Altruismo Ed Interdipendenza

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Filosofia buddista.

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Shakyamuni Buddha, pittura murale del tempio di Kalachara, India

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Ghescé Gnima Gyaltsen

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ALTRUISMOED INTERDIPENDENZA

Ghescé Sonam Jangchup

Il sentiero buddhista perrealizzare il comportamento altruistico

e la visione filosoficadell'interdipendenza dei fenomeni

ROMA 1998

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Indice

Introduzione..................................................................................................... 6

Prefazione........................................................................................................ 7

Le vite passate esistono................................................................................... 8

I sei mondi del samsara................................................................................... 11

II Maestro......................................................................................................... 15

La preziosa rinascita umana............................................................................. 25

La sofferenza e i dodici anelli dell'origine interdipendente............................. 37

Il Dharma......................................................................................................... 45

Il rifugio............................................................................................................ 51

Lama Tzong Khapa.......................................................................................... 58

La pratica dei Sette Rami................................................................................. 61

La felicità ed i tre tipi di praticanti................................................................... 68

I tre aspetti principali del sentiero.................................................................... 77

I - La rinuncia............................................................................................. 77

II - La vacuità.............................................................................................. 77

III - Bodhicitta: la mente dell'illuminazione............................................... 90

Shiné: La meditazione concentrativa.............................................................. 97

Il Tantra........................................................................................................... 103

La morte.......................................................................................................... 106

Il Bardo........................................................................................................... 111

Il sentiero del Bodhisattva.............................................................................. 120

Lo stato di Buddha......................................................................................... 122

Glossario........................................................................................................ 128

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Introduzione

Sono nato in Tibet, in un villaggio chiamato Arza, il 17 Luglio 1927.

Mia madre si chiamava Dròlkiob (1)(1), mio padre Namka, e con lui, dall'età di sei anni, cominciai ad imparare a leggere e scrivere. Continuai a studiare con mio padre fino a diciannove anni, quando entrai nel monastero di Ganden Jangtse, presso Lhasa, dove sotto la guida di Ghescé Gnima Gyaltsen intrapresi lo studio delle cinque principali materie delle università monastiche tibetane: epistemologia e logica, le sei perfezioni, filosofia della "via di mezzo", il testo dell’"Abhidharmakosha" (2)(2), e il "Vinaya" (3)(3).

Nel 1959 lasciai il Tibet ed andai in India, dove continuai gli studi nel monastero, lì ricostruito, di Ganden Jangtse Thösam Norling Drazang.

Dal 1967 al 1970 continuai i miei studi presso l'università di Varanasi (Benares), e nel 1971, superati gli esami, ottenni il titolo di studio di "Acharya" (4)(4).

Tre anni dopo divenni "Ghescé Larampa" (5)(5), e nel 1995 diedi anche gli esami di "Narampa"(6)(6), che durano un mese; in questo periodo per quindici giorni si discutono i testi tantrici, e nell'ultimo giorno ha luogo un dibattito (domanda e risposta) insieme a trentadue Ghescé.

Nel 1985 venni a Roma su invito dell'istituto tibetano di studi buddhisti "Samantabhadra", e da allora ne sono il maestro residente.

I miei studi tantrici li devo a Song Rinpoche, da cui ho avuto molti insegnamenti, trasmissioni ed iniziazioni, e se ho delle qualità o delle realizzazioni le devo alla sua gentilezza (6a)(6a) ed anche a quella dei miei maestri Ghescé Gnima Gyaltsen e Ghescé Sonam Gyaltsen, che è anche mio fratello (7)(7).

Ho cercato di spiegare agli studenti del nostro centro le idee salienti e più significative del "Lam.rim" (8)(8) e del "Bodhisattva-charyavatara" (9)(9), trattando solo i punti più importanti e che ritenevo loro più utili, esponendoli nel modo più adatto alla comprensione.

Non sono un saggio od un erudito, ho voluto solo esporre ciò che consideravo potesse essere di aiuto ed utilità ai miei discepoli.

Ghescé Sonam JangchupRoma, Maggio 1998

(1)(1) "Drölkiob" significa "protezione di Tara"; infatti "Drölma" è il nome tibetano di Tara, Buddha protettrice del Tibet, mentre "kiob" significa "protezione"(2)(2) Trattato di metafisica buddhista il cui autore è Vasubandhu, pandit indiano della tradizione Mahayana(3)(3) Codice di regole comportamentali che disciplinano il sangha(4)(4) Maestro spirituale(5)(5) La più alta qualifica accademica delle università monastiche tibetane, equivalente a "dottore in metafisica", o in studi religiosi(6)(6) Il più alto titolo di studi tantrici(6a)(6a) Nel Buddhismo il termine gentilezza ha un significato molto più esteso e profondo di quello che gli si attribuisce normalmente: con gentilezza si indicano l'amore, la bontà, l'aiuto sincero e, in genere, qualsiasi altra azione benefica un essere esplichi verso un altro essere(7)(7) Ghescé Sonam Gyaltsen è stato Abate dell'università tantrica di Gyu-me(8)(8) “Il Sentiero Graduale verso l’Illuminazione”, di Lama Tzon Khapa(9)(9) Testo del maestro indiano Shantideva in cui è esposto il comportamento esteriore ed interiore di un Bodhisattva

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Prefazione

Il Ven. Ghescé Sonam Jangchup, dal 1985 Lama residente dell'Istituto di studi buddhisti "Samantabhadra" di Roma, ha ottenuto i titoli accademici più elevati nelle università monastiche tibetane. È un Maestro altamente qualificato ed esperto nell'insegnamento, sia dei Sutra che dei Tantra. La sua grande saggezza, unita a doti di rara comunicativa, ne fanno uno dei maestri tibetani maggiormente apprezzati in Italia.

Gli insegnamenti contenuti in questo libro sono tratti dalle lezioni che Ghescé-La ha tenuto dal 1994 al 1996 presso l'Istituto Samantabhadra e durante le quali la traduzione simultanea (dal tibetano in italiano) è stata eseguita, con grande generosità e competenza, dalla signora Heda Klein, alla quale va la gratitudine di tutti gli studenti dell'Istituto stesso.

In, quei due anni di corso gli insegnamenti vertevano sul "Bodhisattvacharyavatara" di Shantideva e sul "Lam.rim" di Lama Tzong Khapa, perciò nell'esposizione del dharma il Maestro faceva riferimento a passaggi sia dell'uno che dell'altro testo.

Tuttavia, per rendere più agile la spiegazione di concetti non sempre facilmente comprensibili, abbiamo preferito tralasciare tali richiami, così come la gran parte delle domande e risposte, tra Maestro e discepoli, che movimentavano le lezioni.

Per quel che riguarda i termini sanscriti e tibetani, abbiamo adottato una trascrizione fonetica semplificata per rendere accessibile e scorrevole la lettura anche a coloro che non conoscono il sanscrito ed il tibetano scritto e parlato.

Le registrazioni di tali insegnamenti sono state trascritte e rielaborate in maniera tale da sintetizzare il pensiero del Maestro, e qualsiasi eventuale errore od imprecisione, anche nel contenuto, è da attribuire esclusivamente a coloro che hanno materialmente steso il testo.

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Le vite passate esistono

Secondo voi esistono le vite future oppure no?

Personalmente, grazie agli studi fatti, ho compreso l'esistenza delle vite future, e, in virtù del ragionamento, ora so che devo pensare ad esse.

Molti si chiedono perché non ricordiamo le vite passate dal momento che le abbiamo vissute. Ma ricordiamo forse noi ciò che abbiamo fatto quando avevamo tre, quattro mesi, o un anno, o addirittura quattro, cinque anni? Se riflettiamo bene anche su cosa rammentiamo di questa attuale vita, la maggior parte delle persone dovrà ammettere che ricorda solo gli eventi più salienti e particolari, mentre tutto il resto rimane avvolto in una fitta nebbia di sensazioni piacevoli o spiacevoli. Tuttavia è sicuro che abbiamo avuto determinate esperienze quotidiane dal momento in cui siamo nati, eppure il tempo ne ha cancellato il ricordo.

Lo stesso principio è valido per comprendere l'oblio delle esistenze passate: gli esseri ordinari, a causa delle oscurazioni presenti nel loro continuum mentale, non le ricordano, e così spesso pensano che esse non ci siano mai state.

Riguardo alle vite passate e future, come possiamo vedere che corrispondono veramente al modo ultimo di esistere dei fenomeni?

I maestri dicono che vi sono tre modi per conoscere l'esistenza delle vite passate.

I. La conoscenza tramite percezione diretta, riservata solo agli esseri illuminati

II. Conoscenza mediante il ragionamento logico.

III. Conoscenza grazie alla fede.

I. Per dare un esempio di percezione diretta, immaginiamo una madre cui nasce un figlio: possiamo dunque affermare "questo è figlio di questa madre", "è stato concepito circa nove mesi fa".

Come noi percepiamo un tale fatto, ugualmente i Buddha, nella loro chiaroveggenza ed onniscienza, hanno la visione diretta delle vite passate e future di ogni essere; noi, invece, essendo limitati al presente, non riusciamo a percepirle direttamente e, basandoci sull'esempio della madre e del figlio, possiamo dire che vediamo solo il figlio, cioè la vita attuale, senza poterne vedere la madre, ossia l'esistenza passata.

II. IL secondo modo di comprendere l'esistenza delle vite passate e future è basato sul ragionamento logico della deduzione: se ci ricordiamo tutto ciò che abbiamo fatto ieri, è chiaro che il continuum mentale nostro della giornata di ieri deve esistere ancora in quella di oggi, altrimenti non sarebbe possibile ricordare nulla.

Lo stesso accade per il continuum mentale delle nostre vite passate che esiste e continua in questa vita. Questo è il procedimento logico per intuire l'esistenza delle vite passate e future.

Possiamo prendere come esempio un bambino che inizia la scuola: all'inizio impara l'alfabeto, il primo giorno di scuola è molto difficile per lui, ma in seguito impara a leggere e progredisce nei risultati. Tutto questo avviene grazie alle impronte karmiche depositate nel

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suo continuum mentale, proseguendo gli studi queste, impronte si rafforzano e così pure la sua capacità mentale. Questo è il meccanismo di ogni impronta karmica.

Facciamo ora l'ipotesi che queste impronte karmiche non esistano e non vi sia un continuum su cui depositarle: questo bambino, il secondo giorno di scuola avrà le stesse difficoltà del primo, e così anche in seguito, non assimilerà niente e la sua conoscenza rimarrà immutata rispetto al primo giorno.

Per fare ancora un altro esempio, se in lontananza vediamo una colonna di fumo che si alza, possiamo dedurre che una causa precedente, Il fuoco, ha provocato questo fumo.

Pensiamo anche ad una persona che entrando in una stanza sente l'odore del fumo: usando la logica, riesce a stabilire che in quella stanza qualcuno prima ha fumato (10)(10).

III. Il terzo tipo di conoscenza avviene tramite la fede.

Noi, avendo fede nella chiaroveggenza del Buddha, che è onnisciente, riusciamo a conoscere e credere verità profonde da lui rivelate e fenomeni che altrimenti ci resterebbero nascosti, essendo impossibile per gli esseri ordinari averne una conoscenza diretta. Infatti solo un Buddha conosce, con la sua chiaroveggenza, questo tipo di fatti, perché gli esseri umani ordinari non riescono a comprendere da soli come, in quale momento, in quale rinascita e in quale paese vengono accumulate le cause positive.

Così noi crediamo, grazie agli insegnamenti di Buddha, che per avere una buona rinascita umana bisogna accumulare cause positive con una buona moralità: perciò, partendo dal fatto che adesso abbiamo un buon corpo ed una buona rinascita umana, possiamo dedurre che nelle vite passate abbiamo accumulato cause positive di pura moralità, che hanno permesso tale risultato.

Lama Tzong Khapa (11)(11) ci ha dato un altro esempio del credere per fede in ciò che esiste ed è vero: l'essere certi che un comportamento positivo nel samsara produce risultati di felicità e che la realizzazione della bodhicitta e della vacuità, una volta superato il samsara, porta alla felicità pura (12)(12) dell'illuminazione perfetta, significa credere per fede in ciò che è realmente il vero modo di esistere dei fenomeni.

Questa è la conoscenza tramite la fede, tuttavia noi non dobbiamo solo limitarci a credere grazie alla fiducia nelle parole del Buddha, bensì, come egli stesso ha detto, dobbiamo anche verificare ogni cosa con il ragionamento, usando la logica: non dobbiamo insomma limitarci a prendere le verità come oro colato, ma anche rifletterci sopra. Vedremo così che, grazie agli insegnamenti dei Buddha ed alle nostre riflessioni, giungeremo ad un giusto e buon risultato.

Tutti gli esseri viventi, senza distinzione, hanno una rinascita, la differenza sta solo nella qualità e nel tipo di rinascita: può essere una rinascita positiva o negativa, di sofferenza o di felicità, ma è vero che per tutti gli esseri c'è una rinascita, che in occidente è chiamata reincarnazione.

Molte prove ci dimostrano l'esistenza di queste rinascite continue, perciò è molto importante purificare tutte le negatività che abbiamo potuto accumulare nelle vite passate e fare in modo di non accumularne altre in questa vita; solo in questo modo possiamo evitare di

(10)(10) Questo esempio è stato dato proprio dal Buddha nei “Sutra”, i suoi discorsi filosofici raccolti nel libro delle scritture canoniche(11)(11) Nella sua opera “Il sentiero graduale verso l’illuminazione perfetta”(12)(12) Che va oltre quella samsarica che è impura

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avere in futuro rinascite di sofferenza. Se poi sviluppiamo una mente positiva, rivolta al beneficio degli altri, determinata sinceramente a non nuocere mai agli esseri viventi, questo altruismo ci assicurerà in futuro una rinascita felice quali esseri umani o divinità mondane.

La felicità che ci deriverà dall'azione positiva del beneficare gli altri, maturerà sicuramente solo su noi stessi e non potrà maturare su altri esseri viventi.

Allo stesso modo, cause di felicità accumulate da altri esseri viventi non potranno maturare su di noi, perché il risultato di un'azione matura sempre sul continuum mentale di chi lo ha prodotto.

Quindi, dato che tutti noi desideriamo la felicità, è importante comprendere come poter creare cause positive.

Tutti noi adesso abbiamo nel nostro continuum mentale il seme e la potenzialità per ottenere in futuro l'illuminazione perfetta e, tramite lo studio e la pratica, questo seme continuerà a svilupparsi, finché un giorno giungeremo allo stato di Buddha e di pura felicità.

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I sei mondi del samsara

Per spiegare cosa si intende quando parliamo di "samsara" (13)(13), pensiamo ai sei stati degli esseri nei reami di esistenza ciclica: da quelli più alti a quelli più bassi, in tutti questi stati di rinascita i momenti di felicità, anche se ci sono, sono brevi, fugaci ed impermanenti, e, per la maggior parte del tempo, si sperimenta solo dolore, per cui lo stato di essere, diffuso e permanente nel samsara, è la sofferenza.

I sei mondi del samsara non sono luoghi fisici, bensì categorie: non ci sono sei universi, ma tutti i mondi ed universi si possono classificare in sei stati di esistenza .

1. "Deva", o dei: divinità samsariche

2. "Asura", o semidei

3. Esseri umani

4. "Preta", o spiriti famelici e sofferenti

5. Animali

6. Esseri negli inferni

Varie sono le cause della permanenza nel samsara, ma la principale è l'ignoranza.

Gli esseri, a seconda del karma e delle emozioni dominanti al momento della morte, sono spinti a rinascere nei diversi stati di esistenza.

Se predomina l'orgoglio possono rinascere nel mondo dei deva, l'invidia nel mondo degli asura, il desiderio-attaccamento nel mondo degli uomini, l'avarizia tra i preta, l'ignoranza tra gli animali, l'odio e l'ira negli inferni.

Un sutra di Buddha Shakyamuni dice: il numero degli esseri viventi, che morendo passa da una rinascita nei tre reami inferiori ad un'altra rinascita in uno dei tre reami inferiori, è uguale al numero di particelle di polvere che compongono il nostro mondo - ciò significa che è infinito.

Invece, il numero degli esseri viventi che morendo passa da uno dei tre reami inferiori ad una rinascita nei reami superiori, è uguale a granelli di polvere che si depositano su un'unghia.

Il numero di rinascite da un mondo superiore ad un altro è sempre uguale ai granelli di polvere su un'unghia; mentre da una rinascita superiore ad una inferiore, è nuovamente come tutti i granelli che compongono tutti i mondi.

La causa per rinascere nei tre mondi superiori, ossia come uomini, semidei e deva, sono le virtù e le azioni positive impure.

(13)(13) “Samsara” in sanscrito indica il ciclo delle esistenze: un susseguirsi doloroso e forzato di nascita, morte e rinascita degli esseri

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Deva

Quali sono gli esempi di rinascite fortunate?

Uomo, semidio e dio samsarico. Comunque è molto meglio rinascere uomo che deva, perché la rinascita come dio samsarico non permette facilmente di ottenere l'illuminazione perfetta, che si può ottenere invece più facilmente con la rinascita umana.

Infatti i deva, a differenza degli esseri umani, non hanno possibilità di accumulare virtù ed azioni positive perché, non sperimentando sofferenze grossolane, non ne riconoscono l'esistenza e non sentono la necessità di praticare il dharma: restano così costantemente in preda ai difetti mentali emotivi, cioè coltivano sempre grande attaccamento, orgoglio, invidia, gelosia, rabbia ed infinite distrazioni a causa dei molteplici piaceri della loro vita.

Ci sono diciassette mondi nel reame del desiderio, la vita degli esseri è molto lunga e piena di ogni piacere, ma questi piaceri agitano e distraggono talmente la loro mente da distoglierli da qualsiasi desiderio di ricerca del dharma e della verità, per cui sprecano tutta la loro vita in queste distrazioni e divertimenti senza sentire la necessità di rivolgersi allo studio del dharma.

Un'altra categoria di divinità appartenente al mondo senza forma, invece dei cinque aggregati ne ha solo quattro: sensazione, discriminazione, saggezza, e coscienza. A loro manca l'aggregato della forma, della materia, ed anche per questo non hanno le nostre stesse opportunità di studiare il dharma.

Asura

Sono i semidei, né deva, né uomini, bensì divinità samsariche di livello e felicità inferiori ai deva. Gli asura sono vittime dell'invidia per i deva e, colmi di orgoglio e di gelosia, sono in costante guerra con loro. Come i deva, anche gli asura conoscono con sette anni di anticipo il momento della loro morte, e soffrono molto se, con la loro chiaroveggenza, prevedono che avranno una rinascita dolorosa, magari negli inferni. Anche il loro corpo, come quello dei deva, prima di morire perde il suo splendore e la sua luce, i fiori che naturalmente li ornano si avvizziscono, cominciano ad emanare cattivo odore, le vesti si sporcano, e gli amici, intuendo la prossimità della loro morte, si allontanano lanciando loro fiori per consolarli.

Rinascita umana

Le cause per i vari tipi di rinascita nel samsara sono ben precise: quella per rinascere deva oppure essere umano è sempre il mantenimento di una perfetta moralità.

La rinascita umana è presente anche in altri mondi ed universi diversi dal nostro: possiamo rinascervi come esseri umani se manteniamo una pura moralità.

Nel mondo di Tramignen, per esempio, vi sono esseri umani che hanno un corpo come il nostro, lì, in virtù del buon karma, solo per mezzo del pensiero materializzano oggetti come cibo, vestiti, e così via.

Invece la causa per rinascere nei regni inferiori, per esempio in quello animale, è costituita sempre da azioni negative, volte a nuocere ed a danneggiare altri esseri viventi.

Prendiamo ad esempio un cavallo: non è rinato come essere umano perché non ha accumulato le cause necessarie per una tale rinascita.

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La maggior parte degli esseri viventi si trova nei tre reami inferiori di sofferenza, nei quali non è possibile accumulare le cause per una rinascita umana pienamente qualificata per la pratica (14)(14); infatti, se prendiamo gli animali o gli altri esseri dei reami inferiori, essi sono sempre sotto il dominio dei difetti mentali ed emotivi e creano in continuazione cause negative. Sono spinti da rabbia, attaccamento, orgoglio, e così via, e così non hanno la possibilità e la capacità di praticare ed accumulare le cause necessarie per l'ottenimento di una rinascita umana pienamente qualificata, come ad esempio la compassione, la pazienza, la moralità, lo sforzo entusiastico, la bodhicitta, e così via.

É bene che riflettiamo sulla possibilità di rinascere in uno dei reami inferiori di sofferenza.

Il grande maestro indiano Nagarjuna, elencando le forme di rinascite inferiori, disse di interrogarci su cosa faremmo se dovessimo - per esempio - rinascere negli inferni caldi o in quelli freddi, dove si sperimentano enormi sofferenze date dal grande calore, o dal gelo: saremmo in grado di sopportare anche solo per un giorno le sofferenze che queste rinascite comportano?

Una delle sofferenze degli inferni caldi comporta che il corpo venga segato con una sega infuocata: immaginiamo che ci venga segato un braccio. Cosa faremmo?

Se teniamo a contatto del nostro braccio il bastoncino dell'incenso acceso, cosa proviamo?

Il calore degli inferni non è come quello del bastoncino di incenso, è miliardi di volte più intenso, per cui più doloroso.

E ancora, saremmo in grado di restare anche un solo giorno, o una sola notte, senza vestiti in un posto molto freddo, in mezzo al ghiaccio, per esempio d'inverno sul Gran Sasso?

Rinascita animale

Gli animali sono caratterizzati da ottusità mentale e da una grande ignoranza; sono sempre in preda alla fame ed alla paura, per esempio di essere mangiati. Non trovano da mangiare quando hanno fame, di sovente devono mangiare ciò che non vogliono (magari cibo sporco che trovano per terra), spesso privati della libertà sono maltrattati o costretti al duro lavoro e soffrono moltissimo.

Preta

Un altro tipo di rinascita inferiore è quella dei preta, spiriti sofferenti ed affamati. Gli esseri che nascono in questo reame soffrono la fame e la sete, ad esempio possono non trovare nulla da mangiare anche per cinquecento anni. Pensate come ci sentiremmo in una situazione simile, noi che non possiamo stare neanche un'ora senza mangiare!

I preta hanno dei corpi fisici, in un certo senso come i nostri, ma noi non siamo in grado di vederli, possono essere nel nostro universo, anche se non li vediamo, come possono trovarsi anche in altri universi. Si dice che vivano sotto terra e che le loro case siano simili a prigioni di ferro.

Saremmo felici di dover abitare lì? E cosa dobbiamo fare per non dovervi rinascere? Bisogna eliminare la rabbia oppure no?

(14)(14) V. a pag. 46 “Le diciotto qualità della preziosa rinascita umana”

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I preta, come gli animali, sono soggetti ad una grande oscurazione mentale, la loro intelligenza, seppur maggiore di quella degli animali, non è sviluppata ed acuta come quella degli esseri umani, quindi essi non sono in grado di studiare e conoscere i significati degli insegnamenti.

Esseri infernali

Coloro che nascono negli inferni devono affrontare dolori e sofferenze molto forti; ripetutamente generano fattori mentali negativi che causano loro dolore, che a sua volta è causa di fattori mentali ed emotivi negativi, che di nuovo provocano altro dolore, in un ciclo interminabile.

Per quel che riguarda gli inferni, senza scendere nei dettagli, ricordiamo che ci sono diciotto tipi di inferni, tra i quali otto freddi ed otto caldi. Le sofferenze più intense si hanno proprio negli inferni caldi e freddi. Negli inferni la vita è lunghissima.

Quali sono i difetti del samsara?

Come è detto nei testi, il samsara è simile ad una prigione, ed il prenderne coscienza è il miglior tipo di riflessione, più lo faremo e più vedremo che non vi è situazione in cui manchi la sofferenza: vi è sempre dolore, al momento di nascere, di morire, qualche volta qualcuno geme perfino quando si addormenta.

Avere fame, ad esempio, è un tipo di sofferenza. Anche l'essere molto sazi è un altro tipo di sofferenza; c'è poi la sofferenza del sentire troppo freddo o troppo caldo. Qualche volta si soffre a causa degli amici, oppure perché il nostro compagno ci ha lasciato, altre volte perché non si hanno amici e si è soli.

Per poter ottenere il nirvana dunque è importante rendersi conto dei difetti insiti nel samsara, questa prigione da cui dobbiamo assolutamente liberarci.

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Il Maestro

Buddha Lama Tzong Khapa (15)(15) insegnò che per ottenere l'illuminazione perfetta ognuno di noi deve sviluppare nel proprio continuum mentale certe qualità, conoscenze e realizzazioni.

Se per imparare un mestiere qualsiasi della vita quotidiana abbiamo bisogno di seguire un maestro, a maggior ragione, per riuscire ad accumulare le cause necessarie alla felicità sia di questa vita che di quelle future è indispensabile seguire un maestro spirituale.

Questo nostro attuale corpo umano è importante oppure no?

Qualcuno risponde in maniera affermativa, che è importante.

É vero, questo corpo umano è molto importante, e l'ottenimento di una tale rinascita umana è dovuto a cause positive raggiunte per mezzo della moralità, causa primaria.

Tra le cause secondarie vi è la pratica della pazienza e della generosità.

Riusciamo a conoscere la moralità ed il suo significato grazie ad un maestro spirituale o riusciamo a comprenderla da soli?

Questo studio dipende da un maestro spirituale oppure no?

É stato detto che conosciamo la moralità grazie agli insegnamenti di un maestro, allora, come si chiama questo maestro, qual e il suo nome?

Qualcuno dice: "Buddha ".

Buddha è il nome? Come si chiama questo Buddha? Lo avete visto?

Effettivamente noi non conosciamo il nome di questo maestro, perché nel nostro continuum mentale i klesha, difetti mentali ed emotivi, impediscono la chiaroveggenza, il ricordo delle vite passate e dei nomi effettivi dei nostri maestri spirituali passati.

Non ve nessun dubbio che questi maestri noi li abbiamo avuti, perché, per ottenere una rinascita umana completa delle diciotto qualità, nelle vite passate abbiamo sicuramente conosciuto i vantaggi e mantenuto gli impegni di una buona moralità: quindi sicuramente qualcuno in passato ce li ha insegnati, ma, a causa dell'oscuramento prodotto dai nostri difetti mentali, non lo ricordiamo.

Ogni tanto ci sono persone che pensano di non avere klesha nella propria mente: questa è la prova che li hanno e così pensando ne causano solo l'aumento!

Invece sapere che abbiamo nel nostro continuum mentale questi klesha è estremamente importante; in sé stessa questa conoscenza costituisce già una grande saggezza che ci sprona a studiare, a progredire, perché riconosciamo la nostra ignoranza su tante cose e siamo motivati ad eliminare i nostri difetti.

(15)(15) Vedi Capitolo su Lama Tzong Khapa

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I testi spiegano che i Buddha esistono, ma le nostre oscurazioni, difetti ed impurità mentali sono così grandi che non ci permettono di vedere esseri talmente superiori come i Buddha in modo diretto, con i nostri occhi fisici.

Per questo motivo i Buddha, nella loro compassione per noi, hanno fatto in modo da farci avere i maestri spirituali affinché ci trasmettano i loro insegnamenti.

I maestri spirituali perciò sono come manifestazioni dei Buddha, un loro mezzo abile per impartirci insegnamenti tramite qualcuno che possiamo vedere fisicamente, qualcuno che ci possa spiegare un testo, o farci regali per avvicinarci, qualcuno insomma che possa avere dei contatti diretti con noi.

Non sappiamo neanche in quale modo incontreremo l'emanazione di un Buddha, se su un seggio alto, come quello su cui siede il vostro maestro, o, per esempio in una persona molto umile, sfortunata, bisognosa, mendicante, sofferente; questo avviene per stimolare in noi certe qualità e per spingerci a generare compassione ed amore, a praticare la generosità e le altre virtù.

Per cui, quando incontriamo per la strada una persona molto umile, mal ridotta, non pulita, che magari ci fa ribrezzo, non diciamo "ah, che schifo!", bensì pensiamo subito "poverina, bisogna aiutarla".

Generare una tale mente di compassione rappresenta una grande qualità e realizzazione.

Se invece di fare questo ci turiamo il naso e diciamo "ah, che odore sgradevole!", secondo voi ciò è un'accumulazione di merito o una negatività?

Anche riconoscere quanto un simile comportamento sia negativo è a sua volta una grande virtù, un atteggiamento molto positivo, perché in questo modo abbattiamo il nostro orgoglio e, se continuiamo a riflettere così, potremo creare un legame tra la nostra mente ed il dharma.

Chiedetevi se recentemente siete riusciti a creare un tale legame.

É veramente bene riflettere così, perché progressivamente i nostri klesha, causa della sofferenza, diminuiranno sempre più, ed in modo corrispondente aumenteranno le nostre qualità, virtù e pensieri positivi, causa della felicità.

Il motivo per studiare in questo modo è che tutti gli esseri viventi non desiderano soffrire, ma hanno bisogno della felicità e la cercano, ed il modo di ottenerla e di eliminare la sofferenza è stato indicato dai Buddha, dai maestri e da Lama Tzong Khapa, ed è questo il beneficio che deriva dal seguire il loro insegnamento; è per questo che abbiamo un debito di gratitudine con i nostri maestri spirituali, perché ci hanno indicato la strada per raggiungere questo risultato che per noi è il più importante.

Il maestro Lama Tzong Khapa cita una frase di Buddha Shakyamuni che dice che i Buddha non possono, purtroppo, eliminare i nostri difetti togliendoli con le loro mani, non possono lavare con l'acqua le nostre negatività, non possono versare in noi le loro qualità e realizzazioni come si versa l'acqua in un recipiente: ci danno però i loro insegnamenti e ci rivelano il vero modo di esistere dei fenomeni e quali sono le cause positive per avere risultati di felicità, quali quelle negative che dobbiamo abbandonare per evitare le sofferenze.

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Perciò dobbiamo assolutamente cercare i maestri spirituali in grado di donarci questi insegnamenti. Se troviamo i veri maestri, seguendo e praticando i loro insegnamenti, accumuleremo la causa per ottenere future vite di felicità, il nirvana, l'illuminazione perfetta.

Il maestro deve essere in grado di spiegarci bene la legge di causa ed effetto, facendoci comprendere ciò che dobbiamo vedere e realizzare, perché non è sufficiente non desiderare la sofferenza. Non si deve vivere come la formica, che, benché non desideri la sofferenza, non sa cosa fare per eliminarla, noi dobbiamo vivere in maniera tale da evitare le cause della sofferenza.

Prima di tutto bisogna purificare le azioni negative commesse in passato; per fare ciò dobbiamo sviluppare grande dispiacere e pentimento per averle commesse e la ferma determinazione di non ripeterle più, comprendendo che come risultato porteranno solo sofferenza, dobbiamo inoltre sviluppare profonda fede nella legge del karma, di causa ed effetto. Con questi metodi potremo purificare le nostre azioni negative passate.

É estremamente importante comprendere la legge di causa ed effetto, cioè sapere che un'azione positiva produce felicità ed un'azione negativa produce sofferenza, questo è il vero rifugio. Infatti, comprendendo questo principio si evitano le cause negative e si coltivano quelle positive, questo ci proteggerà, sarà il nostro vero rifugio, la vera protezione, sia in questa vita che in quelle future.

Buddha Shakyamuni, che ci ha trasmesso ed insegnato la legge di causa ed effetto, in quanto maestro è diventato l'oggetto di rifugio che ci proteggerà sempre, anche al momento della morte.

Dobbiamo veramente coltivare il pensiero della morte e dell'impermanenza e lo studio della legge di causa ed effetto: dalla consapevolezza e dal ricordo di questi due principi nasceranno tutte le nostre realizzazioni e conoscenze ed il nostro dharma diventerà potente, efficace, non soggetto a pigrizia.

Il mio maestro insegnò questi principi ancora in Tibet, mentre dava insegnamenti riguardo ai dodici anelli della generazione interdipendente; disse che se non meditiamo sulla morte, sull'impermanenza e sulla legge di causa ed effetto non riusciremo mai a rendere veramente utile ed efficace il nostro dharma, la nostra spiritualità, perché tutti i risultati dei nostri sforzi saranno portati via dalla pigrizia.

Quando è venuto S.S. il Dalai Lama, desideravo chiedere un incontro per noi del centro Samantabhadra, ma da Pomaia Sua Santità è arrivato a Roma con grande ritardo, e così mi ha detto che non vi era più tempo.

Non dovete dispiacervi per questo fatto, non sono le parole dell'incontro che contano, ma soprattutto l'intenzione di compiacere il maestro, di renderlo felice.

A tale proposito Lama Tzong Khapa disse che non ve offerta migliore da fare al maestro che ascoltarlo e mettere in pratica i suoi insegnamenti.

E molto importante praticare sempre secondo i consigli del maestro, a prescindere dal giudizio che noi, con il nostro limitato punto di vista mondano, possiamo attribuire ad essi. Sia che si tratti di piccoli dettagli che di cose più importanti, l'essenziale è cercare sempre di comportarsi secondo i consigli e gli insegnamenti dei maestri, mettendoli in pratica con fiducia in tutte le circostanze piccole e grandi della nostra vita.

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Quale la cosa che più farà gioire i maestri e le loro menti?

Il nostro sviluppo della bodhicitta, la mente dell'illuminazione.

Sia che riusciamo a realizzarla completamente, sia che abbiamo solamente una parvenza di tale realizzazione, un pensiero, un'immagine, un seme di bodhicitta, è il miglior modo di mettere in pratica i loro consigli e di renderli contenti.

Voglio raccontarvi un detto molto diffuso dalle mie parti, che sentivo molto spesso quando ero un ragazzo molto giovane e che secondo me contiene profonda saggezza e riflessione.

Si usava dire che non c'è maestro migliore dei propri genitori. Penso che sia veramente così, perché il primo vero allenamento alle virtù, alle qualità, al buon comportamento lo riceviamo dai nostri genitori.

Chi potreste definire maestro, chi si adopera per il nostro beneficio, i nostri genitori o altre persone?

Prima di tutto i nostri genitori.

Siccome è stato detto che in occidente i genitori non sempre sono di beneficio ai loro figli, allora esaminate innanzi tutto i vostri primi tre anni di vita: chi si è occupato di voi nei vostri primi tre anni? Secondo voi in quei tre anni i genitori non si sono occupati di voi, del vostro cibo, del vestiario, della vostra salute?

Non pongo questa domanda a tutti gli esseri viventi, anche perché non ho il modo di farlo, la faccio a voi che siete presenti. C'è qui qualcuno che può affermare che nei suoi primi tre anni i genitori non gli siano stati utili, non lo abbiano aiutato?

Qualcuno chiede: "se non sono i genitori ad occuparsi di noi, o se abbiamo problemi di questo tipo è perché non abbiamo accumulato abbastanza karma positivo?"

Si, è così, è quello il motivo, perché siamo noi stessi a dovere accumulare le cause positive per avere in futuro buoni maestri ed anche buoni genitori.

Adesso dobbiamo lavorare in modo tale da potere incontrare degli ottimi genitori nelle vite future. Bisogna pensare con molta chiarezza: la nostra sofferenza presente è il risultato di nostre azioni negative precedenti. Ci è di beneficio il potere eliminare l'energia, la potenza delle nostre sofferenze. La sofferenza stessa non è di beneficio, ma ci fa male.

É molto importante analizzare tutto con la propria mente, non prendere per oro colato ciò che si sente e che qualcun altro ha detto: ogni cosa va verificata, pensata, riflettuta ed analizzata bene, ognuno con la propria mente, la propria logica ed il proprio pensiero. E se facciamo veramente così, allora ognuno diventerà il proprio maestro.

Se si potesse scegliere la prossima rinascita, dove vorreste rinascere?

Una persona risponde che avrebbe scelto un 'ottima felicità, ma aggiunge che ora soffre.

La sofferenza di ora prova che non ha potuto scegliere prima di nascere la felicità in questa vita.

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Si dice "io sceglierò, avrò la facoltà di scegliere" ma poi quando si domanda in quale modo sceglieremo, diciamo "non so come farò a scegliere". Se desideriamo una rinascita buona, colma di felicità, dobbiamo prepararne le condizioni e generarne le cause.

Se diminuiamo i nostri comportamenti nocivi verso gli altri le sofferenze in tutte le nostre vite diminuiranno sempre; man mano che aumentiamo la consapevolezza di voler beneficare gli altri, aumenteranno in modo corrispondente le nostre rinascite e situazioni felici.

Quali cause dobbiamo accumulare per poter rinascere con buoni genitori?

Non dobbiamo mai disprezzare o maltrattare persone umili o che riteniamo in qualche modo inferiori a noi o meno fortunate, mai parlare loro in modo duro oppure offensivo, infatti, comportandoci negativamente nei loro confronti, non potremo mai avere buoni genitori nella vita futura.

Se invece invidiamo le persone che hanno qualità, conoscenze o realizzazioni, o se invidiamo o siamo polemici verso persone appartenenti ad altre religioni, in futuro non potremo avere né qualità, né realizzazioni, né potremo incontrare buoni maestri.

S.S. il Dalai Lama ha detto sia a Palermo che a Roma che sarebbe molto bene che tutti gli esseri andassero d'accordo e che provassero amore gli uni verso gli altri. In modo particolare noi che siamo nati esseri umani, a qualsiasi paese, gruppo o religione apparteniamo, dovremmo tutti avere un atteggiamento benevolo e coltivare l'accordo e la fede gli uni verso gli altri.

Per esempio, molti appartenenti alla religione cristiana, studiando quella buddhista, potrebbero imparare cose nuove, come pure i buddhisti studiando quella cristiana.

Se si facesse così tutte le religioni potrebbero avere un grande impulso e se anche gli esseri ed i popoli tra loro potessero sviluppare l'accordo, si raggiungerebbero risultati veramente impensabili, perché tutti noi desideriamo la pace e la felicità.

In genere, quali risultati e conseguenze porta l'invidia?

L'essere invidiosi di un qualsiasi essere vivente porta come risultato la sofferenza, per evitare dunque l'insorgere dell'invidia bisogna stare molto attenti, esaminare bene sé stessi ed il proprio comportamento.

Se un gruppo di persone è invidioso di un altro gruppo questo atteggiamento errato è basato su una vera conoscenza del modo di funzionare dei fenomeni? La sofferenza, il risultato di questo errore, quando arriverà?

La maggior parte della sofferenza si potrà sentire subito, ma ci saranno risultati anche nel futuro. Non è affatto una cosa positiva e simpatica. E una cosa brutta, vero?

Quando un gruppo è invidioso, guardando dal di fuori ci si accorge immediatamente del suo comportamento negativo, che viene subito giudicato da chi riconosce questa negatività.

Prendiamo due gatti, per esempio, a cui date contemporaneamente della carne; a volte uno dei due gatti, invidioso, lascia la sua carne e cerca di mangiare quella dell'altro. Così il suo cibo va a male e si vedono le conseguenze negative del suo comportamento.

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Osserviamo ora il caso opposto, due amici che passeggiano insieme in un giardino e si divertono: vedrete subito come l'accordo crea benessere, felicità e buon umore.

Se voi andate d'accordo con gli altri, come risultato in futuro avrete buoni genitori e buoni maestri e quando diventerete dei Buddha godrete dell'accordo e della compagnia di tutti i Buddha.

Per ottenere lo stato di Buddha, dobbiamo seguire un maestro che ci spieghi gli insegnamenti e ci indichi il sentiero.

In molti testi si dice che per attraversare un oceano con una nave ci vuole un buon capitano, così, per attraversare l'oceano del samsara, abbiamo bisogno di un ottimo capitano che è il maestro spirituale. In questi giorni abbiamo saputo di un aereo americano precipitato, sembra a causa di un errore del pilota. Questo è un esempio di quanto sia pericoloso avere un pilota che non conduce bene un aereo oppure una nave.

Se non studiamo bene e ci domandiamo dove cadremo se il nostro aereo precipiterà, purtroppo per noi non ci saranno molte possibilità: si cadrà in una delle tre forme di rinascita inferiore di sofferenza. Se adesso cadiamo a terra la sofferenza è relativamente minima, non dura molto a lungo, ma se dovessimo cadere in una rinascita negli inferni, allora sperimenteremmo veramente una sofferenza estrema che potrebbe durare periodi di tempo lunghissimi.

Consideriamo il fatto che, per avere avuto questa rinascita umana, in passato sicuramente abbiamo dovuto praticare una moralità perfetta, la pazienza, l'impegno e lo sforzo entusiastico.

Il mantenimento di questa moralità è dovuto all'incontro con gli insegnamenti di preziosi maestri spirituali nelle vite passate, ed è a loro, che ci insegnarono il modo giusto di comportarci e di praticare, che dobbiamo questa vita umana.

É un progresso spirituale ottenere per due, tre volte delle rinascite fortunate, e se vi riusciamo questo avviene solo grazie all'avere incontrato in passato dei maestri spirituali ed avere seguito i loro insegnamenti: questo risultato è dovuto alla maturazione della causa positiva dell'incontro con il maestro spirituale.

Grazie a questo processo, che comincia con l'incontrare e con il seguire il maestro spirituale, potremo, avendo successivamente due o tre rinascite fortunate, studiare e raggiungere lo stato di Buddha.

Se in questa attuale vita non avessimo incontrato un maestro che ci avesse insegnato l'importanza di una buona moralità ed il modo per mantenerla, avremmo potuto lo stesso praticarla?

Quando parliamo della gentilezza dei maestri spirituali, non bisogna pensare solamente alla vita attuale, si dice che essi sono gentili verso di noi nei tre tempi: passato, presente e futuro.

È bene tenere a mente che in questa vita, il fatto di riuscire ad incontrare e comprendere questo tipo di studio, a praticare e progredire, è dovuto all'avere incontrato i giusti maestri spirituali.

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É importante anche pensare che dobbiamo continuare il lavoro dei nostri maestri del passato: come i figli cercano di imparare ciò che sanno i genitori e molte volte continuano il loro lavoro, allo stesso modo noi dobbiamo imparare ciò che i nostri maestri ci insegnano, per potere a nostra volta trasmettere il loro insegnamento.

Quando ci accorgiamo che nel nostro continuum mentale è sorto un pensiero positivo, una realizzazione, è giusto che pensiamo subito "ecco, questo avviene grazie alla gentilezza dei miei maestri spirituali".

Dobbiamo utilizzare questa nostra vita per accumulare cause che ci permettano di avere di nuovo una buona rinascita umana e dobbiamo pregare di poter incontrare anche nelle esistenze future un maestro spirituale che ci insegni, in maniera corretta e priva di errori, come praticare e seguire il sentiero.

Nella scelta di un maestro spirituale è molto importante, fare attenzione, esaminarlo bene, domandarsi quali saranno per noi i risultati del suo insegnamento e verificare che sia veramente positivo, perché se è un'ottima cosa trovare un maestro che dia insegnamenti tali da portare alla liberazione ed allo stato di Buddha, non va assolutamente bene seguire un maestro i cui insegnamenti porteranno solo ad avere mal di testa o mal di schiena a causa di strane meditazioni, o peggio a perdere la ragione cercando di mettere in pratica le sue assurde istruzioni.

Adesso che abbiamo ottenuto questa rinascita umana fortunata, che ci permette di praticare e studiare, è estremamente importante non sprecarla seguendo insegnamenti errati.

É importante che, seguendo il maestro spirituale, il risultato per noi sia l'aumento delle positività nel nostro continuum mentale, delle nostre virtù ed azioni positive. Infatti la parola tibetana per maestro spirituale si può tradurre come "amico nella virtù", cioè vuol dire che il maestro spirituale deve creare virtù nella nostra mente, ed anche "amico nelle positività". Se il risultato del contatto con il maestro è negativo, aumenteranno le azioni negative: allora questo non si può più chiamare maestro spirituale, amico nelle virtù e nelle positività, bensì "amico nelle negatività".

È molto importante fare questa distinzione nel seguire il maestro spirituale. Per illustrare questo fatto vi è una storia vera, riportata nel nostro testo. Una volta viveva un uomo il cui nome sanscrito era Angulimala, che seguiva un maestro negativo; il maestro gli disse che, per ottenere il massimo risultato spirituale, avrebbe dovuto tagliare dita e mani a cento persone.

Angulimala tagliò dita e mani finché non ebbe una cintura composta dalle dita e dalle mani di novantanove persone, gli mancava solo la centesima, ed il maestro continuava ad incitarlo con il miraggio della liberazione.

Angulimala cercava dunque affannosamente la centesima persona, ma, grazie all'aiuto ed all'intervento di Buddha Shakyamuni, non riusciva a trovarla.

Gli rimaneva solo la propria madre, così cominciò ad inseguirla per tagliarle le mani, allora Buddha Shakyamuni compì un miracolo, benedì la madre e fece in modo che sembrava camminare piano, mentre in effetti correva così velocemente che il figlio non riusciva a raggiungerla. Ad un certo punto Buddha Shakyamuni si manifestò ad Angulimala e gli disse "se devi uccidere una persona, uccidi me".

Angulimala cominciò ad inseguire il Buddha, ma si verificò lo stesso fenomeno capitato alla madre: correva, ma non riusciva mai a raggiungerlo. Angulimala disse al Buddha "ti

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prego, fermati, perché se non ti fermi non riesco a raggiungerti", Buddha Shakyamuni gli rispose "se tu ti fermi, mi fermo anch'io", ma egli continuò a rincorrerlo. Dopo un po' di tempo Angulimala realizzò il significato profondo di quelle parole: Buddha gli voleva dire che se interrompeva il suo atteggiamento sbagliato, le sue azioni negative ed il suo orgoglio, allora si sarebbe fermato anche lui, dandogli la possibilità di raggiungerlo!

Angulimala ebbe come una rivelazione, sviluppò molta fede in Buddha Shakyamuni, fece le prostrazioni e riuscì a salvarsi in questo modo. Voi vi fermereste oppure no?

Qualcuno dice che taglierebbe le dita al maestro cattivo.

Se si ha compassione non si tagliano le mani neanche al maestro cattivo.

Di certo le novantanove persone del racconto, a loro volta, nel passato dovevano avere danneggiato altre persone ed avevano così accumulato le cause per lo scatenarsi di quegli eventi sanguinosi.

Infatti, in un testo di dialettica è scritto che la natura della causa è sempre uguale alla natura del risultato.

Ed è proprio per questo che è importante seguire un maestro spirituale positivo: ogni volta che si ha un contatto col maestro, si elimina una parte dei propri difetti mentali ed emotivi, se si hanno due, tre contatti, si eliminano due, tre parti di questi propri oscuramenti o klesha. É veramente una grande fortuna poter seguire di continuo ed essere sempre a contatto col proprio maestro spirituale.

Corrispondente al beneficio che si ha nel seguire un maestro spirituale positivo, è il danno che si ha nel seguire un amico negativo, anzi, maggiore sarà il contatto con amici negativi, maggiore sarà il danno ricevuto.

Prendiamo qualcuno che frequenti una persona negativa, ad esempio un cacciatore che pian piano può convincere che andare a caccia e uccidere gli animali non sia cosa grave. Questa persona, così influenzata, accumulerà tantissime cause negative che, giunte a maturazione, le causeranno sofferenza.

Facciamo un altro esempio: se qualcuno sta quattro o cinque ore a parlare con un amico negativo ed a criticare gli altri con parole offensive, alla fine di queste ore, non solo avrà sprecato tanto tempo prezioso, ma avrà anche accumulato tanto karma negativo ed i suoi klesha, di conseguenza, saranno aumentati.

Se abbiamo sprecato quattro o cinque ore, significa che ci siamo avvicinati alla nostra morte di quattro o di cinque ore: non è peccato sprecarle in questo modo inutile e dannoso?

In questa vita, essendo noi riusciti ad ottenere un corpo umano ed una rinascita fortunata, che ci permette lo studio e la pratica, sprecare anche solo cinque minuti è un grande peccato, ma anche non utilizzarli in modo giusto è veramente un'occasione mancata: questa riflessione ci stimolerà a praticare.

Nel Lam.rim Lama Tzong Khapa descrive pratiche perfette e purissime da seguire, e, se riusciamo a far nascere nella nostra mente gli elementi di tali pratiche, i risultati saranno veramente importanti ed utili sia in questa vita che in quelle future.

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Veramente è una grande occasione e fortuna non solo avere avuto questa rinascita così fortunata, ma anche avere incontrato maestri perfetti come Lama Tzong Khapa, che ci hanno donato insegnamenti così puri, corretti ed efficaci,

Per apprezzare l'importanza dell'incontro con insegnamenti e maestri di questo genere, domandiamoci se noi quindici anni fa conoscevamo e comprendevamo già argomenti di questo tipo.

Nel passato avete sentito parlare di tali pratiche ed insegnamenti? Adesso siete fortunati! Quindici anni fa che tipo di amici avevate?

Pensare e riflettere se i nostri amici in passato incoraggiavano in noi qualità positive o negatività è anch'esso un modo di praticare.

Mettiamo che un vostro amico vi doni oro sufficiente a riempire questa stanza: di che utilità vi sarà questo regalo?

Grazie a questo oro avreste la possibilità di rinascere nuovamente come esseri umani nella vostra prossima vita? In quale modo si può utilizzare bene questo oro? Facendone degli anelli?

Anche praticando la generosità potrebbe nascere in voi una grossa avarizia ed un grande attaccamento vedendolo esaurirsi.

Allora pensate che grazie a questo oro riuscirete a non dover soffrire nello stato intermedio dopo la morte o ad avere una rinascita di felicità in futuro?

Se a causa di questo oro scoppiasse per esempio una guerra, cosa pensereste?

È perfino di maggiore beneficio regalare ad un bisognoso un contenitore pieno di buon cibo, piuttosto che tanto oro. Giusto? Perché, almeno, sulla base di questo cibo non può scoppiare una guerra.

Ad ogni modo è molto importante riflettere bene, cioè riconoscere l'importanza di non danneggiare mai nessun essere vivente, perché è questo il modo migliore per non far sorgere le guerre.

Sua Santità il Dalai Lama in un suo discorso durante una visita negli Stati Uniti, ha molto enfatizzato la necessità di limitare la proliferazione delle armi, poiché, se così non si fa, ci saranno sempre persone che penseranno al beneficio materiale che si può ottenere essendo più forti ed avendo più armi.

E così, con questo sistema, tutti gli esseri viventi del mondo soffriranno, mentre se si cerca di limitare ed eliminare progressivamente le armi, ciò aumenterà il principio della non violenza e produrrà beneficio a tutti gli esseri di questo mondo.

Se riflettiamo così, non sono questi principi un grande maestro?

Se tutte le persone nel mondo adotteranno l'idea di eliminare le armi e di limitarne l'uso, allora potremo dire che tutte le persone del mondo diventeranno dei maestri spirituali, non è vero? Tutte le persone, tutti gli esseri viventi desiderano la pace e l'assenza di sofferenza e quando nel mondo tutti avranno acquisito il desiderio e la determinazione di non danneggiare mai un altro essere, allora potremo dire che la pace sarà arrivata.

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Questo è il principio dell'ottenimento della pace, essere solamente di beneficio agli altri, non danneggiarli mai, questa determinazione può essere chiamata pace. Il risultato di un tale atteggiamento è la felicità, per questo motivo ce bisogno della pace, noi dovremmo quindi in continuazione praticare questo atteggiamento, ciò è estremamente importante.

Se riusciamo a generare questa mente di pace, allora anche durante questa presente vita umana avremo una vita felice e piacevole, e non accumuleremo nuove negatività.

Non accumulando ulteriori negatività non sperimenteremo nuove sofferenze, anzi accumuleremo nuove positività, nuove virtù, e sicuramente sperimenteremo nuove felicità. Di conseguenza potremo anche ottenere il risultato maggiore che ci sia: l'illuminazione perfetta dello stato di Buddha.

Adesso meditiamo su questo e pensiamo di sviluppare questa determinazione di riuscire a non danneggiare mai nessun essere vivente, per nessun motivo.

Pensiamo che anche i klesha esistono solo in modo interdipendente, non hanno una esistenza indipendente ed a sé stante, possono quindi essere eliminati, inoltre ogni saggezza elimina la parte corrispondente di ignoranza e di difetto mentale. In questo modo, tramite le cause adeguate e corrispondenti, anche i nostri difetti mentali possono essere cancellati.

A sua volta, anche lo studio non esiste in modo indipendente ed a sé stante, dipende dalle sue cause, che sono il seguire il maestro spirituale.

Formuliamo dunque sempre una preghiera, che secondo me è la migliore: quella di potere incontrare sempre, in tutte le nostre vite, compresa questa, un vero maestro spirituale, qualificato, che ci possa spiegare veramente quali sono le azioni positive che dobbiamo compiere e quali quelle negative che dobbiamo abbandonare ed evitare.

Penso che tale preghiera e meditazione sia la migliore che possiamo fare per ottenere scopi così importanti ed elevati.

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La preziosa rinascita umana

Abbiamo appena recitato una preghiera a Manjusri, il Buddha della saggezza, affinché il nostro studio possa svolgersi bene e ci porti ad ottenere il suo stesso tipo di saggezza e di realizzazioni.

Questa vita attuale è molto preziosa ma breve, per questo dobbiamo cercare di sfruttarla per il beneficio delle vite future, più importanti dell'attuale, in quanto più numerose e forse più lunghe. Accumuliamo ora le cause utili alla felicità futura, concentriamoci sullo studio e soprattutto sulla legge di causa ed effetto.

Se ci occupiamo solo delle necessità della vita, come per esempio il cibo, la casa, il vestiario, e così via, commettiamo veramente un errore molto grave, infatti, per quel che riguarda la ricerca di tali necessità, anche gli animali sono molto bravi in queste attività, anzi certe volte sono anche più bravi degli esseri umani!

Visto che abbiamo ottenuto questo prezioso corpo umano dobbiamo essere in grado di raggiungere risultati migliori rispetto a quelli ottenuti degli animali ed assicurarci non solo la felicità di questa vita, ma anche di quelle future.

Se pensiamo alla vita degli animali, si può dire che quando muore uno di essi non vi è alcuna certezza riguardo al tipo di rinascita che avrà in futuro, potrà avere qualsiasi tipo di rinascita.

Sarebbe un peccato se succedesse lo stesso per un essere umano, se esso non si distinguesse nel destino da un animale; ma se l'uomo non rende significativa la sua vita, alla sua morte si potrà dire di lui ciò che si dice degli animali, ossia che può avere qualsiasi tipo di rinascita. Un verso del "Lama Chopa" (16)(16), ci ammonisce ad utilizzare in pieno la rinascita umana studiando e praticando, altrimenti sarà difficile in futuro ottenere di nuovo una vita libera da sofferenze.

È inutile dire a parole "dobbiamo accumulare le cause per la felicità futura", se non mettiamo subito in pratica questa raccomandazione, questo pensiero rimarrà qualcosa di teorico, di lontano, che riguarda il futuro, ed in questo modo sprecheremo i nostri giorni, la nostra vita, questa preziosa opportunità.

Ricordiamoci dunque di studiare e meditare sempre sulla legge dell'impermanenza e della morte, ricordando che la rinascita umana qualificata (17)(17) è estremamente difficile da ottenere ed estremamente facile da perdere.

Di certo nelle passate esistenze abbiamo mantenuto una buona moralità, causa indispensabile per avere ottenuto come risultato questa vita umana e secondo Lama Tzong Khapa, un'esistenza completa di tutte le dieci ricchezze e le otto libertà da altrettanti stati sfavorevoli, come la abbiamo adesso, non l'abbiamo mai avuta in passato.

Nelle vite passate una traduttrice come questa, che conosce l'italiano e che conosce il dharma, non l'abbiamo avuta.

(16)(16) La “Guru Puja”, in tibetano “Lama Chöpa”, è una cerimonia religiosa celebrata in omaggio al maestro spirituale(17)(17) La rinascita si dice pienamente qualificata quando è completa delle diciotto qualità, vedi il capitolo seguente; in tibetano è chiamata “dengior”, termine composto da due parole che significano “libertà e ricchezze”

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La traduttrice che abbiamo, Heda 18, è la diciannovesima condizione favorevole: a pensarci bene la traduzione è una cosa veramente importante! Per quel che riguarda me, io non ho le diciotto qualità, ne ho solamente diciassette, perché mi manca la lingua italiana!

Allora, per avere avuto questa rinascita umana qualificata, nelle vite passate abbiamo senz'altro accumulato le cause necessarie a tale risultato, ossia abbiamo preso e mantenuto gli impegni di una moralità pura e completa grazie agli insegnamenti ricevuti da un maestro spirituale.

Non è necessario ricordare le vite passate, ma si arriva a tale conclusione ragionando logicamente ed analizzando il procedimento della legge di causa ed effetto: che si tratti di una qualsiasi sofferenza del samsara, o di rinascite negative, inferiori, nessun risultato si può produrre senza le corrispondenti cause e condizioni. La legge di causa ed effetto è estremamente importante, così come lo è il conoscerla, perché essa è ciò che gestisce e determina tutto: è il nostro vero capo, è il giudice che decide il nostro destino.

È certo che di ogni risultato positivo la causa primaria è sempre il mantenimento di una buona moralità, è dovuto invece a cause secondarie avere un corpo bello, con qualità fisiche positive, o essere ricchi, e così via. Per esempio, la ricchezza è dovuta alla pratica della generosità, un corpo bello è dovuto alla pratica della pazienza.

Questa vita umana è estremamente importante e preziosa perché, per il dharma, per lo studio e la pratica, questa è la forma migliore di rinascita, in quanto anche in soli tre anni, in questa stessa vita, studiando e praticando veramente nel modo giusto, si potrebbe ottenere l'illuminazione perfetta.

Molti possono avere dei dubbi, possono pensare "questo non è possibile, non potrò mai ottenere veramente questa realizzazione". In realtà ciò non avviene solo perché attualmente non accumuliamo le cause positive necessarie a raggiungere l'illuminazione: non ve un solo giorno della nostra vita in cui accumuliamo i meriti che potremmo effettivamente accumulare.

Per quanto la rinascita umana sia ottima, la durata della vita è tuttavia breve ed è molto difficile raggiungere cento o più anni, perciò è estremamente importante riuscire ogni giorno ad accumulare ogni merito possibile attraverso il modo di vivere e di pensare. Il testo del Lam.rim descrive molti metodi per accumulare meriti, tutti importanti: vi sono molti capitoli, per esempio sulla presa di rifugio, sulla pratica dei sette rami, sulle pratiche tantriche, come quella di Yamantaka, e così via.

Allora è necessario prendere la ferma decisione di cambiare con perseveranza il nostro modo di essere e di non vivere più sprecando tempo prezioso, da questo momento impegnamoci veramente con entusiasmo nella pratica, perché tutti noi possediamo le cause e le condizioni necessarie per praticare il dharma in modo completo.

Infatti, oltre ad essere rinati esseri umani, abbiamo anche tante altre qualità favorevoli, per esempio tutte le nostre facoltà mentali e sensoriali integre, fede negli oggetti di rifugio, nella spiritualità, non siamo vittime di visioni errate, viviamo in un'epoca in cui esistono e sono a nostra disposizione questi insegnamenti preziosi, e, se li mettiamo in pratica, non sprecheremo questa preziosa occasione che ci è stata data.

Se pensiamo a tutti gli esseri viventi ed al loro tipo di rinascita, ci rendiamo conto che noi abbiamo ottenuto un corpo umano ed una rinascita estremamente fortunati. In più, grazie alla

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particolare composizione psicofisica del corpo umano, non posseduta da altre categorie di esseri viventi, abbiamo la capacità di sviluppare le realizzazioni tantriche.

Se fossimo ad esempio nati deva, non potremmo avere i canali interni psicofisici che abbiamo: i deva hanno dei canali interni, ma non sono di qualità superiore come quelli umani.

Il fatto che in questa rinascita umana sperimentiamo una certa misura di dolore è una buona cosa, perché esso ci permette di riconoscere la natura della sofferenza e la possibilità di liberarcene, ricercando e praticando le cause della liberazione, rappresentate da una buona moralità.

Inoltre, sperimentando la sofferenza, si riesce a comprendere anche quella di tutti gli altri esseri viventi, ci si rende conto che anch'essi provano dolore, e questo pensiero ci porta a generare la compassione verso di loro, cosa molto importante.

Perciò, per rendere veramente significativa la nostra vita, dobbiamo subito mettere in pratica gli insegnamenti, e contemporaneamente pregare i protettori, gli oggetti di rifugio, i Buddha ed i Bodhisattva affinché ci aiutino a realizzare i nostri proponimenti ed a non sprecare la nostra vita.

Che tipo di risultato dobbiamo ottenere dal nostro studio?

Per riassumere in breve i fini da realizzare in questa vita, il traguardo migliore è quello dell'illuminazione perfetta.

Se non riusciamo ad ottenerlo, cerchiamo di raggiungere il traguardo del nirvana, uno stato completamente libero da ogni sofferenza: possiamo ottenerlo solo se realizziamo la vacuità (19)(19).

Ma se non riusciamo in questa vita ad ottenere l'illuminazione perfetta o la liberazione, cerchiamo almeno di accumulare cause positive per avere di nuovo una rinascita umana, così nella nostra prossima vita potremo continuare a praticare per raggiungere la meta ultima.

Per ottenere una rinascita umana nella prossima vita dobbiamo in questa mantenere una moralità perfetta e purissima.

Bisogna applicarsi, perseverare con impegno, cercare di raggiungere il più alto risultato possibile, senza abbandonare la nostra mente in balia della pigrizia, perché se non si studia e ci si lascia sopraffare dalla pigrizia, possiamo permanere nel samsara ancora per centinaia di migliaia di rinascite, sperimentandone le sofferenze senza che nulla possa cambiare per noi.

Invece se pratichiamo nel modo dovuto si potrà ottenere lo stato di Buddha anche durante questa stessa vita.

Nella storia recente abbiamo avuto esempi che possiamo prendere a modello, per esempio Lama Tzong Khapa ha praticato ed in quella stessa vita ha ottenuto l'illuminazione perfetta. Vi sono infiniti Buddha che hanno raggiunto l'illuminazione perfetta in questo modo.

Se paragoniamo questi innumerevoli Buddha a noi stessi, possiamo dire che, dal punto di vista del tipo di corpo umano che loro hanno ottenuto, non c'è alcuna differenza tra loro e noi: hanno avuto la stessa base di partenza, lo stesso tipo di corpo. L'unica differenza è la loro

(19)(19) V. capitolo sulla vacuità

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pratica ed il loro studio: praticando con grande impegno e sforzo entusiastico hanno raggiunto il risultato massimo, l'illuminazione perfetta.

Ci sono persone con i capelli lunghi che hanno raggiunto lo stato di Buddha! Nella storia effettivamente ci sono personaggi con capelli molto lunghi che hanno raggiunto l'illuminazione, ad esempio una grande maestra di nome Phagmo Trölma ed anche il famoso santo tibetano Milarepa. Ci sono poi stati grandi meditatori, sia in India che in Tibet, che si sono lasciati crescere i capelli tenendoli in trecce lunghissime di due, tre piedi di lunghezza.

Il maestro Lama Tzong Khapa invece, non aveva né capelli, né barba, mentre Song Rinpoche aveva la barba molto lunga!

Faccio questi discorsi sui capelli per fissare nella vostra mente il fatto che tutti questi infiniti esseri, che in passato hanno raggiunto l'illuminazione perfetta, erano uguali a noi, avevano un corpo umano esattamente uguale al nostro, per questo ho insistito con questi esempi.

Quindi, l'unica differenza fra noi e questi esseri illuminati sta nell'impegno, nello studio e nella pratica. Se ci impegniamo, studiamo e pratichiamo come loro, possiamo avere esattamente gli stessi risultati: abbiamo a disposizione la stessa base di partenza.

Molti possono pensare che ci sono invece delle differenze tra noi e Lama Tzong Khapa e temono di non raggiungere il suo traguardo, per esempio, qualcuno può pensare "io sono una donna, non sono un uomo come Lama Tzong Khapa", ma questo ragionamento è completamente sbagliato. C'è un numero infinito di esseri nati con un corpo femminile (20)(20) che praticando hanno raggiunto l'illuminazione perfetta in quella stessa vita.

In quale modo e per quale motivo sono riuscite a farlo?

Perché hanno studiato sempre e senza pigrizia.

La pigrizia è il nostro nemico peggiore ed il suo aiutante è la rabbia, il servo della rabbia è l'invidia e la gelosia: bisogna guardarsi da questi difetti mentali che producono risultati negativi portando a rinascite di sofferenza nei regni inferiori.

Se consideriamo il numero totale di tutti gli esseri viventi, di qualsiasi tipo ed in qualsiasi mondo, sono innumerevoli ed in proporzione gli esseri umani sono molto pochi. Inoltre anche tra le rinascite umane quelle pienamente qualificate per la pratica sono pochissime.

Possiamo quindi dire che le persone che hanno la possibilità di studiare ed esercitarsi a sviluppare la bodhicitta e meditare la vacuità sono pochissime.

Mentre gli esseri nei reami inferiori non possono ottenere una rinascita umana, non essendo in grado di conoscere gli insegnamenti perché offuscati dall'ignoranza e dalla sofferenza, un'esistenza umana può, attraverso lo studio e la pratica, percorrere il prezioso sentiero del Bodhisattva, che conduce allo stato di Buddha.

Noi non abbiamo certo le sofferenze ed i problemi degli esseri degli inferni, né quelle dei preta, né quelle degli animali, tuttavia, sperimentando una certa quantità di sofferenza e riuscendo a riconoscerla come tale, siamo in grado di sviluppare la “nisharana”, la rinuncia alle sofferenze del samsara, che è la prima realizzazione sul sentiero verso l'illuminazione perfetta.

(20)(20) I loro nomi in tibetano, per citarne qualcuno, sono Kiema, Mamaki, Kokarmo, Drölma, Dorje Rolanna

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Comprendiamo inoltre che, per evitare le sofferenze future, dobbiamo eliminare le azioni negative e coltivare una buona moralità, unica causa diretta per ottenere una rinascita umana.

Sperimentando la sofferenza riconosciamo che anche tutti gli altri esseri sono costretti a provarla, e, proprio come noi, la trovano insostenibile. Grazie a questo pensiero sviluppiamo la compassione ed il desiderio di raggiungere lo stato di Buddha per poter liberare ogni essere dalle sofferenze: è questa la bodhicitta, la seconda realizzazione sul sentiero dell'illuminazione(21)(21).

Che questa rinascita umana sia molto importante lo capiscono tutti gli studenti anziani di questo centro. Sarebbe bene che anche coloro che lo frequentano da poco, o per la prima volta, possano realizzarne l'importanza: se qualcuno dovesse andare alla ricerca di una tale rinascita, partire per scoprirla, non ci riuscirebbe, tanto è difficile da trovare e prezioso l'averla avuta.

Vi chiedo di riflettere un po' a tale proposito e di domandarvi se effettivamente questa rinascita umana sia un'opportunità importante e preziosa.

Una tale rinascita umana, pienamente qualificata, non si può comprare a nessun prezzo, neanche dando tutti i tesori e le pietre preziose di questo mondo, la si può ottenere solamente con il mantenimento di una pura moralità.

Vi è una divinità mondana estremamente potente e ricca di nome Ishvara e si dice che nemmeno con tutti i tesori di questo mondo si riuscirebbe a comprare anche una sola scarpa di questa divinità, però neanche Ishvara, con tutte le sue ricchezze ed il suo potere, potrebbe mai comprare una rinascita umana pienamente qualificata.

Per illustrare la preziosità della nascita umana pienamente qualificata, Buddha disse di immaginare un enorme oceano sulla cui superficie affiora, solo una volta ogni centinaia di migliaia di anni, un anello d'oro molto piccolo: che probabilità ha una tartaruga dal fondo dell'oceano di venire alla superficie dell'acqua e passare la sua testa esattamente dentro questo anello d'oro?

Noi abbiamo le stesse probabilità e possibilità di ottenere una rinascita umana pienamente qualificata. Quindi, se non agiamo adesso per ottenere i traguardi indicati, in futuro gireremo in continuazione in questo circolo di sofferenze, rinascendo ripetutamente nei reami di rinascita inferiore pieni di sofferenze.

Un verso molto conosciuto di un grande maestro riguardo a questa preziosa rinascita umana, dice che le cause sono molto difficili da ottenere ma, per contro, questa rinascita umana è molto fragile e si perde anche molto facilmente.

Tutti questi esempi vogliono significare che essa è talmente rara e difficile da ottenere, che si può quasi dire che si ottiene solo una volta, è un'occasione unica e non si sa se si riuscirà ad ottenerla ancora.

Le cause per ottenere questa rinascita le abbiamo seminate con grande fatica in passato grazie all'incontro con un maestro spirituale, adesso abbiamo di nuovo l'opportunità di incontrare maestri spirituali, bisogna tentare dunque di mettere in pratica gli insegnamenti mantenendo di nuovo una moralità pura e completa affinché vengano create di nuovo le cause così difficili e virtuose per ottenere in futuro un corpo umano.

(21)(21) V. capitolo sui tre aspetti principali del sentiero

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Per questo dobbiamo fare tanta attenzione nell'utilizzare questa occasione.

Qualsiasi traguardo desideriamo ottenere, sia l'illuminazione perfetta, sia il nirvana, sia un'altra rinascita umana pienamente qualificata, ora come ora abbiamo tutte le condizioni - sia esterne che interne - necessarie a realizzare questi scopi.

Come cause esterne abbiamo le parole del Buddha, i maestri spirituali, i testi, perfetti e senza alcun errore, come cause interne abbiamo la possibilità di praticare e sviluppare la moralità e la bodhicitta, meditando sulla compassione.

Per studiare bisogna formulare una buona motivazione che funga da causa per l'ottenimento del nirvana e, affinché la motivazione sia veramente un seme per tale conseguimento, aggiungiamoci la riflessione sulla vacuità del nostro io.

Vi capita mai di pensare che la rinascita umana, e la vostra in particolare, è qualcosa di prezioso?

Se lo pensate, allora sarete contenti di ottenerla di nuovo accumulandone le cause, che consistono nella ferma determinazione di non nuocere mai a nessun essere vivente.

Il grande maestro Lama Tzong Khapa ci ha esortato in tutti i suoi insegnamenti a fare in modo che qualsiasi cosa facciamo, ed in qualsiasi circostanza, diventi una causa per l'ottenimento del nirvana.

Per avere una rinascita umana pienamente qualificata, come causa precedente occorre una moralità perfetta e completa: anche da questo possiamo capire quanto sia difficile ottenerla, perché le persone in grado di mantenere una moralità completa e perfetta sono pochissime, non solo tra gli esseri umani, ma tra tutti gli esseri dei sei reami di esistenza.

Per questo diciamo che è tanto difficile ottenere una rinascita umana perfettamente qualificata, perché così come le cause sono molto rare da realizzare, così anche i risultati sono molto difficili da ottenere.

Le diciotto qualità della preziosa rinascita umana

Abbiamo dunque ora la grande fortuna di avere questa preziosa rinascita umana e la causa per ottenerla è stata accumulata da ognuno di noi in passato, con un comportamento positivo che ha evitato di nuocere agli altri esseri.

Tali cause hanno costituito le condizioni che ci hanno permesso di essere concepiti in un ventre umano.

Il maestro Nagarjuna, elencando le ricchezze personali, mette al primo posto proprio l'essere nati nel reame umano, purché con la mente e tutti gli organi sensoriali intatti e perfetti, cioè adatti a studiare e praticare completamente gli insegnamenti: infatti bisogna pensare che molti esseri umani non nascono con tutte le facoltà sensoriali intatte, oppure hanno vari difetti che impediscono loro di seguire nel modo giusto gli insegnamenti.

Se in questa attuale vita non avessimo incontrato un maestro che ci avesse insegnato l'importanza di una buona moralità ed il modo di mantenerla, avremmo potuto praticarla lo stesso?

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Gli insegnamenti che abbiamo ricevuto dai nostri maestri spirituali ci hanno permesso di mantenere una buona moralità e di accumulare le cause indispensabili per avere adesso la grande fortuna di questa rinascita umana pienamente qualificata, che possiede in maniera completa tutte le diciotto qualità positive, definite come dieci ricchezze favorevoli alla pratica ed otto libertà da stati sfavorevoli.

Le dieci ricchezze o qualità positive si suddividono in cinque ricchezze esterne perché dipendono da altri esseri ed in cinque ricchezze interne o individuali in quanto dipendono da noi stessi.

Le cinque ricchezze esterne sono così chiamate perché non dipendono da noi ma ci provengono dall'esterno, ci vengono donate: sono qualità che si trovano nel continuum mentale di altre persone ma sono di beneficio per la nostra pratica, essendo condizioni favorevoli di cui abbiamo bisogno.

1. La presenza di un Buddha nella propria era

La prima ricchezza esterna è costituita dal fatto che Buddha sia apparso nel nostro mondo in questa epoca storica.

2. Gli insegnamenti del Buddha

E basilare che i Buddha non solo appaiano nel mondo, ma anche che diano insegnamenti, cosa che non sempre avviene. Nel nostro caso questo fatto prezioso è avvenuto, perciò è una ricchezza l'essere nati in un periodo cosmico e storico nel quale sono presenti gli insegnamenti di Buddha, venuto nel mondo proprio per impartirli. Senza di essi non potremmo avere la possibilità di conoscere il principio della legge del karma, o l'esistenza di vite passate e future, e dunque non ci sarebbe possibile percorrere il sentiero verso il nirvana e verso l'illuminazione.

Per questo la presenza di tali insegnamenti è fondamentale.

3. La pratica del dharma

Se questi insegnamenti dei Buddha non ci fossero stati trasmessi da esseri altamente realizzati, non avremmo ora la possibilità di conoscerli e praticarli. Questi preziosi insegnamenti che Buddha ci ha donato più di duemila anni fa, sono stati trascritti e tramandati da un lignaggio ininterrotto di maestri che, ritenendoli molto preziosi, li hanno conservati e praticati senza interruzione da allora fino ad oggi.

È quindi un'altra grande ricchezza e fortuna il fatto che ci siano pervenuti in maniera pura, corretta, ininterrotta.

4. L'esistenza del sangha (22)(22)

Un'altra condizione favorevole alla pratica è che ci siano intorno a noi persone che seguono questa tradizione e che abbiano il desiderio di ottenere il nirvana. E necessario che ci sia una comunità che possa dare un sostegno materiale ai praticanti del dharma e che favorisca la riproduzione dei testi sacri.

È essenziale inoltre che i praticanti del dharma, che per la loro dedizione allo studio ed alla pratica non hanno la possibilità di procurarsi il necessario per la sopravvivenza, vengano

(22)(22) Il terzo dei Tre Gioielli (Buddha, Dharma, Sangha) rappresenta la comunità di coloro - laici e monaci - che praticano il dharma, e, nel senso lato, la comunità spirituale

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aiutati da persone generose che riconoscono l'estrema preziosità del loro studio, della loro dottrina e della loro visione del mondo.

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5. La presenza dei maestri

Un'altra ricchezza la si ha quando ci sono maestri che hanno la capacità ed il potere di trasmettere tali insegnamenti ad altre persone, che a loro volta li trasmetteranno a generazioni future di discepoli in un modo preciso e corretto.

Le cinque ricchezze interne sono chiamate anche ricchezze individuali o personali perché rappresentano condizioni favorevoli che si trovano nel nostro continuum mentale e ci forniscono le cause e le possibilità per studiare e praticare il dharma. Né i deva, né i naga (23)(23), né gli spiriti posseggono tali cinque ricchezze: le ha solo l'uomo.

1. Nascere come esseri umani

La prima ricchezza interna è proprio quella di essere nati esseri umani, che implica la fortuna di non avere i difetti e gli inconvenienti degli altri tipi di rinascita che impediscono di praticare il dharma.

Dunque ora possiamo veramente meditare la gioia di essere rinati uomini.

2. Il vivere in un paese civilizzato

La seconda condizione favorevole è quella di rinascere in luoghi centrali, dove sia presente un insegnamento spirituale, e vi sia anche un certo grado di cultura e civilizzazione che ne permetta la diffusione, che in posti meno centrali, privi di istruzione, rischierebbe di non arrivare.

Inoltre abbiamo la fortuna di vivere in periodi ed in luoghi in cui non vi è interdizione alla pratica della religione e della spiritualità: nessun capo di stato ci dice "secondo la nostra tradizione ed usanza questo tipo di insegnamento è vietato".

3. Nascere con un corpo ed una mente sana

La terza condizione favorevole è quella di avere intatte tutte le facoltà mentali e sensoriali, dobbiamo gioire della fortuna di essere sani, privi di difetti, e dunque capaci di studiare e di praticare nel modo dovuto.

4. Non avere commesso i cinque crimini nefandi

La quarta condizione favorevole è non avere commesso, nelle vite passate o in quella attuale, azioni karmiche molto gravi, le peggiori che si possano commettere:

• uccidere il proprio padre• uccidere la propria madre• uccidere o danneggiare intenzionalmente il corpo di un Buddha• uccidere o danneggiare intenzionalmente il corpo di un Arhat (24)(24)• causare discordie, liti, critiche pesanti e scissioni in una comunità spirituale, in un gruppo

di praticanti di dharma.

(23)(23) Termine sanscrito che indica esseri delle acque appartenenti al mondo animale, metà uomini e metà serpenti e che vivono presso i fiumi, i laghi, gli stagni e gli alberi; si dice che spesso custodiscano grandi ricchezze e testi di dharma e che, essendo il loro corpo di materia più sottile del nostro, siano invisibili agli esseri ordinari(24)(24) L’”Arhat” o “Arya” in sanscrito è un essere vittorioso, nobile e superiore perché, avendo realizzato la vacuità, ha sconfitto il samsara e raggiunto il nirvana.

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Il karma che deriva da queste azioni è molto pesante ed impedisce di avere una buona rinascita come quella umana. Perciò una persona che abbia commesso questi atti non può più prendere voti ed impegni morali, magari potrà farlo in qualche altra vita, ma non più in quella in cui ha commesso questo genere di azioni, perché la sua vita è diventata ormai inservibile a tale scopo.

Infatti se qualcuno danneggia un Arya o un Buddha non arreca loro sofferenza fisica in quanto essi non possono soffrire essendo al di là della sofferenza, ma danneggia purtroppo sé stesso, perché con tale azione annulla completamente il suo bagaglio di meriti, ossia di karma positivo. Come conseguenza rischia, nelle vite successive, di rinascere nei reami inferiori di grande sofferenza. Inoltre, avendo distrutto il bagaglio di karma positivo, rimanda di un migliaio di vite l'occasione di incontrare un vero maestro spirituale.

Vi sono altre azioni che, pur non appartenendo alla categoria delle cinque azioni più negative, sono in qualche modo un po' simili ad esse in quanto manifestano mancanza di rispetto per gli oggetti di rifugio, per le statue rappresentanti i Buddha, per le scritture sacre: per esempio distruggerle, danneggiarle o deturparle, oppure calpestare o sporcare i testi sacri, appoggiare i testi sulla terra nuda senza mettervi qualcosa sotto.

Bisogna stare molto attenti a non commettere questo tipo di azioni, perché rischiamo di nuovo di diminuire il nostro bagaglio di meriti.

Visto che siamo liberi da questo tipo di azioni che ostacolano lo studio e la pratica, meditiamo la gioia a questo proposito.

5. Credere nelle verità

La quinta ricchezza consiste nel credere in ciò che realmente esiste, nell'avere fiducia in ciò che è vero, nelle vite passate e nelle vite future, che veramente esistono: per esempio avere fede nella legge di causa ed effetto, nel fatto che per ottenere certi effetti bisogna creare determinate cause, che da cause ed azioni positive deriva come risultato la felicità, che da cause ed azioni negative deriva la sofferenza.

Di nuovo dobbiamo meditare la gioia di avere queste grandi qualità e fortune e di possedere tale visione e fede nella legge di causa ed effetto.

Se abbiamo avuto questa rinascita umana vuol dire che nelle vite passate non abbiamo accumulato un karma troppo pesante, perciò ora dobbiamo fare molta attenzione a non incorrere nel pericolo di commettere azioni karmicamente molto negative, che potrebbero diminuire il nostro karma positivo.

Noi tutti desideriamo la felicità e dunque una buona rinascita che ci permetta di ottenerla; se accumuliamo karma negativo, questa nostra speranza diventa praticamente vana, irrealizzabile.

Quindi, quando c'è una comunità di dharma, indipendentemente dal numero dei praticanti, bisogna sempre andare tutti d'accordo, è estremamente importante non accumulare karma negativo con liti, critiche, disaccordi, perché questo gruppo è accomunato dal più prezioso studio che esista, quello sul modo di compiere azioni positive ed evitare quelle negative, per avere felicità in futuro ed eliminare la sofferenza.

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Per esempio l'armonia in un gruppo di mercanti o di commercianti non è così importante come per un gruppo di studenti di dharma, perché in un gruppo di dharma si fa il commercio più importante che ci sia: si commercia in felicità, si acquista la possibilità di averla in futuro.

Per comprare grande felicità per il futuro, cosa daremo in cambio?

Monete d'oro? Non ho molta esperienza in queste cose, ma per quel che mi riguarda penso che fino ad oggi ho avuto la fortuna di non dover passare neanche una notte in un ospedale, perché ho avuto grande fede nel mio maestro e, di conseguenza, sono andato sempre molto d'accordo con tutti gli altri studenti della mia classe, ci volevamo molto bene.

Giacché dal punto di vista logico esiste sempre una causa all'origine di un determinato risultato, penso che la causa di questa mia fortuna dipenda un po' dalle vite passate ed un po' da questa stessa vita, sarà un insieme di queste due cause.

Anche la fortuna di essere nella stessa classe, di studiare insieme nello stesso gruppo è dovuta al karma positivo accumulato nelle vite passate.

Infatti tutto ciò che riguarda gli oggetti e le persone, che sono fenomeni impermanenti, dipende sempre da cause e condizioni, non può essere altrimenti.

Per ogni condizione favorevole c'è sempre una causa positiva, per quelle sfavorevoli sempre una negativa.

Anche per le rinascite, sia di sofferenza che di felicità, vale sempre lo stesso principio: da azioni positive derivano risultati di felicità, da azioni negative risultati di sofferenza.

Il fatto di poter mangiare delle buone lasagne deriva da cause di azioni negative o positive? E per quel che riguarda il bere vino?

La causa del bere poco vino risiede nelle azioni positive, mentre quella del berne molto risiede in quelle negative.

Le otto libertà da condizioni sfavorevoli si suddividono in quattro libertà proprie della rinascita umana e quattro libertà da rinascite non umane.

Si tratta di essere liberi da stati di rinascita che ostacolano la pratica del dharma in quanto non offrono la possibilità, il tempo e l'occasione di studiare.

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Le quattro libertà proprie della rinascita umana:

1. La prima libertà è quella di essere nati liberi da visioni errate. Noi, per esempio, siamo liberi dalla visione errata di non credere nella legge di causa ed effetto, siamo liberi dal non credere nell'esistenza di vite passate e future e siamo anche liberi dal non credere nell'esistenza degli oggetti di rifugio.

Infatti noi conosciamo il principio delle vite passate e future, il che è un'ottima cosa, è in questo senso che non possediamo una visione errata, perciò meditiamo la gioia.

Noi crediamo poi che l'oggetto di rifugio primario, il più importante, è divenire noi stessi esseri illuminati, ed il Buddha che noi diventeremo sarà per noi il rifugio più importante: meditiamo quindi anche a questo proposito la gioia di essere liberi da visioni errate.

2. La seconda libertà consiste nel non essere nati in un paese in cui non esiste l'insegnamento del dharma, dove sarebbe difficile studiare ed imparare. In molti paesi non esistono maestri in grado di dare insegnamenti di dharma, o perché non è presente quel tipo di insegnamento, o perché sono paesi non centrali, privi di conoscenza e informazioni: fortunatamente non abbiamo di queste difficoltà.

3. La terza libertà consiste nel non rinascere in un paese dove a parole si dice di praticare la religione e la spiritualità, ma in realtà ciò che si pratica ne è lontanissimo, ne ha solo il nome. Ad esempio, paesi dove false religioni insegnano agli uomini cose dannose e che causano sofferenza ad altri esseri, dove tutti hanno visioni e comportamenti errati, che incitano a compiere azioni negative e dannose, convincendo la gente, per esempio, che uccidere certe persone o certi esseri viventi sia una cosa positiva e giusta. Oppure luoghi dove si pratica il sacrificio degli animali, o dove si incontra un falso maestro spirituale, che dà solo consigli ed insegnamenti nocivi agli esseri.

4. La quarta libertà consiste nel non avere una rinascita umana in cui non sia possibile praticare. Una rinascita molto sfortunata può essere quella umana se si hanno le facoltà mentali non sviluppate, oppure malate o deboli, perché anche tale condizione non permette di dedicarsi agli insegnamenti, di ascoltarli e di comprenderli, né di affidarsi ad un maestro spirituale.

Le quattro libertà da rinascite non umane:

1. Se fossimo rinati nei reami degli inferni, passeremmo tutta la nostra vita immersi nelle sofferenze. Durante questa vita lunghissima, paragonabile a miliardi e miliardi di anni di una vita umana, sperimenteremmo vari tipi di sofferenze, anche caldo o freddo estremi, e finché tutto il karma negativo accumulato nelle vite precedenti non si fosse esaurito, per noi non ci sarebbe possibilità di uscire da quello stato di sofferenza e di dedicarci allo studio ed alla pratica del dharma. Per fortuna noi in questa vita siamo liberi da questa sofferenza e di nuovo è il caso di gioirne.

2. Se fossimo rinati preta, dovremmo passare la vita cercando di trovare cibo, molto difficile da ottenere in quella rinascita, e di evitare varie altre sofferenze. In tale situazione non potremmo sviluppare stati mentali favorevoli ed accumulare virtù e positività. Dobbiamo meditare nuovamente la gioia di non essere rinati in tale stato.

3. Se fossimo rinati animali saremmo afflitti da grande ignoranza e l'offuscamento mentale ci impedirebbe di studiare, ma invece, essendo nati esseri umani, abbiamo il tempo e

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l'occasione per dedicarci allo studio ed alla pratica, e questa è un'altra ragione per meditare la gioia.

4. Se fossimo rinati deva, le ricchezze di cui disporremmo e la vita lunga, piena di divertimenti, non ci spingerebbero a praticare il dharma. Per i deva il pericolo consiste nell'essere ingannati dai divertimenti, dall'agitazione mentale e dalla distrazione che tutti quei beni materiali e quegli agi comportano. Come risultato la loro mente non si rivolge al dharma, e quindi consumano nella loro lunga vita felice tutto il bagaglio di karma positivo, e, per il fatto di non avere accumulato meriti e comportamenti positivi, di solito rinascono nei reami inferiori di sofferenza, spesso negli inferni. Anche in questo caso meditiamo la gioia per essere sfuggiti a tale rinascita.

Noi esseri umani, invece, siamo rinati in un posto ricco di libertà e privo delle limitazioni degli altri tipi di rinascita.

Abbiamo una buona intelligenza per studiare, un po' di esperienze di felicità ed un po' di sofferenza, cosa estremamente importante perché ci induce a realizzare il disgusto per il samsara e la rinuncia alle sue sofferenze; ci permette anche di realizzare la compassione, comprendendo che anche gli altri esseri soffrono come noi e ci permette di mantenere una buona moralità e di prendere voti ed impegni morali. Dunque il nostro tipo di rinascita è molto superiore a quello dei deva, che non provando sofferenze di tipo grossolano non hanno, come l'abbiamo noi, l'impulso a progredire.

Per fare un esempio infatti, se qualcuno ci fa del male e ci arrabbiamo, rendendoci conto che la rabbia produce una grande sofferenza, siamo in grado di sviluppare la pratica della pazienza, ed anche questo è un grande vantaggio che abbiamo su di loro.

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La sofferenza e i dodici anelli dell'origine interdipendente

Buddha Shakyamuni ha insegnato le Quattro Nobili Verità.

• La prima nobile verità è la presenza della sofferenza nel samsara.• La seconda nobile verità riguarda la causa basilare da cui derivano tutte le sofferenze del

samsara: l'ignoranza.• La terza nobile verità consiste nella cessazione della sofferenza e della sua origine.• La quarta nobile verità consiste nel sentiero che conduce all'estinzione della sofferenza.

É meglio riconoscere le sofferenze o è meglio non riconoscerle?

É meglio riconoscerle, perché provare sofferenze e non riconoscerle come tali, è un tipo di ignoranza ed oscuramento mentale.

Quali qualità possono generarsi dentro di noi conoscendo la verità della sofferenza, perché è utile realizzarla?

Questa realizzazione è molto importante, perché nessun essere desidera soffrire, ed appena comprende che la natura dell'esistenza ciclica nel samsara è solo sofferenza, crea automaticamente il desiderio di liberarsene e di ottenere il nirvana, ossia uno stato completamente e perennemente libero da qualsiasi sofferenza.

Tale desiderio è molto importante perché ci incoraggia ad eliminare la causa di questa sofferenza, ossia l'ignoranza. Una volta che possediamo il desiderio di eliminare l'ignoranza, ci accorgiamo che per eliminarla dobbiamo percorrere un certo sentiero.

É un sentiero mentale, dipende dalla nostra mente e comporta la realizzazione della presenza della sofferenza e la generazione della saggezza che, eliminando l'ignoranza, recide la causa delle sofferenze e conduce al nirvana.

Dire "io voglio eliminare i miei difetti mentali ed emotivi" non serve a niente se rimane solo a livello di parole e non si traduce in pratica; perciò la prima cosa da fare è identificare e conoscere tali difetti e prima tra tutti l'ignoranza, soprattutto quella riguardo all'io.

La vera causa, quella sottile, delle nostre sofferenze è il modo errato di concepire il nostro io: il concetto di una esistenza indipendente ed a sé stante del nostro io è errato.

Alla base di tutte le cause di sofferenza, come causa sottile, c'è il modo errato di concepire la natura dei fenomeni: il concetto di una vera esistenza di tutti i fenomeni, a sé stante, indipendente, concreta e reale, dovuto alla nostra ignoranza ed alla nostra mente errata, che ci fa apparire i fenomeni in un modo che non corrisponde al loro vero modo di esistere.

Se ognuno di noi, analizzando la propria situazione, si rende conto che si trova nel samsara, che partecipa dei suoi difetti e della sua sofferenza, deve assolutamente studiare il modo di uscirne e di accumulare le cause per eliminare tale sofferenza.

Non vi è posto o situazione nel samsara che non sia simile ad una prigione. Penso che nessuno sia contento di stare in prigione, sarebbe in effetti veramente strano!

Parlo soprattutto per me stesso: penso alle difficoltà che ho sperimentato e vivo nel samsara, non voglio insistere sul fatto che anche voi le sperimentiate, ognuno deve giudicare da sé.

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É molto importante non giudicare gli altri, perché non possiamo additare nessuno e dire con sicurezza "questo è un essere del samsara": in realtà chiunque si incontri può essere un Bodhisattva, una persona con grandissime qualità e realizzazioni, non possiamo mai essere sicuri che la persona che ci sta di fronte appartenga al samsara.

La causa per eventuali future rinascite negative, di sofferenza, nei reami inferiori, è data da un comportamento privo di moralità, che comprende tutte le forme del danneggiare gli altri, del fare male agli esseri; l'energia ed il potere di queste azioni sono dunque la causa diretta di rinascite di sofferenza in futuro.

Perciò dobbiamo evitare di danneggiare qualunque essere in qualunque modo, e dobbiamo praticare per poter diminuire i nostri comportamenti nocivi e cercare di danneggiare sempre meno gli altri esseri: infatti la causa di rinascite superiori e di felicità è data proprio da questa energia positiva, ossia da questa potenzialità che si sprigiona dalla moralità della nostra pratica, che accompagnerà nelle vite future il nostro continuum mentale (25)(25). È meglio che tutti gli esseri siano liberi dalle sofferenze o è meglio che io solo ne sia libero?

Se ci chiediamo il motivo per cui è effettivamente meglio che anche gli altri - insieme a noi - siano liberi dal dolore, siamo condotti alla necessità di conoscere le cause che creano la sofferenza.

La causa della sofferenza, a livello grossolano, è quella di compiere azioni negative, sbagliate, e di comportarsi in modo nocivo verso gli altri, danneggiando un qualsiasi altro essere vivente.

Dal punto di vista della moralità un'azione corretta è un'azione ad essa corrispondente, mentre un comportamento scorretto le è contrario.

Per esempio la diretta causa karmica dell'essere poveri è l'avarizia verso altri esseri in vite passate.

Un'altra grande causa di sofferenza è data dalla mancanza di pazienza nell'affrontare le difficoltà che derivano dallo studio: questo difetto porta poi la pigrizia che, come l'impazienza, l'ira, o la rabbia sono causa di sofferenza.

Non sopportare le difficoltà dello studio è dunque un tipo di ira, un tipo di mancanza di pazienza.

Un'altra causa molto importante di sofferenza è pensare solamente al proprio ego, l'occuparsi di sé stessi con attaccamento eccessivo.

Rinascendo esseri umani, sperimentiamo sia momenti di sofferenza che di felicità, abbiamo dunque sia esperienze positive che negative e questa è la migliore base di partenza per poter raggiungere la liberazione o felicità del nirvana: infatti, sperimentando la sofferenza riflettiamo su quali possano esserne le cause, sperimentando la felicità ci interroghiamo riguardo alle sue cause.

Certo è che se non studiamo, la nostra situazione è uguale a quella di altri tipi di rinascita dove non ci sono possibilità di progredire.

I dodici anelli dell'origine interdipendente

(25)(25) La nostra mente sottile "cavalca" i venti psichici, viene cioè veicolata da un'aria molto sottile

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L'espressione "origine interdipendente" implica già il concetto di causa e dei suoi effetti: per liberarsi dal samsara è fondamentale lo studio dei dodici anelli, che sono l'insieme di cause che ci hanno fatto rinascere nel samsara con tutti i relativi risultati.

Ora, per esempio, io ho una grande sofferenza del samsara, in quanto ho un problema agli occhi e non sono in grado di leggere bene. Perciò chiedo a tutti i presenti che hanno invece una buona vista di approfittarne ed utilizzarla per studiare bene, di alzarsi presto la mattina, non alle nove, perché penso che anche il dormire molto sia un difetto del samsara.

Se ci si alza presto, si avrà più tempo e si riuscirà ad eliminare un po' di klesha; chi non fa altro che dormire non potrà eliminare i difetti del samsara.

Il grande maestro Lama Tzong Khapa, ad esempio, non dormiva molto. Anche il mio maestro Ghescé Gnima Gyaltsen (26)(26) non dorme più di tre ore a notte; è stato per trentaquattro anni in ritiro in alta montagna, sull'Himalaya, in una cella dove non vi era un letto ma solo un sedile così corto che non gli permetteva neanche di sdraiarsi.

1° Anello: l'ignoranza

L'ignoranza costituisce il primo anello dell'origine interdipendente in quanto è la causa primaria del karma che ci spinge a nascere nel samsara.

Vorrei ricordare che è molto pericolosa l'ignoranza della legge di causa ed effetto ed è fondamentale il conoscerla.

Infatti, il non conoscere questa legge è uno dei fattori che fa si che dormiamo fino alle nove del mattino.

Invece è una grande saggezza riconoscere, ad esempio, che i momenti di rabbia e di ira porteranno ad esperienze di sofferenza molto pesante .

Sapere che i risultati delle azioni positive e virtuose daranno esperienze di felicità è anche questa una realizzazione ed una qualità importante, mentre il non saperlo è un tipo di ignoranza molto grave. Sapere che tutti i fenomeni sono interdipendenti, che dipendono cioè dalle proprie parti o dalle loro cause e non esistono autonomamente, è una grande realizzazione ed un tipo di saggezza che toglie il velo che si frappone tra noi ed i fenomeni; il risultato di tale conoscenza sarà l'eliminazione di tutte le sofferenze, in quanto avremo realizzato la vacuità, ossia avremo generato la saggezza che realizza la vacuità perché comprende in modo chiaro la natura ultima dei fenomeni.

Il non conoscere l'interdipendenza dei fenomeni, pensare che i nostri aggregati (27)(27) siano il nostro io, pensare che l'io esista in maniera indipendente (e non come assegnazione di un nome ai cinque aggregati psicofìsici), è un'oscurazione mentale ed una grave ignoranza che porta infelicità.

Motivati da questo tipo di ignoranza riguardo alla natura dell'io, generiamo tutti gli altri difetti mentali ed emotivi: l'attaccamento, l'odio, e così via.

(26)(26) La sua foto è riprodotta all'inizio di questo libro(27)(27) I cinque aggregati psicofisici, in sanscrito "skandha", sono: forma, sensazioni, discriminazioni, fattori composti e coscienza

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Ce una mente che pensa "io ho bisogno di questo, il mio io ha bisogno di questo", oppure "questo è il mio nemico" e così via, e su queste basi, fornite dalla mente, noi accumuliamo il karma.

2° Anello: il karma

A causa dell'ignoranza, che dirige le nostre azioni, accumuliamo il karma (28)(28), che è il secondo anello dell’origine interdipendente. Tuttavia all'origine del karma, sia positivo che negativo, c'è sempre l'ignoranza che ci tiene legati all'esistenza samsarica.

3° Anello: la coscienza

Il terzo anello è costituito dalla coscienza mentale, uno dei nostri aggregati. Le energie e potenzialità del karma compiuto sono semi karmici, impronte depositate sulla nostra coscienza mentale; sulla spinta di queste impronte karmiche continuiamo ad accumulare karma positivo e karma negativo.

Come risultato diretto in futuro prenderemo un'altra rinascita. Depositati questi semi karmici sul nostro continuum mentale, se ad esempio nella vita futura dobbiamo rinascere come esseri umani, al momento del concepimento entreremo nel grembo di nostra madre: esattamente in quel momento si forma l'embrione, che è in uno stato quasi fluido, ma ha già dall'inizio la coscienza mentale, le sensazioni ed il fattore della discriminazione, grazie al quale riesce a discriminare tra i vari tipi di fenomeni.

Per cui si può dire che c'è già ciò che chiamiamo l'io.

4° Anello: nome e forma

Il quarto anello della generazione interdipendente si chiama nome e forma.

È chiamato nome, perché è già presente l'io; ed è chiamato forma perché esiste anche l'embrione, il nostro primo aggregato, che è appunto la parte forma, il corpo fisico.

E così la nostra mente, il nostro io, è arrivata in un nuovo albergo.

Se invece dovessimo rinascere non come esseri umani, ma nel mondo senza forma, non avremmo l'aggregato della forma, ossia il corpo fisico, bensì sarebbero presenti solo gli altri aggregati.

Al concepimento, con l'embrione, si può dire che il corpo è stato formato. Al momento della formazione dell'embrione, in latenza c'è come un seme, un inizio delle facoltà sensoriali.

(28)(28) Il termine sanscrito significa "azione", e nel Buddhismo indica l'energia, le impronte - positive, negative e neutre - che le azioni, le parole ed i pensieri depositano sul continuum mentale

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5° Anello: le basi della conoscenza

L'anello successivo, il quinto, è quello in cui si sviluppano le sei facoltà o poteri sensoriali.

Questo anello è chiamato "basi della conoscenza" perché l'embrione ha ormai sviluppato gli organi fisici - orecchie, occhi, naso, bocca, braccia, gambe - che poi utilizzerà per vedere, udire, gustare, toccare, odorare e sentire.

Se si nasce nel mondo senza forma, delle sei facoltà sensoriali se ne avrà solo una, quella mentale, l'unica non legata al corpo.

6° Anello: il contatto

Il sesto anello della generazione interdipendente è quello del contatto e fa sì che riusciamo a servirci degli oggetti che ci circondano.

Il contatto è l'incontro di tre fattori: l'oggetto percepito dai sensi, la coscienza sensoriale e l'organo sensoriale. Mediante il contatto l'essere inizia a distinguere tra oggetti piacevoli, spiacevoli e neutri o indifferenti.

La vista, ad esempio, è l'incontro del potere sensoriale visivo, della coscienza visiva, e dell'oggetto che viene visto: quando questi tre fattori si incontrano, ossia c’è il contatto, avviene l'atto del vedere.

Lo stesso meccanismo è applicabile a tutte le altre facoltà sensoriali, compresa quella mentale, infatti anche per ottenere a livello mentale questo contatto dobbiamo avere tre fattori che si incontrano.

7° Anello: la sensazione

Il settimo anello è quello della sensazione e sorge simultaneamente al contatto, nasce dal sesto anello. Infatti in questo momento si sperimentano tre tipi di sensazioni che corrispondono alle distinzioni fatte nel momento del contatto: sensazioni di felicità provocate da oggetti piacevoli, sensazioni sgradevoli o di sofferenza provocate da oggetti spiacevoli, sensazioni indifferenti, né sgradevoli né gradevoli, date da oggetti per noi neutri. L'embrione possiede già la sensazione, per questo si muove e si agita nel grembo materno.

8° Anello: il desiderio o brama

L'ottavo anello della generazione interdipendente è quello del desiderio, che nasce dall'anello precedente, quello della sensazione.

Sulla base delle sensazioni di felicità nascono dunque pensieri, sensazioni ed emozioni di desiderio; vi è attaccamento per le sensazioni piacevoli che sono state sperimentate.

Anche le sensazioni sgradevoli di ira e di odio nascono dal desiderio, in quanto a causa del grande attaccamento al proprio io, viene odiato tutto ciò che gli è sgradito o indesiderato o che lo minaccia.

Ma questo avviene solo se è presente l'ignoranza che trasforma la sensazione di felicità in desiderio. Se non c'è ignoranza, anche se è presente la sensazione, non si genera desiderio: una persona che ha superato l'ignoranza, anche se ha le sensazioni di felicità, non sviluppa alcun desiderio.

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Esistono tre tipi di desiderio, corrispondenti ai tre tipi di mondi nei quali possiamo rinascere: il mondo del desiderio, il mondo della forma, il mondo senza forma. Ognuno di questi tre mondi è classificato secondo ciò che coloro che vi nascono desiderano.

Tutti gli esseri nei sei reami del mondo del desiderio - uomini, deva, semidei, animali, preta, esseri degli inferni - hanno in comune l'ambizione di sperimentare e di godere gli oggetti dei cinque sensi, ossia della vista, dell’udito, dell’olfatto, del gusto e del tatto.

Gli esseri nati nel mondo della forma hanno come caratteristica particolare il fatto di possedere un corpo fisico molto grande, il loro desiderio principale è quello di godere delle sensazioni del tatto.

Gli esseri del mondo senza forma, invece, desiderano soprattutto avere sensazioni piacevoli tramite il loro aggregato di sensazione. Infatti, non avendo un corpo, non desiderano sensazioni causate dal tatto.

9° Anello: l'afferrare o l'aggrapparsi

Il nono anello si chiama "afferrare".

Si tratta di un tipo di desiderio più potente dell'anello precedente e si sviluppano quattro tipi di attaccamento:

• agli oggetti sottoposti ai cinque sensi• a tutte le visioni errate tranne quella che riguarda gli aggregati distruttibili• a tutte le visioni errate che riguardano il concepire come moralità suprema e

comportamento ascetico supremo ciò che non lo è• ai cinque aggregati che costituiscono l'io, nonostante siano impermanenti e distruttibili;

questo attaccamento si manifesta soprattutto al momento della morte

Va altresì detto che un forte attaccamento al proprio corpo umano, pur essendo un klesha, può creare al momento della morte un'impronta karmica che, unita alla fede, può far maturare altre impronte karmiche positive e portare così ad una rinascita umana.

10° Anello: il divenire o brama di esistere

Il decimo anello, la brama di esistenza, è quello che ci spinge e proietta nella nostra vita futura.

Spinti dall'ignoranza primordiale, compiamo delle azioni che depositano dei semi karmici sul nostro continuum mentale. Tali semi karmici sono potenziati e proiettati dal nostro desiderio, che è come l'acqua che li annaffia. Con la forza di questi altri anelli veniamo proiettati nella nostra vita futura.

Pur essendo questo un anello di causa - perché è la causa diretta della nostra vita futura - porta il nome del risultato, in quanto in tibetano "divenire" vuole dire anche rinascita.

11° Anello: la rinascita

L'undicesimo anello è quello della rinascita e, come il quarto, si produce non appena l'essere entra in un nuovo corpo.

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Vi sono quattro tipi di nascite: nascita da un grembo materno, da un uovo, da calore o umidità e nascita miracolosa.

É chiaro che gli esseri umani ed anche molti animali nascono dal grembo materno. Anche i preta nascono da un grembo materno ed il fatto che siano costantemente affamati - è questa la loro caratteristica principale - non impedisce loro di sposarsi ed avere dei figli, si dice che alcuni ne abbiano anche fino a cinquanta!

La nascita da un uovo, come ben sappiamo, è propria degli uccelli e degli insetti.

Riguardo alla nascita da calore o umidità, avrete notato che d'estate, quando fa molto caldo, nascono microrganismi e piccoli insetti dal calore e dall'umidità. Anche la nascita dal grembo materno richiede tuttavia un certo calore, altrimenti neanche essa potrebbe avere luogo.

La rinascita miracolosa avviene istantaneamente, senza il passaggio nell'uovo o nel grembo materno.

Avendo accumulato molto karma negativo, per esempio, si rinasce istantaneamente negli inferni, senza passare per un grembo materno o dall'uovo; anche nel reame delle divinità samsariche, avendo accumulato molto karma positivo, si rinasce istantaneamente.

Per quel che riguarda questi quattro tipi di rinascita, la nascita può avvenire solo quando la mente ha lasciato la propria dimora precedente e - spinta dal karma accumulato, il decimo anello - giunge nel corpo, o nel luogo, della dimora successiva. E come quando in ufficio si fa un lavoro e non si può andare via finché non viene qualcuno a darci il cambio: allo stesso modo è il passaggio della mente che lascia la vita precedente ed entra nella nuova rinascita.

12° Anello: vecchiaia e morte

Il dodicesimo ed ultimo anello di questa generazione interdipendente è quello della vecchiaia e morte, ambedue incluse nello stesso anello.

La vecchiaia, che inizia nell'attimo successivo al concepimento, è il deterioramento di tutte le facoltà del nostro corpo, è la maturazione degli aggregati, il frutto che marcisce quando matura.

La fine della vecchiaia è la morte, il momento della separazione della mente dal corpo, che avviene quando dobbiamo abbandonare questo aggregato di forma preso al momento della nascita.

Si compie così il risultato finale della nostra ignoranza che ci conduce a nuove nascite e morti, in un ciclo senza fine: è per questo che il samsara è chiamato ruota delle esistenze. Occorre quindi cercare l’origine di questo cerchio ed eliminare i motivi di rinascita nel samsara.

Nella descrizione di questi dodici anelli della generazione interdipendente abbiamo seguito l'ordine progressivo d'ingresso, di creazione nel samsara; tuttavia è importante anche la direzione inversa, che rovescia tutto questo procedimento.

Abbiamo visto che la radice di tutto, la causa basilare, è l'ignoranza, quindi se riusciamo ad eliminarla non compiremo più azioni karmiche che possano essere depositate sul nostre continuum mentale, non si creerà il corpo e la forma, non genereremo le facoltà sensoriali,

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non vi sarà contatto, né sensazione, né attaccamento, né desiderio, brama di esistere, e così via.

Se non ci saranno il desiderio, l’afferrare, la brama di esistere, che sono come l'acqua che annaffia i nostri semi karmici, non ci sarà né acqua, né terreno da annaffiare, perché non ci sarà più ignoranza, e così anche i risultati di nascita, vecchiaia e morte saranno eliminati, poiché tutti gli attaccamenti sono una causa di rinascita nel samsara.

Tuttavia l'ignoranza non sparisce da sola, per poterla eliminare bisogna sviluppare tre tipi di saggezza, che conducono alla felicità del nirvana.

• Il primo tipo di saggezza è quello di sapere che azioni positive producono risultati di felicità.

• Il secondo tipo di saggezza è quello di sapere che azioni negative producono risultati di sofferenza.

• Il terzo tipo di saggezza è riconoscere la natura interdipendente dell'io e di ogni fenomeno, capire che non hanno un'esistenza a sé stante, bensì dipendono dalle proprie parti.

Già con l'ottenimento della liberazione l'ignoranza è stata eliminata, anche se non si è ancora raggiunta l'illuminazione perfetta, che è uno stato ancora più alto.

Per ottenere il nirvana, oltre ad eliminare l'ignoranza, è indispensabile realizzare la vacuità, ossia possederne la visione diretta; comprendere invece la vacuità tramite il ragionamento è qualcosa che facciamo anche noi normalmente durante il nostro studio.

E quando in seguito a questo ragionamento logico, a questa comprensione, si realizza la vacuità in modo diretto, senza più il tramite del ragionamento logico, allora si lascia il samsara e si ottiene il nirvana.

Adesso recitiamo un giro di mala (29)(29) "Om mani peme hung (30)(30) con la motivazione che tutti gli esseri possano velocemente liberarsi da tutte le loro sofferenze.

(29)(29) Il rosario buddhista, generalmente di 108 grani, usato per recitare i mantra(30)(30) É il mantra di Avalokiteshvara, Buddha della compassione, in sanscrito "Om mani padme hum", che i tibetani pronunciano "Om mani peme hung". La recitazione di questo mantra dalle sei sillabe purifica le negatività dei sei mondi samsarici e produce innumerevoli meriti.OM - generosità; abbandono dell'avarizia e della rabbia; mente che benefica gli altriMA - moralità; il non danneggiare gli esseri senzientiNI - pazienza; abbandono della rabbia, della gelosia, dell'ego e dell'attaccamento a sé stessiPE - sforzo entusiastico; studio volto all'eliminazione della sofferenza; eliminazione della pigriziaME - concentrazione in generale, ed in particolare sulle virtù, senza distrazione; meditazioneHUNG - saggezza; conoscenza di tutti i fenomeni; fiducia nel Maestro

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Il Dharma

Molte persone ripetono in continuazione che vogliono praticare il dharma (31)(31), la spiritualità, e credono che si tratti di qualcosa da cercare al di fuori di sé stessi, vanno per esempio in paesi lontani, o in luoghi diversi da quello in cui vivono.

Per "praticare il dharma" non bisogna necessariamente utilizzare strumenti rituali, fare gesti o battere le mani, e così via, la vera pratica del dharma consiste fondamentalmente nell'avere buoni pensieri e buone motivazioni, se possediamo questo, allora, sia che facciamo ginnastica, o una passeggiata, o qualsiasi altra cosa facciamo pratichiamo sempre il dharma.

Se invece nella nostra mente sentiamo una grande rabbia, o sperimentiamo invidia e gelosia verso gli altri, anche se con il nostro corpo siamo in perfetta posizione di meditazione, di certo non praticheremo il dharma.

Molti pensano che con i soldi possano comprare la pratica del dharma, o assicurarsela tramite oggetti, e così via.

Non è così, la vera pratica del dharma dipende solo dalla mente; è bene praticare affrontando ciò che ci capita, tramite riflessioni reali, immediate, tramite il legame che si crea tra ciò che ci succede nella vita e ciò che noi siamo veramente.

É questa la vera meditazione, ed è comunque un processo mentale, non dipende dalla casa in cui viviamo, dai soldi che spendiamo, o dal luogo in cui stiamo.

Cosa si intende per dharma?

Si intende lo studio e la pratica delle sei paramita o perfezioni (32)(32), nelle quali è inclusa anche la moralità, ossia l'adozione e la pratica di comportamenti positivi, utili e benefici a sé stessi ed a tutti gli altri esseri, e l'abbandono di tutti i tipi di comportamento negativi e dannosi.

Mantenere una buona moralità significa quindi non danneggiare mai alcun essere vivente, cercare in tutte le circostanze di essere loro di beneficio, anteponendo l'interesse altrui a quello proprio e tentando di beneficare più gli altri che sé stessi.

Un tale comportamento diventerà anche una pratica di generosità, di pazienza, di sforzo entusiastico e gioioso.

Dharma sono dunque le cause e le condizioni per l'ottenimento dell'illuminazione perfetta, o per l'ottenimento del nirvana (33)(33), e adesso noi - avendo queste cause e condizioni - avremo la possibilità di mettere in pratica questi insegnamenti per raggiungere gli scopi che ci prefiggiamo.

Lo studio e la pratica del dharma sono l'unico metodo per ottenere la felicità ed eliminare la sofferenza, oltre ad essi non vi è altro mezzo, dobbiamo solo domandarci se siamo in grado di intraprendere tali studi.(31)(31) Termine sanscrito che nel Buddhismo indica generalmente la dottrina di Buddha, intendendo da un lato gli insegnamenti contenuti nelle scritture, dall'altro le realizzazioni spirituali che si possono ottenere tramite essi(32)(32) Le sei perfezioni (in sanscrito "paramita") sono: generosità, moralità, pazienza, sforzo entusiastico, concentrazione, saggezza (33)(33) Termine sanscrito per la “liberazione”, intesa come affrancamento dal samsara e dalle sue sofferenze; gli esseri che ottengono il nirvana sono chiamati “Arhat” o “Arya”

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La risposta è si, abbiamo sicuramente la capacità ed il potere di farlo, perché possediamo le cause e le condizioni esterne necessarie alla pratica, delle quali la più importante consiste nella presenza dei maestri spirituali; inoltre disponiamo di cause e condizioni interne, che sono date da questa rinascita umana pienamente qualificata, perché completa delle diciotto qualità indispensabili per la pratica.

Non solo è necessario praticare, ma è importante anche farlo in questa stessa vita, perché, come dice il maestro Lama Tzong Khapa, l'esistenza umana pienamente qualificata è estremamente significativa ed importante, difficilissima da ottenere - infatti le cause per una tale rinascita sono molteplici e difficili da accumulare - ma molto facile da perdere. È inoltre breve, e non possiamo prevedere il momento della nostra morte.

Ma se adottiamo un comportamento positivo, la nostra vita umana non sarà sprecata, mentre se nell'attuale esistenza non pratichiamo, in quelle future sarà estremamente difficile ottenere di nuovo una tale rinascita umana pienamente qualificata.

Lama Tzong Khapa, i Buddha ed i nostri maestri hanno detto che dobbiamo acquisire sia una visione corretta positiva che un comportamento corretto positivo.

Il miglior tipo di comportamento è quello altruistico, e riuscire a praticare bene l'altruismo è il mezzo migliore per ottenere sia il bene altrui che quello proprio (34)(34).

Per praticare l'altruismo non c'è neanche bisogno di stare in un centro buddhista, o in un tempio: questo comportamento, che costituisce la migliore pratica, lo possiamo coltivare ovunque, sia in riva al mare, che in cima ad una montagna, in qualsiasi paese e luogo ci troviamo, i risultati saranno sempre molto positivi. A scuola, in ufficio, in una grande fabbrica o in vacanza, tenere un comportamento sempre positivo e virtuoso è il tipo di dharma più puro che ci sia. E qualcosa che non riguarda il lato mondano della vita, anche se saremo sempre considerati persone positive, nobili e superiori.

Al contrario, se il vostro pensiero è negativo, secondo me i risultati che esso creerà non saranno tanto dannosi per gli altri quanto per voi stessi, ed in grande misura.

Se si riesce a riflettere bene su questi principi, anche se qualcuno dovesse dire "non praticate il dharma", malgrado ciò automaticamente la pratica del dharma entrerà nella vostra vita.

In un certo senso si può dire che il dharma mondano e quello puro (non mondano) coincidano: non sono diversi, nella pratica vi è concordanza fra i due.

Ad esempio una persona che dal punto di vista della vita quotidiana e mondana è positiva, ha un atteggiamento superiore e nobile perché aiuta sempre gli altri, questa persona è un grande praticante di dharma anche rispetto al dharma puro.

Ciò è vero anche per il contrario: una persona che infrange le leggi del proprio paese, che nella vita di tutti i giorni danneggia gli altri, compie azioni illegali e criminali, anche dal punto di vista del dharma è un cattivo praticante, perché non agisce secondo le sue leggi.

Il concetto di azione positiva o virtuosa è molto prezioso, ed è una grande fortuna avere l'insegnamento giusto al riguardo.

(34)(34) Per esempio, una persona che ha sempre un atteggiamento positivo, di aiuto verso gli altri, riceverà a sua volta aiuto al momento del bisogno

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Le azioni vengono definite in base al loro risultato di maturazione karmica. Gli esseri superiori, altamente realizzati, con la loro chiaroveggenza hanno visto i risultati karmici di maturazione delle azioni, per cui nei testi che ci hanno tramandato definiscono in modo preciso e giusto la natura delle azioni positive.

Un'azione positiva è tale se ha come risultato di maturazione karmica la rinascita in reami superiori di felicità, o risultati di maturazione che ci permettano di sperimentare solo felicità.

Lo stesso vale per le azioni negative: l'unico risultato di maturazione karmica di un'azione negativa è la sofferenza, e nelle scritture è definita azione negativa quell'azione che come risultato fa sperimentare delle sofferenze.

Chiamiamo virtù o azione positiva impura l'azione positiva mescolata ai klesha; infatti tutte le azioni positive compiute mentre nella mente è presente una visione errata della realtà (che vede i fenomeni nel modo errato, corrispondenti solo alla loro apparenza, cioè come se fossero indipendenti), anche se virtuose diventano impure. Tutte le virtù nel continuum mentale di un essere che non ha ancora compreso la vacuità sono virtù e azioni positive impure.

Al contrario tutte le virtù o azioni positive compiute da un essere che ha realizzato la vacuità, ossia la conoscenza diretta del vero modo di esistere dei fenomeni, sono azioni positive e virtù pure.

Di certo nelle nostre vite passate abbiamo accumulato i meriti che ci hanno permesso di ottenere questa buona rinascita umana pienamente qualificata per la pratica.

Come saranno le nostre vite future?

Dipende da ciò che facciamo in questa vita: abbiamo l'indipendenza, il controllo e la libertà di determinare adesso, con il comportamento e con la pratica, le nostre vite future, perciò si dice che il futuro è nelle nostre mani e dobbiamo fare molta attenzione a non sprecare questa occasione.

Come scopo per le nostre vite future, dobbiamo mirare ad ottenere una felicità stabile e di tipo superiore, la migliore che si possa ottenere, che è quella dell'illuminazione perfetta.

Ed essendo noi praticanti del Grande Veicolo (35)(35), il Mahayana, questa dovrebbe essere la nostra unica metà.

Per potere ottenere lo stato libero da sofferenze, non esiste base di rinascita migliore di quella umana che abbiamo adesso.

Se ci domandiamo per quale motivo studiamo, pensiamo che ora abbiamo ottenuto questa buona rinascita e dobbiamo quindi cercare di utilizzarla per poter raggiungere l'illuminazione perfetta, per beneficare tutti gli esseri senzienti.

Formuliamo sempre tale motivazione per l'ascolto degli insegnamenti.

(35)(35) La “Grande Via”, in sanscrito “Mahayana”, nel Buddhismo indica il veicolo maggiore, che porta all’illuminazione perfetta, caratterizzata dall’ideale del Bodhisattva di raggiungere lo stato del Buddha per liberare tutti gli esseri dalle sofferenze

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Tutti gli esseri ambiscono vari tipi di felicità - grande, media, o piccola - vale dunque la pena di coltivare anche i tipi minori di felicità, giacché si desiderano.

Pensiamo che né noi, né tutti gli altri esseri viventi desiderano la sofferenza, mentre tutti, dal più piccolo insetto fino a noi, desiderano solamente la felicità. Non solo, ma desiderano una felicità stabile e duratura.

Per potere avere una tale felicità bisogna porne le cause, altrimenti il risultato non può prodursi, e farlo è compito di ognuno di noi, non è qualcosa che qualcun altro può fare al nostro posto; la riflessione e l'accumulazione delle cause giuste deve essere fatta da noi, giacché siamo noi che desideriamo la felicità.

La causa principale per ottenerla è la determinazione di non nuocere mai, in nessun modo, a nessun essere vivente, decisione che dobbiamo mantenere salda nella nostra mente.

Domandiamoci poi in quale modo possiamo mettere questi principi in pratica, come comportarci, come applicarli nella nostra vita, per esempio quando ci alziamo al mattino, che è un momento determinante, o al momento di coricarci la sera, o quando mangiamo, insomma durante tutti i momenti della nostra giornata.

In quale modo possiamo unire le azioni quotidiane alla pratica?

La mattina, mentre ci alziamo, quando ci laviamo, dobbiamo pensare in questo modo: "se mi lavo, ciò mi aiuterà a mantenere una buona igiene e quindi una buona salute. E per quale motivo io desidero avere una buona salute? Per poter praticare e studiare ed acquisire le capacità di essere di aiuto e beneficio a tutti gli esseri viventi."

Mentre ci laviamo dobbiamo immaginare e visualizzare che il lavarci e l'acqua che ci lava diventino il rituale per la purificazione dalle negatività: pensiamo che con quest'acqua ci purifichiamo dalle impronte karmiche delle azioni negative compiute, per poter essere di aiuto e di beneficiò a tutti gli esseri viventi.

Continuando queste pratiche di unire le nostre azioni con il dharma, quando ci vestiamo pensiamo: "io sono una persona che pratica, cioè una persona che pensa a beneficare gli esseri, che cerca di sviluppare e realizzare la compassione, che durante il giorno recita dei mantra, per cui nel mio corpo vengono ad assorbirsi dei Buddha e delle manifestazioni di divinità.

Allora, mentre mi vesto visualizzo ed immagino di offrire queste vesti a queste divinità, ai Buddha che dimorano dentro di me, e trasformo l'atto di vestirmi in una pratica di offerte."

Mentre mangiamo dobbiamo pensare: "io mangio per coltivare la mia salute, per avere un corpo che mi permetta di praticare e di studiare per poter ottenere lo stato di Buddha, l'illuminazione perfetta per il bene di tutti gli esseri."

Questo dovrebbe essere il modo di riflettere ogni volta che mangiamo.

Mentre lavoriamo, qualsiasi attività lavorativa svolgiamo, dobbiamo sempre mantenere la consapevolezza che ciò che facciamo lo facciamo per poter essere utili agli esseri.

Dobbiamo dirci: "per quale motivo lavoro? Per quale motivo svolgo questa attività? Perché spero che sarà di beneficio agli esseri viventi".

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La sera, quando stiamo per addormentarci, meditiamo e riflettiamo sulla compassione verso gli esseri e sul desiderio di beneficarli.

Addormentandoci con questi pensieri, per tutta la durata della notte, fino al risveglio, il nostro sonno si trasformerà in un'azione positiva, in un'accumulazione di meriti karmici positivi.

Inoltre, se ci addormentiamo pensando anche alla felicità ed al benessere di questa vita, quando l'indomani ci sveglieremo, ci sentiremo bene: sperimenteremo un benessere ed un certo tipo di felicità.

Riflettendo così e conducendo la nostra vita con questo tipo di consapevolezza, tutta la nostra esistenza si trasformerà in una pratica da Bodhisattva: questo modo di agire e di pensare costituisce appunto il comportamento di un Bodhisattva.

Per quel che riguarda invece gli stati mentali negativi, di cui i principali sono l'ira, la rabbia e l'attaccamento, anche pensando solo alla felicità di questa vita, questi fattori ci causeranno uno stato costante di malessere. Infatti, quando la nostra mente è pervasa da pensieri negativi, tutta la giornata è rovinata e siamo oppressi da sensazioni di malessere. Se la sera, invece di addormentarci con una motivazione positiva, avremo uno stato mentale pieno di ira e di collera, il sonno sarà turbato, con sogni agitati, e vi sarà un'accumulazione di karma negativo.

L'indomani, svegliandoci, sentiremo ancora questo malessere, e, oltre ad avere il dispiacere di avere addolorato qualcuno con la nostra ira, avremo anche accumulato karma negativo.

Per potere cogliere l'essenza di questa preziosa rinascita umana, dobbiamo prima di tutto riconoscere quattro tipi di pensieri errati che minacciano questo conseguimento.

1. Il primo di essi riguarda il nostro io, e consiste nel fatto che, quando pensiamo al nostro io, lo concepiamo come se fosse permanente ed indipendente.

2. Un altro errore consiste nel pensare "oggi non morirò; domani non morirò". Nonostante questa nostra vita sia impermanente, pensiamo così tutti i giorni.

Questo pensiero è errato perché è un aggrapparsi al sé, all'idea che il proprio io esista in maniera reale ed assoluta, e ciò a molti livelli, sia sottili che grossolani; inoltre provoca in noi l'illusione di poter permanere in questa vita.

Questa concezione di permanenza diventa una coscienza errata ed è la porta, l'inizio, la sorgente dei difetti mentali che ci provocano la sofferenza: l'attaccamento, l'odio e l'ignoranza.

3. Di conseguenza sviluppiamo un grande attaccamento per le ricchezze materiali, per la fama, il buon nome, e così via e quando certe persone li minacciano o danneggiano sviluppiamo grande odio e rabbia contro esse.

4. Come conseguenza del grande odio, attaccamento ed ira, sperimentiamo sofferenze, e dovremo sperimentarle anche in futuro, anche se la nostra mente non capisce questo fatto: questa è l'ignoranza sulla legge del karma. .

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Come risultato di questa forma mentale errata, creiamo ed aumentiamo in noi l'attaccamento, l'odio, l'ira e l'ignoranza.

Bisogna invece pensare: "la lunghezza della mia vita presente è determinata dai meriti che ho accumulato in questa e nelle mie vite passate, e non potrò rimanere in vita più a lungo di quanto mi permetta questo karma".

In Tibet, in una zona chiamata Tenpò, un maestro, Ghescé Landanpà, seguiva una pratica molto particolare: aveva radunato piccole pietre bianche e nere e le teneva in due mucchi separati.

Durante tutto il giorno sorvegliava la sua mente, ed ogni volta che sorgeva in lui un pensiero positivo prendeva una pietra bianca e la metteva da parte. Ogni volta che sorgeva in lui un pensiero negativo metteva da parte una pietra nera.

Alla sera contava i due mucchi di pietre, se erano più numerose le pietre nere si disperava, si metteva a piangere, faceva le pratiche di purificazione delle negatività, recitava i mantra, i nomi dei Buddha, e così via. Se invece era superiore il numero delle pietre bianche, tutto contento faceva festa, beveva tè ed elogiava sé stesso. A quel punto dormiva felice e contento.

Anche noi dovremmo seguire questa ottima pratica.

Immaginiamo che per arrivare allo stato di Buddha vi sia una scala: noi, con questo tipo di studio, in questo centro di dharma, abbiamo salito il primo gradino della scala.

Il nostro è un buon centro, non perché disponga di una buona casa, o di molti soldi, ma perché le persone che lo frequentano hanno molto interesse per lo studio, non sprecano il proprio tempo, lo utilizzano bene, seguono gli insegnamenti, questo lo vedo, e per questo dico che abbiamo un buon centro.

È molto importante pregare sempre affinché tutti gli esseri viventi possano liberarsi dalle proprie sofferenze ed ottenere la felicità. Bisogna pregare affinché nel nostro mondo gli esseri possano vivere in pace, liberandosi dalle guerre e da tutte le forme di sofferenza.

Preghiamo anche affinché tutte le persone che frequentano il centro possano farlo sempre in buona amicizia.

Allora, con tutti questi scopi e preghiere in mente, recitiamo un giro di mala di "Om mani peme hung", dedicando i meriti a tali intenzioni.

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Il rifugio

"Prendo rifugio fino all'illuminazione nel Buddha, nel Dharma e nel Sangha (36)(36). Per i meriti creati nel praticare la generosità e le altre perfezioni, possa io al più presto ottenere l'illuminazione per il beneficio di tutti gli esseri senzienti".

La formula di rifugio include la richiesta dell'ottenimento dell'illuminazione perfetta al fine di poter beneficare tutti gli esseri viventi, perché tutti, nelle innumerevoli vite passate, in qualche maniera sono stati gentili con noi e ci hanno beneficato.

Questa è la motivazione con la quale ascolteremo gli insegnamenti di oggi.

Tutti gli esseri che rinascono nel samsara, nessuno escluso, sono immersi nella sofferenza, e dunque hanno bisogno di protezione. Anche se non proviamo le grandi sofferenze degli esseri rinati negli inferni, dei preta e degli animali, tanti altri le stanno sperimentando.

Inoltre non abbiamo raggiunto la libertà di poter decidere, al momento della nostra morte, di non rinascere in uno di quegli stati, in quanto la rinascita futura non sarà determinata da noi, bensì dal nostro karma, e se abbiamo compiuto azioni karmiche molto negative, dopo la morte saremo costretti a rinascere in uno dei reami inferiori di sofferenza, senza libertà e senza controllo.

Così, per poter proteggere gli altri esseri viventi, dobbiamo prima noi stessi raggiungere l'indipendenza, la libertà ed il controllo sul nostro destino e sulle nostre rinascite e dobbiamo cercare di farlo in questa vita, altrimenti non saremo in grado di ottenere tale controllo quando passeremo da questa vita a quella futura. Come sarà la nostra vita futura?

Se riflettiamo bene, ognuno di noi sarà in grado di rispondersi: tutto dipende dal nostro impegno e dalla nostra pratica di ora.

Se non ci impegnamo e non pratichiamo, di sicuro sprecheremo la preziosa opportunità che ci dà la rinascita umana; ma se il nostro impegno e la nostra pratica ci sono, questa rinascita pienamente qualificata ci offre un'occasione preziosa di ottenere questo tipo di indipendenza, di libertà e di scelta riguardo al nostro destino.

Se ora la nostra pelle venisse ferita da una spina, sentiremmo un acuto dolore: pensiamo allora alla difficoltà che avremmo noi e tutti gli altri esseri viventi a sopportare le sofferenze delle rinascite inferiori che potremmo avere in futuro.

Se non riusciamo ad ottenere delle realizzazioni l'ostacolo è dovuto solamente alla nostra mente: nessuno ci ostacola dal di fuori e ci impedisce di avere tali conseguimenti,

Uno dei blocchi ed ostacoli derivanti dalla mente è il pensiero che questa vita, e il modo di viverla, sia importante, perché forse non ci sono vite future.

La vita futura esiste.

In quale modo? C'è il continuum della nostra mente: se esso cessasse di esistere dopo la morte, allo stesso modo anche il continuum mentale che proviene dalla giornata di ieri e la ricorda non ci sarebbe più, si interromperebbe. Perciò dopo il sonno di una notte non

(36)(36) Il sangha, terzo dei Tre Gioielli (Buddha, Dharma, Sangha). rappresenta la comunità spirituale, coloro - laici e monaci - che praticano il dharma

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potremmo ricordare ciò che abbiamo fatto ieri, ed il nostro passato ed il nostro ieri non esisterebbero più.

Quindi il continuum mentale di questa vita prosegue anche nelle nostre vite future e, se non vi abbiamo depositato impronte karmiche positive, come la bodhicitta, la compassione e così via, ma solo impronte karmiche negative, certamente rischiamo di rinascere in reami inferiori, di sofferenza.

Pur essendo rinati in maniera positiva, con un corpo umano pienamente qualificato per la pratica, in questa vita possiamo tuttavia sperimentare molti problemi e sofferenze, per esempio malattie, tristezza, depressione mentale, una vita breve, e così via: questi sono effetti karmici, ed i risultati, si dice, sono simili alla causa che li ha prodotti.

Se ci sono malattie, o una vita breve, vuole dire che nelle vite passate abbiamo accumulato azioni nocive verso gli esseri viventi, per esempio uccidendoli, picchiandoli, provocando loro danni fisici.

La tristezza e la depressione mentale, invece, possono essere il risultato dell'avere provocato dispiacere, dolore mentale ad altri esseri, ad esempio anche pronunciando parole dure od offensive.

In questo modo si manifestano i risultati, simili alla loro causa, di azioni negative da noi commesse in vite passate e giunte ora a maturazione.

Tutti gli esseri nel samsara cercano la felicità, ma l'unico mezzo per assicurarsi la felicità nelle vite future, oltre che nell'attuale, consiste nell'abbandono di qualsiasi azione nociva verso gli altri esseri.

Ogni volta che affrontiamo situazioni difficili, o che ci comportano sofferenza, dobbiamo meditare la pazienza; in generale è molto importante, se qualcuno ci ostacola o ci arreca sofferenza, meditarla e praticarla.

Ancora più importante è praticare la pazienza nella meditazione sulla bodhicitta e sulla shunyata. Infatti queste meditazioni portano ad affrontare difficoltà e pratiche difficili; sopportare serenamente tali sforzi, fatti con l'intenzione di beneficare tutti gli esseri, è una delle migliori pratiche di pazienza.

Se abbiamo ben sviluppato lo sforzo entusiastico che serve per tali pratiche, il nostro raggiungimento dell'illuminazione perfetta sarà molto vicino; infatti, molti praticanti hanno ottenuto lo stato di Buddha anche in una sola vita, e Lama Tzong Khapa è uno di loro.

Anche se non facciamo altrettanto, praticando con gioia ed entusiasmo potremo avere una buona rinascita nella vita futura, e così, gradatamente, praticando anche nelle nostre vite future, potremo velocemente ottenere l'illuminazione perfetta per il bene di tutti gli esseri.

Anche se possiamo avere il desiderio di praticare il dharma, di avere una buona rinascita futura, di ottenere lo stato di Buddha, gli ostacoli che ci impediscono di mettere in pratica questi buoni propositi li abbiamo nel nostro continuum mentale.

Gli impedimenti provengono dalla nostra mente, li creiamo noi; uno dei più importanti di essi è quello chiamato la pigrizia della procrastinazione. Essa consiste nel fatto che, pur desiderando praticare, la mattina pensiamo "praticherò stasera"; la sera pensiamo "praticherò domani", domani penseremo ancora di praticare l'indomani.

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Siccome i "domani" non hanno fine, ogni domani penseremo ancora all'indomani.

In sostanza, se così facciamo, saremo sempre in aspettativa, aspetteremo sempre il momento giusto per praticare, e, mentre tergiversiamo, sicuramente un giorno la morte arriverà.

Così come all'aeroporto si va ad accogliere qualcuno, dobbiamo fare attenzione a non andare ad accogliere la morte.

Cosa bisogna accogliere, invece? Bisogna accogliere l'accumulazione delle cause per la felicità nostra e di tutti gli esseri viventi: ad essa ci dobbiamo avvicinare, e non alla nostra morte.

Bisogna sempre riflettere così.

Quando avremo compreso che le cause e le condizioni per la felicità, sia di questa vita che di quella futura, stanno nell'insegnamento e nel dharma, allora esso si realizzerà veramente nella nostra mente.

La porta verso tali realizzazioni positive è il rifugio.

Secondo voi, cosa ci proteggerà veramente, i Buddha, oppure i loro insegnamenti, che ci permettono di eliminare i klesha, di accumulare la positività e di aumentare la saggezza?

Il vero nostro rifugio è la saggezza nel nostro continuum mentale, e per ottenere tale saggezza e - con essa - tale rifugio, abbiamo a disposizione gli insegnamenti dati dal Buddha, non potendo creare da soli il nostro rifugio.

In una scuola, per esempio, la nostra vera protezione per ottenere il diploma sono i nostri studi. Tuttavia, se non c'è l'insegnante che ci istruisce, non potremo capirne a sufficienza per potere studiare nel modo dovuto. Allora, per potere avere in futuro la laurea di una buona rinascita, che tipo di studi dovremo fare?

Se avremo rinascite di sofferenze o di felicità, dipenderà esclusivamente dalle cause accumulate: non ne avremo nessun controllo al momento della morte, la nostra rinascita sarà decisa solamente dalla legge di causa ed effetto.

La radice di tutti i nostri stati di felicità e di buona rinascita è nella fede; per fede si intende principalmente quella verso la legge di causa ed effetto, perché tutto ciò che possiamo ottenere di positivo dipende solamente da cause positive che abbiamo accumulato.

La fede migliore è quella che proviene dalla fiducia basata sul ragionamento logico.

Quando perciò avremo compreso con il ragionamento che da cause positive avremo risultati di felicità, mentre da cause negative avremo risultati di sofferenza, e che azioni negative molto pesanti hanno come risultato esperienze di sofferenza molto forte, allora concepiremo realmente una vera fede nella legge di causa ed effetto.

É vero che l'atto di togliere la vita ad altri esseri porta, come risultato, una vita breve, o gravata da malattie?

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Qualcuno risponde che dipende anche dalla motivazione.

É vero che dipende dalla motivazione, però, dopo che avremo preso in considerazione la motivazione, vedremo che comunque si avranno risultati di sofferenza, non è così?

In generale la rinascita nostra nel samsara, sia felice che di sofferenza, è determinata dalla motivazione. Siccome la dipendenza dalla motivazione è accertata, non bisogna prenderla in considerazione quando si scende nei dettagli, altrimenti si rischia che le cose negative e positive non vengano distinte.

Bisogna che capiamo che, a prescindere dalla motivazione, la distinzione fra azione positiva e negativa permane comunque.

Per ogni affermazione dobbiamo esaminare nella nostra mente se è vera oppure no, analizzarla e verificarla, e così facendo il nostro studio farà veramente dei progressi.

Se non impariamo a distinguere la natura delle azioni, fidandoci del principio che comunque tutto dipende dalla motivazione, rischiamo di cadere nella pigrizia.

Ci si rifugia sempre nell'idea "ah, comunque dipende dalla motivazione". Ciò va preso come base, bisogna continuare il nostro studio, perché se tiriamo sempre in ballo la motivazione, dopo, non riusciremo a progredire nella comprensione e ad esaminare di per sé i principi negativi e positivi.

Se ho la motivazione di non uccidere, di non togliere la vita, quale è la causa di tale motivazione? Effettivamente è sapere che togliere la vita è causa di sofferenza, di vita breve, di malattia e così via.

Abbiamo visto l'importanza del rifugio ed i tipi di rifugio.

Qual è la causa della presa di rifugio, quali gli oggetti di essa?

Innanzi tutto dobbiamo sapere cosa ci può proteggere; quando sulla base del ragionamento logico corretto lo avremo compreso veramente, dovremo sviluppare fede e fiducia verso gli oggetti che ci donano protezione. Questa è la causa del rifugio.

In generale vi sono molte cause riguardo al rifugio.

Dobbiamo riflettere in questo modo: non possiamo rimanere per sempre in questa vita, presto dovremo morire. Dopo la morte non sappiamo dove prenderemo rinascita, non ne avremo scelta, né libertà.

Una delle cause della presa di rifugio, dunque, è il pensiero dell'impermanenza.

Non avendo controllo sulla rinascita, dobbiamo comprendere che la causa - la forza - che la determinerà sarà il karma, l'infallibile legge di causa ed effetto; da qui l'importanza di evitare le azioni negative e di coltivare quelle positive.

Questo è un principio estremamente importante: le azioni accumulate, il karma controllano la rinascita.

Se abbiamo accumulato azioni positive, possiamo dire che esse avranno controllo completo per portarci in rinascite di felicità, mentre se abbiamo accumulato azioni negative,

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il potere, la forza, il controllo completo passerà ad esse per condurci in rinascite di sofferenza, che dobbiamo veramente temere.

Fino ad ora nel nostro continuum, nelle nostre innumerevoli vite passate, abbiamo depositato molteplici, infinite cause per rinascere nel samsara, mentre molto poche per ottenere il nirvana. A questo proposito il grande maestro Shantideva (37)(37) disse: "immaginiamo il buio di una notte oscura. Il buio fitto è simile alla nostra ignoranza, in conseguenza della quale abbiamo accumulato tante cause per rinascere nel samsara, mentre le cause accumulate da noi per l'ottenimento del nirvana sono simili al fulmine che per un istante illumina questa notte oscura: talmente poche, rare e brevi sono le cause che riusciamo ad accumulare per ottenere il nirvana!"

Sulla base di questo ragionamento dobbiamo veramente temere le rinascite inferiori di sofferenza, e questa è la seconda causa della presa di rifugio.

Dobbiamo pensare che questa notte buia è simile a tutti gli infiniti eoni cosmici (38)(38) nei quali non appare alcun Buddha che dia insegnamenti.

Si dice infatti che tali ere buie siano numerosissime, mentre quelle fortunate, nelle quali appare un Buddha per dare insegnamenti, siano molto poche, per cui sono simili all'istante in cui il cielo viene illuminato dalla luce del fulmine.

Se vi è assenza degli insegnamenti di Buddha e di un maestro che ci mostri la via, non vi è per noi possibilità di liberazione e di felicità.

Dobbiamo allora pensare da un lato alla gentilezza dei Buddha che vengono nei nostri mondi per donare insegnamenti, dall'altro alla nostra fortuna di rinascere in un'era cosmica in cui tali insegnamenti sono presenti.

Anche questa è una causa per la nostra presa di rifugio e per sviluppare la nostra fede e fiducia nei Buddha: siamo veramente molto fortunati a rinascere in un eone propizio per la presenza degli insegnamenti e ciò ci deve stimolare ad utilizzare questa opportunità, quindi a studiare e praticare ancora meglio.

Per quale motivo la comparsa dei Buddha nei nostri mondi per dare insegnamenti è talmente rara?

I Buddha non hanno possibilità di venire più spesso nei nostri universi per dare insegnamenti a causa della mancanza di meriti degli esseri e dell'esiguità delle azioni positive, mentre il bagaglio delle azioni negative è molto pesante.

Quindi, per capire quali sono i motivi principali della presa di rifugio, possiamo pensare che

- il primo di essi è il nostro desiderio di liberarci dalle sofferenze del samsara;

(37)(37) Shantideva, VII-VIII sec. d.C, appartenne alla corrente della scuola Madhyamika, della cui dottrina redasse un compendio e fu uno dei più importanti autori di scritti sacri del Mahayana(38)(38) "Kalpa" in sanscrito significa "era cosmica"; la suddivisione del tempo in eoni cosmici deriva dall'antica tradizione indiana. L'eone in cui viviamo ora, il "Kaliyuga", è un'era degenerata e intrisa di sofferenze e di ignoranza

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- il secondo motivo è la fede nella protezione che possiamo ottenerea) dagli insegnamenti di Buddha, per liberarci dalle sofferenze dell'esistenza ciclicab) dal maestro, che personifica i Buddha che ci hanno donato gli insegnamentic) dalla comunità spirituale dei praticanti, che ci aiuta a mettere in pratica tali

insegnamenti.

Quando si parla del rifugio costituito dal maestro che da gli insegnamenti, dobbiamo ricordare che le istruzioni dei Buddha riguardo a ciò che dobbiamo abbandonare ed a ciò che dobbiamo adottare sono estremamente precise, corrette, pure e perfette, quindi dobbiamo avere fede verso di esse e ritenerci fortunati di averle ottenute.

Pensiamo per esempio ad una persona che deve imparare a sciare: se il maestro le darà insegnamenti sbagliati, cadrà e si farà del male. Immaginiamo quanto più importanti siano gli insegnamenti perfetti e non errati sul sentiero spirituale da percorrere.

Tuttavia, se il maestro da istruzioni corrette ma non le applichiamo, anche in questo caso cadremo e ci faremo del male: il vero rifugio consiste proprio nella pratica, nell'applicazione degli insegnamenti.

Pensiamo poi ai compagni che si allenano insieme a noi nello sci: essi corrispondono al sangha, la comunità spirituale, gli amici spirituali che ci possono aiutare nello studio.

Il sangha al tempo di Buddha Shakyamuni contava molti discepoli, Arya (39)(39), e via dicendo.

Uno di essi, Mogdalaiana, era molto famoso per i suoi poteri magici e la sua chiaroveggenza. Vi era poi un altro Arhat famoso, Kungaò, il quale aveva due nipoti monaci che si rifiutavano di studiare.

Kungaò li affidò a Mogdalaiana chiedendogli di fare in modo che i due pigri monaci cambiassero e studiassero.

Un giorno Mogdalaiana portò i due a fare una passeggiata in giardino e, con i suoi poteri magici, fece in modo che sentissero le voci ed i rumori provenienti dagli inferni: quello del segare, del distruggere, del tagliare, le grida di dolore degli esseri immersi nell'acqua bollente.

Inoltre, sempre grazie ai suoi poteri, fece loro vedere le immagini corrispondenti a quei suoni: grandi contenitori di ferro rovente pieni di acqua bollente in cui le persone venivano immerse.

I due monaci videro che due contenitori erano vuoti e ne chiesero il motivo a Mogdalaiana. Egli rispose trattarsi dei contenitori riservati ai due nipoti dell'Arhat Kungaò, che, se avessero continuato a non studiare, ad essere pigri, a non impegnarsi, sarebbero rinati negli inferni.

Costoro ebbero una tale paura che cominciarono a studiare bene, e rimase loro così impressa quella visione, che se vi pensavano prima di mangiare non mangiavano più, se vi pensavano dopo vomitavano tutto.

(39)(39) L’"Arhat" o "Arya" (sanscr.) è un essere vittorioso, nobile e superiore perché - avendo realizzato la vacuità - ha sconfitto il samsara e raggiunto il nirvana

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Un altro giorno Mogdalaiana, che conosceva i mezzi abili per educare la gente, di nuovo portò a spasso i due monaci. Ad un certo punto fece vedere loro, tramite i suoi poteri miracolosi, il paradiso dei deva popolato solo da bellissime dee.

I due domandarono allora come mai in quella terra pura non ci fossero uomini, e Mogdalaiana rispose: "perché se i due nipoti di Kungaò studieranno bene e svilupperanno la loro saggezza un giorno rinasceranno lì e saranno loro i due uomini di quella terra pura".

Così essi ebbero due incentivi allo studio.

Un giorno i due chiesero insegnamenti a Mogdalaiana; egli disse loro che nel samsara non vi sono alternative alla sofferenza, anche se si nasce nei reami dei deva, nei paradisi divini, una volta esaurita la durata della vita si rinasce negli inferni.

Sentendo ciò i due nipoti di Kungaò svilupparono disgusto e rifiuto totale per il samsara, perché ne compresero la natura di sofferenza, e grazie a quell'insegnamento entrambi ottennero il nirvana, lo stato di Arya.

Qual è il modo di ottenere il nirvana e di evitare di rinascere nel samsara?

Come insegnò Mogdalaiana ai due nipoti di Kungaò, che grazie a questo insegnamento si liberarono dalle sofferenze del samsara, il modo è di meditare in continuo sulla vacuità, sulla mancanza di esistenza indipendente ed assoluta dei fenomeni: riflettere su ciò sempre, in ogni momento possibile.

Meditiamo allora in questo modo, pensando "io non ho nessun desiderio di rinascere negli inferni. Desidero ottenere lo stato di Buddha, l'illuminazione perfetta. Questo mio io, che ha questi desideri, esiste solamente in dipendenza dalle proprie parti, come una semplice attribuzione di nome alle proprie parti: non esiste separatamente da questo modo di esistere.

Allo stesso modo tutti gli esseri viventi esistono solamente in dipendenza dalle proprie parti.

Per il bene di tutti gli esseri viventi, che esistono in tale modo, io otterrò lo stato di Buddha.

Anche lo stato di Buddha esiste solamente in dipendenza dalle proprie parti; io desidero molto fortemente ottenere questo stato di illuminazione per il bene degli esseri."

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Lama Tzong Khapa

Lama Tzong Khapa ha vissuto ottant’anni, già da piccolo cominciò a studiare ed a sette anni prese i voti monacali.

Nato nella provincia dell'Arrido, che si trova ad est, lontano dal centro del Tibet, in giovane età si incamminò verso il centro del paese, affrontando moltissime difficoltà: percorse tragitti lunghissimi, sempre a piedi, appoggiandosi al suo bastone, portando sulle spalle tutto ciò che gli serviva e restando spesso senza cibo.

Dal luogo in cui nacque, Tzong Kha, gli derivò il nome di Tzong Khapa (40)(40), ma venne chiamato Losang Tragpa: "Losang" significa mente buona, positiva, perché aveva sviluppato al massimo grado la grande compassione e la mente di illuminazione, "Tragpa" significa fama e rinomanza, perché Buddha Lama Tzong Khapa aveva trasmesso gli insegnamenti di tutti i Buddha di tutti i tempi completi e precisi, liberi da qualsiasi errore. Perciò, espandendo e propagando tali insegnamenti, il suo nome è diventato famoso in tutti i paesi del mondo.

La sua biografia racconta che prima di arrivare al monastero di Ganden, sulla montagna, c'era una valle, allora chiamata Tzamdò. Lama Tzong Khapa, arrivato in questa valle, avendo molta fame perché non aveva più cibo, bussò alla porta di una famiglia per chiedere in prestito un recipiente: pensava che lavando tale recipiente sarebbe riuscito a trovare qualche avanzo di cibo.

Invece quella famiglia, prima di dargli il recipiente, lo aveva lavato così bene che non restò nulla per Lama Tzong Khapa. Per commemorare tale evento, quella valle venne da allora chiamata "la valle pulita".

La sua biografia ci narra ancora che Lama Tzong Khapa venne seguito dal deva del suo paese, che lo accompagnò fino a Ganden per servirlo. Giunto al monastero di Ganden, questo deva salì sulla montagna e lì si stabilì in una grotta, luogo che ancora oggi si può visitare. Sempre da questa biografia sappiamo che la prima offerta che Lama Tzong Khapa ricevette da una famiglia a Ganden fu latte di "dri" (41)(41).

Perciò egli mantenne un grande rispetto per tale animale, nel cui corno fece in modo che si manifestassero le ventuno emanazioni di Tara, e si dice che nel monastero di Ganden quel corno di dri si può ancóra vedere.

Lama Tzong Khapa nacque nel nostro mondo proprio per salvare e spiegarci gli insegnamenti di Buddha, il quale mancava dal nostro mondo da così tanto tempo che la sua dottrina rischiava di andare perduta.

Abbiamo dunque un debito di gratitudine verso di lui e gioiamo dei suoi meriti generati dalle sue grandi realizzazioni e qualità. Lama Tzong Khapa è venuto nel nostro mondo in tempi molto difficili, di decadenza, ha dedicato tutta la sua vita a studi approfonditi componendo testi molto preziosi e profondi, diciotto grandi volumi contengono tutti i suoi insegnamenti, con spiegazioni molto approfondite e chiare sui sutra e sui tantra, con istruzioni per ogni tipo di capacità e predisposizione mentale.

Perciò ogni tipo di essere, secondo le proprie predisposizioni e capacità intellettive, può trovare gli insegnamenti che più gli si addicono nei testi di Lama Tzong Khapa, la cui pratica

(40)(40) Tzong Kha-pa: colui che proviene da Tzong Kha(41)(41) “Dri” è la femmina dello yak

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era perfetta e purissima, come lo sono anche le istruzioni per la nostra pratica, di grande beneficio sia a noi stessi che a tutti gli altri esseri. ,

Il testo del Ganden Lhaghiema ci dice che Lama Tzong Khapa ha coltivato le pratiche per cogliere l'essenza della sua vita umana pienamente qualificata da libertà e ricchezze, evitando gli otto dharma mondani, e così dovremmo fare noi.

Cosa sono gli otto dharma mondani?

Il primo è gioire di una buona fama o dell'essere famosi. Il secondo dharma mondano è dispiacersi di avere una cattiva reputazione. Il terzo dharma mondano è gioire quando si è elogiati. Il quarto dharma mondano consiste nell'arrabbiarsi quando si viene disprezzati. Il quinto dharma mondano è rallegrarsi di possedere molti beni materiali. Il sesto dharma mondano consiste nell'essere molto dispiaciuti per il fatto di non

avere possedimenti materiali. Il settimo consiste nell'essere contenti quando si possiede la felicità. L'ottavo consiste nell'essere scontenti quando si sperimenta la sofferenza.

Tutti questi sentimenti di gioia e di dolore nascono solo per l'eccessivo attaccamento al proprio ego. Per esempio, è importante capire che non è dannosa la fama in sé, ma l'orgoglio che essa genera, sentimento negativo e da evitare. Questo è il modo di comportarsi degli esseri cosiddetti mondani. Lama Tzong Khapa, invece, non era sensibile né al disprezzo né alla lode: quando qualcuno lo disprezzava non piangeva, e quando veniva lodato non ne traeva un eccessivo piacere.

Bisognerebbe seguire il suo esempio, avere pochi desideri, poco attaccamento, essere sempre felici e contentarsi di ciò che si possiede.

Non che si debba essere contenti quando si soffre, ma non bisogna nemmeno soffrire ulteriormente pensando al fatto che si soffre! Quando ci arrivano delle sofferenze, dovremmo gioire: infatti, le sofferenze che sperimentiamo sono solo la conseguenza delle nostre azioni negative passate che, con la loro maturazione, vengono esaurite.

Dobbiamo pensare che se si manifestassero in una nostra vita futura, per esempio durante una rinascita nei reami inferiori di sofferenza, come negli inferni, la nostra sofferenza potrebbe essere molto più lunga e intensa.

Quindi bisogna gioire del fatto che la sofferenza è maturata qui e adesso, e la causa negativa si è esaurita con questo effetto.

Non è meglio così, piuttosto che conservare ancora tali cause di sofferenza?

Dobbiamo rallegrarci inoltre se l'aiutare gli altri ci comporta dei problemi, perché ci fa esaurire karma negativo ed accumulare meriti.

Gioiamo dunque delle realizzazioni e qualità di Lama Tzong Khapa e cerchiamo anche noi di rendere significativa la nostra vita umana abbandonando gli otto dharma mondani.

Diciamo: "possa io compiere le stesse azioni vaste per il dharma compiute da Buddha Lama Tzong Khapa, il quale ha donato insegnamenti di dharma - sia di sutra che di tantra - per beneficare tutti gli esseri viventi; possa anch'io essere capace di praticare e beneficare gli esseri allo stesso modo."

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E ancora "io desidero dal più profondo del mio cuore diventare come Buddha Lama Tzong Khapa e raggiungere le sue stesse qualità e realizzazioni".

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La pratica dei Sette Rami

La pratica dei sette rami, lode a Buddha Lama Tzong Khapa, è così chiamata perché include sette tipi di pratica (42)(42).

É un testo molto importante e sarebbe bene leggerlo una o due volte al giorno e cercare di applicare tali insegnamenti.

È una maniera ottima per rendere significativa questa rinascita umana qualificata tramite una pratica importante e adatta.

La divinità protettrice della terra pura di Ganden è Buddha Maitreya, il cui nome tibetano è Champa Gompo: "Gompo" vuole dire Buddha il protettore, mentre "Champa" significa grande amore.

Proprio perché Buddha Maitreya ha meditato e realizzato l'amore illimitato, e ottenuto l'illuminazione perfetta, è importante conoscere anche il significato del suo nome. In merito alla visualizzazione di questa pratica, immaginiamo che dal cuore di Buddha Maitreya si emanino nuvole bianche, di un bianco splendente, simile ad una massa di yogurt (43)(43).

Dal cuore di Buddha Maitreya, nello spazio di fronte a noi, si emana Buddha Lama Tzong Khapa.

La pura e perfetta moralità e la pazienza praticate da Lama Tzong Khapa nelle sue vite precedenti, lo hanno portato allo stato di Buddha e gli hanno dato la capacità di manifestarsi sulle nuvole di fronte ai suoi discepoli.

Lama Tzong Khapa è chiamato il re del dharma, perché nella sua chiaroveggenza ed onniscienza sa con precisione come dare insegnamenti di dharma ai discepoli secondo le necessità e le capacità di ognuno. Sa a chi dare insegnamenti più estesi, ed a chi più concisi, sia per i sutra, che per i tantra, sa come adattarli alla mentalità di ogni essere vivente perché ne conosce esattamente le capacità intellettive. E chiamato anche onnisciente perché conosce con precisione il karma di ogni essere, sa quali cause karmiche ha accumulato in ciascuna vita e quali risultati di maturazione sperimenterà in questa vita ed in futuro.

I sostenitori del lignaggio, ossia coloro che hanno continuato il lignaggio di Lama Tzong Khapa, sono i suoi due principali figli spirituali, Kedrub Je e Gyeltsab Je, rappresentati nelle raffigurazioni seduti alla sua destra ed alla sua sinistra.

Nella visualizzazione di questa pratica dobbiamo immaginare Lama Tzong Khapa nello spazio di fronte a noi, con i suoi due discepoli principali, su troni sorretti da otto leoni, su cuscini di sole e di luna. Il suo volto sorridente indica che è completamente libero da ira e rabbia e che non ha la capacità di arrabbiarsi.

Perciò, quando incontriamo Lama Tzong Khapa - perché meditare una divinità per i tibetani significa incontrarla - allora anche noi dobbiamo sorridere. Anche se adesso ci fanno un po' male le ginocchia (per la posizione delle gambe incrociate che abbiamo assunto), dobbiamo sorridere lo stesso!

(42)(42) Questa pratica è contenuta in un testo molto importante che recitiamo spesso, il Ganden Lhaghiema, Le Cento Divinità della Terra Pura di Ganden; si dice "cento divinità" per intendere che esse sono infinite. Nella terra pura in questione, Ganden in tibetano, in sanscrito Tushita, vi è Iga Choetzè, la terra pura superiore più alta(43)(43) Si tratta di una metafora per indicare nuvole bianche e spesse

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Il testo dice che questa visualizzazione è un campo di meriti, ci permette di accumulare tantissimi meriti karmici, perciò è chiamato il miglior campo di meriti, quello superiore. Dobbiamo pregare che gli insegnamenti e questa pratica possano rimanere nei nostri mondi per tantissimo tempo a venire: con questa richiesta accumuliamo un'ottima causa per potere incontrare maestri ed avere insegnamenti di dharma, così potremo sempre ed in continuazione accumulare meriti.

1. Ramo

Per accumulare meriti, il primo ramo è sempre quello dell'omaggio e delle prostrazioni, tutto questo verso si riferisce alla pratica delle prostrazioni a Lama Tzong Khapa.

A questo punto della visualizzazione e delle richieste dobbiamo rendere omaggio e fare le prostrazioni al potere della mente di Buddha Lama Tzong Khapa, che vede in modo preciso, con chiaroveggenza, il vero modo di esistere di tutti i fenomeni.

Il secondo omaggio va alla sua parola e voce, perché i suoi insegnamenti di sutra e tantra sono di enorme beneficio a chiunque li ascolti e li studi, sono - come dice il testo - un ornamento per le orecchie di qualsiasi ascoltatore, perché sono piacevoli da ascoltare e giovano a chiunque abbia la fortuna di ascoltarli e studiarli.

Il terzo omaggio va al corpo di Lama Tzong Khapa, che, come il corpo di emanazione di tutti i Buddha venuti nel nostro mondo, è stato di grande beneficio a tutti gli esseri.

Nella sua vita è apparso nelle vesti di un monaco dalla pura moralità e condotta per dare il maggior beneficio possibile a tutti gli esseri.

Perciò rendiamo omaggio a tale manifestazione del corpo di un Buddha e prostriamoci al corpo, alla parola ed alla mente di Lama Tzong Khapa, meditando i suoi preziosi insegnamenti e ricordando le sue qualità, realizzazioni, conoscenze e meriti.

2. Ramo

Il secondo ramo della pratica riguarda le offerte.

Come fare le offerte? La base sono le offerte materiali; il testo parla di acqua, di fiori, nelle loro forme più belle. Partendo da un'offerta materiale, mentalmente possiamo modificarla e moltiplicarla. Possiamo ad esempio offrire un fiore bianco, ma mentalmente possiamo immaginare un'infinità di fiori che riempiono lo spazio, dei colori più vari: ghirlande di fiori, una pioggia di fiori, un albero fatto di fiori.

Prendiamo l'offerta materiale dell'acqua: l'acqua serve per lavare e purificare le impurità. Mentalmente visualizziamo che questa acqua non è altro che grande amore e compassione, bodhicitta, e con essa purifichiamo tutte le nostre impurità ed oscurazioni mentali, come l'ira, la rabbia, e così via.

Bisogna meditare e riflettere profondamente in questa maniera. Offrendo i fiori generiamo nel nostro continuum mentale la bodhicitta e la fede nella bodhicitta, nel maestro spirituale e nei Buddha che ci hanno permesso di sviluppare queste realizzazioni: così offriamo la bellezza mentale e spirituale simboleggiata dalla bellezza fisica dei fiori offerti.

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Si offrono poi i profumi e gli aromi. Cose un buon profumo?

In genere tutti gli odori che la nostra coscienza e mente percepisce come piacevoli sono odori buoni e profumati, ed a livello simbolico rappresentano la buona moralità, la pace e la felicità mentale.

Il vero e migliore profumo è quello della moralità: il non danneggiare mai alcun essere.

Nel testo si parla dell'offerta dell'incenso, che viene bruciato per produrre un buon odore: simbolicamente rappresenta lo sforzo entusiastico, l'opposto della pigrizia.

L'incenso più profumato è eliminare l'oscurazione della pigrizia e coltivare l'impegno e lo sforzo gioioso.

Un'altra offerta è quella di luce, materialmente si offrono lampade, candele, pietre preziose che emanano luce, e così via: la parola che si usa è "apparenza chiara", una luce che simbolicamente rischiara le apparenze illusorie.

La migliore offerta di luce che si possa fare è quella della saggezza perché elimina l'oscuramento delle apparenze.

La funzione della saggezza è proprio questa: ogni cosa che viene studiata, pur minima ed anche se per poco tempo, elimina la corrispondente ignoranza. Se poi si studia per un periodo prolungato si acquisiscono saggezze sempre maggiori ed in quantità superiore.

Un'altra offerta consiste nell'acqua profumata, che in genere veniva applicata al punto del cuore, simboleggiante la mente.

Con essa si rende omaggio alla mente di Lama Tzong Khapa poiché possiede la grande compassione e la saggezza che comprende la vacuità.

Così questa offerta, nella tradizione, viene fatta alla mente dei Buddha.

Ma vi sono molti tipi di offerte e questi sono solo degli esempi.

Tutti i tipi di offerte che visualizziamo, sia materiali che mentali, le emaniamo tramite la nostra mente quale offerta a tutti i Buddha per beneficare tutti gli esseri.

L'offerta migliore è il beneficio che si può dare a persone che si trovano in difficoltà, ammalate, affamate, sofferenti: dare aiuto, soccorso ed assistenza a questi esseri è considerato il miglior tipo di offerta che si possa fare.

Il miglior tipo di offerta possibile è meditare la bodhicitta, desiderare di ottenere lo stato di Buddha per beneficare tutti gli esseri liberandoli dalle loro sofferenze.

Anche la meditazione e la pratica dell'amore e della pazienza sono tipi di offerte molto importanti e grandi.

Le offerte, come dice il nostro testo, sono paragonabili ad un mare, ad un oceano, e quando meditiamo sulla grande compassione, siccome l'oggetto di tale meditazione sono tutti gli esseri viventi, il cui numero è infinito, anche i nostri meriti vengono moltiplicati per il numero degli esseri e diventano infiniti, vasti come l'oceano.

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Qualsiasi pratica di offerte si segua, è molto importante farla liberi da avarizia e da attaccamento.

Per esempio, non sarà mai utile offrire cose rubate, oppure ottenute tramite la menzogna o l'inganno: anche se si tratta di oro, argento, o altri oggetti preziosi, qualsiasi oggetto, ottenuto in tale modo disonesto, diventa impuro.

Per fare correttamente le pratiche di offerte ci vogliono la purezza fisica e quella mentale, ambedue sono necessarie.

Non si possono - ad esempio - offrire gli avanzi del nostro pasto; non può essere offerto cibo vecchio o andato a male.

È poi molto importante non avere motivazioni o pensieri sbagliati mentre si fanno le offerte, per esempio avere lo scopo di fare buona impressione su qualcuno, pensando "diventerò famoso, penseranno bene di me, avrò un buon nome".

Questi pensieri sporcano e rendono impura l'offerta, perciò è bene tenere nascoste le nostre pratiche ed azioni positive, le accumulazioni di meriti e virtù, ad eccezione di alcuni casi in cui svelarle sia utile al bene degli esseri.

Per concludere, la definizione generale di offerta è ciò che fa gioire le menti degli esseri superiori.

Perciò se meditiamo la mente di illuminazione e la grande compassione, se sviluppiamo i buoni pensieri verso tutti gli esseri viventi ed il desiderio di beneficarli, questa sarà l'offerta migliore per fare gioire le menti degli esseri superiori.

3. Ramo

Il terzo ramo è quello della purificazione dalle negatività, molto importante per il progresso sul sentiero.

Il nostro testo dice "io svelo e purifico tutte le negatività che ho accumulato da tempi senza inizi" e spiega che riusciamo a purificarle provandone grande rimorso e dispiacere e ricordando che, se non saranno eliminate, produrranno in futuro sofferenza.

Il testo raccomanda di non mescolare le nostre pratiche agli otto dharma mondani (44)(44), pensiamo che Lama Tzong Khapa possedeva le qualità e le realizzazioni elencate in questa pratica e, in particolare, la capacità di evitare gli otto dharma mondani: ad esempio rimaneva equanime sia quando veniva lodato, sia quando veniva disprezzato.

4. Ramo

Il quarto ramo consiste nel gioire dei meriti. Gioiamo dunque ricordando le qualità, realizzazioni e conoscenze di Buddha Lama Tzong Khapa, che ha dedicato tutta la sua vita allo studio; rivolgiamogli richieste e preghiere affinché anche noi e tutti gli altri esseri possiamo sviluppare velocemente le sue virtù.

Bisogna gioire di tali qualità ed atti dal più profondo del nostro cuore, ossia senza incertezze e dubbi, con la massima fede.

(44)(44) Riguardo ai dharma mondani v. capitolo su Lama Tzon Khapa

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5. Ramo

Il quinto ramo consiste nel chiedere ai maestri ed ai Buddha di continuare a rimanere nel samsara per darci insegnamenti, di non lasciarci dopo il loro ottenimento dell'illuminazione perfetta.

Il commentario del Ganden Lhaghiema pone questa richiesta al primo posto perché spiega che solo se nel nostro mondo sono presenti i Buddha ed i maestri abbiamo la possibilità di praticare gli altri rami e precetti.

Come buon auspicio, per gettare le basi di questa pratica, ecco una meditazione. Pensiamo: "io voglio beneficare tutti gli esseri viventi, e per farlo debbo prima raggiungere l'illuminazione perfetta e purificare le mie negatività; ho accumulato negatività da tempi senza inizi, perciò, per poter essere di aiuto a tutti gli esseri, voglio adesso purificarle". Pensiamo inoltre: "queste mie negatività non hanno un'esistenza indipendente ed a sé stante, ma esistono come attribuzioni della mia mente, sulla base delle sue parti, cause e condizioni. Quali sono queste mie negatività?"

Si tratta di azioni negative di corpo, parola e mente.

Riflettiamo che compiere ed accumulare azioni negative darà solo risultati dannosi, sia a noi che agli altri, perciò decidiamo "da oggi in poi non compirò più azioni negative", pensiamo che questo mio io, semplice attribuzione di un nome ai miei aggregati, è determinato a non accumulare più azioni negative.

6. Ramo

Si chiama "chiedere ai maestri di girare la ruota del dharma", cioè di dare insegnamenti.

L'essenza di questa preziosa pratica consiste nel chiedere al maestro di donarci insegnamenti di dharma perché nulla - sia in questa vita, che in quelle future - ci può essere di maggiore beneficio.

Mentre preghiamo per ottenere gli insegnamenti, visualizziamoci nell'offrire una ruota di dharma a mille raggi ai maestri che, tra tutti gli esseri sono i più gentili verso di noi e, con i loro insegnamenti, ci fanno il dono più prezioso che ci sia: la loro saggezza, la loro perseveranza entusiastica e la loro qualità di compassione.

Visualizziamo dunque tutti i maestri nell'essenza di Buddha Lama Tzong Khapa, e preghiamoli in questo modo.

Il testo continua parlando del corpo di dharma dei Buddha 45, che è simile allo spazio. Lo è anche il corpo di dharma dei maestri, perché è della natura della vacuità, non conosce ostacoli, come lo spazio. Infatti la definizione di spazio è mancanza di contatti che ostacolano: allo stesso modo, la mente dei maestri e dei Buddha. Sia il loro corpo che la loro mente sono della natura della vacuità, e, come nello spazio non si incontrano ostacoli, così non vi sono ostacoli per la loro onniscienza e grande saggezza. Preghiamoli allora di fare piovere su di noi insegnamenti vasti e profondi come le piogge che scendono dallo spazio che simboleggia la loro mente.

Per insegnamenti profondi si intendono quelli sulla vacuità, perché è un concetto difficile da comprendere, per insegnamenti vasti si intendono quelli sulla bodhicitta e sulla compassione, che hanno come oggetto tutti gli esseri viventi, il cui numero è illimitato.

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7. Ramo

Il settimo ramo consiste nella dedica dei meriti, pratica molto vasta, come lo sono in generale quelle del praticante di tipo superiore, cioè del veicolo Mahayana.

Dei meriti il testo dice: "tutti i meriti accumulati nei tre tempi (46)(46) li dedico per il bene di tutti gli esseri senzienti, ed in particolare perché gli insegnamenti essenziali del venerabile Lama Tzong Khapa brillino per sempre".

Tanti Buddha sono venuti nei nostri mondi, in questa epoca storica è venuto Buddha Shakyamuni, ma, per la mancanza di meriti degli esseri, vi era pericolo che gli insegnamenti, col passare degli anni, potessero sparire del tutto dal mondo.

Quando è apparso Lama Tzong Khapa, infatti, gli insegnamenti rischiavano di decadere; lui, nella sua bontà verso gli esseri, si è manifestato nella forma di un semplice monaco ed ha dedicato tutta la sua vita, studiando e praticando giorno e notte, e componendo testi per spiegare, rinnovare e preservare per noi gli insegnamenti.

Per questo motivo dedichiamo questi nostri meriti alla stabilità ed alla permanenza dei suoi insegnamenti, per il bene di tutti gli esseri viventi.

A questo punto è bene offrire il mandala (47)(47). Vi sono varie versioni di offerta del mandala, di cui una è quella dei mucchi di offerte.

Lama Tzong Khapa stesso ha composto questa versione, egli offriva ventitré mucchi di offerte.

Vi sono miliardi di universi e mondi, e, in modo corrispondente, miliardi di mandala. Nel testo della Guru Puja (48)(48), un verso a proposito dell'offerta del mandala parla di miliardi di mandala e di universi.

Quando offriamo il mandala dobbiamo visualizzare di offrire il nostro corpo, i nostri possedimenti materiali, le nostre radici di virtù e quelle di tutti gli altri esseri dei tre tempi.

Quando eseguiamo questa pratica, pensiamo agli esseri rinati negli inferni: che radici di virtù, quali loro meriti possiamo offrire?

Essi accumulano meriti praticando la pazienza di fronte alla sofferenza.

I preta, o spiriti sofferenti, che meriti hanno? Se non trovano da mangiare ma accompagnano al digiuno forzato la motivazione altruistica di farlo per non nuocere, anzi per beneficare gli altri, ciò diventa un digiuno spirituale. Una pratica tibetana, chiamata "nugné", è appunto un digiuno, fatto con pensieri positivi, per accumulare meriti.

E quali meriti offrire per gli animali? Nel continuum di tutti gli esseri viventi ci sono semi di virtù e di azioni positive: sono questi ultimi che dobbiamo offrire.

(46)(46) “Dharmakaya” è il corpo di verità di un Buddha, la natura assoluta ed inesprimibile di un essere illuminato(47)(47) "Mandala" in sanscrito, "kilkor" in tibetano, è la rappresentazione simbolica dell'universo; offrire il mandala equivale ad offrire simbolicamente agli esseri illuminati l'intero universo(48)(48) La Guru Puja, in tibetano "Lama Chöpa", è una cerimonia religiosa offerta quale omaggio al maestro spirituale

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Tutti gli esseri viventi, finché non hanno raggiunto lo stato di Buddha, nel continuum mentale hanno il seme di Buddhità, ossia l'energia e la potenzialità di raggiungere questo stato.

Visualizziamo anche questo ed offriamolo nel mandala.

Nella pratica del Ganden Lhaghiema è inclusa la recitazione del mantra (49)(49) "Mitzema" (50)(50), adesso recitiamolo per venti volte, meditando.

La recitazione di questo mantra fa crescere in modo notevole i nostri meriti, fa purificare tantissime negatività, aiuta ad ottenere una lunga vita ed a diminuire le nostre malattie. Quando lo recitiamo, pensiamo che lo facciamo per il bene di tutti gli esseri viventi: così la nostra recitazione acquisterà un grande potere.

E adesso preghiamo affinché i meriti e le positività che abbiamo accumulato qui stasera possano costituire una causa per l'ottenimento dell'illuminazione perfetta di tutti gli esseri viventi.

(49)(49) Termine sanscrito che significa "protezione della mente" ed indica formule sacre costituite da suoni e sillabe(50)(50) Mig me tze ue ter cen cen re si - tri me chien pe uang po giam pel yan -du pun ma lö giom ze san ue da - can cen che pe tzu ghien tzon kha pa - lo san tra pe sciab la sol ua dep (Tu sei Avalokiteshvara, grande tesoro di compassione, non diretta all'esistenza indipendente, e Manjusri, Maestro della saggezza senza macchia, come anche Vajrapani, distruttore senza eccezione delle orde dei demoni. Oh Tzong Khapa, gioiello sulla sommità del capo dei saggi del Paese delle Nevi, Sumati Kirti ai tuoi piedi faccio delle richieste)

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La felicità ed i tre tipi di praticanti

Per raggiungere l'illuminazione perfetta, per definizione uno stato dell'essere completamente libero da sofferenze, bisogna percorrere il sentiero graduale consistente in cause ed in pratiche di purificazione.

Formuliamo dunque una buona motivazione per ascoltare gli insegnamenti e preghiamo tutti i Buddha di aiutarci, di aumentare in noi la compassione, l'amore e la saggezza, di permetterci di studiare e di comprendere tutti gli insegnamenti che ci hanno trasmesso, contenuti in più di cento grandi volumi. Grazie al loro amore, alla loro compassione ed onniscienza anche noi possiamo eliminare i nostri difetti mentali ed emotivi ed acquisire le loro stesse qualità e realizzazioni.

Per poter percorrere tale sentiero, pensiamo "io non desidero soffrire, per cui devo ottenere l'illuminazione perfetta per diventare come i Buddha che sono liberi dalla sofferenza. Come me tutti gli altri esseri viventi non vogliono la sofferenza, quindi devo fare in modo di condurre tutti gli altri esseri viventi allo stato di Buddha. Per farlo devo io stesso ottenere prima di tutto tale stato".

Nel samsara ci sono infiniti esseri che, proprio come noi, non vogliono soffrire e desiderano la felicità. Sebbene tutti gli esseri del samsara desiderino liberarsi della sofferenza, quasi tutti sono completamente incapaci di eliminare i propri dolori.

Domandiamoci ora quanti anni sono passati dalla nostra nascita, cosa abbiamo fatto, come è stata la nostra vita e la nostra pratica.

Chiediamoci inoltre quanti anni ancora potremo vivere e come li utilizzeremo.

Pensiamo: "non importa quanto tempo mi resta, da oggi in poi cercherò di non sprecare questa preziosa opportunità che è la vita umana e concentrerò tutti i miei sforzi e tutta la mia mente, con grande entusiasmo, nella pratica".

Gioiamo dunque della fortuna di avere ottenuto questa preziosa rinascita umana, e di avere incontrato gli insegnamenti di Buddha, trasmessi senza errori da maestri come Lama Tzong Khapa, insegnamenti precisi che ci mostrano il sentiero graduale per l'ottenimento dell'illuminazione perfetta.

Quindi tutto dipende da noi: il sentiero in sé stesso è completo, perfetto, senza errori, ma se commettiamo errori nel nostro studio, nella nostra pratica e nel nostro comportamento, allora questo sentiero non ci porterà al risultato desiderato.

Parliamo ora della classificazione del sentiero secondo i tre tipi di praticanti: superiore, medio e inferiore.

1. Il praticante di capacità minore ha lo scopo di ottenere la felicità della rinascita umana, o quella della rinascita divina, quale deva samsarico.

2. Il praticante di capacità e motivazione media mira ad ottenere la felicità del nirvana, uno stato completamente libero, e per sempre, da qualsiasi tipo di sofferenza.

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3. Il praticante di tipo e motivazione superiore, invece, desidera anche per tutti gli altri esseri viventi la felicità, che si ottiene con l'eliminazione completa di tutti i difetti mentali e delle cause che li originano.

Ci sono poi esseri che desiderano la felicità per questa stessa vita, ma questo scopo non è incluso in alcuna delle pratiche dei tre tipi di praticanti di dharma!

Comunque, che si tratti della felicità di questa vita, di quella futura, di quella del nirvana, o dell'illuminazione, non esiste un tipo di felicità che non sia provocato da cause e condizioni.

"Kiebu", il termine tibetano per praticante, in sanscrito "purusha", significa capacità: capacità di fare qualcosa e, parlando di pratica, si intende una capacità mentale di percorrere un sentiero, in questo caso un sentiero che porta come risultato felicità nelle vite future, una capacità di migliorare sempre il tipo di rinascita.

Riguardo ai praticanti di tipo medio e superiore, non bisogna pensare che questi non abbiano bisogno di studiare il sentiero del praticante di tipo minore; infatti lo scopo del praticante di tipo minore è l'ottenimento di rinascite fortunate nelle vite future, che si ottengono solo mantenendo una moralità perfetta e purissima, condotta indispensabile anche al praticante di tipo superiore.

Il grande maestro indiano Taian a questo proposito dice che per lo studio e la pratica della bodhicitta, appartenente al sentiero del praticante di tipo superiore, è indispensabile avere un'attitudine di non violenza, bisogna cioè evitare di danneggiare gli altri esseri, mantenere una buona moralità, praticare la generosità e realizzare la “nisharana”, pratiche queste che appartengono anche al sentiero dei praticanti di tipo minore e medio e dunque comuni a tutti i livelli di praticanti.

Per la realizzazione della mente d'illuminazione è indispensabile la grande compassione. La compassione, che è la radice del sentiero che porta all'illuminazione perfetta, ci porta a non danneggiare gli altri, atteggiamento che a sua volta aumenta la capacità di essere compassionevoli.

Perciò la determinazione di non danneggiare mai alcun essere vivente è la causa principale - la radice - che ci conduce direttamente all'illuminazione perfetta.

Il non nuocere mai ad alcun essere fa parte delle pratiche del sentiero minore, infatti questo comportamento sta alla base della moralità, per esempio è alla base della determinazione di non uccidere altri esseri, e così via. Come risultato porta a rinascite in reami superiori di felicità, che è proprio l'obiettivo al quale mira il praticante di tipo minore.

La pratica di non danneggiare gli altri esseri deriva dalla consapevolezza della veridicità della legge di causa ed effetto, legge del karma: ci si rende conto del fatto che da azioni positive si ottiene sempre la felicità, mentre da azioni negative si ottiene solo la sofferenza.

Si dice che il non danneggiare gli altri esseri sia anche una grande pratica di generosità ed appartenga alla categoria del donare la protezione dalla paura. Infatti, non nuocere agli esseri fa sì che possano vivere felici in quanto non hanno paura di subire danni; con questo dono di benessere e di felicità, che è il migliore, si offre loro anche il dono del dharma.

Quando si intraprendono le pratiche è importante non pensare al proprio tornaconto, non farle per ottenere esclusivamente la felicità che possono produrre per noi stessi, comunque un

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tale risultato si verificherà certamente, ma la nostra unica motivazione deve essere solo il desiderio che gli altri siano felici.

Un comportamento morale positivo, come quello dei Bodhisattva (descritto nei sutra), o quello indicato nei tantra e che consiste nel prendere e mantenere determinati impegni e voti, darà come risultato minimo la rinascita in reami superiori di felicità. Ce però la possibilità di ottenere risultati maggiori, come la felicità della liberazione, o dell'illuminazione perfetta.

É importante dunque esaminare continuamente la nostra mente e controllare che i pensieri siano sempre positivi: questo è praticare. Se ci sarà felicità o sofferenza nel futuro, ciò dipenderà dalla negatività o positività della nostra mente.

Tutti i momenti sono giusti quando si tratta di coltivare pensieri positivi e virtuosi: li possiamo e li dobbiamo meditare durante qualsiasi attività, quando camminiamo, quando stiamo fermi, in qualsiasi momento.

Il praticante di tipo medio è caratterizzato dal fatto che non vuole più rinascere nel samsara. Egli infatti realizza che, finché si rinasce nel giro dell'esistenza ciclica, anche se si prova qualche momento di felicità, in ultima analisi questa si trasforma poi sempre in sofferenza, arriva quindi a desiderare di non rinascere più in alcuno stato samsarico, e di ottenere la liberazione realizzando la "nisharana" (51)(51), ossia il disgusto e la rinuncia alle sofferenze del samsara.

Così questo praticante decide di coltivare solamente i mezzi adatti all'ottenimento della felicità del nirvana, ricercando l'antidoto diretto al samsara: la realizzazione della vacuità.

Secondo voi le sofferenze del samsara hanno una causa o avvengono senza cause?

Tutti concordano nel dire che esse derivano da una causa.

Le sofferenze del samsara, essendo un fenomeno impermanente, sono originate da cause. Se non vi fossero le cause i dolori non si produrrebbero, e lo stesso vale per le felicità del samsara: anche queste dipendono da certe cause.

Le cause delle sofferenze del samsara provengono dall'avere danneggiato altri esseri viventi, ad esempio dall'averli uccisi.

Le cause delle felicità nel samsara provengono dal non avere danneggiato altri esseri viventi.

Per poter eliminare le sofferenze del samsara bisogna meditare il sentiero che insegna ad abbandonare ogni tipo di azione negativa, sia quelle tali per loro propria natura, sia quelle tali secondo le nostre convenzioni.

Nella categoria delle negatività tali per propria natura rientra il togliere la vita agli altri esseri, il rubare, tutto ciò che si fa spinti dall'invidia, dall'odio, dalla rabbia, dall'attaccamento, dal desiderio, ed in genere tutto ciò che si fa desiderando solo il proprio beneficio ed interesse.

Tra le azioni considerate negative dalle convenzioni rientra, per esempio, il non ubbidire a certe regole di disciplina che vigono in una scuola.

(51)(51) In tibetano "niengiung"

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Una simile azione non è negativa per propria natura, ma per una convenzione accettata, in quanto arreca disturbo alle altre persone.

L'abbandono di questi due tipi di azioni negative porterà alla felicità, perché pacificherà le negatività.

Qualcuno può pensare che l'avarizia non sia una negatività molto pesante; se la consideriamo solo nei termini di avarizia sui beni materiali, forse può anche sembrare non tanto grave, ma se la si vede in termini spirituali, non donare dharma, insegnamenti spirituali, costituisce una negatività gravissima, anche se chi la compie pensa di essere giustificato: "questa è la mia scuola, il mio studio", e così via.

La conseguenza sarà molto dannosa per la persona che concepisce questa gelosia, questo tipo di avarizia.

Bisogna comprendere a fondo che tali fattori mentali, i klesha, sono i nostri veri nemici, perché ci causano sofferenze indicibili per tempi lunghissimi, per innumerevoli vite, quindi sono molto più pericolosi degli esseri che chiamiamo comunemente nemici e che ci possono arrecare solo un danno limitato al periodo di questa vita umana.

Così l'abbandono degli atteggiamenti negativi diventerà per noi una parte del sentiero che conduce all'illuminazione perfetta, perché farà parte della realizzazione della “nisharana”.

Infatti capiremo che compiere azioni negative costituisce la causa diretta delle sofferenze e della rinascita nel samsara.

Potremo così comprendere la vera natura di tutti i fenomeni, che è quella della vacuità: tutti i fenomeni esistono solo in dipendenza di altri fattori, delle loro parti, e non hanno un'esistenza indipendente, propria, anche se così ci sembra.

Quando realizzeremo questa verità, in quel momento potremo abbandonare la rinascita nel samsara, avendo eliminato la causa per rinascervi, ottenendo così la felicità della liberazione.

Non dovremo allora mai più patire il dolore, mai più sperimentare sofferenze, potremo raggiungere pace e felicità durature ed immutabili: è questo il traguardo di tipo medio.

Il traguardo di tipo superiore, il raggiungimento dell'illuminazione perfetta, lo otterremo quando la nostra meditazione sulla compassione diventerà continua e spontanea, come un fiume che scorre.

Quando avremo una tale realizzazione otterremo la bodhicitta e dunque lo stato di Buddha.

Con l'illuminazione perfetta potremo fare tutto ciò che è necessario per beneficare gli altri esseri viventi: dare loro insegnamenti, manifestarci in ogni modo e con qualsiasi emanazione.

Probabilmente abbiamo già ottenuto un ottimo risultato dalla nostra meditazione sulla grande compassione, infatti, malgrado siamo in inverno, la temperatura è molto mite!

Ciò deriva sicuramente da una causa positiva che abbiamo generato in passato, infatti, il fatto di sentire caldo è un fenomeno impermanente, e, come tale, non si produce senza cause.

Pensiamo ora "io, che esisto solo in dipendenza delle parti che compongono il mio io, voglio raggiungere il nirvana tramite la realizzazione della vacuità".

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La pratica di tipo superiore consiste nell'aggiungere alla realizzazione della vacuità il desiderio di ottenere l'illuminazione perfetta allo scopo di condurre tutti gli esseri alla liberazione. Questa aspirazione è la bodhicitta, la mente dell'illuminazione, la cui pratica principale in tibetano è chiamata "sakgian", che significa accumulare meriti e purificare le negatività, sono le due pratiche principali di un Bodhisattva e di chi aspira a poter praticare la bodhicitta.

Per illustrare quanto sia importante tale pratica di accumulare meriti e di purificare le negatività, vi narrerò questo episodio tratto dalla vita di Lama Tzong Khapa: nonostante egli possedesse già una comprensione molto profonda della vacuità e dei suoi aspetti sottili, il maestro Umapa gli consigliò di continuare con l'accumulazione dei meriti e la purificazione delle negatività per poterne ancora di più approfondire la comprensione, soprattutto riguardo agli aspetti sottili della visione dualistica (52)(52).

(52)(52) Per visione dualistica si intende che, benché tutti i fenomeni manchino di esistenza indipendente, e siano tutti dipendenti dalle loro parti, a noi appaiono come se avessero un'esistenza indipendente e concreta: esistono dunque in un modo, ed appaiono in un altro. Questi sono i due poli della visione dualistica

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La felicità

Qual è la causa che produce la felicità e che quindi dobbiamo coltivare? Qualcuno di voi ha detto la conoscenza, nel senso di saggezza, ed è vero, qualcuno ha menzionato la compassione, ed anche questo è giusto; effettivamente questi sono i mezzi, e bisogna fare in modo di riunirli in noi stessi, ossia di riunire in noi saggezza e compassione.

Se pensiamo ai tipi di felicità, la felicità minore è quella della rinascita umana o come deva, e la causa per ottenerla è mantenere una buona moralità.

La saggezza, che ci permette di conoscere questo legame di causa ed effetto, ci procura felicità, invece l'ignoranza sulla legge del karma ci procura sofferenza.

Per ottenere la felicità del nirvana, che è il secondo tipo di felicità, quale causa occorre coltivare?

Bisogna realizzare la vacuità, ossia la saggezza che comprende la vacuità; da ciò possiamo capire quanto sia importante lo studio che conduce alla saggezza. Per sviluppare questo tipo di saggezza bisogna mantenere una buona moralità, non nuocere mai a nessun essere vivente.

Per conseguire tale risultato, dobbiamo abbandonare la visione dualistica, in particolare quella sull'io e smettere di aggrapparci all'esistenza dei fenomeni, come se esistessero in maniera reale ed oggettiva. I fenomeni non esistono in modo indipendente, reale e concreto, bisogna abbandonare questo tipo di percezione.

Le perfezioni

Le sei perfezioni, in sanscrito "paramita" - generosità, moralità, pazienza, sforzo entusiastico, meditazione concentrativa e saggezza - sono le cause principali che permettono di raggiungere i risultati desiderati dai praticanti dei tre sentieri.

• Generosità

La generosità è la prima perfezione.

Credo che il miglior tipo di generosità, il miglior dono che possiamo fare, sia quello di non danneggiare gli altri esseri. Sicuramente la definizione migliore di generosità è quella di cercare di essere utili agli altri, di beneficarli senza avarizia e senza attaccamento.

Il miglior modo di praticare la generosità è di non nuocere agli altri esseri: questo è il dono della pratica della moralità.

Vi sono tre tipi di generosità, di cui uno è il dono della protezione dalla paura: infatti il risultato del danno che arrechiamo agli altri è la sofferenza, così la determinazione di non danneggiare gli esseri, li protegge da questa sofferenza e dalle paure che essa provoca.

Perciò si dice che avere la determinazione di non nuocere mai a nessuno equivale a praticare la generosità verso tutti gli esseri.

La definizione di generosità è la mente del donare, cioè una mentalità decisa a donare.

Cosa doniamo agli esseri? Doniamo la non paura, la non violenza, il desiderio di non fare loro del male.

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• Moralità

La definizione di moralità è una mente che protegge, in quanto protegge sia la nostra mente dal danneggiare gli altri, sia gli altri, e come risultato karmico protegge di conseguenza anche noi stessi.

Se noi, per esempio, abbiamo la determinazione di non danneggiare gli altri, non ruberemo mai, e così non danneggeremo gli altri attraverso questa azione. Se poi avessimo voglia di rubare, la determinazione di non nuocere ci impedirebbe di farlo diventando per noi come una guardia, un poliziotto che protegge la nostra mente.

Infatti, nel momento in cui il desiderio di rubare entra nella nostra mente, essa si trasforma in maniera molto negativa; la moralità di non nuocere serve proprio a proteggere la nostra mente da tale negatività.

Anche riguardo alla determinazione di non mentire si innesca lo stesso tipo di meccanismo.

Vi sono molti tipi e categorie di moralità, ed in futuro ve li specificherò.

Se vi domandate se il risultato karmico della vostra decisione di non danneggiare gli altri maturerà sugli altri o su voi stessi, la risposta è: maturerà su voi stessi.

Se prendete come esempio la pratica della generosità, il suo risultato karmico è la ricchezza. Tale risultato può maturare sia in questa vita che nelle vite future, non maturerà mai sugli altri, ma solo sulla persona che la pratica.

• Pazienza

Per quel che riguarda la perfezione della pazienza, la sua definizione è lo sviluppo della mente che non soccombe alla rabbia. Infatti, grazie alla pratica della pazienza, anche quando veniamo danneggiati da qualcuno, non ci arrabbiamo ed in più non generiamo neanche il desiderio di rendere il male alla persona che ci ha danneggiato.

La pratica della pazienza viene applicata anche al momento dello studio, perché durante il nostro studio possiamo incontrare delle difficoltà, ci possiamo stancare, possiamo avere ostacoli fisici, e così via.

Sopportare questi ostacoli senza arrabbiarci e senza scoraggiarci appartiene alla pratica della perfezione della pazienza. Quando qualcuno ci fa del male e ci fa arrabbiare, dobbiamo pensare che sicuramente si tratta della maturazione di un'azione negativa che abbiamo compiuto in passato, e che con tale maturazione la nostra azione negativa è stata esaurita. Dobbiamo riflettere sull'importanza dell'esaurire le cause negative accumulate in passato. Ogni volta che incontriamo difficoltà e sofferenze, sia mentali che fisiche, è bene meditare la gioia e pensare "veramente è un'ottima cosa che io, con questa sofferenza, con questo problema, abbia esaurito questa causa negativa".

Inoltre dobbiamo aggiungere una preghiera, ossia pensare "con questo mio dolore possano essere purificate tutte le cause di sofferenza di tutti gli esseri viventi."

Pensiamo, inoltre, che ogni volta che qualcuno ci fa del male e noi riusciamo a meditare e praticare la pazienza, non rispondendo al male con il male, accumuliamo meriti che porteranno benefici a noi stessi.

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I meriti della pratica della pazienza matureranno solo su chi la pratica, e non su chi non la pratica ma è solo oggetto della pazienza.

• Sforzo entusiastico

La perfezione dello sforzo gioioso ed entusiastico, antidoto alla pigrizia, consiste nel provare gioia ed entusiasmo nel compiere con impegno tutto ciò che è positivo: azioni, pensieri, studio e pratiche.

• Meditazione concentrativa

Cosa significa meditazione concentrativa?

Significa focalizzare e mantenere la mente in modo univoco su un oggetto positivo senza distrazione né agitazione.

Riguardo a questa perfezione, il grande maestro Atisha (53)(53), nel testo "La luce sul sentiero" dice che, come conseguenza della pratica della meditazione concentrativa svilupperemo tanti poteri straordinari, come per esempio la chiaroveggenza.

In tutti gli altri testi sulla meditazione concentrativa è scritto invece che la vipashyana, o visione profonda (54)(54), ne sarà la conseguenza.

Come si spiega questa differenza?

Il maestro Atisha parla di poteri paranormali perché, comportando un beneficio immediato nella vita, diventano un incentivo ad intraprendere la pratica.

Però lo scopo vero ed ultimo, che porterà i risultati di maggiore importanza, consiste nel realizzare la meditazione concentrativa, per poi praticare la meditazione chiamata vipashyana, ossia visione profonda, indispensabile a sua volta per realizzare la vacuità.

Quale ottenimento è più importante, il potere miracoloso della chiaroveggenza oppure la realizzazione diretta della vacuità? Una volta ottenuto il potere della chiaroveggenza, che risultati avrete?

Vi è una chiaroveggenza samsarica, mondana, ed una chiaroveggenza ultramondana.

Quali inconvenienti comporta l'ottenere solo la chiaroveggenza mondana?

La chiaroveggenza ed i poteri magici mondani non sono molto utili, soprattutto al fine dell'ottenimento del nirvana. Senza la realizzazione diretta della vacuità, tutte le azioni che compiamo, sia quelle negative, che quelle positive impure, contribuiscono solamente a creare cause per restare nel samsara.

(53)(53) Atisha Dipamkara Srijnana, pandit indiano, nel 1040 andò in Tibet dove insegnò a lungo e riportò il Buddhismo tibetano all'originaria purezza; intorno all'anno 1050 fondò la scuola Kadampa, la più rigorosa per disciplina e dottrina fra le scuole buddhiste della tradizione Vajrayana(54)(54) Al riguardo vedi capitolo sulla meditazione

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• Saggezza

La saggezza si può paragonare al fuoco, perché fa bruciare il legno dei difetti mentali ed emotivi. Però il fuoco da solo non è sufficiente, devono esserci dei fattori coadiuvanti: quando ad esempio dobbiamo cucinare qualcosa, anche se abbiamo il carburante, ma non abbiamo il forno non possiamo cucinare!

Effettivamente la saggezza e la conoscenza sono cose molto importanti: anche grazie ad una sola conoscenza e comprensione, ad un solo tipo di saggezza generata in noi, potremo simultaneamente ottenere un tipo di felicità. La conoscenza di un tipo di dharma significa per noi anche l'ottenimento di un tipo di felicità.

Ciò vale persino a livello mondano: se studiamo molto a scuola e passiamo gli esami siamo contenti.

Si può dire lo stesso anche riguardo alla compassione.

Un aspetto della compassione è la determinazione di non nuocere mai ad alcun essere vivente: anche questa decisione genera in noi un certo tipo di soddisfazione.

Ricordiamo che anche la saggezza non esiste in maniera indipendente ed a sé stante, ma dipende da cause.

Da quali cause dipende?

Dipende dal nostro studio e dai momenti precedenti e successivi del continuum che lo compone.

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I tre aspetti principali del sentiero

Il grande maestro Lama Tzong Khapa dice che è molto importante formulare una buona motivazione per intraprendere qualsiasi azione di dharma, studio ed argomento spirituale, e che questa deve sempre includere rinuncia(55)(55), vacuità e mente d'illuminazione, che sono i tre aspetti principali del sentiero. Il sentiero è inteso come percorso spirituale dei praticanti del dharma il cui traguardo ultimo è l'ottenimento dello stato di Buddha.

La rinuncia, la vacuità e la mente d'illuminazione devono dunque sempre motivare tutte le nostre azioni.

I - La rinuncia

Il primo aspetto principale del sentiero, la "rinuncia alle sofferenze del samsara", è il desiderio profondo di liberarsi dalle sofferenze dell'esistenza ciclica in generale, ed in particolare da quelle delle rinascite nei tre reami inferiori.

La volontà di non volere più soffrire e di non volere più rinascere in questo giro ciclico, unite alla repulsione per queste esistenze intrise di sofferenza, generano in noi il grande desiderio di raggiungere la felicità del nirvana.

La realizzazione della rinuncia è la prima causa della liberazione (56)(56), in quanto ci spinge a sviluppare i mezzi per ottenerla: il mantenimento di una buona moralità, la realizzazione della vacuità e della bodhicitta.

È essenziale capire quanto sia importante liberarsi dalle esperienze di dolore sia in questa vita che in tutte quelle future.

Per generare il pensiero della “nisharana” nella nostra mente, nel nostro continuum mentale, pensiamo alle sofferenze del samsara in generale, ed a quali particolari patimenti andiamo incontro se rinasciamo in uno dei tre reami inferiori.

Meditiamo sul fatto che, insieme a qualsiasi altro essere vivente, siamo sottoposti ad ogni genere di dolore e sarebbe bello che tutti potessero liberarsene. Ricordiamo sempre che non giova pensare a liberarsi solo dalle sofferenze della vita presente: sarebbe un pensiero limitato che non ci porterebbe a realizzare né la “nisharana”, né una vera pratica di dharma.

II - La vacuità (57)(57)

Il secondo aspetto principale del sentiero, la vacuità, o shunyata, serve a realizzare la visione pura e corretta della realtà, ossia l'interdipendenza dei fenomeni.

Sebbene questo argomento sia estremamente difficile da capire, sarebbe sbagliato non parlarne, sarebbe un peccato ed un difetto sia per l'insegnante, che per i discepoli perché è necessario gettare un seme per la futura comprensione della vacuità: ora ne creiamo le basi, infatti se manca il seme la pianta non potrà crescere.

(55)(55) Rinuncia alle sofferenze del samsara: in sansctito “nisharana”, in tibetano “niengiung”(56)(56) In tibetano “tarpà”(57)(57) Questo capitolo raccoglie svariate lezioni sulla vacuità, nelle quali il Maestro ha insistito particolarmente su alcuni concetti necessari alla comprensione di questo argomento tanto difficile ma basilare nella dottrina buddhista. Abbiamo perciò preferito lasciare nel testo le numerose ripetizioni per una più chiara comprensione dell'argomento

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La meditazione sulla vacuità è essenziale per i praticanti di tutti i veicoli (58)(58) e per chiunque voglia liberarsi dalle sofferenze del samsara: se non realizziamo la vacuità non c'è possibilità di ottenere la liberazione del nirvana.

Grazie a questa rinascita umana pienamente qualificata, siamo in grado di intraprendere lo studio della vacuità e di realizzarla.

Se non ci impegniamo adesso a studiare, comprendere e realizzare la vacuità, continueremo come prima a rinascere in questo giro di esistenze di sofferenza.

Se riusciremo in questa nostra esistenza a studiare in modo da ottenere uno stato di essere privo di sofferenza, non sarà un traguardo importante? Se la risposta è si, allora meditiamo.

Se desideriamo conoscere il significato della vacuità, dobbiamo prima di tutto comprendere il principio dell’interdipendenza.

Vacuità significa che i fenomeni sono vuoti di indipendenza dalle proprie parti, dipendono dunque dalle loro parti.

Non esiste alcun fenomeno che non dipenda dal proprio nome e dalle proprie parti, lo affermo in modo certo ed irrevocabile, prendendo il posto del maestro Lama Tzong Khapa! Questa affermazione porta anche il sigillo dell'insegnamento del grande maestro Nagarjuna. È come se avesse firmato per dire che questo tipo di affermazione non contiene nessun errore; e vi è anche la firma di Buddha Shakyamuni, che è il presidente di tutti questi maestri!

Questo è vero, tutti i fenomeni dipendono dal proprio nome: se non vi è il nome si può dire che il fenomeno non esista.

Secondo voi esiste un fenomeno che non dipenda dal proprio nome o che non abbia un nome?

Se qualcuno pensa di si, ci spieghi in quale modo. In realtà non esiste un tale fenomeno.

Nessun fenomeno è indipendente, tutti i fenomeni esistono solo grazie all'interdipendenza, non hanno un'esistenza a sé stante, assoluta, oggettiva e reale, anche se la nostra mente, oscurata dall'ignoranza, li percepisce solamente come se esistessero in maniera assoluta ed indipendente.

Qualcuno afferma che i fenomeni esistono lo stesso, anche prima che li si conosca, come quando vengono scoperte nuove specie di animali o di piante.

Un nome lo hanno comunque, anche prima di avere quello ufficiale, per esempio si può dare loro il nome "specie nuove" in quanto la nostra mente le classifica immediatamente come appartenenti ad una specie mai vista prima, le concepiamo quindi come tali ancora prima di assegnare loro un nome scientifico, e dunque possiamo dire che il loro nome già esisteva ed era "specie nuove".

Malgrado i fenomeni non esistano in modo indipendente ed a sé stante, la nostra mente comunque attribuisce loro un'esistenza oggettiva ed assoluta.

(58)(58) Hinayana, Mahayana e Vajrayana; quest'ultimo è il "Veicolo di Diamante", cioè il sentiero del tantra, di carattere esoterico e che può condurre molto rapidamente allo stato di Buddha

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Quando la nostra mente riesce a comprendere che il modo in cui istintivamente percepisce i fenomeni è errato, e che non ci sono oggetti che corrispondono a questo modo di esistere, in quel momento ha compreso la vacuità, che è proprio l'assenza di questo modo di esistere reale ed oggettivo dei fenomeni.

Sarebbe utile, per acquistare familiarità con questo concetto, che gli studenti anziani, che studiano questo argomento da tanti anni ne discutano con i nuovi arrivati.

In India, al tempo di Buddha Shakyamuni, era molto radicata tra i discepoli l'usanza di discutere gli insegnamenti ricevuti; anche in Tibet questa tradizione di domande e risposte, di dibattito tra studenti era estremamente diffusa, e continua ancora oggi nelle università monastiche che i tibetani hanno ricostruito in India.

É difficile capire il concetto della vacuità sentendone parlare per la prima volta, ma è stato detto che perfino ascoltare le parole che spiegano la vacuità purifica tantissime azioni negative, tantissimo karma negativo accumulato. Inoltre bisogna pensare che con il passare del tempo la nostra comprensione aumenterà gradualmente: queste prime spiegazioni sono un seme che con il tempo, con la riflessione e con il ripetuto ascolto delle spiegazioni, sicuramente darà frutto e farà crescere la pianta della comprensione.

Per illustrare questo punto vi racconterò una storia della vita di Lama Tzong Khapa. Il grande maestro aveva già compreso quasi completamente la vacuità, tranne l'ultimo livello molto sottile, quando in Tibet (59)(59) in una grotta su una montagna gli si manifestò Manjusri, il Buddha della saggezza: Lama Tzong Khapa gli chiese cosa fare per ottenere l'ultimo sottilissimo stadio della comprensione della vacuità. Il consiglio di Buddha Manjusri fu quello di rileggere di nuovo, ripetutamente, gli insegnamenti che riguardano la vacuità.

Ciò illustra quanto sia importante questo modo di studiare, che fa si che con ogni rilettura e riflessione aumenti la comprensione fino a capire completamente l'argomento.

Comunque, la cosa importante è fare di tutto affinché, sentendo la spiegazione della vacuità, non sorgano dubbi nella mente e non s'incolpi la vacuità della propria incomprensione. Non bisogna dire "siccome io non l'ho capito, vuol dire che la vacuità è una sciocchezza, una cosa assurda: non c'è nulla da comprendere". Questo pensiero sarebbe pericoloso e negativo e bisogna evitarlo in tutti i modi. Non dobbiamo innervosirci, scoraggiarci o sentirci tristi, bisogna anzi trarne lo stimolo per studiare sempre di più e pensare: "fino ad ora non ho approfondito bene questo argomento, tutto lì, in futuro, studiandolo, comprenderò sempre di più".

Per meditare la vacuità si parte da quattro punti:

1 Il corpo: è composto sia dalla forma fisica che dalle sensazioni corporee, e queste ultime formano una coscienza, per cui anche il nostro corpo si trova nel nostro continuum mentale.

2 Le sensazioni.3 La mente in generale.4 Tutti i fenomeni esistenti.

(59)(59) In un posto chiamato Cathong

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Meditando la vacuità in relazione ad ognuno di questi punti, si sviluppa shamatha (la meditazione concentrativa), e vipashyana (la visione profonda) (60)(60).

Il testo di Shantideva (61)(61) nel nono capitolo parla proprio del metodo, che ora tratteremo, per realizzare la vacuità attraverso la visione profonda.

La visione profonda riguarda appunto la realizzazione della vacuità e - se studiamo bene - realizzarla è facile.

1. La vacuità del corpo

Illustrerò per primo il modo di focalizzare l'attenzione meditando sulla vacuità. Il corpo è la prima base di definizione del nostro io.

Per comprendere questo primo punto vi domando cosa sia il corpo, come si può definire, cioè se ognuna delle parti che compongono il corpo sia il corpo stesso.

Le parti del corpo non si possono chiamare corpo: allora, cosa si può definire corpo?

La definizione del corpo è "una semplice attribuzione mentale a parti, o a qualche parte del corpo, che costituiscono il corpo a livello convenzionale". Il corpo è dunque solo una proiezione dell'immagine unitaria abituale sulle tantissime parti che lo compongono.

Al di fuori di questa semplice attribuzione di un nome a queste molteplici parti, il corpo non ha un'esistenza vera, reale, indipendente.

Prendiamo ad esempio la nostra mano: con una designazione mentale la consideriamo come se fosse il nostro corpo, perciò tramite l'attribuzione mentale essa diventa convenzionalmente il corpo.

Il testo del maestro Shantideva dice "il corpo non è la gamba, non è le cosce, non è i polpacci, non è la mano, non è la schiena, non è lo stomaco, non è il collo, non è il petto, non è le spalle e le braccia, non è le costole, non è nessuno dei due lati del corpo. La mano non è il corpo, le ascelle non sono il corpo, le spalle non sono il corpo, gli intestini, i polmoni e tutto ciò che si trova all'interno, neanche quello è il corpo, la testa non è il corpo, neanche la gola è il corpo; tutti i lati, le direzioni e le parti del corpo non sono il corpo".

Se infatti ognuna di queste parti fosse il nostro corpo si dovrebbe dire che abbiamo tantissimi corpi. Se prendiamo ad esempio i nervi, i canali che percorrono il corpo, se ne contano ventiseimila, per cui ogni persona dovrebbe avere ventiseimila corpi!

Il modo comune di concepire come effettivi, reali, indipendenti ed assoluti sia i cinque aggregati (62)(62), base dell'io, sia qualsiasi altro fenomeno esistente, è ingannevole e dettato dall’ignoranza.

Questo è il modo di vedere nel samsara. ed è proprio questa visione samsarica che ci tiene legati all'esistenza ciclica.

(60)(60) “Lam.thong”, in tibetano “vipashyana”, in sanscrito è la visione profonda(61)(61) Il testo è il “Bodhisattvacharyavatara”: composto da 10 capitoli, espone il modo di comportarsi del Bodhisattva(62)(62) V. cap. “La sofferenza e i dodici anelli dell’origine interdipendente”

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Quando pensiamo al nostro io, diciamo "io", utilizzando questo concetto correntemente; tale io ci appare istintivamente come se esistesse in modo indipendente, a sé stante, oppure come se esistesse in un modo dipendente?

Qualcuno risponde: "ci appare come se fosse indipendente".

É veramente così! Questa mente, questa coscienza è menzognera oppure no?

Tutti concordano sul fatto che essa è falsa.

2. La vacuità delle sensazioni

Allo stesso modo, nel nostro continuum mentale ci sono delle sensazioni: in cosa consistono?

Nello sperimentare sofferenza, nello sperimentare felicità e benessere.

La sperimentazione della felicità si trova sia nel continuum degli esseri ordinari, sia in quello dei Buddha.

La sperimentazione della sofferenza, invece, si trova solo nel continuum mentale degli esseri che sono nel samsara. La felicità nel continuum mentale degli esseri nel samsara è una felicità impura, ed uno dei motivi per cui è chiamata impura è che, sulla base di questa felicità, accumuliamo attaccamento, e questo ci produce ripetutamente sofferenza.

3. La vacuità della mente

Nella nostra pratica la cosa più importante è quella di domandarci nel più profondo del cuore se la nostra mente esiste veramente in un modo indipendente, se il nostro io esiste veramente in un modo concreto, a sé stante, indipendente.

Adesso meditiamo per un po' su questo concetto.

Allora, cosa avete visto e realizzato, che il vostro io esiste in modo indipendente o dipendente? Per quale ragione avete constatato che l'io non esiste indipendentemente? L'io non esiste in maniera assoluta, concreta, oggettiva, perché deve appoggiarsi a certe cause, dipende da esse.

Visto che le cose appaiono in questo modo falso ed illusorio, per quel che riguarda il mio io ed i cinque aggregati che ne costituiscono la base, la radice del samsara - ciò che ci precipita in esso - è proprio questa illusione, questa falsa apparenza dei fenomeni e dell'io, che ci porta a concepirli come se esistessero in modo indipendente ed a sé stante.

Allora, quando farete la guerra a questo modo errato di concepire i fenomeni? Domani?

A causa dell'esistenza di questa illusione, di questa falsa apparenza, sviluppiamo un grande attaccamento verso noi stessi e verso ciò che "è mio".

Per quale motivo, in che modo funziona questo procedimento?

Noi, per l'attaccamento al nostro io, abbiamo timore di tutto ciò che può comportargli pericolo e dolore.

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Pensiamo "io avrò fame", "io avrò freddo", cerchiamo di proteggere il nostro io in tutti i modi, e quando pensiamo che sia minacciato, per proteggerlo, arriviamo anche a danneggiare gli altri, così continuiamo ad accumulare cause negative che ci fanno girare, sempre, ripetutamente, senza controllo, nelle sofferenze dell'esistenza samsarica.

Una volta che avremo compreso che l'io non esiste in modo indipendente, a sé stante, ma dipende da cause e condizioni, capiremo che anche la nostra vita futura non esiste in modo indipendente, ma dipende da cause e condizioni.

Compreso ciò, vedremo il collegamento con quello che ho detto all'inizio, cioè che per avere un'esistenza umana in futuro, come causa da accumulare dobbiamo tenere ora un comportamento morale purissimo.

Qualcuno chiede: "in che senso la forma è vacuità e la vacuità è forma?"

Quando si dice che la forma è vacuità, si intende che la forma è vuota, o vacua, di esistenza assoluta ed indipendente.

Molti argomenti logici dimostrano l'esistenza della vacuità; quattro sono quelli principali, ma il migliore, il più facile per il nostro studio - infatti è chiamato il re degli argomenti - è quello sull'interdipendenza", i fenomeni non esistono in un modo assoluto, perché sono interdipendenti. Essendo interdipendenti, dipendono dalle loro cause, dal loro nome, dalla mente che li percepisce, dai loro momenti di esistenza precedenti, dai loro risultati e momenti di esistenza successivi, e così via.

Se riflettete in questo modo, avrete la possibilità di comprendere facilmente la vacuità: perché dire che qualcosa dipende dalle proprie cause e poi dire che qualche cosa esiste in modo a sé stante ed indipendente è una contraddizione.

Se qualcosa deve dipendere dalle proprie cause per esistere, allora non può essere a sé stante ed esistere per natura propria.

L'impermanenza dipende - per esempio - dai suoi momenti precedenti di impermanenza. L'impermanenza ha anche risultati. I momenti successivi di impermanenza sono i suoi risultati, per cui dipende anche da quelli.

Da cosa dipende la vacuità stessa? Dipende dall'essere vuota di indipendenza; tutti i fenomeni sono dipendenti, perciò mancano di indipendenza.

Anche per quel che riguarda la nostra mente, è fondamentale comprendere che essa non esiste in modo assoluto ed indipendente, ma dipende dall'oggetto concepito.

In quale modo possiamo comprenderlo? Per esempio, affinché ci possa essere la percezione del colore blu, ci deve essere un oggetto blu, perciò, in tutte le percezioni, la nostra mente dipende dal suo oggetto.

Esiste un oggetto che non dipenda dalla coscienza?

Il ragionamento è identico: anche l'oggetto non può essere indipendente perché dipende dalla mente che lo percepisce.

Questa è l'interdipendenza, ed è molto importante capire che l'oggetto dipende dalla coscienza che lo percepisce, e la coscienza a sua volta dipende dall'oggetto percepito.

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La mente si trova sia nel continuum degli esseri ordinari, che in quello dei Buddha; tuttavia la mente nel continuum dei Buddha ha solo fattori mentali positivi e sono puri, mentre la mente nel continuum mentale degli esseri ordinari si appoggia sia sui fattori mentali positivi, che su quelli negativi.

E come è questa mente?

Non esiste una mente che non dipenda dalle proprie parti.

Da quali parti dipende la mente?

Per esempio, dipende da tutti i fattori mentali, se ne contano cinquantuno tipi.

Abbiamo sei menti o coscienze principali e cinquantuno fattori mentali che ruotano attorno a queste menti principali. Sono alla base della nostra mente, anche se non sorgono tutti insieme. Per esempio quando sorge la compassione, non può sorgere insieme la rabbia.

Qual è il rapporto tra la mente principale e questi fattori mentali?

Si aiutano a vicenda, ossia i fattori mentali girano intorno alla mente principale e l'assistono.

Se analizziamo il funzionamento del rapporto fra la mente principale ed i fattori mentali, ognuno si appoggia sull'altro ed aiuta l'altro, la mente principale aiuta i fattori mentali, i fattori mentali aiutano la mente principale.

Da ciò possiamo comprendere che sia la mente principale, che i fattori mentali mancano di un'esistenza indipendente e concreta, perché ognuno dipende dall'altro, ed essendo dipendenti non possono esistere in un modo oggettivo ed assoluto.

Tuttavia, oscurata dall'ignoranza, la nostra coscienza vede solo l'apparenza errata dell'io e lo percepisce come se fosse indipendente, non lo concepisce come veramente esistente. Perciò l'oggetto di questa mente errata non è il vero modo di esistere dell'io, ma solo l'oggetto apparente, in quanto si ferma all'apparenza illusoria del nostro io.

Comprendere tutto ciò è molto importante e riflettere su tutti questi significati fa nascere quel tipo di saggezza che proviene proprio dalla riflessione sugli argomenti studiati.

Uno studente domanda quale sia l'oggetto della mente quando non si pensa a niente.

Anche in questo caso vi sarà un oggetto, vi sarà il vuoto mentale come oggetto. Non ci sarà magari chiarezza, ma un oggetto ci sarà comunque; quando la mente è distratta, non concentrata, errante, sarà una mente non chiara, però un oggetto lo avrà sempre.

Quando c'è questa apparenza illusoria, che la nostra mente non capisce fino in fondo e non sa decidere cosa sia veramente questo modo di apparire dei fenomeni, allora la nostra mente diventa una coscienza errata.

Qualcuno chiede se sia possibile eliminare i difetti della mente.

Tutto quello che è stato detto dall'inizio della lezione fino ad ora è un metodo per eliminare questo difetto o chiacchierio della mente, questo nostro continuo formare pensieri non controllati, questo nostro incessante dialogo mentale.

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Se i tibetani nei grandi monasteri come Ganden o Sera (63)(63) hanno creato spazi fisici e temporali dove incontrarsi per tenere dibattiti logici tre volte al giorno, lo hanno fatto proprio per diminuire ed eliminare questo chiacchierio mentale, questo continuo creare pensieri discorsivi nella nostra mente.

Per eliminare i difetti mentali, causa delle nostre sofferenze, dobbiamo riflettere sulla vera natura del nostro io; bisogna pensare che il nostro "io" non esiste in maniera indipendente ma consiste in un certo numero di fattori e cause riuniti insieme a cui si attribuisce un nome. Realizzando questo concetto si crea la saggezza che elimina la nostra ignoranza e porta alla comprensione della vacuità.

Capire questo è molto difficile, ma diventa facile se si studia.

4. La vacuità di tutti i fenomeni

Tutto ciò che esiste è fenomeno. Tutti i fenomeni, tutto ciò che esiste, in tutti i mondi, si possono dividere in due grandi categorie: quella dei fenomeni impermanenti e quella dei fenomeni permanenti.

Entrambe le categorie esistono solamente in dipendenza dalle proprie parti, perché ogni fenomeno dipende dalle proprie parti.

Esistono fenomeni che non dipendono dalle loro parti?

Se qualcuno pensa che ci possa essere un fenomeno qualsiasi che non dipenda dalle sue parti, ce lo illustri!

Tutto ciò che esiste dipende dalle proprie parti. Per il fatto che tutti i fenomeni dipendono dalle proprie parti, si può dire che tutti i fenomeni sono vuoti di esistenza indipendente.

Come si possono definire i fenomeni?

Sono tutto ciò che si può conoscere. In tibetano ci sono tre parole intercambiabili, che si usano come sinonimi, e sono: l'esistente, il conoscibile, e ciò che può servire da oggetto alla mente.

Un fenomeno permanente può essere conosciuto dalla mente? Si, si può conoscere, un fenomeno valido, in una condizione valida, si può conoscere. Infatti un'altra definizione è: l'esistente è ciò che si può dimostrare con una conoscenza valida.

Tutto ciò che si può provare e sperimentare con un ragionamento valido, si può definire come esistente, come un fenomeno esistente.

Dobbiamo meditare continuamente i ragionamenti logici che riguardano il fatto che vi è un'esistenza interdipendente dei fenomeni, cioè che essi dipendono dalle proprie parti e cause.

Come si definisce il concetto di causa? Un insieme di fattori che producono un effetto.

Come si definisce il concetto di risultato? Risultato è ciò che si produce dalla propria causa.

(63)(63) Insieme a “Drepung” sono i tre grandi monasteri della tradizione Ghelupa, che in Tibet si trovano nei pressi di Lhasa: ancora oggi, ricostruiti nel sud dell’India, contano migliaia di monaci

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Cosa si intende per "vacuità dei fenomeni", e di cosa sono questi vuoti o vacui?

I fenomeni dipendono dalle loro parti e sono mancanti - vuoti o vacui - di un'esistenza indipendente.

Infatti, il grande maestro Nagarjuna disse "i fenomeni mancano di una vera esistenza proprio perché sono interdipendenti", perché dipendono dalle proprie parti e dalle proprie cause. Per questa loro natura dipendente ed interdipendente i fenomeni non hanno un'esistenza oggettiva.

La vacuità è la mancanza di esistenza indipendente dei fenomeni.

Pensiamo, per esempio, ad un vaso: in teoria sappiamo che dipende dalle sue parti - forma, colore, materiale, dai suoi momenti precedenti e successivi di esistenza - ma se lo immaginiamo, sorge spontaneamente nella nostra mente come se fosse indipendente, non pensiamo a tutti i fattori che lo compongono.

Perciò da cosa dipende un vaso? Anche dal suo nome, perché se non pronunciamo il nome vaso, se non diciamo "porta il vaso", questo non ci verrà portato. Altro esempio: la fede dipende dalla mente: se non c'è mente non c'è fede.

Qualcuno chiede se la vacuità dipenda da cause.

La vacuità è un fenomeno permanente, ed i fenomeni permanenti non dipendono da cause bensì dalle proprie parti, e così pure la vacuità dalle sue parti (64)(64). La saggezza che realizza la vacuità, però, è impermanente e dipende da cause: per esempio dipende dal nostro studio.

DOMANDA: "la guerra dipende dagli uomini, ha delle cause?"

Si, perché anche la guerra fa parte dei fenomeni, che dipendono da parti, o da cause e condizioni. La guerra c'è, esiste, ma, avendo delle cause, non esiste in modo indipendente. Tutto esiste, ma come un'illusione, mancando di esistenza a sé stante. Un insegnamento dice che non vi è vera esistenza, concreta, oggettiva, assoluta dei fenomeni, neanche tanto quanto un granello di polvere, e sia il samsara che ciò che lo trascende - il nirvana, le terre pure dei Buddha, i Buddha stessi - mancano di esistenza indipendente. E importante ricordare che quando si dice che un fenomeno non esiste in maniera indipendente ed a sé stante, ciò non significa che esso non esista affatto, il fenomeno esiste, ma come una semplice convenzione.

Il fatto che l’io,benché esista solo in dipendenza dagli aggregati, ritenga di esistere indipendentemente, è ignoranza: è una coscienza errata e falsa. Quando comprenderemo la falsità di questo concetto, di questa coscienza, potremo recidere la radice del samsara. Quando avremo compreso l'interdipendenza dei fenomeni, allora potremo piantare il seme della liberazione, il seme per l'ottenimento del nirvana.

Qualcuno chiede che cosa porti la vacuità.

La risposta è: la liberazione, la felicità del nirvana, e - se vi si aggiunge la realizzazione della bodhicitta - lo stato di Buddha, l'illuminazione perfetta.

(64)(64) I fenomeni permanenti non hanno causa e non producono effetto, dunque non cambiano. Un esempio di fenomeno permanente è lo spazio

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Per ottenere il nirvana bisogna dunque realizzare la vacuità tramite la saggezza superiore che la comprende. Quando avremo realizzato la vacuità non dovremo più tornare nel samsara, non dovremo più rinascere in questo giro di esistenze cicliche, perciò non sperimenteremo mai più la sofferenza.

Per sviluppare la saggezza che comprende la vacuità è indispensabile mantenere la moralità di non nuocere mai a nessun essere vivente: senza questa base di moralità non si otterrà nessun risultato.

Un altro studente domanda: "da cosa dipende lo spazio?"

Dipende dal proprio nome, o dalla coscienza che percepisce questo spazio. Ma lo spazio non dipende dal tempo.

Cos’è la verità ultima? In generale tutti i fenomeni dipendono dalle loro parti. Il loro essere vacui, vuoti del non dipendere dalle loro parti è la vacuità ed è anche la verità o realtà ultima.

Persino i fenomeni permanenti dipendono dalle loro parti. Le divinità samsariche, i deva, dipendono dalle loro parti; anche gli oggetti del rifugio, i Tre Gioielli, dipendono dalle loro parti.

Per esempio dipendono dal loro nome, dalla mente, dalla coscienza che li concepisce. Tutti i risultati dipendono dalle loro cause, così come tutte le cause dipendono dai loro risultati.

Riuscire a realizzare questo principio d'interdipendenza porterà risultati molto importanti.

Tutti i fenomeni esistono in questo modo: essi esistono, ma non nel modo in cui pensiamo e ci appaiono.

Vi è una base sulla quale, per colpa della nostra mente errata, facciamo una proiezione sbagliata.

Tutti i fenomeni sono simili ad un miraggio, all'opera di un illusionista, o di un mago, e se qualcuno lo vuole contestare, lo può fare. Possiamo aprire un dibattito su questo punto!

Non intendo dire che i fenomeni non esistano, ma solo che tutti i fenomeni esistono nel modo illusorio di un miraggio, nel senso che quando osserviamo un miraggio o l'opera di un illusionista, c'è una nostra proiezione mentale che non corrisponde alla verità.

Se avete difficoltà a comprendere l'esempio del miraggio o dell'illusione, allora pensate ai vostri sogni: quando appare un elefante nel vostro sogno, ad esempio, esso è veramente nella vostra stanza? E in questo senso che si intende che i fenomeni sono come un'illusione, ed è bene che meditiate in questa maniera.

In altri termini, convenzionalmente i fenomeni dipendono come minimo dal proprio nome, dalle proprie parti e dalla mente che li percepisce; però essi ci appaiono come se non ne dipendessero.

Il 1oro essere vuoti, o vacui, di indipendenza dal nome, dalle parti e dalla mente è chiamata vacuità oppure verità ultima.

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Allora, visto che tutti i fenomeni dipendono dalle proprie parti e da altri fattori, e mancano di un'esistenza a sé stante, la vera essenza di tutti i fenomeni è la dipendenza dalle loro parti e da altri elementi.

Concepirli come indipendenti dalle loro parti costituisce la visione duale, falsa: un'illusione, ed è basilare raggiungere una corretta visione dell’interdipendenza dei fenomeni.

Il modo più proficuo per capire la vacuità è riflettere che il nostro io dipende dalle proprie parti e cause, malgrado la nostra tendenza istintiva ed erronea ad aggrapparci ad esso concependolo come se fosse indipendente e la sua esistenza non dipendesse dai cinque aggregati psicofisici.

Quando avremo compreso che un tale io indipendente dai propri aggregati non esiste - perché, come ogni fenomeno, dipende dalle proprie parti e tutti i fenomeni sono interdipendenti - allora avremo compreso il significato della vacuità e raggiungeremo una grande meditazione e realizzazione, sia chiudendo gli occhi che lasciandoli aperti, non essendo più necessaria la meditazione formale.

Se riflettiamo in questo modo, anche solo per cinque minuti, purificheremo tantissime negatività; si dice che le radici stesse dell'esistenza ciclica vengano frantumate da questo tipo di riflessione.

Ed è anche bene, quando preghiamo, chiedere di potere ottenere la saggezza che comprende l'interdipendenza dei fenomeni.

Qualcuno domanda: "sapere che dipendo da altre cause e fattori, a cosa mi giova?"

Quando saprai che il tuo io è privo di esistenza indipendente e non esiste come tu lo concepisci e vedi, ma dipende dalle proprie cause - per esempio dalla propria madre, dalla propria coscienza, dal proprio corpo - ti renderai conto della sua impermanenza, ed eliminata questa concezione ingannevole vivrai la tua vita come entità - come io - mancante di esistenza indipendente e non ti identificherai più con l'io, radice di ogni attaccamento e sofferenza.

Comprendere e realizzare la vacuità non vorrà dire che non ci sarà più l'io, bensì non ci sarà più un io esistente in maniera indipendente ed a sé stante. Però un io mancante di esistenza indipendente ci sarà.

Otterremo la stessa visione esatta riguardo alla felicità, alla sofferenza, ed alle azioni negative e positive.

Per esempio capiremo che la felicità, avendo delle cause, esiste in maniera interdipendente.

Così pure per la sofferenza: si comprenderà che essa deriva da cause e condizioni e perciò esiste in maniera interdipendente e priva di esistenza assoluta ed a sé stante.

Così anche per le azioni negative: si comprenderà che esistono ma, avendo delle cause, non esistono per propria natura ed anche esse sono interdipendenti.

Le azioni positive possono essere aumentate, migliorate e sviluppate proprio perché mancano di esistenza indipendente, proprio per la loro interdipendenza e mancanza di esistenza assoluta.

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Ciò è valido anche riguardo alla nostra mente: il fatto che possiamo studiare, avanzare e migliorare è dovuto proprio alla mancanza di una esistenza indipendente; proprio perché la mente dipende da cause e condizioni, noi abbiamo la possibilità di progredire attraverso lo studio, finché, gradatamente, diventerà la mente e la saggezza di un Buddha.

Per illustrare questa concezione ingannevole dell'io il Lam.rim porta l'esempio di una corda arrotolata: se la vediamo al buio, sulla nostra strada, ci sembra un serpente e scappiamo impauriti, ma nella corda stessa non vi è nulla che giustifichi questa visione errata.

Consideriamo allora questa persona che - solo per l'oscuramento creato dal buio - è indotta in errore e scappa davanti alla corda: in quel momento, in quella corda, vi era veramente un serpente da percepire? No!

Allora, per quale motivo quella persona scappava? Perché aveva paura?

Quella persona ha avuto paura a causa della sua percezione errata. La stessa cosa accade per l'io: a causa dello stesso tipo di errore di percezione, noi identifichiamo il nostro io con i nostri aggregati.

Per via di tale identificazione errata, pensando che l'io esista in modo indipendente dalle proprie parti, nella nostra mente si generano a turno tutti i difetti mentali ed emotivi: odio, invidia, gelosia, attaccamento, rabbia, desiderio, e così via.

Quale il vero modo di esistere della mente? Il vero modo di esistere della mente è quello della dipendenza dalle sue parti: la mente non esiste in nessun altro modo.

La mente che si trova nel nostro continuum mentale deriva dalle proprie parti; è vuota dunque di un'esistenza indipendente dalle proprie parti: proprio questo è vacuità.

Dovremmo riflettere così in continuo, profondamente, altrimenti tutte le cose ci appariranno erroneamente come esistenti per natura propria, anche se così non è.

Tale mancanza di esistenza reale ed indipendente è il vero significato della vacuità, ed è per il fatto di non comprendere questo vero modo di esistere dei fenomeni che siamo costretti a rimanere nelle sofferenze del samsara.

Torniamo all'esempio della corda: non esiste un serpente nella corda, possiamo dunque dire che la corda è vuota dell'esistenza di un serpente.

L'ignoranza oscura la capacità della nostra mente di percepire il vero modo di esistere dei fenomeni, perciò questo tipo di ignoranza è chiamato oscurazione.

Tale ignoranza è una mente errata, e come tale fa generare altri errori, come quello di provare attaccamento per tutto ciò che appartiene all'io, o provare odio ed avversione per tutto ciò che consideriamo estraneo od una minaccia per esso.

Pensiamo allora prima di tutto a riconoscere ed eliminare l'ignoranza primordiale, che abbiamo da tempi senza inizio, a cominciare da quella riguardo all'io, perché è proprio a causa dei difetti mentali ed emotivi che siamo costretti a rinascere e morire ripetutamente, senza fine, nei sei mondi del samsara.

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Si tratta veramente di un argomento molto importante e ricco di significati da comprendere.

Buddha Shakyamuni ha insegnato in numerosi testi, all'incirca venti, il concetto della vacuità, spiegandola attraverso l'interdipendenza dei fenomeni.

Anche grandi maestri come Nagarjuna, Chandrakirti e Lama Tzong Khapa, hanno insegnato la vacuità tramite il concetto dell'interdipendenza.

Lama Tzong Khapa ha anche composto una lode a Buddha Shakyamuni per averci dato gli insegnamenti sulla vacuità e sulla interdipendenza dei fenomeni (65)(65).

Anche S.S. il Dalai Lama, rimasto venti giorni nel monastero di Ganden per dare insegnamenti sulla vacuità, nei primi quindici giorni, ossia per la maggior parte del tempo, non ha fatto altro che spiegare il concetto dell'interdipendenza.

Perciò il significato di vacuità è "mancanza di esistenza indipendente dei fenomeni", e per spiegare questa mancanza di esistenza indipendente bisogna mostrare in quale modo tutti i fenomeni dipendono l'uno dall'altro, per cui è basilare la spiegazione dell'interdipendenza.

Lo stesso ragionamento si applica per comprendere l'io, che dipende dai cinque aggregati, dal corpo, come dalla mente, ma non è i cinque aggregati, né il corpo, né la mente.

Il concetto di io, allora, da cosa dipende?

Come tutti i fenomeni, anche il nostro io dipende per la sua esistenza dalle sue parti, non esiste un fenomeno che non dipenda dalle proprie parti. L'io dipende dai suoi momenti di esistenza precedenti, come pure da quelli successivi; dipende anche dal pensiero, dalla mente che lo concepisce. Infatti, noi diciamo: "io penso". Il pensiero è una coscienza, una mente, perciò diciamo che il nostro io dipende anche dalla mente. Diciamo: "io cammino"; questo è segno che il nostro io dipende anche dal corpo. "Io mangio" significa che il nostro io dipende anche dalla bocca, senza la quale non potremmo mangiare. "Io sono arrabbiato" - il nostro io dipende in questo caso dalla mente che desidera fare del male agli altri. Quando diciamo: "io ho compassione", allora il nostro io dipende dalla compassione stessa.

Quando diciamo "io sto male", l'io dipende sia dal corpo che dalla mente, perché ambedue possono stare male.

Un male mentale dipende dalla mente.

Se adesso studiamo bene, la saggezza che possiamo acquisire si imprime sul nostro continuum mentale, che continua con noi dopo la nostra morte e fa si che grazie al nostro studio ed alla saggezza accumulata potremo avere una rinascita di felicità; perciò grazie a questa saggezza, che è una mente, una coscienza, nella vita futura potremo avere un io che si trova in una esistenza di felicità.

Insisto su questo argomento mosso da una buona motivazione, con la speranza che voi ne abbiate beneficio riuscendo a comprendere il concetto, fondamentale, della vacuità.

Così, continuando a studiare, sempre con il desiderio di ottenere questa realizzazione per il bene di tutti gli esseri, un giorno sicuramente potrete comprendere e realizzare questo concetto.

(65)(65) In tibetano tale testo di lodi composto da Lama Tzon Khapa si chiama “Tendri Döpa”

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Le due cause indispensabili per diventare Buddha sono la grande compassione e la realizzazione della vacuità; perciò dobbiamo meditare solamente su queste due cose, sulla compassione e sulla vacuità.

Come possiamo meditare sulla vacuità? Pensiamo: "Questo mio io, che desidera essere di beneficio agli esseri viventi, non esiste in maniera indipendente, oggettiva, a sé stante, ma dipende dalle sue parti, cause e condizioni: esiste in modo interdipendente e non assoluto ed indipendente".

Questa è la meditazione sulla vacuità, e va meditata sulla base del proprio io.

Se meditiamo così, anche se dovessimo dire "non voglio realizzare la vacuità", la realizzazione verrà da sé nella nostra mente, anzi, le realizzazioni arriveranno in massa, faranno a gara per entrare nella nostra mente!

Riflettete sempre se esista un io che non dipenda dai propri aggregati e pensate che, realizzato questo concetto, potrete veramente essere di beneficio a tutti gli esseri viventi.

Riflettere e meditare sull'interdipendenza, sulla vacuità e sull'altruismo basato sulla bodhicitta, proprio di un Bodhisattva, vuol dire rendere veramente significativa la nostra esistenza e non sprecare questa preziosa vita umana.

Coltiviamo dunque di continuo questo tipo di riflessione, meditazione e comportamento, fino al momento della nostra illuminazione perfetta!

III - Bodhicitta: la mente dell'illuminazione

Il desiderio di liberare tutti gli esseri dal dolore, cioè la grande compassione, porta con sé automaticamente la volontà di ottenere l'illuminazione perfetta proprio pèr aiutarli:questa è la "bodhicitta'' o mente dell’illuminazione, terzo aspetto principale del sentiero.

I testi dicono che se non si abbina la bodhicitta alla realizzazione della rinuncia e della vacuità non si potrà raggiungere l'illuminazione perfetta. Perciò anche se avremo realizzato la vacuità, senza la bodhicitta non potremo ottenere lo stato di Buddha.

Per questo è bene generare la bodhicitta prima di qualsiasi azione positiva, meditare che tale azione è volta al bene di tutti gli esseri viventi e ad ottenere l'illuminazione perfetta per il bene di tutti. Tale motivazione ci permetterà in seguito di conseguire lo stato di Buddha.

Se tutti potessero capire veramente quanto favorisca il raggiungimento dell'illuminazione perfetta l'impegnarsi ad avere un atteggiamento altruistico e benevolo in ogni attività e situazione quotidiana, sempre con la sincera motivazione di beneficare il prossimo, in breve tempo riuscirebbero ad annullare le cattive predisposizioni date dai kiesha accumulati. Per esempio, anche in una conversazione, se ci si sforza di dire solo cose buone e gentili, che diano gioia alla persona con cui parliamo, non solo avremo compiuto un azione positiva, ma avremo reso un gran beneficio alla nostra mente, che ne sarà pacificata e migliorata.

In questo modo renderemo ogni nostra azione causa per l'ottenimento dello stato di Buddha.

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Dal desiderio profondo e fortissimo di liberare tutti gli esseri viventi dalle sofferenze del samsara, nasce la volontà, molto sentita e radicata, di ottenere le capacità ed i poteri di liberare gli esseri dai loro dolori.

Questi due sentimenti portano a sviluppare nella nostra mente l'aspirazione, spontanea, sincera, di raggiungere l'illuminazione perfetta per potere beneficare tutti gli esseri. Il sorgere di tale desiderio è qualcosa di istintivo che si realizza spontaneamente e profondamente in noi: solo se generiamo un tale desiderio possiamo dire che in noi è sorta la bodhicitta, la mente dell'illuminazione.

Perciò non è sufficiente parlare del pensiero altruistico, ma è necessario che nasca nel continuum mentale di ognuno di noi, che si sviluppi nella nostra mente sulla base delle istruzioni e dei consigli spirituali ricevuti dai nostri maestri: è fondamentale perseverare nell'applicarli.

Visto che anche la bodhicitta è interdipendente, quali cause e condizioni giuste occorrono per poterla generare?

Come è stato detto molte volte dal Buddha, la causa principale è la grande compassione, quel desiderio profondo e fortissimo di liberare gli esseri viventi dalle sofferenze e dalle loro cause, che sono i difetti mentali.

Pensiamo che, come noi cerchiamo di affrancarci dal dolore, allo stesso modo tutti gli esseri viventi non vogliono soffrire; dobbiamo dunque generare il desiderio di aiutare tutti gli esseri senzienti ad ottenere ciò che vogliono, ossia la felicità.

Però, non avendo ora il potere e le capacità necessarie per poterli aiutare, dobbiamo prima raggiungere lo stato di Buddha.

Il modo migliore per generare la grande compassione è pensare sempre, con tutti i ragionamenti possibili, alla gentilezza degli esseri viventi verso di noi; pensare a tutti i modi in cui essi sono stati e sono tuttora amorevoli verso di noi, e pensare in quali modi noi dipendiamo in tutto e per tutto dagli altri esseri.

Riflettere ripetutamente su questo, è il modo migliore per generare la grande compassione.

Un'altra causa basilare per la generazione della bodhicitta è la contemplazione delle sofferenze nei reami di rinascite inferiori e nel samsara in generale; considerando tali sofferenze si crea una grande motivazione per lo sviluppo dell'illuminazione.

Se cercate con la vostra mente, riuscite ad individuare le sofferenze del samsara? Non è vero, forse, che sono dentro la mente di ognuno di noi? E quale è l'essenza della sofferenza, non sorge dall'attaccamento all'io?

C'è da riflettere sulle sofferenze partendo dalle esperienze del proprio io e da quelle che sperimentano anche gli altri esseri.

In generale quando si parla di sofferenza si parla di una sensazione, e vi sono tre tipi di sensazioni: di sofferenza, di felicità, e neutre.

Nella vita umana qual e secondo voi il migliore tipo di sensazione piacevole, di felicità? Quando si genera l'amore universale?

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Quando c'è la determinazione di non nuocere mai ad alcun essere vivente, ci si sente veramente bene, felici e si crea intorno a noi tanta serenità e benessere.

Invece, se pensiamo di fare del male a qualcuno, la nostra sensazione acquista la stessa intensità del desiderio di nuocere, diventiamo agitati, convulsi, entriamo in uno stato mentale di grande malessere.

Riflettere continuamente in questo modo è veramente una grande meditazione: se riusciamo a coltivare questo pensiero di bontà, a tenerlo sempre presente ed a depositarlo nel fondo del nostro continuum mentale, acquisteremo un grande potere mentale e, tramite esso, un grande potere fisico. É certo che se vogliamo essere molto potenti dobbiamo coltivare un pensiero molto nobile ed elevato. Infatti, il pensiero di fondo, di non danneggiare nessun essere vivente nel compiere qualsiasi azione di corpo, parola e mente, renderà potente, positivo ed ottimo tutto ciò che faremo.

Avere un comportamento elevato, nobile e superiore significa anche che non si deve disprezzare mai nessuno, che chiunque va avvicinato con un atteggiamento benevolo, di rispetto, gioia ed amore.

Per esempio, ogni volta che incontriamo qualcuno pensiamo: affinché questo incontro fosse possibile, sia questo essere che io stesso abbiamo accumulato delle cause positive, questo incontro è dovuto ad entrambi, perciò è un'occasione per gioire e rispettare questo essere.

É estremamente importante abituarsi ad avvicinare e vedere tutti gli esseri in questo modo ed avere questo atteggiamento positivo anche verso le persone molto umili.

Ne ha dato recentemente un buon esempio Sua Santità il Dalai Lama quando, all'ingresso del Comune di Palermo, ha notato una persona estremamente umile, malvestita e tremante, molto malata, con il viso rovinato ed un occhio completamente sporgente, l'altro chiuso, in una situazione molto penosa. Subito S.S. il Dalai Lama si è avvicinato a quel poveretto, è stato due minuti con lui, accarezzandolo con grande compassione ed affetto.

Lo stesso affettuoso atteggiamento S.S. ha avuto verso il sindaco di Palermo, una persona molto positiva, educata e gentile. E stato veramente un bell'esempio perché ha mostrato come Sua Santità trattasse esattamente allo stesso modo, senza alcuna discriminazione, sia le persone importanti che quelle umili.

E noi come dobbiamo fare?

Dobbiamo assolutamente abolire la distinzione tra amici e nemici, persone preferite e persone che non ci piacciono, simpatiche o antipatiche, e così via.

Inoltre non bisogna pensare solo agli esseri umani, ma sviluppare il desiderio di eliminare le sofferenze di tutti gli esseri senza distinzione, anche di quelli nati nei reami inferiori di sofferenza, come gli animali, i preta e gli spiriti degli inferni.

Tanti esseri superiori e realizzati ci hanno lasciato questo tipo di esempio e di insegnamento, e sarà un'ottima cosa riuscire a metterlo in pratica.

Se riflettiamo nel modo giusto, vedremo che solo la nostra mente discrimina, pensa in maniera errata creando delle categorie, chiamando alcuni esseri "nemici": in realtà i nemici

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non esistono, ogni essere a suo modo ci è utile, ed ognuno di essi, in qualche modo ed in qualche tempo, ci ha beneficato. Perciò dove stanno i nemici?

Da ciò che abbiamo detto capiamo quanto sia importante il pensiero di fondo. A questo proposito i testi ci narrano che Buddha Shakyamuni, in una vita anteriore a quella storica, fece un'offerta ad un Buddha: possedeva solo quattro lenticchie, perciò le mise nella ciotola del Buddha come offerta, pregandolo con fervore di poter generare la bodhicitta. Grazie a questa offerta, fatta con tale motivazione e preghiera, riuscì poi veramente a generare la mente dell'illuminazione.

Quindi è molto importante anche per noi pregare con fede sincera e chiedere che le sofferenze di tutti gli esseri possano essere eliminate: questa preghiera diventerà la medicina più efficace per la nostra mente.

Molte persone sviluppano dei dubbi su questo insegnamento, temendo che lavorare e pregare solo per il bene altrui non porterà felicità e benefici a sé stessi, e pensano che per ottenerli si debba piuttosto pregare solo per la propria felicità.

Non c'è alcun tipo di problema, in realtà anche noi siamo inclusi nella categoria "esseri senzienti", ed ogni qual volta preghiamo per tutti gli esseri, preghiamo anche per noi stessi, il beneficio arriva sicuramente anche a noi!

Facciamo l'esempio di un gruppo di persone rimaste senza cibo e che pregano per averlo: se il cibo arriva, non vi è nessun motivo che qualcuno del gruppo resti senza mangiare.

É dunque importante nutrire sempre pensieri positivi ed altruistici verso tutti gli esseri viventi: noi stessi ne facciamo parte.

Infatti più si lavora per gli altri, più è sicuro che si avranno benefici anche per sé stessi, più si coltiva l'aspirazione alla felicità altrui, più si avrà come risultato benefici e felicità per sé stessi, anzi, se non si è altruisti, se non si coltiva il pensiero del beneficio altrui, non si otterranno mai i propri vantaggi.

Invece se preghiamo con il pensiero egoistico di essere noi soli liberi da sofferenze e felici, anche se per ipotesi dovessimo essere esauditi, non saremmo comunque felici, perché resteremmo soli, non avremmo la gioia di dividere con altri questa felicità e libertà dalle sofferenze! Invece, quando si hanno degli amici intorno, delle persone che ci aiutano, allora veramente c'è la felicità, il benessere e la gioia di non sentirci soli.

É in questo modo che bisogna meditare, sia sulla bodhicitta che sulla “nisharana”.

Ricordiamo sempre che Buddha Shakyamuni, mosso proprio dalla sua grande compassione verso gli esseri viventi, ha donato volontariamente tutti i tipi di insegnamenti, ognuno adatto al particolare desiderio e necessità degli esseri.

Per esempio, coloro che desideravano studiare la medicina, hanno avuto ogni insegnamento necessario, dal modo di diagnosticare tramite il polso a tanti altri metodi che, trascritti, ci sono pervenuti raccolti in grandi volumi.

Se anche noi nutriamo una grande compassione verso tutti gli esseri, ci diventerà naturale dedicarci sempre e nel modo migliore al bene altrui. Invece, non avendo questo sentimento compassionevole, anche se sappiamo che una cosa è benefica per qualcuno, a causa della nostra invidia non la doniamo. Pensiamo "se parlo di questa cosa ad un'altra persona, questa

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la capirà, è meglio che non gliela insegni!" e con questa malvagia motivazione non si danno gli insegnamenti! In passato è successo veramente in Tibet: dei medici, che ho anche visto, per altro bravissimi e sapientissimi, insegnavano solamente ai parenti, al proprio figlio o fratello, e addirittura arrivavano a tenere segrete nozioni particolari del loro mestiere, senza trasmetterle a nessun altro!

Questo avviene in molti campi: ad esempio vi sono fabbriche che mantengono segrete le proprie tecnologie e fanno molta attenzione che non vengano conosciute all'esterno.

Tutto ciò avviene per la mancanza di compassione e per la grande forza dell'invidia e della gelosia. Ed insieme alla gelosia ed all'invidia sorge sempre un enorme attaccamento.

Penso che la stessa cosa avvenga anche con la chiaroveggenza ed i poteri miracolosi: vi è infatti il pericolo di grande gelosia, di non svelare agli altri come fare, anche in questo caso, per la mancanza di compassione, negli altri si preferisce coltivare l'ignoranza.

Con la grande compassione, invece, si ha il desiderio che tutti gli esseri, senza distinzione e discriminazione, possano essere liberi dalle loro sofferenze e godere della felicità: questa è una qualità importantissima che sarebbe bene coltivare e meditare in tutte le circostanze.

Qual'è il modo per eliminare le cause della sofferenza?

Per eliminare le cause delle sofferenze dobbiamo eliminare i difetti mentali, e un ottimo metodo è la meditazione sulla compassione e sulla bodhicitta.

Da un canto è importante conoscere e tenere davanti agli occhi della mente il traguardo finale, l'eliminazione di tutti i klesha, di ogni emozione e pensiero negativo, e dall'altro comprendere in maniera precisa e corretta il vero modo di esistere dei fenomeni.

Meditiamo allora per cinque minuti sul modo migliore per eliminare i nostri klesha, i difetti mentali ed emotivi, pensiamo che essi nascono dal nostro io che tuttavia non esiste in maniera indipendente, reale, ma è solo l'attribuzione di un nome alle sue parti.

Meditando sulla grande compassione, pensiamo "sarò io ad eliminare le sofferenze degli esseri, prenderò su di me la responsabilità di farlo, perché ho sempre beneficiato della loro gentilezza e tutte le mie qualità, realizzazioni e conoscenze provengono da essi, per questo chiedo la benedizione dei Lama e dei Buddha, per potere io stesso annullare tutto il dolore degli esseri".

Pensiamo inoltre che anche la grande compassione è completamente dipendente da cause e condizioni, perciò non esiste in modo indipendente; meditiamo sul fatto che questo nostro io, che vuole compiere il bene altrui, è l'attribuzione di un nome alle proprie parti, e non esiste come qualcosa di indipendente. Riflettiamo: "questo mio io che esiste solo come un nome attribuito alle proprie parti desidera ottenere lo stato di Buddha per il bene di tutti gli esseri viventi".

Questa meditazione sulla bodhicitta diventerà la causa potente e diretta dell'ottenimento dell'illuminazione perfetta.

Se si medita, genera e realizza la mente dell'illuminazione, anche se si ha del karma negativo accumulato in centinaia di migliaia di vite passate, si potrà purificarlo in un attimo, in un solo istante.

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Per riuscire a generare la compassione nel modo giusto è necessario desiderare il bene di tutti gli esseri in modo completamente equanime, senza discriminazioni e senza distinzioni.

In quale modo possiamo meditare e realizzare l'equanimità e la non discriminazione verso gli esseri?

Una delle riflessioni da meditare è la seguente: "io non desidero sperimentare alcuna sofferenza, allo stesso modo tutti gli esseri viventi, come me, desiderano evitare la sofferenza. Io desidero la felicità, allo stesso modo tutti gli esseri viventi, come me, desiderano la felicità. "

Pensiamo poi: "visto che c'è questa uguaglianza tra gli esseri, non è ragionevole avere odio ed ostilità verso alcuni, coloro che consideriamo nemici o estranei, ed avere attaccamento verso altri, noi stessi o coloro che suscitano il nostro attaccamento.

Non solo non devo coltivare l'ostilità e l'odio verso gli altri, bensì considerarli cari ed importanti ricordando la gentilezza di tutti gli esseri verso di me. Se rifletto solo a proposito di questa unica vita, tutto ciò che posseggo e di cui godo mi è venuto grazie agli esseri viventi. Infatti abbiamo vestiti o cibo che non ci provengano da altri esseri?"

La migliore virtù o positività nel nostro continuum mentale è la bodhicitta, la cui causa è la compassione. Tuttavia, per poter generare bene la compassione, dipendiamo dall'esistenza degli altri esseri: senza l'esistenza degli altri, in quale modo si potrebbe mai generare ed esercitare la compassione, causa di tutte le nostre accumulazioni karmiche positive?

Pensiamo anche a tutte le persone che ci fanno arrabbiare, che suscitano in noi ira e rabbia: non solo non dobbiamo prendercela con loro o rispondere con il male, ma piuttosto pensare "sono loro l'unica causa che mi permette di sviluppare la preziosa qualità della pazienza, sono loro i miei maestri spirituali".

Costoro diventano dunque i maestri che ci permettono di sviluppare la virtù della pazienza.

Riflettiamo poi che per raggiungere lo stato di Buddha abbiamo bisogno degli altri esseri viventi, perciò la nostra illuminazione perfetta dipende anche da loro: sviluppiamo allora il desidero che anch'essi possano raggiungere la felicità.

Bisogna sempre prendere come oggetto di meditazione tutti gli esseri viventi, senza alcuna eccezione, e pensare di doverli liberare da qualsiasi loro sofferenza e da qualsiasi patimento che percepiamo o di cui veniamo a conoscenza.

Questa è la meditazione sulla grande compassione e ricordiamoci di riflettere in questo modo anche quando siamo a casa nostra.

Come si sviluppa l'amore infinito ed illimitato, come si medita? Tutti gli esseri viventi, di nuovo, devono essere l'oggetto di tale amore, senza distinzione o discriminazione, si deve sviluppare il desiderio di vederli tutti felici, di essere loro di beneficio e di essere la loro causa di felicità.

Tale desiderio va meditato senza coltivare la speranza di avere benefici in cambio del bene che si fa, perché se ci aspettiamo una ricompensa ciò diventerà attaccamento e non si tratterà più di amore.

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Continuando a coltivare la grande compassione e l'amore illimitato, ad un certo punto sorge ciò che è chiamato il "pensiero speciale" o superiore. Esso consiste nell'arrivare a pensare ed a sentire che non ha nessuna importanza il riuscire o meno ad ottenere la propria felicità: tutti gli altri esseri viventi sono innumerevoli ed illimitati, molto più numerosi di noi, perciò molto più importanti. Diventa importante che siano felici gli altri esseri, più importante del proprio interesse personale, perciò si desidera fortemente portare tutti gli esseri allo stato di felicità e di libertà dalle sofferenze.

Se si medita e pratica questo altruismo, si otterrà velocemente la realizzazione della mente dell'illuminazione, perché è molto vicina - ad un passo - da questo tipo di riflessione.

Infatti, come secondo momento dopo la realizzazione di questo tipo di pensieri, arriverà anche la realizzazione della bodhicitta: perché la mente d'illuminazione è proprio il pensiero altruistico, il desiderio profondo e tenace di ottenere la saggezza, la capacità ed i poteri di un Buddha per poter beneficare in ogni modo tutti gli esseri senzienti.

Se riusciamo a sviluppare questo pensiero altruistico di bodhicitta tantissime nostre negatività verranno purificate e non dovremo più subire danni da altri esseri: il vero rifugio è proprio questo. Quando si riesce a modificare e migliorare il proprio pensiero in senso positivo, si diventa rifugio non solo per gli altri ma anche per sé stessi. Perciò all'inizio di tutte le sadhane (66)(66), anche se si tratta di versioni molto abbreviate, c'è sempre immancabilmente la presa di rifugio e la meditazione della bodhicitta. Una volta realizzata la mente dell'illuminazione, anche le nostre pratiche tantriche saranno efficaci e daranno ottimi risultati.

Adesso, per sviluppare la nostra capacità di beneficare ed aiutare gli esseri, recitiamo un giro di mala di "Om mani peme hung".

Grazie, "tugece"! (67)(67)

(66)(66) Cioè tutte le pratiche tantriche per generare se stessi come divinità(67)(67) In tibetano significa “grazie”

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Shiné: La meditazione concentrativa

In tibetano la parola "meditare" significa "familiarizzarsi", e sottintende che, per meditare su qualcosa, bisogna ripetutamente riflettervi.

Acquisire familiarità con l'oggetto della meditazione è un potere della mente che porta alle realizzazioni connesse alla meditazione concentrativa, di assorbimento, detta "shiné" (68)(68).

La meditazione concentrativa, che ci fa realizzare la saggezza, è dunque la facoltà di concentrarsi, in modo profondo e senza distrazione, sui significati dell'insegnamento.

La saggezza che sorge dopo la realizzazione della meditazione concentrativa porta alla percezione diretta dell'oggetto dello studio, senza dover passare attraverso il ragionamento logico.

Affinché la meditazione concentrativa abbia successo, è fondamentale che la mente non si distragga, perché tale pratica è un processo mentale, coinvolge solo la mente, non le altre facoltà: qualunque sia l'oggetto di meditazione scelto, è essenziale che la mente si concentri su di esso senza distrarsi, con una tensione costante ed univoca.

E anche fondamentale che l'argomento della concentrazione non sia errato e sia conosciuto a fondo, altrimenti tutto lo scopo della meditazione concentrativa sarà falsato e non si avrà nessun risultato: perciò, una volta che pensiamo di avere capito bene l'argomento prescelto, concentriamoci su di esso in modo univoco, stabilizzandovi la mente senza distrazione.

Visto che ognuno di noi ha il potere di fare il bene od il male, di agire bene o male e di scegliere ciò che fa, è bene ricordare che il vero progresso del dharma si misura proprio dal miglioramento della nostra mente e dalla diminuzione dei nostri difetti, quale conseguenza del modo giusto di riflettere e di meditare.

Se riflettiamo così, si creerà sempre un legame tra il dharma e la nostra mente, e potremo avere veramente buoni risultati.

Praticare il dharma non significa sfilare con certe bandiere particolari, oppure produrre suoni e musica religiosa, e così via. Questi rituali sono solo una piccola parte della pratica del dharma che, essendo in realtà un fatto mentale, riguarda principalmente la nostra mente.

Ognuno di voi, a casa, dovrebbe riflettere e meditare in questo modo, per cinque minuti o per quanto può.

Il tempo lo troveremo, infatti spesso parliamo di molte cose, per esempio raccontiamo che a Milano è successo questo e quello, a Napoli è successo quest'altro fatto. Al posto di questi discorsi, sarà ottima cosa se utilizzeremo quei minuti per poter meditare bene.

Molte persone si lamentano del fatto che non hanno tempo per meditare o perché hanno troppo lavoro, o per i troppi impegni, e così via. Tuttavia possiamo meditare anche mentre lavoriamo: se svolgendo il nostro lavoro mediteremo con le dovute riflessioni, lo trasformeremo in pratica e meditazione.

(68)(68) La concentrazione mentale, in tibetano "shinè", in sanscrito "shamatha", serve a pacificare la mente ed a sviluppare lo stato pienamente allenato della mente meditativa, presupposto della realizzazione della saggezza. Shinè significa mantenere la mente concentrata in modo univoco su un oggetto positivo e virtuoso; è anche detta meditazione di stabilizzazione perché mantiene la mente stabilmente concentrata sull'oggetto virtuoso prescelto

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In questi tempi si possono avere in lingua italiana molti libri importanti e benefici per il dharma: sarebbe bene, quando si può e si ha tempo, o mentre ci si riposa, prenderli e leggerli con calma.

Ora farò un'introduzione alla meditazione.

Siccome per meditare è importante calmare la mente, a tale scopo vi insegnerò come meditare sul respiro.

Ciò è solo un preliminare: la meditazione vera e propria ve la spiegherò in seguito.

Prima di tutto bisogna sistemare il cuscino in maniera tale che dietro sia un po' più alto. Il corpo deve essere rilassato, mentre la colonna vertebrale deve essere dritta, con la testa né troppo inclinata in avanti, né indietro. Il naso deve essere allineato in modo da formare una linea retta con l'ombelico. Gli occhi non devono essere completamente chiusi, bensì socchiusi, con lo sguardo rivolto verso la punta del naso. Se però gli oggetti che intravediamo ci distraggono durante la meditazione, possiamo tenere gli occhi anche completamente chiusi.

E bene appoggiare la lingua al palato, ma senza forza, affinché non esca saliva dalla bocca, cosa che potrebbe distrarci.

Anche la bocca deve essere rilassata in maniera naturale, senza forzarla né alla chiusura, né all'apertura.

Le braccia non devono essere molto alzate, bisogna lasciarle cadere in maniera naturale, facendo attenzione a porre il dorso della mano destra sul palmo della mano sinistra, con le punte dei pollici che si uniscono a formare un triangolo. Se si mettono le mani così, anche le braccia assumeranno la posizione giusta.

Riguardo alla triplice meditazione sul respiro, basta fare sette cicli di respirazione con la narice destra, sette con la sinistra e sette con ambedue le narici, in tutto ventuno cicli.

Pensiamo all'aria che entra nella nostra narice destra, seguiamo quest'aria pensando "ecco, adesso l'aria sta per entrare dentro la mia narice destra, ora è entrata, procede nel mio corpo" e così via, finché l'aria esce fuori, per sette volte.

Eseguiamo lo stesso esercizio con la narice sinistra sempre per sette volte.

Ora inaliamo ed espiriamo piano piano l'aria con tutte e due le narici ancora per sette volte e visualizziamo che ogni volta che espiriamo mandiamo via, insieme all'aria, tutte le negatività che abbiamo accumulato in tutte le nostre vite.

Ogni volta che inspiriamo, immaginiamo di inalare, insieme all'aria, sotto forma di luce bianca, le qualità della grande compassione, dell'altruismo e della bodhicitta.

Bisogna conoscere bene il modo in cui concentrarsi, altrimenti non è utile meditare solamente sul respiro.

È bene focalizzare l'attenzione sul respiro per calmare la mente, e passare poi alla meditazione e concentrazione su argomenti importanti - precedentemente studiati - come la compassione o la vacuità.

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Durante il sonno ce agitazione e distrazione mentale?

Qual'è il posto in cui esse sorgono? Quale la definizione della distrazione e dell'agitazione mentale? Che differenza c'è tra la non conoscenza e la distrazione ed agitazione mentale?

In quale modo la distrazione ed agitazione mentale sorgono dall'attaccamento? Si può dire che l'attaccamento ne sia la causa?

È bene riflettere in questo modo, questo è il vero studio, perché se la mente non analizza, non verifica e riflette, allora non ci può essere vero studio; se studiamo in questo modo potremo veramente recidere la radice delle sofferenze del samsara.

Infatti, non si può tagliare con il coltello o con una spada la radice del samsara.

Riguardo all'isolamento necessario alla meditazione, è essenziale quello mentale. Anche se non viviamo in una grotta, in una foresta o su di una montagna, possiamo benissimo meditare a casa nostra, creando le condizioni adatte: è bene però non rimandare la pratica.

In realtà possiamo meditare in qualsiasi luogo: in macchina, mentre lavoriamo, mentre camminiamo, e non dobbiamo dire "praticherò domani", perché se faremo così, un giorno, prima o poi, ci sorprenderà la morte, ed allora sarà troppo tardi per dedicarsi alla meditazione.

Passiamo ora alla vera meditazione.

Secondo voi qual e l'argomento migliore su cui meditare?

Le due meditazioni più importanti sono quelle sulla compassione e sulla vacuità.

Per quel che riguarda la meditazione sulla morte e l'impermanenza, è più che altro importante avere sempre presente la consapevolezza dell'impermanenza e del fatto che dobbiamo morire: sarà questo l'elemento che ci spronerà a ben meditare sulla compassione e sulla vacuità, come la frusta per il cavallo, e farà in modo che la nostra meditazione sulla compassione e sulla vacuità sia sempre fatta nel modo dovuto.

Un oggetto virtuoso di meditazione è la grande compassione: bisogna concentrarsi in modo univoco sul desiderio di liberare tutti gli esseri viventi dalle sofferenze.

Pensiamo "da ora in poi non farò mai più del male a nessun essere vivente, non nuocerò più, in nessun modo, ad alcun essere; danneggiare gli altri non mi sarà di beneficio ed i risultati di questa azione saranno solamente negativi. Evitando di nuocere agli altri esseri otterrò la pace e la felicità. Possano tutti gli esseri senzienti essere felici, possa io portare loro la felicità. Chiedo la benedizione dei Tre Gioielli affinché io possa ottenere questo risultato. Finché non giungerò allo stato di Buddha beneficherò instancabilmente gli esseri e farò tutto ciò che è necessario per portare loro felicità. Chiedo ai Buddha ed ai Bodhisattva di donarmi la loro benedizione affinché io possa realizzare questo mio desiderio."

Meditiamo ancora sulla compassione, pensando "io non desidero soffrire, per me è un'esperienza molto dura, e lo è anche per tutti gli altri esseri, che sono innumerevoli. Anch'essi, come me, non desiderano soffrire, anche loro sopportano con difficoltà la sofferenza."

Perciò bisogna cercare di sviluppare la compassione per tutti gli esseri e provare dolore per le loro sofferenze.

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Coltiviamo costantemente nella mente il desiderio di beneficare tutti gli esseri viventi e, per potere realizzare la bodhicitta, pensiamo a come sarebbe bello se essi fossero liberi da ogni sofferenza: "mi piacerebbe liberarli dalle sofferenze, desidero perciò ottenere lo stato, i poteri e le capacità di un Buddha al fine di poterli aiutare".

Più si medita su tale pensiero, concentrandosi fortemente su questo desiderio, più crescerà la forza della nostra mente che migliorerà sempre, progressivamente, fino ad arrivare allo stato di Buddha.

E adesso preghiamo: "possa Buddha Lama Tzong Khapa donarci le sue benedizioni affinché possiamo raggiungere le sue stesse realizzazioni, qualità e conoscenze, per poter essere utili e di beneficio a tutti gli esseri senzienti, liberandoli dalle loro sofferenze".

E come possiamo meditare sulla vacuità?

Ricordiamo che i fenomeni sono vacui, vuoti di esistenza autonoma, assoluta ed indipendente dalle proprie parti, non esistono nel modo errato in cui appaiono ai nostri occhi.

É questo che intendiamo quando parliamo di vacuità, non certo di quel tipo di vacuità che ce nel nostro stomaco quando esso è vuoto!

Se ogni volta che veniamo ad ascoltare gli insegnamenti riusciamo poi a ricordare, quando siamo a casa nostra, anche solo due o tre frasi o concetti, ma compresi bene, fino in fondo, se riusciamo e mantenerli nella nostra mente, otterremo dagli insegnamenti un risultato importante. Ma se, invece di comprendere il vero significato della vacuità, torniamo a casa solo con una mente vacua e vuota, ciò non sarà utile! Se uscendo di qui, a qualcuno che ci chiede cosa è stato detto non sappiamo cosa rispondere, allora sarà veramente un peccato.

Compresi bene i ragionamenti logici riguardanti la mancanza di esistenza indipendente del nostro io e dei fenomeni, concentriamoci in modo univoco su questo argomento, mantenendovi la mente con stabilità, senza distrazione.

Pensiamo dunque: "questo mio io, che desidera essere di beneficio agli esseri viventi, non esiste in maniera indipendente, la sua esistenza dipende dalle sue parti, cause e condizioni, esiste dunque solo in modo interdipendente".

Questa è la meditazione sulla vacuità fatta sull'io.

Quando applichiamo al nostro io la meditazione sulla vacuità, di solito abbiamo l'impressione (che sorge sempre a causa della nostra mente errata) che il nostro io sia indipendente.

Ma questo io indipendente non esiste: l'esistenza di questo io è basata su di una visione erronea.

Il grande maestro Nagarjuna disse "i fenomeni mancano di una vera esistenza proprio perché sono interdipendenti", perché dipendono, cioè, dalle proprie parti e dalle proprie cause.

Per questa loro natura dipendente ed interdipendente, i fenomeni non hanno un'esistenza a sé stante.

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Una volta compreso che tutti i fenomeni dipendono dalle loro parti, capiremo che è impossibile che essi esistano in modo indipendente, a sé stante, assoluto.

Dobbiamo meditare continuamente i ragionamenti logici sull'interdipendenza dei fenomeni: se faremo così, anche se dovessimo dire "non voglio realizzare la vacuità", la realizzazione verrà comunque nella nostra mente, anzi, le realizzazioni arriveranno in massa, faranno a gara per entrare nella nostra mente!

Perciò teniamo sempre presente nella mente questa riflessione sulla vacuità, cercando di rendercela sempre più chiara, senza distrazioni, senza perdere di vista questo oggetto di meditazione: questa è la meditazione concentrativa, di assorbimento sulla vacuità, che come risultato porterà alla realizzazione diretta della vacuità.

Mentre nella fase precedente ci si appoggiava al ragionamento logico, in questa fase, invece, appena si pensa all'argomento, sorge immediatamente e spontaneamente la realizzazione diretta della vacuità.

La fase successiva è la meditazione "vipashyana" (69)(69), della visione profonda.

Quando si ottiene la visione profonda, si realizza direttamente la vacuità, la mancanza di esistenza indipendente di qualsiasi fenomeno: ciò significa che non vi è più bisogno di essere in meditazione di assorbimento per rendersi conto direttamente della vacuità dei fenomeni. In questo caso, appena si pensa ad un qualsiasi fenomeno, alla vita passata, futura, o presente, alla legge di causa e di effetto del karma, se ne realizza immediatamente e direttamente la vacuità.

Una volta raggiunto il punto finale della meditazione concentrativa, come risultato si ottengono due tipi di felicità, che derivano dal perfezionamento corporeo e mentale.

Il perfezionamento corporeo corrisponde alla felicità ed alla beatitudine fisica, il perfezionamento mentale porta alla beatitudine mentale.

Questo perfezionamento mentale produce poteri superiori, miracolosi, tra cui la chiaroveggenza pura, perché ottenuta con la meditazione concentrativa.

Cosa significa puro ed impuro, in generale?

Impuro è ciò che può generare dei klesha.

Quando si ha una coscienza che percepisce la mancanza di esistenza indipendente ed assoluta di qualsiasi fenomeno, allora si può dire che si ha la visione pura e corretta del fenomeno.

Per potere meditare in maniera adeguata shiné, bisogna veramente meditare sulla vacuità, allora tale meditazione diventerà una meditazione pura.

Quattro pratiche positive ci permettono di sviluppare la capacità di meditare e di realizzare la vacuità e la bodhicitta.

(69)(69) "Lam.thong" è il termine tibetano ("vipashyana" quello sanscrito) della mente chiara e penetrante della visione profonda, o saggezza, che si acquisisce con la meditazione concentrativa

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Queste pratiche vanno applicate immediatamente, dobbiamo avere fretta, non rimandare a domani, perché l'abitudine di procrastinare è una grave forma di pigrizia ed è il modo migliore per esaurire la vita senza avere praticato e dunque senza ottenere risultati utili.

1. La prima azione consiste nell'accumulare meriti: non v'è metodo migliore della meditazione sulla compassione

2. La seconda azione consiste nel purificare le negatività, ed il modo per farlo, come ripeto sempre, è decidere di non nuocere a nessun essere vivente.

Perciò questo proponimento, rinnegando le azioni negative passate ed impegnandosi a non commetterle più in futuro, riesce a purificare le impronte karmiche negative di azioni commesse in passato.

3. La terza azione consiste nel sollecitare le azioni illuminanti dei protettori del dharma (70)(70). Il modo migliore per farlo è sempre quello di meditare sulla compassione, poiché si può dire che i protettori del dharma sono i signori della compassione, ne sono la manifestazione stessa, e se la coltiviamo e meditiamo loro ci staranno vicini e ci doneranno la loro azione illuminante.

4. La quarta azione consiste nell'eliminare le negatività ed anche l'azione degli spiriti negativi e gli ostacoli da essi creati. Chi sa come offrire le torme e conosce queste pratiche particolari può farle, altrimenti anche qui il metodo migliore è meditare la compassione, pensare che anche questi spiriti negativi sono esseri senzienti che si trovano in uno stato di rinascita doloroso. Perciò si deve generare compassione verso di loro e volontà di non danneggiarli. Essi avvertiranno il nostro pensiero di compassione e questo per noi sarà la migliore protezione contro qualsiasi danno.

(70)(70) I protettori del dharma, in sanscrito "Dharmapala", sono esseri illuminati (Buddha) o anche divinità mondane che, legate da giuramento, proteggono il dharma e coloro che lo praticano; uno di essi è Palden Lhamo

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Il Tantra

Tantra è un termine sanscrito che significa filo, inteso come continuità di trasmissione di insegnamento orale, da maestro a discepolo attraverso iniziazioni, è il veicolo esoterico del Mahayana che conduce molto velocemente all'illuminazione. Durante una vita umana pienamente qualificata abbiamo la possibilità di praticare sia il kie.rim (71)(71) che lo dzog.rim (72)(72), cioè lo stadio di generazione e quello di completamento del tantra.

Se studiamo e pratichiamo il tantra (73)(73), possiamo diventare in questa stessa vita dei Buddha: una tale possibilità e potenzialità è reale. Questo potere del tantra di trasformare velocemente gli esseri deriva dalla grande compassione e dalla comprensione della vacuità, se mancano questi due elementi, non solo gli insegnamenti tantrici dello stadio di completamento non potranno essere messi in pratica, ma neanche lo stadio di generazione tantrico potrà essere praticato nel modo dovuto.

Lo stesso vale per la pratica che chiamiamo chöd (74)(74): se non vi sono realizzazioni di vacuità e di bodhicitta anche questa pratica non verrà bene né darà buoni risultati.

"Chöd" significa tagliare, ed è il nostro io che viene tagliato, il pensare troppo ad esso, l'aggrapparci all'io come se esistesse in maniera indipendente e concreta. Se ci si limita solo alle pratiche esterne del "chöd", per esempio soffiare nello strumento di osso che si usa durante la pratica, non credo che ciò basterà affinché la pratica abbia successo. Se bastasse soffiare in uno strumento per ottenere lo stato di Buddha, allora tutte le persone potrebbero farlo ed ottenere così l'illuminazione.

Nei tantra, la bodhicitta e la grande compassione sono chiamate "padre", essendo come nostro padre, invece, la saggezza che realizza la vacuità è chiamata 'madre'.

Quando nel nostro continuum mentale si è generata la saggezza che comprende la vacuità , cioè quando siamo riusciti a creare un legame con tale saggezza, questo legame è chiamato "figlio".

Il fatto di non nuocere, in nessun modo, ad alcun essere vivente, rappresenta la pratica "padre".

Sei elementi sono indispensabili per potere ottenere le realizzazioni tantriche: i quattro elementi di base (fuoco, terra, aria e acqua), più due fattori indispensabili, ossia i canali psicofisici interni, e le gocce essenziali. Sono questi sei elementi che ci permettono di praticare i tantra e di avere risultati e realizzazioni. Non solo, ma questi sei fattori si

(71)(71) "Kie.rim", in tibetano, è lo stadio di generazione tantrico, stadio iniziale del supremo yoga tantra in cui si visualizza sé stessi come divinità e si sviluppa l'orgoglio divino(72)(72) In tibetano "dzog.rim" indica lo stadio di completamento tantrico, successivo allo stadio di generazione, livello finale dello yoga del tantra supremo (anuttarayogatantra), in cui il praticante riesce a convogliare i venti sottili nel canale centrale per potere realizzare la natura di chiara luce della mente. Lo "dzog.chen" è un altro nome per indicare lo stadio di completamento del tantra, la cui traduzione letterale è "grande realizzazione" o "grande completamento"(73)(73) Il tantra è suddiviso in quattro classi: 1. krya (tantra dell'azione), 2. charya (tantra del compimento), 3. yoga (tantra dello yoga), 4. anuttarayoga (tantra dello yoga supremo). L'Anuttarayogatantra si basa sulla pratica dell'unione di metodo e saggezza, simboleggiata dalle divinità maschile e femminile in unione (yab-yum). I tantra costituiscono gli insegnamenti esoterici impartiti dal Buddha a particolari gruppi di discepoli(74)(74) Indirizzo buddhista tibetano; il maestro indiano Phadampa Sanghie lo fondò nel XII sec. d.C. unendo alle rivelazioni buddhiste alcuni riti sciamanici che venivano celebrati per lo più nei cimiteri, in modo che i demoni potessero divorare la parte caduca e falsa della coscienza di un individuo

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trasformano in seguito - grazie alla pratica del dharma - nelle componenti del corpo-mente del Buddha che diventeremo in futuro.

Per avere una pratica tantrica di grande potenza, che dia risultati rapidi, bisogna prendere rifugio, generare la bodhicitta e comprendere la vacuità. Bisogna dunque riunire questi tre elementi nella propria mente perché, senza tale base di partenza, è come se mancasse il posto su cui poggiare le basi della pratica tantrica, e non si potranno avere buoni risultati.

É sempre bene tenere nascoste le nostre pratiche ed azioni positive, tranne in quei casi in cui svelarle sia utile agli esseri. Non bisogna fare pubblicità a sé stessi ed alle proprie azioni virtuose perché, così facendo, il pensiero nascosto di impressionare per essere ben considerati o di diventare famosi quali persone spirituali e positive, inquinerà tutte le cose buone che si fanno rendendole impure.

Questo precetto vale ancora di più per le pratiche tantriche, infatti è molto negativo che si dica "io ho avuto questa iniziazione" oppure "pratico questo tipo di tantra", perché la speranza di essere ben considerati porta alla degenerazione della pratica tantrica e del suo potere, è quindi molto importante tenere occulte le proprie pratiche

Anche dal punto di vista mondano, se una persona molto ricca si vanta dei propri soldi e possedimenti, secondo voi viene considerata bene?

Un famosissimo maestro della tradizione dei Kadampa (75)(75), chiamato Ghescé Potoa, era molto conosciuto ed aveva migliaia di discepoli che lo rispettavano molto, ma nessuno l'aveva mai visto impegnato in pratiche tantriche: le migliaia di discepoli che gli stavano attorno e di continuo lo osservavano, non avevano mai sospettato che egli praticasse il tantra.

Dopo la sua morte, però, nella sua stanza trovarono una piccola campana, che teneva sempre nascosta, perché faceva parte degli oggetti rituali che i voti tantrici raccomandano di tenere segreti. Quindi quel maestro era eccezionalmente fedele ai suoi impegni e voti e praticava i tantra veramente in segreto.

E così che bisogna praticare il tantra.

Quando si decide di chiedere un'iniziazione e di cominciare una pratica tantrica, la cosa principale è esaminare bene sé stessi e le proprie capacità: si sarà capaci di seguire tale pratica, è adatta a noi, si potrà portare a buon fine ed applicare ciò che ci verrà trasmesso?

É importante non chiedere un'iniziazione, o cominciare una pratica, solo per imitare qualcun altro.

Se una persona pratica sinceramente la bodhicitta, avendone una sincera comprensione e realizzazione, anche se va a causa sua, chiude la porta, si sdraia sul letto, chiude gli occhi e riflette semplicemente su di essa, questa è un'ottima e grande pratica.

Lo dico anche in considerazione della storia della vita del grande maestro Shantideva (76)(76): quando era un monaco studente nella famosa università monastica di Nalanda, tutti lo disprezzavano e lo prendevano in giro, chiamandolo "quello dei tre tempi", perché vedevano che non studiava mai, e non faceva altro che mangiare, dormire ed andare al bagno!

(75)(75) Scuola fondata intorno alla metà del secolo XI dal grande maestro indiano Atisha Dipamkara Srijnana e, riorganizzata nel XV sec. da Lama Tzong Khapa, prese il nome "Ghelupa". Si tratta della più rigorosa fra le scuole buddhiste dal punto di vista della dottrina e della disciplina(76)(76) Ha scritto il "Bodhisattvacharyavatara", "L'ingresso sul modo di vita del Bodhisattva"

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Ma appena Shantideva cominciò ad insegnare, si levò miracolosamente in alto e, sospeso nello spazio, dette profondi insegnamenti, benefici per tutti gli esseri che lo ascoltarono.

Così tutti si resero conto che egli aveva delle realizzazioni altissime, e, mentre credevano che stesse solo mangiando e dormendo, Shantideva non faceva altro che meditare sulla bodhicitta.

Questo è un esempio del fatto che chi veramente medita, può farlo anche mangiando e dormendo.

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La morte

Il ricordo della morte è una pratica di dharma estremamente importante. Come si dice che per avere un buon raccolto la cosa migliore è arare la terra in autunno, così si dice che di tutte le meditazioni la migliore è quella sulla morte e sull'impermanenza. Il pensiero che la nostra vita è impermanente ci toglierà ogni attaccamento.

Se riusciamo a ricordare ed a meditare che un determinato giorno, anche se non sappiamo con esattezza quale, saremo costretti a morire, avremo veramente ottimi risultati.

Pensando a cosa potrà esserci utile in futuro, consideriamo che il continuum della nostra mente ci segue e viene con noi, perciò se vi depositiamo pensieri ed azioni positive, mantenendo un buon cuore, dopo la nostra morte, questo continuum mentale ci procurerà una buona rinascita, di felicità.

Tranne questo nulla potrà esserci utile al momento della morte.

Il ricordo della morte è molto importante anche per arrivare ai conseguimenti più alti del sentiero tantrico, per esempio, quello di radunare tutti i venti psichici interni nel canale centrale. Normalmente, infatti, non riusciamo a canalizzare nel nostro canale centrale tali arie interne e la nostra mente che le cavalca. Ed è questo che si tenta di fare con gli insegnamenti del tantra.

Infatti, se non si ricorda la morte e la possibilità di avere future rinascite di sofferenza, in genere non si pensa durante la vita a preparare le cause per ottenere vite future positive e felici; magari si passa il tempo solo ad accumulare beni che al momento della morte si dovranno lasciare.

Non ricordando la morte, non abbiamo lo stimolo a coltivare l'altruismo e la realizzazione della vacuità, che costituiscono le cause dirette non solo delle alte realizzazioni tantriche. ma anche dell'ottenimento dell'illuminazione perfetta.

E così abbiamo una rinascita negativa dopo l'altra, senza la possibilità di coltivare le cause che portano all'ottenimento dello stato di Buddha.

Sprechiamo la nostra vita preziosa in distrazioni mentali, senza coltivare ciò che è veramente necessario per ottenere altre vite umane, o divine, che ci permettano di avanzare nella pratica e di migliorare anche la nostra esistenza.

Ricordare la morte porta molti benefici: dalla nostra pratica di dharma ci deriveranno veri grandi vantaggi al momento della morte.

Grazie al ricordo della morte e dell'impermanenza riusciamo a bloccare i vari tipi di pigrizia:

1. la pigrizia nel compiere azioni e pratiche positive, provando piacere solo in azioni negative ed insignificanti (perdita di tempo con televisione, cinema, discorsi superflui, ecc.)

2. la pigrizia dello scoraggiamento, che consiste nel pensare "tutte queste pratiche difficili possono essere compiute dai Buddha e dai Bodhisattva, ma io non riuscirò mai a fare cose così difficili"

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3. la pigrizia della procrastinazione, che ci fa pensare istintivamente "oggi non morirò, domani non morirò, ho ancora tempo", senza che ve ne sia veramente certezza. Nessuno può mettere la firma su un documento che garantisce che non morirà oggi. Questa mentalità ci porta a rimandare anche la nostra pratica, pensando, malgrado l'incertezza riguardo al momento della morte, che praticheremo domani, dopo domani, e così via.

Quando si riesce ad eliminare la pigrizia si genera lo sforzo entusiastico e gioioso; come disse il grande maestro Chandrakirti, tutte le qualità, i conseguimenti e le conoscenze seguono la realizzazione di tale sforzo gioioso.

Quindi una volta che, grazie al ricordo della morte, riusciamo a realizzare tale sforzo, potremo automaticamente generare tutte le conoscenze, le realizzazioni e le qualità.

Adesso meditiamo per generare in noi lo sforzo gioioso: pensiamo "io prendo su di me il dovere di portare tutti gli esseri viventi, senza alcuna discriminazione fra amici e nemici, alla felicità".

Pensiamo poi che tutti questi esseri che vogliamo beneficare non esistono in modo indipendente, essendo anch'essi un nome attribuito ai loro aggregati e parti, e non esistendo in maniera reale, assoluta ed oggettiva.

Dopo una vita estremamente positiva può maturare un seme karmico negativo precedentemente depositato nel continuum mentale?

Ci sono vari fattori che determinano quale karma matura per primo. Uno di questi fattori è quello cronologico: ciò che viene compiuto prima matura anche prima.

Questo è uno dei motivi per i quali è così importante purificare le azioni negative del passato, attraverso le pratiche di purificazione; ed è anche per questo che è così importante sviluppare il pentimento ed il dispiacere per le azioni negative compiute in passato.

Il pentimento agisce perché fa si che il piacere di compiere azioni negative diminuisca, in quanto accorgersi della negatività di certe azioni aumenta la determinazione a non commetterne più in futuro, rappresenta dunque un aiuto nella purificazione delle negatività.

Le negatività nel nostro continuum mentale sono una energia, una forza, una potenzialità che possiamo influenzare tramite i nostri pensieri. Perciò, sviluppare profondo dispiacere e pentimento per tali azioni, pensare e meditare che avranno un risultato molto negativo, di sofferenza, contribuirà molto a purificarle, eliminando e distruggendo la maggior parte della loro forza.

Se in una stessa vita si sono accumulate sia negatività che positività, e tali azioni hanno la stessa forza, quali di queste azioni matureranno per prime al momento della morte, e quali determineranno la nostra rinascita?

E molto importante il contenuto positivo o negativo della nostra mente proprio nell'ultimo momento del nostro trapasso, quando cessa il respiro: infatti il continuum mentale, che serve di base alla mente sottile, non smette mai di esistere e, insieme ad un'aria molto sottile, continua nella vita futura.

Perciò è molto importante acquisire in vita certi modi di pensare: se si è abituati a pensieri positivi e virtuosi, ciò determinerà, al momento della morte, come maturazione karmica, una rinascita positiva di felicità.

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Se invece hanno dominato rabbia, attaccamento ed altre forme negative, la maturazione karmica di questi pensieri, al momento della nostra morte, porterà una rinascita negativa, di sofferenza.

Per questa ragione Lama Tzong Khapa disse che al momento della nostra morte solo il dharma potrà esserci di beneficio: i pensieri buoni, virtuosi e positivi coltivati nella nostra vita, determineranno sempre una rinascita positiva e di felicità.

Parliamo ora di un insegnamento dato dal Buddha ad un re di nome Kanika in una lettera: se scriviamo una lettera ad un nostro amico è in questo modo che dobbiamo farlo!

Nella lettera Buddha diceva al re: "il tuo corpo umano di questa vita è il risultato del karma positivo che hai accumulato nelle vite passate. Al momento della tua morte dovrai lasciare dietro di te tutto, incluso questo tuo corpo". In passato è mai successo che un re, morendo, abbia portato con sé la sua reggia, sua moglie, suo figlio, o i suoi cavalli?

La lettera continua: "visto che tutto questo dovrà essere lasciato indietro, cosa potrai portare con te? Porterai il nuovo karma che hai accumulato, perciò è così importante accumulare cause positive."

Queste bisogna accumularle già da adesso. "Perché se non si fa così arriverà il signore della morte e ti porterà via."

Questo signore della morte non è altro che l'esaurirsi della durata della vita che, secondo dopo secondo, diventa sempre più breve.

"Infatti questo signore della morte verrà un giorno ad invitarti, a portarti via. In quel momento null'altro ti sarà utile eccetto le energie della virtù e delle positività che hai accumulato. L'unica cosa che ti accompagnerà saranno le impronte di positività e negatività che hai compiuto in passato. Tutte le persone che ti accompagneranno per l'ultimo viaggio, poi torneranno indietro". Ossia, tutti i numerosi amici ed il popolo potranno seguire il re solo fino ad un certo punto, poi dovranno tornare indietro. Gli unici che lo seguiranno saranno l'energia e la potenzialità delle sue azioni negative e positive, delle virtù e delle negatività.

Ed il territorio in cui passerà quel re al momento della morte sarà come un deserto, una terra in cui non vi è nulla, né cibo, né animali, né vegetazione, ed il re sarà come una persona sconfitta da un nemico che la porta via.

Al momento della morte anche noi saremo condotti come prigionieri in questo deserto, non solo impossibilitati a portare qualcosa con noi, ma anche senza nessuno che ci accompagni. Quando siamo nati siamo venuti soli, allo stesso modo, quando partiremo da questa vita, saremo soli, senza parenti, senza amici e senza il maestro spirituale.

L'unica cosa che in queste circostanze ognuno di noi potrà portare con sé saranno le impronte, l'energia delle azioni negative e positive accumulate.

Ciò che ci accompagnerà dopo la morte non è la mente attuale, bensì è il continuum della nostra mente: l'energia e la virtù delle azioni positive accumulate ci aiuteranno, invece le impronte delle azioni negative ci nuoceranno, accrescendo le nostre sofferenze.

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É per questo che si dice "dovete sapere e conoscere questi principi, una volta che sapete questi fatti fate di tutto per moltiplicare ed accrescere le azioni positive, perché saranno solo queste che vi saranno di beneficio".

Il ricordo della morte è una pratica estremamente efficace ed importante, anche perché non sappiamo quando arriverà l'ora, non sappiamo quanto tempo abbiamo ancora per praticare: la nostra vita è breve ed è difficile arrivare a superare i cento anni.

Dobbiamo pensare costantemente al momento della morte, facendo attenzione al modo di pensare e di vivere, abituandoci a coltivare solo azioni e pensieri positivi.

Un grande maestro, dal nome sanscrito di Mirtizata, dall'India andò in Tibet e si stabilì nel paese da cui proviene mia madre(77)(77).

Il maestro, che non conosceva il tibetano, si mise a fare il pastore, e grazie a questa attività ed alle sue qualità raggiunse altissime realizzazioni. Mentre stava con le pecore, meditava così: "ecco, bisogna fare come le pecore che non lasciano sorgere la rabbia dentro di sé, non sviluppano invidia, né odio, né gelosia, né altro". Con queste meditazioni ottenne grosse realizzazioni e conoscenze.

Potreste fare anche voi la stessa cosa, magari andando in Tibet ad allevare pecore!

Effettivamente, quando si fa il pastore si creano le condizioni ideali per lo sviluppo della meditazione e della spiritualità, mentre in società, a contatto con le persone, è molto facile sviluppare orgoglio: quasi sempre in una conversazione generiamo orgoglio. Invece, con le pecore, che non parlano, l'orgoglio non si sviluppa, ed in più, non essendo distratti dalle chiacchiere, dalle conversazioni, o dal lavoro eccessivo, si può benissimo passare la vita meditando.

La meditazione diventa più difficile da praticare se bisogna curare cani e gatti, che creano maggiori problemi in quanto hanno bisogno di più cure. Tuttavia stare insieme agli animali può essere molto importante ed utile per sviluppare la compassione.

In conclusione, il ricordo dell'impermanenza e della morte è ciò che determinerà se nella nostra mente arriverà e si realizzerà il dharma, essendo questa meditazione la porta maestra per il passaggio del dharma nel nostro continuum mentale.

Un buon esempio di impermanenza e di fugacità della vita lo offre la città di Roma, dove si ammirano le rovine di grandi palazzi, anticamente molto lussuosi, ma che, con il passare inesorabile del tempo, sono ormai dirupi.

Dobbiamo anche conoscere e tenere sempre presente la legge di causa ed effetto, rammentando che al momento della morte solo le cause positive ci saranno utili.

Perciò ricordiamoci di non danneggiare mai nessuno, perché, dalla piccola formica ad ogni essere, tutti vogliono evitare la sofferenza, sia presente che futura.

Qualcuno chiede cosa pensare di questo periodo, la Pasqua, in cui vengono uccisi tanti agnelli.

Uccidere tutti questi agnelli non ha significato, non è un'usanza positiva per l'uomo ed invito ognuno di voi ad evitare di comprare e mangiare carne di agnello, che potete sostituire

(77)(77) Da allora tale paese si chiamò il paese di Mirti

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con tanti cibi buoni e saporiti; se ognuno fa così, in futuro, mancando gli acquirenti, piano piano scomparirà questa crudele abitudine.

Cominciate intanto voi stessi, decidete ad esempio di non partecipare a questi pasti collettivi in cui si mangiano abbacchi: ciò può essere utile per dare un esempio e sensibilizzare gli altri. Cercate comunque di farlo senza arrabbiarvi e senza creare disaccordi in famiglia o con gli amici; se non riuscite a far loro cambiare idea potete dire, per esempio, che non avete tempo o che dovete studiare tanto in questo periodo.

Noi uomini, a differenza degli animali, che hanno preso una rinascita negativa e non sanno come accumulare le cause per la loro felicità, conosciamo il sentiero giusto e dobbiamo fare di tutto per seguirlo fino in fondo.

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Il Bardo

Dopo la morte cosa succederà?

Prima di tutto sperimenteremo ciò che chiamiamo il "bardo": lo stato intermedio fra la morte ed una nuova rinascita.

Come una bilancia, i cui due piatti all'inizio sono allo stesso livello, allo stesso modo il momento in cui la coscienza lascia il corpo è simultaneo all'ingresso nello stato intermedio: la nascita o passaggio nel bardo, è dunque simultanea al momento della morte.

Il corpo sottile che si prenderà all'ingresso nel bardo sarà identico, come misura e forma, al corpo fisico della rinascita futura, dipendendo dal karma che l'essere ha accumulato in precedenza: come la futura rinascita, rifletterà esattamente la maturazione del karma delle vite passate.

Trattandosi di un corpo sottile, gli esseri di solito non riescono a percepire il corpo fisico degli esseri nel bardo, tranne alcuni esseri eccezionali dotati di chiaroveggenza. Gli esseri nel bardo invece si vedono tra loro, e si dice che si alimentino di odori, hanno il potere di muoversi nello spazio ed attraversano gli oggetti solidi, senza che nulla di fisico possa ostacolarli.

Si dice in genere che la durata della permanenza nel bardo può arrivare a quarantanove giorni.

Avete timore della rinascita nel bardo?

Può essere che oggi come oggi abbiamo paura di vedere o incontrare persone rinate nel bardo; in futuro, invece, quando noi stessi rinasceremo nello stadio intermedio, può essere che saremo noi a spaventare gli altri!

Può essere che in futuro avremo paura se, per esempio, dovremo rinascere come animale: in quel caso nel bardo prenderemmo un corpo sottile della forma dell'animale.

Quindi è già da ora che dobbiamo fare attenzione al modo di vivere e di praticare.

C'è pericolo, per esempio, che in futuro rinasceremo come qualcosa con una coda molto lunga!

Comunque, se adesso ci impegniamo a studiare e praticare potremo avere un'ottima rinascita, magari come esseri umani o deva: dipende da noi.

Se per esempio studiamo e meditiamo bene ciò che riguarda la realizzazione della vacuità, potremo ottenere la liberazione, senza più rinascere in nessuno degli stati di sofferenza del samsara.

Se oltre alla vacuità meditiamo e realizziamo la compassione e l'amore verso tutti gli esseri, con la ferma determinazione di non nuocere mai a nessun essere vivente, allora otterremo l'illuminazione perfetta con tutte le qualità di un Buddha, e questo è possibile per ognuno di noi.

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Per il futuro vi sono solo due strade da percorrere: quella negativa, che va in giù, verso le rinascite come animali, preta ed esseri degli inferni, e la strada che va in su, verso l'ottenimento dell'illuminazione perfetta.

Quale strada percorrerete, quale sceglierete? La scelta è nelle nostre mani.

Prendere rinascita significa che la mente entra nel corpo base fornitoci dall'ovulo materno e dal seme paterno.

Cosa avviene con la morte? La separazione della mente dal corpo; infatti la mente lascia il corpo, ma non muore, vi è un continuum di mente che entra in un corpo e poi lo abbandona: questo è il significato di nascita e di morte.

Il corpo è come un albergo per la nostra mente, e quando questa, con il suo bagaglio, vi entra vuol dire che siamo nati. La mente, quando si muore, abbandona tutti gli elementi corporei, incluse le gocce essenziali (78)(78): l'unica cosa che prosegue insieme alla mente è il nostro continuum mentale con le impronte delle nostre azioni negative e positive.

Dove andremo, cosa faremo, cosa ci aspetterà dopo la nostra morte?

Dopo la morte ci si prospettano solo due strade (79)(79): o rinascite superiori di felicità (come essere umano, o deva samsarico), o rinascite inferiori di sofferenza (come animali, o come spiriti sofferenti ed affamati, o come esseri negli inferni).

Non vi sono altre possibilità se non rinascere in qualcuno di questi modi, perché non abbiamo la possibilità di rimanere per sempre in questa vita e, come disse Lama Tzong Khapa, dopo la nostra morte non esiste il cessare di esistere, cioè lo sparire nel nulla: dobbiamo per forza rinascere in qualche posto.

Perché si è obbligati, dopo la morte, a prendere uno di questi due tipi di rinascita? Perché in precedenza sono state accumulate le cause corrispondenti.

La causa radice della nostra necessità di prendere rinascita è l'ignoranza che non realizza il vero modo di esistere dei fenomeni, il fatto che i fenomeni esistono solamente in dipendenza dalle proprie parti e che non hanno un'esistenza propria, assoluta, indipendente.

Per il fatto di non conoscere il principio della legge del karma, di causa ed effetto, siamo soggetti alla necessità di rinascere sempre e ripetutamente.

La nostra rinascita futura non sarà determinata dalle nostre preferenze, dal nostro pensiero o volontà, o dal desiderio di rinascere in un certo posto ed in un certo modo, ma solo dalle cause positive o negative accumulate: quelle positive ci procureranno una rinascita positiva e viceversa il contrario.

Se non fosse necessario accumulare certe cause, ma si potesse rinascere a volontà dove si desidera, allora tutti gli esseri viventi sarebbero rinati nei reami superiori di felicità.

È per il fatto di non avere tutte le cause complete e necessarie per rinascere in un reame superiore di felicità che a quest'ora non vi si trovano tutti gli esseri viventi.

(78)(78) Le due gocce ricevute dai genitori al concepimento, vedi più avanti nel capitolo(79)(79) Quando si menzionano le due strade si parla di ciò che riguarda la via del praticante minore (ossia di capacità o traguardo minore), per questo non si menzionano qui le possibilità del nirvana e dell’illuminazione perfetta

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Infatti nessun essere vivente desidera rinascere in un reame inferiore di sofferenza e vi è costretto non perché i Buddha lo costringano con la forza a rinascervi, ma poiché ha accumulato tutte le cause per avere una rinascita inferiore di sofferenza.

I Buddha non possono tirarci fuori con una mano da una rinascita negativa, né togliere le sofferenze o il karma negativo che abbiamo accumulato: il loro modo di aiutarci e di proteggerci è di donarci e trasmetterci la spiegazione di verità che possiamo comprendere e che, mettendo in pratica, saranno il nostro vero rifugio.

Le difficoltà che potremo avere nel bardo deriveranno da cause che noi accumuliamo adesso, come pure l'aiuto che potremo avere, tramite le nostre meditazioni e preghiere, sarà il risultato degli studi che facciamo adesso. Per esempio, se la nostra rinascita futura dovesse essere umana, le cause di azioni positive e virtuose per ottenerla le accumuliamo adesso, in questa vita; e sono le stesse cause che ci proteggeranno durante la permanenza nel bardo. Perciò nel bardo avremo il corpo sottile di un essere umano che sta per nascere.

Qual e la causa principale per potere avere una rinascita umana nella vita futura? È il mantenimento di una buona moralità: non uccidere, non togliere la vita a nessun essere umano, non rubare, non mentire, non seminare discordia tra gli esseri, non coltivare l'invidia, né la rabbia.

Qualcuno domanda se sia stato sperimentato il bardo tramite meditazione.

La descrizione del bardo ci è stata data principalmente da Buddha Shakyamuni tramite la sua chiaroveggenza e la sua onniscienza, insieme a tutte le altre cose che ha visto e compreso(80)(80).

Come comportarsi al momento della morte?

Prima di tutto si dovrebbe essere capaci di riconoscere ed osservare il modo di assorbimento degli elementi che compongono il corpo.

È importante familiarizzarsi ora, in vita, con le visioni che si manifesteranno alla coscienza durante il processo della morte, perché in quel momento la mente non sarà lucida, ma confusa e spaventata, ci potranno essere anche dolori fisici, e dunque non sarà in condizione di meditare se non si è allenata in precedenza. Ma se in vita si è abituata a meditare continuamente che tutti i fenomeni, e così anche la morte, sono solo illusioni prive di esistenza a sé stante, tale meditazione, fatta durante il processo di dissoluzione degli elementi, diventerà un mezzo potente per realizzare la vacuità ed ottenere la liberazione dal samsara.

1. Per primo si dissolve l'elemento terra nell'elemento acqua e causa nel morente una sensazione di pesantezza, come di sprofondare: nella mente sorge una visione simile ad un miraggio azzurro-argenteo.

Alleniamoci in maniera che, appena sorge questa visione, ci si ricordi subito della gentilezza dei nostri maestri spirituali e si mediti sulla compassione e sulla bodhicitta, come essi ci hanno insegnato.

2. Quando l'elemento acqua si assorbe nell'elemento fuoco, si ha una visione di fumo che si alza. In questo momento possiamo sentirci annegare o travolgere da acque impetuose.

(80)(80) Tutti i suoi insegnamenti sono contenuti in cento grandi volumi

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Utilizziamola come un richiamo a meditare sulla compassione che vuole beneficare gli altri esseri, pensando sempre che questa visione è solo un'illusione, priva (come tutti i fenomeni) di esistenza a sé stante.

3. Mentre l'elemento fuoco si assorbe nell'elemento aria, abbiamo la visione di punti di luce simili a scintille o lucciole nell'oscurità.

Continuiamo a riflettere che queste visioni sono solo apparenze, le abbiamo studiate in precedenza e perciò le riconosciamo, sorgono da certe cause, hanno delle parti e quindi non sono indipendenti, non hanno un'esistenza assoluta ed a sé stante.

4. Quando l'elemento aria si dissolve, il respiro diventa più affannoso, il morente si sente come una foglia in balia del vento e contemporaneamente ha la visione di un lume che sta per spegnersi, come una luce di candela o di lampada al burro.

In questo momento, anche se il respiro è cessato, la morte è solo apparente, perché l'essere conserva ancora la coscienza mentale più sottile, mentre gli elementi, con le relative coscienze sensoriali più grossolane, si sono dissolti.

Anche in questa fase bisogna meditare sulla compassione.

L'assorbimento del livello più sottile di coscienza avviene con la riunione, nel canale centrale vicino al cuore, delle due gocce essenziali ricevute al concepimento dai genitori: la goccia bianca paterna situata sulla sommità del capo, e la goccia rossa materna situata all'altezza dell'ombelico.

Lo spostamento della goccia bianca provoca una visione di spazio bianco, come un cielo libero da nuvole; lo spostamento della goccia rossa causa la stessa visione di spazio, ma di colore rosso-arancione.

Le due gocce riunite formano una sfera che contiene la coscienza sottile fondamentale ed il suo relativo vento psichico.

A questo punto ci si sente svenire e subentra una totale oscurità, finché si cade nell'incoscienza: è il momento della morte vera e propria, corrispondente all'ingresso effettivo nello stato intermedio, o bardo.

Dopo circa tre giorni la mente si sveglia in uno spazio vuoto e luminoso, e sperimenta la chiara luce, che è la sua vera natura.

Al momento dell'insorgere di questa visione bianca è molto importante ed utile avere precedentemente meditato e studiato bene la vacuità sulla base del ragionamento logico: perché il pensare in quel momento che questa apparenza bianca sorge in dipendenza di altri fattori, che come gli altri fenomeni anche tale visione è solo un nome attribuito alle proprie basi, si trasformerà per noi in un'ottima occasione per la realizzazione della vacuità e dunque del nirvana.

Meditando in tale modo, abbinando la meditazione della vacuità a quella della bodhicitta ed al ricordo del maestro, molte persone, proprio durante questo stadio intermedio che è il bardo, riescono a realizzare la vacuità: in quel momento ottengono la liberazione, il nirvana, perché nel momento stesso in cui si realizza la vacuità si ottiene il nirvana.

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Dobbiamo preparare adesso le giuste meditazioni del bardo perché, se sapremo meditare bene sulla vacuità, sulla bodhicitta e sulla gentilezza del maestro, gli aiuti ci arriveranno: i Bodhisattva, i Buddha ed i maestri ci aiuteranno, e potremo salvarci.

Una volta ottenuta la liberazione, non c'è più pericolo di future rinascite cattive, di sofferenza, non si rinascerà più nel samsara!

Qualcuno chiede cosa succede in caso di morte violenta.

Una morte violenta può creare delle difficoltà, non è positiva, perché quando si muore violentemente tutto questo processo avviene in pochi istanti, molto velocemente, quindi non è facile riconoscere ed utilizzare tutti i segni; inoltre, è molto pericoloso morire con un pensiero di odio o di rabbia, perché si dice che quando la mente è pervasa da questo tipo di sentimenti o pensieri, si rinasce subito negli inferni.

Qualcuno osserva che si può morire in assenza di lucidità, a causa dei farmaci o, ad esempio, di una malattia; oppure, se si muore in famiglia, sorge l'attaccamento ad essa.

Per prevenire queste eventualità adesso che non abbiamo malattie e che la nostra mente è chiara, è bene studiare, praticare, e meditare sempre, per familiarizzarci il più possibile con gli stati mentali positivi: così, quando arriverà il momento della morte, essi sorgeranno naturalmente.

Per esempio, pensiamo di trovarci su un muro alto: dobbiamo fare attenzione a non cadere dal muro, una volta caduti sarebbe troppo tardi e nessuno potrebbe aiutarci. A quel punto potremmo solo lamentarci!

Qualcuno chiede cosa succede quando si muore nel sonno.

In realtà non esiste una morte durante il sonno. A noi sembra che le persone muoiano durante il sonno, dormendo, ma in realtà la persona, quando muore, si sveglia e sperimenta l'assorbimento degli elementi.

Uno studente chiede cosa succede quando, alla morte, subentra uno stato di coma o pre-coma.

E probabile che chi è in coma sperimenti lo stesso l'assorbimento degli elementi e le visioni.

Nuovamente mi meraviglio di tali domande, perché riguardano sempre e solo gli esseri umani: come mai non domandate riguardo a tutti gli altri tipi di esseri non umani? Non avete compassione per gli altri esseri?

Molte persone fanno ripetutamente domande riguardo al bardo, lo stato intermedio, e riguardo ai momenti che precedono la morte.

In verità tutto ciò che abbiamo detto adesso serve proprio per allontanare ed eliminare le sofferenze che potremmo avere al momento della morte, durante il bardo e nelle prossime rinascite.

Mi stupisco del fatto che tutte queste persone si preoccupino del bardo, dei problemi al momento della morte, mentre nessuno si preoccupa di come salvarsi dai problemi delle vite future!

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Nessuno si domanda quali sofferenze potrebbe avere nelle vite future e come evitare tali sofferenze: questo - dal punto di vista logico - sembra alquanto strano.

Perché la durata della sofferenza al momento della morte, tutto sommato, è limitata, può durare mezz'ora, un giorno, due giorni, al massimo. Anche le sofferenze del bardo possono durare al massimo quarantanove giorni, alcune persone si liberano dal bardo già alla fine della prima settimana, però non vi si rimane più di sette settimane.

Al contrario, in certi mondi anche una sola vita futura può durare centinaia di migliaia di anni, e se la nostra vita futura dovesse essere di sofferenza, allora cosa faremmo?

Per quale motivo, allora, nessuno si preoccupa delle sofferenze delle vite future, mentre tutti si preoccupano delle sofferenze dello stato intermedio?

Chi dice "ho paura" ed invece di fare qualcosa dorme fino alle nove o dieci del mattino, in quel momento che potrà fare? Allora è giusto avere paura! Perché, per quel che riguarda questa paura, l'essenziale è cercare di eliminare le cause che possono giustificare tale paura, ossia eliminare le cause delle future sofferenze, ed i modi migliori per farlo sono la meditazione sulla compassione, la pratica e la meditazione della pazienza.

Quando riusciremo ad amare gli altri più di noi stessi, a considerarli più importanti di noi stessi, questa realizzazione sarà la vera iniziazione, la più grande che ci sia.

L'ira e la rabbia sono pericolosissime, nel momento in cui vediamo sorgere in noi la rabbia e l'ira, dobbiamo sviluppare la consapevolezza dell'arrivo del nostro peggior nemico.

Comunque, se abbiamo paura del momento della morte, è da oggi che dobbiamo cominciare a riflettere ed ad allenarci.

Dobbiamo riflettere sulla causa della sofferenza che può sopravvenire al momento della morte, e su come eliminarla.

Queste cause sono lo sperimentare invidia verso gli altri, per esempio verso le qualità, le conoscenze e le realizzazioni degli altri; sperimentare rabbia, odio, ostilità verso gli altri, sperimentare attaccamento per sé stessi, amare e curare il proprio io, soprattutto un io concepito come indipendente dalle proprie parti. Siccome non esiste un tale io (indipendente dalle proprie parti), questo attaccamento diventa un grande errore, perché è basato su un concetto molto errato.

Qualcuno chiede dove si trovi la radice della nostra mente, se si trovi nel cuore oppure nel cervello.

Vi sono molti modi di pensare, c'è chi dice che si trovi nel cuore, chi invece nel cervello. Io penso che, per quel che riguarda la mente come coscienza, questa mente, questa coscienza si trovi ovunque nel corpo, che si tratti del cervello, che si tratti di qualsiasi parte del corpo, la coscienza vi arriva, ossia la coscienza è presente ovunque nel corpo, e non solo nella parte fisica chiamata cervello.

Questo perché le sensazioni sono presenti in tutto il corpo, e queste sono una parte, una branca della coscienza e della mente, cioè fanno parte della categoria di coscienza e mente.

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Infatti, la base delle sensazioni sono la mente e la coscienza, per cui se non c'è questa base non ci può essere sensazione. Perciò devono essere presenti insieme, ed insieme a loro c'è anche la saggezza o discriminazione.

Per tutti questi motivi, la radice di questa mente, di questa coscienza che pervade tutto il corpo, è nel cuore.

Il fatto si spiega nel modo seguente. Al momento del concepimento, dall'unione dell'ovulo materno con il seme paterno, nasce un seme della grandezza di una lenticchia. Questo seme si trova nel cuore; all'inizio l'embrione è molto piccolo, poi comincia a svilupparsi e si intravedono le sembianze di una testa, delle braccia, di qualcosa che somiglia alle gambe, e così via.

E da questo seme, che si trova nel cuore dell'embrione, che cominciano a svilupparsi tutti i canali interni, i canali nervosi e di energia psichica. In questi canali interni viaggiano le arie interne, che sono la base della mente e della coscienza. Questi canali interni si ramificano poi in tutto il corpo e dentro di loro viaggiano le arie interne, le quali sono come un cavallo su cui cavalcano le nostre coscienze, le nostre menti, i nostri pensieri, la coscienza che poi circola e pervade tutto il corpo. Per questo, essendo il punto di partenza di tutto ciò tale lenticchia che si trova nel cuore, si dice che la radice della coscienza e della mente si trovi nel cuore.

Il momento della morte è estremamente breve: un minuto o due, quindi è importante prepararci già da ora, in quanto allora non avremo più tempo.

Al momento della morte è molto importante il genere di persone che abbiamo intorno a noi e le parole da esse pronunciate: dobbiamo preoccuparci che in quei momenti ci siano vicine solo persone che non suscitino in noi rabbia ed odio.

È essenziale eliminare ora l'abitudine di coltivare i klesha, come attaccamento, ira, gelosia, odio.

Questi difetti mentali ed emotivi derivano dalla mancanza di pacificazione della nostra mente, ma se riusciamo a calmarla e modificarla, tutti i difetti con la meditazione diminuiscono e, a poco a poco, scompaiono.

Così dobbiamo praticare per poter modificare in tale senso la nostra mente. Anche se abbiamo poco tempo, dedichiamolo ad osservare, ad allenare la nostra mente in modo tale da trasformare completamente, in senso positivo, il modo di pensare, per rendere significativa questa preziosa vita umana: il risultato sarà importante.

Il tempo passa così velocemente che se non studiamo ora, al momento della nostra morte saremo veramente addolorati di non averlo fatto e proveremo grandi difficoltà.

Se invece durante la vita ci prepariamo praticando bene, la coscienza di avere fatto quanto potevamo ci procurerà una mente serena, senza dispiaceri o rimpianti, e ci sarà facile ricordare ed applicare ciò con cui ci siamo familiarizzati grazie all'abitudine.

Se poi pensiamo "dopo la mia morte reciterò delle preghiere, farò delle pratiche e così via", questo non sarà possibile, perché dopo la morte saremo già arrivati nel bardo, e se non abbiamo precedentemente accumulato le cause necessarie, in questo stato intermedio sperimenteremo solo sofferenza.

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Molti pensano che, pur non esercitandosi a meditare ora, siano capaci di farlo nel bardo, ma ciò sarebbe difficile quanto improvvisarsi pilota di aereo senza esserlo!

Una volta morti, tutte le pratiche che possiamo fare arrivano in ritardo; se vogliamo cominciare a recitare preghiere, a praticare, è troppo tardi, perché le cause negative per le sofferenze del bardo le abbiamo ormai accumulate (81)(81).

È molto dannoso essere sicuri che, senza preparazione, al momento della morte sarà possibile avere il pensiero giusto: questa pericolosa idea di riuscire a fare nel fatidico momento le giuste meditazioni incoraggia la pigrizia che, in assoluto, è il nostro più grande nemico e dunque non va coltivata.

Qual è il significato della parola nemico?

Uno studente risponde: "chi ci ostacola nell'ottenere qualcosa di positivo che desideriamo".

A seconda che le nostre azioni siano state più o meno positive, il calore corporeo, dato dalla forza vitale, lascia il corpo in modo diverso. Esso si concentra nel nostro cuore.

Se le azioni negative sono state prevalenti, il calore scende dalla testa verso il cuore, e da lì lascia il nostro fisico.

Se prevalgono le azioni positive il calore comincia a salire dai piedi verso l'alto, verso il cuore, e sempre da lì lascia il corpo.

Al momento della morte possiamo sperimentare tre tipi di stati mentali che determineranno la nostra rinascita.

Uno è positivo e virtuoso, un altro è negativo, mentre il terzo tipo di stato mentale è neutro.

1. Se sperimentiamo quello positivo, di fede nella virtù, libero da attaccamento, odio e rabbia, avremo sicuramente come conseguenza una rinascita superiore, positiva e di felicità, per esempio umana.

2. Se al momento della morte saremo soggetti ad emozioni e pensieri negativi e la mente sarà dominata da attaccamento, odio e rabbia, si determinerà una rinascita negativa, inferiore e di sofferenza, per esempio negli inferni, o tra i preta, o tra gli animali.

Nel momento della morte è fondamentale non solo che il morente si ricordi di avere solo pensieri positivi, ma anche che i presenti gli ricordino la pericolosità di abbandonarsi a sentimenti di odio, rabbia, o attaccamento, e lo incoraggino a liberarsene ed a meditare solo la legge del karma, che gli sarà molto utile in quel momento.

3. Se invece al momento della morte la quantità ed intensità dei pensieri ed emozioni virtuosi e negativi è più o meno equilibrata, allora prevarrà nella mente quel tipo di pensiero ed emozione che abbiamo avuto negli ultimi momenti di vita, o con il quale abbiamo avuto più familiarità durante l'esistenza terrena.

(81)(81) Cfr. testo del “Bardo Thödol”, libro tibetano dei morti, recitato ai moribondi o nei riti funebri per prepararli alla nuove vita che li attende

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Se ad esempio abbiamo avuto più familiarità con pensieri positivi, allora questi saranno più forti nella nostra mente. Se sono presenti nella mente tutti e due i tipi di pensiero, allora quello sorto prima avrà precedenza di maturazione karmica.

Se durante la vita abbiamo accumulato solo negatività, quali sono i tipi di sofferenza che sperimenteremo nel bardo?

Ci sembrerà di essere schiacciati sotto terra, oppure trascinati via da un'inondazione, da masse di acqua, o di essere in mezzo ad un mare di fuoco che ci sommerge, o di essere in mezzo ad una tempesta con un grande vento che ci porta via.

Vi farà piacere sperimentare una tale sofferenza?

Queste situazioni non sono piacevoli, perché provocano sofferenza.

Allora cosa sarà di aiuto, che cosa sarà efficace?

Adottare adesso, in questa vita, un'attitudine positiva, generosa e benevola verso tutti, che non danneggi mai alcun essere in nessun modo.

Se si riceve un danno, l'atteggiamento più positivo è decidere di praticare la pazienza senza rabbia ed ira, e pensare che siamo stati noi stessi in passato ad accumulare la causa del male. Dobbiamo pensare "sono io che ho accumulato questa causa". Dobbiamo adesso diminuire tutte le nostre negatività, ed aumentare tutto ciò che c'è di positivo, come azioni, pensieri e comportamenti positivi, così, quando arriveremo al bardo, allo stato intermedio dopo la nostra morte, non dovremo sperimentarne le sofferenze, anzi lo attraverseremo in un modo molto piacevole.

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Il sentiero del Bodhisattva

In Tibet vi sono quattro scuole di Buddhismo, e tutte considerano basilare lo studio che riguarda il modo di comportarsi del Bodhisattva, di "colui che ha l'essenza dell'illuminazione". Lama Tzong Khapa chiama "sentiero graduale verso l'illuminazione perfetta" la pratica che ognuno di noi deve intraprendere per trasformare la propria vita e la propria mente in quella di un Buddha e raggiungere l'illuminazione.

Il sentiero graduale consiste dunque nelle pratiche per accumulare le cause per diventare un Buddha, un "risvegliato".

Il sentiero e la pratica del Bodhisattva verso l'illuminazione perfetta è stato insegnato da Buddha Shakyamuni ed illustrato da tutti i maestri tibetani ed indiani, fra cui anche il grande maestro Shantideva, che compose proprio un testo di istruzioni sul comportamento e sul pensiero del Bodhisattva, il Bodhisattvacharyavatara. Insieme al Lam.rim, non sono altro che istruzioni per chi voglia sviluppare la bodhicitta.

Mentre meditiamo per sviluppare la compassione, ricordiamoci di rivolgere pensieri e sentimenti benevoli verso tutti gli esseri, senza alcuna distinzione o discriminazione; il seme migliore, la causa migliore per l'ottenimento dello stato di Buddha è proprio questo tipo di comportamento e di pensiero.

Nella pratica del Grande Veicolo, il bene ed i traguardi altrui vengono ottenuti contemporaneamente ai propri, mentre nel Piccolo Veicolo, o - piuttosto - secondo una sua interpretazione non completamente corretta, si pensa che bisogna prima ottenere i propri scopi, il proprio bene, per essere poi in grado di ottenere quello degli altri.

In realtà, se si riflette bene, si capisce che non solo si può ottenere contemporaneamente al proprio il bene altrui, ma anche che l'occuparsi del bene altrui diventa il modo migliore per raggiungere il proprio fine ed il proprio bene; l'altruismo rappresenta quindi la migliore e più grande forma di egoismo.

Che questa asserzione corrisponda a verità lo si comprende prendendo ad esempio la società umana: un uomo che viva in modo da essere utile agli altri ottiene anche il proprio bene, un tale individuo sarà benvoluto ed approvato da tutti, e sicuramente raggiungerà più facilmente i propri scopi di colui che pensa solo a sé stesso e che verrà sicuramente da tutti criticato e da nessuno amato.

Lama Tzong Khapa dice una frase breve, molto potente, che riassume benissimo questo principio così importante: "il bene altrui è il bene proprio".

Una frase del primo Dalai Lama raccomanda: "non impegnatevi mai a concentrarvi nell'ottenimento dei vostri scopi, del vostro bene, bensì investite tutti i vostri sforzi per il bene e per gli scopi altrui".

Vi prego di meditare, quando potete, che questo modo di riflettere è veramente il vero modo di pensare del Bodhisattva.

Tutti i Buddha del passato per ottenere l'illuminazione perfetta si sono comportati in questo modo, hanno percorso questo sentiero ed effettivamente hanno raggiunto sia il bene proprio che quello di tutti gli altri esseri.

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Infatti, mediante un tale comportamento altruista, si conquista contemporaneamente e il bene proprio e l'onniscienza di un Buddha, quella conoscenza che comprende in modo corretto e preciso tutto lo scibile.

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Lo stato di Buddha

Il nirvana e lo stato di Buddha non sono stati uguali, perché nel continuum mentale dell'essere che ottiene la liberazione dal samsara ci sono ancora delle oscurazioni ed impurità molto sottili, che impediscono appunto l'illuminazione perfetta.

Per esempio, i praticanti del Piccolo Veicolo (82)(82) che hanno raggiunto la liberazione conservano ancora nella propria mente come un velo di sottilissime oscurazioni che, se non viene eliminato, impedisce l'onniscienza di un Buddha.

Nel continuum mentale di un Buddha, invece, non vi è alcuna impurità, oscuramento od ostruzione.

Un termine tibetano, "kangtzà", che significa "tutti gli individui" ed include sia i Buddha che tutti gli altri esseri senzienti, si riferisce a qualità e difetti, e si potrebbe tradurre anche come "pieno e vuoto", in quanto tutti gli esseri viventi possono essere pieni o vuoti di qualità o di difetti.

Infatti i Buddha hanno completamente e pienamente sviluppato la parte delle qualità, e svuotato e purificato completamente la parte dei difetti, mentre tutti gli altri esseri viventi sono pieni di difetti ed hanno poche qualità.

Quando si parla delle qualità e delle realizzazioni di un Buddha, di un essere illuminato, se ne elencano dieci principali, la cui prima consiste nel sapere distinguere tra principi veri, che corrispondono alla verità esistente, e principi non veri.

Per questo è tanto importante raggiungere lo stato di Buddha, ed a tale scopo recitiamo un giro di mala di mantra "Om mani peme hung".

Si dice che ogni Buddha abbia dodici attività illuminate principali, ed anche tutto ciò che fece il Buddha storico Shakyamuni durante quella sua vita terrena, si riassume in dodici atti principali: la nascita, il dare insegnamenti, la sua morte, il suo passaggio nel paranirvana (83)(83) ed altri atti.

Ogni Buddha però manifesta simultaneamente tutti i dodici atti in universi diversi; in alcuni manifesta l'atto di nascere, in altri l'atto di dare insegnamenti, in altri ancora l'atto di morire, o di passare nel paranirvana, e così via per tutti i dodici atti.

Dico questo per spiegare il fatto che un Buddha ha tantissime emanazioni e manifestazioni e questo potere gli deriva dagli studi e dalle realizzazioni ottenute grazie ad essi.

Per questo è così importante che cominciamo anche noi a studiare: le cause di questi poteri incredibili derivano dallo studio.

All'inizio bisogna meditare sulle due cause indispensabili per diventare dei Buddha, la mente altruistica e la vacuità, quindi studiare a fondo i ragionamenti logici che riguardano la natura vacua di tutti i fenomeni.

(82)(82) “HinaYana” è il “Piccolo Veicolo”, la più anticha delle scuole buddhiste, che cerca la salvezza del singolo mediante la disciplina e la contemplazione meditativa(83)(83) "Paranirvana" indica il momento in cui un Buddha lascia il suo corpo

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Una volta che li avremo compresi dovremo praticare la meditazione concentrativa su questi ragionamenti logici, e concentrarci sulla realizzazione diretta della vacuità.

Tale realizzazione va unita a quella della bodhicitta, bisogna meditarle insieme, la continua meditazione genererà una forza di concentrazione sempre maggiore.

Da questo tipo di pratica derivano tutti i poteri miracolosi degli esseri illuminati, la loro chiaroveggenza, la loro facoltà di manifestare infinite emanazioni, in qualsiasi mondo ed in qualsiasi momento, dove e quando ve ne sia bisogno. Anche noi dobbiamo acquisire tali poteri.

Cosa significa avere ottenuto lo stato di Buddha?

Significa avere sconfitto i quattro demoni.

Cosa si intende per demoni?

Si intende tutto ciò che ostacola l'ottenimento dell'illuminazione perfetta, tutto ciò che forma circostanze e cause avverse a tale realizzazione, perciò la parola demone si riferisce ai klesha, i difetti mentali ed emotivi che si trovano nel nostro continuum mentale e che ci spingono ad accumulare karma negativo che darà risultati di sofferenza.

Durante una vita umana brevissima ci comportiamo spesso come se fosse lunghissima, accumulando beni materiali sufficienti a mille anni di vita e sviluppando grande attaccamento per tali beni, grande odio e rabbia verso chiunque li possa minacciare.

Così, senza pensare alla morte, sviluppiamo questi klesha, cause delle sofferenze presenti e future e non comprendiamo quale processo inneschiamo perché, offuscati dall'ignoranza, ignoriamo i risultati di certe cause.

Perciò è importante ricordarsi di non cercare i demoni al di fuori di noi, perché i principali sono dentro di noi, e non sono quelli esterni, con le corna.

I. Uno dei demoni è costituito dai cinque aggregati, chiamati infatti "le cinque cause impure"; il principale è 1 ignoranza, e tramite essa sviluppiamo grande possessività e desiderio di proteggere questi cinque aggregati, chiunque li minacci viene considerato nemico ed odiato. Spinti dall'odio e dall'attaccamento accumuliamo karma negativo che ci fa rinascere con questi cinque aggregati impuri e commettiamo tutti i tipi di azioni negative: uccidiamo, rubiamo, mentiamo, sviluppiamo orgoglio, e così via.

Il karma che ne deriva ci porta a prendere nuove rinascite, e così continua la catena delle nostre sofferenze nel samsara.

A ragione questi aggregati sono chiamati demoni, perché ci impediscono di liberarci dalle sofferenze.

Che risultato sarà prodotto, ad esempio, dal demone che sta nel nostro continuum mentale? La sofferenza, è vero; appunto perché i demoni fanno in modo che dobbiamo sperimentare sofferenza, diciamo che ci danneggiano, bloccando il nostro cammino, ponendo ostacoli sul nostro cammino.

E allora il nettare, l'amrita (84)(84), spazzerà via questi demoni che interferiscono.

(84)(84) "Dùtsi" è la parola tibetana per amrita, e indica il nettare che elimina i demoni

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Quale impurità laverà via questo nettare? Laverà l'impurità del considerare i fenomeni reali, indipendenti, concreti, a sé stanti. Come il sapone elimina le impurità del corpo, così l'amrita, il nettare, elimina quelle della mente. L'amrita sono dunque gli atteggiamenti positivi che sconfiggono i demoni, eliminando gli ostacoli al nirvana.

Cosa si intende per mente positiva? Una mente che non desidera mai nuocere ad alcun essere vivente.

La moralità è definita ciò che protegge: ci protegge dalle azioni negative e ci spinge a compiere tutte le azioni positive. Tutte le virtù, la compassione e tutto ciò che è azione positiva, sono moralità.

Perciò per praticare il dharma non abbiamo bisogno di andare in paesi lontani: in qualunque posto ci troviamo, coltivando azioni positive, diventiamo praticanti di dharma. Anche se si va in Tibet, se la nostra mente rimane quella di sempre, piena di difetti mentali ed emotivi, non ci sarà utile; se rimarrà piena di klesha, l'unico evento che ci potrà essere è che moriremo di freddo in mezzo alle nevi, in estate, invece, piovendo molto, ci potrebbero essere delle valanghe!

Se invece nella nostra mente arriva con forza la moralità, allora possiamo anche andare in Tibet, in America o in qualsiasi altro luogo.

Anche lo studio diventerà per noi un tipo di nettare perché, eliminando il demone dell'ignoranza e della non conoscenza, farà diminuire e scomparire automaticamente l'attaccamento, l'odio ed anche gli altri difetti mentali ed emotivi.

II Il secondo klesha o demone è quello di non sapere che il risultato delle nostre azioni positive, delle virtù e del buon cuore, porta ad avere una buona rinascita, con esperienze di felicità in futuro, e che le nostre azioni negative hanno un risultato di rinascite di sofferenza, come quelle negli inferni.

Dove si trova e come ripulire la nostra mente da questo demone? Dobbiamo capire con grande chiarezza che da azioni e pensieri positivi si avranno risultati di felicità e rinascite positive e da azioni e pensieri negativi si avranno sempre esperienze di infelicità e rinascite dove la sofferenza è grande e ricorrente.

III. Il terzo demone è chiamato il signore della morte.

Esso consiste nel fatto che non abbiamo nessun potere sulla durata e sulla conservazione della nostra vita, non abbiamo scelta, libertà ed indipendenza per mantenerci in vita a nostro piacimento.

Questo perché, sulla base dei nostri cinque aggregati ed a causa dei nostri klesha, abbiamo accumulato karma negativo che ci ha spinto a togliere la vita ad altri esseri: abbiamo ucciso, danneggiato la vita altrui, e come conseguenza karmica non abbiamo il potere di non morire.

Il nettare di lunga vita - antidoto al signore della morte - è il pensiero, la determinazione di non danneggiare gli altri in generale, ed in particolare di non togliere la vita a nessun essere vivente.

IV. Il quarto demone è chiamato il figlio degli dei, ed è una divinità mondana realmente esistente nel reame dei desideri.

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Si tratta di una divinità piena di tutte le caratteristiche negative del mondo dei desideri, una divinità dall'attaccamento fortissimo, con odio, ira, rabbia, invidia, gelosia ed orgoglio molto sviluppati.

Sebbene deva samsarico del mondo dei desideri, con tutte le sue caratteristiche, la sua azione si manifesta nelle persone e nelle circostanze che ci circondano: si manifesta tramite quegli amici negativi che ci spingono sempre a compiere azioni negative, che ci convincono a fare ciò che danneggia gli altri, ad avere comportamenti negativi, oppure si manifesta in quegli amici ed in quelle circostanze che cercano in tutti i modi di impedirci di fare cose positive.

Anche la grande forza di questo quarto demone sta nell'intensità dei difetti della nostra mente.

Cioè, più i difetti mentali ed emotivi nel nostro continuum mentale sono forti, più la nostra vita diventa breve: infatti il grande attaccamento e le azioni stesse che questi demoni ci spingono a compiere, possono metterci in situazioni pericolose che accorciano la nostra vita. Per esempio, a causa dell'attaccamento e della brama di ricchezze, o di territori più grandi, noi andiamo in guerra, combattiamo e rubiamo per avere oggetti materiali, o uccidiamo spinti dall'ira, e così via.

Sappiamo che anche dal punto di vista psicofisico, il forte attaccamento, l'odio, la rabbia e gli altri klesha influenzano le nostre malattie, intaccano la nostre salute, e più essa si indebolisce, più si accorcia la nostra vita.

Anche in questo modo agisce questo quarto demone.

Tutti gli esseri ed i fenomeni nel samsara dipendono da cause e condizioni, per cui nessuno dei fenomeni esiste in maniera indipendente ed a sé stante.

Se riflettiamo bene, anche tutte le realizzazioni degli esseri superiori dipendono da cause e condizioni. Se consideriamo i Buddha, i Bodhisattva, e gli Arya vediamo che tutte le loro qualità e realizzazioni sono dovute a determinate cause e condizioni. Si dice, per esempio, che le qualità e le realizzazioni di un Buddha sono il risultato di meriti accumulati durante tre grandi eoni cosmici, quindi non sono stati ottenuti né in dieci minuti, né in quindici (85)(85). Un eone cosmico corrisponde ad un tempo lunghissimo, quasi illimitato, che è molto difficile anche rappresentare in cifre; pensiamo dunque a tutte le cause e condizioni necessarie per avere le realizzazioni di un Buddha ed a tutto il merito accumulato in questi tre eoni.

É probabile che ogni tanto dentro di noi sorga il pensiero "ecco, io adesso sto studiando benissimo!", ma se esaminiamo veramente il nostro studio, vedremo che nell'arco di una giornata difficilmente avremo studiato nel modo migliore anche per una sola ora. Se invece studiamo per due o tre ore, abbiamo l'impressione di avere fatto chissà che cosa, di esserci stancati tantissimo, di avere fatto sforzi veramente enormi.

Quando abbiamo questo tipo di difficoltà, dobbiamo fare un paragone tra la difficoltà che abbiamo avuto per studiare due o tre ore e quella che potremmo avere nel dovere rimanere per due o tre eoni cosmici negli inferni: è molto importante confrontare questi due tipi di sofferenze e bisogna ripetere a sé stessi tale ragionamento. Se ci esercitiamo in questi

(85)(85) La suddivisione del tempo in eoni cosmici deriva dall'antica tradizione indiana. L’eone in cui viviamo ora, il "Kaliyuga", è un'era degenerata e intrisa di sofferenze e di ignoranza

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pensieri, vedremo che potremo facilmente generare nel nostro continuum mentale la “nisharana”. É molto importante esaminare la nostra mente e la nostra vita in questo modo.

Se ad esempio ci accorgiamo, esaminando la nostra mente, di avere dei pensieri negativi, o di avere compiuto delle azioni negative, pensiamo subito che il loro risultato consisterà in rinascite negative di sofferenza, e si tratterà di risultati irreversibili, infatti nel momento della maturazione karmica di tali accumulazioni negative non potremo cambiare nulla, in quanto non ne avremo il controllo, perché la legge che governa la maturazione delle azioni è potente, e siamo sotto il suo dominio.

Ed è per questo che è così importante esaminare la nostra mente adesso, per vedere quale tendenza abbia il sopravvento, se è più potente quella che ci spinge ad avere un buon cuore, a fare del bene, ad avere pensieri positivi, oppure se è più potente quella che ci spinge all'attaccamento, all'ira, alla rabbia ed agli altri klesha.

Bisogna cercare di eliminare, allontanare la forma mentale negativa, bisogna trovare il metodo per poterlo fare.

Infatti, fino ad ora siamo nati nel samsara un numero infinito di volte e vi abbiamo sperimentato vari tipi di sofferenza senza potercene liberare, a causa della nostra mente negativa: solo le forme negative ci hanno spinto in tutte queste sofferenze.

Invece tutti gli esseri che hanno ottenuto lo stato di Buddha lo hanno fatto grazie alla guerra intrapresa agli stati mentali negativi, di cui hanno compreso i risultati di sofferenza, identificandoli e dando istruzioni per combatterne la pericolosità.

Gli Arhat, coloro che si sono liberati dal samsara, sono chiamati i conquistatori del nemico: quale nemico hanno sconfitto?

Hanno sconfitto i nemici interni, le negatività, l'odio, l'attaccamento, l'ira, l'orgoglio e tutti gli altri difetti.

Tutto ciò è possibile per il fatto che i fenomeni sono interdipendenti: dipendono da cause e condizioni.

Così, la felicita del nirvana, ossia la liberazione, dipende da precise cause e condizioni. Ed è solo la persona che accumula le cause e condizioni necessarie che ne sperimenta il risultato su sé stesso, nessun altro. Ognuno deve accumulare le cause e le condizioni per sé stesso, altrimenti, se così non fosse, grazie allo studio di Buddha Shakyamuni ed ai meriti che egli ha accumulato, a quest'ora saremmo in grado di ottenere tutti l'illuminazione perfetta.

Ognuno di noi sa che, per poter eliminare i propri difetti mentali ed emotivi, deve intraprendere gli studi appropriati.

Se una persona in India studia bene, ciò gioverà affinché diminuiscano i nostri klesha?

No di certo, ed è per questo che i maestri della tradizione Kadampa, trasmessa oralmente, dicevano: "ognuno deve essere il proprio rifugio, ognuno deve essere il protettore di sé stesso".

Perciò è molto importante meditare la gioia nell’affrontare le difficoltà della vita: quando ci ammaliamo o abbiamo circostanze negative ed ostacoli dobbiamo sempre pensare che le cause e le condizioni di queste sofferenze e di questi problemi le abbiamo create noi in

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passato, ed ora sono giunte a maturazione e, con queste sofferenze, esauriamo le negatività accumulate in precedenza.

Possiamo dire che, meditando in tale modo, i problemi e le sofferenze diventano i nostri amici.

E molto importante mantenere questo atteggiamento di fronte agli eventi della vita perché, tramite questa riflessione, possiamo da un lato purificare tanta negatività accumulata, dall'altro rendere la mente più serena e tranquilla di fronte alle difficoltà; a ragione si dice che un praticante riesce a trasformare le avversità in situazioni favorevoli.

Tutto ciò che ci capita è sempre il risultato di quanto abbiamo accumulato nelle nostre vite passate, anche avere buoni amici in questa vita è il risultato di cause accumulate in passato.

Non essere gelosi ed invidiosi fa si che in futuro si avranno buoni amici. Per cui, se in questa vita abbiamo buoni amici, vuole dire che in passato siamo riusciti ad evitare l'invidia e la gelosia. Se qualcun altro è invidioso e geloso nei nostri confronti, subiremo forse noi, come risultato di maturazione, le conseguenze negative di tale atto altrui? No davvero.

I Buddha, spinti dalla loro grande compassione ed amore per noi, ci donano in continuazione tutti i metodi necessari a progredire incessantemente, tuttavia, a causa dell'ignoranza e dell'oscuramento della nostra mente dato dai klesha, non li riconosciamo né vediamo la loro importanza.

Per dare un esempio, il trentesimo giorno del mese tibetano, la luna non si vede, non perché non ci sia, ma solo perché è nascosta per motivi fisici.

E lo stesso riguardo all'esistenza dei Buddha: benché esistano, le nostre oscurazioni mentali ce li nascondono, non ci permettono di vederli.

Proprio Lama Tzong Khapa ha portato l'esempio della luna, che illustra bene il punto. É buono questo esempio? Avete capito?

Questo per il calendario tibetano è il quarto mese, chiamato "Sakadaua", ed è molto particolare ed importante perché in questo mese Buddha Shakyamuni ottenne l'illuminazione.

Gli insegnamenti del Dalai Lama a Pomaia sono cominciati esattamente il primo giorno di questo mese, ed io penso che sia di ottimo auspicio. Quando Sua Santità è venuto a Roma ha dato insegnamenti nel secondo, terzo e quarto giorno, cosa veramente molto fortunata. Dopo domani, secondo il calendario tibetano, è l'ottavo giorno di questo mese (86)(86) ed è la festa di Tara, una giornata molto importante, quindi vi invito a venire qui a recitare le preghiere e la puja (87)(87) a Tara. Il primo giugno, luna piena, è il quindicesimo, ed è proprio il giorno dell'illuminazione perfetta di Buddha Shakyamuni. In quel giorno vi chiedo di ripetere il più possibile qualsiasi preghiera ed azione positiva facciate di solito, perché si tratta di un giorno molto importante per l'accumulazione di meriti. Comunque tutti questi giorni fino al primo giugno sono molto importanti e vi prego di cercare di fare più spesso e meglio possibile le vostre pratiche, l'offerta del mandala, la recitazione dei mantra (Om mani peme hung), e tante buone azioni. Per esempio, voi conoscete la prostrazione lunga, quella in cui ci si allunga completamente per terra: praticatela, così quando sarete un Buddha avrete un corpo molto grande, perché questa causa contribuisce ad ottenere un buon corpo.

(86)(86) Secondo il nostro calendario era sabato 25 maggio 1996(87)(87) “Puja” (sanscr.) è una cerimonia religiosa che esprime venerazione e comprende la recitazione di testi sacri e mantra, insieme all’esecuzione di mudra e doni rituali

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GLOSSARIO

Abhidharmakosha - trattato di metafisica buddhista il cui autore è Vasubandhu, pandit indiano della tradizione Mahayana

Acharya (sanscrito) - maestro spirituale

Amrita - "dütsi" in tibetano, indica il nettare che elimina i demoni

Arhat - in sanscrito designa un essere superiore in quanto, avendo conseguito la realizzazione diretta della vacuità, ha ottenuto il nirvana e con esso la liberazione dal samsara

Arya (sanscr.) - v. Arhat

Atisha Dipamkara Srijnana - pandit indiano che nel 1040 andò in Tibet dove insegnò a lungo e riportò il Buddhismo tibetano all'originaria purezza; intorno all'anno 1050 fondò in Tibet la scuola Kadampa, la più rigorosa per disciplina e dottrina fra le scuole buddhiste della tradizione Vajrayana

Bardo - parola tibetana che comunemente indica lo stato intermedio tra la morte e la rinascita

Bodhicitta (sanscr.) - "mente dell'illuminazione" che consiste nel desiderare di raggiungere lo stato di Buddha per potere liberare tutti gli esseri dalla sofferenza

Bodhisattva (sanscr.) - "colui la cui essenza è il risveglio, l'illuminazione"; nel Buddhismo indica colui che rinuncia al nirvana per aiutare gli esseri del samsara a raggiungere l'illuminazione

Buddha - in sanscrito "il Risvegliato", "l’Illuminato", essere che ha ottenuto l'illuminazione perfetta; il Buddha storico, vissuto nel VI sec. a.C, è Gautama Siddharta Shakyamuni

Chöd - indirizzo buddhista tibetano; il maestro indiano Phadampa Sangye lo fondò nel XII sec. d.C. unendo alle rivelazioni buddhiste alcuni riti sciamanici che venivano celebrati per lo più nei cimiteri, in modo che i demoni potessero divorare la parte caduca e falsa della coscienza di un individuo

Dharma - termine sanscrito che nel Buddhismo indica generalmente la dottrina di Buddha, intendendo da un lato gli insegnamenti contenuti nelle scritture, dall'altro le realizzazioni spirituali che si possono ottenere tramite essi; dharma è ciò che recide le negatività e sostiene le positività della mente

Dharmakaya (sanscr.) - è il corpo di verità di un Buddha, la natura assoluta ed inesprimibile di un essere illuminato

Dharmapala (sanscr.) - sono i protettori del dharma, esseri illuminati (Buddha) o anche divinità mondane che, legate da giuramento, proteggono il dharma e coloro che lo praticano; uno di essi è Palden Lhamo, manifestazione irata di Tara

Dzog.chen (tibet.) - è un altro nome per indicare lo stadio di completamento del tantra, la cui traduzione letterale è "grande realizzazione" o "grande completamento"

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Dzog.rim (tibet.) - indica lo stadio di completamento tantrico, livello finale dello yoga del tantra supremo (anuttara yoga tantra), in cui il praticante riesce ad incanalare i venti sottili nel canale centrale e realizza la natura di chiara luce della mente

Ghescé Larampa (tibet.) - la più alta qualifica accademica delle università monastiche tibetane, equivalente a "dottore in metafisica", o in studi religiosi

Guru Puja - in tibetano "Lama Chöpa", è una cerimonia religiosa offerta quale omaggio al maestro spirituale

Guru yoga (sanscr.) - letteralmente significa "unione col maestro" ed è una pratica tantrica nella quale si medita l'unione con la mente di saggezza del maestro, che viene identificato con la propria divinità di meditazione (yidam) e dunque con le qualità della mente illuminata

Hinayana (sanscr.) - il "Piccolo Veicolo", la più antica delle scuole buddhiste, il cui seguace, mediante la disciplina e la contemplazione meditativa, mira a raggiungere solo la propria liberazione

Kadampa - scuola fondata intorno alla metà del secolo XI dal grande maestro indiano Atisha Dipamkara Srijnana e, riorganizzata nel XV sec. da Lama Tzong Khapa, prese il nome "Ghelupa". Si tratta della più rigorosa fra le scuole buddhiste dal punto di vista della dottrina e della disciplina

Kalpa - (sanscr.) eone cosmico; la suddivisione del tempo in ere cosmiche deriva dall'antica tradizione indiana. L’eone in cui viviamo ora, il "Kaliyuga", è un'epoca degenerata e intrisa di sofferenze e di ignoranza

Karma - termine sanscrito che significa "azione" e nel Buddhismo indica l'energia, le impronte - positive, negative e neutre - che le azioni, le parole ed i pensieri depositano sul continuum mentale; la legge del karma è la legge di causa ed effetto

Kie.rim - in tibetano, è lo stadio iniziale di generazione tantrica in cui si visualizza sé stessi come divinità e si sviluppa l'orgoglio divino

Klesha - difetto mentale, fattore perturbatore negativo che oscura la mente

Lam.thong (tibet.) - in sanscrito "vipashyana", è la mente chiara e penetrante della visione profonda, la saggezza che si acquisisce con la meditazione concentrativa

Mahayana (sanscr.) - la "Grande Via", vasta perché ricerca la salvezza di tutti gli esseri; è il veicolo maggiore, che nel Buddhismo è caratterizzato dall'ideale del Bodhisattva di raggiungere lo stato di Buddha per liberare tutti gli esseri dalle sofferenze

Mandala (sanscr.) - "kilkor" in tibetano, è la rappresentazione simbolica dell'universo; offrire il mandala equivale ad offrire simbolicamente agli esseri illuminati l'intero universo

Mantra - termine sanscrito che significa "protezione della mente" ed indica una formula sacra, una sillaba oppure una sequenza di sillabe che vengono recitate o cantate ripetutamente ai fini del conseguimento dell'illuminazione; il mantra è uno strumento fondamentale nella scuola buddhista del Vajrayana tibetano

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Naga - termine sanscrito che indica esseri delle acque appartenenti al mondo animale, metà uomini e metà serpenti, invisibili agli esseri ordinari perché il loro corpo è di materia più sottile del nostro; vivono presso i fiumi, i laghi, gli stagni e gli alberi e si dice che spesso custodiscano grandi ricchezze e testi di dharma

Nagarjuna - sapiente vissuto nell'India del II sec. d.C, è il fondatore della scuola filosofica Madhyamika, una delle correnti principali del pensiero orientale

Nisharana (sanscr.) - in tibetano "niengiung", è la rinuncia alle sofferenze dell'esistenza samsarica, per le quali si sviluppa disgusto grazie alla comprensione che i fenomeni sono impermanenti e che nel ciclo di esistenze vi è sempre dolore

Nirvana - termine sanscrito per "cessazione", intesa come liberazione dal samsara e dalle sue sofferenze; gli esseri che ottengono il nirvana sono chiamati "Arhat", o "Arya"

Preta (sanscr.) - spiriti famelici che, a causa dell'attaccamento e della grande avarizia, prendono rinascita in un reame inferiore di sofferenza, dove patiscono costantemente la fame e la sete

Puja (sanscr.) - cerimonia religiosa che esprime venerazione; per i buddhisti ha spesso carattere tantrico e comprende la recitazione di testi sacri e mantra, insieme all'esecuzione di mudra e doni rituali

Rifugio - i Tre Gioielli sono il Buddha, il Dharma ed il Sangha; il buddhista prende rifugio in essi affidandosi al Buddha come maestro, al dharma, gli insegnamenti di Buddha, come sentiero, e al sangha, l'assemblea dei praticanti, come compagni di viaggio

Sadhana - l'insieme delle tecniche e delle istruzioni per praticare la meditazione di una particolare divinità

Samsara (sanscr.) - ciclo di esistenze che consiste in un incessante susseguirsi di morte e rinascita, generato dall'ignoranza e caratterizzato dalla sofferenza

Sangha (sanscr.) - terzo dei Tre Gioielli (Buddha, Dharma, Sangha), rappresenta la comunità spirituale di coloro (laici e monaci) che praticano il dharma

Shamatha (sanscr.) - è la concentrazione mentale (in tibetano "shiné") che serve a pacificare la mente ed a sviluppare lo stato pienamente allenato della mente meditativa, presupposto della realizzazione della saggezza. Shiné significa mantenere la mente concentrata in modo univoco su un oggetto positivo e virtuoso

Shantideva - monaco indiano del VII-VIII sec. d.C, uno dei più importanti autori di scritti sacri del Mahayana, appartenne alla corrente Madhyamika ed è l'autore del "Bodhisattvacharyavatara" spesso citato in questo testo

Shiné (tibet.) - v. shamatha

Shunyata (sanscr.) - la vacuità, nel senso che ogni fenomeno del samsara è vuoto - vacuo - di esistenza indipendente

Siddhi (sanscr.) - poteri soprannaturali ottenuti attraverso l'ascesi, la pratica del dharma e la meditazione

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Skandha (sanscr.) - i cinque aggregati psicofisici dell'essere umano: 1. di forma; 2. di sensazione (fisica e mentale piacevole, spiacevole e neutra); 3. di discriminazione; 4. dei fattori composti; 5. di coscienza

Stadio di completamento - v. "dzog.rim"

Stadio di generazione - v. "kye.rim"

Sutra (sanscr.) - discorso, insegnamento di Buddha a proposito di meditazione e filosofia, i sutra sono raccolti nel libro delle Scritture canoniche; il sentiero dei sutra corrisponde alla via graduale verso l'illuminazione

Tantra - termine sanscrito che significa "filo" inteso come continuità. Il tantra è suddiviso in quattro classi: 1. krya (tantra dell'azione), 2. charya (tantra del compimento), 3. yoga (tantra dello yoga) 4. anuttara yoga (tantra dello yoga supremo). Si tratta del veicolo esoterico del Mahayana ed è estremamente veloce. I tantra costituiscono gli insegnamenti esoterici impartiti dal Buddha a particolari gruppi di discepoli, e vengono trasmessi oralmente da maestro a discepolo attraverso iniziazioni. L'Anuttarayogatantra si basa sulla pratica dell'unione di metodo e saggezza, simboleggiata dalle divinità maschile e femminile in unione (yab-yum). I tantra costituiscono gli insegnamenti esoterici impartiti dal Buddha a particolari gruppi di discepoli

Terra pura - il paradiso buddhista; esistono innumerevoli terre pure, ognuna abitata da un Buddha e dai suoi seguaci

Tushita (sanscr.) - è la terra pura in cui risiede Maitreya, il Buddha del futuro

Tzong Khapa - (1357-1419) monaco tibetano fondatore dell'ordine dei Ghelupa, comunemente denominato dei Berretti Gialli, autore di molti testi fra cui il "Lam.rim", "La grande esposizione degli stadi del sentiero verso l'illuminazione". Riformò il Buddhismo tibetano purificandolo dalle degenerazioni e fondò il grande monastero di Ganden

Vinaya - Codice di regole comportamentali che disciplinano il sangha

Vipashyana (sanscr.) - "Lam.thong" è il termine tibetano della mente chiara e penetrante della visione profonda, o saggezza, che si acquisisce con la meditazione concentrativa

Yidam (tibet.) - divinità di meditazione nell'iniziazione tantrica

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Il Bodhisattva Avalokitesvara

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Pittura murale raffigurante l’antico monastero di Ganden in Tibet. Monastero di Ganden. India

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Stupa del Monastero di Ganden, India

Albero della Bodhi, tempio di Mahabodhi, dove il Buddha ottenne l’illuminazione.Bodhigaya, India

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Tempio di Mahabodhi, dove il Buddha ottenne l’illumunazione.India

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Veduta delle rovine di Sarnath, dove Buddha Sakyamuni tenne il suo primo celebre discorso sulle Quattro Nobili Verità

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Stupa presso il Tempio di Mahabodhi.Bodhigaya, India

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Stupa presso il Tempio di Mahabodhi.Bodhigaya, India

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Stupa presso il Tempio di Mahabodhi.Bodhigaya, India

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Ghescé Sonam Jangchup

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