«Amadís encantado». Scrittori e modelli in tensione alla ... · quecento spagnolo ed europeo....

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ANNA BUGNOLO Università di Potenza Amadis encantado. Scrittori e modelli in tensione alla nascita del genere dei libros de caballerías La pubblicazione dei quattro libri di Amadis de Gaula a Saragozza nel 1508 segna la nascita del genere dei libros de caballerías^, bestsellers del cin- quecento spagnolo ed europeo. Nascita che avviene non senza travaglio, dato che la riscrittura del testo medievale effettuata da Montalvo, mentre ripropo- ne per il pubblico del XVI secolo il patrimonio dei mirabolanti universi av- venturosi arturiani, lo trasforma alterando definitivamente l'archetipo. La rielaborazione rinuncia sempre più spesso all'alternanza dei moltepli- ci fili narrativi, risolvendosi nella ricerca di una più salda unità 2 . Inoltre la necessità di prendere le distanze dal modello della narrazione di finzione, giudicata frivola e soggetta all'accusa di falsità, porta Montalvo a non assu- mere l'antico racconto nella sua forma immediata, ma a porlo al servizio di un'intenzione didattica e esemplare, sovrapponendo alla storia la giustificazio- ne morale di vari "ejemplos y doctrinas". Il lavoro di rifacimento di Montalvo comportava uno sforzo notevole. Gli si presentava infatti il problema di conciliare due esigenze contrapposte: da un lato gli premeva riscattare dall'oblio un racconto attraente; dall'altro lo animava un desiderio più ambizioso: proporre un nuovo tipo umano, un cavaliere che compendiasse le qualità di perfetto amante, guerriero e cortigiano, ideale consi- gliere di principi e loro imprescindibile sostegno militare, e infine saggio ammi- 1 Cfr. D. Eisenberg, A Definitìon, in Romances of Chivalry in thè Spanish Golden Age, Newark (Del.) 1982, pp. 1-8. 2 Cfr. E Weber de Kurlat, Estructura novelesca del "Amadis de Gaula", in "Revista de Literaturas Modernas" V, 1966, pp. 29-54; F.W. Pierce, Unos aspectos menos conocidos del "Amadis", in Actas del V Congreso Internacional de Hispanistas, Bordeaux 1977, II, pp. 677-86; J.M. Cacho Blecua, El entrelazamiento en el "Amadis"y en las "Sergas de Esplandián" in Studia in honorem Prof. Martin de Riquer, Barcelona, Quadras Crema, 1986, I, pp. 235-71.

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ANNA BUGNOLO

Università di Potenza

Amadis encantado. Scrittori e modelli in tensione alla nascitadel genere dei libros de caballerías

La pubblicazione dei quattro libri di Amadis de Gaula a Saragozza nel1508 segna la nascita del genere dei libros de caballerías^, bestsellers del cin-quecento spagnolo ed europeo. Nascita che avviene non senza travaglio, datoche la riscrittura del testo medievale effettuata da Montalvo, mentre ripropo-ne per il pubblico del XVI secolo il patrimonio dei mirabolanti universi av-venturosi arturiani, lo trasforma alterando definitivamente l'archetipo.

La rielaborazione rinuncia sempre più spesso all'alternanza dei moltepli-ci fili narrativi, risolvendosi nella ricerca di una più salda unità2. Inoltre lanecessità di prendere le distanze dal modello della narrazione di finzione,giudicata frivola e soggetta all'accusa di falsità, porta Montalvo a non assu-mere l'antico racconto nella sua forma immediata, ma a porlo al servizio diun'intenzione didattica e esemplare, sovrapponendo alla storia la giustificazio-ne morale di vari "ejemplos y doctrinas".

Il lavoro di rifacimento di Montalvo comportava uno sforzo notevole. Glisi presentava infatti il problema di conciliare due esigenze contrapposte: da unlato gli premeva riscattare dall'oblio un racconto attraente; dall'altro lo animavaun desiderio più ambizioso: proporre un nuovo tipo umano, un cavaliere checompendiasse le qualità di perfetto amante, guerriero e cortigiano, ideale consi-gliere di principi e loro imprescindibile sostegno militare, e infine saggio ammi-

1 Cfr. D. Eisenberg, A Definitìon, in Romances of Chivalry in thè Spanish Golden Age,Newark (Del.) 1982, pp. 1-8.

2 Cfr. E Weber de Kurlat, Estructura novelesca del "Amadis de Gaula", in "Revista deLiteraturas Modernas" V, 1966, pp. 29-54; F.W. Pierce, Unos aspectos menos conocidos del"Amadis", in Actas del V Congreso Internacional de Hispanistas, Bordeaux 1977, II, pp. 677-86;

J.M. Cacho Blecua, El entrelazamiento en el "Amadis"y en las "Sergas de Esplandián" in Studiain honorem Prof. Martin de Riquer, Barcelona, Quadras Crema, 1986, I, pp. 235-71.

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nistratore del suo stato. L'eroe cristiano esemplare inoltre non poteva appariremosso da rutili motivi personali, ma votato a una missione di portata collettiva:quella di difendere la fede cattolica e di ampliarne l'area di influenza, a mag-gior gloria di Dio e della cristianità, in sintonia con il rinnovamento religioso eil riaccendersi degli ideali di crociata dell'epoca dei Re Cattolici.

Il proposito di Montalvo, mi pare, matura e si chiarisce lentamente, amano a mano che avanza il lavoro di riscrittura del testo primitivo, per dive-nire infine esplicito nel V libro: se il personaggio di Amadis soddisfaceva tuttele condizioni previe, il nuovo eroe si incarnava nel figlio, protagonista dellacontinuazione, Las sergas de Esplandián. Parte della critica ha interpretato que-sto libro in antitesi agli altri, chiamando "antiartiirico" il nuovo atteggiamentocon cui il narratore delinea la superiorità morale del figlio sul padre e volendovedere in ciò il segno di una ritrattazione di Montalvo, pentito di aver messoal centro dei primi libri un eroe troppo laico e spensierato3. Mi pare piuttostoche i cinque libri vadano letti come un'unica opera, in cui convivono in ten-sione due tendenze contrapposte, quella dell'abbandono all'affabulazione fan-tastica, al moltiplicarsi delle avventure e degli scenari meravigliosi, e quella delpedagogismo esemplare, che intende porre il libro al servizio di un intentoeducativo, forse connesso con la presa di coscienza di una nuova responsabilitàdi fronte all'inedita vastità del pubblico del libro a stampa.

L'anziano regidor appare insomma non meno affascinato dall'incanto delmito, di quanto non sia impegnato ad indicare precisi codici di comporta-mento con reali implicazioni sociali4. Seppure nel corpus formato dai cinque

3 Cfr. S. Gilí Gaya, "Las Sergas de Esplandián" corno critica de la caballería bretona, in"Boletín de la Biblioteca Menéndez y Pelayo", XXIII, 1947, pp. 103-111; E. Piace, Montalvo'sOutrageous Recantation, "HR", XXXVII, 1969, pp. 192-98; J. Amezcua, La oposición de Mon-talvo al mundo del "Amadù de Gaula", "NRFH", XXI, 1972, pp. 320-37; E.R. González eJ.T. Roberts, Montalvo's recantation, revisited, "BHS", LV, 1978, pp. 203-10; A. van Beyster-veldt, La transformación de la misión del caballero andante en el "Esplandián"y sus repercusionesen la concepción del amor cortés, "ZRPh", 97, 1981, pp. 352-69; e inoltre Id., Amadis-Esplan-didn-Calisto. Historia de un linaje adulterado, Madrid, 1982, pp. 47-122; J. Rodríguez Vela-seo, "Yo soy de la Gran Bretaña, no sé si la oistes acá decir". La tradición de Esplandián, 'RLit",Lili, 105, 1991, pp. 49-61; EJ. Sales Dasí, "Las Sergas de Espalandián": ¿una ficciónejemplar?, in Historias y ficciones: coloquio sobre la literatura del siglo XV, a cura di R. Beltrán,J.L. Canet e J.L. Sirera, Valencia 1992, pp. 83-92.

4 Cfr. C. Samonà, La narrativa: stilizzazione e tramonto della civiltà cortese, in A. Var-varo e C. Samonà, La letteratura spagnola. Dal Cid ai Re cattolici, Firenze-Milano, SansoniAccademia, 1972, pp. 183-214.

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libri il rapporto tra i due poli di attrazione non resti immutato - l'adesionedi Esplandián ad una guerra santa è segno del maggior peso acquisitodall'istanza politico-morale - ciò nonostante l'equilibrio si mantiene, confe-rendo alla discontinuità tra i primi quattro libri e il quinto più il carattere diuna progressione che quello di una frattura. Il difficile equilibrio che Montal-vo è riuscito a mantenere imbrigliando con dolcezza la letteratura di evasionenel progetto esemplare, si rompe però immediatamente dopo di lui. I suoicontinuatori cercano di spostare il genere in direzione dell'una o dell'altraistanza, dando luogo a due linee parallele e contrapposte, rappresentate daquattro romanzi scritti in reciproca polemica, che saranno oggetto di esamenella presente relazione. Si tratta del Fbrisando di Páez de Ribera (6°) (Sala-manca 1510); del Lisuarte de Grecia di Feliciano de Silva (7°) (Siviglia 1514);del Lisuarte de Grecia di Juan Díaz (8°) (Siviglia 1526) e del Amadis de Gre-cia di Feliciano de Silva (9°) (Cuenca 1530)5.

SCHEMA

< Florisando 6° (Páez de Ribera) —>Lisuarte 8°(Juan Díaz)

Lisuarte 7° (F. de Silva) —> Amadis de Grecia 9°(F. de Silva)

Nell'opinione di Páez de Ribera, autore del libro 6°, Montalvo è colpe-vole soprattutto di eccessiva disinvoltura in materia di incantamenti. Preoc-cupato delle responsabilità degli scrittori nei confronti del pubblico6, egli an-tepone alla sua storia vari capitoli di considerazioni scientifìco-teologiche, di-squisendo sulla veracità degli incantesimi, sulla plausibilità della preveggenzae sulla possibilità di vincere la morte per magia. In primo luogo denuncia lanatura demoniaca delle profezie, negando che alcuno, oltre Dio, possa cono-

5 Per questi libri sono ancora un punto di riferimento valido P. Gayangos, Discursopreliminar, in Libros de caballerías, Madrid 1857 (B.A.E. t. XL), pp. III-LXI, (soprattutto pp.XXVI-XXXTV); e H. Thomas, Spanish and Portuguese Romances of Chivalry, Cambridge1920; tr. sp. Las novelas de caballerías españolas y portuguesas, Madrid 1952 (a cui si fa riferi-mento), pp. 54-59.

6 "E como viesse el error de aquellos libros de Amadis y Esplandián y el gran dañoque por lo mal escripto dello se seguía en los rústicos y torpes corazones..", Páez de Ribera,Florisando (Salamanca 1510, London, British Library, C.20.e.34), fol. n.

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scere il futuro7. Nega quindi che si possa con arti magiche sottrarsi alla mor-te, credenza che contraddice le Sacre Scritture e rasenta l'idolatria. Inoltre,pur concedendo che esistano proprietà fisiche di certe pietre (la calamita),esclude la possibilità di spostare magicamente oggetti o far sparire persone. Inconclusione contesta la verosimiglianza dei poteri di Urganda, nega cheAmadis possa essere stato incantato e che il castello dell'Insula Firme possaesser stato sollevato in aria e sprofondato in un abisso come racconta il pe-nultimo capitolo delle Sergas.

Infatti il punto in cui si manifesta maggiormente la divergenza tra gliscrittori è proprio l'interpretazione di quest'incantamento: Amadis, Esplan-dian, con i loro compagni, collocati in lussuosi troni nel palazzo dell'InsulaFirme, erano stati sottoposti da Urganda ad un sortilegio che li aveva resi im-mortali. Sarebbero tornati assieme ad Artù (anch'egli incantato da Morgana),per restituire alla cristianità i regni nel frattempo perduti8.

Per Montalvo l'incantesimo aveva un valore doppiamente positivo: pre-servava i protagonisti dall'invecchiamento e dalla morte dando loro un futu-ro, pretesto per ulteriori continuazioni; inoltre, assimilandoli ad Artù, inca-stonava saldamente la storia di Amadis nella preistoria arturiana, conferendolela stessa dignità leggendaria. Páez de Ribera pone l'episodio in una luce di-versa. Pur concesso che i protagonisti dell'Amadis fossero stati incantati, nonfu Urganda che li incantò, ma la volontà di Dio che permise che fossero al-lontanati dalla vita per punire i loro peccati, grazie a un intervento diabolico.Il solo modo per liberarli dall'incantesimo è perciò la contrizione e la pre-ghiera, che mitighi l'ira divina e ottenga il perdono.

Il disincantamento avviene mediante i riti di una religiosità tutta este-riore. Su consiglio del papa, cinque monaci si recano sul posto forniti di op-portune reliquie (il braccio di San Silvestro)9, non senza aver mobilitato lapopolazione in speciali penitenze. La vigilia di San Giovanni, riunite la

7 Ma discute in termini scientifici alcune interessanti eccezioni, per es. la singolare lu-cidità dei melanconici nei pronostici per l'avvenire, Fiorisando, fol. iii.

8 Cfr. Sergas de Esplandidn, cap. 183, in Gayangos, Libros de caballerías, pp.558-60; ecapp. 98-99, ivi, pp. 495-501, in cui l'autore narra la propria visita al palazzo sotterraneo e aipersonaggi incantati, episodio che darà spunto a quello cervantino della cueva de Montesinos;cfr. M.R. Lida de Malkiel, Dos huellas del "Esplandidn" en el "Quijote"y en el "Persiles", "Ro-mance Philology", IX, 1955, pp.156-62.

9 Fiorisando, cap. 90.

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maggiori autorità religiose e convocato il popolo in una imponente proces-sione, si celebra la cerimonia: quattro arcivescovi dicono messa, mentre allapresenza della sacra reliquia la preghiera si protrae per un giorno e una not-te. Infine, all'alba, la terra comincia a tremare e...miracolo! ricompare il pa-lazzo. La processione vi entra cantando il Te Deum e Amadís e i suoi com-pagni, ancora insensibili, si ridestano dopo quindici anni al tocco del brac-cio di San Silvestro10.

Apprendiamo in seguito che le "malas y perversas costumbres" chehanno provocato l'ira di Dio non sono altro che le usanze cavalieresche: èpeccato trascorrere la vita errando in cerca di vane avventure, così come,da parte di dame e donzelle, arrischiarsi da sole per le strade, dando luogoa gravi disordini. Nel cap. 228 assistiamo quindi ad un solenne giuramen-to: i re riuniti, oltre a promettere di bruciare tutti i libri magici, giuranodi bandire dai loro regni cavalieri e donzelle "andanti", che rappresentanoun rischio per la pace della cristianità (è per questo, dice l'autore, che algiorno d'oggi non se ne vedono più). Appianate le discordie tramite lacompleta abolizione del mondo cavalieresco, il romanzo si avvia alla con-clusione.

Páez de Ribera aveva così affermato una linea che, pur ponendosi comeprosecuzione ideale dell'opera di Montalvo, faceva prevalere decisamente unadelle due esigenze che il regidor ancora teneva faticosamente insieme ". Maeliminandone i protagonisti tradizionali - i cavalieri erranti - e l'azione prin-cipale - le avventure - aveva condotto il genere in un vicolo cieco.

Contemporaneamente Feliciano de Silva scriveva il Lisuarte de Grecia(Siviglia 1514), ignorando il libro 6° e continuando il 5° in direzione dell'al-tra tendenza. È un'opera di pura finzione, priva di interventi didattici e diaggressività nei confronti del mondo arturiano, in cui i motivi dei libri diAmadís vengono adottati moltiplicando i fili narrativi in un'operazione diamplificazione manierista che complica l'impostazione di Montalvo con rad-

10 Solo il nano Ardián viene lasciato ancora per qualche tempo incantato, perché la vi-sta dell'opera diabolica ammonisca e edifichi la gente: Florisando, cap. 152.

11 Cfr. l'interpretazione di M. Chevalier, Le roman de chevalerie morìgéné. Le "Florisan-do", "BHi" LX, 1958, pp. 441-9. F.F. Curto Herrero, Estructura de los libros españoles de ca-ballerías en el siglo XVI, Madrid, Fundación Juan March, 1976 (Serie Universitaria 12), p.20,considera il Florisando un caso di variazione per reazione nell'evoluzione del genere.

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doppiamenti e simmetrie12. Feliciano de Silva inoltre non esita a far sue tuttele funzioni che alla magia aveva attribuito Montalvo 13; in questo contesto ilproblema del disincantamento viene risolto secondo la tradizione, con un'av-ventura che mette fine all'incantesimo: nel momento in cui Lisuarte estraeuna spada che trafiggeva magicamente un feroce leone, tutti gli incantamentisvaniscono, e il castello dell'Insula Firme ricompare14.

Il libro 8°, il Lisuarte de Grecia di Juan Díaz, che uscì a Siviglia nel1526, probabilmente fu scritto molto prima, perché ignora completamente illibro 7° e si pone come continuazione del 6°, cercando di risolvere l'impassein cui Páez de Ribera aveva lasciato il genere. L'autore mette in atto una deci-sa rivalutazione dell'istituzione cavalieresca, la cui abolizione aveva gettato iregni cristiani nell'impossibilità di difendersi; fa risaltare la sua funzione socia-le, ma anche la necessità di regolarne i compiti e di farne cessare gli abusi. Ilgiuramento che aveva impegnato i protagonisti del 6° libro viene sciolto dalladispensa del papa, che detta regole molto precise perché i cavalieri si compor-tino secondo la morale cristiana e rivolgano le loro forze esclusivamente con-tro gli infedeli15; così regolamentate, le avventure possono continuare.

12 Ci sono due protagonisti. Probabilmente risente dell'influenza del Palmerin e Prima-león, che furono dati alle stampe in quegli stessi anni (1511-12); sono opere che entrano nelladiscussione come modelli alternativi, più lontane da preoccupazioni educative e volte a pro-porre una più schietta finzione. Curto Herrero, Estructura, cit., p. 26, sostiene che la pubbli-cazione del Palmerin mette fine alla linea "antiartúrica".

13 Alquife era già previsto nell'ultimo capitolo delle Sergas (è probabilmente lo stesso"gran sabio en todas las artes del mundo" che scrisse "un libro muy gracioso y muy alto entoda orden de caballería" a cui Montalvo allude concludendo la sua opera, cfr. Gayangos, Li-bros de caballerías, p. 560), Urganda viene rimessa in circolazione con il disincantamentodell'Insula Firme. C'è quindi uno sdoppiamento della figura che detiene la magia benefica, eFeliciano risolve il problema facendoli sposare — non senza che Urganda abbia confessato lasuperiorità di Alquife.

14 Lisuarte de Grecia (libro 7°), (utilizzo l'es. di Siviglia, 1525, Madrid, Nacional, U-8.571), capp. 27 e 33.

15 Lisuarte de Grecia (8°); (ho usato l'es. di Madrid, Nacional, R-71) cap. 11-13. C'èda rilevare che l'autore, con il proposito esemplare del libro, intende promuovere la difesadella cavalleria sul livello reale non meno che su quello fittizio: il suo intento apologetico, an-nunciato già nel prologo (la milizia del cavaliere è altrettanto santa e utile quanto quella delmonaco), è anche dimostrare che l'istituzione, che potrebbe apparire desueta, va invece rifon-data su basi nuove, più compiutamente cristiane.

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Sull'altra questione sollevata da Páez de Ribera, quella della perniciositàdegli incantamenti, Juan Diaz prende una.posizione moderata: oltre a distin-guere nettamente la magia buona di Urganda da quella diabolica di incanta-tori malvagi16, non lesina le meraviglie magiche e le profezie, ma pone in ri-lievo i limiti delle facoltà dell'uomo, che deve sottomettersi alla volontà diDio 17. La malattia e la morte, che non possono essere evitate, hanno il so-pravvento sui maghi non meno che sui cavalieri, e assistiamo alla esemplaremorte cristiana di Amadìs, mentre altri eroi si ritirano in convento18.

Possiamo dire quindi che il libro 8°, pur opponendosi in parte al 6°, sipone con esso come continuazione del lato didattico dell'opera di Montalvo,reinvestendo il genere della sua responsabilità esemplare. Ma tra il 1510 e il'26 erano usciti una grande quantità di libri, che davano soluzioni proprieagli stessi problemi di impostazione 19. Questi sono davvero gli anni in cui ilgenere si espande20, mentre si impone la linea proposta dall'autore del Pal-menti e da Feliciano de Silva: l'insuccesso del libro 8° (una sola edizione, nes-suna traduzione), dovuto forse alla conclusione infausta, era comunque ormaiinevitabile.

Nel libro 9°, Amadìs de Grecia (Cuenca 1530), che riprende il 7°, Fe-liciano de Silva prescinde dal libro 8°, che accusa esplicitamente di essereun intruso e una fonte di confusione nella sequenza della storia21, e ripro-

16 Come la Sabia Doncella (Lisuarte de Grecia (8°) capp. 58-62) la cui torre contieneuna complessa strumentazione e delle statue che immortalano le maghe famose, oltre a unaricca biblioteca. Ma la sua arte è dichiaratamente diabolica, fondata sull'adorazione di un ido-lo; muore suicida, portata via da una legione di diavoli.

17 Per le profezie cfr. soprattutto i capp. 7, 9 e 116. Ma i poteri di Urganda mostranotutti i loro limiti: è Dio che permette ciò che lei fa. Anche lei incorre in malattie, vecchiaia emorte. Cfr. cap. 155.

18 Capp. 164 e 186. Voglio far notare come qui il ritiro in convento non manifesti unaincompatibilità tra cavalleria e religione, ma una continuità, il coronamento della vita di unsaggio cavaliere. E un sentire comune, nell'epoca, basti pensare alla vita di Carlo V, tutta ri-volta alla guerra santa e giusta e conclusa nel ritiro di Yuste.

19 Floriseo (1516), Claridn de Landanh (1518), Caribalte (1519), Lepolemo (1521), al-tre parti del Ciarían (1522 e 24), Espejo de Caballerías (1525), Polindo (1526).

20 Curto Herrero, Estructura, cit., p. 21-33 distingue una "fase de expansión" del genere.21 "E fuera mejor que aquel otavo fenesciera en las manos de su autor y fuera abortivo,

que no que saliera a luz a ser juzgado e a dañar lo en esta gran genealogía escripto: pues dañó

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pone gli elementi che ritiene fondamentali per il genere. Qui, sebbeneall'interno di una concezione che la vede subordinata ai voleri di Dio, lamagia trionfa senza riserve, assumendo in pieno tutte le funzioni attribui-tele da Montalvo: sostegno ai cavalieri principali nel fornire loro informa-zioni e armi; prefigurazione e ricapitolazione del racconto nelle profezie;produzione di spettacolo meraviglioso o burlesco22; ed è da notare l'assenzadella magia demoniaca23. Con l'incantamento di Urganda24, con la crea-zione della Gloria di Niquea25, ma soprattutto con il Palazzo dell'Universo26, Feliciano de Silva ripristina ed arricchisce il lato magico più spettacolare

' dell'Amadis de Gaula, riproponendo strettissimi rapporti tra protagonisti eaiutanti magici. Lasciando gli eroi principali (compreso il redivivo Amadisde Gaula) incantati nel Palazzo dell'Universo, l'autore infine ripete, conmaggiore amplificazione decorativa, l'incantamento finale dell'Insula Fir-me, giudicato così poco ortodosso dal primo continuatore, insistendosull'interpretazione fantastica e liberatoria di preservazione dalla morte e difuturo leggendario ritorno27.

Feliciano de Silva, insomma, reincanta i disincantati, in chiara opposi-zione al libro 6°, in continuità con l'anima ammana di Montalvo, di cui sisente l'unico legittimo continuatore28: è sua la vera cronaca che procede dalle

así poniendo confusión en la descendida e continuación de las historias". Amadis de Grecia(Burgos 1535, Madrid, Nacional, U-8.571), fol. iii.

22 Amadis de Grecia, cap. 37. Gli incantesimi per produrre spavento o divertimentocompaiono già nel!'Amadis de Gaula, nel Palmerin de Olivia, nel Primaleón e nel Lepolemo.

23 A differenza della Sabia Doncella del libro 8°, Zirfea detiene una magia pagana, chein quanto non demoniaca può convertirsi, cfr. Amadis de Grecia, cap. 76.

24 Amadis de Grecia, II parte, cap. 10 e 62: immobilizzata con una spada conficcata nelpetto dalla sabia Zirfea, Urganda è liberata da Amadis de Grecia.

25 Paradiso di cristallo dove la principessa Niquea era stata rinchiusa dalla sabia Zirfea,impegnata ad ostacolare i suoi amori. Amadis de Grecia, capp. 30, 50, 75, 79 e 81.

26 Un vivo compendio del cosmo, un edificio di sette stanze sovrapposte, splendidamenteaffrescate con trionfi dedicati ognuno ad una divinità pagana, sovrastato da un cielo superiore incui Dio Padre esercita la sua influenza inducendo al movimento i sette cieli. Il palazzo è prodottodall'alleanza finale dei tre maghi, Urganda, Alquife e Zirfea, Amadis de Grecia, capp. 76 e 129.

27 Florisel de Niquea, figlio di Amadis de Grecia, li libererà nel prossimo romanzo.28 Inoltre rivaluta Amadis de Gaula contro Esplandián, cfr. C. Sainz de la Maza,

Sinrazón de Montalvo/Razón de Feliciano de Silva ("Amadis de Grecia", cap. CXXVIII), Di-cenda 10, 1991-92, pp. 276-91. Suìl'Amadis de Grecia, oltre a S.P. Cravens, Feliciano deSilva y los antecedentes de la novela pastoril en sus libros de caballerías, Chapel Hill (N.C.)

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Sergas, mentre il libro di Florisando "parece claro ser fabulado" perché il per-sonaggio nell'opera di Montalvo non risulta; e lo stesso vale per il Lisuarte(8°), che Feliciano accusa di mentire dove afferma che Amadìs morì primadegli 80 anni, perché le cronache autentiche attestano che ne visse più di20029. Nella difesa dell'autorevolezza della propria storia, quando Felicianoarriva senza scomporsi al paradosso di garantire la veracità di una vita bicen-tenaria, contro la plausibilità della morte di un ottantenne, non può non es-serci un sornione gesto d'intesa col lettore, altrettanto propenso ad allungarela vita di Amadìs per suo diletto personale. Gli autori del libro 6° e dell'8°vengono cosi delegittimati, accusati di confusione e falsità, in nome di unacontinuità che oramai sarà lui a garantire30.

Le conclusioni. Se, al di là dell'aneddoto, vogliamo rendere esplicite lequestioni sollevate, vediamo che non sono di poco conto.

Schematizzando, gli autori divergono sull'orientamento da dare al gene-re riguardo a tre aspetti fondamentali: 1) l'ampiezza della divaricazione traopera letteraria e realtà, cioè lo statuto della finzione; 2) il grado di didascali-smo, 3) il rapporto col lettore.

1) Statuto della finzione. Gli autori prendono posizioni differenti sullamisura in cui la finzione sia da considerare indipendente dal reale: diversa-mente da Feliciano de Silva, Páez de Ribera e Juan Díaz concepiscono il libroin stretto contatto con la realtà e sono costretti a muoversi contemporanea-mente sui due piani, con un'attenzione continua al piano referenziale.

2) Grado di didascalismo, cioè la prevalenza dell'impegno educativo odel proposito di evasione. La scelta sullo statuto della finzione e quella sulla

1976, (Estudios de Hispanófila, 38), pp. 39-74; cfr. D. Eisenberg, "Amadìs de Gaula" and"Amadìs de Grecia" in Romances of Chivalry..., cit., pp. 75-85; F. López Estrada, Los pasto-res en la obra caballeresca de Feliciano de Silva, in Homenaje al Profesor Carriazo, III, Sevil-la 1973, pp. 3-17 (4-9); e J.B. Avalle Arce, La novela pastoril española, Madrid 19742,pp. 37-39.

29 "...otro de Lisuarte donde dice que murió el esforzado rey Amadís, lo cual claro pa-rece ser fingido, porque Amadís según sus coronistas vivió más de doscientos años, y a lasazón que dice aquel libro morir, no havía ochenta, de lo cual la gran coronica de Florisel deNiquea...dá muy grande e larga relación", Amadís de Grecia, fol. ccxxxiii.

30 Pubblicando indisturbato il libro 10° {Fiorisci de Niquea, Valladolid 1532), l 'IIo

(Rogel de Grecia, Medina del Campo 1535) e le sua continuazione (Salamanca 1551). Si in-tromise solo il libro 12°, Don Silves de la Selva, di Pedro de Lujan (Siviglia 1546).

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quota di esemplarità si implicano a vicenda: chi intende la finzione legataalla realtà è chiamato a una precisa responsabilità morale e ritiene impre-scindibile un impegno di "verità" anche nella letteratura di intrattenimento.Viceversa è inevitabile che chi scrive per educare privilegi il rapporto refe-renziale. Perciò il dissenso sugli incantamenti acquista un valore emblemati-co, di misura dell'intensità del legame di referenza e del peso relativo dell'in-tento esemplare31.

3) Rapporto col lettore, cioè se lo scrittore si propone di ammonirlo ointrattenerlo; e inoltre, a che tipo di lettore fa riferimento, quanto sprovvedu-to o invece competente di convenzioni letterarie. Ciò è strettamente connessoalle alternative precedenti: l'intento didattico, con atteggiamento più o meno

31 La credibilità della magia o la riforma della cavalleria divengono un problema soloper chi, come Páez de Ribera concepisce il romanzo in funzione della realtà e ha scelto l'im-pegno didattico. Chi, come Feliciano de Silva, pensa alla cavalleria solo come mediazione let-teraria, non ha il problema di dettarne le regole.

Anche le diverse modalità del ricorso, tipico del genere, al topos della falsa traduzionesu cui si basano le pretese origini storielle dei libri (Cfr. M.C. Marín Pina, El tópico de lafalsa traducción en los libros de caballerías españoles, in Actas del III Congreso de la AsociaciónHispánica de Literatura Medieval (3-6 octubre 1989), a cura di M.I. Toro Pascua, Salamanca,Biblioteca Española del Siglo XV, 1994, I, pp. 541-48; e D. Eisenberg, The Pseudo-Histori-city ofthe Romances ofChivalry, in Romances of Chivalry..., cit., pp. 119-29), mostra la diver-genza tra gli scrittori: mentre Feliciano de Silva li circonda di un alone romanzesco accen-tuandone lo statuto di finzione (i libri sono attribuiti allo stesso mago Alquife che agisce co-me aiutante dei cavalieri, oltre che come testimone e cronista; lo statuto dichiaratamente fa-voloso dei volumi si ispira quello dell'Esplandidn, cfr. Sergas de Esplandián, in Gayangos, Li-bros de caballerías, cap. 99); Páez de Ribera e Juan Díaz li ammantano di autorità, umanisti-ca o storica, volendo fondare l'intento educativo su un prestigio che pur sanno fittizio: Páezde Ribera si dichiara traduttore di un libro ritrovato nientepopodimeno che nella bibliotecadi Petrarca (Florisando, fol.i), e Juan Díaz pretende di tradurre dalle autentiche cronachedell'imperatore di Costantinopoli, conservate a Rodi dal Gran Maestro dell'ordine di SanGiovanni (Lisuarte de Grecia 8°, fol.c). Entrambi si dicono scritti originariamente in greco,tradotti poi in toscano e in seguito in castigliano. Mi pare che questi topoi della falsa tradu-zione vadano interpretati come un modo di dissociare il narratore dall'autore, per dichiarareche l'autore non assume seriamente la responsabilità sulla verità del suo racconto, dissocia-zione che definisce, per Genette, il racconto di finzione. O, meglio ancora, uno di quei se-gni paratestuali che informano il lettore sull'opera che sta affrontando, indizi generici ine-quivocabili quanto gli incipit tradizionali come il "C'era una volta" delle fiabe. Cfr. G. Ge-nette, Fiction et diction, Parigi 1991; tr. it. Finzione e dizione, Parma 1994 (a cui mi riferi-sco), pp. 66 e 73.

Amadis encantado. Scrittori e modelli in tensione... 51

paternalistico, presuppone un lettore inferiore all'autore per cultura e co-scienza letteraria32.

In questione sono quindi nodi che diverranno centrali nelle discussionidi poetica del XVI secolo: il problema del verisimile, l'associazione orazianatra utilità e diletto, l'alternativa vulgo/lector discreto33. In definitiva lo statutoe la funzione del romanzo, la sua costituzione e la configurazione del rappor-to tra autore e lettore: da un Iato si ripresenta un rapporto didattico, in cui sioffre un'immagine esemplare dell'uomo a scopo formativo; dall'altro, pur ve-lata dietro modelli di eroi offerti all'emulazione, affiora la proposta di unrapporto di complicità fondato sul divertimento34.

L'ambiguo equilibrio ottenuto da Montalvo si è quindi disfatto, e quellache trionfa è la linea amena di Feliciano de Silva: le traduzioni italianedell'Amadis eliminano ogni digressione moraleggiante, e in Spagna e in Euro-pa il pubblico premierà i volumi più piacevoli con riedizioni che si moltipli-cheranno fino al secolo successivo35. In seguito il genere si sdoppierà, produ-

32 II carattere di questo rapporto emerge anche dai racconti sulle pretese origini a cuisi è accennato: ostentando lo statuto fittizio della sua scrittura, Feliciano de Silva instauracon il lettore una relazione di reciproco riconoscimento, lo stima capace di comprendere loiato fra finzione e realtà come anche il proprio gioco di travestimento, conferendogli la li-bertà di entrare e uscire a suo piacere dal patto di volontaria sospensione dell'incredulità chegli propone.

33 Si veda il fondamentale B. Weinberg, A History of Literary Crìticism in thè ItalianRenaissance, Chicago 1961, 2 voli.

34 Non mi pare che questi autori abbiano, su questi temi, elaborato una riflessionecosciente. Paéz de Ribera non sembra avere la statura di un intellettuale erasmista, ma pa-re semplicemente un sincero cattolico preoccupato di ridefinire l'ortodossia in una materiacontroversa e impegnato ad esortare il ceto nobiliare a una più stretta militanza politico-religiosa. E, pur non volendo affatto supporto alieno da preoccupazioni religiose, Felicianodi Silva ci appare più laico perché collocato in una posizione - quella di un ambiente diconverso - che gli rendeva odiosi tutti gli integralismi e le chiamate ad un cattolicesimopiù rigido ed aggressivo, cfr. M. Cort Daniels, Feliciano de Silva: a Sixteenth-Century Rea-der-Writer of Romance, in Creation and Re-creation: Experiments in Literary Form in EarlyModern Spain. Studies in Honor of Stephen Gilman, a cura di R.E. Surtz e N. Weinerth,Newark, (Del.) 1983, pp. 77-88. Tuttavia, ben lontano ovviamente dall'essere un antesi-gnano della teoria dell'arte per l'arte, anch'egli nei prologhi ai suoi libri cerca di giu-stificare la sua finzione con la sollecitazione alla fama ottenuta con l'esemplarità ca-valieresca.

35 È importante invece notare il destino poco felice del Florisando ristampato solo

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cendo, come frutto di questa definitiva scissione36, il sottogenere dei libros decaballerías a lo divino37.

due volte e non tradotto nelle altre lingue europoee, e del Lisuarte de Grecia (8°) non piùristampato né tradotto. Mi permetto di rimandare al mio A. Bognolo, La prima tradu-zione deW'Amadis de Gaula" in Italia: Venezia 1546, 'Annali di Ca' Foscari", XXIII,1984, pp. 1-29.

36 Mi preme far notare che questa contrapposizione tra gli autori sullo statuto el'orientamento delle loro opere non può che esser valutata all'interno di un contesto piùvasto, quello della discussione sulla liceità della letteratura di finzione, polemica che ve-drà spesso nei libros de caballerías un obbiettivo privilegiato. Le critiche al caratteremenzognero e gratuito del romanzo cavalieresco abbondano fin dalle sue origini (già nelXII secolo la Storia dei re di Britannia di GofFredo di Monmouth viene stigmatizzatacome un'impostura; la censura di Petrarca era divenuta un luogo comune "Ecco queiche le carte empion di sogni / Lancillotto, Tristano e gli altri erranti, / ove conven che'lvulgo errante agogni", Triumphus Cupidinis HI, 79-81), ma nel XVI secolo la rinascitadel genere, la rinnovata assunzione di responsabilità pedagogica prima degli erasmisti epoi dei fautori della controriforma, e infine le discussioni di poetica, contribuiscono ariattivarle. Trascurando le discussioni di poetica, che si svilupperanno in Italia soprattu-to nella seconda metà del secolo, non scarseggiano però in Spagna, già nei primi decen-ni, le voci che si alzano allarmate per la vanità e la mendacità del genere. Le critiche,che in questi anni provengono soprattutto da voci erasmiste come quella di Juan LuisVives, sono rivolte alla mancanza di verosimiglianza e alla inutilità morale di questa let-teratura. In attesa di E. Sarmati, Le critiche ai libri di cavalleria del '500 spagnolo (conuno sguardo sul '600). Un'analisi testuale, in corso di stampa presso Giardini, Pisa, perun elenco cfr. M. de Riquer, Cervantes y la caballeresca in Suma Cervantina, a cura di J.B. Avalle-Arce e E. C. Riley, London, Tamesis Books, 1973, pp. 273-292 (pp. 280-81),e inoltre M. de Riquer, Aproximación al "Quijote", Barcellona 1967, pp. 60-72; e la no-ta 6 di D. Eisenberg, Who Read thè Romances of Chivalry?, in Romances of Chivalry...cit., pp. 89-117. Gli autori del libro 6° e dell'8o si pongono in pieno all'interno di que-ste correnti culturali e, toccati dalle critiche, cercano di reagire alle insinuazioni di vuo-tezza e di nocività.

37 Q u a l c h e t i to lo: La Peregrinación de la vida del hombre o Caballero del Sol d i Pe-dro Hernández de Villaumbrales (1552; si veda ora l'ed. a cura di H. Salvador Martínez,Madrid, 1986, e lo studio di J. Checa, "El caballero del sol" de Hernández de Villaumbra-les y el género de las novelas de caballerías "a lo divino, "Crítica Hispánica", X 1988, pp49-66) La Caballería celestial del pie de la Rosa Fragrante di Jerónimo de Sampedro(1554), La caballería cristiana di Fray Jayme de Alcalá (1570).