alla pesante porta di quercia. Dopo alcuni istanti la porta si aprì scricchiolando, ma non c'era Marc nella penombra. Era una donna in una camicia da notte ancora più succinta della sua.

«Simone!» ansimò Jane.«Ciao» la salutò l'altra con uno sguardo divertito. «Temo che Marc sia già a letto e io sto giusto per

raggiungerlo. Hai bisogno di qualcosa di urgente?»

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8

Jane trascorse una notte decisamente agitata. Dopo lo shock iniziale, aveva farfugliato qualcosa di incomprensibile e si era ritirata nella sua stanza, ma l'incredulità ben presto era stata soppiantata dalla frustrazione, dalla disperazione e dalla collera. Alle quattro del mattino era ancora distesa al buio, con gli occhi che le bruciavano e un terribile mal di testa, senza avere idea di cosa fare l'indomani. Finalmente verso l'alba cadde in un sonno inquieto, ma fu svegliata da un insistente bussare alla porta.

Marc', pensò con un filo di speranza. Forse è qui per darmi delle spiegazioni.«Avanti» ordinò ad alta voce.La porta si aprì, ma non era Marc, con un vassoio di croissants in mano. Era Simone. Jane s'irrigidì alla

vista dell'espressione attenta della donna.«Cosa vuoi?» le domandò senza mezzi termini.Simone attraversò la stanza e sistemò una sedia accanto al letto, con l'aria di un detective pronto a

sottoporre l'interrogato a un terzo grado.«Ho qualcosa da dirti» esordì.«A che proposito?»«Circa la tua posizione qui» spiegò Simone accendendo l'abat-jour. «Poverina, hai pianto, non è vero?»«Ti sbagli» la contraddisse Jane. «Ho sempre le borse sotto gli occhi prima di truccarmi la mattina.» Si

sporse verso di lei e la esaminò attentamente. «Vedo che tu hai lo stesso problema» soggiunse.Gli occhi di Simone scintillarono di collera, ma lei respirò profondamente e si sforzò di sorridere.«Non posso biasimarti per essere ostile nei miei confronti» commentò. «È una situazione difficile per tutte

e due. Mi dispiace di averti messo in imbarazzo stanotte, ma devi capire che io e Marc non ci vedevamo da settimane, e i nostri incontri sono sempre bollenti in queste circostanze. Comunque, non devi sentirti ferita. Sono certa che Marc dormirà con te, stanotte.»

«No, non lo farà!» s'infiammò Jane. «Forse per te questo triangolo amoroso è un gioco divertente e sofisticato, ma ti garantisco che per me non lo è affatto.»

«Allora cosa intendi fare?» le chiese Simone con voce suadente.Gli occhi di Jane si serrarono fino a diventare due fessure scintillanti. «Tanto per cominciare, intendo dire

a Marc cosa penso esattamente del suo comportamento disgustoso» sentenziò, tirando via le coperte e alzandosi dal letto.

Simone la trattenne per un braccio. «Puoi fare quello che vuoi» disse. «Ma sei sicura di volerlo? Se ora vai da Marc, sai benissimo che ti metterai in ridicolo ai suoi occhi, cedendo alla tensione e mettendoti a piangere. Questo non gli piacerà; non so se te ne sei già accorta, ma lui detesta le scenate.»

Jane soffocò un gemito. Aveva una gran voglia di urlare in faccia a Marc cosa pensava di lui, ma sarebbe servito? Simone aveva ragione. Lui le avrebbe rivolto uno dei suoi sguardi sprezzanti e lei avrebbe perduto fino all'ultima briciola di dignità.

«Vorrei essere a un milione di miglia da qui!» sbottò irata.Simone annuì. «In effetti non è una cattiva idea» osservò. «Naturalmente puoi però rimanere qui, se è

invece questo che desideri.»«Certo che no!» gridò Jane esasperata.«Allora perché non te ne torni in Australia? Io dirò ai padroni di casa che hai ricevuto una telefonata

urgente, magari che tuo padre è malato. Posso anche accompagnarti a Brive. Il treno impiega quattro ore per arrivare a Parigi; lì potrai prendere un volo per l'Australia.»

«Stai cercando di liberarti di me, non è vero?» osservò Jane amaramente.Simone si strinse nelle spalle. «Non lo nego, ma non puoi biasimarmi. Se tu partissi, sarebbe tutto più

facile per me, e meno doloroso per te.»Jane non disse nulla, ma si limitò a fissare il vuoto. Poteva chiedere consiglio a Laurette, ma non se la

sentiva di raccontarle come Marc l'avesse umiliata. Nonostante detestasse l'idea di seguire il suggerimento di Simone, doveva ammettere che quella sembrava l'unica via d'uscita. Inoltre poteva sempre scrivere una

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lettera ai genitori di Marc, ringraziandoli per la loro ospitalità. A un tratto si decise.«D'accordo. Me ne andrò» dichiarò con aria desolata.«Hai fatto una scelta molto saggia» mormorò Simone. «Ascolta, io ora andrò di sopra a vestirmi. Sarò

pronta tra... facciamo dieci minuti?»Nessuno le vide lasciare il castello. Jane continuò a sperare che qualcuno aprisse una finestra e gridasse

loro di fermarsi, ma non accadde nulla del genere. L'intero edificio sembrava sonnecchiare oziosamente nella pallida luce dell'alba, quando la macchina rossa di Simone uscì dal vialetto di ghiaia.

Durante il tragitto Jane non disse una parola, ma continuò a fissare la campagna che scorreva al di là del vetro del finestrino. La testa le faceva male e un nodo le stringeva la gola. Ancora non riusciva a credere che il suo mondo potesse essersi capovolto nel giro di poche ore.

Giunte alla stazione, Simone si dimostrò molto efficiente, occupandosi del bagaglio e dell'acquisto del biglietto. Si offrì anche di restare con Jane fino alla partenza del treno, ma lei si ribellò.

«Non preoccuparti, intendo partire e non cambierà idea» borbottò.«Stavo solo cercando di essere gentile» protestò Simone.Jane fece una smorfia. «Ti ringrazio per il passaggio, ma non c'è bisogno di essere ipocriti. Noi non siamo

amiche, Simone. Tu non vedi l'ora di liberarti di me e io di andarmene via. Quindi diciamoci addio e lasciamo le cose come stanno.»

«Come vuoi» acconsentì Simone con un'alzata di spalle. «Addio. E buona fortuna per la tua azienda. Non credo che Marc intenda ancora acquistarla.»

«Addio, Simone. Spero che tu e Marc siate felici.»È la bugia più grossa che io abbia mai detto, pensò Jane, guardando l'elegante figura allontanarsi dalla

sala d'aspetto. Non spero affatto che siano felici; spero che siano disperati come lo sono io in questo momento. Un groviglio di risentimento, gelosia e incredulità le attanagliava la mente, ma, nonostante quanto era successo, desiderava rivedere Marc. Si guardò attorno. Una marea di facce estranee scorreva in ogni direzione, facendola sentire ancora più sola e desolata. Improvvisamente una figura sulla porta attirò la sua

attenzione e il suo cuore quasi smise di battere.Era lui, con un'espressione alquanto seccata, che cercava di farsi strada con determinazione attraverso la

folla. I suoi occhi incontrarono quelli di Jane, e un lampo di trionfo gli illuminò il viso. Lei si voltò per fuggire, ma fu bloccata da un grosso carrello carico di valigie. Si guardò intorno come un animale in trappola per cercare un'altra via d'uscita, ma si sentì afferrare per il polso.

«Dove diavolo credi di andare?» le gridò Marc. «Perché Simone ti ha portato qui? E dov'è ora?»«Se n'è andata» borbottò Jane cupamente.Gli occhi di Marc brillavano per la collera. «Non mi hai ancora detto cosa diavolo ci fai qui!» sbottò.

«Non è buona consuetudine per un ospite sparire di casa alle sei del mattino senza neanche una parola. Voglio sapere cosa sei venuta a fare qui!»

«Come l'hai saputo?» domandò Jane con voce incerta.«Ho sentito l'auto allontanarsi e mi è sembrato di vedere voi due a bordo. Non è stato facile mettermi sulle

vostre tracce, ma ora non ha più importanza. Perché sei venuta alla stazione?»Jane si trattenne dal ribattergli che non era buona consuetudine dormire con due donne a notti alterne. Si

limitò a scrollare le spalle con indifferenza.«Ho ricevuto una telefonata da mio padre» mentì. «Mi ha detto che ha cambiato idea circa la proprietà e

ha deciso di restituirmi la mia parte di denaro; quindi non ho più nessun problema. Voglio andare a casa e mettere tutto nero su bianco, prima che torni sulla sua decisione. Se tu deciderai di non comprare Saddler's Corner, probabilmente lo farò io.»

Marc la guardò inorridito. «E vuoi andartene così? Se è vero che tuo padre ha cambiato idea, puoi prendere accordi per telefono o attraverso il fax. I miei genitori si aspettano che tu resti per qualche altro giorno, e io ho ancora molte cose da mostrarti.»

Per un attimo Jane fu toccata dalla sua costernazione, ma poi l'immagine di Simone sulla soglia della sua camera da letto le ritornò dolorosamente alla memoria.

«Be', considerando la nuova piega degli avvenimenti, tutto questo non ha più senso, non credi?» ribatté Angela Devine 91 1996 - Amatissimo Intruso

freddamente.Marc si accigliò per un attimo. «Ti riferisci a quanto è successo stanotte?» domandò lui esasperato.

«Ascolta, Jane, quello non ha significato niente per me. È stato stupido e di cattivo gusto. Non c'è ragione di lasciare che rovini ciò che c'è tra noi.»

Jane si sentì punta nell'orgoglio. Come poteva liquidare in due parole l'episodio con Simone?«Quello che c'è tra noi?» gli fece eco con una smorfia crudele. «Cosa c'è tra noi? Tanto vale che tu sappia

la verità, Marc.» Colta da un'improvvisa ispirazione, lasciò che il desiderio di vendetta prendesse il sopravvento. «L'unica ragione per cui sono venuta a letto con te è che speravo che tu mi avresti aiutato a recuperare la mia azienda! Dunque a questo punto non c'è motivo di restare ancora qui, ti pare?»

Marc impallidì.«Sgualdrina» mormorò. «Intrigante, immorale, sporca sgualdrina.»«Tutto è permesso in guerra e in amore» lo prese in giro lei scuotendo la testa. «Allora, vuoi che ti

rispedisca le tue cose, quando arriverò in Tasmania? Immagino che non intenderai tornarci personalmente.»Marc scoppiò in una risata amara. «Spero di non dover rivedere mai più quel posto» disse con voce roca.

«E tanto meno te.»Jane dovette voltarsi per nascondere le lacrime che le brillavano agli angoli degli occhi. Un momento

dopo aveva recuperato il controllo delle proprie emozioni, e la sua voce era fredda e tagliente come una lama.

«Addio, Marc. O forse dovrei dire adieu?»

Jane giunse a casa due giorni dopo, esausta e depressa. Fu un doppio shock trovarsi catapultata dall'estate europea all'inverno australiano, ma il brutto tempo non faceva che rispecchiare il suo stato d'animo. Sebbene non fossero ancora le cinque, era già quasi buio. Il cielo era color piombo e banchi di nebbia erano sospesi come stracci intorno alle colline. Faceva freddo, ma il gelo che le stringeva il cuore era di gran lunga più pungente. Battendo i denti, aprì la porta sul retro.

La sua casa non le era mai sembrata tanto vuota e desolata. Pensò che un bagno caldo le avrebbe tirato su il morale, ma poi ricordò di aver spento la caldaia insieme a Marc, prima della loro partenza. Bene, si sarebbe accontentata di una veloce rinfrescata e di uno spuntino. Riempì il bollitore e si preparò un tè. Sorseggiando la bevanda fumante si rese conto di non aver mangiato praticamente nulla negli ultimi due giorni. Era troppo sconvolta per sentire la fame, anzi l'idea del cibo la disgustava ancora. Il suo buonsenso però si ribellava al pensiero di ammalarsi per colpa di Marc.

Aprì il freezer e passò in rivista i contenitori scrupolosamente etichettati con la calligrafia di Marc. Estrasse dello stufato di manzo e lo infilò nel forno a microonde. Fu un errore. Il profumo che si diffuse nella stanza le ricordò il precedente ritorno a casa. Ripensò al turbolento incontro con Marc nella cantina, seguito dalla cena a lume di candela. Aveva creduto di odiarlo: quel sentimento istintivo era del tutto fondato! Avrebbe dovuto essere grata per come era finita tutta la storia, ma in realtà la gratitudine non era tra i sentimenti che provava, mentre stava lì seduta a mangiare stufato al tavolo di cucina. Quando ebbe finito, lasciò tutto nel lavello, si trascinò al piano superiore e crollò sul letto. Si risvegliò da un sonno agitato l'indomani mattina, poco dopo le otto, e scoprì che stava ancora piovendo.

«Devo reagire» si disse ad alta voce. «Così non posso andare avanti. Anche se ferita, ho ancora del lavoro da svolgere, e non devo darmi per vinta.»

Dopo una doccia calda scese in cucina e cominciò a rovistare alla ricerca di qualcosa da mangiare. Trovò croissants e pane francese congelati. Riempì un vassoio di dolci e caffè e si diresse nel salotto, dove accese il fuoco e si sedette per fare mente locale.

«Vediamo» rifletté a voce alta. «Ci sarà di certo qualcosa da fare nel vigneto o nella rimessa.»In quel periodo dell'anno di solito c'erano lavoretti da eseguire all'aperto, ma il tempo non lo permetteva, e

sicuramente Charlie Kendall non si sarebbe fatto vivo quel giorno. Meglio così. Lei non si sentiva ancora pronta ad affrontare la compagnia di qualcuno.

Visto che nella rimessa tutto era in ordine, Jane decise di occuparsi del compito che la preoccupava di più. Avrebbe messo via tutte le cose di Marc, e poi gliele avrebbe spedite in Francia.

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Ma, nel momento in cui entrò nella stanza degli ospiti, fu assalita dallo sconforto, alla vista del grande letto dove aveva dormito con lui. Era una tortura vedere i suoi maglioni di cachemire, gli abiti di sartoria e le scarpe italiane fatte a mano che lui era solito portare. Non c'erano oggetti lasciati in giro nella camera; tuttavia un raccoglitore giallo pieno di fotografie saltò agli occhi di Jane. Lo aprì e cominciò a scorrere le foto che si erano scattati a vicenda durante il giro fatto sull'isola. C'era lei che sorrideva sbarazzina dalla groppa di un cavallo nella Huon Valley, felice ed entusiasta nel ristorante girevole, in atteggiamento professionale nell'azienda Pipers Brook. Marc appariva in poche foto, ma una di esse la colpì particolarmente. Era stata scattata a entrambi da un turista giapponese sulla pista da ballo del Launceston Country Club. Lei aveva uno sguardo raggiante, ma la tenerezza che si leggeva negli occhi di Marc mentre la guardava la lasciò perplessa.

Mi amava! Almeno per un po' Marc mi ha amata!, si ripeté. Impulsivamente prese una penna e scrisse di getto sul retro della foto la data e qualche riga: Mio adorato Marc, anche se mi hai spezzato il cuore, io ti amerò sempre. Sempre, sempre, sempre. Jane.

Poi accartocciò la foto e la scaraventò per terra.«Come posso essere tanto stupida?» gridò istericamente. «Devo dimenticarlo, non continuare a rigirare il

coltello nella piaga! Forse, quando mi sarò liberata di tutta questa roba, mi sentirò meglio.»Quindi cominciò a tirar via gli abiti dalle grucce e dai cassetti. Aveva appena finito di accumulare tutto in

una disordinata pila sul letto, quando squillò il telefono. Senza grande interesse Jane andò a rispondere.«Pronto.»«Jane.»Lei rimase letteralmente di ghiaccio. Era Marc, e sembrava vicinissimo, come se si trovasse nella stanza

accanto.«Ho bisogno di parlarti. Abbiamo alcune faccende da discutere.»«Ti sbagli! Non abbiamo niente da dirci!» gridò lei in preda alla collera. «Per l'amor del cielo, vuoi

lasciarmi in pace? Non voglio vederti mai più!»

A quelle parole la sua voce si spezzò e Jane riabbassò energicamente il ricevitore. Fu scossa da un brivido.«Devo stare calma» s'impose. «Ora mi preparerò una tazza di tè e starò molto tranquilla.»Il bollitore aveva appena iniziato a bollire quando qualcuno bussò alla porta.«Avanti» disse distrattamente.Era Brett, con un quotidiano in testa per ripararsi dalla pioggia e un cartone di latte sotto il braccio.

«Buongiorno, Jane» la salutò allegramente. «Perché non mi hai detto che saresti tornata così presto? Ti avrei fatto trovare qualcosa da mangiare nel frigorifero. Ho visto del fumo uscire dal camino, e ho pensato di venire con del latte e del pane fresco.»

Con uno sforzo Jane cercò di avere un'aria di normalità.«Oh, Brett, che gentile. Vieni dentro e asciugati. Dimmi, come sta Karen?»«Karen sta benone» rispose Brett, stampando le impronte degli scarponi sullo zerbino. «Veramente, stiamo

pensando di sposarci.»«Ne sono molto felice.» Jane lo abbracciò, dimenticando per un attimo i propri guai.«E Marc?» riprese Brett, aspettandosi notizie altrettanto liete.Jane aggrottò la fronte, stringendo sconsolata il pane tra le braccia. «Oh, Brett!!!»Qualche minuto dopo i suoi singhiozzi cominciarono ad acquietarsi, mentre Brett le tamponava il viso con

una salvietta e con aria preoccupata.«Io lo uccido, quel francese, semmai gli verrà in mente di tornare qui» giurò.«Non lo farà» gli assicurò Jane tristemente. «Ha detto di non voler rivedere mai più me né la Tasmania.

Oh, Brett, sono così infelice!»«Su, tesoro, non ricominciare ora» le ordinò dolcemente Brett. «Incontrerai qualcun altro, prima o poi. Ne

sono sicuro.»«Io non voglio qualcun altro.»Brett la guardò con aria assorta.«Devi pensare alla tua vita. Resterai da sola, se non incomincerai a uscire di casa.»

Angela Devine 95 1996 - Amatissimo Intruso

«Io voglio restare da sola!» piagnucolò Jane. «Ne ho abbastanza degli uomini. Comunque ho ancora la mia azienda, anche se a questo punto non ha più molta importanza per me. Sempre che il mio adorato padre non decida di vendere la proprietà a qualcun altro.»

«No!» Brett sbatté la mano sulla coscia poderosa. «Parola mia, non lo farà! Non posso fare molto per te per quanto riguarda quel bastardo di un francese, Jane, ma ti aiuterò a risolvere la questione dell'azienda. Tuo padre non ha il diritto di controllare il tuo denaro. Ti dirò io cosa devi fare: se quel francese non intende acquistare Saddler's Corner, allora dovrai farlo tu. Se non altro avrai un tetto e un lavoro garantiti, sia che ti sposi oppure no.»

Jane lo guardò come se fosse un alieno. «Comprare Saddler's Corner?» gli fece eco perplessa. «Come potrei? Non ho altro denaro oltre a quello già vincolato dalla compagnia di mio padre.»

«Tu no, ma io sì» ribatté Brett. «Ho un bel gruzzolo da parte, e garantirò per te affinché tu possa ottenere un prestito bancario.»

Jane lo guardò con un'espressione turbata. «Faresti davvero questo per me?» gli domandò.«Certo che lo farei. Devi considerare che sarebbe anche un ottimo investimento. Ma ti avverto: dovrai

trovare un amministratore in gamba che si occupi della contabilità.»Jane era talmente commossa da non riuscire a proferire parola. «Sì, certo» acconsentì in fretta, mentre le

lacrime le rigavano le guance. «Oh, Brett, sei un vero amico!» Lo abbracciò di slancio e lui le batté nervosamente la mano sulla spalla.

«Bene, ora però non ricominciare a piangere» l'ammonì. «Perché invece non entriamo subito in azione? Chiamiamo tuo padre e informiamolo della tua intenzione di acquistare la proprietà. Il termine per l'opzione di acquisto è già scaduto?»

Jane si sforzò di concentrarsi.«Credo di sì, ma non ne sono sicura. In ogni caso non dovrebbe mancare molto, e sono certa che Marc non

intende più approfittarne. Muoviamoci, Brett. Chiamiamo mio padre e risolviamo la faccenda prima possibile.»

Brett compose il numero e le passò la cornetta. Jane inspirò profondamente e cercò di prepararsi psicologicamente al confronto che l'aspettava. Con sua sorpresa la telefonata si rivelò molto più breve del previsto. Quando lei riabbassò il ricevitore e si volse verso Brett, i suoi occhi erano spalancati e le guance cineree.

«Cosa c'è?» volle sapere Brett.«È troppo tardi» mormorò Jane. «Marc ha già comprato la proprietà.»

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9

Jane non riusciva a credere che la crudeltà di Marc fosse arrivata a tanto. Come aveva potuto punirla per averlo lasciato, buttandola spietatamente in mezzo alla strada? Mentre sedeva stordita, Brett esplose in un'appassionata serie di improperi, minacce e propositi di vendetta. Una strana, innaturale calma calò invece su Jane, che alzò la mano per farlo tacere.

«Va tutto bene, Brett» gli assicurò con freddezza. «Ti sono grata per quanto hai fatto, ma ora sono stanca di lottare. Semplicemente non me ne importa più. Quando Marc verrà a prendere possesso della proprietà, farò i bagagli e me ne andrò. Non credo che avrà il fegato di farlo di persona, comunque.»

«Ma dove andrai? Cosa farai?» gridò Brett furioso. «Non è giusto!»Jane scrollò le spalle. «Non me ne importa più niente del denaro, né dell'azienda» affermò stancamente.

«Sono sicura che troverò un lavoro da qualche parte.»«Ascolta, Jane...»«No, Brett» insistette lei fermamente. «Lascia perdere, ti prego. Andrà tutto bene.»Durante il fine settimana Jane si recò a Richmond, e tornò con un giornale di annunci di lavoro.La bassa pressione si stava allontanando e il tempo era nettamente migliorato. La temperatura era mite,

tanto che guardando il cielo azzurro e terso Jane poteva quasi illudersi che fosse primavera. Tuttavia i vigneti sulle colline circostanti erano spogli. Avevano bisogno di essere potati al più presto, ma quello non era più un suo problema. Con un sospiro percorse il vialetto ghiaioso, parcheggiò ed entrò in casa. Si era già seduta al tavolo del soggiorno ed era immersa nella lettura degli annunci, quando udì il motore di un'auto che si avvicinava. Il rumore si spense e passi decisi scricchiolarono sulla ghiaia. Jane si avviò ad aprire la porta posteriore.

«Sei tu, Bre...? Oh!»L'universo sembrò volteggiarle follemente attorno. Intravedeva la luce del sole che si rifrangeva sulle

foglie bagnate di rugiada, percepiva il profumo della dafne, ma era il colore caldo della giacca scamosciata che le stava di fronte a catalizzare la sua attenzione. Era Marc, non c'era dubbio, sebbene lei facesse fatica a crederlo. Indietreggiò di un passo e tirò un profondo respiro.

«Che cosa ci fai qui?» gli domandò con una voce carica di risentimento. «Sei venuto a buttarmi fuori?»Lui la scrutò con una calma irritante. Con un sorriso amaro le passò accanto ed entrò nel soggiorno con un

atteggiamento da padrone.«Al contrario» rispose buttando un foglio sul tavolo. «Sono venuto per darti questo documento, che

comprova il tuo diritto di proprietà sull'azienda.»Jane corrugò la fronte sconcertata. «Cosa stai cercando di dirmi?»«È molto semplice» spiegò lui con aria impaziente. «Ho acquistato la proprietà a tuo nome, e ora ti sto

consegnando l'attestato di proprietà.»«Saddler's Corner'?» gli fece eco lei. «Tu l'hai acquistato a mio nome?»«Sì.»«Perché?»«Non mi piaceva l'idea che tuo padre potesse estrometterti, nel caso che io lo avessi lasciato scadere

l'opzione. Anche se c'è dell'odio tra noi, io ti devo qualcosa, Jane.»Lei gli volse le spalle in un moto istintivo e disperato.«Non devi pagarmi per aver fatto del sesso con te» affermò con voce tremante.Marc la raggiunse e le prese il mento tra le mani, costringendola a guardarlo.«Ti sembrerà strano, ma non è il sesso che sto pagando, come dici tu!» replicò aspramente. «Mi hai dato

molto di più, e io voglio offrirti qualcosa in cambio.»Un nodo serrava la gola di Jane fino a farle male, impedendole quasi di parlare.«Cosa ti ho dato?»Il volto di Marc si adombrò. «La tua verginità, con tutto ciò che essa comporta» mormorò. «Innocenza.

Fiducia. Amore, forse. Sento di doverti qualcosa per questo.»Angela Devine 99 1996 - Amatissimo Intruso

Jane prese fiato. C'era un misto di odio e tenerezza negli occhi di lui, che le diede la forza di ribattere con tagliente sarcasmo.

«E la mia innocenza, la mia fiducia, il mio amore hanno significato molto per te, vero?»«Stranamente, sì» rispose Marc in tono freddo. «Finché tu non mi hai tradito e abbandonato.»«Io ti ho tradito e abbandonato? Hai un bel coraggio a dire una cosa simile, visto come mi hai trattato!»Marc aggrottò la fronte.«Non so di cosa diavolo tu stia parlando» disse fra i denti. «La mia coscienza è perfettamente a posto. A

questo punto non c'è più motivo di rimanere qui a scambiare insulti con te. Avanti, firma quel documento e toglierò il disturbo una volta per tutte!»

Jane prese il foglio e cercò di restituirglielo.«Non lo voglio! L'azienda non mi interessa più» gridò.«Non è questo che mi hai detto l'ultima volta che ci siamo visti» la prese in giro Marc.«Non mi importa di quello che ti ho detto. Credi di poter venire qui e scaricarti la coscienza per quello che

hai fatto con Simone liquidandomi con del denaro, non è vero? Be', ti sbagli! Nessuna proprietà e nessuna cifra al mondo potrebbero compensare il male che mi hai fatto, e sappi che non voglio niente da te. Ora vattene, lasciami in pace!»

Marc la guardò con un'espressione perplessa.«Quello che ho fatto con Simone» ripeté a se stesso. «E cosa avrei fatto esattamente con Simone, secondo

te?»«Devo proprio ricordartelo?» gli urlò Jane fuori di sé. «Lo sai bene quello che hai fatto! Hai dormito con

lei la notte prima che io partissi.»Marc scosse il capo sbalordito.«Sei impazzita, Jane? Io non ho fatto niente del genere!» protestò.Lei lo guardò, altrettanto incredula. Poi l'immagine di Simone le tornò alla memoria più vivida che mai.«Non mentire! Salii da te quella notte, e Simone venne ad aprire la porta in camicia da notte. Mi disse che

tu eri già a letto.»Marc si voltò e sbatté con violenza i pugni sul tavolo.«Io non ero nella mia stanza quella notte. Ero andato a pescare con Jacques!»Il cuore di Jane prese a battere furiosamente. Desiderava credergli, lo desiderava più di ogni altra cosa.

Eppure non riusciva a liberarsi del sospetto che lui si stesse prendendo di nuovo gioco di lei.«Be', perché Simone avrebbe dovuto dirmi che eri con lei?» gli chiese.I loro sguardi s'incontrarono; ci fu un lungo silenzio, al termine del quale entrambi trassero la stessa

conclusione. Marc sospirò.«Perché mi voleva per sé» borbottò. «Mon Dieu, che idiota sono stato a credere alle sue rassicurazioni.

Diceva che tu le piacevi, che ci augurava tutto il bene possibile... Jane, perché venisti in camera mia quella notte?»

Jane avrebbe voluto mentire per salvare il proprio orgoglio, ma gli occhi indagatori di Marc sembravano sondarle l'anima.

«Ero venuta per dirti che ti amavo» svelò con voce roca. «E per chiederti se provavi qualcosa per me.»Una lacrima le tremò sulle ciglia, poi le scivolò lentamente lungo la guancia. Lei tirò su col naso e

improvvisamente si ritrovò stretta fra le braccia di Marc.«Amore mio» le sussurrò lui. «Che stupidi siamo stati! È troppo tardi per dirti che ti amo anch'io con tutto

il cuore?»«Marc, non prendermi in giro!» lo implorò. «Non riuscirei a sopportare un altro inganno.»«Io ti amo, Jane» insistette Marc, fissando i suoi occhi verdi. «Ti amo come non ho mai amato nessun'altra

donna in vita mia.»Ancora incapace di mettere da parte ogni sospetto, Jane sostenne lo sguardo di lui.«Allora perché poco fa mi hai detto quelle cose?»«Non volevo riconoscerlo» ammise Marc. «Non ero più stato innamorato da quando avevo diciannove

anni, e stavolta provavo un sentimento talmente intenso e profondo da esserne spaventato. Non mi piaceva Angela Devine 101 1996 - Amatissimo Intruso

essere così vulnerabile.»«Di chi eri innamorato allora?» volle sapere Jane.Lui la guardò con una smorfia amara sulle labbra.«Credo che tu lo sappia già» osservò dolcemente.«Simone?»Marc annuì.«Cosa accadde?»Marc cominciò a passeggiare per la stanza.«Ero studente universitario» cominciò con voce piatta. «Una volta tornai a casa per la festa della

vendemmia e Simone e io bevemmo un po' troppo. Era una serata calda e... Fu la mia prima esperienza sessuale, e scatenò in me un tale sconvolgimento che ne rimasi turbato. Dissi a Simone che l'amavo, che volevo sposarla e lei mi assicurò che provava gli stessi sentimenti.» S'interruppe, come se fosse assorto nei propri ricordi.

«E allora?» lo sollecitò Jane.«Dovetti tornare all'università, a Parigi, ma quando tornai a casa per le vacanze di Natale ero determinato

a impegnarmi con lei. Avevo intenzione di donarle un anello di fidanzamento, ma, prima di averne l'occasione, mi accorsi che un certo Gilles Boutin, un corridore automobilistico, le ronzava continuamente intorno. Dapprima non diedi peso alla cosa, poi vidi che Simone aveva già al dito un anello molto più prezioso del mio. Mi disse che lei e Gilles erano fidanzati.»

Jane provò un moto di pietà per Marc, sebbene fosse già stata informata per sommi capi da Laurette sulla vicenda.

«Cosa provasti?» gli chiese dolcemente.«I primi giorni rimasi distrutto dal dolore. In seguito, gradualmente, mi resi conto che non era tanto la

perdita di Simone a farmi soffrire, quanto il mio orgoglio ferito. Oggi credo che quello non fosse vero amore, ma una cotta da ragazzi. E le sono grato per avermi respinto.»

«Perché?» gli domandò Jane meravigliata.«Perché ora avrei una moglie che non mi ama. Anche dopo la morte di Gilles, quando mi fece capire

chiaramente che avrebbe voluto sposarmi, ero certo che lo desiderasse solo perché nel frattempo ero diventato piuttosto facoltoso. Molto meglio restare scapolo, non ti pare?»

«Non hai mai pensato di sposare qualcun'altra?»«No, perché non ho mai incontrato una donna che illuminasse la mia vita, che mi facesse sentire felice e

disperato al tempo stesso, che mi facesse impazzire... ma senza la quale non potessi vivere! Finché non ho conosciuto te.»

Jane emise un profondo respiro. «Lo pensi veramente?»«Sì, e non credere che ne fossi tanto felice, all'inizio. Non ero abituato a essere tenuto in pugno da

qualcuno; così cominciai a contrastare questo sentimento in tutti i modi e con tutte le mie forze. Quando, la prima volta che facemmo l'amore, tu dicesti di amarmi, mi sentii il re dell'universo. Eppure al tempo stesso rimasi terrorizzato. E se tu avessi cambiato idea come Simone? Comunque, non sopportavo l'idea di allontanarmi da te; quindi ti chiesi di seguirmi in Francia.»

«Come avrei voluto saperlo!» si lamentò Jane. «Ero così disperata all'idea di essere solo un passatempo per te...»

Marc la guardò con un'ironica aria inquisitoria. «Non è esattamente quello che mi dicesti alla stazione di Brive» le ricordò. «Allora dichiarasti di essere venuta a letto con me solo per riconquistare la proprietà della tua azienda. Come ti giustifichi ora, mademoiselle?»

«Mentivo» fu costretta ad ammettere Jane. «Volevo ferirti come tu avevi fatto con me. Mi sembrava di impazzire all'idea che tu dormissi con Simone.»

Marc le afferrò la chioma e la tirò verso sé. «Come hai potuto credere a una cosa simile? Non ho certo invitato Simone al castello per portarmela a letto.»

«Allora perché?»«C'erano veramente molti dettagli finanziari da definire» le spiegò Marc. «Da tempo i miei genitori erano

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stanchi di occuparsi della conduzione dell'azienda. In Francia le leggi sui passaggi di proprietà sono molto complesse; così, visto che nessuno dei miei fratelli era interessato, decisi di farmi guidare da Simone nell'acquisto. Volevo che tutto fosse in ordine, dal momento che la mia vita sembrava sull'orlo di una svolta.»

«Ti credo» gli concesse. «Ma credo anche che dovrai trovarti un nuovo amministratore per il futuro.»«Sono d'accordo con te» convenne Marc divertito. «Sto pensando anche seriamente di sposarmi, e spero di

avere dei bambini. Quindi avrò bisogno di parecchio spazio, e il castello mi sembra una buona soluzione.»«Marc, ci sono sessantasette stanze in quel castello» gli rammentò lei.Le braccia di lui la circondarono. «Mmm. Dovremo metterci subito al lavoro, se vogliamo riempirle

tutte.»La luce maliziosa nei suoi occhi scomparve, e il suo volto assunse un'espressione seria.«Vuoi sposarmi, Jane? Vuoi essere mia moglie e la madre dei miei figli?»Lei si drizzò sulle punte e gli chiuse la bocca con un lungo, invitante bacio.«Certo che lo voglio» rispose.«Si? Mon Dieu, hai detto sì!» esclamò stringendola fra le braccia fino a farle male. «A questo punto non

c'è più niente che possa salvarti da me, mademoiselle! O dovrei dire madame? Sì, perché molto presto tu sarai Madame Le Rossignol.» Stampò un altro bacio sulle sue labbra, la prese in braccio e la portò con impazienza nella sua camera. Aprì la porta con un calcio e depositò Jane sul grande letto. Quindi si sdraiò accanto a lei e cominciò ad accarezzarla.

«Sei così bella, amore mio!» le sussurrò. «Le parole non bastano a esprimere quello che sento per te.»Jane gli sfiorò lo zigomo con un dito, mentre lui iniziava lentamente a sbottonarle la camicetta. Poi le

slacciò il reggiseno, chinandosi per percepire il profumo della sua pelle. Lei chiuse gli occhi e gemette di piacere al fremito di eccitazione che la percorse per tutto il corpo. Senza fretta, Marc aspettò che la schiena di lei si arcuasse, offrendosi completamente a lui.

«Sei pronta?» mormorò.

«Sì. Oh, sì, Marc, amore mio.»Con un gemito lui si alzò in piedi e si liberò dei vestiti. Quindi si chinò su di lei, lasciandosi avvinghiare

dalle sue braccia. Quando Jane sentì su di sé il peso del suo corpo caldo e virile, non volle indugiare oltre.«Ti amo, Marc» gli sussurrò.Le mani di lui erano fra i suoi capelli, i suoi occhi la fissavano e le sue labbra si posarono avide su di lei.«Anch'io ti amo, Jane.»Mentre i loro corpi si muovevano all'unisono, lei gli cinse il collo con le braccia e si arrese a una felicità

inesprimibile. Tutte le sue preoccupazioni erano scomparse. Marc era davvero lì, con lei. L'amava e voleva sposarla. Si era introdotto nella sua vita come un intruso; ora era il suo uomo. La sua vita adesso era perfetta, e ciò era più che sufficiente a farla piangere di gioia.

FINE

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